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LA FILOSOFIA SECONDO EPICURO. LA CANONICA 1. Oggetto della Filosofia e sue parti - 2. La teoria della conoscenza. 1. - La Filosofia, secondo Epicuro, è un'attività della niente che per via di discorsi e di ragionamenti, ossia dunque mediante la riflessione, mira a procurare una vita felice, è un avviamento alla beatitudine. Le scienze in tanto hanno valore e meritano di essere coltivate in quanto contribuiscono a questo fine pratico della felicità umana: di qui la scarsa stima eh' egli faceva della mate- matica, dell' astronomia, della storia, della filologia, della dialettica, di ogni sapere più o meno ozioso che non giova al fine essenziale della vita. La sua dottrina vuol essere il vangelo della vita beata: tutti gli studi che non con- corrono a questo fine sono al di fuori del suo orizzonte. Per questo egli concepisce anche la filosofia come la sa- lute dell' anima, la sanità dello spirito. E dice che non bisogna darsi l'aria, l'apparenza di filosofare, ma bisogna essere filosofi realmente, a quel modo che noi non ab- biamo bisogno di parere star bene in salute, ma di es- sere sani veramente. E come non giova a nulla una me- 2 Biblioteca Comunale "Giuseppe Melli" - San Pietro Vernotico (Br)

LA FILOSOFIA SECONDO EPICURO. LA CANONICA · Epicuro come dagli Stoici gApyaa, l'evidenza sensibile, in-tuitiva alla quale nessun' altra certezza è paragonabile. Forse 1' esempio

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LA FILOSOFIA SECONDO EPICURO.

LA CANONICA

1. Oggetto della Filosofia e sue parti - 2. La teoria dellaconoscenza.

1. - La Filosofia, secondo Epicuro, è un'attività dellaniente che per via di discorsi e di ragionamenti, ossiadunque mediante la riflessione, mira a procurare unavita felice, è un avviamento alla beatitudine. Le scienzein tanto hanno valore e meritano di essere coltivate inquanto contribuiscono a questo fine pratico della felicitàumana: di qui la scarsa stima eh' egli faceva della mate-matica, dell' astronomia, della storia, della filologia, delladialettica, di ogni sapere più o meno ozioso che non giovaal fine essenziale della vita. La sua dottrina vuol essereil vangelo della vita beata: tutti gli studi che non con-corrono a questo fine sono al di fuori del suo orizzonte.Per questo egli concepisce anche la filosofia come la sa-lute dell' anima, la sanità dello spirito. E dice che nonbisogna darsi l'aria, l'apparenza di filosofare, ma bisognaessere filosofi realmente, a quel modo che noi non ab-biamo bisogno di parere star bene in salute, ma di es-sere sani veramente. E come non giova a nulla una me-

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18 EPICUREISMO

dicina che non scacci le malattie dai corpi, così è inutileogni filosofia che non guarisca le passioni dell' animo.1+3 dunque una scienza salutare la filosofia. Per questo nonè mai nè troppo presto nè troppo tardi per studiarla: essaconviene così ai giovani come ai vecchi: nessuno può direche non è ancora giunto il tempo o non v'è più tempoper cercare la salute dell' anima e meditare in che con-sista la felicità.

Per raggiungere questo fine, sono necessarie due cose:conoscere la realtà com' è fatta, e regolare la propria vitae la propria condotta in conformità di questa conoscenza:quindi due parti essenziali della Filosofia : la Fisica e1' Etica. La Fisica e' insegna che cosa è la natura, qualisono gli elementi e la costituzione del mondo, e qual' èla posizione che vi occupa 1' uomo, ed ha anch'essa un'uti-lità pratica, un'efficacia liberatrice, perchè ci libera dallasuperstizione e dalla paura della morte, cose contrarie allavita serena: l'Etica c'insegna qual'è il vero fine dell'uomoe come dobbiamo vivere per essere felici, che cosa è da.cercare o da fuggire.

Come un' introduzione alla Fisica, e quindi a tutta lafilosofia, Epicuro ammette anche una teoria della cono-scenza, una teoria delle norme che ci servono per distin-guere il vero dal falso, e chiama questa introduzione Ca-nonica, dottrina del canone o del criterio o dei criteriidella verità. Cosicchè abbiamo qui in una forma partico-lare quella divisione della filosofia diventata tradizionalenelle scuole greche, in Logica, Fisica ed Etica, salvo chela Logica è ridotta presso Epicuro ai termini più semplici:ne sono escluse tutte le quistioni di logica formale e lesottili disquisizioni dialettiche, di cui si compiacevano le

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TEORIA DELLA CONOSCENZA 19

altre scuole: cosa naturalmente di cui Epicuro è rimpro-verato dai logici di professione. Cicerone, che si fa ecodi queste critiche, lo dice inermis et nudus, e insommaignorante e poco pratico di questa parte della filosofia;ma è una cosa conforme ali' intendimento di Epicuro, ilquale come disprezza le arti e gli artifizi della retorica,esigendo solamente che chi scrive o parla si esprima contutta chiarezza e semplicità servendosi delle parole piùcomunemente in uso, cose ripudia le finezze e le spinedella dialettica, la quale, com'è insegnata comunemente,dà origine a una loquacità vuota e non è che un' officinadi cavilli. Al posto della dialettica egli pone la Canonica,e col titolo di Canone o del criterio aveva scritto ancheun libro d'oro, tenuto in gran conto dagli Epicurei: « illocaelesti Epicuri de regula et indici() volumine»,come dice Cicerone.

E così dunque anche noi divideremo la nostra esposi-zione in queste tre parti : Canonica o teoria della cono-scenza, Fisica ed Etica.

2. - La quistione del criterio della verità, cioè dellavalidità obbiettiva delle nostre conoscenze, era allora unadelle più dibattute fra le scuole dogmatiche e scetti-che, e non era una quistione oziosa, ma che interessavadirettamente il problema della felicità e della vita pratica.Quando noi diciamo di conoscere, conosciamo qualche cosadi vero e di certo, che corrisponde alla realtà, o viviamoin un mondo di apparenze e dobbiamo contentarci di unaconoscenza puramente probabile, oppure dobbiamo aste-nerci da ogni affermazione intorno a quello eh' è o puòessere la realtà delle cose in se stesse? Tutta la consi-

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20 EPICUREISMO

stenza della nostra vita e la regola della nostra, condottadipendono dal risolvere in un modo o in un altro questequistioni.

Ora, secondo Epicuro, la prima fonte di tutte le nostreconoscenze sono i sensi, che ci mettono in contatto conla realtà, e fondamento incrollabile di tutta la nostrascienza è innanzi tutto la sensazione.

Il primo canone dunque che possiamo stabilire è che ognisensazione e ogni percezione sensibile è vera, non c'ingan-na, corrisponde a qualche cosa di reale, perchè è imme-diatamente certa, non ha bisogno di nessuna garanzia al difuori di essa per essere creduta. « Q uidq uid animo cer-nimus, id orane oritur a seusibus », dice Cicerone, econtinua spiegando come secondo la mente di Epicuro, senon si ammette la veridicità dei sensi, non si può conoscerenè percepire nulla; e quelli che la negano non possono affer-mare nulla, cade ogni scienza e con essa ogni sicurezzanell' operare, ogni regola della nostra condotta. Tuttol' edilizio della scienza e della vita umana ha bisogno diquesta base, la veridicità della conoscenza sensibile.

Epicuro conosce benissimo i così detti errori dei sensi,e Lucrezio, col suo talento di poeta, li descrive con vividaefficacia nel libro IV, 377-519: la torre quadrata che dalontano pare rotonda, il remo spezzato nell'acqua, l'ombraproiettata dal nostro corpo che cammina davanti a noialla luce del sole : e poi le contradizioni fra i diversi sensio da un individuo all' altro: i soliti argomenti scettici perdimostrare che i sensi c'ingannano.

Epicuro dice : bisogna distinguere due cose: la sensa-zione o la percezione sensibile come tale, e il giudizio chenoi facciamo intorno alle cose. Questo giudizio è un'opera-

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LA VERACITÀ DEI SENSI 21

zione mentale, è un'aggiunta della nostra mente, qualchecosa che oltrepassa e si sovrappone al puro e semplicefatto dell' impressione sensibile. In questo giudizio è lapossibilità dell' errore. La fallacia, l' errore sono sempre hT@ 7Tp0C780Kr;IJIV(!) (Diog., X, 50), o, come dice Lucrezio,(IV, 464), se i sensi pare che c' ingannino, ciò avviene

propter opinatus animi quos addimus ipsipro visis ut sint quae non sunt sensibus visa.

I sensi per se stessi non c' ingannano e non ci possonoingannare. La sensazione come tale non riflette, non giu-dica, non ragiona, è noyog, non aggiunge nè toglie nulla,essa è un dato di fatto che rivela alla coscienza una realtà(come vedremo, una combinazione di atomi), che colpiscei nostri sensi e viene in contatto con la nostra anima, enon è qualche cosa di arbitrario, ma s'impone a noi, haun suo carattere di certezza immediata, ch' è detta daEpicuro come dagli Stoici gApyaa, l'evidenza sensibile, in-tuitiva alla quale nessun' altra certezza è paragonabile.

Forse 1' esempio più luminoso da cui si può vedere ladifferenza che c' è tra questa certezza del dato sensibilecome tale e i giudizi della mente con cui noi interpre-tiamo le sensazioni, è quello addotto da Lucrezio, del-l'ombra del nostro corpo che pare ci accompagni dovunquenoi ci moviamo. L'ufficio proprio degli occhi è di vederevia via dov'è la luce e dov'è l'ombra, il distinguere l'unadall'altra; ma il credere che l'ombra sia come un ente asè, un duplicato di noi stessi che si muove e camminaper conto suo dovunque noi ci moviamo, questo non celo dicono gli occhi, i quali non ci possono nemmeno dirnulla sulle cause del fenomeno, « nec possunt oculi

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naturali' noscer e rerum » (v. 383): gli occhi non co-noscono la ragione delle cose, gli occhi non conoscono leleggi della natura, gli occhi non conoscono la fisica 1).

E nel fatto poi, che cosa potrebbe correggere i cosiddettierrori dei sensi ? Non altre sensazioni perchè quello dicui si disputa è precisamente la validità dalle sensazioniin generale, e se voi non credete alla veridicità di alcune,non si sa perchè dovreste credere a quella delle altre; ese si tratta di sensazioni di diversi sensi, ognuno ha unafunzione e una competenza propria che non può esserecontraddetta da un altro. I sensi dunque non possonoconfutarsi a vicenda; e d' altra parte non può nemmenoconfutarli la ragione, la quale tota ab sensibus orto est,

presuppone la conoscenza sensibile: la ragione potrà pa-ragonare i dati dei diversi sensi, interpretarli, fare i suoiragionamenti e ricavarne delle conseguenze, ma non puòsostituire ai dati sensibili altre testimonianze prese nonsi sa da che cosa: la ragione si basa tutta sui sensi enon può farne a meno come testimoni veridici e irrefra-gabili: sicchè togliere fede ai sensi è come

eonvellere tota

Fondamenta quibus nixatur vita salusque.

« Come in una fabbrica », conclude Lucrezio questo di-scorso, « quando è sbagliata la prima regola, e la squadranon è diritta, e il livello non è perfettamente orizzontale,tutto è malfatto, e la fabbrica riesce sghemba, difettosa,

1 ) « L'occhio non s' inganna punto nel ricevere la specie del legno postomezzo in acqua come rotta, perchè non meno vera e realmente viene elladall' acqua, rotta o inflessa, che dall' aria, diritta ; ma l' inganno è nel di-scorso, che non sa che le specie visibili nei diversi diafani si rifrangono ».

(GALILEo GALILEI).

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LE " PROLESSI 23

cascante, sporgente in avanti, sporgente all'indietro, senzasimmetria, sicchè alcune parti minacciano di cadere, e poicade tutta quanta pel tradimento di quelle prime misuresbagliate, così tolta fede ai sensi, cade, riesce fallace ognicalcolo della vita e ogni regola di condotta ».

Quello che bisogna aggiungere è che se la nostra co-noscenza si fonda tutta sulle sensazioni, non si ferma adesse, non è fatta solamente di sensazioni.

Mediante la ripetizione di percezioni simili si produconoe si conservano nella memoria delle immagini comuni aipiù oggetti, delle nozioni generali, derivate dunque an-ch'esse dall'esperienza sensibile, e che Epicuro chiamaTC p o ),M) e c ;, anticipationes: una certa nozione che rimane nel-la mente, quasi immagine e documento di cosa già per-cepita: twidill -col) noXaxcg gtoOev cpco gv-cog, coni' è detto neltesto riferito da Diogene Laerzio.

Cicerone, che traduce qui dal libro di Epicuro: « de re-

gala et iudicio », dice: « Appellat .7-cpXy;Jp.v Epicurus an-teceptam animo rei quamdam informationem,sine qua nec intelligi quidquam, nec quaeri, necdisputari potest ».

Cicerone ci dice pure che Epicuro fu il primo a intro-durre questa parola di rcpancPc; in questo senso. Ma Cice-rone s'inganna quando confonde le « anticipationes » diEpicuro con quelle che si dissero idee innate o connatu-rate alla mente umana: non sono preformazioni mentali,ma sono i concetti che noi ci formiamo dal ripetersi dellepercezioni sensibili conservandole nella memoria: sono lacondizione e il materiale dei nostri pensieri e discorsi(e per questo è vero che senza di esse non si può nè inten-dere, nè quistionare, nè disputare di nulla): sono le nozioni

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significate dalle parole, e queste sono il mezzo per richia-mare la memoria delle percezioni già avute, e per mezzo diqueste anticipazioni o prenozioni e delle parole corrispon-denti noi riconosciamo gli oggetti e interpretiamo le nuovepercezioni che abbiamo : come quando diciamo questo èun uomo, o riconosciamo e distinguiamo un bove da uncavallo dalla prenozione, dal tipo mentale che ne abbiamo.i Ed Epicuro aggiunge pure (Diog., 32) che queste no-/ zioni, come tutti i nostri pensieri, hanno origine dalle

sensazioni e si formano mediante un processo mentaleche comprende: la coincidenza ( 4\XCGT__ 7CapC'TCTO)6CV7 Gassenditraduce incursione o in ci d e n ti a, intendendo l'impres-sione diretta dei dati sensibili, il Giussani traduce: gli acci-denti concomitanti), l'analogia, la somiglianza, la sintesio il confronto dei dati sensibili, contribuendovi anche laragione: 6up,paX2,op. gvou 5LOGG TOC) Xoytzp.o5, parole notevolile quali ci dicono che se Epicuro considera la sensazionecome il punto di partenza e la base di tutte le nostreconoscenze, d' altra parte non gli sfugge del tutto cheanche il pensiero o la ragione ha la sua parte nella for-Imazione dei nostri concetti.

In quanto dunque le prolessi hanno il loro riscontronell' esperienza, si possono dire anch' esse vere, sono fon-date sulla realtà, partecipano della certezza sensibile.In questo senso dice Diogene Laerzio che criteri dellaverità, secondo Epicuro, sono le sensazioni e le npo)Mecg,

naturalmente questo un secondo criterio subordinato al1. primo e che deriva dal primo.

Se non che, tanto le sensazioni quanto le prolessi sono

materiali e la base della conoscenza, ma non sono an-'cora la scienza.

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LE IPOTESI 25

La nostra mente cerca anche le cause dei fatti, spessole cause nascoste di ciò che apparisce, procede dal notoall'ignoto : così noi dai materiali forniti dall'esperienzacostruiamo per via di giudizi e di ragionamenti l'ediliziodella nostra scienza. Nascono allora le opinioni, a65cc,151-coMil)Et ,;, cioè supposizioni, ipotesi, teorie, cose che si am-mettono, giudizi che noi ci formiamo intorno alla realtà.i qui che nasce la possibilità dell'errore. Le nostre opi-nioni, le nostre ipotesi possono essere vere o false: sono

.vere quando sono confermate dall'esperienza sensibile o /1non vi trovano contrasto, o come traduce il Gassendiquesto canone: « Opinio illa vera est, cui vel suf-fragatur vel non refragatur sensus evidentia »,e invece sono false quando non resistono alle testimo-)nianze dell'esperienza: « opinio illa falsa est, cui velrefragatur vel non suffragatur sensus evidentia».

Ora qui possono darsi due casi: le opinioni possono ri-guardare oggetti di un'esperienza futura (repoapAvov, exspec-tab il e, ciò che sarà per essere e che si potrà percepire)e allora la verificazione è facile. Per esempio se io vedoda lontano un uomo che mi pare possa essere Platone,bisogna aspettare, staremo a vedere, la sua presenza mi diràse la mia opinione era giusta o no. Questo è il rcpgap,gvov

« quod potest futuro tempore notum fieri». Op-pure le nostre opinioni possono riguardare cose che sonoasn)a, nascoste, non percepibili, sottratte alla nostra espe-rienza diretta, come sarebbe per esempio ciò che avvienenel centro della terra o nelle plaghe lontane del cielo, oi primi elementi dei corpi che come vedremo sono invi-sibili, e allora la regola è zept tc35v eca .1;Xcov Cenò tffiv cpacvogvcov

yyrì ari p.ecoeiabc: bisogna servirsi dei fenomeni, delle cose

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26 EPIOITREISMO

conosciute e percepibili, come segni dai quali indurre, di-remmo noi, le loro cause nascoste, procedere dal notoall' ignoto : è il nostro problema dell' induzione.

Fino a qual punto Epicuro abbia trattato e svolto que-st'argomento noi non lo sappiamo; certo il principio delmetodo è stato enunciato da lui ed era nella logica di-ciamo così della sua dottrina, doveva essere uno deicriteri delle sue ricerche. Sappiamo però che nella suascuola il problema dell' induzione è stato più partico-larmente agitato e discusso anche • in contrasto con lealtre scuole. Questo si vede dai frammenti di un libroche s' intitolava IlEpt cnp.z(wv z7.1 e ri p.ecjn-auv, di quel Filo-demo di Gadara, epicureo, eh' era contemporaneo di Cice-rone, e che in questo libro riproduceva, pare, le idee diun altro epicureo suo maestro, Zenone di Sidone, difen-dendolo contro gli Stoici. In questi frammenti (trovatinei papiri ercolanesi) è posto con molta nettezza il pro-blema di quello che noi diremmo il ragionamento peranalogia, che, basandosi sulla somiglianza di alcuni ca-ratteri noti in alcuni esseri o fenomeni, conclude a uncarattere comune a essi tutti, che ancora non si conosce.Estendendo l'analogia si suppone una somiglianza tra ciòche noi conosciamo e le realtà dello stesso ordine che noinon conosciamo; e qualche volta con questo procedimentosi giunge a verità universali molto importanti, per esem-pio : la realtà del movimento prova la realtà del vuoto.Naturalmente bisogna andar cauti: non è sopra un ca-rattere qualsiasi che può basarsi la generalizzazione si-

' gnificativa, non bisogna scambiare una coincidenza acci-a dentale con un legame generale e permanente. Se io dico:a tutti gli uomini a cui è stata tagliata la testa, la testa

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MOTIVI DELLA CANONICA EPICUREA 27

non può rinascere, questa è un' induzione giusta; ma seuno dicesse: siccome da noi ci sono degli alberi di fico,così ce ne saranno dappertutto, questa sarebbe un'opera-zione significativa sbagliata perchè non si tiene contodelle diversità di clima, di terreno e delle altre circo-stanze che non rendono valida 1' analogia. E al solito èl'esperienza che ci mette sulla via per stabilire delle con-nessioni costanti fra i fenomeni e le conferma, oppure ciobbliga a correggere le nostre generalizzaziòni precipitate,quando qualche cosa non le suffraga. (Chi vuole sapernedi più su questi tentativi di logica induttiva nella scuolaepicurea, può vedere un articolo di G. Lyon nel IV vol.degli Atti del Congresso di Filosofia, 1902).

Queste sono le idee fondamentali della Canonica diEpicuro. Lasciando stare quello che mia critica più pro-gredita può trovarvi a ridire, è più interessante tenerconto dei motivi che hanno condotto Epicuro alla suateoria della conoscenza.

Egli vuole insegnare agli uomini una dottrina dellafelicità, ch' è il desiderio e 1' istinto di essi tutti, e laprima cosa di cui ha bisogno è di combattere le scuolescettiche, le quali negano la possibilità della scienza escuotendo le basi della scienza, scalzano anche dalle fonda-menta ogni certezza e ogni sicurezza del vivere. L'uomoper essere felice ha bisogno di sapere che non vive in unmondo di apparenze, ma deve abituarsi a conoscere lanatura, questa natura di cui siamo parte e con cui dob-biamo fare i conti: e la base di questa conoscenza è1' esperienza dei sensi, i quali dunque non c' ingannano,anzi sono il solo mezzo sempre valido con cui noi ve-niamo in contatto immediato con la realtà delle cose.

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RV

28 EPICUREISMO

Togliere fede ai sensi è come sconvolgere tutta quanta lavita. E in secondo luogo Epicuro è portato dalla sua intui-zione a combattere il dissidio che i Platonici e altre scuoleinsegnavano tra i sensi e la ragione. La ragione non èuna facoltà che ci riveli un mondo diverso da quello incui siamo chiamati a vivere e che sia come il rifugiodell'anima fuggitiva dai sensi; no, la ragione « tota absensibus orta est »: il suo ufficio è di aiutarci a cono-scere sempre meglio questo nostro mondo e di guidarcinella vita perchè sia possibile il raggiungimento di quelfine supremo a cui la nostra anima aspira: la felicità suquesta terra e coi mezzi che la natura ci concede.

Questa è, a dir così, la fonte delle sue riflessioni. E daquesto punto di vista la sua Canonica è sufficiente alcompito eh' egli si era proposto : è un'introduzione allaFisica, contiene le regole di una scienza modesta, chepretende di fondarsi sull'esperienza e di non essere maicontraddetta da essa, che si contenta del probabile quandonon può raggiungere il certo, e non dimentica mai cheil fine dell'uomo non è il sapere ma la beatitudine, lasalute dell'anima.

Infine, non sono da disprezzare i due ultimi canoni,formulati così dal Gassendi:

« Dum loqueris, delige voces communes etperspicuas, ne aut ignoretur quid velis, aut in-terpretando tempus frustra teras.

« Dum audis, id eniteré ut vim subiectam voci-bus teneas, ne te vel prae obscuritate lateant,vel prae ambiguitate deludant ».

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