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La responsabilità sociale di territorio nella filiera agroalimentare
Il Progetto M.A.I.S.
Dicembre 2010
Fondazione Eni Enrico Mattei
Memoria & Progetto
Con il contributo di
Indice
1. Introduzione ............................................................................................................ 3
2. Un nuovo concetto: la Responsabilità Sociale di Territorio.............................................. 3
3. La responsabilità sociale territoriale e il settore agroalimentare ...................................... 5
4. Filiere agroalimentari e comunità locali: dal Progetto M.A.I.S. al Tavolo di Connessione del
Parco Agricolo Sud Milano.......................................................................................... 7
Il contesto territoriale di riferimento: il Parco Agricolo Sud Milano e la Zona 4 di Milano .... 7
Il progetto M.A.I.S.................................................................................................. 10
Il Tavolo tecnico di Connessione del Parco Agricolo Sud Milano..................................... 12
5. Conclusioni ............................................................................................................ 16
6. Allegati ................................................................................................................. 17
7. Bibliografia ............................................................................................................ 24
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 3
1. Introduzione
Negli ultimi anni il dibattito sulla “Responsabilità Sociale d’Impresa” si è ampliato tanto da
arrivare a generare un nuovo concetto, quello di “Responsabilità sociale di Territorio”. Questa
nuova teoria parte dal presupposto che le responsabilità dei diversi soggetti, pubblici e privati,
che operano su di un territorio, non siano separate bensì interdipendenti. Vi sono infatti delle
aree di sovrapposizione che devono essere gestite in modo corale dalla rete di soggetti
coinvolti. Si passa, pertanto, da una prospettiva che vede la singola impresa interagire coi
propri stakeholder, in relazione a specifiche questioni sociali o ambientali, ad una prospettiva
più ampia, che vede tutti i soggetti, che a vario titolo operano su di un territorio, collaborare
insieme per lo sviluppo sostenibile locale, con un approccio multi-stakeholder.
Questo discorso è ancora più valido per quanto riguarda la filiera agroalimentare, dove
produttori, consumatori ed enti pubblici sono chiamati a collaborare per avviare insieme un
processo di ristrutturazione della filiera stessa, in un’ottica di sostenibilità locale.
2. Un nuovo concetto: la Responsabilità Sociale di Territorio
Su ogni territorio, i soggetti di diversa natura giuridica che vi operano condividono le loro
responsabilità, sia per quanto concerne la tutela dell’ambiente e delle comunità sia per quello
che riguarda lo sviluppo sostenibile locale. Soggetti, pubblici e privati non possono non
contemplare l’idea di lavorare in rete se davvero vogliono contribuire alla crescita del territorio
nei confronti del quale hanno delle responsabilità, come la teoria classica della responsabilità
Sociale d’Impresa insegna.
Per tali motivi, l’idea di responsabilità sociale di territorio è inestricabilmente legata all’idea
secondo cui uno sviluppo sostenibile locale non possa essere raggiunto se non attraverso una
tipologia di governance territoriale basata sulla “network coordination”. Allo stesso tempo,
risulta imprescindibile l’idea di una progressiva inclusione (partecipazione) degli stakeholder
nelle strategie di sviluppo sostenibile delle organizzazioni (Costantino, Marchello, Mezzano
2010).
Lo sviluppo sostenibile, che viene definito da alcuni come un concetto dinamico “che ha a che
fare con diverse scale spazio-temporali e stakeholder multipli” (Van Zeijl Rozema et al. 2008),
a livello locale, ne enfatizza la sua componente territoriale. Per ‘territorio’ non si intende solo
l’insieme delle risorse naturali e antropiche che vi sono presenti ma anche l’insieme degli attori
e delle comunità locali che del territorio ne fanno uso, nel tempo e nello spazio (Peraro &
Vecchiato 2007).
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 4
Lo sviluppo sostenibile di un territorio, secondo l’idea progressista e olistica di Pike, non può
prescindere dal riconoscimento dei valori di giustizia, uguaglianza, equità, coesione,
democrazia, unità, solidarietà e internazionalismo. Questo approccio olistico enfatizza a sua
volta il ruolo dello Stato e delle istituzioni civili così come l’inclusione degli attori sociali.
Per meglio realizzare questo approccio allo sviluppo sostenibile, la soluzione di governance più
soddisfacente sembra essere la cosiddetta “network coordination”. La governance è uno
strumento fondamentale e necessario per l’esistenza di un qualunque processo di sviluppo
sostenibile (Zeijl Rozema et al. 2008) e, in una prospettiva territoriale, è definita come lo
strumento per risolvere problemi di coordinamento tra gli attori economici di un sistema
(Fadda 2003). Possiamo estendere questa definizione a tutti gli attori che operano su di un
territorio, includendo anche le pubbliche amministrazioni e la società civile.
Non è possibile definire a priori quale sia il modello di governance della sostenibilità da
implementare su di un territorio, perchè esso dipende dalle caratteristiche culturali e socio-
economiche del territorio in questione. Dal momento, però, che il concetto di governance
appare sempre più come una questione di bilanciamento dei ruoli, delle responsabilità, delle
capacità e del potenziale di diversi livelli di governo e di diversi attori sociali (Nelson & Zadek
2003), possiamo affermare, anche in virtù dell’introduzione del principio di sussidiarietà, che
sia auspicabile la network coordination come modello di governance del territorio.
La sussidiarietà è una risposta alla crisi del pubblico e alla sua incapacità di assicurare lo
sviluppo sostenibile a livello locale senza la cooperazione degli attori non statali, come le
imprese private o il terzo settore. Ecco che gli attori socio-economici sono chiamati a lavorare
insieme, condividendo valori comuni di benessere sociale, in una prospettiva di sviluppo
sostenibile locale (Costantino, Marchello, Mezzano 2010).
La partnership è lo strumento grazie al quale, operativamente, gli attori pubblici e privati
collaborano insieme, assumendo responsabilità comuni per lo sviluppo e la crescita dei loro
territori (Donolo 2007). In questo modo esperienze e capacità differenti ma potenzialmente
complementari vengono messe in condivisione per la realizzazione di progetti condivisi capaci
di creare esternalità positive per le comunità (Bottani 2009).
In questa prospettiva, l’importanza di partnership multi-settore e multi-stakeholder, chiamate
anche “nuove partnership sociali”, è sottolineata da Nelson and Zadek (2003) che le
definiscono come "people and organisations from some combination of public, business and
civil constituencies who engage in voluntary, mutually beneficial, innovative relationships to
address common societal aims through combining their resources and competencies".
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 5
Si viene così a costituire una “rete di responsabilità sociale” (Citterio & Lenzi 2005) che
comporta una sovrapposizione di responsabilità: la complessità di tale situazione richiede
l’adozione di un approccio multi-stakeholder.
L’azione congiunta degli attori in rete genera quello che viene chiamato “effetto alchemico”,
ossia un valore aggiunto superiore alla somma dei valori aggiunti che i singoli soggetti
potrebbero ottenere operando singolarmente. L’azione alchemica di una rete di soggetti
responsabili su di un territorio quindi ha più possibilità di ottenere buoni risultati nel campo
della sostenibilità locale.
3. La responsabilità sociale territoriale e il settore agroalimentare
Ogni attore della filiera agroalimentare è responsabile degli impatti che produce, in modo
diretto o indiretto, sull’economia, sul’ambiente e sulla società: aziende agricole, fornitori di
materie prime e di servizi, aziende di trasformazione alimentare, distributori e venditori al
dettaglio, sono tutti chiamati a condurre il loro business in modo responsabile.
La spinta verso la sostenibilità nelle grandi imprese alimentari è stata guidata dai consumatori
attraverso campagne di boicottaggio rivolte alle imprese considerate “cattive” e grazie ad
attività di sensibilizzazione e informazione nei confronti della cittadinanza, relativamente agli
impatti negativi delle grandi compagnie sui lavoratori, l’ambiente e le comunità.
Da quel momento in avanti, alcune compagnie hanno iniziato a comportarsi in modo più
responsabile, intraprendendo attività di stakeholder engagement e migliorando i loro sistemi di
gestione ambientale. Molte imprese oggi, ad esempio, producono e vendono prodotti biologici
oppure puntano a ridurre la produzione di rifiuti. Ma la maggior parte di loro, specialmente le
imprese multinazionali, sono ancora parte del sistema alimentare globale, responsabile di
mettere a repentaglio la sovranità alimentare di numerose comunità. Anche se questo
“business responsabile” non appare essere sufficiente a risolvere i problemi della filiera,
rappresenta comunque un passo in avanti.
In un‘ottica territoriale, non solo il mondo del business ma anche i governi, le organizzazioni
internazionali, i media e il terzo settore sono responsabili per gli impatti negativi e positivi del
settore agroalimentare: il loro compito è quello di disegnare e promuovere campagne di
informazione e sensibilizzazione sui problemi connessi ai prodotti alimentari, tutelare la
sicurezza e la salute dei consumatori, tutelare i diritti dei lavoratori, avviare iniziative di
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 6
educazione delle giovani generazioni, diffondere campagne di consapevolezza e svolgere
analisi critica dei modelli di produzione e consumo.
Anche i consumatori hanno delle responsabilità: sono chiamati a modificare il proprio stile di
vita in modo da attuare quotidianamente scelte più responsabili e attente all’ambiente e alle
comunità. A partire dalle loro abitudini alimentari e dal loro potere d’acquisto infatti, i
consumatori hanno la possibilità di ri-disegnare l’intera filiera alimentare, costruendo quella
che Zamagni chiama “un’alleanza” tra il produttore saggio e il consumatore consapevole.
In questo senso, l’analisi del contesto nazionale ed internazionale1 evidenzia un numero
sempre maggiore di esperienze di sostenibilità ambientale e sociale collegate a sistemi di
relazione e di economia locale nell’ambito di nuove filiere agro-alimentari2. In particolare si
riscontrano crescenti iniziative verso la creazione di modelli di produzione e consumo
alimentare, collegati a nuove concezioni di benessere basate su indicatori complementari
rispetto al Prodotto Interno Lordo.
Si tratta di reti in cui si sviluppano forme di agricoltura di tipo biologico, eco-compatibile e
sociale, dove le relazioni tra produttori e consumatori sono fondate su reciprocità, fiducia e
cooperazione, sulla tutela delle condizioni dei lavoratori e dell’ambiente, in cui si valorizzano i
legami con il territorio attraverso una partecipazione attiva di tutti i soggetti interessati.
Gli esempi concreti più diffusi nelle città di tutti i continenti si ritrovano nelle forme di
produzione e vendita di “cibo biologico” o di “cibo locale” attraverso i “mercati del contadino”,
o di “cibo giusto”, supportate da comunità locali3 e dalle istituzioni pubbliche, come ad esempio
accade in molti paesi dell’America Latina, dove per rafforzare tali iniziative e meglio definire
ruoli e funzioni di chi produce e di chi consuma è risultato rilevante il sostegno delle istituzioni
locali e dei decisori politici a livello nazionale4.
Soprattutto nei contesti urbani, appare sempre più necessario per porzioni crescenti di cittadini
rivitalizzare gli antichi rapporti esistenti tra città e campagna periurbana, anche sul piano di
una produzione agricola volta a riproporre prospettive di ‘sovranità alimentare locale’.
1 Le esperienze più note sono le AMAP – Association pour le Maintien de l’Agricolture Paysanne in Francia, le CSA -
Community Supported Agricolture in USA e i GAS – Gruppi di Acquisto Solidale in Italia, tutte nate negli anni ’80-‘90. 2 “Alternative Agro-Food Networks” nella letteratura anglo-sassone 3 Si tratta dei ‘farmers’ market’ nati negli USA e poi diffusisi in molti altri paesi tra cui, recentemente, anche in Italia,
con il supporto di Coldiretti e di Slow Food. 4 In Bolivia ed Equador le forme dell’economia solidale basate sul ‘ben viver’, sono citate nelle nuove costituzioni come
‘terza via’ rispetto a quelle dominanti. In Brasile e Venezuela le Reti di Economia Solidale sono supportate da uno
specifico segretariato del governo nazionale.
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 7
Rispetto, infatti, al modello prevalente di urbanizzazione basato sul consumo di suolo a danno
delle aree agricole o di riduzione delle aree rurali alla sola funzione di ‘cinture verdi’, emerge
un modello ‘altro’ che ripropone il ruolo dell’agricoltura come produttrice di qualità alimentare,
ambientale e territoriale.
4. Filiere agroalimentari e comunità locali: dal Progetto M.A.I.S. al Tavolo di
Connessione del Parco Agricolo Sud Milano
Nella città di Milano e nei Comuni che ricadono nel territorio del Parco Agricolo Sud da tempo si
manifestano analoghe esigenze volte a riavvicinare il contesto urbano a quello rurale anche sul
piano dell’alimentazione.
Si tratta di iniziative che hanno realizzato sistemi di vendita “a filiera corta” di prodotti agricoli
in città, ad esempio attraverso i “Mercati della Terra” di Slow Food, i “Mercati degli agricoltori”
promossi da Coldiretti, o i ‘mercati del contadino’ presso la Cascina Cuccagna a Milano e in
alcuni Comuni del Parco.
Nel Parco Sud, che abbraccia la città di Milano da est ad ovest, il substrato di queste iniziative
è costituito da reti locali di economia solidale promosse in particolare dal Distretto di Economia
Solidale Rurale e dai sempre più numerosi Gruppi di Acquisto Solidali (GAS), ‘BotteGAS’ e
‘superGAS’, che intendono gestire i propri acquisti secondo criteri di filiera corta a partire dalla
valorizzazione della propria campagna, sostenendo un’agricoltura alternativa ai metodi
produttivi oggi prevalenti (monoculture intensive ed industrializzate).
Alle esigenze manifestate da questo insieme di consumatori, che costituiscono la domanda più
consapevole e qualificata, si sta registrando una importante risposta da parte di alcuni
produttori presenti nel Parco, che hanno intrapreso percorsi di conversione di parte delle
proprie coltivazioni a metodi biologici o maggiormente sostenibili, per fare i conti in primo
luogo con la domanda qualificata di ortaggi e altri prodotti eco-compatibili.
Il contesto territoriale di riferimento: il Parco Agricolo Sud Milano e la Zona 4 di Milano
Il Parco Agricolo Sud, in quanto più estesa area agricola protetta d’Europa, costituisce il
denominatore comune di queste iniziative, che intreccia motivi di salvaguardia e tutela
ambientale del territorio con la difesa di una funzione come quella agricola che ha segnato la
storia dello sviluppo economico di quest'area.
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 8
Il territorio del Parco, istituito nel 1990, interessa 61 comuni della Provincia di Milano, con
un’estensione di 48.000 ettari di Superficie Agricola Utilizzata (SAU), in cui sono insediate 952
aziende agricole, di cui 576 hanno sia la sede legale sia quella operativa all’interno dei confini
del PASM (Parco Agricolo Sud Milano)5. Più della metà di queste 576 aziende è caratterizzata
da terreni coltivati inferiori ai 50 ha (circa 300)6, corrispondenti a circa il 15% della SAU totale;
le 84 aziende agricole con più di 100 ha (il 15% del totale) rappresentano il 55% della SAU
totale.
L'area del Parco si caratterizza come una delle zone di agricoltura più intensiva del territorio
nazionale. L'allevamento di bovini e suini è una delle attività principali (in termini di reddito
prodotto7) con circa 182 aziende che hanno allevamenti8. La coltura più diffusa e caratteristica
dell'area è quella dei cereali (80% del territorio agricolo9), di cui il riso rappresenta circa il
33,6%, il mais il 32,5% e le altre cerealicole il 14%; seguono le colture foraggere (11%) e, in
percentuali minori, le orticole, le marcite, le floricole, i vivai, i pioppeti e le aree boscate.
La salvaguardia e la qualificazione delle attività agro-silvo-colturali è uno dei principali obiettivi
dell’Ente Parco e in questo quadro trova collocazione l’azione di "[…] incentivare ed organizzare
iniziative tendenti a un minore impatto ambientale dei sistemi agricoli (colturali e di
allevamento) nell’uso dei mezzi tecnici impiegati (acqua, macchine, fertilizzanti di sintesi,
fitotrattamenti, reflui zootecnici)"10, come l'agricoltura biologica.
In questo contesto, l’Ente Parco propone l’obiettivo di valorizzare e promuovere il patrimonio
costituito dalle aziende agricole più innovative operanti nel territorio del Parco e di portarlo a
conoscenza degli abitanti dell’area metropolitana, anche grazie al progetto “Il Marchio
produttore di qualità ambientale” nel Parco Agricolo Sud Milano, con il quale sono state
premiate 23 aziende “pilota”, che hanno messo in atto azioni ambientali per uno sviluppo
virtuoso del territorio, in un’ottica multifunzionale di sviluppo sostenibile e di equilibrio con 5 I dati riportati in questo paragrafo sono ripresi dalla “Relazione finale” dell’Osservatorio Economico per l’innovazione
del PASM, maggio 2010. La relazione raccoglie i risultati dello studio affidato dall’Ente Parco al Dip.to di Economia e
politica agraria della facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano. 6 Tra queste 300 aziende agricole quelle con meno di 10 ettari sono 104, il 20%, ma con una SAU dell’1% del totale.
7 Oggi è anche uno dei settori maggiormente in crisi: il prezzo per l’acquisto del latte imposto dalle grandi aziende
della filiera della trasformazione industriale non corrisponderebbe più ai costi di produzione; peraltro la Coldiretti da
tempo denuncia il fatto che, in generale, agli agricoltori vada solo il 15% circa del prezzo finale al consumatore.
8 Di cui 138 aziende “zootecniche specializzate” e 44 “zootecniche non specializzate”, dalla “Relazione finale”
dell’Osservatorio Economico per l’innovazione del PASM, maggio 2010.
9 Le percentuali riportate nella “Relazione finale” citata sulle colture prevalenti si riferiscono a 25.000 ha circa sui
33.600 relativi alle 516 aziende censite.
10 Dal PSA – Piano di Settore Agricolo approvato dal Direttivo del PASM con delibera n.33 del 17/7/2007.
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 9
l’ambiente11. Le aziende agricole che hanno ricevuto il “Marchio” stanno muovendosi verso una
diversificazione dell’offerta di prodotti e servizi e anche verso un continuo miglioramento della
qualità della produzione, accompagnato da una riduzione dei passaggi che portano il prodotto
agricolo dal campo alla tavola: si tratta di un meccanismo efficace per remunerare in modo più
equo il produttore e rendere nel contempo riconoscibile la provenienza del prodotto.
Per quanto riguarda la città di Milano, l’area bersaglio del progetto è rappresentata dalla Zona
412 - con un’attenzione specifica per i quartieri periferici - e dalla campagna ad essa
circostante. Tale contesto risulta interessante da assumere come caso studio all’interno del
progetto M.A.I.S. per le sue caratteristiche territoriali e socio-culturali. Da un lato, infatti, si
tratta di un luogo di confine tra gli insediamenti urbani della città e la campagna agricola: si
trova contemporaneamente a pochi minuti dal Duomo di Milano e in piena campagna. In
particolare, il territorio comprende il Parco della Vettabbia, posto all’interno del più ampio
Parco Agricolo Sud Milano e inserito nell’antica Valle dei Monaci, che confina con gli ultimi
insediamenti residenziali della città e con il Borgo di Chiaravalle.
Al contempo, la Zona 4 di Milano è caratterizzata dalla compresenza di situazioni di grande
benessere e notevole disagio. I quartieri periferici sono, infatti, caratterizzati da criticità che
interessano diverse fasce di popolazione, costituita per lo più da persone anziane e famiglie
immigrate. I disagi maggiori, che contribuiscono a creare una sensazione di insicurezza e di
esclusione sociale, sono rappresentati dalla condizione delle persone immigrate, dalla
frammentazione e disgregazione delle famiglie, dalla disoccupazione o dalla precarietà
lavorativa, dal problema abitativo, dall’abbandono scolastico e dal degrado ambientale (per un
approfondimento sulla storia della Zona 4 si veda anche la sezione 6. Allegati: il Dossier “La
Zona 4 di Milano”).
L’Associazione Nocetum rappresenta per questa zona un luogo strategico di inclusione sociale,
di incontro tra la città e la campagna, anche in qualità di Punto Parco Agricolo Sud Milano,
poiché si trova tra la periferia milanese e il territorio del Parco Agricolo Sud Milano. Per questo
motivo è stata individuata come uno dei destinatari privilegiati del progetto, polo di eccellenza
11 Questo approccio corrisponde in parte alla PAC – Politica Agricola Comunitaria degli anni 2000; dopo aver sostenuto
fino agli anni ’90 la specializzazione e l’intensificazione dell’agricoltura e privilegiato i sussidi alle filiere agro-industriali,
la PAC propone ora la multifunzionalità e la eco-compabilità tra le soluzioni alla crisi del settore primario. 12 Denominata “Vittoria-Forlanini”, la zona 4 di Milano comprende i seguenti quartieri: Porta Vittoria, Porta Romana,
Libia, Cavriano, Calvairate, Monluè, Taliedo, La Treccia, Porto, Gamboloita, Nosedo, Corvetto, Rogoredo, Santa Giulia,
Morsenchio, Forlanini, Omero, Mazzini, San Luigi, Ponte Lambro.
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 10
sui temi della sostenibilità nella città di Milano e inserita all’interno di una rete solida di
associazioni di volontariato, cooperative sociali, istituzioni, dipartimenti scolastici.
Infine, la nascita di forme di economia solidale nella Zona 4, tra cui alcuni GAS - come quello
presso la “Casa della Pace” - o il nascente Distretto di Economia Solidale (DES) del Parco
Agricolo Sud rappresentano un ulteriore punto di forza che testimonia l’intenzione del territorio
di muoversi verso forme di economia maggiormente sostenibili.
In un territorio così fecondo dal punto di vista dell’offerta di prodotti alimentari sostenibili e a
km zero e ricco di iniziative culturali, è opportuno implementare attività di educazione alla
sostenibilità agroalimentare, con l’obiettivo di diffondere su questi temi una cultura forte e
condivisa che possa favorire la coesione sociale e la crescita economica della filiera
agroalimentare sul territorio.
Informare e sensibilizzare su questi temi rappresenta, pertanto, la condizione indispensabile
per consentire l’avvio di un circolo virtuoso di produzione e consumo, all’insegna del rispetto
dell’ambiente, in cui tutti i soggetti del territorio sono chiamati a rispondere come nodi di una
rete di responsabilità: mercato alimentare, pubbliche amministrazioni locali, terzo settore e
consumatori.
Il progetto M.A.I.S.
A fronte di questo obiettivo, l’implementazione di una rete di soggetti attivi, partecipi e
responsabili è stata identificata come lo strumento chiave per dare vita ad un sistema locale
sostenibile. I “nodi” di questa rete sono stati messi in condizione di conoscere vantaggi,
criticità e opportunità offerti dai diversi sistemi di produzione e di consumo alimentare,
attraverso la condivisione di strumenti per valorizzare le piccole produzioni locali di qualità e
per garantire la sostenibilità delle produzioni, l’equità della distribuzione delle ricchezze e il
rispetto dei diritti.
Queste azioni sono state portate avanti nel corso del 2010 dalla Fondazione Eni Enrico Mattei
(FEEM) attraverso il Progetto “M.A.I.S. -Multistakeholder Activities and Initiatives for
sustainable food Systems”13, avente come finalità ultima la creazione di una cultura
condivisa per lo sviluppo sostenibile della filiera agroalimentare locale nel territorio di Milano e
del confinante Parco Agricolo Sud Milano.
13 Finanziato da Fondazione Cariplo nell’ambito del bando “Educare alla sostenibilità 2009”, realizzato in partnership
con l’Associazione Memoria & Progetto e con la collaborazione di BIC La Fucina e dell’Associazione Nocetum.
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 11
Il progetto M.A.I.S. si è proposto, quindi, di affrontare la sfida dell’educazione alla sostenibilità
con un focus specifico sulle tematiche relative alla sostenibilità agroalimentare, considerata
determinante per la crescita economica e lo sviluppo sociale di un territorio per gli elementi
sopra esposti.
In particolare il progetto si è proposto di:
• aumentare la conoscenza sulle criticità sociali, ambientali ed economiche della filiera
agroalimentare;
• rafforzare la responsabilità sociale del territorio;
• creare occasioni per lo sviluppo di pratiche sostenibili condivise nell’ambito della filiera
agroalimentare del territorio.
Il progetto ha perseguito, quindi, i seguenti obiettivi specifici:
1. mettere in rete i diversi attori della filiera agroalimentare appartenenti ai tre settori:
istituzioni, mercato alimentare e terzo settore;
2. fornire ai soggetti della filiera agroalimentare gli strumenti per avviare pratiche di
sostenibilità alimentare compatibili con lo sviluppo del territorio.
Attraverso tavoli di lavoro e incontri, le istituzioni locali, le associazioni di consumatori, le
organizzazioni del terzo settore e i piccoli produttori alimentari interessati a partecipare, hanno
condiviso i propri obiettivi impegnandosi a prendere parte al processo di costruzione di sistemi
alimentari locali sostenibili alternativi e acquisendo maggiori strumenti volti a sostenere la
creazione d’impresa nel settore agroalimentare.
Parallelamente sono state realizzate sul territorio attività di divulgazione sulle tematiche della
sostenibilità alimentare rivolte ai cittadini, anche in un’ottica di continuità con il processo
educativo avviato attraverso il progetto EAT:ING (www.eat-ing.net; finanziato nel 2007 da
Fondazione Cariplo tramite analogo bando).
Inoltre, sono state svolte attività socioculturali volte a portare alla luce valori e tradizioni,
utilizzando la cultura alimentare come elemento di coesione per un territorio a forte vocazione
agricola, quale è la Lombardia.
La composizione del gruppo di soggetti che hanno preso parte ad alcune di queste iniziative,
così come emerge dai questionari, ha visto il 36% con un’età compresa tra i 30 e i 50 anni,
seguito dal 32% di giovani sotto ai 30 anni. Il 20% di queste persone ha una professione da
impiegato, il 13% è consulente, l’11% è costituito da insegnanti e in uguale percentuale da
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 12
studenti. Il 72% è residente nel Comune di Milano, seguito dal 14% di persone residenti nel
Comune di Corsico.
Nell’arco delle tre fasi di progetto sono state realizzate numerose attività, tra cui incontri
divulgativi e formativi sui temi del progetto, la messa in rete dei soggetti del territorio
interessati a condividere competenze ed esperienze nell’ambito della sostenibilità della filiera
agroalimentare, una biblioteca tematica e una bottega per la vendita di prodotti del Parco Sud,
un’area didattica per le scuole, un sito internet interamente dedicato al progetto e relativi
materiali divulgativi (www.progettomais.net).
Il dialogo avviato con i soggetti del territorio e le attività di promozione del progetto hanno,
inoltre, creato i presupposti per un coinvolgimento di più ampio respiro rispetto a quello
previsto in origine: è stato, infatti, costituito un Tavolo tecnico di Connessione del Parco
Agricolo Sud, per dare continuità e sinergia alle singole iniziative presenti sul territorio,
promosso dal progetto M.A.I.S. insieme ai progetti BuonMercato, Il Pane e le rose, Energia &
Grano (anch’essi finanziati da Fondazione Cariplo nell’ambito del bando “Educare alla
sostenibilità 2009”).
Il Tavolo tecnico di Connessione del Parco Agricolo Sud Milano
Le sollecitazioni esercitate dai cittadini dei territori del Parco Sud sensibilizzati a stili di vita e
consumo maggiormente sostenibili tramite i progetti citati finanziati da Fondazione Cariplo e
l’intervento dei Gruppi di Acquisto Solidale del Distretto Rurale di Economia Solidale hanno
favorito i rapporti diretti con più di 30 aziende agricole del Parco che hanno aderito a stili di
produzione maggiormente sostenibili, costituendo un primo importante punto di incontro tra
domanda e offerta di prodotti alimentari eco-compatibili e a filiera locale nel territorio
milanese.
All’interno di queste esperienze sono risultati di particolare rilievo:
1. il modello “BuonMercato” come struttura di servizio co-promossa dalla Pubblica
Amministrazione a supporto della sensibilizzazione e dell’attivazione dei cittadini verso
nuovi stili di vita e consumo;
2. la metodologia di indagine conoscitiva della propensione degli agricoltori di un territorio
alla trasformazione ‘sostenibile’ delle proprie coltivazioni in rapporto con una domanda
qualificata e definita di prodotti promossa da “Il pane e le Rose”;
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 13
3. la relazione tra progetti comunali rivistati, come i ‘giardini dei nuovi nati’ trasformati in
frutteto, e punti vendita collegati con le aziende agricole locali promossa dal progetto
Energia & Grano;
4. la valorizzazione del Punto Parco Nocetum come luogo di incontro tra cittadini
‘responsabili’ e prodotti del Parco Sud tramite seminari e ‘orti urbani’ operata dal
progetto M.A.I.S.;
5. le filiere del pane, dei prodotti ortofrutticoli, della carne – razza varzese, ricostruite dal
Distretto Rurale di Economia Solidale all’interno del Parco Sud
6. la costruzione di reti di relazione tra produzione e consumo ‘sostenibile’ in tutti gli
interventi sintetizzati nei punti precedenti.
Affinché questi primi importanti risultati avessero la possibilità di svilupparsi, di avere
continuità nel tempo, anche in vista di Expo 2015, e di raggiungere un maggiore equilibrio di
sostenibilità non solo ambientale e sociale, ma anche economica, è divenuta chiara per i
protagonisti delle esperienze citate la necessità di sviluppare i successivi passi:
− la messa in campo di connessioni e di interventi generalizzati affinché tutti i soggetti del
Parco Sud potenzialmente coinvolgibili, nelle aree urbane ma non solo, siano a
conoscenza delle opportunità di produzione e consumo sostenibile che sono state
attivate dai progetti citati;
− la verifica allargata di quali siano le condizioni, le competenze, le risorse che
permettano in particolare agli Attori oggi più consapevoli e/o disponibili all’interno del
Parco Sud di entrare in possesso degli strumenti per supportare in modo più articolato
le scelte di sostenibilità già avviate.
Alla base dell’idea progettuale del “Tavolo di Connessione” vi è stata la volontà di individuare
una strategia condivisa che desse continuità e organicità all’elaborazione di modelli di
governance delle reti di produzione e consumo sostenibile esistenti all’interno del Parco
Agricolo Sud Milano.
Al fine di coordinare ed armonizzare i processi di cambiamento avviati in singoli territori
attraverso le iniziative già in essere, il Tavolo è nato con l’obiettivo di non disperdere le energie
fino a quel momento investite nello sviluppo delle singole esperienze, permettendo, anzi, di
inserire queste ultime in una cornice più ampia e maggiormente strutturata, accogliendo anche
l’invito della stessa Fondazione Cariplo a “favorire la condivisione delle esperienze di
valorizzazione del territorio del sud-ovest milanese”.
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 14
In particolare il Tavolo ha perseguito i seguenti obiettivi:
1) condividere capacità, risorse e risultati resi disponibili dai progetti BuonMercato, Pane e
le Rose, M.A.I.S., Energia & Grano;
2) raccogliere e rendere utili competenze di centri di ricerca, di università e di altri soggetti
che operano sul territorio del Parco Agricolo Sud Milano, relative ai percorsi di
trasformazione eco-compatibile delle colture e alla costruzione di nuove filiere agro-
alimentari sostenibili;
3) favorire la realizzazione di interventi che producano con metodi collaborativi nuove
risorse e risultati di interesse comune.
Ai quattro progetti promotori del Tavolo di Connessione si sono aggiunti a fine 2010 anche i
progetti La Casa della sostenibilità (bando “Educare alla Sostenibilità 2010”) e Riqualificazione
della Cascina Cappuccina (bando “Spazi Aperti 2010”), finanziati da Fondazione Cariplo.
Nel corso del 2010, l’invito a partecipare alle attività del Tavolo è stato esteso a tutti i soggetti
portatori di interesse rispetto alle attività nel Parco Agricolo Sud che hanno obiettivi simili.
Al Tavolo hanno aderito altre organizzazioni pubbliche e private, come la Facoltà di Agraria
dell'Università degli Studi di Milano, LPE - Laboratorio di Progettazione Ecologica del Territorio
e ‘EDS-Expo Diffusa e Sostenibile’ del Politecnico di Milano, i Comuni di Corsico e Cesano
Boscone, AIAB, Ciclobby, la LIPU e lo stesso Ente Parco, che sta seguendo con attenzione
questo processo, insieme alle numerose organizzazioni locali che si occupano di sostenibilità
nel Parco Sud e che hanno dato disponibilità nel condividere all’interno del Tavolo le proprie
competenze ed i risultati dei propri interventi.
Il filo conduttore che sta alla base della strategia con cui il Tavolo ha orientato le proprie
energie è stato, quindi, rappresentato dal mettere in rete gli interventi dei progetti che
insistono sul Parco Sud che propongono relazioni ‘virtuose’ tra produzione e consumo
sostenibili per:
- rafforzare le sinergie esistenti
- rendere disponibili i risultati di interesse reciproco
- supportare singoli progetti di interesse generale
- sviluppare insieme alcune attività per evitarne l’eventuale duplicazione
- ottenere un maggiore impatto sul territorio del Parco Agricolo.
Sulla base di queste intenzioni, il Tavolo ha pertanto ipotizzato alcune azioni da realizzare:
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 15
- sviluppo di piattaforme logistiche utili a migliorare l’incontro tra domanda e offerta di prodotti
alimentari sostenibili tra il Parco e la città di Milano;
- costituzione di un Centro di Competenze per offrire supporto a quei soggetti del territorio
che decidano di modificare i propri metodi di
produzione/trasformazione/distribuzione/acquisto in un’ottica di sostenibilità.
Il Centro di Competenze, luogo virtuale e fisico, avrebbe la funzione di:
• supporto operativo a produttori agricoli che vogliano convertire la propria azienda a
metodi di coltivazione naturali o biologici (normativa, autorizzazioni, finanziamenti
europei, nazionali, regionali), anche attraverso sopralluoghi di esperti direttamente
presso l’azienda agricola
• interfaccia tra gli attori della filiera agroalimentare e le istituzioni locali, offrendo
indicazioni in merito ai potenziali canali di distribuzione, vendita e ristorazione di
alimenti sostenibili presenti sul territorio, come ad esempio la presenza di attività
commerciali nei quartieri della città e nei comuni dell’area metropolitana disponibili alla
vendita di prodotti a Marchio Parco, o di ristoranti e mense con menù sostenibili,
• collettore delle istanze provenienti dai diversi soggetti del territorio e sarebbe in grado
di fornire una visione di insieme delle opportunità presenti sul territorio, sulla base della
rete di relazioni sviluppata tra i produttori del Parco Sud e gli altri attori delle filiere
agroalimentari locali.
Il Centro di Competenze situato nel territorio del Comune di Milano potrebbe essere, inoltre,
integrato da un laboratorio sperimentale di nuova agricoltura e incubatore di pratiche per la
sostenibilità situato nel Parco Agricolo Sud in una cascina appositamente individuata per
caratteristiche e disponibilità.
A partire dagli attori presenti nel Tavolo è stata progettata anche la costituzione di due
Comitati tecnico-scientifici, un Comitato delle ‘Amministrazioni sensibili’, un Comitato
Operativo e un Comitato di Coordinamento a supporto della realizzazione delle attività
previste.
L’iniziativa del Tavolo di Connessione, partita ‘dal basso’, sulla spinta di soggetti che già
operano sul territorio lombardo per la promozione di filiere agroalimentari locali sostenibili, è
attiva, a distanza di un anno dalla sua costituzione, e si adopera per l’individuazione di fonti di
finanziamento adeguate alla realizzazione delle azioni previste.
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 16
5. Conclusioni
L’esperienza del Progetto M.A.I.S. e quella nata nel corso del progetto con la costituzione di un
tavolo tecnico mettono in evidenza come il contributo apportato da diversi soggetti, che
operano in vario modo su uno stesso territorio, sia fondamentale per individuare una strategia
condivisa e gettano le basi per il raggiungimento di un ‘effetto sinergico’ basato sulla
sovrapposizione di responsabilità e non sulla sovrapposizione di iniziative: l’azione congiunta
degli attori costituiti in una rete genererebbe, quindi, quello che viene chiamato “effetto
alchemico”, ossia un valore aggiunto superiore alla somma dei risultati che i singoli soggetti
potrebbero ottenere operando singolarmente.
L’azione alchemica di una rete di soggetti responsabili su di un territorio ha, quindi, maggiori
possibilità di ottenere buoni risultati nel campo della sostenibilità locale. Questo è ancor più
vero laddove la condivisione di risorse e competenze consente alle piccole organizzazioni
appartenenti soprattutto al terzo settore (associazioni, cooperative, etc.), spesso molto attive,
ma carenti dal punto di vista delle risorse a disposizione, di contribuire attivamente alla
realizzazione di una strategia condivisa ampia ed articolata.
In questo contesto risulta altrettanto importante la presenza delle istituzioni pubbliche locali,
che possono contribuire attivamente al cambiamento operando attraverso gli strumenti di
governo del territorio a loro disposizione.
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 17
6. Allegati
Dossier “LA ZONA 4 DI MILANO”
di Maria Canella, Associazione Memoria & Progetto
Osservando le mappe di Milano a metà Ottocento ci si rende conto che il capoluogo lombardo
in quell’epoca era ancora una città molto piccola. Fra l’anello del naviglio e la cerchia delle
mura spagnole vi erano pochi edifici costruiti lungo le direttrici che portavano all’esterno della
città e c’era ancora una vasta zona di verde, composta non tanto di giardini di palazzi nobiliari
quanto di orti coltivati. Milano era dunque una città piccola che però viveva e si nutriva di un
vasto territorio circostante, uno fra i più ricchi d’Europa, sia in termini di produzione agricola
che manifatturiera. Le direttrici di collegamento erano le strade, i navigli e le prime ferrovie,
che facevano da volano tra Milano e il suo territorio dal Medioevo in avanti.
Nella zona in oggetto, il borgo fra porta Romana e porta Tosa, nel 1850 si trovavano un fortino
austriaco all’interno delle mura e la Senavra, sulla direttrice della strada per Monluè che poi
divenne corso XXII marzo. L’edificio della Senavra era stato il palazzo dei governatore
spagnolo Ferrante Gonzaga, poi diventato sede per gli esercizi spirituali dei Gesuiti ed infine
dal 1770 era diventato il manicomio di Milano. Quest’ultimo si trovava all’esterno delle mura a
causa della tendenza tipica della fine del Settecento e dell’Ottocento di spingere fuori dalla città
le istituzioni totali (manicomi, ospedali, cimiteri), per allontanare tutto ciò che poteva costituire
un elemento di devianza rispetto ad un centro urbano destinato man mano a ospitare edifici di
rappresentanza e residenza di lusso.
Un altro punto fondamentale erano le mura spagnole, che corrispondono all’attuale
circonvallazione tramviaria. Le mura durante l’Ottocento erano un elemento di difesa, ma
erano anche un fondamentale confine amministrativo, fra la città e il contado. Fra i due
territori vi era infatti un regime fiscale di tassazione diverso. L’essere cittadini era uno status
molto particolare; se un cittadino possedeva dei terreni in campagna, questi terreni pur
essendo in campagna non venivano tassati come quelli di un fittavolo che era residente nel
contado.
Nel caso di Milano vi era un’altra peculiarità: attorno alle mura era presente un altro municipio
ad anello, che circondava completamente la città, il comune dei Corpi Santi. La denominazione
di questo nome non è ancora sicura, si pensa che possa essere stato chiamato così perché
nelle basiliche esterne alle mura erano conservate le reliquie dei santi. Il comune dei Corpi
Santi godeva di un regime di tassazione diverso dalla città di Milano. Per questo motivo
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 18
nell’anello dei Corpi Santi si insediarono le prime manifatture, le prime attività produttive,
proprio perché nel trasporto delle merci non si pagavano i dazi ai quali erano sottoposte le
manifatture situate all’interno delle mura. Quindi in questa zona, che è la cosiddetta periferia
storica, si venne a creare un insediamento urbano alternativo a Milano, con delle sue
caratteristiche molto particolari. Non a caso ad un certo punto gli amministratori di Milano
decisero di annettere questo ricco comune, che venne inglobato durante il periodo della
dominazione francese. Durante la Restaurazione, gli austriaci restituirono l’autonomia ai Corpi
Santi, che vennero definitivamente inglobati nel 1873, nonostante una battaglia durissima
condotta da Carlo Cattaneo per mantenere l’autonomia di questo comune, nell’ottica di una
politica di decentramento che avrebbe fatto sì che questa periferia storica si sviluppasse
autonomamente, con una sua ricchezza e non in termini di sudditanza rispetto al centro storico
di Milano.
Va ricordato che la città di Milano non ha un tracciato a scacchiera, come quello delle città di
fondazione romana, ma ha un centro, la piazza del Duomo, dal quale si irradiano dei raggi che
creano dei settori triangolari. Questi settori erano perfettamente definiti dal centro, la piazza
del Duomo, e da dei vertici che erano le porte di Milano ed erano anche dei settori
amministrativi. La città era inoltre divisa in parrocchie e gli spicchi rappresentavano l’unità
amministrativa sopra le parrocchie.
Molto importante era il rapporto fra il centro della città ed il suo contado: infatti i settori dei
Corpi Santi esterni a questi spicchi prendevano il nome dallo spicchio corrispondente. Ad
esempio: i Corpi Santi di porta Romana erano i Corpi Santi esterni a porta Romana e facevano
riferimento al settore interno alla città. Quindi era quasi più sentito il legame con il proprio
spicchio interno rispetto agli altri settori adiacenti dei Corpi Santi.
Per dare un esempio di questo forte collegamento tra città e contado, basti pensare al
fenomeno dei piccoli cimiteri, oggi scomparsi. Com’è noto, lungo tutta l’età moderna, le
sepolture avvenivano nelle chiese o nei sagrati delle chiese, in modo assolutamente
indifferenziato e incontrollato. Ciò che importava non era avere una tomba o una lapide,
quanto invece il fatto di essere seppelliti nella propria parrocchia, vicino ai santi che avevano
protetto la vita giorno per giorno nel proprio quartiere, nella propria parrocchia. È soltanto con
i francesi e con Napoleone, che il problema delle sepolture cominciò ad essere gestito come un
problema di igiene; iniziò lentamente il processo di allontanamento e di isolamento del cimitero
fuori del centro abitato, in modo tale che, oltre alla questione igienica, la morte venisse isolata,
mascherata e allontanata dalla città dei vivi.
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 19
Questo processo però venne attuato per Milano molto lentamente, giungendo solo nel 1863
alla costruzione del Cimitero Monumentale. Precedentemente vi erano dei piccoli cimiteri di
zona, uno per ogni porta che costituivano la cerniera fra il settore interno e quello esterno alle
mura. In questo caso la sepoltura non rappresentava l’elemento da rifiutare, da spingere fuori
dalla città, ma era l’elemento di cerniera, il luogo dove venivano seppelliti i morti del settore
interno alla città e dei propri Corpi Santi. Va sottolineato quindi il forte legame tra l’interno e
l’esterno della città, un legame che è stato produttivo, efficace e positivo, fino a quando queste
due realtà hanno vissuto una vita autonoma, centrata sulle esigenze dei rispettivi tenitori.
Quando invece questa interrelazione è diventata un fattore di dipendenza del contado dal
centro della città è venuto meno questo rapporto positivo e si è invece instaurato un rapporto
di pura speculazione sui terreni dei Corpi Santi rispetto ai capitali che provenivano dal centro
della città.
Lo spicchio interno dell’area dell’attuale zona 4 insisteva sulle aree da piazza S. Babila a corso
di Porta Romana, aveva come perno il triangolo di ideale di piazza Fontana e come confini
estremi due strade, la Rivoltana e la Paullese, ovvero le strade che portavano al centro della
città da Rivolta D’Adda e da Paullo. Queste aree, che oggi appartengono alla zona 4 e in parte
alla zona 1, costituivano un vero e proprio porto in terra per la zona sudest di Milano che,
economicamente, era un territorio occupato dalle marcite, una delle zone agricole più ricche
d’Europa, che faceva confluire i suoi prodotti e tutto il commercio in entrata e in uscita dalla
città appunto su quest’area detta di Porta Tosa.
Com’è noto le diverse parti di Milano avevano vocazioni economiche differenti. A nordovest,
sulla direttrice che partiva dal Castello sforzesco, si apriva la valle dell’Olona che sarebbe
diventato il centro di nascita della manifattura cotoniera. Viceversa l’area di Porta Tosa era
quella di riferimento rispetto per il rifornimento urbano di derrate alimentari. Questo fatto
determinò la successiva destinazione della zona a città annonaria, ovvero a luogo di arrivo e di
smistamento delle derrate alimentari per il rifornimento della città di Milano. Infatti, nel 1922
verrà costruito nei pressi della stazione Porta Vittoria il nuovo ortomercato, vicino al cimitero
suburbano di cui si è detto, sull’area dell’ex-fortino austriaco.
Abbiamo una descrizione, fatta da Ferdinando Reggiori nel 1947, dell’ortomercato, costruito
nel 1922 e abbattuto a metà degli anni sessanta: “Qui in un recinto di circa 75 mila metri
quadrati sorgeva la cittadella degli ortolani, fruttivendoli, floricoltori con tettoie aperte,
magazzini, impianti, servizi, ventilazione, posta, telegrafo e telefono. Negli 850 posteggi
affluiscono attualmente 5 milioni di quintali di frutta e verdura provenienti da ogni parte della
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 20
penisola. Il mercato ortofrutticolo, in piena efficienza nel 1922 veniva a trovarsi giusto di
fronte alla stazione di Porta Vittoria, dal cui scalo attingeva i rifornimenti”.
Fondamentale quindi per lo sviluppo di quest’area fu stata la creazione dell’ortomercato come
polo finale dell’arrivo delle merci e polo iniziale per lo smistamento sulla rete di minuta vendita
della città; precedentemente era stata aperta un’altra direttrice che proveniva dall’Acquabella e
si dirigeva verso San Babila, vale a dire l’attuale corso Indipendenza, che arrivava alla porta di
corso Monforte, direttrice che venne aperta nel 1889. Tra corso Indipendenza e corso XXII
Marzo si venne a creare un insediamento residenziale e artigianale in parte per iniziativa
pubblica: furono infatti edificati per iniziativa comunale i quartieri Vittoria, Anzani e Friuli.
Contemporaneamente si mosse anche l’iniziativa privata, soprattutto della famiglia Bonomi,
che creò dei grossi quartieri residenziali e si autoappaltò la creazione di alcune parti della città
come piazza S. Maria del Suffragio, via Anfossi, corso XXII Marzo, piazza Risorgimento e parte
di corso Indipendenza.
Bisogna ricordare che questa zona, essendo di fondamentale importanza per il rifornimento
alimentare della città, era già stata fortemente potenziata dagli austriaci, in questo caso per
motivi strategici, poiché con la Restaurazione e la formazione del regno Lombardo-Veneto,
divenne prioritaria la creazione della Ferrovia Ferdinandea, che univa Venezia a Milano, la cui
stazione di testa fu realizzata sull’area dell’attuale via Archimede. Venne inoltre inaugurata la
tramvia Milano-Lodi che arrivava nella stazione interprovinciale delle tramvie, che era situata
su viale Montenero. Infine vi era la linea della ferrovia che percorreva l’attuale viale Tunisia:
venne infatti grdualmente completato tutto l’anello ferroviario intorno alla città, che era di
supporto a tutte le iniziative industriali che stavano sorgendo nella cintura periferica.
Lungo corso XXII Marzo, che rappresentava un’arteria artificiale, venne a crearsi un
insediamento popolare, che successivamente vede sorgere, nel 1929, l’edificio delle lavandaie
comunali (un’impresa con personale quasi esclusivamente femminile), la parrocchia di S. Maria
del Suffragio che si affiancava a quella più antica di S. Maria in Calvairate e le scuole
elementari Morosini e Colletta.
In questi nuovi insediamenti si vengono a localizzare dei ceti popolari, quasi tutti di
immigrazione, ma anche una folta rappresentanza della piccola borghesia commerciale e
impiegatizia, impiegata in quella che stava diventando la destinazione principale della zona,
vale a dire le attività legato allo scalo delle derrate alimentari. Inizialmente sorsero numerosi
dormitori pubblici, oggi demoliti, in via Sottocorno e in via Colletta. Vi furono anche pochi, ma
importanti, esempi di residenze realizzate su intervento di cooperative come le case per i
ferrovieri nell’area della stazione Ferdinandea, in seguito abbattuta. Va ricordato che Milano
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 21
aveva mostrato precoci esempi di case popolari costruite per iniziativa dell’amministrazione
comunale (ad esempio quelle di via S. Fermo visibili ancora oggi).
Alla fine dell’Ottocento vi fu una completa inversione di tendenza, perché, grazie a scelte ben
precise dell’amministrazione comunale e dei ceti industriali, la città di Milano da una prima
vocazione produttrice (manifatturiera e industriale), diviene, a cavallo del secolo e poi durante
il fascismo, una città consumatrice. Le fabbriche vengono espulse dalla città e con esse la
popolazione operaia; Milano diventa fondamentalmente una città finanziaria e di servizi, una
città consumatrice che perde quel ruolo produttivo che aveva conservato fino al 1880.
Inizialmente, l’area sell’attuale zona 4, oltre alla vocazione commerciale di città annonaria, era
stata caratterizzata da importanti insediamenti industriali come la Tecnomasio-Brown-Boveri e
la vetreria, sulla cui area in seguito vengono costruiti l’Istituto Tecnico Verri e il Liceo
Scientifico Einstein.
Nel periodo fascista questa inversione di tendenza di Milano da città produttrice a città
consumatrice subisce una fortissima accelerazione e viene sconfitta l’ala più progressista
dell’imprenditoria lombarda che aveva creato i nuovi borghi operai e artigiani nella cosiddetta
periferia storica lungo alcune direttrici che portavano all’esterno della città come corso di Porta
Romana - S. Cristoforo, la Maddalena, porta Tenaglia - viaPaolo Sarpi - corso Garibaldi -
naviglio Martesana, via S. Gregorio, corso di Porta Vittoria, corso di Porta Romana e la
direttrice che andava verso Rogoredo.
Tra l’altro in questi nuovi borghi operai c’era stato un fondamentale intervento da parte della
dirigenza industriale meno retriva, più avanzata e più progressista, che aveva fondato, nella
zona di corso di Porta Vittoria, la Società Umanitaria. L’Umanitaria nasce alla fine
dell’Ottocento per iniziativa di Prospero Moisè Loira, un ricchissimo industriale legato alla
massoneria di origine israelita, con lo scopo di fornire alla classe operaia in crescita, tutta una
serie di servizi legati all’assistenza, all’immigrazione in città e all’emigrazione all’estero, al
mutuo soccorso e all’organizzazione cooperativa, ma soprattutto all’istruzione tecnica
attraverso importanti scuole nelle quali si va formando un’aristocrazia operaia. Nel 1911 viene
fondato il famoso Teatro dell’Umanitaria, che sarà un importante esempio a livello europeo.
Durante il fascismo queste spinte, che avevano ipotizzato per Milano un destino di integrazione
fra produzione, commercio e consumo, vengono sconfitte e viene scelto un modello di città
divisa per funzioni, ovvero con settori specifici e destinazioni precise.
Il centro di Milano diventa la città degli affari, la zona 4 diviene la città annonaria, la città
universitaria si fissa in città studi, San Vittore resta la città penitenziaria. Per quanto riguarda
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 22
l’annona vengono realizzati il macello comunale, realizzato fra viale Mugello e via Lombroso; il
mercato dei polli, fra via Maspero e via Vismara; i nuovi magazzini frigoriferi in via Piranesi.
Contemporaneamente vengono realizzate le dotazioni scolastiche attraverso le scuole
elementari Mugello di Montenevino e alcuni quartieri di abitazione (Calvairate, Molise,
Turchino). Viene fondata la stamperia comunale in viale Friuli e poi vengono collocati i grossi
depositi filotramviari in viale Corsica e viale Molise.
A questa zona viene imposta la veste di città annonaria attraverso istituzioni e strutture
sovradimensionate per Milano. Ad esempio, il macello comunale non funzionerà mai per più di
un terzo della sua effettiva capacità. Anche dopo la guerra prosegue questo processo di
funzionalizzazione. Nella zona intorno a piazzale Libia, caratterizzata dal piccolo artigianato e
dalla piccola industria, le manifatture vengono smantellate, gli artigiani cacciati e la zona si
apre alla residenza di lusso. Viceversa, la zona fra corso Indipendenza, via Archimede e via
Marcona è riuscita a mantenere un tessuto residenziale più minuto e soprattutto la presenza di
un certo numero di attività artigianali.
Durante il fascismo, in via Pier Lombardo viene insediato il gruppo rionale fascista “Cesare
Battisti” vicino al centro sportivo “Botta” ancora esistente. Fortunatamente la sala teatrale di
questo gruppo rionale si è salvata ed è divenuta l’attuale sede del Teatro Pier Lombardo oggi
Franco Parenti. Questa zona ha mantenuto un forte senso di identità rispetto a molte altre
zone di Milano. Per esempio, fin dagli anni sessanta veniva pubblicata e distribuita una rivista
chiamata “Il Dialogo”, la prima rivista di zona che non solo denunciava i problemi del quartiere,
ma promuoveva iniziative di lotta coinvolgendo la popolazione. Un altro punto di qualificazione
per cui la zona 4 si è lungamente battuta è la Biblioteca Calvairate, che tutt’oggi funziona e
che rappresenta il “centro sociale” del quartiere.
La zona 4, grazie a questa forte identità, si è resa conto precocemente delle imposizioni che
arrivavamo dall’amministrazione centrale e ha cercato di combatterle fin dall’inizio.
L’ortomercato e il mercato dei fiori comportano lo stazionamento fisso durante tutta la notte di
un numero elevato di tir e di camion che hanno reso la zona 4 altamente inquinata, ma
nonostante le battaglie fatte per decentrare questa funzione su più zone di Milano, questa
inversione di tendenza non è ancor a stata attuata.
Si paria spesso dei “furti” subiti dalla zona 4, per esempio, il bellissimo Parco Alessandrini che
oggi è un’area abbandonata e pericolosa. Inoltre caratteristica di questa zona era la vocazione
teatrale molto precoce: dal Teatro dell’Umanitaria si era passati poi ad un teatro di zona molto
importante che era il teatro Quartiere, che era un decentramento del Piccolo Teatro o meglio
un’iniziativa itinerante che portava in giro gli spettacoli del Piccolo Teatro per Milano. Una volta
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 23
giunto in zona 4 in una struttura semiprecaria, il successo era stato tale da convincere gli
organizzatori a mantenerlo in maniera stabile. Il Teatro Quartiere sopravvisse dai primi anni
settanta ai primi anni ottanta, quando venne chiuso dal Comune privando la zona di un
importantissimo centro di cultura ma soprattutto chiudendo un esperimento pilota per tutto il
resto della città. Lo stesso è successo con la Palazzina Liberty nella zona del parco Marinai
d’Italia dove operava Dario Fo. La Palazzina è stata requisita e ancora oggi è del comune che la
utilizza come sala per la presentazione di libri, sfilate di moda. Lo stesso è successo per
numerose cascine della zona come ad esempio Cascina Colombé e Cascina Cuccagna, che oggi
vive invece un’importante esperimento di rinascita in funzione delle attività sociali del
quartiere.
Infine va ricordata la questione dell’istruzione: nell’area dell’ex macello si era pensato di creare
la sede decentrata della Statale che, dopo lunghissime trattative è finita alla Bicocca sulle aree
Pirelli. Così alla zona 4 è stato tolto questo aggancio alla rete di istruzione, che avrebbe
riqualificato l’area utilizzando una delle strutture della città annonaria per l’istruzione, in
maggiore continuità con la sede centrale in Festa del Perdono.
La responsabilità sociale di territorio nel settore agroalimentare: il Progetto M.A.I.S. 24
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