14
Fiat 600, autogrill, esodi e controesodi Cinquant’anni fa nasceva l’autostrada che avrebbe infine fatto l’unità d’Italia la domenica DI REPUBBLICA DOMENICA 28 SETTEMBRE 2014 NUMERO 499 Cult MICHELE SMARGIASSI AFFIDARONO a san Francesco, promosso a protettore dell’Ita- lia motorizzata. Nel giorno del patrono, il 4 ottobre del 1964, un’Italia incredula del proprio benessere esorcizzò l’Autostrada del Sole con benedizioni e orazioni (si cantò un Te Deum) in diretta Rai. A Firenze Nord, nel pri- mo chiesa-grill del mondo, firmato Miche- lucci, si levò una prece contro i rischi della “smania di velocità”. I benzinai vendevano le targhette con san Cristoforo, finestrina per la foto dei figli e scritta dorata “papà non correre”. Un soporifero Aldo Moro, premier in carica, tagliò il nastro ammonendo in ger- go moroteo «le rivoluzioni tecnologiche pos- sono creare squilibri se non sono integrate e dirette dall’azione compensatrice dei pub- blici poteri». SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE GABRIELE ROMAGNOLI N CINQUANTANNI sulle carreggiate del- l’Autosole è inevitabilmente successo di tutto. Questo è un repertorio di mira- bolanti fatti di cronaca accaduti “da ca- sello a casello”. Il record di percorrenza contromano ven- ne stabilito una notte di giugno del 2010 da una trentenne di Peschiera Borromeo, in evi- dente stato di ebbrezza. Al volante di una Fiat Panda rossa, occupava nel senso vieta- to la corsia di sorpasso, inducendo dozzine di vetture a schivarla e provocando incidenti minori. Eludeva per due volte la cattura, in una circostanza addirittura fermandosi, scendendo e mettendosi a ballare. Invece di arrestarla, agenti e camionisti la osservava- no, consentendole di repentinamente ripar- tire. Infine bloccata, verso Reggio Emilia, aveva percorso 50 km controcorrente. SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE Qui comincia l’Autosole L’attualità. Istruzioni per farsi assumere da Mr. Google Officine. Zerocalcare, il mio divano rosso con vista su Rebibbia Spettacoli. Fuori dal ring, l’ultimo documentario su Muhammad Ali. L’incontro. Mimmo Paladino: “Datemi del rinascimentale” La copertina. La scienza al popolo Straparlando. Mario Tronti: “Sconfitto, non vinto” La poesia del mondo. Lo snobismo del Cavalcanti OPERAI AL LAVORO PER LA COSTRUZIONE DEL TRATTO MILANO-BOLOGNA NEL 1957 (ARCHIVIO AUTOSTRADE PER L’ITALIA) L’ I

la domenica - download.repubblica.itdownload.repubblica.it/pdf/domenica/2014/28092014.pdf · cani abbandonati, questo era accudito con benevolenza e fatto scendere per una sosta refrigerante

Embed Size (px)

Citation preview

Fiat 600, autogrill, esodi e controesodiCinquant’anni fa nasceva l’autostradache avrebbe infine fatto l’unità d’Italia

la domenicaDI REPUBBLICADOMENICA 28 SETTEMBRE 2014 NUMERO 499

Cult

MICHELE SMARGIASSI

AFFIDARONO a san Francesco,promosso a protettore dell’Ita-lia motorizzata. Nel giorno delpatrono, il 4 ottobre del 1964,un’Italia incredula del proprio

benessere esorcizzò l’Autostrada del Solecon benedizioni e orazioni (si cantò un TeDeum) in diretta Rai. A Firenze Nord, nel pri-mo chiesa-grill del mondo, firmato Miche-lucci, si levò una prece contro i rischi della“smania di velocità”. I benzinai vendevanole targhette con san Cristoforo, finestrinaper la foto dei figli e scritta dorata “papà noncorrere”. Un soporifero Aldo Moro, premierin carica, tagliò il nastro ammonendo in ger-go moroteo «le rivoluzioni tecnologiche pos-sono creare squilibri se non sono integrate edirette dall’azione compensatrice dei pub-blici poteri».

SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE

GABRIELE ROMAGNOLI

N CINQUANT’ANNI sulle carreggiate del-l’Autosole è inevitabilmente successodi tutto. Questo è un repertorio di mira-bolanti fatti di cronaca accaduti “da ca-sello a casello”.

Il record di percorrenza contromano ven-ne stabilito una notte di giugno del 2010 dauna trentenne di Peschiera Borromeo, in evi-dente stato di ebbrezza. Al volante di unaFiat Panda rossa, occupava nel senso vieta-to la corsia di sorpasso, inducendo dozzine divetture a schivarla e provocando incidentiminori. Eludeva per due volte la cattura, inuna circostanza addirittura fermandosi,scendendo e mettendosi a ballare. Invece diarrestarla, agenti e camionisti la osservava-no, consentendole di repentinamente ripar-tire. Infine bloccata, verso Reggio Emilia,aveva percorso 50 km controcorrente.

SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE

Qui comincial’Autosole

L’attualità. Istruzioni per farsi assumere da Mr. GoogleOfficine. Zerocalcare, il mio divano rosso con vista su RebibbiaSpettacoli. Fuori dal ring, l’ultimo documentario su Muhammad Ali. L’incontro. Mimmo Paladino: “Datemi del rinascimentale”

La copertina. La scienza al popoloStraparlando. Mario Tronti: “Sconfitto, non vinto”La poesia del mondo. Lo snobismo del Cavalcanti

OP

ERA

I AL

LAVO

RO

PER

LA

CO

STR

UZI

ON

E D

EL T

RA

TTO

MIL

AN

O-B

OLO

GN

A N

EL 1

957

(AR

CH

IVIO

AU

TOS

TRA

DE

PER

L’IT

ALI

A)

L’ I

la Repubblica

DOMENICA 28 SETTEMBRE 2014 30LA DOMENICA

LE IMMAGINI

LE FOTOGRAFIEPUBBLICATEPROVENGONODALL’ARCHIVIO DI AUTOSTRADEPER L’ITALIA E FANNO PARTEDELLA MOSTRACELEBRATIVA IN PROGRAMMASABATO PROSSIMOALLA CHIESA DI SANGIOVANNI BATTISTA(CAMPI BISENZIO,FIRENZE) SULLA A1

La copertina. Autostrada del sole

UN ITALIANO SUE DUE

1990: CI SONO 483 AUTOOGNI 1000 ITALIANI. 40MILAVEICOLI ENTRANO OGNIGIORNO IN AUTOSTRADA

IL TELEPASS

VIENE INTRODOTTO NEL 1990 IL SISTEMA DI PAGAMENTOAUTOMATICO AL CASELLO

<SEGUE DALLA COPERTINA

MICHELE SMARGIASSI

INSOMMAla biscia d’asfalto lunga 775 chilometri incuteva orgoglio e apprensioneinsieme, come una figlia che si laurea, ma dopo chissà come si comporterà. Mez-zo secolo fa, un’autostrada era un oggetto sconosciuto. Avevano cominciato acostruirla otto anni prima senza neanche sapere cosa fosse uno svincolo, e l’in-gegner Cova, mister Autosole, era andato in America a copiarli. Né sapevano be-ne a cosa sarebbe servita. Nel ’64 gli italiani avevano cinque milioni di auto, unaogni dieci abitanti. Dopo la Millecento a cui l’esattore Pasetti staccò il bigliettonumero 1, nel primo anno si presentarono ai caselli appena seimila vetture algiorno: quattro al minuto. Lunghe pause di silenzio sulle carreggiate. L’auto-strada non nacque per accontentare gli automobilisti, ma per produrli. La vol-lero industriali affamati di mercato: Fiat, Pirelli, Italcementi, Eni, regalarono ilprogetto a una Repubblica esitante, a un’Anas che non lo voleva e infatti lo la-

sciò fare all’Iri. Più che un’opera, si inaugurò quel giorno «un aspetto della vitalità del popo-lo italiano», così lo stentoreo speaker della Incom. Sul tratto Magliano-Orte, ultimo dia-framma fra Milano e Roma, si scoprirono due grandi frecce che dicevano solo “Nord” e “Sud”.Nuovo Risorgimento, la spina verticale dello Stivale voleva unificare, saldare. Pasolini locapì: per lui l’Autosole era un «momento nuovo dell’unificazione linguistica», cioè dell’o-mologazione anti-popolare che lo disgustava. Celebrata a San Donato Milanese da un cippomarmoreo intriso di mito imperial-romano, la retorica primatista dell’A1 (prima lettera,primo numero) non era più quella mussoliniana della «costruttiva potenza italica» che s’e-ra poi risolta in autostradine da gita domenicale. No, l’Autosole era una metafora naziona-le. Doveva portare al Sud le fabbriche delNord. Finì per portare al Nord gli operai delSud. Poi, quando la Fiat ad agosto chiudeva,famiglie operaie in Seicento con plaid e i cu-scini all’uncinetto nel lunotto consumavanoincolonnate sull’asfalto quel che avevanoappena finito di produrre.

Fu un’epopea cantieristica. Veloce, effica-ce come mai più sarebbero state le operepubbliche di questo paese. Spartiacque epo-cale tra due Italie, inumazione del dopo-guerra, certificazione del boom. Olimpiadidi Roma, lira moneta forte. Togliatti stava

per spegnersi a Yalta. Concepita postbellicae centrista, l’autostrada democristiana nac-que di centro-sinistra e consumista. Riuscìad essere la nostra convincente versione del-la modernità. Il MoMa la espose come “ope-ra d’arte italiana”. Ben prima che Marc Augéiscrivesse l’autostrada fra i suoi non-luoghi,gli intellettuali avevano capito che era «unluogo astratto fra i palpiti dei fanalini di co-da» (Zavattini), un mondo inquietante ve-gliato dalle divinità maligne dell’Incidente edell’Ingorgo, spesso in combutta fra loro.Luogo perfino poco “italiano”, tant’è che nel’62 Dino Risi il suo Sorpasso lo girò sulla sta-tale Aurelia. Ben prima di Robert Venturi, inostri industriali dei biscotti e dei panettoniavevano “imparato da Las Vegas” inventan-do l’autogrill, architettura neo-eclettica checreò nuovi toponimi popolari (Roncobilac-cio, Cantagallo...); quello di Fiorenzuola fu il

primo “a ponte” in tutta Europa, ci pranzavi(con menù studiati per “non dare sonnolen-za”) guardando le macchine sfrecciarti sot-to i piedi: la civiltà dell’auto dava spettacolodi se stessa.

Cinquant’anni dopo, la rottura antropolo-gica è consumata. L’autostrada nostra quo-tidiana è fra noi. Ma è diversa da come la im-maginavano i padri fondatori. Meno pauro-sa, intanto. Forse è merito di Tutor o dell’a-sfalto drenante, ma è quasi andata in pen-sione la “paurosa carambola sull’autosole”,scioglilingua del tigì durante gli “esodi” e i“controesodi” estivi: la mortalità autostra-dale è scesa del 70% dal ’93 a oggi, ben sottoquella della viabilità ordinaria.

Ma lo scontro fisico è diventato sociale.L’autostrada non ha unito l’Italia ma s’è fat-ta specchio dei suoi conflitti, delle sue dise-guaglianze e nevrosi e furberie. Arroganza

Quella striscia d’asfalto che attraversa la storia d’Italia non fu pensata per accontentare gli automobilisti, ma per produrli E oggi è lo specchio dei nostri conflitti

IL COMPLETAMENTO

1964: IL 4 OTTOBREL’AUTOSTRADA DEL SOLE È COMPLETATA. COSTOGLOBALE 272 MLD DI LIRE

IL PRIMO AUTOGRILL

1959: A FIORENZUOLAD’ARDA PAVESI APRE IL PRIMO AUTOGRILL A PONTE D’EUROPA

IL PRIMO TRONCO

1958: FANFANI INAUGURAMILANO-PARMA. IN ITALIACIRCOLANO 28 AUTO OGNI MILLE ABITANTI

MILANO-NAPOLI

LA MAPPA DEL PERCORSO DELLA A1. PER COSTRUIRLA SERVIRONO 15 MILIONI DI GIORNATE LAVORATIVE, 16 MILIONI DI METRI QUADRI DI PAVIMENTAZIONE, 53,8 MILIONI DI METRI CUBI DI TERRASCAVATA E 5 MILIONI DI METRI CUBI DI MURATURE E CALCESTRUZZO

IL NOBEL IN DIRETTA

1998: DARIO FO APPRENDELA NOTIZIA MENTRE SULL’A1PARTECIPA AL REALITY TV“MILANO-ROMA”

LA VARIANTE DI VALICO

2004: INIZIANO I LAVORI PER LA VARIANTE DI VALICOSULL’APPENNINO (65,8 KM).TERMINERANNO NEL 2015

IL RECORD

NONOSTANTE LA CRISIOGGI IN ITALIA CI SONO613 AUTOMOBILIOGNI 1000 ABITANTI

secolodacaselloacasello

Mezzo

la Repubblica

DOMENICA 28 SETTEMBRE 2014 31

LA BRETELLA

1988: VIENE INAUGURATA LA FIANO-SAN CESAREO PER EVITARE IL GRA DI ROMA,INCUBO DELL’ORA DI PUNTA

più lunga strada d’Italia si spezzetta in per-corsi da mezz’ora. Piacerebbe alla SocietàAutostrade che fosse l’effetto del suomarketing territoriale (negli autogrill ilprogramma Sei in un paese meravigliosoinvita a prendere la prima uscita e visitarei dintorni). A guardare le tratte più conge-stionate, tutte a ridosso delle metropoli,sembra invece una conseguenza dell’ur-ban sprawl, del decentramento abitativo,della proliferazione di quei “quartieri resi-denziali immersi nel verde” che produconocentinaia di migliaia di pendolari obbligatia incolonnarsi mattina e sera negli imbutidei caselli, uno per vettura, unica compa-gnia i bollettini di Isoradio. Nata per affra-tellare il popolo italiano, l’Autostrada delSole, due volte al giorno, diventa l’auto-strada dei soli.

delle cilindrate, lampeggiamento di fari alpezzente che non si leva di mezzo per far pas-sare il potente che va ai centottanta, il cro-nometraggio “da casello a casello” misuradella virilità. La gerarchia delle corsie comemetafora della competizione sociale, chiviaggia su quella di destra è un perdente. Lastazione di servizio unica occasione di in-contro interclassista, pronto a esplodere nel“ceroprimaio” delle file alla cassa del caffè.

La usiamo, oggi, l’autostrada, in mododiverso. Più spesso, ma anchemeno a lungo: la percorrenzamedia è scesa ad appena 67chilometri, 13 in meno invent’anni. Da risorsa per ilviaggio lungo (ora ci pensanoi voli low-cost e i treni alta ve-locità) sempre più sposta-mento breve e quotidiano. La

<SEGUE DALLA COPERTINA

GABRIELE ROMAGNOLI

UALCHE CENTINAIO, invece, imetri percorsi da unoyorkshire nella corsia dimarcia regolare. Tra tanticani abbandonati, questo

era accudito con benevolenza e fattoscendere per una sosta refrigerante nelcaldo agosto del 2009, all’altezza diParma. Ripartendo, il proprietario non siavvedeva che il guinzaglio era rimastoincastrato nella portiera. Lostrombazzare degli automobilisti dietrodi lui evitava il peggio. Un mese: questo è il record di “residenza”sull’Autosole. Agosto 1995. Un camionpartì da Zagarolo diretto a Targoviste, inRomania. Trasportava macchine per farela pasta. A bordo c’erano due guidatoripronti a darsi il cambio per arrivare adestinazione senza soste, tanta era lafretta. Poco dopo Flaminia est il veicoloebbe un guasto. La riparazione si rivelòné facile né immediata: occorreva unpezzo di ricambio che andava ordinato.Non possedevano telefoni cellulari.Utilizzarono tutti i gettoni per avvisare ildatore di lavoro. Al giorno 16 dipermanenza nella stazione di servizioLiviu Auxina e Virgil Chicescudichiararono: «Speriamo che ilproprietario del camion abbia avvertitole nostre famiglie: non vorremmo che sipreoccupassero».Il più circostanziato avvistamento di Ufosull’Autosole avvenne alle 18 dell’8dicembre 1976 nei pressi del fonte sulfiume Panaro. Oltre a decine diautomobilisti, lo segnalarono dueattendibili agenti della Polstrada,distaccamento Modena Nord: Adolfo DiLauro e Stefano Cristiani. L’oggetto era aun’altezza di cinquecento metri e sipresentava come un grande cerchiobianco fosforescente che mandava unaluce abbagliante e, sopra di questa,un’altra luce circolare rossa menointensa.Apparizione ancor più insolita ebbe uncasellante alla barriera di Parma, allequattro di una notte di agosto del 1995.Assopitosi, fu risvegliato da un concitatobattere al vetro. Aperti gli occhi si trovòdavanti un uomo nudo e terrorizzato.Alle sue spalle una Golf grigia sgommavavia. L’impiegato dell’Autosole staccavadal proprio abitacolo una tendina

parasole per consentire all’insolitopassante di coprirsi le parti intime.L’uomo, sposato e padre di due figli,aveva caricato una prostituta a Milano,zona San Siro. Lei gli aveva proposto difare sesso in presenza del suo uomo,offerta inspiegabilmente accettata. Nelmomento cruciale il terzo incomodo, finlì immobile e silente, aveva estratto unalama. Il pater familias, era stato svestitodel poco che gli restava, infilato nelbagagliaio e trasportato verso ignotadestinazione. Al casello, rivelandoun’astuzia fin lì insospettata, si eraliberato. Nel più rocambolesco incidente maiavvenuto sull’Autosole, nel novembredel 2011 un’auto in prossimità di Orvietosbandò, travolta da un’improvvisamarea di rotoli di carta igienica. Glioccupanti, feriti, proruppero all’unisonoin cambronniane esclamazioni.È un fatto noto quello che accaddenell’estate del 1973. L’allora segretariodel Msi, Giorgio Almirante, incompagnia della moglie (donnaAssunta), pranzò nell’area di servizioCantagallo. Accortisi della sua presenza,i dipendenti rifiutarono di servirgli fruttae caffè. Meno noto è che, negli anni avenire, mentre il Msi diveniva An,quell’autogrill alzava l’insegna Fini.Tra tanti venditori di “pacchi”sull’Autosole, fa tenerezza il truffatoreAlberto Bartolini, anni 49, arrestato nel1995 in un’area di servizio prossima aMelegnano. Si procurava tagliandi delvicino casello passandoci e ripassandocia marcia indietro. Quindi, appostato nelparcheggio, li rivendeva a camionistivenuti dal Sud il cui pedaggio sarebbestato ben più alto.Lieto fine, anzi inizio per il piccoloSebastian. Venne alla luce il 18 giugno2004 pochi metri oltre il casello diMagliano Sabina, sull’autostradaincautamente imboccata dai genitori,islandesi in trasferta. La madre iniziò apartorire sulla corsia di emergenza. Ilpadre accese le quattro frecce e pregò. Ilcielo inviò una pattuglia composta dagliagenti Tiziano Capuani e CarloCiabacchini. Quando si avvicinarono allavettura la testa di Sebastian già facevacapolino. Il resto fu senza ingorghi néincidenti.

Cronache verein carreggiataesterna

© RIPRODUZIONE RISERVATA© RIPRODUZIONE RISERVATA

LIBRI E FILM

IL “GUIDATORE NOTTURNO”DI CALVINO (1967) E “TOBYDABBIT” (1969) DI FELLINI:L’A1 DIVENTA UN SET

ANNI SESSANTA

AGOSTO, CHIUDONO LE FABBRICHE DEL NORD:IMPIEGATI E OPERAITORNANO IN AUTO AL SUD

ANNI SETTANTA

I LAVORATORI DEL CANTAGALLO (BO) SI RIFIUTANO DI SERVIREGIORGIO ALMIRANTE

L’AUSTERITY

1973: LE DOMENICHESENZ’AUTO SVUOTANO LE AUTOSTRADE. UN LITRODI BENZINA COSTA 300 LIRE

LA CIVILITÀ DELL’AUTO

1980: LE AUTOMOBILIIN CIRCOLAZIONESUPERANO I 20 MILIONI.ERANO 5 MILIONI NEL ’64

AL CINEMA

VERDONE AMBIENTA MOLTESCENE DI “BIANCO, ROSSOE..” (1981) SULL’A1. GUCCINIINCIDE “AUTOGRILL” (1983)

Q

la Repubblica

DOMENICA 28 SETTEMBRE 2014 32LA DOMENICA

ERIC SCHMIDT

NGIORNOdi febbraio del 2000, mentre si recava a Mountain View per sostenere un col-loquio con Sergey Brin (uno dei fondatori di Google, ndt) per il ruolo di product lea-der di Google, Jonathan Rosenberg (co-autore di Google confidential, ndt) pensavache si sarebbe trattato di una mera formalità. Dopo i convenevoli di rito, Sergey gliha posto una delle sue domande preferite: “Potresti insegnarmi una cosa com-plicata che non so?”. Jonathan si è laureato in economia alla ClaremontMcKenna ed è figlio di un economista di Stanford perciò, superata lasorpresa, si mise alla lavagna per dimostrare la legge economicasecondo cui la curva dei costi marginali incontra la curva deicosti medi nel punto minimo di quest’ultima, dividendolaa metà. Pensava di fare bella figura con Sergey poi,però, si è reso conto, mentre Sergey trafficava con i

suoi rollerblade e guardava fuori dalla finestra, che non gli stava dicendo nulla dinuovo. Doveva cambiare tattica subito. Perciò si dedicò a un nuovo argomen-to: il corteggiamento. Iniziò con una spiegazione su come “buttare l’amo”usando il suo metodo “brevettato” per ottenere il primo appuntamento ecitò come case study sua moglie. Sergey cominciò a mostrarsi interessa-to, e Jonathan ebbe il posto.

Se chiedeste ai manager di alcune grandi imprese “Qual è la cosa piùimportante che fate al lavoro?”, quasi tutti risponderebbero automa-ticamente “partecipare alle riunioni”. E se rincaraste la dose, preci-sando: “no, non la più noiosa; la più importante”, probabilmente rea-girebbero citando uno dei principi standard che hanno appreso al-la business school, tipo “sviluppare strategie intelligenti e crearesinergie opportunistiche eccetera”. Immaginate ora di porre lastessa domanda a dei grandi allenatori. Probabilmente vi rispon-derebbero che la cosa più importante è reperire e ingaggiare i mi-gliori giocatori in giro. I bravi direttori sportivi sanno che nessu-na strategia può sostituire il talento, e ciò vale nel business comesui campi. Per un manager, la risposta giusta alla domanda “qualè la cosa più importante che fai al lavoro?” è “assumere”.

La decisione apparentemente razionale “prendiamo questo ti-zio perché è così intelligente” viene usurpata quasi sem-

pre dalla decisione più emotiva “ma potrebbe esserepiù bravo di me e farmi fare cattiva figura, dopodiché

non verrò promosso, i miei figli mi giudicheranno unperdente e mia moglie se ne andrà con quel tizio chelavora alla caffetteria Peet’s, portandosi via il canee il pick-up”. In altre parole, si mette di mezzo la na-tura umana. Pensate ai vostri dipendenti. Quali di lo-ro sono davvero più intelligenti di voi? Quali di loro non

vorreste incontrare davanti a una scacchiera o in una ga-ra di parole crociate? La regola aurea dice di assumere sem-

pre persone più intelligenti di voi. Ma fino a che punto la se-guite? È una regola che vale ancora, ma non per le ragioni più ov-

vie. Le persone intelligenti sanno un mucchio dicose, e quindi possono fare meglio di chi ha capacità in-tellettuali meno brillanti delle loro, ma non assumete-le per le conoscenze che possiedono. Assumetele per lecose che non sanno ancora. Trovare animali da ap-prendimento può essere problematico. Il modus ope-randi di Jonathan ora è chiedere ai candidati di riflet-tere su un errore commesso. Il punto non è capire sequalcuno ne era consapevole, ma come ha fatto evol-vere il suo pensiero e cosa ha imparato dai suoi errori.Pochi rispondono bene. Mettete tutti i dipendenti incondizione di imparare nuove cose — anche compe-tenze e conoscenze che non sono direttamente produt-tive per l’azienda — e poi aspettatevi che le utilizzino.

Un’altra qualità cruciale è il carattere. Non ci riferia-mo solo a chi tratta bene gli altri e appare degno di fi-ducia, ma anche a chi ha una personalità equilibrata eorientata alla socialità. Una persona interessante. Va-lutare il carattere nel processo di selezione era piutto-sto facile, perché le interviste includevano spesso unpranzo o una cena al ristorante, e a volte anche un drinko due, stile Mad Men. Queste occasioni sociali consen-tivano al manager di capire come si comportava il can-didato “in abiti civili”. Ma cosa accade quando abbassala guardia? Come tratta il cameriere e il barista? Le per-sone di valore trattano bene gli altri, indipendente-mente dal livello sociale o dal grado di sobrietà. Ogginon si fanno ubriacare i candidati, perciò bisogna esse-re più attenti, specie nelle fasi che precedono e seguo-

no immediatamente ilcolloquio. Quando fre-quentava il secondo annodella business school, Jo-nathan venne contattato da unagrossa società di consulenza. Il suo con-corrente per la stessa posizione era un ric-co figlio di papà che oltre a essere molto più qua-lificato di lui, era anche più bello. Jonathan sapeva dinon avere chances. Ma mentre aspettava il suo turnoper il colloquio, si mise a chiacchierare con la segreta-ria scoprendo che stava organizzando un viaggio in Ca-lifornia. Allora cominciò a darle consigli per il viaggio.Il giorno dopo, quando lo convocarono per discutereun’offerta, pensò che c’era stato un errore oppure cheavevano deciso di assumere due persone. Invece no:l’altro non era stato assunto, perché secondo l’intervi-statore “per la mia segretaria era uno stupido, mentrelei le piace”. Noi di solito chiediamo alle segretarie cosapensano dei candidati, e ascoltiamo il loro parere.

L’autore è chief executive di Google(Traduzione di Roberto Merlini

e Giovanni Gladis Ubbiali) © 2014 Google, Inc.

This edition published with arrangement withGrand Central Publishing, New York, USA.

© 2014 RCS Libri S.p.A., Milano

L’attualità. Sogno americano

È IL MOTORE DI RICERCA

SU INTERNET PIÙ DIFFUSO AL MONDO

ACQUISTATO PER 1,7 MILIARDI

DI DOLLARI È IL PIÙGRANDE SITO

DI VIDEO (500 MLN DI VISITATORI

AL MESE)

È IL SERVIZIO DI MAPPE PIÙ

UTILIZZATO SULWEB. STREET VIEWCOPRE ORMAI PIÙ

DI 3000 CITTÀ

IL SISTEMA DI POSTAELETTRONICA RESTA

IL PIÙ DIFFUSO AL MONDO CON CIRCA

500 MILIONI DI ACCOUNT

farsiCome

assumeredaMr.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

IL LIBRO

IL TESTO DI ERIC SCHMIDTPUBBLICATO È ESTRATTO DA ”GOOGLE CONFIDENTIAL”DI ERIC SCHMIDT E JONATHANROSENBERG, NELLE LIBRERIEDA DOMANI 29 SETTEMBRE(RIZZOLI, 300 PAGINE, 18 EURO)

GMAIL(2004)

GOOGLESEARCH(2008)

YOUTUBE(2006)

GOOGLE MAPS

È IL FATTURATO DI GOOGLENEL 2013 (IN DOLLARI).

SU QUESTA CIFRANEGLI STATI UNITI L’AZIENDA

PAGA IL 21% DI TASSE, IN EUROPA SOLO LO 0,2%:

DI QUI LE PROTESTE DELLA UE

57.800 MLD

U

la Repubblica

DOMENICA 28 SETTEMBRE 2014 33

“Un manager deve selezionare chi è piùintelligente di lui. Ma, prima, osservare come tratta le segretarie...”. Il Numero Uno di Mountain Viewsvela i suoi segreti. Non proprio tutti.È IL SOCIAL

NETWORK DI GOOGLE, MA PER ORA

COME RISPOSTAA FACEBOOK

PARE DEBOLE

DI ACCOUNT: GMAILÈ IL SERVIZIO

GRATUITO DI POSTAELETTRONICAPIÙ GRANDEDEL MONDO

STUDIAL’INVECCHIAMENTO.

QUANDO NACQUE IL “TIME” TITOLÒ:

“GOOGLE CI SALVERÀ

DALLA MORTE?”

COSTANO1500DOLLARI GLI OCCHIALI

COLLEGATI A INTERNET

CHE SCATTANO FOTO E GIRANO VIDEO

NATA NEI LABORATORI

GOOGLE X È L’AUTO DEL FUTURO, QUELLA CHE GUIDA DA SOLA

È IL NUMERO DEI DIPENDENTIGOOGLE CHE LAVORANO

(A TEMPO PIENO) NEI SETTANTA UFFICI SPARSI

IN 40 PAESI DEL MONDO

È IL NUMERO DELLE RICERCHEFATTE ATTRAVERSO GOOGLE

IN UN MINUTO. NELLO STESSO LASSO DI TEMPOL’AZIENDA DI MOUNTAIN VIEW

GUADAGNA IN MEDIA 123.109 DOLLARI

coscienza etica, quanto è più gratificante lavorareper Google che s’identifica con un mondo “smart”,giovanile, progressista, ambientalista?Essendo europeo e con un età leggermentesuperiore all’audience della serata, sono forsel’unico a trovare stonato il duetto Schmidt-Colbert?Mentre il chief executive di Google è osannatoqui a New York, la Commissioneeuropea lo accusa di comportamentimonopolisti. Un ministro tedescoha appena chiesto che Googleriveli i suoi algoritmi, perché sipossa verificare quanto i risultatidelle nostre ricerche su internetsono truccati e manipolati a finipubblicitari. Certo, i giovanineolaureati-disoccupati del Vecchiocontinente sarebbero felici se ci fosse anche da noiqualche azienda capace di crescere da poche

centinaia a decine di migliaia di dipendenti inpochi anni. Ma la mia non è una distorsione

ottica, un “negativismo” tutto europeo.Qui negli Stati Uniti un’indagineparlamentare ha evidenziato l’enormeelusione fiscale di Google, che sposta insedi offshore i profitti. Non io soltanto,

ma esperti come Jaron Lanier, hannoevidenziato che un “aggregatore

di contenuti” come Google stacreando delle diseguaglianzenuove. Da una partesaccheggia il lavoro umano diintere categorie professionali– dai traduttori ai musicistiagli scrittori – senzaremunerarlo, per offrirlo“gratis” agli utenti; dall’altra

genera profitti enormi con laraccolta pubblicitaria attirata daquei contenuti gratuiti. Lo stessoColbert, o per meglio dire lasocietà di produzione diComedy Central che realizza il

suo show, ha condotto per setteanni una battaglia giudiziaria perviolazione di copyright controGoogle-YouTube. Chiusa a marzo diquest’anno con una transazioneextra-giudiziale dai contenutisegreti. «Alla fine abbiamo vintonoi», gongola Schmidt. La SiliconValley è stata ribattezzata anche laVallata degli Avvocati. Vinconosempre loro.

UN’ALTRA IDEA“FOLLE” NATA

NEI LABORATORIGOOGLE X: PALLONIAEROSTATICI PER

PORTARE INTERNETOVUNQUE

© RIPRODUZIONE RISERVATA

2.400.000

49.829

425MILIONI

GOOGLE +(2011)

GOOGLE CAR

GOOGLE GLASS

PROJECTLOON (2013)

CALICO(2013)

FEDERICO RAMPINI

NEW YORK

INDIRIZZO è 92esima e Lexington,all’estremità opposta di Manhattanrispetto a Chelsea dove Google ha lasua sede newyorchese.L’auditorium del centro 92Y è

strapieno, per lo più giovani. Le star della seratasono due: Eric Schmidt, chief executive di Google, eil popolarissimo autore/attore di satira televisivaStephen Colbert. Nel suo Colbert Report, hainventato una parodia della destra americana cosìraffinata che uno spettatore ignaro non distinguela fiction dalla realtà. Dunque gli ingredienti cisono per una serata di fuochi d’artificio: Colbertversus un Padrone della Rete, uno dei più potenticapitalisti del nostro tempo. Qualche domandapuntuta c’è, soprattutto sulla privacy violata, icontratti capestro per accedere ai social media. Manell’insieme la serata prende una piega moltoamichevole. Colbert, che può essere di unacattiveria acuminata coi politici, si presta a unlancio/pubblicità per questo libro scritto a duemani da Schmidt e Jonathan Rosenberg. Daanimale di spettacolo, l’anchorman fiuta gli umori

del pubblico. La metà dei ventenni affluiti inmassa questa sera sono suoi fan. L’altra metàsono fan di Schmidt. O meglio: sono ragazziche considerano come un traguardoambitissimo, un vero sogno, essere assuntida Google. Perciò Colbert indugia nelledescrizioni di tutti i benefici leggendariche vengono offerti a chi lavora aGoogleplex (campus e sede centrale nellaSilicon Valley californiana): le mense-gourmet gratuite, palestre e campi davolley, tanto tempo libero. Insommaproprio una parte del contenuto di questo libroche racconta l’universo molto particolare delleaziende digitali. Creatività, passione perl’innovazione, spirito trasgressivo. Età media deicinquantamila dipendenti di Google, sotto itrent’anni, conferma Schmidt. In quanto aglistipendi, i fortunati che vengono reclutatiguadagnano forse un po’ meno che da GoldmanSachs ma dal doppio al triplo rispetto agli stipendidegli altri colletti bianchi, le professioni del cetomedio impiegatizio tradizionale. E vuoi mettere sulpiano del prestigio, dello status, perfino della

L’

Il capitalista gurudell’azienda mitogiovane, smarte piena di ombre

la Repubblica

DOMENICA 28 SETTEMBRE 2014 34LA DOMENICA

ta a un’agenzia di rating specializzata». Larealtà è molto meno agghiacciante. Solo quat-tro o cinque console da videogame per terra,coperte di polvere in un accrocchio di fili da-vanti al televisore. Per il resto ordine e disci-plina regnano (quasi) sovrani («Vabbé, homesso a posto, eh, perché sapevo che veni-vi...»). Su tutto troneggia quello che Micheleconsidera l’unico vero lusso che si è concesso:una macchina per videogiochi da bar di quel-le davanti alle quali negli anni ‘80 stazionava-no orde di adolescenti che giocavano a StreetFighter. Gioco che ha segnato indelebilmenteanche lui, tanto che uno dei personaggi dellesue storie ha il nome di Blanka, un bestione ca-pelluto che nel videogame si trasformava inuna palla e con una mossa speciale dava unascossa elettrica agli avversari: «La cosa bella èche dentro ci puoi scaricare tutti retrogameche vuoi». Per i non adepti, i cosiddetti “retro-game” sono appunto i vecchi giochi per quel ti-po di macchine che oggi sopravvivono sulla re-te per la gioia di tutti i geek della terra: fumet-tisti, blogger, programmatori, registi da Pe-ter Jackson de Il signore degli anelli ai fratelliWachowski, creatori della trilogia di Matrix.Anche se Michele, su tutti, venera Star Wars,come dimostrano poster, action figure e, so-prattutto un superbo modellino del Mille-nium Falcon: «L’ho barattato in cambio di al-cune tavole originali». Un affarone.

Com’è incominciato tutto?

«Con cinquecento copie de La profezia del-l’armadillo. Che fu un’autoproduzione».

Cosa significa autoproduzione?

«Che portavo io le copie alle librerie a manoe le lasciavo in conto vendita. Tenevo i conti sudei fogliettini che poi perdevo. Un incubo. E mihanno tolto nove punti della patente...».

Quanto copie hai venduto in questo modo?

«Sono state ristampate dieci volte:circa cinquemila copie».

Intanto la Profezia dell’arma-

dillo cominciava a diventare

un caso. A quel punto qualcu-

no se n’è accorto...

«Sì la casa editrice Bao si èfatta avanti e mi ha chiesto dipubblicare un nuovo libro maquando hanno capito che io nonce la facevo più e che l’armadil-lo continuava a vendere hannodeciso di ristamparlo loro, equella è stata la mia salvezza».

Poi l’anno dopo Ogni male-

detto lunedì su due, la raccol-

ta delle storie pubblicate sul

tuo blog...

«Finì subito al primo posto suAmazon e, cosa per me in-credibile, al primo posto

della classifica Nielsen della “va-ria”».

Quali sono state le tue influenze

più importanti?

«Topolino e Paperino: ho iniziato a disegna-re da piccolissimo proprio cercando di copiare

i personaggi di questi fumetti. Dragonball, dicui aspettavo l’uscita con il cuore in gola e Kenil guerriero. Poi sono passato al fumetto un-derground: Tank Girldi Jamie Hewlett e BrianThe Brain di Miguel Angel Martin».

In famiglia qualcuno disegnava?

«Mia nonna, protagonista di Dimentica ilmio nome, tra le incredibili cose che ha fattonella sua vita era anche pittrice».

Nei tuoi racconti ci sono sempre afferma-

zioni d’amore per Rebibbia, il quartiere in

cui vivi. Come mai?

«È il posto in cui io sono cresciuto ma è sem-pre stato bistrattato. Per me affermare l’ap-partenenza a Rebibbia è un motivo d’orgoglio.Alcuni pensano che sia una sorta di Bronxmentre per me è un’isola felice tra San Fran-cisco e Pescara».

Questo nuovo corposo volume di ben 240

pagine è la cosa a cui tieni di più in assoluto.

Quanto tempo ci hai lavorato?

«Più di due anni anche se la lavorazione ve-ra e propria è stata di circa otto mesi. Ho ini-ziato e poi l’ho interrotto perché non mi senti-vo ancora pronto a metterlo giù. Dentro ci so-no alcune cose autobiografiche e altre no, manon rivelerò mai qual è la parte vera e qualequella di fantasia. Si apre con la morte di mianonna e ripercorre alcuni episodi della mia vi-ta, insieme all’attraversamento del lutto daparte di mia madre. In questo processo ven-gono a galla dei fatti che mi erano stati taciutie che non avrei mai potuto immaginare».

Che importanza hanno avuto i centri socia-

li e la musica punk nella tua formazione?

«Fondamentale. I centri sociali sono posti incui io sto bene e che cercano di fare qualcosadi positivo in una realtà sempre più difficile.Ho iniziato a disegnare facendo locandine diconcerti per loro da quando avevo sedici anni.Il punk è parte della mia vita, corrente “strai-ght edge”, il che significa che non bevo, non fu-mo e non mi drogo».

E la scuola è stata importante?

«Non molto: nonostante gli sforzi dei mieiinsegnanti non sono mai riuscito a impararel’anatomia. L’unica cosa che mi ha insegnatoè una certa disciplina: se sei completamenteautodidatta e non sai disegnare un cavallo fi-nirà che non lo disegnerai mai. Lì sei obbliga-to, ma non sempre funziona».

Cinque graphic novel in meno di quattro

anni, una storia nuova sul blog ogni quindi-

ci giorni per non parlare delle varie colla-

borazioni e dell’enorme quantità di pre-

sentazioni: ha lavorato moltissimo in que-

sti anni...

«Perché ho sempre pensato, e lo penso tut-tora, che non sarebbe durata. Il mio è, inevi-tabilmente, un fenomeno destinato a sgon-fiarsi: probabilmente l’unico motivo per cuiverrò ricordato è “Ah, sì, Zerocalcare, quelloche ha venduto un sacco di fumetti per un bre-ve periodo senza avere nemmeno una vagaidea di cosa fosse l’anatomia”».

LUCA VALTORTA

ROMA

AREBIBBIA NON CI CAPITI PER CASO.È l’ultima stazione della metro A diRoma e devi volerci andare. E la motivazione più forte per anda-re a Rebibbia è il carcere: ogni giorno i parenti dei detenuti si ri-versano dalla metropolitana per le visite. Zerocalcare, pseudo-nimo di Michele Rech, trent’anni, da sempre vive qui. E da qui,dice, non si muoverebbe mai. Zerocalcare è il fenomeno del fu-metto italiano, il più famoso e al tempo stesso il più schivo, l’au-tore singolo che ha venduto di più nella storia con oltre duecen-tomila copie dei suoi quattro volumi pubblicati fino a oggi. È an-che l’unico fumettista riuscito ad arrivare al primo posto dellaclassifica di “varia” e il suo nuovo lavoro, Dimentica il mio nome,ha già bruciato in prenotazione quattromila copie dell’edizione

limitata con copertina realizzata da Gipi («Lui è inarrivabile: quando inizia a disegnare ha inmente una cosa ma tu non puoi capire che cos’è, poi improvvisamente si materializza davantia te. Ed è meravigliosa»). Scendono quasi tutti. Michele mi aspetta per andare a mangiare: «An-diamo dal kebabbaro sotto casa mia, praticamente è il luogo dove a Rebibbia succede tutto».Tipo? «Mah, in realtà Rebibbia è un posto tranquillissimo e non succede mai niente, però l’an-no scorso due tizi coi cani si sono rifiutati di pagare e hanno scatenato i molossi che hanno mor-so una che passava di lì e che poi si è rivelata essere la “Mantide di Cairo Montenotte”, la famo-sa Guerinoni, che stava tornando a Rebibbia da un permesso». Siamo già in un racconto di Ze-rocalcare. Poi entriamo in casa, il suo tempio, descritta in molte delle sue storie tra cui quella,divertentissima, in cui racconta: «Casa mia ha tre livelli di degrado, la cui valutazione è affida-

Trent’anni, romano, è il più acclamatotra i fumettisti italiani. “Tutto iniziòquando disegnai la mia coscienzasotto forma di armadillo. Fu un successoChe ovviamente non potrà durare...”

Officine. Graphic novel

IL DISEGNO

ZEROCALCAREE LA NONNA HUGUETTESONO I PROTAGONISTIDI “DIMENTICA IL MIO NOME”,IN USCITA IL 16 OTTOBRE (BAO, 240 PAGINE, 18 EURO)

RTV-LA EFFE

LUNEDÌ SU RNEWS(ORE 13.45 E 19.45,CANALE 50 DEL DT E 139 DI SKY) ZEROCALCARERACCONTA IN VIDEOLA SUA ULTIMA OPERA

AL LAVORO

SOPRA, UNA TAVOLADEDICATAA REBIBBIADI MICHELE RECH,30 ANNI, IN ARTEZEROCALCARE.QUI ACCANTO,AL LAVOROSUL DIVANO DI CASANEL QUARTIEREROMANO DI REBIBBIAE, SOTTO,IL SUO ALTER-EGOSULLO STESSODIVANO INSIEMEALL’ARMADILLO

© RIPRODUZIONE RISERVATA

la Repubblica

DOMENICA 28 SETTEMBRE 2014 35

ZerocalcarePunk,Rebibbia

e videogame

la Repubblica

DOMENICA 28 SETTEMBRE 2014 36LA DOMENICA

Tace da trent’annima il mondolo ascolta ancoraEMANUELA AUDISIO

IL CAMPIONE PIÙ SILENZIATO DEL MONDO. Ma è l’unicoancora capace di parlare al mondo. L’unico chevenga ascoltato, rispettato, ammirato. Anche se daquasi trent’anni ha gravi difficoltà di parola. Forsenemmeno serve che Ali aggiunga altro. Ha detto

tutto, quando non andava di moda: contro il razzismo, contro lediseguaglianze, contro la guerra. E lo ha pagato carissimo: nonesistevano ancora i presidenti alla Obama, e lui quando andavaad allenarsi sulla spiaggia di Miami veniva sempre arrestato. Ineri non corrono sul lungomare dove i bianchi prendono il sole.Non c’è nessun atleta oggi che abbia la sua scioltezza di lingua(anche se lui purtroppo l’ha perduta), la sua fede, la suapopolarità, la sua generosità. Anche se emette pochi suoni, labocca di Ali sembra sempre tuonare. Contro chi insiste achiamarlo Cassius Clay, contro chi lo vuole arruolare in conflittiche non gli appartengono (allora era il Vietnam), contro chipensa che i neri non abbiano diritti. I campioni miliardari dioggi non si mischiano con la politica, lui l’ha fatto. Le grandistar non girano più nei brutti posti da dove provengono, lui sì,non si è mai vergognato. Gli eroi sportivi attuali non dichiaranomai nulla nella paura di essere sgradevoli al loro pubblico, ailoro sponsor, a chi li rende così ricchi e famosi. LeBron James,Tiger Woods, Usain Bolt non fanno polemiche: si tengonolontani dalle leggi sui matrimoni gay, dalla riforma sanitaria,dai guasti all’ambiente, da chi per strada con una divisa spara aun ragazzo nero solo perché sospetto. Nessuno che dica: io perprotesta non scendo più in campo. Ali lo ha fatto e perpunizione gli hanno tolto il titolo mondiale. Ma lui non si è fattoimbavagliare. Non ha barattato la sua dignità per un contrattofavoloso. Non è il suo silenzio malato oggi a far paura. Ma quellodi chi sta zitto e gioca.

Spettacoli. Boxe office

IosonoAli

© RIPRODUZIONE RISERVATA

NON CI SONO PAROLE

PER DESCRIVERLO: È STATO LUI IL PIÙ GRANDE DI TUTTI, ME COMPRESO

e

ÈMIKE TYSON

GEORGE FOREMAN

NON SOLO HO PERSO

UN INCONTRO CONTROUN GRANDE CAMPIONEMA CONTRO UNO DEGLI UOMINI PIÙGRANDI MAI ESISTITI

che sarebbe stato in prima fila a difendere il suopaese, ma che respingeva l’idea di aggressionesul territorio altrui. Il gran rifiuto coincise conla conversione all’Islam, e con un attacco me-diatico senza precedenti: la rivista Esquire de-cise di dedicargli una copertina che lo raffigu-rava nei panni di San Sebastiano ma, giunto sulset, Ali spiegò che non poteva impersonare unsanto cristiano. Dovette intervenire il leaderreligioso Eijah Muhammad per rassicurarloche si trattava di una scelta utile alla causa.

C’è una grande contraddizione tra la spaval-deria manifestata sul ring e la sensibilitàespressa in tante scelte quotidiane, tenute fi-nora nascoste. All’inizio degli anni Settanta Alidivenne amico di un bambino bianco malato dileucemia, e gli promise che avrebbe sconfitto ilcancro come lui Foreman. Quando il bambinosi aggravò, Ali sospese gli allenamenti per an-dare a trovarlo, e il piccolo lo sorprese per la suaconsapevolezza: «Non ce la farò, ma mi è anda-ta ancora meglio: grazie alla tua amicizia il Si-gnore mi terrà un posto speciale in Paradiso.Però sconfiggi per me Foreman, quella partedella promessa è ancora valida». A Kinshasa, inquello che venne definito “the rumble in thejungle”, Ali combattè anche per il suo giovaneamico, e nel mare di contraddizioni che hasempre caratterizzato la sua vita questo av-venne mentre il pubblico urlava a squarciago-la “Boma Ye!” (uccidilo). Con geniale abilitàmanipolatrice, era riuscito a conquistare la po-

polazione locale interpretando la parte del-l’uomo fiero della propria libertà opposto a unpugile reazionario e animalesco: non si sapevanulla di Foreman, in Zaire, al punto che molti,come anni fa raccontava un altro documenta-rio, When We Were Kings, ritenevano fossebianco. Il match di quarant’anni fa fu un capo-lavoro psicologico e pugilistico che si conclusecon un ko nel quale l’imbattibile Foreman crol-lò al tappeto «come una maggiordomo di colo-re nell’apprendere una notizia tragica»: cosìscrisse Norman Mailer nel suo magnifico La Sfi-da. In quel match venne alla luce un ennesimoelemento contraddittorio: il campione che piùha fatto per difendere la dignità della gente dicolore non ha esitato a insultare ripetutamen-te i rivali con epiteti razzisti, primo tra tutti JoeFrazier, che definiva in ogni occasione “goril-la”, “brutto” e “bestiale”. La rivalità tra i due, ce-lebrata da tre match combattutissimi, si con-cluse con il cosiddetto “thrilla in Manila” nelquale Ali ebbe il sopravvento, dopo una vittoria

per ciascuno nei primi due mat-ch. Poche rivalità nella boxehanno avuto una dimensioneugualmente epica, ma oggiscopriamo che dietro le rissepubbliche (una volta i due simalmenarono in diretta televi-siva) c’era un grande rispettoche generò una profonda ami-cizia. È stato Ali, tredici anni fa,già gravemente malato e tre-mante, a insistere per portarea spalla la bara del rivale, unodei pochi ad averlo sconfitto.Oggi nel documentario compa-re il figlio di Frazier, Marvis, an-cora commosso a quel ricordo.E con lui c’è Mike Tyson —«Non ci sono parole per descri-verlo: è stato lui il più grande ditutti, me compreso» — e Geor-ge Foreman: «Non solo ho per-so un incontro contro un gran-

de campione, ma contro uno degli uomini piùgrandi mai esistiti».

L’America che lo ha detestato visceralmen-te trovò un momento di riconciliazione quandolo vide accendere il bracere olimpico di Atlan-ta, 1996, e quei momenti lunghissimi, nei qua-li non riusciva a tenere ferma la fiaccola, mo-strarono più di ogni altra cosa la fragilità del“più grande”.

la Repubblica

DOMENICA 28 SETTEMBRE 2014 37

© RIPRODUZIONE RISERVATA

LE IMMAGINI

MUHAMMAD ALI, 72 ANNI,A SINISTRA SUL RINGNEL 1975 E QUI SOTTONEL 2006. IN BASSO, DA SINISTRA,LE LOCANDINE DI ALCUNIDEI FILM A LUI DEDICATI:“IO SONO IL PIÙ GRANDE”(1977), “WHEN WE WEREKINGS” (1996), “DON KING” (1997),“ALI, AN AMERICANHERO” (2000), “ALI” (2001),“MUHAMMAD ALI’SGREATEST FIGHT” (2013)E “I AM ALI” (2014)

ANTONIO MONDA

NEW YORK

OPO IL FILM DI MICHAEL MANN, e i documentari realizzati a partire da-gli anni Settanta, il cinema racconta ancora una volta la vita diMohammad Ali, e lo fa partendo da alcune registrazioni inedite dichiacchierate domestiche con le figlie ancora bambine. I am Ali, di-retto da Clare Lewins, esce nelle sale americane in occasione delquarantesimo anniversario del leggendario incontro di Kinshasanel quale il campione riconquistò il titolo mondiale contro GeorgeForeman, ma è focalizzato soprattutto sulla sua personalità con-troversa, carismatica, come dicono in America “larger than life”. Ildocumentario è incorniciato dalle conversazioni con le sue piccole,e il tono è sorprendentemente tenero: come quando lo si vede inse-gnare alla figlia la sua cantilena-rap, “vola come una farfalla, pungi

come un’ape”, o confidarle di voler tornare a combattere («pensa che bello se riconquistassi il ti-tolo per la quarta volta») e la bambina scoppia quasi a piangere, preoccupata per la salute del pa-dre. E aveva tutte le ragioni per esserlo: Ali, all’epoca trentottenne, era già malato di Parkinson egli incontri contro Larry Holmes e Trevor Berbick ebbero effetti devastanti sul suo fisico.

Amato e detestato in uguale misura, eroe per alcuni, traditore per altri, Ali è ancora oggi unodegli uomini più popolari del mondo. Se una delle mogli dichiara di continuare ad amarlo nono-stante i ripetuti tradimenti, le registrazioni raccontano un uomo pieno di dolcezza, che si sforzadi essere un buon padre, ma anche una perso-na consapevole di essere “il più grande”. In nu-merose occasioni chiede con insistenza alla fi-glia: «Come si chiama papà?». Chi sa di boxenon può non pensare a uno dei suoi incontri piùcelebri, che lo vide opporsi ad Ernie Terrell, ungigante imbattuto e dallo sguardo terrorizzan-te che lo aveva provocato chiamandolo CassiusClay. Sul momento Ali disse solo «quello è il mionome da schiavo», ma poi sul ring decise di im-partirgli una punizione indelebile: lo ridico-lizzò dall’alto della sua boxe velocissima e raf-finata, e lo umiliò senza assestare mai il colpodel ko, in modo da prolungare al massimo la pe-na. Era pieno di furia, ma riuscì a trattenerlaperché tutto il mondo doveva assistere a quel-la punizione, e colpì il gigante anche con gomi-tate e pugni scorretti, sfigurandone il volto. Aogni colpo urlava «come mi chiamo?».

A cominciare dalla duplice sfida con SonnyListon, soprannominato l’Orso Cattivo, furonomolti i suoi incontri leggendari, anche nel pe-riodo del rientro e persino negli ultimi tempi,ma il ritiro della licenza successivo alla scelta dinon combattere in Vietnam, ci ha privato deisuoi migliori anni pugilistici: gli incontri controCleveland Williams e Zora Folley, disputati pri-ma che gli fosse tolto il titolo, sono tra i più per-fetti mai disputati su un ring, più simili a unadanza che a un gesto atletico. È di quel periodola battuta «nessun Viet Cong mi ha mai chia-mato nigger», e il nuovo documentario raccon-ta come Ali abbia dichiarato ripetutamente

Insegnava il rap alla figlia prima che il rap esistesse: “Vola come una farfallapungi come un’ape” le cantava. A quarant’anni dalla leggendaria vittoriasu Foreman a Kinshasa, abbiamo visto in anteprima il nuovo documentarioche racconta un inedito Muhammad privato. Persino tenero

hounavitadafilm

D

la Repubblica

DOMENICA 28 SETTEMBRE 2014 38LA DOMENICA

VALERIO GUALERZI

ERANO una volta i vecchi giardinetti. Ora quello che è stato per annil’unico, striminzito, assediato presidio della natura nelle periferiedelle città, si appresta a essere travolto da un’ondata di verde che tra-sformerà radicalmente i paesaggi cittadini. Boschi verticali e foreste,corridoi e tetti verdi, orti urbani e serre idroponiche. Le nuove politi-che lanciate dalle amministrazioni comunali di mezzo mondo pro-mettono di fare delle città luoghi dove la natura si intreccia semprepiù col vecchio paesaggio di asfalto e cemento. C’è perfino chi vor-rebbe nominare già oggi Londra “parco nazionale”, visto che il 47 percento del suo territorio è verde. Ormai è chiaro non solo ai soliti am-bientalisti, ma anche ad amministratori avveduti e imprenditori il-luminati: sarà nelle metropoli che si combatterà la battaglia per la

qualità della vita, che sarà scavata la trincea della resistenza ai cambiamenti climatici, che si lotterà persfamare una popolazione mondiale che entro fine secolo potrebbe arrivare a tredici miliardi di persone.

Le città ospitano più della metà della popolazione mondiale, consumano due terzi dell’energia e pro-ducono oltre il 70 per cento delle emissioni di CO2 responsabili del riscaldamento globale. Bastano que-ste cifre a far capire la portata di una sfida che si gioca attraverso un ventaglio di iniziative: messa in effi-cienza del vecchio patrimonio edilizio (come ha appena ribadito di voler fare il sindaco di New York), co-struzione di nuovi quartieri carbon neutral, diffusione delle energie alternative, sistemi di trasporto so-stenibile a zero emissioni e, soprattutto, integrazione della natura nel tessuto urbano, compresa la dif-fusione di piccole aree paludose capaci di depurare le acque reflue. «Il verde in città significa maggiori ca-pacità di assorbimento delle acque piovane e riduzione dei rischi di inondazione, temperature più bassee quindi minori esigenze di raffreddamento, oltre che maggiore vivibilità», ricorda Piero Pelizzaro, re-sponsabile della cooperazione internazionale del Kyoto Club. Detto in altre parole, gli ecosistemi che sifanno spazio tra tangenziali e cavalcavia ci offrono quello che Yvonne Baskin in un saggio ha ribattezza-to “Il pasto gratis”: una serie di preziosi servizi come la pulizia dell’aria, la depurazione dell’acqua, l’eli-minazione di insetti fastidiosi. «Si pianta erba ovunque è possibile, persino, come in Germania, tra i bi-nari dei tram», dice ancora Pelizzaro. «Dei tetti verdi e dei giardini verticali che assorbono acqua piova-na e tengono freschi gli edifici si è parlato già molto», aggiunge. «Anche l’Italia, cronicamente in ritardosu questi temi, ha iniziato a muoversi con l’installazione voluta da Renzo Rosso per la nuova sede di Die-sel a Breganze o con il bosco verticale creato con il Progetto Porta Nuova nel centro Direzionale di Mila-no. Ciò che è meno noto è il proliferare delle foreste e delle aree umide urbane. Sempre più spesso il com-

pito di recuperare le vecchie zone industriali o le in-frastrutture dismesse, come la High Line di NewYork, è affidato al lavoro della natura, anche per-ché più economico rispetto alle costose demolizio-ni». Da questo punto di vista uno progetti più inte-ressanti già realizzato è quello di Vitoria-Gasteiz,nei Paesi Baschi spagnoli, European Green Capital2012, dove è stata creata una “cintura verde” cheabbraccia la città con tre fasce concentriche chemettono in comunicazione i parchi del centro conle foreste e le montagne dei dintorni, passando at-traverso l’ex area industriale. Anche l’Epa, l’agen-zia statunitense per l’ambiente, ha scelto di riqua-lificare nientemeno che Detroit, capitale delladeindustrializzazione, attraverso il progettoGreenstreetscape che prevede il coinvolgimentodei cittadini nella creazione di nuovi spazi verdi«casa per casa». Un’operazione destinata a ripe-tersi in molte altre metropoli, conquistando il con-senso, come hanno captato le attente antenne diquegli scopritori di nuove tendenze che sono i pub-blicitari. Non a caso hanno scelto per uno degli ul-timi spot per Tim un gruppo di guerrila gardeningche notte tempo trasforma in aiuole fiorite i brullie abbandonati ritagli di terra delle nostre città.

FATTORIEVERTICALI

COLTIVARE FRUTTAE VERDURA SUI GRATTACIELINON SARÀINUSUALE

BOSCHI URBANI

GRANDI ALBERI E BOSCHI URBANICREERANNO SPAZIPIÙ SANI CON MICROCLIMAFAVOREVOLE

Next. Lavori in corso

Alberi luminosi,zone umide purificanti, pavimenti permeabili,parchi sotterranei

PARCHI URBANI

MOLTO ALBERATI, I PARCHI CITTADINIDIVENTERANNOESSENZIALI PEROFFRIRE OMBRA ERIPARO DAL SOLE

STRADESOTTERRANEE

COME È SUCCESSOPER LE FERROVIE,ANCHE LE STRADECORRERANNOSOTTOTERRA

TETTI VERDI

MURI, FACCIATE E TETTI DEGLIEDIFICI VERRANNOUTILIZZATI PER AUMENTARE IL VERDE IN CITTÀ

TRASPORTIAUTOMATIZZATI

TRA QUALCHEANNO SEMPRE PIÙAUTOBUS, TRAM E TRENI DIRANNOADDIO ALL’AUTISTA

SISTEMIDI DRENAGGIO

PER STRADE E SPAZI VERDI,PENSATI PER AFFRONTAREPIOGGE ESTREME

AUTOMOBILIAUTOMATIZZATE

ANCHE LE AUTOPRIVATE NON AVRANNO PIÙ BISOGNODELL’AUTISTA

PONTI

RICOPERTI DI ERBAE PIANTE, COME CORRIDOINATURALI PERATTRAVERSARESTRADE E FIUMI

OPEN AIR

ARTE INTERATTIVAE INSTALLAZIONIALL’APERTOOFFRIRANNOMOMENTIDI AGGREGAZIONE

Greencity

© RIPRODUZIONE RISERVATA

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10 11

2 3 4

5 6 7 8

9 10 11 12

NETWORK

UNA RETE “VERDE”CHE ATTRAVERSATUTTA LA CITTÀ: È L’OBIETTIVOPRIMARIO DELLA GREEN CITY

PAVIMENTIPERMEABILI

AIUTERANNO LA CITTÀ A FARFRONTE A EVENTIMETEOROLOGICIESTREMI

1

15

C’

L’ambiente idealesotto casa

la Repubblica

DOMENICA 28 SETTEMBRE 2014 39

Ventiquattro piccole-grandi ideeper le metropoli di domani. A partire da oggi

IL C

RED

ITO

CO

MP

LETO

AR

UP

/ RO

B H

OU

SE

FRO

M 'C

ITIE

S A

LIVE

'

RIVESTIMENTIINTELLIGENTI

I PARCHI AVRANNOCOPERTURE CHE SIAPRONO DA SOLESE PIOVE O IL SOLEÈ TROPPO FORTE

ALBERI LUMINOSI

SARANNO USATIPER FORNIREILLUMINAZIONENOTTURNA SENZA ENERGIAELETTRICA

ZONE UMIDE

SARANNO SEMPREPIÙ ESSENZIALI PER PURIFICAREL’ACQUA IN MODONATURALE

SPAZI PUBBLICIFLESSIBILI

SVOLGERANNO PIÙ FUNZIONI:MERCATI, PUNTID’INCONTRO E DI DIVERTIMENTO

PIAZZE-STANZA

SI CHIAMANO“BREATHINGROOMS”: PICCOLI RIFUGICON ALTO TASSO DI SALUBRITÀ

BIKE SHARING

GIÀ POPOLARE INMOLTE CITTÀ, SARÀINCORAGGIATOOVUNQUE. CONENORMI BENEFICIPER LA SALUTE

MARCIAPIEDILUMINOSI

PER ILLUMINARESTRADE E PARCHI,CON PARTICELLECHE ASSORBONO E RIFLETTONO LUCE

PARCHISOTTERRANEI

MOLTE CITTÀSPERIMENTANOSPAZI VERDI SOTTOTERRA CON FIBRE OTTICHE

ALBERI ANTI-CO2

GRANDI ALBERIASSORBIRANNOENORMI QUANTITÀDI CO2 PERTRASFORMARLA IN OSSIGENO

REALTÀAUMENTATA

CON DISPOSITIVIINTELLIGENTI SI ESPLORERÀ LA CITTÀ A REALTÀAUMENTATA

PANNELLI SOLARI

A ZERO EMISSIONIDI CARBONIO,DARANNO SEMPREPIÙ CALORE E ENERGIA ALLE NOSTRE CASE

CORRIDOI

GLI SPAZI VERDIDELLA CITTÀSARANNO MOLTOPIÙ EFFICACI SE COLLEGATI FRA DI LORO

IL SINDACO DI NEW YORK HA APPENARIBADITO DI VOLER METTERE IN EFFICIENZAIL VECCHIO PATRIMONIO EDILIZIO DELLA GRANDE MELA. MENTRE A LONDRAQUALCUNO CHIEDE CHE LA CITTÀ VENGARICONOSCIUTA COME “PARCO NATURALE”VISTO CHE ORMAI PER METÀ È VERDE

13 14 15 16

17 19 20

21 22 23 24

18

12

13

14

16

1718

19

20

22

23

24

21

la Repubblica

DOMENICA 28 SETTEMBRE 2014 40LA DOMENICA

LICIA GRANELLO

“WE ALL live in a yellow submarine”, can-tavano i Beatles, colorati e scanzona-ti come mai. Dai taxi di New York ai gi-rasoli di Van Gogh, passando per ilterzo chakra(manipura), centro d’e-nergia del plesso solare, il giallo èun’esplosione di luce, che tutto illu-mina, cibo compreso. Non a caso, ap-pena chiuso il tempo dell’estate,quando frutta e verdure estive porta-no addosso i toni sfacciati del solleo-ne, chiediamo all’autunno di entrare

nelle nostre giornate con un’ultima pennellata allegra, per meglio affrontare e resistere al grigiomonocolore dell’inverno che verrà. L’orto di inizio autunno non si sottrae alle tardive voglie cro-matiche. Esattamente come il mare, che concede ai più fortunati il privilegio di nuotate senza bri-vidi, frutta e verdura d’ottobre dispensano con generosità ciò che resta di colore e calore incame-rati nei giorni del Ferragosto passato. Che siano cachi o peperoni, mele dorate o le primissime aran-ce, il giallo viene elaborato ed esibito in tutte le sue declinazioni, dal pallore paglierino dell’uva al-l’arancione compatto delle zucche. Un ventaglio di allegria culinaria che diventa trionfo nelle pro-duzioni esotiche: ananas, manghi, papaye, ba-nane, giù giù fino alla bitorzoluta radice dellozenzero, gialla e piena di virtù. Questione di ca-rotenoidi e bioflavonoidi, tandem benefico dipigmenti vegetali — a cui aggiungere l’im-mancabile vitamina C — che ormai abita sta-bilmente tavole, dispense e perfino l’armadiet-to dei cosmetici. Mai come in questo caso, infat-ti, il bello e il buono coincidono alla perfezione:la prepotente azione degli anti-ossidanti, as-sunti con il cibo o assorbiti con le creme, regalasalute e sottrae vecchiezza alla pelle. L’elencodelle azioni benefiche è a prova di bugiardino:aumentano le difese immunitarie e la produ-zione di colesterolo buono (HDL), hanno effet-to alcalinizzante e antinfiammatorio — nuovefrontiere della medicina preventiva — incre-mentano la produzione di collagene e difendo-no la vista. Una tale messe di virtù non potevasfuggire all’industria farmaceutica, che per an-ni ha cercato di tradurre il concetto biofunzio-nale del giallo in capsule e granulati. In realtà, isuccedanei chimici non reggono il confrontocon i tesori naturali contenuti in pompelmi e ca-

rote, a patto però di sceglierli e gustarli al me-glio, senza cedere alle lusinghe di chi promettesapore vendendo colore. A partire dalle uovaspacciate per supersane semplicemente in ba-se al giallo acceso del tuorlo (colorato artificial-mente), fino alle giallissime mele dalla «buccianon edibile», segno inequivocabile della lucida-tura con paraffina.

Molto si può fare, invece, evitando le cottureprolungate e aggiungendo un cucchiaio di ex-travergine alle verdure per preservare i nu-trienti termolabili e migliorarne l’assorbimen-to. Se poi siete fra coloro che nutrono un amorecontroverso nei confronti dei peperoni — re-sponsabili di notti agitate e stomaci affaticati —spennellateli d’olio prima di infornarli ad altatemperatura. La buccia si gonfierà, staccando-si facilmente dalle falde carnose, lasciandole in-tatte e digeribili. Affettateci sopra della bottar-ga (giallo-arancio) e abbinateci un bicchiere diribolla gialla del friulano Damijan Podversic. Lacromoterapia autunnale è tutta qua.

Giallo d’autunno.Zucca, patata, peperoneil calore arriva in tavola

La birra Oltre mille gli indirizzi

dove comprare le migliori birreartigianali italiane, selezionati

dalla guida Slow Food 2015La divisione per categorie - slow,

quotidiane, grandi - aiuta a scegliere le bionde (ma ancheambrate, rosse e scure) secondo

abbinamenti gastronomici e momenti della giornata

La sfoglia Sabato 4 ottobre a Bologna

si apre il festival del tortellino,dove i migliori cuochi dell’Emilia

Romagna si sfideranno, fra ricette tradizionali

e rivisitazioni. Sarà anchepossibile acquistare sia la pasta

fresca (rigorosamente all’uovo),sia i condimenti classici,

dal ragù al brodo di cappone

Il vino Tutto quello che avreste voluto

sapere sui migliori vini da vitigniautoctoni, a partire dal Moscato

giallo, dal 16 al 19 ottobre a “Ein Prosit”, a Tarvisio e Malborghetto (Udine)

La parata di stelle vinicolesarà doppiata dagli incontri

con le star della cucina, da ChiccoCerea a Matias Perdomo

Sapori. Di stagione

È IN QUESTI GIORNICHE L’ORTO INIZIA

A DISPENSARETUTTO IL SOLE

(POCO IN VERITÀ)INCAMERATO

NEI GIORNI ESTIVIE SE NON DOVESSE

BASTARE, A QUELLONOSTRANO

SI PUÒ SEMPREAGGIUNGERE IL VENTAGLIO

ESOTICODI ANANAS, MANGHI

E PAPAYE

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Albicocche, corn flakes e limeper una torta senza pasta

Peperone ripieno di tabulè

La ricetta

LO CHEF

LO SVIZZEROPIETRO LEEMANN,CUOCOVEGETARIANO,AL JOIA DI MILANOSERVE SOLO PIATTIDA INGREDIENTIBIO, FRESCHIE ORIGINALI,COME QUELLOIDEATOPER I LETTORIDI REPUBBLICA

Gelato alla banana e vaniglia

INGREDIENTI200 G. D’ACQUA, 1/8 DI BARRA DI AGAR AGAR, 30 G. ZUCCHERO, 10 G. ZUCCHEROA VELO, 10 G. SUCCO DI LIMONE, 4 FRAGOLE, 1/2 STECCADICANNELLA, 1 CHIODO DI GAROFANO, 2 G. DI SCORZA D’ARANCIA, 2 G. DI SCORZA DI LIMONE, 1 G. DI SEMI DI FINOCCHIO, 1 G. DI CARDAMOMO, 2 PESCHE, 6 ALBICOCCHE, 200 G. DI PUREA DI MELE, 10 G. DI SUCCO DI LIME, 4 G. DI ZESTE DI LIMONECANDITO,80 G. DI CORN FLAKES

o pensato a una ricetta fresca ed essenziale, con l’ultima frutta del-l’estate, ma facilmente trasformabile di stagione in stagione. Por-tare l’acqua a ebollizione, unire lo zucchero e gli

aromi, scorzette comprese. Aggiungere la frutta ta-gliata a metà e raffreddare. Mettere in frigo a riposareper un giorno. All’indomani togliere la frutta dallo sci-roppo, che va filtrato, addizionato di agar agar e fattobollire finché è sciolto. Mettere la frutta tagliata a pez-zi in 4 stampi, versare lo sciroppo addensato e farrapprendere in frigo. Alla purea di mela aggiun-gere il succo di lime e le zeste grattugiate, quin-di stendere a specchio su 4 piatti, appoggiandoal centro la torta di frutta. Mettere attorno i fioc-chi di mais e spolverare con zucchero a velo.

H

la Repubblica

DOMENICA 28 SETTEMBRE 2014 41

FILIPPO BOLOGNA

L COLORE GIALLO è comparso a piùriprese nella mia vita, con unaricorrenza bizzarra e un significatoambivalente. Prima apparizione delgiallo. La prima volta che ho una

nitida percezione di questo colore siamonel 1983. Ho cinque anni. Falcao, Pruzzoe Bruno Conti ne hanno circa venti più dime e coi loro gol hanno trascinato alsuccesso la Roma di Liedholm. La tavolaè apparecchiata per le grandi occasioni.La tovaglia è di un giallo sgargiante eprofuma di lavanda. I bicchieri e i piatti diplastica, sono anch’essi gialli, ma di ungiallino malsano, di un giallo quasidorato invece i tovaglioli. Mio nonno ètoscano ma da ragazzo ha studiato aRoma dai gesuiti. Il lascito è una scarsafede religiosa ma una sincera fedecalcistica, dissimulata con signorilenonchalance, per lo meno fino allacertezza matematica dello scudetto. Ètutto pronto per i festeggiamenti. Mancasolo il rosso, che dovrebbe arrivare nellefattezze di una fumante marmitta dirisotto al pomodoro, che andrà acompletare i colori sociali della AS Roma.Ma per un dispetto del giallo quel rossonon arriverà mai: per l’euforia delmomento la pignatta è stata dimenticatasul fuoco e il risotto si è bruciato. Toccacontentarsi del contorno: patate lesse, diun giallo pallido, come le nostre faccedeluse.Seconda apparizione del giallo. Sonopassati circa dieci anni. È primavera. Ilnonno è molto malato. Io sono andato inScozia per imparare l’inglese, che non hoimparato, in compenso ho preso ilmorbillo. Dopo una lunga convalescenza,durante la quale ho la sensazione diessere cresciuto qualche centimetro,metto di nuovo il muso fuori di casa.Uscendo dal fresco ombroso dell’anditola luce violenta di maggio m’investebruciandomi gli occhi: il sole è di un gialloaccecante che sembra bianco. Come losguardo si riabitua a tanta luce, la piazzami appare come spolverata di unaleggera neve gialla. Sono migliaia dipetali di ginestra. Gialli e delicati, cadonoa terra senza rumore dalle mani delledonne del paese, che seminano queitristi fiori in un campo di pietra. È lavigilia del Corpus Domini e io sentol’odore penetrante e mortifero di quelgiallo. Chissà se lo sente anche il nonno,mi chiedo guardando verso la finestrabuia della sua camera, che si affacciasulla piazza. Ma resterò senza risposta.E senza nonno. Terza - e ultima - apparizione del giallo.Parigi, quindici anni dopo. È l’imbruniree sto correndo come un criceto nellaruota dentro Parc Monceau. L’ultimaluce colpisce le gialle foglie dei platani.Le fa tremare, poi cadere. Ripenso a unaragazza con cui sono andato al cinema,aveva un cappellino di lana e dei guantidello stesso, capriccioso, colore di quellefoglie. Ma si è fatto buio. E il giallo èdiventato nero.

Il suo ultimo libro è I morti non hanno fretta

Mondadori 2014

Il coloredelle fogliesotto i platanidi Parigi

8ingredientiper otto piatti

ZuccaDai semi ai fiori, alla polpa,la regina delle cucurbitaceevanta un generoso mix di gusto e proprietàbenefiche, in primis i gruppivitaminici A, B, C e i minerali. Ottimi i ravioli

PANIFICIO PASTIFICIO FREDDIPIAZZA CAVALLOTTI 7 MANTOVATEL. 0376-321418

Torta di limone

Vellutata di zucca

PeperoneLe bacche tricolori del Capsicum annuumsono ricche di carotenoidi, più facili da assimilarein presenza di lipidiQuello giallo è il più teneroe dolce. Ideale per peperonata

BIO CASCINA MONDINOSTRADA ROLASSAMAZZÈ (TO) TEL. 339-3107617

ZafferanoColtivato nell’Italia centrale,dal Medio Campidano(Sardegna) all’altopiano di Navelli (Abruzzo), il Crocus Sativus devela sua fama a stimmi e pistilli che profumano il risotto

RISTORANTE ACCADEMIA S’APPOSENTUVICO CAGLIARI 3 SIDDI (VS)TEL. 070-9341045

LimoneAma il caldo e fiorisce tuttol’anno la pianta sempreverdeche porta lo stesso nome del frutto. A variare, sia le dimensioni (dal “fino” al Procidano) sia il gradod’acidità. Da provare candito

CAFFÈ SICILIACORSO VITTORIO EMANUELE 125NOTO (SR)TEL. 0931-835013

PatataSono a pasta gialla,compatta e gustosa, le regine delle chips:sbucciate, tagliate sottili,immerse in acqua salataghiacciata, poi asciugatebene e fritte in extravergine

SFORNOVIA STATILIO OTTATO 110ROMATEL. 06-71546118

MaisNiente glutine, ma fibre e amido in quantità,per i chicchi della piantadi Zea Mays (chiamatain Italia granoturcoo meliga), coltivata dai Mayaquasi cinquemila anni fa

MOLINO ROSSETTOVIA INDIPENDENZA 14PONTELONGO (PD)TEL. 049-9776607

Tuorlo d’uovoUn concentrato di proteine,grassi e lecitine (che li contrastano)Coloranticome la cantaxantina aggiunti al mangime, accendono il giallo

LIBEROVOSTRADA S. CRISTOFORO 13SAMBUCETOLE (TR) TEL. 335-455257

BananaProtegge lo stomaco (effettoanti-acido) ed è un verotesoro di potassio il fruttooriginario della Malesia, che ha 60 calorie per centogrammi (contro le 45 caloriedella mela). Goloso il gelato

INTENSO FUSION BARVIA POSILLIPO 239ANAPOLITEL. 081-7690888

© RIPRODUZIONE RISERVATA

I

la Repubblica

DOMENICA 28 SETTEMBRE 2014 42LA DOMENICA

Aveva sedici anni quando zio Salvatore, pittore anche lui, lo portò

alla Biennale di Venezia. “All’epoca dipingevo solo alberi, perché

a Benevento è più facile vedere un albero che un grattacielo, ma

il desiderio era già quello di manipolare la materia”. Alla Bienna-

le ci sarebbe tornato anni dopo, come esponente di punta di un

neonato movimento artistico: “Dopo tutto quel concettualismo

volevamo libertà creativa”. Poi

vennero gli anni delle sculture

(“Montagna di sale”), del tea-

tro, della musica, della scrittu-

ra, e anche del cinema: “Rina-

scimentale io? Magari”.

MimmoPaladino

ANNA BANDETTINI

ROMA

LL’ORAINCUIPIAZZANAVONAappare più punitiva, insensata, con scia-mi di turisti che ondeggiano in ogni angolo nel primo pomeriggiodi un giorno di sole, l’elegante palazzo, di fronte alla fontana delBernini, dove un tempo abitava Colette Rosselli, la celeberrimaDonna Letizia, è un rifugio. All’ultimo piano Mimmo Paladino in

jeans e camicia blu apre la porta del suo studio su una stanza semplice e lumi-nosa. Al centro un tavolo pieno di vasetti di vetro con i pennelli e i colori e, vicinoalle pareti, due solidi cavalletti di legno sostengono grandi tele, una quasi “con-cettuale” azzurro-blu. «È nuovo», annuncia. «Il titolo? Non lo so. Devo ancora ul-timarlo» risponde mentre siede dietro una scrivania nella stanza accanto. Equando finisce un’opera? «Chi lo sa», è la salomonica risposta prima di accen-dere la prima di tante sigarette.

Mimmo Paladino è un artista sovversivo rispetto a colleghi meno curiosi edemozionanti: perché è pittore, scultore (l’opera più famosa è probabilmente laMontagna di sale, candido rilievo con figure umane e animali nata a Gibellina,poi riproposta per piazza Plebiscito a Napoli e piazza Duomo a Milano) e inciso-re tra i maggiori contemporanei, carico di riconoscimenti internazionali. Maè anche fotografo, scenografo teatrale e d’opera, scrittore, regista di cine-ma... Un’attività la sua, di sorprendente ampiezza, da artista “rinascimen-tale”. Le va bene che si dica così? «Eccome! La verità è che tutto è nato ancheun po’ per caso. Nell’82 o ‘83 un gallerista mi propose di fare una scultura, co-sa a cui non avevo mai pensato. Alcuni bravi galleristi intuiscono la poten-zialità. Quanto al teatro, invece, mi era sempre interessato quello che av-veniva dietro le quinte. Mi intrigava la macchina, il congegno che poidiventa qualcos’altro, anche nel teatro d’opera dove pure bisognarispettare la struttura complessiva tradizionale. Ed è stata unafortuna aver trovato registi d’accordo con me su questo: Toni

Servillo per il Fidelio del 2005, Roberto Andò per Tancre-di nel 2002... Comunque, io continuo a essere pittore. Co-me quando iniziai».

Paladino è nato a Paduli, vicino Benevento, sessantacin-que anni fa. «Sono cresciuto in un ambiente dove la pitturaera di casa, ed era una pittura sperimentale, d’avanguardia.Mio zio Salvatore era pittore e oltre a lui anche un lontano pa-rente dell’Ottocento lo era. La mia, dunque, non è stata una fol-gorazione. E poi a Napoli c’era molta ricerca sperimentale inquegli anni, il ‘64, il ‘65 e i seguenti. Molti miei professori del li-

ceo artistico avevano frequentazioni non tradizionali, erano legati ai gruppi mi-lanesi di Baj e del Movimento Nucleare, al Gruppo 58. C’era un grosso animato-re, Luca Luigi Castellano, una specie di Masaniello della cultura, irruente e pie-no di profondità culturale... e poi intellettuali e artisti la cui azione aveva un va-lore politico perché era come una forma di rivoluzione permanente nelle arti. Lagalleria di Lucio Amelio, la libreria Guida di Napoli erano meta di personalità del-la cultura mondiale. Pur non capendo un’acca, alle prime conferenze di Dorfless,Sanguineti, Eco... io ero lì. Ero un ragazzino ma stavo lì, stordito, curioso, sor-preso che la pittura non fosse solo quella dell’immagine, del paesaggio».

Il pugno nello stomaco glielo dà Robert Rauschenberg con la celebre aquilaimpagliata e incollata sulla tela di Canyon: «La vidi nel ‘64, a sedici anni, alla Bien-nale di Venezia dove ero andato con zio Salvatore. Non che opere come questafossero così diverse da certe frequentazione napoletane, ma mi sembrò co-munque un gesto coraggioso. A quell’epoca io pasticciavo, dipingevo alberi per-ché a Benevento è più facile vedere un albero che un grattacielo, ma il desiderioera già di manipolare le materie». I lavori di quel sedicenne, delicati, perfetti suiloro piccoli fogli, sono ora raccolti nella prima grande monografia dell’artista inpreparazione da mesi. Il gesto impensabile, forse terrorizzante per quegli anni,eppure rivelatore della sua libertà creativa, Paladino lo fa con un dipinto: Silen-zioso, mi ritiro a dipingere un quadro. Da Benevento si era trasferito a Milano —«i campani se ne vanno a Milano, non a Roma, un po’ come Sciascia quando di-ceva “i veri siciliani vanno a Milano”» — in zona Garibaldi. «Era il ‘76. Quel qua-dro probabilmente fu una sorta di manifesto non dichiarato. Per me era soprat-tutto l’enunciazione della volontà di riprendermi gli strumenti che sembrava-no abbandonati per sempre: la tela, il pennello, la figura.... dopo l’ubriacaturaconcettuale». In Italia divenne l’inizio dell’arrembante stagione della “transa-vanguardia” come la definì il critico Achille Bonito Oliva, del postmodernismo,secondo altri. Paladino la racconta così: «Era una vicenda internazionale: in quelperiodo la musica riprende le orchestrazioni melodiche, la letteratura la narra-zione. Finisce una sorta di sperimentalismo fine a se stesso e arrivato a un ap-piattimento accademico. Il nostro non era conservatorismo, ritorno al figurati-vo e basta. Volevamo tornare alla libertà creativa, guardavamo avanti. Lo capi-rono innanzitutto alcuni galleristi e musei stranieri: avvertirono che in Italia sta-va avvenendo qualcosa di nuovo in alcuni giovani pittori. Galleristi come Tho-mas Amman a Basilea, Paul Maenz a Colonia furono tra i primi a ospitare questaarte italiana “diversa”. Che poi eravamo cinque, sette artisti, Sandro Chia, Fran-cesco Clemente, Enzo Cucchi, Nicola de Maria, Luigi Ontani, Ernesto Tatafioree io, i quali nell’80 veniamo invitati alla Biennale di Venezia dove Bonito Olivautilizza credo per la prima volta la parola “transavanguardia”». Ma che cosa eradavvero questa transavanguardia? «Forse qualcosa contro la spersonalizzazio-ne che l’arte concettuale aveva praticato. In noi italiani c’era invece una radiceculturale precisa, nel mio caso un’arte mediterranea. E vedere finalmente unatela dipinta con una figura stupì il mercato». Poi fu la volta delle sculture, poi del-le scenografie, sempre sontuosamente spiazzanti, degli spettacoli di Mario Mar-tone, Elio De Capitani, Toni Servillo.

Paladino lavora meticolosamente, tutti i giorni: la creazione per lui è un lentoprocedere, che sia su una tela, su un torchio, su un disegno o su una strada. «A

volte sento una frase, vedo un oggetto e può scattare qualcosa». L’ossessione perle Variazioni Goldberg di Glenn Gould ispirò all’inizio dei Novanta il ciclo

di sculture; l’incontro con Lucio Dalla si concretizzò con le scene per i con-certi della celebre reunion con Francesco De Gregori; dalla musica diBrian Eno realizzò I Dormienti. «Un critico inglese del British Museummi aveva detto che Brian Eno era un mio estimatore. Anche a me pia-ceva lui, specie dopo la svolta minimalista. Decidemmo di fare qualco-sa insieme. A Londra c’era la Rondhouse, dove si erano esibite le gran-

di band, che aveva un sotterraneo particolare. Mi vennero in mentei “dormienti” dei disegni di Henry Moore che eseguiva nei sot-

terranei durante i bombardamenti. Nacque così quel ciclo disculture. E quanto a Brian Eno, be’ è una gelida rockstar chediventa subito un napoletano, si scioglie».

Sempre dalla musica, ma di Carlo Gesualdo da Venosa,nacquero una scultura e un cortometraggio, Labyrinthus,

scritto con Filippo Arriva e Franco Mussida e dal Don Chi-sciotterealizzò un film che nel 2006 fu applaudito alla Mo-stra del Cinema di Venezia. Il cinema è un’opera sognata.«Vorrei fare il secondo film», ripete. «Credo che prima opoi si affaccerà il progetto giusto. Il cinema mi attira per-ché permette una coralità. Per un pittore in genere è dif-

ficile interloquire con altri artisti. Sarà per una innata ri-valità, anche se i pittori sono i primi a capire la qualità di un

collega. Quando ero giovane Pistoletto fu prodigo di giudizinei miei confronti e così Lucio Fontana a cui devo molto. Io aun giovane oggi direi di non pensare al successo, gli direi chel’arte richiede impegno quotidiano, sedimentazione, e gli di-rei che è un’opera che non ha fine. L’artista è uno che soffrese non lavora, ha curiosità e tensione continua. È Tiziano chea novantasei anni riesce a essere un pittore diverso, perfinocontraddittorio, rispetto a quello che era stato».

L’ARTISTA È UNO CHE SOFFRESE NON LAVORA E HA TENSIONE CONTINUA.È TIZIANO, CHE A NOVANTASEI ANNIRIESCE A ESSERE DIVERSO, PERFINOCONTRADDITTORIO RISPETTO A SE STESSO

FACEVO IL LICEOARTISTICO A NAPOLI

E ASSISTEVOALLE LEZIONI

DI SANGUINETI,DORFLESS, ECO...

NON CAPIVOUN’ACCA

MA ERO CURIOSO,STORDITO

E SORPRESOCHE LA PITTURA

NON FOSSESOLO IMMAGINE

E PAESAGGIO

L’incontro. Transavanguardisti

A

© RIPRODUZIONE RISERVATA

BRIAN ENO È UNA GELIDA ROCKSTAR CHE APPENASI SCIOGLIE DIVENTA SUBITO UN NAPOLETANOUN CRITICO DEL BRITISH MUSEUM MI DISSE CHE ERA UN MIO ESTIMATORE E COSÌ DECIDEMMODI FARE QUALCOSA ASSIEME: NACQUE “I DORMIENTI”