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1 INDICE Introduzione Capitolo 1 LA GUERRA CIVILE E LA PRIMA FASE DEL FRANCHISMO (1939- 1945) 1.1 La Guerra Civile 1.1.1 La situazione economica 1.1.2 L’emigrazione spagnola 1.2 L’agricoltura e la Riforma agraria prima del franchismo 1.3 L’industria 1.4 Il Settore terziario 1.5 Il Contesto socio-politico e l’internazionalizzazione del conflitto 1.6 L’oro di Mosca e la crisi monetaria 1.7 Le conseguenze economiche del conflitto 1.8 L’inizio del Franchismo 1.9 La struttura del nuovo Stato 1.10 La transizione post guerra 1.11 Il Nazional Sindacalismo spagnolo 1.12 El Instituto de Reforma Agraria 1.12.1 Colonizzazione agraria in Andalucia 1.12.2 Estraperlo (mercato nero) 1.13 Instituto Nacional de Industria (INI) Capitolo 2 L’APERTURA AL SISTEMA INTERNAZIONEL E IL MIRACOLO ECONOMICO (1945-1973) 2.1 La fine della guerra e l’isolamento della Spagna (1946-1953) 2.2 La ripresa industriale e i rapporti economici con la Francia 2.3 Il ceto dei tecnici e lo sviluppo economico 2.4 Il Piano di Stabilizzazione del 1959 2.4.1 La Pianificazione Indicativa dello Sviluppo 2.4.2 I Piano di sviluppo economico e sociale 1964-1967

La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

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INDICE

Introduzione

Capitolo 1 LA GUERRA CIVILE E LA PRIMA FASE DEL FRANCHISMO (1939-

1945)

1.1 La Guerra Civile

1.1.1 La situazione economica

1.1.2 L’emigrazione spagnola

1.2 L’agricoltura e la Riforma agraria prima del franchismo

1.3 L’industria

1.4 Il Settore terziario

1.5 Il Contesto socio-politico e l’internazionalizzazione del conflitto

1.6 L’oro di Mosca e la crisi monetaria

1.7 Le conseguenze economiche del conflitto

1.8 L’inizio del Franchismo

1.9 La struttura del nuovo Stato

1.10 La transizione post guerra

1.11 Il Nazional Sindacalismo spagnolo

1.12 El Instituto de Reforma Agraria

1.12.1 Colonizzazione agraria in Andalucia

1.12.2 Estraperlo (mercato nero)

1.13 Instituto Nacional de Industria (INI)

Capitolo 2 L’APERTURA AL SISTEMA INTERNAZIONEL E IL MIRACOLO

ECONOMICO (1945-1973)

2.1 La fine della guerra e l’isolamento della Spagna (1946-1953)

2.2 La ripresa industriale e i rapporti economici con la Francia

2.3 Il ceto dei tecnici e lo sviluppo economico

2.4 Il Piano di Stabilizzazione del 1959

2.4.1 La Pianificazione Indicativa dello Sviluppo

2.4.2 I Piano di sviluppo economico e sociale 1964-1967

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2.4.3 II Piano di sviluppo economico e sociale 1968-1971

2.4.4 III Piano di sviluppo economico e sociale 1972-1975

2.5 I maggiori successi del Piano di Stabilizzazione

2.5.1 El Instituto Español de Emigración (IEE)

2.5.2 Il Turismo

2.6 Effetti nei vari settori

2.6.1 Agricoltura e IRYDA (Istituto di Riforma e Sviluppo Agrario)

2.6.2 L’Industrializzazione

2.6.3 Il settore dei Servizi

2.7 La crisi del 1973 e del 1979

2.8 L’opposizione al regime e la transizione democratica

Capitolo 3 LA TRANSIZIONE DEMOCRATICA E L’ENTRATA NEGLI

ORGANISMI SOVRANAZIONALI (1973-2002)

3.1 Crisi Economica e Riconversione industriale

3.2 Le conseguenze territoriali della crisi industriale

3.3 La Spagna e la Comunità Economica Europea (CEE)

3.3.1 Una lunga negoziazione

3.3.2 Unione Doganale: l’industria come tema chiave

3.3.3 La Spagna e la Pac

3.3.4 I rapporti storici con l’America Latina

3.3.5 Gli effetti economici dell’ingresso nella CEE

3.4 L’entrata nell’Unione Europea (UE)

3.4.1 Commercio e investimenti diretti esteri

3.4.2 Il coordinamento delle politiche economiche

Conclusioni

Bibliografia

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INTRODUZIONE

Il presente lavoro intende esplicare lo sviluppo economico vissuto dalla Spagna dall’inizio

della sua guerra civile fino all’entrata nella Unione Europea e la sua necessità di passare da

un’economia autarchica ad una progressiva integrazione nel sistema economico

internazionale. L’interesse verso la Spagna nasce dall’esperienza vissuta dallo scrivente in

Andalucia con il programma Erasmus LLP, presso la città di Almeria, durante l’anno

accademico 2012/2013.

In questa tesi lo sviluppo economico della Spagna viene suddiviso in tre capitoli, che studiano

differenti fasi dell’economia del paese dall’inizio dell’autarchia fino alla sua graduale e

difficile apertura verso gli scambi internazionali con l’entrata nei vari organismi

sovranazionali.

Nel primo capitolo viene presentata l’iniziale situazione economica della Spagna all’inizio del

1935 sviluppando le determinanti che portarono al conflitto del 1936, anno della guerra civile,

fino al 1939, termine del conflitto, con l’inizio del regime di Francisco Franco. Al seguito dei

tre anni di conflitto la Spagna ne uscirà praticamente azzerata in tutti i suoi settori,

principalmente in quello agrario e industriale, dovendo ricostruire da capo l’intero tessuto

sociale ed economico. La soluzione che diede il regime fu di inseguire l’autosufficienza del

sistema, attraverso un forte intervento pubblico in economia, ispirandosi inizialmente ai

modelli economici sviluppati durante il fascismo in Italia con la creazione di Istituti appositi

per i vari settori.

Si iniziò con una riforma agraria, volta a cancellare le riforme del periodo repubblicano-

socialista degli anni trenta, venne creato l’Istituto per la Colonizzazione Agraria (INC) con gli

obiettivi di redistribuire diversamente la terra (attraverso progetti di trasformazione dei

territori), creare nuove zone rurali in grado di soddisfare la domanda interna (obiettivo in

Italia perseguito con la bonifica integrale) e superare la conflittualità tra proprietari terrieri e

contadini. L’obiettivo di superare la lotta di classe fu perseguito con la creazione del

Sindacato Nazionale, che mutava l’esperienza del corporativismo italiano.

Per rilanciare l’industria, portata al collasso durante la guerra civile, si creò nel 1941 l’Istituto

Nazionale dell’Industria, con l’acronimo di INI (in Italia l’IRI venne istituito nel 1933). A

differenza dell’Istituto di ricostruzione Industriale italiano, l’INI ebbe numerosi problemi sia

durante i suoi primi anni di vita che durante il post guerra mondiale. La Spagna dopo il 1945

si trovò completamente esclusa da qualsiasi scambio commerciale con il resto del mondo

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(insieme con il Portogallo di Salazar, fu l’unico regime che nonostante avesse formalmente

appoggiato i Nazionalsocialisti tedeschi continuava a rimanere in carica nell’Europa

occidentale). All’interno del paese mancavano le risorse primarie per la realizzazione dei

progetti governativi, il Paese cercava di raggiungere la propria autosufficienza economica

senza materie prime disponibili, così numerosi progetti dell’INI si bloccarono in fase di

avviamento ed in molti casi non riuscirono proprio a partire.

Al termine di questa prima fase 1936-1945 la Spagna presentava un totale declino economico

e sociale, il regime di Franco ricercò l’autosufficienza economica praticando una politica

autarchica, obbligato anche dalla congiuntura internazionale caratterizzata dagli anni della

seconda guerra mondiale. La creazione di Istituti pubblici portò i risultati sperati. Inoltre, a

causa del razionamento alimentare, cresceva il mercato nero (fenomeno chiamato estraperlo)

e l’industria ostentava ad evolversi. L’opzione autarchica fu accantonata nel corso degli

cinquanta con un’iniziale apertura economica che riguardò principalmente il settore

industriale.

Nel secondo capitolo viene trattata proprio questa fase di cambio politico ed economico. La

prima fase va dal 1945-1953. Durante questo periodo non si registrano grandi manovre

economiche da parte del regime, proprio a causa dell’esclusione che la Spagna è costretta a

vivere. Gli Stati Uniti d’America spingevano gli altri paesi del blocco delle Nazioni Unite ad

evitare qualsiasi transazione economica con il paese di Franco (solo l’Argentina aiutò la

Spagna con l’invio di generi alimentari). Per il regime spagnolo fu chiaro l’estremo bisogno

di inserirsi nel contesto economico internazionale. L’isolamento stava trascinando la nazione

verso la bancarotta.

Iniziò allora una fase di trasformazione, almeno di immagine. Il partito mutò il nome in

Movimiento Nacional ma soprattutto nell’agosto del 1953 viene firmato a Roma il concordato

con la Santa Sede, in questo modo Franco si garantiva una propria legittimità internazionale.

Inizia una prima fase di accordi commerciali tra l’INI e la Francia, tali accordi riguardavano

principalmente due settori: quello petrolifero e quello energetico. La Francia attraverso

banche private finanziava determinati progetti in Spagna, co-finanziando anche imprese

pubbliche.

Nel 1955 la Spagna entra a far parte dell’ONU ed in seguito in virtù del contesto

internazionale (periodo della guerra fredda) gli Stati Uniti e la Spagna giungono al loro primo

incontro ufficiale nel 1959.

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Il secondo periodo trattato nel secondo capitolo va dal 1957 fino al 1975. Si tratta dell’unica

fase storica di Franco caratterizzata da un periodo di auge economico: la decade degli anni ’60

viene infatti definita Miracolo economico spagnolo.

Nel 1957 avviene il cambio definitivo nella politica economica del paese. I gruppi di potere

tradizionali spagnoli, in parte provenienti dalla falange, vengono sostituiti in tutti i ruoli

chiave dal primo governo tecnico della storia. Numerose critiche vennero e vengono tutt’ora

mosse a questa situazione, in particolar modo per l’affiliazione di alcuni esponenti all’Opus

Dei, ma durante gli anni sessanta la Spagna vive il miglior periodo economico dall’inizio del

‘900. La prima fase, periodo di pre-stabilizzazione, inizia un’apertura commerciale. Tuttavia,

la conseguente crescita delle importazioni aggrava notevolmente la bilancia dei pagamenti

spagnola, così nel 1959 vengono decise ulteriori ricette di politica economica: viene fissato un

nuovo cambio della peseta nei confronti del dollaro, si attuano politiche monetarie restrittive,

si punta ad una maggiore esportazione (al fine di migliorare la deficitaria bilancia dei

pagamenti) con una progressiva politica di riduzione dell’ interventismo statale nell’economia

ed inoltre si punta ad incentivare gli investimenti esteri nel Paese. Attraverso i Piani di

Sviluppo (vengono stilati tre piani: I Plan de Desarrollo 1964-1967, II Plan de Desarrollo

1968-1971 e III Plan de Desarrollo 1972-1975), viene programmata la crescita economica

della nazione, individuati i settori da sviluppare e quelli da potenziare, si punta alla creazione

di Poli di Sviluppo individuati in determinate aree e all’industrializzazione di nuove. Anche in

questo caso si riprende il modello italiano, in particolare la politica di programmazione

economica e l’intervento straordinario nel Mezzogiorno.

Viene creato l’Istituto Spagnolo per l’Emigrazione (IEE) che favorì notevolmente la Spagna

attraverso il meccanismo delle rimesse dei migranti e si puntò per la prima volta a livello

commerciale sul turismo, che fu uno dei fattori principali di tale sviluppo economico. Alla

fine di questo periodo la Spagna registrò una crescita costante con una media annua del 6.4%,

veniva superata solo dal Giappone, e fu la prima economia per livelli di crescita di tutta

l’Europa. La Spagna alla fine degli anni sessanta smetteva di essere un paese agricolo per

trasformarsi in un paese industriale dove anche il settore dei servizi mostrava una notevole

importanza con un aumento occupazionale del 10% rispetto gli anni cinquanta. Al contempo

però era anche aumentato il divario tra le regioni del sud e quelle del nord, la politica dei poli

di sviluppo aveva favorito determinate aree lasciandone altre in situazioni precarie.

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Tale periodo di crescita venne interrotto nel 1973 (in seguito nel 1979), anno del primo shock

dei prezzi del petrolio, cosa che portò in forte deficit la bilancia dei pagamenti e frenò

l’economia. Tale periodo fu particolarmente complesso per la Spagna perché accompagnato

anche dalla fase di transizione democratica: nel 1975 Franco morì all’età di 85 anni, dopo 39

passati a governare nel proprio paese e con lui se ne andava anche quel tipo di politica

autoritaria.

Il terzo ed ultimo capitolo riguarda la transizione democratica e la convergenza negli

organismi sovrannazionali europei, la CEE inizialmente ed in seguito la UE.

Le crisi petrolifere del 1973 e del 1979 aggravarono notevolmente la bilancia dei pagamenti

della Spagna data la sua totale dipendenza dal petrolio. Nel corso della seconda metà degli

anni settanta inizia una fase di riconversione industriale che modifica la struttura del tessuto

economico del Paese. Determinati settori (siderurgico, navale e tessile) vengono smantellati o

si cerca di ridurre la loro produttività (i deficit di bilancio di numerose aziende non

permettevano più i continui interventi statali, perdita di competitività, le industrie dei paesi

maggiormente sviluppati vivevano una evoluzione in altri settori e iniziava una seria

concorrenza proveniente dai paesi in via di sviluppo). Per varie cause (la politica interna era

impegnata nel difficile passaggio verso la democrazia, problemi di carattere sindacale e del

lavoro) il Governo e l’imprenditoria dell’epoca non trovarono una soluzione per riconvertire

determinate industrie procedendo direttamente a licenziamenti di massa, cosa che generò

un’elevata disoccupazione.

Lo Stato provò con una nuova fase di industrializzazione puntando sullo sviluppo di aree

individuate secondo diversi criteri e con l’inserimento di nuovi settori (elettronica). Questa

soluzione funzionò solo in parte aggravando ulteriormente lo squilibrio regionale in Spagna.

Le principali città e i distretti industriali furono quelli che beneficiarono maggiormente di

questi fondi lasciando poco spazio alle PMI e a quelle zone di basso sviluppo.

L’entrata nella CEE avvenne nel 1986, al seguito di numerose trattative, la Spagna, insieme al

Portogallo, venne finalmente inserita nella Comunità Economica Europea. La prima richiesta

era stata fatta già negli anni settanta ma il paese non rispettava i principi democratici necessari

e venne quindi bocciata. Le trattative per tale ingresso durarono circa dieci anni, alcuni paesi

della CEE si opposero all’entrata della Spagna. Le trattative trovarono i principali problemi

nel settore della Politica Agraria Comunitaria (PAC). L’opposizione della Francia e dell’Italia

allungarono la transizione. La loro contrapposizione veniva spiegata con il rischio di

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sbilanciamento del mercato europeo. La Spagna poteva vantare una elevata competitività nei

prodotti agrari, la soluzione che venne adottata fu quella di dividere i prodotti per tipologia.

Dopo una decade caratterizzata da un’economia in continua fluttuazione l’ingresso della

Spagna nella Comunità Europea determinò un processo di liberalizzazione economica e di

cambio nelle regole di politica economica che, per regolamento europeo, risultavano essere

obbligatorie per i paesi membri. Nel 1989 la peseta entrava nel Sistema Monetario Europeo

(SME), venne la volta della firma del trattato di Maastricht nel 1992 e nel 1999 la Spagna

andò a sostituire la propria moneta per la moneta unica europea: l’€uro. I risultati del processo

di integrazione europeo furono positivi, dal momento che dal 1986 al 2001 la Spagna ebbe un

tasso di crescita del PIL maggiore della media europea.

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CAPITOLO 1

LA GUERRA CIVILE E LA PRIMA FASE DEL FRANCHISMO

Introduzione

Prima di iniziare ad analizzare il primo ventennio franchista è doverosa un’analisi dei tre anni

precedenti a tale periodo. La Guerra Civile 1936-1939, durante i tre anni di guerra i danni

riportati dalla Spagna furono innumerevoli, l’intero sistema economico da ricostruire, dal

primario al terziario, migliaia di morti, un paese dilaniato nelle fondamenta che nella sua

distruzione vide l’ascesa di Francisco Franco e della nuova dittatura militare.

Nel 1939 la Spagna era un paese decimato demograficamente, la fame e l’estremo bisogno di

generi primari erano la quotidianità di gran parte della popolazione. La soluzione che diede il

regime franchista alla povertà economica fu quello messo in pratica nell’Italia Mussoliniana e

consolidata nella Germania Hitleriana: l’Autarchia. Una politica economica basata sulla

ricerca dell’autosufficienza economica e dall’intervento dello Stato.

Il primo ventennio di Franco viene diviso in due sub periodi, il primo va dal 1939 al 1945,

periodo caratterizzato dalla II guerra mondiale, la fine degli altri Stati di estrema destra,

l’inizio dell’autarchia e l’isolamento che si trovò a vivere la Spagna. Mentre il secondo sub

periodo (trattato nel secondo capitolo) caratterizzato dalla congiuntura internazionale e

dall’iniziale apertura economica va dal 1945-1953.

L’interventismo di Stato si estese in gran parte della economia nazionale, vennero creati

diversi istituti economici pubblici seguendo prevalentemente il modello italiano. Si creò l’INI

l’Istituto nazionale dell’Industria nel 1941 per controllare e rinvigorire il settore industriale

portato all’estremo durante la guerra civile. Nel 1939 venne creato el Istituto Nacional de

Colonizacìon in seguito rinominato nel 1971 Istituto de Reforma y Desarrollo Agrario

(IRYDA) con la finalità di riformare socialmente ed economicamente il settore agrario, venne

la volta nel 1946 dell’Istituto Nacional de Estadìstica (INE) con l’obiettivo di elaborare e

perfezionare le statistiche demografiche, economiche e sociali.

Questa fase basata sull’autarchia coincise con gli anni della seconda guerra mondiale fu

caratterizzata dall’isolamento della Spagna dal resto del mondo e non portò i risultati sperati

obbligando il regime a modificare il proprio comportamento e la propria politica economica

verso la metà degli anni 40.

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1.1 Guerra Civile 1936-1939

Le cause che portarono al conflitto furono numerose, la Spagna veniva da decadi di sconfitte e

perdite territoriali, ad esempio quelle delle proprie colonie in America Centrale e delle

Filippine, ritrovandosi a possedere solo quelle del Nord Africa. Inoltre la seconda rivoluzione

industriale che non produsse effetti di lungo periodo e che la lasciò orfana di quello sviluppo

economico che invece fu elevato in Francia e in Inghilterra. Si può comunque affermare che tra

le cause vanno annoverati fattori quali lo scarso peso nella società della classe medio-bassa, il

forte disequilibrio della ricchezza, la mancanza di un tessuto sociale e istituzionale nel paese,

l’intera situazione economica che la vedeva sofferente in tutti i settori ma soprattutto il contesto

Europeo che proprio in quel periodo si faceva sempre più teso. Tutti questi fattori congiunti

portarono la Spagna alla guerra civile.

1.1.1 Situazione Economica

Come già accennato la situazione economica della Spagna era in un periodo di depressione

profonda che si protraeva da diversi anni, già nel primo semestre del 1936 si notavano gli

effetti, l’indice della produzione industriale passò dal 86,9 % nel 1935 al 76,9 nel marzo del

1936, un calo di 10 punti1.

Nel Febbraio del 1936 il numero dei disoccupati era di 843.972, quasi un decimo della

popolazione attiva, evidenziando la disoccupazione delle industrie agricole che

rappresentavano i due terzi del totale.2 Le relazioni economiche con l’estero, al seguito dei

mesi di pace anteriori al 1936 venivano visti come un periodo di sospensione dei pagamenti per

la Spagna, che come illustrato dal Boletìn Financiero pubblicato nel EL Debate l’11 Aprile

1936: la bilancia dei pagamenti è deficitaria e si metteva in conto che tale deficit nel corso del

tempo sarebbe solo che aumentato, la navigazione spagnola andava diminuendo cosi come il

suo commercio marittimo, le rimesse dei migranti andavano ad esaurirsi quasi completamente

e anche i rendimenti di capitale all’estero stavano terminando, l’unico punto di forza era ancora

la sua riserva aurea superata solo dagli Stati Uniti di America, la Francia e dall’Inghilterra.

1 L’indice fu il seguente: 1929, indice 100; 1930 98,6; 1931 93,2; 1932 88,4; 1933 84,4; 1934 85,5; 1935 86,9

gennaio, Asiaín, José Ángel Sánchez, Economìa y Finanzas en la Guerra Civil Española, Real Academia de la

Histora Madrid, Madrid 1999, p. 34 2 Moradiellos, Enrique, La España de Franco (1939-1975). Política y sociedad, Sintesis Madrid, pp. 70-74

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1.1.2 Emigrazione Spagnola

Uno dei dati maggiormente significati che vedevano per la Spagna una perdita di popolazione

attiva e allo stesso tempo una forma di piccola ricchezza (rimesse dei migranti), fu il processo

migratorio che iniziò nel 1868 che per la sua intensità fu più elevato che in altri paesi come

Germania, Belgio o Italia. Dal 1891 al 1936 3.680.184 persone emigrarono delle quali solo

2.663.850 rientrarono, ossia durante 45 anni si produsse una perdita di 944.344 abitanti3.

Come conseguenza del fenomeno migratorio, l’espansione demografica è lenta, aumentando

l’età media e i disequilibri tra i sessi. Dal punto di vista economico la migrazione ha permesso

di mantenere il mercato del lavoro con grande mobilità, senza pressioni della offerta fino agli

anni ’20 dove si produsse un cambio di segno accompagnato dal freno della crescita economica

la quale produsse un forte impatto nel mercato del lavoro con un aumento dei disoccupati.

1.2 Agricoltura e riforma agraria prima del Franchismo

La percentuale di popolazione attiva nel settore primario ha avuto prima del XX secolo valori

elevati, la maggior parte della popolazione attiva era impiegata in questo settore, circa il 67%.

Le ragioni erano varie: l’economia e la società erano principalmente agraria, gli altri due settori

risultavano avere uno scarso livello di sviluppo e l’impiego di macchine nel campo era ancora

relativamente scarso, quindi di fatto per lo svolgimento delle varie mansioni era richiesta

elevata mano d’opera. Ad inizio del secolo la popolazione attiva iniziò a diminuire a causa di

un eccesso di braccianti dovuto alla crisi della filoxera (un parassita dell’uva) nelle zone viticole

e a causa del progressivo impiego di macchinari nelle aree agrarie a base cerealicole. Inoltre

questa tendenza nello spopolamento della campagna si vide accompagnata alla domanda di

3 Alvaro Soto Camona, El Trabajo industrial en la España contemporánea, 1874-1936, Anthropos, 1989, p. 176.

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lavoro nelle are industriali di Madrid, Barcellona e Paesi Baschi e nelle opere pubbliche iniziate

durante il “governo” di Primo Rivera.

La situazione riguardante l’inizio degli anni 30 presentava un forte dislivello tra il nord ed il

sud. Al Nord un mini latifondismo che non permetteva alle piccole proprietà di avere sufficiente

produzione, a volte neanche per l’autoconsumo a causa delle dimensioni eccessivamente

piccole, mentre al Sud le terre erano lavorate da braccianti che non erano proprietari della stessa

dato che erano in mano ai grandi proprietari terrieri, e percepivano salari molto bassi venendo

retribuiti solo in determinati periodi dell’anno lasciando così numerosi contadini nella miseria

soprattutto nelle provincie dell’Andalusia e di Extremadura.

Cosi nel 1932, al fine di emarginare il fenomeno di tale discrepanza, il secondo governo di

Manuel Azaña Díaz, definito come primo biennio della seconda Repubblica Spagnola, o anche

biennio riformista (biennio socialista- azañista), approvò con Marcelino Domingo, membro del

Partito Repubblicano Radical Socialista e Ministro dell’Agricoltura, la legge per Riforma

Agraria. La riforma aveva tre obiettivi: il primo bloccare la disoccupazione dei braccianti

(inserendo i lavoratori nelle terre espropriate), il secondo una redistribuzione della terra

(espropriando le terre in mano ai grandi latifondisti) venne creata una lista con vari tipi di terre

espropriabili (domini giurisdizionali, le terre mal coltivate, quelle sistematicamente in affitto e

quelle che potevano essere bonificate), e terzo una razionalizzazione dell’economia agraria

(diminuendo la crescita di superfici a base cerealicole e restituendo ai nuclei rurali i beni comuni

per una forma di autoconsumo). Si cercò di raggiungere tali obiettivi attraverso la costituzione

dell’Istituto per la Riforma Agraria (IRA) e della Banca Nazionale di Credito Agricolo.

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Dipendevano dall’IRA le giunte provinciali e le comunità di contadini, si concesse all’Istituto

un credito annuale di 50 milioni di pesetas e si progettò di occupare dai 60 mila ai 75 mila

contadini. Il meccanismo di attuazione era il seguente, le terre espropriate o confiscate

passavano di proprietà all’Istituto, che le trasferiva alle giunte provinciali che a loro volta le

consegnavano alle comunità di contadini. Nonostante questo, il passaggio risultò essere molto

lento, dopo un’iniziale espropriazione di terre latifondiste in Andalusia, Extremadura, nel sud

di La Mancha e nella provincia di Salamanca, a causa dell’eccessiva burocrazia dell’Istituto

della Riforma Agraria (IRA), dell’impedimento dei latifondisti che crearono “Asociación de

Propietarios de Fincas Rústicas” e delle Banche private che si opposero con forza a tale riforma.

Durante il secondo biennio della seconda Repubblicana Spagnola (definito come biennio nero,

o biennio conservatore) il governo Radical-Cedista, governo formato dal partito Repubblicano

Radicale di Alejandro Lerroux alleato con la destra cattolica CEDA e con il Partito Agrario nel

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1935 bloccò la riforma agraria, vennero inoltre rese le terre inizialmente espropriate creando

così numerosi scioperi e proteste da parte dei contadini.

All’inizio del 1936 i rapporti tra latifondisti e contadini diventarono sempre più tesi portando

ad uno schieramento sempre più netto per i sostenitori dei Repubblicani e quelli della Falange.

1.3 L’industria

Durante l’inizio del XX secolo con il periodo della Restaurazione Borbonica (1874-1931), i

governi che si susseguirono portarono avanti una politica di risanamento delle finanze

pubbliche. La riduzione degli interessi sul debito, il controllo delle spese dello Stato e l’aumento

delle imposte generò un ciclo di nove anni 1900-1909 di surplus commerciale, cosa che non si

era mai vista nella storia recente della Spagna, in questo contesto l’industria spagnola mantiene

una crescita sostenuta, le motivazioni furono: una decolonizzazione delle terre oltreoceano con

un conseguente rientro di capitali, un aumento della borghesia spagnola che allo stesso tempo

aveva una mentalità più imprenditoriale, quindi un aumento negli investimenti nazionali, una

situazione politica internazionale che con la I Guerra Mondiale permise un aumento delle

esportazioni e l’arrivo di investimenti esteri, investimenti statali per opere pubbliche e aumenti

nelle vie di comunicazione, forti tariffe doganali che proteggevano il mercato interno e

un’espansione del mercato nazionale, tali fattori portarono alla creazione di grandi fabbriche

(automobilistiche, materiale ferroviario, petrolchimiche, farmaceutiche, materiale elettrico) e

ad una maggiore presenza di multinazionali; con la crisi del 1929 si arrestò tale periodo di

crescita.

Nel complesso i lavoratori che componevano il settore secondario passano da essere 1.208.084

nel 1860 ad 2.656.591 nel 1930. La sua importanza relativa alla popolazione attiva era del 31%

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nel 1930 rispetto al 17,5% del 1860, dati in tendenza con quanto detto pocanzi con la crescita

che si è avuta a partire dal 1910.

Le regioni dove è maggiormente impiegata la classe operaia nel settore secondario sono:

Baleari, Catalunya, Paesi Baschi e Valencia, in alcune di queste regioni il numero di lavoratori

del secondario supera il numero di lavoratori del settore primario

Si nota una crescita notevole nel settore secondario nell’industria chimica, in quella

metallurgica e nell’industria del legno cosi come in quella del tessile, mentre in quella

mineraria, dell’alimentazione, della costruzione si ritrovano a vivere una crescita inferiore fino

a diminuire in quella della Confeccion (confezione tessile) vivendo una piena recessione. La

dimensione delle imprese è ridotta, predominano ancora le fabbriche e l’attività artigianale è

ancora abbondante nell’organizzazione produttiva.

In sostanza l’industria spagnola passa dall’inizio del XX secolo dalla sua concentrazione in

settori quali il tessile, il minerario e quello metallurgico ad un’espansione di altri settori come

quello chimico, concentrandosi soprattutto i determinate zone della nazione, portando così le

varie comunità e province a specializzarsi in determinati settori aumentando inoltre anche

l’autonomia di queste ultime.

Page 15: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

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1.4 Settore Terziario

Il settore terziario riunisce le attività che, a causa della diversità e della eterogeneità delle stesse,

mostrano uno sviluppo disuguale, è un settore fondamentale per poter analizzare e capire il

livello di sviluppo di un paese nella sua capacità di offrire servizi e migliorare il livello di vita

dei suoi abitanti. Si mostrano in alcune attività una perdita di occupazione, soprattutto in quelle

dedicate ai servizi personali, mentre quelle che soddisfano la domanda di beni e prodotti per

l’agricoltura e l’industria (trasporto e commercio), quelle che producono domanda e servizi per

l’individuo però dirette verso la società (libere professioni, intrattenimento, igiene…) e quelle

inerenti l’Amministrazione Pubblica.

I fattori che hanno contribuito all’incremento della occupazione terziaria sono state l’aumento

della rendita personale, i cambi tecnici che hanno portato ad uno sviluppo del commercio,

collegati anche al cambio del consumo e al processo di urbanizzazione che ha permesso la

creazione di questo tipo di attività. La Gran Bretagna nel 1930 era il paese che occupava il

maggior numero dei suoi lavoratori nel settore terziario, Stati Uniti e Germania li concentravano

soprattutto nell’industria lasciando al terziario il secondo posto per occupazione, mentre per

Italia, Francia e Spagna questo settore era quello che impiegava il minor numero di lavoratori,

il che indica lo stato differente di crescita rispetto ad altri paesi. Per quanto riguarda la Spagna,

tra il 1877 e il 1930 il numero dei lavoratori si duplicò in maniera diseguali tra i vari sotto-

settori, le libere professioni, il trasporto e le comunicazioni sono i rami che offrono una maggior

crescita, mentre l’Amministrazione pubblica, il commercio e l’esercito presentano una leggera

flessione rispetto alla media del periodo e i servizi domestici sono in recessione. Proprio questi

ultimi rappresentano le professioni che vedono occupate la maggior parte delle donne

lavoratrici, nel

1930 erano il

44,16%,

Nonostante in

questi 50 anni vi sia

stata una crescita

del settore non si

può affermare un

reale sviluppo dello

stesso, sia perché

Page 16: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

16

bisogna tener presente numerose dinamiche che hanno portato a tale sviluppo, come appunto

un cambio nei commerci o lo stesso consumo che si è andato a modificare nel corso degli anni,

ma inoltre bisogna considerare che il settore terziario era presente prevalentemente in

determinate province spagnole quali Paesi Baschi, Madrid, Catalogna ripercorrendo la stessa

strada del settore secondario, lasciando quindi al sud del paese una situazione differente.

1.5 Contesto socio-politico e l’internazionalizzazione del conflitto

Al seguirsi di numerosi governi e una tentata rivoluzione nel 1934, la vittoria elettorale del

fronte Repubblicano nel febbraio del 1936 fu vista come una possibilità reale di cambiamento

nel paese con una maggiore redistribuzione di reddito personale, dato dall’appoggio della

sinistra, ma al contempo cresceva fortemente la sfiducia in molte frange della popolazione che

vedevano in tale vittoria un pericolo per le proprie tradizionali convinzioni sociali e religiose

per il pericolo della rivoluzione comunista che si avvicinava al paese. In questo contesto

entrambe le fazioni, sia quella di sinistra che quella di destra, iniziarono ad inasprire i propri

toni creando sempre di più un clima di tensione sociale tra la popolazione. Le divisioni erano

presenti anche nello stesso esercito, una parte fedele alla Repubblica e un’altra pronta per il

tentativo di golpe.

La guerra iniziò il 17 luglio del 1936, come già accennato i problemi che portarono a tale

guerra furono numerosi, non fu soltanto uno scontro tra fascisti e comunisti fu uno sviluppo di

numerosi governi succedutisi, riforme non portate al termine nel biennio 1931-1933 che

miravano ad un maggiore riequilibrio delle risorse e della ricchezza che vide nella classe

dirigente del tempo il primo oppositore, la società era ormai completamente divisa e la guerra

sembrava inevitabile.

Da un lato vi era “El glorioso Alzamiento Nacional” che contava dell’appoggio di: la maggior

parte dei generali dell’esercito di terra, della Guardia Civil, dei proprietari agrari, gli affiliati

ai partiti di destra, del gruppo cattolico e della Chiesta (si parlerà di crociata contro il

comunismo)

L’altro lato era il gruppo Repubblicano, a differenza dei nazionalisti, poteva contare sulle

principale regioni industrializzate di Spagna, delle risorse finanziarie (l’oro della Banca di

Spagna). Aveva l’appoggio di una parte dell’esercito di terra, dell’Aviazione, della Marina, de

la Guardia de Asalto, delle masse proletarie delle zone industriali, della piccola borghesia

urbana e dei braccianti del Sud della Spagna.

Page 17: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

17

Fu una guerra ideologica tra fascismo e democrazia, tra comunismo e cristianesimo. Si

impiegarono tutti i mezzi di comunicazione per esaltare le proprie ragioni e demonizzare

quelle altrui. Una guerra che vide la lotta di classe tra proletariato e borghesi, tra grandi

proprietari terrieri e contadini.

Entrambe le fazioni cercano l’appoggio internazionale nella risoluzione del conflitto causa del

profondo stato di arretratezza economico e bellico in cui versava la Spagna. Così facendo

dovettero ricorrere a finanziare le proprie spese militari con l’indebitamento e con l’impiego

delle riserve del paese. La Comisaria del Plan de Desarollo stimò in 300.000 milioni di

pesetas le spese militari di entrambi gli eserciti, l’equivalente di sei volte il preventivo del pre-

guerra4.

Questa internazionalizzazione del conflitto portò la guerra a durare tre anni, è stimato che con

i mezzi che possedeva la Spagna in quel periodo il conflitto non sarebbe durato più di 6 mesi.

-Il fronte repubblicano ricevette un concreto appoggio militare dalla Francia e soprattutto

dall’Unione Sovietica, oltre che dalla partecipazione attiva di numerosi volontari stranieri, tra

cui antifascisti italiani inquadrati nelle Brigate internazionali. Inoltre ebbe l’appoggio del

Messico (appoggio più di forma che di sostanza)

-L’Italia fascista e la Germania nazista si schierarono, coerenti con le proprie ideologie, con i

nazionalisti nel nome di una cruzada (crociata), come lo stesso Franco la definì, contro la

barbarie bolscevica e per l’instaurazione di un ordine nuovo in Europa. Anche il Portogallo si

schierò con Franco (Oliveira Salazar, dittatore portoghese, inviò armi e circa 10.000 uomini)

Al termine del conflitto il numero dei morti fu di circa 650.000 persone, il tasso di natalità

diminuì notevolmente mentre aumentava il livello di mortalità.

A seconda di molti storici la guerra civile spagnola fu un esperimento della II guerra

mondiale, dove le fazioni partecipanti provarono diverse strategie di guerra e impiegarono

numerose armi che sarebbero state poi usate nel conflitto globale.

4 José Ángel Sánchez Asiaín, Economìa y Finanzas en la Guerra Civil Española, Real Academia de la Histora

Madrid, 1999, p. 92.

Page 18: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

18

1.6 L’oro di Mosca e la crisi monetaria

Nell’ambito delle relazioni internazionali e degli appoggi che entrambe le fazioni stavano

portando avanti, uno degli eventi principali che hanno maggiormente segnato la storia della

Spagna e della sua credibilità economica internazionale fu sicuramente “l’oro di Mosca”.

Con questo termine ci si riferisce all’operazione di invio di 510 tonnellate in monete d’oro,

corrispondente al 72,6 delle riserve auree della Banca di Spagna, dal suo deposito a Madrid

verso l’Unione Sovietica e mai più riconsegnate. A pochi mesi dall’inizio della guerra civile

su decisione del governo spagnolo della II Repubblica, allora governato da Francisco Largo

Caballero e su iniziativa del Ministero dell’Economia e Finanza guidato da Juan Negrin, si

decise per l’invio delle proprie riserve auree con destinazione Mosca. La quarta parte restante

delle riserve della Banca Spagnola, circa 193 tonnellate di oro, fu trasportata e modificata in

valute verso la Francia, operazione che prende il nome di “oro di Parigi”.

La storia riguardante l’operazione “oro di Mosca”5 è piuttosto controversa e ancora non

completamente chiara, sia per le

motivazione che spinsero il governo

spagnolo nell’invio di tale portata

valutaria sia nella sua stessa espressione

che durante gli anni avvenire venne

spesso utilizzata a fini propagandistici

come campagna anti sovietica.

In sostanza la Spagna, che per le

statistiche internazionali rilasciate dal

Bank for International Settlements nel

maggio del 1936 veniva registrata come

la quarta potenza al mondo per le sue

riserve auree, si trovò nel pieno di una

guerra civile depredata del proprio oro.

Le conseguenze di tale scelta furono la

5 Si veda anche: Beevor Antony, La guerra civil española. Critica, Barcelona, 2005; Botella Pastor, Virgilio,

Entre memorias. Las finanzas del Gobierno republicano español en el exilio. Sevilla, Renacimiento, 2002,

Garcia de Cortaraz, Fernando, «Rusia es culpable». Los mitos de la historia de España. Barcelona, Planeta,

2003; Kowalsky, Daniel, La Unión Soviética y la guerra civil española: una revisión crítica. Barcelona, Crítica,

2003; Viñas, Ángel, El oro español en la Guerra Civil. Madrid, Instituto de Estudios Fiscales, 1976

Page 19: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

19

crisi monetaria che la Spagna soffrì nel 19376, la moneta che veniva coniata subì un duro

colpo ripercuotendosi sulle imprese e sui consumi. La credibilità finanziaria del governo

rimaneva bloccata tra le affermazioni di stabilità da parte dello stesso e nella sfiducia generale

della popolazione. Il Decreto del Ministero delle Finanze del 3 ottobre 1936 che richiedeva a

tutti gli spagnoli la consegna di tutti i metalli preziosi in forma monetaria che possedevano

lanciò l’allarme tra la popolazione.

Senza una riserva aurea utile a colmare la continua svalutazione della moneta (inoltre la

creazione di una seconda moneta da parte del gruppo falangista che iniziava a circolare nelle

zone conquistate dai franchisti), con il commercio interno ed esterno in profonda crisi e con

l’industria orientata solo nella costruzione di armamenti si cominciarono ad emettere grandi

quantità di moneta cartacea senza alcuna copertura metallica incrementando così il

circolante7. Il 30 aprile 1938 si calcolò la cifra del cartaceo messo in circolazione nell’area

repubblicana per un numero di 12.754 milioni di pesetas, un incremento del 265,8% rispetto

ai 3.486 esistenti al 17 Luglio del 1936 mentre nella zona sublevada (zona franchista)

circolavano 2.650 milioni rispetto ai 2.000 del 19368.

Questa situazione portò una elevata inflazione nella zona repubblicana e ricerca di metallo

prezioso (oro e argento) da parte della popolazione in seguito ad una veloce e inesorabile

svalutazione della peseta. Mentre nella zona nazionalista i prezzi aumentarono del 40% nella

zona repubblicana arrivarono anche al 1500%, le monete metalliche sparirono dalla

circolazione e furono sostituite da enormi quantità di cartaceo, inoltre le corporazioni

municipali e altre istituzioni locali provarono a coprire il proprio fabbisogno finanziario

stampando dei propri buoni provvisori cosa che aggravò ulteriormente la crisi economica e

portò ad un vero e proprio caos, non solo economico finanziario ma anche burocratico e

legislativo.9 I Nazionalisti colsero l’occasione e rafforzarono la loro propaganda dichiarando

che l’inflazione era stata causata in maniera premeditata, così facendo si poté dare la colpa al

libero mercato proponendo come salvezza per la Spagna la nazionalizzazione di tutti i prezzi,

6José Santacreu Soler, La crisis monetaria española de 1937, Universidad de Alicante, 1986, p.22-23. e 48. 7 José Ángel Sánchez Asiaín, Economìa y Finanzas en la Guerra Civil Española, Real Academia de la Histora

Madrid, 1999, p. 113. 8 José Ángel Sánchez Asiaín, Economìa y Finanzas en la Guerra Civil Española, Real Academia de la Histora

Madrid, 1999, p. 170. 9 José Santacreu Soler, La crisis monetaria española de 1937, Universidad de Alicante, 1986, p. 66.

Page 20: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

20

i cambi e la economia in generale, la salvezza era seguire una politica economica basata

sull’autarchia.

1.7 Le conseguenze economiche del conflitto

Analizzando i tre settori produttivi nel dettaglio10:

Primario: il prodotto del settore agrario fu inferiore a quello del 1935 durante la guerra,

passando dal 76,8% di quell’anno al 72% del 1940 secondo i dati rilasciati dal Consiglio di

Economia Nazionale. Anche se questi dati si riferiscono alla sola produzione del grano, la

cosa più probabile è che si produsse una diminuzione del PIL nell’anno 1936 per poi

aumentare leggermente nel 1937, senza raggiungere i livelli del 1935, tornò a cadere nel 1938

per poi avere un leggero recupero nel 1939 e di nuovo una diminuzione nel 1940. A causa

della guerra e di altri numerosi fattori il settore primario, fonte principale del PIL spagnolo,

per numerosi anni ha vissuto di una continua fluttuazione economica, (cosa che si ripercuoterà

anche negli anni avvenire con lo spopolamento delle campagne verso i centri urbani).

Secondario: per quanto riguarda l’industria la produzione mineraria e siderurgica del 1936 fu

dimezzata rispetto al 1935 per poi collassare durante il 1937 fino ad essere un terzo del livello

per-bellico. Il recuperò iniziò solo nel 1938 giungendo nel 1940 ad un livello inferiore rispetto

al 1935 solo del 15%. Stessa sorte toccò alla produzione di energia elettrica (congiunta ad una

diminuzione notevole del consumo) passando dai livelli del 1935 ad una diminuzione del

110% nel 1940.

Terziario: l’unico settore che non ha avuto un comportamento difforme al periodo pre-guerra

a causa del suo pessimo sviluppo e della sua cattiva mala gestione in decade passate.

10 José Ángel Sánchez Asiaín, Economìa y Finanzas en la Guerra Civil Española, Real Academia de la Histora

Madrid, 1999, p. 91-98.

Page 21: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

21

Nel complesso esistono diverse stime riguardanti la diminuzione del PIL spagnolo durante la

guerra civile, prendendo un arco temporale che va dal 1935 al 1940, si va da un massimo del

28,5% fino ad un minimo del 11% a seconda del tipo di studi effettuato, purtroppo sia a causa

di una situazione già debilitata nei primi decenni del ‘900 ( si vedano i conflitti con gli Stati

Uniti di America, la perdita delle colonie, la rivoluzione industriale mancata) e della guerra in

seguito i dati riguardanti la Spagna sono molto conflittuali. Secondo Jose Angel Sanchez

Asiaìn: alla vista delle diverse informazioni si può affermare che il PIL diminuì nel 1936 di

un quarto rispetto i livelli del 1935, diminuzione che sarà già di un terzo nel 1937. A partire

del 1938 (anno in cui i Nazionalisti presero gran parte della Spagna) inizia un leggero

recupero e nel 1939 torna ad essere un 80% del periodo prebellico, livello che torna ad

elevarsi ulteriormente nel 1940.

In conclusione il paese smise di produrre durante i tre anni della guerra l’equivalente

approssimato al PIL di un anno normale come quello del 1935.

1.8 L’inizio del Franchismo

Dal momento in cui Franco11 tentò di arrivare al potere, il 1 di Ottobre del 1936, iniziò la

creazione di un nuovo Stato attraverso la propaganda e idee che non contemplavano ideologie

del bando Sublevado (Repubblicano)

Il nuovo Stato, una dittatura militare sostenuta dagli ambienti clerical-conservatori, concentra

tutti i poteri nella figura del Capo di Stato, il generale Franco. A livello ideologico il

franchismo, al contrario del fascismo italiano e del nazionalsocialismo tedesco, non nasce con

un preconcetto dello Stato basato su una determinata ideologia. Franco attua idee dei

falangisti, del conservatorismo antiparlamentare, del cattolicesimo tradizionale, la negazione

del riformismo repubblicano e dell’ideologia comunista.

Franco si presentò attraverso una forte propaganda personale come uomo della provvidenza,

incaricato di una missione divina che incarnava l’unità nazionale.

Le idee del nuovo Stato erano già presentate dal 18 Luglio 1936:

La Spagna è unita e centralizzata, nessun separatismo. Si impone un ferrea centralità

dove l’amministrazione locale viene subordinata alla centrale.

11 Si veda: Paul Preston, Francisco Franco, I ed Oscar Storia, Arnoldo Mondadori Editore, 1997

Page 22: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

22

La Spagna è mossa da ideali Cattolico-Cristiani e quindi dalla dottrina della Chiesa

Cattolica e dal nazional-cattolicesimo falangista. La Chiesa qualifica la guerra come

una crociata contro il nemico comunista, Franco sarà nominato Caudillo di Spagna per

la grazia di Dio. In cambio la Chiesa riceve il controllo della morale, dei costumi e

della educazione del popolo imponendo una forte morale tradizionalista e

conservatrice.

La dottrina ufficiale del regime franchista si basava sui principi della Falange e dei requetés.

Questi principi si trasformarono negli anni ’50 nel Movimento Nazionale, che fu l’unico

partito riconosciuto dal regime (le motivazioni verranno spiegate in seguito)

1.9 Struttura del Nuovo Stato

Il nuovo regime politico si stabilì come un sistema totalitario senza costituzione e senza

libertà democratiche. Dal punto di vista della sua struttura il nuovo Stato era basato:

La figura del Capo dello Stato: Franco concentra tutto il potere, esecutivo e

legislativo. Ricevette il nome di Caudillo de España e fu considerato simbolo e

reincarnazione della volontà della nazione Spagnola. All’inizio il suo potere non ha

nessuna limitazione legale fino al 1967 (Ley Organica del Estado).

Aprile 1939 Francisco Franco è Capo di Stato, Presidente del Governo, Comandante

delle forze armate e Capo dell’unico partito consentito.

Il partito unico: FET del las JONS (la Falange) che dal 1945 sarà il promotore dei

contenuti dottrinali del regime franchista. Successivamente si nominerà Movimento

Nacional e sarà l’unico canale per la vita politica, tutte le altre formazioni politiche

sono proibite e sottomesse ad una ferrea repressione e persecuzione politica. La

direzione del partito è nelle mani di Franco o da una persona da lui designata.

Il Sindacalismo Verticale. I sindacati verticali vennero creati con la Ley de Unidad

Sindacal e la Ley de Bases de la Organizacion Sindacal del 1940. Sono divisi in tre

settori, quello Campesino (contadino), Artigianale-Industriale e Marittimo, il loro

congiunto formava la Organizacion Sindacal del Movimiento. L’affiliazione al

sindacato era obbligatoria. Il sindacato diventa uno strumento al servizio del regime

dove lo sciopero veniva proibito e il licenziamento libero permesso.

Creazione di Corti che avevano carattere consultivo e deliberante, aiutavano Franco

nell’elaborazione delle leggi. Furono create con la Ley de Cortes del 1942. I

rappresentanti delle corti, i procuratori, erano designati dal potere centrale.

Page 23: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

23

A livello territoriale tutto il sistema politico-amministrativo si basava nel principio di unità di

potere e nel centralismo. Le province sono dirette dai governanti civili e militari nominati dal

governo. I sindaci delle città con più di 100.000 abitanti dal governo mentre le restanti per

governanti civili.

1.10 La transizione post guerra

Al termine del conflitto era necessario passare il più rapidamente possibile da un’economia di

guerra ad una economia di pace. Il 1° Aprile 1939 viene firmata una legge riguardante la

rapida smilitarizzazione dell’industria e la riconversione verso attività normali.

I nazionalisti erano coscienti degli innumerevoli compiti da svolgere per poter riconvertire

l’intero sistema economico alla normalità. Assorbire i restanti territori rimasti ai

Repubblicani, normalizzazione del sistema produttivo, l’unificazione delle due monete, la

creazione di un nuovo sistema monetario non collegato a riserve metalliche, e la creazione di

un sistema economico-nazionalista.

La legge del 1° Aprile 1939 riportava: «la grande attività industriale che il Paese ha dispiegato

per la fabbricazione di elementi di tutte le classi che la guerra ha richiesto, deve, al terminare

di questa, canalizzarsi nuovamente in fattori normali».

Veniva pianificata la loro demilitarizzazione e veniva stabilito una prima articolazione

riguardante l’organizzazione delle imprese, sulle attività da sviluppare e sopra il personale

della stessa mantenendo come punto di riferimento il ritorno alla normalità (in questa legge

veniva regolamentata anche la prelazione per il licenziamento del personale, iniziando dai

lavoratori diretti ai campi di concentramento). La trasformazione del tessuto imprenditoriale

si pianificò con urgenza stabilendo la data del 5 Aprile 1939, quattro giorni la fine della

guerra, per dare inizio alla stessa.

Il modello economico si strutturava su tre idee principali: il rifiuto del liberismo economico,

del marxismo e la difesa di un nazionalismo economico di tipo autarchico, in secondo luogo

la colonizzazione di terreni agrari e in terzo luogo, come strumento essenziale per lo sviluppo

del nazionalismo economico e del controllo sociale dei lavoratori (industriali e agrari) la

creazione di un sindacato obbligatorio per gli imprenditori e i lavoratori che portasse al

termine di conflitti sociali tra lotte di classe con la sostituzione di un regime di armonia

sociale

Page 24: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

24

Si provò a risollevare la critica situazione economica e sociale attraverso la creazione di

istituti quali: Istituto Nacional de Prevision, el Istituto de Reforma Agraria, el Instituto

Nacional de Colonización, nel mese di aprile si creò la Comision de Reconstruccion in tutte le

provincie spagnole. I primi rimedi riguardanti i settori economici, vennero presi in concreto

dal Servicios Nacionales creati durante la guerra, però l’organo più importante venne

costituito nel settembre del 1941 el Instituto Nacional de Industria (INI)12

1.11 Il Nazional-Sindacalismo Spagnolo

Il Nazional-Sindacalismo fu la proposta politica e economica-sociale del regime spagnolo,

che si sviluppa in Spagna a partire del 1931 per mano di Ramiro Ledesma Ramos, fondatore

della Juntas de Ofesinva nacional Sindicalista (JONS), continua con la Falange spagnola di

José Antonio Primo de Rivera e termina con il regime del generale Franco.13 Gli aspetti

principali furono il rifiuto del liberismo economico per un modello misto basato nella

proprietà privata e pubblica, l’interventismo di Stato, che si faceva da garante nel terminare la

lotta di classe che per anni aveva caratterizzato la Spagna e infine la creazione di un sistema

di sindacalizzazione obbligatoria mista di tutti i soggetti economici, contadini e operai, tecnici

e imprenditori. Questa filosofia di pensiero iniziò con Primo Rivera agli inizi degli anni ’30 e

venne portata avanti con franco attraverso la fusione dei due partiti politici di destra di quegli

anni.

“El fenómeno del mundo-decía José Antonio Primo de Rivera en noviembre de 1935-es la

agonía del capitalismo. Pues bien, de la agonía del capitalismo no se sale sino por una

urgente desarticulación del propio capitalismo: el capitalismo rural, el capitalismo bancario

y el capitalismo industrial, el capitalismo hace que cada hombre sea un rival por el trozo de

pan. Y el liberalismo, que es el sistema capitalista en su forma política conduce a ese otro

resultado que la colectividad pierda la fe en un principio superior, en un destino común”14

Il regime spagnolo concedeva allo Stato la direzione e la pianificazione di tutte le attività

economiche pubbliche e private per subordinarle all’Interesse generale, definito dallo Stato,

inoltre avrebbe dovuto impedire le speculazioni riguardanti i prodotti assicurando un prezzo

12 José Ángel Sánchez Asiaín, Economìa y Finanzas en la Guerra Civil Española, Real Academia de la Histora

Madrid, 1999, p. 100. 13 Si veda: Saz Campos Ismael: Fascismo y franquismo. ED PUV, Valencia, 2004, p.266, anche dello stesso

autore “España contra España. Los nacionalismos franquistas”, Ed Marcial Pons, Madrid, 2003. 14 Discorso di José Anonio Primo de Rivera durante il Consejo Nacional de Falange, 17 novembre 1935

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25

giusto, consegnando la plusvalenza “non al capitalista, non allo Stato, ma al produttore

inquadrato nei suoi Sindacati”15.

Questa dichiarazione che consegnava i benefici al produttore, integrato nel sindacato, si

convertì durante il franchismo nell’attribuzione della plusvalenza allo Stato che, come da

ideologia, avrebbe messo tali entrate al servizio della nazione.

Per quanto riguarda l’inquadramento dei lavoratori del settore agrario avvenne tramite le

organizzazioni sindacali: Hermandades de Labradores, Ganaderos y Artesanos (Confraternite

dei Lavoratori, Vincitori e Artigiani), spinti dal 1939 per la Delegacion Nacional de

Sindicatos e avviati con la Ley de Organizacion Sindical del 1941 e leggi successive. Le

Hermandades avevano come fine l’unione sociale dei lavoratori e allo stesso tempo gli

interessi economici dei distinti settori contadini promuovendo inoltre attività di servizio per la

comunità rurale. All’interno di tali confraternite vi erano iscritti, i proprietari agricoli, gli

imprenditori agricoli, i lavoratori del campo, e i produttori indipendenti. Il suo schema

organizzativo interno consisteva ina una Sezione Economica formata da piccoli agricoltori e

imprenditori agricoli, e una Sezione Sociale comprensiva i lavoratori del campo ed eventuali,

esclusi dall’amministrazione economica.

A differenza del modello italiano, dove il sindacato era basato su due distinti sindacati

fascisti, lavoratori e imprenditori, che si univano in una corporazione, quello spagnolo

prevedeva un solo sindacato dove si iscrivevano obbligatoriamente tutte le classi sociali. Così

facendo si andava a creare una concezione sociale e politica corporativa struttura attraverso

una nuova formula, la Organizacion Sindical española, un sindacato misto che raggruppava

obbligatoriamente tutti gli imprenditori e i lavoratori del paese e che era amministrato sotto il

controllo del Partito Unico, il Partito Falange e della JONS, unificava così tutti sotto il

vincolo comune dell’interesse nazionale che puntava allo sviluppo economico.

La filosofia politica del Sindacato Verticale è opera del Fuero del Trabajo, approvato nel

1938, durante la guerra civile. Al suo interno aveva tre elementi ideologici: della falange, del

fascismo italiano, e una terza ideologia meno legata al nazionalsocialismo e più vicina a

concezioni di giustizia sociale e cattolicesimo. Fu la prima legge fondamentale dell’epoca di

Franco, al fine di articolare il Sindacato Verticale vennero approvate la Ley De Unidad

Sindical del 1940 e la Ley de Bases de la Organizacion Sindical nel medesimo anno. Questa

legge organizzava il Sindacato Verticale come organizzazione obbligatoria di imprenditori,

15 Primo de Rivera, José Antonio: Obras Completas, ed. Vicesecretaria de Educación Popular, Madrid, 1945

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lavoratori e contadini in tre livelli: Sindacatos y Hermandades Locales (Sindacati e

Confraternite Locali), Centrales Nacional-Sindicalistas (Centrali Nazional-Sindacaliste) e

Sindicatos Nacionales con 24 Sindacati, per terminare con la gerarchia con il Delegato

Nazionale dei Sindacati.

Al fine di raggiungere gli obiettivi preposti nella loro programmazione sociale vennero create

le Obras Sindicales (Opere Sindacali) tra il 1939 e il 1942 che richiesero circa il 50% dei costi

e degli investimenti dei Sindacati Verticali. Vennero create come veicolo per diffondere i

nuovi valori del Nazional-Sindacalismo attraverso la rieducazione ideologica e culturale dei

lavoratori, queste Opere Sindacali comprendevano i vari ambiti sociali: sanitario, di

formazione professionale, alloggi, architettura etc. Uno studio riguardante l’efficacia sociale

delle Obras Sindicales ha dimostrato la loro insufficienza, oltre che per la negativa politica

economica portata dal regime, anche per la scarsa libertà di azione che il Sindacato Verticale

e le Obras avevano nel muovere e nel far cooperare politiche assistenziali, ad esempio nel

1947 i lavoratori affiliati all’Opera Sanitaria del 18 Luglio erano 350.000 e raggiunsero nel

1953 le 586.000 unità nel contempo le case costruite da parte dell’Obra Sindical del Hogar tra

il 1942 e il 1951 furono 16.000. Per quanto riguarda la Formazione Professionale nel 1945

esistevano 45 scuole con 6.600 alunni, nel 1953 arrivarono ad essere 105 scuole e 22.000

alunni.

Il problema principale di questa politica Sindacale, iniziata con Primo Rivera e portata avanti

da Franco fu il tentativo di instaurare una cooperazione e collaborazione sociale attraverso la

repressione, così facendo non si permise mai una lotta di classe che vedeva il potere

economico e le decisioni sociali sempre in mano di piccoli gruppi imprenditoriali, sia nel

settore agrario che nel settore industriale.

1.12 El Instituto de Reforma Agraria

Anche il settore primario con l’inizio dell’autarchia visse una nuova fase economica.

Dimenticata ormai la prima riforma agraria risalente il 1932, si articolò un nuovo modello di

relazioni lavorative caratterizzato dalla direzione statale, dalla creazione di una nuova

struttura sindacale e la proibizione di qualsiasi forma di protesta verso il regime.

Venne creato l’Instituto Nacional de Colonizacìon (INC) il 18 ottobre 1939 come strumento

della nuova politica agraria franchista, dipendente dal Ministero dell’Agricoltura, il primo

passo fu quello di devolvere le terre fino a quel momento ridistribuite ai contadini con la

riforma del 1932 (obiettivo della Seconda repubblica), per cambiare in una politica di

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colonizzazione basata nella trasformazione radicale delle aree rurali, si puntava ad un

aumento della produttività, che permettesse ai gruppi di contadini delle zone agricole di avere

una forma di autosufficienza. Per ciò che riguarda la devoluzione delle terre già nel 1938 si

creò il Servicio de Recuperacion Agricola, al quale aderirono i latifondisti, in realtà la

consegna di tale terre ebbe inizio già durante la guerra civile con l’occupazione dei

Falangistas, secondo le stime di un totale di 6,3 milioni di ettari redistribuiti durante la

Riforma Agraria solo mezzo milione vennero riconsegnati legalmente attraverso gli organi

preposti16.

Per raggiungere l’aumento della produttività vennero riconvertite ampie terre, passando da

zone aride a zone coltivabili (si seguì il modello italiano), bonificando paludi e fossati

portando quindi ad un cambio importante a gran parte del paesaggio rurale, questo avvenne

soprattutto in Andalucia e in Extremadura.

I criteri e la politica dell’Istituto furono stabiliti per la Ley de bases de Colonizacion de

Grandes Zonas Regables promulgata nel 1939 e per la legge del 25 novembre 1940

riguardante la Colonizzazione di Interesse Locale che permise all’Istituto di finanziare quei

progetti di trasformazione e bonifica dei territori. A queste due leggi si aggiunse nel 1942 un

decreto che autorizzava l’INC di acquistare le aziende agricole volontariamente offerte dai

suoi proprietari. Nel 1946 si autorizzava inoltre l’espropriazione, tramite indennizzo, di quelle

aziende agricole considerati di interesse sociale.

Il suo definitivo sviluppo arrivava nell’aprile del 1949 con la Ley de Colonizacìon y

Distribucìon de la Propriedad de las Zonas Regables nella quale si classificano le terre in17:

I. Terre Escluse

II. Terre di Riserva

III. Terre in Eccesso

Nelle aziende agricole incluse nel processo di espropriazione i proprietari avevano diritto a

una parte sopra queste ultime. I proprietari con meno di 30 ettari continuavano con la

proprietà di tutta la superficie, quelli tra i 30 e i 120 ettari se ne vedevano riservati 30 ed

16 Carreras, Xavier e Carlos Barciela López Albert, Estadísticas históricas de España: siglos XIX-XX, Volume 3,

Fundacion BBVA, Bilbao 1989 17 Casanova, Julián, República y Guerra Civil. Vol. 8 de la Historia de España, dirigida por Josep Fontana y

Ramón Villares. Barcelona, Crítica/Marcial Pons. 2007, p. 49.

Page 28: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

28

infine quelli con un possedimento maggiore a 120 ettari poterono mantenere un quarto di tutta

la superficie.

In definitiva tutte le politiche di riconversione della terra, da terreni secchi a terreni bonificati

portarono un grande vantaggio principalmente ai grandi proprietari terrieri, in cambio di

perdere una parte dei loro possedimenti si vedevano riqualificate intere zone con fondi statali.

Pe quanto riguarda il lavoro, l’obiettivo principale della regolamentazione del lavoro agrario

fu quello di mantenere la forma di dipendenza che obbligava il contadino ad entrare

“disciplinatamente” in un mercato del lavoro controllato dai proprietari. Venne applicata una

“brutalità preventiva”18 che permettesse il controllo da parte dei proprietari terrieri. La

durissima repressione esercitata nelle zone rurali generò nei contadini un’assoluta incapacità

di poter muovere qualsiasi protesta e qualsiasi forma di libertà. Di conseguenza si poterono

stabilire regole del mercato del lavoro molto vantaggiose per gli imprenditori, mentre i

contadini ricevettero livelli salariali bassi e una condizione lavorativa pessima.

Nel 1939 si decretò il ritorno ai salari effettivi del 1936, i salari dei lavoratori conobbero

incrementi infinitesimali rispetto all’aumento generale dei prezzi al consumo nei primi 5 anni

post-guerra.

D’altra parte il governo franchista non poteva che appoggiare coloro che a loro volta avevano

appoggiato los falangistas durante la guerra civile, muovendo politiche il loro favore.

L’interventismo dello Stato, nel settore agrario si attuò in maniera completa, nel caso del

grano si realizzarono, attraverso il Servicio Nacional de Trigo, norme che puntavano ad una

maggiore espansione dei campi coltivabili per raggiungere l’autosufficienza del sistema.

Venivano inquadrate le superfici adatte alla coltivazione sia a livello nazionale che a livello

18 Guzman, Sevilla Eduardo, La evolucion del campesinado en España, Ediciones 62, Barcelona, 1979

Page 29: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

29

locale, veniva requisito da parte dello Stato il prodotto (grano e cereali) a prezzi fissi

controllando tutta la produzione, la commercializzazione e il consumo dello stesso. I

produttori erano quindi costretti a vendere allo Stato ad un prezzo fisso e infine lo Stato

rivende il prodotto ad un prezzo tassato

A causa della carenza di alimenti e di altri beni essenziali, Franco si vide obbligato a

mantenere un regime di razionamento, attuando attraverso la consegna da parte della

popolazione dei “libretti” per ottenere ogni settimana una determinata quantità di prodotti, in

generale di bassa qualità, per la Comisaria de Abastos.

Il fallimento di tale politica è visibile, ad esempio, quando nell’autunno del 1940 si dovette

ricorrere al razionamento del tabacco mediante la creazione e la distribuzione, tra i

consumatori, di una “tessera del fumatore”. Il razionamento degli alimenti si mantenne per

più di dieci anni fino il 1950; el Istituto Nacional de Estadistica (INE) registrava 28.552.440

libretti di razionamento individuali effettivi, per una popolazione che veniva individuata per

una totale di 28.086.052 abitanti, vi erano più fumatori che abitanti19. Solo dopo il 1949 iniziò

un libero mercato di alimenti di prima necessità, quali burro, baccalà (1950), patate (aprile),

lenticchie (luglio), latte condensato (settembre) fino attendere il 1952 con il pane, olio e carne,

procedendo definitivamente alla soppressione del razionamento.

L’insufficienza e la bassa qualità degli alimenti, le difficoltà nel far coincidere domanda ed

offerta di beni di prima necessità, l’isolamento internazionale (soltanto l’Argentina nel 1947

tramite Evita Peròn inviò sostegno alimentare) furono elementi basilari per la determinazione

dei livelli di vita degli spagnoli durante il post guerra, nella decade degli anni ’40 il livello di

mortalità aumentò nuovamente a causa di numerosi casi di tifo e tubercolosi, a peggiorare la

situazione ci fu anche il triennio 1944-1947 denominato da un profondo periodo di siccità. A

seguito del conflitto e dei primi anni del franchismo il tessuto produttivo e l’economia erano

scarsamente migliorati e in questa situazione prendeva forza il fenomeno del estraperlo

(mercato nero).

1.12.1 Colonización agraria en Andalucía

Viene conosciuto come processo di colonizzazione agraria in Andalusia, quel processo di

insediamento, mosso dello Stato, di agricoltori in zone bonificate tramite l’Istituto di

19 Jordi Maluquer de Motes, La inflaciòn en España un indice de precios al consumo, 1830-2012, Banco de

España, 2013, p. 77.

Page 30: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

30

Colonizzazione (INC). L’obiettivo, come già argomentato, era quello di bonificare e rendere

coltivabili zone fino a quel momento aride e prive di aree sottoposte a coltivazione.

Nella provincia di Jaén, del totale delle terre che furono “colonizzate”, appena un quarto

vennero qualificate come terre in eccesso (le terre che potevano andare ad un nuovo

insediamento da parte dei coloni), mentre il 40.1% vennero riservate ai vecchi proprietari e la

parte restante vennero dichiarate escluse da tale progetto.

Questa politica supponeva la creazione di tutti quei servizi necessari all’insediamento di

nuove comunità e contrastò molto con la realtà economica spagnola, dato che tali

insediamenti necessitavano prima di tutto di collegamenti per il trasporto e le comunicazioni e

durante la prima metà degli anni 40 le difficoltà di sviluppo della Spagna erano evidenti.

Si scelse in seguito per la creazione di nuovi paesi vicini a zone agricole, questa situazione

secondo alcuni autori creò un’ulteriore disagio al sud, consolidando la visione storica della

proprietà terriera perpetuando inoltre un isolamento con il resto della società. Questa politica

fallì come conseguenza della sua incapacità di assicurare uno sviluppo economico sostenibile

nel tempo lasciando le zone di nuovo insediamento di fatto in mano ai grandi proprietari

terrieri inoltre l’impossibilità di aumentare le dimensioni di terreni coltivabili e le dimensioni

stesse di numerosi paesi, comportò allo stesso tempo un’incapacità della crescita della

popolazione obbligando a livello storico le nuove generazione ad un’emigrazione forzata.

Quando nel 1975 finì la politica di nuovi insediamenti, in Andalusia vennero costruite: 101

nuovi nuclei di popolazione, con 8.622 nuovi alloggi più altre 448 disperse nel territorio;

proprio la provincia de Jaén, con 22 paesi, fu quella che concentrò maggiormente

l’interventismo statale, seconda fu Sevilla con 19.

Per quanto riguarda la provincia di Almeria i paesi di nuova costruzione furono concentrati

vicino la zona di Nijar: Atochares, Campohermoso, Puebloblanco, San Isidro,

1.12.2 Estraperlo

Il termine estraperlo20 o straperlo è usato in Spagna per riferirsi al commercio illegale di beni

esclusi da qualsiasi tipo di imposta o tassa da parte dello Stato, è un’attività illegale e viene

usato come sinonimo di mercato nero. L’origine del nome viene da uno scandalo di

20 Si veda: García Rodriguez Josè Carlos, El caso Strauss. El escándalo que precipitó el final de la II República,

Editorial Akrón, Astorga, León, 2008

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31

corruzione politica avvenuto in Spagna durante la Seconda Republica Española, periodo i cui

il gioco d’azzardo risultava essere illegale, questo perchè venne introdotta nel mercato una

roulette elettrica di marca Straperlo sotto pagamento di tangenti ad alcuni esponenti

dell’allora governo Radical-Cedista.

Durante la decade degli anni quaranta tutti i vari fattori prima enunciati fecero crescere il

mercato nero in Spagna. L’eccessivo controllo statale nella produzione del settore primario

comportò nel corso degli anni un’occultamento della produzione da parte degli agricoltori che

commercializzavano fuori dal mercato ufficiale con ampi margini di guadagno. Nel 1943 a

Bilbao il prezzo del pane raggiunse l’800% rispetto il prezzo ufficiale, un 686% nel dicembre

del 1944 e un 600% nel dicembre del 1945, da analisi economiche della convergenza tra

domanda ed offerta risulta che la produzione ufficiale più quella del mercato nero fosse

inferiore a quella che vi sarebbe stata in mercato di non intervenzione21.

Da questa situazione, gli storici economici convergono che la causa fondamentale di questa

crisi agraria è radicata nel carattere nel regime e il suo vincolo alle potenze fasciste, con una

politica economica che cercava un’autosufficienza di impossibile arrivo. I maggiori

beneficiari furono invece i grandi proprietari terrieri che poterono arricchirsi con il mercato

nero e negli anni ’50 puntare a finanziare lo sviluppo del settore agrario e di quello

industriale.

1.13 Instituto Nacional de Industria (INI)

La politica industriale del primo franchismo, autarchia e interventismo, ostacolò e impedì le

operazione con l’estero da parte delle aziende spagnole, aumentando così la grave crisi che

ormai la Spagna viveva da diversi anni. Il periodo storico di questa Grande Depressione va

dal 1936 al 1950 andando controcorrente rispetto gli altri paesi europei che con la fine della

guerra videro una graduale ripresa della propria economia. La politica industriale seguita dal

regime spagnolo era anche frutto dell’isolamento che viveva con il terminare della seconda

guerra mondiale, cosi mentre in casa veniva seguita una politica di autarchia per giustificare il

proprio desiderio di autosufficienza, nel contesto internazionale la Spagna era ormai

boicottata da quasi tutti i paesi. Lo strumento chiave dello Stato per il raggiungimento del

proprio progetto di nazionalizzazione fu la creazione dell’Istituto Nacional de Industria (INI),

creato per legge il 25 Settembre del 1941, come cita l’articolo 1 con la missione di “attivare e

21 Carreras, Albert; Tafunell, Xavier, Historia económica de la España contemporánea (1789-2009), Critica,

2010 p.285.

Page 32: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

32

finanziare, al servizio della nazione, la creazione e il risorgimento della nostra industria,

specialmente quelle che si pongono come fine principale la risoluzione dei problemi imposto

per le esigenze di difesa del paese o di quelle che si volgeranno verso il raggiungimento della

nostro autarchia economica”.

Le imprese di questa holding pubblica, qualificate come di “interesse nazionale”, ottennero un

trattamento di preferenza nella distribuzione di quote, crediti, licenze per l’importazione e

altri privilegi, soprattutto quelle appartenenti a quei settori considerati strategici per la difesa e

lo sviluppo della nazione (chimico, siderurgico, elettrico…).

Si seguì il modello italiano dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), creato nel 1933

per combattere gli effetti della crisi del 1929. Con questo tipo di politica protezionistica e

interventista da parte dello Stato, quello che è certo è che le imprese dell’INI, funzionarono al

margine delle imprese internazionale, con mercati riservati e “controllati”, senza preoccuparsi

dei costi opportunità o dei vantaggi competitivi22, in questo contesto durante le decadi future

la competitività delle industrie spagnole ne risentirà notevolmente rispetto le altre imprese

internazionali.

Il principale attore dell’INI fu Juan Antonio Suanzes Fernandez, un militare nazionalista in

stretta relazione con Franco che come Ministro dell’Industria e del Commercio nel prima

parte della dittatura franchista fu uno dei maggiori promotori dell’autarchia economica nel

postguerra spagnolo, fu presidente dell’INI dal 1941 al 1963.

Nonostante l’avvio di numerose imprese e la tentata nazionalizzazione del settore industriale

spagnolo, l’INI, cosi come la Spagna, aveva bisogno di investimenti esteri, di importazioni e

di maggiori relazioni con gli altri attori economici di quel periodo.

La mancanza di materie prime in Spagna era notevole, e nonostante si tentasse di dar via ad

un processo di industrializzazione del paese, la stessa nazione non possedeva risorse per poter

fronteggiare un simile sforzo, almeno nel breve periodo. Era quindi necessario ricorrere

all’assistenza, tecnica, commerciale e finanziaria delle imprese Europee e Statunitensi, in

sostanza per rincorrere la propria autosufficienza era necessario aiuto straniero occidentale.

Cosi dopo una prima fase di avviamento dell’autarchia industriale verso la metà degli anni

quaranta le cose iniziarono a mutare

22 Esther M. Sánchez Sánchez, Autarquía y asistencia exterior: las empresas francesas y el INI de Suanzes,

1941-1963, IX Congreso de la AEHE

Page 33: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

33

Dalle dichiarazioni di Suanzes al diario Arriba venivano illustrate chiaramente le intenzioni

del governo: «I contributi di tecnica o di capitale straniero per potenziare la nostra industria

o la nostra economia in generale sono, non solo ben accolte, ma anche stimolate e

desiderate».23

L’INI, per quanto riguarda le relazioni estere, ottenne un canale di preferenza attraverso

licenze di importazione, autorizzazioni di investimento e denaro necessario per comprare i

prodotti e i servizi esteri. Questo aumento degli investimenti si vide nella decade degli anni

’50 che furono superiori a quella degli anni ’40. Per far ciò vi fu un notevole cambio di

politica economica a metà degli anni quaranta (anche il passaggio dai Falangista al

Movimiento Nacional fu proiettato in quest’ottica, questo passaggio verrà ripreso

successivamente). Nonostante questo mutamento ad una politica più liberale, nel 1957 si

manifestò un forte deficit commerciale e un’inflazione elevata, si tentò di risollevarla con il

Plan de Estabilización del 1959 e proprio in questo periodo l’INI dovette abbandonare

definitivamente l’idea di autosufficienza industriale e tecnologica, vennero le dimissioni di

Suanzes24 sostituito da José Sirvent Dargent.

23 Mendoza, Gomez Antonio, El fracaso de la autarquía: la política económica española y la posguerra mundial

(1945-1959), Espacio, Tiempo y Forma, Serie, H. Contemporanea, 1997, pp. 297-313

24 Per ulteriori approfondimenti riguardanti Suanzes Juan Antonio si veda: Ballestero Alfonso, Juan Antonio

Suanzes 1891-1977. La política industrial de la postguerra, León, LID Editorial empresarial. 1993; Martín-

Aceña Pablo y Comín Comín, Francisco, INI, 50 años de industrialización en España, Madrid, Espasa-Calpe,

1991.

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34

CAPITOLO 2

L’APERTURA AL SISTEMA INTERNAZIONALE E IL MIRACOLO ECONOMICO

Il secondo periodo franchista va dal 1945 al 1959, durante questa fase inizia una prima

riconversione degli orientamenti politici nel tentativo di acquisire una legittimità

internazionale che porterà la Spagna ad entrare in diversi organi quali UNESCO, FAO e ONU

ma soprattutto al fine di essere inclusa negli scambi internazionali a causa del fallimento

dell’autarchia nei vari settori.

Con il passaggio al Nazional-Cattolicesimo la Spagna iniziò prendere parte a questi scambi

stringendo relazioni con numerosi paesi come Francia, USA, Italia etc…

L’abbandono dell’autarchia coincideva con questa apertura internazionale che iniziò a pesare

sui bilanci dello Stato: le importazioni a metà degli anni ’50 cominciarono ad essere notevoli

mentre le esportazioni erano ancora flebili, questa situazione portò ad un forte deficit nella

bilancia commerciale del paese e ad un’elevata inflazione. Le riserve di moneta degli altri

Stati stavano per esaurirsi e iniziava un lungo processo di indebitamento con l’estero.

Per far fronte a queste problematiche vi fu un cambio nella struttura governativa dando

maggior ruolo a tecnocrati e attraverso varie riforme il periodo 1959-1973 verrà denominato

“El milagro economico Español”.

2.1 La fine della guerra e l’isolamento della Spagna (1946-1953)

Con l’invasione della Polonia da parte della Germania nazista inizia, nel settembre del 1939 la

II Guerra Mondiale, cinque mesi dopo la fine della guerra civile spagnola.

La possibilità di instaurare un nuovo impero spagnolo nel nord Africa portò Franco a

modificare il suo iniziale pensiero di non belligeranza durante il conflitto mondiale. Nell’

Ottobre del 1940, Hitler e Franco si incontrano per discutere dell’entrata in guerra della

Spagna, l’incontro durato 7 ore non porterà accordo, nel tentativo di convincere Franco, viene

incaricato Mussolini per fare da mediatore, ma anche con quest’ultimo la cosa non avrà

riscontro finale. L’unico momento storico di reale invio di truppe da parte della Spagna nel

conflitto è quando la Germania iniziò un’offensiva militare contro la Russia di Stalin, nella

stessa Spagna la colpa della guerra civile veniva additata al comunismo, così facendo Franco

autorizza la formazione di un gruppo di volontari, la Division Azul, da inviare in aiuto della

Page 35: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

35

Germania, in questa maniera la Spagna partecipa alla guerra senza esservi mai entrata

formalmente. In due anni 47.000 spagnoli combatterono nel Fronte Azul.

La fine della seconda guerra mondiale segna anche la fine del nazionalsocialismo e del

fascismo in Germani e in Italia. Con la vittoria degli alleati la Spagna di Franco, insieme al

Portogallo di Salazar, rimane l’unico regime a sopravvivere nonostante l’appoggio dato alla

Germania Nazista di Hitler.

Nel 1946 l’Organizzazione delle Nazioni Unite, capeggiate dai paesi vittoriosi nel conflitto

globale, escludono la Spagna dal suo ingresso e inoltre consigliano agli altri paesi di rompere

qualsiasi rapporto con la Spagna (solo il Portogallo e qualche paese del Sud America si

rifiutano di seguire tali indicazioni). Conseguentemente tutti gli ambasciatori degli altri paesi

lasciano la Spagna, la Francia chiude la sua frontiera, Franco risulta così essere totalmente

isolato rispetto il mondo esteriore. Numerose furono le manifestazioni patriottiche organizzate

durante quegli anni per avvalorare il rispetto popolare al regime. In questo clima di

isolamento internazionale i due principali settori, agrario e industriale, come prima già

esplicato, ne risentirono profondamente obbligando così il Caudillo a modificare la sua

politica.

Dalla seconda metà degli anni quaranta i Falangisti perdono terreno nel governo a discapito

dei cattolici che sempre più con gli anni a venire diventarono protagonisti. La Falange

Espanola Tradicionalista cambia il nome del proprio partito in Movimiento Nacional inoltre il

saluto romano smette di essere il saluto nazionale. Il regime cerca di prendere distanza

dall’ideologia e dalla forza fascista per concentrare il cambio verso un movimento

maggiormente cattolico, dove le processioni, le funzioni religiose, gli esercizi spirituali si

celebrano consistentemente in tutto il paese. Per il regime è una necessità di politica interna

Page 36: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

36

che viene vista come una riaffermazione di fronte all’isolamento esterno a cui è costretta,

sono gli anni del Nacional Cattolicesimo.

Al fine di rafforzare la propria legittimità, nel 1947 il governo indice un referendum

riguardante la Ley de Sucession, la Spagna si costituisce in regno anche senza Re, a Franco

viene riconosciuto il diritto di scegliere il proprio successore, la legge viene approvata per il

93% della popolazione.

Tutta questa serie di trasformazioni interne portano ad un cambio nel comportamento

internazionale da parte degli altri paesi, nel 1950 gli ambasciatori che 4 anni prima avevano

lasciato Madrid iniziarono a tornare dopo che l’ONU sospese le sanzioni contro la Spagna,

nell’agosto del 1953 viene firmato a Roma il concordato con la Santa Sede, in questo modo

Franco si garantiva l’appoggio della Chiesa e l’affermazione del proprio Stato.

Soltanto il mese successivo, la Spagna firma con gli

Stati Uniti d’America un trattato di cooperazione, in

cambio di aiuti economici da parte degli USA

vengono concesse autorizzazioni per l’insediamento

di quattro basi militari Nord Americane nella penisola

Iberica, per Franco questo risulta essere la sua più

grande operazione diplomatica, continuando a mantenere la sua egemonia politica e la sua

autorità nel proprio paese riesce ad ottenere il rispetto degli Stati Uniti, il riconoscimento

internazionale al regime termina nel 1955 con l’ingresso della Spagna nell’ONU. Il cambio

definitivo nei confronti di Franco avviene con l’incontro del 1959 a Madrid con il Presidente

americano Eisenhower.

Questo cambio di fronte negli anni cinquanta è portato avanti dall’estrema necessità di scambi

internazionale che aveva la Spagna con il resto del Mondo, dal suo profondo stato di

arretratezza e dal clima internazionale, che come il periodo ante guerra civile vedeva

surriscaldarsi i rapporti tra le grandi potenze mondiali in coincidenza con la guerra di Corea

(1950-1953). Non a caso la Spagna inizia a stringere accordi fondamentali per il proprio

sviluppo con gli Stati Uniti e la Francia in questo periodo, la guerra fredda avanzava e con

Franco si trovò il punto in comune: l’anticomunismo. All’interno dello Stato spagnolo la

repressione e il controllo erano sempre più forti e di concessioni democratiche non se ne

vedevano, il ventennio seguente rappresenterà il periodo di maggior crescita economica per la

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37

Spagna attraverso una maggiore apertura internazionale e il definitivo consolidamento di

Franco.

2.2 La ripresa industriale e i rapporti economici con la Francia

La guerra civile e la seconda guerra mondiale avevano cambiato radicalmente le relazioni

internazionali della Spagna.

Le uniche nazioni che potevano effettivamente aiutare la Spagna erano le stesse vincitrici

della II guerra mondiale: la Francia, perché confinante e gli Stati Uniti. Entrambe le nazioni

consideravano la penisola iberica una “rete di grandi opportunità” di grande utilità nel medio-

lungo periodo.

Non entrando eccessivamente nei rapporti relazionali portati avanti dai due paesi, durante gli

anni, anche nella prima fase franchista, si erano strette conoscenze e una rete di collegamenti

tra l’INI e soggetti privati di varie industrie francesi. Così nel 1945 una delegazione di tecnici

francesi, presidiata dal Ministro della Produzione Industriale, Jean Chalopin, viaggiò fino alla

sede dell’Ini a Madrid, al fine di stabilire direttamente l’opportuno contatto per trattare di tutte

quelle questioni che l’Istituto considerava di interesse in relazione agli affari e le attività che

sono proprie, questo viaggio servì anche per visionare da parte di enti esteri la

documentazione interna del INI per poter mettere l’istituto in contatto con quelle industrie

francesi considerate le più importanti per contribuire all’industrializzazione del paese.

Negli anni ’50, uno degli episodi di collaborazione tra l’INI e la Francia fu il Protocollo

finanziario del 1953, nel quale un consorzio di banche francesi, sostenuto dalla Stato e

capeggiato dal Banque de Paris et des Pays-Bas (Paribas), concesse alla Spagna un credito di

15.000 milioni di franchi, a basso tasso di interesse e rimborsabili in un arco temporale dai 3

ai 7 anni. L’obiettivo era finanziare l’acquisto ad imprese francesi di beni destinati alla

costruzione di infrastrutture in Spagna. Il 60,7 % del credito servì a fermare società

dell’Istituto (il resto venne diretto verso RENFE) e si riparti in questa maniera: ENSIDESA

(6.500 milioni di franchi), ENHER (1.436), EN Elcano (524), EN de Autocamiones (221),

SEAT (120), EN Aluminio (200) e EN Industrialización de Residuos Agrícolas (114)

Tra i settori maggiormente coinvolti in questa collaborazione vi fu quello petrolifero. Nella

sua prima fase l’INI aveva dato luogo a numerosi investimenti al fine di trovare giacimenti

nella propria nazione, dopo numerosi tentativi la cosa non portò risultati e il presidente

dell’istituto Suanzes dovette ammettere il fallimento, in quegli anni il petrolio era una risorsa

molto rara e non era presenta in gran parte della Spagna. La cosa in realtà mosse

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38

particolarmente l’ingegno degli spagnoli che avevano creato mezzi alternativi alle macchine

alimentate a petrolio; tra i casi più rilevanti vi fu el autopedal (piccolo mezzo a quattro ruote

spinto a pedali) e taxi che funzionavano a batterie ricaricabili.25

A metà degli anni ’50 Suazes propose due possibili orizzonti di collaborazione con le

industrie petrolifere francesi: la prospezione e l’esplorazione dei territori spagnoli e francesi

nel nord dell’Africa, e la creazione di una società mista franco-spagnola che si sarebbe

incaricata di gestire questo coordinamento e nella coordinazione di obiettivi futuri. L’interesse

dell’Istituto era concludere l’accordo prima del 26 dicembre 1958, anno della nuova legge

sugli Idrocarburi che nelle sue questioni aveva anche un aumento dell’iniziativa privata nel

settore petrolifero, cosa che avrebbe obbligato le imprese dell’Ini a concorrere con altre

imprese private e straniere nell’aggiudicazione dei permessi di esplorazione, d’altra parte

anche le aziende francesi erano interessate ad un simile accordo al fine di aumentare le

proprie quote di mercato anche in Spagna.

Dopo svariati anni di trattative l’INI e le imprese francesi firmarono i loro primi accordi di

collaborazione verso la fine degli anni cinquanta ed inizio dei sessanta. Tra questi importanti

furono quelli conclusi con IFP, il Bureau de Recherches de Pétrole (BRP) e la S.A. Française

de Recherches et d’Exploitation de Pétrole (SAFREP). L’IPF si impegnò ad assistere l’INI

nell’elaborazione di un inventario sopra le risorse petrolifere del territorio spagnolo come

contro parte vennero vendute a ENCASO licenze per la fabbricazione di acetone e metile (per

ENCASO non si trattò del primo accordo raggiunto con aziende francesi, già negli anni

quaranta vi furono i primi accordi). Nel 1959 l’INI raggiunse un accordo con BRP che

regolamentava la co-partecipazione nell’esplorazione di giacenze petrolifere nel Sahara

spagnolo e nel Sahara francese, due anni successivi raggiunse con la SAFREP accordi simili.

Durante gli ultimi anni di presidenza di Suazes l’Istituto concluse un accordo con la

Compagnie de Participations de Recherches et d'Exploitations Petrolières (Coparex) per la

conca di Guadalquivir, un altro con Compagnie Française des Pétroles (CFP) per effettuare

ricerche nei Pirinei. Inoltre varie aziende francesi e l’INI co-parteciparono nell’Empresa

Nacional de Petróleos de Aragón S.A. (ENPASA) e nella a Empresa Nacional de Petróleos de

25 Già nel 1941 Henry Ford presentò al mondo la prima macchina interamente realizzata con un materiale

plastico ottenuto dai semi di soia e di canapa, e alimentata da etanolo di canapa, la Hemp Boby Car. Si veda

anche: Bryan, Ford Richardson, Henry's lieutenants, Wayne State University Press, 1993; Maxwell,

James, Plastics in the automotive industry, Woodhead Publishing 1994

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39

Navarra S.A. (ENPENSA) entrambe costituite nel 1960. Le ragioni di due imprese era

superare la limitazione della legge sugli Idrocarburi e delle limitazioni imposte all’epoca sulle

quote di capitale che potevano essere detenute da gruppi statali stranieri.

Altri settori coinvolti in questa collaborazione franco-spagnola furono quello dell’aviazione,

quello riguardante l’elettricità, attività minerarie e altri inerenti le materie prime.

L’impresa pubblica francese Electricité de France (EDF), creata nel 1946, si relazionò dai

suoi primi anni di funzionamento con i produttori spagnoli di energia elettrica (pubblici e

privati), con l’obiettivo di relazionarsi il più possibile negli scambi tra i due paesi. La Francia

necessitava importare energia elettrica durante l’inverno, periodo nel quale le sue riserve

idrauliche diminuivano a causa della stagione e vendere le sue eccedenze in estate, durante il

disgelo, periodo che coincideva con la siccità spagnola.

Negli anni ’50 e nei primi anni ’60 si sottoscrissero numerosi accordi tra EDF e le principale

aziende spagnole produttrici di energia elettrica, in questi accordi venne sottoscritto che la

Francia avrebbe ricevuto sempre energia (inverno) mentre la Spagna avrebbe pagato una parte

in energia (estate) e un’altra in valuta estera, che poi sarebbero state investite in acquisizioni

di beni da parte delle aziende francesi destinate alle infrastrutture spagnole.

In questo scambio entrambe le nazioni puntano a risultati positivi: la Spagna incrementa le

sue riserve di valuta estera e la Francia amplia il suo margine di esportazione.

Hidroeléctrica Moncabril concluse nel 1955 un accordo per somministrare energia invernale a

EDF (dal 15 novembre al 15 arile), in cambio riceve energia estiva (dal 1° giugno al 30

settembre) e in aggiunta valuta estera. L’anno seguente, Moncabril, in collaborazione con la

Empresa Nacional Hidroeléctrica del Ribagorzana (ENHER), la Empresa Nacional de

Electricidad S.A. (ENDESA) e ENCASO conclusero un accordo con EDF per il regolare

immagazzinamento in Francia di una parte dell’energia destinata in Spagna.26

26Esther M. Sánchez Sánchez, Autarquía y asistencia exterior: las empresas francesas y el INI de Suanzes, 1941-

1963, IX Congreso de la AEHE

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40

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41

2.3 Il ceto dei tecnici e lo sviluppo economico

L’economia negli anni 50 iniziò lentamente a crescere, presentando però numerosi problemi:

una forte inflazione, un deficit commerciale elevato, salari bassi ecc.; la Spagna e il Portogallo

erano i paesi più poveri dell’Europa Occidentale, questi motivi stavano spingendo il paese

verso la bancarotta. Era quindi necessario un cambio nella politica economica per permettere

al regime di sopravvivere. Nel 1957 si formò un nuovo governo che decise per una maggiore

liberalizzazione economica.

Per la prima volta nella storia europea, si andò a formare un governo tecnocratico, del quale

diversi elementi facenti parte dell’Opus Dei.

A livello storico questo episodio rappresenta tutt’ora fonte di discussione tra i rapporti

“controversi” tra Franco e la Chiesa, nel dettaglio vennero nominati alcuni specialisti ben

qualificati, che provenivano da banche e dal mondo universitario. Due di loro erano membri

dell’Opus Dei: Alberto Ullastres, docente di storia dell’economia nell’Università di Madrid,

fu nominato ministro del Commercio; Mariano Navarro Rubio, direttore amministrativo del

Banco Popular, fu chiamato al ministero delle Finanze. In seguito si aggiunsero Gregorio

Lopez Bravo, come ministro dell’Industria e Laureano Lopez Rodò, come ministro senza

portafogli e commissario generale del paino di sviluppo economico, questi due qualche anno

dopo, in epoche diverse, furono anche ministri degli Esteri.

I tecnocrati orientavano il proprio lavoro verso l’efficacia tecnica ed economica, lasciando

alle spalle i presupposti ideologici e politici del primo franchismo. Il cambio definitivo può

essere ravvisato quando dopo più di un decennio caratterizzato dall’INI e dalla presidenza di

Suazes, con le sue dimissioni nel 1963 si venne a creare una chiaro passaggio di consegne del

potere dei gruppi presenti al potere fino a quel momento, fu esattamente il momento in cui

López Rodó passò in prima linea nella politica economica nazionale, utilizzando i piani di

sviluppo come effettivo strumento di potere che gli permisero di situarsi come il nuovo uomo

forte della politica economica nazionale. Questo passaggio può anche essere visto come la

vittoria definitiva dei tecnocrati del Opus Dei sopra il gruppo che tradizionalmente aveva

guidato il governo, i nazionalisti della Falange.27

Nonostante le critiche, nella decade degli anni 60, attraverso il governo tecnocratico, la

Spagna visse un periodo di profonda trasformazione economica, culturale e di pensiero.

27 Si veda: Jose Luis Comellas “Historia de España contemporanea” Ediciones Rialp S.A, Madrid, 1988; Jensen

Geoffrey, Franco: Soldier, Commander, Dictator, Washington D.C.: Potomac Books, Inc., 2005. p. 110-111

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42

Nel periodo di pre-stabilizzazione 1957-1958 vennero attuate diverse riforme economiche sia

sul piano interno, politiche fiscali che puntavano a maggiori entrate statali e politiche

monetarie che implicavano l’aumento del tasso di interesse per frenare l’inflazione; sul piano

esterno si puntò alla fine dei cambi multipli e ad una svalutazione della moneta.

Inoltre la Spagna entrava in diversi organismi economici sovrannazionali, nel 1958 nel Fondo

Monetario Internazionale (FMI) e un accordo di associazione con l’Organizzazione per la

Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) nel 1958 con l’ingresso ufficiale in tale

organismo nel 1959.

Questo biennio di pre-stabilizzazione non sembrò portare effettivi risultati infatti l’inflazione

non diminuì e il deficit con l’estero andò aumentando.

Page 43: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

43

2.4 El Plan de Estabilización de 1959

Dopo la disastrosa parentesi della politica economica autarchica e del fallimento delle

politiche economiche del biennio 1957-1958, fu chiaro che per la sua crescita economica la

Spagna aveva bisogno di maggiori contatti con l’estero, l’iniziale apertura la mercato estero

verso la metà degli anni 50 implicò una crescente domanda di importazioni di prodotti

(energetici e attrezzature), che portò la bilancia commerciale spagnola ad un elevato saldo

negativo mentre l’inflazione si situava a livelli molto elevati e le risorse finanziarie sempre

più scarse.

Per far fronte a simile situazione le autorità spagnole che, dopo il loro ingresso verso la fine

degli anni 50 in organismi economici sovrannazionali, potevano contare dell’aiuto tecnico e

economico degli organismi internazionali competenti (Fondo Monetario Internazionale e

OCSE) e dell’aiuto degli Stati Uniti d’America, pianificarono un progetto per terminare con

l’autarchia, liberalizzare l’economia spagnola (minore intervento statale) e permettere la sua

crescita. Questo progetto venne realizzato, dopo le misure adottate nel 1957, nel 1959

attraverso el Plan de Estabilización (Piano di Stabilizzazione). Il piano fu elaborato con la

partecipazione degli economisti Juan Sardà e Enrique Fuentes Quintan28a e fu approvato

tramite decreto legge il 21 Luglio del 1959 (l’approvazione venne portata avanti nonostante le

numerose critiche da parte di alcuni esponenti e vari ministri del governo). Gli obiettivi erano

l’introduzione della Spagna nel libero mercato attraverso una sua maggiore apertura con

l’estero.

Il piano prevedeva le seguenti politiche:

Scelta di un cambio stabile e fisso della peseta con altre valute (il cambio con il

dollaro passò da 1$-47 pesetas a 1$-60 Pts, quindi una forte svalutazione della propria

moneta)

Politica monetaria restrittiva (incremento dell’interesse, soppressione delle emissioni

di debito pignorabili, limiti alla crescita del credito bancario)

Abolizione del sistema di licenze per l’importazione e progressiva apertura agli

scambi internazionali

Riduzione della spesa pubblica e congelamento degli stipendi dei funzionari

Riduzione salariale per contrastare l’inflazione

Riduzione dell’interventismo statale nell’economia

28 Si veda Fusi Juan Pablo, El boom económico español. Cuadernos Historia 16, n°34, Barcelona, 1985

Page 44: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

44

Promozione delle esportazioni

Stimolazione degli investimenti stranieri (esclusi settori quali: industria di guerra,

servizi pubblici e attività relazionate con l’informazione)

Per raggiungere tali obiettivi si andò a sviluppare la Pianificazione Indicativa, attraverso la

creazione de la Comisarìa del Plan de Desarrollo (amministrata da Lopez Rodo) si cercò di

copiare il modello italiano e in parte il modello francese. Si andarono a elaborare tre piani: I

Plan de Desarrollo (1964-1967), II Plan de Desarrollo (1968-1971) e III Plan de Desarrollo

(1972-1975). Questi piani si ponevano in essere l’obiettivo di programmare l’economia,

soprattutto l’industria, e la riqualificazione di zone di basso sviluppo ma con possibilità di

crescita. Lanciarono los Polos de Desarrollo (Poli di Sviluppo) e los Poligonos Industriales

(Poligoni Industriali) per accrescere l’industria e correggere i disequilibri regionali (Burgos,

Vigo, A Coruna, Valladolid, Zaragoza, Huelva, Sevilla). I piani erano formati da due parti,

una parte di tipo indicativo (le proiezioni di crescita), e l’altra di carattere vincolante per

l’amministrazione concentrata nel programma di investimenti pubblici, crediti, vantaggi

fiscali etc.

Processo di decisioni nel Piano di Sviluppo:

1) Programmazione delle direttrici generali del piano

2) Programmazione del piano di investimenti pubblici

-La programmazione delle direttrici generali del piano, teoricamente erano stabilite dal

Consiglio dei Ministri in base al progetto presentato dalla Commissione del Piano. Questo

progetto doveva essere elaborato tenendo in conto i distinti settori, in seguito doveva ricevere

l’approvazione del Consiglio dei Ministri, e passare al Consiglio dell’Economia Nazionale e

all’organizzazione sindacale per essere studiato ulteriormente. Ricevute le approvazioni dei due

organismi la Commissione del piano avrebbe dovuto ricevere una seconda approvazione da

parte del Consiglio dei Ministri per la sua approvazione finale. In funzione delle direttrici dello

sviluppo si sarebbe elaborato il Piano e il programma degli Investimenti Pubblici. In questa fase

la Commissione del Piano si incaricava di elaborare il Piano di Sviluppo con la partecipazione

dei distinti settori economici. Infine una volta elaborato tale Piano di Sviluppo doveva passare

per le approvazioni di diversi organismi quali: Il Ministero del Piano di Sviluppo, Il Consiglio

dei Ministri, il Consiglio Economico Nazionale, Organizzazione Sindacale e le Corti.

Page 45: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

45

Secondo alcuni storici le direttrici generali del Piano non servivano da guida nell’assegnazione

delle risorse ne servivano nel processo di decisioni del programma, si trattava di principi molto

generali che avevano come obiettivo soddisfare l’opinione pubblica, avevano una funzione di

propaganda.

- Nella Programmazione del Piano degli Investimenti Pubblici (PIP) tre decisioni erano

fondamentali:

I. Il volume totale degli investimenti inclusi nel PIP

II. L’importo previsto per ogni settore, che rappresentano le priorità settoriali stabilite

III. L’assegnazione degli investimenti del settore per progetti e per la sua distribuzione

Il volume totale degli investimenti inclusi nel PIP, formalmente erano realizzati dalla

Ponencia de Financiacion (Presentazione del programma di finanziamento) nella quale

partecipavano membri rappresentativi del settore pubblico e privato, nella pratica le previsioni

erano realizzate da un piccolo gruppo formato da funzionari dell’Amministrazione dello

Stato. Si stabilivano le previsioni sopra l’evoluzione della crescita economica, evoluzioni

degli ingressi statali, evoluzioni dei costi corrispondenti, deducendo la capacita di

finanziamento degli investimenti pubblici.

I comitati verticali elaboravano studi della necessita di investimento di ogni settore, tali studi

passavano poi ad un comitato della Commissione del piano dove venivano scartati determinati

progetti. I primi tagli erano realizzati da un comitato di cui i membri dipendevano dal

Ministero delle Finanze e dalla Commissione del Piano, in seguito si stilavano i costi dei

programmi. Le previsioni riguardanti il volume totale degli investimenti del PIP si stabilivano

in base ai costi dei programmi settoriali proposti e in base alle previsioni di rientro e capacità

di avere un effetto moltiplicativo all’interno dell’economia e del settore pubblico nei 4 anni

del Piano. Il volume totale degli investimenti era di fatto un accordo tra il Ministero delle

Finanze e la Commissione del Piano, il primo aveva come obiettivo un incremento delle

risorse da destinare per gli investimenti, mentre il secondo organo era maggiormente

proiettato per un taglio della spesa pubblica.

Una delle critiche maggiori che vengono mosse ai Piani della decade dei sessanta, fu il fatto

che tali piani erano più di carattere personale che realmente basati su un concetto di società

essendo decisi da piccoli gruppi, politici e industriali, che proprio in quel periodo prendevano

la scena del potere all’interno dell’economia spagnola.

Page 46: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

46

2.4.1 La Planificaciación Indicativa del Desarrollismo

Di pianificazione di un sistema economico si cominciò a parlare, in dottrina, a partire dalla

seconda metà dell’ottocento, sulla scia del Manifesto del partito comunista di Marx ed Engels.

Per vederne la prima applicazione concreta, tuttavia, occorre attendere gli anni

immediatamente successivi all'avvento del regime comunista in Unione Sovietica, vale a dire

gli anni venti di questo secolo. Da allora, infatti, il sistema economico sovietico è stato

guidato, sino al crollo del regime, sulla base di una serie di piani quinquennali. Stessa cosa è

accaduta, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, ai paesi europei 'satelliti' (fino a

quando sono rimasti tali), alla Cina Popolare e a qualche altro paese del resto del mondo ad

economia collettivista. L'idea della guida dall'alto dell'economia di un paese non si è peraltro

arrestata all'universo comunista. Essa si è fatta strada, sempre nel secondo dopoguerra, anche

in quello capitalista, dove ha assunto le fattezze della 'programmazione indicativa', vale a dire

di un insieme di linee guida verso obiettivi predeterminati, perseguite dai vari governi con

misure dirette o incentivanti, senza in genere il vincolo dell'obbligatorietà per i vari soggetti

del sistema economico. Gli anni d'oro della programmazione indicativa non sono tuttavia stati

molti: dopo il periodo compreso tra la metà degli anni cinquanta e la metà degli anni settanta,

essa è infatti caduta largamente in disuso 29. Si sviluppo come concetto nella maggior parte

delle economie Europee, Germania, Italia, Portogallo, in Francia vide la luce alla fine degli

anni 40, per opera di Jean Monnet e si diffuse in differenti paesi. Non si trattò di un concetto

preceduto da uno sviluppo teorico al partire del quale di diede luogo alla applicazione pratica,

ma il contrario, il concetto nasce proprio dalla pratica. Si iniziò a teorizzare seriamente con

Perroux, Gruson, Meade, etc., quando l’esperienza pianificatrice già si era sviluppata da

tempo ed incluso stava già scemando. D’altra parte, l’idea generale di pianificazione, in un

contesto di economia controllata razionalmente nella quale si punta ad evitare i problemi che

le si vanno ad associare al funzionamento del libero mercato (crisi ricorrenti, disoccupazione

e disuguaglianze sociali, disequilibri con l’estero, etc.)30.

Importante è distinguere la differenza tra la natura prescrittiva di un piano e nella natura

indicativa del programma, secondo la teoria, il primo termine impone precetti, conformava

cioè le azione dei soggetti destinatari, il secondo individuava gli obiettivi da raggiungere

lasciando libertà sulle modalità operative di attuazione. In altre parole, per programma si

29 Si veda: Ugo Spirito, Dall’economia liberale al corporativismo, Messina-Milano, 1939 30 IX congreso de la AEHE Sesión: “Mercado y Estado: los planes de desarrollo durante el franquismo” Los

economistas españoles frente a la planificacion indicativa del desarollismo.

Page 47: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

47

intendeva qualcosa di meno impegnato e di più circoscritto del piano. Inoltre, come già

enunciato, il termine pianificazione era proprio dei sistemi economici di tipo collettivistico e

il termine programmazione di quelli di tipo liberista (o capitalista, o concorrenziale). Un’altra

distinzione, utilizzata nella letteratura delle politiche sociali, era la seguente: con

pianificazione si intendeva l’intero processo concettuale e operativo del piano,

dall’individuazione del problema e degli obiettivi fino al controllo dei risultati; con

programmazione si indicava solamente una fase del piano, e precisamente quella che consiste

nello strutturarne gli aspetti organizzativi, cioè nel tradurre in programmi specifici i principi

generali e le linee politiche del piano stesso, dopo che queste sono state formulate.31

2.4.2 I Plan de Desarrollo Economico y Social 1964-1967

Le caratteristiche fondamentali del I Piano di Sviluppo furono:

I. Economico-Sociale: Questa caratteristica presenta vari criteri

a) Gli obiettivi sociali si presuppone verranno raggiunti con una crescita sostanziale

del reddito nazionale

b) La crescita del reddito deve basarsi con il massimo beneficio delle risorse senza

pesare ulteriormente alla generazione presente

c) I problemi che derivano dal processo di crescita devono essere intesi come una

concezione umana

d) I vantaggi derivanti dalla crescita del reddito nazionale devono materializzarsi

come criteri di massima razionalità, con il proposito di base che i fondi destinati

agli investimenti sociali devono far beneficiare il maggior numero di persone

II. Globale: Il Piano deve tenere in conto le relazioni generali e settoriali, facendo in mondo

che l’economia abbia una crescita armonica e coerente

III. Coordinamento: Il coordinamento delle attività del settore privato deve essere assicurata

da diversi fattori:

a) Il Mercato, è l’organo informatore, il meccanismo è il sistema dei prezzi. Per

beneficiare dei vantaggi del mercato dovranno essere evitate le ristrettezze dello

stesso.

b) Il Piano, informa rispetto al livello di domanda globale e settoriale, piani dei

consumatori, dal lato dell’offerta, dello Stato…Il piano ha anche l’obiettivo di

aiutare il settore privato come riduttore di incertezza.

31 Angelo Mari, La programmazione sociale: valori, metodi e contenuti, Maggioli Editore, 2012, p. 40-41

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48

c) Il regime di attuazione concentrata, meccanismo attraverso del quale lo Stato attiva

determinate imprese con l’Amministrazione Pubblica per conseguire gli obiettivi

del Piano.

d) Indicativo per il settore privato, questo carattere implica il rispetto per l’iniziativa

privata, orientato con indicazioni generali e stimolato con determinati incentivi tali

da rendere attrattiva l’attività privata in accordo con gli obiettivi programmati.

e) Vincolante per il settore pubblico, questa caratteristica viene determinata dalla

necessità di coordinare i vari livelli e dei vari dipartimenti del settore con norme

ben precise e delineate, al fine di arrivare al conseguimento di una buona

amministrazione delle risorse.

f) Compiti collettivi, implica la partecipazione collettiva e democratica

nell’elaborazione della politica economica.

g) Processo continuo, la programmazione deve essere un processo vivo, che richiede

la continuazione e la pianificazione e la vigilanza nella sua attuazione. Inoltre un

processo di continuo adattamento alle circostanza che si vengono a creare

h) Quadriennali, il Piano dura la tempistica di quattro anni, corrispondente ad una

programmazione a medio periodo, nella sua elaborazione deve tenersi conto delle

variazioni congiunturali che toccheranno il Piano

Alla fine del I Piano di Sviluppo si raggiunsero gli obiettivi quantitativi stabiliti, superando

anche le aspettative: il PIL crebbe di un 6.2%, le importazioni scesero di un 9.2%, il consumo

privato aumentò di un 6.3% e le esportazioni, il cui obiettivo era una crescita del 10%,

raggiunsero un 10.4%. Nono stante questo la crescita non fu cosi armonica come prospettata,

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49

le province più ricche rimasero tali e quelle più povere, Càceres, Granada, Jaen, Almeria e

Orense continuavano a vivere una difficile situazione economica.

2.4.3 II Plan de Desarrollo Economico y Social 1968-1971

Le caratteristiche presentate nel II Piano sono 22, per sintassi espositiva non verranno

analizzati tutti i punti nel dettaglio

I. Economico-Sociale, si distacca dalla posizione del I Piano dando un maggior risalto

all’aspetto sociale, puntando su un maggiore investimento di infrastrutture che

puntavano ad un migliore livello di vita con una redistribuzione maggiore del reddito

II. Globale e coordinato, il Piano punta a integrare maggiormente le relazioni

macroeconomiche, settoriali e regionali. Il settore pubblico deve adattarsi alla

funzione che il Piano le assegna

III. Selettivo, il Piano stabilirà quali settori hanno la priorità di sviluppo (agrario,

educazione e formazione personale, trasporti e comunicazioni, appartamenti e strutture

urbane

IV. Vincolante per il settore pubblico

V. Indicativo per il settore privato

VI. Programmazione finanziaria, obiettivo mantenere gli equilibri fondamentali a breve e

lungo periodo

VII. Sviluppo regionale, con l’obiettivo di redistribuire più uniformemente la popolazione,

decongestionare aree e incentivarne altre

VIII. Analisi della coerenza del Piano

IX. Congiuntura e Piano, analisi delle divergenze economiche che subisce il Piano

Rispetto il primo piano è maggiore l’attenzione all’aspetto sociale, inteso come qualità della

vita, istruzione, sanità il tutto per raggiungere una migliore qualità della vita del popolo

spagnolo. Vengono effettuate maggiori analisi cercando di tenere sotto controllo lo sviluppo

sia a livello macroeconomico sia a livello microeconomico. Un maggiore protagonismo al

settore pubblico nella direzione di tale sviluppo quando il settore privato risulta essere debole,

concentrando l’attenzione al settore energetico.

I risultati del II Piano furono i seguenti: il PIL aumentò di un 6.7%, le importazioni del 9.8%,

il consumo privato di un 5.3%, il consumo pubblico 5.4% e le esportazioni arrivarono al

11.8%

Page 50: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

50

2.4.4 II Plan de Desarrollo Economico y Social 1972-1975

Ultimo Piano delle politiche di Sviluppo, rispetto agli altri due presenta sostanzialmente le

stesse caratteristiche. Rispetto ai primi due il carattere Economico-Sociale viene messo sullo

stesso piano, dando quindi la stessa importanza ad entrambi. Una visione dell’economia

maggiormente a lungo periodo, maggiore attenzione allo sviluppo regionale.

In questo Piano risulta essere interessante come viene fatto risaltare gli investimenti pubblici

per la redditività degli investimenti privati, e della necessità che entrambi i settori hanno della

loro cooperazione per lo sviluppo economico. Non si ebbero gli effetti desiderati causa del

fatto di una situazione internazionale sempre più tesa che sfociò con la crisi del 1973.

Gli obiettivi posti erano: una crescita del PIL di un 7%, le importazioni all’11%, il consumo

privato al 6.5%, il consumo pubblico al 5.3%, la formazione lorda di capitale al 9.7% e le

esportazioni al 10%. Alla fine del III Piano non si raggiunsero gli obiettivi preposti, il PIL

aumentò di un 5.9%, le importazioni al 9.7%, il consumo privato al 5.9%, il consumo

pubblico fu superiore e aumentò al 6.6%, la formazione lorda di capitale all’8%, e le

esportazioni scesero al 4.7%. Il non raggiungimento degli obiettivi di questo piano fu

condizionato dalla crisi del 1973 e dalla serie di rimedia strutturai che dovette adottare il

governo di Carrero Blanco.

2.5 I maggiori successi del Plan de Estabilización

2.5.1 El Instituto Español de Emigración (IEE)

Già nella decade degli anni ’50 si demarcava una sostanziale differenza tra la Spagna e

l’Europa industrializzata, paesi come Francia, Belgio, Regno Unito, Svizzera e Olanda

vivevano una nuova fase di sviluppo economico mentre la penisola Iberica iniziava

lentamente ad aprirsi al mondo degli scambi internazionali.

Durante questa decade si determinarono due notevoli emigrazioni, una interna e una esterna; i

lavoratori dei campi lasciavano la terra per spingersi verso centri urbani industrializzati, circa

2.720.988 persone secondo dati dell’INE si trasferirono nelle città in cerca di lavori

maggiormente retribuiti. Questo enorme flusso comportò notevoli disagi organizzati e sociali,

in primo luogo vi fu una forte speculazione edilizia accompagnata da un processo di creazione

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di baraccopoli nelle periferie cittadine ma soprattutto questo spostamento in masso di forza

lavorativa dal settore primario al settore secondario creò le determinanti per un’elevata

disoccupazione.

La disoccupazione spinse verso l’estero circa 1.000.000-2.000.000 di spagnoli a cercare

lavoro nelle nazioni maggiormente industrializzate.

Questo flusso migratorio si intensificò a partire dai Piani di Stabilizzazione nell’anno 1959,

l’apertura verso il libero scambio e la riduzione dell’interventismo statale costrinse numerose

imprese a chiudere, aumentando quindi la disoccupazione (durante la fine degli anni ’50 il

governo è costretto a creare il sussidio di disoccupazione). Come già accennato, la situazione

nel resto d’Europa era differente, lo sviluppo che ebbero con la fine della seconda guerra

mondiale vide questi paesi avvantaggiati, le risorse arrivate con Il Piano Marshall e la buona

capacità organizzativa permise, soprattutto alla Repubblica Federale di Germania, di rientrare

nel pieno della propria economia nel giro di dieci-quindici anni fino al punto di necessitare di

mano d’opera straniera per raggiungere il proprio sviluppo.

Nella storia della Spagna l’emigrazione ha spesso rappresentato un problema sia per i suoi

flussi elevati sia per la continua perdita di popolazione attiva all’interno della nazione. Dopo

varie leggi create (Ley de Emigraciòn de 1924, decreto MOAS del 13 maggio 1938) nel 1951

venne creato Instituto Español de Emigración (IEE), per ciò che concerne la storia di questo

istituto non vi sono molti elementi che possono dare con una determinata certezza le origini

del progetto della sua nascita. Una delle piste più plausibili sembrerebbe inserirlo in una serie

di progetti del Dipartimento di politica migratoria e azione sociale dell’Istituto de Cultura

Hispanica (ICH) idealizzati da parte dell’avvocato Carlos Martì Bufill. Nel 1949 si elaborò un

documento riguardante la necessità di creare una Corporazione Ispano-Americana di

Emigrazione e Promozione, organismo destinato a fare dell’emigrazione spagnola una fattore

di collaborazione economica-sociale iberoamericana in favore dei migranti dei paesi

influenzati dall’emigrazione32.

Nel 1951 il ICH inviò al Governo un progetto di decreto per la costituzione dell’Istituto

Iberoamericano di Emigrazione, Bufill concepiva l’emigrazione non solo come un problema

sociale bensì come un problema socio-economico. L’emigrazione spagnola verso l’America

Latina è considerata come un vero «Piano Marshall» per l’economia spagnola.

32 Martì Bufill, Nuevas soluciones al problema migratorio, Cultura Hispanica, 1955, p.398.

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52

«En su consecuencia, si la emigración favoreció en forma notoria el comercio exterior

deEspaña y la afluencia de remesas de fondos de ahorro y capitales y alcanzó cifras tan im-

portantes que en algunos casos llegó a la mitad del valor total de nuestras exportaciones,

nohay duda de que podremos hacer la afirmación categórica […] de que el auténtico

PlanMarshall para España está en Iberoamérica, que nos lo viene dispensando

generosamentedesde que los brazos españoles empezaron a contribuir a la creación de

riqueza americana.»33

Da un lato, le rimesse dei migranti rappresentano un’importante forma di entrata delle riserve

tanto desiderate dalla Spagna e dall’altro, questo fenomeno migratorio verso l’Europa e i

paesi di maggiore industrializzazione pose le basi per la possibilità di creazione di un dialogo

con i paesi sviluppati, soprattutto nell’ottica di una possibile entrata della Spagna nella

Comunità Economica Europea (CEE), proprio per questi motivi durante la seconda fase del

franchismo l’emigrazione è spinta da parte del governo spagnolo e addirittura controllata.

Così il 17 luglio del 1956 tramite Decreto Legge, venne creato el Instituto Español de

Emigración (IEE), per emancipare la questione migratoria, si dispose il suo vincolo sotto la

Presidenza in un primo momento, l’IEE si convertì cosi in un organismo incaricato di

elaborare e applicare una politica pubblica in materia di emigrazione adattata alle esigenze

dello sviluppo spagnolo. In primo luogo con la legge del 1956 si stabiliva che l’IEE

possedeva il monopolio della conoscenza scientifica della problematica migratoria, in

secondo luogo veniva definito come principale informatore del governo in merito la

legislazione migratoria, la gestione, la pianificazione e la canalizzazione dei flussi migratori

era il terzo ramo di competenza. L’IEE si incaricò di creare un registro centrale riguardante

l’emigrazione, centralizzando le domande di mano d’opera richieste dai paesi stranieri e la

conseguente accettazione delle domande provenienti dai lavoratori spagnoli.

Secondo le cifre ufficiali dell’IEE, tra il 1959 e il 1973 emigrarono verso il continente

Europeo 1.066.440 persone, a differenza delle emigrazioni precedenti, nella decade degli anni

’60 si ha un movimento migratorio rotatorio, la maggior parte dei migranti uscirono dal paese

con un contratto di lavoro stabilito tra l’Istituto e le autorità del paese ospitante per un periodo

33 Luís M. Calvo Salgado María José Fernández Vicente Axel Kreienbrink Carlos Sanz DíazGloria Sanz

Lafuente, Historia del Instituto Español de Emigración, La política migratoria exterior de España y el IEEdel

Franquismo a la Transición, Ministerio de Trabajo e Inmigración p. 43-44.

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53

iniziale di un anno. Questa caratteristica permise un flusso di uscite e di ritorni annuali

aumentando così i rapporti tra la Spagna e i paesi recettori.

Lo spostamento medio annuale di questo periodo fu di circa 73.000 persone mentre quelli che

rientravano erano circa 38.800.

Dal grafico si notano 4 periodi, una prima fase riguardante 1961-1964 con un elevato flusso

migratorio, una seconda fase 1965-1968 periodo di riduzione dei migranti accompagnato da

un rientro degli stessi, una terza fase 1968-1973, e al finale 1973-1977 periodo nel quale

vanno quasi a terminare le uscite e aumentano i rientri a causa della situazione internazionale

condizionata dalla crisi del petrolio del 1973.

Queste fasi si relazionano con le tappe di crescita economica o di crisi dei paesi recettori, la

crisi economica del 1973 portò la disoccupazione a più di 4 milioni di lavoratori tra i nove

paesi della CEE.

Nonostante la creazione dell’Istituto e della regolamentazione migratoria i dati non tengono di

numerosi casi di emigrazione clandestina, attraverso reti con familiari già in loco o con

organizzazioni che gestivano il commercio illegale dell’emigrazione

Il grafico seguente presenta la divergenza tra i dati in possesso dalle autorità spagnole e quelli

dei paesi richiedenti lavoro. Come media emigrava un 51% in più delle persona controllate

dallo Stato spagnolo, anche nelle tappe prima analizzate si può osservare un andamento del

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54

tutto simile, la differenza principale riguarda il 1960 quando i contatti dell’IEE con i paesi

europei non erano ancora forti e ben istaurati.

Inoltre bisognerebbe aggiungere anche tutti quei migranti che uscendo clandestinamente dal

paese non poterono regolarizzare la propria posizione lavorativa entrando a far parte di un

mercato nero del lavoro privo di diritti.

La regione maggiormente toccata da questa emigrazione fu l’Andalusia con circa il 30.4%

della popolazione emigrata. Nel 1970 emigrarono un andaluso su quattro per un totale di

1.611.791 persone, al contempo era anche la regione più densamente abitata (il 19% degli

spagnoli) Almeria e Cadiz sono le due province che ebbero il maggior numero di migranti

verso l’Europa. Da Almeria se ne andarono 6,4 persone ogni mille, e a Cadiz 5,4.

Alla fine di questa decade chiusa nel 1973 con l’inizio della crisi energetica e degli shock

petroliferi i dati diedero ragione alla politica voluta dal franchismo, le rimesse dei migranti

funzionarono proprio come forme di finanziamento per la Spagna e inviando forza lavoro

all’estero si riusciva a contenere la disoccupazione interna mantenendo anche un clima meno

teso nella nazione. Aumentarono le riserve inviate dai migranti migliorando quindi la

situazione deficitaria della Bilancia dei Pagamenti, andando a generare effetti positivi per il

Page 55: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

55

consumo e gli investimenti all’interno del Paese. Nel 1965 le rimesse dei migranti risultavano

essere di 362 milioni di dollari e nel 1973 1.100 milioni di $.34

2.5.2 Il Turismo

Uno dei motori dello sviluppo economico durante la seconda fase franchista fu il turismo

straniero. L’entrata di riserve di moneta straniera da parte dei turisti, europei ed americani,

portò un notevole impulso al processo di modernizzazione del paese inoltre fu un processo di

notevole importanza a livello sociale. La vicinanza con gli altri Europei e non, permise alla

popolazione spagnola una maggiore apertura mentale su tematiche di difficile sviluppo nel

proprio paese, mettendoli di fronte alle effettive differenze sociali, culturali e morali che

avevano rispetto i turisti.

Nel 1959 viene firmato un accordo tra l’International Cooperation Administration (ICA) e

l’Ufficio spagnolo per le relazioni con il Nord America, in questo accordo la Spagna ricevette

un credito di 122,5 milioni di pts, credito che doveva essere diretto esclusivamente allo

sviluppo del settore turistico. Nel 1962 venne diretto verso la Spagna un secondo prestito di

200 milioni di pts a cui venne aggiunto un credito di 100.000 dollari gestito dall’ICA con

l’obiettivo di spingere il turismo dalla Spagna agli Stati Uniti. Ulteriore elemento di

cooperazione tra i due stati fu l’ingresso in Spagna da parte della multinazionale alberghiera

Hilton che proprio nella penisola iberica creò un nuovo modello di gestione di grande

affluenza alberghiera negli anni ’60.

Nel 1951 venne registrato il primo milione di turisti e gli incrementi avuti nel corso degli anni

furono di grande impatto: 2.522.402 nel 1955, 6.113.255 nel 1960, 14.251.428 nel 1965,

24.105.312 nel 1970 e 30.122.478 nel 1975. Secondo i dati ufficiali in 20 anni il numero dei

visitatori si moltiplicò 12 volte.35

Le entrate furono: 296,5 milioni di dollari registrati nel 1960 si moltiplicarono dieci volte nel

1973 toccando la cifra di 3.216,1 milioni. I turisti venivano attratti principalmente dai prezzi

bassi e molto competitivi che la Spagna aveva da offrire andando così a creare questo

fenomeno turistico di dimensione rilevante definito come turismo di massa.

34 Si veda: La emigración española a Francia en el periodo 1960-1977, Instituto Español de Emigración, 1981.

Carlos Barciela López, Albert e Carreras, Xavier, Estadísticas históricas de España: siglos XIX-XX, Volume 3,

Fundacion BBVA, 1989. 35 Esther M. Sànchez Sànchez- El auge del turismo europeo en la España de los años sesenta, Arbor, 2001,

p.204.

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56

La regione capace di captare maggiormente questo desiderio esterno di turismo fu

l’Andalusia, si raggiunse l’incontro tra la domanda estera e offerta ufficiale attraverso una

forte propaganda del folklore spagnolo, quello del Sud. Obiettivo era lasciare il turista

impressionato da tutto ciò era tipico del luogo: le arene per le corride, las tapas, il flamenco

etc. Tale insistenza nella commercializzazione turistica dello stereotipo contribuì ad

accentuare l’immagine della Spagna all’estero, però allo stesso tempo fu anche la forma più

rapida e comoda per promuovere le vere ricchezze del territorio: sole e spiagge.

Con el Plan de Estabilización il turismo raggiunse il livello di industria prioritaria, per i

dirigenti tecnocrati non vi era alcun dubbio riguardo le sue possibilità di sviluppo. Durante i

vari Piani di Sviluppo diverse norme puntavano ad un maggior incremento del settore: nel I

Piano (1964-1967) i trasporti ricevettero il 25% degli investimenti pubblici e la costruzione di

alloggi per turisti il 19.5%. Nel giro di pochi anni si iniziarono a creare numerosi Istituti

pubblici e privati per formare specialisti nel settore turistico.

Nel 1962 si creò l’Istituto de Estudio Turisticos, nel 1963 la Escuela Oficial de Turismo de

Madrid, e scuole di specializzazione ripartite nelle capitali delle diverse province.

Lo Stato partecipò direttamente come imprenditore del settore attraverso diversi organismi: la

Administracion Turistica Española (ATE) incaricata della gestione di rotte turistiche, alberghi

e alloggi, l’INI attraverso le sue partecipate (ATESA, AVIACO, IBERIA, ENTURSA).

Mentre in un primo periodo gli investimenti privati esteri venivano vietati dal 1963 si legiferò

un’entrata iniziale di capitale straniero in tutte quelle attività relazionate con il settore

turistico, nel caso di investimenti che superassero il 50% del capitale di imprese nazionali

doveva esservi l’autorizzazione del Consiglio dei Ministri.

Nessun settore in Spagna era paragonabile alle entrate del settore turistico, per la sua

posizione mondiale la Spagna fu chiamata a incrementare la sua cooperazione bilaterale e

multilaterale in materia turistica, propri nella decade degli anni ’60 iniziò ad entrare in

organismi sovra nazionali turistici come l’Unione Internazionale di Organismi di Turismo

(UIOOT), la Commissione Europea di Turismo (CET), il Comitato di Turismo dell’OCSE.

2.6 Effetti nei vari settori

La decade degli anni ’60 viene definita in Spagna come la decade del Miracolo Economico, il

PIL aumentò con una media annua di quasi il 7%, secondo solo al Giappone, il reddito pro

capite nel periodo 1960-1970 aumentò in termini reali ad un livello medio annuo del 6,4% e

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57

la crescita del PNL nello stesso periodo fu del 8,5%. La somma delle esportazione più le

importazioni come proporzione del PNL passò da un 16,7% nel 1960 ad un 32,2% nel 1970,

in definitiva l’economia inizia ad essere più aperta e integrata internazionalmente con un

aumento del benessere degli spagnoli.

La struttura produttiva rifletteva questa trasformazione economica. Il settore agrario passò da

rappresentare il 24% del PIL nel 1960 al 13% nel 1970. L’industria salì del 35-38% e i servizi

passarono da un 41% al 49%. L’occupazione aumento di un milione di persone, mentre fu

notevole l’emigrazione interna ed esterna la Spagna e diede impulso a questa crescita. La

popolazione attiva nel settore agrario passò da un 41,7% nel 1960 ad un 29% nel 1970; la

produttività spagnola vide una crescita annua del 6,2% tra il 1959 e il 1969 mentre la media

dell’Unione Europea era del 4,2%. Anche la situazione relativa alle esportazioni nette si

modificò strutturalmente, le importazioni si quintuplicarono mentre le esportazioni si

moltiplicarono per 3,4%. Il dato riguardante le esportazioni riflette in maniera chiara questo

cambiamento, l’acquisto di beni di capitale, materie prime e manifatturiere comprendevano

nel 1970 il 75% delle importazioni e più del 35% delle esportazioni riguardavano merce e

attrezzature per la produzione, ossia l’importazione di macchinari utili alla produzione nel

Paese aveva aumentato la capacità produttiva dello stesso quindi le esportazioni, per far ciò fu

quindi necessaria la politica industriale di quel periodo concentrata nei poli di Sviluppo e

nella Pianificazione Indicativa.

Page 58: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

58

Al finale degli anni ’60 la Spagna

smetteva di essere un paese

tipicamente agrario dando vita ad

un processo di industrializzazione

che comportò un cambiamento

reale nella vita degli spagnoli,

nacque una classe media capace

di poter acquistare i suoi beni sia

primari che secondari, la società

si era convertita in una società

consumista.

Tra gli ulteriori fattori da segnalare va inserito la volontà del popolo spagnolo, con la sua

tenacia e il suo sforzo permise un simile sviluppo elevato, dato che era anche un loro

obiettivo, proprio questo fattore pone gli studiosi economici e quelli di scienze sociali in

discussione su quanto questa situazione potesse essere radicata nello spirito della Spagna di

quegli anni.

Infine il fattore principale, che permise una tale miglioria nei dati della Spagna fu il ritardo

relativo che viveva rispetto ai paesi maggiormente sviluppati, era evidente che i margini di

sviluppo raggiunti negli anni ’60 erano straordinari dato il dislivello tecnico disponibile e

l’applicazione ai processi produttivi, questo salto in avanti cosi lungo era facilitato proprio per

questo ritardo, come se il Paese avesse saltato una fase intermedia.

2.6.1 Agricoltura e IRYDA

Dopo un lento e difficile ritorno alla normalità nel post guerra, negli anni 50 il settore agrario

presenta un momento di recupero (reddito e livelli di produzione) questa fase termina verso la

fine degli anni ’50 entrando in crisi, non riuscendo a mantenere i livelli di crescita

dell’industria. Durante questi anni si produce una trasformazione fondamentale che portano

l’agricoltura a passare da modello tradizionale ad agricoltura di mercato. La popolazione

attiva nel campo come conseguenza dell’esodo rurale (settore industriale più attrattivo e

meccanizzazione del campo) passa da essere il 41% di occupati nei campi nel 1960 al 22%

nel 1975, questo esodo permette un aumento del reddito agrario ma anche un aumento delle

differenze inter regionali, nel 1970 Galicia, Extremadura, Aragòn, La Mancha e l’Andalucia

orientale avevano ancora il 40% della propria popolazione occupata nei campi, mentre Madrid

Page 59: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

59

e la Cataluña avevano meno del 9% della popolazione attiva impiegata nel settore primario a

discapito degli operai che superavano il 50%.

Cambiò anche la distribuzione della terra, il Governo passo ad una politica di concentración

parcelaria (ricomposizione fondiaria), durante la decade degli anni ’50 e dei ’60 il Governo

più volte promosse leggi riguardanti la concentraciòn parcelaria. Si tratta di un’attività che

consiste nel raggruppare i possedimenti di un proprietario nel minor numero possibile, il fine

era migliorare la condizione del settore primario cercando aggiungere nuove tecniche di

coltivazione, cambiare il tipo di prodotto di determinate zone e inserire nuove tecniche

produttive che razionalizzassero il settore. Nella Spagna del secondo periodo franchista, per

iniziativa del Ministero di Agricoltura, venne presentato questo provvedimento la prima volta

il 20 Dicembre 1952 come prime ipotesi per seguire questa politica di ricomposizione. Con i

Piani di Sviluppo della decade degli anni ’60 vengono ripresi i punti salienti della politica da

seguire riguardante il settore agrario: aumentare il numero delle dimensioni dei terreni per

favorire una ricomposizione geografica del suolo agricolo, aumentare la produttività, e fornire

una maggiore informazione agli imprenditori agricoli per sfruttare vantaggi di mercato.

Vennero annoverate anche ulteriori misure riguardanti le dotazione di infrastrutture collettive

e individuali per un miglior sfruttamento del suolo, stabilirono linee di credito per poter

raggiungere una modernizzazione degli impianti, sviluppo dell’industria rurale, formazione

professionale etc. Nel I e nel II Piano di Sviluppo si compirono le previsioni e inoltre si

superarono, nel I Piano raggiunsero un 26,6% di margine in più rispetto le previsioni, nel II

Piano si raggiunse un 5% più del previsto, gli obiettivi del III Piano non vennero raggiunti,

arrivando ad un 68% delle previsioni complessive. Con il passaggio dall’Istituto di

Colonizzazione (INC) al nuovo Istituto de Reforma y Desarrollo Agrario (IRYDA) nel 1971,

obiettivo era l’urgenza di superare i criteri settoriali e attuare di forma più rapida e coordinata

le applicazioni della politica agraria spagnola per adattarsi alle nuove necessita del settore

venne promulgata la legge de Reforma y Desarrollo Agrario (LRYDA). Questa legge si

strutturò in 4 libri di testo: il primo conteneva norme organiche che regolamentavano il

funzionamento dell’IRYDA, il secondo di occupava di temi riguardanti le strutture agrarie

(acquisizioni, redistribuzione e regime delle terre possedute dall’Istituto), nel terzo, il più

grande, è presente la regolamentazione dell’Istituto nelle varie regioni o in zone determinate

da decreto, l’ultimo libro regolamenta le aziende agricole e lo sfruttamento agrario.

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60

2.6.2 L’Industrializzazione

Il settore industriale è quello dove si producono le trasformazioni maggiori. Le imprese

spagnole sino al momento dei Piani di Stabilizzazione presentavano una competitività basata

quasi esclusivamente per i bassi costi, le statistiche di R&S, disponibili dal 1964 in poi,

mostravano chiaramente questa situazione di dipendenza e ritardo tecnologico della Spagna,

soltanto con l’apertura al mercato internazionale inizia un processo di accrescimento

industriale.

I Piani di Stabilizzazione segnano la fine del modello basato sull’autarchia, i Piani avevano

come obiettivo quello di sanare e progressivamente migliorare il sistema industriale spagnolo.

Con la liberalizzazione delle importazioni e con l’entrata del capitale straniero si poterono

migliorare le infrastrutture, compensare l’insufficiente capitalizzazione delle imprese, e

promuovere l’innovazione tecnica che permettesse un miglioramento nella produttività

puntando ad un aumento delle esportazioni nei mercati esteri. Gli incrementi del turismo e

delle rimesse dei migranti sono due fattori che maggiormente contribuirono alla

capitalizzazione e al finanziamento industriale. Sostanzialmente con la decade degli anni ’60

si puntò al cambio di un sistema basato sulle importazioni ad uno schema economicamente

più moderno.

Al fine di dare impulso al settore industriale promuovendo l’azione imprenditoriale privata si

stabilirono le regole che servivano ad orientare gli investimenti pubblici in maniera corretta

verso quei settori considerati fondamentali, vennero attuate tre tipi di azioni:

I. Acción Concertada e apertura di crediti, è un piano sottoscritto da imprese di un

settore industriale e la pubblica amministrazione, nel quale si fissarono di comune

accordo i diritti reciproci, le imprese si ripromettono di raggiungere determinati

obiettivi di produzione, investimenti e promozione sociale del lavoro, e lo Stato

concede a queste ultime determinati benefici fiscali, convenzioni, crediti privilegiati.

II. Polos de Desarrollo y polos de promociòn, zone geografiche relativamente ridotte

nelle quali si stimolò la localizzazione di attività industriali per promuovere l’attività

economica in un area geografica di maggiore grandezza. Vennero implementati in

Spagna tra il 1964 e il 1975, alle imprese che si insediavano in tali aree venivano

offerti sgravi fiscali, e aperture di credito.

III. Iniziale smantellamento dell’INI, gli investimenti pubblici canalizzati attraverso

l’Istituto iniziarono a perdere di importanza, smise di guidare il processo di

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61

industrializzazione del Paese e le sue attività divennero secondarie rispetto l’iniziativa

privata, concentrando la propria azione in quei settori con bassa redditività.

Con il I e il II Piano di Sviluppo lo Stato promuove la crescita industriale nei nuclei urbani

della periferia interiore e esteriore ai centri di gravità, nel primo caso si fa riferimento ai Poli

di Zaragoza, Brugos, Vigo e La Coruña. Nel secondo caso si hanno i Poli di Sevilla e Huelva

(I Plan) e Granada, Cordoba e Oviedo (II Plan). Il Polo di Sviluppo o di Promozione, così si

denominano quelle città con attività industriali situate in province con basso livello di reddito

o città carenti di industrie, stimolarono gli investimenti attraverso incentivi e l’offerta di

terreno nei poligoni localizzati nel settore suburbano. Il III Piano sviluppò l’idea di

strutturazione del territorio applicato in due tipi di ambito speciale, uno regionale chiamato

Gran Area Industrial de Galizia che estendeva i benefici fiscali alle quattro province della

Galizia, e l’altro creando una partizione gerarchica del sistema urbano nazionale in 6 grandi

AAMM, 17 metropoli di equilibrio, città intermedie, altri nuclei urbani e contee commerciali.

I risultati di questa politica di azione decentralizzatrice non furono quelli sperati, la politica

dei Poli non riuscì a creare centri industriali capaci di essere promotori di crescita nella

propria regione, però permise che alcune città si convertirono in nuclei industriali con due tipi

di stabilimento, convenzionali (tessile, alimentari, materiale edile) per il mercato locale, e altri

diretti al mercato nazionale e internazionale (chimico, carta, metallurgico di trasformazione).

Quest’ultimo è il caso di Huelva e principalmente al nord con le periferie industriali di

Valladolid, Vigo, Zaragoza, Burgos, Miranda de Ebro, Vitoria-Pamplona. Alla fine di questo

tipo di politiche le zone maggiormente industrializzate rimasero quelle appena citate e le

periferie di Madrid, Catalogna e Paesi Baschi lasciando quindi un netto divario tra il sud del

paese e le altre zone

Tra il 1960 e il 1973 il settore industriale passa da avere un 31.8% di popolazione attiva nel

settore ad un 36.8%

I principali motori e responsabili del progresso industriale di questo periodo sono tre: il

settore automobilistico, il settore chimico e quello della gomma. Proprio l’industria

dell’automobile fu l’anima della moderna economia industriale, la SEAT, venne creata nel

1950 congiuntamente dall’INI per un 51%, dalla FIAT per un 7% e da sei banche per il 42%,

con la decade degli anni ’60 vide il suo periodo di auge economico Alla fine degli anni ’50

produceva solo 36.000 veicoli per anno e non aveva esportazioni, nel 1973 le fabbriche

spagnole producevano 700.000 veicoli, e più di un quinto erano destinati all’esportazione. Il

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62

simbolo di questa decade è la SEAT 600, modello creato dalla FIAT. Nel 1946 le auto private

che circolavano in Spagna erano 72.000 nel 1966 erano già 1 milione

Questo cambio drastico nel settore fu dovuto anche al capitale straniero, che con la fine

dell’autarchia affluiva in grandi quantità. Nel 1960 si investirono 40 milioni di dollari, nel

1965 questa cifra passò a 322 milioni, e nel 1970 arrivò a 697 milioni di $. La fonte principale

di questi investimenti furono gli Stati Uniti d’America che contribuì con il 40% degli

investimenti, seconda fu la Svizzera con il 21% e la Germania Occidentale con l’11%. Questo

finanziamento estero diede una forte mano all’industria spagnola tradizionalmente priva di

capitali, diede accesso alla tecnologia avanzata vitale per una nazione che puntava ad un

rapido sviluppo, inoltre la Spagna investiva solo lo 0.34% del proprio PIL nel R&S, al

confronto del 2.7% della Gran Bretagna e del 1.5% della Germania Occidentale. Gli

investimenti esteri si concentrarono nei settori più dinamici della economia e nelle principali

imprese, il 40% delle 500 maggiori imprese spagnole presentano partecipazioni straniere,

partecipazioni che sono circa un ottavo del suo valore netto.

La presenza di tanto capitale straniero contribuì alla fisionomia dei settori industriali e dei

servizi, una serie di imprese moderne e dinamiche. Nonostante questa evoluzione storica,

rimasero predominanti le imprese di piccole o medie dimensioni, la media dei lavoratori per

l’industria aumentò dal 5.85% nel 1962 al 13.47% nel 1978, nel 1975 più dell’89% delle

imprese aveva meno di 50 lavoratori.36

Convergenza nello sviluppo regionale Italia-Spagna

I lavori di economisti storici come Perroux (1955), Myrdall (1957) e Hirchman (1958) posero

le basi sulle quali si elaborò, negli anni ’50, la teoria dello sviluppo polarizzato, il quale

orientò gran parte delle analisi e delle politiche di sviluppo regionale durante gli anni sessanta

e settanta. Questa interpretazione si ideò intorno al pensiero secondo il quale i meccanismi di

accumulazione di capitale conducono ad una dinamica di sviluppo diseguale nel territorio.

Soltanto in un cerchia di città di articolano processi di crescita e di cambio strutturale di

un’economia.

Perroux (1955; 1961) seguendo Schumpeter, stabilì la relazione tra cambio strutturale e di

spazio e innovazione. Lo sviluppo, che consiste nella comparsa e la scomparsa di prodotti, di

imprese e attività sarebbe il risultato dell’impatto settoriale e spaziale dell’introduzione di

36 Adrian Shubert, José Luis Gil Aristu Historia social de España (1800-1990), Nerea, 1991, p. 302,303,304.

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63

innovazioni di processo, prodotto e organizzative. Intorno agli impianti (imprese, industrie,

aree, città) che incorporano queste nuove tecnologie di processi e di prodotti si vanno a

concentrare le attività moderne, si viene a determinare così un processo di differenziazione

cumulativa tra le nuove e le vecchie aree produttive. L’elemento centrale è l’impresa motrice,

che con la sua capacità innovatrice e la sua capacità di leadership nel settore esercita un

effetto propulsivo nelle altre imprese.

Questo meccanismo di sviluppo polarizzato, capace di portare un effetto moltiplicativo

nell’economia del luogo, viene meno in determinate aree, soprattutto quelle del Sud e quelle a

bassa industrializzazione. In questi casi, infatti, vengono inserite industrie mediane della

filiera produttiva, gli impianti sussidiari delle regioni periferiche si specializzano in funzione

del processo produttivo, così facendo i compiti riservati al lavoro locale non richiedono lavoro

specializzato o di qualità, nel lungo periodo si crea un effetto depressivo nelle qualifiche della

mano d’opera del luogo dove l’impresa viene inserita.

Le regioni che hanno visto un simile sviluppo a livello storico economico sono due: il

Mezzogiorno in Italia37 e l’Andalusia (in realtà è uno sviluppo che ha avuto luogo in tutto il

sud Europa). In queste regioni, inoltre, una volta ricevuti gli investimenti esteri si produce una

restrizione allo sviluppo del sistema produttivo, da un lato gli impianti esteri si trasformano in

elementi chiave per l’economia del territorio ma con scarso collegamento con il sistema

produttivo dello stesso, comprando quindi i prodotti intermedi ad altre imprese di altre regioni

o comunque localizzate al di fuori del distretto o del polo di sviluppo, l’impresa crea una

propria rete sociale. Questa politica di diffusione genera, a sua volta, intercambi territoriali di

fattori e prodotti, che riducano lo sviluppo potenziale delle aree meno sviluppate dato che il

processo di accumulazione dell’economia favorisce l’emigrazione della mano d’opera più

qualificata alle aree più sviluppate, i benefici generati localmente tenderanno a preferire nel

tempo l’attivo delle regioni più sviluppate. Oltre queste dinamiche ve ne sono molte altre, in

conclusione le politiche di diffusione industriale favoriscono il fortificarsi dello sviluppo per

gerarchia territoriale, non sempre creano poli di sviluppo causa del fatto che esistono fattori di

impulso iniziale che riducono la capacità di diffusione degli investimenti38 aumentando quindi

le differenze territoriali, soprattutto tra nord e sud.

37 Si veda anche: Zaganella, Marco, Programmazione senza sviluppo. Giuseppe Di Nardi e la politica economica

italiana nella prima Repubblica, Rubbettino, Roma 2013 38 Antonio Vázquez Barquero, Giuliano Conti, Convergencia y desarrollo regional en Italia y en España,

Universitat,de Barcelona, 1999, p. 318

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64

Lo sviluppo capitalista, così ipotizzato, non portò i risultati sperati in tutti quei luoghi

pianificati come poli di sviluppo, fu spontaneo l’effetto propulsore in quelle regioni e località

dove i risultati economici, divisione del lavoro e grado di intervento dello Stato si trovavano

ad un livello intermedio tra i vecchi centri industriali e le regioni tradizionalmente agraria.

Page 65: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

65

2.6.3 Il settore dei Servizi

Il processo di crescita e cambio strutturale della economia spagnola dei servizi ha

sperimentato un forte sviluppo, in virtù del quale si è situato come settore principale di attività

in relazione al lavoro e la produzione, avanzando più che l’industria e soprattutto rispetto

l’agricoltura. Questo sviluppo del settore si è prodotto nella decade degli anni ’60, il processo

di cambio strutturale della economia spagnola ha seguito modelli settoriale con una tendenza

simile a quelle dell’economia dell’OCSE, anche se con un importante ritardo temporale,

specialmente relativo al PIL per capita.

La decade del miracolo economico spagnolo e dello sviluppo del settore terziario si compie

esattamente la Legge di Engel. Questa legge è un’osservazione empirica realizzata da Ernst

Engel, osservò che la porzione del reddito di una famiglia che viene speso in alimentazione

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diminuisce quando il reddito aumenta; la crescita dell’industria aumenta il livello generale dei

redditi che si traduce in un maggior consumo di servizi richiesti dalla società.

Le cause della crescita del settore terziario sono le seguenti:

Aumento del livello di vita che suppone un maggior consumo di servizi

L’industria favorì il processo di terziarizzazione (trasporti e finanza). A partire dagli

anni ’70 vi fu una mobilità della popolazione dall’industria al settore terziario.

Periodo d’oro per il turismo che incise nella crescita dei servizi come i trasporti, il

commercio e servizi alberghieri

Incremento dei servizi pubblici (sviluppo delle distinte amministrazioni)

Crescente incorporazione delle donne nel mondo del lavoro (15.85 nel 1950, 29.2%

nel 1977, 31.1% nel 1989)

Questo processo portò l’occupazione nel settore a passare dal 28,5% di occupati nel

1960 al quasi il 40% del 197039.

39 Clemente del Río Gómez, El sector de los servicios en la moderna evolucion de la economia Española, ICE,

settembre-ottobre 2000

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2.7 La crisi del 1973 e del 1979

Al seguito di un decennio caratterizzato dal miracolo economico, all’inizio degli anni ’70 la

Spagna inizia a vivere una nuova fase storica caratterizzata dalla fine del franchismo verso

una difficile transizione democratica che permettesse l’ingresso del Paese nella Comunità

Economica Europea (CEE).

Il 6 ottobre del 1973, giorno del Yom Kipur o del Perdono, per gli ebrei, venne lanciata

un’offensiva da parte dei paesi arabi confinanti nei confronti di Israele (la Spagna riconosce lo

stato di Israele nel 1986). Al seguito di tre settimane di combattimenti, gli israeliani, che

contavano dell’appoggio degli Stati Uniti d’America e dei paesi dell’Europa Occidentale,

vinsero ristabilendo la loro egemonia. Questa breve guerra segna una fase molto importante

nella storia moderna e nei rapporti con il Medio Oriente.

I paesi arabi decisero di utilizzare il petrolio come arma economica e bloccarono l’invio di

merce ai paesi che appoggiarono Israele. I prezzi si triplicarono in poche settimane, aumento

che si susseguì durante gli anni. Fu la fine degli anni d’oro del miracolo economico, il sistema

iniziò a soffrire gli effetti della crisi del sistema monetario internazionale e la conseguente

pressione inflazionistica. Poche settimane dopo, il 20 dicembre 1973, moriva a Madrid Luis

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69

Carrero Blanco presidente del Governo spagnolo e uomo di fiducia del generale Franco,

questo avvenimento significò l’inizio di un processo di transizione all’interno del regime

pieno di incertezza.

Questi due avvenimenti in sequenza andarono a determinare la traiettoria economica della

Spagna negli anni seguenti. Come già spiegato ampliamente negli anni 1960-1973 l’economia

spagnola ebbe il suo periodo di auge, maggiore che nelle altre economie europee. Questo

decennio di rapida crescita economica non si produsse senza problemi, alcuni di questi

andarono a convertirsi in costi nel momento in cui l’espansione cessò. Il più importante

derivava dagli effetti di incostanza politica dello Stato franchista che impose al processo di

crescita. Fino al 1973 il consumo energetico della Spagna era così suddiviso: 60% petrolio,

18% combustibile fossile, 17% energia idroelettrica, 3% energia nucleare e 2% gas naturale.40

Attraverso la concessione di vie privilegiate di credito, benefici fiscali e altri vantaggi a

determinati settori e imprese pubbliche e private, i vari Governi che si susseguirono

relazionarono gli investimenti industriali in funzione degli interessi politici o di particolari

aspettative che i vari soggetti economici ponevano in essere, non va assolutamente

dimenticato che il potere si esercitava senza controllo democratico e con una forte repressione

sociale. L’economia spagnola si presentò cosi, all’inizio degli anni ’70 con una struttura non

uniforme nella quale avevano un peso eccessivo attività che mai furono redditizie e che

iniziarono a diventare insostenibili sotto un profilo di costi

Il secondo importante problema fu la forte tendenza all’inflazione che obbligava ad adottare

politiche di aggiustamento in maniera periodica. L’aumento dei prezzi tornò ad essere alto

proprio con la crisi del petrolio del 1973 a causa della politica internazionale e a causa di

fattori interni, tra il 1970 e il 1973 i prezzi aumentarono in Spagna ad un ritmo superiore del

9% annuale.

In questo contesto di disequilibri strutturali e di forte inflazione si abbatte il notevole aumento

dei prezzi del petrolio. Il barile maggiormente consumato in Spagna, quello proveniente

dall’Arabia, passò da 3 a 11,70 $ tra l’ottobre del 1973 e gennaio del 1974. Due terzi del

consumo energetico spagnolo dipendevano dalle importazioni di greggio, il costo aumentò di

2.500 milioni di $, il che significava un incremento del deficit commerciale del 50% (il

cambio $-pts era 1:60 negli anni ’70, negli anni ’80 arrivò ad essere 1:70) Un simile impatto

40 Sudria Carles e J. Nadal Un factor determinante: la energía en La economía española en el siglo XX, Ariel,

Barcelona, 1994. p. 313 y sgtes.

Page 70: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

70

nella bilancia commerciale e nei conti dello Stato andò a d avere notevoli effetti, nel breve

periodo implicò un impoverimento collettivo per trasferire risorse all’estero, un aumento delle

pressioni inflazionistiche e l’apparizione di alcune riforme fiscali. A livello di consumo tutto

ciò comportò un’alterazione delle condizione di produzione e rese inevitabile un

aggiustamento di carattere strutturale, tutto in un contesto internazionale di grande incertezza.

Tra le politiche che vennero adottate vi fu chiaramente un aumento del prezzo finale al settore

privato del greggio e dei suoi derivati cosa che portò ripercussioni depressive nelle varie

attività economiche, non soltanto nei trasporti ma in generale in quasi tutti i settori, l’energia

che veniva prodotta in Spagna veniva prodotta in centrali termiche che consumavano

combustibile.

L’ultimo Governo di Franco optò anche per assorbire parte dell’aumento dei costi del greggio

per evitare gravare eccessivamente alle imprese e al consumatore finale, cosi mentre i prezzi

di benzina e combustibile aumentavano di un 20% lo Stato nel frattempo diminuiva le sue

entrate di un 35%. La seconda decisione importante presa dal Governo fu quella di lasciare

una politica monetaria “sciolta” per evitare difficoltà di finanziamento alle imprese, si trattava

di una soluzione che aveva come obiettivo quello di sostenere la domanda interna prima di

sperimentare la perdita di domanda estera, questo perché a differenza della Spagna i paesi

europei avevano già preso decisioni politico economiche riguardanti la crisi facendo gravare

l’aumento dei prezzi ai consumatori finali riducendo l’offerta di moneta, questo implicò per la

Spagna la grave perdita di due fonti di finanziamento che nella decade degli anni ’60 furono

indispensabili: l’emigrazione con la rimessa dei migranti ( i lavoratori richiesti andavano

diminuendo fino quasi a sparire la domanda di lavoro estera), il turismo che scese di circa il

30% e le esportazioni quasi dell’8%.

Questa politica accomodante o compensatrice continuò anche dopo la morte di Franco (1975),

i suoi risultati furono, da un lato, un ritardo nel processo di aggiustamento, con il conseguente

mantenimento di tassi di crescita relativamente alti, però a costo di un aggravamento dei

disequilibri di fondo. Tra il 1973 e il 1976, il PIL spagnolo aumentò del 16%, mentre nei

principali paesi dell’Europa Occidentale fu solo del 5.5%, nel luglio del 1976 con l’arrivo di

Adolfo Suarez alla presidenza del Governo la situazione era molto delicata, l’inflazione si

aggirava intorno il 20%, il deficit della bilancia dei pagamenti superava i 4.000 milioni di $ e

il deficit dello Stato aumentava. Inoltre le politiche monetarie accomodanti non avevano

Page 71: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

71

potuto evitare l’aumento della disoccupazione, più di mezzo milioni di persone erano

inoccupate, il triplo di tre anni precedenti

I mesi che seguirono furono i più intensi nella transizione politica. Questa situazione di

incertezza dal passaggio del regime franchista ad un governo democraticamente eletto

bloccarono le riforme economiche necessarie. Nel 1977 Suarez nominava uno dei più illustri

economisti del paese come vice presidente del governo, il professor Enrique Fuentes

Quintana, iniziava così una nuova fase di aggiustamento nei conti pubblici. Il ritorno

all’equilibrio esigeva, in primo luogo, tentare di bloccare la continua spirale inflazionistica

con il relativo aumento dei salari che erano alla base di queste fasi inflazionistiche. Lo Stato

doveva inoltre ridurre il deficit pubblico e il conseguente ricorso al debito pubblico per evitare

un indebitamento ulteriormente elevato. Per la prima volta negli ultimi 40 anni il Governo si

trovò a cercare una soluzione tramite un accordo con diversi organi, il passaggio ad un

sistema democratico sembrava inevitabile ma allo stesso il Movimento Nacional era ancora

l’unico partito al capo del tutto, si promosse una negoziazione multilaterale nella quale oltre

l’esecutivo del Governo parteciparono le forze politiche con le varie rappresentanze

parlamentari, i sindacati e le entità patronali, tale accordo, Pacto de la Moncloa, venne firmato

nell’ottobre 1977. Gli elementi fondamentali dell’accordo furono sostanzialmente due:

1) Un aggiustamento economico di corto raggio basato nel contenimento salariale, e una

politica monetaria restrittiva, riduzione del deficit pubblico e l’adozione di un cambio

flessibile per la peseta, con la conseguente svalutazione

2) L’introduzione di alcune riforme considerate indispensabili nel nuovo contesto

politico: modernizzazione del sistema fiscale, approvazione di un nuovo contesto

normativo per le relazioni lavorative e liberalizzazione del sistema finanziario.

Gli effetti stabilizzatori dei rimedi adottati si osservarono verso il 1978-1979: la svalutazione

fece tornare la bilancia del conto corrente in positivo, mentre le politiche monetarie restrittive

e le riduzioni salariali abbassarono l’inflazione dal 25% al 15%. Queste misure ebbero però

un effetto contrario alla crescita vissuta fino a quel momento, infatti nel 1979 si ebbe un PIL

inferiore.

Quando le politiche economiche adottate per la crisi del greggio del 1973 iniziarono ad avere

qualche effetto, l’economia mondiale e la Spagna dovettero correre di nuovo ai rimedi per la

seconda crisi petrolifera del 1979, questa volta la causa scatenante fu la rivoluzione in Iran

che pose fine allo Scià con l’insediamento di un regime religioso, fondamentalista sciita (il

Page 72: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

72

nome completo dello stato iraniano è Repubblica Islamica dell’Iran). L’Iran era uno dei

principali produttori di greggio, e l’immediata guerra tra i paesi confinanti, Iraq e Iran, fece di

nuovo moltiplicare i costi. Da 12,70 $ per barile all’inizio del 1979 si passò ai 26 $ del 1980

fino ai 37 $ a barile alla fine dello stesso anno.

L’aumento smisurato dei prezzi creò di nuovo incertezza economica, l’inflazione smise di

ridursi e rimase stabile intorno al 15% annuale, mentre il deficit pubblico passò dal 1,7% a

quasi il 6% del PIL e la bilancia in conto corrente tornò ad essere negativa per 5.000 milioni

di dollari annuali. Il governo questa volta decise di far ripercuotere tali aumenti ai

consumatori, il prezzo del carburante passò da 8.300 a più di 20.000 pesetas per tonnellata.

L’economia spagnola tornò ad avere una fase negativa fino al 1982. In quel periodo era

presente un governo socialista e il recupero dell’economia continuò fino a raggiungere un

aumento del PIL del 3%.

L’economia spagnola ebbe durante la decade degli anni ’70 numerose fluttuazioni, dovute

non soltanto al clima internazionale ma anche ai disequilibri basici presenti nel Paese. Era

indispensabile una riconversione industriale che solo con l’arrivo del partito socialista al

potere si cerco di attuare, ma comunque in maniera molto timida rispetto i reali bisogni

incombenti. L’inflazione scese fino al 7% il che rimaneva lo stesso molto alta rispetto alla

media degli altri paesi europei, questa crisi creò seri problemi all’occupazione e al mondo del

lavoro, l’aggiustamento industriale necessario in Spagna e l’aumento continuo del greggio

portò ad avere circa 3 milioni di disoccupati un 22% della popolazione attiva. Solo con

l’aumento del PIL superiore al 3% si iniziò ad avere una riduzione della disoccupazione.

La crisi degli anni 1973-1985 fu una crisi di carattere mondiale, però ebbe in Spagna

caratteristiche specifiche che possono essere inquadrate nelle politiche attuate nella decade del

miracolo economico: una economia strutturalmente non uniforme creata da una crescita

sostenuta ma al contempo protetta nei confronti dell’esterno. Le politiche di aggiustamento

doverose di quel periodo vennero prese, forse, in ritardo a causa del clima di politica interna,

questo comportò costi maggiori nel tempo e una disoccupazione più elevata rispetto gli altri

paesi dell’Europa occidentale. Nel complesso però non va dimenticato che mentre il mondo

fuori diventava sempre più frenetico in Spagna vi era il passaggio da un regime autoritario

durato 39 anni ad una democrazia tanto attesa e sperata da parte della popolazione.

Page 73: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

73

2.8 L’opposizione al regime e la transizione democratica

Durante il periodo franchista, sia la prima fase che la seconda fase, i metodi repressivi messi

in atto dal regime furono numerosi: controllo dell’informazione, proibizione degli scioperi e

di qualsiasi forma di protesta contro il Governo, società inquadrata e delineata secondo

parametri già predisposti etc.

Con la seconda fase del periodo franchista, però, iniziano a crescere all’interno della società

spagnola sentimenti sempre più ostili al regime e alla proibizione delle libertà.

Con gli anni ’50 una nuova generazione di spagnoli inizia ad andare all’università, sono una

generazione che non partecipò attivamente alla guerra civile, per lo più figli dei vincitori, e

soprattutto sono una generazione cresciuta sotto gli insegnamenti di Franco. In quegli anni

inizia una fase di iniziale apertura del mondo accademico che sempre più trovava stretta la

chiusura imposta dal potere, così inizia una prima lotta tra comunisti e il Sindacato Unico

degli Studenti (SEU), nel febbraio del 1956 vi è uno scontro a fuoco tra studenti dal quale uno

studente, falangista, risulta ferito gravemente. Immediata è la reazione del regime, decreta per

la prima volta, dal termine della guerra, lo Stato di Emergenza. Chiude l’Università, i

professori sono destituiti, circa cinquanta tra professori e studenti sono detenuti, questo

episodio segna il momento storico nel quale il regime inizia a perdere il controllo della

gioventù universitaria, da questo momento l’opposizione del mondo accademico al

franchismo non smetterà di crescere.

Nella primavera del 1962, nelle Asturie, viene indetto uno sciopero generale che paralizza

tutta la conca mineraria, in questo conflitto appaiono per la prima volta Commissioni di

operai, sindacati di ispirazione comunista che portano avanti una forte opposizione al regime

con l’appoggio dell’Unione Generale dei lavoratori e di altri piccoli sindacati. Questo

sciopero si estende anche in altri punti della Spagna, ma nei Paesi Baschi dove il governo

dichiara per la seconda volta in pochi anni lo Stato di Emergenza. L’opposizione alla dittatura

di Franco diviene sempre più forte.

Giugno del 1962, ottanta spagnoli si dirigono a Monaco di Baviera per partecipare al quarto

congresso del Movimento Europeo, in questo congresso si discusse anche della possibilità

dell’entrata della Spagna nella Comunità Economica Europea, proprio nel 1962 il Governo

tecnocratico, cercò di stabilire contatti con la CEE però la richiesta fu rifiutata perché la

Spagna con il suo sistema politico non rappresentava una nazione democratica in cui erano

vigenti diritti umani. Si raggiunse solo 1970 un accordo preferenziale nel quale si facilitarono

Page 74: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

74

gli scambi di prodotti industriali tra la Spagna e la CEE. Gli spagnoli che parteciparono al

quarto congresso rappresentavano quasi tutti i partiti di opposizione, repubblicani e socialisti

questo episodio rappresenta la prima volta dalla guerra civile che esponenti di vari partiti di

opposizione della Spagna si riunirono pubblicamente. L’unico partito che resta escluso è il

partito Comunista (a causa della loro opposizione al movimento europeo e per le lotte interne

di natura ideologica).

Alla fine del congresso vennero stilate delle norme che la Spagna avrebbe dovuto seguire per

poter entrare a far parte di questa nuova comunità europea, ovviamente le norme si riferivano

all’apertura democratica che il paese doveva raggiungere e alla rinuncia di qualsiasi forma di

repressione violenta. Il regime, come alla fine degli anni ’40, reagì con manifestazioni

popolari nell’intento di garantirsi il rispetto in patria ed estero, dichiarando i partecipanti e

l’Europa nemici della Spagna.

Il malcontento popolare e l’aumento delle proteste contro Franco, portò il regime a creare nel

1963 un nuovo organo di repressione: il Tribunale di Ordine Pubblico (TOP). Da allora fino

alla morte di Franco migliaia di spagnoli vennero accusati di essere traditori della patria (il

caso più eclatante fu l’uccisione dell’esponente comunista Grimau condannato a morte e

giustiziato con l’accusa dei suoi delitti durante la guerra civile).

Nel 1964, anniversario dei 25 anni di pace, iniziano a vacillare anche i rapporti tra Stato e

Chiesa, per una serie di motivazioni, nuovi gruppi di sacerdoti che per ragioni morali e

spirituali si avvicinarono ai movimenti di sinistra, una corrente riformatrice che prendeva

piede nella Chiesa romana etc. La Chiesa Cattolica Romana inizia a prendere le distanze dal

regime spagnolo, e negli anni ’70 comincia a prepararsi per il futuro. Nel 1971 chiede

perdono per non aver saputo della forza repressiva adottata dalla dittatura e si svincola

totalmente dal potere politico, questo produsse numerose proteste anche dal mondo clericale

spagnolo e il regime reagì incarcerando vari sacerdoti nel carcere di Zamora.

La vera opposizione al regime si fa sentire in Catalunya e nei Paises Vascos, i movimenti

nazionalisti (regionali) prendono sempre più forza e puntano a combattere contro il potere

centralista della dittatura, e proprio questo sentimento diventa più vivo durante gli anni del

miracolo economico. Mentre in Catalunya prende piede un’opposizione più moderata che

vedeva partecipanti dai vari ceti sociali e dalle varie forze di sinistra viene a crearsi

l’Assemblea di Catalunya, il primo organismo unitario di opposizione al regime. Nei Paesi

Baschi la situazione era leggermente più complessa, il nazionalismo moderato rappresentato

Page 75: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

75

dal Partido Nacionalista Vasco (PNV) mantiene vivo nell’esilio il governo Repubblicano,

però la situazione storica viene demarcata principalmente dal nazionalismo radicale. Nel 1958

viene fondata l’organizzazione indipendentista E.T.A. (Euskadi Ta Askatasuna), durante gli

anni ’60 questa organizzazione iniziò una serie di atti terroristici, nel 1969 colpirono il

comandante della polizia politica di San Sebastian. Questo avvenimento, insieme all’accusa di

altri tre omicidi da parte dell’E.T.A. portò al famoso Proceso de Burgos, questo processo fu

molto importante perché venne utilizzato in patria dal regime franchista come esempio della

pericolosità delle forze di opposizione e all’estero, ma anche in Spagna, si mossero

manifestazioni che richiedevano clemenza per gli accusati. Franco si vide obbligato a

cambiare la pena capitale verso gli accusati in ergastolo. I tentativi di reprimere il

nazionalismo Basco portarono l’effetto opposto, ETA crebbe sempre di più, aumentando il

suo consenso popolare.

Nel 1969 Francisco Franco, dopo 33 anni vissuti da comandante della patria, proclama il suo

successore: il principe Juan Carlos Alfonso Víctor María de Borbón y Borbón-Dos Sicilias

Nel frattempo verso la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70 gli scontri tra polizia e popolo

universitario diventano sempre maggiori, fu evidente che il regime aveva perso il controllo

dell’Università.

Nel mondo del lavoro aumenta il numero di sindacati clandestini oppositori del Sindacato

Vertical del franchismo. All’inizio degli anni ’70 la conflittualità tra le fazioni aumenta e

anche se il diritto di sciopero non è riconosciuto dal regime, durante questi anni si producono

1.600 scioperi. La lotta dei sindacati clandestini trascende il carattere economico, richiede con

forza un’apertura alle libertà sindacali e politiche. Il regime anche in questo caso reagisce con

forza a tali disordini, incarcerando i dirigenti dei sindacati.

Il 9 giugno del 1973 viene nominato da parte di Franco (80 anni e malato di Parkinson) come

primo Ministro Luis Carrero Blanco, considerato il successore del franchismo, Franco tenne

per se le altre cariche di Capo dello Stato e Generalissimo degli Eserciti. Carrero giunge come

Presidente del Governo in un periodo complesso che vedeva il franchismo sempre più debole

ed inoltre il suo mandato coincideva con la crisi del petrolio del 1973.

Il 20 dicembre dello stesso anno Carrero Blanco fu vittima di un attentato nei pressi della sua

abitazione; all'uscita da una funzione religiosa da una chiesa poco distante da casa, mentre si

recava al palazzo del governo, la vettura su cui si trovava fu fatta saltare in aria da una carica

di esplosivo posta sotto il piano stradale. La macchina del ministro venne scaraventata in aria

Page 76: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

76

ad un’altezza di oltre 30 metri da un’ingente carica di esplosivo. L'esplosione provocò la

distruzione delle facciate di due edifici, della citata chiesa e l'incendio di almeno trenta

autovetture nelle immediate vicinanze, nonché la morte istantanea dell'autista e dell'agente di

scorta di Carrero Blanco; la vettura fu scagliata in aria e scavalcò un palazzo per ricadere nel

cortile interno dello stesso e Blanco, rinvenuto agonizzante, morì in ospedale poco più tardi.

L'attentato, il cui nome in codice era Operación Ogro, fu rivendicato dall'organizzazione

indipendentista basca ETA

Con la morte di Carrero Blanco scompare l’unico uomo che sembrava rappresentare una

garanzia per il futuro del regime. Al suo posto, il 31 dicembre 1973, viene nominato Carlos

Arias Navarro, rimase al Governo fino al 1976 guidando tre governi, due franchisti e uno che

portò il Paese verso la transizione democratica

L’opposizione rappresentata dal partito Comunista, nel 1974 dichiarò a Ginevra l’intenzione

di voler creare una grande alleanza tra le forze politiche e sociali per raggiungere la fase

democratica della Spagna. Nasce una settimana dopo, la Giunta Democratica della Spagna

nella quale il partito Socialista e altre piccole forze non si uniscono.

Le ultime esecuzioni mediante garrota furono quelle di Salvador Puig Antich e Heinz Chez, il

2 marzo 1974, mentre le ultime fucilazioni furono quelle di Angel Otaegui Echeverría, José

Luis Sánchez-Bravo Sollas, Juan Paredes Manot, José Humberto Baena Alonso e Ramón

García Sanz, membri dei gruppi armati ETA e FRAP, avvenute il 27 settembre 1975, furono

le ultime esecuzioni capitali in Europa.

Il 20 novembre del 197541, all’età di 83 anni, Francisco Franco muore.

41 La data del 20 Novembre coincide con la morte di Jose Antonio Primo de Rivera, fondatore della Falange

spagnola e primo dittatore della Spagna

Page 77: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

77

CAPITOLO 3

LA TRANSIZIONE DEMOCRATICA E L’ENTRATA NEGLI ORGANISMI

SOVRANAZIONALI

Con la fine del regime inizia per la Spagna il processo di convergenza verso la Comunità

Economica Europea (CEE) ed in seguito verso l’Unione Europea (UE). In questa fase storica

il paese vive una trasformazione completa, sia sotto il punto di vista industriale, dovendo

procedere ad una riconversione di quei settori ormai in crisi e sia sotto il punto di vista

sociale, con l’arrivo della democrazia arriva anche la prima Costituzione spagnola (1978).

L’entrata negli organismi sovrannazionali porta al completamento di quelli che erano gli

obiettivi del Piano di Stabilizzazione, inserendo la Spagna, ormai democratica, in un mercato

comunitario e in un contesto globalizzato. Nonostante il raggiungimento dei parametri

democratici e di diritti umani richiesti dalla CEE la trattativa per l’ingresso del Paese è lunga

e complessa a causa di vari fattori tra i quali la contrapposizione di alcuni paesi membri.

Dopo anni di trattative e numerosi provvedimenti nel 1986 la Spagna si annette alla CEE.

Viene la volta dell’incorporamento allo SME, il Trattato di Maastricht e l’ingresso nella UE,

in questi anni la Spagna mostra una crescita maggiore degli altri paesi membri.

3.1 Crisi Economica e Riconversione industriale

Nell’anno 1975 si decretò la fine del processo prolungato e continuo di crescita industriale e

economica, iniziò così un decennio di crisi che pose in discussione il modello di sviluppo

adottato durante la decade degli anni ’60. La disoccupazione che nel 1970 era del 1.1% nel

1985 arrivò al 21.9% (16% industriale), il contributo dell’industria alla formazione del PIL

diminuì dal 40% nel 1970 al 35.7% nel 1985, la tassa media annuale di crescita passò dal

7.5% del 1970-75 al 1.3% del 1975-1985.

La crisi economica fu mondiale e ebbe la sua origine nel forte aumento dei prezzi del petrolio

negli anni 1973 e 1979, e l’aumento di alcune materie prime derivate che produssero un forte

aumento dei costi di produzione industriale e anche una contrazione della domanda interna.

Inoltre il sistema accusava di un aumento dell’inflazione, del deficit della bilancia dei

pagamenti, della disoccupazione etc. questi furono effetti che si ripercossero in tutto il mondo

occidentale. In particolar modo questa crisi fu particolarmente elevata nel settore industriale,

l'aumento dei costi energetici venne compensato con la diminuzione della produttività che

poteva essere assorbita solo con innovazioni tecnologiche e di gestione.

Page 78: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

78

I settori sviluppati (pienamente occupati, dipendenti da fonti di energia petrolifera e di materie

prime) entrarono in profonda crisi, mentre emersero nuovi settori in ambito elettronico,

microelettronica, informatico e delle comunicazione che andarono a modificare

profondamente i processi produttivi (automatizzazione dei processi, informatica applica al

lavoro, robotica, tecniche di controllo del prodotto, automatismi etc.) riducendo la necessità di

mano d’opera, costi e permettendo localizzazioni differenti rispetto alle politiche dei Poli di

Sviluppo.

Le cause dell’elevata crisi spagnola vanno ricercate42:

1) La complicata situazione politica (nel 1975 muore il generale Franco) che ritardò le

scelte di politica economica necessarie al Paese, mentre nel resto dei paesi membri

dell’OCSE l’aumento dei prezzi del petrolio fu trasferito ai consumatori, in Spagna si

mantennero i prezzi bassi del combustibile mentre si attuava una politica economica

(fiscale e finanziaria) di espansione della domanda mentre la bilancia dei pagamenti

entrava in una situazione fortemente deficitaria. Il risultato fu una spirale inflazionaria

più alta che la media dell’OCSE, che si ripercosse con un aggravamento della crisi

posteriore.

2) La Spagna dipendeva fortemente dalla importazioni petrolifere, ciò comportò un

aumento più elevato dei prodotti rispetto agli altri paesi.

3) I costi dei salari ebbero forti aumenti come conseguenza della legalizzazione delle

organizzazioni sindacali che fino a quel momento presentavano salari particolarmente

bassi. Questo aumento dei salari e dei costi (Sicurezza Sociale) ebbe due conseguenze:

Si ripercosse direttamente sopra i prezzi collaborando alla forte crescita dell’inflazione

e la perdita di competitività; inoltre l’industria spagnola era specializzata in quei

settori che richiedevano un’elevata intensità di lavoro che basavano la loro

competitività nei suoi bassi costi dei salari, nel momento in cui i salari aumentarono si

perse questo vantaggio competitivo e gran parte dei settori sviluppati entrarono in

profonda crisi.

4) Fu mantenuto il licenziamento libero anche dopo la morte di Franco. Il risultato fu che

mentre negli altri paesi forme di sicurezza nei luoghi di lavoro permisero

licenziamenti (cassa integrazione guadagni nel caso italiano) con riaggiustamenti

dell’organizzazione lavorativa di alcune industrie, in Spagna non vi fu questo processo

42 Pedro Adiego Sancho y Javier Velilla Gil: 1975-1985: Crisis económica y reconversión industrial, sección de

El sector secundario en España, Geógrafos, 2002.

Page 79: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

79

di riconversione automatico e le industrie colpite dalla crisi chiusero aumentando la

disoccupazione in maniera elevata.

5) La transizione politica che attraversò la Spagna fu di notevole importanza, l’azione

politica stava venendo prima dell’azione economica, così facendo molte politiche

vennero mosse in ritardo dato che si stava dando la priorità a questa transizione

democratica.

6) Iniziarono ad apparire paesi fortemente competitivi nelle attività industriali nelle quali

si era specializzata la Spagna, i paesi di nuova industrializzazione: Corea del Sud,

Taiwan, Singapore Hong Kong, Brasile e Messico che percorrevano la stessa strada

appena lasciata dalla Spagna, bassi costi lavorativi e poche garanzie per i lavoratori.

7) La situazione deficitaria delle strutture industriali aiutarono a incrementare la crisi:

- Forte presenza di concentrazione imprenditoriale

-Bassa produttività relativa del sistema industriale

-Obsolescenza tecnica

-Eccessiva dipendenza dall’estero (tecnica e finanziaria)

Tutti questi fattori portarono la Spagna ad avere una crisi più forte e lunga degli altri paesi. Le

imprese spagnole furono obbligate ad aumentare la produttività per ammortizzare i costi del

lavoro e nel frattempo cercare mercati esteri per compensare la contrazione di domanda

interna. Il risultato fu un elevato incremento delle esportazioni, specialmente delle DCTA

(Demanda y Contenido Tecnologico Alto) anche se il risultato favorevole fu opera della

riduzione di domanda interna che quindi implicava un minor numero di importazioni

migliorando così i conti della bilancia dei pagamenti.

3.2 La politica di Riconversione industriale

Lo Stato prima della crisi si concentrò nei seguenti obiettivi:

Mitigare gli effetti sociali e economici della crisi (soprattutto la disoccupazione)

Facilitare la modernizzazione delle imprese

Trovare una redistribuzione territoriale delle localizzazioni industriali che possa

riequilibrare il territorio rendendolo più uniforme

Favorire i fenomeni di industrializzazione endogena (iniziativa che cerca di far sorgere

un’industria amalgamata con il territorio dove si cerca di sfruttare al meglio le risorse

naturali e umane presenti)

Page 80: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

80

Per raggiungere tali obiettivi si promulgò il Decreto Reale del 1981 che fu ampliato nel Libro

Bianco della Reindustrializzazione e la Legge del 1984 riguardante la Riconversione e la

Reindustrializzazione. In questa legislazione si trattavano rimedi finanziari (convenzioni,

crediti e garanzie), rimedi fiscali (bonifica del settore), rimedi lavorativi (ritiri anticipati,

creazione di fondi e promozione dell’occupazione) stimolazione dell’attività imprenditoriale e

sostituzione di settori orientati ad un sanamento finanziario delle imprese e all’aumento della

produttività.

Territorialmente si crearono una serie di aree promotrici alle quali andavano destinate tali

benefici per la riconversione o la sostituzione di settori in crisi:

Grandi Aree di Espansione Industriale (GAEI), già esistenti dal III Piano di Sviluppo,

che riguardavano: Andalusia, Castilla-Leon, Castilla La Mancha, Extremadura e la

Galizia

Zone di preferenza per la Localizzazione Industriale (ZPLI), localizzate nella valle del

Cinca, Canaria e Sagunto

Poligoni di Preferenza per la Localizzazione Industriale (PPLI) situati in 21 località di

Aragòn, Valencia, Murcia, Baleares e Melilla

Zone di Urgente Reindustrializzazione (ZUR) riguardavano le località che più delle

altre stavano vivendo la crisi con gravi conseguenze: Ferrol-Vigo, Asturie, Ria del

Nervion, Barcelona, Madrid, Bahia de Cadiz

I settori principalmente interessati da tali riforme furono quelli più sviluppati e in declino:

siderurgico, costruzione navale, tessile, e apparecchiature elettrodomestiche, inoltre cinque

grandi imprese vincolate con il capitale straniero: General Eléctrica Española, Westinghouse,

Asturiana de Zinc, Talbot y Eléctrica.

I risultati di queste politiche non furono quelli sperati, questo fu visibile soprattutto nelle zone

in declino, ossia quelle che necessitavano maggiormente del processo di nuova

Industrializzazione, questo perché i settori da rinnovare presentavano una struttura industriale

meno diversificata, trovando quindi difficoltà nel portare una nuova modalità per operare.

Questa serie di benefici, inoltre, rafforzò ulteriormente le differenze territoriali già esistenti:

Madrid e Barcelona ottennero il 40% dei progetti presentati, il 47% del nuovo lavoro generato

e il 54% degli investimenti realizzati.

I settori che ottennero più benefici erano quelli relazionati con l’agroalimentare, la

metallurgia, il tessile e la preparazione e la pelle, esattamente quelli che avevano meno

Page 81: La necessaria internazionalizzazione della Spagna 1939-2002

81

capacità di innovazione. Le piccole e medie imprese (PYME) ebbero poche occasione per

accedere a questi vantaggi che vennero dirottati principalmente verso le grandi fabbriche.

3.2. Le conseguenze territoriali della crisi industriale

La crisi industriale ebbe importanti ripercussioni nel settore industriale spagnolo e soprattutto

nella struttura industriale regionale:

1) La comparsa di regioni in declino industriale, zone dove i settori industriali

protagonisti nel miracolo economico iniziarono a presentare una contrazione della

propria domanda e quindi la riconversione produsse un’importante processo di

deindustrializzazione.

2) Si produsse un rafforzamento dei processi di diffusione industriale, rafforzando la

polarizzazione industriale nelle regioni centrali (a Madrid, Barcelona e Bilbao nel

1983 erano presenti il 77% delle sedi delle 500 imprese più importanti della Spagna)

dato che maggiormente erano presenti le industrie da riconvertire e allo stesso tempo

le industrie meno flessibili nella struttura e nel prodotto.

3) Una crescente concentrazione di spazi periferici, sia nelle regioni periferiche che in

quelle centrali, l’esito era aumentare la concentrazione imprenditoriale in determinate

zone per poterne trarre dei vantaggi competitivi, inoltre si poteva puntare su una

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82

decentralizzazione della produzione dando a luogo ad una frammentazione del

processo produttivo che permettesse la ricerca di luoghi più idonei per ogni fase

produttiva, il risultato fu l’applicazione di una strategia multilivello che attraverso le

nuove tecnologie potesse garantire una maggiore specializzazione industriale.

Il risultato finale fu:

-L’industrializzazione delle aree periurbane delle grandi agglomerazioni industriali.

-Il rafforzamento industriale delle zone periferiche e semiperiferiche delle regioni centrali,

specialmente quelle zone inserite nel centro delle comunicazioni (valle del Ebro, Valladolid,

zone esteriori a Valencia nella comunità Valenciana)

-L’industrializzazione delle aree rurali, dove l’eccesso di mano d’opera del settore agrario

venne reinserito in un’industrializzazione dei prodotti agrari, dando luogo a una

localizzazione di industrie intensive, di scarso livello di investimenti, con carattere familiare e

con basso livello tecnologico.

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3.3 La Spagna e la Comunità Economica Europea (CEE)

L’integrazione della Spagna nella Comunità Economica Europea del 1° Gennaio del 1986

costituisce il processo più completo e sistematico della liberalizzazione, apertura e

razionalizzazione dell’economia spagnola al seguito del Piano di Stabilizzazione del 1959.

Questo può affermarsi generalmente per tutti i settori ad eccezione dell’Agricoltura che

richiese circostanza diverse nel suo processo di liberalizzazione attraverso un cambio nel

sistema di regolamenti e di intervenzione.

La negoziazione per l’adesione del Paese nella CEE non fu facile né tanto meno rapida, si

sollecitò formalmente poco dopo le prime elezioni democratiche post franchiste del giugno

1977 ed iniziarono le prime negoziazioni all’inizio del 1979, quasi contemporaneamente

all’inizio del Sistema Monetario Europeo (SME), il meccanismo che contribuì a stabilizzare

le relazioni di cambio tra i paesi comunitari e ispirare un maggior rigore nelle politiche

monetarie, questo processo non si concluse fino alla firma del Trattato nel Parlamento

d’Oriente di Madrid il 12 giugno del 1985. Durante questi anni si ebbero ritardi e problemi

nel raggiungere le mete proposte per l’ingresso, la causa fondamentale era radicata nei

problemi interni della Comunità, a seguito a loro volta di problemi causati da alcune politiche

agricole promosse dalla CEE come la Politica Agraria Comune (PAC) e i suoi effetti

collaterali che intaccarono i Presupposti Comunitari tra i paesi membri. Si temeva che

l’ingresso di un paese della dimensioni della Spagna avrebbe fatto gravare ulteriormente tali

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problemi interni, inoltre il timore di un’eccessiva concorrenza in alcuni settori temuta da

determinate nazioni, tutta questa serie di fattori posero le basi di una difficile transizione

all’interno della CEE per la Spagna.

La negoziazione si raggruppò in 18 capitoli: Unione Doganale; Agricoltura; Pesca; CECA;

EURATOM; Aspetti sociali; Diritto di istituzione e libera prestazione di servizi; Movimento

di capitali; Trasporti; Questione Economica e finanziaria; Fiscalità; Relazioni Estere;

Istituzioni; Brevetti; Canarie; Ceuta e Melilla; e Portogallo. Inoltre tutta una serie di sub

capitoli che componevano i blocchi principali di discussione.

3.3.1 Una lunga negoziazione43

La Comunità Economica Europea (l’attuale Unione Europea) costituisce un club con le sue

proprie regole, create nel tempo, le quali sono impossibili da cambiare per un paese candidato

a farne parte. Apparentemente si potrebbe pensare che più che una negoziazione bilaterale si

tratta di una vera imposizione di condizioni da parte dei paesi già esistenti. C’è da segnalare

che durante il processo di negoziazione si ebbe questa impressione. Sebbene sia una

negoziazione di adesione si concentra esclusivamente nella definizione di periodo transitori e

derogazioni temporali delle regole comunitarie, esistono margini sufficienti per poter parlare

di negoziazione di adesione più che adesione incondizionata.

Conviene risaltare alcuni aspetti che servirono per rafforzare la posizione spagnola e per poter

conseguire una Trattato equilibrato e prudente. In primo luogo, la inevitabile tendenza che

pose la posizione comunitaria contro l’ingresso della Spagna per un fatto di minimo comun

denominatore di interessi dei paesi membri considerati individualmente, si contrastò

combinando la negoziazione multilaterale (con la Commissione) con la bilaterale dei paesi

membri. Si combinarono anche due livelli: quello tecnico e politico, quest’ultimo

particolarmente importante nei momenti in cui si producevano dei ritardi nel processo di

negoziazione. Ai problemi già prima segnalati vanno anche aggiunti i dubbi comunitari di una

adesione «alla greca»; infatti, la Grecia (incorporata nel 1981) realizzò una negoziazione

relativamente rapida e con periodi di transizione corti e scarsi sotto il profilo cautelativo; il

risultato fu un elevato numero di incompletezze e dispute giuridiche nel Tribunale della

Comunità Autonoma un volta diventato paese membro. La questione spagnola costituì la

43 Badosa, Juan Pagés La adhesion de España a la CEE, in ICE 75 años de politica economica española, n.º 826,

Noviembre 2005

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volontà di voler evitare questo tipo di problemi, per i quali erano necessari periodi transitori

adeguati e limitazioni settoriali più serrate che servivano a rafforzare la posizione

negoziatrice.

La Spagna si dotò di una organizzazione appropriata per fronteggiare con determinate

garanzie la negoziazione per l’adesione. Durante i primi governi democratici si creò un

Ministero specifico. In seguito passò ad essere una Segreteria di Stato per le relazioni con la

Comunità, fortemente specializzata e con esperti riconosciuti nei vari campi. Particolarmente

importante fu la creazione all’inizio del 1983 di una Task Force composta da undici esperti, la

quale venne dotata di amplia autorità per definire le posizioni della Spagna, negoziare con la

Commissione Bilaterale gli aspetti tecnici, fissare le priorità e risolvere ipotetici conflitti di

interesse all’interno della delegazione spagnola.

Il gruppo di esperti e la commissione negoziatrice si dividevano distinte categorie di pensiero

riguardo la negoziazione, da un lato, quelli che sostenevano di dare importanza

principalmente all’obiettivo di diventare membri e altri che sostenevano che l’adesione

doveva arrivare solo al seguito di un raggiungimento essenziale di determinate condizioni

tecniche sia in contesto economico che politico. Tutta questa serie di contrasti interni alla

ricerca di un equilibrio (chiamata «negociación hispano-española») lasciarono un’impronta

nel testo del Trattato.

3.3.2 Unione Doganale: l’industria come tema chiave

Per il suo peso nella formazione del PIL, la negoziazione riguardante il settore industriale

(unione doganale) era un tema chiave nell’esito economico della adesione. Rimaneva

comunque più facile la contrattazione in questo settore che in quello agrario, nel settore

industriale si trattava di inserire regole di carattere generale di fronte all’enorme casistica di

regole del settore primario.

La posizione iniziale dei negoziatori comunitari era di un periodo di transizione di 5 anni fino

alla liberalizzazione totale degli scambi e l’adottamento della Tariffa Esteriore Comune

(TEC) per la Spagna, preceduta da una importante decrescita delle tariffe spagnole più

elevate. Questa posizione spiega perché i paesi comunitari consideravano squilibrato a favore

della Spagna l’accordo del 1970, avrebbe sfruttato delle tariffe di importazione comunitarie

molto più elevate rispetto a quelle riguardanti l’esportazione dei prodotti spagnoli, questo per

l’esistenza in Spagna del ICGI (Impuesta de Compensacion de Gravamenes Interiores) che

supponevano un’importante protezione addizionale, e la Desgravacion Fiscal a la Exportacion

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(DFE) che implicava una convanzione alle imprese esportatrici. Questi due ultimi aspetti si

risolsero con l’introduzione del Imposta sul Valore Aggiunto (IVA), un’imposta neutrale dal

primo momento dell’adesione. Questo in realtà era un compromesso già preso dalla Spagna

con il GATT (WTO attuale) e si ritardò per farla coincidere con l’adesione alla CEE.

Questa serie di procedimenti segnano l’apertura totale della Spagna nei confronti del libero

mercato mondiale, accettando quindi il processo di globalizzazione. La Spagna offriva al resto

d’Europa un mercato industriale molto protetto a cambio di un’apertura dei mercati agricoli

europei. Il capitolo industriale si concluse rapidamente rispetto al settore agrario; l’Accordo

finale scartò l’idea di una decrescita delle tariffe doganali spagnole per un periodo transitorio

di 7 anni, periodo che comportò con il suo termine l’aggiunta di ulteriori capitoli al Trattato

(pesca e libera circolazione dei lavoratori per esempio). La Spagna raggiunse l’accordo totale

con la CEE e l’adottamento del TEC con otto riduzioni delle tariffe doganali prima

dell’adesione. Nello stesso periodo la CEE eliminava le sue tariffe (sensibilmente inferiori)

con la Spagna. Si ridussero le tariffe ogni 1° di Gennaio dal 1986 fino al 1993, secondo la

seguente sequenza: 10%; 12,5%; 15%; 15%; 12,5%; 12,5%; 12,5%; e 10%. La prima

riduzione 10 per 100, più moderata, venne giustificata con la coincidenza dell’entrata

dell’IVA e con l’eliminazione prima segnalata dell’ICGI.

Il tema spinoso delle tariffe decrescenti preliminari si risolse con la creazione, in maniera del

tutto eccezionale, di un contingente tariffario per l’importazione spagnola di automobili

comunitarie di tre anni di durata. Un settore come quello automobilistico, fortemente portato

all’esportazione, quindi competitivo, godeva di una tariffa doganale iniziale all’adesione del

36,7% (al quale andava sommato l’ICGI); la soluzione fu una riduzione della tariffa del 17%

per un volume moderato di automobili (40.000 il terzo anno). All’inizio del quarto anno,

1989, questa tariffa coincideva con quelle pattuiti nel Trattato, e la tariffa contingente sparì.

C’è da segnalare che questo lungo e duro processo di negoziazione, coincise con il processo

interno di riconversione industriale in Spagna (siderurgico, navale etc.) che richiese ingenti

investimenti pubblici.

3.3.3 La Spagna e la Pac

Alla vigilia dell’adesione nella CEE, la Spagna era un paese che aveva raggiungo nelle ultime

due decadi un’industrializzazione elevata (era il 10° paese al mondo) e i propri scambi con i

paesi comunitari riflettevano chiaramente questo fatto, solo un 16% delle esportazioni e un

6% delle importazioni avevano carattere agricolo nel 1984. Nonostante questo la Politica

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Agraria Comune (PAC) creò numerosi problemi durante la trattativa per l’adesione. Anche

tecnicamente fu il più completo, non solo per la naturalità del settore, ma soprattutto per il

groviglio di interventi che caratterizzavano la PAC.

La PAC si basava su un trasferimento di risorse dalla generalità dei consumatori europei (che

devono sopportare, per il principio di preferenza comunitaria, prezzi più elevati rispetto quelli

internazionali) e collaboratori (che supportano con le loro imposte le sub convenzioni

necessarie per sostenere prezzi e aiuti) alla minoranza (3 o 5 % della popolazione attiva) che

sostentano gli agricoltori. I costi dell’interventismo statale in Spagna superavano quelli

ammessi dalla CEE, era necessario il passaggio da una politica di iinterventismo e

protezionistica spagnolo ad una comunitaria, comunque interventista e protetta ma di

dimensioni maggiori.

Anche in questo caso la transazione si basava nel dare alla Spagna del tempo per poter

implementare i meccanismi transitori posti come soluzione dei problemi, l’equilibrio delle

concessioni reciproche si concentrò principalmente nell’accettare limitazioni nel settore

spagnolo della frutta e verdura (settore molto competitivo per la Spagna) a cambio di

restrizioni temporali alle importazioni di prodotti latticini, carne di bovino e frumento tenero.

Per i prodotti ortofrutticoli si accettò un sistema a due fasi. La prima fase, di quattro anni, il

settore rimase praticamente escluso dall’incorporazione comunitaria. Questo periodo di stallo

venne chiamato verifica della convergenza; il secondo era il periodo della transizione, della

durata di sei anni, al quale si realizzava l’approssimazione dei prezzi e si raggiungeva il libero

commercio. Questa seconda fase fu quella più critica perché trovava nella Francia il primo

oppositore, questo perché il settore in questione era particolarmente importante in Spagna e la

sua competitività internazionale destava problemi per altri paesi comunitari, alla fine la

seconda tappa si concluse con la Spagna dentro le istituzioni comunitarie la quale diede una

importante capacità di rinegoziazione che venne utilizzata posteriormente per migliorare le

condizioni e ridurre la transizione.

Per mantenere il mercato libero, ma sotto il controllo europeo, l’introduzione di prodotti come

ad esempio quelli a base di latticini si dovette adottare la filosofia Europea della CEE, con

l’introduzione delle quote latte e per lo zucchero, questo per non scompensare il mercato,

rischiando di avere un eccesso di prodotto con un conseguente abbassamento del prezzo etc.

Limiti quantitativi analoghi si stabilirono anche in altre aree dove la competitività e la forte

capacità produttiva spagnola potesse destabilizzare il mercato (vino e olio).

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3.3.4 I rapporti storici con l’America Latina

La Spagna decise di inserire nelle negoziazioni aspetti riguardanti le loro relazioni storiche

con l’America Latina. Decise di utilizzare in suo favore queste relazioni estere, facendo da

ponte con l’America del Sud, e inoltre la sua vicinanza con i paesi del Nord Africa. La CEE

d’altra parte aveva scarse relazioni con l’America Latina per diversi motivi:

La crisi economica degli anni ’70 provocò una forte recessione negli stati membri la

CEE che portò la Comunità ad adottare una serie di rimedi volti al protezionismo.

La Convenzione di Lomé (accordo di interscambio commerciale e cooperazione tra i

paesi dell’Unione Europea e i paesi dell’ACP, associazione di paesi formata da paesi

africani, esclusi quelli del nord, isole del Pacifico e dei Caraibi) e i Sistema

Generalizzato di preferenze dava priorità a relazioni con determinate nazioni,

attraverso trattamenti preferenziali.

L’indebitamento dei paesi Latino-Americani era tale da scoraggiare forme di

cooperazione e coesione economica.44

In questa fase storica la Spagna decise di dare priorità alla propria situazione interna (scambi

commerciali con i paesi del Sud America) stabilendo accordi con la CEE riguardanti la

politica estera. I vincoli tra la Spagna e i paesi latino Americani erano principalmente politici

più che economici, la cosa si tradusse in due dichiarazioni allegate nell’Atto conclusivo:

1) Dichiarazione Comune di Intenzioni relative allo sviluppo e l’intensificazione delle

relazioni con i paesi dell’America Latina, cosa che doveva essere comune nei dieci

Stati membri della CEE, oltre la Spagna e il Portogallo

2) Dichiarazione del Regno di Spagna sopra l’America Latina

Comunque, nell’Atto non vi era nessun compromesso per il quale attraverso l’ingresso della

Spagna, ugualmente per il Portogallo, si potesse produrre un cambio nelle relazioni

economiche della Comunità con l’America Latina, continuavano a rappresentare, in quadro

generale, relazioni con paesi del Terzo Mondo.

Posteriormente l’ingresso nella Comunità del 1986, per iniziativa spagnola nel Consiglio dei

Ministri dell’Aia, nello stesso anno, vennero portate proposte per aumentare le relazioni con

l’America Latina, tali proposte erano presenti nel documento titolato: Nuevas Orientaciones

44 Josè Angel Sotillo Lorenzo, America Latina en las negociaciones del ingreso de España en la Comunidad

Europea, Politica y Sociedad, n°4, 1989, p. 25-31

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de la Comunidad Europea para las relaciones con América Latina. Negli anni novanta le

relazioni tra America Latina e UE si vanno ad intensificare, mantenendo una crescita costante

nelle negoziazioni commerciali ed economiche. Si firmarono gli accordi di terza generazione

nei quali si ponevano le basi per i principi democratici e dei diritti umani da adottare nei

suddetti paesi, l’UE iniziò una serie di cooperazioni che portarono ad un aumento notevole

del commercio, degli investimenti europei destinati ai paesi latino americani e di aiuti, senza

precedenti, destinati allo sviluppo.

Il Trattato dell’Unione Europea del 1992, e il Trattato de Asunciòn del 1991 con il quale si

viene a creare il MERCOSUR (mercato comune del Sud America), contribuiscono in maniera

decisiva, a partire del 1994 si ampliarono gli accordi di quarta generazione, soprattutto con el

Acuerdo Marco Interregional de Cooperación entre la Unión Europea y el MERCOSUR,

firmato il 15 dicembre del 1995, la situazione del Latino America ebbe una posizione sempre

più promettente nelle relazioni tra i due continenti.45

3.3.5 Gli effetti economici dell’ingresso nella CEE

L’entrata della Spagna nella Comunità Economica Europea è stata senza dubbio uno dei

principali motori della modernizzazione sperimentata dall’economia spagnola. L’integrazione

ha portato un processo di apertura che era iniziato verso la fine del 1959 fino a raggiungere

nel 1986 il raggiungimento del suo obiettivo. In termini di flussi commerciali, la somma delle

esportazioni e delle importazioni che nel 1986 rappresentava il 35.9% del PIL raggiunse il

62.2% nel 200. Un cambio di percentuale che rappresenta la transizione da un’economia

chiusa ad una inserita pienamente nel processo di integrazione europea, la variazione netta

dell’attivo e passivo con l’estero, in percentuale del PIL, passò dal 2.2% allo 0.7 nel 1986, gli

investimenti esteri diretti in Spagna passarono dal 1.4% al 6.6% del PIL mentre gli

investimenti diretti della Spagna nel resto del mondo aumentarono dallo 0.2% al 9.6% del

PIL.

45 Noemí B. Mellado, Cooperaciòn y conflicto en el Mercosur, capitolo 1 Mercosur convergencia y divergencias

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3.4 L’entrata nell’Unione Europea (UE)

Uno degli eventi più importanti nel periodo costituzionale della Spagna fu l’integrazione del

paese nel 1986 nella CEE, questa integrazione comunitaria favorì lo sviluppo economico della

società spagnola e la sua convergenza con la UE.

L’Accordo Preferenziale per l’entrata nella CEE fu molto favorevole per la Spagna, le

esportazioni aumentarono da un 36% del 1970 a 49% nel 1984, mentre le importazioni

rimasero costanti intorno ad un 33%. Come già esplicato il processo di integrazione nella

CEE della Spagna (e del Portogallo) si concluse nel 1986, dopo una decade caratterizzata da

un’economia in continua fluttuazione l’ingresso della Spagna nella Comunità Europea fu un

processo di liberalizzazione economica e di cambio nelle regole di politica economica che,

per regolamento europeo, risultavano essere obbligatorie.

L’entrata della Spagna nella Unione Europea significò, infatti, aiuti finanziari e l’ingresso in

un grande mercato di sviluppo e con forte capacità di acquisto, però allo stesso tempo

significò anche un’apertura rapida dell’economia del Paese, una maggiore competitività

internazionale e l’adozione di politiche economiche poste come linee guida da parte

dell’organo sovrannazionale. Inoltre l’ingresso della Spagna nella Comunità Europea concise

con la firma dell’Atto Unico Europeo nel febbraio del 1986 (entrato in vigore nel 1987), con

quest’ultimo la Spagna dovette affrontare una doppia sfida, da un lato doveva completare i

requisiti richiesti per la liberalizzazione bilaterale stipulati con il Trattato di Adesione e

dall’altro avanzare con gli altri soci comunitari nella risultato finale del Mercato Unico

Europeo, con tempi piuttosto ristretti avendo come orizzonte temporale il 1993.

L’ingresso nel processo di integrazione europea, nella seconda metà degli anni ’80, coincise

con un cambio favorevole del ciclo economico, entrando in una fase di espansione generale

che facilitò l’avanzamento nel programma del Mercato Unico, di fatto questo programma fu

concepito come una grande politica di offerta che permettesse il rafforzamento della

competitività e la ristrutturazione del sistema produttivo europeo con il fine di migliorare la

dinamica economica e la creazione di lavoro.

La creazione di un Mercato Unico pose le basi per la creazione di un unico sistema monetario,

una Unione Economica e Monetaria nella UE, già prevista nell’Atto Unico. Nel Giugno del

1989 la peseta si incorporò allo SME iniziando cosi un cammino che porterà la Spagna ad

entrare nella Unione Economica e Monetaria (UEM). Così nel febbraio del 1992 con il

Trattato per la creazione della Unione Europea, firmato a Maastricht, si programmarono le

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tappe del Piano Delors e promosse un’importante programma di convergenza

macroeconomica dei distinti paesi comunitari. Anche questa iniziativa fu determinante per la

Spagna che orientò la propria politica economica verso questa convergenza cosa che la rese

partecipe nella nascita della UEM il 1 Gennaio del 1999 andando a sostituire la propria

moneta con l’Euro (€) nel 2002, il cambio €-pts era 1 €-166.386 pts. Durante questi anni si

vive un vero e proprio cambio economico, politico e sociale a livello europeo, la riforma

istituzionale che impegnava la UE a convergere verso un’unità completa fu il Trattato di

Amsterdam (1997) che suppose uno sviluppo nella libera circolazione di persone, politica

sociale e lavoro, politica estera e della sicurezza comunitaria, politica interna e di giustizia.

Ulteriore trattato firmato dalla Spagna fu anche quello di Nizza (dicembre 2000 in vigore dal

2003 che modificava la nomina dei commissari del Parlamento Europeo e potenziando il

ruolo del Presidente di Commissione).

Sotto il profilo economico, a seguito dell’integrazione nella CEE e poi UE, la Spagna ha

vissuto un periodo di totale apertura economica, confrontando la propria economia con quella

mondiale, liberalizzando le transazioni economiche internazionali (spinte dal GATT poi

trasformato in WTO), producendo un enorme progresso tecnologico incidendo notevolmente

nelle strategie produttive e le relazioni lavorative delle imprese, questo ha rafforzato la

competitività delle imprese spagnole dando loro una maggiore competenza , inoltre con i

finanziamenti della UE il paese ha potuto beneficiare di un grande aiuto economico

modificando il sistema economico e sociale soprattutto nei seguenti ambiti: commercio e

investimenti esteri, crescita economica e la convergenza reale, la coordinazione delle politiche

economiche, il presupposto di coesione economica e sociale.

3.4.1 Commercio e investimenti diretti esteri

Il tasso di liberalizzazione del commercio della economia spagnola aumentò notevolmente,

passando da un 33% nel 1985 ad un 47% nel 2002, l’aumento del peso dei flussi commerciali

rispetto al PIL fu il risultato dell’apertura del mercato e degli scambi con i paesi comunitari

come conseguenza dell’integrazione della Spagna nel Mercato Unico Europeo. Così le

esportazioni spagnole dirette verso la UE passarono da un 52% del totale nel 1985 ad un 69%

nel 1990 fino a raggiungere un 71% nel 2002, mentre le importazioni erano il 37% del totale

nel 1985 divennero un 59% nel 1990 e nel 2002 raggiunsero il 64%, i principali soci

comunitari con i quali la Spagna ha relazioni commerciali sono la Francia, la Germania,

l’Italia, la Gran Bretagna e il Portogallo.

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In questo nuovo contesto economico la Spagna diminuì le esportazioni verso gli Stati Uniti

d’America (poco più di un 4%) mentre aumentarono e migliorarono le posizioni relative nei

confronti dell’America Latina, Europa dell’Est e i paesi del Nord Africa.

Durante i primi anni di questa integrazione spagnola nella UE si ebbe un deterioramento della

bilancia commerciale a causa di un aumento delle importazioni rispetto le esportazioni questa

situazione si riaggiustò con l’inizio degli anni ’90, il deficit commerciale ebbe questo

andamento: 3,5% nel 1986, 7,2% 1989, 3,5% 1997, 6% 2002.

Il cambio che si produsse durante questi anni comportò un rinnovamento e una nuova

struttura settoriale dell’industria spagnola che si andava specializzando da settori più intensivi

in risorse primarie e mano d’opera ad altri con maggiore presenza di fattori tecnologici e una

domanda più dinamica, mettendosi quasi alla pari di altri paesi della UE. Questo cambio

comportò anche un aumento degli Investimenti Diretti Esteri (IDE) nella economia spagnola

dal 4% nel quinquennio 1981-1985, passò ad una 24% nel 1986-1990, la Spagna poté così

sfruttare di questa intensa crescita di investimenti su scala internazionale. Dal 1996 la

situazione cambiò e i flussi di investimenti esteri (dalla Spagna all’estero) aumentarono

rispetto quelli in entrata, l’area di maggior destino era l’America Latina, nel 2002 gli IDE

ricevuti dalla Spagna, 3,2% del PIL, superarono gli IDE diretti all’estero, 2,7% del PIL.

Crescita e convergenza reale

La miglioria dell’economia spagnola può essere attribuita non solo ad una migliore

assegnazione delle risorse, ma anche ad una serie di effetti dinamici che incisero sopra la

potenzialità di crescita, provocando una aumento nella produttività dei fattori disponibili e

stimolando un incremento nella dotazione degli stessi. Le politiche economiche adottate nella

UE permisero all’economia

della Spagna una crescita

costante e sostenuta nel suo

processo di convergenza reale,

arrivando ad un livello di

reddito pro capite del 79,3%

della media comunitaria nel

1996.

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95

Durante la seconda metà degli anni ’80 la Spagna visse un periodo analogo a quello della

decade degli anni ’60 avendo un livello di crescita del PIL maggiore che nella UE, questa fase

espansiva fu accompagnata, nei primi anni ’90 da una fase recessiva (fino al 1993), che toccò

sia la Spagna che l’Unione Europea nella sua totalità (fattori come la guerra del Golfo, la

riunificazione della Germania portarono a questa recessione). Nel 1995 nel cammino verso

l’Unione Economica e Monetaria, l’Europa aumentò la sua crescita economica e la Spagna

superò nuovamente la UE. La crescita economica della Spagna si basò principalmente

nell’aumento della produttività del lavoro e poco per la creazione di lavoro.

Nella fase 1985-1990 la Spagna ebbe un aumento nella creazione del lavoro maggiore rispetto

all’UE questa fase, come già accennato, vide poi una fase recessiva seguita da una fase di

espansione nel momento della convergenza verso la creazione della UEM. Dal 1995 uno dei

fattori di aumento del lavoro fu una maggiore flessibilità nelle relazioni lavorative

La fase di crescita continuata sperimentata dall’UE nel periodo 1995-2001 fu la conseguenza

del cambio delle condizioni di vita della sua popolazione mediante un incremento delle

rendite dei fattori produttivi e una maggiore distribuzione delle risorse del settore pubblico.

L’aumento delle rendite pro capite permise a sua volta un aumento dei livelli di consumo e

degli investimenti privati con una politica di spesa pubblica volta ad un rigore nei conti.

In sostanza le politiche che possono essere riconosciute come capaci di promuovere una

crescita dell’economia sono sostanzialmente tre: politica educativa e dello sviluppo scientifico

e tecnologico, politica di infrastrutture e la politica di stabilità macroeconomica e di

regolamentazione economica volta ad un equilibrio nei conti (anche se durante la fase 2007-

2016 questa politica di rigore è sottoposta a serie e dure critiche).

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Nell’ottica di queste politiche il Trattato di Lisbona del 2000 ratificato nel 2002 a Barcellona

volge l’attenzione ad una strategia comunitaria che permetta una crescita della UE mediante

tre elementi basici: il completamento del Mercato Unico, promozione di una società più

tecnologica con maggiori risorse nella R&S e la modernizzazione del modello sociale

europeo.46

3.4.2 Il coordinamento delle politiche economiche

La coordinazione delle politiche economiche si articolò tra il 1992 e il 1997 con i Programmi

di Convergenza di ogni paese e posteriormente con il Patto di Stabilità e Crescita concordato

con il Consiglio Europeo di Dublino nel 1996, questo patto ispirò i successivi Programmi

nazionali di Stabilità a medio termine approvati annualmente dal 1998 per i paesi che si

integravano nella UEM. Il disegno di politica economica della UEM obbliga i paesi ad avere

una politica monetaria unica, decisa dalla Banca Centrale Europea (BCE) mentre le politiche

fiscali e strutturali rimangono di competenza degli Stati membri.

Il saldo finanziario della Spagna fu positivo, grazie alle riforme strutturali che

accompagnarono la realizzazione del Mercato Unico Europeo durante gli anni 1988-1992, il

saldo fu sicuramente più importante nelle Prospettive Finanziarie 1993-1999 che

intensificarono la politica strutturale della UE nel suo processo verso la creazione dell’€. Le

Prospettive Finanziarie del 2000-2006, approvate nel Consiglio Europeo di Berlino del 1999,

prepararono la strada per l’applicazione di regole in un contesto che richiedeva maggior rigore

generale nei conti dello Stato e nella sua capacità di spesa, si stipulò un limite di spesa del

1,27% del PNL comunitario), la Spagna comunque beneficiò di una simile situazione avendo

un saldo finanziario netto nel 2000 pari ad un 0,83% del PIL, una percentuale simile a quella

degli anni novanta, 0,85% del PIL nel periodo 1992-1994 e un 1,4% del PIL nel 1995-1997.

In conclusione, i cambi sperimentati in Spagna furono senza dubbio formidabili in confronto

all’Unione Europea, permettendo al paese nel suo processo di integrazione la recezione di

risorse che per anni furono nascoste e vietate, aumentando così la sua presenza nel mercato

Comunitario e nel processo di globalizzazione. La presenza della Spagna nell’UE ha

permesso al paese di essere preparato per il cambio nello scenario mondiale, e di avere un

maggior protagonismo nella politica estera comunitaria, soprattutto in relazione all’America

Latina e alla conca del Mediterraneo. L’entrata prima nella CEE poi nella UE è stato un

processo di enorme sviluppo per la penisola Iberica che fino al 1975 (anno della morte di

46 Josep M.ª Jordán Galduf, Balance de la Integraciòn de España en la Union Europea, ICE, dicembre 2003

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97

Franco) sembrava impensabile per la sua situazione interna e quella relativa ai rapporti con il

resto d’Europa.

Uno dei punti deboli di queste politiche comunitarie ha mostrato come l’unico modo per poter

raggiungere determinati standard di PIL e di crescita economica fosse l’aumento della

produttività del lavoro, il che rileva il maggiore sforzo necessario da fare nella formazione di

capitale fisico, umano e tecnologico. Anche se all’inizio degli anni 2000 il pensiero di un

allineamento della politica monetaria con il resto d’Europa sembrava un’ottima soluzione per

disciplinare la politica economica della Spagna e la sua possibilità di entrare nei grandi

mercati finanziari del mondo negli ultimi anni, questi relativi alla crisi economica, si è

mostrata anche la sua profonda debolezza: la necessità di un paese di stampare la propria

moneta. Analizzando però la sola entrata del Paese nella UEM, dai dati è chiaro che la Spagna

beneficiò di questo nuovo contesto avendo una maggiore solidità nella crescita economica, un

sistema economico più delineato senza dover ricorrere ad una programmazione quinquennale

o quadriennale, ma soprattutto perché finalmente il Paese prendeva parte in maniera definitiva

ed attiva alle dinamiche del continente europeo.

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CONCLUSIONI

Durante gli anni trenta mentre il resto del mondo si avvicinava al conflitto mondiale, la

Spagna lottava internamente fronteggiando le due posizioni che allo stesso tempo erano

presenti in Europa: fascismo e comunismo, e con esse le ideologie economiche che portavano

avanti.

Con la fine del conflitto bellico la fazione vincitrice si ispira alle politiche economiche che già

nell’Italia fascista stavano mostrando le loro crepe, la creazione continua di Istituti con

conseguente aumento della burocrazia, la ricerca dell’autosufficienza economica, l’autarchia

come dogma. In un contesto di totale isolamento come era quello che viveva la Spagna una

simile scelta non poteva portare a soluzioni reali per il sistema anzi rallentava ulteriormente la

sua possibilità di crescita.

Il settore agrario, e con esso il Sud del paese, è quello che risente maggiormente del primo

ventennio di Franco. Il totale controllo del mercato agrario andò avanti per circa tredici anni e

non ottenne assolutamente i risultati sperati. Il razionamento, il controllo dei prezzi e della

produzione, il continuo accentramento decisionale e di potere verso determinate cerchie di

proprietari terrieri, tutta questa serie di elementi rese quegli anni ulteriormente difficili per la

società aumentando un sistema di illegalità basato sul mercato nero dove a beneficiarne è

sempre una piccola parte della popolazione a discapito della comunità. Seppur la situazione

che si presentava in quegli anni risulta essere molto difficile, le politiche economiche adottate

per tale settore e per tale zona della Spagna risultarono essere tutte di breve periodo. Il caso

principale è l’Istituto per la Colonizzazione agricola che non riesce a proseguire nel suo

intento di evitare l’emigrazione dalla campagna verso i centri urbani (che in quel periodo non

erano pronti ad accogliere simili masse migratorie), lasciando così quelle che dovevano essere

le nuove città agrarie del Sud in un lento abbandono senza possibilità di sviluppo.

Di quattro decadi passate ad essere el Caudillo, Franco riesce solo negli anni sessanta a far

vivere alla Spagna un suo periodo di auge economico, tra l’altro con una crescita del PIL

maggiore che negli altri paesi europei. Tutta una serie di fattori portarono a tale crescita (il

profondo stato di arretratezza, una società ancora prevalentemente agricola, il settore

industriale ancora lento nel suo sviluppo) inoltre bisogna tener presente che in questa fase

storica il mercato del lavoro spagnolo era completamente controllato, il reddito pro capite era

relativamente basso rispetto alla media europea e si presentavano situazioni lavorative

discutibili sul piano del diritto sindacale e del lavoro. L’economia durante quel miracolo

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economico stava recuperando decenni di isolamento internazionale, e nel momento in cui si

andarono a ridurre le barriere protezionistiche per le importazioni promuovendo anche gli

IDE nel paese, la Spagna poté avere accesso ad una conoscenza, strumentazione,

organizzazione lavorativa etc. alla quale era totalmente preclusa. Durante questo periodo

storico vengono messe in moto politiche economiche basate sulla pianificazione indicativa, lo

sviluppo di nuovi Poli industriali e il rafforzamento di altri portano i risultati sperati durante i

primi due Piani di Stabilizzazione ma aumentarono le differenze regionali tra Nord e Sud del

paese.

Allo stesso tempo c’è però da segnalare come la forza della Spagna sia stata quella di arrivare

ad un simile periodo di auge, dopo decenni passati nell’ombra, senza i finanziamenti del

Piano Marshall, ma solo con le proprie politiche e il proprio cambio politico strutturale. Il

caso dell’Istituto per l’Emigrazione (IEE) è forse l’esempio lampante di tale lungimiranza: si

riuscì a controllare la forte disoccupazione nel paese (causata da un’emigrazione massiccia

dalla campagna verso la città) e nel frattempo si metteva in moto un meccanismo di

finanziamento interno basato sulle rimesse dei migranti in grado da stimolare e aumentare i

consumi interni. Così come lo sviluppo del turismo, il Sud del paese riuscì ad attirare turisti e

a vendere a prezzi bassi ciò che effettivamente aveva: il sole, il mare e le tapas. Questo

fenomeno permise un forte aumento degli investimenti privati, sia spagnoli che esteri, in

grado di creare un’ulteriore settore lavorativo nel Sud del paese.

E’ proprio quando la Spagna smette di essere isolata economicamente che si registra il

momento cardine del cambio di pensiero nel Paese. Non è solo una questione di crescita del

PIL o di altri indicatori macroeconomici, ma principalmente conseguenza dello scambio di

conoscenza con il resto del mondo. La Spagna fino a quando non ha vissuto questa apertura

nei confronti degli altri paesi, aumentando le proprie relazioni e potendo vedere con i propri

occhi come si stavano sviluppando un’altra parte di cittadini europei, non poteva essere in

grado di elevare il proprio Paese perché preclusa da quelle conoscenze e coscienze

fondamentali per lo sviluppo. L’inserimento di altri modi di fare e pensare all’interno del

Paese hanno permesso questo salto in avanti mostrando l’arretratezza che il regime, con

l’ausilio di ambienti clerical-conservatori, stava forzando a vivere sia per ideologia che per

interessi economici di imprese nazionali.

In realtà è difficile capire esattamente cosa spinge Franco ad accettare la soluzione dei

tecnocrati mettendo definitivamente da parte i falangisti, così come risulta difficile

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quantificare le pressioni che la Spagna ha subito durante gli anni da organismi sovranazionali

quali FMI, NATO, Banca Mondiale, OCSE etc…

Non bisogna dimenticare che il paese ha vissuto per decadi in un regime dove i concetti di

democrazia e di diritti umani erano totalmente assenti ma bisogna anche segnalare come il

contesto internazionale capitanato dagli Stati Uniti d’America per quasi 20 anni ha escluso

totalmente la Spagna. Il loro riavvicinamento, a parte manovre politiche come l’accordo con il

Vaticano del 1953 e l’incontro con il Presidente Eisenhower del 1959, è stato possibile solo

con l’insediamento di quattro basi americane nel suolo spagnolo durante la guerra fredda.

L’apertura economica è avvenuta nel momento in cui si è andato a congiungere

l’anticomunismo di due Stati.

Durante questi sessanta anni di storia si nota soprattutto il cambiamento delle politiche

economiche e del pensiero che ne è alla base. Da un’ideologia autarchica si passa ad un

corporativismo che intende superare la lotta di classe e vede nella programmazione

economica la propria strada, puntando ad una crescita del sistema in tutte le sue componenti:

consumi, investimenti, esportazioni estere e spesa pubblica. L’entrata nella CEE ed in seguito

nella UE mostra un’ulteriore cambio nella gestione dell’economia, la finanza e il libero

scambio di capitali prendono il sopravvento. Poi, con l’ingresso nello Sme e il processo di

unione monetaria, l’obiettivo della politica economica non consiste più nello sviluppo del

reddito pro capite, del consumo o nell’aumento dell’occupazione, ma nel controllo

dell’inflazione. Nonostante questo, i dati macroeconomici registrati fino all’inizio del nuovo

millennio sono favorevoli alla Spagna che per la seconda volta nel giro di quaranta anni vive

una crescita maggiore della media Europea.

Sullo sfondo di questo sviluppo resta una questione irrisolta, che si lega a doppio filo con la

questione secessionista all’interno della Spagna perché dal punto di vista economico in 39

anni di Francisco Franco determinate zone hanno sempre visto e vissuto un graduale sviluppo

a discapito del Sud del paese lasciato troppo spesso al suo destino.

A causa del suo recente passato la Spagna trova difficile il proprio riconoscimento sia come

popolo che come nazione unita, ma se una cosa emerge da questo lavoro è che soltanto

attraverso la cooperazione vi può essere una reale crescita, sia essa interna che esterna.

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