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Montoloking, Stati Uniti, 31 ottobre 2012. I danni provocati dall’uragano Sandy ANDREW QUILTY (OCULI/VU/EMBLEMA)

La guerra del clima

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un articolo molto interessante sul clima

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Montoloking, Stati Uniti, 31 ottobre 2012.I danni provocati dall’uragano SandyA

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Un climasospettoAnita Blasberg e Kerstin Kohlenberg, Die Zeit, Germania

In copertina

Da anni la grande industria paga espertidi comunicazione e scienziati per convincere l’opinione pubblica che il riscaldamento climatico non esiste. L’inchiesta della Zeit

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In copertina

Marc Morano di�on-de il dubbio con la tastiera. Seduto sul sedile posteriore di una limousine ne-ra, imbraccia la sua

arma più potente: il computer portatile. Fuori dal finestrino scorre un paesaggio autunnale, mentre Morano pubblica sul suo sito un nuovo titolo a caratteri cubitali: “L’ente del governo statunitense per la tu-tela ambientale accusato di fare esperi-menti sugli esseri umani”. È uscito mezz’ora fa dalla sua abitazione, una gran-de villa in un sobborgo di Washington, per andare negli studi di Fox News. Siamo alla vigilia della conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a Doha, nel Qa-tar, dove i ministri dell’ambiente e i capi del governo di tutto il mondo si incontrano per discutere nuove misure contro il riscalda-mento globale.

Morano non è un climatologo. Non sa calcolare la pressione atmosferica né ana-lizzare i dati sulle temperature. È un addet-to alle pubbliche relazioni: la sua specialità consiste nel formulare messaggi comprensibili a tutti. Quando andava ancora a scuola, negli anni ottanta, ha contribuito alla campagna elettorale dei re-pubblicani. Telefonava a perfetti scono-sciuti e gli spiegava perché Ronald Reagan era la scelta migliore. In seguito, dopo la laurea in scienze politiche, ha fatto il rap-presentante di una ditta di depurazione delle acque di scarico. Morano è uno in gra-do di vendere qualsiasi cosa.

È stato invitato a una trasmissione di Fox News dedicata ai consumatori, Money with Melissa Francis, per parlare di energie rinnovabili. Morano si siede davanti a uno sfondo nero. La telecamera inquadra il suo volto, che tra poco arriverà in tutte la case degli Stati Uniti. È un uomo robusto sui 45 anni, indossa giacca e cravatta. Il suo sorri-so è cordiale, ma non bisogna farsi ingan-nare: Morano riesce sempre a provocare i suoi avversari. Durante un recente dibatti-to televisivo ha interrotto così spesso un climatologo, che alla �ne lo studioso non ce l’ha fatta più e gli ha dato dello stronzo. In quel momento Morano ha avuto la vitto-ria in pugno. Questa volta è da solo in stu-dio e si atteggia a esperto del settore: “Lo sfruttamento dell’energia solare è alimen-tato dalla paura del riscaldamento globa-le”, dice con espressione preoccupata. “Ma è solo una questione ideologica”.

Morano è l’esponente più aggressivo di una truppa di mercenari pagata profuma-

tamente. È protagonista di una lotta per la quale negli Stati Uniti sono nate almeno trenta lobby. Una lotta �nanziata con cen-tinaia di milioni di dollari contro la ricerca sul clima. Già anni fa Morano a�ermava: “I climatologi dovrebbero essere picchiati senza pietà. Meritano di essere tutti �agel-lati pubblicamente”. Il suo datore di lavoro è il Committee for a constructive tomor-row, un’organizzazione nata per fare da contraltare ad associazioni ambientaliste come Greenpeace. Negli ultimi anni è stata �nanziata, tra gli altri, dalla casa automo-bilistica Chrysler e dai gruppi petroliferi ExxonMobil e Chevron.

Quella di Marc Morano è la storia di un progetto di disinformazione ben organiz-zato. Un esempio da manuale dell’arte del-la menzogna. La storia è cominciata più di vent’anni fa, quando il mondo ha preso co-scienza di una realtà terribile: l’emissione di anidride carbonica riscalda la Terra. Pre-sto è stato chiaro che le possibili contromi-sure sarebbero costate molti miliardi ai settori industriali. Soldi che le imprese

avrebbero potuto risparmiare se fossero riuscite a contrapporre al cambiamento climatico qualcosa di diverso: il dubbio sui risultati della ricerca. Forse i dati sono sbagliati, forse la Terra non si sta

a�atto riscaldando. E anche se sta succe-dendo, magari è un fenomeno innocuo, un processo naturale che non ha niente a che fare con le centrali elettriche a carbone. In questi anni persone come Morano hanno cercato di instillare questi dubbi nella testa dei lettori dei giornali, degli spettatori tele-visivi, dei giornalisti e dei politici.

La mazza da hockeyPer capire il complesso sistema dell’atmo-sfera terrestre, nel 1988 più di cento capi di governo hanno fondato l’Intergovernmen-tal panel on climate change (Ipcc), un grup-po in cui gli scienziati di tutto il mondo ana-lizzano i risultati degli studi sul clima. I dati sono chiari. L’innalzamento delle tem-perature aumenta il rischio di tempeste violente, mentre le siccità e le inondazioni diventano più frequenti, i ghiacciai e le ca-lotte polari si sciolgono, il livello del mare sale. “Noi pensavamo di aver �nito il nostro lavoro”, dice Michael E. Mann, un ricerca-tore statunitense dell’Ipcc. “Pensavamo che da quel momento sarebbe stato compi-to dei politici”. Mann dirige il Centro per le scienze della Terra dell’università della Pennsylvania, l’istituto meteorologico più importante degli Stati Uniti. Il suo u�cio è pieno di oggetti: ci sono pile di riviste scien-

ti�che, e alla parete è appoggiata una vec-chia mazza da hockey che gli è stata regala-ta dalla squadra di un college del Vermont. “È cominciato tutto con la mazza da ho-ckey”, dice.

Nel 1998 Mann era uno scienziato di 33 anni che sognava di dare una spiegazione alle variazioni climatiche. Insieme a due colleghi raccolse i dati sulle temperature di migliaia di anni e analizzò coralli, anelli degli alberi e campioni di ghiaccio polare. Alla �ne i risultati furono riuniti in un gra�-co che lasciò di stucco i tre ricercatori: �no al 1850 la curva della temperatura terrestre era praticamente piatta, ma poi si impen-nava rapidamente, proprio quando gli es-seri umani avevano cominciato a bruciare carbone, petrolio e gas. A Mann la curva sembrava una mazza da hockey. I tre ricer-catori pubblicarono il loro studio su Nature, e la “mazza da hockey”, come fu subito chiamato il gra�co, li catapultò sulle pagine di Time. Mann, timido e impreparato, �nì nelle più importanti trasmissioni televisive d’attualità degli Stati Uniti.

La mazza da hockey è la dimostrazione della responsabilità umana nel cambia-mento climatico. All’inizio ne erano con-vinti anche i conservatori. L’in�uente se-natore repubblicano John McCain presentò insieme al democratico Joseph Lieberman una proposta di legge per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica: il Climate stewardship act. La National academy of sciences, l’istituto scienti�co più prestigio-so degli Stati Uniti, confermò i risultati del-lo studio di Mann. Ben 928 articoli scienti-�ci sul cambiamento climatico pubblicati tra il 1993 e il 2003 sono arrivati alla con-clusione che la Terra si sta riscaldando per colpa degli esseri umani. Secondo il diret-tore della rivista Science, è il consenso scienti�co più straordinario della storia.

“Ma la mazza da hockey”, spiega Mann, “è stata la cosa peggiore che potesse succe-dere all’industria”. Probabilmente è per questo che nel 2002 un consigliere dell’al-lora presidente George W. Bush preparò il copione di un’imponente contro�ensiva. “Forse l’ambiente è il tema su cui i repub-blicani (e il presidente Bush in particolare) sono più vulnerabili”, scrisse l’esperto in un rapporto strategico per la Casa Bianca. Secondo lui, bisognava “attaccare frontal-mente” gli scienziati per diffondere nell’elettorato dei dubbi sulla loro attendi-bilità. “È ora di trovare esperti che simpa-tizzino con le nostre posizioni”.

Poco dopo Bush mise insieme un grup-po di consulenti in cui �guravano potenti rappresentanti dell’industria petrolifera. Il

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descrivono una realtà semplice: un ricerca-tore considera il riscaldamento globale un dato di fatto, mentre due suoi colleghi lo mettono in dubbio. Il video, però, non dice che il primo rappresenta il mondo scienti�-co, mentre gli altri due non sono presi sul serio dai loro colleghi. Alla �ne il risultato della votazione in senato sulla legge di Mc-Cain e Lieberman, che si svolse il 30 otto-bre 2003, fu di 55 voti contrari e 43 a favore. Il Climate stewardship act fu bocciato.

Una scomoda veritàNove anni dopo, nell’autunno del 2012, Marc Morano racconta: “Riuscimmo a fer-mare le leggi sul clima nel giro di tre anni”. Lo dice con l’orgoglio di uno scolaro che parla di un compito in classe andato bene. Morano è seduto a un tavolo del Capital Grill, un ristorante della periferia di Wa-shington che serve ottime bistecche. Un tempo negli armadi a muro chiusi con i luc-chetti si conservavano i costosi sigari dei clienti abituali. “Quando nei ristoranti si poteva ancora fumare”, dice Morano al-zando gli occhi al cielo. Non gli piace che la politica interferisca nella sua vita. Non gli piace quando si a�erma che il fumo nuoce alla salute, che la foresta pluviale è in peri-colo e che la sovrappopolazione è un pro-

Partito repubblicano, inoltre, scelse James Inhofe come presidente della commissio-ne per l’ambiente al senato. Inhofe, un re-pubblicano dell’Oklahoma che all’epoca aveva 70 anni, de�nì “burocrazia da Gesta-po” l’agenzia governativa per l’ambiente (l’Environmental protection agency, Epa), un’istituzione indipendente che dovrebbe controllare l’applicazione delle leggi di tu-tela ambientale. Il neopresidente della commissione assunse un nuovo stratega per le pubbliche relazioni: Marc Morano.

Inhofe introdusse un’innovazione: le cosiddette scienti�c integrity hearings, le au-dizioni per la correttezza scienti�ca. Il se-nato si trasformò in un tribunale scienti�-co. Sul banco degli imputati si ritrovarono ricercatori famosi il cui lavoro era stato confermato centinaia di volte. Per il ruolo della pubblica accusa il senatore chiamò profani come lo scrittore Michael Crichton, che in un romanzo raccontava di climatolo-gi corrotti che mandavano in rovina il pia-neta. Poco prima del voto in senato sulla proposta di legge di McCain e Lieberman, Inhofe convocò anche Michael Mann e lo mise a confronto con Willie Soon e David Legates, due ricercatori che si sono fatti pa-gare profumatamente dalle aziende del settore energetico: �no a oggi Soon ha rice-vuto più di un milione di dollari dalla

ExxonMobil e da altre ditte. In uno studio controverso, �nanziato tra l’altro dall’Ame-rican petroleum institute, Soon aveva scrit-to che i dati di Mann sono sbagliati.

“Il clima del ventesimo secolo non è né insolito, né estremo”, commentò Soon. Poi Inhofe chiese ai presenti se erano d’accor-do sul fatto che l’aumento delle emissioni di anidride carbonica presentava molti vantaggi per la �ora e la fauna. “Sono d’ac-cordo”, rispose Soon. “Non vedo molti ele-menti a favore di questa tesi”, disse Mann. “Tendenzialmente concorderei”, aggiunse Legates.

Le riprese televisive di quell’audizione

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Uummannaq, Groenlandia

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Da sapereI primi cinque paesi, e l’Italia, per consumo di energia, milioni di tonnellate equivalenti di petrolio. Fonte: Statistical review

Carbone

Petrolio

Gas

Nucleare

Rinnovabili

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In copertina

Nel 2007 l’International pa-nel on climate change (Ipcc) ha tracciato un qua-dro preoccupante del futu-

ro del pianeta. Nel prossimo rapporto, previsto per il 2014, la scenario potreb-be essere ancora più drammatico.

Artico Negli ultimi decenni, con il progressivo riscaldamento del pianeta, il ricongelamento dei mari durante l’inverno ha smesso di compensare lo scioglimento dei ghiacci in estate. Il ghiaccio bianco, che ri�ette il calore, ha ceduto il posto all’acqua scura, che lo assorbe. Nelle terre circostanti le ne-vi si stanno sciogliendo ancora più ve-locemente. L’aumento di umidità nell’atmosfera ha contribuito a intrap-polare il calore. Il ghiaccio, già indebo-lito, è assalito da onde e precipitazioni

sempre più estreme. A causa di questi pro-cessi l’Artide ha cominciato a riscaldarsi al doppio della velocità rispetto alle altre re-gioni del pianeta. Alla �ne degli anni no-vanta lo spessore della banchisa artica è sceso ai livelli più bassi da almeno 1.400 anni. Alla �ne dell’estate scorsa solo un quarto del mar glaciale Artico era ancora coperto dai ghiacci (record negativo nell’epoca moderna) e il volume totale della banchisa era un quinto rispetto a trent’anni fa. È rimasto solo un sottile strato di ghiaccio che si scioglie molto più facilmente.

Condizioni meteorologiche Nel 2010 in molte città della Russia le tempe-rature hanno s�orato i 40 gradi centigra-di. Nel 2011 la “bufera del giorno della marmotta” ha rovesciato una incredibile quantità di neve sugli Stati Uniti e il Cana-da occidentali. Anche quest’anno ci sono state condizioni meteorologiche eccezio-nali: dai diluvi estivi nel Regno Unito al temporale che ha lasciato al buio milioni di case negli Stati Uniti nel bel mezzo di un’ondata record di caldo �no alle deva-stazioni provocate dall’uragano Sandy. C’è un �lo che unisce tutti questi fenome-ni. In un mondo che si riscalda sempre di

I dati sul cambiamento climatico non danno segnali di miglioramento in nessun campo. Dallo scioglimento dei ghiacci alle alluvioni, �no al livello del mare

più, gli spostamenti delle precipitazioni e l’aumento dell’evaporazione provoche-ranno maggiori siccità. Un’atmosfera più calda trattiene più acqua, rendendo più intense le precipitazioni. È di�cile, anche se non impossibile, stabilire �no a che punto i cambiamenti climatici in�uenzino i singoli eventi. È innegabile però che il fe-nomeno sia in crescita. Già nel 2007, l’an-no dell’ultimo rapporto dell’Ipcc, i dati tendenziali sul caldo estremo, le siccità e le forti precipitazioni erano chiaramente in aumento. Questa tendenza si sta con-fermando e le condizioni meteorologiche stanno diventando ancora più estreme ri-spetto alle previsioni. Secondo un recente studio sulla salinità degli oceani tra il 1950 e il 2000, realizzato dal Commonwealth scienti�c and industrial research organi-sation (Csiro) in Australia, il ritmo del ci-clo idrologico globale – la velocità del pro-cesso di evaporazione dell’acqua e della sua condensazione sotto forma di pioggia – è aumentato del doppio rispetto alle pro-iezioni dei modelli che simulano il clima globale. Gli studi di alcuni ricercatori di Taiwan e Cina hanno stabilito che negli ultimi trent’anni l’aumento dell’intensità delle precipitazioni è stato maggiore di un ordine di grandezza rispetto alle previsio-ni dei modelli climatici. Quanto alle onda-te di caldo come quelle registrate in Euro-pa nel 2003 e nel 2010, eventi così fuori norma erano previsti solo per la �ne del secolo. Secondo Jennifer Francis, climato-loga della Rutgers university, il riscalda-mento del mar glaciale Artico potrebbe essere parte della spiegazione.

Produzione alimentare Fino a qual-che mese fa le previsioni parlavano di rac-colti record negli Stati Uniti. Gli agricolto-ri avevano piantato di più sperando di trarre vantaggio dall’aumento dei prezzi. La produzione invece è scesa a causa della siccità e di un caldo senza precedenti. Nel Regno Unito c’è stato il problema oppo-sto: i raccolti sono scesi per l’eccesso di pioggia. Ora che il maltempo si è abbattu-to sui raccolti anche in altre regioni del mondo i prezzi alimentari si stanno di nuovo impennando. Tutto questo contra-sta con il rapporto dell’Ipcc del 2007, se-condo il quale un aumento delle tempera-ture globali di almeno 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali avrebbe causato un aumento dei livelli di anidride carbonica tale da far crescere i raccolti, almeno nelle regioni temperate. Solo un riscaldamento nell’ordine di 3,5 gradi o più avrebbe dovu-

È peggio del previsto

Maldive

Michael Le Page, New Scientist, Stati Uniti

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blema. “È tutta ideologia”, ripete. Morano ama la sua famiglia, i suoi quattro �gli e la moglie Jennifer. Gli piacciono la sua villa vittoriana e il suo fuoristrada nero. Gli pia-ce vivere come dice lui. Quando fu assunto da Inhofe come addetto alle pubbliche re-lazioni, per prima cosa ristrutturò il sito della commissione per l’ambiente, dove raccolse tutti i contributi che negavano il riscaldamento globale. Più un testo se la prendeva con gli studi sul clima, più cen-trale era il suo posizionamento. Su internet, Morano riusciva a trovare molti articoli del genere. Andava tutto a gon�e vele.

Poi, però, nel 2006 l’ex candidato de-mocratico alla presidenza, Al Gore, presen-tò il documentario Una scomoda verità. Gore mostrava immagini di ghiacciai che si scioglievano, deserti che si espandevano e città allagate. Il suo lavoro era simile a quel-lo di Morano: anche Gore aveva un mes-saggio e lo formulava in modo che chiun-que potesse capirlo. Solo che dietro di lui non c’era l’industria, ma la ricerca scienti-�ca. Il �lm fu proiettato nei cinema e nelle scuole. E all’improvviso si scoprì che l’84 per cento degli statunitensi considerava il cambiamento climatico una minaccia. Mo-rano doveva farsi venire in mente qualcosa. Allora si ricordò della massima del consu-lente politico Karl Rove, ex vice dello sta� di George W. Bush: “Non attaccare i punti deboli del tuo nemico, ma i suoi punti di forza”. E il punto di forza degli scienziati era la loro credibilità.

Il 20 dicembre 2007 le redazioni dei giornali e delle tv di tutti gli Stati Uniti rice-vettero un rapporto di 175 pagine – appa-rentemente serissimo – pubblicato da Mo-rano. Sotto l’intestazione della commissio-ne per l’ambiente, con tanto di stemma del senato, si leggeva il titolo: “Più di quattro-cento insigni scienziati mettono in dubbio le cause umane del riscaldamento globa-le”. Quasi tutte le redazioni abboccarono. Mancava poco a Natale: pochi giornalisti si preoccuparono di veri�care i 413 nomi e le relative dichiarazioni. I quotidiani e i tele-giornali citarono il rapporto senza sosta: dal New York Times al Boston Herald, dal-la Fox News alla Cnn.

In realtà 44 di questi presunti scienziati erano solo annunciatori delle previsioni del tempo, 84 avevano lavorato per il settore petrolifero, 49 erano da tempo in pensione e 90 non avevano niente a che fare con gli studi sul clima. Gli altri erano ricercatori che non avevano mai messo in dubbio che il cambiamento climatico fosse provocato dagli esseri umani ma che, come succede spesso nella comunità scienti�ca, si stava-

un primo tentativo di tenere conto del-le emissioni del permafrost, e prevedo-no che le emissioni provocheranno un ulteriore riscaldamento di circa 0,25 gradi, con punte ipotizzate �no a 1 gra-do entro il 2100.

Emissioni dell’uomo Se smettes-simo in questo momento di rilasciare anidride carbonica nell’atmosfera, avremmo una buona possibilità di evi-tare un aumento consistente delle temperature. Ma non ci sono segnali che stia succedendo. Le emissioni an-nuali sono diminuite impercettibil-mente dopo il 2008, in seguito alla più grave crisi dopo la grande depressione, ma poi sono tornate a crescere più di prima. Per ora il dato si avvicina allo scenario peggiore previsto dall’Ipcc nel 2007: un aumento di quattro gradi entro il 2100, ben oltre i due gradi che secondo gli esperti dovremmo evitare a tutti i costi. Questo scenario, però, non è stato rappresentato secondo i modelli più avanzati disponibili quan-do è stato preparato il rapporto. Oggi le “migliori stime” parlano di un aumen-to di 5-6 gradi, con un 10 per cento di possibilità di arrivare a sette.

Stress da calore Il dato saliente non è tanto la temperatura dell’aria, ma la temperatura della nostra pelle: il sudore ra�redda l’epidermide, ma è meno e�cace in condizioni di umidità. L’e�etto combinato di calore e umidità può essere misurato dalla temperatura di bulbo umido di un termometro “che suda”, cioè da un termometro avvolto in un panno umido. Oggi le massime temperature di bulbo umido raggiunte sul pianeta non superano i 31 gradi, ma secondo le previsioni dovrebbero au-mentare. È di�cile attribuire un preci-so valore numerico a questi e�etti, per-ché �nché godiamo di buona salute non ci preoccupiamo del caldo. Andia-mo a cercare il fresco o mettiamo l’aria condizionata. Ma c’è un limite. È im-possibile sopravvivere a lungo a una temperatura di bulbo umido di 35 gradi o oltre. Secondo uno studio del 2010 di Steven Sherwood e Matthew Huber, dell’University of New South Wales di Sydney, se la temperatura aumenterà di sette gradi, in alcune parti del mon-do questo limite sarà superato. Ampi tratti di Africa, Australia, Cina, Brasile, India e Stati Uniti diventeranno invivi-bili per buona parte dell’anno.

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to provocare un calo della produzione. A quanto pare, invece, i cambiamenti clima-tici stanno avendo l’e�etto contrario, an-che se la temperatura del pianeta è au-mentata di soli 0,8 gradi. Nel 2011 un team della Stanford university ha analiz-zato la produzione globale di grano, mais, riso e soia dal 1980 al 2008. In base agli e�etti conosciuti di temperatura, precipi-tazioni e livelli di anidride carbonica sulla crescita, i raccolti medi sono più bassi di oltre l’1 per cento rispetto al valore che ci sarebbe stato senza il riscaldamento.

Livello del mare Fino a poco tempo fa nessuno prevedeva che la Groenlandia perdesse una quantità di ghiaccio signi�-cativa prima di qualche secolo e si preve-deva una crescita dello strato di ghiaccio dell’Antartide. Il rapporto del 2007 dell’Ipcc ipotizzava che da allora alla �ne del secolo i due strati di ghiaccio avrebbe-ro contribuito all’aumento del livello del mare di soli 0,3 millimetri all’anno. Le ri-levazioni satellitari confermano che le due banchise stanno già perdendo una quantità di ghiaccio su�ciente a far innal-zare il livello del mare di almeno 1,3 milli-metri all’anno. Le ultime simulazioni ef-fettuate dai ricercatori dell’istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto clima-tico, oltre ad altri studi sul clima nel pas-sato, indicano che presto il nostro pianeta si riscalderà a tal punto da provocare lo scioglimento dell’intero strato di ghiaccio della Groenlandia. La maggioranza dei glaciologi pensa che entro il 2100 il livello del mare si alzerà di almeno un metro, forse anche del doppio. Quanto basta, co-munque, per inondare molte città che si trovano a pochi metri sopra il livello del mare o a renderle vulnerabili alle precipi-tazioni.

Feedback planetari Solo la metà del-le emissioni di anidride carbonica che produciamo resta nell’atmosfera, il resto è assorbito dal terreno e dagli oceani. Con il riscaldamento globale la quantità che ter-reno e acqua riusciranno ad assorbire sarà minore e alla lunga cominceranno anche loro a emettere anidride carbonica. Sul rapporto del 2007 dell’Ipcc erano pubbli-cate le proiezioni dell’aumento di emis-sioni di anidride carbonica di mari, terreni e vegetazione. Nessun modello, tuttavia, prevedeva l’emissione dell’anidride car-bonica intrappolata nel permafrost e negli idrati di metano sui fondali marini. I ricer-catori della University of Victoria nella British Columbia, in Canada, hanno fatto

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lato di recente sui mezzi d’informazione lo Heartland institute ha scritto riguardo all’Nipcc: “Sponsorizziamo l’Nipcc per mettere in discussione il rapporto u�ciale dell’Ipcc. Abbiamo pagato 388mila dollari a un’équipe di giornalisti per farli lavorare ad alcune pubblicazioni”. Nel documento si legge inoltre: “Il nostro attuale bilancio ci permette di �nanziare persone di grande esperienza capaci di contraddire regolar-mente le a�ermazioni degli allarmisti del riscaldamento climatico. In questo periodo i fondi vanno a Craig Idso (11.600 dollari al mese), Fred Singer (cinquemila dollari al mese) e Robert Carter (1.667 dollari al me-se)”. Tra il 1997 e il 2004 l’industria del pe-trolio e del gas ha investito 420 milioni di dollari per di�ondere il dubbio.

Sul banco degli imputatiAlla �ne del 2007 l’Ipcc è stato insignito del premio Nobel per la pace. Ma all’epoca ne-gli Stati Uniti non si sentiva parlare da un

pezzo di consenso bipartisan o di proposte di legge comuni per la difesa del clima. Anzi, Mann era ancora una volta sul banco degli imputati a Washington. “Que-stioni aperte sulla mazza da ho-

ckey”: era questo il titolo dell’audizione alla quale l’aveva convocato la commissio-ne per l’energia. Mann sapeva bene che non c’era nessuna questione aperta e che i suoi risultati erano indiscutibili, ma era co-munque nervoso.

Davanti alla Rayburn house, la sede della camera dei rappresentanti, erano par-cheggiate le stazioni mobili di tutti i princi-pali canali televisivi. Mentre Mann saliva le scale, i cameraman gli correvano dietro in-sieme ai giornalisti. Lo scienziato era appe-na diventato padre e il suo contratto con l’università sarebbe scaduto presto. Per la prima volta in vita sua Mann si era rivolto a un avvocato. A questo punto non si trattava solo di scienza: c’era in gioco la sua stessa

esistenza. L’audizione durò tre ore. Uno statistico che �no a quel momento non ave-va mai avuto a che fare con gli studi sul cli-ma descrisse Mann come il burattinaio di una cospirazione internazionale, mentre un ex consulente dell’industria sostenne che il ricercatore aveva giocato sporco. Mentre Mann cercava di difendersi, Mora-no seguiva lo spettacolo dalla sala del pub-blico. L’esperto di pubbliche relazioni sa-peva che sbarazzandosi di Mann e della sua mazza da hockey sarebbe riuscito a farla �nita con l’Ipcc e con tutte le leggi che po-tevano rendere più costosa la combustione di petrolio, gas e carbone. Quando la sala di Washington si svuotò, Morano andò da Mann e gli porse la mano sorridente. Mann gliela strinse con cortesia, e a ripensarci Morano ride ancora oggi: “Non aveva la minima idea di chi avesse davanti”. Alla �-ne dell’audizione non venne fuori nessun dato nuovo. Nei giorni seguenti l’American geophysical union, l’American meteorolo-gical society e altre trenta associazioni scienti�che si schierarono dalla parte di Mann. Ma il dubbio persisteva.

Quando ripensa all’audizione di Wa-shington nel suo studio dell’università del-la Pennsylvania, Mann fa un profondo so-spiro: “Quelle persone sono ciniche”, dice. “Che Morano non ce l’abbia con me perso-nalmente mi è chiaro. Vuole solo intimidir-mi. Vuole intimidire un’intera disciplina”.

Mann ha il volto pallido e parla a bassa voce. Tra poco compirà 47 anni, ma ha an-cora la timidezza di una persona che si tro-va più a suo agio in laboratorio che in com-pagnia di altri. Gli piace esplorare le foreste della Pennsylvania e vivere la pace del col-lege di questa cittadina universitaria, dove abita in una casa di periferia con sua mo-glie, una biologa. Ed è contento che nella sua casa la corrente elettrica sia prodotta dall’energia eolica. “Ha mai sentito parlare della strategia del Serengeti?”, mi chiede Mann. “I predatori del Serengeti uccidono le loro prede isolando un animale dal resto del branco: quando resta da solo lo aggre-discono”.

Nel 2009 la crisi ha colpito anche i mez-zi d’informazione. Gli editori e gli studi te-levisivi hanno ridimensionato le redazioni, e un giornalista statunitense su tre ha perso il posto di lavoro. La Cnn ha smantellato l’intera redazione scienti�ca e alla �ne l’an-nunciatore delle previsioni del tempo, Chad Meyers, è diventato un esperto di cambiamento climatico. Meyers la pensa così: “È presuntuoso pensare che noi esseri umani possiamo in�uenzare l’assetto me-teorologico �no a questo punto”. Questi

no confrontando criticamente con questio-ni come l’effettiva velocità dell’innalza-mento del livello del mare. I testimoni più importanti di Morano erano due �sici: Fred Singer, che all’epoca aveva 83 anni, e Fre-derick Seitz, che ne aveva 96 ed è morto quattro anni fa. Negli anni ottanta Singer aveva lavorato per il programma missilisti-co degli Stati Uniti e Seitz per quello degli armamenti nucleari. I due, convinti antico-munisti al soldo di Ronald Reagan, adesso aiutavano Morano a difendere la libertà dall’ecofascismo. I loro articoli uscivano sul New York Times, sul Wall Street Journal e sul Washington Post. Così, come in pas-sato la mazza da hockey di Mann era �nita sulle prime pagine di tutti i giornali, ora i mezzi d’informazione si lanciarono sull’ul-tima notizia: la situazione non è poi così grave come sembra.

In passato Seitz aveva minimizzato i ri-schi del fumo di sigaretta per conto del pro-duttore di tabacco Reynolds, incassando 65mila dollari all’anno. Singer era stato sul libro paga dei gruppi petroliferi ExxonMobil, Shell e Texaco. Singer e Seitz avevano fondato le organizzazioni Scien-ce and environment policy project e Nongovernmental international panel on climate change (Nipcc) con lo sco-po dichiarato di gettare discredito sull’Ipcc.

Quelle di Singer e Seitz fanno parte di un insieme di associazioni e istituti �nan-ziati dall’industria che si è sviluppato intor-no a Washington: una sorta di villaggio Potëmkin della scienza popolato da esperti pagati che servono gli interessi dei loro committenti. Ci sono lo Heartland institu-te, l’American enterprise institute, il Mar-shall institute, il Frontiers of freedom insti-tute e l’Independent institute. Un elenco interminabile di istituzioni che si spaccia-no per serie e indipendenti e che a loro vol-ta danno vita a entità specializzate sui temi ambientali. Come per esempio il Commit-tee for a constructive tomorrow, il datore di lavoro di Morano.

Nel giro di pochi anni queste organizza-zioni hanno pubblicato più di cento libri sul cambiamento climatico. Gli autori sono stati invitati a importanti trasmissioni tele-visive e hanno tenuto conferenze in con-gressi internazionali sul clima apposita-mente organizzati. Un meccanismo di menzogne ben oliato e capace di autoali-mentarsi.

Mentre Mann e gli altri scienziati dell’Ipcc lavorano senza ricevere compen-si, in un piano economico per il 2012 trape-

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Calcutta

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Alessandria d’Egitto

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2,5

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Da sapereLe principali città esposte all’innalzamento del livello dei mari nel 2070 e il numero di abitanti previsto per quell’anno, milioni. Fonte: Oecd

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Internazionale 978 | 7 dicembre 2012 51

tagli, negativi per i lettori, sono stati invece positivi per Morano. Per risparmiare il tem-po e le risorse necessarie a indagare sulle questioni climatiche, molte redazioni han-no cominciato a neutralizzare ogni opinio-ne con un’opinione contraria: ogni a�er-mazione di un climatologo è integrata da quella di un negazionista. Nel suo portatile Morano aveva memorizzato migliaia di in-dirizzi email di giornalisti, suddividendoli in diciannove liste ripartite tra curatori di rubriche, moderatori televisivi, redattori scienti�ci (“che non sono tanto aperti alle mie tematiche”) e giornali locali (“che ac-cettano sempre tutto volentieri”).

ClimategateIl 17 novembre 2009 Mann stava festeg-giando il giorno del ringraziamento insie-me alla sua famiglia quando alle 21.57 qual-cuno che aveva adottato lo pseudonimo Foia scrisse sul blog Air Vent. Foia riporta-va l’indirizzo di un server da cui si potevano scaricare mille messaggi privati di posta elettronica dei più importanti climatologi, tra cui quelli di Mann.

Cos’era successo? Alcuni ignoti erano riusciti a entrare nel server del dipartimen-to di studi sul clima della University of East

Anglia, nel Regno Unito, e si erano impos-sessati di email e documenti. Poi li avevano resi accessibili in rete con perfetto tempi-smo rispetto alla conferenza sul clima delle Nazioni Unite, che doveva aprirsi all’inizio di dicembre a Copenaghen.

Morano stava viaggiando sul sedile po-steriore di un’auto a noleggio lungo la Paci-�c coast highway quando gli squillò il cellu-lare. Era in California per fare campagna contro una nuova legge sull’ambiente. Un conoscente lo aveva chiamato per raccon-targli delle email trafugate, sottolineando che contenevano cose pazzesche. Per esempio, il fatto che Mann aveva scritto in un messaggio di essere ricorso a un “truc-co” per mascherare la riduzione delle tem-perature. Un trucco! Bastava questa parola per dimostrare che tutta la questione del cambiamento climatico era solo una colos-sale messinscena.

In poco tempo il presunto scandalo ri-cevette anche un nome: Climategate. Mo-rano aprì un sito in cui raccoglieva tutte le notizie sulle email dei ricercatori. Intanto descriveva il caso come “il più grande scan-dalo della scienza moderna”. Morano lavo-rò febbrilmente per notti intere �nché il Climategate non invase l’universo di Goo-

gle. In due settimane, la storia sul presunto inganno dei climatologi si di�use su più di 25 milioni di pagine web.

Quasi nessun giornalista lesse i testi originali delle email, ma quasi tutti i mezzi d’informazione accolsero con gratitudine l’interpretazione di Morano: “L’ultimo chiodo sulla bara del riscaldamento globa-le”. Fox News parlava della “Waterloo del riscaldamento globale” e il quotidiano bri-tannico Daily Telegraph avvertì: “Se siete in possesso di azioni di aziende attive nel settore delle energie rinnovabili, vendetele subito”. Per�no la prestigiosa rivista The Atlantic scrisse sdegnata: “La puzza della corruzione intellettuale è travolgente”.

La conferenza mondiale sul clima di Copenaghen si concluse con un nulla di fatto. Il senato statunitense bocciò la legge per la difesa del clima presentata dal presi-dente Barack Obama. Ma poche settimane dopo, nella primavera del 2010, negli Stati Uniti e nel Regno Unito due commissioni d’inchiesta parlamentari assolsero gli scienziati da ogni accusa. Le citazioni a lo-ro carico erano state estrapolate dal conte-sto. Mann aveva usato la parola “trucco” solo per descrivere una soluzione lecita a un problema statistico e nei set di dati non

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Michael Mann Marc Morano

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In copertina

consegnargli tutte le email, i documenti e i dati dello scienziato. Nel marzo del 2012 il tribunale ha pronunciato un verdetto favo-revole a Mann. Tre mesi dopo, il 4 giugno, lo scienziato ha partecipato a una trasmis-sione della Msnbc, Now with Alex Wagner. Appoggiato a un leggio, ha detto con espressione concentrata: “Da anni gruppi agguerriti �nanziati dall’industria cercano di screditarmi con un solo obiettivo: impe-dire che la politica passi all’azione”.

Dall’inizio dell’anno Mann frequenta programmi televisivi, tiene conferenze nelle università e concede interviste a radio e giornali. Inoltre ha raccontato la sua sto-ria in un libro, The hockey stick and the cli-mate wars (La mazza da hockey e le guerre del clima). Le radio e i giornali che si inte-ressano a lui non hanno un grande seguito. Mann non fa notizia, ma si esprime con precisione e chiarezza. Ha deciso di esporsi

in pubblico per a�rontare Morano sul suo stesso campo: la comunicazione. Il ricerca-tore è sempre timido. Di fronte alle teleca-mere inarca la schiena irrigidito, ma per lui è �nalmente arrivato il momento di difen-dersi. Di recente ha ricevuto un’altra email anonima: “Lei e i suoi colleghi meritate di essere uccisi, squartati e dati in pasto ai maiali insieme alle vostre dannate fami-glie”. Durante le sue apparizioni pubbliche, ormai Mann è scortato dalla polizia. Diver-si colleghi hanno trasferito i loro u�ci in zone protette dove le porte si possono apri-re solo con un codice segreto.

Sbarco in EuropaPerché fa tutto questo? Mann parla di sua �glia, che ha sette anni: “Questa battaglia è per lei”, risponde. “E per gli altri bambi-ni”. Ma anche gli avversari di Mann pensa-no ai bambini. Lo Heartland institute ha pagato centomila dollari a un consulente del ministero dell’energia perché elaboras-se un programma scolastico alternativo in cui si spiega ai ragazzi che il cambiamento climatico non è stato dimostrato.

Di questi tempi Morano si dedica anima e corpo alla lotta contro le energie rinnova-bili. “Sul riscaldamento climatico a Wa-shington ce l’abbiamo fatta”, dice. Quella di Doha è la prima conferenza sul clima a cui non si è sentito in dovere di partecipare.

Per lui la guerra è vinta. Solo in Europa i ne-gazionisti del cambiamento climatico sono ancora sulla difensiva. Ora Fred Singer vo-la spesso oltre l’Atlantico, soprattutto in Germania, dove molti credono ancora ai risultati delle ricerche. Singer vuole cam-biare la situazione. Nel settembre del 2010 l’esperto è stato ospite del Bundestag su invito dei liberali della Fdp. Marie-Luise Dött, la portavoce per l’ambiente del grup-po parlamentare della Cdu, è rimasta col-pita: “Professor Singer, ho trovato le sue argomentazioni molto illuminanti ed espo-ste in un bello stile americano”, ha detto la deputata. Gli scettici, ha aggiunto Dött, hanno bisogno di “una maggioranza nella società”. Questa frase, ha comunicato in seguito la Cdu, è stata citata in modo scor-retto.

A novembre Singer è stato di nuovo in Germania, a Monaco di Baviera, per una conferenza organizzata dall’Istituto euro-peo per il clima e l’energia (Eike), con il so-stegno del Committee for a constructive tomorrow. L’addetto stampa dell’Eike è Horst Lüdecke, un professore emerito di �sica di 70 anni che si occupa di clima da quando è andato in pensione. “Ho appreso i fondamenti della materia da autodidat-ta”, dice orgoglioso. Nel comitato scienti�-co dell’Eike ci sono un giornalista e un esperto di scienze forestali, mentre il presi-dente è uno storico e il vicepresidente un ingegnere elettrotecnico che durante le sue conferenze parla volentieri dello scenario tremendo di un’ecodittatura: niente riscal-damento, niente auto, niente fabbriche. “Siamo quasi tutti pensionati”, dice Lüde-cke.

L’Eike non ha una sede, solo una casella postale a Jena, mentre il suo sito è il princi-pale punto di riferimento in Germania per i negazionisti del cambiamento climatico: un cielo azzurro coperto da nubi a pecorelle sovrasta un prato rigoglioso, il logo blu e giallo con una corona di stelle ricorda il simbolo dell’Unione europea. L’e�etto è invitante, serio, scienti�co. Sulla home pa-ge si trovano link a siti statunitensi come quello di Morano oppure a Klimaskeptiker.info, il “forum contro le eresie dell’e�etto serra e della salvaguardia del clima”.

Di recente l’Eike, fondato nel 2007, è stato dichiarato associazione di pubblica utilità e ora può chiedere u�cialmente do-nazioni. Ma chi �nanzia l’Eike? “È un se-greto”, risponde Lüdecke. Quanti sono gli iscritti? “Qualunque informazione potreb-be essere usata contro di noi”, dice l’addet-to stampa a bassa voce. Ma l’istituto, ag-giunge, ha ottimi contatti con i parlamen-

c’erano tracce di manipolazione. Anche questa notizia comparve sui giornali, ma da qualche parte sulle ultime pagine. Oggi, però, neanche uno statunitense su due cre-de al cambiamento climatico. “È tutta ope-ra di Morano”, spiega Mann nel suo u�cio. Intanto l’addetto alle pubbliche relazioni ha modi�cato la strategia dei negazionisti. Gli studiosi del clima non sono più solo dal-la parte del torto: ormai sono dei criminali che ingannano consapevolmente i cittadi-ni. E gran parte dell’opinione pubblica gli crede. Nell’agosto del 2010 Mann era nel suo u�cio quando ha aperto una lettera e gli è caduta addosso una polverina bianca. La polizia ha fatto evacuare l’edi�cio so-spettando un attacco chimico. L’Fbi ha av-viato un’indagine. Alla �ne si è scoperto che la polvere era farina, ma Mann ha capi-to che la sua vita non sarebbe stata mai più come prima. La Commonwealth founda-tion, una fondazione di Filadelfia che si batte per “il libero mercato”, ha invitato l’università della Pennsylvania a licenziare Michael Mann e ha organizzato manifesta-zioni nel campus quasi ogni giorno.

Intanto un gruppo �nanziato dall’indu-stria del carbone ha invitato su Facebook a boicottare le lezioni di Mann, e su YouTube sono usciti video che ridicolizzavano lo scienziato con una caricatura prodotta da uno studio di pubbliche relazioni che lavo-ra per i repubblicani a Washington. Duran-te le conferenze di Mann, di colpo in sala comparivano persone che sventolavano in aria cappi da impiccagione. Mann ha cam-biato numero di telefono. “Ho tenuto na-scoste a mia moglie quasi tutte le lettere minatorie che ho ricevuto”, ha detto in se-guito il ricercatore.

Insieme ad altri studiosi del clima, Mann ha aperto un sito, Realclimate.org, dove gli scienziati hanno cominciato a con-trobattere a tutte le accuse. Ma restano in minoranza: i ricercatori devono fornire prove per ogni a�ermazione, mentre i loro avversari possono sostenere quello che vo-gliono. Gli scienziati seguono il ritmo lento della ricerca accademica, mentre agli altri serve solo una connessione a internet. In questo modo un piccolo gruppo ha messo nell’angolo la comunità scienti�ca interna-zionale, schiacciata da un gigante immagi-nario che ormai trova sostenitori anche nei tribunali. Nel 2010, Ken Cuccinelli, il pro-curatore generale della Virginia, ha avviato un procedimento giudiziario per chiarire se fosse il caso di ritirare il titolo accademi-co a Mann. Cuccinelli, un repubblicano, ha chiesto all’università della Virginia, che all’epoca era il datore di lavoro di Mann, di

Michael Mann non fa notizia, ma si esprime con precisione e chiarezza

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Internazionale 978 | 7 dicembre 2012 53

Ondate di caldo estivo più forti

Produzione di energia idroelettrica e nucleare

minacciata dalle tempeste e dai livelli dei �umi e del mare

Raccolti danneggiati dalle variazioni

di temperatura e dalle precipitazioni

Innalzamento del livello del mare

Costi dell’adattamento ai cambiamenti climatici

e dei danni provocati da eventi atmosferici estremi

Aumento delle tempeste

tari di tutti i partiti. Con chi per la precisio-ne? Lüdecke scuote la testa con aria da co-spiratore. “La questione è troppo scottan-te”.

Il mondo dei negazionisti tedeschi po-trebbe essere liquidato come innocuo se di recente non fosse sceso in campo un peso massimo della politica: Fritz Vahrenholt, un esponente dell’Spd. Ex responsabile per l’ambiente del land di Amburgo, alla �ne degli anni novanta Vahrenholt è diventato manager del gruppo petrolifero Shell per poi passare al gruppo energetico Rwe e pri-

ma di entrare nel consiglio di vigilanza di una sua controllata, la Rwe Innogy. Nel 2006 la Rwe è stata coinvolta in una causa contro Greenpeace e ha dichiarato che il cambiamento climatico è solo “una perce-zione soggettiva, un rischio presunto che non è né concreto né attuale”. Un anno pri-ma un consulente statunitense di pubbli-che relazioni che lavorava per la Rwe aveva stilato un documento strategico per con-trastare la svolta energetica, raccoman-dando di creare “una coalizione con altre aziende interessate” e di imparare da sta-

tunitensi come Marc Morano.Nel febbraio del 2012 Vahrenholt ha

pubblicato il libro Die kalte Sonne (Il Sole freddo), in cui sostiene che la Terra si sta riscaldando molto più lentamente di quan-to si pensi. All’uscita del libro la Bild ha pubblicato una lunga serie di articoli sulla “menzogna dell’anidride carbonica”. Vah-renholt è stato intervistato dallo Spiegel, sulla Zeit ha avuto anche gli onori della pri-ma pagina. Intanto è comparso alla Zdf e ai microfoni dello Hessischer Rundfunk, del Norddeutscher Rundfunk e del Südwe-strundfunk. Vahrenholt è l’esperto presti-gioso che gli scettici tedeschi del cambia-mento climatico aspettavano.

Una buona notiziaIl 20 settembre 2012, davanti alla Frauen-kirche di Dresda, Vahrenholt ha detto al-largando le braccia e sorridendo bonario: “Ho una buona notizia per voi. Da quattor-dici anni le temperature non stanno più aumentando e per di più ora il Sole si sta ra�reddando, per cui la temperatura glo-bale si ridurrà ancora”. Poi l’esperto si è ri-volto al pubblico: “La famosa mazza da hockey è solo il frutto di misurazioni erra-te”.

Di fronte a lui erano seduti pensionati in costose giacche da escursionismo che annuivano soddisfatti. “La �ne delle cer-tezze” era il titolo della serie di iniziative organizzate dalla cancelleria di stato della Sassonia. Vahrenholt era in buona compa-gnia: l’ex primo ministro sassone Kurt Bie-denkopf, il ministro della difesa Thomas de Maizière, l’esperto di sicurezza dei Verdi Winfried Nachtwei e la scrittrice austriaca Kathrin Röggla. All’inizio dell’incontro Vahrenholt è stato presentato come scien-ziato esperto di questioni climatiche, im-pegnato nelle politiche per l’ambiente, manager e autore di libri. Non si è accenna-to al fatto che la sua è una posizione isolata, che i giornalisti specializzati hanno stron-cato il suo libro, de�nendolo l’opera popu-lista di un non addetto ai lavori.

Alcuni studenti hanno fatto delle do-mande critiche, ma Vahrenholt aveva uno studio da citare per ogni obiezione e un nu-mero pronto per controbattere a ogni tesi. Alla �ne sembrava un pubblico di pazzi che aveva davanti uno che ha capito tutto della vita. Il giorno in cui Vahrenholt ha parlato a Dresda erano passati quattordici anni da quando Mann e i suoi due colleghi avevano pubblicato il gra�co della mazza da hockey. Nel frattempo le emissioni annuali di ani-dride carbonica sono aumentate di più del 40 per cento. � fp

Da sapere Il clima in Europa

Da 0,5 a 1,0

Da 1,0 a 1,5

Da 1,5 a 2,0

Da 2,0 a 2,5

Variazioni della

temperatura media

tra il 2021 e il 2050, °C

� Uno studio dell’Agenzia europea

dell’ambiente pubblicato il 21 novembre 2012 evidenzia che lo stato del clima in Europa è peggiorato, facendo prevedere gravi ripercussioni sociali e ambientali. Gli

eventi climatici estremi diventeranno sempre più intensi e frequenti. Se non saranno adottate le misure necessarie, i costi continueranno a crescere. Fonte: New Scientist