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E così La Gru Partigiana spicca il volo, librandosi in cielo, libera, senza padroni né censori. Parole, pensieri, idee, sentimenti. esperienze… è tutto racchiuso in questo battito d’ali, è tutto aperto e disponibile alla cittadinanza, come la corolla di un fiore appena sbocciato che scruta il cielo. Se osservate bene, la nuova creatura annuncia l’arrivo della primavera, una nuova stagione dinamica, intrisa di energia, impegno civile ed entusiasmo, al servizio della comunità grugliaschese, per custodire la storia della guerra di Liberazione dal nazifascismo e lottare per l’attuazione della Costituzione della Repubblica, nata dalla Resistenza. Noi della Sezione ANPI “68 Martiri” speriamo che queste ali, antiche di 66 primavere, possano portare gli ideali della Resistenza e la profonda passione per l’Antifascismo nelle scuole, tra gli studenti, nelle associazioni, nelle parrocchie e nei circoli, per coinvolgere tanti giovani nelle attività dell’ANPI e garantire il rinnovamento nella continuità. Se oggi state sorvolando queste pagine, ponete attenzione e osservate il paesaggio: state percorrendo sentieri Partigiani, fatti di memoria e cittadinanza, dove germina una flora ribelle in costante movimento, la cui unica guida sul proprio cammino è la Costituzione. Dunque, abbiatene cura, leggetela e diffondetela, perché i sentieri giusti vanno percorsi insieme: zaino in spalla, foulard al collo, dischiudete le vostre ali e prendete la rincorsa… Buon viaggio con La Gru Partigiana! Ora e sempre Resistenza! Sommario a pagina 2 Anno 1 Periodico della Sez. A.N.P.I. Grugliasco “68 Martiri” n° 1, marzo 2011

La Gru Partigiana n°1, marzo 2011

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Periodico della Sezione ANPI "68 Martiri" Grugliasco

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Page 1: La Gru Partigiana n°1, marzo 2011

E così La Gru Partigiana spicca il volo, librandosi in cielo, libera, senza padroni né censori. Parole, pensieri, idee, sentimenti. esperienze… è tutto racchiuso in questo battito d’ali, è tutto aperto e disponibile alla cittadinanza, come la corolla di un fiore appena sbocciato che scruta il cielo. Se osservate bene, la nuova creatura annuncia l’arrivo della primavera, una nuova stagione dinamica, intrisa di energia, impegno civile ed entusiasmo, al servizio della comunità grugliaschese, per custodire la storia della guerra di Liberazione dal nazifascismo e lottare per l’attuazione della Costituzione della Repubblica, nata dalla Resistenza. Noi della Sezione ANPI “68 Martiri” speriamo che queste ali, antiche di 66 primavere, possano portare gli ideali della Resistenza e la profonda passione per l’Antifascismo nelle scuole, tra gli studenti, nelle associazioni, nelle parrocchie e nei circoli, per coinvolgere tanti giovani nelle attività dell’ANPI e garantire il rinnovamento nella continuità. Se oggi state sorvolando queste pagine, ponete attenzione e osservate il paesaggio: state percorrendo sentieri Partigiani, fatti di memoria e cittadinanza, dove germina una flora ribelle in costante movimento, la cui unica guida sul proprio cammino è la Costituzione . Dunque, abbiatene cura, leggetela e diffondetela, perché i sentieri giusti vanno percorsi insieme: zaino in spalla, foulard al collo, dischiudete le vostre ali e prendete la rincorsa… Buon viaggio con La Gru Partigiana ! Ora e sempre Resistenza! Sommario a pagina 2 �

Anno 1 Periodico della Sez. A.N.P.I. Grugliasco “68 Martiri” n° 1, marzo 2011

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SSOOMMMMAARRIIOO

33 –– CCaarrii CCoommppaaggnnii,, CCaarree CCoommppaaggnnee ddii AAnnttoonniioo FFaallbboo

MMMMMMMMEEEEEEEEMMMMMMMMOOOOOOOORRRRRRRRIIIIIIIIAAAAAAAA 44 –– SSeennttiieerrii ddii mmeemmoorriiaa ee cciittttaaddiinnaannzzaa ddii FFuullvviioo

66 –– 6688 mmaarrttiirrii:: GGiinnoo MMaannssaannii 88 –– CCii hhaannnnoo llaasscciiaattii uunn rroomm ee uunn ssiinnttii ccoommbbaatttteennttii aannttiinnaazziissttii ddii DDiijjaannaa PPaavvlloovviicc 99 –– LLaa mmeemmoorriiaa rreennddee lliibbeerrii ddii SSiillvviioo ee AAlleessssiiaa 1100 –– TTrreennoo ddeellllaa mmeemmoorriiaa vvuuooll ddiirree rriissccoopprriirree ll’’AAnnttiiffaasscciissmmoo ddii FFaabbrriizziioo

NNNNNNNNOOOOOOOOTTTTTTTTIIIIIIIIZZZZZZZZIIIIIIIIEEEEEEEE DDDDDDDDAAAAAAAALLLLLLLLLLLLLLLL’’’’’’’’ AAAAAAAA........NNNNNNNN........PPPPPPPP........IIIIIIII........ 1111 –– PPeerr uunnaa ““NNuuoovvaa ssttaaggiioonnee”” ddeellll’’AA..NN..PP..II ddii FFuullvviioo 1122 –– CCoonnggrreessssii AA..NN..PP..II.. ddii FFuullvviioo

IIIIIIIINNNNNNNNIIIIIIIIZZZZZZZZIIIIIIIIAAAAAAAATTTTTTTTIIIIIIIIVVVVVVVVEEEEEEEE 1144 –– 77 mmaarrzzoo:: DDoonnnnee ;; 1122 mmaarrzzoo:: CCoossttiittuuzziioonnee 1155 –– PPrreessiiddiioo AAnnttiiffaasscciissttaa

CCCCCCCCUUUUUUUULLLLLLLLTTTTTTTTUUUUUUUURRRRRRRRAAAAAAAA 1166 –– LLii cchhiiaammaarroonnoo...... bbrriiggaannttii!! ddii TTaanniiaa ee GGlloorriiaa

1188 –– LLiibbrrii ddii GGaabbrriieellee 1199 –– FFiisscchhiiaa iill vveennttoo LLLLLLLLaaaaaaaa RRRRRRRReeeeeeeeddddddddaaaaaaaazzzzzzzziiiiiiiioooooooonnnnnnnneeeeeeee

ddaa ssiinniissttrraa::

AAlleessssiiaa TTeeooffiilloo

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SSiillvviioo VVaauuddaaggnnoottttoo

FFaabbrriizziioo GGrraannddiinneettttii

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CARI COMPAGNI, CARE COMPAGNE

Vi scrivo in questo primo numero del giornalino della Sezione A.N.P.I. “68 Martiri” di Grugliasco, ricordandovi come anche nella nostra cittadina ci siano state le stragi nazifasciste dove morirono i nostri sessantotto ragazzi di Collegno e Grugliasco, di come siano stati barbaramente trucidati dei nazisti in ritirata nella notte del 29 e 30 Aprile 1945. Ancora oggi è vivo il loro ricordo, soprattutto nella mia mente. Non potrò mai dimenticare come quei giovani erano miei amici, e averli persi per mano nazista mi porta ancora oggi una ferita immensa, pur sapendo come il loro sacrificio sia stato importante per avere un’Italia libera: non

li dimenticherò mai. Troviamo in più posti della città vie con nomi dei partigiani. Mi torna subito in mente l’amico Don Caustico, un sacerdote che fu molto attivo nella Resistenza e che venne anch’egli trucidato dalla colonna nazista in ritirata, così come l’amico Tiziano Lanza e il più giovane Agostino D’Amico di soli quattordici anni. Nella città di Grugliasco sono ancora oggi presenti le lapidi che ricordano l’eccidio e i giovani caduti. Oggi, a quasi sessantasei anni dalla fine della gue rra, viviamo un periodo buio per la nostra Repubblica . Trovo del fascismo strisciante, paura verso il diverso, che posso identificare anche in uno straniero: questo mi desta preoccupazione per le generazioni future, sperando che riescano a tenere vivo il ricordo della Resistenza, non solo in senso formale perché resistere vuol dire andare avanti ogni giorno, nelle difficoltà contro i soprusi e ribellarsi semplicemente dicendo ciò che si pensa. Oggi la nostra democrazia sta vivendo una propria fase difficile, molti dei nostri rappresentanti sembra si siano dimenticati il significato della Lotta di Liberazione. Senza attaccare nessuno devo riconoscere, mio malgrado, il degrado morale che si presenta nel nostro Paese: lo vediamo con la compravendita dei deputati, che mi viene da definirlo come un “mercato delle vacche”. Dopo questo commento, forse un po’ duro, non posso che chiedervi di aderire all’ANPI : c’è davvero bisogno del contributo di tutti per tenere vivo il ricordo, per non perdere ciò che è stata la Resistenza. Faccio un appello ai giovani, vedendo come un gruppo di ragazzi abbia portato una nuova linfa vitale alla nostra associazione: chiedo a tutti i giovani, che si riconoscono nei valori della Democrazia e della Resistenza, di venire a partecipare alle nostre iniziative. Spero di incontrarvi presto. Per ultimo vorrei ricordare come anche le donne con la loro mobilitazione nella manifestazione “Se non ora, quando?” stiano dando un contributo fondamentale alla “nuova Resistenza”. Colgo l’occasione per mandare a tutte le donne gli auguri per un 8 marzo sereno. Vi mando i miei più sentiti e sinceri saluti.

Antonio Falbo Presidente ANPI Grugliasco

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Sentieri di Memoria e cittadinanza Report del ciclo di incontri su deportazione e campi di concentramento

In occasione del 27 Gennaio, Giornata della Memoria disciplinata dalla Legge 211 del 2000, l’ANPI di Grugliasco ha organizzato 4 incontri aperti a tutta la cittadinanza il cui filo conduttore erano la memoria, la deportazione e la Resistenza al nazifascismo. Hanno partecipato, in totale, circa 130 persone e ci hanno onorato della presenza alcuni giovani provenienti da altre Sezioni ANPI, come Nichelino e Leinì, e persone come Fulvio Gambotto, Direttore dell’Ecomuseo del Colle del Lys. Prossimamente cureremo di portare questi importanti documenti storici nelle scuole del territorio e nel futuro prevediamo di replicare e migliorare ulteriormente l’iniziativa.

Il primo incontro (Martedì 11 Gennaio 2011) era dedicato alla testimonianza diretta di Alessandro Roncaglio, deportato a Mauthausen nel 1945 all’età di 17 anni, che circa 50 anni fa ha donato la statua di Sant’Antonio da Padova alla chiesa di Borgata Lesna. La statua è presente ancora oggi sulla facciata principale della chiesa. L’incontro si è svolto nella Borgata, in quanto l’obiettivo era informare la popolazione di questa curiosità locale. Erano presenti oltre 40 cittadini, tra cui il Presidente del Comitato Medaglia d’Argento Giuseppe Rizzo, alcuni esponenti dell’Associazione Lesna 2000 e i consiglieri comunali residenti in Borgata, Antonio Gravina e Giuseppe Di Silvestro. Alessandro Roncaglio ha raccontato la sua esperienza, molto toccante, soprattutto per via di suo papà prigioniero con lui a Mauthausen e ucciso nelle camere a gas del lager nazista. Alessandro ha portato alcune copie del suo libro, 106 giorni a Mauthausen, e ci ha invitato tutti nel suo centro studi a Torino per proseguire le discussioni sull’attualità: presto ci organizzeremo per andare a trovarlo!

Il secondo incontro (Lunedì 17 Gennaio 2011) era dedicato all’esperienza degli oltre 650.000 IMI – Internati Militari Italiani catturati dopo l’8 Settembre 1943 dai nazisti e deportati nei lager in Germania, che rifiutarono di aderire alla Repubblica Sociale Italiana scegliendo consapevolmente di restare prigionieri. Abbiamo proiettato il video dell’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza “600.00 NO”. L’incontro ha visto la partecipazione di Domenico Marangoni, cittadino grugliaschese che ha ricostruito la storia dello zio, Gino

Marangoni, un IMI scomparso a Buchenwald a cui recentemente l’amministrazione ha dedicato un giardino in zona Fabbrichetta. Da sottolineare come gli IMI si rifiutassero di aderire alla RSI con la motivazione della fedeltà alla Patria, al Re, con il rifiuto di proseguire la guerra di Mussolini e Hitler.

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Il terzo incontro (Lunedì 24 Gennaio 2011) era dedicato alla memoria rimossa dei crimini di guerra italiani, rimasti totalmente impuniti, commessi in Africa e Jugoslavia negli anni ’30 e ’40. Abbiamo proiettato il video “Fascist Legacy” ovvero “L’eredità fascista”, della BBC, nel quale è documentata la bonifica etnica attuata dai fascisti italiani prima e durante la Seconda >Guerra Mondiale verso le razze ritenute inferiori. In Libia ed Etiopia, con deportazioni di massa e campi di concentramento e anche con l’uso di armi proibite dalla Convenzione di Ginevra quali gas iprite, circa 500.000 morti. In Jugoslavia, oltre 350.000 morti civili massacrati durante la guerra antipartigiana, con l’utilizzo della deportazione di massa della popolazione jugoslava in campi di concentramento dove le persone morivano di fame, malattie e maltrattamenti. È stato molto interessante osservare come di questi eventi quasi non resti traccia nei manuali di storia degli studenti e ancora meno nella memoria collettiva nazionale: forse è per questo che prosegue il mito degli italiani brava gente, perché non conosciamo la storia.

Il quarto incontro (Lunedì 31 Gennaio 2011) era dedicato all’approfondimento dei campi di concentramento italiani, in particolare per ricordare la complessità delle vicende relative al confine orientale: vent’anni di italianizzazione forzata e persecuzione delle minoranze slave, razzismo di Stato volto a estirpare le radici slave delle zone di confine, oltre 200 campi di concentramento dislocati in Italia e Jugoslavia, circa 150.000 slavi deportati, oltre 105.000 profughi slavi in vent’anni, oltre 350.000 morti causati dall’invasione militare

del 1941 e l’appoggio militare, politico ed economico dato da Mussolini agli ustascia croati di Ante Pavelic, responsabili del massacro di oltre 700.000 persone nei campi di sterminio in Croazia tra il 1941 e il 1945, il più famoso Jasenovac.

Bibliografia sintetica degli incontri

106 giorni: un ragazzo di 17 anni deportato a Mauth ausen , A. Roncaglio, Centro Culturale Deportazione e Resistenza

Gli Internati Militari Italiani. Diari e lettere da i lager nazisti 1943-1945 , M. Avagliano, M. Palmieri, Einaudi

Fascist Legacy, video sui crimini fascisti della BBC

Gonars Memorial , video sul campo di concentramento fascista di Gonars della Kappa Vu

Revisionismo storico e terre di confine, atti del c orso di aggiornamento CESP 13-14 Marzo 2006, Kappa VU, 2007

I Campi del Duce. L’internamento civile nell’Italia fascista , C. S. Capogreco, Gli Struzzi, 2004

Il campo di sterminio fascista: l'isola di Rab , F. Potocnik, ANPI Provinciale Torino, 1979

Un campo di concentramento fascista. Gonars 1942-19 43, A. Kersevan, Kappa Vu, 2010

Fascismo Foibe Esodo , ANED, atti del convegno del 23 Settembre 2004

Operazione Foibe tra storia e mito , C. Cernigoi, Kappa Vu, 2005

Foibe e deportazioni per ristabilire la verità stor ica , ANPI Regionale Friuli Venezia Giulia

La storia negata , A. Del Boca, Neri Pozza Editore, 2010

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68 Martiri: Gino Mansani

Premetto che questa mia relazione vuole essere un resoconto obiettivo e fedele del tragico episodio avvenuto fra il 29 e il 30 aprile 1945 alla “Casa del Popolo” di Grugliasco. Ritengo in tutta coscienza per il ricordo vivo, profondamente impresso nella mente, nel cuore e nella carne, di quella notte di terrore, di poter assolvere a questo compito. Ed è mio desiderio siano portate a conoscenza della cittadinanza le sofferenze subite dai miei compagni prima del sacrificio supremo. La sera del 29 aprile, dopo aver partecipato alle manifestazioni di giubilo per l’avvenuta liberazione di Grugliasco, mi trovavo assieme ai compagni Volontari della Libertà: Tiziano Lanza, Pasquale De Santis e Giovanni Facchin alla Casa del Popolo per il servizio di organizzazione e di vigilanza delle staffette dislocate ai vari posti di blocco. Verso le ore 22 si presentava il sacerdote Don Mario Caustico, Cappellano della 46° Divisione Garibaldi, che aveva potuto precedere, seppure di poco, la colonna motorizzata tedesca avanzante su Grugliasco. Il sacerdote inviato dal Comando dell’Aeronautica d’Italia quale parlamentare incontro alla colonna, era stato trattenuto come ostaggio ed era riuscito non so con quale stratagemma ad eludere la vigilanza. Avvertiva quindi noi dello stato d’animo della soldataglia che si portava sul paese, della loro rabbia a stento contenuta, della sete di vendetta che li animava e della possibilità dell’esplodere di tali sentimenti sulla popolazione. Era quindi necessario abbandonare l’edificio, non dare esca alle belve naziste e così dopo breve discussione veniva deciso.

Eravamo ormai presso la porta, quando i primi mezzi entravano nella piazza. Non potevamo più uscire, non rimaneva che sprangare la porta e far credere che l’edificio fosse disabitato. E così venne fatto. Le luci venivano spente e ci raccogliemmo in silenzio al buio. Il trascorrere delle ore sembrava darci ragione: eravamo riusciti nell’inganno? Verso l’una le nostre illusioni dovevano cadere, il vociare dei tedeschi avvinazzati si approssimava e i primi colpi non tardavano ad abbattersi sulla porta: da

parte nostra silenzio, con la testa appoggiata sul tavolo fingevamo di dormire. La porta cadeva ed i tedeschi diffidenti si presentarono con le armi puntate alla luce di lampade tascabili. Scattarono gli interruttori della luce elettrica ed il loro furore esplose in tutta la sua violenza; il calcio dei mitra e dei moschetti si abbatteva come gragnola sulle nostre teste. Qualcuno rimaneva a terra privo di sensi, qualche altro aveva il volto bagnato di sangue. Ma la loro ferocia non era ancora soddisfatta. Dovevano escogitare qualche cosa di più raffinato, di più divertente. E prendevano il giovane De Santis: con la testa gli facevano infrangere i vetri dei quadri appesi ai muri fino a farlo svenire; ci ponevano in fila col dorso come si usa nel gioco della “cavallina” e anziché scavalcarci, piombavano sul collo con tutto il peso del corpo sino a farci scricchiolare le ossa. Dal piano terreno, a più riprese, ci facevano correre su per la scaletta che portava al piano superiore e a una svolta facevano cadere all’improvviso il calcio del fucile sulla testa. E fra un giuoco e l’altro, ceffoni che ci facevano barcollare, calci al basso ventre da farci contorcere dal dolore, tirate d’orecchie fino a farle sanguinare, e tutto fra un vociare assordante e sghignazzante di scherno. Ogni tanto qualcuno di noi si accasciava privo di sensi e quando si riprendeva, le percosse e le sevizie lo abbattevano di nuovo. Un episodio soprattutto voglio ancora ricordare, che a mio avviso pone in vivida luce la nobile figura di Don Caustico quale sacerdote e quale combattente. Scovata una bandiera rossa i tedeschi la lanciavano con scherno e disprezzo sul volto del sacerdote e questi, con aria di sfida, la raccoglieva e se la poneva su una spalla. Il gesto rendeva furibonde quelle belve che più volte lo colpivano a ceffoni e pugni sino a farlo barcollare e fargli cadere la bandiera, ma

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ogni volta che il vessillo cadeva, egli impassibile lo raccoglieva e se lo rimetteva sulla spalla. Certamente quella bandiera in quel momento, rappresentava per l’eroico Cappellano, un simbolo, era il vessillo dei suoi garibaldini, di quei ragazzi che vedeva soffrire e che sapeva votati alla morte. Verso le ore 4,30 venimmo portati fuori sulla piazza ove ci attendevano legati, con le braccia alzate, numerosi compagni di sventura e con loro restammo fino alle ore 7,30. Il supplizio di quelle ore, con i polsi legati, doloranti, stretti nelle corde e nelle cinghie, le braccia sopra la testa che più non si reggevano, con i pantaloni sbottonati e cadenti e le percosse che continuavano, sono cose che non si possono dimenticare. Mentre eravamo allineati sulla piazza, Tiziano Lanza veniva prelevato e portato per il paese perché rivelasse i nascondigli dei partigiani. Ritornava in condizioni pietose, affranto, sfigurato: non essendo riusciti nel loro intento i tedeschi avevano di nuovo infierito su di lui. Sempre sulla piazza ci portavano dinanzi il Segretario Comunale Francesco Vaglienti perché procedesse al nostro riconoscimento. Alla sua dichiarazione di non conoscere nessuno, veniva allontanato con dispetto e ciò doveva poi costargli la vita. Alle 7,30 tutti venimmo portati e stipati nella saletta a piano terreno della Casa del Popolo. Don Caustico che conosceva la lingua tedesca aveva capito come ormai fossimo condannati a morte. Io, lo stesso Don Caustico e qualche altro intanto, ci eravamo slegati e pensavamo di sopraffare le sentinelle alla porta e tentare una fuga disperata. Ma in una delle loro continue ispezioni i tedeschi se ne accorsero e non sto più a dire le violenze che dovemmo di nuovo subire. Alle 10.30 venimmo divisi in tre gruppi, quello ove mi trovavo veniva avviato verso la località San Giacomo. Appena giunti nei pressi di un campo di segala sentivo bestemmiare degli ordini in tedesco, vedevo Don Caustico alzare un braccio nel gesto della benedizione e nello stesso tempo si abbatteva su di lui una prima scarica. Sentivo ancora il crepitare dei mitra e dei moschetti e mi buttavo a terra – ero ferito non gravemente – non mi rimaneva che fare il morto. Dopo una pausa, il susseguirsi dei colpi di grazia. E giungeva a mia volta. Udivo distintamente caricare l’arma, una detonazione lacerante, un urto sotto la spalla e la bocca si riempiva di un liquido caldo, salato: sangue. Qualche altro colpo vicino a me, poi silenzio. Alzavo la testa, nessuno. Mi mettevo seduto e mi slegavo; vicino a me era Tiziano Lanza, ancora vivo, tentavo di sollevarlo ma mi imponeva di lasciarlo e di salvarmi. Strisciando carponi passavo vicino a ogni compagno e ne slegavo qualcuno che spariva tra la segala. Giungevo anche a Don Caustico, vivo ma agonizzante, con uno squarcio spaventoso alla gola. Aveva ancora la forza di dirmi: “Salvati, per me è finita, va e Dio sia con te”. Continuavo a strisciare fra la segala dirigendomi verso le case vicine. Nei pressi di una casetta scorgevo seminascosta una coraggiosa ragazza, Orsolina Foriero; con dei segni riuscivo a farmi notare, la vedevo scavalcare un muretto e dalla casa attigua farmi segno di attraversare la strada con prudenza perché all’estremità vi erano delle sentinelle. Strisciando carponi, ormai esausto, venivo raccolto sulla porta dalla ragazza e dalla sig.ra Manferdini Maria. Al oro coraggio devo la mia vita. Esse mi fecero le prime medicazioni e solo più tardi alcuni compagni coraggiosi mi caricavano su un autocarro e mi portavano all’Ospedale di Rivoli da dove ne uscivo dopo due mesi. La fortuna ha voluto che io sia sopravvissuto all’immane tragedia, ha voluto conservarmi alla mia donna e alla mia bambina ma 66 compagni sono caduti, numerose mamme e spose piangono ancora. Grugliasco ha dato un contributo di sangue generoso alla lotta per la libertà: le sia data alfine la giusta ricompensa.

In ogni numero de “La Gru Partigiana ” verrà riportata una testimonianza diretta dei fatti legali alla strage dei 68 Martiri, tratta dalla pubblicazione curata dal Comitato Unitario del 1975.

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Ci hanno lasciato un sinti e un rom combattenti ant inazisti Due figure leggendarie della comunità

In questi ultimi giorni sono morti Mirko Levak, rom kalderash di Marghera, l’ultimo rom sopravvissuto ad Auschwitz, e Amilcare Debar, detto “Taro”, sinto piemontese, staffetta e partigiano combattente (col nome di “Corsaro”) nella 48° Brigata Garibaldi “Dante Di Nanni”, comandata da Napoleone Colajanni, “Barbato”. è stato ferito nella battaglia delle Langhe. Nel dopoguerra è stato rappresentante del suo popolo alle Nazioni Unite a Ginevra; ha ricevuto il diploma di Partigiano combattente dalle

mani del Presidente Sandro Pertini. Queste due figure fanno parte della storia dimenticata di rom e sinti nel nostro Paese. Mirko Levak testimonia lo sterminio programmato dai nazisti per il popolo

zigano sulla stessa base dello sterminio degli ebrei: il genocidio etnico, sterminare una razza impura. Due parole, l’Olocausto per gli ebrei, il Porrajmos per i rom e i sinti, indicano lo stesso destino ma non hanno lo stesso riconoscimento e lo stesso significato nella coscienza collettiva. Il popolo rom e sinto ha subito nei secoli discriminazioni e persecuzioni come è accaduto agli ebrei e insieme hanno condiviso lo stesso destino nelle camere a gas e nei forni crematori di Auschwitz. Ma ancora oggi mentre la parola “Olocausto” esprime la colpa collettiva nei confronti di tutto il popolo ebreo, “Porrajmos”

è una parola sconosciuta ai più, esattamente come lo è lo sterminio razziale degli “zingari”. Amilcare Debar, come il rom istriano Giuseppe Levakovic, che combattè nella “Osoppo”, Rubino Bonora, Partigiano della Divisione “Nannetti” in Friuli, Walter Catter, fucilato a Vicenza l’11 Novembre 1944, suo cugino ventenne Giuseppe Catter, fucilato dai brigatisti neri nell’Imperiese, testimonia la partecipazione di rom e sinti italiani alla guerra di liberazione dai nazifascisti. Il silenzio che circonda queste storie, anche nelle ricorrenze ufficiali come la Giornata della Memoria e il 25 Aprile, non solo segna il destino di marginalità che viene assegnato al popolo rom, ma indirettamente contribuisce alla sua emarginazione sociale, alla costante discriminazione nei suoi confronti e al ruolo di capro espiatorio per chi fa la propria fortuna elettorale sulla caccia allo zingaro. Per queste ragioni, se la memoria della nostra storia ci aiuta a essere orgogliosi della nostra identità troppo spesso negata, vogliamo che questa memoria sia occasione e motivo per restituirci la dignità che ancora oggi ci viene negata nel Paese dove sono vissuti e morti uomini come Mirko e Amilcare.

Questo articolo ci è stato gentilmente concesso da “Patria Indipendente ”, periodico della Resistenza e degli ex-combattenti, rivista nazionale dell’A.N.P.I. E’ il giornale di tutti gli Antifascisti, che, come te, onorano la Resistenza, sostengono la Repubblica, praticano la Costituzione. Vi troverai approfondimenti storici e sull’attualità sociale e politica. Merita il tuo sostegno! Per abbonarsi a “Patria Indipendente ”: Annuo : 25 € Sostenitore : da 45 € Arretrati : 5 € a copia Versamento sul c/c 609008, intestato a “Patria Indipendente”.

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LA MEMORIA RENDE LIBERI La nostra esperienza sul Treno della Memoria

“Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”. Così parlava Piero Calamandrei, padre costituente, durante il discorso che tenne il 26 gennaio 1955 per gli studenti milanesi. In queste poche righe sono riassunte le motivazioni che hanno portato cinque di noi – Gloria Fabbri, Fulvio Grandinetti, Silvio Vaudagnotto, Gabriele Pace e Alessia Teofilo – a scegliere di partecipare (i primi tre in qualità di educatori) al “Treno della memoria”, iniziativa organizzata dall'associazione Terra del Fuoco che, ogni anno, da a molti giovani l'opportunità di visitare i campi di sterminio nazisti di Auschwitz e Auschwitz 2-Birkenau. Il nostro percorso insieme, dopo il seminario di formazione per gli educatori, è iniziato con quattro incontri preparatori, tenutisi nei mesi precedenti la partenza. Gli incontri erano volti a darci una formazione, soprattutto di carattere storico, che ci permettesse di affrontare al meglio il viaggio. Venerdì 4 febbraio siamo partiti in treno con altri 700 ragazzi, dopo un'assemblea plenaria al Teatro Regio in cui si sono distinti per il loro contributo Gianni Oliva, storico e preside del liceo Volta, Gino Cattaneo, partigiano, ex-presidente dell'A.N.P.I. provinciale e vicepresidente nazionale, e Felice Malgaroli dell'Associazione Nazionale Ex-Deportati. Durante il viaggio non sono mancati gli spunti di riflessione e le attività, mirate a costruire una “comunità viaggiante” veramente consapevole dell’esperienza che si preparava a fare. Il primo momento importante è stata la visita al ghetto ebraico di Cracovia, domenica 6

febbraio. Partendo dalla fabbrica di Oskar Schindler, ora adibita a museo, abbiamo camminato per le vie in cui un’intera popolazione fu segregata, visto i resti delle mura che costringevano migliaia di persone, conosciuto le storie di … e …, prigioniere bambine, e di …., farmacista tedesco che si rifiutò di lasciare il ghetto per continuare a curare i suoi pazienti.

Il giorno successivo abbiamo affrontato il momento centrale del nostro viaggio: la visita ai campi. È stata un’esperienza scioccante: la crudezza dei reperti di Auschwitz e l’angosciante immensità di Birkenau hanno arricchito ognuno di noi dal

punto di vista storico, politico, morale. L’indomani mattina, divisi in gruppi, abbiamo condiviso le emozioni e le impressioni di ognuno e ci siamo lasciati con una sfida: non rimanere spettatori, non restare a guardare le ingiustizie, le iniquità del nostro tempo, non rimanere indifferenti ma essere cittadini attivi, protagonisti reali della nostra vita politica e sociale. È un impegno quello che ci assumiamo, l’impegno di vivere fino in fondo, di scegliere fino in fondo i valori della nostra Costituzione, colonna portante della Repubblica italiana. Un’iniziativa dunque, quella del Treno della Memoria, volta non solo alla memoria di ciò che è stato, ma all’impegno attivo per ciò che è e che sarà. Impossibile non pensare, a questo proposito, alle parole, sempre sagge e attuali, dei combattenti partigiani che, sessant’anni fa, sono morti perché noi fossimo liberi. “No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete più voluto sapere!” (Giacomo Ulivi, lettera agli amici, 1944)

Silvio Vaudagnotto Alessia Teofilo

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TRENO della MEMORIA vuol dire RISCOPRIRE L’ANTIFASC ISMO

Passare sotto quella scritta “Arbeit macht frei” ad Auschwitz, ha segnato simbolicamente per tutti noi il non poter più tornare indietro. Perché con quel passo, con l’entrata nel campo di concentramento, abbiamo accettato non solo di fare nostra la storia di quei campi, ma abbiamo deciso di confrontarci personalmente con la storia, e di riportare con noi, per sempre, il ripudio verso quella ideologia della morte e della prevaricazione dell’uomo sull’uomo. Abbiamo fatti nostri con più forza e determinazione quei valori che spinsero, in Italia come in

Germania e in moltissime altre nazioni, le persone comuni a resistere; valori non a caso a base della nostra Repubblica e della nostra Costituzione. Abbiamo, in breve, riscoperto l’Antifascismo, coscienti che non esiste Antifascismo se non quello militante , cioè praticato giorno per giorno, nella vita quotidiana. Ed è questo il vero scopo del Treno della Memoria. Non è solo ricordare. La memoria da sola non serve a nulla, così come l’indignazione e la rabbia. Se fine a se stesse, se prive di un seguito pratico, di azione, lasciano il tempo che trovano.

Il vero scopo di questo viaggio è di instillare in ogni ragazzo che vi ha preso parte, la coscienza che tutto questo è stato possibile prima di tutto perché milioni di persone hanno deciso di non prendere posizione, scegliendo in realtà di lasciare che tutto questo potesse accadere. E dunque di fare proprio questo monito all’indifferenza, e di attualizzare nell'azione quotidiana quei valori che hanno respinto il fascismo e il nazismo, a cominciare dal piccolo dei nostri territori. Come diceva Gramsci, nel 1917: “Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa ; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?” Questa è la chiave di volta per fare davvero in modo che questi orrori restino nel passato, perché il pericolo che un nuovo pensiero unico possa riaffermarsi tra noi, è sempre alle porte. Per questo vi invito a tenere alta la guardia, informandovi e impegnandovi prima di tutto nelle vostre associazioni, nei vostri comuni e in tutti gli spazzi che frequentate, per tradurre in pratica quotidiana i valori Antifascisti . Essere cittadini attivi: questa è la migliore prevenzione, per l’oggi e per il domani.

Fabrizio Grandinetti Se ci fosse un modo semplice per spiegare i campi di sterminio, e in realtà non c’è, potremmo dire che i campi non sono stati nient’altro che un’enorme catena di montaggio fordista, in cui la materia prima erano gli uomini, e il prodotto er a la morte

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PER UNA NUOVA STAGIONE DELL’A.N.P.I.

L'ANPI dal 2006 ha aperto le iscrizioni a chi non appartiene alla generazione della Resistenza e condivide i valori dell'Antifascismo, riconoscendo nella Costituzione il riferimento e fondamento della nostra Repubblica: è stata avviata una Nuova Stagione. Ma non si tratta solo di questioni anagrafiche, si tratta anche e soprattutto di incidere maggiormente sulla società occupandosi dei temi quali lavoro, scuola, beni comuni, pace, diritti civili, così come indicato dalla Costituzione della Repubblica. La Nuova Stagione dell’ANPI per la nostra Sezione è in corso già da alcuni anni. Nuove forze antifasciste si sono unite ai Partigiani per continuare la Resistenza nel XXI Secolo, su due linee di azione: custodire la memoria e costruire l’attualità dell’a ntifascismo , prima fra tutte l’attuazione della Costituzione. A Grugliasco, giovani e anziani hanno lavorato e stanno lavorando insieme, fianco a fianco, per l’attualità della Resistenza. Ma chi sono i giovani militanti della Sezione? Siamo animatori delle parrocchie, capi scout, giovani impegnati nell'antimafia con Libera, nei comitati in difesa dei beni comuni, nelle associazioni cittadine, rappresentanti degli studenti, universitari, volontari del Servizio Civile, giovani che hanno partecipato alle iniziative promosse dal Comune come il Treno della Memoria, Piazza Ragazzabile, Alba Chiara, Eurolys. Abbiamo scelto l'ANPI come luogo di militanza civile, culturale, politica. Negli ultimi due anni abbiamo svolto numerose attività: dalle scuole alla raccolta delle firme per l’acqua pubblica, dalle uscite in montagna all’accompagnamento degli studenti sul Treno della Memoria, dal presidio antifascista in piazza alle manifestazioni del 25 Aprile. Tutto questo è stato possibile perché ci sono state riconosciute fiducia e autonomia, di questo ringraziamo i Partigiani: vogliamo andare avanti e garantire che la Nuova Stagione proseguirà con impegno, responsabilità, serietà e continuità. Dobbiamo rafforzare l'ANPI: la Nuova Stagione consiste in un percorso strutturato e dinamico di radicamento culturale della Resistenza e dei principi della Costituzione, forte della memoria e dell'esperienza del passato, contestualizzato nel presente e proiettato nel futu ro . Il percorso deve essere progettato dai giovani e con i giovani, non per i giovani e non solo dai giovani. L'ANPI sta curando la formazione interna dei militanti e proiettando all'esterno tutta la propria forza propulsiva di proposte concrete per la cittadinanza. La formazione avviene mediante il ritrovo settimanale dei militanti, con la lettura collettiva di giornali, libri, testimonianze; seminari tematici, dibattiti, uscite su sentieri partigiani, gemellaggi con altre Sezioni, visite ai musei della Resistenza e cineforum. In futuro prevediamo di dare vita a mostre, spettacoli, concerti, eventi culturali che promuovano aggregazione attorno ai contenuti della Resistenza e della Costituzione. Noi giovani vogliamo attuare la Costituzione e combattere con ogni mezzo civile a disposizione le nuove forme di fascismo e l’ondata di revisionismo storico per fini politici. Perché di combattere si tratta, con il cervello e con il cuore, con tutta la passione e l’energia di cui siamo capaci, anche in difesa dell’Unità Nazionale, promuovendo il radicamento di una rinnovata coscienza civile collettiva: muoviamoci uniti per un nuovo rinascimento culturale e sociale, dal quale deriverà certamente un nuovo risorgimento politico.

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Congresso di Sezione, 6 Novembre 2010

Dal 1946, ogni 5 anni, si svolgono i Congressi dell’ANPI, a tutti i livelli, dalle Sezioni locali dei Comuni, ai Congressi Provinciali fino al grande Congresso Nazionale. Il 6 Novembre 2010 si è svolto a Grugliasco il 15° Congresso di Sezione dell’ANPI “68 Martiri”. Dopo aver cantato tutti insieme l’inno della Resistenza, la canzone Bella Ciao, abbiamo aperto i lavori del Congresso con numerosi interventi di iscritti, militanti, simpatizzanti e autorità. Primo fra tutti il discorso del Presidente Antonio Falbo, Partigiano combattente della 40° Brigata Matteotti, che ha ricordato cosa è stata la Resistenza, il sacrificio di tanti suo compagni morti per la Libertà di tutti e la necessità di coinvolgere sempre di più i giovani nelle attività dell’ANPI: “l'A.N.P.I. aumenta il proprio numero di iscritti, ed in particolare di giovani “Partigiani” sotto i trent'anni ed è un fenomeno che si registra ormai dal 2009. Un'aria nuova è entrata anche nella nostra sede. Loro, e soltanto loro, saranno gli artefici del destino del nostro Paese e della sua evoluzione democratica. Sosteniamoli. Solo aprendo le organizzazioni ai giovani li renderemo partecipi e responsabili. Concludo con un appello personale: non perdiamo più tempo,

dedichiamo le nostre ultime energie a passare la guida dirigenziale nelle mani valide delle nuove generazioni”. Il Presidente ha anche richiamato all’unità delle forze antifasciste all’interno dell’ANPI, sottolineando che l’ANPI non è un partito ma un’associazione a forte valenza politica: “Occorre unificare anche il modo di esprimersi, senza far prevalere teorie o ideologie di parte; occorre svestirsi dei colori dei partiti e indossare unicamente il “vestito” che portavano i Partigiani in montagna, quando tutti lottavamo per lo stesso ideale, che ci unisce ancora oggi: l'Antifascismo”. Presenti le autorità cittadine e il Comandante Gino Cattaneo, Presidente ANPI Provinciale e Vicepresidente ANPI Nazionale, che ha esortato a proseguire con coraggio nel rispetto dello Statuto Nazionale perché “il momento attuale è pieno di insidie e abbiamo il dovere di mobilitarci in modo permanente per la difesa e l’attuazione della Costituzione”. Hanno portato un saluto anche i rappresentanti delle

forze politiche antifasciste della città e delle associazioni cittadine. Sono intervenuti anche tanti giovani sotto i trent’anni, tra cui Livio Sera, Presidente della Consulta Provinciale degli Istituti Superiori di Torino, e Laura Antiquario, rappresentante degli studenti della Facoltà di Agraria, oltre a Gloria Fabbri, Emanuele Gaito, Fabrizio Grandinetti, Gabriele Pace, Alessia Teofilo, Silvio Vaudagnotto, Fulvio Grandinetti. La voglia dei giovani antifascisti di impegnarsi sempre di più nelle attività dell’ANPI ha contraddistinto questo Congresso: ben 8 giovani sotto i 30 anni sono stati eletti nel nuovo Comitato di Sezione per affiancare i Partigiani anche nel ruolo dirigenziale, in piena continuità con la storia dell’associazione, Ente Morale dal 5 Aprile 1945. A sua volta, il Comitato di Sezione ha riconfermato Presidente il Partigiano Antonio Falbo, Cavaliere al Merito della Repubblica. Avanti con la “nuova stagione” per rafforzare l’ANPI sul territorio, proseguire la Resistenza attraverso la piena e concreta attuazione della Costituzione e per ricordare a tutti che, nel ricordo perenne del sacrificio dei Partigiani e dei 68 Martiri, Grugliasco è stata, è e sarà sempre Antifascista.

Comitato di Sezione : Antonio Falbo - Presidente Fulvio Grandinetti - Vicepresidente vicario Gloria Fabbri - Vicepresidente Antonio Bauducci - Vicepresidente Alessia Teofilo - Segretario Giorgio Tecchiati - Tesoriere Raimondo Lisotto - Presidente Onorario Benigno Prevosto, Giuseppe Serra, Vincenzo Porcelli, Piero Bergamasco, Antonio Degortes, Giuseppe La Gamma, Raffaele Bianco, Silvio Vaudagnotto, Emanuele Gaito, Gabriele Pace, Fabrizio Grandinetti.

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Congresso Provinciale ANPI Torino, 15 e 16 Gennaio 2011

Diego Novelli, ex sindaco di Torino, è stato eletto Presidente ANPI Provinciale: ha espresso la necessità di incontrare direttamente le Sezioni ANPI di tutta la Provincia nei prossimi mesi, quindi lo attendiamo presto anche a Grugliasco. Grande rammarico per la fine del mandato del Presidente Gino Cattaneo, tutti ricorderanno sempre il solenne saluto e gli scroscianti applausi per ricordare il grande lavoro del Comandante Gino alla guida dell’ANPI per tanti anni. E infatti noi di Grugliasco lo contatteremo sicuramente per tante altre iniziative!

Verso il 15° Congresso ANPI Nazionale: a

Torino, dal 25 al 27 Marzo 2011

Dal documento politico in preparazione del Congresso Nazionale: AVANTI CON LA NUOVA STAGIONE DELL'A.N.P.I. Superiamo le inerzie e le resistenze residuali. Andiamo

avanti verso nuovi traguardi: di qualificazione, consolidamento e di crescita dell'Associazione. Ovunque si accrescano nell'A.N.P.I. impegno e responsabilità degli antifascisti. Nell'A.N.P.I. si riduce la presenza dei Partigiani. Crescono gli antifascisti che non hanno vissuto direttamente la Resistenza. Cambia la fisionomia dell'Associazione e dei suoi organi dirigenti.

ORGANI DIRIGENTI Con il Congresso, nel rinnovo degli organi dirigenti, dal livello nazionale alle Sezioni, si presenta la necessità urgente – per evitare il declino purtroppo ancora in atto in alcune province e per perseguire ovunque il consolidamento, la crescita e la qualificazione dell'Associazione – che ovunque si possa contare ancor di più sull'apporto degli antifascisti, di donne e giovani accanto a quello, esperto e autorevole dei Partigiani. È questa la condizione necessaria per soddisfare l'esigenza forte di una crescita della capacità di direzione politica e di iniziativa. Sono necessari quindi: più tempestività, una più ampia gamma di temi del nostro intervento sulla politica e nella società e una più adeguata visibilità. Sono entrati e stanno entrando nell'ANPI tanti democratici e giovani. Non deludiamoli”.

Le battaglie nazionali dell’ANPI dal documento nazi onale

1) Riforma della legge elettorale perché gli elettori possano scegliere i propri rappresentanti da eleggere! 2) Per la Giustizia magistratura autonoma e indipendente, basta con le leggi ad personam! 3) No al razzismo e alla xenofobia le destre e la Lega Nord alimentano esasperazioni e paure strumentalizzando il bisogno di sicurezza, l’Italia è stata un Paese di grande immigrazione! 4) Salviamo l’Unità nazionale contro il secessionismo leghista ammantato di federalismo! 5) Questione morale e conflitto d’interessi contrastare l’evasione fiscale, l’illegalità diffusa, regolamentare il conflitto d’interessi! 6) Scuola pubblica statale uscire dalla fabbrica del precariato, insegnamento più rigoroso e strutturato dell’antifascismo e della Resistenza! 7) Giovani e lavoro – Sicurezza sul lavoro la Costituzione definisce il lavoro fondamento della Repubblica, oggi sta perdendo dignità e centralità, assistiamo a venire meno dei diritti, alla diffusione del precariato, al persistere di incidenti mortali sui luoghi di lavoro! 8) Informazione libera e indipendente contro l’occupazione dell’informazione da parte del Governo!

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"Donne: la storia siamo anche noi" Lunedì 7 Marzo 2011

dalle ore 20.30 Sala consiliare del Comune

piazza Matteotti 50 - Grugliasco (TO) La serata è rivolta a tutta la cittadinanza, in particolare ai giovani, e vuole essere uno stimolo per approfondire la tematica del ruolo della Donna durante la Resistenza fino ad arrivare al suo ruolo, antifascista e resistente, nell’attuale contesto sociale e politico, con particolare riferimento alle recenti mobilitazioni per la Dignità delle Donne che hanno colorato le piazze d’Italia al ritmo dello slogan “Se non ora quando? Adesso!”. È tempo di ricordare e di impegnarsi affinché vi sia piena attuazione della Costituzione e per fare in modo che le pari opportunità diventino fatto compiuto, ad ogni livello.

Il Comitato di Sezione ANPI "68 Martiri" Grugliasco

Manifestazione nazionale di orgoglio costituzionale ! Anche a Torino, sabato 12 marzo

"L'ANPI aderisce con piena e appassionata convinzione all'appello lanciato da Articolo 21 per una grande e unitaria manifestazione nazionale di orgoglio costituzionale . Ci saremo, come siamo sempre stati in tutte le iniziative volte a fondare nel Paese una coscienza democratica, responsabile e condivisa. Siamo schierati contro i continui attacchi, divenuti intollerabili, alla Costituzione - nata dalla Resistenza - radice della nostra identità nazionale, attacchi che stanno precipitando l'Italia verso un destino di profonda involuzione e degrado.”

La nostra Sezione in coordinamento con il Comitato Provinciale, parteciperà in forze alla manifestazione di Torino, in Piazza Castello, dalle ore 14.00 alle ore 17.00. Siamo tutti invitati a partecipare, con foulard, bandiere, e una copia della Costituzione.

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Calendario Presidio Antifascista per la Pace e la Democrazia (meteo permettendo e salvo imprevisti)

I cittadini potranno trovare: pubblicazioni sulla Resistenza, volantini dell’ANPI Nazionale e Provinciale, notizie sulle attività della Sezione, materiale informativo sull’eccidio dei 68 Martiri, informazioni sul referendum per l’acqua pubblica e in particolare copie della Costituzione della Repubblica. Sarà inoltre possibile, soprattutto per i più giovani purché maggiorenni, iscriversi all’ANPI.

Sabato 5 marzo all'inizio di viale Gramsci dalle 14.30 alle 17.00 Domenica 6 marzo in piazza 66 Martiri dalle 9.30 alle 12.00

Domenica 13 marzo in piazza 66 Martiri dalle 9.30 alle 12.00

Domenica 20 marzo in piazza 66 Martiri dalle 9.30 alle 12.00

Sabato 26 marzo all'inizio di viale Gramsci dalle 14.30 alle 17.00 Domenica 27 marzo in piazza 66 Martiri dalle 9.30 alle 12.00

Sabato 2 aprile all'inizio di viale Gramsci dalle 14.30 alle 17.00 Domenica 3 aprile in piazza 66 Martiri dalle 9.30 alle 12.00

Sabato 9 aprile all'inizio di viale Gramsci dalle 14.30 alle 17.00 Domenica 10 aprile in piazza 66 Martiri dalle 9.30 alle 12.00

Sabato 16 aprile all'inizio di viale Gramsci dalle 14.30 alle 17.00 Domenica 17 aprile in piazza 66 Martiri dalle 9.30 alle 12.00

Sabato 23 aprile all'inizio di viale Gramsci dalle 14.30 alle 17.00

Sabato 30 aprile all'inizio di viale Gramsci dalle 14.30 alle 17.00

Passa a trovarci!

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.Li chiamarono… briganti! Gli avvenimenti risorgimentali da un’altra angolazione

Manca poco all'inizio dei festeggiamenti per la celebrazione dei 150 anni dell'Unità d'Italia e abbiamo deciso di proporvi una pellicola che, lasciando da parte il buonismo, mostra la vicenda dal punto di vista di chi quest'Unità l'ha "subita": i contadini del Mezzogiorno.

"Li chiamarono briganti" è un film di Pasquale Squitieri, girato nel 1999 e immediatamente ritirato dalle sale cinematografiche , perché considerato revisionista dal momento che mos tra gli avvenimenti risorgimentali da un'altra angolazione. Il regista mette in scena in maniera cruda soprusi, stupri ed eccidi di massa compiuti in nome del diritto di rappresaglia, e le decapitazioni dei briganti, le cui teste venivano messe in mostra come monito per le popolazioni locali. Episodi che fanno riferimento a pratiche effettivamente utilizzate durante la repressione del brigantaggio, documentati attraverso testimonianze fotografiche e bibliografiche presenti nell'Archivio di Stato. All'alba dell'Unità, bande di briganti percorrevano i territori dell'Abruzzo, della Campania, della Puglia, della Calabria, ma soprattutto della Basilicata - regione spesso dimenticata o posta in

secondo piano - assalendo e occupando piccoli centri, per poi darsi nuovamente alla macchia. La trama si snoda in un Sud allo sbando, dove la fedeltà dei signori oscilla tra Borboni e Savoia e la voce del governo centrale stenta ad arrivare, se non in modo violento ed autoritario. Il film narra le vicende del più noto brigante lucano, Carmine Crocco, ma le riprese sono state effettuate ad Artena, cittadina del Lazio. “L'eroe" o "anti eroe" della vicenda, Carmine, ex garibaldino, torna al paese d'origine (Rionero in Vulture) dove scopre che nonostante la presa di potere sabauda, nulla è cambiato: il potere ha sempre la stessa faccia, la situazione economica e sociale è rimasta invariata e i padroni continuano a speculare a discapito della povera gente. Già ricercato per aver ucciso l'uomo che aveva umiliato la sorella, Carmine spera di ottenere l'amnistia e un posto nella Guardia Nazionale Italiana, come promesso dal nuovo governo, ma la parola non viene mantenuta e viene rinchiuso in carcere. Riesce ad evadere grazie all'appoggio della Chiesa e di alcuni signori, ancora fedeli ai Borboni, che lo armano in modo che possa diventare il punto di riferimento dei gruppetti di fuorilegge sparsi per i boschi per formare un esercito che combatta i piemontesi fino al ritorno degli spagnoli, ma anche questi tradiranno la sua fiducia e la loro collaborazione terminerà presto. Carmine, nonostante le dure repressioni del generale Cialdini (incaricato di eliminare il fenomeno del brigantaggio avvia rappresaglie che non risparmiano donne e bambini), riesce a guadagnare sempre più consensi popolari e conquista varie città della zona, tra cui Melfi. Tuttavia il generale sabaudo riesce nel suo intento, anche grazie al supporto di un ex collaboratore di Crocco, che sceglie di consegnarsi alle autorità e di comunicare tutte le informazioni necessarie per l'arresto dei suoi compagni.

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Vediamo che il prezzo pagato per conquistare l’Unit à del nostro Paese, soprattutto dai ceti più bassi, è stato in realtà molto più alto di quello che ci viene solitamente presentato nei libri di storia, considerando che la “calata” dei Piemontesi assomigliò molto più ad un’operazione di colonizzazione, piutt osto che di pacifica annessione, nonostante l’impresa garibaldina fosse animata dai più nobili ideali . Ciò non vuole mettere in discussione il “cosa”, cioè il fine, bensì fornire una riflessione sul “come”. Potrebbe sembrare un dettaglio, ma se pensiamo ai disaccordi che ancora oggi dividono il nostro Paese, ci rendiamo conto invece che questi probabilmente affondano le loro radici proprio in quel periodo di grandi speranze e, nel contempo, di grandi delusioni. Oggi sappiamo anche che ogni conquista comporta dei sacrifici e la nostra Unità ne ha richiesti e ricevuti davvero tanti da parte di tutti: patrioti, intellettuali, operai, contadini; ed è proprio in nome di quei sacrifici che bisogna avere la forza ed il coraggio di guardare oltre a quel "come" e ritrovarci uniti per fare in modo che l'Italia sia davvero uno Stato unico e che, nel rispetto delle tradizioni locali, ci faccia sentire orgogliosi della nostra Storia e della nostra Italianità, ricordando che ogni conquista non dura in eterno e va comunque difesa da tutti coloro che coi loro attacchi secessionisti vogliono riportarci alle antiche divisioni.

Tania Nico e Gloria Fabbri

Briganti se More [musica e testo di Carlo D'Angiò]

Ammo pusato chitarre e tamburo pecchè sta musica s'adda cagnà simmo briganti e facimmo paura e cu a scuppetta vulimmo cantà E mo cantammo sta nova canzone tutta la gente se l'adda mparà nun ce ne fotte d'o re Burbone ma 'a terra è 'a nostra e nun s'adda tuccà Tutte e paise d'a Basilicata se sò scetati e vonno luttà pure a' Calabria mo s'è arrevotata e stu nemico 'o facimmo tremmà Chi ha visto o lupo e s'è miso paura nun sape buono qual è a verità o vero lupo che magna 'e creature è o piemontese c'avimma caccià Femmene belle ca date lu core si lu brigante vulite salvà nun 'o cercate, scurdateve 'o nome che ce fa guerra nun tene pietà Ommo se nasce, brigante se more, ma fino all'ultimo avimma sparà e si murimmo, menate nu fiore e na bestemmia pe' stà libertà

Abbiamo lasciato le chitarre e i tamburi perchè questa musica deve cambiare siamo briganti e facciamo paura e con il fucile vogliamo cantare E ora cantiamo questa nuova canzone che tutta la gente deve imparare non ci importa del re Borbone la terra è nostra e non si deve toccare Tutti i paesi della Basilicata si son ribellati e adesso vogliono lottare anche la Calabria si è rivoltata e il Piemontese vogliamo cacciare Chi ha visto il lupo ed ha avuto paura non sa bene qual è la verità il vero lupo che mangia i bambini è il piemontese che dobbiamo cacciare Donne belle che date il cuore se volete salvare il brigante non lo cercate, scordatevi il suo nome chi ci fa la guerra non ha pietà Uomo si nasce, brigante si muore ma fino all'ultimo dobbiamo sparare e se moriremo lanciate un fiore, e una bestemmia per questa libertà

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Gino Strada PAPPAGALLI VERDI

Cronahe di un chirurgo di guerra

Questo libro non è un racconto, ma un diario dell’esperienza fatta da Gino Strada in cinque anni di duro lavoro con Emergency, l’associazione umanitaria da lui creata che si occupa soprattutto della riabilitazione delle vittime di guerra e delle mine antiuomo che colpiscono molto spesso i bambini e le donne. Da oltre dodici anni è impegnato in prima linea: ha lavorato in Afghanistan, Somalia, Gibuti, Perù, Bosnia, Etiopia e, nel periodo più recente, nel Kurdistan iracheno e in Cambogia. Non e’ molto semplice intuire lo spazio predominante della vicenda, ma prevale decisamente quello aperto: gli ospedali da campo. Il personaggio principale in questa vicenda è Gino strada, anche se i veri personaggi sono i suoi pazienti, bambini, donne, uomini tutti feriti nel corpo e nello spirito da una morte che cade dal cielo. Una morte chiamata PFM-1, una mina antiuomo che ha lo scopo di ferire, non uccidere, e mutilare la popolazione civile; con il fine di indebolire la società. Gino Strada, per tutta la durata del diario, descrive gli effetti della guerra, precisando che dopo il suo passaggio ne rimane sempre traccia: la presenza delle mine che massacrano la gente dei piccoli villaggi è una di queste tracce. L'autore affronta il difficile e complicato tema della guerra e dell’errore umano nel compierle, raccontando i conflitti da una prospettiva che spesso viene dimenticata dai mass media. Gino strada non racconta la guerra vista dai soldati, dai politici o dai giornalisti, racconta la guerra dal punto di vista dei feriti, della popolazione che convive ogni giorno con i pappagalli verdi.

Magda Ceccarelli GIORNALE DEL TEMPO DI

GUERRA Diario di una Donna Antifascista (‘40-‘45)

Cinque anni di vita, a partire dal 10 giugno 1940, confidati a preziosi quaderni, a volte stracciati e a volte nascosti, ben celati alla polizia segreta. Magda, moglie del pittore Raffaele De Grada e madre di Raffaele Jr e Lidia è,

come tutta la sua famiglia, una convinta antifascista. Il marito non ben visto dal regime, il figlio ribelle inserito in un gruppo di volontari della libertà e la figlia costretta a vivere in Svizzera con il marito e il figlio. Un periodo storico tormentato e appassionato, vissuto tra Milano e San Gimignano, segnato da incombenze domestiche, eventi bellici, spostamenti e bombardamenti. La famiglia è presto abbandonata dalle altolocate conoscenze devote al regime; gli amici più cari compreso il figlio, membro attivo della resistenza, vivono l'esperienza dell'arresto e della detenzione o, come la figlia Lidia, quella dell'esilio. Sono pagine che catturano l'attenzione per la durezza dei giudizi sul fascismo e su un paese che gli aveva consentito di stare al potere per vent'anni . Il diario si conclude il 7 maggio '45, con la famiglia nuovamente riunita. Le ultime sue parole sono significative: "E' finita. La casa si muove, la vecchia casa di via Omboni, gli assenti tornano nel pensiero, i morti sono qui. E' bello vivere e soprattutto aver vissuto così. Aver portato un piccolo contributo, un sacrificio di lacrime e di azione. Aver aiutato a vincere. Essere stati nel vero. Sempre, senza confusioni, senza incertezze, senza pentimenti. Aver visto chiaramente la strada e averla seguita. Essere stati onesti nella nostra fede. Lascio che i ragazzi bivacchino e mi addormento. E' la prima notte di pace ."

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Fischia il vento Fischia il vento è una celebre canzone popolare, con Bella ciao una delle più famose sulla Resistenza Italiana. Il testo fu scritto nel 1943 dal giovane ligure Felice Cascione (2 maggio 1918 - 27 gennaio 1944) per incitare il movimento partigiano. La musica è quella della canzone russa Katyusha. La- Mi- Fischia il vento e infuria la bufera, Mi-7 La- scarpe rotte e pur bisogna andar La7 Re- La- a conquistare la rossa primavera Re- La- Mi7 La- dove sorge il sol dell'avvenir. A conquistare la rossa primavera dove sorge il sol dell’avvenir. Ogni contrada è patria del ribelle, ogni donna a lui dona un sospir, nella notte lo guidano le stelle, forte il cuor e il braccio nel colpir. Nella notte lo guidano le stelle, forte il cuor e il braccio nel colpir. Se ci coglie la crudele morte, dura vendetta verrà dal partigian; ormai sicura è già la dura sorte del fascista vile e traditor. Ormai sicura è gia la dura sorte del fascista vile e traditor. Cessa il vento, calma è la bufera, torna a casa il fiero partigian, sventolando la rossa sua bandiera; vittoriosi, al fin liberi siam! Sventolando la rossa sua bandiera, Felice Cascione vittoriosi, al fin liberi siam!

Nel mese di dicembre 1943 attorno al fuoco di bivacco di una delle prime bande partigiane della provincia di Imperia, nella località “Casone dei Crovi” (…), il partigiano “Ivan” Giacomo Sibilla che si è portato appresso la chitarra, ricorda che durante la campagna di Russia aveva imparato ad orecchiare una canzone popolare russa dedicata da un soldata ad una ragazza chiamata Katyuscia. Mentre Ivan attacca la musica, il comandante partigiano Felice Cascione, “U Megu”, laureato in medicina un anno prima, e altri quaranta partigiani provano ad inventare le parole. (…) Quella canzone i partigiani la canteranno per la prima volta sulla piazzetta della frazione Curenna di Vendone, all’uscita dei fedeli dalla messa natalizia. (cit. “Fascismo e Antifascismo? Per me pari non sono”, Luciano Manzi - Politeko Edizioni, 2008)

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A.N.P.I. Associazione Nazionale Partigiani d'Italia Ente Morale D.L. N°224 del 5 Aprile 1945

Sezione “68 Martiri” di Grugliasco

DIFENDI LA DEMOCRAZIA!

ADERISCI ALL’A.N.P.I.!

Cos’è l’A.N.P.I.? L’A.N.P.I. è l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, nata nel 1944 e aperta a tutti i cittadini democratici e antifascisti che si riconoscono nei valori della Costituzione nata dalla Resistenza e si impegnano a continuarne il cammino.

Cos’è la RESISTENZA? La RESISTENZA è il termine che indica l’impegno comune di liberi individui, partiti, movimenti e forze armate che si opposero politicamente e militarmente alla costituzione della Repubblica Sociale Italiana di Benito Mussolini e all’occupazione nazista del Terzo Reich. La Resistenza costituisce il fenomeno storico in cui si individuano le origini della Democrazia e della Repubblica italiana .

Perché aderire all’A.N.P.I.? Per vivere attivamente il proprio impegno civile quotidiano. Per tutelare la Costituzione dai tentativi di stravolgimento.

Per condividere i valori di Libertà , Democrazia e Antifascismo . Per la Giustizia e per la Pace, per la tutela dei Beni Comuni .

Per essere Cittadini del Mondo .

GENERAZIONE DOPO GENERAZIONEGENERAZIONE DOPO GENERAZIONEGENERAZIONE DOPO GENERAZIONEGENERAZIONE DOPO GENERAZIONE GLI STESSI VALORIGLI STESSI VALORIGLI STESSI VALORIGLI STESSI VALORI

Info e contatti: 342/0947188 in orario di apertura Sede: venerdì 15.30-17.00 e 21.00-23.00 in via La Salle 4, a Grugliasco

Sito web: www.anpigrugliasco.blogspot.com

Facebook: ANPI Grugliasco e-mail: [email protected]