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Quinta Sessione La valutazione di particolari fattispecie medico-legali

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Quinta Sessione

La valutazione di particolari fattispecie medico-legali

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QUANTIFICAZIONE DEL DANNO DEL CAMPO VISIVO: INDICAZIONI OPERATIVE E NUOVE IPOTESI VALUTATIVE IN AMBITO ASSICURATIVO SOCIALE

E. ZINZINI*, G. ALÌ**, M.L. CAPUTO***

* SPECIALISTA OCULISTA SEDE INAIL DI BRESCIA

** DIRIGENTE MEDICO I LIV. SOVRINTENDENZA MEDICA REGIONALE INAIL DELLA LOMBARDIA

*** DIRIGENTE MEDICO II LIV. SOVRINTENDENZA MEDICA REGIONALE INAIL DELLA LOMBARDIA

RIFERIMENTI NORMATIVI

La funzione visiva globalmente intesa comprende numerose capacità percettive specifi-che quali l’acutezza visiva, il campo visivo, la sensibilità al contrasto, il riconoscimentodei colori, il senso del rilievo, la stereopsi, la resistenza all’abbagliamento, la capacità diadattamento, la percezione del movimento ecc.Dal punto di vista clinico le due principali capacità percettive, quelle che cioè consento-no all’individuo di interagire con l’ambiente e di mantenere una completa autonomianella vita di tutti i giorni, sono tuttavia l’acutezza visiva ed il campo visivo.In passato la valutazione medico legale dei deficit della funzione visiva è stata esclusi-vamente incentrata sulla classificazione della compromissione della acutezza visiva,facendo di fatto coincidere la complessità funzionale dell’ apparato visivo con la visio-ne per lontano.Al riguardo, infatti, le tabelle allegate al DPR n. 1124 del 1965, utilizzate per tutti gliinfortuni avvenuti prima del 25.7.2000, prevedevano una specifica tabella solo per ideficit dell’acuità visiva.Per la valutazione degli eventuali deficit perimetrici conseguenti a determinate fattispe-cie infortunistiche si ricorreva allora alla più articolata “Guida alla valutazione medicolegale del danno biologico e dell’invalidità permanente” di Luvoni - Bernardi in cui -anche nella ultima edizione del 2001 - sono proposte valutazioni indicative dei deficitdel campo visivo nei tre settori valutativi principali: infortunistica del lavoro, infortuni-stica privata e responsabilità civile.La SIMLA (Soc. Italiana di medicina legale e delle assicurazioni) nella “Guida orientati-va per la valutazione del danno biologico permanente” pubblicata per la prima volta nel1996, recependo le indicazioni proposte dalla SIOL (Soc. italiana di oftalmologia legale)introduceva apposite sezioni valutative per le alterazioni del cristallino, (afachia e pseu-doafachia), per i deficit del campo visivo, per la diplopia, per le alterazioni del senso cro-matico, dei deficit della sensibilità al contrasto e per le alterazioni degli annessi.In particolare per quanto riguarda la valutazione del campo visivo la Guida dellaSIMLA ha impostato la trattazione dei difetti perimetrici fornendo l’esplicazione dellametodologia operativa senza peraltro proporre valutazioni tabellari riservate, invece,ad altri voci di danno del settore oculistico.Anche nella più recente versione della Guida (a. 2001) viene proposto l’utilizzo delperimetro di Goldmann usando la mira luminosa III/4 ed un apposito diagramma sucui riportare il tracciato del campo binoculare, infine è proposta l’applicazione di

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una formula per il calcolo della percentuale di invalidità riferita al deficit del campobinoculare.In ambito assicurativo sociale le Tabelle delle menomazioni ex DM 12.7.2000 e previstedall’art. 13 del D.lgs n. 38/2000, colmano le carenze contenute nel già citato DPR n.1124/1965 proponendo alcune articolate indicazioni valutative circa i deficit del campovisivo:

- utilizzo della perimetria computerizzata,- attribuzione ai punti del campo visivo esaminati, di valori pari a 0.8 per i difetti

“assoluti” e di 0.4 per i difetti “relativi”,- attribuzione di valori pari ad 1 per i difetti “assoluti” e di 0.5 per quelli “relativi” nei

casi in cui i punti con difetti assoluti siano stati pari o superiori a 70 su 100 esaminati.

La più recente legge n. 138 del 3.4.2001 in ambito di invalidità civile (“Classificazione equantificazione delle minorazioni visive e norme in materia di accertamenti oculistici; accer-tamento della cecità civile”) ha introdotto notevoli innovazioni alla materia introducendouna nuova classificazione tecnico - scientifica che tiene conto, oltre che della riduzione delvisus, anche del residuo perimetrico binoculare quale causa di disabilità valutabile.In particolare la definizione di:

- cieco totale (art. 2) comprende anche coloro che hanno un residuo binoculare peri-metrico inferiore al 3%,

- cieco parziale (art. 3) comprende anche coloro che hanno un residuo perimetricobinoculare inferiore al 10%,

- ipovedente grave comprende anche coloro che hanno un residuo perimetrico binocu-lare inferiore al 30%,

- ipovedente medio - grave comprende anche coloro che hanno un residuo perimetricobinoculare inferiore al 50%,

- ipovedente lieve comprende anche coloro che hanno un residuo perimetrico binocula-re inferiore al 60%.

Nella relazione tecnica di accompagnamento del Consiglio Superiore di Sanità allegataalla circolare applicativa del Ministero dell’Economia n. 464 del 19.11.04 è precisato cheper la valutazione percentuale del danno perimetrico è preferibile l’utilizzo della perime-tria computerizzata ed in particolare del programma diagnostico di Zingirian e Gandolfo.Per ultimo anche le “Tabelle delle menomazioni previste dall’art. n. 138 del D.lgs209/2005” (relative all’accertamento ed alla valutazione del danno biologico derivanteda circolazione di motori e natanti) nel capitolo relativo alle menomazioni dell’apparatovisivo hanno recepito le più recenti indicazioni scientifiche - normative esplicando che:

- la determinazione del campo visivo deve essere eseguito mediante perimetria compu-terizzata,

- la valutazione del deficit campimetrico deve essere confermata da ripetuti accerta-menti da eseguirsi lungo il decorso della patologia fino alla stabilizzazione dellalesione,

- la valutazione vada effettuata tenendo conto dei punti confluenti e non di quelli sin-goli attribuendo un valore differente a seconda del settore ove il deficit perimetrico èlocalizzato: per l’emicampo inferiore si attribuisce un valore di 1 per i difetti assolutie 0.5 per quelli relativi, per l’emicampo superiore un valore di 0.8 per i difetti assolutie 0.4 per i difetti relativi.

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Venendo ora al merito delle problematiche relative alla valutazione in ambito assicura-tivo sociale si osserva preliminarmente come certamente la vigente tabella delle meno-mazioni ex DM 12.7.2000 nell’allegato 3 parte B, ha avuto l’indubbio merito di intro-durre notevoli innovazioni procedurali e valutative nell’accertamento delle menomazio-ni del campo visivo.Allo stato dei più recenti contributi scientifici e dottrinari di cui s’è detto risulta oggi,però, inadeguata a fornire un preciso inquadramento medico legale di questo tipo dimenomazioni, soprattutto per quanto riguarda l’impatto funzionale che determinano.Infatti, ferma restando la scelta, uniformemente condivisa in ambito medico legale,dell’utilizzo della perimetria computerizzata come metodica di primo livello per lamisurazione del campo visivo, si precisa l’importanza che la valutazione del dannoperiferico tenga conto, non solo della capacità complessiva dell’esaminato di percepiregli stimoli luminosi proposti, bensì anche di definire in termini valutativi il settore cam-pimetrico interessato dalla lesione.Da un punto di vista funzionale, infatti, la zona del campo visivo più importante èquella posta tra i 5° ed i 30° di eccentricità: l’area posta entro i 5° è utile soprattutto perle capacità risolutive mentre quella oltre i 30° è più importante per la capacità di orien-tamento spaziale.

RIFERIMENTI CLINICI

La quantificazione del danno perimetrico in ambito INAIL ha sempre rappresentatoun problema di non facile soluzione sia per la non uniformità delle metodiche di indagi-ne utilizzate, sia per la difficoltà di tradurre in termini numerici un danno puramentesensoriale quale è il deficit perimetrico. Il D.L. 38/2000 ha consentito di affidarsi allaperimetria computerizzata per l’analisi del deficit perimetrico, rendendo inoltre piùagevole, ma soprattutto più uniforme, la traduzione numerica del danno funzionale.Persiste comunque per gli specialisti il problema di confrontarsi con una folta schiera diprogrammi computerizzati disponibili ed è lasciata all’esperienza ed alla scienzadell’oculista, nonché alla tipologia degli strumenti disponibili sul territorio, la scelta delprogramma da impiegare nell’analisi del deficit perimetrico. Naturalmente la scarsità diindicazioni in merito, contribuisce a sostenere la non uniformità della valutazione.Il campo visivo fornisce la mappa topografica dello spazio (la cosiddetta mappa visuotopi-ca), al centro della quale localizziamo mentalmente il nostro corpo, ed entro la quale pro-gettiamo le azioni e moduliamo i movimenti, inclusi i movimenti coniugati degli occhi.Nell’esplorazione dello spazio circostante, quello che abitualmente facciamo é regolarela posizione degli occhi sugli oggetti interessanti, che hanno segnalato la loro presenzain aree retiniche periferiche. Muoviamo gli occhi in modo che l’immagine dell’oggetto cada sulle due fovee, che lo fis-sano per meno di mezzo secondo per riconoscerlo. Immediatamente dopo, le fovee sonoattratte da altri segnali e puntate verso un’altra zona del campo visivo che è stata notataperché ha un contrasto differente, perché è in movimento o perché è interessante. Il meccanismo con cui il cervello ricostruisce il mondo circostante, avviene componen-do simultaneamente le informazioni che pervengono dal campo visivo (visione d’insie-me) e dalla sequenza delle fissazioni (visione dei particolari); in altre parole, la percezio-ne visiva si basa in buona parte su stimoli luminosi “mai fissati” dalle fovee ma che ori-ginano dalla retina periferica. Lo studio del campo visivo è da sempre stato oggetto di numerose ricerche e sperimenta-

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zioni che hanno portato alla realizzazione di programmi di perimetria computerizzataaltamente specifici e sensibili nell’individuare la sede, la profondità e le caratteristiche deideficit perimetrici derivanti da varie patologie oculari, nonché nell’individuare indici pre-dittiviti della sua evolutività, ed ad affrontare quindi l’aspetto clinico di tali patologie.Nell’ambito puramente valutativo che più ci compete, ciò che invece è rilevante è poterdisporre di programmi in grado di quantificare il danno perimetrico. Non è quindinecessario, né proficuo, avvalersi di metodiche d’indagine particolarmente sofisticate,ma che abbiano una strategia d’esame sufficientemente sensibile nel rilevare l’ampiezzae la sede del deficit, che possa identificare difetti assoluti e relativi e possa indicare laproporzione dei difetti rilevati; in pratica che consenta di applicare agevolmente la for-mula del danno oculare complessivo dell’all. 3 delle tabelle INAIL vigenti.

NOSOLOGIA DEL DANNO PERIMETRICO IN AMBITO INAIL

Trattando di patologia oculare lavorativa, un danno perimetrico può essere conseguen-za sia di eventi traumatici a carico del bulbo oculare, sia in seguito a lesioni del sistemanervoso centrale, come pure, anche se in misura meno rilevante, in ragione di esposizio-ne professionale a sostanze tossiche per il Sistema Nervoso Centrale.Di gran lunga più frequente è l’eziologia traumatica sia bulbare che cranica. I traumioculari possono determinare danni del campo visivo sia in seguito a contusioni direttedel bulbo stesso o in modo indiretto in caso di traumatismi fratturativi della cavitàorbitaria. I traumi cranici, soprattutto se fratturativi, possono ledere direttamente lavia visiva dai tratti ottici alla corteccia occipitale, ma essa può pure subire un’insultoischemico o compressivo secondario a lesioni cerebrali in altri distretti encefalici.Pertanto la patogenesi del danno perimetrico può essere quanto mai varia. Non volen-do addentrarsi nella fattispecie delle singole evenienze tramatiche, le modalità con le quali un trauma del sistema visivo può esitare in deficit perime-trico sono sintetizzate nello schema seguente (TAB. 1):

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Tabella 1

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Vi è da sottolineare che le otticopatie traumatiche possono determinare sia una riduzio-ne visiva anche grave per l’amputazione centrale del campo visivo, sia una sua riduzio-ne concentrica; nel primo caso il sintomo prevalente sarà rappresentato da una riduzio-ne dell’acutezza visiva, e di conseguenza la valutazione del danno farà riferimento atale parametro, nel secondo caso l’acutezza visiva è di solito conservata e pertanto ildanno emergente sarà perimetrico.Inoltre in tali specificità patologiche il danno del nervo ottico, e quindi perimetrico siinstaura repentinamente, può subire modificazioni migliorative da valutare nell’arco di12 mesi circa dal trauma, e giunge poi ad una stabilizzazione.In caso di glaucoma post-traumatico invece il danno perimetrico può non essere evi-denziabile inizialmente ma stabilirsi nel tempo; si impone pertanto in questi casi unperiodico controllo per evidenziare i danni emergenti. Dal punto di vista epidemiologico, purtroppo in bibliografia non sono presenti dati diprevalenza specifici. E stato recentemente istituito il Registro Italiano dei TraumiOculari (R.I.T.O) dal quale si auspica in futuro di poter trarre dati epidemiologici pre-ziosi anche con il contributo dell’INAIL; allo stato esistono solo dati generici di trau-matologia oculare desunti da casistiche locali. Da queste casistiche risulta che la fre-quenza delle otticopatie traumatiche da causa lavorativa sarebbe valutata nell’ordinedel 20% dei traumi oculari.

PROGRAMMI DI PERIMETRIA COMPUTERIZZATA DISPONIBILI

Come precedentemente accennato la gamma di programmi di perimetria computerizza-ta disponibile per l’oculista è veramente ampia, come dimostrato dalla seguente tabella(2) che illustra le strategie e le caratteristiche dei programmi per lo studio dei deficitperiferici, dei due perimetri più diffusi in ambito clinico:

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Tabella 2

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Tuttavia attenendosi strettamente a quanto viene richiesto dalla formula di calcolo deldanno oculare complessivo e cioè il computo dei punti visti, non visti e dei difetti relati-vi, la scelta si restringe significativamente. Nella mia esperienza ho trovato consono, visti i fini esclusivamente valutativi delnostro ambito, il programma Screening 120 punti, 3 zone del perimetro Humphrey.Tale perimetro è sicuramente quello più diffuso nella maggioranza delle ClinicheOculistiche italiane.In merito alle caratteristiche specifiche, ritengo che possa consentire una valutazioneattendibile per i seguenti motivi:

- il pattern dell’esame è costituito da 120 punti di esplorazione in un’area monocularecompresa fra 0-55°, quindi con discreta densità di punti esplorati ed altrettanto utileampiezza del campo visivo esplorato.

- La strategia soprasoglia tre zone consente appunto di rilevare i punti visti, i difettirelativi e quelli assoluti.

- La durata dell’esame è contenuta nell’ordine dei 10 minuti per occhio esaminato e lemodalità esecutive sono semplici, quindi consente di ottenere un significativo indicedi attendibilità anche in pazienti non ‘esperti’o collaboranti.

Dal punto di vista pratico c’è in effetti una certa indaginosità del calcolo dovuta anchealla necessità di trasformare in proporzione a base 100, necessaria al calcolo successivo,quella a base 120 fornita dal programma; tuttavia il problema pare superabile abba-stanza agevolmente.Si propongono qui di seguito due casi pratici:

1) Contusione bulbare OD del 1992 con otticopatia post-traumatica in infortunato di 29anni. Visto per revisione nel 2004; il quesito del medico legale riguardava la congruitàdella precedente valutazione (12%) effettuata sulla base di una perimetria manuale.

VOD: 9-10/10 nat.VOS: 10/10 nat.Eseguito campo visivo computerizzato programma Screening 120 punti tre livelli con iseguenti rilievi:OD(leso): punti visti 66/120

Difetto assoluto 48/120Difetto relativo 6/120

CALCOLO (difetto assoluto < 70%) Difetto assoluto 48x100/120= 40%Difetto relativo 6x100/120= 5%Danno oculare complessivo: (40x0.8) + (5x0.4)= 34%Danno biologico permanente: 34x 28/100= 9.5%

In conclusione il danno è stato confermato perché trattandosi di deficit perimetrico delcampo visivo inferiore, funzionalmente più importante, si è ritenuta comunque congruala valutazione del 12%.

2) Grave trauma cranico fratturativo e commotivo con lesioni cerebrali anche a livellodelle radiazioni ottiche con residua quadrantopsia bilaterale in soggetto di 28 anni.Visto per valutazione postumi permanenti relativi al danno visivo.

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VOD: 10/10 con correzione (già in uso precedentemente)VOS: 9-10/10 con correzione (già in uso precedentemente)Eseguito campo visivo computerizzato programma Screening 120 punti tre livelli con iseguenti rilievi: OD: punti visti 72/120Difetto assoluto 37/120Difetto relativo 11/120CALCOLO Difetto assoluto 37x100/120= 30.9%Difetto relativo 11x100/120= 9.1%Danno oculare complessivo OD: (30.9x0.8) + (9.1x0.4)= 28.3%

OS: punti visti 88/120Difetto assoluto 19/120Difetto relativo 13/120CALCOLO Difetto assoluto 19x100/1 20= 15.8%Difetto relativo 13x100/120= 10.8%Danno oculare complessivo OD: (15.8x0.8) + (10.8 x0.4)= 17.1%

Trattandosi di danno binoculare: (28.3% + 17.1%) /2 = 22.7%Danno biologico permanente: 22.7x85/100= 19.3%

IL CAMPO VISIVO BINOCULARE: RAZIONALE, BASI SCIENTIFICHE EDATTUALE APPLICAZIONE IN AMBITO INVALIDITÀCIVILE E CIECHI CIVILI

La valutazione del campo visivo binoculare è riconosciuta ormai da alcuni decennicome la più efficiente nella quantificazione del danno perimetrico; rappresenta la quan-tificazione che meglio esprime la funzione di visione d’insieme ed i suoi difetti in quan-to esistono meccanismi di compenso del deficit perimetrico sia a livello dell’organoperiferico che a livello centrale. E noto infatti che entro certi limiti aree mancanti delCV di un occhio possono essere efficacemente compensate da aree indenni dell’occhiocontrolaterale.In condizioni di binocularità poi si verifica la sommazione delle soglie che consente pre-stazioni visive migliori rispetto a quelle misurate monocularmente.A questi fenomeni oculari si aggiungono altri meccanismi corticali di tipo psicosenso-riale come il filling in, che consente, entro certil imiti, di colmare aree mancanti delcampo visivo.Come illustrato nella prima parte di questa relazione, in ambito d’invalidità civile edelle commisioni ciechi (legge 138/2001), tale tipo di valutazione è stata riconosciutacongrua dal Consiglio Superiore della Sanità e, dal novembre 2004, in seguito a pro-nunciamento del Ministero dell’Economia, il deficit perimetrico periferico valutatobinocularmente è stato equiparato al deficit di acutezza visiva, in termini di attribuzio-ne dei benefici economici ed assistenziali (TAB 3).

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Tabella 3

La normativa quindi, in base agli assunti scientifici, ha riconosciuto valida la quantifi-cazione della minorazione visiva perimetrica in base al concetto funzionale di campovisivo binoculare. Da ciò è quindi emersa la necessità di individuare programmi peri-metrici binoculari in grado non solo di rappresentare il risultato con un punteggio per-centuale ma che fossero anche il più possibile rappresentativi della reale disabilità visi-va vissuta dal paziente. A tale scopo è stata pure riconosciuta la validità scientifica e pratica di un programmaperimetrico binoculare ideato dal Prof. Enrico Gandolfo, massimo esperto italiano inperimetria recentemente scomparso, e dai suoi collaboratori.Tale programma detto CV% (fig.1) presenta un pattern di 100 punti distribuiti in mododa privilegiare le aree perimetriche più importanti dal punto di vista funzionale (CV para-centrale ed inferiore) e cioè quelle zone la cui integrità è fondamentale per assicurarel’autonomia nell’ambiente; infatti 60 punti sono situati nell’emicampo inferiore, 40 inquello superiore; 64 punti sono collocati tra i 5 ed i 30° e 36 in quello periferico (30-60°).In questo programma l’intensità dello stimolo è correlata alla classe d’età del pazienteed al gradiente fisiologico della sensibilità; la strategia è sopraliminare del tipo 3 zoneche consente la classificazione dei difetti perimetrici in assoluti e relativi.E’ un esame di rapida esecuzione e di agevole gestione anche con pazienti poco collabo-ranti.

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Figura 1

Il programma CV% fornisce la stampa del valore percentuale dei difetti relativi e diquelli assoluti; inoltre definisce come difetto relativo i punti visti con stimolo massimaleed assegna ad essi un punteggio di 0.5; i punti non visti hanno valore 0 e quelli visti conlo stimolo appena sopraliminare hanno valore 1. Il calcolo del residuo perimetrico per-centuale, come richiesto dalla legge, risulta quindi di agevole esecuzione.Il programma CV% quindi, presenta requisiti formali ed esecutivi tali da renderloconforme a quanto previsto dalla legge 138/2001; la sua validità ha trovato riscontro inalcuni studi effettuati su pazienti affetti da ipovisione periferica ed in essi ha mostratoefficacia nel quantificare il danno perimetrico in modo rispondente alla reale disabilitàdei pazienti con deficit perimetrico periferico.Dal punto di vista pratico il calcolo del danno biologico derivante da deficit perimetri-co periferico, dovrebbe quindi essere condotto considerando sempre il fattore 85 (rela-tivo al valore della perdita dei due occhi) e non il 28, in quanto l’esame viene condottoin condizioni di binocularità.

CONCLUSIONI

Le indicazioni operative e di legge attualmente disponibili, per quanto abbiano appor-tato un significativo contributo prima di tutto nel riconoscimento come entità nosolo-gica e poi nella quantificazione del deficit perimetrico (D.L.38/2000, L.138/2001, tabelleex art. n.138 del D.lgs 209/2005), presentano ancora alcuni punti di discussione.E’ del tutto condivisibile il fatto che se già è arduo poter tradurre in termini percentualiun qualsiasi deficit motorio, in modo che tale valutazione sia il più possibile risponden-

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te alla reale disabilità vissuta dal paziente, forse ancora più arduo è tale compito quan-do ci si confronta con danni sensoriali.Grazie ai riferimenti normativi illustrati nella prima parte di questa relazione, l’atten-zione al problema è stata sollecitata con contributi rilevanti:

- Il D.L. 38/2000 sottolinea la necessità di una quantificazione percentuale, assegnan-do coefficienti diversi a seconda dell’entità del deficit perimetrico (punti non visti >o< di 70%).

- L’art 138 del Decreto Legislativo n. 209/2005 pone in rilievo la sede del deficit stesso(campo visivo superiore o inferiore) con attribuzione di valore diverso al deficit inbase alla sua sede.

- La legge 138/2001 ha riconosciuto la disabilità perimetrica come entità nosologica,l’ha equiparata alle minorazioni dell’acutezza visiva in termini valutativi e di attribu-zione dei benefici economici ed assistenziali in ambito invalidità civile ed ha ritenutoscientificamente valida la valutazione binoculare del deficit perimetrico.

In pratica ogni ambito propone un criterio e tutti sono indubbiamente validi in parimisura.Si ritiene quindi, nell’intento di perseguire l’obiettivo di giungere a criteri di quantifica-zione scientificamente validi, rispondenti alla reale disabilità ma soprattutto uniformi,che sia veramente importante elaborare una sintesi.Volendo esprimere un’ipotesi di lavoro, il deficit perimetrico potrebbe essere valutatobinocularmente attribuendo coefficienti maggiori ai deficit localizzati nei settori piùnobili del CV (inferiore e paracentrale), eventualmente differenziando i deficit perime-trici più ampi (punti non visti 70%) da quelli meno estesi.

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LE NUOVE TECNICHE DI INDAGINE OFTALMOLOGICHE: UN VALIDO CONTRIBUTO NELL’ITER DIAGNOSTICO-VALUTATIVO DELLE PATOLOGIE DEL SEGMENTO POSTERIORE

M. TALONI*, R. MIGLIORINI**

* OFTALMOLOGO - AZIENDA OSPEDALIERA S. CAMILLO - FORLANINI ROMA

** OFTALMOLOGO, MEDICO-LEGALE - COORDINAMENTO GENERALE MEDICO-LEGALE INPS

Diagnosi è un termine greco che significa “riconoscimento, discernimento, distinzione”ma anche “valutazione, decisione”. Tale concetto trova la sua piena espressione anche nelpercorso da seguire in ambito medico-legale dove alla finalità diagnostico-terapeutico-prognostica, propria della clinica, si sostituisce il giudizio valutativo quali - quantitativo.Tale obiettivo si raggiunge attuando una attenta analisi degli elementi che emergono dauna esaustiva anamnesi, da un accurato esame obiettivo e da un attento esame di tutti gliaccertamenti clinico-strumentali che devono essere utili e non ripetitivi, non invasivi népericolosi , non essendo propedeutici ad un trattamento terapeutico1. L’utilità clinica di un test si basa su parametri, spesso convergenti:

1) conoscenze fisiopatologiche; 2) valutazione della sensibilità, specificità e valore predittivo di un accertamento in

rapporto alla incidenza della patologia nella popolazione esaminata; 3) conoscenza delle linee guida diagnostico-valutative elaborate dalle principali società

scientifiche 4) conoscenza dei rischi e delle controindicazioni.

Il raggiungimento di un modello diagnostico adeguatamente circostanziato, consentiràdi esprimere un giudizio medico-legale completo, in cui si tenga conto delle concreteprospettive evolutive dei diversi quadri patologici anche in relazione alle terapie. Infattila metodologia medico-legale che è condizionata dall’istituto della prova e perciò èrigorosamente obiettiva dovrà essere assolutamente aderente alla realtà dei dati clinici estrumentali rilevati. Inoltre la valutazione di essi al fine del giudizio medico-legale dovrà fondarsi su moti-vazioni logiche e plausibili che tengano conto dell’anamnesi, dell’esame obiettivo, delladocumentazione medica e dell’analisi degli accertamenti strumentali, alla luce delleconoscenze scientifiche più moderne e, conseguentemente, di quali siano i comporta-menti più appropriati nelle specifiche circostanze2. Ciò vale in qualsiasi ambito giuridi-co, ove ci troviamo ad operare.

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1 M. PICCIONI, M.L. CRISAFULLI. Il consenso informato nella diagnostica specialistica a fini medico-legali. In Rassegna di Medicina Legale Previdenziale, Supplemento al n. 3/2002, Anno XV, Atti ComitatoTecnico-Scientifico.2 M.PICCIONI , G BILOTTA, F ANTONELLI. Valutazione anatomo-funzionale del danno linee guidainternazionali Jura Medica,maggio 2002-anno XV, n. 2.

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Orbene non sempre è facile tradurre medico-legalmente la menomazione del soggettospecialmente nell’ambito di malattie che colpiscono il senso visivo, persino in un campoad alto contenuto tecnologico come quello dell’oftalmologia. All’uopo l’esempio piùcalzante è rappresentato dalla semeiotica strumentale del segmento posteriore: infattil’oftalmoscopia indiretta, la biomicroscopia con lampada a fessura e la fluorangiogra-fia retinica sono tecniche da lungo tempo utilizzate con successo nella diagnostica dellealterazioni coroideali, retiniche e del nervo ottico.Peraltro negli ultimi anni si sono rese disponibili una serie di tecniche di imaging chehanno determinato un importante miglioramento delle conoscenze anatomiche e fisio-patologiche di tali strutture anatomiche.Tra queste vanno considerate OCT, GDx e HRT che, per la loro diffusione, affidabilità eriproducibilità dei dati, hanno assunto una notevole importanza per la loro diffusione.La tomografia a coerenza ottica3 (OCT) è una tecnica diagnostica che consente, graziealle sue peculiari caratteristiche, lo studio morfologico in vivo ed in sezione delle strut-ture del polo posteriore del bulbo oculare, senza alcun contatto con l’occhio.Si tratta, infatti, di una tecnica non invasiva che non prevede l’uso di mezzi di contrasto(come avviene nella fluorangiografia retinica).Il funzionamento di questo strumento è basato su una particolare tecnica di misurazio-ne ottica: l’interferometria a bassa coerenza. Questa tecnica di misurazione presentaaspetti in comune con l’ecografia, ma a differenza di questa ultima utilizza la velocitàdella luce che è infinitamente superiore a quella del suono impiegata nell’ecografia.Questo rende ragione del maggior potere di risoluzione (10 micron) dell’OCT rispettoagli ultrasuoni (100-150 micron).L’interferometria confronta due fasci di luce di lunghezza d’onda pari a 820 nm, unoriflesso dai diversi strati retinici e l’altro riflesso da uno specchio di riferimento postoad una distanza nota. L’OCT rileva ed elabora i tempi di propagazione dell’eco di luceriflessa dalla struttura retinica, i dati adeguatamente processati vengono presentatibidimensionalmente in scala di grigi od in falsi colori.La tomografia a coerenza ottica è impiegata nella valutazione della struttura retinica emaculare e nello studio dei rapporti vitreo- retinici. E’ particolarmente utile nello studio dei fori maculari, delle trazioni vitreoretiniche(membrane epiretiniche, pucker maculare), nelle distrofie maculari (degenerazionemaculare senile), nell’edema maculare della retinopatia diabetica o dei disturbi circola-tori retinici, nelle patologie infiammatorie corioretiniche e nella traumatologia retinica.Inoltre è utilizzata nella misurazione dello spessore dello strato delle fibre nervose reti-niche, per una valutazione del danno anatomico nella patologia glaucomatosa.L’interpretazione dei risultati è basato sull’analisi dei protocolli previsti.All’analisi morfologica-qualitativa (rappresentazione bidimensionale in falsi colori) siassocia un’analisi quantitativa della retina (valutazione dei diametri verticali ed oriz-zontali delle diverse strutture esaminate), che consente un più agevole studio delle pato-logie del segmento posteriore, non solo per quanto riguarda la diagnosi ma anche esoprattutto per il follow up e per una corretta valutazione prognostica.La misura dello spessore maculare é fondamentale nella valutazione dell’edema macu-lare, della degenerazione maculare senile, dei fori e pseudofori maculari e di tutte quellepatologie che possono indurre una consistente e significativa diminuzione dell’acutezzavisiva. Si tratta quindi di un esame di rilievo ai fini medico-legali, in quanto fornisce

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3 C. SCASSA ,G. RIPANDELLI. Tomografia a coerenza ottica Dall’interpretazione alla Diagnosi. EditoreI.N.C Roma novembre 2005.

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una valutazione quantitativa e oggettiva di un danno funzionale (acutezzavisiva,campo visivo) su base necessariamente soggettiva. Un altro strumento che misura lo strato delle fibre nervose retiniche è il GDx, polari-metro a scansione laser che sfrutta la birifrangenza delle fibre nervose retiniche4.L’apparecchio proietta sulle fibre nervose retiniche un raggio di luce laser di 780 nm,che, in virtù della peculiare birifrangenza delle fibre nervose viene polarizzato e si divi-de in due distinti raggi che viaggiano ad una diversa velocità. La differenza di velocitàtra i due raggi riflessi risulterà essere direttamente proporzionale allo spessore dellostrato del tessuto attraversato e ci fornirà, quindi, in maniera indiretta, la misura dellospessore dello strato delle fibre nervose retiniche. Dall’analisi dei dati registrati vengono calcolati una serie di parametri rappresentatigraficamente o sotto forma di numeri.I parametri espressi graficamente (TSNIT e RFNL Thickness Map) rappresentano, set-tore per settore, i valori dello spessore dello strato delle fibre nervose retiniche delpaziente esaminato, valutati sulla base di un database normativo di riferimento.Vengono, inoltre, forniti una serie di parametri numerici, tra i quali il più significativo èil Nerve Fiber Indicator (NFI). Tale parametro viene espresso con un valore compresotra 0 e 100: più alto è il suo valore maggiore è la probabilità che l’occhio in esame siaaffetto da glaucoma.Tale strumento ci consente, quindi, di valutare lo strato delle fibre nervose retiniche,che sappiamo essere la sede dell’iniziale danno anatomico nel glaucoma, precedendoanche di anni la riduzione della sensibilità retinica misurabile con l’esame del campovisivo.L’HRT5 (Heidelberg Retina Tomograph) è un oftalmoscopio laser a scansione confo-cale che utilizza una luce laser con lunghezza d’onda di 675 micron. Lo strumento ana-lizza tridimensionalmente la papilla ottica e la retina peripapillare fornendo dati topo-grafici, volumetrici e morfologici.Il raggio laser viene focalizzato ed opportunamente deviato da specchi oscillanti inmodo da scannerizzare un settore di retina alla volta. La luce riflessa viene misurata,punto per punto, da un rilevatore di luce così da determinare un’immagine bidimensio-nale della retina esaminata, rappresentando una sezione ottica all’altezza del piano dimessa a fuoco. Lo strumento acquisisce una serie di immagini -sezioni ottiche- utiliz-zando diversi piani focali, al fine da realizzare un’immagine tridimensionale stratifica-ta. Questa tecnica che consente di ottenere immagini tridimensionali viene definita“tomografia a scansione laser”. Il computer elabora l’altezza della superficie della reti-na per ogni punto esaminato in modo da ottenere un’immagine topografica che contie-ne le informazioni relative alla forma spaziale della superficie retinica.Lo strumento consente l’elaborazione di una serie di parametri globali e relativi ai seisettori nei quali viene suddivisa la papilla.Di particolare rilevanza clinica sono: disk area, cup/disk area ratio, rim area, rim volu-me e cup shape measure.I parametri possono essere mostrati singolarmente o come dati medi e confrontati stati-

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4 REUS N,COLEN T, LEMILJ H, Visualization of localized retinal nerve fiber layer defects with GDxwth,individualized and with fixed compensation of anterior segment birefringence. Ophthalmology 2003110:1512 -16.5 HEIDELBERG Retina Tomograph. Operating instructions Software version 3.0Heidelberg Engineering GmBh; 2003.

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sticamente nel tempo, in modo da valutare un eventuale peggioramento al livello dellapapilla ottica. GDx e HRT, utilizzati per lo studio della papilla ottica e per la valutazione dello stratodelle fibre nervose retiniche, rappresentano esami strumentali di indiscutibile valorediagnostico nell’ambito della patologia glaucomatosa e delle otticopatie in generale(tossiche dismetaboliche, post-traumatiche etc..), in quanto consentono di evidenziareun danno anatomico anche molti anni prima della comparsa di un danno funzionale(del campo visivo), in particolar modo nella patologia glaucomatosa6.OCT, GDx e HRT sono quindi esami sofisticati, che rappresentano un miglioramentodelle tecniche strumentali fin qui disponibili. Si tratta, indubbiamente, di apparecchi non sempre accessibili (ridotta disponibilità ecosto elevato) ma di semplice uso, di agevole interpretazione e, soprattutto, favorevol-mente accolti dal paziente per la non- invasività. Con questi strumenti valutiamo il danno anatomico, che deve essere sempre correlatoal danno funzionale (vedi ad esempio il campo visivo)7.Infatti è noto come nell’ambito dei disturbi “sensoriali” spesso sia complesso ottenereun evidente riscontro tra alterazioni strutturali e modificazioni funzionali; ciò al fine dichiarire la visione diagnostica e prognostica e conseguentemente di ottimizzare ilnostro giudizio medico-legale.In sintesi questi esami possono fornire un valido aiuto ogni qual volta sia necessario

disporre di un dato oggettivo, con l’obiettivo di confutare un’ipotesi derivante da undato soggettivo funzionale. Tale semeiotica strumentale ci fornisce le informazionimorfologiche che costituiscono il necessario complemento della valutazione funzionalesempre nell’ambito di un completo, accurato ed insopprimibile raccordo con l’aspettoclinico- anamnestico. A tal fine è doveroso sottolineare che la tecnologia di per se stessa è un mezzo e non unfine e non ci dovremmo mai far sedurre da immagini colorate prodotte da sistemi com-plessi.

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6 REUS N,LEMILJ H, Scanning.Laser polarimetry of the retinal nerve fiber layer in perimetrically unaffec-ted eyes of glaucoma patients . Ophthalmology 2004 111: 2199-203.7 REUS N,LEMILJ H,The relationship between standard automatic perimetry and GDx VCC measure-ments Invest Ophthalmol Vis Sci 2004; 45:840-5.

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VALUTAZIONE MEDICO-LEGALE DELLE DISFONIE IN AMBITO INAIL

L. MACI*, A.M. STASI**

* CONSULENTE O.R.L. CENTRI MEDICO-LEGALI INAIL BRINDISI, LECCE, TARANTO

** DIRIGENTE MEDICO I LIVELLO CENTRO MEDICO-LEGALE INAIL TARANTO

INTRODUZIONE

Dal punto di vista fisico la voce è l’espressione del suono, prodotto dalla vibrazionedelle corde vocali e modificato dall’azione delle “cavità di risonanza” con valenzainformativa o comunicativa.Per produrre la voce è necessaria l’interazione funzionale di organi appartenenti a dif-ferenti sistemi corporei. Questo insieme ha preso impropriamente il nome di “apparatofonatorio”, espressione ormai da tutti accettata e di uso corrente, che non esiste comeunità fisica ma che deve funzionare in maniera armonica.La voce segue parallelamente lo sviluppo organico dell’individuo. Quando l’armoniadei muscoli interessati è mantenuta si ottiene un suono detto “di qualità” per chi ascol-ta e che è prodotto senza difficoltà o disagio da parte di chi parla: “eufonia” si definisceil corretto trasmettere di un messaggio vocale. Al contrario, quando i parametri minimidi armonia e comfort non sono rispettati e la voce non riesce a completare il suo per-corso di base per trasmettere il messaggio verbale ed emozionale dell’individuo, ci tro-viamo di fronte ad una “disfonia”.La voce rappresenta lo strumento di comunicazione umana per eccellenza. Qualsiasialterazione sia quantitativa sia qualitativa comporta significative ripercussioni sullacapacità relazionale, ivi compresa quindi quella lavorativa, del soggetto colpito.Sebbene statisticamente non frequente, l’accertamento medico-legale delle disfonieappare sempre molto impegnativo sia dal punto di vista clinico sia soprattutto perl’apprezzabilità e successivamente per la quantificazione del danno. (6,16).La vigente normativa sul danno biologico individua le Voci 325 e 326 per la regola-mentazione della materia, che, pur non rispondendo completamente alla complessitàdelle patologie ed al tumultuoso progredire delle indagini strumentali foniatriche, hail difficile onere di coniugare la realtà di un handicap e di una disability, mutuando laterminologia anglosassone, così invalidante nell’accezione e nello spirito del dannobiologico.Molto spesso ,specie in casi di fratture laringee importanti, alla disfonia possono asso-ciarsi dispnea e/o disfagia.Il DM 27 aprile 2004 ha inserito nella lista II (malattie la cui origine lavorativa è dilimitata probabilità) al gruppo 2 (malattie da agenti fisici) punto 04 “sforzi prolungatidelle corde vocali “.L’elaborato si propone prima di tutto d’inquadrare il momento clinico delle disfoniecon un panorama delle indagini strumentali aggiornate, descrivendo anche la comples-

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sità di un organico indirizzo classificativo a tutt’oggi non omogeneo, pur in presenza dinumerosissimi barèmes di varie ed autorevoli Scuole foniatriche.In seconda istanza verrà rimarcato l’impegno del medico legale di tradurre le risultanzedello specialista in una quantificazione alla luce di accezioni spesso labili e spesso dinon univoca interpretazione.Sarà infinite formulato l’auspicio di rivedere, magari aggiungendo altre Voci, l’attualeregolamentazione della materia, che deve essere semplificata, chiara e al passo con iprogressi dell’attuale scienza foniatrica.

RIASSUNTO

La valutazione medico-legale delle disfonie in ambito INAIL, alla luce delle tematicheapportate dalla vigente normativa in materia di danno biologico, pone interessanti ecomplesse questioni sull’apprezzabilità del danno e sulla successiva quantificazione. Lospecialista O.R.L. ha il compito, dopo un adeguato iter clinico-strumentale, di inqua-drare correttamente la patologia denunciata e di supportare adeguatamente il collegamedico-legale nelle sue valutazioni.Parole chiave: disfonia - INAIL - voce - laringe - danno biologico

ASPETTI CLINICI

La disfonia è una alterazione qualitativa e/o quantitativa della voce parlata che conse-gue ad una modificazione strutturale e/o funzionale di uno o più organi coinvolti nellasua produzione o ad unainadeguatezza delle relazioni dinamiche fra le diverse componenti dell’apparato pneu-mo-fonatorio. (18)La complessità sintomatologica, che rende sicuramente più adeguata la definizione di“sindrome disfonica” è caratterizzata da segni oggettivi, di tipo acustico (alterazioni diintensità, frequenza, timbro, tessitura), clinico (ispettivi; endoscopici: morfologici edinamici), e/o soggettivi, di tipo fisico (fonastenia, parestesie faringo-laringee), psicolo-gico (sensazione di sgradevolezza od inadeguatezza della propria voce), saltuariamenteo costantemente presenti, in tutte o solo in particolari situazioni comunicative.Le strutture anatomiche essenziali per generare il prodotto acustico vocale (suonoperiodico complesso) sono: il mantice polmonare, che genera la corrente aerea espira-toria e deve fornire flussi e pressioni adeguati; la laringe che attraverso la vibrazione(componente bio-meccanica) e l’ondulazione della mucosa (effetto Bernoulli) general’energia sonora; le cavità sopraglottiche che modificando volumi, forma e caratteristi-che di risonanza delle pareti sono in grado di influenzare la distribuzione dell’energianello spettro vocale. Su questi effettori periferici il sistema nervoso con diversi livelli dicoinvolgimento in rapporto ai vari aspetti della produzione vocale esercita una funzio-ne di programmazione, attivazione e controllo.Qualsiasi alterazione anatomica o funzionale di questi molteplici distretti determina undisordine vocale.A tuttora non esistono razionali classificazioni ed elencazioni dei quadri clinici delledisfonie. (15)Rosen sostiene che “non è ancora stato sviluppato un dizionario sistematico dei terminirelativi alle alterazioni della voce in rapporto ai miglioramenti delle misure ed allo svi-

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luppo di standards. Non esiste quindi una nomenclatura standardizzata riguardante lealterazioni della voce e le condizioni patologiche delle corde vocali”.È inoltre necessario definire le modalità per il riconoscimento e la diagnosi dei vari tipidi disturbo vocale utilizzando indagini il più possibile obiettive e tecnologie non ecces-sivamente sofisticate e quindi disponibili dalla maggioranza degli addetti ai lavori(7,14). Fra i numerosi strumenti a disposizione segnaliamo come essenziali: anamnesi evalutazione delle modalità e del contesto d’uso della voce, videostrobolaringoscopiacon registrazione delle immagini utilizzando fibroscopi rigidi (ottimale definizione dellelesioni organiche) e flessibili (indispensabili per cogliere gli atteggiamenti muscolo-ten-sivi della laringe ed eventuali disturbi deglutitori associati alla disfonia), analisi elet-troacustica (M.D.V.P., fonetogramma), indici aerodinamici (T.M.F., Q.F.).In alcuni casi di immobilità laringea può essere indispensabile, per una diagnosi diffe-renziale, l’elettromiografia e talvolta per confermare il sospetto di una patologia dareflusso gastro-esofageo una ph-metria ed un’esofagogastroscopia.È sicuramente più utile da un punto di vista pratico una classificazione che prevedadisfonie organiche (sono presenti alterazioni morfologiche o neuromuscolari di uno opiù organi od apparati implicati nella produzione e nel controllo della voce) e disfonienon organiche o funzionali (assenza di lesioni e di turbe motorie) (8,17,19).Un sistema di semplice applicazione nella valutazione della voce è la scala cosiddettaGRBAS (Hirano, 1981) che prende in esame cinque parametri qualitativi quali:

1. il grado generale di disfonia (G dall’inglese GRADE) cioè il grado di anormalitàdel-la voce;

2. la raucedine (R da ROUGHNESS) rappresenta l’impressione psicoacustica dell’irre-golarità nella vibrazione delle corde vocali;

3. la voce più o meno soffiata (B da BREATHY) che indica l’estensione di fuga d’ariaattraverso la glottide;

4. la voce più o meno astenica (A da ASTHENIC) cioè la debolezza o la mancanza diforza nella voce che spesso si correla a debole intensità nella sorgente glottica e man-canza di armoniche nelle frequenze acute;

5. la voce più o meno strozzata (S da STRAINED) che rappresenta l’impressione psi-coacustica degli stati iperfunzionali di fonazione, caratterizzati da elevata frequenzafondamentale, rumore e ricchezza di armoniche nelle frequenze acute.

Recentemente è stato introdotto un sesto parametro: I dall’inglese INSTABILITY chefornisce indicazioni sulla stabilità nel tempo della funzionalità vocale.La valutazione clinica della voce si articola in quattro punti fondamentali:

1) anamnesi ed autovalutazione, 2) valutazione percettiva 3) valutazione per immaginie 4) analisi elettroacustica.

È quindi evidente che la valutazione percettiva rappresenta un momento che non puòessere disatteso e per il quale si deve disporre di strumenti di sufficiente validità e affi-dabilità.La valutazione percettiva può essere definita come quell’insieme di procedure chefanno riferimento alle abilità del clinico indipendentemente da misurazioni strumentali.Ad essa si deve ricorrere ogniqualvolta ci si trovi a valutare la voce di un paziente e per-tanto deve potersi applicare sia alle condizioni di eufonia (nelle voci parlata, cantata eurlata) sia a quelle di disfonia.

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L’utilizzo della valutazione percettiva può essere plurimo: diagnostico; di valutazione;in itinere; come strumento per studi di outcome ed efficacia; come sistema di comunica-zione valida, efficace e ed efficiente fra operatori diversi.Uno fra i problemi di maggior rilievo nella valutazione percettiva della voce è la man-canza di una terminologia universalmente accettata. Le lesioni traumatiche della laringe comprendono un insieme piuttosto eterogeneo diquadri clinici di differente eziopatogenesi e gravità; essi comportano alterazioni più omeno marcate dell’anatomia e delle funzioni della laringe tra le quali la difficoltà respi-ratoria può rappresentare l’aspetto prioritario, da trattare in maniera efficace e tempe-stiva; nella maggior parte delle situazioni le alterazioni della funzione fonatoria rappre-sentano comunque un elemento pressoché costante che va sempre tenuto in debita con-siderazione per evitare esiti invalidanti che possono condizionare sensibilmente la qua-lità della vita del paziente.Tradizionalmente vengono distinte tre entità nosografiche: traumi esterni, traumi iatro-geni e traumi vocali.I traumi esterni della laringe possono essere suddivisi secondo differenti criteri classifi-cativi:

1. modalità dell’evento traumatico: traumi aperti e chiusi;2. sede laringea del danno: sopraglottica, glottica, sottoglottica, mista;3. struttura anatomica coinvolta: osso ioide, cartilagine tiroide, cricoide, aritenoide,

legamenti ecc.;4. gravità del trauma: per i traumi chiusi sono state proposte diverse classificazioni in

base alla gravità delle lesioni.

Ai fini pratici la classificazione più utile è quella che distingue i traumi aperti da quellichiusi. Sulla base delle lesioni riscontrate sono state proposte classificazioni in stadi digravità, cui corrispondono differenti modalità di trattamento. La più utilizzata è laclassificazione di Schaefer, modificata da Fuhrman:

- Stadio I: ematoma o lacerazioni endolaringee minori; assenza di frattura laringeadimostrabile e minima alterazione del lume respiratorio.

- Stadio II: edema, ematoma o lesioni mucose minori, senza esposizione endoluminaledella cartilagine; fratture laringee non scomposte, alterazioni del lume respiratorio divario grado.

- Stadio III: edema massivo, lacerazioni mucose importanti, esposizione endo-VIluminale della cartilagine, fratture scomposte, paralisi cordale, alterazione dellume respiratorio di vario grado.

- Stadio IV: lesioni come allo stadio III, con rottura anteriore del laringe o frattureinstabili.

- Stadio V: disinserzione laringo-tracheale.

La comunicazione verbale, sebbene risponda a ben precisi vincoli organici, notoria-mente risente non solo della reciproca coordinazione tra le varie strutture pneumofo-noarticolatorie ma anche di quella esistente tra queste ed i complessi meccanismi dimodulazione centrale, che, quantunque non del tutto conosciuti nelle loro intimemodalità funzionali, possono tuttavia considerarsi ben difficilmente scindibili dallecomponenti emotive, le quali quindi possono così condizionare in modo assai rilevantel’atto fonatorio, anche in assenza di una specifica volontà in tal senso dell’esaminando.

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Occorre pertanto valutare:

- validità, soddisfatta esclusivamente dall’indagine che sia non solo adeguata alle suestesse finalità ma rispettosa anche di ogni disposto procedurale o deontologico;

- verificabilità, sinonimo di accettabilità, controllabilità e provabilità;- attendibilità, derivante dalla correttezza dell’accertamento, tanto più affidabile e cre-

dibile quanto maggiore sia stata la capacità dell’esaminatore di individuare l’obietti-va realtà, indipendentemente dal grado di collaborazione offerto dal soggetto esami-nato;

- completezza, che può considerarsi raggiunta solo quando il medico sia , sulla scortadelle risultanze emerse dalla propria attività , in grado di comprendere appieno ilsignificato delle varie problematiche inerenti il caso indagato e sia in grado altresì diindividuarne gli elementi clinici più utili a risolverlo e consentirgli di rispondere cor-rettamente ai quesiti propostigli.

La disfonia può manifestarsi sia bruscamente e in evidente rapporto cronologico coneventi traumatici (quali interventi chirurgici o intubazioni endotracheali) sia insidiosa-mente e senza apparente nesso cronologico e/o causale con circostanze chiaramenteindividuabili come lesive da parte dell’esaminando, quali ad esempio le infezioni alle vierespiratorie superiori, l’aumento delle prestazioni vocali, l’uso di farmaci, la presenza direflusso gastro-esofageo o malattie neurologiche, endocrine, autoimmuni, allergiche,psichiatriche e neoplastiche.In ambito di Medicina del Lavoro(1) Calcinoni (4) riporta una classificazione dellesostanze, che possono provocare disturbi faringolaringei:

Sostanze Lesioni faringolaringee.

Arsenico paralisi laringee monossido d’azoto e biossido d’azoto minima irritazioneprime vie aereebenzolo e derivati mucose buccofaringee tumefatte, cianotiche, con lesioni simili alloscorbuto nei casi più gravi bromo irritante prime vie aeree; edema e spasmo glottidecaustici: prevalenza pressochè totale di infortuni per ingestione accidentale con lesioneacuta e vari gradi di necrosi: sono lesioni che variano da soggetto a soggetto, possonodare cronicizzazioni, come pure complicanze funzionali e settiche cloro irritante primevie aeree cromo rinofaringite; faringo-laringo-tracheiti; ulcere laringee e cordali fosforolesioni del mascellare e in particolare della mandibola (necrosi osteomielitica paraden-taria da fosforo bianco, ora rarissima); faringite cronica catarrale ribelle, specie sevapori acido solforico associati a fosforo iodio irritante prime vie aeree manganese nelperiodo intermedio del manganismo si descrive comparsa di disturbi del linguaggio convoce monotona e lenta (bradilalia) mercurio stomatite, faringite (mucosa per lo più pal-lida con zone iperemiche alternate a zone bluastre), solo talora ulceronecrotica osmioirritante prime vie aeree piombo e composti stomatite con lesioni gengivali (saturni-smo) faringolaringite e/o tracheite catarrali, parotite da saturnismo, angina pseudodif-terica, paralisi laringee (rare) polveri cemento, porcellana, carbone faringolaringite cro-nica polveri metalliche faringolaringite cronica polveri vegetali (farine o tessuti) farin-golaringite allergica rame paralisi laringee selenio irritante prime vie aeree (ossicloruroè un vescicante) titanio irritante prime vie aeree vanadio irritante prime vie aeree (resi-duo della combustione della nafta) cloruro di zinco caustico sulle vie aeree

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La disfonia inoltre può discendere da situazioni psicologiche non volontariamentemantenute dall’esaminando.L’accertamento e l’apprezzabilità del danno foniatrico possono essere verificate attra-verso il “minimal set of basicrequirements” incluso nelle linee guida formulate dalCommittee on Phoniatrics della European Laryngological Society.Occorre ricordare sia “il problema delle unità di misura e della valutazione della voce”sia la suddivisione che individua come “oggettive” (cioè espresse in dati numerici, senzainterpretazione dell’esaminatore) l’analisi acustica multiparametrica della voce, il fone-togramma e gli indici aerodinamici, “semioggettive” (implicanti cioè un certo grado disoggettività nella valutazione da parte dell’esaminatore) la spettrografia e la videolarin-gostroboscopia e “soggettive”, per definizione, le valutazioni percettive della voce(20,21,22).Solo la corretta esecuzione standardizzata di ogni singolo “step” diagnostico consentedi potere ritenere attendibili le risultanze conseguite anche in ambito medico- legale, nelquale comunque permane inalterata, analogamente a quanto avviene in quello clinico,la necessità di una valutazione multiparametrica, cioè non limitata ad una singola inda-gine della voce.Primo atto dell’indagine è sicuramente la valutazione morfologica della laringe, daeffettuarsi preferibilmente, così come risulta in letteratura, mediante videolaringostro-boscopia, che riduce enormemente i limiti diagnostici e le interpretazioni soggettivegravanti invece sulla visione in laringoscopia indiretta.In particolare ancora, proprio la videolaringostroboscopia con fibra ottica rigida a 70°e 90° è in generale preferibile alla valutazione mediante endoscopia con ottica flessibilee luce alogena fissa che, pure potendosi attuare in condizioni più fisiologiche (nonnecessitando dell’estrusione della lingua) e pur essendo comunque utile ad indagaregrossolanamente la motilità globale del distretto ipofaringo-laringeo, fornisce comun-que immagini meno grandi e definite, quindi non in grado di evidenziare dettagli quali-quantitativi sul movimento e sulla vibrazione cordale, quali quelle invece ottenibilidalla videolaringostroboscopia stessa, della quale, peraltro, del tutto recentemente,sono state proposte modalità attuative con fibre ottiche flessibili, proprio al fine di ren-derla più tollerabile da parte del soggetto e ottenere una valutazione della vibrazionecordale in condizioni assai più vicine a quelle fisiologiche.Anche la possibilità di archiviare le immagini offerta dalla videolaringostroboscopia è,al pari delle registrazione vocale, di grande importanza pratica nell’esecuzione di inda-gini medico legali, permettendo essa non solo di fissare visivamente situazioni che pos-sono essere radicalmente modificate da interventi correttivi, ma anche loro successiverevisioni consultive.Venendo ora alla considerazione della valutazione percettiva delle caratteristiche vocali(cioè dei parametri acustici quali l’altezza, l’intensità, il timbro, la durata e la capacitàvocale), tra i vari metodi a tal fine proposti quello attualmente più utilizzato è ilG.I.R.B.A.S.,originariamente proposto da Hirano e successivamente ripreso ed aggior-nato da altri Autori, la cui corretta attuazione richiede la valutazione della voce (equindi della disfonia intesa come “hoarseness”, cioè raucedine) da parte di almeno dueesperti (solitamente un foniatra/O.R.L. ed un tecnico logopedista), mediante il ricorsoad una griglia di sei parametri (Grade, Instability, Roughness, Breathiness,Asthenicity, Strain) graduati quantitativamente in scala da 0 a 3, in accertamenti medi-co legali, in quanto riconosciuti come assai affidabili e scarsamente condizionabili dallasoggettività percettiva.Tra le indagini diagnostiche obiettive o semi-obiettive, particolare rilievo pratico assu-

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me quella quali-quantitativa spettrografica, in relazione al rapporto fra le intensitàdelle componenti di rumore e di quelle armoniche in diverse regioni di frequenza, inquattro classi: tale classificazione è stata riproposta anche di recente, pur se parzial-mente mutata nei parametri di riferimento, al fine di essere utilizzata sulla base dellasola vocale “ a “.L’evoluzione dei programmi informatici ed il ricorso a spettrografi digitali hannorecentemente assai esteso sia il numero dei parametri, sia gli indici quantitativi acusticidi tipo obiettivo utilizzabili agli scopi qui considerati: così ad esempio il MultiDimensional Voice Program (MDVP, della Kay Elemetries) è in grado di fornire edelaborare molteplici parametri (tra i quali i più utili ai presenti fini sono il Jitter %, cheè l’indice della perturbazione della Fo a breve termine, correlabile con quelloRoughness della scala G.I.R.B.A.S., e lo Shimmer %, che indica invece la perturbazio-ne della ampiezza dell’onda a breve termine, correlabile secondo alcuni Autori con ilparametro Breathiness e secondo altri con il Roughness della citata scala 10 ed indicicorrelati alla presenza di rumore, o meglio al rapporto tra le componenti di rumore e lecomponenti armoniche, quale l’Harmonic to Noise Ratio (H/N) o il Noise toHarmonic Ratio (NHR)) indicativi la qualità della voce in generale.La durata della emissione vocale, indice dell’efficienza fonatoria dell’esaminando, deveessere valutata mediante la rilevazione del tempo massimo fonatorio (condizionato dafattori aerodinamici e glottici), espressa in secondi e realizzata facendo emettere lavocale “a” per il maggior tempo possibile dopo una inspirazione massima, ad intensitàe altezza vocale confortevoli per il soggetto; il range di normalità che interessa è ovvia-mente il valore minimo, di circa 15 sec. nell’uomo e 10 sec. nella donna.La capacità vocale è indagata mediante fonetogrammi analogici (con fonometro etastiera musicale) o digitali (con fonetografo computerizzato), il cui utilizzo consentesia di potere rappresentare graficamente il campo dinamico vocale ottenuto mediantela quantificazione delle intensità sonore minime e massime in funzione dell’altezzatonale del suono fondamentale su tuttal’estensione della voce, sia di fornire informazioni tanto solo sulla funzione vocale pro-priamente detta, quanto sulle ripercussioni funzionali assunte da una determinata lesio-ne: fra i dati così ottenuti, quelli maggiormente correlabili ad una alterazione della qua-lità della voce sembrano essere la frequenza massima e la minima intensità, mentre diinteresse minore risulta la frequenza minima.Oltre ai fonetogrammi, è in tal senso utilizzabile anche il cosiddetto Dysphonia SeverityIndex, cioè il valore numerico dedotto con formula matematica utilizzando come para-metri il Jitter %, la Fo massima, l’intensità minima e il tempo massimo fonatorio:l’indice così ottenuto sarebbe riferibile al livello globale di alterazione della voce e con-sentirebbe la ricostruzione di una attendibile classificazione della disfonia.Il profilo vocale è formato a sua volta da dodici parametri:

1) timbro laringeo (soffiato, rauco), 2) altezza tonale (troppo grave, troppoacuta), 3) intensità (troppo elevata, troppo ridotta), 4) risonanza nasale (ipernasale, iponasale), 5) risonanza orale, 6) supporto respiratorio, 7) muscolatura (tensione elevata o ridotta), 8) abuso vocale (quantità e grado), 9) frequenza della parola (troppo lenta, troppo veloce),

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10) ansietà vocale (quantità e grado), 11) intelligibilità della parola e 12) valutazione complessiva della voce.

Per ognuno di questi parametri si fornisce un punteggio di gravità compreso fra 1 (vocenei limiti di norma) e 5 (voce con alterazione molto grave).Nella valutazione laringea e sopralaringea si prendono in considerazione:

1) lo sfintere labiale (protrusione, apertura, labiodentalizzazione, range di movimentoridotto o eccessivo),

2) i movimenti mandibolari (apertura, chiusura, protrusione, range di movimentoridotto o aumentato),

3) l’apice linguale (avanzato, retratto), 4) il corpo linguale (avanzato, retratto, innalzato, abbassato, range di movimento

ridotto o aumentato), 5) lo sfintere velo-faringeo (nasalizzazione, fuga d’aria nasale udibile, denasalizzazione),6) la faringe (costrizione), 7) la posizione laringea (innalzata, abbassata), 8) il tipo di fonazione (rauca, soffiata, gracchiante, in registro pieno, in registro di fal-

setto), 9) la tensione sopralaringea (tensione, lassità) e 10) la tensione laringea (tensione, lassità).

Per quanto riguarda gli aspetti prosodici vengono presi in considerazione:

1) l’altezza tonale (mediamente acuta o grave, range ridotto o allargato, variabilitàalta o bassa);

2) l’intensità (mediamente elevata o abbassata, range ridotto o allargato, variabilitàalta o bassa).

Proprio per raggiungere questo impegnativo risultato è stato recentemente costituito,all’interno della Società Europea di Laringologia (ELS), un Comitato per la Foniatria,composto dai maggiori esperti del settore, che ha elaborato delle linee guida per la defi-nizione di un protocollo di accertamenti da ritenere essenziali nella valutazione deidisturbi della voce.La serie di esami da ritenere essenziali nella valutazione dei più comuni disturbi dellavoce prevede:

1) la laringostroboscopia;2) la valutazione percettiva della voce;3) l’analisi acustica della voce;4) lo studio degli indici aerodinamici;5) l’autovalutazione della voce da parte del paziente.

ASPETTI MEDICO-LEGALI

Le indagini clinico-strumentali espedite devono supportare il medico-legale, una voltaassolto il doveroso onere dell’accertamento del nesso di causalità,(2,9) nel poter rispon-

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dere almeno a questi quesiti essenziali: se la voce in esame sia da considerarsi nei limitidella normalità o sia patologica; laddove la voce sia patologica, quale sia la gravitàdella alterazione; quale aspetto o meccanismo della produzione della voce sia interessa-to nella genesi della disfonia; eventuale concomitanza di patologie “ comuni “ (G.E.R.,tabagismo,allergie,flogosi croniche delle V.A.S., polipi o noduli cordali,malmènage esurmènage vocale ) e loro specifico determinismo nell’etiologia. L ‘accertamentodell’esistenza di una invalidità fonatoria e quindi il necessario presupposto che conduceal risarcimento deve prevedere una procedura che si realizza con l’assolvere due com-plesse e difficili operazioni valutative.La prima operazione consiste nel verificare e nell’accertare la presenza di tre condizionicorrelate tra di loro da due necessari nessi causali. In particolar modo deve essereaccertato se ci sia stata una lesione intesa come detrimento dell’integrità psico-fisica ese tale lesione abbia comportato una effettiva diminuzione della funzione ed infine setale ipofunzione abbia in qualche modo provocato un peggioramento delle capacità esi-stenziali del soggetto in esame. (3,12)Questa particolare operazione valutativa può essere riassunta, proponendosi a cascatasu tre principi elementari che sostengono dottrinalmente e giuridicamente l’esistenzadel danno permanente: il rimaneggiamento strutturale conseguente all’evento lesivo, lacompromissione funzionale eventualmente correlabile (condizione che gli anglosassonidefiniscono con il temine di “disabilità”) che rappresenta la minorazione della capacitàvocale ed alla fine lo svantaggio (“handicap”).Per “danno biologico permanente” si intende tutto ciò che tende a ridurre quella inte-grità psicofisica, a compromettere il suo modo di essere e di vivere e a condizionare lesue abitudini di rapportarsi con l’ambiente, caratteristiche e prerogative che l’individuopossedeva prima dell’evento dannoso.(11,13)La seconda operazione , che conduce alla valutazione del danno biologico , è del tuttoassimilabile ad una sottrazione dallo stato di salute in cui viveva il soggetto prima delfatto e quello in cui si trova dopo. Il danno biologico, quindi, altro non è che una diffe-renza i cui parametri percentuali devono essere ricavati da risultati commensurabili eda quantificazioni il più possibilmente precise ed aderenti alla realtà fonatoria. Una più razionale sistematizzazione del danno biologico viene pertanto rappresentata da:

- esistenza di una lesione psico-fisica;- possibilità di valutare l’esistenza e la gravità della lesione secondo principi, metodo-

logie, regole e tabelle medico-legali;- irrilevanza del reddito del soggetto danneggiato ai fini della liquidazione del risarci-

mento.

Il danno non può essere identificato con la lesione ma ragionevolmente deve unifor-marsi all’importanza della menomazione da essa direttamente o indirettamente deri-vante e che significativamente incide sulla vita, sulla salute e sul benessere comune esull’esistenza del soggetto. Nell’allestimento della tabella sul danno biologico in ambitoINAIL, oltre alla sintomatologia collegata alla diminuita intensità e/o alla fatica voca-le, non si parla assolutamente di valutazioni foniatriche Per l’importanza dell’argomen-to in questione ed in relazione a tutto ciò che riguarda l’effettivo valore e la possibilitàdi ponderazione delle alterazioni della voce e di conseguenza la reale stima dei suoiampi pregiudizi nei confronti della vita di relazione, intesa nella sua totalità sia praticache esistenziale, patrimoniale, morale ed estetica risulta più che opportuno ricordare ilnotevole sviluppo tecnologico ed il relativo progresso clinico della foniatria.

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Lo studio della fonazione pertanto deve essere a tutti gli effetti e in tutti i settori diapplicazione considerato una disciplina di elevato ceto scientifico e non una funzione ilcui semplice esame, come sinora è accaduto, viene sostenuto da una serie di procedi-menti interpretativi alimentati unicamente apprezzamenti ed osservazioni puramente esolamente empirici di cui, tuttavia e come è noto, non può esserne negata l’utilità inparticolar modo quando viene elaborata da personale esperto ed equilibrato.Se la valutazione percettiva della voce eseguita da specialisti della disciplina ha rag-giunto livelli di significatività ed affidabilità ragguardevoli, l’approssimazione, l’incertacompetenza, l’ampia discrezionalità e spesso l’arbitrio, che hanno caratterizzato sin quile interpretazioni a finalità medico-legali , devono essere rapidamente superate in quan-to non corrispondono più alle reali ed obiettive possibilità offerte della tecnologia edalla razionalizzazione delle giuste esigenze interpretative per una loro equa ed omoge-nea applicazione nel rispetto delle norme dettate dal diritto.Indipendentemente dalla complessità di alcune nuove metodologie e dalla possibilitàdel loro impiego in strutture facilmente accessibili, la tabellazione delle disfonie inseriteper legge nell’ambito del danno biologico, entità giuridica di cui va ormai riconosciutal’insostituibile collocazione dottrinale e giuridica, avrebbe dovuto prevedere l’inseri-mento dell’accertamento medico-legale in un contesto ed in una dimensione più specia-listica e in una più decisa e definita posizione scientificamente più vasta dai connotatipiù significativi ed più aderenti alla realtà rispetto a quelli che che hanno dato contenu-to alle relative voci tabellate L’art. 13 del decreto legislativo n. 38/2000 sostiene alprimo comma che “... ai fini della tutela dell’assicurazione obbligatoria contro gli infor-tuni sul lavoro e le malattie professionali il danno biologico è la lesione dell’integritàpsicofisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale “ ed al secondocomma che “... Le prestazioni per il ristoro del danno biologico sono determinate inmisura indipendente della capacità di produzione di reddito del danneggiato “.La vigente normativa sul danno biologico prevede in materia di patologie laringeeVoce 325: esiti di lesioni traumatiche o malattia cronica del laringe che incidonoapprezzabilmente sulla funzione fonatoria; fino a 8 %Voce 326: esiti di lesioni traumatiche o malattia cronica del laringe che determinanouna disfonia molto grave ovvero subtotale; fino a 30 %Alla voce 326, nel cui capoverso è presente l’espressione di “disfonia molto grave ovve-ro subtotale”. Questa affermazione non riesce a precisare il massimo grado della disfo-nia , ammettendo ma non concedendo come tale la definizione di disfonia totale con laconseguenza che non viene stabilito il margine estremo della menomazione.Cimaglia e Rossi (5) nelle note esplicative alle tabelle del danno biologico inquadrano ilcontesto della materia con queste suddivisioni: 325 Esiti di lesioni traumatiche o malat-tia cronica del laringe che incidono apprezzabilmente sulla funzione fonatoriaDisfonia leggera voce parlata di intensità subnormale, fatica vocale alla fine della gior-nata, proiezione vocale possibile ma poco efficace, voce cantata difficile fino al 5%Disfonia moderata voce parlata di intensità diminuita (da 40 a 50 dB) fatica vocaleassai rapida (telefono), voce nel chiamare difficile e forzata , grido senza portata effica-ce, nessuna possibilità di voce cantata Dal 5 al 10%,326 Esiti di lesioni traumatiche o malattia cronica del laringe che determinano unadisfonia molto grave ovvero subtotale Disfonia importante voce parlata di debole intensità, che non supera i 35 dB, con unaforzatura permanente, fuga d’aria in endoscopia, affaticamento vocale rapido, impossi-bilità di comunicare oralmente in atmosfere rumorose, assenza di voce nel chiamare onel gridare, nessuna voce proiettata nel canto Dal 10 al 20%

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Disfonia molto grave o afonia completaVoce parlata di intensità molto debole (20 dB di insieme) o poca voce udibile, assenzacompleta o sub completa di voce di chiamata: la funzione di allerta della voce non è piùpossibile. La comunicazione scritta è praticamente la sola possibile con l’ambiente ,l’uso del telefono è impossibile Dal 20 al 30% Appare più che sufficiente, indipendentemente dai necessari presuppostiin grado di definire i confini sintomatologici, non solo segnalare ulteriormente che iltermine “subtotale” non può essere a tutti gli effetti considerato quale sinonimo di afo-nia ma anche che non è necessario e quindi del tutto superfluo aggiungere alla dizioneafonia l’aggettivo “completa”. Mutuando altre classificazioni analoghe in materiad’invalidità civile possiamo definire:

- Disfonia importante - Voce parlata di debole intensità, che non supera i 35 dB, conforzatura permanente, fuga d’aria in endoscopia, affaticamento vocale rapido,impossibilità di comunicare oralmente in atmosfere rumorose, assenza di voce nelchiamare o nel gridare, nessuna voce proiettata nel canto

- Disfonia molto grave o afonia completa - Voce parlata di intensità molto debole (20dB di insieme), o poca voce udibile, assenza completa o sub completa di voce di chia-mata (la funzione di allerta della voce non è più possibile), la comunicazione scritta èpraticamente la sola possibile con l’ambiente, l’uso del telefono è impossibile.

La definizione valutativa si basa sul deficit dell’intensità di emissione della voce e sualcune sue non ben articolate e ponderate alterazioni qualitative segnalando in terminirelativamente precisi la possibilità o l’impossibilità della comunicazione orale Definire l’intensità della voce solamente con la misurazione in dB non è assolutamenteun procedimento corretto in quanto la voce rappresenta un insieme di frequenze equindi, rappresentando un suono complesso a componenti multiple, si sarebbe dovutosegnalare l’entità del “livello sonoro” in decibel ponderati in rapporto alle singole com-ponenti spettrali della voce.Sulla base di numerose proposte dottrinali, non poche tabelle e barèmes internazionali(francese, belga, portoghese, etc.), fin dagli albori di questa problematica e sempre conriferimento all’incapacità lavorativa più sostenuta dai disturbi respiratori laringei chedi quelli fonatori, hanno identificato nel 25-30% il massimo livello della disfonia (afo-nia) con la necessità talvolta di conglobare nella classificazione anche la sintomatologiapiù importante e più menomante rappresentata dalla dispnea. In alcune tabelle nonvengono presi in considerazione i disturbi della voce in sé e per sé considerati, ma ven-gono conglobati nella più generale dizione di “alterazioni della favella”.Quest’ultima, tuttavia, non fa alcun riferimento alle alterazioni legate a patologiedell’apparato fono-articolatorio né a quello pneumo-fonico e non prende in considera-zione il fatto che le patologie laringee traumatiche o neoplastiche possono determinare,a seconda delle situazioni e delle compromissioni strutturali, oltre a quella fonatoria,varie limitazioni sull’espletamento della funzione respiratoria e deglutitoria che non sisa bene se debbano essere considerate come invalidità concomitanti o concorrenti e diconseguenza quale debba essere la tipologia e la modalità di valutazione in base allaloro collocazione.Mancano del tutto quelle segnalazioni che possono far riferimento all’attuale stato diconoscenze foniatriche e a particolar riguardo rivolga l’attenzione allo sviluppo tecno-logico al fine di ricondurre l’entità dell’invalidità alla effettiva gradazione ed alla realeestensione della stima della menomazione.

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PATOLOGIE GINECOLOGICHE E ATTIVITÀ LAVORATIVE:METODOLOGIA DIAGNOSTICO-VALUTATIVA

CRISAFULLI M.L. *, MILITE V.**, RUBBIANI M.***

* COORDINAMENTO GENERALE MEDICO-LEGALE INPS, ROMA

** AZIENDA OSPEDALIERA S. FILIPPO NERI, ROMA

*** ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ

INTRODUZIONE

E’ noto che spesso le patologie ginecologiche, ad esclusione dell’oncologia ginecologi-ca, sono sottovalutate come causa di apprezzabile riduzione della capacità lavorativa.Al fine di fare chiarezza sulla reale incidenza di tali malattie sulla salute della donna, siprendono in esame le patologie ginecologiche che possono insorgere a seguito dell’atti-vità lavorativa o che da essa sono aggravate.Esse sono essenzialmente:

1) patologie della statica pelvica2) il varicocele pelvico3) le irregolarità mestruali4) l’infertilità di coppia

Patologie della statica pelvica

Le patologie della statica pelvica comprendono il prolasso urogenitale e l’incontinenzaurinaria; per prolasso si intende la protrusione di un organo o di una struttura oltre isuoi normali confini anatomici. La pelvi può essere divisa in tre compartimenti: ante-riore, medio e posteriore;

a) il prolasso genitale consiste nella dislocazione di uno o più componenti pelviche:* il prolasso del componente anteriore, che contiene l’uretra e la vescica, si defini-

sce rispettivamente uretrocele e cistocele;* il prolasso del compartimento medio, che comprende l’utero e la volta vaginale

cui fa seguito un’ernia intestinale, corrisponde rispettivamente al prolasso uteri-no e all’enterocele;

* il prolasso del compartimento posteriore contenente il retto, si definisce rettocele.

Per stabilire i diversi gradi di prolassamento, sono state adottate varie classificazioni dicui le più utilizzate sono: una prima, molto semplice ma poco accurata che distingue unprolasso di:- primo grado, quando il collo dell’utero è contenuto ancora nel canale vaginale;- secondo grado, quando il collo raggiunge la rima vulvare, senza però sporgere da essa;- terzo grado, quando la portio uterina e la vagina sporgono dall’orifizio vulvare.

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Una seconda classificazione assai più accurata utilizza invece come punti di riferimentoalcune strutture anatomiche fisse: il piano delle spine ischiatiche, il piano dell’imene e ilpiano di massima discesa del viscere prolassato e in base ai rapporti tra il viscere pro-lassato e i punti anatomici scelti, distingue i seguenti gradi di prolasso:

grado 0: grado di normalita, perchè non c’è protrusione oltre la metà della vagina;grado 1: la protrusione è a metà strada tra spine ischiatiche e imene;grado 2: la protrusione arriva all’imene;grado 3: la protrusione è a metà tra l’imene la protrusione massimagrado 4: la protrusione è totale al di là dell’imene.

La patogenesi del prolasso genitale è multifattoriale; si distinguono:fattori generali acquisiti, quali le patologie croniche che provocano un costante aumen-to della pressione addominale, e congeniti, come le alterazioni biochimiche delle fibrecollagene;fattori locali congeniti, quali le alterazioni congenite dell’innervazione dei muscoli ele-vatori o il deficit della componenete connettivale del pavimento pelvico o anche unabrevità eccessiva della vagina e quelli locali acquisiti rappresentati da tutti quei fattoriche comportando una fibrosi del pavimento pelvico alterano la funzione dinamica,come nel caso di danni anatomo-funzionali in esito a parti distocici.La valutazione diagnostica dei difetti del supporto pelvico deve essere eseguita sottospinta massimale da parte della paziente, in posizione supina oppure in posizione eret-ta. le tecniche di imaging radiografiche ed ecografiche possono risultare utili nei casi dimaggiore complessità e consistono in: ecografia transvaginale, colpocistodefecografia,RM dinamica ecc.;La forma più comune è rappresentata dal cistouretrocele, seguita dal prolasso uterino edal rettocele. La sintomatologia varia non solo in base al grado di prolasso ma soprattutto in base altipo e alla sede anatomica dello stesso:

- il prolasso di vescica e uretra può causare sensazione di stiramento, di tumefazionedi vagina e sintomi urinari dei quali il più frequente è l’incontinenza urinaria dastress;

- il prolasso uterino provoca dolore o dolenzia lombosacrale che si riduce con il riposoin posizione supina, inoltre la paziente può riferire la protrusione della cerviceall’interno o all’esterno della vagina e la presenza di abnormi secrezioni vaginali sie-roematiche o purulente;

- il prolasso della volta vaginale o enterocele, che spesso è una complicanza di inter-venti di laparoisterectomia, colpoisterectomia o colposospensione, spesso determinavaghi sintomi di fastidio a livello vaginale e solo raramente le anse intestinali fuorie-scono dalla rima vulvare andando incontro a strozzamento.

La terapia medica del prolasso uterino può consistere nell’applicazione di pessari essen-zialmente nel caso di donne anziane o inoperabili ma generalmente la risoluzione è ditipo chirurgico con interventi preferenzialmente per via vaginale, riservando la via tran-saddominale ai casi di recidiva o complicanze (1,2).

b) Si definisce incontinenza urinaria la perdita involontaria di urina obiettivamentedimostrabile. Attualmente si utilizza la classificazione adottata dalla Società

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Internazionale della Continenza che ne distingue cinque tipi, tutti correlati a dannidelle strutture neuromuscolari del pavimento pelvico e quindi di competenza urogi-necologica:- incontinenza urinaria da sforzo o stress incontinence: la fuga di urina dall’uretra

in concomitanza di un aumento della pressione endoaddominale, cioè perditache si verifica quando la pressione vescicale supera la pressione uretrale, inassenza di attività del detrusore. E’ dovuta a due meccanismi patogenetici:l’insufficienza uretrale per una riduzione delle resistenze uretrali dovuta a incom-petenza dello sfintere uretrale che può essere correlata a ptosi del collo vescicalee a ipermobilità uretrale oppure a riduzione della resistenza e della pressione ure-trale, in assenza di attività contrattile del muscolo detrusore. La causa più fre-quente è il parto per via vaginale, ma sono importanti anche altri fattori ingrado di indebolire le strutture muscololegamentose del pavimento pelvico, qualiinterventi chirurgici, traumi, carenza di estrogeni.

- Incontinenza urinaria d’urgenza (o urge incontinence). E’ caratterizzatadall’aumento della frequenza minzionale per spasmo involontario del detrusore;infatti vi è una instabilità dello stesso (per ridotta compliance vescicale o per ipe-rattività del detrusore) che determina improvvisa urgenza menzionale; talvolta èconseguenza di traumi o malattie nervose quali mielodisplasie, esiti di interventichirurgici sull’utero, vescica o retto; è caratterizzata da spontanee esacerbazionie remissioni e si associa e/o si aggrava in presenza di eretismo neuropsichicodella paziente.

- Incontinenza urinaria mista che è caratterizzata dalla presenza di entrambe lecondizioni sopra citate.

- Incontinenza urinaria da rigurgito o iscuria paradossa. La perdita di urina siverifica quando la pressione all’interno della vescica supera la pressione uretralemassima, per sovradistensione del viscere e senza attività contrattile del detruso-re. E’ tipica delle pazienti con ostruzione cervico-uretrale oppure con ipocontrat-tilità detrusoriale.

- Incontinenza urinaria continua goccia a goccia. E’clinicamente caratterizzatadallo scolo continuo di urina dall’uretra, ed è riscontrabile in pazienti con fun-zione sfinterica gravemente compromessa, in seguito a traumi, interventi chirur-gici oppure con grave riduzione della compliance vescicale in seguito a radiotera-pia o tubercolosi.

E’ necessario comunque menzionare alcuni tipi di incontinenza urinaria che non appar-tengono al capitolo dell’uroginecologia; esse sono:

- enuresi notturna, minzione completa ed involontaria che si verifica la notte, neibambini di età superiore ai 5 anni, in assenza di patologie organiche o neurologichein atto. Le cause non sono del tutto chiare ma si ipotizzano i seguenti fattori: imma-turità vescico-sfinterica, iperattività detrusoriale, alterato ritmo circadiano della pro-duzione di vasopressina;

- incontinenza urinaria funzionale. In questi casi la perdita involontaria d’urine èdovuta prevalentemente a fattori estrinseci alle vie urinarie, quali disabilità fisichee/o cognitive (Alzhaimer), riscontrabili in età geriatria, in condizioni generali defeda-te, in seguito a terapie mediche o eccessiva idratazione, ecc;

- incontinenza urinaria da causa neurologica, caratterizzata dalla perdita involontariadi urina, dovuta a lesioni neurologiche midollari basse (3-5).

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Le forme di incontinenza urinaria più frequenti sono quelle da sforzo e da urgenza;nell’incontinenza urinaria da sforzo pura, specie se associata a prolasso genitale, posso-no risultare sufficienti, ai fini della diagnosi, un’accurata raccolta anamnestica ed unattento esame obiettivo ginecologico, mentre nei casi di incontinenza da urgenza o nelleforme miste, diventa essenziale il ricorso agli esami urodinamici.Nella raccolta dell’anamnesi bisognerà prestare attenzione agli esiti di interventi chirur-gici ginecologici, ad una storia ostetrica di multiparità o di parti operativi (ventosa, for-cipe, travaglio prolungato, lacerazioni perineali, ecc) e ad eventuali patologie neurolo-giche associate; ed inoltre si dovrà interrogare la donna sulla frequenza e caratteristichedella minzione giornaliera (diario minzionale). La valutazione clinica obiettiva prevede: l’ispezione che potrebbe anche evidenziareuna associazione di prolasso genitale ed incontinenza urinaria; l’utilizzo di pannolinoche se imbibito di urina (pad test) prevede l’esecuzione di alcuni tests specifici diagno-stici per la stress incontinence, di cui si possono praticare, con facilità, i seguenti:

• Test del muscolo pubo-coccigeo (P.C. test): valuta la funzionalità del muscolo pubo-coccigeo e cioè lo spostamento dell’’uretra sotto sforzo (ad es. colpo di tosse)

• Stress test: ha lo scopo di oggettivare e quantificare una incontinenza urinaria dasforzo: si esegue a vescica piena, in clino ed ortostatismo, invitando la paziente acompiere una serie di colpi di tosse.

Completerà la diagnosi l’esecuzione di esame urodinamico che comprende alcune tecni-che di indagine:

- Uroflussimetria: valuta le caratteristiche del flusso urinario, fornisce informazionisulla funzione contrattile del muscolo detrusore e sulla resistenza alla fuoriuscitadell’urina;

- Elettromiografia dello sfintere striato uretrale: esprime l’efficienza del meccanismorelativo alla pressione uretrale di chiusura;

- Cistometria: misura la pressione e la capacità vescicale. In condizioni normali lapressione del detrusore non aumenta più di 15 cm/H2O durante la fase di riempi-mento; in caso di instabilità del detrusore (urge incontinence) compaiono contrazio-ni a livelli superiori ai 60 cm di acqua immessa in vescica.

In corso di esame urodinamico è fondamentale il profilo pressorio uretrale (PPU) cheesprime la resistenza dell’uretra alla fuoriuscita di urina. Il PPU indica due parametriimportanti: la pressione massima di chiusura e la lunghezza funzionale dell’uretra nellaquale la pressione, in condizioni di normalità, deve essere superiore alla pressione vesci-cale basale. Quando questa è diminuita si creano le condizioni per l’incontinenza urina-ria da sforzo e la diminuzione del PPU è il marker più tipico di questa perdita involon-taria di urina.Il trattamento conservativo della stress incontinence si basa sull’uso di pessari e tamponivaginali; inoltre molto importante è la terapia riabilitativa che è consigliata anche nellaurge incontinence e che sembra dare una buona percentuale di guarigioni, nelle formelievi di entrambe le forme di incontinenza (Kinesiterapia, biofeedback ed elettrostimo-lazione per incrementare il tono del pavimento pelvico) (6, 7, 8). La terapia farmacologica, indicata tradizionalmente nella incontinenza da urgenza,recentemente è stata proposta anche nella incontinenza da sforzo, con la somministra-zione della duloxetina che agisce inibendo il tono dello sfintere striato dell’uretra.

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Nell’urge incontinence la rieducazione vescicale e le modificazioni del comportamentocostituiscono importanti forme di trattamento associate alla terapia farmacologica conanticolinergici che invece ha solo un’azione sintomatica.

I trattamenti chirurgici, indicati in caso di fallimento dei trattamenti conservativi, eessenzialmente riservati solo all’incontinenza da sforzo, vengono effettuati per via vagi-nale o per via addomino-perineale; attualmente i migliori risultati si ottengono con laTension Fre Vaginal Tape (TVT), che consiste nel passaggio in sospensione, di unabanderella di materiale plastico, sotto l’uretra ma senza metterla in tensione.Frequenti sono le recidive soprattutto se non si tiene conto dell’urodinamica dellapaziente. La diagnosi viene suggerita dai sintomi e confermata dai tests urodinamici.

L’elevato numero di donne, ancora in età lavorativa, affette e lo stresso rapporto traevoluzione della patologia e attività lavorativa, chiarisce l’importanza, in ambito socia-le e medico-legale previdenziale, di questa problematica. In base ai dati INPS attualmente disponibili si può evidenziare che:

• il maggior numero di domande di assegno d’invalidità o pensione d’inabilità vienepresentato da donne di età compresa tra i 40 e i 60 anni, epoca in cui si manifestanomaggiormente i danni a carico del piano perineale, e le relative patologie associate,sia per gli esiti gravidici che per i problemi relativi all’involuzione dell’apparato geni-tale dovuti al climaterio;

• la necessità di avvalersi di un metodo oggettivo e universalmente accettato per laclassificazione del descensus pelvico è irrinunciabile ai fini di un corretto inquadra-mento scientifico e, di conseguenza, di un’attenta valutazione medico legale, dimodo che questa risulti la più obiettiva possibile e meno dipendente da valutazionisoggettive;

• le forme lievi di patologia della statica pelvica, se emendabili con opportuna tera-pia farmacologica o riabilitativa, non incidono sulla capacità di lavoro delledonne affette, ai sensi della legge 222/1984 (es. cistorettocele di I grado o urgeincontinence isolata) soprattutto se svolgono un’attività di tipo sedentario e sitratta di patologia isolata;

• le forme più gravi di patologia della statica pelvica (cistorettoceli di II-III-IV gradose associati a stress incontinence o a prolassi della volta vaginale o se vi sono cisto-rettoceli recidivati a precedenti interventi chirurgici) possono determinare quadri digraduale di invalidità, se la donna svolge attività lavorativa che richiede la stazioneeretta prolungata e/o sforzi fisici di entità medio elevata, che tendono ad aggravareancor più il danno anatomo funzionale della statica pelvica, anche in considerazionedel grave disagio psichico che questa patologia comporta;

• nella valutazione medico-legale bisogna tener conto anche di patologie associateche aggravano le condizioni della statica pelvica quali obesità, affezioni tussigenecroniche, eccessivo dimagrimento, menopausa, stipsi cronica, esiti di interventichirurgici, ecc.;

• l’incontinenza urinaria da urgenza isolata, che non è legata a danni anatomo-funzio-nali del piano perineale, nelle fasi di esacerbazioni e nelle forme particolarmente resi-stenti alla terapia farmacologica, può comunque comportare incapacità temporaneaal lavoro soprattutto se associata a infezioni genito-urinarie ribelli alla terapia far-macologica;

• Va infine considerato il grave disagio psichico che questa patologia comporta.

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Varicocele pelvico

Il varicocele femminile o più esattamente l’insufficienza venosa pelvica consistenell’incontinenza delle vene ovariche, con il conseguente reflusso a valle nelle vene delsistema salpingo-ovarico; esso determina la sindrome da congestione pelvica che gene-ralmente insorge dopo almeno una gravidanza ed è caratterizzato sempre da dolorepelvico cronico, spesso dispareunia, e con una certa frequenza dismenorrea; si associaspesso a varici del pavimento pelvico (vulvari e perineali) e a varici in zone atipichedegli arti inferiori ( vulvari, ischiatiche, inguinali). nelle donne affette, sono comuni lerecidive a seguito di intervento per la correzione di varici degli arti inferiori, comeespressione del reflusso proveniente dal plesso ovarico o ipogastrico.In presenza di sintomatologia la diagnosi viene confermata dall’ecocolor-doppler tran-svaginaleche mette ihn evidenza le vene pelviche e le loro anastomosi con le vene addo-minali e degli arti inferiori.La terapia consiste nell’interruzione del reflusso attraverso l’intervento di “embolizza-zione” o sclerosi endovasale percutanea, delle varici ovariche.Il varicocele pelvico, come del resto le altre patologie da insufficienza venosa, si aggra-vano con gli sforzi fisici e la prolungata persistenza in stazione eretta e ne rende eviden-te il rapporto con l’ attività lavorativa (9).

Sterilità

Si definisce sterilità l’assenza di concepimento dopo 12-24 mesi di rapporti sessualiregolari, non protetti. Le cause di infertilità sono suddivise in 4 gruppi: da fattore fem-minile (35%); da fattore maschile (30%); da fattori combinati (20%) e da causa inspie-gata (15%). I dati a cui si fa riferimento sono una media di quelli riferiti da moltiAutori Europei e Americani, poichè il fenomeno è in progressivo aumento nel mondooccidentale (10).I fattori di rischio dell’infertilità femminile comprendono, in primis, la tendenza, tra ledonne occidentali, a procrastinare la prima gravidanza, con l’ineluttabile invecchia-mento biologico dei gameti, ma il crescere dell’età della donna si accompagna ancheall’aumentata frequenza di altri fattori negativi quali: la riduzione del numero di rap-porti sessuali; l’invecchiamento del partner; la maggior esposizione a stati patologicidell’apparato riproduttivo femminile, l’abitudine tabagica, le malattie infiammatoriepelviche, le patologie tubariche, i fibromi uterini, le irregolarità del mestruo correlate acicli anovulatori e l’endometriosi . Un fattore di rischio meno indagato, ma assai attuale, è quello correlato all’inquina-mento ambientale attraverso l’emissioni di sostanze chimiche tossiche, con azionediretta sull’apparato riproduttivo o attraverso interferenze con la produzione ormo-nale. L’unione Europea e altri organismi internazionali (WHO, OECD) stannorichiamando una sempre maggior attenzione nei confronti di un gruppo eterogeneodi sostanze chimiche con potenziale interferenzane nei confronti del funzionamentoendocrino, i cosiddetti Endocrine Disrupters (ED). I limiti nell’individuazione e dellostudio degli effetti dell’intossicazione cronica sull’uomo, di tali sostanze, sono dovutia più fattori: la loro eterogeneicità, le diverse vie di contaminazione degli alimenti edell’ambiente; la frequente esposizione combinata a più tossici con possibili effettiadditivi, una insufficiente conoscenza dei biomarcatori precoci, dei livelli e delladurata dell’esposizione (11).

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I principali ED comprendono:

1) contaminanti alogenati persistenti negli alimenti e nell’ambiente: tra di essi i policlo-robifenili (PCB) precursori della diossina (sottoprodotto di reazioni chimiche inindustria e dell’incenerimento e combustione) che sono idrocarburi alogenati cloru-rati (composti organoclorurati) principalmente usati per il raffreddamento e lalubrificazione di impianti elettrici, i quali sembrano avere effetti complessi sull’atti-vità degli steroidi e della tiroide; in particolare alcuni PCB e le diossine sono agoni-sti del recettore arilico con effetti antiaestrogenici (12);

2) pesticidi e biocidi: organofosforici che possono danneggiare i gameti e avere effettoteratogeno sul feto (13); alcuni organoclorurati come il DDT, il lindano e l’endrin,con effetti estrogenici e/o antiandrogeni (13); i triazoli (antimicotici) che sono inibi-tori dell’aromatasi e riducono la sintesi dell’estradiolo; altri funghicidi che possonoprovocare interferenze ormonali come ad esempio il vinclozolin che è un antagoni-sta del testorone; alcuni funghicidi ed erbicidi tireostatici come gli etilenebisditiocar-bammati; le triazine (composti eterociclici azotati, formati da un anello esatomicocon alternanza di atomi di carbonio e azoto con gruppi sostituenti in posizione 2 dicloro, S-CH3, OH oppure O-CH3 e in posizione 4 e 6 con gruppi alchilici come laetilammina, l’isopropilammina, la terbutilammina) usate come erbicidi; tra le triazi-ne una delle più pericolose è la atrazina ormai vietata in Italia ma in uso in altripaesi, che sembra poter causare danni agli ovociti e interferire sull’asse ipotalamo-ipofisario (13-15).

3) plastiche, solventi, detergenti, loro metaboliti e sottoprodotti industriali: bisfenoloA, octil e nonil-fenoli come agonisti del recettore estrogeno a ; gli esteri ftalati (nelleplastiche e nei solventi che sono prodotti da alcooli come il metanolo e l’etanolo,per reazione tra anidrite ftalica e un alcool), che sono oggetto di controversieriguardo la loro potenziale azione simil-estrogenica; lo stirene, idrocarburo aromati-co omologo superiore del benzene, usato come solvente, che sembra provocaredisturbi del ciclo mestruale e alterazioni neuroendocrine a livello dell’asse ipotala-mo-ipofisario (13).

4) per quanto riguarda l’esposizione ai metalli pesanti, merita qualche accenno ilpiombo che provocherebbe una riduzione dei livelli di gonadotropine ipofisarie edel 17/beta estradiolo.

Meno studiato è l’effetto abortivo precoce dei tossici chimici anche se sono incriminatimolti delle stesse sostanze già citate. Più studiati sono i pesticidi organoclorurati comeil dicofol e il metossicloro (alterata steroidogenesi ovarica e luteolisi), disinfettanti epesticidi come gli erbicidi fenossiacetici, le triazine, i tiocarbammati e infine gli stessitriazoli (16-21).Per quanto riguarda l’infertilità maschile sono assai noti alcuni fattori di rischio comunia quelli delle donne come l’età più tardiva della I gravidanza, lo stress, l’abuso di farma-ci , droghe e alcool, il fume di sigarette che è un tossico per gameti di entrambi i sessi e lemalattie sessualmente trasmesse; altri fattori noti sono i ripetuti microtraumatismi, l’usodegli anabolizzanti e il varicocele pelvico. Di crescente interesse è l’esposizione a sostan-ze tossiche in ambientale lavorativo ed extralavorativo, tra le sostanze chimiche più notevi sono i fitoestrogeni, di origine vegetale che hanno attività simil strogenica e la presen-za occulta negli alimenti di estrogeni. Altrettanto importanti sono gli xeno-estrogeni,che si comportano da distrutturi endocrine disruptes (ED), derivati dalla biodegradazio-ne di detersivi, pesticidi, solventi e dai metaboliti delle plastiche; alcune di queste sostan-ze, tra gli altri effetti ormonali, hanno quello di ridurre i livelli di testosterone, altre quel-

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lo di legarsi a a un recettore diverso da quelli abituali dell’estradiolo, attivando in modoabnorme il citocromo P450 (che normalmente metabolizza l’estradiolo e lo trasformanei suoi metaboliti) con il risultato di incrementare i metaboliti dell’estradiolo capaci diprodurre danni all’apparato riproduttivo e dotati anche di effetti cancerogeni (22). Tra ipiù studiati sono gli ftalati, il DDT, il policlorinato bifenile (PCB), i pesticidi vinclozoli-na e procimidone, che sperimentati sul ratto hanno provocato anomalie di sviluppodell’apparato riproduttivo maschile (criptorchidismo, agenesia degli epididimi, ipospa-dia ecc) e in alcuni casi come quello dell’esposizione agli ftalati, hanno indotto una fem-minilizzazione dei neonati maschi. Anche i metalli pesanti, quali il piombo e il cadmio,possonodanneggiare gli organi riproduttivi, alterando la funzione dei canali per gli ionicalcio e potassio coinvolti nella reazione acrosomiale (23,24). Saranno necessari ulteriori approfondimenti, considerato che gran parte degli studisono riferiti al sistema di riproduzione degli animali, che le dosi sperimentate sonospesso molto elevate e perciò non rapportabili a quelle molto più basse ma protratte neltempo, a cui sono comunemente esposti i lavoratori, anche in considerazione della fre-quente presenza delle stesse sostanze in ambienti extralavorativi con i conseguenti, ine-vitabili, effetti addittivi (25).

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