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La relazione d’aiuto rilflessioni e proposte per una relazione di aiuto
volontaria
Di Berardino Patrizia e De Angelis Pina
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Le domande:
• Cosa significa aiutare l’altro per un volontario? • Cosa può offrire un volontario nella relazione di aiuto? • Quali sono i pericoli da evitare? • Quali sono le “qualità fondamentali” per chi aiuta? • Quali le tecniche per aiutare nella relazione? • Come gestire un gruppo nella relazione?
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Aiutare l’altro
• L’aiuto è un processo mediante il quale la persona aiutata acquista nuovi comportamenti .
• Chi offre aiuto attraverso la relazione ha la responsabilità di favorire questo sviluppo nell’altro.
• Per aiutare l’altro bisogna saper rispondere adeguatamente ai suoi bisogni, non ai nostri
• C’è differenza tra aiutare gli altri (dare informazioni, abitazione, medicinali..) e attuare una relazione d’aiuto D
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Una buona relazione d’aiuto prevede:
• Capacità individuali (predisposizione e interesse per l’altro)
• Tecniche per facilitare l’incontro e rendere più
efficace la relazione
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Il colloquio di aiuto
Il colloquio di comprensione e chiarificazione (di aiuto) è la tecnica più utilizzata nelle relazioni di aiuto ma trova applicazione anche in altri ambiti.
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Alcune raccomandazioni nell’aiutare
• Per ciascuno l’aiuto all’altro ha un significato diverso • Ciascuno è disponibile nel volontariato ad aiutare
l’altro fino ad un limite
• Aiutare l’altro può creare delusione delle aspettative
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La relazione di aiuto serve a facilitare , all’interno della persona lo sviluppo di tre fondamentali processi di intrapersonali
CICLO DELLE FASI DI AIUTO
1. Aiutare il cliente a esplorare il suo
mondo interno
2. Aumentare la conoscenza di sè
3. Concordare un programma di azione D
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5 caratteristiche del colloquio di aiuto
• La presenza di almeno due persone in relazione simmetrica (una pone questioni, l’altra risponde)
• Un accordo comune fra gli interlocutori • Un oggetto o un argomento (il focus dello
scambio) • Un obiettivo, un fine o uno scopo • Un clima facilitante D
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la relazione d’aiuto:
! non è una discussione ! non è un’intervista ! non è un interrogatorio ! non è un discorso da parte di chi
aiuta ! non è una confessione ! non mira a una diagnosi
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Nella relazione di aiuto si cerca di stimolare un cambiamento positivo fornendo all’individuo un aiuto per:
• identificare i comportamenti inadeguati • identificare i problemi che ostacolano i cambiamenti
nello stile di vita • acquisire abilità e motivazione al cambiamento • identificare e raggiungere obiettivi per lui importanti e
realizzabili
Obiettivi possibili della relazione d’aiuto
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Il volontario non possiede conoscenze o abilità “magiche”, e non è in grado di sostituirsi alla persona e risolvere il problema al posto suo fornendogli soluzioni preconfezionate
Piuttosto, egli cerca di effettuare un “lavoro comune” mettendo le proprie conoscenze e abilità al servizio dell’altro, che è il vero e proprio “primo attore” della relazione
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Gli stadi del cambiamento
contemplazione
preparazione
azione mantenimento
(ricaduta)
precontemplazione non praticano att. fisica nè vogliono cominciare non praticano a.
fisica ma vorrebbero cominciare
praticano a. fisica irregolarmente o intendono iniziare
praticano a. fisica regolarmente ma da poco
praticano regolarmente att. fisica
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L’aiuto è centrato sul cliente Il volontario si rifiuta di orientare il cliente verso una
determinata direzione. Il suo compito non è quello di guidare, ma di creare le condizioni per lo sviluppo.
Obiettivi del volontario nella relazione d’aiuto: • Creare un clima di fiducia che favorisce
l’incontro. • Agevolare l’autoesplorazione • Favorire l’autonomia esistenziale • Chiarificare, aiutare a prendere decisioni,
agevolare.
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Qualità del volontario nella relazione d’aiuto
• Concezione positiva dell’essere umano • Autenticità • Comprensione empatica • Adeguata conoscenza di se stesso (maturità
psicoaffettiva) • Concretezza
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• Per ottenere una verbalizzazione il meno distorta possibile è necessaria un atteggiamento completamente permissivo, che eviti di frustrare e quindi bloccare la comunicazione del paziente.
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Accettazione/Approvazione
• La persona ricava sicurezza dall’accettazione dell’agevolaore non dalla sua approvazione.
• La valutazione viene comunque vissuta come una “minaccia” che viene dall’esterno, qualcosa da cui l’individuo si difende
• La valutazione positiva è altrettanto minacciosa di una negativa: dire a qualcuno che è buono implica che si ha anche il diritto di dirgli che è cattivo. D
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Mi sono convinto che quanto più riesco ad instaurare una relazione libera da giudizi e da valutazioni, tanto più il mio partner potrà sentire posto in sé ogni criterio di valutazione, ogni sorgente di responsabilità …
(Rogers C., 1957, cit. in. Lumbelli L., 1972, p. 53)
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Comportamenti accettanti • Dimostrare di accettare sentimenti che stanno alla base
delle dichiarazioni • Adattare il proprio tono di voce alle risposte accettanti • Eliminare tracce di valutazione dal proprio
comportamento • Sottrarre dall’atteggiamento accettante sfumature di
possessività e dedizione affettiva.
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LA COMPRENSIONE EMPATICA
Sentire il mondo personale del cliente, “come se” fosse nostro senza però mai perdere questa qualità del “come se” … sentire l’ira, la paura, il turbamento del cliente, come se fossero nostri, senza però aggiungervi la nostra ira, la nostra paura, il nostro turbamento.
(Rogers C., 1951)
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• Tale comprensione empatica è differente da quella più frequente dell’interazione quotidiana.
Il tipo di comprensione che in genere offriamo e riceviamo è una comprensione che valuta dall’esterno … tendiamo a vedere il mondo dell’altra persona soltanto dal nostro punto di vista, non dal suo, lo analizziamo e lo valutiamo, non lo capiamo.
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• Sa sperimentare con immediatezza e ricchezza di sfumature sentimenti e idee espressi dall’interlocutore
• Sa accettare il vissuto di tali sentimenti ed idee nella loro evoluzione
• Sa esprimere in maniera adeguata i propri sentimenti e i propri vissuti
• Sa formulare i propri costrutti personali in maniera flessibile nella forma di ipotesi da confrontare continuamente con la dinamica delle esperienze
• Sa essere tempestivo nella comprensione che risulta tanto più efficace quanto più si manifesta immediatamente in seguito – e in relazione a – verbalizzazioni dell’interlocutore
Interlocutore empatico
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Cosa favorisce l’empatia
• Curiosità • Pluralità di domande • Riformulazione dei contenuti • Partecipazione reale all’ascolto, non finzione Centratura sul
vissuto emotivo • Segnali non verbali di attenzione • Segnali paralinguistici di attenzione
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Cosa distrugge l’empatia • Disinteresse interiore • Fingere un ruolo di ascolto solo per dovere • Giudizio sui contenuti, commenti • Monotonia nel tipo di domande • Centratura esclusiva sui fatti • Linguaggio del corpo che esprime disinteresse o noia • Scarsa dimostrazione di interesse e attenzione
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Congruenza Il volontario/agevolatore incontra l’altro in modo autentico,
da persona a persona • Non si comporta da “dietro una maschera” • Ascolta e accetta i propri sentimenti, sebbene non li
attribuisca all’altro (es. noia, stanchezza, antipatia non come caratteristiche dell’altro ma come miei sentimenti)
• Tanto maggiore sarà la congruenza del volontario tanto più ci si potrà attendere che la personalità dell’altro potrà modificarsi in quella direzione
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Ecco alcune ragioni per le quali è meglio astenersi dal dare consigli: Molto spesso le persone non desiderano
consigli. Vogliono invece essere ascoltate e comprese.
E’ raro che le persone accettino consigli, specialmente quando pensano che non siano i consigli giusti.
Se il consiglio si rivela sbagliato, la persona che lo ha accettato potrà abdicare alla responsabilità personale: dopo tutto, non era stata un'idea sua.
E’ necessario che i clienti nel counselling sentano che le loro abilità ed esperienze sono ritenute e trattate come valide. Qualunque consiglio da parte di un counselor metterebbe in discussione questo principio basilare.
L'equità è vitale nella relazione di counselling. Se vengono dati consigli il ruolo di esperto del counselor viene rinforzato e l'equità viene negata
Dare consigli può essere offensivo e intrusivo, specialmente quando la persona che li riceve è sconvolta e vulnerabile.
Non ci sono due sole persone al mondo che abbiano la stessa esperienza di vita, quindi un consiglio si addice di più a chi lo fornisce che a chi lo riceve.
I consigli tendono a considerare soltanto gli aspetti più superficiali di un problema, aggirando o ignorando le quest ion i p iù profonde che spesso sono quelle nodali.
Dare consigli è un sistema di comunicazione a una sola via. Nel counselling il cliente dovrebbe essere coinvolto attivamente nell'intero processo.
E’ difficile che i consigli aiutino i clienti a cambiare.
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L'arte di ascoltare Quando ti chiedo di
ascoltarmi e cominci a darmi dei consigli non fai ciò che ti ho chiesto.
Quando ti chiedo di ascoltarmi e cominci a dirmi perché non dovrei avere certe reazioni stai calpestando i miei sentimenti.
Quando ti chiedo di ascoltarmi e senti che devi fare qualcosa per risolvere i miei problemi non mi sei di supporto.
Forse per questo che la preghiera funziona per alcuni.
Le divinità sono mute, non offrono consigli, non tentano di riparare le cose. Esse ti ascoltano, e si fidano che tu troverai la soluzione.
Per piacere, ascoltami .... E se veramente vuoi parlare aspetta qualche minuto .... e prometto che ti ascolterò. D
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Fasi del colloquio Primafase
• Obie&vodichiges.sceilcolloquio:COMPRENDERE• Obie&vodelcliente:CHIARIREEDEFINIREILPROBLEMA• PercapacitàdicomprensionesiintendelacapacitàdimeGerepienamenteafruGol’abilitàche
abbiamodefinitocomeempa.a;essaèilpresuppostodibase,madinonminoreimportanzasonoanchelacapacitàdisospendereilgiudizio,l’ascoltoa&voel’acceGazioneincondizionata.
Secondafase• Obie&vo:STIMOLOECONRONTO• Obie&vodelcliente:CAMBIAREILMODODIPENSARERISPETTOALPROBLEMA• Riuscireadagevolareilclienteaffinchearriviaduncambiamentodiprospe&vacheglipermeGa
diosservareilsuoproblemainmanieradiversadiventaunpassaggioimportanteversounasoluzione.
Terzafase• Obie&voFAREDAGUIDAPERILREPERIMENTOELALAMOBILITAZIONEDELLERISORSE
NECESSARIEPERILCAMBIAMENTO• Obie&vodelcliente:SVILUPPAREEVALUTARELEOPZIONIADISPOSIZIONEPERRENDERE
OPERATIVEQUELLEPRESCELTE
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Il colloquio Senelcolloquiovolontariovuolecentralizzareisen.men.delclienteoladinamicainterpersonalesceglieràun.podirispostachemeGainrisaltoisen.men.delcliente,chedescrivalerelazioniechecomunichilacomprensionedelclientestesso.Questerispostecontengono:• riformulazionidicertefrasideGedalcliente• rispecchiamentodeisen.men.delclientericapitolazionedeisen.men.
• richiestedichiarificazionericonoscimentodelcomportamentononverbale D
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La riformulazione AncheseèimportanterimanereinposizionediascoltocisonotuGaviadiversimodiincuichiaiutapuòcomunicareallapersonacheèveramenteinascoltoechehaunruoloa&vo.Lariformulazioneèunodiques.modi.Essaconsistenelripetereilpensierooilsen.mentoprincipaleespressodalcliente.Facciamounesempio.• Cliente“nonsosecon.nuareafrequentarelascuolaolasciarlaecercarmiunlavoro.Selalascio,perònonsochelavoropotreitrovare”.
• Consulente:“leinonsaserimanereascuolaolasciarla”.
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Riflettere i sentimenti .ComerifleGereunsen.mentoespressoverbalmente?• Cliente:“Unmiogrossoproblemaèchequandosonoconlagentenonhonientedadire...”Consulente.“cosìquandoleièconglialtrisentechenonhanientedacomunicare”.
• ComerifleGereunsen.mentoespressononverbalmente• Cliente:nondicenientemastacurvosullasediacongliocchibassieun’ariadiabbandonoConsulente:“dalsuoaspeGomisembrachedebbasen.rsimoltosoloescoraggiato”. D
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Richiesta di chiarimenti A volte ciò che il cliente dice è un po’ enigmatico e confuso e il consulente si domanda che cosa il cliente voleva veramente dire. In questi casi è veramente importante che il consulente chieda un chiarimento piuttosto che cercare di indovinare e lasciar cadere la cosa. La richiesta di chiarimenti sollecita il cliente a ripetere il concetto e ciò può avvenire in modi diversi. Ecco degli esempi: • “può provare a descrivere quel sentimento in un altro modo?” • “non sono certo di capire ciò che intende dire” • “quando dice ‘confuso’, che tipo di sentimento prova?” • “credo di essermi perso. Può ripetermi la sequenza degli avvenimenti?
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Richiesta di chiarimenti A volte ciò che il cliente dice è un po’ enigmatico e confuso e il consulente si domanda che cosa il cliente voleva veramente dire. In questi casi è veramente importante che il consulente chieda un chiarimento piuttosto che cercare di indovinare e lasciar cadere la cosa. La richiesta di chiarimenti sollecita il cliente a ripetere il concetto e ciò può avvenire in modi diversi. Ecco degli esempi: • “può provare a descrivere quel sentimento in un altro modo?” • “non sono certo di capire ciò che intende dire” • “quando dice ‘confuso’, che tipo di sentimento prova?” • “credo di essermi perso. Può ripetermi la sequenza degli avvenimenti? D
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Riconoscimento del comportamento non verbale Il riconoscimento del comportamento non verbale è una
risposta che mette in evidenza un gesto o una posizione del cliente molto chiara, senza cercare di interpretarne il senso. In questo modo la risposta è differente dalla riflessione non verbale di un sentimento. E’ importante non cedere all’inclinazione di interpretare verbalmente il comportamento del cliente. Il consulente però può chiedere conferma o chiarimento al cliente in modo che, se ha un significato, il cliente lo può dire. Ecco alcuni esempi:
• - “lei sta tutto teso adesso” • - “ha un’aria curiosa. Ha seguito il mio discorso?” • - “il suo corpo mi pare più rilassato. Si sente più
rilassato?”
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Terminare un colloquio • Per terminare il colloquio spesso basta una piccola frase
del consulente, come per esempio: “sembra che il nostro tempo per oggi sia finito”, oppure: è giunto il momento di fermarsi per oggi; un altro sistema efficace da usare è la ricapitolazione che consiste essenzialmente in una serie di frasi con cui il consulente collega i punti principali del colloquio. La ricapitolazione è un genere di risposta attiva da parte del consulente e spesso aiuta il cliente a riascoltare ciò che ha esposto
• Un’altra possibile strategia per concludere il colloquio consiste nel chiedere al cliente di ricapitolare, chiedendogli che cosa conserva dell’incontro avvenuto, per esempio: “dato che per oggi stiamo ormai finendo il nostro incontro, mi piacerebbe sapere che cosa lei porta con sè riguardo a quanto abbiamo detto, se potesse ricapitolare, penso sarebbe utile per lei e per me”
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Evitare
• Fare discussione con il cliente • Lasciarsi sedurre dal cliente • Identificarsi con il cliente
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