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La Sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino? Patologie croniche Una fotografia analitica del territorio aretino 2010 in collaborazione con

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La Sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino?

Patologie cronicheUna fotografia analitica del territorio aretino2010

in collaborazione con

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La Sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino?

Patologie cronicheUna fotografia analitica del territorio aretino2010

L’impatto del modello Sanità d’iniziativa sul rapporto tra stato socio-economico, livello di scolarizzazione e consumi sanitari/qualità dell’assistenza.

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Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino3

indice

prefazione 5

introduzione 7

1 le malattie croniche e le nuove urgenze 9

organizzative del Sistema Sanitario

2 la sanità d’iniziativa 12

2.1 Dalle indicazioni del PSR all’organizzazione dell’Azienda USL 8 di Arezzo

2.2 L’invecchiamento della popolazione ed il peso delle malattie croniche

2.3 Come migliorare le risposte specifiche al problema su tutto il territorio

2.4 Come si applica il Chronic care model2.5 I principali obiettivi del programma2.6 Il lavoro in team e la qualità dell’assistenza

3 la distribuzione territoriale 19

di alcune patologie croniche

identificate attraverso il consumo di risorse

3.1 MaCro: una importante banca dati regionale costruita a partire da dati di fonte corrente

3.1.1 Il meccanismo generale di costruzione della banca dati3.1.2 Come sono identificate le singole patologie3.1.3 Prevalenze di utilizzatori di risorse nella popolazione3.1.4 Indicatori di adesione alle linee guida

diagnostico-terapeutiche

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La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino? 4

3.2 Distribuzione degli utilizzatori di risorse per alcune patologie croniche per comune di residenza

3.2.1 Le misure utilizzate3.2.2 Le patologie croniche: definizione, sintomi e cause,

trattamento, diffusione3.2.3 Alcuni indicatori di adesione alle linee guida diagnostico

terapeutiche per il diabete: differenze geografiche, di genere, età, cittadinanza

4 uno sguardo ai consumi di risorse sanitarie 36

per diabete e scompenso cardiaco

conclusioni 40

appendice A 42

Strumento di rilevazione (indagine su stili di vita e condizioni socio economiche)

appendice B 45

Criteri per la selezione dei soggetti presenti nella banca dati MaCro

appendice C 46

Indicatori MaCro di adesione alle linee guida diagnostico-terapeutiche

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prefazione

In concomitanza del trentennale della riforma sanitaria italiana (e della dichiarazionedi Alma Ata), fu pubblicato in Monitor, rivista dell’Agenzia nazionale per i servizi sa-nitari regionali, un editoriale il cui efficace titolo era “La lunga marcia dei sistemi diassistenza primaria”.A ben 30 anni di distanza, possiamo dire con certezza che tutti i sistemi sanitari eu-ropei vedono nel loro futuro la prospettiva di un progressivo rafforzamento del ruolodelle cure primarie, ma allo stato attuale non possiamo certo dirci soddisfatti di ciòche abbiamo realizzato! In Italia così come nel resto di Europa, restano disuguaglianze nell’accesso ai servizi,in particolare per la prevenzione primaria (ad esempio l’educazione ai corretti stili divita) e per la prevenzione secondaria, quale è l’accesso agli screening e la diagnosiprecoce di malattie croniche o delle loro complicanze.

In un quadro, tante volte descritto, di continua crescita della prevalenza delle pato-logie croniche nella popolazione anziana – evoluzione che è originata, come noto,da un miglioramento dell’aspettativa di vita –, la non equità nell’accesso alle curedetermina contemporaneamente un elemento di ingiustizia sociale ed un fattore dinon qualità delle cure.Nella pianificazione strategica della Regione Toscana (P.S.R.) è stato introdotto unforte antidoto a quanto sopra descritto attraverso la promozione della Sanità d’ini-ziativa che, diretta alla presa in carico dei malati cronici, punta sostanzialmente afornire maggiori “strumenti di lavoro” ai Medici di famiglia (MMG). Sappiamo, però,che anche questo eccezionale elemento di sostegno non sarà sufficiente se i medicidi medicina generale non sapranno organizzarsi, raccordandosi fra loro e se il Si-stema Sanitario sarà lasciato solo di fronte a questa nuova emergenza epidemiolo-gica. Occorre, infatti, che le altre istituzioni che possono avere un ruolo neldeterminismo dei fattori di in-uguaglianza (primo fra tutti lo stato socio economico,cui si collega, secondo gli studi OMS, circa 80% del fenomeno!!) mantengano sem-pre elevato il loro livello d’attenzione al fenomeno della fragilità sociale, che oltretutto tenderà ad aggravarsi – come dimostrano autorevoli studi sociologici e antro-pologici – con il processo legato all’aumento della popolazione migrante! Con il presente rapporto abbiamo voluto fornire un contributo all’analisi del feno-meno. Dai grafici, gli istogrammi e i numerosi cartogrammi presenti nel documento,emerge che anche la moderna e socialmente attentissima provincia di Arezzo non èdel tutto immune al fenomeno della disuguaglianza! Ci siamo così proposti di inda-gare meglio quanto è emerso, ricercando in modo specifico sia come si raccordanole differenze osservate con gli indici di deprivazione sociale, sia quale risultato abbiaprodotto l’inserimento della Sanità d’iniziativa (Chronic care model) per le 2 sotto-popolazioni indagate. Infine, voglio qui sottolineare come questo rapporto e la successiva ricerca cost-ef-fectiveness avviata, sia il prodotto dell’impegno entusiastico di tanti operatori dellasalute: i medici di famiglia inseriti nello studio, i medici di comunità, gli epidemiologidella Asl 8 e dell’ARS, gli addetti alla Comunicazione e all’Educazione alla salute e,non ultimo, l’impegno della Lilly, una delle Pharma companies più impegnate nellaricerca, che si è estrinsecato ben oltre l’aiuto economico.

Enrico Desideri

Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino5

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* l’asterisco rimanda alle definizioni richiamate nel Glossario

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Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino7

introduzione

Negli ultimi anni la Regione ha focalizzato l’attenzione sulla gestione delle malattiecroniche, delineando un programma noto come Sanità d’iniziativa. Il programma cheriprende a modello il Chronic care model già operativo in Inghilterra ed in alcuni statiamericani, affida alle cure primarie il compito di programmare e coordinare gli inter-venti a favore dei malati cronici. Il modello organizzativo ha lo scopo di creare l’in-terazione tra il paziente, reso esperto da opportuni interventi di formazione eaddestramento ed il team multiprofessionale costituito da operatori sociosanitari,infermieri e medici di medicina generale.In questo ambito, l’Azienda USL 8 di Arezzo ha avviato un progetto che si focalizzasulla gestione delle patologie croniche, capace di mettere in evidenza il rapporto trastato socio-economico, livello di scolarizzazione e consumi sanitari e l’impatto delmodello Sanità d’iniziativa sulla riduzione delle disuguaglianze nell’accesso alle cureed ai servizi, sulla qualità della vita, sull’efficienza del sistema. Il progetto, si sviluppasu due fasi:

1) Lettura della situazione epidemiologica della Azienda USL 8 di Arezzo in rela-zione alle patologie croniche individuate come prioritarie dal P.S.R.: BPCO, ictus,scompenso cardiaco e diabete; analisi delle risorse assorbite dai pazienti; cor-relazione di queste caratteristiche con le condizioni socio-economiche e logisti-che dei pazienti.

2) Valutazione dell’efficacia dell’introduzione del Chronic care model nella riduzionedelle disuguaglianze; nella qualità delle cure delle patologie croniche nell’AziendaUSL 8 di Arezzo; correlazione di queste caratteristiche con le condizioni socio-economiche e logistiche dei pazienti; individuazione di criticità e di interventipossibili nel breve termine (survey e individuazione di interventi).

Con questa ricerca intendiamo quindi strutturare un monitoraggio in itinere del nuovoapproccio organizzativo introdotto dal P.S.R., che meglio evidenzi come la garanziadell’appropriatezza e di un metodo strutturato in materia di gestione delle malattiecroniche, porti benefici al paziente (outcome sanitario) e all’Azienda sanitaria (ap-propriatezza, equità d’accesso, efficienza).

Gruppo di lavoroStefania Arniani Statistico; Sandro Attala Igienista; Sandra Bartolucci Statistico; Anna Canaccini Responsabile Medicina di comunità; Paolo Francesconi ARS Toscana; Evaristo Giglio Epidemiologo; Rosa Gini ARS Toscana; Alfredo Notargiacomo Medico di comunità, Referenteaziendale Chronic care model; Gianni Pampaloni Lilly Italia; Claudio Pedace Geriatra, Responsabile Zona Distretto Arezzo; Sandra Pedone Sociologa; Marzia Sandroni Comunicazione e MKTG Sociale; Luigi Triggiano Medico di medicina generale

Si ringrazia Marco Lamastra Osservatorio provinciale politiche sociali

Da un’idea progetto di Enrico Desideri Direttore Generale Azienda USL 8 Arezzo

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1 le malattie croniche e le nuove urgenzeorganizzative del Sistema Sanitario

Negli ultimi decenni in Toscana, come in gran parte del resto del Paese, si sono ve-rificate grandi trasformazioni demografiche sostenute dalla riduzione della natalità,dall’aumento della speranza di vita e dall’invecchiamento della popolazione. Negli ultimi dieci anni la struttura per età della popolazione toscana si è modificataprofondamente: la classe di età con il maggiore decremento è quella compresa tra15-39 anni, stimata attualmente al 29%, mentre continua a crescere la quota degliultrasessantacinquenni che nel 2008 aveva già raggiunto il 23,3%. L’invecchia-mento della popolazione continua a verificarsi nonostante la forte immigrazionedegli ultimi anni abbia determinato una presenza di stranieri residenti in Toscanapari all’8% della popolazione.I dati demografici della provincia di Arezzo sono in linea con quelli della Toscana econfermano un analogo aumento sia della speranza di vita alla nascita1, sia dell’indicedi vecchiaia che in Toscana è tra i più alti d’Italia. L’indice di vecchiaia rappresenta ilnumero di abitanti con età superiore a 65 anni per ogni 100 giovani di età compresatra 0 e 14 anni; nella figura 1.1 si può notare come l’indice di vecchiaia in vari comunidella provincia di Arezzo superi abbondantemente il valore di 200. Ciò significa che inqueste aree, distinte nella figura dalla tonalità di colore più scuro, si possono contareoltre 200 anziani ogni 100 giovani residenti. Bastano questi pochi numeri per darel’idea, quindi, di quanto sia invecchiata la nostra popolazione negli ultimi decenni e diquanto questo fenomeno demografico incida in termini di sanità pubblica.A tale cambiamento è conseguita una profonda variazione in termini epidemiologicie necessariamente in termini di bisogno assistenziale e di risorse sociali e sanitarieconsumate: attualmente si calcola che l’80% delle prestazioni sanitarie totali ed i2/3 dei i ricoveri ospedalieri siano attribuibili a patologie cronico-degenerative e giàalcuni studi predittivi stimano che fra circa 10 anni il 60% dei residenti potrebbe es-sere portatore di malattie croniche.Per far fronte alle trasformazioni demografiche e alle conseguenze che ne derivano,la nostra Regione ha già inserito nella programmazione una serie di misure atte acontenere l’eccesso della domanda assistenziale derivante, in gran parte, dalla pre-valenza della cronicità.Sul versante ospedaliero stiamo assistendo ad una evoluzione verso il modello perintensità di cura, attraverso il quale garantire maggiore efficienza e qualità agli inter-venti diagnostici e terapeutici durante il periodo di ricovero in fase acuta. Già da al-cuni anni la nostra Azienda, sulla base delle indicazioni normative nazionali eregionali, ha operato una riduzione dei posti letto per migliorare l’efficienza degliospedali, avviando, al contempo, la riqualificazione delle strutture professionali ope-ranti al loro interno. Tale riduzione di posti letto ha però coinciso con l’aumento della domanda parzial-mente contenuto dalle cure primarie, sia mediante l’assistenza domiciliare, sia attra-

9 Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino

1 Per “speranza di vita alla nascita” si intende il numero di anni che una generazione di nati in uno specifico anno di calendario si aspetta mediamente di vivere.

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La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino? 10

verso le cure intermedie (RSA, Hospice, Ospedale di Comunità ecc.) la cui offerta,tuttavia, è ancora incompleta.

Più recentemente è andato consolidandosi il principio secondo cui occorre dare allarete dei servizi socio-sanitari – che pure la Toscana ha costruito tra le prime in Italiastimolando e favorendo una crescente integrazione tra ospedale e territorio nel per-corso assistenziale – un nuovo impulso sia sul piano dell’integrazione operativa conil versante ospedaliero, sia sul piano della qualità organizzativa, trasformando l’atti-vità di attesa, su cui si è incentrato finora il modello assistenziale, in Sanità d’inizia-tiva. A questo proposito, infatti, è stato evidenziato che i servizi basati sull’attesa, incui il medico attende l’assistito presso l’ambulatorio, rappresentano una rispostasolo parziale e non completamente esaustiva, e che al contrario, finiscono per inge-nerare altra domanda. In ogni caso, la scarsa flessibilità ed il poco coordinamentodelle risposte posticipa solo di poco la riemersione dei problemi assistenziali.Per quanto concerne l’integrazione del territorio con l’ospedale l’Azienda aretina harecentemente attivato la cosiddetta “Agenzia per la Continuità Ospedale-Territorio”che, pur essendo concepita come emanazione del Distretto e coordinata da questamacrostruttura, opera in stretto rapporto con il Presidio Ospedaliero soprattutto nellafase di presa in carico dei pazienti con patologie croniche complesse in dimissionedall’ospedale. Inoltre, al fine di dare massima capacità di coordinamento alle cure

Figura 1.1

L'indice di vecchiaia

per comune

nella Asl 8 -

popolazione

residente

di età maggiore

di 64 anni ogni 100

residenti di età

minore

di 15 anni

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Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino11

primarie rispetto alle esigenze cliniche ed assistenziali dei pazienti cronici, il Distrettosi sta proponendo come sede e livello naturale per varie specialità mediche chiamatea svolgere un ruolo rilevante e complementare nel monitoraggio clinico delle malattiecroniche: basti ricordare che qui sono allocate le strutture di nutrizione clinica, pneu-mologia territoriale e cure palliative. Segnali positivi, inoltre, per lo sviluppo delle po-tenzialità che le attività cliniche di iniziativa potranno avere nel nostro territorio, civengono dall’attivazione della medicina di gruppo e dalle sue funzioni di integrazionecon le attività specialistiche in particolare all’interno della Casa della Salute chel’Azienda ha realizzato.

Tutte queste soluzioni, non possono, d’altro canto, prescindere dallo sforzo che leAmministrazioni locali e il Sistema Sanitario sono chiamati insieme ad operare peraumentare nel cittadino la consapevolezza sulla propria salute, accrescendo con-temporaneamente le abilità e le capacità per rendere più semplice l’accessibilità aiservizi sanitari, ma anche perché il cittadino operi scelte e decisioni consapevoli perla propria salute. È questo il concetto di empowerment che, in sanità viene associatoalla necessità di accrescere le conoscenze dei cittadini-utenti sui servizi sanitari, maanche le abilità necessarie all’autogestione della malattia, affinché sappiano orien-tarsi e far prevalere la soddisfazione dei bisogni reali rispetto alle richieste di presta-zioni inappropriate, inutili per il fruitore e costose per il sistema.

In quest’ottica i temi della promozione della salute, la partecipazione dei cittadini allescelte strategiche riguardanti la salute della comunità e le stesse raccomandazionirelative agli stili di vita salubri che la Toscana sta promovendo in ambito distrettuale,anche attraverso i Piani Integrati, rappresentano l’altro grande elemento indispen-sabile per la quadratura del cerchio, ineludibile ai fini del potenziamento dell’azioneverso l’universalità e l’equità, quali principi cardine su cui si fonda il nostro SistemaSanitario Regionale. In linea con tali principi ispiratori occorre dunque percorrere unnuovo modello assistenziale basato sull’iniziativa affidata ad un team multiprofes-sionale, all’interno del quale sia centrale la figura del medico di medicina generale,che prende attivamente in carico l’assistito e lo segue, razionalmente, lungo l’iterclinico ed il percorso-assistenziale.

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12La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino?

2 la Sanità d’iniziativa

La Sanità d’iniziativa è il nuovo modello delineato dal Piano Sanitario Regionale2008-2010 che propone un approccio organizzativo che valuta il bisogno di saluteprima dell’insorgere della malattia e accompagna il cittadino nei suoi percorsi di sa-lute e soprattutto, gestisce e rallenta il decorso delle patologie croniche e dei loroesiti, alleggerendo al contempo l’impatto sul sistema.

Le osservazioni ed i riferimenti scientifici presenti in letteratura sulle esperienze finqui avviate evidenziano come la Sanità d’iniziativa basata su una modalità pro-attiva,(che si muove, cioè, attivamente verso i bisogni del cittadino portatore di bisogni disalute), attuata nel contesto delle cure primarie, possa avere ricadute straordinariein particolare su alcune tipologie di malattie croniche: diabete, malattie cerebro ecardiovascolari, insufficienza cardiaca, broncopneumopatia. Non solo, come detto, l’evoluzione clinica di queste patologie può beneficiare di unsimile approccio in termini di riduzione delle complicanze e della disabilità correlata,ma l’interazione informativa tra team e paziente offre a quest’ultimo strumenti di au-tocura, rendendo attiva la sua partecipazione nell’intero percorso assistenziale. Larivalutazione del ruolo e del punto di vista del cittadino utente di prestazioni tera-peutiche appare dunque l’esito di un processo di ripensamento del paradigma bio-medico. Con il nuovo modello assistenziale il cittadino, fin qui spesso ai margini delsistema – in contraddizione con quanto auspicato dalla programmazione sanitariapiù recente, di un sistema vicino ed accessibile – può, gradualmente, riappropriarsidi una posizione centrale. Il sistema così concepito dovrebbe essere in grado di in-tegrare le conoscenze sulla malattia con quelle del paziente e del suo contesto am-bientale di riferimento, tutte egualmente essenziali al fine di assicurare l’efficaciadelle cure. Da questo punto di vista l’approccio particolare che questo contestooffre, non solo sul piano dei tentativi di misurazione dei processi e di valutazione delsistema, ma anche in termini di efficacia, ci porta a ritenere che l’Azienda sanitaria,(supportata sul versante metodologico e scientifico dall’Agenzia Regionale di Sanità),possa e debba assicurare un ruolo rilevante di cerniera tra i vari riferimenti clinico-scientifici ed il contesto territoriale in cui si svolgono i processi assistenziali.

In sostanza, le informazioni scientifiche, non possono non confrontarsi, nell’ambitodelle cure primarie, con il contesto organizzativo in cui esse vengono applicate. Perciòil livello aziendale è chiamato a selezionare i riferimenti necessari all’implementazionee allo sviluppo di percorsi assistenziali, a favorire momenti di audit tra gli operatori e acostruire, nello stesso tempo, un sistema informativo efficiente in grado di garantire aiprocessi valutativi gli strumenti di conoscenza necessari al Governo clinico delle cureprimarie. Un compito innovativo e straordinario, considerato che ci si trova a doveroperare in un contesto articolato tutt’altro che lineare (realtà territoriale), di fronte a pa-zienti complessi, ossia soggetti che, secondo la definizione adottata dall’Agency forHealthcare Research and Quality (AHRQ), risultano affetti da due o più malattie croni-che, in cui ciascuna delle condizioni morbose presenti è in grado d’influenzare l’esitodelle cure delle altre coesistenti. L’approccio multidimensionale e multidisciplinare rap-presenta uno strumento basilare nella diagnosi e nelle decisioni, ma necessita essostesso di riferimenti organizzativi in grado di governarne le interconnessioni che talemodalità di approccio produce, in particolare, all’interno del Sistema Sanitario.Gli interventi clinici ed assistenziali al di fuori dell’ospedale interagiscono con altrigradi di complessità, oltre la componente biologica. In questa accezione più ampia,

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in sostanza, altre componenti si associano a quella più strettamente sanitaria: il con-testo socio-economico e culturale, gli aspetti comportamentali e gli stili di vita, sullacui sensibilizzazione la Toscana sta investendo in maniera concreta; e i determinanti*correlati alle variabili ambientali. A questo proposito all’interno della nostra Asl unaprima analisi volta a descrivere il livello socioeconomico e il livello di istruzione, evi-denzia un elevato grado di disomogeneità sul quale potrebbe essere opportuno in-tervenire. Le figure 2.1 e 2.2, dove sono riportati rispettivamente la distribuzioneterritoriale del reddito e del livello di istruzione, mostrano le differenze per comunedel reddito medio annuo e la percentuale di popolazione che ha dichiarato un livellodi istruzione basso (nessuno o elementare).Per ottenere un ulteriore livello comparativo rilevando gli stili di vita, il reddito ed il livellodi istruzione della popolazione oggetto del Chronic care model, l’Azienda USL 8 staconducendo un’indagine specifica per i cui dettagli si rimanda ai paragrafi seguenti2. L’analisi e la conoscenza dei determinanti di salute rappresenta anche una formida-bile opportunità per fortificare e rilanciare la partecipazione della collettività rispettoai temi della salute, coinvolgendo il livello amministrativo della comunità ad una in-terazione sistematica con il Sistema Sanitario nella definizione delle priorità e nellaprogrammazione di strategie comuni.

Figura 2.1

reddito medio

imponibile ai fini

dell’addizionale Irpef

per comune

di residenza.

Anno d’imposta

2006

2 Nell’Appendice A viene allegato lo strumento di rilevazione

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La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino? 14

Tra le prime aziende sanitarie della Toscana a sperimentare i modelli innovativi ri-guardanti la salute, l’Azienda aretina intende anche oggi, cimentarsi nell’imprimereuna svolta al Sistema Sanitario in cui una grande fetta di patologie croniche possafinalmente trovare dei binari di efficienza e di appropriatezza in grado di soddisfarele esigenze cliniche e di garantire una progressiva umanizzazione nelle cure, rassi-curando il portatore del bisogno (il paziente e i suoi familiari) che potrà finalmentecontare su un’interazione attiva col Sistema Sanitario, il quale, dal canto suo, si faràattivamente carico dei vari bisogni emergenti, rispondendo della gestione clinica edassistenziale che l’evoluzione della patologia cronica impone nel tempo.Su tale assunto, che favorirà la definizione e l’attivazione del nuovo modello del Chro-nic care model si gioca gran parte del futuro della nostra sanità, poiché, dare equa-mente ai crescenti bisogni risposte integrate appropriate ed efficaci, significa primadi tutto rendere dignità al Servizio Sanitario, oggi in affanno nella gestione clinica edassistenziale della straripante cronicità, oltre, naturalmente, ai benefici che da tali ri-sposte possono venire direttamente ai malati e alle loro famiglie, sia in termini di ef-ficienza organizzativa, sia in termini di monitoraggio clinico e di efficacia nellaprevenzione terziaria, cioè nel contenimento delle recidive e nel controllo delle com-plicanze. Il nuovo sistema è dunque destinato a garantire, prima di tutto, una gestionepiù serena delle cure, a migliorare l’accessibilità del paziente e dei familiari verso iservizi preposti ai trattamenti diagnostico-terapeutici attraverso un rapporto positivo

Figura 2.2

percentuale

di popolazione

con basso livello

di istruzione

(nessuno

o elementare)

per comune

di residenza.

Censimento

2001

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Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino15

e di fiducia irrinunciabile per la sostenibilità del sistema, in cui al centro, attraverso laritrovata sensibilità verso la comunicazione, l’umanizzazione e l’autogestione dellamalattia, porre effettivamente e concretamente il cittadino.

2.1 Dalle indicazioni del PSR all'organizzazione dell'Azienda Usl 8 di Arezzo

Il modello organizzativo che la Regione Toscana ha individuato per lo sviluppo dellaSanità d’iniziativa è l’Expanded chronic care model dove gli elementi portanti del Chro-nic care model, finalizzati all’interazione efficace tra paziente informato/esperto e teamproattivo, sono integrati da aspetti di sanità pubblica, come l’attenzione alla preven-zione primaria collettiva ed ai determinanti di salute, costituendo un modello di presain carico globale su tutto il percorso di salute dei cittadini.

Nell’Expanded chronic care model i professionisti agiscono in modo coordinato alfine di costituire un team assistenziale multiprofessionale preparato e proattivo, taleda rappresentare un riferimento clinico per la persona ed organizzativo per il sistemadei servizi sanitari.Il team multiprofessionale trova la sua esplicazione operativa nei moduli formati damedici di medicina generale che hanno volontariamente deciso di entrare nella spe-rimentazione. Vale la pena ricordare in tal senso che la medicina generale, ad Arezzo, è rappre-sentata da più di 262 medici, oltre 38 pediatri e 81 medici di continuità assistenzialee costituisce, insieme alla componente infermieristica distrettuale ed ai servizi sociali,l’elemento portante delle cure primarie che rappresentano il livello di assistenza cheregistra quotidianamente il maggiore afflusso da parte della popolazione residente.

L’Azienda Usl 8 di Arezzo, a partire dalla prima metà del 2009, ha agito su duelinee: la prima lavorare, insieme alla medicina generale, per l’individuazione deimedici che avrebbero preso parte alla sperimentazione costituendo i moduli. Neimoduli, sotto la supervisione del medico di famiglia, sono attuati gli interventi ne-cessari per la presa in carico dei pazienti affetti dalle patologie croniche oggettodella sperimentazione.

La seconda linea di azione è stata quella di costituire dei gruppi di lavoro aziendaliche elaborassero le Linee Guida condivise e coerenti con le linee di indirizzo definitea livello regionale, garantendo altresì la continuità del percorso di salute del pazientetra territorio e ospedale. Nel mese di giugno 2009 sono state pubblicate sul sitoaziendale le Linee Guida per il diabete e lo scompenso. Il 31 dicembre 2009 quelleper l’ipertensione, la BPCO e l’ictus.Nel mese di settembre 2009 è stato presentato alla Regione il progetto aziendaleper la sperimentazione della Sanità d’iniziativa che ha visto la proposta di realizza-zione dei seguenti 7 moduli:

Modulo Denominazione N. MMG N. assistiti

1 Valdichiana 9 10.7962 Valtiberina 6 7.9663 Valdarno 9 11.6624 Basso Casentino 3 2.9885 Alto Casentino 8 9.3716 Civitella Valdichiana 6 7.1967 Arezzo città 10 12.472Azienda 51 62.451

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La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino? 16

La sperimentazione vede coinvolte tutte e 5 le zone distretto dell’Azienda. Parteci-pano 51 medici di medicina generale per una copertura di circa 62.500 assistiti (il18% del totale dei residenti nella Azienda di Arezzo); è stato individuato il personaleinfermieristico e OSS che fa parte dei team multiprofessionali all'interno dei singolimoduli. Per ogni modulo è stato inoltre individuato un medico di comunità referenteche fa da interfaccia con l'Azienda.

Gli obiettivi che ci siamo posti sono sostanzialmente:1 Costituire nei moduli dei team formati dai vari professionisti che diventano par-

tecipi ognuno con il proprio ruolo di un percorso comune, integrato, capace diprendersi carico in toto della persona affetta da patologia cronica.

2 Attuare iniziative di prevenzione primaria e secondaria con la possibilità di inci-dere precocemente sui determinanti di salute (stili di vita), per ridurre sia l’inci-denza delle malattie croniche, sia la progressione della malattia già esistente.

3 Potenziare a livello territoriale la presa in carico delle dimissioni difficili, attraversol’impegno di tutti i professionisti coinvolti nel Chronic care model.

Così come previsto, la sperimentazione ha preso avvio il 1 gennaio 2010. Nella primafase di “start-up” i medici di medicina generale hanno collaborato all’organizzazionedelle prime attività ed alla definizione e verifica dei percorsi; al termine di questa fasesono stati consegnati gli archivi informatizzati con i dati clinici dei propri assistiti af-fetti da scompenso e diabete, che avevano dato il loro consenso a partecipare allasperimentazione.

Al momento – settembre 2010 – siamo alla fase denominata “pilota”, in cui tutti i pa-zienti individuati iniziano ad essere chiamati dal personale del team assistenziale neimoduli per entrare nel percorso sperimentale. Ogni paziente verrà invitato attiva-mente ad effettuare una visita con le modalità descritte successivamente. Sarannointeressati in questa prima fase circa 2.700 pazienti con la diagnosi di diabete e circa700 con la diagnosi di scompenso cardiaco.

2.2 L’invecchiamento della popolazione nel territorio aretino ed il peso della cronicità

Come già accennato nel capitolo 1, negli ultimi decenni la popolazione degli ultrasessantacinquenni ha registrato un notevole aumento e nella Asl 8 si è passati da69.849 unità nel 1998 a 78.096 del 2008 con un incremento dell’11,4%. In questa fascia di età, sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo, le ma-lattie croniche rappresentano la prima causa di morte e di disabilità. Si comprendeallora come l’invecchiamento demografico della popolazione richieda degli sforzi edelle iniziative specifiche per favorire un invecchiamento attivo della popolazione,alleggerito il più possibile dal peso della disabilità che le complicanze delle malattiecroniche generano. Per avere una idea basti pensare che in una popolazione di10.000 abitanti vi sono circa 2.000 ipertesi, 550 diabetici, 450 bronchitici cronici,circa 200 persone affette da scompenso cardiaco.

2.3 Come migliorare le risposte specifiche al problema su tutto il territorio

Sul piano della salute le misure cardine della risposta alla cronicità delle malattiesono rappresentate dalla prevenzione primaria (sani stili di vita e salubrità dell’am-biente) e dall’efficacia dei programmi di diagnosi precoce e di cura (sia a livello pri-

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Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino17

mario che specialistico), garantite dall’accesso ai servizi ed alle cure di tutti i cittadini(equità e universalità dell’accesso).In tale prospettiva, insieme alla componente infermieristica distrettuale e alla medi-cina di comunità, la medicina generale offre il suo specifico contributo nella direzionedi una maggiore efficienza ed efficacia dell’assistenza. Questo si esprime, in parti-colare, attraverso la riorganizzazione delle attività assistenziali relative ai pazienti af-fetti dalle principali malattie croniche, utilizzando le grandi potenzialità offerte dallacartella clinica elettronica, ordinariamente in uso presso i medici di famiglia e otti-mizzando il rapporto con i servizi specialistici.

2.4 Come si applica il Chronic care model

Ogni anno, in tutte le zone distretto della Asl 8, circa l’80% della popolazione resi-dente frequenta, almeno una volta, lo studio del medico di famiglia (dati correnti). Èrisaputo come gli studi medici sono quotidianamente affollati: tutti gli operatori dellasanità, ed i medici di famiglia in particolare, sanno però come vi sia una grande pro-porzione di pazienti che frequenta assiduamente l’ambulatorio per problemi o ma-lattie più o meno gravi e che una parte ecceda nella frequenza, un pò per un vissutodi “incertezza” un po’ sotto la spinta del cosiddetto consumismo sanitario. Vi è al-trettanta consapevolezza, però, di un’altra porzione di cittadini che, pur affetti dauna patologia cronica diagnosticata e/o ad alto rischio di salute, stentano a seguirele cure o praticare i controlli necessari prescritti. Il Chronic care model è un’organizzazione di lavoro in equìpe che si attua in par-ticolare nello studio del medico di famiglia. Esso interessa tutta la popolazioneaffetta da una malattia cronica per la quale è predisposta una agenda di appun-tamenti, con richiamo attivo del paziente, per tutti i pazienti in carico, per ciascunodei quali viene attuato un programma di cura e di controlli personalizzato in baseall’andamento della patologia.

2.5 I principali obiettivi del programma

L’innovazione del programma, sociale e scientifica allo stesso tempo, che ne costi-tuisce anche l’obiettivo strategico, è quella di offrire a tutti i cittadini interessati, unpiano di assistenza e di cura personalizzato finalizzato al mantenimento del controllo

Figura 2.1

Riduzione

della disabilità

nel corso della vita

dal 1990 al 2010

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La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino? 18

clinico della malattia e della prevenzione delle sue temibili complicanze con lo scopodi favorire al massimo un invecchiamento attivo, e una vita il più possibile libera dadisabilità gravi.

2.6 Il lavoro in team e la qualità dell’assistenza

La disponibilità di registri di patologia che contengono la lista di tutti i pazienti chepresentano un determinato problema e di agende per la gestione programmata diappuntamenti personalizzati, costituiscono la base del nuovo modello di assistenzache punta, grazie alla multidisciplinarità degli interventi, alla qualità delle cure. Nellafase iniziale della sperimentazione, partita all’inizio del 2010 su circa il 20% della po-polazione di ciascun distretto, si darà priorità al diabete e successivamente alloscompenso cardiaco. Ogni paziente ha a disposizione un programma in media ditre visite l’anno presso lo studio del proprio medico (prevalentemente medici chegià lavorano in gruppo). La frequenza potrà subire variazioni a seconda del bisogno e in base all’andamentodella malattia.In ciascuna consultazione sono particolarmente curate da parte del Team medicoinfermieristico:- il counseling motivazionale all’adozione di un più sano stile di vita (abolizione del

fumo, riduzione del sovrappeso e dello stress ecc. (con il coinvolgimento se ne-cessario dei familiari);

- l’educazione all’autocura e all’auto monitoraggio di alcuni parametri come la de-terminazione della glicemia e della pressione arteriosa;

- l’educazione motoria e alimentare, con l’attivazione di consulenze dietologichenei casi più complessi;

- il monitoraggio dei parametri fisiologici, clinici e dello stato della cute (piede dia-betico);

- l’esame clinico ed il monitoraggio degli esami di laboratorio e strumentali;- la valutazione dell’efficacia e della sicurezza delle terapie e della adesione del

paziente alle stesse;- l’invio periodico agli specialisti per la diagnosi precoce di eventuali complicanze.

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3 Nell’Appendice A viene allegato lo strumento di rilevazione4 Paragrafo 2.1

Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino19

3 la distribuzione territoriale di alcune patologie croniche identificate attraverso il consumo di risorse

In questo capitolo sono presentate le patologie croniche individuate come priori-tarie dal Piano Sanitario Regionale 2008-2010: diabete, ictus, scompenso cardiacoe broncopneumopatia cronica ostruttiva: è stata esclusa l’ipertensione poiché icriteri utilizzabili per identificare gli ipertesi attraverso il consumo di risorse com-portano una rilevante sottostima del fenomeno. In particolare, dopo aver descrittola fonte dei dati (banca dati MaCro) ed i criteri utilizzati per identificare tali patolo-gie, viene presentata un’analisi geografica in cui si descrive la variabilità con cuisono distribuite tali patologie nella popolazione di età maggiore o uguale a 15 annidella Asl 8. Relativamente al diabete, in quanto oggetto anche dell’indagine campionaria suglistili di vita che l’Azienda sta conducendo3, sono inoltre descritti alcuni indicatoridi adesione alle linee guida diagnostico-terapeutiche con particolare riferi-mento alle differenze geografiche, di genere, di età e cittadinanza.

3.1 MaCro: una importante banca dati regionale costruita a partire da dati di fonte corrente

3.1.1 Il meccanismo generale di costruzione della banca dati

Per misurare le differenze nelle prevalenze di patologie croniche, oppure per verifi-care la corretta applicazione delle linee guida diagnostico-terapeutiche ai pazienti,è necessario costruire un archivio dei residenti nell’ambito di afferenza dell’Aziendasanitaria affetti da tali patologie. La costruzione di questo archivio, nel caso di pa-zienti assistiti dai moduli4 (che nella Asl 8 ammontano al 18% del totale degli assistiti)avviene in modo diretto, raccogliendo dai medici di medicina generale i nomi deipazienti affetti da patologie croniche. Per la totalità della popolazione residente lafrequenza di patologie croniche può essere individuata solo utilizzando un metodoindiretto e approssimato. I servizi erogati o finanziati dall'Azienda Sanitaria (acquistodi farmaci, ricoveri ospedalieri, esenzioni ticket) vengono rilevati dal sistema infor-mativo. Alcuni di questi essendo erogati esclusivamente o quasi a pazienti che hannouna specifica patologia ne rendono possibile l’identificazione a posteriori.L’applicazione degli algoritmi che rintracciano i soggetti con patologie croniche av-viene a livello regionale in modo anonimo e viene eseguita dall’Agenzia Regionale diSanità. La banca dati che viene così generata è denominata MaCro. Richiedendo laMaCro dei propri assistibili le Aziende USL sono in grado di inserire nome e cognomee verificarne i dati anagrafici.

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La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino? 20

3.1.2 Come sono identificate le singole patologie

In Appendice B vengono illustrati nel dettaglio e per singola patologia i criteri di se-lezione dei soggetti presenti nella banca dati MaCro. Diamo qui di seguito ancheuna descrizione qualitativa.Broncopatia Cronica Ostruttiva (BPCO): sono identificati come soggetti con BPCOcoloro che hanno avuto almeno un ricovero in cui la diagnosi di BPCO è stata tra-scritta e/o gli ultra45enni che usano farmaci antiasmatici (di tipo cronico, oppure usointenso di un solo tipo di farmaco).Scompenso: sono identificati come scompensati i soggetti che hanno avuto almenoun ricovero in cui la diagnosi di scompenso è stata trascritta, e/o che hanno un’esen-zione ticket per scompenso.Pregresso ictus: sono identificati come soggetti con pregresso ictus coloro chehanno avuto almeno un ricovero in cui la diagnosi di ictus è stata trascritta comediagnosi primaria.Diabete: sono identificati come diabetici i soggetti che hanno avuto almeno un rico-vero in cui la diagnosi di diabete è stata trascritta, e/o che fanno uso di farmaci an-tidiabetici, e/o che hanno un'esenzione ticket per diabete.

3.1.3 Prevalenze di utilizzatori di risorse nella popolazione

A partire dai dati presenti nella MaCro si possono calcolare misure di prevalenza diutilizzatori di risorse (che indicheremo in maniera più sintetica come prevalentiMaCro*), per singola patologia e per area geografica disaggregate per sesso e fascedi età o standardizzate* per età. Nel sito dell’ARS (www.arsanita.toscana.it) sono di-sponibili elaborazioni a livello regionale disaggregate per Asl e zona distretto. Neiparagrafi successivi è riportato anche il dettaglio per comune.

3.1.4 Indicatori di adesione alle linee guida diagnostico-terapeutiche

A partire dai soggetti identificati come descritto nel paragrafo precedente -attraversoi flussi informativi delle schede di dimissione ospedaliera, dei farmaci erogati da far-macie e ospedali e della specialistica ambulatoriale per gli esami di laboratorio- sipossono calcolare importanti indicatori di adesione ad alcune linee guida diagnosticoterapeutiche. Come denominatore di ciascun indicatore viene utilizzato il numero di soggetti pre-senti nella banca dati MaCro e come numeratore il numero di coloro che hanno ap-plicato la linea guida: il rapporto viene poi espresso per 100 (esempio: percentualedi diabetici che hanno effettuato l’esame della microalbuminurua in un anno). Nel-l’Appendice C viene riportata la lista completa degli indicatori calcolati e messi a di-sposizione per USL e per zona socio-sanitaria nel sito dell’ARS.

3.2 Distribuzione degli utilizzatori di risorse per alcune patologie croniche nella Asl di Arezzo per comune di residenza

3.2.1 Le misure utilizzate

Come è noto le patologie croniche esaminate sono più frequenti tra la popolazioneanziana il cui peso è molto diverso tra un comune e l’altro della Asl 8 (figura 1.1).

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Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino21

È quindi utile fornire una doppia lettura del fenomeno che vogliamo analizzare at-traverso:1 Misure che ci permettano di cogliere la dimensione reale del fenomeno nella po-

polazione; nei grafici a barre che seguono (figure 3.1-3.3-3.5-3.7) sono riportatii tassi grezzi* per singola patologia (numero di prevalenti MaCro per BPCO,scompenso, ictus e diabete rapportati al numero di abitanti in quel territorio) eper area geografica (zone-distretto).

2 Misure in grado di evidenziare eventuali differenze in territori di piccole dimen-sioni (comuni) che non siano influenzate dalla diversa struttura per età. Nelle car-tine che seguono (figure 3.2- 3.4- 3.6- 3.8) tali misure sono espresse da rapportidi morbosità standardizzati per età* raffigurati attraverso gradazioni di colore cheindicano la diversa intensità di distribuzione della patologia in esame nei singolicomuni rispetto alla media provinciale. Le gradazioni di colore più scuro indicanouna maggiore intensità del fenomeno. Valori sopra a cento indicano che la fre-quenza della patologia in esame tra la popolazione di quello specifico comuneè maggiore rispetto alla media provinciale, mentre valori sotto a cento indicanoche è inferiore. In particolare le stelle, rispettivamente rosse (valori più elevati) egialle (valori più bassi), identificano i comuni nei quali le differenze rispetto allamedia provinciale risultano statisticamente significative*.

3.2.2 Le patologie

Gli algoritmi utilizzati per identificare i soggetti portatori delle patologie considerate(Appendice B) selezionano i soggetti in trattamento farmacologico o che hannoavuto un ricovero a partire dal 1999. Non sono quindi propriamente misure di pre-valenza di patologia ma quantificano, in base a criteri omogenei all’interno dellanostra azienda, soggetti in trattamento. Le differenze territoriali che si colgono daigrafici e dalle cartine che seguono possono offrire interessanti chiavi di lettura deifenomeni. Tuttavia tali differenze potranno essere approfondite utilizzando i datiche emergeranno dagli archivi dei medici di medicina generale nell’ambito dell’ap-plicazione del Chronic care model.

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La diffusione della malattiaLa BPCO è un’importante causa di morbositàe mortalità in tutto il mondo. Nel 1990 era lasesta causa di morte nel mondo e si prevedeche diventi la terza causa nei prossimi quin-dici anni. Attualmente il tasso di mortalità perBPCO si attesta intorno a 20 morti per100.000 abitanti. In Italia la prevalenza dellamalattia nella popolazione generale oscilla trail 3,9% nelle donne ed il 4.8 nella popolazionemaschile. Le percentuali salgono al 12 e al 18% circa se si stima la prevalenza nella popo-lazione degli ultra 65enni. I dati relativi alla Asl 8 ottenuti grazie allaBanca dati MaCro, pur riferendosi agli utiliz-zatori di risorse in base agli algoritmi definitiin Appendice B, sembrano essere in linea conle suddette percentuali. Coloro che, in base all’utilizzo di risorse, pos-sono essere definiti affetti da BPCO nella Asl8 sono circa 12.000 e, su una popolazionemedia per medico di 1000 assistiti, ammon-tano a circa 40 soggetti di età maggiore ouguale a 15 anni. Dai dati per zona distretto,riportati nella figura 3.1, emerge che il Casen-tino si contraddistingue per i tassi più bassidi BPCO (37,4 per 1.000) mentre i tassi piùelevati si registrano nella Valdichiana Aretina(44,0 per 1.000) e nella Valtiberina (43,6 per1.000). L’analisi comunale (figura 3.2) mostra che,anche al netto dell’influenza della strutturaper età, il Casentino si contraddistingue peravere livelli più bassi di BPCO; in particolarevalori significativamente inferiori al livello pro-vinciale si registrano nei comuni di Stia, Pra-tovecchio e Bibbiena. Al contrario, inValtiberina, il numero elevato di soggetti intrattamento per BPCO rapportato al numerodi abitanti appare chiaramente influenzato dalla struttura per età di questo territorio,molto sbilanciata sulle classi di età più anziane (figura 1.1); tutti i comuni di questazona infatti, ad eccezione di Sestino in cui si registra il 36% di BPCO in più rispettoalla media provinciale, a parità di età hanno frequenze di BPCO inferiori al datomedio provinciale. Le due zone montane della provincia si distinguono quindi per bassi livelli di BPCOuna volta depurate dall’influenza della struttura per età. Valori significativamente ele-vati rispetto alla media provinciale si rilevano anche a Bucine, Monte San Savino,Castiglion Fiorentino, Cortona e Subbiano.

Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO)

22La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino?

DefinizioneLa BPCO è una malattia che si sviluppa lentamente,negli anni, caratterizzata da una ostruzione delle vieaeree (bronchi e bronchioli) che causa una limitazionedel flusso aereo non più completamente reversibilecome nell’asma. Tale riduzione del flusso è di solito pro-gressiva ed associata ad una risposta infiammatoriapolmonare in seguito all'inalazione di particelle (fumo disigaretta), polveri o gas nocivi (inquinamento atmosfe-rico).

Sintomi e causeI principali sintomi della BPCO sono: la dispnea quoti-diana (affanno), che si accentua con gli sforzi, la tossee l’espettorazione cronica. I sintomi sono in pratica glistessi dell' asma, dalla quale la BPCO si differenzia pro-prio per la irreversibilità della limitazione del flussoaereo. La tosse cronica e l’espettorazione possono pre-cedere spesso di anni la comparsa della riduzione delflusso aereo espiratorio, sebbene non tutti i soggetti chepresentano tosse ed espettorazione svilupperanno poila BPCO.I principali fattori di rischio che di fatto costituiscono lecause accertate della malattia sono costituiti dall’espo-sizione prolungata al fumo di sigaretta, agli inquinantiatmosferici ed in ambiente lavorativo (polveri). Si com-prende così come l’abolizione del fumo e l’abbattimentoe la riduzione massiva dell’inquinamento ambientalerappresentino i cardini della prevenzione primaria. Labronchite cronica infatti, con la sua progressiva evolu-zione negativa verso l’insufficienza respiratoria, rappre-senta per la persona una malattia fortemente invalidanteche incide pesantemente sulla sua qualità di vita. Pari-menti gravi sono i risvolti sociali ed economici in quantocomportano una importante riduzione della capacità la-vorativa nei soggetti ancora attivi ed un elevato costodi cura per il Sistema Sanitario.

La diagnosi e la terapiaLa diagnosi di BPCO dovrebbe essere presa in consi-derazione in tutti i soggetti che presentano i sintomi ca-ratteristici della malattia ed una storia di esposizione afattori di rischio, in particolare al fumo di sigaretta. Ognidiagnosi oggi trova la sua conferma nell’esame spiro-metrico che permette al medico di perfezionare la dia-gnosi e di stabilirne il livello di gravità al fine dimonitorare l’andamento della terapia e l’ottimizzazionedell’uso dei farmaci. Gli obiettivi assistenziali consistononel migliorare la qualità di vita del paziente, riducendole riacutizzazioni della malattia, i ricoveri e l’evoluzioneverso l’insufficienza respiratoria grave. Da qui l’impor-tanza per le cure primarie di sviluppare un modello dimedicina di iniziativa che possa permettere di redigereuna cartella clinica informatizzata per ogni cittadino (giàampiamente in uso) dove raccogliere la storia indivi-duale di ogni cittadino la sua eventuale esposizione aivari fattori di rischio, elaborare piani individuali e collet-tivi di prevenzione (disassuefazione al fumo di sigaretta)e favorire un corretto ed efficace controllo clinico perio-dico dei pazienti affetti da BPCO (Chronic care model).

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23 Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino

Figura 3.1

Prevalenti MaCro

maggiori di 15 anni

per BPCO

per 1.000 abitanti. Totale

Asl 8 e zone distretto.

Anno 2008

Figura 3.2

Prevalenti MaCro

per BPCO di età

maggiore a 15 anni

per comune

di residenza.

Rapporti standardizzati

per età per 100.

Anno 2008

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DiffusioneI dati rappresentati nella raffigurazione geo-grafica del nostro territorio provinciale, anchese ricavati indirettamente da elementi di con-sumo e di ricovero come espresso in pre-messa, fanno comprendere come loscompenso sia una condizione patologicache interessa una proporzione significativadella popolazione su tutto il territorio, anchese con prevalenze probabilmente diverse. A livello di zona distretto il numero di scom-pensati sopra i 15 anni (in base alla defini-zione riportata in Appendice B) per 1.000abitanti oscilla tra 13,7 per 1.000 nella zonaaretina e 21,5 nel Valdarno con un valoremedio provinciale di 17,2 per 1.000 (figura3.3). Dalla distribuzione del fenomeno subase comunale (figura 3.4) appare molto evi-dente la maggiore frequenza di scompensatinei comuni del Valdarno, in cinque dei qualitali frequenze sono significativamente* supe-riori alla media provinciale. Occorre tuttavianotare che tale variabilità potrebbe essere inparte dovuta a differenti modalità di compila-Asl 8. Da notare però, come elemento com-parativo, che in questa zona risultano piùelevate anche le frequenze di cardiopatiaischemica.

Scompenso cardiaco

DefinizioneLo scompenso cardiaco è quella condizione che si de-termina quando il cuore, e in particolare il ventricolo si-nistro, perde la sua normale capacità di pomparesangue per mantenere le funzioni vitali dell'organismoe, quindi, lavora con sempre minore efficienza. Ciò ac-cade sempre quando il muscolo cardiaco è danneg-giato e sovraffaticato. Ne consegue che il sangue vienepompato nei tessuti e nei vari organi del corpo consempre più difficoltà così come il suo ritorno al cuore,tramite le vene, resta ostacolato dall’aumento delle re-sistenze. Questa condizione genera una serie di sin-tomi, che esprimono la sofferenza del paziente edetermina, nel tempo, un irreversibile peggioramentodella funzione cardiaca che può avere anche un esitofatale.

Sintomi e causeLo stato di insufficienza cardiaca può manifestarsi len-tamente ed i suoi segni possono comparire evidentidopo diverso tempo. I principali sintomi sono rappre-sentati dagli edemi (ristagno di liquidi nell’addome, nellegambe, nei piedi e nel polmone), insufficienza respira-toria, tosse secca con affanno, inappetenza e stan-chezza, aumento della frequenza cardiaca. Diversesono le cause che, nel tempo, possono portare alloscompenso cardiaco. Le principali sono rappresentatedall’arteriosclerosi (invecchiamento e sclerosi dei vasiarteriosi) in particolare delle coronarie (le arterie delcuore), l’infarto del miocardio, l’ipertensione arteriosa eil diabete (che causano un danno alle arterie), le malattiepolmonari, le malattie specifiche del cuore e delle val-vole cardiache.

TrattamentoDa quanto sopra espresso si può facilmente compren-dere come la cura dello scompenso dipenda sia dalladiagnosi precoce dei suoi sintomi sia dalla cura co-stante delle sue cause. Ciò richiede un’efficienza del si-stema delle cure (ambulatoriali e domiciliari) ed unaprofonda educazione del paziente dal punto di vista siacomportamentale sia di adesione alle cure ed alle pre-scrizioni mediche. Estrema importanza, per la qualitàdell’assistenza, assume l’integrazione delle compe-tenze specialistiche con quelle delle cure primarie cheun modello di medicina di iniziativa come il Chronic caremodel, applicato su territorio, può offrire.

24La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino?

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25 Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino

Figura 3.3

Prevalenti MaCro

maggiori di 15 anni

per scompenso

per 1.000 abitanti.

Totale Asl e zone

distretto. Anno 2008

Figura 3.4

Prevalenti MaCro

per scompenso di età

maggiore di 15 anni

per comune

di residenza.

Rapporti standardizzati

per età per 100.

Anno 2008

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DiffusioneL’ictus cerebrale rappresenta la terza causadi morte nei paesi occidentali, dopo la car-diopatia ischemica e i tumori, è una delleprime cause di disabilità nell’adulto. La pre-valenza, cioè il numero di persone affettedalla malattia in un anno (nuovi e vecchi casi),si aggira in Italia intorno ai 14 casi per 1.000abitanti.Nella Asl 8 in base ai dati forniti dalla Bancadati MaCro i soggetti di età maggiore a 15anni che dal 1999 al 2008 hanno avuto un ri-covero per ictus (per i criteri diagnostici vediAppendice B) sono circa 5.200 pari a 12,9 per1.000 abitanti. Le zone della Valtiberina e delCasentino sono quelle in cui le frequenze delfenomeno sono più elevate, rispettivamente16,3 e 15,8 per 1.000 abitanti (figura 3.5).Anche standardizzando per età dalla figura3.6 appare chiaro che i comuni in cui il feno-meno è più frequente rispetto alla media pro-vinciale (valore superiore a 100 del rapportostandardizzato per età) sono tutti concentratinelle zone del Casentino e della Valtiberinacon l’eccezione dei comuni di Capolona(zona aretina) e di Cortona (Valdichiana). Inparticolare i comuni che, rispetto alla mediaAsl, hanno i valori più elevati e significativistatisticamente* sono Chiusi della Verna(+58%), Caprese Michelangelo (+48%), An-ghiari (+42%) e Cortona (+24%). I comuni coni valori inferiori a 100 (al di sotto quindi dellamedia provinciale) sono più frequenti nel Val-darno e, in particolare, risultano significativa-mente inferiori alla media Asl, Montevarchi eArezzo.

ICTUS

DefinizioneL'ictus cerebrale è causato nel 90% dei casi da una ri-duzione del flusso sanguigno (ischemia) e nel restante10% dalla rottura di un vaso sanguigno (emorragia). Laconseguenza, a causa del vaso danneggiato, è unagrave mancata ossigenazione della parte colpita e lamorte cellulare che in pochi minuti si determina. Si trattadi una malattia vascolare grave che richiede una rapidaospedalizzazione del paziente (circa 300 casi ogni annoper 100.000 abitanti, comprese le re-ospedalizzazioni)cure tempestive, intensive e costose: circa 10.000 europer singolo caso nei primi sei mesi dal ricovero, per nonparlare poi dei costi diretti ed indiretti successivi, perl’assistenza sanitaria e sociale infatti circa il 35% deicasi di ictus presentano una grave invalidità residua cheinterferisce pesantemente con le attività quotidiane.

Sintomi e causeDi solito la parte colpita riguarda il lato sinistro o destrodel cervello e quindi anche i sintomi sono lateralizzati. Isintomi possono riguardare la perdita della sensibilità ola paralisi in un lato del corpo o del viso, la perdita dellavista nel campo visivo sinistro o destro, la visione sdop-piata, la difficoltà del linguaggio, vertigini, vomito e per-dita della coscienza.In alcuni casi, se l'ischemia avviene in un territorio ce-rebrale meno sensibile, l'ictus può non causare sintomie passare inosservato. L’ictus va differenziato dagli at-tacchi ischemici transitori (TIA) durante i quali i sintomi,meno gravi, si risolvono in meno di 24 ore. Essi comun-que rappresentano un segno di allarme per un even-tuale successivo ictus.Il danno vascolare che porta all’ictus trova la sua causaprevalente nel concorso di uno o più fattori di rischioche la ricerca scientifica ha individuato come diretta-mente correlati alla malattia. I fattori di rischio modifi-cabili ben documentati sono: l’ipertensione arteriosa,alcune cardiopatie (in particolare la fibrillazione atriale),il diabete mellito, l’iperomocisteinemia, l’ipertrofia ven-tricolare sinistra, la stenosi carotidea ed il fumo di siga-retta. Per quanto riguarda i fattori non modificabili l’etàè il maggiore fattore di rischio per l’ictus; la sua inci-denza infatti aumenta con l’invecchiamento e si rad-doppia per ogni decade sopra i 55 anni. L’esposizionea più fattori di rischio aumenta in modo esponenziale ilrischio di ictus e di morte.

TrattamentoDa quanto sopra esposto si comprende l’importanzadella prevenzione che costituisce il primo fondamentodella lotta all’ictus. Essa trova i suoi cardini:- nell’individuazione del rischio cerebrovascolare diogni singolo paziente;

- nel controllo dei fattori di rischio a cui il paziente èesposto, attraverso, se presenti, un accurato tratta-mento dell’ipertensione, dell’insufficienza cardiaca edella fibrillazione atriale, del diabete, del sovrappeso,degli attacchi ischemici transitori e la correzione delfumo.

Lo sviluppo di pratiche di medicina preventiva nell’am-bulatorio del medico di famiglia, singolo o associato,diffuso sul territorio, rappresenta il metodo più efficaceper il riconoscimento dei fattori di rischio e dei sintomidi malattia, allo scopo di adottare strategie di interventofinalizzate alla riduzione della morbosità e della mortalitàper ictus. Una standardizzazione dell’approccio preven-tivo “attivo” può senz’altro concorrere a ridurre la mag-giore incidenza e prevalenza di ictus che si registranoin alcune aree geografiche rispetto ad altre.

La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino? 26

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Figura 3.5

Prevalenti MaCro

maggiori di 15 anni

per ictus

per 1.000 abitanti.

Totale USL e zone

distretto. Anno 2008

Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino27

Figura 3.6

Prevalenti MaCro

per ictus di età

maggiore di 15 anni

per comune

di residenza.

Rapporti standardizzati

per età per 100.

Anno 2008

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DiffusioneNei paesi occidentali, a causa della sedenta-rietà e dell’obesità, il diabete è in continuacrescita. Negli ultimi 15 anni si è passati, peril diabete dell’adulto, da una prevalenza del4% nella popolazione sopra a 15 anni a circail 5-6%. Nella provincia di Arezzo i dati MaCro indi-cano una prevalenza media dei casi diagno-sticati del 5% circa. In particolare i diabeticiover 14 in trattamento sono circa 15.000 ecorrispondono a circa 49 assistiti ogni 1.000;tale rapporto oscilla tra 43,7 su 1.000 in Ca-sentino e 53 su 1.000 nel Valdarno (figura3.7). I rapporti standardizzati calcolati per co-mune (figura 3.8) mostrano una mappaturapiuttosto netta del fenomeno: tutti i comunidel Valdarno ad eccezione di Castelfranco diSopra hanno valori superiori alla media pro-vinciale, tutti i comuni della Valtiberina sonoinferiori al dato provinciale, in Casentino bencinque comuni sono significativamente infe-riori alla media provinciale mentre la zona are-tina e la Valdichiana si pongono in situazioneintermedia.

Diabete

DefinizioneCon il termine diabete ci riferiamo ad una malattia ca-ratterizzata dall’assenza o dalla insufficienza dell’insu-lina che è un ormone prodotto dal pancreas chepermette nell’organismo l’utilizzo del glucosio comefonte di energia. La malattia ha un andamento cronicoe presenta delle fasi di scompenso con aumento note-vole del glucosio nel sangue e nelle urine e più o menogravi complicanze. Nel diabete il glucosio si accumulanel sangue (iperglicemia), entra con fatica nelle cellulee finisce per privarci dell’energia di cui abbiamo biso-gno. Semplificando distinguiamo due forme di diabete:quello di tipo 1 o giovanile, che richiede un trattamentoassoluto con insulina dall’esterno per la sua grave man-canza nel pancreas, ed il tipo 2, o dell’adulto, di granlunga il più frequente, dove l’insulina è prodotta in ma-niera insufficiente.

Sintomi e causeTenuto conto che la malattia può rivelarsi asintomaticaper diversi anni, una eccessiva sete, un aumento dellafrequenza della minzione, un senso cronico di stan-chezza debbono insospettirci e condurci a consultare ilmedico che procederà alla definizione diagnostica pro-muovendo, nei casi più complessi, l’invio allo speciali-stica. Allo stesso modo dopo i 40 anni non è maleeffettuare dei controlli di laboratorio periodici, soprattuttoda parte di chi è esposto ad un rischio riconosciuto. Allabase del determinismo della malattia è stata riconosciutal’importanza di fattori genetici che si esprimono concre-tamente nella cosiddetta familiarità, ovvero la condizionedi predisposizione alla malattia da parte di chi ha familiaridiabetici (genitori, fratelli). Altri importanti fattori di rischioche predispongono al diabete sono l’obesità, la vita se-dentaria, l’età e la scarsa tolleranza ai carboidrati, in par-ticolare al glucosio.

TrattamentoSe nel diabetico la glicemia non è tenuta sotto controllo,con il tempo, l’eccesso di glucosio nel sangue (iperglice-mia) può provocare danni al circolo (arteriopatie) e alcuore (cardiopatia ischemica), agli occhi (retinopatia), aireni (nefropatia), al sistema nervoso (neuropatia), alla cute(piede diabetico) con conseguenze anche molto gravi.Quattro sono i capisaldi di un intervento efficace: la pre-venzione, la diagnosi precoce, l’educazione del pa-ziente ad un sano stile di vita ed all’autocontrollo dellaglicemia, il trattamento clinico-farmacologico e la pre-venzione e cura delle complicanze tutti elementi ritenuticentrali nel Chronic care model.

La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino? 28

3.2.3 Alcuni indicatori di adesione alle linee guida diagnostico-terapeutiche per il diabete: differenze geografiche, di genere, età e cittadinanza

Come approfondimento sul diabete si analizzano tre indicatori di adesione alle lineeguida diagnostico-terapeutiche: monitoraggio almeno annuale di emoglobina glicata,microalbuminuria e profilo lipidico. Le percentuali di soggetti in trattamento per il diabeteche negli ultimi 12 mesi hanno effettuato questi specifici esami sono riportate in cartinein sovrapposizione alla distribuzione nel territorio di soggetti affetti da diabete (figure3.11-3.14-3.17). Tali percentuali nelle figure sono visualizzate da cerchi la cui dimen-sione rappresenta le classi di ampiezza in cui il fenomeno, espresso in terzili, si mani-festa nella popolazione in base a quanto può essere letto nella legenda. I cerchi piùgrandi indicano una maggiore frequenza di soggetti che effettuano gli esami specificatiin un anno. In considerazione del fatto che molti possono essere i fattori che induconoun minore accesso ai servizi per ogni indicatore sono proposti anche grafici a barre chene descrivono la distribuzione per sesso e fascia di età (figure 3.10-3.13-3.16-3.19) eper cittadinanza (figure 3.11-3.14-3.17-3.20).

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Figura 3.7

Prevalenti MaCro

maggiori di 15 anni

per diabete mellito

per 1.000 abitanti.

Totale Asl e zone

distretto. Anno 2008

Figura 3.8

Prevalenti MaCro

per diabete mellito

di età maggiore di 15

anni per comune

di residenza.

Rapporti standardizzati*

per età per 100.

Anno 2008

Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino29

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Commento ai datiIl test viene utilizzato mediamente dal 65,2%dei diabetici dell’Asl 8 contro il 60,3% dei dia-betici toscani.La figura 3.9mostra la percentuale di diabeticiin trattamento che si sottopongono al testdell’emoglobina glicata almeno una volta ogni12 mesi per sesso e fasce di età. Da notare ladifferenza significativa tra maschi e femminenella fascia di età più giovane (15-44 anni) in cui solo il 57% delle donne effettua il testrispetto al 67% degli uomini, nelle fasce di età 45-64 e 65-84 anni le differenze seppurepiù ridotte diventano a vantaggio delle donne e i valori sono intorno al 70%; le per-centuali si abbassano sotto la soglia del 60% per entrambi i sessi nella classe di etàpiù anziana (maggiori di 84 anni).Le differenze di percentuale tra cittadini italiani e stranieri (figura 3.10) nell’Asl 8(circa 15 punti percentuali in più negli italiani) evidenziano possibili disuguaglianzenel ricorso al test.La stratificazione per comuni della Asl 8 di Arezzo (figura 3.11) evidenzia sostanzialidifferenze passando da percentuali elevate (70,6%-87,9%) osservate nel distrettodi Arezzo e nel distretto del Casentino (in particolare nei comuni dove vi è coinci-denza del fenomeno con una concentrazione più alta di casi) a valori medi in Valti-berina e Valdichiana (65,3 %-70,5%) con alcune eccezioni: valori elevati si osservanonei comuni di Sansepolcro (73%), ma anche a Lucignano (71%), mentre valori bassisi hanno nel Cortonese (59%).In Valdarno si registrano uniformemente i valori più bassi dell’Asl 8, nonostante inquesta area si addensi la concentrazione più elevata di casi di diabete.I dati attualmente a disposizione necessitano di ulteriori conferme e confronti primadi stabilire se ai diversi valori attribuiti corrispondano realmente diversi comporta-menti prescrittivi o altre specifiche motivazioni.

Emoglobina Glicata

Che cos’èIl glucosio può formare dei legami con l’emoglobina eciò dà origine all’emoglobina glicata (HbA1C). La misu-razione di questa proteina presente nei globuli rossiconsente di stabilire quale sia il livello di controllo dellaglicemia negli ultimi 120 giorni (emivita del globulorosso). Il test si differenzia dalla valutazione della sem-plice glicemia in quanto quest’ultima è una stima pun-tuale riferita soltanto al momento in cui viene fatto ilprelievo, mentre l’HbA1C è un indice di memoria dellaglicemia negli ultimi 3-4 mesi.

Figura 3.9

Percentuale

di prevalenti MaCro

per diabete che hanno

effettuato almeno

un esame

dell’emoglobina glicata

negli ultimi 12 mesi

per classi di età e sesso.

Asl 8 – Anno 2008

La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino? 30

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Figura 3.10

Percentuale

di prevalenti MaCro

per diabete che hanno

effettuato almeno

un esame

dell’emoglobina glicata

negli ultimi 12 mesi

per cittadinanza.

ASL 8 – Anno 2008

Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino31

Figura 3.11

Prevalenti MaCro

per diabete mellito

di età maggiore

di 15 anni per comune

di residenza. Rapporti

standardizzati

per età per 100

e percentuale

di soggetti che hanno

effettuato almeno

un esame

dell’emoglobina

glicata

negli ultimi

12 mesi.

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32La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino?

Commento ai datiRispetto all’emoglobina glicata la microalbu-minuria viene effettuata da una percentualedi diabetici in trattamento decisamente infe-riore: solo dal 37% a livello di Asl.Per quanto riguarda l’andamento del feno-meno per sesso, età (figura 3.12) e cittadi-nanza (figura 3.13) vale esattamente quantodescritto sopra per l’emoglobina glicata: l’esame viene effettuato meno dalle donnein età più giovane, le percentuali in entrambi i sessi si riducono molto nell’ultimafascia di età e permangono le differenze tra stranieri e italiani a vantaggio di questiultimi. La stratificazione per comuni (figura 3.14) evidenzia lo stesso andamentoosservato per l’emoglobina glicata nel distretto di Arezzo e in vari comuni del Ca-sentino. In Valtiberina si osserva scarso ricorso al test (con percentuali che nellamaggior parte del territorio sono sotto il 20%) ovunque ad eccezione del comune diMonterchi (48%). In Valdarno il ricorso al test è leggermente superiore rispetto al-l’emoglobina glicata (33,5%-42,9%) ed i valori più elevati si registrano nei comuni amaggiore concentrazione di casi (Pergine e Laterina). Quest’ultimo andamento siosserva nei comuni di Lucignano e Marciano in Valdichiana, laddove la concentra-zione di diabetici è minore, mentre nei comuni più grandi della stessa zona (Cortona,Castiglion Fiorentino, Foiano) la percentuale dei diabetici che si sottopone a micro-albuminuria, almeno una volta all’anno, è decisamente bassa (rispettivamente 28%30% e 32%). Anche per la microalbuminuria vale quanto asserito per l’emoglobinaglicata circa il significato della variabilità di esecuzione nei vari comuni.

Microalbuminuria

Che cos’èÈ un test che può consentire un rilievo precoce di dannodel filtro renale e della conseguente nefropatia diabe-tica, complicanza in aumento tra i diabetici. Al pari diHbA1C possiamo considerarlo come test di sorve-glianza attiva. L’esame è un indice prognostico non solodella progressione della nefropatia diabetica ma anchedi un rischio aumentato di eventi cardiovascolari.

Figura 3.12

Percentuale

di prevalenti MaCro

per diabete che hanno

effettuato almeno

un esame

della microalbuminuria

negli ultimi 12 mesi

per classi di età e sesso.

Asl 8 – Anno 2008

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33 Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino

Figura 3.13

Percentuale

di prevalenti MaCro

per diabete che hanno

effettuato almeno

un esame

della microalbuminuria

negli ultimi 12 mesi

per cittadinanza.

Asl 8 – Anno 2008

Figura 3.14

Prevalenti MaCro

per diabete mellito

di età maggiore

di 15 anni per comune

di residenza. Rapporti

standardizzati

per età per 100

e percentuale

di soggetti che hanno

effettuato almeno

un esame della

microalbuminuria

negli ultimi

12 mesi.

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34La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino?

Commento ai datiSi conferma una maggiore frequenza di dia-betici “aretini” (60%) che fanno ricorso al testrispetto ai diabetici toscani (50%), e nono-stante l’esame più routinario rispetto ai pre-cedenti, per sesso età (figura 3.15) ecittadinanza (figura 3.16) si evidenziano le stesse tipologie di disuguaglianza sopraosservate. Particolarmente elevate risultano le differenze tra italiani e stranieri (ri-spettivamente 48% e 66%). Nell’analisi dei comuni (figura 3.17) si nota un maggiorericorso a questo tipo di esame rispetto al precedente e soprattutto una maggioreomogeneità. Ciò è probabilmente conseguente ad una maggiore conoscenza del-l’esame ma anche ad una maggiore sensibilizzazione di gran parte della popolazionenel richiedere al proprio medico la valutazione dei grassi (colesterolo, trigliceridi ecc.).Tuttavia percentuali sotto la soglia del 55% si osservano in alcuni comuni della Val-tiberina (Caprese Michelangelo, Pieve Santo Stefano e Sestino) e del Casentino(Talla, Castel Focognano, Poppi, Chiusi della Verna e Pratovecchio).

Profilo lipidico

Che cos’èIl profilo lipidico, con cui si valuta la concentrazione nelsangue di colesterolo, trigliceridi e lipoproteine ad altae bassa densità, è raccomandato nei diabetici a causadell’elevato rischio di morbosità e mortalità cardiova-scolare.

Figura 3.15

Percentuale

di prevalenti MaCro

per diabete che hanno

effettuato almeno

una misurazione

del profilo lipidico

negli ultimi 12 mesi

per classi di età e sesso.

Asl 8 – Anno 2008

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35 Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino

Figura 3.16

Percentuale

di prevalenti MaCro

per diabete che hanno

effettuato almeno

una misurazione

del profilo lipidico

negli ultimi 12 mesi

per cittadinanza.

Asl 8 – Anno 2008

Figura 3.17

Prevalenti MaCro

per diabete mellito

di età maggiore

di 15 anni per comune

di residenza. Rapporti

standardizzati

per età per 100

e percentuale

di soggetti che hanno

effettuato almeno

una misurazione

del profilo lipidico

negli ultimi 12 mesi.

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Figura 4.1

Tasso di

ospedalizzazione

standardizzato* (TOsd)

per 1000 relativo

agli assistiti dei moduli

per diabete e generale –

anno 2008

La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino? 36

4 uno sguardo ai consumi di risorse sanitarie per diabete e scompenso cardiaco

Nell’ambito dell’applicazione del Chronic care model, l’Azienda Usl 8 ha allestito unostudio che andrà ad analizzare, oltre ai cambiamenti negli stili di vita ed i benefici intermini di salute della popolazione, anche le ricadute relative ad un diverso assorbi-mento di risorse da parte del sistema.In quest’ottica, abbiamo ritenuto necessario vedere qual è e come si distribuiscel’utilizzo delle risorse sanitarie prima dell’introduzione del Chronic care model, perpoi procedere ad una nuova valutazione dopo un periodo di circa un anno. Durantequesto periodo tali risorse dovrebbero essere dirottate prevalentemente sul territorioed essere impiegate in maniera preventiva, al fine di evitare episodi acuti indotti ocomunque correlabili alle patologie in oggetto.Per il momento abbiamo limitato l’indagine alle sole patologie per le quali viene avviatala sperimentazione, diabete e scompenso, ed ai pazienti cronici con più di 14 anni. Il consumo è stato valutato solo per la popolazione assistita in carico ai moduli peri quali è stata avviata la sperimentazione.I soggetti affetti da diabete o scompenso sono quelli individuati nella banca datiMacro. È stato fatto un confronto fra quanto mediamente consumato da un assistitocronico (diabetico o scompensato) in carico ai moduli con il consumo medio di ungenerico assistito degli stessi medici, affetto o meno da patologia cronica.

DiabeteI pazienti diabetici hanno un tasso di ospedalizzazione che è oltre due volte superiorea quello della popolazione generale in età maggiore di 14 anni in carico agli stessi medici(figura 4.1). La spesa media per ricoveri è di 2,5 volte superiore (tabella 4.1 e figura4.3). Il consumo medio di prestazioni ambulatoriali e di diagnostica è oltre il doppio chenella popolazione generale, sia come volumi sia come costi (figura 4.2, tabella 4.1 efigura 4.3). La spesa media per assistito diabetico per farmaci, al di fuori degli episodidi ricovero, è oltre tre volte superiore a quella media generale (tabella 4.1 e figura 4.3).

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tabella 4.1

Spesa media per assistito diabetico e assistito generico per ricoveri, prestazioni

ambulatoriali e farmaci – anno 2008

Livello assistenziale Spesa media per assistito

Ricoveri diabetico ⇔ 1.232,66 Ricoveri assistito ⇔ 498,40Ambulatoriale diabetico ⇔ 523,33 Ambulatoriale assistito ⇔ 240,32Farmaci diabetico ⇔ 783,08Farmaci assistito ⇔ 233,78

Se guardiamo la distribuzione dei costi complessivi del diabete per ricoveri, specia-listica ambulatoriale (comprensiva di diagnostica) e farmaci (farmaceutica territorialee distribuzione diretta), vediamo che il 48% è assorbito dai ricoveri, il 31% dai far-maci ed il restante 21% dalle prestazioni ambulatoriali (figura 4.4).

Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino37

Figura 4.2

Tasso di prestazioni

ambulatoriali

standardizzato* (TPsd)

per assistito relativo

agli assistiti dei moduli

per diabete e generale –

anno 2008

Figura 4.3

Spesa media

per assistito diabetico

e assistito generico

per ricoveri, prestazioni

ambulatoriali e farmaci

– anno 2008

Figura 4.4

Ripartizione percentuale

della spesa dei moduli

per assistiti diabetici –

anno 2008

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La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino? 38

ScompensoPer l’assistito scompensato fino ad oggi l’utilizzo dell’ospedale è stato enormementesuperiore a quello medio generale della popolazione. Si parla di un tasso di ospe-dalizzazione standardizzato* (TOsd) del 626,76 per mille contro il 145,67 per mille(standard Italia ’98), quindi ben oltre quattro volte superiore (figura 4.5), con un rap-porto in termini di costo medio per assistito di oltre sei volte superiore (tabella 4.2e figura 4.7). Il consumo di prestazioni ambulatoriali è tre volte superiore (figura 4.6)e la spesa media ambulatoriale è quattro volte superiore (tabella 4.2 e figura 4.7). Ilconsumo di risorse per farmaci (farmaceutica territoriale e distribuzione diretta) è 1,5volte rispetto alla popolazione assistita generale (tabella 4.2 e figura 4.7).

tabella 4.2

Spesa media per assistito scompensato e assistito generico per ricoveri, prestazioni

ambulatoriali e farmaci – anno 2008

Livello assistenziale Spesa media per assistito

Ricovero scompensato ⇔ 3.147,47Ricoveri assistito ⇔ 498,40Ambulatoriale scompensato ⇔ 995,09Ambulatoriale assistito ⇔ 240,32Farmaci scompensato ⇔ 329,43Farmaci assistito ⇔ 233,78

Figura 4.5

Tasso di

ospedalizzazione

standardizzato* (TOsd)

per 1000 relativo

agli assistiti dei moduli

per scompenso

e generale – anno 2008

Figura 4.6

Tasso di prestazioni

ambulatoriali

standardizzato* (TPsd)

per assistito relativo

agli assistiti dei moduli

per scompenso

e generale – anno 2008

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Se guardiamo la distribuzione dei costi complessivi dello scompenso (figura 4.8)vediamo che il 62% è assorbito dai ricoveri, il 20% dalle prestazioni ambulatorialied il restante 18% dai farmaci.

Figura 4.8

Ripartizione percentuale

della spesa dei moduli

per assistiti

scompensati – anno

2008

Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino39

Figura 4.7

Spesa media

per assistito

scompensato

e assistito generico

per ricoveri, prestazioni

ambulatoriali

e farmaci – anno 2008

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conclusioni

La mission di un sistema sanitario universalistico quale quello italiano è di garantirel’equità delle prestazioni ai propri cittadini. Il Ccm si pone in questo ambito comeuno degli strumenti utili al raggiungimento di tale finalità spostando nel contempogli interventi del Sistema sul territorio e quindi avvicinandosi al cittadino. La sua ap-plicazione pratica coinvolge direttamente ed in prima istanza il livello delle cure pri-marie che, per tradizione e per approccio scientifico, rappresenta la “porta diingresso al Servizio Sanitario Nazionale” dove l'ostacolo di accesso alle cure, rap-presentato dalle differenze di genere, sociali, culturali, economiche e geografiche,trova nella realizzazione sistematica di un modello di medicina attiva, la concretapossibilità di essere abbattuto.

Nell’ambito della ricerca volta ad individuare i benefici introdotti dalla Sanità d’ini-ziativa nel rapporto tra stato socio-economico, live llo di scolarizzazione e consumisanitari/qualità dell’assistenza, questo primo opuscolo fornisce una fotografia dellasituazione delle patologie croniche al momento dell’introduzione del Ccm che evi-denzia una diversa distribuzione delle patologie sul territorio ma anche un probabilediverso modo di operare da parte degli operatori sanitari.

La conduzione di un’indagine specifica (di tipo longitudinale-prospettico), già avviatadalla Azienda Usl 8 Arezzo sulla propria popolazione, potrà servire per valutare i primiesiti dell’intervento anche in termini di cost effectiveness, ovvero in termini di effettifinali delle azioni intraprese. In particolare saremo in grado di verificare se l’interventoavrà prodotto una riduzione delle disuguaglianze, un miglioramento negli stili di vitae di valutare l’impatto che auspichiamo positivo sui costi.

40La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino?

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41 Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino

glossario

ATC: Classificazione anatomica terapeutica echimica dei medicinali

Chronic care model: Il Chronic care model(Ccm) è un modello organizzativo di assistenzamedica per la gestione di pazienti affetti damalattie croniche, sviluppato dal professor Wa-gner e dai suoi colleghi del McColl Institute forHealthcare Innovation, in California. Il modellopropone il passaggio da una medicina di attesaad una di iniziativa e che vede al centro delpercorso assistenziale il paziente adeguata-mente informato (empowerment) della sua pa-tologia. Intorno al paziente c’è un gruppo(team) di operatori sanitari che con lui condivi-dono tale percorso assistenziale attraverso unapiù idonea effettuazione di esami e controlli,secondo Linee Guida condivise, prevenendo lecomplicanze della malattia.

Cure primarie: Comprendono tutte quelle at-tività dell’assistenza sanitaria di base (primaria)che rappresentano il primo livello attraverso ilquale qualsiasi cittadino entra in contatto conil Sistema Sanitario. Le cure primarie per es-sere efficaci devono essere realizzate a livelloterritoriale, (distretto), perchè più vicine ai cit-tadini. Infatti è a tale livello che si realizza ilpunto di incontro tra la domanda di salute, pro-veniente dai cittadini, e l’offerta di servizi diprevenzione, diagnosi e cura erogati nel di-stretto. Nei Sistemi Sanitari dove sono presentile cure Primarie i risultati di salute sono miglioririspetto a quelli dove è sviluppata prioritaria-mente la medicina specialistica.

Determinanti: variabili che influenzano il feno-meno oggetto di studio. Es. determinanti di sa-lute sono considerati lo stile di vita, lo statosocio-economico ed alcuni fattori ambientali.

Expanded chronic care model: Gli aspetti cli-nici del Ccm sono integrati da quelli di sanitàpubblica (prevenzione primaria collettiva e at-tenzione ai determinanti di salute) in ottica diComunity oriented primary care. Si intendequindi una ricerca attiva di persone che sonoa rischio di contrarre la patologia.

ICD9CM: classificazione internazionale dellemalattie, dei traumatismi, degli interventi chi-rurgici e delle procedure diagnostiche e tera-peutiche.

Misura: indice sintetico che rappresenta unacaratteristica in una popolazione.

Ospedale per Intensità di cura: è un modelloorganizzativo caratterizzato da una suddivi-sione non più per reparto ma per livello di in-tensità di cure per aree dedicate ad utentiomogenei sotto il profilo del percorso assisten-ziale graduato (alta, media, bassa intensità). Hacome obiettivi la centralità del paziente, l’otti-mizzazione dell’uso delle risorse, l’appropria-tezza delle cure in ospedale.

Prevalenti MaCro: sono i casi prevalenti indi-viduati dall’applicazione di algoritmi specificiper singola patologia nella banca dati MaCro.Possono non corrispondere ai prevalenti reali.

Prevalenza: l'insieme di tutti i casi esistenti inun determinato momento ed in una determi-nata popolazione.

Rapporto di morbosità standardizzato: è ilrapporto fra casi che si osservano nella popo-lazione in esame e i casi attesi applicando lamorbosità per classi di età di una popolazionestandard alla struttura per età della popola-zione in studio. Generalmente tale rapporto èpresentato moltiplicato per 100. Questo tipo distandardizzazione si utilizza in alternativa altasso standardizzato diretto per fenomeni dipiccole dimensioni.

Significatività statistica: presuppone la valu-tazione della probabilità di errore nell’affermareche due valori si discostano non per effetto delcaso. Generalmente con il termine significativosi fa riferimento ad una probabilità minore del5% e con altamente significativo ad una pro-babilità minore dell’1%.

Tasso grezzo: rapporto fra il numero di casinel periodo e la popolazione esposta nel pe-riodo.

Tasso standardizzato diretto: tasso depuratodall’incidenza dell’effetto età della popolazioneesposta con l’applicazione della struttura peretà di una popolazione scelta come standard.

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appendice A

Strumento di rilevazione (indagine su stili di vita e condizioni socio economiche)

Sezione A. Attività FisicaAttività fisica svolta al lavoro:A1 Lei attualmente lavora?

sì, regolarmente, sì, non regolarmente no (vai alla A3)

A2 Se sì, durante il suo lavoro Lei: 1 prevalentemente svolge un lavoro pesante che richiede un notevole

sforzo fisico (manovale, muratore, agricoltore)2 prevalentemente cammina o fa lavori che richiedono uno sforzo fisico

moderato (operaio, cameriere, addetto pulizie)3 prevalentemente sta seduto o in piedi (sta al computer, guida mezzi,

fa lavori manuali senza sforzi fisici)Attività fisica svolta fuori dal lavoro:A3 Fuori dal lavoro lei svolge una qualsiasi attività fisica?

Si (vai alla A5)No

A4 Lei è in grado di svolgere una qualsiasi attività fisica (camminare ecc)?Si (vai alla A6)No (passa alla sezione B)

A5 Negli ultimi 30 giorni ha svolto qualche attività fisica intensa che provocagrande aumento della respirazione e del battito cardiaco o abbondante su-dorazione come ad esempio correre, pedalare velocemente, fare ginnasticaaerobica o sport agonistici?

SiNo (vai alla A6)

A5.1 Per quanti giorni a settimana: ………A5.2 Per quanti minuti mediamente al giorno: ……… (passa alla sezione B)A6 Negli ultimi 30 giorni, ha svolto qualche attività fisica moderata che comporti

un leggero aumento della respirazione e del battito cardiaco, o un po' di su-dorazione, come ad esempio camminare a passo sostenuto, andare in bici-cletta, fare ginnastica dolce, ballare, giardinaggio o lavori in casa come lavarefinestre o pavimenti?1 Si2 No (passa alla sezione B)

A6.1 Per quanti giorni a settimana: ………A6.2 Per quanti minuti mediamente al giorno: ………

42La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino?

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Sezione B. FumoB1 Attualmente fuma?

1 Si (vai alla B2)2 No (passa alla B3)

B2 Quante sigarette fuma mediamente al giorno? Numero: ………B3 Quale delle seguenti situazioni si avvicina di più alle abitudini sul fumo all’in-

terno di casa sua?1 Non si fuma in nessuna stanza, 2 Si può fumare in alcune stanze, in alcuni orari o situazioni3 Si può fumare dappertutto

Sezione C. AlimentazioneC1 Può dirmi quanto pesa attualmente?

Kg.: ………C2 Può dirmi la sua altezza?

cm.: ……...C1 Consideri che per “porzione di verdura” si intende un quantitativo di verdura

cruda che può essere contenuta sul palmo di una mano, oppure mezzo piattodi verdura cotta.Quante porzioni di verdura mangia in una giornata tipo?1 Nessuna 2 Una3 Due4 Più di due

C4 Attualmente sta seguendo un regime alimentare per perdere o mantenere ilsuo peso?1 Si2 No

Sezione D. AlcoolD1 Negli ultimi 30 giorni lei ha bevuto vino o birra?

1 Si2 No (passa alla sezione E)

D2 Ha bevuto:1 Tutti i giorni 2 Qualche giorno a settimana3 Solo qualche volta occasionalmente?

D3 Nei giorni in cui ha bevuto vino o birra quanti bicchieri di vino e/o lattine dibirra ha bevuto in media al giorno?Bicchieri di vino + lattine di birra = numero complessivo giornaliero: …..….

D4 Quando ha bevuto rispetto ai pasti?1 Solo durante i pasti2 Prevalentemente durante i pasti3 Prevalentemente fuori dai pasti 4 Solo fuori dai pasti

D5 Negli ultimi 30 giorni lei ha bevuto superalcolici (come whisky, grappa, limon-cello, vinsanto, amari)?1 Si2 No

43 Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino

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Sezione E. Condizione socio-economicaE1 Quale è il suo titolo di studio?

1 Nessuno 2 Elementare 3 Media inferiore 4 Media superiore5 Laurea

E2 Lei attualmente è:1 Coniugato/a 2 Celibe/nubile3 Vedovo/a4 Divorziato/a

E3 Chi abita in casa con Lei?1 Nessuno (vai alla E5)2 Coniuge/compagno/a3 Figli (vai alla E5)4 Altri parenti (vai alla E5)5 Badante (vai alla E5)

E4 Quale è il titolo di studio del suo coniuge o compagno/a?1 Nessuno 2 Elementare 3 Media inferiore 4 Media superiore5 Laurea

E5 Ha figli maggiorenni?1 Si2 No (vai alla E7)

E6 Quale è il titolo di studio più elevato tra i suoi figli?1 Nessuno2 Elementare3 Media inferiore4 Media superiore5 Laurea

E7 Con le risorse finanziarie a sua disposizione (reddito proprio o familiare) comearriva a fine mese?1 Molto facilmente2 Abbastanza facilmente3 Con qualche difficoltà4 Con molte difficoltà

E8 La casa in cui risiede è1 Di proprietà2 In affitto3 Altro ( ____________________________________ )

44La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino?

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appendice B

Criteri per la selezione dei soggetti presenti nella banca dati MaCro

Broncopatia Cronica Ostruttiva (BPCO)SDO Presenza in una qualsiasi delle diagnosi di dimissione di uno dei seguenti codici:

490, 491, 492, 494, 496

SPF o FED Algoritmo basato sulle prescrizioni in date distinte in uno stesso anno con un codice

ATC R03 (antiasmatici) erogate a pazienti di 45 anni o più (più di 120 giorni tra la

prima prescrizione e l'ultima, almeno 5 confezioni; una sola classe terapeutica (ATC a

4 cifre), intervallo tra prima e ultima prescrizione variabile tra 30 e 120 giorni e numero

di prescrizioni variabile tra 3 e 10; una sola classe terapeutica (ATC a 4 cifre) e

intervallo tra prima e ultima prescrizione variabile tra 120 e 210 giorni e numero di

prescrizioni variabile tra 3 e 4.

ScompensoSDO Presenza in una qualsiasi delle diagnosi di dimissione di uno dei seguenti codici:

428*, 3981, 40201, 40211, 40291, 40401, 40403, 40411, 40413, 40491, 40493

SEA Presenza di un'esenzione con codice 428

IctusSDO Presenza nella diagnosi primaria di dimissione di uno dei seguenti codici: 430, 431,

432, 434, 436; il ricovero non deve avere né come reparto di ammissione né come

reparto di dimissione da un reparto di riabilitazione (specialità 50) o lungodegenza

(specialità 60).

DiabeteSDO Presenza in una qualsiasi delle diagnosi di dimissione di un codice ICD9CM 250

SPF o FED Presenza di almeno due prescrizioni in date distinte in uno stesso anno con un codice

ATC A10 (antidiabetici)

SEA Presenza di un'esenzione con codice 250

SPF Scheda prestazioni farmaceutiche (farmaceutica territoriale)

SEA Esenzioni per patologia e invalidità

SDO Scheda dimissione ospedaliera

FED Farmaci in erogazione diretta

45 Patologie croniche Una fortografia analitica del territorio aretino

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appendice C

Indicatori MaCro di adesione alle linee guida diagnostico-terapeutiche

BPCOTerapia con broncodilatatori Soggetti le cui prescrizioni di broncodilatatori (ATC: R03AC* o

R03AK*) coprono in DDD più di 6 mesi

Ossigenoterapia Soggetti con almeno due erogazioni nell'anno di

ossigenoterapia (codice ATC: RXX*) distanti tra loro

più di 180 giorni

Misurazione spirometria Soggetti con almeno una spirometria registrata nell'anno

(codice prestazione 89.37.1 o 89.37.2)

ScompensoTerapia con ACE inibitori Soggetti con almeno due erogazioni nell'anno di ACE inibitori

o antagonisti dell’angiotensina II o antagonisti dell’angiotensina II (codice ATC: C09) distanti

tra loro più di 180 giorni

Terapia con beta-bloccanti Soggetti con almeno due erogazioni nell'anno di beta-

bloccanti (codice ATC: C079) distanti tra loro più di 180 giorni

Monitoraggio di creatinina, Soggetti che nell'anno hanno registrato almeno un

sodio e potassio monitoraggio di ciascuno dei seguenti valori: creatinina

(codice prestazione 90.16.4 o 90.16.3), sodio (codice

prestazione 90.40.4), potassio (codice prestazione 90.37.4)

Monitoraggio di sodio e potassio Soggetti che negli ultimi sei mesi dell'anno hanno

per trattamento con diuretico registrato almeno un monitoraggio di ciascuno dei seguenti

valori: sodio (codice prestazione 90.40.4), potassio (codice

prestazione 90.37.4)

IctusTerapia antitrombotica Soggetti con almeno due erogazioni nell'anno di farmaci

antitrombotici (codice ATC: B01A) distanti tra loro

più di 180 giorni

Misurazione del colesterolo totale Soggetti che nell'anno hanno registrato almeno un

monitoraggio del colesterolo totale (codice prestazione

90.14.3)

DiabeteTerapia con ACE inibitori Soggetti con almeno due erogazioni nell'anno di ACE inibitori

o antagonisti dell'angiotensina II o antagonisti dell'angiotensina II (codice ATC: C09*) distanti

tra loro più di 180 giorni

Terapia con aspirina in non trattati Soggetti con almeno due erogazioni nell'anno di aspirina

anticoagulanti né antiplatelet (codice ATC: B01AC06) distanti tra loro più di 180 giorni

Terapia con statine Soggetti con almeno due erogazioni nell'anno di statine

(codice ATC: C10AA*) distanti tra loro più di 180 giorni

Monitoraggio di creatinina o clearence Soggetti con almeno un monitoraggio della creatinina

registrato nell'anno (codice prestazione 90.16.4 o 90.16.3)

Monitoraggio dell’emoglobina glicata5 Soggetti con almeno un monitoraggio dell'emoglobina glicata

registrato nell’anno (codice prestazione 90.28.1)

Monitoraggio di microalbuminuria5 Soggetti con almeno un monitoraggio della microalbuminuria

registrato nell'anno (codice prestazione 90.33.4)

Misurazione del profilo lipidico5 Soggetti che nell'anno hanno registrato almeno un

monitoraggio di ciascuno dei seguenti valori: colesterolo

totale (codice prestazione 90.14.3), colesterolo HDL (codice

prestazione 90.14.1), trigliceridi (codice prestazione 90.43.2)

Esame della retina Soggetti con almeno un esame della retina registrato

nell'anno (codice prestazione 95.09.1)

46La sanità d’iniziativa, quali benefici per il cittadino?

5 Indicatori di processo descritti in questa pubblicazione

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a cura di

Marzia Sandroni, Comunicazione e Marketing Azienda USL 8 Arezzo

Progetto grafico e impaginazione

Studio Ruggieri Poggi

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