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La frontiera della produzione
0
B
AFA
FB
In figura la frontiera della produzione, per l’universo di operatori del sistema S, che dispone di un
solo fattore produttivo F e produce, con le imprese di mercato M e con l’operatore pubblico CG, due beni A e
B.FB sulle ordinate indica il massimo prodotto di B,
quando tutto F è devoluto a tale scopo, mentre FA sulle ascisse indica il massimo prodotto di A, quando tutto F
è destinato alla produzione di A.
Le tre linee r, s, t indicano tre possibili ipotesi di frontiera della produzione, in relazione al fatto
se le produzioni di A e B sono, rispettivamente, a costi
crescenti, costanti o decrescenti.
t
s
r
In tutti e tre i casi su ogni punto della frontiera vi è una
possibile combinazione di A e di B, tale per cui non si può
aumentare la quantità di A se non a spese di B e
viceversa.A'
B'''
B''
B'
La frontiera della produzione
0
B
AFA
FB
t
s
r
Con produzione a costi crescenti, la frontiera della produzione è concava verso l’origine degli assi cartesiani
in quanto, muovendo da FB e riducendo le risorse dedicate alla produzione di B, per una stessa riduzione nella
quantità di B si hanno incrementi via via minori nella quantità di A.Con produzione a costi costanti la frontiera
della produzione è una retta, con pendenza data dal rapporto fra le quantità di B e di A che si ottengono con un’unità di risorse F.
Con produzione a costi decrescenti, la frontiera della produzione è convessa verso
l’origine degli assi cartesiani in quanto, muovendo da FB e
riducendo le risorse dedicate alla produzione di B, per una stessa riduzione nella quantità di B si
hanno incrementi via via maggiori nella quantità di A.
∆B
∆1
A
∆B
∆2
A∆B
∆3
A
La frontiera della produzione
0
B
AFA
FB
Un punto I all’interno della frontiera della produzione (sia
essa una qualsiasi delle tre considerate), che consente di
produrre 0AI e 0BI, non è efficiente, dal punto di vista della
produzione di A e B.
AI
IBIt
s
r Infatti, è sempre possibile accrescere la produzione di B
senza ridurre quella di A (spostamenti nei tre diversi PB) e
viceversa (spostamenti nei tre diversi PA) o, addirittura,
accrescere la produzione di entrambi.
Ottima combinazione dei fattori produttivi
Per individuare l’ottima combinazione fra fattori produttivi dobbiamo considerare il rapporto fra i loro costi e confrontarlo con il rapporto fra le diverse dosi di fattori occorrenti per produrre una data unità di prodotto.
L’impiego dei due fattori produttivi, per ogni quantità prodotta, sarà ottimale se i) non è possibile aumentare la produzione aumentando le dosi di uno dei due fattori produttivi e riducendo l’altro, con costi complessivi invariati e ii) non è possibile produrre quella stessa quantità mediante una diversa combinazione dei due fattori produttivi, che comporti una riduzione dei costi.
Supponiamo di avere solo due grandi categorie di fattori, come il lavoro, L, e il capitale, K, per lavorare una data materia prima: se aumentiamo le unità di lavoro, a parità di unità di capitale, possiamo accrescere il prodotto ottenuto, per una data quantità di materia prima; altrettanto, se accresciamo le unità di capitale a parità di unità di lavoro.
Ottima combinazione dei fattori produttivi
0
K
L
Q1
Q2
Q3
AB
C
D
A e B sono combinazioni inefficienti di capitale e lavoro,
mentre C e D sono combinazioni efficienti (rispettivamente, per la
quantità Q1 e per la quantità maggiore Q3).
A parità di costi complessivi (siamo sullo stesso isocosto, r1!) B consente
di produrre una quantità Q2 maggiore della quantità Q1 ottenibile con A.
r1
r2
C, invece, consente di produrre la stessa quantità Q1 ottenibile con A,
ma a un minor costo complessivo (siamo, infatti, su un isocosto più
vicino all’origine, r2).
Allocazione ottimale dei fattori produttivi tra le diverse produzioni
0A
0B
L
K
IA,1
IA,2
IA,4
IA,
3
IB,4
IB,3
IB,
2
IB,1
KA
LA
KB
LB
L’efficienza negli scambi
0i
0j
a
b
Ii,1
Ii,,2
Ii,4
Ii,3
Ij,4
Ij,3
Ij,2
Ij,1
bi
ai
bj
aj
BeniCosti unitari di produzione in termini di lavoro
Paese ricco, R Paese povero, P
a 4 6
b 8 10
Costi unitari di produzione
in termini di lavoro
Beni
a b
Paese ricco, R 4 8
Paese povero, P 6 10Il costo comparato (o relativo) può essere definito in due modi: come rapporto tra i costi unitari delle due merci nello stesso paese oppure come rapporto tra i costi unitari della stessa merce nei due paesi.Nel nostro esempio i costi comparati del bene a in termini del bene b sono 0,5 (= 4/8) in R e 0,6 (= 6/10) in P.In alternativa, i costi comparati tra il paese ricco e quello povero sono 0,67 (= 4/6) per il bene a e 0,8 (= 8/10) per il bene b.
I costi comparati di Ricardo e il commercio internazionale
La proposizione di base della teoria (ricardiana) dei vantaggi comparati individua quale condizione perché si abbia commercio internazionale tra due paesi l’esistenza di una differenza nei rispettivi costi comparati (espressi nell’uno o nell’altro modo).Condizione solo necessaria, però; perché vi sia commercio, infatti, occorre anche che la ragione di scambio internazionale (cioè il rapporto al quale le due merci vengono scambiate tra i due paesi) sia compresa tra i costi comparati nei due paesi.
I costi comparati di Ricardo e il commercio internazionale
Proseguendo nel nostro esempio, il paese ricco ha su quello povero un vantaggio relativamente maggiore (comparato, appunto) nella produzione del bene a (costi inferiori del 33%) che in quella del bene b (costi inferiori del 20%).Alternativamente, il paese povero ha rispetto a quello ricco uno svantaggio relativamente minore nella produzione del bene b (costi superiori del 25%) che in quella del bene a (costi superiori del 50%).
Pertanto, ragionando con riferimento alla prima definizione di costi comparati, se la ragione di scambio internazionale è compresa tra 0,5 e 0,6, il paese ricco esporterà il bene a verso il paese povero e importerà da questo il bene b, con beneficio per entrambi.Notiamo che, avendo espresso i costi comparati del bene a in termini del bene b, il flusso commerciale vede il paese ricco esportare a (contro b) e il paese povero esportare b (contro a).
I costi comparati di Ricardo e il commercio internazionale
Immaginiamo, infatti, che la ragione di scambio internazionale sia 0,55 (cioè 0,55 unità di b per unità di a): il paese ricco otterrà allora col commercio internazionale 0,55 unità di b per un’unità di a (mentre all’interno ne avrebbe solo 0,5 unità) e il paese povero potrà procurarsi un’unità di a con solo 0,55 unità di b (mentre all’interno se ne richiedono 0,6).
I costi comparati di Ricardo e il commercio internazionale
Con gli scambi internazionali la frontiera della produzione si amplia!
b
a0
Frontiera della
produzione di R
Frontiera della produzione con
commercio internazionale
(spezzata rossonera)
Retta della ragione di scambio internazionale
(linea blu)
Frontiera della
produzione di P
Il criterio di Pareto per il massimo benessere collettivo
0 Benessere di i
Ben
ess
ere
d
i j
Frontiera delle possibili utilità(Frontiera di
Pareto)
I
Pj
Pi
P
I ⟼ Pj
I ⟼ Pi
Miglioramenti paretiani deboli
I ⟼ P Miglioramento paretiano forte
Il criterio della compensazione: Hicks e Kaldor
0 Benessere di i
Ben
ess
ere
d
i j
I
Pj
Pi
P
E
Dal criterio di Pareto all’equilibrio di Nash al criterio OSFOB
0 Benessere di i
Ben
ess
ere
d
i j
I
Pj
Pi
U
RHyp
L
N≡GNj
Ni
M
Dal criterio di Pareto all’equilibrio di Nash al criterio OSFOB
In termini analitici generali l’equilibrio di Nash nel tipo di gioco di contrattazione considerato corrisponde alla soluzione del seguente problema di massimizzazione:
con 0 < α< 1. Dobbiamo, dunque, massimizzare il prodotto degli scostamenti ponderati di ciascuno dei due individui dal rispettivo livello di benessere iniziale in I. Gli esponenti dei fattori coi quali li ponderiamo misurano il potere di contrattazione dei due individui.La soluzione particolare illustrata nella figura precedente si ha nell’ipotesi che α= ½, cioè che i e j abbiano lo stesso potere negoziale.Si comprende, quindi, perché graficamente la ricerca della soluzione corrisponda alla determinazione del massimo rettangolo inscrivibile nella figura delimitata dalla frontiera di Pareto e dalle perpendicolari per I parallele agli assi coordinati.
La fruizione dei beni samuelsoniani
0
€
Q
CMg
DA
DB
DA + D
B
QA QBQS
PS PB
PA
Il bisogno collettivo di ‘regole’ e il dilemma dei prigionieri
Casella I Casella II
A e B sono scarcerati poco dopo
A è condannato al massimo della pena
e B è scarcerato quasi subito
Casella III Casella IV
A è scarcerato quasi subito e B è
condannato al massimo della pena
A e B ottengono uno sconto di pena del
cinquanta per cento rispetto al massimo loro comminabile
B
A Non
con
fess
aC
on
fess
a
Non confessa Confessa
Il bisogno collettivo di ‘regole’ e il dilemma dei prigionieri
Casella ICasella
II
R, R S, T
Casella III
Casella IV
T, S P, P
B
A Coop
era
Defe
zio
na
Coopera
Defeziona
Nella sua forma più semplice il dilemma dei prigionieri è un gioco descritto dalla matrice dei payoff a fianco, che soddisfa, nell’ordinamento di preferenza di ciascuno dei due individui A e B, la seguente catena di disuguaglianze:
T ≻ R ≻ P ≻ ST è la Tentazione di defezionare;R è la Ricompensa del cooperare;P è la Punizione dell’avido egoista;S è la ‘Sòla’ dell’ingenuo gabbato.
Il bisogno collettivo di ‘regole’ e il dilemma dei prigionieri
Casella ICasella
II
R, R S, T
Casella III
Casella IV
T, S P, P
B
A Coop
era
Defe
zio
na
Coopera
Defeziona
In teoria dei giochi si assume che i giocatori siano razionali e che la loro razionalità sia conoscenza comune.Ciascun giocatore è razionale, sa che anche l’altro giocatore è razionale, sa che l’altro giocatore sa che l’avversario è razionale etc.Inoltre, ciascun giocatore sa come l’altro valuta, cioè ordina, i possibili esiti del gioco.
La soluzione del gioco – il suo equilibrio di Nash – si determina con la procedura di eliminazione iterata di strategie strettamente dominate, qual è sia per A sia per B quella di ‘Cooperare’.
I beni indivisibili di Dupuit
D
CFMe
Pm
Qm
M
Q*
0
€
Numero di utenti
CMg
Un ipotetico operatore privato di mercato – assumendo che come minimo intenda coprire i costi, se non massimizzare il profitto – fisserebbe il prezzo Pm per un’utenza uguale a Qm.In tal modo, poiché il costo marginale del servizio è – per ipotesi – nullo, si avrebbe un’inefficienza, ovvero la rinuncia alle utenze Q*Qm, con perdita in termini di rendita del consumatore eguale all’area del triangolo MQmQ*.
I beni di Hotelling e le imprese pubbliche con prezzi politici
D
Pm
Qm
M
0
€
Numero di utenti
CMe
CMg
Q*
P*
E
BA
C
L’area del rettangolo azzurro ABEP* misura la
sovvenzione necessaria per
coprire la differenza tra il costo unitario per l’utenza Q* e il
prezzo P*.
L’area del trapezio rettangolo verde MEP*Pm misura
l’incremento della rendita del consumatore conseguente
all’ampliamento dell’utenza da Qm a Q*.
Consumo e prezzo fiscale per beni pubblici divisibili
0
€
q 0
€
qDA
DB
0
€
QqB
qA
QT
CMg
P CMg
P CMg
PDT
Le curve di domanda si formano per somma orizzontale delle quantità domandate dai rappresentanti politici dei vari soggetti
per ciascun ‘prezzo’ segnato in ordinate. Esempi: servizi relativi al bisogno di trasporti pubblici, di smaltimento dei rifiuti, di asili nido e d’infanzia.
Quesito: Che accadrebbe se ipotizzassimo costi marginali e costi unitari crescenti?
Beni pubblici divisibili con consumo obbligatorio uniforme
0
€
Q
DA
DB
CMg
P
qB
qA
(qA + qB)/2
QG
Gli A potrebbero chiedere ai B di venire sulla loro posizione, con l’argomento per cui sicuramente qA anni di G danno loro un appagamento, anche se inferiore a quanto da essi preferito; certo, i B non potrebbero domandare allo stesso modo agli A di accedere alla quantità qB, perché essa non è compresa nella loro mappa di preferenze.
Ma con la media aritmetica semplice, gli A devono
allontanarsi dalle proprie preferenze
proporzionalmente molto più dei B.
Allora i B potrebbero tentare di offrire agli A la soluzione della media aritmetica semplice, che alcuni ritengono capace di soddisfare a un criterio di equità.
L’impasse si supera grazie al
criterio OSFOB che conduce alla
quantità QG, per la quale le deviazioni percentuali dalle
proprie preferenze sono uguali sia per
gli A sia per i B.
Beni pubblici divisibili con consumo obbligatorio uniforme
La condizione che QG deve soddisfare è la seguente:
QG – qA
qA
qB
qB – QG
=
QG – qAqA
qB
qB – QG
= QG – qA
qA
qB – qA
qB – QG
=1+
QG – qA
qA
qB – qA
qB – QG
= – 1
QG – qA
qA
qB – qA
qA + qB – 2QG
=
QG – qA
qAqB –
qA
(qB + qA – 2QG)
=
Con qualche semplice passaggio otteniamo:
QG
qA
qA +
qB – qA
qA + qB
qB – qA
2qA
=1 +
QG
qA
qA +
qB – qA
qA + qB
qB – qA
qA + qB
= QG qA +
qA + qB
qA = (qB –
qA)
Beni pubblici divisibili con consumo obbligatorio uniforme
La condizione che QG deve soddisfare è la seguente:
QG – qA
qA
qB
qB – QG
=
Con qualche semplice passaggio otteniamo:
QG
qA
qA +
qB
qA =1 +
QG
2qAqB
qA + qB
=
QG qA + qB
qA =2q
B
QG – qA
qAqB
(qB – QG)
=
(qB – qA)
(qA + qB) +
QG
qA + qB
qA =
QG qA +
qA + qB
qA = (qB –
qA)
Beni pubblici indivisibili: la condizione di Samuelson
0
€
Q
CMg
DA
DB
DA + D
B
QS
PS PB
PA
La quota del prezzo fiscale PS (= CMg) che ciascuno dei due soggetti A e B deve sopportare corrisponde alla
rispettiva valutazione marginale in termini monetari (qual è espressa dalla
curva di domanda) della quantità di equilibrio QS.
Ricordiamo che, per costruzione, la distanza QSPB (ovvero la valutazione marginale in termini monetari del
soggetto B) è uguale alla distanza PAPS.
Beni pubblici indivisibili: riparto dei costi OSFOB
RB
RA0
GB
GA
U
TA
TB
E
L’inclinazione del segmento
GBN, che individua tutte le
possibili ripartizioni del
costo di G, è – 1.
N
Il prezzo fiscale di G per A e B è
uguale alla lunghezza dei segmenti 0TA e
0TB, rispettivamente. I segmenti TBGB, TBE e 0TA hanno
tutti la stessa lunghezza, poiché il
triangolo TBGBE è isoscele.
Il modello di Niskanen. Sua validità per i vertici
0
€
Q
A
BC
F
CMg
D
QN
E
Qe
Se l’area del triangolo ABE è uguale a quella del triangolo ECF, allora per la quantità QN
(che, quindi, massimizza la soddisfazione del burocrate Niskaniano) la rendita (lorda) del
consumatore – pari all’area del trapezio rettangolo 0AFQN – è uguale al costo totale –
pari all’area del rettangolo 0BCQN.
Il modello di Niskanen “corretto” con Baumol
Lo schema di Niskanen appare troppo semplificato: è eccessivo, infatti, supporre che un comportamento della burocrazia quale il nostro Autore descrive non susciti alcuna reazione dei cittadini/utenti o dei loro rappresentanti, se non allorquando la rendita del consumatore sia del tutto esaurita.
Possiamo però reinterpretarlo e “correggerlo” col modello dell’impresa elaborato da Baumol, nel quale i dirigenti perseguono la massimizzazione del fatturato, mentre gli azionisti sono interessati al massimo profitto.
La conciliazione fra i due obiettivi determina, allora, il paradigma della massimizzazione del fatturato con il vincolo di un profitto minimo. Applicato alla burocrazia, esso diviene il paradigma della massimizzazione del bilancio dell’agenzia col vincolo di una rendita del consumatore minima.
MinRC
Il modello di Niskanen “corretto” con Baumol
0
€
Q
E
Qe
RSocT
CT
A
C
B
QN
B
QN
L’inefficienza X
0
€
Q
CMg
D
C
Qn
e
E
Qe
CMg con inefficienza XA
B
F
Nell’equilibrio per beni o servizi pubblici
con inefficienza X l’offerta, Qne, è
inferiore a quella ottimale, Qe, con
rendite del consumatore e del
produttore ben minori che con costi normali.
La maggioranza qualificata
Invece dell’unanimità si può optare, come suggerito dallo stesso Wicksell, per la maggioranza qualificata. Quale però? In merito è importante il contributo di Buchanan & Tullock ai quali si devono i concetti di i) “sfruttamento” di una parte sull’altra e di ii) inefficienza del processo decisionale.
La capacità di sfruttamento, nella loro formulazione, si riduce man mano che aumenta la quota di votanti richiesta perché una delibera sia valida, sino ad annullarsi quando il voto sia unanime; l’inefficienza e il costo del processo decisionale, invece, crescono via via che si accresce la percentuale dei votanti richiesta per l’approvazione delle delibere.
Le scelte distributive, escluse dallo schema di Wicksell, tornano in primo piano nella formulazione dei due Autori.
La maggioranza qualificata
62%
50%
Costi esterni o di sfruttamen
to
Costi totali
Percentuale dei votanti
0 100%
€
Costi di inefficienza
delle decisioni
La maggioranza qualificata
La somma delle due curve di costo dà la curva del costo totale, che consente di scegliere, nel suo minimo, il quorum di maggioranza ottimale.
Quando si compiono le scelte costituzionali, che valgono per molto tempo, i costi esterni diventano molto importanti, mentre il tempo consumato per decidere ha minore rilevanza che per le decisioni immediate, trattandosi di grandi scelte di principio. Tende, quindi, ad emergere una “quasi unanimità”.
Il ragionamento muta quando si considerano, invece, le decisioni correnti – post-costituzionali – in particolare sul bilancio annuale. In tal caso, poiché è importante prendere decisioni tempestive, si ipotizza una curva del costo delle decisioni ripida e si può preferire una maggioranza minore.
Regole costituzionali sull’equilibrio di bilancio
Il disavanzo di bilancio nell’anno t, Dt, è così esprimibile:
Dt = Gt + iBt–1 – Tt
La relazione tra debito pubblico e disavanzo nell’anno t può essere allora espressa nel modo seguente:
Bt = Bt–1 + Dt = (1 + i)*Bt–1 + Gt – Tt
Dividendo primo e secondo membro della precedente espressione per il PIL dell’anno t, Yt, e indicando con ‘dt’ e ‘bt’ il rapporto tra disavanzo e PIL e tra debito pubblico e PIL nell’anno t, otteniamo:
bt
(1 + i)*Bt–
1 + Gt – Tt
Bt
Yt
=≡ =Yt
(1 + n)
(1 + i)
(Gt – Tt)bt–
1
+Yt
bt
Bt–
1 + Dt
Bt
Yt
=≡ =Yt
(1 + n)
Dt bt–
1
+Yt
Bt–1
Yt–1
+ = dt
Yt–1
Yt
Regole costituzionali sull’equilibrio di bilancio
In condizioni di stato stazionario, cioè con rapporto debito pubblico/PIL e rapporto disavanzo/PIL costanti nel tempo, otteniamo, sostituendo nella prima delle due ultime equazioni a bt e bt–1 il valore costante b: b
(1 + n)
b+= d
b(1 +
n)n *= d
b(1 +
n)b += d(1 + n)
Ponendo b = 0,6 otteniamo la seguente relazione tra valori di d e di n (n = d/(0,6 – d)) (in percentuale tutt’e due):
d n d n
0 0 2 3,45
1 1,69 3 5,26
La pressione tributaria e la curva di Laffer
L’assieme dei tributi che gravano su un soggetto i, rapportati al reddito di i determinano la “pressione tributaria” individuale, Ti/Ri. Analogamente, per l’economia nel complesso T/R indica la pressione tributaria complessiva, ovvero il rapporto fra tributi e reddito nazionale lordo ufficiale o prodotto interno lordo (PIL).
Questa nozione, apparentemente semplice, si complica non appena pensiamo a Ti/Ri come al prodotto dell’assieme delle aliquote richieste a i per i suoi imponibili ex ante rapportato al suo reddito quale modificato dal tributo; oppure vediamo Ti direttamente come gettito che i versa per effetto di tali aliquote ed imponibili – vuoi direttamente come contribuente nominalmente chiamato a pagare, vuoi tramite un sostituto di imposta, vuoi in conseguenza della traslazione dell’imposta gravante su altro contribuente di diritto.
La pressione tributaria e la curva di Laffer
La pressione fiscale individuale ex ante è perciò diversa da quella ex post, dopo che il tributo ha modificato le scelte del contribuente; ciò è reso evidente graficamente nella cosiddetta “curva di Laffer”.
Sulle ascisse si pone la pressione tributaria ex ante, misurata come rapporto fra prelievo e reddito ex ante, rapportando il prodotto di ciascun imponibile ex ante e della rispettiva aliquota media al reddito ex ante del contribuente; sulle ordinate si pone l’introito.
Il gettito complessivo cresce, via via che cresce la pressione tributaria ex ante, ma non indefinitamente. Alla pressione tributaria ex ante TL/R corrisponde il gettito massimo L, dopo di che l’aumento dell’aliquota, causando la contrazione del reddito ex post del contribuente, determina un gettito via via minore.
La pressione tributaria e la curva di Laffer
0
T
T/R
Nel grafico e nel relativo testo indichiamo in grassetto le grandezze – imponibile, gettito, reddito, pressione tributaria – ex ante, in corsivo le stesse grandezze ex post.
TM/R
M
TL/R
L
TN/R
N
La pressione tributaria e la curva di Laffer
Così in N abbiamo TN/R > TL/R, ma il gettito è minore che in L ed eguale a quello dato dall’aliquota TM/R in M. Ma poiché il reddito nazionale che si ha con l’aliquota TN/R, RN, è minore di quello che si ha con l’aliquota TM/R, RM, noi avremo ex post il fatto paradossale che – a parità di gettito – TM/RM < TN/RN, ossia anche che una aliquota minore può dare un gettito più elevato con minore pressione fiscale.
Questo è particolarmente vero se non si considera il gettito di un solo anno, ma quello di un più ampio periodo, perché i contribuenti troppo tassati accrescono la programmazione fiscale per pagare meno, evadono anche di più e accumulano e intraprendono meno e lavorano meno, mentre si riduce l'afflusso di investimenti dall’estero. Il processo – che richiede, naturalmente, un certo tempo per esplicarsi – è anche simmetrico.
L’evasione fiscale
Dal punto di vista economico, possiamo dire che vi è un costo tecnico costante dell’evasione (linea Cte in figura), che è più o meno grande, a seconda dei mezzi tecnici e delle attività personali poste in essere per evadere.
• Ad esempio, l’evasione mediante l’omissione di scritture contabili e fatture per fini fiscali comporta una doppia contabilità e il rischio che qualche cliente non paghi e qualche fornitore dia merce o servizi non idonei o fuori termini, senza che si possa protestare adeguatamente.
• Il contrabbando può richiedere di assoldare apposito personale o di truccare veicoli, depositi, contatori o di lavorare di nascosto o di notte, con paghe maggiorate al personale così impiegato.
L’evasione fiscale
L’evasione può essere scoperta.Ciò dipende da diversi fattori: oltre ai costi sopportati dal contribuente, alla sua abilità e alla natura delle tecniche impiegate, la possibilità di scoprire l’evasione dipende i) sia dai mezzi che il fisco impiega per la verifica degli imponibili e per la riscossione dei tributi (e, dunque, dai costi che esso sopporta), ii) sia da un fattore casuale di rischio.
Un’evasione scoperta, a sua volta, dà al contribuente un costo, che consiste nelle penalità che gli vengono inflitte, generalmente commisurate all’entità dell’imposta evasa, ma anche alla “pericolosità” delle tecniche impiegate per evadere e ai precedenti del contribuente in materia specifica di evasioni e con riguardo ad altri reati. Vi possono essere anche conseguenze “morali” o professionali di vario genere.
L’evasione fiscale
Le pene non sono mai proporzionali all’ammontare evaso, perché quelle pecuniarie non possono salire oltre un certo limite, per insolvibilità degli evasori, mentre le pene detentive, pur graduate per la gravità dell’evasione, sono contenute fra un minimo e un massimo. Così la curva dei costi penali dell'evasione è concava.
Quanto al ricavo dell’evasione, esso consiste nel tributo risparmiato; dipende, quindi, da due variabili, ossia la misura dell’aliquota e l’ammontare dell’imponibile.
Dato un certo costo per il fisco, la linea del costo dell’evasione, costituita dalle sanzioni moltiplicate per la probabilità di essere scoperti è rappresentata dalla curva Cpen.
• Per semplicità si trascura il fatto che l’avversione al rischio è decrescente al crescere del reddito.
L’evasione fiscale
Ad essa si può aggiungere la linea del costo morale e professionale dell'evasione, che sarà diversa da contribuente a contribuente e che, per la media, possiamo identificare in un valore costante sino a un certo punto, e decrescente oltre una certa aliquota, anche perché la norma etica di pagare le imposte, quando esse risultano assai elevate, si affievolisce.
Si arriva, così, alla curva Ce del costo globale dell'evasione.
• L’aliquota t dà luogo a un gettito teorico di imposta G che eguaglia, in N, il costo dell’evasione per il contribuente.
Dall’aliquota t in poi, data la curva del ricavo, risulta la convenienza ad evadere, che si accresce via via con l'aumentare dell'aliquota. Se tutti i soggetti evadessero, il gettito perso dal fisco con l’aliquota t' sarebbe pari a GG', in corrispondenza del punto M'. L’aumento da t a t' dell'imposta darebbe zero.
L’evasione fiscale
0
€
Aliquota
Cte
Cp
en
CeM
C'e
R
NG
t
M'
G'
t'
L’evasione fiscale
Il fisco, però, accrescendo il costo di amministrazione del tributo, può portare il costo totale per il contribuente, supponiamo, a C'e, così da ottenere, con aliquota t', il gettito 0G', in corrispondenza del punto M'. Il costo dell'evasione ora, per il contribuente, è M che supera la somma 0G' che egli deve al fisco.
Si deve comunque osservare che il fisco, accrescendo il costo di amministrazione del tributo, da parte sua, non riesce a incamerare tutto l’aumento di gettito da 0G a 0G': esso avrà un gettito addizionale dato da GG' diminuito dei suoi maggiori costi.
Chiaramente, per il fisco, non è più conveniente accrescere la lotta all’evasione quando si arrivi a una situazione in cui il costo marginale della lotta contro l’evasione eguaglia il ricavo marginale di tale lotta.
Effetti allocativi ed effetti di reddito dei tributi. Esempio
0
B
A
Per separare i due effetti di variazione del potere di acquisto e allocativo (o di formulazione) consideriamo la retta di bilancio r'' che passando per T sulla linea di bilancio r restituisce ad i il tributo pagato su A e, dunque, gli dà lo stesso potere di acquisto.Essa comporta, inoltre, lo stesso saggio di scambio fra A e B che la r'. Pertanto, conserva solo l'effetto allocativo, ovvero di formulazione, del provvedimento (tributario) in esame, mentre ne compensa pienamente quello di reddito, inteso come potere d’acquisto.
rr'
II''
I'
EE'
r''
T
E''