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MARIA ACCASCINA LA FORMAZIONE ARTISTICA DI FILIPPO ]UVARA - III LA FAMIGLIA, L'AMBIENTE - PRIME OPERE A MESSINA Per agevolare i riferimenti, la numerazione delle note e delle illustrazioni prosegue quella della seconda parte. Architettura. I maestri e le prime opere. - Se per l'argenteria Filippo Juvara trovò diffusi esempi nella fa- miglia stessa e in tutto il parentado e per la scenografia in Pietro Cirino, per l'architettura gli esempi sono ( complessi. L'educazione per architetto si faceva nel Seminario ove si apprendeva la matematica sublime, l'algebra, la geometria e la filosofia in un program- ma rimasto immutato fino all'800. 4 0 ) Ideale maestro e indimenticabile fu per Filippo Juvara Simone GuUì, amico del padre, il primo che concepì l'architettura in funzione dell'ambiente. h l(,NQjjU I. A PIRAMlfll' LI .. !!: I f.' r AL vedere il porto, lo stretto di Messina, dagli incisori visto popolato da sirene biforcute e polposette. Tea- tralità, ambientazione, grandiosità di movimenti spa- ziali, Filippo J uvara trovava nella sua città. Per la sua irrequietezza di spirito s'intende la sim- patia che egli dovette avere per le architetture di Gua- rino Guarini che per primo introduceva nell'ambiente messinese nuovi temi e forme di Francesco Borro- mini: la curvatura delle pareti, le volute a spirali che animano la materia e la trascinano impetuosamente Con la Palazzata, egli ave- va messa la prima quinta del" Teatro Marittimo" determinando con le porte d'ingresso alle vie perpen- dicolari alla riviera, quella pianta a scacchiera rego- larissima che caratterizze- rà l'urbanistica secentesca di Messina per i suoi rettilinei verticali, che dal mare portavano scenogra- ficamente al verde delle colline. 4 ' ) Alla tematica iniziata, tutti gli artisti si venivano adattando, ogni sviluppo edilizio insisteva ad accrescere la naturale teatralità del porto e dei colli sicchè le strade paral- lele alla Palazzata sul decli- vio dei colli, si ornavano con palazzi e chiese prece- dute da importanti scalina- te. Così, nella bellissima Via dei Monasteri, non vo- lumi definiti nello spazio in entità isolate, ma faccia- te concatenate le une alle altre a formare, come nella Palazzata, una parete limi- te dove portali e balconi S1 apnvano per lasciare p.WATt. DV(.A DUAPONAR lAIN , ....., ",.":, .a :L ... Il '·1 ' D DiJMtNlCO DI I CHIlSA Dt:l. G llAN PIU0P,\ TO DI {"... 'T'"" POUo r Sr QYI( D[Llll! [T [cm. verso lo spazio, le cornici circonflesse, il verticalismo della massa, tutto un re- pertorio nuovo di motivi decorativi. Tutto questo fu visto da Filippo. E sempre, - quando potrà edificare ex imis - farà una scelta sapiente delluo- go: a Superga, la Basilica sulla sommità del colle, a Rivoli il castello con rampe e scale, a Stupinigi sullo sfondo del viale. tilOVNW ATIlSTA OC c.\1III1IJ\J / ..' TMD· ClovNlNl: DI I OVJI)IN[ l!. ",. FIG. 25 - ANTONINO MAFFEI: MACCHINA (dal vol. di G. Ortolano "Pietro Donia incisore Il) Trovava nella sua città accostamenti e contrasti di stile diverso : templi classi- ci, monumenti romanici e gotici, classico e baroc- co . Tutto questo contrasto sarà pung ·olo per le sue "fantasie architettoniche", vere e proprie composizio- ni musicali dove appaiono insieme uniti guglie, pin- nacoli gotici e classici, mo- tivi e profili barocchi. Nel 1700, quando Filippo ha 22 anni, l'architetto del Se- nato era Antonino Maffei. L'attività di questo archi- tetto combacia nel suo pri- mo fiorire dal 1680 al 1710 con la fanciullezza e ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

LA FORMAZIONE ARTISTICA DI FILIPPO ]UVARA III...gioviI).ezza di Filippo e, data la lunga amicizia con la fa miglia Juvara, mi pare certo che egli abbia fortemente influito e direttamente

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MARIA ACCASCINA

LA FORMAZIONE ARTISTICA DI FILIPPO ]UVARA - III LA FAMIGLIA, L'AMBIENTE - PRIME OPERE A MESSINA

Per agevolare i riferimenti, la numerazione delle note e delle illustraz ioni prosegue quella della seconda parte.

Architettura. I maestri e le prime opere. - Se per l'argenteria Filippo Juvara trovò diffusi esempi nella fa­miglia stessa e in tutto il parentado e per la scenografia in Pietro Cirino, per l'architettura gli esempi sono

( complessi. L'educazione per architetto si faceva nel Seminario ove si apprendeva la matematica sublime, l'algebra, la geometria e la filosofia in un program­ma rimasto immutato fino all'800. 40 ) Ideale maestro e indimenticabile fu per Filippo Juvara Simone GuUì, amico del padre, il primo che concepì l'architettura in funzione dell'ambiente.

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vedere il porto, lo stretto di Messina, dagli incisori visto popolato da sirene biforcute e polposette. Tea­tralità, ambientazione, grandiosità di movimenti spa­ziali, Filippo J uvara trovava nella sua città.

Per la sua irrequietezza di spirito s'intende la sim­patia che egli dovette avere per le architetture di Gua­rino Guarini che per primo introduceva nell'ambiente messinese nuovi temi e forme di Francesco Borro­mini: la curvatura delle pareti, le volute a spirali che animano la materia e la trascinano impetuosamente

Con la Palazzata, egli ave­va messa la prima quinta del" Teatro Marittimo" determinando con le porte d'ingresso alle vie perpen­dicolari alla riviera, quella pianta a scacchiera rego­larissima che caratterizze­rà l'urbanistica secentesca di Messina per i suoi rettilinei verticali, che dal mare portavano scenogra­ficamente al verde delle colline. 4' ) Alla tematica iniziata, tutti gli artisti si venivano adattando, ogni sviluppo edilizio insisteva ad accrescere la naturale teatralità del porto e dei colli sicchè le strade paral­lele alla Palazzata sul decli­vio dei colli, si ornavano con palazzi e chiese prece­dute da importanti scalina­te. Così, nella bellissima Via dei Monasteri, non vo­lumi definiti nello spazio in entità isolate, ma faccia­te concatenate le une alle altre a formare, come nella Palazzata, una parete limi­te dove portali e balconi S1 apnvano per lasciare

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verso lo spazio, le cornici circonflesse, il verticalismo della massa, tutto un re­pertorio nuovo di motivi decorativi. Tutto questo fu visto da Filippo. E sempre, - quando potrà edificare ex imis - farà una scelta sapiente delluo­go: a Superga, la Basilica sulla sommità del colle, a Rivoli il castello con rampe e scale, a Stupinigi sullo sfondo del viale.

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FIG. 25 - ANTONINO MAFFEI: MACCHINA

(dal vol. di G. Ortolano "Pietro Donia incisore Il)

Trovava nella sua città accostamenti e contrasti di stile diverso : templi classi­ci, monumenti romanici e gotici, classico e baroc­co. Tutto questo contrasto sarà pung·olo per le sue "fantasie architettoniche", vere e proprie composizio­ni musicali dove appaiono insieme uniti guglie, pin­nacoli gotici e classici, mo­tivi e profili barocchi. Nel 1700, quando Filippo ha 22

anni, l'architetto del Se­nato era Antonino Maffei. L'attività di questo archi­tetto combacia nel suo pri­mo fiorire dal 1680 al 1710 con la fanciullezza e

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gioviI).ezza di Filippo e, data la lunga amicizia con la fa­miglia Juvara, mi pare certo che egli abbia fortemente influito e direttamente sulla istruzione artistica di Filip­po. Alla morte di Giov. Battista Quagliata nel 1673 aveva assunto, come già il padre, la direzione dei lavori del Baldacchino in Cattedrale al quale Pietro, Giovanni Se­bastiano e i Donia partecipavano. Il Maffei diede anche il disegno per la Cappella di S. Nicoia dei Greci alla quale si lavorava nel 1686 sulla piazza di S. Giovanni di Malta. Crollata nel 1908, resta soltanto il ricordo del prospetto in una incisione di Salvatore Donia che orna il volume di Giovanni Ortolano, prospetto ad or­dine unico con alto fastigio sul timpano come si vedrà a Montevergine. Il 15 maggio 1700, per l'esequie di Frà Giovanni Di Giovanni, nella chiesa di S. Giovanni Bat­tista dei Cavalieri Gerosolimitani venne innalzata una piramide" ideata dall'ing. della Città Antonino Maffei" (fig. 25)· La piramide venne incisa da Pietro Donia: " si fece una piramide da terra fino al tetto ingegnosa e ben fatta adornata da geroglifici ricca di lumi e ceri accesi" ; 42) sulla piramide era il ritratto di Frà Gio­vanni Di Giovanni dipinto da Mattia Preti.

Antonino Maffei ebbe inoltre l'incarico di fare le mura dei borghi che erano andati sorgendo dalla porta Zaera al Monastero dei Basiliani di S. Salva­tore; 43) e prese parte a tutta l'attività edilizia di Mes­sina che ricominciava a fiorire per le migliorate con­dizioni di vita della città. Lavorò infatti alla chiesa di S. Matteo ricostruita dal padre Nicolò Francesco nel 1698 (vi si lavorava ancora nel 1731), magnificata per la sua cupola altissima" spinta in aria arditamente sopra un altissimo tamburo isolato che per l'artifizio richiama­va quella di Guarino Guarini e Iuvara ".44) Distrutta la chiesa, solo in una stampa del Sicuro (fig. 26) ne è rimasto il ricordo. Unica opera, quindi, che può testi­moniare le qualità stilistiche di Nicola Francesco Maf­fei e del figlio Antonino è la chiesa annessa al Mo­nastero di Montevergine, miracolosamente rimasta .

Cominciata da Nicolò Francesco, presenta all'esterno ordine unico con timpano, e all'interno l'unica nave è ornata da doppio ordine di paraste che scandiscono le superfici ornate da porte, balconcini incorniciati da volute e testine di cherubi. I lavori, agli ultimi del '600, continuarono sotto la direzione di Antonino e forse fu allora ideato l'altare altissimo a triplice ordine di colonne quasi memore di suggerimenti guariniani (tabernacolo di S . Nicolò di Verona). Vi lavorarono, tra il 1689 e il 1697, Lorenzo Vinella, per eseguire le quattro colonne, un Didaco Cirino - forse parente di Pietro Cirino - e Giovanni Battista J uvara. 45) Vi la­vorò anche Filippo, dato che il fratello e il cugino erano lì, in quella chiesa, dove già il padre Pietro e Seba­stiano facevano opere di argenterie? È assai probabile: se non vi ha lavorato ne ha subito di certo l'influenza. Si distacca da ogni altra, e per molti motivi, questa

FIG. 26 - ANTONINO MAFFEI: CHIESA DI S. MA TTEO A MESSINA (stampa del Sicuro)

bella chiesa. Vi si riprende l'ordine unico con semplice schema classico (fig. 27) come nella chiesa di S. Mat­teo e come si vedrà in alcune chiese di provincia, per

FIG. 27 - NICOLÒ FRANCESCO E ANTONINO MAFFEI CHIESA DELLA BEATA EUSTOCHIA, ANNESSA AL MONASTERO

DI MONTEVERGINE

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Filippo Juvara Architetto - Opere a Messina. - A Messina, la prima atti­vità di Filippo Juvara come architetto ci viene testimoniata dall 'Anonimo della biografia stampata dal Rossi: 46) "avendo adornato le finestre e la chiesa di S . Gregorio a Messina per ordine della Ecc. Sorella di Monsi­gnor Ruffo, allora maestro di Camera della SS. di Clemente XI, monaca di detto monastero di S. Gregorio, gli fu fatta dalla suddetta una lettera com­mendatizia al fratello in Roma e tutto soddisfatto si partì 11 '

FIG. 28 - NICOLÒ FRANCESCO E ANTONINO MAFFEI: CHIESA

La chiesa di S . Gregorio (fig. 30) non fu distrutta dal terremoto del 1908 come è stato recentemente afferma­to, 47) nè è vero che non rimanga" al­cun ricordo grafico 11' Nel 1909 essa si presentava inalterata nell' insieme (fig. 31 ) con quasi tutto il suo rive­stimento marmoreo; anni dopo essa venne trasportata nei suoi vari pezzi sulla spianata della filanda Mellingoff (l'attuale Museo) e là abbandonata e dimenticata. Con l'aiuto di fotografie riprese appena dopo il terremoto del 1908, e fortunatamente rimaste, e per mezzo di alcune indagini esplorative nella congerie del materiale ammuc­chiato abbiamo constatato invece l'esi­stenza di molto materiale corrispon­dente all' indicazione fotografica e la possibilità di potere ricostruire la bella chiesa non nella sua comple-DELLA BEATA EUSTOCHIA, INTERNO

esempio nella chiesa di Larderia; all' interno, invece della fastosa decorazione a mischi, rabischi, trami­schi, che furiosamente dominava nell 'architettura sacra intorno al 1660, si ha una decorazione a semplice sovrapposizione di stesure di marmi siciliani in un pacato ed armonioso accordo di colori così come, del resto, aveva fatto anche Guarino Guarini. Preziosa la decorazione scultorea, attribuita a Nicola Francesco Maffei, serrata la concatenazione, in un unico telaio, delle porte, dei balconcini, dei timpani intorno ai quali si susseguono i fregi armoniosamente con un ritmo accelerato che si espande nello spazio (fig. 28-29 ). Ove si metta a paragone questa chiesa con quella di Fi ­lippo Juvara e soprattutto con S. Girolamo della Carità, prima opera dell'artista a Roma, e con la chiesa di S. Gregorio nella parte rifatta da Filippo, si può facil­mente notare come Antonino Maffei, sensibile a qualche ammaestramento del Guarino, debba essere conside­rato come il tramite di unione tra il Guarino e Filippo.

tezza ma almeno nel suo cappellone. La chiesa e il Monastero di S. Gregorio ebbero

lunga e gloriosa fama per essere stati fondati da S. Gregorio Papa 48) con la dote di S. Silvia sua madre, nobile messinese, e per avere ricevuto privilegi nume­rosi dai re normanni. Restauri aveva fatto fare il Conte Ruggero . I dati che riguardano tale chiesa sono:

1537. Per la fortificazione delle antiche mura venne distrutta la chiesa e le suore per qualche tempo furono costrette ad "abitare nelle case contigue alla chiesa di S. Paolo sotto la rocca Guelfonia ma restando poco comodamente passarono in Calabria in un loro po­dere e grancia denominato S . Opolo 11'

1542. Viene assegnato alle religiose l'Ospedale di S. Angelo la Caperrina e Suor G raziosa Mauro inizia il nuovo Monastero continuato dall'Abbadessa Al­donza Spadafora.

1570. Le suore rientrano a Messina. La chiesa di S. Gregorio viene "eretta su modello del famoso arch. Calamech delle pi ù ragguardevoli che veder si

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possano non solamente in Sicilia ma puranche in Italia Il' 49)

1628. Giulia Spadafora ed Agliata fa erigere per la Ciambretta una sontuosa cappella di vaghissima ar­chitettura con colonne e pietre mische e, all'interno, in proporzionati quadretti, la vita della Vergine. 50)

1629. Suor Giulia Spadafora morta nel 1629 viene seppellita nella propria cappella (sulla lapide mar­morea sta scolpita una monaca in atto di dormire).

1688. Consacrazione solenne fatta dall'Arcivescovo Don Francesco Alvarez. 5I)

1693. Viene finita" la eminente scala" 52) per cui si ascende all'altezza sul monte ove è situato questo tempio.

1701-1703. Filippo Juvara adorna le finestre e la Chiesa di S. Gregorio.

1716. Il Cavalier Filocamo termina le volte e la cu­pola dipinta a fresco.

1717. Ha la sua bellissima torre campanile su di cui nella piramide a lumaca per finimento sta posto il Triregno Pontificio. 53)

1743. Si compì... dalla munificenza di Suor Donna Saveria Ruffo il prospetto e facciata della chiesa di ben intesa architettura tutta di marmi paesani. 54)

FIG. 29 - NICOLÒ FRANCESCO E ANTONINO MAFFEI CHIESA DELLA BEATA EUSTOCHIA, PARTICOLARE

FIG. 30 - CHIESA DI S. GREGORIO; SEC. XVI-XVIII

(danneggiata ma non distrutta dal terremoto del 1908; trasportata in frammenti al Museo Nazionale di Messina

Spianata S. Salvatore dei Greci)

Con questi dati concordano le testimonianze desunte da stampe e da altre fonti letterarie.

In una incisione del 1718 di Paolo Filocamo che illustra un libro di Francesco de Bette, 55) si può in­tuire facilmente la pianta (fig. 32) della Chiesa a croce greca sormontata da cupola come l'aveva ricostruita il Calamech e con il campanile a spirale col triregno aggiunto nel 1717.

La facciata appare costantemente uguale nella sua semplicità senza la decorazione che, secondo il Gallo, sarebbe stata compiuta nel 1743. Concordano con i dati documentari anche i caratteri stilistici di tutto il ma­teriale rimasto. Il complesso dei frammenti architet­tonici accatastato sulla spianata, risulta appartenere alla Chiesa costruita dal Calamech alla fine del se­colo XVI e rimasta incolume, come mostra la foto .

La splendida decorazione a marmi mischi a fiori, a quadretti, a motivi vari di cui si hanno numerosi

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decorazione ad intarsi, per la sua perfezione come per la bellezza dei disegni, dovette essere eseguita pro­babilmente su disegno di Simone Gullì che in quel tempo dava disegni per il baldacchino della Cattedrale con intarsi marmorei di una bellezza che sola stava a pari con questa di S. Gregorio.

FIG. 31 - CHIESA DI S. GREGORIO: INTERNO (PRIMA DEL 1908)

Nel complesso dei frammenti ri­masti, altri possono appartenere a quel lavoro di porte e finestre ese­guite da Filippo Juvara, secondo l'indicazione dell'Anonimo. Di que­sti frammenti, di queste parole sle­gate è pur inconfondibile l'accento juvariano e le fotografie rimaste permettono confermarne l'ideale ri­costruzione. Sulle due pareti del Cappellone di S. Gregorio porte e balconcini hanno anse incuneate co­me molle ferrigne per tenerli lontano (fig . 35) come nella Chiesa della Ve­naria Reale, e paraste e cornici che salgono arrotolandosi a spira (por­tone del Seminario di Torino) : pre­testi per trovare spazio onde mettere festoncini e vasetti, ma anche biso­gno di stringere in unità i vari ele­menti come nella Cappella Anta­mori in S. Girolamo a Roma e come avverrà anche a Torino nella Chiesa di S. Idelfonso; i pilastri della por­ta disposti a scenografica quinta e

frammenti sulla spianata, appartiene alla Cappella per la Ciambretta decorata da mischi, cominciata da Giu ­lia Spadafora e inaugurata nel 1688 (fig . 33). Tale

FIG. 3 2 - CHIESA DI S. GREGORIO, MONASTERO E CAMPANILE (incisione di Paolo Filocamo, 1718, dal volume del de Bette)

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la cornice della lunetta che si scartoccia a volute a modo gotico e capitelli inghirlandati come nei disegni per la cappella Prioli; ed ecco i grandi vasi da fiori cosÌ prediletti, che si innalzano sopra altissimi piedi­stalli immettendo le loro panciute superfici sulla linea ascensionale delle paraste corinzie, su cui appare l'al­tissimo fregio con foglie e testi ne di cherubi (fig· 34) che lega in unità le pareti . 56)

Ed ecco soprattutto, nuovo per Messina, e spesso ripetuto nelle opere di Filippo, il motivo delle finestre a tre luci (fig. 36) come si può vedere anche nel di­segno (fig. 37) per il Duomo Nuovo di Torino 57) nel disegno del volume a Chatsworth 58) e nel " pensiero" per la Chiesa di Calcinato. 59)

Apparteneva anche a Filippo Juvara il disegno del­l'estroso campanile a spirale a cui nel 1717 fu so­vrapposto il triregno? 60) È possibile perchè rientra perfettamente nel gusto dell'architetto, sensibile come Antonino Maffei al goticismo guariniano anche se sostanzialmente educato al manierismo classicheg­giante.

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FIG. 33 - MESSINA, MUSEO NAZ. - PARTICOLARI DELLA DECORAZIONE AD INTARSI IN LAPISLAZZULI, DIASPRI ECC.

DELL'INTERNO DELLA CHIESA DI S. GREGORIO, SEC. XVII

A Messina, intanto, ritornavano gli esuli, quasI tutti da Roma, ultima tappa del loro lungo esilio. Ritornò l'argentiere Domenico Melluso, allievo di Innocenza Mangani che a Roma " col disegno e scorta del P. Andrea Pozzi aveva compiuto la balaustra della Cappella di S. Ignazio di Gesù ed altri lavori ,,; ri­torna D. Antonino Moleti che a Roma aveva assi ­duamente frequentato l'Accademia del Cardinale Pietro Ottoboni; D. Mario Reitano Spatafora, acca­demico a Roma; D. Saverio Bottone, eruditissimo che era stato alla corte di Cristina di Svezia; Nicolò Maria Sollima, letterato che era vissuto a Roma alla corte del Cardinale Rospigliosi; D. Pietro Minniti, ecclesiastico che aveva ampliato e arricchito il Mo­nastero di Grottaferrata; il pittore Onofrio Gabriella che era stato a Roma allievo di Nicola Poussin ; Pla­cido Celi, che a Roma aveva studiato e copiato il Ma­ratta e molti altri. 61 } Tutti certamente parlavano di Roma, e dei grandi lavori che si facevano a Roma . La città si fa piccola, per le speranze per le ambi­zioni di Filippo. Appena compiuti i lavori di S. Gre­gorio, con una bella lettera di presentazione per il Cardinale T ommaso Ruffo egli parte per Roma. 62}

Restano nella bottega di Via dei Banchi il vecchio padre quasi nonagenario, il fratello Francesco Natale, Giuseppa, Natalizia già vedova con i suoi quattro bimbetti, le altre sorelle, il fratello grande Sebastiano. Lascia dietro a sè una città magnifica tutta ardente e viva con la sua Palazzata teatrale, le ville disseminate sui dolci colli, le chiese adorne di splendidi intarsi e palazzi e teatrini e accademie.

Alla corte del Cardinale Ottoboni Filippo si trovò in famiglia. 63} Nel 1699 era già al servizio il palermitano Pietro Papaleo il quale esortò ad andare a Roma un giovane architetto di cui aveva ammirato studi di pro­spettiva: Paolo Amato. C 'era Francesco Nicoletti che lavorava per la decorazione del cortile dell'Ambascia­tore di Francia, così come Filippo fece per il catafalco in S. Luigi dei Francesi per la morte del Delfino . Più tardi, dal '20 al '30, vi sarà Giov. Battista Vacca­rini anch'egli esperto nelle "macchine" che riceve, tramite il Cardinale Ottoboni, un anello d'oro per

FIG. 34 - MESSINA, MUSEO NAZ. - FILIPPO JUVARA UN PARTICOLARE DEL FREGIO IN STUCCO DORATO

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FIG. 35 - MESSINA, MUSEO NAZ. - FILIPPO JUVARA

PARTICOLARE DELLA CHIESA DI S. GREGORIO

una macchina con 49 bocche che alternativamente mandavano ora acqua ora vino. Vi sarà Pietro Passa­lacqua messinese nel 1714 presente all'Accademia di S. Luca, vi sarà l'arch. Amico che porterà a Trapani il fiorito barocchetto juvariano. Molti di questi, con l'aggiunta di Francesco Natale Juvara, lavoreranno a S. Maria Maddalena, la più siciliana chiesa del '700 romano inaugurata appunto dal Cardinale Ottoboni: apparizione violenta del più fantasioso barocchetto, ospite ingrato in quel momento a Roma, ma vento sciroccale forse soffiato da questo gruppo di siciliani. 64)

Nel 1705, il vecchio padre nonagenario Pietro muore e Filippo corre a Messina per le esequie. 65) Figli, nepoti, pronipoti, parenti, amici, tutti i soci della con­fraternita di S. Elena, tutti furono là, dietro la salma.

Dal I70r al 1705 tre chiese erano sorte a Me~~ina : S. Leonardo, S. Caterina di Bottegai, S. Maria la Provvidenza. Tutte e tre furono distrutte dal terre ­moto del 1908. 66) Ma di altra chiesa, S. Caterina Val­verde, eretta nel 1705,67) si possono vedere al Museo di Messina cumuli di macerie. La fotografia del suo interno (fig. 39) ce la presenta ad unica navata, con balconcini eleganti all'abside, con balaustratelle a doppia cornice aggettante che stringe in unità la navata al transetto e all'abside, capitelli alle paraste, me mori di eleganze borrominiane, stemmi appesi alla

sommità dell'arco delle cappelle, incorniciature fan­tasiose di finestre, ripetendo il motivo di aquile ad ali espanse per ricordare che la chiesa era stata costruita dalla Regina di Cipro figlia di Boemondo principe di Antiochia. Affinità di motivi e di tecnica tra gli stemmi a testina di cavallo impennato con le armi dei Ruffo (fig. 33) appartenenti alla Chiesa di S. Gregorio, ma sopratutto l'affinità fra l'interno di questa Chiesa e l'interno della Chiesa di S. Filippo a Torino (fig. 38) fanno pensare come possibile la partecipazione di Filippo Juvara a Santa Caterina di Valverde.

1713 - Ritorno a Messina - Opere. - A Messina, Filippo ritornò nel 1713.

Durante la sua assenza la sua fama era mante­nuta viva dai molti parenti e amici rimasti. Tramite questa fama, presso il Re Vittorio Amedeo II, potè

FIG. 36 - FILIPPO JUVARA FINESTRA E FREGIO DELLA CHIESA DI S. GREGORIO (la foto riproduce la Chiesa dopo il terremoto del 1908)

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FIG. 37 - FILIPPO JUVARA : DISEGNO PER IL DUOMO DI TORINO (dal volume Il Filippo juvara "' ecc.)

essere D. Antonino Ruffo Principe della Scaletta che era stato eletto, insieme a D. Nunzio Spadafora e a D. Michele Arduino Principe d'Alcontres e a D. An­tonio Furnari, Cameriere del Re. Narra infatti il Gallo che Vittorio Amedeo II esprimesse appunto il desi ­derio che " il famoso ingegnere messinese che poi fece tanto grido nel mondo, Cavaliere D . Francesco Iuvara" (sbaglia invece di Filippo) facesse la pianta ed alzasse il modello del Palazzo di Messina forse col pensiero di perfezionarlo . 68)

anche odierni degli studi archeolo­gici e preistorici. Dei cinque torrenti che sono a Messina, tre erano in anti­co: Zaera, Portalegni, Boccetta, che finivano proprio davanti al porto. Il Portalegni, allora, sfociava assai più vicino al Duomo e con una larga de­flazione che veniva a ricevere anche le acque del torrente Zaera che stava fra i due.

Come illuminati dalla luce e per un lento miracolo di emersione sem­brano affiorare l'un dietro l'altro i colli peloritani in una instabilità morbida di terre ancora lagunari quasi seguendo l'opinione di Stra­bone che l'isola sia emersa per un fuoco d'Etna. Il tempietto circolare che appare compreso tra il torrente Portalegni e il mare che si spinge, com'era allora, a'ssai più verso monte, potrebbe essere stato suggerito per la sua ubicazione dalla notizia di un tempio di Poseidone, 72 ) il complesso di caseggiati vicino può far pensare

FIG. 38

Così fu chiamato Filippo a Messina dal Re Vittorio Amedeo II per perfezionare il Palazzo che in quel mo­mento l'ospitava. Alla testimonianza delle fonti 69) si sono aggiunti documenti 70) relativi a un pagamento del 22 agosto 1714 di L. lOOO fatto all'arch. Filippo Juvara a titolo di gratificazione e di considerazione delle spese fatte e da farsi , le quali spese sono meglio identificate nel corrispondente rapporto delle " li­vranze 1/ "per una volta tanto per il suo viaggio da Roma a questo regno soggiorno in esso e andata a Torino II' Quali furono i disegni? Furono eseguiti i lavori ? In questo breve soggiorno a Messina egli ese­guì disegni di un'importanza capitale,71 ) prove della cultura e della conoscenza urbanistica e storica di Filippo. Quella sua Messina egli la conosce palmo a palmo nei suoi monumenti e con la fantasia la rievoca nel passato più remoto e più vicino. Nel I O disegno (fig. 40 ) "sulle prime abitazioni a Messina /I l'evo­cazione figurativa aderisce perfettamente ai risultati

FILIPPO JUVARA: DISEGNO DELL'INTERNO DELLA CHIESA

DI S. FILIPPO (dal volume Il Filippo juvara '" ecc.)

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la cinta muraria che dal torrente Por­talegni arrivava sotto Matagrifone risaliva al Bastione S. Vincenzo e finiva al torrente Boccetta.

Il terzo disegno (fig. 42) s'intitola " Veduta di Messina e piano urbani­stico col nuovo Palazzo Reale ". 82)

FIG. 39 - CHIESA DI s. CATERINA DI VALVERDE, 1705 (distrutta dal terremoto del 1908; frammenti al Museo Nazionale, spianata S. Salvatore dei Greci)

Proprio da tale disegno si può de­sumere quale fosse il progetto di Fi­lippo per il nuovo Palazzo Reale pa­ragonando la forma che questo ha nel disegno, a quella che ha nell'incisione probabilmente eseguita fra il l 565 e il 1622 (fig. 43). In questa appare il Pa­lazzo Reale a sei torri come fu in epoca medievale e fino al 1565, 83) anno in cui Don Garcia di Toledo affidò al Calamech lavori a Palazzo Reale che lo trasformarono a quattro torri con quattro logge e quattro saloni grandi. Il Buonfiglio scriven­do nel 1606 84) ne aveva già visto la prospettiva verso il porto "ragguar­devole per la vaghezza e ricchezza degli intagli delle logge, balconi e porte tra le quali singolare è la porta di mezzo di marmi negri e bianchi" eseguita su disegno del Calamech da Fabrizio Mora e ornata da due vittorie alate, una dovuta a Lorenzo Calamech e l'altra al Mora stesso (frammenti al Museo Nazionale, inv. A 473 a -b); il fianco era rimasto ancora con finestre gotiche. Con quattro torri infatti si presenta il Palazzo nel disegno di Filippo J uvara riproducente Messina alla fine del '500 (fig. 41) e così appare anche in

ad un 'eventuale rievocazione della casa di Ve io Mamer­tino e del tempio di Ercole Manticlo, di cui certamente Filippo Juvara poteva ben conoscere l'ubicazione dato che era stato incluso nella chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini.73) Più in alto, vi era il tempio di Giove sul quale era sorta la chiesa di S. Gregorio. 74) Nel secondo disegno (fig. 41) 75) rievoca Messina alla fine del '500 quando aveva la cortina merlata, così come è testimonia­to da antiche vedute come ad es. dal quadro della I Madonna del Rosario ' di Antonello de Saliba (Messina, Museo Naz. inv., A 1004) ed aveva la Fortezza di S. Salvatore dei Greci (1570), 76) l'Arsenale nuovo (1565),77) la lanterna del Montorsoli (1555),78) il Laz­zaretto vecchio,79) il Palazzo Reale 80) a quattro torri angolari, il Duomo con la torre campanaria a corona­mento cuspidale, il Forte Conzaga, la fortezza Matagri­fone e la Chiesa di S. Francesco con le sue tre absidi ; 81)

pittule come ad es. nella Veduta di Messina (fig· 44) (Mus. Naz., inv. A 1331).

Riguardando ora il terzo disegno di Filippo Ju­vara (fig. 42) si può subito intendere il suo progetto relativo all'ingrandimento del Palazzo Reale . Esso ci mostra il Palazzo a quattro torri ma dalla parete di fondo si passa ad una grandiosa costruzione ad ampio portico con un fondale scenografico : per mezzo di un ponte si attraversa il torrente Portalegni penetrando in un vasto giardino che termina con una esedra. Allargando il circuito delle mura che prima costeggia­vano la sponda destra del torrente Portalegni, fa cir­condare la costruzione da larghissimi spazi. Per tale progetto è utile il richiamo a quello per il castello di Mafra 85) per riconoscere il costante gusto scenografico di Filippo Juvara d 'immergere nella pianta stessa del Palazzo ampie distese verdeggianti e le azzurre acque

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FIG. 40 - FILIPPO JUVARA : VEDUTA DEL PORTO DI MESSINA IN EPOCA ANTICA (dal volume" Filippo Juvara " ecc.)

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FIG. 41 - FILIPPO JUVARA : VEDUTA DI MESSINA IN EPOCA REPUBBLICANA

FIG. 42 - FILIPPO JUVARA : VEDUTA DI MESSINA E PIANO URBANISTICO COL NUOVO PALAZZO REALE

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FIG. 43 - IL PALAZZO REALE E 6 TORRI (FINE SEC. XV-SEC. XVI)

(da una stampa della Biblioteca del Comune)

del torrente. Non si ritiene che il progetto di Filippo sia stato eseguito e nessuna modifica infatti mostrano le incisioni di epoca inferiore: quella datata 1717 di Paolo Filocamo corredante il poema drammatico di Antonino Ruffo " Il Natale di Cristo" 86) e l'altra del 1718 di Pietro Donia che correda il volume di Orazio Turriano. 87) I due incisori, amici della famiglia Juvara, non avrebbero mancato di rappresentare il Palazzo ingrandito se il progetto fosse stato eseguito. 88)

Fino al 1783 il Palazzo non subì importanti modifiche anche se qualche trasformazione e decorazione in­terna sia stata eseguita. La veduta del Palazzo (fig· 45) eseguita a penna (Messina, Museo Nazionale) lo ri­produce dopo i gravi danni del terremoto del 1783, danni testimoniati anche dalla stampa (Messina, Mu­seo Nazionale, inv. 1890) che riproduce tutta la Palaz­zata di Messina. Come afferma il Gallo, vennero eseguiti i restauri tanto alla grande sala del Palazzo quanto alla "porta che guarda la piazza e l'altra che serra il palazzo dalla parte del mare facendola in vaga forma e degna simmetria edificare in pietre tagliate di Siracusa con pilastri fasciati e trofei d'ar­mi di sopra " . 89) Nella incisione del Sicuro (fig. 46) il Palazzo Reale appare in tutto simile alla forma che esso aveva nel 1783 e che corrisponde alla descrizione che ne dà Andrea Gallo di un edificio "composto di tre piani con due file di ringhiere o sian balconi ed una di finestre ; balconi quattordici per ordine oltre di quello di mezzo sopra il portone di finissimi marmi

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molto grandi e ben lavorati; .. . gallerie composte ognuna di tre archi e sostenute dalle colonne". In con­clusione restauri e trasformazioni non mutarono mai il prospetto del Palazzo edificato da Andrea Calamech.

Lo stesso disegno esaminato (fig. 42) ci dà anche un progetto per il nuovo Arsenale, che Filippo colloca al di là della Palazzata dopo il torrente dell'Annunziata con sedici grandi capannoni.

Risulta anche, dallo stesso disegno, il progetto di sistemazione urbanistica della riviera. Se si guarda infatti la veduta di Messina incisa da Paolo Filocamo per illustrare il volume del de Bette datata 1718 (fig· 47) si desume che, dopo la Palazzata di Simone Gul1ì, gli edifici erano rari: dopo il torrente Boccetta vi era il Convento di S. Francesco di Paola quindi le casette del Ringo poi S. Salvatore dei Greci, più distante il Casino detto il Paradiso e in ultimo la Chiesa di S. Maria della Grotta architettata dal Gullì.

FIG. 44 - MESSINA, MUSEO NAZ. - IL PALAZZO REALE CON

4 TORRI NELLA TRASFORMAZIONE FATTA DA A. CALAMECH,

FINE SEC. XVI (part . della Veduta di Messina, inv. A 1331)

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JI11111't'flfUfUfllllllll111lllflllliUl FIG. 45 - IL PALAZZO REALE DOPO IL TERREMOTO DEL 1783

Nel disegno di Filippo si vede come egli progetti una serie di Palazzi tra la Palazzata e la Chiesa di S. Maria della Grotta, estendendo cioè per due chilo­metri circa la marmorea cortina ideata da Simone Gullì e per tutta la riviera il magico incanto del "teatro superbissimo II '

Per il progetto per il Palazzo Reale di Messina Amedeo di Savoia gli aprì le porte di Torino. 90) Allora, tutto quel calore siciliano e quell'enfasi che non erano riusciti a frenarsi nel periodo romano accrescendosi anzi nelle sontuose scenografie che presentava agli occhi dell'aristocrazia romana formando ed alimentando il gusto al preziosismo del barocchetto, riuscì a pla­carsi e quell 'eterno oscillare tra i valori puri della classicità ed il gusto del pittoricismo decorativo a poco a poco scomparve: due termini antitetici si com­posero. Torino nella sua regolare sistemazione urba­nistica e tutta aperta sui declivi verdeggianti evocò certamente ai suoi occhi la Città natale e là, a Torino, la regale munificenza concedeva spazi e meZZI per tradurre in pietra e marmo scenografie e fantasie . A poco a poco pervenne a comporre l'eterno dissidio tra classico e anti­classico con una architettura di spazi raccolti e armoniosamente slanciati fra masse classicamente equilibrate dove l'ornato fiorisce come spontanea maturazione della forma.

Dalla Chiesa di S. Gregorio, alta sul colle della Caperrina, luccicante di marmi, giunse alla Basilica di Superga.

Dal classico al barocco, dal ba­rocco al barocchetto al neoclassico, Filippo J uvara tra Sicilia e Piemonte compose l'eterno cerchio in cui flui­sce e defluisce lo spirito umano.

42) M . R. P . C . PICA, Orazione in memoria di Frà Giovanni di Giovanni, M essina, S tamperia di G . M affei, 1700.

43) G . GROSSO CACOPARDO, op. cit., p . 176; F . BASILE, S tudi sull' architettura di Sicilia. L a corrente michelangiolesca, 1942, p. 126, nota 6.

44) S . L A F ARINA, Guida della Città di M essina, M essina 1826, p . 88.

45) D . PUZZOLa SIGILLO, Prospetto genealogico della famiglia di F. Juvara, Milano 1937.

46) Vita del cavaliere D . Filippo Juvara .... .. scritta da Ano­nimo, op. cit. , p. 23.

47) L. R OVERE, V . VIALE, A . E . BRINCKAMN, op. cit., p . 46. 48) P . SAMPERI, Iconologia della gloriosa V ergine M aria M adre

di Dio, M essina 1644, p. 409; C . D . G ALLO, op. cit., Apparato, p . 146; G . LA CORTE CAILLES, Andrea Calamech scultore ed architetto del secolo XVI. M em orie e documenti in Arch. Storo M ess., anno II, fase. 1-2, p . 50.

49) C . D . G ALLO, op. cit ., Apparato, p. 148. 50) C . D . GALLO, op. cit., Apparato, p . 148. 51) C . D . GALLO, op. cit., Apparato, p. 148. 52) G . D'AMBROSIO , Quattro portenti della natura, dell'Arte ...

rappresentanti della nobile Città di Messina nell'anno 1865 nei f esteggiamenti della Sacra Lettera, Messina, Vincenzo D 'Amico, 1685, p. 295 ·

53) C . D . G ALLO, op . cit., Apparato, p. 149. 54) C . D . GALLO, op. cit., Apparato, p . 149. 55) F . DE BETTE, Vera e distinta relaz ione dei progressi delle

armi spagnuole, in Messina e suo distretto, Messina, Stamperia D'Amico, 1718, fig. 59.

56) L. ROVERE, V . VIALE, A. E . BRINCKMANN, op . cit., tav. 41; A. TELLUCCINI, op. cit., tav. 16; S . DE VITO BATTAGLIA, Un'ope­ra romana di Filippo Juvara, in Boll. d'Arte, anno XXX, 1937 serie III, n . XI, p . 485, figg. 2-1 2; figg. 17-18.

57) L. ROVERE, V. VIALE, A . E . BRINCKMANN, op. cit., tav. 61. 58) R. WITTKOWER, Un libri di schizzi di Filippo Juvara a

Chats.worth, in Boll. della Soc. Piemontese d'Arch. e di Belle Arti, a. III, 1949, fase. 1- 4, p . 113, fig . 13.

59) L. ROVERE, V . VIALE, A . E. BRINCKMANN, op. cit., tav. 57. 60) F. DE BETTE, op. cit ., fig. 59 . 61) C . D . GALLO, op. cit., vol. IV, pp. 63, 66, 77, 79, 81, 82,

83; E. MAUCERI, op. cit., p . 57. 62) L. ROVERE, V. VIALE, A. E. BRINCKMANN, op. cit., p. 46. 63) M . ACCASCINA, Pietro Passalacqua architetto messinese a

Roma, in Arch. St. Mess., anni L-LI (1949-50), vol. II, p . 1 ss. 64) M . ACCASCINA, Pietro Passalacqua, op. cit., p. 4. 65) D . PUZZOLa SIGILLO, Prospetto genealogico, ecc., op. cito

40) F . MELI, Degli Architetti del Senato di Palermo nei secoli XVII-XVIII, in Arch. St. S iciliano, a . IV -V (1 938-1939), p. 312.

41 ) R. CALANDRA, Lineamenti di urbanistica dalle origini alla metà de1500 , Messina, Stem. FIG. 46 - IL PALAZZO REALE NEL SEC. XVIII (incisione del Sicuro)

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66) Distr. terremoto 1908: C . D. G ALLO, op. cit., Apparato, pp. 149, 109, 193. Non esistono sulla spianata frammenti di dette chiese.

67) Distr. terremoto 1908. Esistono sulla spianata del Museo capitelli (Inv. A 2600-2607), Stemmi (Inv. A 2608-2613), P a­raste con intarsi (Inv. A 2614-2624), mensole, basi, rilievi, acquasantiere, fregi (Inv. A 2632-2682).

68) C. D . G ALLO, op. cit. , voI. IV, p. 96. 6g) S. MAFFEI, Elogio del sig. abate D. Filippo Juvara Archi­

tetto, in L. ROVERE, V . VIALE, A. E. BRINCKMANN, op. cit., p. 19; Vita del Cavaliere Don Filippo Juvara Abbate di Selve, ecc., op. cit., p. 25.

70 ) A . L ANGE, Tre disegni inediti di opere del Juvara, in B oll. del Centro di Studi archeologici ed artistici del Piemonte, fasc . II, 1942, p. 100 ss.

7 I ) L. ROVERE, V. VIALE, A. E . BRINCKMANN, op. cit., tavv. 264, 265, 266, 267 e 268.

72) G . MIRAGLIA, Ubicazione dei tempi pagani nella Messina moderna, Messina, Tip. Nicastro, 1903, pp. 7-8.

73) G . MIRAGLIA, op. cit., p. 14; A. MORABELLO, Le case degli Dei nella Messina greca, Messina, Tip. Guerriera, 1917, p. 47 ss.

74) G. MIRAGLIA, op. cit., p. 12; A. MORABELLO, op. cit., p. 35 ss.

75) L. ROVERE, V. VIALE, A. E. BRINCKMANN, op cit., tav. 265. 76) C. D. GALLO, op. cit., Apparato, p. 217 ss.; Guida di Mes­

sina, a cura del Municipio, 1902, p. 374.

77) Guida di Messina, a cura del Municipio, 1902, p. 374; C. D . GALLO, op. cit., Annali, pp. 19-20.

78) Guida di M essina, op. cit., p. 373. 79) C . D . GALLO, op. cit., Apparato, p. 268; Guida della Città

di Messina, op. cit., p. 372. 80) G . BUONFIGLIO e COSTANZO, Messina Città nobilissima,

Venezia 1606, Messina 1738, Stampo Chiaramonte - D 'Amico, libro I , p . 70: C. D. G ALLO, op. cit., Apparato, pp. 249-50; G. LA CORTE CAILLER, op. cit., p. 46 sS.

8I) C. D . GALLO, op. cit., p. 123; Messina prima e dopo il disastro, p. 376.

82) L. ROVERE, V. VIALE, A. E. BRINCKMANN, op. cit., tav . 266; M. ACCASCINA, Commento a un disegno di Filippo J uvara (ve­duta di Messina e piano urbanistico con il nuovo Palazzo Reale), in Arch. St. Mess ., anno LI-LUI (1950-1952), p. 13 sS.

83) G . LA CORTE CAILLER, op. cit. , p. 46. 84) G. BUONFIGLIO e COSTANZO, op. cit., p. 70. 85) L. ROVERE, V. VIALE, A. E . BRINCKMANN, op. cit., tavv.

274-277. 86) A. RUFFo, Il Natale di Cristo, poemetto drammatico,

Messina 1717. 87) O. TURRIANO, R agguaglio delle feste celebrate dalla nobile

e fedele Città di Messina, Stamperia Chiaramonte e Provenzano, 1729·

88) Alla stessa conclusione è pervenuta anche A. LANGE, op. cito Sg) C . D . G ALLO, op. cit., Apparato, p. 251. 90) L. ROVERE, V. VIALE, A. E. BRINCKMANN, op. cit., p. 55.

FIG. 47 - VEDUTA DI MESSINA (dal volume del De Bette)

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