45
PROFILO 1. LA GRAMMATICA 1.1 DEFINIZIONE E DESTINATARI 2.FONOLOGIA 2.1 ACCENTO 2.2 ORTOGRAFIA 2.3 MAIUSCOLE 2.4 DEL RADDOPPIARE LE CONSONANTI 2.5 DITTONGO MOBILE 2.6 TRONCAMENTI E ACCRESCITIVI 2.7 APOSTROFO 2.8 DIVIDERE LE PAROLE IN FIN DI RIGA 3.MORFOLOGIA 3.1 NOME 3.1.1 NUMERO 3.1.2 GENERE 3.2 ARTICOLI 3.3 AGGETTIVI 3.4.1 COMPARATIVI 3.4.2 SUPERLATIVI 3.4 PRONOMI 3.5 PREPOSIZIONI 3.6 AVVERBI 3.7 CONGIUNZIONI 3.8 VERBO 3.8.1 PERSONA, NUMERO E TEMPO 3.9 RADICALE E DESINENZA 1

LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

PROFILO

1. LA GRAMMATICA

1.1 DEFINIZIONE E DESTINATARI

2. FONOLOGIA

2.1 ACCENTO

2.2 ORTOGRAFIA

2.3 MAIUSCOLE

2.4 DEL RADDOPPIARE LE CONSONANTI

2.5 DITTONGO MOBILE

2.6 TRONCAMENTI E ACCRESCITIVI

2.7 APOSTROFO

2.8 DIVIDERE LE PAROLE IN FIN DI RIGA

3. MORFOLOGIA

3.1 NOME

3.1.1 NUMERO

3.1.2 GENERE

3.2 ARTICOLI

3.3 AGGETTIVI

3.4.1 COMPARATIVI

3.4.2 SUPERLATIVI

3.4 PRONOMI

3.5 PREPOSIZIONI

3.6 AVVERBI

3.7 CONGIUNZIONI

3.8 VERBO

3.8.1 PERSONA, NUMERO E TEMPO

3.9 RADICALE E DESINENZA

3.10 VERBI AUSILIARI

3.11 VERBI IRREGOLARI

3.12 PASSATO CONTEMPORANEO

3.13 GERUNDIO

1

Page 2: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

4. SINTASSI

4.1 PROPOSIZIONI

4.2 SOGGETTO

4.3 INTERPUNZIONE

4.4 ATTIBUTO

4.5 VERBI OGGETTIVI - VERBI SOGGETTIVI

4.6 MODI ASSOLUTI

4.7 MODO CONGIUNTIVI

4.8 MODO INDEFINITO

LA GRAMMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

2

Page 3: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

CAPITOLO 1

LA GRAMMATICA

La grammatica, è un insieme di regole che permettono di scrivere e

parlare in maniera soddisfacente e competente.

Secondo l’autore, non basta il voler fare: bisogna l’arte, cioè il saper

fare, così per scrivere come per il saper parlare, o per la musica, per ogni

cosa.

D’altronde l’arte non si ottiene senza studio.

Inizialmente i bambini sentono le voci altrui e poco alla volta,

provando e riprovando, la gola, le labbra, la lingua, si abituano a proferir le

parole sentite, cominciando da mamma, papà, pappa, eccetera; le quali oltre

ad essere le cose più facili sono le cose che vedi più spesso, che intendi

meglio, che desideri di più.

<< Attraverso l’esercizio la lingua diventa più spedita, l’intelletto

conosce tante cose, e riesce a nominarle, distinguerle, confrontarle >>.

Secondo Poggi, aiutati dall’esempio, cognizione e dall’esercizio, le facoltà si

allargano; acquisendo di giorno in giorno maggiore abilità. << Quindi per

poter parlare bene bisogna prima ragionare bene, attraverso la mente >>.

Complessivamente, per imparare un’arte secondo l’autore ci vuole

l’esempio, le cognizioni, le regole e l’esercizio.

E in sostanza, l’esempio “non è altro che il vedere e sentire quel che

gli altri fanno”. ( pag. 7 )

La cognizione, “il conoscere ciò che dobbiamo fare”. ( pag. 7 )

Le regole, “il sapere cosa dobbiamo fare”. ( pag. 7 )

L’esercizio, “il provarle a fare”. ( pag. 8 )

Con queste qualità e con il passare del tempo, acquisiremo, l’abilità,

ovvero “la capacità di fare”. ( pag. 8 )

3

Page 4: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

Sottolineando che senza le regole non saremo sicuri se vada bene o

male il nostro dir a quel modo, non riusciremmo ad intendere il perché.

Dunque Poggi sostiene che per andar sicuri e risparmiar tempo,

conviene saper << la Grammatica; ovvero tutto l’insieme delle regole che

rendono sicuri di parlare e scrivere correttamente >>.

CAPITOLO 2

FONOLOGIA.

2.1 Accento.

Per l’ autore il segno dell’accento finale viene posto:

1. “In tutte le parole tronche che terminano in vocale”.

2. “Nei monosillabi che terminano in dittongo, eccetto qua e qui”.

3. “Nella terza persona singolare indicativo dei verbi composti da fare e

stare”.

4. A distinguere è verbo da e congiunzione

dà verbo da preposizione

dì nome di preposizione

là avverbio la articolo

li avverbio lì articolo

né congiunzione ne pronome

sé pronome se congiunzione

si avverbio si pronome

sù avverbio su preposizione

5. L’autore mostra, che il segno dell’accento su la terzultima sillaba su le

parole sdrucciole in modo tale d’attribuire un significato diverso alla

stessa parola.

4

Page 5: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

Per esempio:

àncora nome ancora avverbio

bàcino verbo bacino nome

càpitano verbo capitano nome

dèstino verbo destino nome

pànico aggettivo panico nome.

“Se l’accento va sull’ultima vocale come in stracciò, quella parola si

chiama tronca;

Se invece cade sulla penultima sillaba come in Carlino, la parola si

chiama piana;

Se l’accento cade sull’antipenultima, come abito, rapido, fabbrica,

ecc, la parola si chiama sdrucciola; Ed infine se cade nella quartultima,

come regolino, obblighino, ecc, la parola si chiama bisdrucciola.” ( pag. 10 )

2.2 Ortografia.

L’autore nota che, l’ortografia sta per saper scrivere; e tutto questo

comprende: la capacità di rappresentare le parole con le necessarie lettere, il

fornire al bisogno l’apostrofo o l’accento, la capacità di divedere

convenientemente le sillabe, e la maestria di utilizzare una giusta punteggiatura

per poter dettare i tempi in maniera idonea. ( pag. 172 )

2.3 Maiuscole.

L’autore sottolinea che le parole che iniziano in maiuscolo sono:

1. Ogni parola che inizia un periodo;2. Ogni nome proprio o cognome;3. Ogni nome comune quando è in figura di nome proprio, o in posizione di

soggetto;4. Ogni aggettivo di persona quando è posto come nome proprio;5. La prima parola di un detto o sentenza altrui che riportiamo;

5

Page 6: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

6. La prima parola d’ogni verso in poesia. ( pag. 172 – 173 )

2.4 Del raddoppiare le consonanti.

<< Entrano spesso a comporre parole nuove certe preposizioni, alcune delle quali sono dette “separabili” perché potrebbero stare anche da sé, altre sono “inseparabili”, ovvero si trovano in composizione, ma non mai da sole, perché in tal caso non avrebbero senso o l’avrebbero diverso >>.

Questo sono: dis, co, sub, ob, ri, re.Le preposizioni separabili a, da, contra, sopra, fra, entrano in composizione,

raddoppiando la consonante successiva, qualunque essa sia.

Per esempio:

a e correre formano accorrere

Da poco dappoco

Contra segno contrassegno

Sopra tutto soprattutto

Fra tempo frattempo

Inoltre la proposizione tra raddoppia la t in trattenere e trattenimento.

Riguardo alle inseparabili ricordiamo che con ed in diventano co e i innanzi ad

l,m,r, e le raddoppiano: Collaudare, commiserazione, correggere, illuminato,

irrompere, ec.

Ancora la preposizione inseparabile ra vuole sempre il raddoppiamento

della consonante che la segue: Raccogliere, rapporto, rassegnato.

Portano raddoppiamento anche i verbi è, fa, sta, fu, dà, e tutte le parole sillabe

con l’accento sull’ultima. Per esempio: Fammi, dalle, dimmi, evvi, perciocche,

ec.

2.5 Dittongo mobile.

Vi sono parole dove è presente il dittongo uo: per esempio: muovere. E qui

l’ autore indica che non c’è niente di particolare, ma se partisse l’accento,

6

Page 7: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

sparisce il dittongo, perdendo l’u. Per esempio: muòvo, muòvi, moviàmo, muòve,

ecc.

Anche il dittongo ie per lo più è soggetto a questa regola. Infatti si utilizza, per

esempio: sièdo, sièdi, siède, piède, mièle, quiète, ecc.

2.6 Troncamenti e accrescitivi.

Per dolcezza e speditezza di pronuncia a volte si tronca nella fine di una

parola una vocale o tutta una sillaba. Per esempio: amor, star, fuggian, diè, gran

(per grande), bè (per belli), ec.

“E’ importante che non tronchiamo mai una vocale che cade in un punto o

in una virgola, o altro segno di punteggiatura”.

2.7 Apostrofo.

Oltre a quello che sappiamo sull’apostrofo, l’autore sottolinea che è importante

sapere che:

1. La preposizione da non si apostrofa mai, solo nel caso in cui e seguita da

un’altra a: per esempio: da affittare, non d’affittare.

2. Come non si può troncare, cosi né apostrofare una parola davanti a qualche

segno di punteggiatura.

3. Non si apostrofano e ne si troncano, parole che terminano in dittongo, né

accentate sull’ultima, né monosillabe, eccetto lo, di.

4. Si troncano, ma non si possono apostrofare gl’indefiniti dei verbi, amor,

finir, dover, ec.;

5. Si apostrofano gli imperativi và, fa, stà, dà, di.

2.8 Dividere le parole in fin di riga.

L’autore afferma che quando alla fine della riga e la parola non c’entra

intera; per rispettare l’ortografia non dobbiamo rompere la sillaba, e non

dimenticare di mettere il segno -. ( pag.177)

7

Page 8: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

Le regole da seguire sono:

1. Le vocali possono separarsi purchè non facciano dittongo: Tra-endo, ma-

estro, Lu-igi, e non giu-oco, bu-ono, pi-anta.

2. La consonante sola fra due vocali fa sillaba con la vocale seguente: Ma-

te-ria, pa-ro-la.

3. Le doppie consonanti devono separarsi: Bat-tere, strap-pare.

4. Due consonati diverse vanno una con la vocale che la precede e l’altra

con quella che la segue: An-tonio, par-tire, in-terno.

5. Le parole composte, la cui prima parte sia un avverbio o una

preposizione, separabile o no, sarà bene dividerle secondo la loro

composizione: Mal-contento, in-esatto, tras-curare.

6. Non possiamo lasciare in fin di riga l’apostrofo, ma portiamo quella

lettera o sillaba alla riga seguente: An-ch’io, quan-d’era.

CAPITOLO 3

MORFOLOGIA

Ulisse Poggi sostiene che da sempre si sono svolti e si svolgo studi

sopra la definizione di parola, sancendo diversi valori semantici sopra questo

termine; E crede che si dovrebbe definire parola, tutto ciò che si trova tra due

spazi bianchi, oppure che la parola è quell’insieme di sillabe che unendole si

ottiene un significato dato arbitrariamente in tempi molto remoti (eccetto i

neologismi).

Curiosamente l’autore tratta, nel capitolo della morfologia, aspetti che

oggi giorno sono ricordati come aspetti della sintassi.

8

Page 9: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

3.1 Nome.

Con sicurezza l’autore mostra che tra le varie parole vi è la categoria

dei nomi, che appunto hanno il privilegio di attribuire il significato a qualche

cosa.

<< Quindi le parole che significano qualche cosa si chiamano nomi

>>. Dunque Daniele è un nome, muro è un nome, monte lo è anche.

3.1.1 Numero.

Quando il nome significa solo una cosa il nome si dice singolare, di

conseguenza se vuol dire più cose il nome sarà plurale.

3.1.2 Genere.

L’autore inoltre evidenzia che, zio, monte, cavallo, sono nomi

maschili, mentre zia, donna, casa, sono classificati come nomi femminili.

Riepilogando: la differenza tra singolare e plurale si chiama differenza

di numero, quella dal maschile al femminile è invece differenza di genere.

3.2 Articoli.

Quasi sempre all’interno di una proposizione vi è la presenza di alcune

parole, chiamate articoli. ( pag. 28 )

Queste parole hanno una molteplice funzione all’interno del discorso;

Infatti, permettono di riconoscere a priori se il nome è maschile o femminile,

singolare o plurale.

Hanno, inoltre, anche la virtù d’attribuire un significato differente al

sostantivo.

Ovvero, servono a conferire un’identità al sostantivo, diversa da quella

comune; “L’articolo serve dunque a determinare, cioè a mettere in certi

confini il significato generale”. ( pag. 30 )

9

Page 10: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

Le parole come: il, lo, questo, cotesto, quello, servono a determinare e

si chiamano articoli determinativi; le parole uno, qualche, qualunque,

alcuno ed altre simili servono a non determinare e si chiamano articoli

indeterminativi. Entrambi rispondono alla domanda quale? o quali? cosi

dicendo anche quanto? o quanti? saranno articoli, quest’ultimi vengono

ricordati come articoli quantitativi.

Poggi sottolinea che anche stesso, medesimo, tale, altro, primo,

secondo , ec., sono articoli.

3.3 Aggettivi.

Se dunque vi sono parole che servono a significare le cose, bisognerà

che ve ne siano altre per significare la qualità.

<< Le parole che significano le qualità delle cose si chiamano

aggettivi o aggiuntivi, cioè parole che si aggiungono ai nomi >>.

Cosi lungo, corto, bello, brutto, veloce, duro, morbido, leggero, sono

aggettivi, e sono qualità che possono, secondo i casi, adattarsi a qualunque

nome. ( pag. 45 )

Poiché l’aggettivo è una parola che si aggiunge al nome per segnalare

una sua qualità, l’autore ci mette allerta, perché se il nome è maschile,

l’aggettivo deve essere maschile e viceversa nel caso che la qualità è riferita

ad un nome femminile; e se il nome è singolare, tal sarà anche per

l’aggettivo; e cosi al contrario.

3.3.1 Comparativi.

I comparativi, sono quelle parole che permettono di paragonare due o

più qualità; ( pag. 49 )

Quindi avviene una comparazione sottoposta agli aggettivi; es.

Daniele è tanto spavaldo quanto insicuro.

10

Page 11: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

L’autore note che spesso siamo dinanzi a parole come tanto, quanto,

che non si differenziano molto da termini come, cosi….come,

quanto….altrettanto, e tutti questi sono alcuni esempi dei cosiddetti

“comparativi d’eguaglianza”. ( pag. 49 )

Poggi indica anche i “comparativi di differenza”, dove una qualità è

giudicata minore o maggiore rispetto a l’altra; es. Ormai Saro è più

orgoglioso che pauroso.

3.3.2 Superlativi.

“Per significare una qualità in grado altissimo (o bassissimo, secondo i

casi), si fa che l’aggettivo diventi superlativo; e ciò avviene mutando la sua

desinenza in –issimo”. ( pag. 51 )

Cosi bravissimo vale molto più che bravo, bianchissimo molto più che

bianco, e via dicendo.

Ma questa regola non vale per tutti i superlativi, infatti in alcuni si

aggiunge –errimo, come integerrimo, acerrimo, celeberrimo, ec.

Altri invece possono fare a meno delle desinenze, cosi ugualmente si

può usare ottimo per buonissimo, pessimo per cattivissimo, massimo per

grandissimo.

3.4 Pronomi.

I pronomi sono “paroline” che sostituiscono il nome in un discorso o

in una proposizione. Parole come io, tu, noi, voi, tenendo luogo del nome,

sono appunto alcuni esempi di pronomi, e poiché rappresentano persone

sono detti pronomi personali. “ La persona che parla è detta in grammatica

persona prima; quella a cui si parla, persona seconda”. Non di meno si

chiamano pronomi di persona terza qualunque pronome che rappresenti ciò

di cui si parla; egli, ella, colui, colei, esso, essa, questi , ecc, sono tutti

pronomi di terza persona.

11

Page 12: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

Vi sono pronomi che mutano forma, non solo dal singolare al plurale e

dal maschile al femminile, ma anche secondo come si trovano posti nel

discorso. Per esempio: tu sei contendo di me, io sono pazzo di te, potremmo

usare: te sei contendo di io, me sono pazzo di tu? Gli ultimi due esempi non

sono classificabili come frasi corrette perché l’uso dei pronomi non avviene

in maniera appropriata.

3.5 Preposizioni.

Noi andremo a Catania.

L’autore illustra che tra il verbo “andremo”, che di sua natura è

soggettivo, e il nome “ Catania” , c’è una parola, “a”: se la togliessimo, ci

fa notare Poggi, che non c’è più relazione sia tra l’idea di “andare” e quella

di “Catania”.

“Questa non è dunque una relazione diretta, come tra un verbo e il suo

oggetto: in tal caso non ci occorrerebbe questo intramezzo; Ma si è di fronte

ad una relazione indiretta, infatti l’azione di andare è tutta in noi, e non si

esercita sopra Catania, che non è altro un oggetto indiretto”.

Per non sbagliare si deve tenere ben chiaro in mente, che quando vi è

la presenza di un oggetto indiretto, dipende sempre da una di queste parole:

di, a, da, in, per, con, senza, su, tra, per, verso, sotto, circa, presso, ed altre

simili, tutte questi parole sono classificate come preposizioni, che “ci

permettono di mostrare la relazione tra le parole o per meglio tra le idee”.

3.6 Avverbi.

Come sappiamo la maggior parte dei verbi, significa, oltre alla

esistenza, anche un’azione, o condizione, o qualità del soggetto.

Ma del termine conviene a volte dire anche il quando, il come, il

quanto, il dove; o confermarla, o negarla, o metterla in dubbio; conviene

insomma, modificare il significato del verbo.

12

Page 13: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

Queste parole che posseggono questa caratteristica sono dette

comunemente avverbi.

Per capirci meglio:

Avverbi

-Noi torniamo (quando?) “adesso”

-Ci riposiamo (dove?) “ qui”

-Abbiam goduto (quanto?) “molto”

-Siamo andati (come?) “piano”

Le parole si giudicano come gli uomini, ovvero dalle azioni e non dall’aspetto.

L’aggettivo e l’articolo s’accordano con il nome; l’avverbio invece modifica il

verbo o l’aggettivo, ed è invariabile.

Potremmo dire che gli avverbi potrebbero essere definiti anche aggettivi degli

aggettivi, visto che compiono, modificano, affermano o negano il significato

dell’aggettivo verbale e non.

Può essere che un avverbio può modificare un altro:

es. Tu stai poco bene.

Abbiamo tra l’altro:

Avverbi di tempo: oggi,ora, presto, mai, sempre, prima, dopo, subito, ec.

>> di modo: bene, male, volentieri, dolcemente, certamente, cosi, come, ec.

>> di qualità: molto, poco, punto, affatto, più, meno, circa, ec.

>> di luogo: qui, là, dentro, fuori, lontano, vicino, ec.

>> di confermazione: certo, appunto, si, ec.

>> di negazione: non, no.

>> di incertezza: forse, probabilmente ec.

Abbiamo anche avverbi che sono posti in maniera comparativa; Quindi se

troviamo meglio, peggio, e tutte quelle forme comparative che si possono

aggiungere a certi avverbi come le parole: altrettanto, come, quanto, più, meno,

ec. (avverbi comparativi), che sono anch’essi, come notiamo, avverbi.

13

Page 14: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

Ci sono anche gli avverbi superlativi, come prestissimo, benissimo,

ottimamente, malissimo, pessimamente, moltissimo, ec. Ed alcuni diminutivi e

accrescitivi, come maluccio, benone, prestino, pochetto.

Inoltre non tutti gli avverbi sono composti da una sola parola.

Per es, a poco a poco, alla lunga, in breve, per tempo, alla peggio, di subito, a

piede, a posta, a caso, d’allora in poi, da qui innanzi, ec, si chiama avverbi

composti o locuzioni avverbiali; alcune delle quali si possono scrivere pure

tutto in un unico pezzo, come apposta, abbastanza, ec.

3.7 Congiunzioni.

Talvolta quando sentiamo un bimbo manifestare i propri pensieri, ci accorgiamo

che le varie proposizioni, vengono espulse a singhiozzi, l’una non collegata

all’altra, questo perché il bimbo non è ancora in grado di far uso delle

congiunzioni, che non sono indispensabili a manifestare i nostri pensieri, ma

utilissime, a collegare le diverse proposizioni. Tali sappiamo che sono e, però,

che, dunque, perché, pertanto, anche, poiché, giacchè, ecc.

La più utilizzata congiunzione è la parola e, pronunciata in maniera stretta e

scritta senza accento per differenziarla da è verbo; la quale diventa ed per

dolcezza di suono quando è seguita da una vocale. Vediamo per esempio:

Impegnati a studiare, ed ella ti promuoverà.

Lasciati andare, ed egli ti accetterà.

Capita che la congiunzione non collega due proposizioni compiute ma due o più

nomi o pronomi, due o più verbi, o aggettivi, od avverbi: ad ogni modo, sempre

collega i pensieri.

Alcune congiunzioni collegano e insieme oppongono l’uno all’altro pensiero: per

es.: Un gatto è un gatto, ma non è sempre fedele. Altre congiunzioni non sono da

meno, benché, qualunque, ancorchè, eppure, nonostante, ec. Talune collegano

indicando scelta, come o, ovvero, ossia, oppure; per es.: Dolcezza mia, o ti amo

o t’ammazzo. Altre congiunzioni ci servono per indicare desideri, dubbi,

14

Page 15: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

condizioni, come se, purchè; per es.: Va piano se vuoi arrivare sano.

Ancora .altre per le negazioni, come né, neppure, nemmeno, ec. Altre

spiegazioni, come cioè; altre prova o dimostrazione, come infatti; altre

conclusione, come dunque; altre un intento, come affinché.

In definitiva dobbiamo tener bene in mente che le congiunzioni sono tutte quelle

parole, semplici o composte, che legano assieme i pensieri parlanti.

Abbiamo detto semplici o composte; ed è vero e facile notare che molte sono un

insieme di più parole: perché, benché, pertanto, poiché, nemmeno, infatti, ec.

3.8 Verbo.

Tra i principi fondamentali della grammatica, non possiamo non avere ben

chiaro in mente cosa sono i verbi.

Il verbo cos’è? Quando e perché viene utilizzato?

Il verbo è la parola per eccellenza. La sua esistenza semplice o

modificata, indica l’affermazione del pensiero ed unisce il soggetto

all’attributo.

Nel verbo conviene sempre considerare la persona, il numero, il

tempo, il modo e la coniugazione. Le persone del verbo sono tre, prima,

seconda e terza.

Con esso rappresentiamo un termine importantissimo, che senza di

esso il discorso non avrebbe conclusione, perché non si capirebbe il pensiero

di chi parla.

Riepilogando tutte quelle parole, senza le quali non si può dire il

nostro pensiero, perché appunto significano essere, o avere, o fare qualche

cosa, si chiamano verbi.

Quindi riposa, andare, dormire, nuotare, avere, tenere sono verbi.

3.8.1 Persona, tempo e numero.

15

Page 16: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

Com’è noto, essere è un verbo, e il suo tempo è infinito, ma dobbiamo

saper coniugarlo in base alla persona e al numero e appunto al tempo, in

riferimento al sintagma dove è collocato.

Infatti se odiamo dire essere contento e\o io essere contento, sarebbe un

parlare in certo, un modo indefinito. Scriveremo piuttosto io sono contento, e se

mi riferisse a te, direi tu sei contento, e ancora ad un terzo, direi egli è contento.

E cosi, di noi tre insieme direi, noi siamo contenti.

Notiamo che quella parola essere ha mutato forma secondo il pronome

personale, con cui si accompagnava. E cosi funziona per tutti i verbi: tutti

mutano forma secondo che si vuol parlare della prima, della seconda o della

terza persona.

Inoltre dobbiamo tenere sempre ben chiaro che mutando il numero, cioè

dal singolare al plurale, il verbo deve essere modificato.

SINGOLARE

Persona 1* io sono contento

2* tu sei contento

3* egli è contento

PLURALE

Persona 1* noi siamo contenti

2* voi siete contenti

3* eglino sono contenti

Invece di dire io sono contento, potremmo dire io ho contentezza.

Useremmo il verbo avere a discapito del verbo essere.

SINGOLARE

16

Page 17: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

Persona 1* io ho contentezza

2* tu hai contentezza

3* egli ha contentezza

PLURALE

Persona 1* noi abbiamo contentezza

2* voi avete contentezza

3* eglino hanno contentezza

Sottolineiamo il fatto che ho, ha, hai, hanno, si scrivono coll’h, ma

l’aggiunta di questa consonante non muta il suono, serve solo a distinguere per

iscritto queste voci da o, ai, a, anno, che sono parole di un’altra categoria.

Le forme di tempo presente dei verbi essere e avere sono quelle che abbiamo

steso qui sopra. Vediamo ora quelle del passato.

SINGOLARE

Persona 1* io fui contento

2* tu fosti contento

3* egli fu contento

PLURALE

Persona 1* noi fummo contenti

2* voi foste contenti

3* eglino furono contenti

Adesso con il verbo avere.

SINGOLARE

Persona 1* io ebbi contentezza

17

Page 18: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

2* tu avesti contentezza

3* egli ebbe contentezza

PLURALE

Persona 1* noi avemmo contentezza

2* voi aveste contentezza

3* eglino ebbero contentezza

Ora vediamo le forme del verbo al futuro:

SINGOLARE

Persona 1* io sarò contento

2* tu sarai contento

3* egli sarà contento

PLURALE

Persona 1* noi saremo contenti

2* voi sarete contenti

3* eglino saranno contenti

Con il verbo avere:

SINGOLARE

Persona 1* io avrò contentezza

2* tu avrai contentezza

3* egli avrà contentezza

PLURALE

Persona 1* noi avremo contentezza

18

Page 19: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

2* voi avrete contentezza

3* eglino avranno contentezza

3.9 Radicale e desinenza.

Osserviamo che il nome che si dà per metafora, come per esempio è

respir di respiro, è la parte del verbo che porge il succo, il significato sostanziale

a tutte le forme del verbo, inoltre aggiungiamo che respir rimane invariato ed è

denominato radicale.

3.10 Verbi irregolari.

Notiamo inoltre che vi sono i verbi regolari, dove il radicale è fisso e

indispensabile, e i verbi irregolari, come il tempo essere e avere, dove in base il

tempo non solo pigliano diversa desinenza, ma spesso mutano anche il radicale.

3.11 Verbi ausiliari.

Inoltre osserviamo che senza il verbo avere o essere possiamo coniugare il

verbo al passato remoto, come per esempio io sono stato, dove il verbo essere

come ben si nota è irregolare e soprattutto è ricordato come un ausiliare (perché

aiutano), mentre l’altra parola non muta secondo la persona, ma secondo il

genere e il numero.

3.12 Passato contemporaneo.

Ci capita di comporre proposizioni dove si esprime un pensiero su una

cosa che ora è passata, ma che era presente insieme con un’altra, che è passata

anch’essa, questo è il passato contemporaneo; i tifosi incitavano i giocatori a

fare gol, tu stavi bene quando eri con lei, tu eri raffreddato quando eri al mare,

questi sono alcuni esempi del su citato passato contemporaneo.

19

Page 20: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

Quindi questo tempo non è di modo assoluto, ma di modo relativo, cioè significa

che l’azione o il modo di essere si riferisce ad un altro. In questo modo

appartengono anche il trapassato, il passato perfetto, e il futuro perfetto.

TRAPASSATO

singolare

io ero stato

tu eri stato

egli era stato

plurale

noi eravamo stati

voi eravate stati

eglino erano stati

Si dice trapassato perché si usa quando parliamo di una cosa già finita nello

stesso tempo che ne accade un’altra. Per esempio: Io ero stanco quando Manuele

era venuto, quando andammo in Sicilia tu avevi compiuto i diciotto anni.

PASSATO PERFETTO

singolare

io fui stato

tu fosti stato

egli fu stato

plurale

noi fummo stati

voi foste stati

eglino furono stati

20

Page 21: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

Questo tempo si dice passato perfetto, perché si adopera quando si parla di una

cosa finita, prima che un’altra incomincia. Per esempio: Com’ebbi udito,

abbagliare, balzai alla finestra, ma il cane, poiché ebbe riconosciuto il capoccia,

si tacque e cominciò a fargli festa.

FUTURO PERFETTO

singolare

io sarò stato

tu sarai stato

egli sarà stato

plurale

noi saremo stati

voi sarete stati

eglino saranno stati

Si chiama futuro perfetto perché si parla di una cosa che sarà già fatta e finita in

un tempo che ora è futuro. Per esempio: Prima di venire a dormi il buon giorno,

avrai adorato il Signore, allorché saremo stati in Germania, sia tua cura munirti

delle cartine topografiche.

Cosi abbiamo elencato i diversi tipi di modo relativo.

3.13 Il gerundio.

Tra le varie forme che un verbo può assumere, non possiamo dimenticarci del

gerundio; che è la forma del verbo la quale finisce in ando per la prima

coniugazione, in endo per le altre.

presente

essendo respirando avendo credendo

temendo sentendo

21

Page 22: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

passato

essendo stato avendo avuto

Analizziamo alcuni esempi:

Studiando, ti procurerai vera nobiltà.

Studiando, io fo il mio dovere e il mio bene.

Studiando, molti divennero eccellenti.

Se leviamo da ciascuna proposizione i verbi di Modo indipendenti, come ti

procurerai, fo, divennero, ec.,il senso non regge. Dunque il gerundio, a buon

conto, è un Modo dipendente.

Inoltre notiamo che noi abbiamo sempre detto dormendo o avendo dormito,

incondizionatamente dalla persona e dal tempo e numero del verbo da cui il

gerundio dipendeva. Dunque il gerundio è un modo dipendente invariabile.

CAPITOLO 4

LA SINTASSI

Dobbiamo sapere che il giusto e chiaro ordine che diamo alle parole

presenti in una proposizione e chiamata sintassi o costruzione.

Parlare senza sintassi non è parlare, poiché non manifestiamo il nostro reale

pensiero. Quando componiamo una sintassi esatta, abbiamo posto le parole

secondo l’ordine degli elementi della proposizione.

Nella grammatica italiana la sintassi standard è formata ( in ordine ) dal soggetto,

verbo, oggetto; con sigla S.V.O.

Capita di usare una sintassi libera e spontanea, con risultati non sempre esaustivi;

e per tanto possiamo incombere in tre tipi di errori:

22

Page 23: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

OSCURITà: Quando il discorso è difficile da capire; per es.: Da Giuseppe il

cameriere trafugato invece un fiasco trova un suo paniere in ogni lato ricercato

l’Emma.

AMBIGUITA’: Si ha quando otteniamo diversi valori semantici; per es.: Ha

trovato per la via Lorenzino senza scarpe ne giubbone uno straccione. Qui ci

chiediamo se è Lorenzo che trova l’altro, o al contrario? e quale dei due era

senza scarpe e giubbone?

STENTO: L’abbiamo quando la sintassi pur essendo ben chiara, manca di

naturalezza; per es.: Da una birba una sassata andando a spasso Emilio ebbe,

qui il discorso sembra tirato con le tenaglie.

4.1 Proposizione

Ogni pensiero manifestato con parole si chiama proposizione.

Il verbo dunque è la parola chiave che sostiene la proposizione: se

pensassimo a quanti verbi ci siano in un discorso, noteremmo che le

proposizioni hanno la stessa frequenza del verbo, quindi non vi esiste una

proposizione senza verbo.

Chi parla, prima a pensato a qualche cosa: è manifesta dunque il suo

pensiero in parole, e in questo determinato caso utilizza almeno due termini:

una per dire la cosa di cui pensa ( e questo è il nome); l’altra per dire quel

che se ne pensa ( e questo è il verbo).

Quel nome, o altro che sia, che nella proposizione sta a rappresentare

la cosa a cui si pensa, si chiama appunto il soggetto della proposizione.

4.2 Soggetto

Ogni pensiero che avviene nella nostra testa che poi manifestiamo

parlando, ha un nome principale che si chiama il soggetto. I pronomi io, tu,

egli, ella, rappresentano la persona o la cosa che appunto viene chiamata

soggetto. Fuori dal soggetto, si adopera me, te, lui, lei, loro.

23

Page 24: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

4.3 Interpunzione

Entrando nello specifico, diamo un’occhiata a ciò che sono i segni

d’interpunzione.

Sono certo che quando ci troviamo a cospetto di una virgola (,)

facciamo una piccola pausa; una maggiore se ci fossimo trovati il punto e

virgola (;) e ancor più lunga con i due punti (:) e una fermata addirittura,

quando giungiamo al punto fermo (.)

Cosi sappiamo quel che valga il punto d’interrogazione (?) e quello

d’esclamazione (!) e i puntini di sospensione (…)

E se vediamo una parola con quella specie di virgolina alta, siamo

davanti all’apostrofo, e notiamo che da quella parola è stata levata l’ultima

vocale.

Quando parliamo di punteggiatura, comprendiamo:

La virgola; che si pone:

1. Tra l’una e l’altra proposizione di un medesimo membro del

periodo.

2. Tra l’uno e l’altro elemento simile nelle proposizioni composte

3. Prima e dopo del vocativo

4. Prima e dopo un inciso.

Punto e virgola; La usiamo per distinguere i membri di un periodo.

Due punti: Vengono posti quando ciò che segue sia una dichiarazione o

comparazione del precedente pensiero.

Punto fermo. Serve per porre fine ad un periodo o sentimento compiuto.

Punto interrogativo? Si mette alla fine di una domanda.

Punto esclamativo! Si pone in fine delle proposizione di meraviglia, sorpresa,

dolore, timore o altro.

Puntini… Significano interruzione o sospensione del discorso.

24

Page 25: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

Parentesi ( ) Si usano per comprendere in sé gl’incisi, soprattutto quando sono

lunghi.

Virgolette >> Contrassegnano ciò che è stato preso da un altro autore, o che va

distinto dalla rimanente scrittura.

4.4 Attributo.

Il verbo semplice “essere” è il fondamento d’ogni discorso: ma non avviene

quasi mai che noi ci contentiamo di affermare che un soggetto è, o non è, senza

dire altro: quasi sempre diciamo anche come egli è. Per es. Daniele è stupido,

Simona è fedele, ec. La qualità, il modo d’essere, che nel nostro pensiero si

attribuisce al soggetto, si chiama l’attributo.

4.5 “Verbi oggettivi” – “Verbi soggettivi”.

Se parliamo di Catania e non altro, scaturisce che abbiamo in mente la città,

e niente di più. Se aggiungessimo “è”, manifestiamo che abbiamo l’idea del

suo essere, e niente più. Per far intendere ciò che pensiamo riguardo al

soggetto ( Catania ), ovvero il modo d’essere, che qualità le attribuiamo,

bisogna che noi mettiamo l’attributo.

Cosi nella proposizione saranno tre le parti, come nel pensiero dentro

di noi erano tre l’idee: soggetto, verbo semplice e attributo; chiamati termini

della proposizione.

Tutti i verbi fuori di “essere” hanno l’attributo in sé. Per rendere

meglio l’idea notiamo che frasi come: Daniele balla, papà dorme, il Catania

vince, sono tutti esempi che comprendono il soggetto accompagnato dal

verbo attributivo.

25

Page 26: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

Dunque un soggetto e un verbo attributivo bastano per formulare una

proposizione di senso compiuto. D’altronde però non bastano a significare il

pensiero intero. Se dicessimo, Daniele è andato in palestra, Mario raccoglie

le fave, capiremo benissimo il pensiero, perché abbiamo nominato l’oggetto

su cui và a cadere l’azione, come palestra e fave.

Quei verbi che bastano al soggetto si chiamano soggettivi; mentre

oggettivi quelli che hanno bisogno di un oggetto, su cui si eserciti l’azione.

In definitiva nelle proposizioni sostenute da un verbo attributivo,

troviamo un soggetto e il verbo soggettivo; oppure soggetto e verbo

oggettivo o oggetto.

4.6 Modi assoluti.

Abbiamo visto che i principali tempi del verbo sono tre: presente, passato

e futuro.

Ma entrando nel particolare dobbiamo sapere che il passato può essere più o

meno lontano; quindi il verbo prenderà diversa mutazione, in base al tempo che è

trascorso dell’azione; quindi sottolineiamo il fatto che potremmo avere il passato

remoto, come nel caso ieri andai (cioè lontano), e il passato prossimo, nel

ipotesi che tutto ciò è avvenuto da poco tempo, come sono andato.

Dobbiamo sapere che queste proposizioni s’intendono senza bisogno

d’aggiunger altro; infatti sono classificati indipendenti, perché il verbo si trova in

modo che assolutamente si regge da solo.

Ma se usassimo un comando nella proposizione: Daniele prendi la macchina,

abbiamo composto una frase che si regge da sé; usando il verbo in modo

assoluto.

Dobbiamo dire che i modi assoluti del verbo sono due: uno si chiama indicativo,

perché indica e dimostra il nostro pensiero, e l’altro è il modo assoluto, detto

imperativo, perché si usa per comandare.

26

Page 27: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

4.7 Modi congiuntivi: soggiuntivo, condizionale, ottativo.

Finito di analizzare le congiunzioni più comuni, possiamo andare avanti e

soffermarci ai modi che le congiunzioni posso assumere. Nel periodo:

Proprio non so darmi pace che l’uomo non sia fornito d’ale! Oh quanto sarei

lieto se fossi un uccellino! abbiamo tre forme del verbo essere: sia, sarei, fossi.

L’uomo non sia fornito d’ale. Qui la proposizione da sé non reggerebbe, mentre

va connessa all’altra, non so darmi pace. Le due proposizioni vengono connesse

tramite la congiunzione che.

Mentre, Sarei lieto se fossi un uccelli, qui le proposizioni se reggono a vicenda,

mediante la congiunzione se.

Nessuna delle tre forme sia, sarei, fossi, sostiene la proposizione quando non sia

congiunta ad un’altra forma.

Ecco che ci troviamo di fronte al modo congiuntivo, che si divide in tre:

Soggiuntivo (sia), perché la preposizione fatta con questo vuole soggiungersi,

cioè mettersi dopo un’altra.

Condizionale (sarei), perché la proposizione fatta con esso ammette una

condizione: Sarei contento, a patto, che io fossi un uccellino.

Ottativo (fossi), perché la proposizione fatta con questo esprime un desiderio.

SOGGIUNTIVO

presente

singolare

io sia

tu sia o sii

egli sia

plurale

noi siamo

voi siete

27

Page 28: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

eglino siano o sieno

passato

singolare

io sia stato

tu sia o sii stato

egli sia stato

plurale

noi siamo stati

voi siate stati

eglino siamo o sieno stati.

CONDIZIONALE

presente

singolare

io sarei

tu saresti

egli sarebbe

plurale

noi saremmo

voi sareste

eglino sarebbero

passato

singolare

io sarei stato

tu saresti stato

egli sarebbe stato

plurale

28

Page 29: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

noi saremmo stati

voi sareste stati

eglino sarebbero stati

OTTATIVO

presente

singolare

io fossi

tu fossi

egli fosse

plurale

noi fossimo

voi foste

eglino fossero

passato

singolare

io fossi stato

tu fossi stato

egli fosse stato

plurale

noi fossimo stati

voi foste stati

eglino fossero stati

Per riconoscere alla prima se una forma di verbo spetta ai modi congiuntivi,

dobbiamo provare se vi sta innanzi la congiunzione che, e sarà soggiuntivo;

mettendo dopo la congiunzione se, ci troveremo davanti al condizionale; per

l’ottativo, il se, a differenza del condizionale, lo poniamo prima.

29

Page 30: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

4.8 Modo indefinito.

Noi tutti sappiamo che vi è una forma che termina in are, ere o ire; questa forma

è ricordata con il nome di Modo indefinito.

Questa è ricordata come il nome del verbo stesso, perché da sola non può

sostenere una proposizione, anzi prende una posizione di soggetto, attributo,

oggetto o complemento; insomma è in condizione di nome.

Rendiamo meglio l’idea con un esempio:

Temere non è provvedere (temere = soggetto.; provvedere = attributo)

Chi pratica lo zoppo impara a zoppicare (zoppicare = oggetto diretto del verbo)

Inoltre la forma indefinita può sostituirsi anch’essa al dipendente variabile; per

es.: Errando s’impara vale quanto coll’errare o nell’errare s’impara.

Questa forma non avrebbe neanche variazioni secondo i tempi. Pure, se stiamo

parlando di un’azione passata, e in questo caso ricorriamo ai verbi ausiliari, con

la loro forma indefinita e con l’aggettivo verbale che termina in ato, uto, o ito.

Come in: essere stato, aver avuto, aver respirato.

Invece quando utilizziamo il futuro indefinito, usiamo l’ausiliare essere, come

essere per essere, essere per avere, essere per respirare,ec.

Presente.

Essere Avere

Respirare Temere Credere Sentire

Passato

Essere stato Avere avuto

Aver respirato Aver temuto Aver creduto Aver sentito

Futuro

30

Page 31: LA GRAMATICA RAGIONATA DELLA LINGUA ITALIANA

Essere per essere

Essere per essere

Esser per respirare Esser per temere

Esser per credere Esser per sentire

31