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1 ADRIANO BASSI LA VALUTAZIONE DEL CAPITALE UMANO PER LO SVILUPPO DELLE PERSONE E DELLE ORGANIZZAZIONI PROJECT WORK

LA VALUTAZIONE DEL CAPITALE UMANO PER LO … · 2017-12-19 · la valutazione del capitale umano per lo ... project work . 2 indice 3. la valutazione nelle organizzazioni 7. le 3

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ADRIANO BASSI

LA VALUTAZIONE DEL CAPITALE UMANO PER LO

SVILUPPO DELLE PERSONE E DELLE

ORGANIZZAZIONI

PROJECT WORK

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INDICE

3. LA VALUTAZIONE NELLE ORGANIZZAZIONI

7. LE 3 P: POSIZIONI,PRESTAZIONI,POTENZIALE

� 7. LA VALUTAZIONE DELLE POSIZIONI

� 10. LA VALUTAZIONE DELLE PRESTAZIONI

� 14. MBO: LA GESTIONE E LA VALUTAZIONE DEGLI OBIETTIVI

� 16. MANAGEMENT BY PERFORMANCES

� 16. LA VALUTAZIONE DEL POTENZIALE

18. L’ ASSESSMENT CENTER

19. GLI STRUMENTI DI VALUTAZIONE DELL’ASSESSMENT CENTER

21. L’INTERVISTA B.E.I.

22. L’INTERVISTA CON IL RESPONSABILE

23. FEEDBACK 360°

25. IL QUESTIONARIO BIOGRAFICO

25. SYMLOG E IPA

26. L’ANALISI COMPARATIVA DEI PRINCIPALI METODI E STRUMENTI

28. LO SVILUPPO DELLA PERSONA PER LA CRESCITA DELLE ORGANIZZAZIONI

32. CONCLUSIONI

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LA VALUTAZIONE NELLE ORGANIZZAZIONI

Il concetto di valutazione si riferisce all’attività di analisi, di ricerca e di confronto delle competenze che caratterizzano una persona all’interno dell’azienda. Generalmente, le organizzazioni che decidono un intervento di valutazione hanno l’obiettivo di verificare il grado e la presenza di certe competenze e le caratteristiche tecniche e psicoprofessionali proprie di ciascuna persona presente all’interno di essa. Il sistema di valutazione è uno dei sistemi operativi dell’azienda e rientra nel concetto più ampio di gestione e di sviluppo delle risorse umane. Gli scopi principali per cui un’organizzazione decide di valutare le proprie persone possono essere molteplici e di varia natura. Alcuni di questi possono essere così classificati: migliorare le prestazioni delle risorse umane orientandole verso il conseguimento degli obiettivi dell’organizzazione favorendone lo sviluppo e il successo della stessa; censire le conoscenze, i comportamenti, le capacità ed il potenziale delle risorse umane in funzione dell’impiego delle stesse e del loro futuro sviluppo, anche per potenziare una politica di fidelizzazione delle risorse; individuare la consistenza ottimale delle risorse umane ed eventuali necessità di incremento delle competenze attraverso la formazione del personale esistente; fornire un input oggettivo al sistema incentivante dell‘organizzazione, in base al quale decidere quali procedure di stimolo adottare con il personale. Non meno importante, a proposito delle politiche incentivanti fondate su dati oggettivi che possono scaturire da sistemi di valutazione efficaci, la possibilità di creare un sistema equo di riconoscimenti che diano la possibilità di consapevolizzare i membri dell’organizzazione sul concetto di “gruppo” che si muove in un’unica direzione. Il Sistema di Valutazione, qualunque esso sia, non può prescindere da alcuni concetti base:

• deve discendere da una complessiva strategia gestionale; • deve essere coerente con lo stile/cultura aziendale; • deve essere articolato e diffuso; • deve essere gestito coerentemente; • deve essere governato nei processi fondamentali.

La valutazione e la sua progettualità vedono la necessità stringente di comprendere, per chi è impegnato nel progetto, di comprendere a fondo i meccanismi dell’organizzazione in cui si trova. Nell’immagine seguente possiamo visualizzare i quattro modelli di azienda in cui ci si può trovare ad ideare il sistema di valutazione complessivo che si ritiene ideale. In tutti i casi però va considerata l’unicità dell’organizzazione in cui si opera: non c’è nessun caso che può essere considerato da affrontare come in altri casi. Si tratta di comprendere che l’organizzazione è composta da persone e come tale è unica e irripetibile.

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L’immagine seguente raffigura un modello generale di gestione delle risorse umane, in cui si inserisce il sistema di valutazione che genera i piani di sviluppo delle persone e dell’organizzazione.

Degli argomenti raffigurati ci occuperemo, in particolare, di quattro di essi: la valutazione delle posizioni, delle prestazioni e del potenziale, per concludere con il piano di sviluppo che l’organizzazione “mappata” può mettere a disposizione delle persone e del sistema. Quindi, dopo aver individuato la migliore collocazione caratteristica dell’organizzazione e il modello di gestione, è necessario conoscere il sistema da adottare per completare un progetto di valutazione complessiva delle risorse umane. Cosa valutare? Avendo stabilito la caratteristica peculiare e fondante dell’organizzazione è necessario seguire un preciso percorso che, con gli opportuni step di verifica, porti ad avere una fotografia il più possibile precisa e utile, come già detto, a progettare interventi di sviluppo delle risorse per un miglioramento continuo dell’organizzazione.

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Il percorso suddetto deve necessariamente iniziare dalla valutazione delle posizioni di ogni figura professionale dello “scacchiere” aziendale e prosegue con la valutazione delle prestazioni per terminare con la valutazione delle potenzialità di ogni risorsa. A quel punto l’azienda è in grado di definire il piano di sviluppo necessari alla propria crescita, incentrando attenzioni e risorse sulle tematiche di selezione, formazione, mobilità interna, sentieri di carriera e piani di sviluppo individuali. Tornando alle tre valutazioni, posizioni, prestazioni e potenziale, le cosiddette 3P, abbiamo quindi tre percorsi da seguire, di cui la prima oggettiva e non incentrata sulla valutazione della posizione della specifica persona che in quel momento occupa la stessa, la seconda e la terza decisamente soggettive: ciò che la persona ha fornito in termini di risultati e comportamenti in quella data posizione in riferimento alle attese aziendali e agli obiettivi prefissati e ciò che la persona potrebbe fornire anche in un’altra posizione o responsabilità. Nelle tabelle seguenti possiamo visualizzare le differenze e le caratteristiche delle 3P, la tempistica necessaria alla valutazione, quali sono i parametri su cui fondare la nostra attività e chi ne ha la responsabilità. In sostanza, le linee guida da seguire per una corretta e complessiva valutazione.

Entrando ancora di più nello specifico, possiamo notare come nello schema seguente si pongano gli obiettivi, che ogni valutazione si dà, ponendoci delle domande. Non perderemo di vista questa modalità perché spesso, quando si affronta l’argomento strumenti per valutare ci si imbatte nella modalità dell’intervista, che sia al responsabile o alla persona stessa che si sta valutando, non cambia la sostanza di un’altra assoluta necessità dei processi di valutazione: la semplicità degli strumenti che devono essere a portata di comprensione per tutti. Chi non comprende non “partecipa”, non si sente parte di un gruppo omogeneo, costruito su certezze che garantiscono equità di valutazione e dei comportamenti conseguenti, legati allo sviluppo individuale e collettivo della persona e dell’organizzazione.

Valutazione Posizione Prestazione Potenziale Oggetto: cosa si valuta Attività, responsabilità

Competenze richieste Relazioni….

Risultati quali-quantitativi, competenze applicate (livello)

Competenze possedute e/o non utilizzate Tratti di personalità Motivazioni

Tempistica Presente Passato (anno) Futuro Parametri Fattori convenzionali

Livelli di responsabilità Punteggi

Dati Fatti Effetti di comportamenti

Competenze e Motivazioni coerenti con le strategie di sviluppo

Finalità Razionalità organizzativa Struttura retributiva

Diffusione valori comuni Sistema Premiante Sistema Formativo Miglioramento continuo

Sviluppo Risorse Piani di carriera Individuazione e gestione “talenti”

Responsabilità Personale Linea -Personale Personale -Linea

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------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

---------------

Quanto valgono compiti Quanto vale ciò che Quanto si potrebbe e responsabilità dei vari è stato fatto dare / fare ruoli

Si valuta analizzando le Si valuta analizzando i Si valuta individuando complessità/responsabi- risultati/fatti accaduti caratteristiche professionali lità di un ruolo nell’azione di ogni singolo di ogni singolo

ESEMPI ESEMPI ESEMPI

Dimensione economica Obiettivi conseguiti Collaboratività Complessità dei problemi Errori commessi Creatività Livello di autonomia Autonomia ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Dopo aver visualizzato, con l’ausilio di immagini e schede, le basi su cui avviare il processo di valutazione, passiamo ad analizzare le 3P, una alla volta e nell’ordine in cui vanno affrontate senza nessuna possibilità di successo nel caso fossero invertite. Non è possibile valutare la prestazione di una persona senza aver ben chiarito, a se stessi e alla persona, quali sono le attese che da quella posizione emergono, ed emergono solo dopo un’attenta valutazione della posizione stessa. Tantomeno possibile valutare le potenzialità inespresse ed esprimibili di una persona senza sapere con precisione tutte le varie possibilità di sviluppo di carriera derivante dalla conoscenza approfondita di ogni posizione presente nell’organizzazione.

POSIZIONE PRESTAZIONE POTENZIALE

RISULTATI ATTESI DA UN RUOLO

RISULTATI CONSEGUTI DA UNA PERSONA

RISULTATI POSSIBILI DI UNA

PERSONA

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LE 3 P: POSIZIONI,PRESTAZIONI,POTENZIALE

LA VALUTAZIONE DELLE POSIZIONI

La valutazione delle posizioni è l’analisi che permette di conoscere i contenuti delle posizioni organizzative. È bene sottolineare ancora che la conoscenza dei contenuti delle posizioni organizzative è la premessa indispensabile per qualsiasi processo di misurazione delle posizioni e per l’introduzione di sistemi di trattamento economico del personale correlati all’importanza del ruolo ricoperto e che, oltre a questa finalità principale, la valutazione delle posizioni permette di realizzare anche una serie correlata di obiettivi quali la chiarificazione dell’organizzazione, il miglioramento dell’efficacia dell’organizzazione, l’individuazione degli elementi di base per i sistemi di valutazione delle prestazioni e di pianificazione e sviluppo delle carriere, la definizione delle caratteristiche critiche per la selezione. Un’analisi delle posizioni che consenta di raggiungere gli scopi prefissati, si concretizza nella stesura di una scheda che descrive:

• Lo scopo della posizione, ovvero la principale finalità della posizione, la sua ragion d’essere all’interno dell’organizzazione; questa parte permette di riconoscere con immediatezza la natura e gli obiettivi primari della posizione;

• Le dimensioni della posizione, ovvero l’insieme dei dati quantitativi che caratterizzano l’attività (dati di organico, parametri economici specifici ecc…);

• La collocazione della posizione nell’organigramma; • Il contesto in cui la posizione si muove, ovvero le caratteristiche dell’ambiente interno/esterno

alla posizione; • Le principali azioni poste in essere dalla posizione; • Le finalità, ovvero le principali aree di risultato che la posizione deve realizzare; • Le conoscenze richieste per svolgere adeguatamente il ruolo; • Il ruolo di autonomia di cui gode la posizione ed i suoi limiti di discrezionalità.

L’analisi e la descrizione delle posizioni può essere più o meno articolata, a seconda di quali sono le necessità e gli obiettivi per cui si avvia un simile programma e a seconda di quale modello organizzativo si intende adottare: se si persegue un modello organizzativo rigido si produrranno descrizioni molto dettagliate; viceversa se si persegue un modello flessibile, le descrizioni definiranno a larghi tratti i compiti e le responsabilità di un ruolo, lasciando ampio spazio alle capacità di adattamento reciproco delle persone. I metodi adottati per analizzare e descrivere le posizioni sono diversi e vanno dall’analisi della documentazione esistente ai questionari, dalle interviste dirette ai titolari del ruolo o ai superiori gerarchici all’osservazione diretta. Ad ogni posizione poi, è necessario dare un valore, attraverso la valutazione della stessa a confronto con le altri esistenti nell’organizzazione aziendale. L’oggetto della valutazione è rappresentato esclusivamente dai compiti, dalle attività e dalle responsabilità effettivamente svolte nell’ambito della posizione in esame, indipendentemente dal livello di prestazione espresso dalla persona che ricopre la posizione oggetto della valutazione. In sostanza, quando si valuta una posizione si deve astrarre dalla persona che ricopre quel ruolo, concentrandosi solo ed esclusivamente sul contenuto della posizione. La valutazione della posizione rappresenta quindi il valore di una determinata posizione organizzativa, con il riferimento ai contenuti da essa effettivamente esercitati in un preciso momento. Come si valutano le posizioni?

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Le metodologie sviluppate nel corso degli anni per valutare le posizioni all’interno delle organizzazioni private fanno riferimento a diversi approcci metodologici:

• Metodi globali: tali metodi si caratterizzano per il fatto che la determinazione del valore di una posizione viene effettuato globalmente: appartengono a questo filone sia i più semplici sistemi di “job ranking” che metodi più complessi;

• Metodi analitici: questo approccio prevede la valutazione analitica, e cioè per fattori, dell’importanza delle posizioni di lavoro;

• Metodi non quantitativi: questi metodi prevedono il semplice ordinamento delle posizioni in una scala d’importanza senza definire quant’è il valore di differenza tra le varie posizioni;

• Metodi quantitativi: questi metodi prevedono una metrica, tramite la quale diventa possibile ottenere un risultato che misura le differenza di importanza relativa tra le posizioni di lavoro.

In sostanza, si possono individuare tre grandi modelli di valutazione delle posizioni:

• Un sistema di classificazione dell’importanza relativa delle posizioni fatto confrontando le varie posizioni o nel loro insieme o sulla base di una serie di fattori. Questo sistema, per la sua semplicità, è particolarmente adatto a realtà di piccole dimensioni;

• Un sistema di valutazione per fattori a punteggio, tramite il quale si identificano una serie di fattori su cui esprimere una valutazione; la somma delle valutazioni espresse su ogni fattore definirà il punteggio finale di una posizione su una scala graduata; questo sistema è adatto a varie realtà in quanto la scelta dei fattori e la loro ponderazione non è predeterminata, è particolarmente indicato per le realtà di medio grandi dimensioni;

• Un sistema di valutazione analitico, a punteggio e standardizzato, che permette di valutare le posizioni con una metodologia comune a quella utilizzata nelle organizzazioni private, consentendo comparazioni sia tra le varie organizzazioni pubbliche che tra quelle private.

Il modello più praticato è senza dubbio quello di valutazione per fattori a punteggio. Questi fattori contribuiscono alla formazione della valutazione finale con un gradi di rilevanza diverso. Occorrerà stabilire con quale peso percentuale i singoli fattori contribuiranno alla valutazione complessiva. La somma dei pesi attribuita ai vari fattori dovrà essere 100. La differenziazione del peso dei fattori sarà in funzione della caratteristiche della posizione organizzativa, per tenere conto del fatto che all’aumentare dell’importanza di una posizione diventa maggiore il peso di fattori quali ad esempio la responsabilità rispetto ad altri quali le conoscenze e l’ esperienza. Nonostante i fattori abbiano una graduazione d’importanza diversa a seconda della posizione oggetto d’esame, devono essere tutti presenti nella valutazione, per evitare che alcune posizioni vengano misurate solo su un numero ristretto di parametri. I fattori possono essere divisi in sub-fattori che meglio dettagliano e specificano il fattore principale: i vari sub-fattori entreranno con pesi specifici diversi nella valutazione complessiva del fattore. I fattori che in prima approssimazione si possono considerare come elementi caratteristici dell’attività dirigenziale, ad esempio, sono:

• Competenze e conoscenze • Competenze manageriali • Gestione risorse umane • Responsabilità • Discrezionalità nelle decisioni • Complessità organizzativa • Rilevanza relazioni

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Questo elenco di fattori può essere ampliato o modificato a seconda delle esigenze. Per ogni fattore o sub-fattore si esprime un giudizio d’importanza su una scala graduata.Il punteggio ottenuto su ogni fattore, moltiplicato per il peso del fattore va a contribuire alla valutazione finale.

Esempio di scheda di valutazione delle posizioni

SCHEDA DI VALUTAZIONE DELLE POSIZIONI FUNZIONE: TITOLO DELLA POSIZIONE: UNITA’ ORGANIZZATIVA:

Fattori di valutazione

Peso fattore

Sub-fattori

Peso sub-fattore

Valutazione fattore

1 2 3 4 5

Punteggio

Competenze e

conoscenze

Ampiezza conoscenze

Profondità conoscenze

Competenze manageriali Competenze

manageriali

Gestione risorse umane N° dipendenti

Livello professionale

responsabilità Di natura economica Di natura organizzativa Di natura penale e civile

Discrezionalità decisioni

Complessità organizzativa Pluralità di fasi Sedi decentrate Tecnologie utilizzate

Rilevanza relazioni Relazioni interne Relazioni con l’utenza Relazioni istituzionali

Punteggio totale

100%

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LA VALUTAZIONE DELLE PRESTAZIONI

La valutazione delle prestazioni è l’analisi con cui valutare il contributo fornito dall’individuo per il raggiungimento degli obiettivi specifici dell’organizzazione e si risolve in un giudizio positivo o negativo sulla prestazione del valutato, rispetto alle attese dell’organizzazione. Lo strumento si propone di valutare in che modo il titolare di una posizione organizzativa ha ricoperto il ruolo affidatogli. Con la valutazione della prestazione si valutano i comportamenti organizzativi ed i risultati conseguiti in un certo ruolo. La valutazione della prestazione è connessa ad un sistema incentivante e riguarda la prestazione della persona in un determinato ruolo e non la persona in quanto tale. Nella valutazione della prestazione è necessario tenere presente quelle circostanze e quei fatti di particolare rilievo che, indipendentemente dalle capacità e dalla volontà degli individui, hanno influenzato positivamente o negativamente la sua prestazione nel periodo oggetto di valutazione. Per valutare le prestazioni si possono utilizzare strumenti tra loro significativamente diversi, non solo per gli aspetti metodologici ma soprattutto in chiave di coerenza con la cultura organizzativa. Tradizionalmente sono stati sviluppati due approcci alla valutazione della prestazione che possono essere intesi come gli estremi di un continuo all’interno del quale si possono collocare modelli misti con varie gradazioni dell’uno e dell’altro sistema. Ai due estremi si ha la valutazione per risultati e la valutazione per capacità/comportamenti. In tutti i modelli di valutazione delle prestazioni è fondamentale partire dai fatti per giungere al giudizio finale e non viceversa partire dal giudizio finale per poi cercare fatti che possano giustificarlo. L’introduzione di un sistema di valutazione della prestazione richiede che siano definiti ruoli e responsabilità, che vi sia un sistema di pianificazione delle attività e degli obiettivi, e che vi sia un adeguato sistema di controllo gestionale. Nell’orientarsi su una valutazione piuttosto che su un’altra, oppure nello scegliere quale punto di incontro si può stabilire tra le due in un modello misto adattabile al contesto organizzativo, si devono tenere in considerazione, ponderandoli, i vantaggi e gli svantaggi delle due valutazioni per meglio adeguare il sistema alla realtà aziendale.

Vantaggi e svantaggi della valutazione per obiettivi

VANTAGGI SVANTAGGI

Processo apparentemente molto oggettivo Adatta solo a popolazioni responsabili di risultati piuttosto che di compiti

Chiarezza nei metri di misurazione e nello stabilire le priorità

Difficoltà di applicazione quando non si ha sicurezza di risultati a livello di organizzazione nel suo insieme

Possibilità di concordare preliminarmente gli obiettivi e i mezzi per raggiungerli

Maggiore rigidità a fronte di variazioni di fattori interni (organizzazione) od esterni

Possibilità di avere precisi punti di riferimento sulla prestazione attesa

Esclusione di compiti ed incarichi improvvisi, assegnati durante l’anno

Possibilità di controllare i risultati formali, quindi reciproca facilità nei colloqui di verifica e nel colloquio finale

Difficoltà nel trovare indici globali e calcolabili. Limitazione della valutazione ai risultati calcolabili

Indirizzare la tensione degli individui verso i risultati prioritari per l’organizzazione

Rischio di ricadute negative su attività non incluse tra gli obiettivi

Ottenere coerenza tra i risultati globali dell’organizzazione e la somma dei risultati dei singoli

Rischio che la valutazione si limiti ad un semplice rapporto numerico tra risultati attesi e conseguiti

Lanciare un forte messaggio di orientamento al risultato

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Vantaggi e svantaggi della valutazione di capacità/comportamenti

VANTAGGI SVANTAGGI

Consente di esaminare la prestazione in modo più articolato (includendo aspetti non misurabili con indici quantitativi)

Giudizi generici non supportati da fatti

Consente di valutare in assenza di risultati chiari e prefissati Valutazione di comportamenti non rilevanti per i risultati

Consente meglio di valutare i meriti dell’individuo togliendoli dalle circostanze di contesto

Possibile confusione tra prestazione e potenziale

Implica il massimo coinvolgimento della linea nell’analisi critica delle prestazioni: non solo cosa si è fatto ma come si è fatto

Possibile discordanza tra i risultati di un settore e i giudizi dei suoi componenti

Induce analisi e feed-back sulle specifiche carenze personali che hanno influito sulla prestazione

Percezione di maggiore soggettività ed arbitrarietà

Consente l’analisi evolutiva di competenze e comportamenti ai fini di predisporre azioni di sviluppo

Si rinuncia al messaggio politici di orientamento al risultato

I principali fattori di valutazione che, variamente combinati secondo le caratteristiche delle metodologie adottate, contribuiscono alla valutazione dei risultati sono.

• Capacita dimostrate di gestire il proprio tempo di lavoro, facendo fronte con flessibilità alle esigenze del servizio e contemperando i diversi impegni;

• Grado di conseguimento degli obiettivi assegnati, • Capacità dimostrata nel motivare, guidare e valutare i collaboratori e di generare un clima

organizzativo favorevole alla produttività, attraverso una equilibrata individuazione dei carichi di lavoro nonché mediante la gestione degli istituti previsti dal contratto di lavoro;

• Capacità di rispettare e far rispettare le regole e i vincoli dell’organizzazione senza indurre formalismi e burocratismi e promuovendo la qualità del servizio ;

• Capacità dimostrate nel gestire e promuovere le innovazioni tecnologiche e procedimentali, i conseguenti processi formativi e la selezione, a tal fine, del personale;

• Capacità dimostrata nell’assolvere ad attività di controllo, connesse alle funzioni affidate con particolare attenzione agli aspetti propri del controllo di gestione;

• Qualità dell’apporto personale specifico; • Contributo all’integrazione tra diversi uffici e servizi e all’adattamento al contesto di intervento,

anche in relazione alla gestione di crisi, emergenze, cambiamenti di modalità operative. Come già detto, spesso è opportuno proporre un sistema di valutazione delle prestazioni misto, ovvero un sistema che contempera diversi fattori. Si può scegliere se utilizzare lo strumento di valutazione proposto in tutta la sua interezza o se utilizzarne solo parti, privilegiando cosi solo alcuni aspetti del processo valutativo: la scelta del metodo di valutazione dovrà essere fatta tenendo conto del contesto organizzativo, dell’abitudine all’uso di strumenti valutativi ed incentivanti (incentivazione alla produttività), delle attese diffuse. I fattori di valutazione che ci si propone di utilizzare, competenze tecnico specialistiche richieste dalla posizione, comportamenti richiesti dalla posizione e gli obiettivi/risultati che la posizione deve conseguire, vanno inseriti in uno schema con l’obiettivo di raggiungere un punteggio che indichi il grado di soddisfazione delle attese aziendali. Per questo motivo ad ogni fattore viene attribuito un peso ponderale la cui somma è uguale a 100; l’attribuzione dei pesi è finalizzata alla differenziazione dei fattori in relazione al diverso profilo

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organizzativo dei ruoli. Ciascun fattore concorrerà alla valutazione della prestazione in relazione al peso attribuitogli:

• Fattore competenze tecniche: si valuta la capacità di impiegare competenze e conoscenze tecniche necessarie ad assolvere i compiti richiesti per quel ruolo. Si individuano e selezionano le competenze tecniche ritenute necessarie per il conseguimento degli obiettivi/risultati e su queste verrà espresso un giudizio, in sede di valutazione, per il periodo considerato. Alle competenze individuate di deve attribuire un valore ponderale (1 o 2) in funzione della loro importanza legata al ruolo. Il valutatore esprimerà un giudizio su una scala da 1 a 5;

• Fattore comportamento: il secondo fattore che si valuta riguarda l’aderenza del valutato al profilo di comportamento organizzativo richiesto dalla posizione. Per valutare il fattore comportamento si propone di utilizzare una scheda semplificata di valutazione dei requisiti professionali che individua le capacità intellettuali, manageriali ed interpersonali richieste dalla posizione, ne misura l’importanza rispetto al ruolo, ne valuta il grado di copertura da parte del valutato;

• Fattore risultati: per quanto riguarda il fattore risultati si tratta di individuare le aree di risultato affidate ad una posizione, i relativi parametro/obiettivo, il peso percentuale che i vari obiettivi hanno nella valutazione del fattore risultati. Le aree di risultato corrispondono alle attività in cui si può valutare l’apporto individuale, non in termini di comportamento o di metodologie, ma in termini di obiettivi da raggiungere, misurabile attraverso dati oggettivi. Le aree di risultato vanno scelte tenendo conto delle priorità definite nel periodo di valutazione preso a riferimento (possono variare di anno in anno in funzione delle strategie adottate). Le arre di risultato devono fare riferimento sia ad obiettivi caratteristici e tipici del ruolo (ad esempio correttezza e puntualità di presentazione bilancio), sia ad obiettivi di periodo (ad esempio progetti di innovazione e/o miglioramento). Le arre di risultato, per motivi di chiarezza e gestibilità, non dovrebbero essere molte (non più di 4-5). Definite le arre di risultato vanno individuati gli indicatori, ovvero i parametri di misura dei risultati: per la stessa area di risultato si possono avere più indicatori che colgono diversi aspetti della stessa area. Il peso percentuale dei vari obiettivi deve essere fissato tenendo conto dei due fattori:

• L’importanza strategica dell’obiettivo; • L’apporto individuale che la posizione può fornire al raggiungimento dell’obiettivo

(primario, condiviso) Il processo di definizione degli obiettivi è un processo a “cascata”, partendo dai più alti livelli. In questo modo si garantisce la coerenza tra gli obiettivi generali e quelli individuali. La valutazione delle prestazioni deve essere effettuata dal responsabile diretto: per garantire la coerenza delle modalità valutative si prevede un controllo delle valutazioni da parte del superiore del responsabile. I responsabili di massimo livello dovrebbero essere valutati dal Direttore Generale. Affinché il processo di valutazione delle prestazioni non risulti un puro rituale burocratico, ma diventi un importante strumento di innovazione organizzativa, occorre che vi sia il pieno coinvolgimento della dirigenza nel processo di definizione degli obiettivi e dei comportamenti richiesti e che vi sia un continuo monitoraggio dell’andamento della prestazione durante tutto l’anno, fornendo, da parte del responsabile al proprio collaboratore, supporto ed aiuto per il miglioramento della prestazione: in caso contrario, se la valutazione delle prestazioni, anziché essere interpretata come uno strumento di supporto e di direzione dei propri collaboratori è interpretata come uno strumento sanzionatorio e punitivo, la valutazione delle prestazioni diventa uno strumento di forti conflitti, di grandi tensioni e destinato ad essere rigettato dall’organizzazione.

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Esempio di scheda di valutazione delle prestazioni

FATTORI DI VALUTAZIONE PESO VALUTAZIONE

TOTALE 100%

COMPETENZE TECNICHE PESO VALUTAZIONE

VALUTAZIONE COMPTENZE TECNICHE

REQUISITI PROFESSIONALI PESO VALUTAZIONE

Soluzione problemi complessi Soluzione problemi operativi Creatività Decisione/Rischio Realizzazione Organizzazione Gestione collaboratori Abilità interpersonale Cooperazione/Gestione conflitti

VALUTAZIONE REQUISITI PROFESSIONALI

AREE DI RISULTATO INDICATORI PESO VALUTAZIONE

VALUTAZIONE RISULTATI

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MBO: LA GESTIONE E LA VALUTAZIONE DEGLI OBIETTIVI

Nel valutare le prestazioni, non possiamo non considerare questo metodo molto considerato nelle aziende e che può essere integrato nella più ampia valutazione delle prestazioni nell’analisi del fattore risultati. È soprattutto dedicato alle figure chiave dell’azienda perché generalmente non si tende ad affiancare ad un altro strumento di valutazione degli obiettivi legato ad un premio: il premio di risultato collettivo, applicato alle figure professionali fino ai quadri ma, nel caso non fosse utilizzato questo strumento l’ MBO è applicabile in linea teorica a tutte le figure aziendali. La gestione per obiettivi (in inglese management by objectives, da cui l'acronimo MBO) è un metodo di valutazione del personale che si basa sui risultati raggiunti a fronte di obiettivi prefissati. Solitamente, agli obiettivi sono legati dei premi (economici o in natura). Gli obiettivi sono generalmente individuali ma in alcuni casi possono essere anche di gruppo. Il periodo assegnato per il raggiungimento è normalmente di un anno, all’interno del quale sono previsti uno o più momenti di verifica. In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, è necessario individuare e analizzare le cause per porre rimedio ad eventuali ostacoli. La gestione per obiettivi è uno strumento utile al decentramento di responsabilità e di autorità con lo scopo di ottenere la massima partecipazione delle risorse umane al conseguimento dei risultati aziendali. Si tratta di un processo complesso che parte dalla definizione degli obiettivi strategici aziendali per poi tradurli in obiettivi operativi di settore, per declinarli in piani di azione ed infine in obiettivi individuali. La gestione per obiettivi consente quindi di definire, formalizzare e controllare gli obiettivi e i parametri di risultato per le Unità Organizzative ed i loro Responsabili e di realizzare la valutazione delle prestazioni individuali. Gli obiettivi devono essere possibilmente chiari e condivisi. Il sistema di gestione per obiettivi può essere descritto come un processo in cui responsabile e collaboratore devono individuare congiuntamente gli obiettivi comuni, definire le aree di responsabilità di ogni individuo in termini di risultati attesi, e utilizzare queste misure come guide d'uso, per valutare il contributo di ciascuno dei membri del team. Gli obiettivi possono essere SMART o NUM. Si definisce SMART un obiettivo:

• Specifico, cioè che non lascia spazio ad ambiguità; • Misurabile senza equivoci e verificabile in fase di controllo; • Raggiungibile (dall’inglese Achievable), poiché un obiettivo non raggiungibile demotiva all’azione

quanto uno troppo semplice. L’obiettivo deve essere difficile ma raggiungibile e realistico; • Rilevante da un punto di vista organizzativo, cioè coerente con la mission aziendale;

• Ben definito nel Tempo.

Si definisce NUM un obiettivo che ha in comune con gli obiettivi SMART la Specificità, la raggiungibilità (Achievable), la Rilevanza e il legame con il Tempo; tuttavia Non è Univocamente Misurabile (NUM): per questa ragione la loro definizione e la loro misurazione può dipendere in modo considerevole dallo strumento di valutazione adottato, dall’esperienza e dalle competenze del valutato. Esempi di obiettivi NUM sono quelli legati allo sviluppo di specifiche conoscenze e competenze o all’adozione di particolari comportamenti aziendali. In generale i NUM sono obiettivi di tipo qualitativo. La gestione per obiettivi richiede, oltre che con la valutazione del personale, una stretta integrazione anche con un sistema di pianificazione e controllo e con il sistema incentivante, laddove esistente e non in via di definizione con la valutazione delle prestazioni.

La metodologia di gestione obiettivi dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:

• Chiarezza e condivisione degli obiettivi aziendali e dei criteri di gestione e valutazione; • Orientamento dei comportamenti individuali verso i risultati attesi;

• Controllo dell’andamento del rapporto tra obiettivi e risultati.

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Questo approccio si fonda su:

• l'informazione: ogni responsabile deve disporre dell’insieme dei dati relativi al suo settore; • la formazione: ogni responsabile deve definire e spiegare ai propri collaboratori la strategia e gli

obiettivi del suo settore; • l'organizzazione: ogni responsabile deve definire i ruoli ed i campi d’azione;

• la preparazione professionale richiesta per conseguire adeguatamente gli obiettivi fissati.

L’applicazione dell’MBO consente di coinvolgere attivamente le persone e di responsabilizzarle, aumentando la soddisfazione e l’impegno sul lavoro e i responsabili possono avere indirettamente una migliore percezione del clima aziendale. Le interazioni tra responsabili e collaboratori aiutano a mantenere relazioni migliori all'interno dell'organizzazione e ad aumentare le sinergie per risolvere problemi e condividere proposte utili. Inoltre aiuta la costruzione di uno stile omogeneo di gestione delle risorse umane e di un loro migliore utilizzo. È anche possibile individuare il fabbisogno formativo per migliorare la performance. I responsabili possono fare un esame della propria situazione organizzativa (rapporto obiettivi/risorse). Tra i possibili svantaggi possiamo individuare come gli obiettivi potrebbero incoraggiare alcune risorse a raggiungerli attraverso qualsiasi mezzo. Inoltre, sistema premiante può spingere i manager con capacità di leadership (e quindi abili a gestire un gruppo di lavoro) a concentrare le proprie energie principalmente sul raggiungimento degli obiettivi individuali. Si può correre però il rischio che gli interessati focalizzino le loro azioni principalmente sugli obiettivi, trascurando la normale attività.

Il sistema MBO, se non utilizzato nel sistema più ampio e complessivo della valutazione del personale, riesce a porre l'attenzione soltanto sul breve termine, focalizzandosi sull'efficienza settoriale ed impedendo, di fatto, di orientare l'azienda verso i suoi obiettivi strategici. Con la crescente instabilità dell'ambiente e del mercato, questa mancanza è diventata sempre più critica. È diventato quindi indispensabile utilizzare sistemi di gestione non settoriali, ma globali, per avere una visione sistemica dell'impresa. La nuova metodologia proposta per superare i limiti dell'MBO prende il nome di Management By Performances (MBP): essa rende possibile creare un reale collegamento tra strategia ed attività operative. Il Management By Performance è uno strumento che consente la misurazione dei risultati di business attraverso l'allineamento di questi ultimi con la strategia aziendale, l'individuazione di misure di performance, finanziarie e non finanziarie, idonee a supportare il processo decisionale coerentemente con gli obiettivi strategici prefissati e con tutte le iniziative di miglioramento da intraprendere per il raggiungimento delle strategie stesse.

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MANAGEMENT BY PERFORMANCES

I sistemi di Performance Management consentono alle organizzazioni di automatizzare e ottimizzare il processo di allineamento dei dipendenti agli obiettivi aziendali garantendo l’incentivazione dei comportamenti che hanno generato o dovrebbero generare risultati considerati positivi. Il processo di Performance Management copre un periodo di tempo di un anno e si compone di diverse fasi: • la fase di pianificazione strategica e operativa , di responsabilità dei vertici aziendali • la definizione degli obiettivi individuali, processo a cascata che investe tutti i livelli aziendali e prevede il coinvolgimento sia del capo che del collaboratore soggetto a valutazione • l’eventuale revisione degli obiettivi (trimestrale o a metà del ciclo) • la valutazione finale, in capo al responsabile e oggetto di un colloquio di feedback con il collaboratore valutato. Tipicamente nei sistemi di Performance management si considerano le competenze, cioè quelle caratteristiche personali che, se ben definite, sono collegate con un nesso di causa-effetto a una performance eccellente. Tali caratteristiche possono comprendere tratti personali, conoscenze acquisite, esperienze accumulate, motivazione ad agire ecc. Chiaramente a ruoli differenti corrispondono competenze differenti. Per questo motivo un passaggio propedeutico fondamentale per la costruzione di un sistema di Performance Management e critico per generare risultati in linea con le aspettative aziendali è la costruzione dei profili di ruolo attraverso la valutazione delle prestazioni.. Tanto più il ruolo è definito nel modo corretto, tanto più, se pienamente ‘agito’, garantirà il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Ancora una volta possiamo verificare come i processi di valutazione siano strettamente correlati tra loro e imprescindibili uno dall’altro.

LA VALUTAZIONE DEL POTENZIALE

La terza P, la valutazione del potenziale (o potential evaluation) si focalizza sul potenziale della risorsa umana, ossia le competenze inespresse che la persona possiede ma che non sono utilizzate nella posizione attualmente ricoperta, perché non richieste o richieste in misura inferiore a quanto posseduto. Sebbene l'oggetto della valutazione siano anche in questo caso le competenze, la valutazione del potenziale è rivolta al futuro. La valutazione del potenziale cerca di prevedere il contributo che una risorsa umana potrebbe fornire in futuro, magari in una differente collocazione. La sua finalità è quella di far emergere le possibilità di impiegare la persona con successo in altre posizioni, anche di maggiore responsabilità, attraverso la mobilità interna e percorsi di carriera. La valutazione della posizione è rivolta al presente, mentre la valutazione delle prestazioni è rivolta al passato, perché si basa sul contributo già fornito dalla persona nel ruolo che occupa. Gli strumenti di valutazione possono essere intesi come l’applicazione di alcuni stimoli che consentono di poter osservare in un arco di tempo limitato e in condizioni controllate e standardizzate quanto solitamente viene manifestato, in forma “diluita” e spontanea, nel corso di intervalli temporali molto più ampi (mesi o anni). Una classificazione generica di questi strumenti può essere fatta sulla base delle modalità di somministrazione, le quali possono essere individuali o di gruppo. Se quindi la valutazione delle prestazioni è un “giudizio”, formulato a consuntivo sulle attività realizzate dalla risorsa o sui comportamenti da essa agiti, la valutazione del potenziale è una “previsione” sui comportamenti professionali della persona, a fronte di possibili ruoli futuri assegnabili, in termini di capacità e possibilità di ricoprire ruoli più complessi rispetto a quello attuale e in termini di attitudini, ambizioni e aspirazioni personali di sviluppo. Individuando e valutando i punti di forza, le aree di miglioramento e le possibilità di

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sviluppo di una risorsa non in astratto, bensì calate nel contesto specifico della struttura organizzativa in cui opera e dei ruoli esistenti, si raggiunge un obiettivo molto importante per il futuro dell’organizzazione analizzata: in qualsiasi contesto di mobilità occupazionale c’è sempre la soluzione pronta per non scoprire ruoli chiave dell’azienda ma non solo, perché valutando il potenziale si innescano una serie di meccanismi che danno origine ad un sistema ben “oliato” di copertura delle criticità oggi più significative per un’organizzazione: la creazione di un valore aggiunto che rende competitivi sul mercato. Un macchinario, un sistema informativo all’avanguardia, una rete commerciale sviluppata ed efficace, la qualità dei prodotti/servizi offerti, non sono sufficienti a distinguersi: chi vuole stare al passo con un sistema globalizzato ed “appiattito” e non appartiene a settori di nicchia o dove l’innovazione tecnologica premia gli investimenti continui, non ha che una strada: avere gli uomini e le donne migliori del mercato.

Un possibile modello di riferimento delle capacità da cui attingere i fattori di valutazione del potenziale è riportato nella tabella 1. Nella scelta degli elementi da valutare – siano tratti da profili di ruolo convenzionali o ispirati a modelli di capacità – è importante ricordare che il numero ideale dovrebbe oscillare da un minimo di tre a un massimo di sei fattori. Riguardo al metodo di determinazione delle dimensioni da valutare, un approccio metodologicamente valido, che si presta comunque a un’ampia gamma di modelli gestionali, è quello fattoriale. Il suo scopo principale è quello di trasformare un gran numero di variabili in un numero minore di categorie o fattori, rilevabili sia empiricamente (l’osservazione), sia statisticamente (ad esempio i questionari di personalità e attitudinali). Ciò consente di economizzare sul numero delle dimensioni da osservare, mantenere un certo rigore metodologico e utilizzare un linguaggio comprensibile anche da non esperti in scienze comportamentali.

Tab. 1 Modello delle capacità da cui attingere i fattori di valutazione del potenziale

Area realizzativa Sub-fattore

Area relazionale Sub-fattore

Area gestionale Sub-fattore

Area cognitiva Sub-fattore

Conoscenze Sub-fattore

Impegno verso l’organizzazione Gestione dell’incertezza Iniziativa Accettazione responsabilità Assunzione dei rischi Tolleranza allo stress Tolleranza alla frustrazione

Impatto e influenza Team leadership Comunicazione Intelligenza sociale Integrabilità Comprensione interpersonale negoziazione

Organizzazione e pianificazione Ricerca informazioni

creatività Tecniche di presentazione Comunicazione scritta Project management Strumenti informatici Time management Team work

Area realizzativa fattore

Area relazionale fattore

Area gestionale fattore

Area cognitiva fattore

Conoscenze fattore

Orientamento al risultato Decisionalità Autoefficacia Autocontrollo

Leadership Socievolezza Orientamento al cliente Flessibilità

Motivazione Sviluppo risorse umane Assertività Orientamento alla qualità

Problem solving Innovatività Apprendimento Pensiero prospettico

Conoscenze tecniche e di business Conoscenze professionali

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L’ ASSESSMENT CENTER L’Assessment Center rappresenta lo strumento principale di valutazione del potenziale. Ricco di varianti e di applicabilità richiede, come spesso ricordato nelle varie fasi di valutazione, di un’- attenta analisi sul metodo e sul percorso più adatto alla realtà che si va ad analizzare. È una metodologia utile ad individuare il possesso delle capacità necessarie a svolgere ogni tipo d’attività professionale. Una capacità è fondata su comportamenti che consentono di raggiungere risultati in collaborazione con altre persone, di affrontare temi complessi, di presidiare specifiche situazioni complesse, di tenere sotto controllo tensioni interpersonali, di innovare. La verifica del possesso di tali capacità avviene attraverso i comportamenti che si manifestano sia nella realtà sia nella simulazione. L’Assessment Center impiega simulazioni di situazioni organizzative che consentono la rilevazione, da parte degli osservatori opportunamente addestrati, dei comportamenti fondamentali che dovranno essere messi in atto dalle persone valutate. Tali esercitazioni, richiamando il più possibile la realtà aziendale, agiscono da stimolo per attivare i comportamenti che si vogliono osservare e vagliare. Le esercitazioni dell’assessment center, vengono molto spesso create ad hoc, per simulare la realtà operativa, in modo da consentire la raccolta di indicazioni affidabili sul possesso di una vasta gamma di capacità. Le esercitazioni possono dividersi in individuali o di gruppo (quest’ultime possono essere competitive o cooperative, a ruoli liberi o assegnati); possono inoltre, simulare situazioni e finalità diverse quali ad esempio: analizzare e risolvere uno o più problemi; valutare alternative; prendere delle decisioni; organizzare delle attività; impostare un progetto; impostare e svolgere un negoziato; presentare dati e proposte. Oltre alla valutazione del potenziale l’Assessment Center è strumento utile alle seguenti attività:

1. verifica del grado di copertura del ruolo nell’organigramma aziendale; 2. verifica e possibilità di un adeguamento rispetto ad un ruolo, o diversi ruoli, di medesima o

maggiore complessità; 3. analisi estemporanea delle risorse disponibili per la verifica del possesso di determinate capacità in

momenti di forte e improvvisa necessità di copertura di nuovi ruoli o di ruoli critici; 4. individuazione dei bisogni formativi in modo mirato; 5. verifica del possesso delle capacità necessarie per ricoprire posizioni diverse (orientamento,

sviluppo, piani di carriera, rotazioni); 6. processi di selezione interni/esterni; 7. processo di verifica dell’architettura organizzativa dell’impresa; 8. audit a seguito d’esigenze derivanti da ristrutturazioni, fusioni, acquisizioni, collocazione di

personale ed esuberi. Nello specifico possiamo definire l’Assesment center come una metodologia di valutazione del potenziale, trattandosi di un insieme di diversi test cosiddetti situazionali che richiedono alla persona di eseguire uno o più compiti che si propongono di misurare gli aspetti emotivi del comportamento. Si tratta di uno strumento predittivo utile per individuare quell'insieme di caratteristiche attitudinali e comportamentali che rappresentano il substrato personale di un individuo rispetto alla copertura ottimale di un ruolo organizzativo e quindi che possono permettere di valutare la possibilità di una persona di ricoprire una posizione organizzativa più complessa. Il focus di osservazione non è il comportamento in sé, ma quello che sottintende in termini di caratteristiche personali e potenzialità. Obiettivo è infatti quello di scoprire e valutare le caratteristiche a disposizione di un individuo, aldilà di quelle richieste per soddisfare gli obiettivi del ruolo già ricoperto.

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Le aree osservate sono quattro: 1. area dei rapporti con la variabilità: come si impara e la motivazione e come ci si adatta al

cambiamento; 2. area intellettuale: soluzione dei problemi complessi; soluzione dei problemi operativi; flessibilità di

pensiero; innovatività; 3. area manageriale: rapidità e frequenza di decisione; decisionalità ad elevato rischio; capacità

realizzativa; capacità organizzativa; 4. area relazionale: gestione e sviluppo dei collaboratori; gestione di situazioni di influenza; capacità di

integrazione e gestione del rapporto interfunzionale.

GLI STRUMENTI DI VALUTAZIONE DELL’ASSESSMENT CENTER

Gli strumenti da valutazione possono essere individuali o di gruppo. Anche in questo caso è bene effettuare un’attenta analisi degli strumenti a disposizione e scegliere quello o quelli più confacenti alla realtà organizzativa che vogliamo valutare.

Tra gli strumenti applicati individualmente si possono includere:

• colloquio individuale: intervista più o meno strutturata, centrata sulle dimensioni di rilevazione e finalizzata alla ricerca delle informazioni che possono rilevare la dimensione qualitativa delle capacità (motivazioni, aspirazioni, intenzioni, ecc.) oggetto di interesse. Si colloca generalmente verso la metà dell’intero processo di valutazione ; • test attitudinali: strumenti che misurano le abilità specifiche (ragionamento numerico, verbale, astratto, meccanico, ecc.);

• reattivi di personalità: strumenti che misurano dimensioni emotive, strutture e tratti caratteriali previste dal modello di riferimento; • “in – basket”: si tratta di una situazione in cui il candidato deve organizzare il proprio lavoro sulla base di informazioni fornitegli sotto forma di posta in arrivo, memo, messaggi telefonici e documenti di varia natura. Ogni candidato viene intervistato sia sulla strategia impiegata per ciascuna decisione, sia sulle ragioni delle scelte. Avvalendosi di tale tecnica si può rilevare la capacità di decisione e di controllo, di pianificazione, organizzazione e gestione di situazioni complesse

• interwiew simulation: prova che vede la partecipazione individuale dei candidati che presume l’interazione con uno o più interlocutori; • situational judgment test: prove situazionali che prevedono la lettura di un testo o la visione di un filmato, che rappresenta una situazione verosimile e molto vicina a quanto avviene nella quotidianità del ruolo che ricoprono i candidati; • presentazione: la prova richiede al candidato di esporre oralmente una breve trattazione su uno specifico argomento rilevante per il profilo professionale richiesto. Di solito il candidato viene posto di fronte ad un pubblico costituito dai valutatori e dagli altri partecipanti alla prova. Al termine della presentazione possono essere poste al candidato alcune domande chiarificatrici, consentendo così di valutare le capacità di analisi e di sintesi, di comunicazione, nonché l’equilibrio emotivo e la tolleranza allo stress: • role playing: In questa prova il candidato, attraverso un’assunzione di ruolo, deve dimostrare la sua capacità di gestire situazioni problematiche, quali ad esempio la telefonata di un dipendente insoddisfatto o di un cliente che reclama. Generalmente viene attuata con un candidato alla volta, avvalendosi della partecipazione di uno o più valutatori addestrati ad assumere i ruoli richiesti dalla simulazione.

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• Consente di stimare la capacità di persuasione, di comunicazione del soggetto e la sua tolleranza allo stress. • colloquio di feedback: Lo scopo principale è quello di fornire al candidato un riscontro relativamente alla sua performance durante le varie prove. È volto a rendere consapevole il soggetto attraverso la rilevazione dei propri punti di debolezza e di forza, evidenziando le possibili aree di miglioramento e di sviluppo professionale. Non è previsto qualora l’AC abbia finalità selettive.

Gli strumenti a somministrazione di gruppo prevedono l’interazione tra candidati. Costoro vengono collocati in un contesto comune, che può essere un caso di discussione, un caso che richiede una soluzione a determinati problemi, il raggiungimento di un determinato obiettivo, ecc. Si può affermare che non esiste un linguaggio unico e comune a tutti i professionisti del settore che definisca le differenti tipologie di casi di discussione. Infatti, capita spesso che ogni professionista adatti e modifichi costantemente gli stimoli in modo che siano in funzione dei comportamenti oggetto di rilevazione. A tal fine, è utile fare una classificazione delle diverse tipologie di casi, che può essere fatta in base ad alcune variabili cardine, di seguito riportate:

• i contenuti, rappresentati dagli scenari di riferimento e dagli argomenti trattati; • il tempo, che può essere stabilito a priori o assegnato in maniera più o meno rigida; • i ruoli dei partecipanti che possono essere assegnati o liberi; • il tipo di supporto/materiale utilizzato nella presentazione e nello svolgimento del Caso; • la distribuzione delle informazioni, necessarie ad affrontare il problema presentato, che possono

essere distribuite in maniera uniforme o asimmetrica; • la gestione delle informazioni e problem solving, che rappresentano le soluzioni da individuare e

possono essere più o meno univoche; • il ruolo del valutatore, che può essere mero osservatore di ciò che avviene, senza intervenire nelle

dinamiche, oppure parte attiva e condizionante la scena; • lo stress, che può costituire la variabile speciale per quelle simulazioni che permettono di osservare

le reazioni dei soggetti in condizioni di tensione e difficoltà emotiva.

In letteratura sono presenti diverse tipologie di casi di gruppo, questi possono essere: • leaderless group discussion: discussione di gruppo caratterizzata dall’assenza di un leader e incentrata sulla soluzione di un problema. Il carattere della discussione può essere più o meno cooperativo o competitivo. Il gruppo è composto da sei a otto partecipanti impegnati mediamente dai 30 ai 90 minuti. Le dimensioni che consente di rilevare sono lo spirito di squadra, la capacità di persuasione, l’assertività, la leadership, l’abilità nelle relazioni interpersonali che si caratterizza per l’assenza di un leader definito a priori;

• Ruoli assegnati: casi stimolo che prevedono l’assegnazione di specifici ruoli ai partecipanti. La modalità di effettuazione del caso varia se i ruoli vengono distribuiti casualmente, vengono scelti dai partecipanti, oppure vengono assegnati a rotazione; inoltre, i contenuti sono sempre vicini ai contesti e agli scenari problematici della vita dell’organizzazione;

• Ranking: casi con contenuti che, possono essere aziendali o di cronaca, richiedono al gruppo di trovare un accordo circa la composizione di graduatorie e/o l’ordine di una classifica, questa tipologia di Casi sono particolarmente indicati per la rilevazione delle abilità negoziali e di gestione del conflitto, ma pure di flessibilità vs rigidità, e si caratterizzano per avere innumerevoli combinazioni di soluzioni;

• Problem Solving: sono situazioni stimolo che prevedono un’unica risposta esatta che si può ottenere applicando regole matematiche o logico-deduttive, sono molto indicati per la rilevazione delle capacità di ricerca delle informazioni e delle abilità logiche e matematiche;

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• Fact finding: consiste nel porre i valutati di fronte ad un accadimento o un problema di cui vengono fornite solo parziali informazioni. Il compito è di ricercare le informazioni mancanti interrogando un “informatore” al fine di prendere una decisione sulle azioni da mettere in atto. Alla fine i valutati vengono invitati a fare una presentazione delle decisioni prese, esplicitando i motivi delle stesse.

• Performance: prova nella quale vengono assegnati degli obiettivi per il cui conseguimento il gruppo deve impegnarsi in attività fisiche e/o motorie e si possono effettuare in ambiente indoor o outdoor.

• Business Game: consiste in una riproduzione a tavolino di una situazione aziendale critica. I soggetti devono prendere delle decisioni in merito al problema proposto avvalendosi dell’ausilio di un’apposita strumentazione, di grafici, di indici e tabelle. Il livello di strutturazione della prova e la quantità di informazioni da fornire al candidato dipendono dalla complessità del tema da trattare e dagli obiettivi da raggiungere. Tale prova consente la valutazione delle capacità gestionali e di problem solving.

L’INTERVISTA B.E.I.

(Behavioral Events Interview)

La BEI (o Intervista basata sugli Eventi Comportamentali) è una tecnica di intervista che si basa sul principio che il comportamento passato, tenuto da una persona in una determinata situazione, costituisce un importante predittore del comportamento che la stessa persona terrà in situazioni analoghe. Facendo riferimento a tale principio la Bei si articola attraverso l' analisi di alcuni eventi o episodi che l’ intervistato è chiamato a portare a suffragio delle capacità che si vogliono indagare ed una successiva decodifica degli episodi secondo dei criteri stabiliti. La tecnica BEI è generalmente utilizzata per due scopi: il “modeling” ovvero la definizione del profilo ideale di una determinata figura professionale e l’ analisi delle singole persone. Il modeling è un’ intervista mirata all’ individuazione delle competenze critiche di un determinato ruolo professionale che viene generalmente rivolta a due tipologie di persone: i Best performers e cioè il gruppo di coloro che ricoprono o hanno ricoperto con successo la posizione e gli Average performers vale a dire il gruppo di persone che danno o hanno dato solo medie o basse prestazioni. L’ analisi dei comportamenti distintivi dei Best performers rispetto agli Average costituirà il repertorio delle Competenze di successo. Una volta definito il profilo delle Competenze attese o ideali la tecnica BEI può essere utilizzata anche per analizzare le singole persone candidate al ruolo e cioè per individuare gli individui più assimilabili al modello ideale delineato. L’intervista BEI si presenta con una struttura rigida costituita da quattro fasi: l’ introduzione, la descrizione del ruolo lavorativo, l’ analisi degli episodi e la conclusione. Considerando la centralità dei fatti o episodi critici l’intervistatore deve avere sempre presenti quattro elementi fondamentali: la situazione (Situation) ovvero il contesto dell’episodio raccontato, le responsabilità (Task) che hanno portato il candidato a mettere in campo determinate capacità, l’azione (Action) e cioè la sequenza delle scelte fatte e delle azioni specifiche intraprese dall’ intervistato e infine il risultato (Result) e cioè i cambiamenti ottenuti in seguito alle azioni intraprese. Nella BEI è importante per l’intervistatore attenersi a dei fatti specifici (eventi), capire le circostanze specifiche che hanno originato determinati comportamenti o azioni ed individuare i nessi tra questi ed i risultati finali osservabili e misurabili. Dopo l’introduzione all’intervista e una descrizione del ruolo dell’ intervistato che costituiscono i due passi iniziali dell’ intervista stessa, l’intervistatore invita il suo interlocutore ad individuare e raccontare 4 episodi professionali da questo vissuti. Al fine di garantire validità all’ intervista l’ intervistato dovrà effettuare una selezione tra gli eventi da lui vissuti riportandone due positivi e cioè con esito positivo e due negativi e cioè con esito negativo per l’ intervistato stesso.

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Obiettivo dell’ intervista è di raccogliere non tanto le riflessioni o le considerazioni dell’ intervistato quanto invece i fatti accaduti e le motivazioni ed emozioni sottese ai comportamenti posti in atto. L’intervistatore dovrà effettuare un gran numero di domande in modo da non tralasciare alcun elemento dell’ episodio ( come iniziò, chi ebbe l’idea, poi lei cosa fece, disse, come reagì, come organizzò il lavoro …) eliminando per quanto possibile i falsi episodi (e cioè dei fatti generici non accaduti alla persona) e le generalizzazioni (es. io in genere mi comporto così). Considerando che le azioni dell’ intervistato sono l’oggetto della BEI, sarà cura dell’intervistatore far sì che il soggetto parli sempre in prima persona evitando affermazioni vaghe (...è importante per me che..), le affermazioni generiche (.. in generale io mi comporto in questa maniera…), in terza persona o plurali (… in questi momenti è opportuno agire… e allora facemmo, decidemmo…) o le affermazioni ipotetiche ( …io avrei fatto/detto…). A tal fine potrà utilizzare tra le altre tecniche anche le domande specchio (es. ma i suoi colleghi cosa le dissero in quell’occasione; come reagì il suo collaboratore quando la vide..) volte a verificare il comportamento delle altre persone implicate nell’ episodio. Concentrare l’attenzione dell’intervistatore solo sul comportamento descritto elimina equivoci o vaghezze sulle esperienze del candidato, evita che le impressioni soggettive influenzino la valutazione e riduce pesantemente la possibilità di fingere e alterare le proprie capacità perché l’attenzione è esattamente su ciò che è stato fatto. E’ fondamentale, per non trascurare nessun elemento di quanto l’ intervistato racconta, poter registrare l’intervista in modo da poter poi trascrivere il tutto su carta ed effettuare così la “codifica”. La codifica è un momento assai delicato che è opportuno che venga fatta da altre persone che non l’ intervistatore, visto il suo coinvolgimento emotivo con l’ intervistato. Si esplica attraverso il confronto dei comportamenti dichiarati dall’ intervistato con i comportamenti (o competenze) ideali precedentemente graduati secondo una scala numerica (es. Iniziativa: ind. 1 “agisce per primo senza essere forzato dagli eventi” ind. 2 “agisce raccogliendo informazioni in maniera non tradizionale o inusuale” ind. 3 “agisce in maniera diversa rispetto ad ogni altro o alle aspettative correnti”). Attraverso tale confronto sarà possibile individuare le competenze distintive dell’intervistato rispetto al gruppo degli alti e dei medi performer mettendo in evidenza il livello di competenza posseduta.

L’INTERVISTA CON IL RESPONSABILE

L’intervista al responsabile di una risorsa oggetto di una valutazione del potenziale e di una possibile azione di sviluppo deve essere strutturata in modo che l’intervistato abbia la piena coscienza dell’obiettivo finale: l’individuazione delle potenzialità del proprio collaboratore per una crescita interna (lo stesso ufficio/reparto/settore) o in ruoli diversi di maggiore responsabilità. In questo modo intervistato e intervistatore condividono gli obiettivi, hanno ruoli definiti, condividono un contesto, agiscono in una relazione asimmetrica e si muovono tra aspetti di contenuto e di relazione. La struttura portante dell’intervista comprende le seguenti finalità:

• Motivazione estrinseca • Centratura sul cosa • Strutturazione • Priorità raccolta informazioni • Attenzione al contenuto • Conduttore il più possibile oggettivo

Il conduttore è sempre identificato come colui che dirige il processo e stabilisce la forma della traccia, lo schema degli argomenti da trattare, la loro articolazione e il livello di dettaglio da raggiungere.

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L’intervista può essere: 1. Strutturata: le domande sono prestabilite nella forma e nel contenuto (c'è piena corrispondenza con

la forma dell'intervista); 2. Semistrutturata: il contenuto è prestabilito ma non la forma (è utilizzato nella maggior parte dei

colloqui di selezione); 3. Non strutturata: sia la forma, sia il contenuto non sono prestabiliti e possono variare da soggetto a

soggetto ( è utilizzato nei colloqui di selezione). Solitamente un’intervista ha questo svolgimento:

1. Introduzione nella quale si specifica il motivo dell'intervista; 2. Fase di riscaldamento nella quale vengono poste domande semplici e non centrali; 3. Sezione principale nella quale le domande seguono una sequenza logica con le più impegnative

poste nella fase finale;

4. Chiusura nella quale si invita il responsabile ad aggiungere altre notizie e a porre a sua volta domande.

E’ bene sottolineare come l’intervista al responsabile per la valutazione del potenziale risulti utile solo se l’intervistato è consapevole che la valutazione efficace avviene sulla base di criteri puramente oggettivi senza condizionamenti soggettivi quali il rapporto/relazione con il valutato ed eventi negativi o positivi circoscritti e/o recenti. Per quanto riguarda il profilo dell’intervistatore, consulente esterno o risorsa interna che sia, è necessario abbia le seguenti caratteristiche:

• Conoscenza e competenza metodologica sulle tecniche delle interviste; • Competenze sui contenuti dell'intervista; • Conoscenza del contesto organizzativo; • Motivazione intrinseca; • Predisposizione ai rapporti sociali; • Buone competenze comunicative; • Capacità di ascolto; • Capacità di mantenere un atteggiamento di neutralità.

FEEDBACK 360°

Il feedback 360 gradi è una modalità di concepire ed impostare il dialogo tra azienda e singolo dipendente che si fonda sulla comunicazione delle valutazioni operate da una pluralità di attori sul dipendente stesso. Si chiama valutazione e feedback a 360 gradi poiché le valutazioni vengono richieste a tutte le persone che per l’ appunto circondano l’ individuo coinvolgendo, il capo, i colleghi, i subordinati ed i clienti (interni/esterni). Alle etero valutazioni si accoppiano in genere le autovalutazioni fatte dagli stessi valutati su loro stessi rendendo possibile il confronto e l’ analisi delle discordanze tra l’ auto e l’ etero percezione. Lo sviluppo, inteso sia quale momento di Valutazione delle potenzialità che quale Orientamento e Formazione del personale verso i diversi sentieri di carriera esistenti in azienda, rappresenta di sicuro l’ ambito dove tale prassi trova il più naturale sbocco. La comunicazione dei punti di forza e di debolezza del profilo di competenza del valutato rispetto ad un profilo atteso, se opportunamente condotta infatti, consente a ciascuno di acquisire consapevolezza del modo in cui si è percepiti e rappresenta il primo passo nella direzione di un percorso di sviluppo e di cambiamento. La portata rivoluzionaria del 360° feedback nell’ ambito dello sviluppo risiede oltre che nel coinvolgimento di più persone nella valutazione, nella comunicazione delle valutazioni stesse agli interessati rendendo questi stessi non più spettatori ma attori del loro sviluppo.

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Lo strumento principe del feedback a 360 gradi è di sicuro il Questionario garantendo oltre che l’ anonimato dei valutatori, la gestione rapida e snella della valutazione stessa. Non tutti i Questionari possono dirsi ugualmente validi non essendo sempre rispettate le regole di costruzione e validazione. Come per ogni test psicologico infatti anche per il Questionario è necessario che si calcolino gli indici di validità e di attendibilità rilevando cioè la capacità dello strumento di misurare ciò che esso si propone e l’ invarianza dei risultati in funzione del momento e della condizione specifica in cui il valutatore risponde. Per far ciò occorre garantire la chiarezza e l’ osservabilità dei comportamenti su cui si chiede di esprimere il giudizio onde evitare che i valutatori esprimano giudizi starati rispetto quanto previsto. Una prima regola di fondamentale importanza è che le skils o le competenze scelte quali elementi su cui si chiede di dare la valutazione e su cui si esprimerà il feedback siano ben legate agli obiettivi aziendali. Se ad esempio si opera in’ azienda commerciale la connessione tra la “propensione commerciale” oggetto di valutazione ed i piani di sviluppo dell’ azienda sul mercato deve essere ben chiara in modo tale che tale che nessuno possa esprimere dei dubbi sull’ importanza della stessa. Una seconda regola concerne la possibilità per il valutato di comprendere l’ utilità del feedback per il suo sviluppo. Affinché ciò possa accadere esso non dovrà riguardare tratti di personalità ma comportamenti osservabili e modificabili e non dovrà in alcun modo ledere il senso di autostima del valutato attraverso l’utilizzo di espressioni valoriali di apprezzamento o disprezzo del suo comportamento. Una terza regola infine concerne la necessità di far seguire dei piani di sviluppo alla comunicazione del feedback: qualora infatti alla restituzione del feedback non segua una programmazione delle azioni utili a sanare i punti di debolezza è assai probabile che il feed non sortisca alcun effetto di sviluppo o peggio ancora sia considerato uno dei tanti modi dell’ azienda di veicolare le sue azioni gestionali. Al di là delle regole generali anzidette alcuni accorgimenti appaiono più rilevanti di altri nella modalità pratica di porgere il feedback. Una prima considerazione concerne la relazione tra chi propone il feedback e chi lo riceve ponendo attenzione all’ evitare delle contrapposizioni dirette sicure vie per la non accettazione dei contenuti proposti. Per scongiurare tale eventualità ed al contrario per favorire l’ instaurarsi di una relazione di partnership è consigliabile che a dare il feedback non sia alcuna delle persone coinvolte con il valutato ma se possibile un consulente esterno o un tutor aziendale comunque scevro da relazioni di lavoro con il valutato stesso. Fatta salva questa condizione riteniamo importante che affinché il feedback sortisca un effetto positivo sia in più occasioni sollecitato il parere del valutato ponendo domande non solo sul grado di concordanza con le valutazioni espresse ma soprattutto sull’ utilità di un eventuale cambiamento Nella tabella seguente un esempio di feedback con le diverse valutazioni (auto ed etero), in cui si nota la variabilità del risultato a seconda del valutatore.

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QUESTIONARIO BIOGRAFICO

Il questionario biografico concentra l’attenzione sulla storia professionale del valutato, raccogliendo informazioni qualitative relative alle esperienze professionali pregresse e all’auto percezione dei propri punti di forza e di debolezza, all’ autovalutazione del livello delle conoscenze possedute nel proprio ambito professionale e alla raccolta di informazioni relative ad alcune specifiche situazioni/esperienze professionali. Permette soprattutto di comprendere i tratti distintivi della vita professionale ripetutisi nel tempo e come gli stessi vengano vissuti dal valutato, se come punti di forza o di debolezza, rivelando anche la percezione del livello di conoscenze e competenze acquisite.

SYMLOG E IPA E’ un acronimo che sta a significare SYstematic Multiple Level Observation of Groups. Si tratta di uno strumento elaborato da Robert F.Bales, professore dell'Università di Harward, che permette di rilevare la percezione che le persone hanno di se stesse e degli altri. Attraverso tale metodo è possibile comprendere quali valori personali e organizzativi dominano il comportamento dei gruppi. A questo metodo si affianca quello denominato IPA, ovvero Interaction Process Analysis, anch'esso destinato ad un'analisi dei processi di gruppo, messo a punto anche questo da Bales. Il SYMLOG rientra tra i metodi di analisi delle interazioni di gruppo che si fondano su sistemi di codifica definiti a priori, ed è basato sull'uso di scale riassuntive che riguardano il comportamento di alcuni membri del gruppo e prevedono una rilevazione a posteriori. Il metodo IPA, invece, prevede una rilevazione analitica e sequenziale degli atti via via che essi si svolgono. Le categorie previste di rilevazione sono dodici nella prima versione messa a punto (si mostra amichevole, drammatizza, concorda, dà suggerimenti, esprime opinioni, dà informazioni, chiede informazioni, chiede opinioni, chiede suggerimenti, non concorda, manifesta tensione, si mostra ostile). Naturalmente possono esservi anche categorizzazioni diverse. Nonostante sia stato messo a punto ormai da molti anni, l'IPA continua ad essere ampiamente impiegato nelle studi condotti su piccoli gruppi. Per quanto riguarda il metodo SYMLOG, occorre osservare che esistono varie versioni da applicarsi in relazione a particolari scopi o al contesto nel quale esso viene utilizzato. Tutte le versioni prevedono 26 scale, costituite da aggettivi, con una valutazione che va da uno (mai) a cinque (sempre). Le scale di valutazione sono tutte riconducibili a tre categorizzazioni: dominanza vs sottomissione, amichevolezza vs ostilità, orientamento al compito vs espressività emotiva. La rilevazione viene effettuata, in genere, ad intervalli di tempo prefissati. Va inoltre osservato che, diversamente da IPA, Symlog è stato pensato per una serie più larga di gruppi come famiglie, squadre di progetto ecc.. Alcune critiche sono state mosse, da vari autori, al metodo SYMLOG, soprattutto per quanto concerne la contrapposizione tra orientamento al compito vs espressività emotiva, poiché esse non rappresenterebbero poli opposti di una stessa dimensione. Con entrambi i metodi, alla fine della rilevazione, si è in grado di distribuire gli atti interattivi nelle varie categorie e, al tempo stesso, di distribuire tali categorie nei membri del gruppo che partecipano all'interazione.

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L’ANALISI COMPARATIVA DEI PRINCIPALI METODI E STRUMENTI

Dopo aver descritto i principali metodi di valutazione del potenziale può essere utile, come indicato nella tabella 3, confrontarli con le specifiche capacità che sono in grado di valutare. Per concludere l’analisi degli strumenti di valutazione del potenziale può essere utile tentare una loro analisi comparativa in funzione delle “popolazioni obiettivo” che descrive per ogni strumento i suoi pro e i suoi contro, come riportato nella figura 4.

Tabella 3. Tabella di correlazione tra capacità e strumenti

Capacità Assesment center

Intervista BEI

Intervista al responsabile

Questionario 360°

Questionario biografico

Symlog

orientamento al risultato x x x x x

decisionalità x x x x

autoefficacia x x

autocontrollo x x x x x

socievolezza x x x x x x

leadership x x x x x

orientamento al cliente x x x

flessibilità x x x x

Problem solving x x x

apprendimento x

innovatività x x x x

Pensiero prospettico x x x

motivare x x

sviluppare x x

assertività x x

Orientamento alla qualità x

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Tabella 4 Comparazione dei diversi strumenti

SISTEMA DI VALUTAZIONE

POPOLAZIONE TARGET PRO CONTRO

ASSESMENT CENTER

• Selezione neolaureati • Orientamento

successivo laureati con potenziale

• Dirigenti • Professional

• Buon livello di predittività

• Pluralità delle fonti di valutazione

• Gamma estesa di fattori osservabili

• Situazione dispendiosa e complessa da gestire

• È richiesto un alto livello di preparazione di tutti i valutatori

INTERVISTA BEI

• Dirigenti

• È possibile

focalizzare l’intervista esclusivamente sulle specifiche competenza richieste

• Rapidità dell’intervento

• La persona in valutazione può dissimulare le sue vere caratteristiche

INTERVISTE DI DIVERSO TIPO

• Tutte le categorie

• Un intervistatore

particolarmente preparato può ottenere un elevato numero di informazioni

• Si può tarara l’intervento flessibilmente rispetto al contesto e alle persone

• Ci può essere, a parità di situazione, variabilità di giudizi tra diversi intervistatori

• Non c’è controllo incrociato

TEST E QUESTIONARI

• Tutte le categorie, ad

esclusione dei dirigenti

• La situazione valutativa è standardizzata

• L’evoluzione tecnologica ha reso questi strumenti molto maneggevoli e potenti

• Alcuni test possono

non essere attendibili o manipolabili dai valutati/candi= Dati I test proiettivi e di personalità sono a volte lesivi della privacy

QUESTIONARIO BIOGRAFICO

• Tutte le categorie

• Non richiede

particolari investimenti di tempo e di risorse

• Per valutare alcune dimensioni è molto valido

• Non è esaustivo e richiede senz’altro l’integrazione di altri strumenti

SISTEMI DI ETEROVALUTAZIONE

• Dirigenti

• Molto utili per

attività di autosviluppo

• Consentono di ottenere un feedback da una base allargata di persone

• Ci possono essere dei comportamenti di dissimulazione delle reali intenzioni di risposta (compiacere il capo o il collega)

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LO SVILUPPO DELLA PERSONA PER LA CRESCITA DELLE ORGANIZZAZIONI

L’organizzazione che ha effettuato la valutazione a 360° del proprio capitale umano è in grado di sviluppare un sistema di crescita delle proprie risorse e delle risorse future. Le risorse che crescono professionalmente ed umanamente sono in grado di elevare la qualità dell’organizzazione per una maggiore competitività. Abbiamo già affermato che oggi, in un mondo globalizzato e competitivo, con un notevole dumping sociale che rende improponibile qualsiasi confronto tra realtà completamente differenti, la differenza la possono creare le persone. Dopo aver effettuato l’ultima analisi della valutazione del capitale umano, relativa alle potenzialità, un’organizzazione aziendale si deve porre i seguenti obiettivi legati allo sviluppo delle risorse presenti e future:

• Selezionare risorse professionali dall’esterno e/o dall’interno; • Verificare le possibili “rotazioni” organizzative; • Creare piani di sviluppo, di mobilità e di carriera; • Ideare le tavole di rimpiazzo; • Progettare gli interventi formativi; • Costruire le politiche di retention sulle risorse critiche;

Gli strumenti a disposizione e la chiarezza sui fabbisogni professionali fanno della selezione interna ed

esterna un modo per sperimentare immediatamente se il percorso sin qui seguito è corretto. Possiamo analizzare compiutamente, prima di avviare la nostra ricerca, i tratti fondamentali della posizione ricercata e della persona che farebbe al caso nostro, per competenze e caratteristiche comportamentali. Una volta selezionate le risorse ritenute candidabili abbiamo la possibilità di adottare le diverse tecniche descritte per giungere alla scelta con sufficiente certezza di esserci avvicinati all’obiettivo di inserimento di una risorse adatta al ruolo. Gli strumenti dell’Assessment center sono, a nostro avviso, quelli più “centrati” sull’obiettivo. Una volta inserite le risorse si rende utile avviare un processo di valutazione, relativo allo sviluppo delle stesse, insieme alle persone già parte dello staff dell’organizzazione. Il capitale umano va valorizzato a partire dall’esigenza che l’organizzazione mantiene costantemente di crescere, migliorare l’efficienza, evitare situazioni di squilibrio organizzativo. Ecco che la verifica delle possibili rotazioni organizzative, unitamente all’ideazione delle tavole di rimpiazzo, permettono all’azienda di mantenere equilibrio organizzativo. Abbiamo così, in qualsiasi momento, un progetto di copertura a partire dalle posizioni critiche, quelle manageriali, che rendono evitabile una carenza che potrebbe creare seri danni all’organizzazione. Non sono processi semplici da attuare e, necessariamente, richiedono progetti formativi impegnativi e con tempi anche abbastanza dilatati ma un’azienda lungimirante non smette mai di fare selezione (interna ed esterna) per concretizzare le possibili rotazioni e sostituzioni.

La rotazione organizzativa traduce direttamente in pratica il principio dell'apprendimento fondato sull'esperienza e consente di conservare e migliorare efficacemente le competenze dei collaboratori, programmandola ed attuandola per una più ampia condivisione delle competenze, delle conoscenze e delle esperienze aziendali. Le risorse umane dei vari settori devono essere disposte ad accettare cambi di mansioni, trasferimenti di sede e di posizione. In questo modo la rotazione organizzativa permette ai collaboratori di accumulare velocemente una buona esperienza in funzioni diverse ed in svariati settori. Grazie a sfide sempre diverse, la rotazione del personale consente ai collaboratori di perfezionare le proprie capacità (sapere, saper fare, saper essere) e aumentare le possibilità di carriera. La rotazione del personale è sempre più spesso legata a percorsi di carriera e di formazione e sviluppo. Un

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percorso di carriera è un piano formalizzato che esplicita e accorda le aspirazioni e gli interessi individuali con le opportunità e le necessità dell'organizzazione aziendale. Attuando la valutazione delle posizioni ed indicando le responsabilità, le skils e i requisiti connessi, grazie a verifiche periodiche, sessioni formative e confronti, è possibile ridurre il gap tra le aspirazioni individuali e le richieste dei superiori e delle aziende. La gestione della carriera e la rotazione del personale sono diventati, negli anni, due strategie fondamentali per le aziende che, trovandosi ad operare in settori fortemente competitivi, sono costrette a strutturarsi in modo sempre più flessibile, sfruttando al massimo le competenze e le conoscenze della popolazione aziendale. E’ possibile distinguere vari tipi di rotazione organizzativa (RO): • RO orizzontale: la rotazione avviene su ruoli di pari livello organizzativo all'interno di uno specifico settore aziendale con lo scopo di far acquisire alla risorsa maggiori competenze tecniche e manageriali, vicino alla posizione attuale. • RO verticale: sono previsti vari step di promozione in ruoli di crescente responsabilità e importanza; il soggetto quindi nel cambiare posizione ha subito una crescita di livello; • RO interfunzionale: la rotazione avviene su più aree e ruoli aziendali con lo scopo di far assumere al collaboratore una conoscenza del business allargata; • RO internazionale: è un tipo di percorso possibile solo nelle aziende internazionali o multinazionali in cui è necessario favorire percorsi di crescita in altri Paesi del gruppo, favorendo, nello stesso tempo anche una integrazione più ampia tra le risorse umane distribuite. Le Tavole di Rimpiazzo sono uno strumento essenziale per mappare le risorse umane presenti in azienda. Hanno lo scopo principale di stabilire le gerarchie di successione per i ruoli chiave, nel momento in cui una persona decidesse di abbandonare l’azienda. Le tavole di rimpiazzo sono create incrociando informazioni organizzative con informazioni sulle persone. Anche in questo caso è indispensabile avere una definizione delle posizioni e dei ruoli (obiettivi, attività, competenze, ecc.). È inoltre necessario avere un sistema di valutazione del personale che consenta di rilevare il livello di possesso delle competenze, le performance e, possibilmente, anche il potenziale dei soggetti. Un altro criterio da prendere in considerazione per la creazione delle tavole di successione è l’esperienza. Più queste informazioni sono complete e accurate, più le tavole di rimpiazzo sono utili per trovare internamente all'azienda un soggetto capace di ricoprire un ruolo improvvisamente scoperto. In questo modo è possibile evitare di selezionare nuovo personale dall’esterno e, di conseguenza, di ridurre i tempi e i rischi relativi alla fase di inserimento. In base a queste informazioni/criteri, viene creata una gerarchia dei possibili sostituti per un determinato ruolo. I sostituti possono provenire o dalla stessa divisione aziendale o, nel caso di aziende che danno un alto valore alle competenze trasversali e alla rotazione organizzativa, anche da altre divisioni. E' quindi possibile avere ruoli che possono essere ricoperti da personale proveniente da altri settori aziendali, oppure soggetti che possono potenzialmente ricoprire più ruoli. Il risultato delle analisi svolte, è una lista di possibili sostituti con una distinzione tra i soggetti che possono ricoprire “immediatamente” il ruolo e chi, invece, può ricoprirlo dopo n. mesi (in conseguenza, per esempio, di interventi formativi o di fasi di addestramento on the job). Dopo aver analizzato gli strumenti della rotazione e del rimpiazzo, e prima di valutare le modalità con cui un’organizzazione attua piani di sviluppo, è opportuno segnalare la differenza tra quest’ultimi e le tavole di rimpiazzo I piani di sviluppo e le tavole di rimpiazzo si basano sullo stesso tipo di informazioni. I primi, però, hanno uno scopo diverso: servono a inserire e a far crescere in azienda nuovo personale e personale già esistente e rientrano nella programmazione aziendale a medio-lungo termine in accordo con le strategie aziendali. Le tavole di rimpiazzo, invece, sono il “piano B” di cui un’azienda si dota per fronteggiare cambiamenti improvvisi nella pianta organica del personale.

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I piani di sviluppo possono essere definiti come l’insieme delle azioni volte all’aggiornamento continuo delle competenze, all’apprendimento di altre e nuove e diverse competenze, all’applicazione in altri ruoli dell’organizzazioni di vecchie e nuove competenze unite all’esperienza.

Riteniamo importante focalizzare l’attenzione sul concetto di carriera. In un’ottica positiva di sviluppo, delle persone e delle organizzazioni, seppur talvolta necessario, non immaginiamo il concetto di uscita come utile al percorso intrapreso. Il concetto di carriera è divisibile in “individuale”, intesa come “sequenza, percepita in modo soggettivo e

individuale, degli atteggiamenti e comportamenti associati alle esperienze ed alle attività lavorative

svolte nel corso della propria vita”, ma anche in organizzativa, intesa come “insieme delle mansioni che

un individuo ricompre nel tempo e che sono qualificate congiuntamente dal livello retributivo, dalla

qualifica, dalla posizione , dal livello gerarchico, dai contenuti e dalle caratteristiche professionali dei

compiti”. In sintesi, è “E’ il sistema che consente di progettare la dinamica retributiva associata alla dinamica

organizzativa. E’ quindi uno strumento di rinforzo alle logiche di funzionamento del mercato interno del

lavoro”.

Un percorso di valutazione che porta alla crescita e conseguentemente alla carriera può avere successo avendo alcuni fondamentali da tenere presente: ADATTABILITA’: capacità/propensione a cambiare organizzazione; ATTEGGIAMENTI: importanza della carriera nella propria vita; IDENTITA’: rappresentazione interiore di sé riferita alla carriera; PERFORMANCE: dal punto di vista organizzativo (successo oggettivo) e psicologico (successo soggettivo).

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L’immagine introduce schematicamente l’ultima parte del nostro percorso: IL GOAL SETTING

La teoria del goal setting si basa su una semplice premessa: la prestazione è causata dalla volontà di fornire la prestazione, eseguendo un lavoro. L'intenzione di agire (l'obiettivo), diviene quindi un fattore determinante dell'azione. Gli obiettivi sono tutto ciò che si cerca di realizzare o che si ha intenzione di realizzare e, secondo questa teoria, le persone realizzano ciò che stanno cercando di realizzare. Le conseguenze sono chiare. Prima di tutto, chi ha obiettivi ambiziosi avrà una prestazione migliore di chi ha obiettivi modesti; secondo chi ha un'idea precisa di ciò che vuole fare avrà una prestazione migliore di chi ha obiettivi poco chiari. Vediamo, ora, le idee di base della teoria del goal setting. Esiste una relazione lineare positiva tra difficoltà e performance. Obiettivi difficili portano a risultati migliori di quanto facciano obiettivi semplici e questo è il risultato di ricerche svolte in maniera approfondita e in ambiti diversi, quali problemi matematici, di enigmistica, ecc. Quando lo stesso problema viene studiato nell'ambito del mondo del lavoro, i risultati sono identici. I gruppi di lavoro a cui sono assegnati obiettivi più ambiziosi si rivelano quelli della prestazione migliore. Questa ipotesi non è, però, valida quando il raggiungimento degli obiettivi è eccessivamente difficoltoso o quando richiede capacità che le persone non hanno. Per aumentare la spinta all'azione gli obiettivi devono essere difficili ma raggiungibili, poiché lo sforzo è proporzionale al livello di difficoltà e raggiungibilità degli obiettivi e un obiettivo impossibile (sia per capacità che per risorse scarse) diventa frustrante. Obiettivi specifici portano a una prestazione migliore di quanto facciano obiettivi generici. Questo è un concetto particolarmente importante poiché spesso i manager mostrano la tendenza a fissare obiettivi troppo generici per i propri collaboratori. Il sostegno dato a questa affermazione è molto ampio. In un esperimento si è assegnato lo stesso compito a due diversi gruppi ma, mentre ai membri di un gruppo venne chiesto di "fare del proprio meglio", ai membri dell'altro gruppo che ottenne una performance superiore, venne dato un obiettivo specifico. Numerose ricerche hanno dimostrato che gli individui a cui vengono affidati obiettivi specifici e impegnativi ottengono performance migliori dei soggetti che "fanno del proprio meglio" in base a obiettivi generici. E' probabile che la partecipazione contribuisca a incrementare il coinvolgimento, l'impegno e quindi la prestazione, quando le persone hanno effettive possibilità di scelta sul modo di raggiungere l'obiettivo e possono disporre delle informazioni necessarie per raggiungerlo. La possibilità di scelta si rivela utile ai fini della prestazione solamente se integrata dalle informazioni necessarie. L'informazione può favorire notevolmente l'accettazione dell'obiettivo e la prestazione. Queste conclusioni indicano che la partecipazione è un processo complesso, che non può essere limitato al mero coinvolgimento dei collaboratori nella scelta degli obiettivi, ma deve avere basi più ampie e coinvolgere diversi aspetti dell'attività lavorativa. La partecipazione deve, inoltre, essere effettiva e le persone devono avere reali possibilità di scelta sui modi di svolgere i compiti e devono poter disporre di tutte le informazioni necessarie all'esecuzione degli stessi. Il risultato positivo dell’esperienza di raggiungimento degli obiettivi aumenta l’auto-consapevolezza. Maggiore è la percezione di auto-efficacia, più elevate saranno le aspirazioni degli individui, i quali tenderanno ad aspirare ad obiettivi sempre più ambiziosi.

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CONCLUSIONI L’organizzazione che immaginiamo efficiente nella gestione delle risorse a disposizione ha attuato la politica sin qui delineata:

� Ha effettuato una mappatura completa delle posizioni organizzative presenti in azienda; � Ha progettato e messo in pratica una mappatura degli sviluppi futuri in termini di nuove posizioni

future; � Ha implementato un sistema di valutazione delle prestazioni dei singoli, scegliendo o meno di

integrarli con l’MBO o con il MPM; � Ha valutato se operare un’altra integrazione utilizzando gli strumenti di valutazione e adattandoli

per creare un sistema premiante collettivo; � Ha ideato, grazie alla chiarezza su chi fa cosa e dove si vuole giungere a livello di prestazioni, un

sistema retributivo equo e oggettivo; � Ha concluso il percorso di valutazione con le potenzialità a individuare, attraverso l’Assessment

Center o gli altri sistemi illustrati; Se questi sono gli obiettivi raggiunti, l’azienda è in grado di fotografare perfettamente l’organizzazione e le professionalità, le competenze e le persone che la compongono. Attuando la teoria del goal setting integriamo potenziale ed obiettivi in un unico concetto di conoscenza accurata delle nostre risorse, al fine di valutare con ragionevole certezza l’adattabilità del percorso di carriera che abbiamo immaginato per ogni risorsa. Chi lavora in un’organizzazione aziendale strutturata con queste modalità d’intervento per la crescita delle proprie risorse, non è facilmente attratto da altre opportunità, rendendo di fatto poco praticata la politica di retention sulle risorse critiche.