65
1 2014 Poste italiane S.p.A. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB Brescia Editrice La Scuola - 25121 Brescia Expédition en abonnement postal taxe perçue - tassa riscossa Pubblicazione mensile - Anno LX -ISSN 0036-9861 IL PIANO SCUOLA DEL GOVERNO: BISOGNI IN CORSO PROMUOVERE UNA SCUOLA INCLUSIVA IL “GRADO INTERMEDIO”: DA SOGNO A INCUBO? LA PROGRAMMAZIONE PER DISCIPLINE PER IL NUOVO ANNO SCOLASTICO SETTEMBRE

LA PROGRAMMAZIONE PER DISCIPLINE PER IL NUOVO …scuolaedidattica.lascuola.it/zpublish/68/uploads/...DAL CATALOGO SCUOLA 2015! Termine ultimo per caricare i racconti: 16 novembre 2014

  • Upload
    others

  • View
    5

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

1 2014

Poste

itali

ane S

.p.A

. Spe

d. in

A.P.

- D.

L. 3

53/2

003

(con

v. in

L. 2

7/02

/04

n. 4

6) ar

t. 1,

com

ma 1

- DC

B Br

escia

Editr

ice L

a Scu

ola -

251

21 B

resc

ia Ex

pédi

tion

en ab

onne

men

t pos

tal ta

xe p

erçu

e - ta

ssa r

iscos

sa P

ubbl

icazio

ne m

ensil

e - A

nno

LX -I

SSN

0036

-986

1

IL PIANO SCUOLA DEL GOVERNO: BISOGNI IN CORSO PROMUOVERE UNA SCUOLA INCLUSIVA IL “GRADO INTERMEDIO”: DA SOGNO A INCUBO?

LA PROGRAMMAZIONE PER DISCIPLINE PER IL NUOVO ANNO SCOLASTICO

SETTEMBRE

SdN����s�SETTEMBRE�����

editoriale

1

Scuola: lavori in corsoPierpaolo Triani

Nel momento in cui mi appresto a scrivere l’editoriale per il primo numero della nuova annata, si conoscono da pochi giorni le “Linee Guida” del Governo sulla scuola. Si intuiscono delle direzioni, se ne può fi nalmente leggere l’impianto complessivo, sebbene solo dopo la Legge di stabilità ne valuteremo la concretezza; per questo non è il caso di fare un commento articolato. Può essere utile invece fermarsi un momento e fare alcune rifl essioni di ‘orizzonte’. La prima riguarda la direzione a cui si tende. Quali sono le fi nalità di una nuova stagione di cambiamenti? A questo riguardo credo sia importante sottolineare che non è più possibile rispondere solo ad un logica, seppur necessaria, di carattere economico. Le trasformazioni di carattere organizzativo e curricolare della scuola hanno senso se sono pensate fi n dalla loro origine per migliorare le con-dizioni di l’apprendimento di ogni alunno e le condizioni di insegnamento dei docenti.Avendo come riferimento questo duplice miglioramento, che naturalmente è un compito sempre aperto perché sollecitato continuamente dal cambiamento dei contesti reali di vita, è molto importante che un piano, prima di proporre soluzioni, sia molto attento e preciso nel deline-are quali sono i problemi a cui intende rispondere. Non si può discutere una proposta, ecco la seconda rifl essione, senza prima aver delineato il campo degli aspetti pro-blematici a cui, senza alcune pretesa di esaustività, si intende far fronte. Ne metto in evidenza alcuni, a mio parere prioritari.La vita organizzativa della scuola ha bisogno oggi di trovare nuove soluzioni in merito alla valorizzazione e

gestione del personale docente. È molto diffi cile costru-ire la comunità professionale, giustamente sottolineata dalle nuove Indicazioni per il curricolo, in un sistema di costruzione degli organici segnato da profonde len-tezze e rigidità. Senza una maggiore autonomia scolastica nella valorizzazione delle competenze dei docenti diventa molto diffi cile rendere più fl essibile lo stesso impianto curricolare, che invece necessita sempre di più, ad esem-pio, di realizzare momenti formativi diversi dalla singola ora di lezione.L’azione educativa della scuola ha bisogno di una mag-giore condivisione operativa tra i docenti. La collabo-razione e la condivisione delle pratiche non può essere pensata più come un fatto marginale del lavoro docente. Occorre però trarre le conseguenze organizzative di que-sta consapevolezza, riconoscendo il fatto che insegnare non signifi ca solo stare in classe e mettere mano al poten-ziamento di forme di lavoro comune tra i docenti in ordine alla progettazione, alla valutazione, alla sperimentazione didattica. Certo è molto diffi cile fare questo a costo zero.La professionalità docente ha bisogno di riconoscere la necessità di una formazione permanente ed è necessario a questo proposito proporre delle piste operative che non si limitino a riaffermare una obbligatorietà. Su questo punto avrò modo di tornare in un prossimo editoriale.Infi ne, la scuola ha bisogno di partecipare attivamente ai cambiamenti che la riguardano. Non sarà possibile alcun piano senza il coinvolgimento dei docenti e dirigenti; non per cercare l’unanimità (impossibile) sulle proposte, ma per mettere a fuoco meglio i problemi del ‘sistema’ che essi ogni giorno vivono dall’interno.

1numero

TFUUFNCSF������t�BOOP�-9

sito editore: www.lascuola.itsito rivista: scuolaedidattica.lascuola.it

Editrice La ScuolaSd

Mensile di problemi e orientamenti per la Scuola Se-condaria di I grado - Anno LX - Direttore responsabile: Pierpaolo Triani - Autorizzazione del Tribunale di Brescia n. 100 del 3-10-1955.

ISSN 0036-9861

Poste Italiane S.p.A. - Sped. in A.P.-D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB Brescia.

Direzione, Redazione, Amministrazione: EDITRICE LA SCUOLA S.p.A., 25121 Brescia, via A. Gramsci, 26 - Codice Fiscale e Partita I.V.A. n. 00272780172 - Tel. centr. 030 29 93.1 - Fax 030 29 93.299.

Stampa: Vincenzo Bona 1777 S.p.A. - Torino.

9J½�GMS�1EVOIXMRK: Editrice La Scuola, via A. Gramsci, 26, 25121 Brescia, tel. 030 2993290 - e-mail [email protected]

Quote di abbonamento. Abbonamento annuo 2014-2015: Italia e € 70,00; Estero - Europa e Bacino Medi-terraneo e € 115,00/Extra Europa e € 139,00.

Il presente fascicolo € 8,00.

ATTENZIONE. Informiamo che l’editore si riserva di rendere disponibili i fascicoli arretrati della rivista in formato PDF.

I fascicoli respinti non costituiscono disdetta.

Conto corrente postale n° 11353257 (n.b. riportare nella causale il riferimento cliente).

9J½�GMS� %FFSREQIRXM dalle ore 8,30 alle 12,30 dalle 13,30 alle 17,30: tel. 030 2993286 (con operatore dal lunedì al venerdì negli orari 8.30-12.30 e 13.30-17.30; con segreteria telefonica negli altri giorni e orari) fax 030 2993299 e-mail [email protected]

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qual-WMEWM�QI^^S��GSQTVIWM�M�QMGVS½�PQ ��WSRS�VMWIVZEXM�TIV�XYXXM�i Paesi. Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso pre-visto dall’art. 68, commi 4 e 5 della legge 22 aprile 1941, R�������0I�VMTVSHY^MSRM�IJJIXXYEXI�TIV�½�REPMXk�HM�GEVEXXIVI�professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere IJJIXXYEXI�E�WIKYMXS�HM�WTIGM½�GE�EYXSVM^^E^MSRI�VMPEWGMEXE�da AIDRO, corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, e-mail [email protected] e sito web www.aidro.org

Direttore: Pierpaolo TrianiVicedirettore: Piero CattaneoCollaboratori proposte didattiche: Miriam Bertocchi, Emanuela Buizza, Monica Capuzzi, Evelina Chiocca, Francesco Cigada, Marina Cinconze, Raffaella Confalonieri, Samantha Cremonesi, Luigi Fabemoli, Barbara Finato, Francesco Fornasieri, Valentina Morgana, Luciano Pace, Sonia Pase, Manuela Valentini.Curatore notiziario professionale: Mario FalangaRedazione: Giovanna Brotto, Annalisa Ballini -QTEKMRE^MSRI��Elena Laura Bresciani7IKVIXIVME��[email protected]�KVE½�GS��Studio Mizar, Bergamo Supporto tecnico area web: [email protected]. 0302993325In copertina: ritratto di Giacomo Leopardi, illustra-zione di Monica Frassine.

sommario

2 N����s�SETTEMBRE�����Sd

Francese

Emanuela Buizza

Obiettivi e metodo 28Classe 1a Classe 2a Classe 3a

+ISKVE½�E

Sonia Pase

3FMIXXMZM�I�1IXSHS� 29Classe 1a Classe 2a Classe 3a

Inglese

Raffaella Confalonieri, Valentina Morgana

3FMIXXMZM�I�1IXSHS� 34Classe 1a Classe 2a Classe 3a

Italiano

Monica Capuzzi, Evelina Chiocca, Marina Cinconze

3FMIXXMZM�I�1IXSHS� 37Classe 1a Classe 2a Classe 3a

Matematica

Elisa Abeni, Stefano Grazioli, Luigi Larocchi, Clara Manenti, Mariacristina Vacatello

3FMIXXMZM�I�1IXSHS� 44Classe 1a Classe 2a Classe 3a

Musica

Luigi Fabemoli

3FMIXXMZM�I�1IXSHS� 46Classe 1a Classe 2a Classe 3a

Scuola: lavori in corso 1Pierpaolo Triani

editoriale

L’Italiano nei tre anni della Scuola WIGSRHEVME�HM�TVMQS�KVEHSEnrico Pasini 5

Raccontare la StoriaEnrico Pasini 8

0E�+ISKVE½�E��GLI�GSW´rEnrico Pasini 9

Scienze per comprendere la realtà*VERGIWGS�6ERHE^^S��%VXYVS�%V^YJ½���Pietro Stroppa 11

0MRKYI�WXVERMIVI�RIPPE�7GYSPE�WIGSRHEVME�HM�TVMQS�KVEHS'EXIVMRE�'ERKMk� 14

Scuola e Didattica 0E�TVSKVEQQE^MSRI����������� 20

%VXI�I�MQQEKMRI

Francesco Fornasieri

3FMIXXMZM�I�1IXSHS� 22Classe 1a Classe 2a Classe 3a

)HYGE^MSRI�½�WMGE

Manuela Valentini, Samatha Cremonesi

3FMIXXMZM�I�1IXSHS� 24Classe 1a Classe 2a Classe 3a

scuola in atto

3SdN����s�SETTEMBRE�����

6IPMKMSRI�GEXXSPMGE

Luciano Pace

3FMIXXMZM�I�1IXSHS� 47Classe 1a Classe 2a Classe 3a

Scienze

Barbara Finato

3FMIXXMZM�I�1IXSHS� 48Classe 1a Classe 2a Classe 3a

Spagnolo

Paolo Nitti

3FMIXXMZM�I�1IXSHS� 51Classe 1a Classe 2a Classe 3a

nPluralismo e rinnovamento della scuola pubblicaAlessandro Catelani 62

otiziario professionale

cRiformare la scuola mediaGian Carlo Sacchi 61

ambiamo la scuola media?Storia

Sonia Pase

3FMIXXMZM�I�1IXSHS� 53Classe 1a Classe 2a Classe 3a

Tecnologia

Francesco Cigada

3FMIXXMZM�I�1IXSHS� 54Classe 1a Classe 2a Classe 3a

Tedesco

Miriam Bertocchi

3FMIXXMZM�I�1IXSHS� 56Classe 1a Classe 2a Classe 3a

presenta

Iscrivi subito la tua classe!www.insiemeperlascuola.itA tutte le classi che caricano il proprio racconto e votano quelli realizzati dalle altre classi, 300 buoni in omaggio per l’iniziativa Insieme per la Scuola 2015.

E PER LE 8 CLASSI VINCITRICI UN PREMIO A SCELTA

DAL CATALOGO SCUOLA 2015!

Termine ultimo per caricare i racconti: 16 novembre 2014 ZLN\PJP�Z\

Un grande concorso letterario nazionaleper tutte le classi della scuola primaria e secondaria di primo grado

Con la prestigiosa collaborazionedi 8 tra i più apprezzati autori di libri per ragazzi!

Beatrice Masini, Guido Sgardoli, Luigi Garlando, Manuela Salvi,Roberto Piumini, Silvana De Mari, Tim Bruno e Vanna Cercenà

Un progetto originale ed entusiasmante che coinvolge studentie insegnanti di tutta Italia e valorizza il lavoro di squadra attraverso la scrittura

di un breve racconto e la valutazione di quelli realizzati da altre classi.

Le 8 storie vincitrici saranno sviluppate dagli 8 autori e diventeranno dei libri stampati in milioni di copie

collezionabili in tutti i punti vendita Conad!

5SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

testualmente: “Lo sviluppo di com-petenze linguistiche ampie e sicure è una condizione indispensabile per la crescita della persona e per l’esercizio pieno della cittadinanza, per l’accesso critico a tutti gli ambiti culturali e per il raggiungimento del successo scolastico in ogni settore di studio”.

0´MXEPMERS�PMRKYE�HIPPE�culturaLa priorità dell’italiano sulle altre di-scipline è dovuta anche al fatto che l’italiano non impiega come lingua prima una lingua speciale, ma si basa essenzialmente proprio sulla lingua dell’esperienza e della cultura.L’insegnamento dell’italiano, lingua materna, è la “chiave di volta” di ogni ordine di scuola, innanzitutto perché è lingua materna, in secondo luogo è lingua della cultura ovvero raccordo e punto di incontro dei sa-peri e tra le varie discipline.In quanto «visione del mondo», che “come lumache ci costruiamo”, la lingua è la forma dinamica della no-stra cultura, la sfera di cristallo del rapporto uomo-realtà, rapporto cer-cato e attuato perché l’uomo possa essere più uomo.Il termine cultura ha due signifi cati fondamentali. Il primo e più antico è quello per il quale per cultura si intende la formazione totale e au-tenticamente umana dell’uomo, «ge-orgica dell’animo», come notava Ba-cone, spiegando l’origine etimologica e metaforica della parola. «Il secondo signifi cato è quello per cui esso in-dica il prodotto della formazione, cioè l’insieme dei modi di vivere e di pensare coltivati, civilizzati, ripuliti che si sogliono anche indicare con il nome di civiltà».

scia d’età compresa tra i 46 e 65 anni e prevalentemente al Sud. Inoltre, circa il 46% degli italiani ha mostrato una competenza alfabetica (42% una competenza numerica) al massimo pari al primo livello, il più basso, che rappresenta competenze/abilità estre-mamente modeste e fragili.Stando così le cose si capisce perché tutti i protagonisti dei tentativi di ri-forma della scuola si sono posti come obiettivo prioritario la formazione linguistica e in particolare l’insegna-mento dell’italiano individuando un alto profi lo dell’alunno.Il testo “Per l’attuazione degli indi-rizzi” sembra riconoscerlo parlando di “dimensione formativa e orienta-tiva degli apprendimenti linguistici”. Questi, infatti, accompagnano gli allievi “alla scoperta di sé, alla va-lorizzazione delle potenzialità indi-viduali”; “sollecitano a riconoscere la TE propria identità culturale attra-verso un’esperienza multipla dell’alte-rità; arricchisce lo sviluppo cognitivo individuale potenziando la capacità di decentrarsi e di assumere punti di vista diversi”; contribuiscono alla “maturazione della identità personale, all’educazione a diventare liberi citta-dini e cittadine di una Nazione antica e rinnovata quale è l’Italia della Re-pubblica, il nostro Paese”. Non si deve dimenticare che l’obiettivo ultimo, il “sovrascopo” di ogni apprendimento e insegnamento è “la formazione di personalità mature, responsabili, soli-dali, informate, critiche”.Sullo stesso tono sia le indicazioni per i Piani di studio personalizzati della Ri-forma Moratti sia le nuove Indicazioni per il curricolo del ministro Fioroni, che, introducendo i traguardi per lo sviluppo delle competenze, recitano

L’insegnamento-apprendimento dell’i-taliano è fondamentale per compren-dere la realtà, comunicarla, espri-merla, interpretarla, all’interno della scuola secondaria di primo grado se-condo il movimento di riforma in atto nel sistema scolastico, da almeno 15 anni e nella prospettiva di una scuola impegnata a educare istruendo.

-P�TVMQEXS�HIPP´-XEPMERS�RIP�TVMQS�GMGPS�HM�MWXVY^MSRI“La qualità di alcuni compiti di ma-turità è bassissima. Alcuni compiti di esami di stato sono scritti in una lingua che assomiglia vagamente alla nostra, dove non c’è né connessione logica, né rispondenza alla traccia”. Lo dice Castelletti Croce (Dirigente tecnico del MPI e delegato nazionale all’OCSE per Pisa 2000) nel “Qua-derno bianco sulla scuola”.Questo dato conferma il rischio, rile-vato anni fa, che un diciottenne ita-liano su quattro fi nisca con l’essere analfabeta: è capace a malapena di leggere e scrivere. Il 50% dei ragazzi non sa che cosa signifi chi l’agget-tivo “remunerativo”, il 62% ignora il senso dell’espressione “a domicilio”, il 90% non conosce il signifi cato del termine “causale”; il 50% non capi-sce il senso di un articolo di giornale.Secondo i dati dell’indagine OCSE-ALL del 2005, nella lettura/scrittura e nel far di conto (competenze alfa-betiche/numeriche funzionali o lite-racy), gli italiani tra i 16 e 64 anni presentano risultati inferiori sia agli statunitensi, sia ai canadesi e, anche tenendo conto di modalità di appren-dimento informali, si collocano dietro ad altri paesi. Gli “illetterati”, o anal-fabeti funzionali, in Italia sarebbero circa due milioni, concentrati nella fa-

L’Italiano nei tre anni della Scuola WIGSRHEVME�HM�TVMQS�KVEHSEnrico Pasini

scuola in atto

6 Sd N����s�SETTEMBRE�����

La lingua, in quanto «insieme delle abitudini linguistiche che permet-tono a un soggetto di comprendere e di farsi comprendere» (Saussure), è fattore fondamentale di vera cultura, che «è ciò per cui l’uomo in quanto uomo diventa più uomo, è di più, accede di più all’essere».La cultura, in questa nella prima accezione, e la lingua, in stretta in-terrelazione con la cultura, ci fanno comprendere come l’insegnante di italiano svolga il suo compito nella misura in cui promuove esperienze culturali, cioè esperienze umane e umanizzanti, capaci di farsi «verbo», gesto consapevole, parola, insieme di signifi cato e di signifi cante.“La lingua italiana costituisce il primo strumento di comunicazione e di accesso ai saperi. La lingua scritta, in particolare, rappresenta un mezzo importante per l’organizzazione del pensiero e della rifl essione e per l’ac-cesso ai beni culturali”.

-P�GSRXVMFYXS�HIPP´MXEPMERS�TIV�MP�±RYSZS�YQERIWMQS²Il discorso fi nora svolto ci porta a considerare l’italiano come disci-plina prima, autenticamente uma-nistica. Con questo non vogliamo, ovviamente, né riproporre una vec-chia querelle né contrapporre un gruppo di insegnanti a un altro per fare emergere il docente di lettere sui colleghi delle discipline tecnico-scientifi che. Vogliamo, invece, sotto-lineare che il proprium dell’italiano non è tanto una specializzazione linguistica, quanto la promozione di un autentico umanesimo, di cui la competenza linguistica è strumento ed espressione.L’italiano è un insieme linguistico ampio, aperto e capace di com-prendere la totalità delle esperienze dell’uomo. Per questo può e sa attra-versare il campo delle altre discipline arricchendosi e sviluppandosi conti-nuamente.Affermare il carattere fortemente umanistico dell’italiano non vuol dire negare lo statuto scientifi co dell’educazione linguistica, ma met-tere in guardia contro il suo nemico

dichiarato: lo scientismo, l’uso ide-ologico della scienza in generale e, nel nostro caso, della linguistica in particolare.Capita spesso di osservare come l’i-taliano insegnato nelle classi non sia la lingua della cultura nella sua forma orale e scritta, ma un metalin-guaggio, un discorso sulla lingua e sui linguaggi sviluppato in un’ottica scientista.Rivendicare all’italiano il diritto/do-vere di considerarsi la lingua della cultura, nella pienezza e comple-tezza delle sue funzioni (di sim-bolizzazione, di espressione e di comunicazione), strettamente inter-dipendente con l’esperienza degli individui e della nazione di oggi e di ieri, è condizione per realizzare un alto traguardo di educazione, che in quanto formazione totale diventaeducazione linguistica.In questa maniera l’ora di italiano cessa di essere momento di istru-zione vaga e inutile delle teorie e dei procedimenti della linguistica, della semiotica, della cinematografi a, ecc., diventa, invece, l’ora di un lavoro motivato e sostenuto dallo sviluppo della coscienza dell’io come soggetto e oggetto della cultura e della lingua della cultura.In questo quadro non sono compren-sibili né gli estremismi di didattiche, che censurano o ammazzano i testi della letteratura per l’idolatria dei te-sti pragmatici della lingua corrente, né le nostalgie, falsamente umani-stiche, degli aulici brani di antologia tutto stile e letteratura.È fondata, invece, la proposta di una pratica didattica dell’insegnamento dell’italiano come incontro tra per-sone, con la tradizione di un popolo, con tutta la realtà e suo signifi cato, mediante un lavoro guidato sui testi (orali, scritti, multipli) della lingua della cultura, in un contesto in cui l’uomo è soggetto, oggetto e termine dell’azione e del rapporto didattico.In tale prospettiva, l’insegnamento di italiano, in particolare nelle ore di antologia, persegue quelle che sono considerate le fi nalità generali, così elencate dalle Indicazioni:

a) “insegnare a ricomporre i grandi oggetti della conoscenza – l’uni-verso, il pianeta, la natura, la vita, l’umanità, la società, il corpo, la mente, la storia – in una prospettiva complessa, volta cioè a superare la frammentazione delle discipline e a integrarle in nuovi quadri d’insieme;b) promuovere i saperi propri di un nuovo umanesimo: la capacità di cogliere gli aspetti essenziali dei pro-blemi; la capacità di comprendere le implicazioni, per la condizione umana, degli inediti sviluppi delle scienze e delle tecnologie; la capacità di valu-tare i limiti e le possibilità delle co-noscenze; la capacità di vivere e di agire in un mondo in continuo cam-biamento;c) diffondere la consapevolezza che i grandi problemi dell’attuale condi-zione umana (il degrado ambientale, il caos climatico, le crisi energeti-che, la distribuzione ineguale delle risorse, la salute e la malattia, l’in-contro e il confronto di culture e di religioni, i dilemmi bioetici, la ricerca di una nuova qualità della vita) pos-sono essere affrontati e risolti attra-verso una stretta collaborazione non solo fra le nazioni, ma anche fra le discipline e fra le culture”.

(EPP´MXEPMERS�EPPI�EPXVI�QEXIVMI�I�ZMGIZIVWE“Tutti questi obiettivi possono essere realizzati sin dalle prime fasi della formazione degli alunni.L’esperimento, la manipolazione, il gioco, la narrazione, le espressioni arti-stiche e musicali sono infatti altrettante occasioni privilegiate per apprendere per via pratica quello che successiva-mente dovrà essere fatto oggetto di più elaborate conoscenze teoriche e sperimentali. Nel contempo, lo studio dei contesti storici, sociali, culturali nei quali si sono sviluppate le cono-scenze è condizione di una loro piena comprensione. Inoltre, le esperienze personali che i bambini e gli adole-scenti hanno degli aspetti a loro pros-simi della natura, della cultura, della società e della storia sono una via di accesso importante per la sensibiliz-zazione ai problemi più generali e per

scuola in atto

7SdN����s�SETTEMBRE�����

la conoscenza di orizzonti più estesi nello spazio e nel tempo. Ma condi-zione indispensabile per raggiungere questo obiettivo è ricostruire insieme agli studenti le coordinate spaziali e temporali necessarie per comprendere la loro collocazione rispetto agli spazi e ai tempi assai ampi della geografi a e della storia umana, così come rispetto agli spazi e ai tempi ancora più ampi della natura e del cosmo.Defi nire un tale quadro d’insieme è compito sia della formazione scienti-fi ca (chi sono e dove sono io nell’u-niverso, sulla terra, nell’evoluzione?) sia della formazione umanistica (chi sono e dove sono io nelle culture umane, nelle società, nella storia?)...Oggi la scuola italiana può proporsi concretamente un tale obiettivo, con-tribuendo con ciò a creare le condizioni propizie per rivitalizzare gli aspetti più alti e fecondi della nostra tradizione.Questa, infatti, è stata ricorrente-mente caratterizzata da momenti di intensa creatività – come la civiltà classica greca e latina, la Cristianità, il Rinascimento e, più in generale, l’ap-porto degli artisti, dei musicisti, degli scienziati, degli esploratori e degli ar-tigiani in tutto il mondo e per tutta l’età moderna – nei quali l’incontro fra culture diverse ha saputo generare l’idea di un essere umano integrale, capace di concentrare nella singolarità del microcosmo personale i molteplici aspetti del macrocosmo umano”.In quest’ottica la disciplina tende ad andare oltre la materia, per offrirsi come strumento caratterizzato dalla consapevolezza che tutti docenti “in-segnano” italiano, sia per la natura della lingua (come cultura e veicolo dello studio), sia per lo scenario in cui è immersa la scuola, sia per l’alto profi lo di competenze comunicative e linguistiche che la funzione docente è chiamata a promuovere. Natural-mente questo non è facile, soprat-tutto nel contesto sociale culturale in cui crescono i nostri alunni. “Nel no-stro paese – si legge nel documento ministeriale – l’apprendimento della lingua avviene oggi in uno spazio antropologico caratterizzato da un varietà di elementi:

– la persistenza, anche se quanto mai ineguale e diversifi cata, della dialet-tofonia; – la ricchezza e la varietà delle lingue minoritarie; – la compresenza di più lingue anche extracomunitarie. Tutto questo com-porta che nell’esperienza di molti studenti l’italiano rappresenti una se-conda lingua. È necessario, pertanto, che l’apprendimento della lingua ita-liana avvenga sempre a partire dalle competenze linguistiche e comunica-tive che gli alunni hanno già maturato nell’idioma nativo”.Non è facile, ma è necessario o meglio come ribadiscono le Nuove Indicazioni è “condizione indispen-sabile”, pena la catastrofe dell’ap-prendimento.

)HYGE^MSRI�PMRKYMWXMGE�I�TVS½�PS�HIPP´EPPMIZSLeggendo i vecchi programmi, i docu-menti di Berlinguer-De Mauro (1997-2001), le “Indicazioni nazionali per i Piani di studio Personalizzati” della Moratti (2004), le nuove “Indicazioni per il curricolo” del 2012 rispetto all’educazione linguistica e all’in-segnamento della lingua italiana, si coglie quanto essa sia riconosciuta ormai da tempo come asse principale della scuola e come la sua trasversa-lità interessi tutte le discipline.Obiettivo della formazione linguistica della scuola riformata – si legge, per esempio, nei testi di Berlinguer-De Mauro – è il “consolidamento del patrimonio linguistico e comunica-tivo” solido e difi erenziato di tutti gli alunni. La scuola di base, in conti-nuità con gli obiettivi raggiunti nella scuola dell’infanzia, deve realizzare un ambiente di apprendimento che consenta loro, in modo via via più consapevole, di consolidare e arric-chire le capacità espressive e comuni-cative, di acquisire un repertorio ricco e differenziato di abilità linguistiche riferito agli usi funzionali e creativi della lingua e a scopi diversi della co-municazione, di avviare un incontro gratifi cante con il piacere di leggere e con la fruizione di testi narrativi e poetici adeguati all’età e ai propri bi-

sogni di conoscenza, di sperimentare anche attivamente gli usi creativi e poetici del patrimonio linguistico, di imparare progressivamente a rifl ettere sulle caratteristiche sia della nostra lingua in rapporto alle altre sia dei testi e della comunicazione, infi ne di acquisire e rielaborare nuove cono-scenze in campi diversi del sapere.Nelle “Indicazioni nazionali per i Piani di studio personalizzati nella Scuola Secondaria di 1° grado” si legge: “La ragazza e il ragazzo che concludono la terza media devono essere in grado di:a) utilizzare, avendo imparato a ri-conoscerli, metodi di lettura diversa-mente fi nalizzati, in ordine alla lin-gua scritta; così come devono essere condotti allo sviluppo più completo possibile della capacità di compren-dere messaggi orali e visivi non solo negli aspetti espliciti, ma anche nelle loro pieghe implicite e connotative; b) riconoscere e distinguere prodotti linguistici scritti e orali con caratte-ristiche e funzioni diverse; è abilità che va esercitata al fi ne di realizzare una produzione competente di tutto quel materiale linguistico, sia scritto che orale, indispensabile a un prea-dolescente per parlare/scrivere di sé, per relazionarsi con gli altri in situa-zioni diverse e molteplici in modo efi cace e funzionale al suo essere at-tuale, per affrontare e argomentare su problematiche quotidiane certa-mente ancora circoscritte, ma proiet-tate, con la guida dei docenti, in un contesto sempre più ampio”.Dopo aver evidenziato il fi lo rosso dei tentativi di riforma e del dibattito in atto nella scuola italiana possiamo a questo punto riportare quelle che sono le competenze a cui l’insegna-mento di italiano, e quindi lo stru-mento – antologia, tende.Al termine della scuola del primo ci-clo l’allievo deve aver acquisito e svi-luppato competenze in sette campi determinanti il suo rapporto con gli altri e con la realtà: l’oralità, la let-tura, la scrittura, la letteratura, la rifl essione linguistica, il senso dello sviluppo sincronico e diacronico della lingua, la creatività linguistica.

scuola in atto

8 Sd N����s�SETTEMBRE�����

Raccontare la StoriaEnrico 4EWMRM�

Insegnare storia nella Scuola secon-daria di primo grado richiede di cercare una risposta credibile alla domanda che ci pongono ogni anno i nostri studenti: «Perché dobbiamo studiare avvenimenti tanto lontani, quando non abbiamo nessun orien-tamento nemmeno sulla realtà di oggi?».La prima risposta potrebbe essere quella che un poeta diede a chi con-tinuava a chiedergli: «A che serve la poesia?» «A che servono le trofi e al pesto? – replicò – Servono a non mangiarsi le unghie o i soliti mac-cheroni».Ma dopo la battuta cosa potremmo aggiungere? Certo non li convincerà considerare la storia un gustoso di-versivo alla solita pasta…L’unica opportunità ci è fornita dalla seconda parte della domanda: gli studenti rifi utano non la storia ma quanto di “remoto” essa sembra por-tare sempre con sé. In effetti c’è un certo modo di avvicinarsi alla storia che mette in luce soltanto lo studio del “vecchio” e non quei germi del presente coi quali potrebbero essere

sciolti tanti nodi dell’oggi a prima vista incomprensibili.Si dovrà allora proporre un serrato confronto del passato con l’espe-rienza del presente, sia in generale nel profi lo sia nella specifi ca tratta-zione, per cui concetti, istituzioni, realtà attuali vengono ricondotti alla loro evoluzione nel tempo. Non si tratta di convincere i ragazzi che la conoscenza del passato costituisca la condizione necessaria per la com-prensione del presente: vogliamo indicare un metodo che, oltre a sti-molare la curiosità, sia capace di am-pliare la sensibilità degli studenti e li spinga a ritrovare altrove le radici dell’oggi.A questo scopo si deve scegliere un’esposizione semplice, capace di restituire il senso del “racconto sto-rico”. Così la parte tradizionalmente diacronica permette allo studente di individuare immediatamente i nuclei fondanti del discorso, men-tre proporre loro schemi cronologici, schede rapide, i documenti, come del resto le sintesi a cloze, consentono di fi ssare i passaggi-chiave all’interno

della trattazione generale, che le ta-vole cronologiche e la documenta-zione iconografi ca sono chiamate a completare visivamente.Il profi lo diacronico deve però, per defi nizione, soffermarsi sugli eventi passati e sulla loro concatenazione. Solo un taglio tematico “sincronico” può restituire attualità all’analisi dei fatti. Diventa allora decisivo vedere la storia come il prodotto di un’inda-gine condotta attraverso numerose discipline, quali l’arte, la scienza, il diritto, la fi losofi a, a testimonianza della quotidianità e della civiltà di un’epoca, mentre ritornare a saggi di ricerca avvicina gli studenti ai com-plessi problemi attraversati dall’uma-nità mediante il confronto delle tesi interpretative sostenute da studiosi di diverso orientamento. Sembrano questi i metodi effi caci per evitare che la descrizione degli alberi fi nisca – come si dice – con l’occultare foresta e per far discutere i giovani su problemi che i popoli hanno affrontato e che in parte an-cora condizionano la società con-temporanea.

scuola in atto

9SdN����s�SETTEMBRE�����

0E�+ISKVE½�E��GLI�GSW´rEnrico Pasini

Il termine geografi a deriva dal greco. In questa lingua Gea è la “Terra”, mentre il verbo grafein signifi ca “scrivere”: quindi geografi a vuol dire “descrizione della Terra”.Già nell’antichità gli uomini si interes-sarono alla geografi a e si dedicarono a conoscere e descrivere la Terra. Oggi la geografi a ha un compito più ampio: non solo deve descrivere la Terra, ma deve anche interpretarla.Quindi per geografi a oggi s’intende la scienza che descrive e interpreta la Terra, nel senso che spiega come l’uomo abbia modifi cato con la sua presenza un certo territorio.La Terra deve essere studiata nel suo insieme, cioè come un sistema in cui sono presenti vari aspetti: territorio, ambiente, clima, popolazione, eco-nomia ecc.Poiché la geografi a si occupa di vari aspetti, oggi si è specializzata: ab-biamo così la geografi a economica, che studia l’economia di un territo-rio; la geografi a politica, che del ter-ritorio studia l’evoluzione politica; la geografi a urbana, quella agraria ecc.

+ISKVE½�E�IH�IGSPSKMELa Terra è il pianeta degli uomini, il loro ambiente, e in quanto tale viene studiata dalla geografi a. Ma dell’ambiente in cui vivono gli uo-mini si occupa anche l’ecologia. Questo termine deriva dal greco e signifi ca “studio dell’ambiente”. L’e-cologia, dunque, indaga sui rapporti che collegano gli esseri viventi tra loro e con l’ambiente circostante. La Terra è un ambiente, formato a sua volta da tanti ambienti.Ogni ambiente dà vita a un delicato equilibrio, che viene chiamato ecosi-stema. Un ecosistema è, ad esempio, un lago, un fi ume o un bosco.All’interno di questi ambienti natu-rali possiamo osservare un insieme di elementi che interagiscono, cioè si infl uenzano reciprocamente.

L’ecologia studia alcune caratteristi-che di un ambiente, in particolare le caratteristiche fi siche (com’è fatto), chimiche (di che cosa è fatto) e bio-logiche (che vita c’è). A un certo punto, però, non può fare a meno di incontrarsi con la geografi a. Questo avviene quando l’ecologia cerca di capire come gli uomini hanno mo-difi cato quel lago, quel fi ume o quel bosco.

3VMIRXEVWM�I�GSRSWGIVI�MP�VETTSVXS�XVE�P´YSQS�I�PE�8IVVE�Per descrivere e interpretare la Terra, la geografi a segue un metodo speci-fi co che deriva dalle caratteristiche dell’oggetto di studio.Per conoscere un territorio, piccolo o grande, bisogna sapersi orientare per poterlo collocare nello spazio. L’uomo ha imparato a orientarsi per potersi muovere sulla Terra, e la geo-grafi a ha inventato un metodo rigo-roso per l’orientamento.Per descrivere un territorio la geo-grafi a ha defi nito un linguaggio ap-propriato e ha inventato un sistema per rappresentarlo in piccolo: la car-tografi a.Lo sviluppo scientifi co e la tecnolo-gia hanno permesso alla geografi a di perfezionare nel tempo il metodo e gli strumenti. Oggi la fotografi a, l’a-stronomia e l’informatica permettonodi riprendere, rappresentare e cono-scere la Terra come mai era stato pos-sibile all’uomo prima.La geografi a ci insegna a conoscere il mondo e più precisamente ci per-mette di individuare le caratteristiche fi siche di un territorio (rilievi, mari, fi umi, clima, vegetazione ecc.) e le caratteristiche dei popoli che vivono su quel territorio e lo trasformano (lingua, religione, organizzazione po-litica e sociale, economia ecc.).Studiando la geografi a impariamo ad analizzare e confrontare in modo

scientifi co le somiglianze e le dif-ferenze tra i territori, gli ambienti, i popoli. Inoltre impariamo a ragionaresul rapporto tra l’uomo e la natura e sulle trasformazioni che gli interventi dell’uomo producono sul territorio, che possono essere sia positive che negative.Lo studio della geografi a, quindi, può sviluppare una particolare attenzione ai problemi dell’ambiente e la consa-pevolezza che le risorse della Terra non sono inesauribili e vanno utiliz-zate in modo appropriato. Così, dopo esserci formati una chiara idea del mondo, potremo adottare e diffon-dere i comportamenti più adeguati per salvaguardare le risorse naturali del nostro pianeta. La geografi a dun-que è una scienza particolarmente utile, perché ci mostra non solo le cause dei problemi, ma anche le pos-sibili soluzioni.L’insegnamento/apprendimento della geografi a nella Scuola Secon-daria di I Grado si sviluppa con:a. Un approccio regionale e con-cettualeNella Scuola Secondaria di primo grado l’approccio ai contenuti sarà regionale, concettuale e problema-tico, senza tralasciare quello gene-rale. In tutte e tre le classi si insisterà sull’approccio concettuale e, poiché l’età degli alunni lo consente, si uti-lizzeranno strumenti concettuali più fi ni. Non si può fare geografi a senza possedere termini e concetti specifi ci e senza saper parlare il linguaggio della geo-grafi cità, inteso come mo-dalità di trasmissione/ricezione, ma anche capacità di elaborazione delle informazioni spaziali. Si farà in modo che i ragazzi sappiano applicare ter-mini e concetti, e tradurre il linguag-gio verbale e numerico in quello geo-grafi co e viceversa; sappiano ottenere informazioni direttamente (con tutti i sensi) o indirettamente (per il tramite di qualcuno/qualcosa), che sappiano

scuola in atto

10 Sd N����s�SETTEMBRE�����

applicare termini e concetti anche in situazioni nuove. Sappiano operare confronti signifi cativi fra realtà terri-toriali diverse (ad es. gli Stati).In terza classe l’approccio potrà mag-giormente essere per problemi: equi-libri ecologici, sviluppo sostenibile, disponibilità delle risorse idriche, alimentazione…

b. Un approccio sistemicoGli alunni dovranno essere aiu-tati a vedere in modo sistemico e, attraverso l’analisi del paesaggio, dovranno giungere al concetto com-plesso di sistema antropofi sico. Dopo aver colto rapporti fra elementi gli alunni individueranno i fattori (non solo antropici – culturali, economici ecc. – ma anche fi sici) che non sono materialmente visibili nel paesaggio, ma si possono “leggere” sapendo ri-salire dai signifi canti ai signifi cati (ad es., in un paesaggio agrario la pre-senza di macchine agricole o di una rete di elettrifi cazione rimandano alla presenza di tecnologie moderne ecc.). Si farà sempre in modo che i ragazzi “vedano” collegamenti, si rendano conto dell’interdipendenza (anche la loro personale interdipen-denza) col resto del Mondo.

c. Il metodo scientifi coIndividuando problemi, verifi cando ipotesi, gli alunni non solo apprende-ranno nozioni e conoscenze di base, ma impareranno a essere critici, a dubitare scientificamente, a non dare tutto per scontato, a verifi care. Si renderanno conto che la ricerca delle cause di fenomeni geografi ci e di assetti territoriali non è semplice, perché vari e molteplici ne sono i fat-tori, e che generalmente questi inte-ragiscono secondo pattern differenti.

d. La transcalaritàSi utilizzerà il vicino sia per l’acqui-sizione di concetti, sia per operare confronti signifi cativi con territori lontani. Per questo, anche se l’ap-proccio regionale è a scala nazionale, europea e mondiale, non si tralascerà di effettuare confronti con il territo-rio vicino. Si avrà cura di far sì che gli alunni continuino ad arricchire in modo signifi cativo le carte cognitive del proprio territorio e che utilizzino quest’ultimo come laboratorio per osservare e comprendere processi, e per osservare e valutare scelte e comportamenti spaziali.

e. Il lavoro sul terrenoLe lezioni brevi sul terreno dovranno essere frequenti, per imparare a os-servare, analizzare, verifi care. Le visite guidate e le cosiddette “gite” dovranno essere momenti in cui le attività laboratoriali, già avviate in classe, proseguono all’esterno (per operare attivamente sul territorio, per compiere indagini, raccogliere dati e informazioni, verifi care ipotesi…). Dovranno quindi essere impostate secondo una metodologia geogra-fi camente corretta. In un’uscita gli alunni potranno ad esempio valutare la qualità di uno o più quartieri della loro città: in classe individueranno quali elementi dell’ambiente valutare ed eventualmente con quale tipo di punteggio valutarli, poi usciranno per l’osservazione e la valutazione; tornati a scuola, elaboreranno i dati. Si potranno far osservare agli alunni comportamenti spaziali altrui e farli rifl ettere sui propri.

f. Strumenti per muoversi in modo consapevole nel territorioViviamo in un’epoca in cui stanno

crescendo i fl ussi di persone fra luoghi reciprocamente anche molto distanti (per motivi turistici, di lavoro ecc.); la scuola, quella di base, ha il com-pito di insegnare a tutti a leggere carte stradali e piante, a utilizzare orari di mezzi pubblici, a saper calcolare le distanze non solo itinerarie, ma anche economiche (costo/tempo), per ope-rare scelte consapevoli.

g. Tecniche e strumenti didatticiSi potrà far ricorso alla lettura di carte (anche topografi che dell’IGM), foto-grafi e (terrestri e aeree), immagini da satellite, documentari e fi lm; alla cor-relazione cartografi ca e grafi ca; agli studi-tipo; alle simulazioni e games; all’uso della bussola, del computer e di Internet; alla costruzione di carte tematiche, cartogrammi e altre rap-presentazioni grafi che. In geografi a gli alunni, anche nelle verifi che, più che affi darsi al solo linguaggio ver-bale, devono imparare a comunicare, utilizzando carte, grafi ci e foto.

h. L’uso di modelliSi avvieranno gli alunni a utilizzare criticamente modelli geografi ci inter-pretativi di assetti territoriali.

i. Il libro di testoDurante tutte le attività gli alunni utilizzeranno oltre al libro di testo, l’atlante, altre fonti.Particolare cura sarà stata dedicata alla scelta del libro di testo, che do-vrà caratterizzarsi soprattutto per la ricchezza e l’organicità di: strumenti grafi ci e cartografi ci, dati statistici, fotografi e geografi camente signifi ca-tive, schemi che sintetizzino feno-meni e processi, proposte di attività che portino gli alunni a operare per conoscere e comprendere.

scuola in atto

11SdN����s�SETTEMBRE�����

Scienze per comprendere la realtàFrancesco Randazzo, Arturo %V^YJ½�, Pietro Stroppa

Nel linguaggio degli insegnanti, per-mane ancora l’espressione “svol-gere il programma”: ha le sue radici nell’esistenza, nel passato, dei Pro-grammi Ministeriali, a cui ogni do-cente doveva attenersi.Però, i Programmi Ministeriali sono stati sostituiti dalle Indicazioni Na-zionali, che hanno un altro signifi -cato. Infatti, i Programmi Ministeriali prescrivevano liste di obiettivi e di contenuti (spesso solo liste molto lunghe di contenuti), defi niti central-mente, senza considerare la grande varietà di situazioni che incontra un insegnante quotidianamente. Gli insegnanti dovevano, comunque, prendere atto di questi programmi ed applicarli.Invece, le Indicazioni Nazionali propongono solo quegli obiettivi e contenuti che garantiscono l’uni-tarietà del sistema nazionale. Rap-presentano il quadro di riferimento delle scelte didattiche, che sono affi -date alla progettazione delle singole scuole e dei loro insegnanti.Non sono differenze di poco conto! Infatti, i Programmi Ministeriali erano molto prescrittivi, pur salva-guardando la libertà di insegnamento sulle scelte metodologiche. Le Indica-zioni Nazionali presentano, invece, pochi aspetti prescrittivi: infatti, vanno contestualizzati tenendo conto:s�DEI�BISOGNI�DEGLI�ALUNNI�s�DELLE�ASPETTATIVE�DELLA�SOCIETÌ�s�DELLE�RISORSE�DISPONIBILI�ALL�INTERNOdelle singole scuole;s� DELLE� RISORSE� DISPONIBILI� NELL�AM biente e nel territorio circostanti le singole scuole.In altri termini, le Indicazioni Na-zionali vanno “metabolizzate” dalle varie realtà scolastiche.La “metabolizzazione” si concretizza nel Curricolo di Istituto, che è l’ele-mento centrale del POF, essendo il suo “cuore didattico”.

Il Curricolo di Istituto, che com-prende i Curricoli disciplinari, viene predisposto da ogni istituzione scolastica, nel rispetto degli orienta-menti e dei vincoli posti, appunto, dalle Indicazioni Nazionali: la sua elaborazione è il terreno su cui si misura concretamente la capacità progettuale di ogni scuola.La progettazione curricolare è un’o-perazione che coinvolge tutti i fattori connessi con il processo educativo, dai contenuti-obiettivi agli esiti for-mativi, dalle modalità di realizza-zione ai condizionamenti dovuti alle situazioni socio-ambientali.Insomma, il luogo delle decisioni didattiche si sposta molto dal Mi-nistero alla singola istituzione scolastica. Tuttavia, il Curricolo di Istituto, che presenta una forte autonomia, non può essere un’al-tra cosa rispetto alle Indicazioni Nazionali. Questa ultima afferma-zione sembra contraddire quanto detto fi nora. Ma non è così; infatti, il progetto della scuola deve inte-grarsi con le richieste del Ministero. La costruzione del curricolo deve manifestare una forte coerenza tra l’istanza centrale e l’istanza par-ticolare. Così inteso, il curricolo costituisce “un mosaico” di un disegno unitario nazionale: deve essere il risultato dell’integrazione delle esigenze che ogni scuola e ogni classe hanno saputo fare emergere, nel dialogo con la propria realtà di appartenenza, con le richieste che, attraverso le Indicazioni Ministe-riali, la comunità nazionale esprime.In defi nitiva, al Ministero compete stabilire:s�I�PRINCIPALI�ASSI�CULTURALI�s�LE�PRINCIPALI�DISCIPLINE�CHE�A�ESSI�SI�riferiscono;s�LE�IRRINUNCIABILI�CONOSCENZE�E�COM petenze che gli studenti di ogni scuola del Paese devono sviluppare.

A ogni Istituzione scolastica compete:s�SPECIl�CARE�MEGLIO��E�PIá�DETTAGLIATA mente, gli obiettivi da raggiungere, in termini di conoscenze e competenze;s�INTEGRARE��EVENTUALMENTE��LA�GAMMA�degli insegnamenti;s�PRESTARE�PARTICOLARE�ATTENZIONE�ALLE�specifi cità del contesto di riferimento, alle sue attese e ai suoi problemi;s�VALUTARE� LE� RISORSE�CHE�SI�POSSONO�impiegare.Il processo di costruzione del curri-colo non si conclude una volta per tutte, all’inizio di ogni anno sco-lastico, ma subisce modifi cazioni cammin facendo. Infatti, si confi gura come ricerca continua, grazie all’a-zione dei docenti, che diventano pro-fessionisti rifl essivi, impegnati in un costante lavoro di analisi e di rielabo-razione delle loro pratiche scolastiche.Ciò valorizza la professionalità degli insegnanti. Infatti, nel caso del Pro-gramma nazionale, si richiedeva agli insegnanti di essere dei buoni ese-cutori di un testo elaborato altrove. Nel caso del curricolo di Istituto, si chiede loro di essere coelaboratori, protagonisti ed esecutori delle scelte effettuate: insomma, l’insegnante “non svolge più il programma”, ma “progetta e gestisce il curricolo”.

-P�WETIVI�WGMIRXM½�GS��YRS�HIM�TVMRGMTEPM�EWWM�GYPXYVEPM�HIM�GYVVMGSPM�Il sapere scientifi co è uno dei princi-pali assi culturali nella scuola secon-daria di primo grado. Infatti, fornisce un solido substrato, che permette una migliore comprensione della realtà e costituisce la base per ulteriori oc-casioni di apprendimento, non solo scientifi che.Ciò lo realizza grazie ai suoi conte-nuti, ai suoi linguaggi e al suo me-todo. Quest’ultimo non è importante solo nell’apprendimento delle disci-pline scientifi che.

scuola in atto

12 Sd N����s�SETTEMBRE�����

Infatti il metodo scientifi co-speri-mentale costituisce, nella scuola secondaria di primo grado, il fonda-mento didattico-metodologico per la costruzione di contenuti di diversi saperi. Pertanto, il notevole valore formativo di questo metodo va riba-dito continuamente dagli insegnanti di Scienze, soprattutto nei Consigli di classe e nei Collegi dei Docenti.L’insegnamento scientifi co non va sottovalutato dagli insegnanti di al-tre discipline ed anche dai genitori degli alunni: questa sottovalutazione ha arrecato, e continua ad arrecare, danni notevoli agli studenti, come persone e come cittadini.Insomma, il sapere scientifi co deve diventare uno dei principali assi cul-turali del curricolo di istituto. Infatti, la sua originalità nell’indagare e spie-gare il mondo che ci circonda, basan-dosi sui fatti e coutilizzando strategie di indagine, procedure sperimentali e linguaggi specifi ci, lo rendono forte-mente formativo.Grazie all’insegnamento/apprendi-mento scientifi co, gli studenti non solo potranno acquisire nuove com-petenze nell’analizzare fenomeni attinenti al mondo della Biologia, della Fisica, della Chimica ecc., ma potranno essere anche in grado di effettuare delle scelte consapevoli in molteplici aspetti, individuali e collet-tivi, della loro vita reale.

%P�GIRXVS�HIM�GYVVMGSPM�HMWGMTPMREVM��PI�GSQTIXIR^IIl Curricolo di Istituto comprende i vari Curricoli Disciplinari. In ognuno di questi ultimi, i percorsi contenuti-stici e le competenze da conseguire da parte degli studenti vanno evidenziate e messe tra loro in stretta relazione, come abbiamo fatto nel testo nelle Aperture di ogni Unità.La stretta correlazione tra cono-scenze e competenze è indispen-sabile. Infatti, affi nché gli studenti possano fronteggiare effi cacemente richieste didattiche particolari e pro-blemi, devono andare al di là del solo possesso di conoscenze.Ma quali signifi cati diamo, nel testo, ai termini “conoscenze” e “compe-

tenze”? Il termine conoscenze è rife-rito ai fatti, alle defi nizioni, alle idee, acquisiti attraverso lo studio, la ri-cerca, l’osservazione o l’esperienza: designa un insieme di informazioni che sono state.Alcuni esempi di obiettivi di cono-scenze:s�COMPRENDERE�COME�SI�DANNO�I�NOMI�agli esseri viventi;s� CONOSCERE� CARATTERISTICHE� E� PRO prietà di batteri, protozoi, alghe, vi-rus, funghi;s� CAPIRE� COME� SI� FORMANO� I� LEGAMI�chimici.Per quanto riguarda le competenze, in generale lo studente possiede una competenza ogniqualvolta “sa utiliz-zare una o più conoscenze”. Il ter-mine competenze va inteso a diversi livelli. Infatti, può essere usato per designare le capacità di:s�UTILIZZARE�LE�PROPRIE�CONOSCENZE�IN�modo relativamente agevole, per l’e-secuzione di compiti relativamente semplici;s�UTILIZZARE�LE�PROPRIE�CONOSCENZE�IN�modo relativamente complicato, per l’esecuzione di compiti diffi coltosi;s� FAR� FRONTE�A� RICHIESTE�ANCHE�DI�UN�certo elevato livello di complessità.Citiamo alcuni esempi di obiettivi di competenze, a diversi livelliI Livello (il più basso):s�SAPERE�EFFETTUARE�SEMPLICI�MISURE�DI�densità di corpi e sostanze, negli statisolidi e liquidi;s�ALLA�LUCE�DELLE�CONOSCENZE�ACQUISITE�sul corpo umano, sapere assumere le posizioni più corrette, sia in piedi sia seduto.II Livello (l’intermedio)s�SAPERE�INTERPRETARE�NETTE�VARIAZIONI�di pH che avvengono in semplici so-luzioni acquose;s�SAPERE�INSERIRE�TERMINI�APPROPRIATI�in fi gure che rappresentino parti cou-tilizzando comparti importanti degli apparati respiratorio e circolatorio del corpo umano.III Livello (il più alto)s�SAPERE� FORMULARE� IPOTESI�DI�CAUSE��o di conseguenze, di malfunziona-menti di organi, sistemi, apparati del corpo umano;

s�ALLA�LUCE�DELLE�CONOSCENZE�ACQUISITE�nel testo, sapere effettuare facili pre-visioni del tempo riferite al proprio territorio.Nelle linee guida ministeriali, per ogni disciplina, sono indicati i quadri di competenze attesi, individuati e descritti sulla base di specifi ci obiet-tivi, ampi, costitutivi e fondanti: si tratta della sintesi dei risultati auspi-cabili per la conclusione della scuola secondaria di primo grado.Per questo motivo, sono chiamate competenze di uscita. In base a esse le scuole possono procedere, per la necessaria contestualizzazione, a li-vello di Istituto.La presenza di quadri nazionali di competenze garantisce alle scuole di procedere autonomamente, ma senza rischiare di valutare o certifi -care competenze di uscita distanti da una realtà all’altra.Una scuola che mira allo sviluppo delle competenze è un vero labora-torio di mediazione culturale, peda-gogica e didattica, sui saperi della scuola: centro di ricerca e spazio di sperimentazione, di cooperazione, di relazioni signifi cative. Pertanto, le progettazioni dei percorsi didattici dei curricoli disciplinari, compreso quello di Scienze, devono essere orientate a sviluppare le competenze fondamentali, in coerenza con le competenze di uscita.

-HII�KYMHE��MRXIKVE^MSRI��XVEWZIVWEPMXk�I�WSWXIRMFMPMXkLe elaborazioni dei curricoli disci-plinari devono essere essenziali e graduali. Inoltre, devono essere ac-compagnati:s�DA�UN�ATTENTA�RIm�ESSIONE�SUI�SAPERI�e sui grandi fenomeni contempora-nei;s�DAGLI�ASPETTI� FORMATIVI�DELLE�DISCI pline;s�DALLA�LORO�DIMENSIONE�OPERATIVA�s� DAL�NESSO� TRA� CONOSCENZE� E� COM petenze;s� DALL�APERTURA� A� competenze inte-grate e trasversali, cioè a competenze valide per ogni settore della disci-plina e per più discipline.Un curricolo disciplinare così conce-

scuola in atto

13SdN����s�SETTEMBRE�����

pito è senz’altro un buon prodotto di elaborazione didattica. Infatti, ogni disciplina non va intesa come insieme di nozioni, ma come stru-mento di indagine, che dispone di metodi, linguaggi, concetti specifi ci e caratterizzanti di ogni suo settore.Pertanto, per quanto riguarda le Scienze, gli studenti, alla fi ne della terza classe, devono mostrare un’a-deguata padronanza dei suoi fonda-mentali metodi, linguaggi e concetti, riguardanti la Biologia, le Scienze

Naturali, la Fisica, la Chimica ecc.Per tutte le discipline, si tratta di conquistare quadri di insieme di un certo respiro, capaci di conferire alle singole informazioni un senso, all’in-terno di campi di indagine ben iden-tifi cati, ma non banalmente semplifi -cati. Per questo motivo, è necessaria una notevole integrazione di con-tenuti e metodi delle varie branche delle Scienze che sono contenute in un curricolo per la scuola secondaria di primo grado: non ci devono es-

sere separazioni compartimentali tra fenomeni biologici, geologici, fi sici, chimici ecc.In sintesi, è necessario dare un’im-magine unitaria del sapere scientifi co così com’è oggi, in cui non esiste più, nei fatti, una divisione netta tra Bio-logia, Fisica, Chimica ecc.Inoltre, per dar loro un forte senso sociale e umano, tutti gli argomenti dovranno essere continuamente col-legati con la realtà naturale e quoti-diana.

scuola in atto

14 Sd N����s�SETTEMBRE�����

0MRKYI�WXVERMIVI�RIPPE�7GYSPE�WIGSRHEVME�HM�TVMQS�KVEHSCaterina 'ERKMk

La lingua è indubbiamente l’obiettivo dell’insegnamento dell’insegnante di lingua altra. Eppure resta da chia-rire quali siano le competenze che realmente vengono richieste allo stu-dente che si trova di fronte al corso di lingua. Non c’è solo la grammatica da imparare bene, ma anche la capa-cità di ascoltare e parlare richiedono un allenamento notevole.

'LI�GSWE�MRWIKREVI#Entriamo qui nel campo delle fi ve skills che l’apprendente di lingua al-tra deve sviluppare: ascoltare, par-lare, leggere, scrivere… e sviluppare una competenza tutta comunicativa. Come ci ricorda Marco Mezzadri (2004, p. 66) nel Common European Framework of Reference for langua-ges: learning, teaching, assessment ancora prima di parlare di abilità da sviluppare, vengono delineate delle competenze generali che devono es-sere acquisite dagli apprendenti, con-siderati degli “attori sociali”, cittadini che fanno parte di Paesi democratici, in cui divengono centrali quattro saperi principali ai fi ni dell’acquisi-zione della competenza nella comu-nicazione in lingua altra. Il primo ha a che fare con le conoscenze di tipo dichiarativo, ovvero il sapere, che non può prescindere dalla lingua ma-dre, dato lo stretto legame che esiste tra lingue e culture. Questo vale an-che per le lingue altre e la crescita della persona è vista, qui, in un’ot-tica plurilinguistica e pluriculturali-stica. Il secondo è il saper fare (abi-lità: sociali, tecniche e professionali, del tempo libero), che è relativo alle abilità pratiche che l’apprendente è in grado di svolgere e che possono consentire una comunicazione effi -cace. Il “Quadro” si concentra, poi,

sul saper essere, ovvero su tutti que-gli aspetti che si possono ricondurre alla personalità, agli stili cognitivi, ai valori morali, alla motivazione e agli atteggiamenti verso gli altri. È un sapere che si concentra sul risaltare le peculiarità di ogni apprendente. Il quarto sapere individuato all’interno del documento è il saper imparare. Le componenti che si individuano all’interno di questo contesto com-prendono la sensibilità dimostrata dagli apprendenti nei riguardi della lingua altra e della comunicazione, le abilità di studio, abilità euristiche (quali il saper affrontare nuove espe-rienze, attivare competenze differenti e sapere reperire/comprendere/uti-lizzare informazioni anche con l’au-silio delle nuove tecnologie) e abilità fonetiche generali.Ispirandoci al “Quadro”, proponiamo di seguito le abilità che l’apprendente dovrebbe acquisire, affrontando il tema a partire dal sapere che deve fare proprio.

4VMQS��7ETIV�EWGSPXEVI�TIV�capireDel tempo dedicato alla comunica-zione il 9% è dedicato alla scrittura, il 16% alla lettura e il 30% al lin-guaggio parlato. La percentuale sale al 45% quando ascoltiamo l’altro che parla. Eppure questa è un’abilità che è stata «“abbandonata”, “trascu-rata”, “data per scontata”» (Hedge, 2000, p. 227). Come ha già messo in luce Cherry (1957) per l’ascolta-tore di lingua altra esistono alcune incertezze che hanno varia natura e che dipendono da vari fattori: dalla struttura e dal suono del discorso, dal linguaggio e dalla sintassi, dalla decifrazione del contenuto, nonché dalla situazione in cui ci troviamo

immersi in cui, ad esempio, ci può essere molto rumore di sottofondo. Accanto a queste incertezze esterne ci sono condizionamenti all’ascolto dovuti a caratteristiche interne all’in-dividuo. La riuscita nell’ascolto di-pende, ad esempio, da quanto l’argo-mento suscita il nostro interesse, da quanto apprezziamo la persona con cui stiamo parlando.Vediamo ora nello specifi co alcune incertezze che si possono riscontrare nel momento dell’ascolto (Hedge, 2000):1. Incertezze nella fi ducia: capita spesso che l’aspettativa di chi si dedica a un compito di ascolto sia quella di cogliere tutte le parole che vengono pronunciate dall’interlo-cutore e/o dallo speaker. Questa è un’abilità che non abbiamo neanche nella nostra lingua madre, poiché siamo soliti integrare le conoscenze che abbiamo incamerato sia sul piano linguistico che culturale. Allo stesso modo all’interno della classe dovremmo dedicare più tempo a co-stituire delle conoscenze pregresse dell’argomento che verrà presentato durante l’attività di ascolto, piutto-sto che presentare dei brani audio e richiedere di rispondere subito dopo a un test;2. Incertezze derivate dalla presen-tazione del discorso: a differenza di quanto accade negli audio-cd che presentiamo in classe, quando si ha a che fare con un discorso parlato si incontrano ostacoli che possono rendere davvero molto diffi coltosa la comprensione da parte di chi ascolta. Quando parliamo facciamo uso di frasi colloquiali e facciamo ricorso a ripetizioni, false partenze, interru-zioni, riformulazioni, correzioni, che di solito non troviamo in contesti più

scuola in atto

15SdN����s�SETTEMBRE�����

formali di ascolto. Inoltre la pronun-cia, l’accento e il ritmo della frase dipendono dal luogo in cui è nato il parlante la lingua altra. All’interno della classe di lingua altra non do-vremmo trascurare di inserire anche l’aspetto del discorso parlato, vera palestra per l’apprendente di lingua altra!;3. Incertezze dovute a salti nella con-versazione: quando perdiamo parte del discorso a causa del rumore o della distrazione dobbiamo ricostru-ire la parte di conversazione che è an-data persa. Dato che nelle situazioni di vita potrebbe capitare di trovarsi in luoghi rumorosi e perdere parte della conversazione è bene promuo-vere anche in classe un allenamento a “ricostruire” quello che potrebbe mancare all’interno della frase;4. Incertezze nelle strategie: ci sono alcune frasi e alcuni comportamenti non verbali che utilizziamo per por-tare avanti la conversazione e per far comprendere all’altra persona se ab-biamo chiaro cosa ha detto e se siamo d’accordo o in disaccordo con lei. Sono strumenti preziosi all’interno della conversazione che dobbiamo padroneggiare anche quando dialo-ghiamo in lingua altra. Per questo sarà bene dedicare del tempo anche a questo aspetto della comunicazione tenendo presente che in questo modo trasmetteremo anche alcuni aspetti della cultura dei parlanti nativi. Il lin-guaggio non verbale, infatti, non ha signifi cati del tutto identici in tutto il mondo;5. Incertezze del linguaggio: abbiamo già affrontato la questione di presen-tare all’interno della classe anche il discorso parlato, quello con cui natu-ralmente i ragazzi verrebbero a con-tatto in un ipotetico viaggio dove la lingua altra è nativa. Emerge, però, da alcuni studi (Chaudron - Richards, 1986), che possiamo aiutare i ragazzi a comprendere meglio le lezioni in lingua altra facendo ricorso a dei macro-markers. Essi non sono altro che frasi con cui solitamente si se-gna l’inizio di parte del discorso che stiamo facendo (es. in riferimento al tema appena citato…) e risultano

più utili dei micro-markers. Questi ultimi sono, ad esempio, quelli che utilizziamo per esprimere un contra-sto (ma, invece), o anche quelli tem-porali (dopo questo, prima) e così via. Pur non aggiungendo nulla al contenuto di quanto espresso, questi macro-marker contribuiscono a deli-neare alcune sezioni nel discorso e questo rende più semplice orientarsi;6. Incertezze nel contenuto: come as-serito in precedenza occorre presen-tare nel momento dell’ascolto conte-nuti che siano familiari al ragazzo. È bene prevedere, allora delle attività di pre-ascolto in cui accennare ai temi che verranno trattati. Sono le conoscenze pregresse e gli schemi che già abbiamo formato nella no-stra mente ad aiutarci nel compito di ascolto;7. Incertezze visive: anche l’oc-chio vuole la sua parte. Soprattutto quando si ha a che fare con la lingua altra, in quanto il linguaggio non ver-bale è un ottimo alleato per comple-tare ciò che potrebbe non essere del tutto chiaro dal punto di vista lingui-stico. Soprattutto il movimento delle labbra e le espressioni facciali sono determinanti in questo contesto. Sembra auspicabile, allora, integrare nella lezione di ascolto sia momenti con gli audio-CD, che momenti con i DVD, in cui sia possibile anche osser-vare le persone che parlano e aiutarsi attraverso il contesto e i gesti che compiono. Ideale sarebbe aggiungere anche momenti in cui l’insegnante propone stimoli di ascolto dal vivo, parlando in lingua altra.Nel preparare l’attività dell’ascolto dobbiamo effettuare una lista degli scopi che vogliamo raggiungere attra-verso quell’attività. Procederemo poi con la selezione dei materiali, che saranno scelti in base agli scopi che ci siamo prefi ssati per ogni ascolto. Tra i testi che si sono diffusi per ef-fettuare le attività di ascolto ci sono quelli che Geddes e White (1978) hanno delineato come brani audio realizzati con scopi pedagogici che hanno una alta probabilità di verifi -carsi nella vita reale, in condizioni di comunicazione genuina.

L’attività di ascolto prevede alcune fasi che defi niremo pre-, mentre-, e dopo-. All’inizio si possono proporre stimoli che aiutino a fare ipotesi sul tema che verrà affrontato nell’ascolto e a familiarizzare con quanto verrà detto durante l’attività di ascolto vera e propria. Quest’ultima può es-sere resa coinvolgente attraverso la richiesta di svolgere alcuni esercizi specifi ci, come sottolineare parte del testo, segnare la risposta corretta, unire le fi gure al testo. Nelle attività di post-ascolto possiamo introdurre altre abilità, come la richiesta di par-lare rispetto all’argomento trattato, ma possono essere stimolate anche attività di approfondimento e rifl es-sione su quanto già emerso.

7IGSRHS��7ETIV�TEVPEVI�TIV�JEVWM�GETMVIUna delle abilità richieste a chi ap-prende una lingua altra è sapersi esprimere e farsi comprendere dagli altri. Esistono molteplici situazioni in cui ci si trova a dover utilizzare il lin-guaggio parlato, siano esse formali o informali. Il registro a cui ricorreremo sarà, naturalmente, differente. Faerch e Kasper (1983) hanno riscontrato che di fronte a una conversazione vengono messe in atto due tipologie di strategie: quelle volte ad evitare la conversazione (avoidance behavior) e quelle che, invece, sono volte ad affrontare la situazione (achievement behavior), per quanto complesso sia il compito. In questo secondo caso si ricorre a tutta una serie di tatti-che per sopperire alla mancanza di competenza: si commutano parole dalla lingua madre, si coniano neo-logismi sempre a partire da espres-sioni proprie della prima lingua, si riformulano le frasi, si fanno gesti e si tende a coinvolgere nella conversa-zione l’altro, magari attraverso l’uso di domande dirette.Una delle più grandi risorse dell’in-segnante è l’osservazione delle conversazioni che vengono fatte in classe. Dai dati raccolti “sul campo” capiremo quali sono le lacune che dovremo andare a colmare attraverso l’insegnamento.

scuola in atto

16 Sd N����s�SETTEMBRE�����

Nell’interazione con l’altro seguiamo delle regole che nella lingua altra dobbiamo imparare a padroneggiare. Esistono, ad esempio, delle formule di apertura e chiusura della conver-sazione che dovrebbero essere ap-prese da chi studia una lingua altra ed esistono anche dei segnali di «pre-chiusura» (Hedge, 2000, p. 267) che non vengono, in genere, presi tanto in considerazione all’interno dei testi scolastici, ma che sono molto effi -caci all’interno della lingua parlata. Anche imparare cosa rispondere in alcune situazioni sociali di routine diviene un elemento indispensabile ai fi ni della conversazione. Come quando chiediamo all’altro “Come va?” e ci attendiamo una breve ri-sposta che ci indichi il suo stato d’a-nimo, senza incappare in un lungo elenco di problemi. Inoltre ci si aspetta che anche l’altro s’informi del nostro stato in quel momento. Sono convenzioni sociali che è im-portante conoscere ai fi ni del lin-guaggio parlato. Anche il prendere il giusto spazio nella conversazione dimostra una buona competenza in lingua altra. In inglese, ad esem-pio, esistono dei turni che è bene rispettare ai fi ni di un dialogo con l’altro: è bene insegnare ai ragazzi a utilizzare delle formule che possano coinvolgere anche l’altra persona nel discorso che stiamo facendo, pro-cesso che naturalmente avviene tra i parlanti anglofoni. Anche la scelta degli argomenti in base al contesto e alle persone con cui veniamo in con-tatto gioca un ruolo importante ai fi ni dell’acquisizione di un buon livello di competenza nel parlato.Uno dei primi, spinosi problemi con cui l’insegnante e l’apprendente si devono confrontare nel discorso par-lato è la pronuncia. Ne esistono di-verse già tra i nativi in lingua altra. Inoltre non c’è solo da imparare la pronuncia della singola parola, ma anche quale accento e intonazione conferire alla frase. Come compor-tarsi? La tendenza degli attuali libri di testo sembra quella di avere una posizione abbastanza neutra tra le

differenti tipologie di pronuncia e lasciare all’insegnante la scelta di avvalersi di quella che gli è propria. Nella preparazione delle attività volte a sviluppare le abilità nella lingua parlata dobbiamo chiederci quali sono effettivamente i bisogni dei ra-gazzi che abbiamo di fronte rispetto a questo preciso settore di appren-dimento. In primo luogo occorre contestualizzare l’attività pratica, in modo che sia evidente lo stretto collegamento che esiste tra lingua e funzione comunicativa. Le attività dovrebbero essere molto vicine a ciò che accade nella vita reale e, per esempio, è più opportuno insegnare il present continuous contestualiz-zato all’interno di una conversazione telefonica, piuttosto che eseguire una serie di azioni utilizzando questa forma verbale, perché nella vita reale non siamo abituati a commentare le attività che stiamo eseguendo in un determinato momento. Un secondo bisogno è quello di personalizzare ciò che viene detto, attraverso l’e-spressione di idee, opinioni, senti-menti. Questo consente anche di “ag-ganciare” saldamente alla memoria alcune forme linguistiche che assu-mono, così, anche una connotazione emotiva all’interno del bagaglio di conoscenze del discente. Il terzo bi-sogno concerne il consapevolizzare l’uso sociale del linguaggio, che non può essere utilizzato nello stesso modo in tutti i contesti e con tutte le persone. Il quarto bisogno è relativo al costruire una certa fi ducia nell’uso della lingua, in modo da facilitare la produzione linguistica da parte di chi apprende. All’interno della classe dobbiamo offrire la possibilità ai ra-gazzi di esprimersi sia attraverso mo-nologhi, che attraverso interazioni in coppia. Il nostro compito sarà bilan-ciare gli incoraggiamenti, i rinforzi da dare ai ragazzi, con le correzioni. È bene tener presente, infatti, che, soprattutto a livello di lingua parlata, un’eccessiva insistenza sugli sbagli potrebbe mettere il ragazzo nella po-sizione di essere a disagio nei mo-menti in cui si espone in classe.

8IV^S��7ETIV�PIKKIVI�TIV�capireIl processo di lettura in lingua altra è stato defi nito, in anni recenti, “in-terattivo” (Carrell - Devine - Eskey, 1988, cit. in Hedge, 2000, p.188). Tale concetto ha una duplice inter-pretazione: da un lato sottolinea lo sforzo effettuato dal lettore per dare un senso a ciò che legge, si instaura, cioè, una sorta di gioco o dialogo tra testo e lettore, ma anche, in un certo senso, tra autore e lettore. Per venire a capo del senso che ha un testo ricorriamo a conoscenze di tipo sintattico, morfologico, sociocultu-rale, conoscenze sull’argomento, sul mondo, sul genere letterario a cui il testo appartiene. Il secondo tipo di interazione che riconosciamo all’in-terno dei processi di lettura ha a che fare proprio con l’interrelazione che esiste tra i vari campi di conoscenze. Quella semantica e quella morfolo-gica hanno stretta inerenza con la decodifi ca linguistica e rientrano in quella che viene defi nita cono-scenza sistemica. Quella schematica racchiude, invece, le conoscenze che abbiamo sul mondo (sociocul-turale, sull’argomento, sul genere). Quest’ultima ci consente di orientarci quando, ad esempio, leggiamo la te-stata di un giornale. Sappiamo, da alcune informazioni pregresse, qual è l’argomento trattato nell’articolo cor-rispondente al titolo. La conoscenza sistemica, o linguistica, consente al lettore di «lavorare sul testo» (Hedge, 2000, p. 192). Di fronte a un brano in lingua altra il lettore si deve con-frontare con aspetti sconosciuti della lingua, siano esse parole o costru-zioni di frasi. Nation e Coady (1988) hanno individuato una sequenza che può aiutare coloro che si trovano di fronte a vocaboli non noti:1. Trovare il contesto in cui la parola è inserita;2. Prendere in considerazione il con-testo immediato in cui la parola si trova e, se necessario, procedere a semplifi care il più possibile il testo;3. Fare riferimento al contesto in cui la parola è inserita in un senso più

scuola in atto

17SdN����s�SETTEMBRE�����

ampio (le frasi vicine a quella in cui c’è il vocabolo sconosciuto);4. Ipotizzare il signifi cato che po-trebbe essere attribuito alla parola che non si conosce;5. Verifi care che l’ipotesi fatta sia corretta.Avere una conoscenza schematica della lingua può essere molto utile ai fi ni dell’apprendimento delle lin-gue altre, ma essa richiede anche che si sia sviluppato già un certo livello di competenza linguistica. L’abilità dell’insegnante è proprio quella di far convergere le conoscenze che possiede rispetto allo sviluppo dei processi linguistici con le situazioni peculiari di apprendimento di ogni alunno, che di fronte al testo mette in gioco strategie completamente dif-ferenti.Esistono, poi, differenti stili di let-tura, messi in luce dai lavori di Pugh (1978), Lunzer e Gardner (1979): a) la lettura ricettiva è quella che si mette in atto quando si vuole fo-dere di brevi storie o avere l’idea dei passaggi principali all’interno di un testo; b) lettura rifl essiva, viene messa in atto quando, dopo aver letto alcuni brani si fa una pausa e si pensa a quanto emerso fi no ad ora, rifl ettendo, ad esempio, sulla coe-renza del discorso e così via; c) let-tura superfi ciale, che viene utilizzata quando voglio avere un’impressione generale, senza approfondimenti, e, di solito, prevede una scorsa rapida del testo, con salti anche signifi cativi di parole o leggendo solo le prime ri-ghe di ogni paragrafo; d) la scansione si effettua quando si cerca qualcosa di preciso all’interno del testo e si va, quindi, a caccia degli elementi signifi cativi che ci portano a ciò che desideriamo; e) lettura intensiva, si mette in atto quando si presta molta attenzione alle parole del testo, come quando si leggono le poesie che ven-gono assaporate vocabolo dopo vo-cabolo.Naturalmente modalità differenti di lettura richiedono di mettere in gioco strategie differenti. Un ruolo centrale è impersonato, però, dal proposito

con cui mi accingo all’attività della lettura. Rispetto alla lingua altra, se per molti anni l’insegnamento è stato focalizzato sull’analisi lenta e dettagliata dei testi, oggi si tende a proporre alla classe una notevole gamma di stimoli di lettura (bro-chure, poemi, mappe, storie brevi, articoli), in modo da poter lavorare su differenti approcci alla lettura e con differenti velocità.Uno dei metodi individuati per so-stenere i ragazzi durante l’approccio con un testo è denominato SCROL (Grant, 1993) e si basa sull’analisi dei titoli del testo:1. S - Survey the headings (Indivi-duare i titoli): è bene individuare ti-toli e sottotitoli all’interno del testo assegnato ed è utile che i ragazzi si pongano già domande rispetto a ciò che sanno di quel determinato argo-mento e alle possibili informazioni veicolate dal testo;2. C - Connect (Fare collegamenti): è utile individuare i collegamenti che ci possono essere tra i vari titoli e sot-totitoli, evidenziando le parole che possono rappresentare il nucleo prin-cipale di questo legame tra le parti;3. R - Read the text (Leggere il te-sto): è il momento di affrontare il testo che segue ogni titolo. La lettura deve essere fatta con attenzione, cer-cando le parti del testo che più sono esplicative della scelta del titolo. È il momento di sottolineare, eviden-ziare, e utilizzare il proprio codice personale per mettere in luce ciò che veramente è fondamentale nel testo. Nel caso alcuni aspetti rimangano ancora oscuri si procederà con la ri-lettura del brano;4. O - Outline (Schematizzare): è utile riscrivere i titoli e tentare di schematizzare quanto letto senza an-dare a guardare nuovamente il testo;5. L - Look back (Ricontrollare): si deve ora verificare l’accuratezza con cui abbiamo riportato i dettagli presenti nel testo, vanno corretti gli eventuali errori riportati durante la schematizzazione, attraverso l’ausi-lio delle zone evidenziate e sottoli-neate durante la lettura attenta del testo.

In questi ultimi anni si è fatto spesso riferimento al concetto di extensive reading, un concetto che ha assunto differenti defi nizioni che possiamo riassumere, grosso modo, nelle se-guenti: leggere una varietà di testi, leggere a lungo in modo frequente e abbastanza continuativo, leggere brani lunghi tratti da giornali, ro-manzi letture inerenti alla propria professione, leggere con uno scopo, primo fra tutti quello di trarre un certo godimento da quello che leggiamo, leggere testi lunghi sia in classe che a casa, possibilmente facendo scegliere agli allievi i volumi che destano la loro curiosità. Introdurre questo tipo di lettura all’interno del contesto di attività della lingua altra diviene una risorsa importante a cui il ra-gazzo può attingere, perché leggere qualcosa che ci piace in inglese ci consente di divertirci, mentre siamo esposti alla lingua in un modo che consentirà anche una produzione lin-guistica migliore in futuro.Nella classe di lingue si dovrebbero perseguire, allora, sul piano della let-tura, i seguenti obiettivi: essere abili nel fruire differenti tipi di testo; adat-tare i vari stili di lettura al momento e nel modo appropriati; sviluppare la conoscenza della lingua; sviluppare la conoscenza schematica; migliorare la consapevolezza della struttura lin-guistica in lingua altra; avere un ap-proccio critico a quanto viene letto nel testo.Raggiungere questi scopi prevede la selezione dei testi che andremo a proporre agli studenti, in base ai loro specifi ci bisogni e, soprattutto, in base a ciò che può conquistarli e motivarli. Variare la tipologia, la lunghezza e la complessità dei brani proposti può essere un’ottima strate-gia per tenere viva l’attenzione.Anche i compiti che sono legati all’attività di lettura sono fondamen-tali per supportare lo sviluppo di questa abilità. Possiamo sviluppare queste attività lungo tutto l’arco del momento dedicato alla lettura, con una fase di pre-lettura, una mentre la lettura si svolge e una post-. Nella

scuola in atto

18 Sd N����s�SETTEMBRE�����

prima fase sono molteplici le attività che vengono proposte, dall’analisi delle immagini, fi no alla presenta-zione di alcuni argomenti sui quali esprimere il proprio accordo o disac-cordo. La seconda tende a promuo-vere un atteggiamento attivo durante il momento di lettura. Possiamo in-coraggiare il ragazzo a reagire a ciò che ha appena letto, possiamo fare domande, stimolare la sottolineatura di frasi importanti, scrivere degli appunti. La terza fase è fortemente infl uenzata dal tipo di testo che ab-biamo letto e dal suo contenuto. Si possono strutturare role-play, dibat-titi, confronti con altri testi, ma ci si può soffermare anche in modo spe-cifi co sulla lingua, mettendo in evi-denza, ad esempio i nuovi vocaboli che sono stati incontrati.

5YEVXS��7ETIV�WGVMZIVI�TIV�JEVWM�GETMVINel processo di scrittura interven-gono alcune componenti che sono fondamentali ai fi ni della realizza-zione di un buon elaborato. Il primo passo è pianifi care ciò che si vuole scrivere, in base alle richieste emerse dall’insegnante e rispetto al tipo di elaborato che dobbiamo effettuare (lettera, tema, recensione di un li-bro). Chi ha buoni risultati nella scrittura generalmente alterna dei momenti in cui produce ad altri in cui rifl ette. Il secondo step concerne la revisione di quanto è stato fatto per controllare sia di aver trattato tutti i punti previsti nella pianifi cazione, sia per essere certi che chi legge possa comprendere agevolmente quanto è stato scritto, senza salti concettuali che potrebbero confondere. Infatti un buono scrittore produce qualcosa che è basata sulle aspettative del lettore – siamo così al terzo momento della scrittura – e sceglie lo stile più appro-priato all’ipotetico destinatario. L’in-segnamento deve vertere sullo svi-luppo di queste tre abilità nei ragazzi che apprendono la lingua altra. Uno degli strumenti a cui si può ricor-rere per sostenere il ragazzo durante le attività di pianifi cazione sono le

mappe mentali (vedi capitolo nono). Anche aiutare i ragazzi a rendersi conto che quanto scrivono è rivolto ad un pubblico è qualcosa che va sviluppato attraverso le attività sco-lastiche, soprattutto con i più piccoli. Si possono proporre temi da pubbli-care in un “giornalino” scolastico da far circolare all’interno dell’istituto scolastico, ad esempio.Occorre incoraggiare anche le strate-gie di revisione, abbandonando l’a-bitudine di correggere in un secondo momento quanto realizzato in classe. L’insegnante ha infatti la possibilità di conferire con ogni alunno mentre gli altri scrivono e può stimolarlo at-traverso l’uso di riformulazioni che familiarizzano l’apprendente con le forme linguistiche più appropriate. Possono essere scritte le frasi propo-ste dall’insegnante e possono essere fatti dei lavori in coppia per appro-fondire quanto emerso rispetto alla produzione degli allievi. In questo modo le correzioni saranno effettuate su elementi ancora freschi nella me-moria dei ragazzi e l’apprendimento sarà davvero signifi cativo.Si può notare che quanto detto fi no ad ora può valere per la lingua madre tanto quanto per la lingua altra. Se so qual è la differenza tra lo stile da impiegare in una lettera e quello da impiegare in un saggio, se conosco la differente organizzazione che do-vrò conferire agli argomenti nei due tipi di componimenti e il differente livello di coinvolgimento affettivo che dovrò esprimere, potrò impiegare queste conoscenze anche quando si tratta di lingua altra. Le diffi coltà saranno date dalle differenti com-petenze linguistiche che potrebbero consentire una scrittura più effi cace a seconda delle abilità strettamente legate alla conoscenza dell’uso della lingua (ad esempio forme colloquiali e informali quando scrivo la mail a un amico). Naturalmente le nuove tecnologie possono essere uno stru-mento valido per esercitarsi e per in-crementare la bravura nella scrittura, ma tali aspetti saranno approfonditi nel capitolo nono.

5YMRXS��7ETIV�GSQYRMGEVI�TIV�HMVI�I�TIV�HMVWMSi deve ad Hymes (1972) il merito di aver introdotto, nel 1972, il con-cetto di competenza comunicativa attraverso il quale si suole delineare quell’abilità del parlante di scegliere nel ventaglio di possibilità offerte dalla lingua, le forme adeguate alle norme sociali che governano situa-zioni specifi che. Sebbene Hymes fosse interessato all’applicazione appropriata della lingua ai contesti sociali, la competenza comunicativa è stata spesso confusa con il concetto di performance.Una distinzione tra competenza e performance è stata proposta da Chomsky (1965) il quale vede nella prima la conoscenza linguistica che è posseduta dal parlante/ascoltatore, mentre nella seconda riconosce l’uso che della lingua viene fatto in situa-zioni concrete.Le componenti delle conoscenze comunicative sono le seguenti: a) competenza grammaticale; b) com-petenza sociolinguistica; c) compe-tenza strategica.La prima è relativa alla compren-sione/produzione di forme corrette dal punto di vista lessicale, fonolo-gico e sintattico. La seconda è rela-tiva all’uso appropriato della lingua in contesti socioculturali differenti. Il parlante/ascoltatore è in grado, cioè, di scegliere tra le forme possibili in una determinata lingua quelle che sono più adeguate all’atto comuni-cativo che si sta verifi cando in quel momento. La terza ha a che fare con l’abilità di organizzare il discorso per raggiungere degli scopi comunicativi desiderati (Ciliberti, 1994). L’intro-duzione del concetto di competenza comunicativa ha modifi cato l’assetto all’interno dei contesti di apprendi-mento della lingua altra, dove, alla ricerca di una abilità formale, legata soprattutto alla grammatica, si sosti-tuisce il rinforzo alla capacità d’uso, ovvero non si ricerca più solo la correttezza a tutti i costi, ma anche una certa fl uenza d’eloquio. Quali le componenti di questa competenza comunicativa (Hedge, 2000)?

scuola in atto

19SdN����s�SETTEMBRE�����

Prima fra tutte quella linguistica. È scontato? Forse, eppure non è possi-bile essere competenti dal punto di vista comunicativo senza esserlo lin-guisticamente. Fa seguito la compe-tenza pragmatica, in cui riconosciamo due distinti aspetti: il primo ha a che fare con l’abilità di raggiungere alcuni scopi o intenzioni, il secondo verte sulla capacità di modifi care la pro-pria comunicazione in modo che essa sia adatta al contesto sociale in cui ci troviamo. In una lingua altra, che è espressione anche di una cultura altra, diviene fondamentale conoscere cosa è appropriato o cosa potrebbe ri-sultare offensivo nell’interazione con l’altro. È importante poi possedere una competenza nel discorso. Ce ne accorgiamo quando sentiamo stralci di discorso in lingua altra, che sono diffi cili, per noi, da comprendere per-ché appartenenti al linguaggio par-lato. È la competenza che ci consente anche di essere abili nel comprendere quando è il proprio turno nel discorso, come mantenere viva la conversa-zione, ma anche come portare avanti un argomento e svilupparlo alla luce di sfumature differenti. Dobbiamo svi-luppare, inoltre, una competenza stra-tegica. Che richiede l’uso di strategie comunicative specifi che, come quelle messe in atto quando non conosciamo esattamente un termine in lingua al-tra. Mettiamo in atto delle achieve-ment strategies quando tentiamo di portare avanti il nostro discorso e tro-viamo modi di compensare le nostre lacune nella conoscenza della lingua altra. Utilizziamo delle reduction stra-tegies quando in luogo di costruzioni complesse che non padroneggiamo in modo adeguato, facciamo ricorso a soluzioni più note. Un’altra com-ponente della competenza comu-nicativa è la fl uency (fl uenza), che normalmente si riferisce al linguaggio parlato. Si possiede questa proprietà quando parliamo senza esitazione o quando non c’è una lentezza inu-suale nel nostro modo di colloquiare e siamo in grado, invece, di collegare le parti del discorso con facilità e ver-satilità. Faerch, Haastrup e Phillipson (1984) hanno individuato tre tipi di

fl uenza: a) semantica: è la capacità di legare proposizioni e atti linguistici; b) lessicale-sintattica: che consiste nel fare collegamenti tra parole ed ele-menti sintattici; c) articolatoria: che è relativa all’abilità di mettere insieme segmenti linguistici.

I materiali per la classe comunicativa non sono, allora, assimilabili a quelli legati unicamente all’acquisizione linguistica, tanto che occorre creare in classe quel gap di informazioni e opinioni esistente tra i parlanti nella vita reale.

Componenti della competenza linguistica secondo Bachman, 1990, p. 87

Componenti della competenza comunicativa nell’uso comunicativo della lingua altra secondo Bachman, 1990, p. 85

scuola in atto

20 Sd N����s�SETTEMBRE�����

Scuola e Didattica 0E�TVSKVEQQE^MSRI����������Pubblichiamo di seguito il piano di lavoro dell’annata della rivista, che dà conto della squadra di autori per disciplina e dello sviluppo di Obiet-tivi e Metodo. Sul sito della rivista il materiale è consultabile in forma estesa e completa.

scuola in atto

21SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

22 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

23SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

24 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

25SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

26 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

27SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

28 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

29SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

30 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

31SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

32 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

33SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

34 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

35SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

36 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

37SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

38 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

39SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

40 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

41SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

42 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

43SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

44 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

45SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

46 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

47SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

48 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

49SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

50 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

51SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

52 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

53SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

54 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

55SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

56 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

57SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

58 Sd N����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

59SdN����s�SETTEMBRE�����

scuola in atto

60 Sd N����s�SETTEMBRE�����

cambiamo la scuola media?

61N����s�SETTEMBRE����� Sd

Riformare la scuola mediaGian Carlo Sacchi

È sempre stata indicata come la conquista sociale più importante dall’ultimo dopoguerra, un sogno per la demo-cratizzazione del nostro sistema scolastico. Oggi sembra che questo sogno si sia trasformato in un incubo: alcune altre modifi che al nostro ordinamento sono state intro-dotte, ma in modo incoerente rispetto ad una visione organica dell’intero sistema, per cui questo grado inter-medio, anziché diventare un elemento di stabilità e di irrobustimento del percorso si è rivelato un elemento di debolezza al punto che rischia di far franare tutto.Dal basso e dall’alto ci si rivolge in modo critico a ciò che sta in mezzo, imputandogli ogni genere di fallimento: dall’insuffi ciente apprendimento, all’ineffi cace orienta-mento, alla concentrazione dei BES, al mancato rinno-vamento della didattica. Insomma nonostante i notevoli sforzi dei docenti, che alcuni ritengono tuttavia non suf-fi cientemente specializzati per questo grado di scuola, ed il sostegno offerto da Scuola e Didattica, sembra che i risultati non vengano raggiunti e si rischi il disorienta-mento degli operatori con la conseguenza dell’ulteriore indebolimento di questa terra di mezzo che rischia di diventare un deserto.Con questa rubrica si cercherà di rifl ettere sui nodi ne-vralgici sui quali è possibile intervenire, per stimolare uno sforzo comune, politico e professionale, cercando di riportare l’attenzione al centro del nostro ordinamento.La legge aveva dovuto dichiarare la scuola media scuola secondaria per sottrarla alla “post-elementare” che avrebbe potuto benissimo essere estesa a otto anni, obbligatori, senza mutarne costrutto istituzionale. Oggi la secondarietà ha pervaso anche il grado primario, al punto che c’è chi pensa ad un anticipo dell’obbligo a cinque anni, bene non si è capito a spese di chi; inter-venendo cioè sull’ultimo anno della scuola dell’infanzia si ridurrebbe di fatto a quatto anni la primaria, oppure, pur essendo stato prolungato l’obbligo di istruzione fi no a sedici anni, si devono anticipare già dalla scuola media scelte che preludano in maniera più precisa a indirizzi di studio o addirittura ad uscite precoci dal sistema forma-tivo per avviarsi all’apprendistato. Chiamarsi secondaria di primo grado non basta più per capirne l’identità, perché la secondarietà si è diffusa e lo si è visto fi n dai programmi della scuola primaria, confl uiti nelle indi-cazioni nazionali per il primo ciclo, però proprio lei, la secondaria sembra andare verso la elementarizzazione, anche rispetto ai traguardi previsti dai programmi del

1979, in quanto i risultati lasciano molto a desiderare ed interviene il preoccupante fenomeno dell’abbandono anche prima della conquista del titolo fi nale, per cui si deve in qualche modo recuperare nella formazione professionale. Allora, tenendo anche conto del dibattito alzatosi di recente sul termine della scolarità a 18 anni, si potrebbe pensare a 4 anni di scuola primaria, senza di-sturbare quella dell’infanzia dove l’esperienza dimostra che l’equità non dipende dall’obbligatorietà ma dall’ef-fi cienza e dalla reale diffusione dei servizi educativi da 0 a 6 anni in tutto il Paese, a 4 anni di scuola superiore con un obbligo scolastico e formativo che potrebbe es-sere uniformato a 17 o addirittura a 18 anni con canali però diversi di scuola, istruzione e formazione profes-sionale, apprendistato, ecc. In mezzo ci sarebbe spazio per 4 anni di scuola media, ecole moyenne, due più di formazione generale, collegata ai comprensivi e due più orientativi, collegata al dopo, in base alle diverse realtà territoriali, con una sua identità e governance specifi ca, una dirigenza, ecc.Un altro fronte, ancora in gran parte inesplorato, se si eccettua il timido tentativo del tempo prolungato, fatto naufragare dalla rigidità del modello, è una scuola che più che insistere sugli anni, anche se ormai le scuole medie uniche triennali risultano insuffi cienti, faccia leva sui tempi e sull’autonomia. Un ordinamento forte tende a prevaricare le realtà locali, che sul piano pedagogico sono le vere misure dell’effi cacia della formazione; “norme generali sull’istruzione”, come prevede il nuovo titolo quinto della Costituzione, entro le quali le scuole organiz-zano le loro offerte formative (POF ?!) in modo fl essibile, con organici di istituto stabiliÈ del resto convinzione sempre più diffusa che i problemi della scuola non si risolvano agendo più di tanto sulla struttura, quando la loro origine risiede prevalentemente al di fuori, nella famiglia e nel territorio. È noto che allo stesso ordinamento le scuole, prima ancora che le regioni e i paesi, rispondono in maniera diversa e ciò anche in considerazione di come la comunità locale considera la scuola stessa e la sua azione e come si possano usare il tempo scuola e le competenze dei soggetti istituzionali, sociali, a partire dalle famiglie, che operano in una deter-minata realtà, per far esprimere al meglio le potenzialità degli alunni, unico vero principio che è rimasto in piedi, ma che, come si è visto da questo primo scorcio non ha soluzioni univoche.

notiziario professionale

62 N����s�SETTEMBRE�����Sd

Pluralismo e rinnovamento della scuola pubblicaAlessandro Catelani

Il pluralismo scolastico è un’esigenza di democrazia, che è costituzionalmente garantita. Esso soddisfa un’esigenza di libertà, la quale si identifi ca con la presenza di istituti scolastici differenziati, sia pubblici che privati, nell’am-bito dei quali possa essere effettuata una libera scelta per il tipo di istruzione, conformemente alle esigenze espresse dai cittadini. Come la libertà di manifestazione del pen-siero si basa sul pluralismo, così il diritto all’istruzione in tanto si deve ritenere che sia costituzionalmente garantito, in quanto vi sia la concreta possibilità per i genitori degli alunni di scegliersi la scuola che più reputano opportuno far frequentare ai propri fi gli. Nella Costituzione non vi è quindi soltanto la possibilità di scegliere la scuola nell’ambito degli istituti scolastici gestiti dallo Stato, ma anche quella di far frequentare agli alunni la scuola pri-vata. Quest’ultima è garantita attraverso la parità scola-stica nell’ambito del Servizio di istruzione. Attraverso un controllo pubblicistico la scuola non statale viene inserita in quella statale, e il cittadino deve essere libero di sce-gliere l’una o l’altra, secondo le proprie preferenze, senza imposizioni che provengano dalla pubblica autorità. La presenza della scuola non statale soddisfa quindi un’esi-genza di libertà, e pertanto diritti inviolabili che spettano ai consociati.A questa esigenza fondamentale del Servizio di istruzione un’altra però si accompagna, che comunemente viene ignorata – unitamente alla prima–; ed è che la presenza della scuola non statale, qualora fosse realmente garan-tita, rappresenterebbe l’asse portante di un reale rinnova-mento della scuola pubblica, tale da renderla veramente idonea al raggiungimento degli scopi che la Costituzione si prefi gge. Occorre esaminare brevemente le ragioni di tale assunto, evidenziando l’inconsistenza delle argomen-tazioni che vengono addotte per contrastare il pluralismo scolastico, e ridurre il relativo Servizio ad un’attività for-mativa esclusivamente statale.

6MHY^MSRI�HIPPE�WTIWE�TYFFPMGE�GSRWIKYIRXI�EP�½�RER^MEQIRXS�HIPPE�WGYSPE�RSR�WXEXEPILa ragione principale che viene addotta a livello di dibat-tito politico e di opinione pubblica, nonché dottrinale, è che la scuola pubblica deve avere la priorità su quella privata, e che non si possono stornare fondi destinati

all’istruzione dalla scuola statale a quella non statale. Quest’ultima, come è noto, da sempre è in posizione di estrema debolezza, e ristretta di fatto quasi esclusi-vamente ad una scuola confessionale. Per sopravvivere necessiterebbe di fi nanziamenti, di appositi fondi ad essa destinati. Ma questi vengono sempre negati per ogni even-tuale ampliamento, ed anche ferocemente contestati per le pur minimali scuole – di fatto quasi esclusivamente confessionali – che ancora sopravvivono. La ragione che viene addotta per negare tali fondi è appunto un asserito depauperamento della scuola pubblica, che da tali asse-gnazioni deriverebbe.Tale affermazione è del tutto destituita di qualunque fon-damento, perché il costo delle scuole non statali, gestite sulla base delle rette pagate dagli alunni partecipanti, è per ciò stesso decisamente inferiore a quello di strutture esclusivamente pubbliche. È vero pertanto che di per sé un fi nanziamento ad una scuola non statale distoglie certi fondi da quella statale; ma è vero anche che tali fondi non sono, come comunemente si ritiene – se ci si consente l’espressione – gettati al vento, ma sostitui-scono strutture statali assai più costose, realizzando un risparmio di spesa. In tutta la pubblica amministrazione, in ogni pubblico servizio, sempre si è fatto ricorso alla privatizzazione allo scopo di realizzare un risparmio di spesa. Le strutture esclusivamente pubbliche sono infi ni-tamente più pesanti e costose di quelle private; le quali, se vi sono adeguati controlli, sono in grado di realizzare gli obiettivi prefi ssi in maniera spesso anche assai più valida di corrispondenti strutture statali, esclusivamente pubbliche. La pubblica istruzione ha un costo colossale proprio perché è sempre esclusivamente pubblica – tranne che per quelle poche scuole parifi cate che hanno un’im-portanza estremamente marginale. Le privatizzazioni hanno precisamente questo scopo primario di realizzare un risparmio di spesa. Accusare pertanto i fi nanziamenti alla scuola non statale di costituire sperpero di pubblico denaro sottratto all’istruzione non ha quindi senso, e rispecchia una mentalità statalista antiquata e fanatica, che identifi ca il perseguimento dell’interesse pubblico con la presenza esclusiva di strutture burocratiche pubbliche; affermazione questa così palesemente inattendibile e su-perata che fa veramente meraviglia che ancora qualcuno si azzardi a sostenerla.

notiziario professionale

63N����s�SETTEMBRE����� Sd

Il Servizio di pubblica istruzione, che è infi nitamente costoso, appare tale proprio perché manca del tutto ogni signifi cativo apporto di strutture private, le quali ne alleg-gerirebbero il costo. Il mastodontico apparato burocratico della pubblica istruzione, che attualmente sussiste, po-trebbe essere snellito attraverso quel potenziamento della scuola non statale, che è l’unica soluzione che ormai da tempo viene da tutti categoricamente esclusa, sulla base di un’asserita priorità del pubblico sul privato, che viete-rebbe ogni fi nanziamento alla scuola non statale.

0E�GSRGSVVIR^E�XVE�WGYSPE�TYFFPMGE�I�TVMZEXE�GSQI�HIGMWMZS�MRGIRXMZS�EH�YR�QMKPMSVEQIRXS�HIPPE�WGYSPE�TYFFPMGEI vantaggi di una parziale privatizzazione del Servizio scolastico non sarebbero esclusivamente economici, ma riguarderebbero – e questo è ancora più rilevante - il li-vello qualitativo della stessa istruzione. Gli istituti privati, che si sostengono sul pagamento delle rette degli alunni, hanno notoriamente un interesse ben preciso ad avere un livello qualitativo che giustifi chi l’onere imposto ai frequentanti, e quindi sono incentivati a raggiungere un livello qualitativo elevato, che è l’unico che giustifi chi la loro presenza. Qualora vi fosse una reale alternanza tra una scuola pubblica e una scuola privata veramente qualifi cata, si creerebbe una concorrenza ed un possibilità di paragone tra l’una e l’altra, che attualmente di fatto non esiste, e che sarebbe un incentivo ad un effettivo miglioramento della stessa scuola pubblica. Secondo la mentalità statalista che fi nora ha dominato il legislatore, tale concorrenza vi dovrebbe essere sulla base dell’auto-nomia scolastica, nell’ambito della scuola pubblica; ma tale scuola è pur sempre inserita in un apparato unitario, che esclude una diversifi cazione effettiva. La valutazione della scuola pubblica – a differenza di quella privata, la quale, basandosi sulle rette degli alunni, consente una agevole valutazione sulla base del successo economico ottenuto - viene effettuata tramite parametri burocratici, che non hanno uguale attendibilità. Una concorrenza re-ale, un’alternanza valida sulla base di un effettivo livello di qualità, richiede un paragone con la scuola non statale. Allora veramente si creerebbe una diversifi cazione con-cretamente in grado di dare nuova vita all’inerte e colos-sale apparato amministrativo della pubblica istruzione. Il pluralismo scolastico, per essere veramente tale, non deve esaurirsi in una pluralità di istituti scolastici statali dotati di autonomia pubblica, ma richiede un rapporto di questi ultimi, che ne stimoli la concorrenza, con una scuola ad essi estranea, anche se necessariamente rispondente ai parametri prescritti dallo Stato.

-P�QMKPMSVEQIRXS�HIPPE�GSRHM^MSRI�HIKPM�insegnantiUn primo ed effettivo miglioramento da tale situazione riguarderebbe la situazione nella quale attualmente si trovano gli insegnanti. Parte di questi sarebbero assor-

biti dalla scuola non statale, evidentemente sulla base di retribuzioni più elevate, mentre i rimanenti non ne avrebbero alcun danno, conservando la posizione nella quale si trovano. Un alleggerimento dei costi del servizio consentirebbe indubbiamente anche un miglioramento delle loro condizioni di vita, che appare indispensabile per il livello qualitativo del servizio di istruzione. Quest’ul-timo non è determinato unicamente dai criteri pedagogici applicati, ma anche dalle condizioni – che attualmente sono di estremo degrado – in cui si trova la scuola pub-blica. Attualmente gli elementi migliori sono incentivati a dedicarsi ad altre attività, anche se hanno una autentica vocazione per la professione dell’insegnante. La scarsezza delle retribuzioni e la scarsissima considerazione che si ha per la cultura, non solo a livello di opinione pubblica, ma anche purtroppo di classe politica e sindacale, che considerano il servizio di istruzione quasi del tutto inu-tile e privo di interesse, sono alla base dello scarso livello qualitativo dello stesso servizio, che spesso si riscontra nell’ambito della scuola. E questo aspetto istituzionale è di fatto assai più importante, per quello che riguarda i risultati raggiunti, dei criteri pedagogici che vengono adottati, pur se di per sé validissimi e innovativi. Un servizio depresso e demotivato è la causa prima indub-biamente di ogni sua carenza, più di quanto non lo sia la scelta – anche se di per sé pienamente valida – dell’uno o dell’altro tipo di criterio formativo.

%YWTMGEFMPI�VMRRSZEQIRXS�HIPPE�WGYSPE�TYFFPMGEPer risolvere i problemi della scuola pubblica l’unica ri-forma veramente effi cace sarebbe dunque introdurre quel pluralismo scolastico contro il quale fi nora si è combat-tuto, riuscendo a farlo scomparire quasi del tutto. Gli ostacoli non sono certo di carattere giuridico, perché la norma che consente l’istituzione di scuole private “ senza oneri per lo Stato ”deve essere interpretata, per tradursi in un divieto di ogni fi nanziamento alla scuola non statale, in senso estensivo; il che la Costituzione vieta in quanto ciò contrasterebbe con il principio, espressamente garan-tito, di sussidiarietà orizzontale (art. 118, 4° comma), così come con quella valorizzazione dell’attività lavorativa privata, che viene ritenuta in grado di perseguire fi ni di pubblica utilità, ed anzi ritenuta indispensabile a tale scopo, quale obbligo imposto a tutti i consociati (art. 4, 2° comma). E per di più si tratterebbe di un divieto contrario a tutti i precetti della Costituzione che prevedono una col-laborazione tra pubblico e privato e non restringono – il che sarebbe espressione di un pregiudizio ideologico che la Costituzione non ha mai accettato – il perseguimento dei fi ni di pubblica utilità alla presenza di strutture pub-bliche. Le diffi coltà sono solo di carattere politico, perchè gli interpreti che giungono a conclusioni restrittive hanno lo scopo di garantire un monopolio statale della pubblica istruzione che consente – è doloroso dirlo – una propa-ganda politica, attraverso un’interpretazione faziosa e

notiziario professionale

64 N����s�SETTEMBRE�����Sd

distorta dei precetti costituzionali, che vengono funziona-lizzati ad interessi di partito, in aperta violazione sia della lettera che dello spirito della Costituzione. Attualmente si è giunti ad escludere, da tempo, ogni ampliamento della scuola non statale attraverso fi nanziamenti pubblici, e si è sul punto di sopprimerla del tutto. E non ci si rende conto

che è proprio la via che si è adottata che è la causa prima della crisi della scuola pubblica. A livello di opinione pubblica e di classe politica, oltre che dottrinale, non ci si rende conto che è solo la garanzia di un effettivo plu-ralismo che può determinare un vero rinnovamento nel settore della pubblica istruzione.

Soluzioni digitali per la scuolaInfoZeta

www.infozeta.net www.izscuola.it

e-mail: [email protected] - [email protected] Tel: 030/7242730

PORTALE GOV.IT

Realizzazione del portale gov.it nel rispetto delle norme ministeriali e assistenza alle procedure di registrazione del dominio.

Per richiedere una prova gratuita dei software contatta

ORARIOUn programma per la compilazione

automatica dell’orario scolastico semplice e rapido nell’elaborazione. Gestisce qualsiasi numero di docenti, classi, laboratori, attività opzionali, ecc.

REGISTRO ELETTRONICOFacile da utilizzare, veloce, personalizzabile, completo.

Il Software di base comprende i moduli:

• Comunicazione Scuola-Famiglia • Amministratore • Scrutinio • Esami • Statistiche • Giornale dell’Insegnante • Giornale di Classe. In più:• Registri Standard con Nuclei tematici • Traguardi e verifi che di competenza• Obiettivi e verifi che di apprendimento• Monitoraggio del Profi lo alunni

con l’ausilio di grafi ci.

Personalizzazione di qualsiasi documento e inserimento di qualsiasi griglia (compilazione in automatico

dei giudizi descrittivi, ecc.)