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La PiazzaSandro Pertini
detta “del Sole”Enrico Sangalli
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T ra le vie Goffredo Mameli e via Marco d’Agrate, fino agli anni
Settanta, vi erano delle recinzioni di siepi che delimitavano diver-
se proprietà. Questi terreni erano coltivati ad orti ed erano lambi-
ti verso est dalle limpide acque della roggia Gallarana.
Anticamente Cascina de’ Bastoni era un piccolo agglomerato di corti attra-
versate da alcuni sentieri, e già alla fine dell’anno 1500 possedeva una sua
strada interna.
Mi è stato raccontato che nel 1952, durante gli scavi delle villette a schie-
ra ai numeri 32-34 di via Marco d’Agrate, sono comparse ossa umane.
Una terribile epidemia di peste nel 1576 contagiò anche le nostre terre. In
quegli anni vivevano a Cascina de’ Bastoni una quarantina di persone
anche se da una lettera sulla visita pastorale alle Cascine de’ Bastoni nel
1578 troviamo l’esistenza di un piccolo cimitero all’entrata della chieset-
ta di via Marco d’Agrate, l’usanza era di seppellire gli appestati in grandi
fosse comuni dette fupon. Questo particolare giustificherebbe la presenza
di un lazzaretto a Cascine de’ Bastoni, nei pressi del ritrovamento dei resti
umani.
Questa ipotesi in parte spiegherebbe perché quest’area sia rimasta inedifi-
cata, soprattutto durante il sec. XVII, quando le Cascine si svilupparono
nei terreni adiacenti alla roggia Gallarana. Solitamente sulle terre dove
erano sorti luoghi di culto o cimiteri, era interdetta ad ogni forma di sfrut-
tamento come segno di rispetto della collettività.
Nella seconda metà dell’Ottocento ancora non esisteva via Mameli.
Passando per la Curt da la Contrada o dalla Curt di Burden si poteva acce-
dere, attraverso alcuni sentieri, alla Strada per Imbersago, ora via Adda;
forse la via Mameli venne costruita agli inizi del novecento per raggiun-
gere la scuola elementare “Alessandro Manzoni”, costruita nel 1911.
L’abbandono degli orti avvenne negli anni Sessanta con domanda di sfrat-
to fatta dal Comune di Monza, proprietario del terreno. Senz’altro ciò
sarebbe ugualmente avvenuto a causa della chiusura della roggia
Gallarana avvenuta nel 1967, e successivamente interrata: ormai le limpi-
de acque si erano trasformate in una fognatura a cielo aperto.
Divelte le siepi e tagliati gli alberi da frutto, l’area rimase abbandonata a
se stessa per anni. Solo l’interesse degli speculatori edilizi, facilitato dalla
mancanza di un piano regolatore, evidenziò l’urgenza di una soluzione sul-
l’utilizzo di questo spazio. Grazie al costituente Comitato di Quartiere, tra
il 1970-71 si riuscì a bloccare un progetto di edilizia privata sull’area della
piazza. Dobbiamo essere grati a queste persone, perché senza il loro impe-
gno politico oggi saremmo vittime di uno scempio irreparabile.
Nel frattempo erbacce, cespugli e piante accrescevano notevolmente il
degrado in cui era stata lasciata l’area. Per accorciare il cammino, la gente
la attraversava lasciando solchi in varie direzioni, trasformandoli ben pre-
Gli orti di via Mameli negli anni ’50
Particolare degli orti di via Mameli
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La piazza negli anni ’80
Via Marco d’Agrate quando ancora si poteva giocare per le strade.
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Le villette di via Marco d’Agrate, sul cui terreno vennero rinvenuti resti di ossa umane.
La piazza negli anni ’80, quando veniva utilizzata come posteggio.
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sto in sentieri. A volte, in occasione delle gare ciclistiche organizzate dal
circolo “De Amicis”, l’area si trasformava in un grande parcheggio per i
numerosi spettatori richiamati dalla manifestazione.
I ricordi più nostalgici che mi legano a questo luogo sono tuttavia le feste
paesane di Sant’Albino. Nella seconda settimana di settembre cadeva la
festività di Santa Maria Nascente, patrona della nostra parocchia: in quel-
l’occasione, tra le vie Marco d’Agrate e Mameli, venivano montate delle
giostre (baracon), che per una settimana rallegravano le nostre serate.
Negli anni precedenti le giostre venivano montate davanti al circolo “De
Amicis” di via Mameli, ed erano molto numerose. Ma agli inizi degli anni
Ottanta si cominciarono in quell’area gli scavi per alcune palazzine di edi-
lizia popolare: di anno in anno diminuì il numero di giostrai che giunge-
vano ad allietare la nostra festa paesana.
Questa fu anche una delle ultime aree centrali a disposizione per questo
tipo di divertimento. In quelle ultime serate estive di settembre, mi reca-
vo alle giostre ad ascoltare la musica più in voga, diffusa ad alto volume
da enormi altoparlanti. Affascinanti erano l’illuminazione e i colori che
si proiettavano dalle giostre alle facciate delle case circostanti, confe-
rendo loro un’insolita vitalità e ingrandendone le superfici. Finiti i gior-
ni della festa, la luce lasciava posto ad una macchia scura per i restanti
giorni dell’anno.
Per oltre vent’anni l’aspetto urbanistico della zona era rimasto invariato e
desolante. Ma con la fine delle costruzioni delle palazzine di via Mameli
si rese necessario una sistemazione definitiva delle aree. Il Comune di
La roggia Gallarama.Sulla destra, l’antico
sentiero per il mulino Mambretti.
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Manifesto del Comune di Monza, con le caratteristiche della piazza.
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Monza progettò la costruzione di una nuova piazza a struttura circolare,
con una ricca piastrellatura che disegna un sole, e al centro un’aiola rial-
zata circondata da panchine. Su questo “piedistallo” naturale sarebbe stato
collocato il sole in bronzo: il sole era infatti il tema prescelto attorno a cui
l’intero progetto doveva essere concepito.
Ma mentre i lavori già erano avviati, si rese necessario iniziare la proget-
tazione della scultura. A questo proposito, lo scultore Luigi Diligenti,
monzese di nascita e operante nella nostra città, venne interpellato.
Propose all’Amministrazione una scultura in lega di anticorodal e bronzo,
avente un’altezza di metri 5, costituita da bracci stilizzati che sostengono
un disco del diametro di m 2.
Riportiamo di seguito una sintetica motivazione storica ed artistica data
dall’autore:
Negli anni Trenta fu semplicemente la “Cascina Sant’Albino”, ora è un cen-tro rionale che vive la vita di Monza. E’ ovviamente cresciuto in cultura e pro-
Via Mameli negli anni ’70
La Curt di Fopa,ora demolita.
Cerimonia per la primamessa di don Mario Galbiati
a Sant’Albino il 29 Giugno 1953.
Consacrato il 28 giugno 1953,
Don Mario Galbiati è stato il fondatore di “Radio Maria”
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«Il Sole» di Luigi Diligenti.
gresso. In questo suo iter evolutivo non ha ancora avuto posto l’Arte: ecco lanecessità di un’opera artistica che possa essere vista e assorbita da tutti: unmonumento in un suo spazio pubblico. Per l’artista, il messaggio del monu-mento deve comunicare questo attuale “rinascimento”, questo nuovo modo diessere del rione e le conquiste umane e storiche che oggi vanno evidenziate;la donna nella sua identità d’individuo, oltre che di femmina, e l’uomo nelladignità di protagonista del pianeta: simbolo il sole da sempre rinascita delgiorno, della luce, del calore, della vita.
Le consistenti dimensioni del monumento erano motivate dall’ampiezza
della piazza, ma soprattutto dalla mancanza di edifici di particolare rile-
vanza. In una seduta del novembre 1989, si scelse l’opera, ed entusiastico
fu il consenso. Ma si avanzarono alcune perplessità per quanto riguardava
il costo.
Il preventivo presentato si aggirava intorno ai 140.000.000. Il costo eleva-
to si giustificava dal fatto che il disco era in bronzo pieno e si trattava di
un “opera d’arte”: Una volta realizzata, gli stampi sarebbero stati distrutti
per garantirne l’unicità. Per superare le difficoltà causate dall’alto costo, si
decise di ripresentare in Giunta un altro preventivo per la realizzazione del
disco con le medesime caratteristiche, ma vuoto all’interno. Le spese fina-
li complessive dei lavori per la piazza e dell’opera eseguita ammontarono
a lire 280.000.000.
La signora Rossella Panzeri, allora Sindaco di Monza, inaugurò personal-
mente la piazza, alle ore 10.30 di domenica 16 dicembre 1990, intitolan-
dola all’ex-presidente Sandro Pertini. La maggioranza dei santalbinesi,
tuttavia, la conoscono e la chiamano più semplicemente: “la piazza del
su”. Varie manifestazioni si sono svolte all’interno del suo spazio: spetta-
coli musicali, presepi, giochi e mostre nell’ambito del palio, ed ultima-
mente una singolare via Crucis.
Ma cosa rappresenta, e come viverla questa piazza? Non avere o non dare
risposte significa farla ritornare come quella desolante macchia scura che
rimaneva alla fine della festa.
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Nella foto in alto:veduta di
Piazza del Sole
Qui a fianco:Inaugurazione
della piazza Sandro Pertini
Sotto: La piazza del Sole oggi.