14
Daniela De Robertis 1 Ricerca Psicoanalitica, 2009, Anno XX, n.3, pp. 325-348. L’AFFIDABILITÀ SCIENTIFICA DELLA PSICOANALISI. UN CONFRONTO TRA IERI ED OGGI SOMMARIO Nella prima parte del contributo vengono ripercorse le ragioni per cui la psicoanalisi standard ha offerto il fianco alle denunce di non scientificità che le sono state mosse. L’A. individua nell’adesione di Freud allo scientismo la causa prima che ha innescato una serie di fragilità epistemiche a carico della psicoanalisi rintracciabili nell’autoconvalida e nell’autoreferenzialità, nella chiusura rispetto alle altre scienze, nella mancanza a livello teorico e clinico di procedure di verifica e nell’assenza dell’osservazione naturalistica. Nella seconda parte si argomenta in che misura la psicoanalisi postmoderna disponga di requisiti di scientificità rintracciabili in vari ambiti, quali, l’adesione ad un nuovo paradigma epistemico di tipo cognitivista e costruttivista, l’assunzione di una posizione di trasversalità rispetto alle altre scienze, l’adozione di procedure capaci di coniugare gli assunti teorici e clinici con l’osservazione naturalistica e la verifica sperimentale. SUMMARY Scientific reliability of psychoanalysis. A comparison between yesterday and nowadays’one In the former part of the paper the A. considers the reasons according to which orthodox psychoanalysis was accused of not belonging to the scientific field. The A. discovers in Freud’s adhesion to scientism the main reason, which brought phychoanalysis to epistemological weaknesses such as autovalidation and autoreferentiality. The consequence of all that was a rigidity towards other sciences, a lack of procedure of validation and an absence of naturalistic observation in the theoretical and clinical field. In the latter part the A. discusses how postmodern psychoanalysis has at its disposal scientific requirements such as the adhesion to new epistemological paradigms belonging to either costructivism or cognitivism, the assumption of a position which crosses over other sciences, the adoption of procedures able to conjugate theoretical and clinical assumptions with naturalistic observation and experimental data. ------------------------------------------------- Il presente lavoro non intende proporre una valutazione della psicoanalisi nel suo complesso, ma è esclusivamente circoscritto al tema della scientificità di essa e pertanto è limitato ad una lettura epistemica. Quale rispettabilità scientifica? È affare noto, e da più parti denunciato, che i dispositivi di credibilità epistemica della psicoanalisi siano stati, per tradizione, piuttosto carenti, tali da inficiare le sue credenziali di scientificità. 1 Filosofo, psicologo, analista di training e supervisore della Società Italiana di Psicoanalisi della Relazione (SIPRe) e membro dell’International Federation of Psychoanalysis Societies (IFPS). Via Crivellucci, 35 - 00179 Roma. Email: [email protected].

L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI. UN ......Daniela De Robertis1 Ricerca Psicoanalitica, 2009, Anno XX, n.3, pp. 325-348. L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI

  • Upload
    others

  • View
    5

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI. UN ......Daniela De Robertis1 Ricerca Psicoanalitica, 2009, Anno XX, n.3, pp. 325-348. L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI

Daniela De Robertis1

Ricerca Psicoanalitica, 2009, Anno XX, n.3, pp. 325-348.

L’AFFIDABILITÀ SCIENTIFICA DELLA PSICOANALISI.

UN CONFRONTO TRA IERI ED OGGI

SOMMARIO

Nella prima parte del contributo vengono ripercorse le ragioni per cui la psicoanalisi standard ha offerto

il fianco alle denunce di non scientificità che le sono state mosse. L’A. individua nell’adesione di Freud

allo scientismo la causa prima che ha innescato una serie di fragilità epistemiche a carico della psicoanalisi

rintracciabili nell’autoconvalida e nell’autoreferenzialità, nella chiusura rispetto alle altre scienze, nella

mancanza a livello teorico e clinico di procedure di verifica e nell’assenza dell’osservazione naturalistica.

Nella seconda parte si argomenta in che misura la psicoanalisi postmoderna disponga di requisiti di

scientificità rintracciabili in vari ambiti, quali, l’adesione ad un nuovo paradigma epistemico di tipo

cognitivista e costruttivista, l’assunzione di una posizione di trasversalità rispetto alle altre scienze,

l’adozione di procedure capaci di coniugare gli assunti teorici e clinici con l’osservazione naturalistica e la

verifica sperimentale.

SUMMARY

Scientific reliability of psychoanalysis.

A comparison between yesterday and nowadays’one

In the former part of the paper the A. considers the reasons according to which orthodox

psychoanalysis was accused of not belonging to the scientific field. The A. discovers in Freud’s adhesion to

scientism the main reason, which brought phychoanalysis to epistemological weaknesses such as

autovalidation and autoreferentiality. The consequence of all that was a rigidity towards other sciences, a

lack of procedure of validation and an absence of naturalistic observation in the theoretical and clinical

field. In the latter part the A. discusses how postmodern psychoanalysis has at its disposal scientific

requirements such as the adhesion to new epistemological paradigms belonging to either costructivism or

cognitivism, the assumption of a position which crosses over other sciences, the adoption of procedures

able to conjugate theoretical and clinical assumptions with naturalistic observation and experimental data.

-------------------------------------------------

Il presente lavoro non intende proporre una valutazione della psicoanalisi nel suo complesso, ma è

esclusivamente circoscritto al tema della scientificità di essa e pertanto è limitato ad una lettura epistemica.

Quale rispettabilità scientifica?

È affare noto, e da più parti denunciato, che i dispositivi di credibilità epistemica della psicoanalisi siano

stati, per tradizione, piuttosto carenti, tali da inficiare le sue credenziali di scientificità.

1 Filosofo, psicologo, analista di training e supervisore della Società Italiana di Psicoanalisi della

Relazione (SIPRe) e membro dell’International Federation of Psychoanalysis Societies (IFPS). Via Crivellucci, 35 - 00179 Roma. Email: [email protected].

Page 2: L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI. UN ......Daniela De Robertis1 Ricerca Psicoanalitica, 2009, Anno XX, n.3, pp. 325-348. L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI

Nel ripercorrere a volo d’uccello le accuse di scarso rendimento scientifico che nel tempo sono state

indirizzate alla psicoanalisi, prenderei come punto di avvio il famoso convegno di New York del 1958 (Hook,

1959).

L’evento, guidato dall’interrogativo se la psicoanalisi dovesse essere iscritta tra le scienze o le non

scienze, rappresentò il primo incontro ufficiale dell’epistemologia con la psicoanalisi. Il vaglio degli

epistemologi concluse i lavori con una valutazione di non scientificità: non probatur fu la sentenza del

filosofo della scienza E. Nagel (1959). Una formula che intendeva esprimere quanto gli assunti psicoanalitici

fossero espressi in modo così generico, metaforico e astratto, da non poter essere sottoponibili alle

procedure della verifica.

Al verdetto di New York, pronunciato dall’epistemologia neopositivista, che, differentemente da oggi, a

quei tempi era la corrente dominante, seguì quello di Popper (1963), che qualificò la psicoanalisi come

“cattiva scienza” o “pseudoscienza”, in quanto forma di sapere “infalsificabile”. A questi accertamenti via

via se ne aggiunsero altri: aliena dai metodi sperimentali, carente di verifica, non testata, fondata su

astrazioni, fornita di un bagaglio teorico inutilmente complicato e artificiale, furono le accuse più frequenti

rivolte alla psicoanalisi. Critiche che rimbalzavano da più osservatori, non solo da parte dell’epistemologia e

della psicologia, ma anche da postazioni critiche all’interno della psicoanalisi stessa (G. Klein, M. Gill, R.

Holt, B. Rubinstein).

E arriviamo così agli anni ’80 e al clamoroso attacco di Grünbaum (1984), clamoroso perché suscitò

notevole risonanza e scalpore dal momento che l’appellativo di “scienza malata”, certo non moribonda, ma

bisognosa di cure, veniva a colpire nelle sue argomentazioni anche l’affidabilità terapeutica della

psicoanalisi.

Oggi, a distanza di più di 20 anni, vale la pena rilanciare il discorso sull’affidabilità scientifica della

psicoanalisi, per verificare se la legittimità di queste denunce valga ancora per la psicoanalisi postmoderna

o debba rimanere confinata alla psicoanalisi standard.

Per procedere a questa verifica è opportuno indagare storicamente le ragioni che hanno impedito alla

psicoanalisi di assumere un habitus scientifico e, nel ripercorrerne la storia, è agevole rinvenire una specie

di “peccato originale” alla base delle sue conseguenti fragilità epistemiche. Si tratta dell’adesione originaria

di Freud allo scientismo; una scelta a monte, responsabile del paradosso epistemico nel quale la psicoanalisi

è rimasta per lungo tempo ingabbiata.

L’adesione allo scientismo ovvero il paradosso epistemico

Il termine scientismo comincia a girare in Francia negli anni ’30 del secolo scorso, per poi diffondersi in

Inghilterra ed in seguito affermarsi nel lessico della filosofia della scienza. La parola, sebbene nel significato

generale sia carica di una connotazione critica volta a denunciare gli abusi della ragione scientifica, più in

dettaglio si riferisce ad un modo di concepire la scienza in auge circa tra il 1830 e il 1880 nella cultura

mitteleuropea. La datazione è rilevante per comprendere l’idea di scienza che Freud nutriva, dal momento

che in questo arco di tempo ricadono gli anni della formazione universitaria, i primi lavori accademici e il

periodo prepsicoanalitico del giovane Freud.

In breve la storia. In pieno ‘800 nella cultura centroeuropea il discorso sulla conoscenza e sulla

scientificità del sapere aveva assunto una configurazione molto particolare: la methodenstreit, che stava a

significare la discussione sui metodi in adozione nelle scienze, aveva distinto e scisso le scienze in due

blocchi, in base alle caratteristiche dell’oggetto della conoscenza e quindi in base al metodo da impiegare.

Una polarità occupata dalle scienze della natura, l’altra dalle scienze dello spirito, a cui più tardi subentrò la

dizione di scienze umane o ermeneutiche e, più recentemente, quella di scienze antropologiche o scienze

sociali¹.

Page 3: L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI. UN ......Daniela De Robertis1 Ricerca Psicoanalitica, 2009, Anno XX, n.3, pp. 325-348. L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI

La forbice, che ufficializzava in pieno ‘800 quello che in realtà si andava consumando da tempo,

produsse una scissione e una dicotomia del sapere, un’incomunicabilità progressiva che con reciproco

danno agì il frazionamento dell’unità della scienza, come dimostrò la grave e insanabile frattura tra scienza

e filosofia, di cui Freud è stato uno degli esponenti più significativi.

Nel passato questa dicotomia era inconcepibile (Dionigi, 2007). Le prove? C’era una volta in cui la

scienza si scriveva in versi, come ci tramandano le opere di Esiodo e i frammenti di Parmenide, così come il

filosofo Platone faceva disquisire di scienza e di matematica i personaggi dei suoi Dialoghi, in modo così

perspicuo da suscitare l’ammirazione di Galileo. Il testo poetico di Lucrezio o di Dante è pervaso da assunti

scientifici. In tempi a noi più prossimi Newton intitolava il suo trattato sulle leggi della

gravitazione Philosophiae naturalis principia matematica.

Ma i danni non si limitarono soltanto alla separazione delle scienze in due tipologie: il vero guaio arrivò

in seconda battuta, quando il positivismo si arrogò il diritto di attribuire solo alle scienze della natura lo

statuto di scientificità e il rango di essere depositarie di verità, escludendo in blocco da queste prerogative

tutte le scienze umane. Espressione degli abusi della ragione scientifica, lo scientismo ne incarnò lo spirito.

La forbice si allargò, producendo una divaricazione ancora più insanabile tra il sapere scientifico, detenuto

dalle hard sciences, in primis la fisica, seguita dalla matematica, biologia, ecc., e il sapere non scientifico

entro cui ricadde tutta l’area delle conoscenze antropologiche, sorelle povere del sapere.

All’interno di questa logica l’accostamento “scienze umane” diventò un ossimoro: significava accostare

due elementi opposti, perché le discipline a base antropologica non erano da considerare scientifiche.

Freud, per quanto geniale, era anche figlio del suo tempo e non sfuggì all’attrazione della logica del

proprio contesto. Formatosi alla scuola dello scientismo (Assoun, 1981), ne subì un imprinting, a cui rimase

rigidamente fedele per tutta la vita, anche quando, con la virata del secolo, il positivismo si stava

scolorando e il paradigma scientista già cominciava a perdere i primi colpi.

Fu così che Freud, stretto tra l’adesione al “credo” scientista e l’aspirazione che la nuova disciplina che

egli andava costruendo e formalizzando fosse scientificamente rispettabile, fu “costretto” a posizionare

la sua psicoanalisi tra le scienze della natura (Freud, 1924, p. 125; 1938, p. 585). Configurare la

metapsicologia in termini fisicalisti e energetisti gli consentì l’operazione. Ma Freud non fece mai i conti con

il paradosso epistemico nel quale si era infilato: includere, per esigenze “superiori”, la psicoanalisi tra le

scienze della natura, portava a disconoscere che l’oggetto d’indagine era per sua natura umano e mal si

prestava a questa operazione di riduzionismo meccanico.

Pericolosamente in bilico tra un mondo di meccanismi (energia, omeostasi, cariche e scariche) e un

mondo di significati, sospesa tra quantità e qualità, affetta da una vocazione duale, la psicoanalisi marciò

verso il suo paradosso epistemico. Con ciò non voglio dire che lo statuto epistemico in Freud non

fosse univoco. Freud si proclama ed è scientista. Ma fu questa adesione che nella psicoanalisi provocò

come conseguenza un doppio volto, uno statuto misto: un po’ scienza della natura nella versione ufficiale,

un po’ scienza umana nella versione ufficiosa. Per sfuggire al paradosso che la psicoanalisi postfreudiana si

trovò tra le mani, si confezionarono risposte ad hoc, epistemicamente altrettanto improbabili, definendo la

psicoanalisi una scienza sui generis o “speciale” o addirittura una scienza a “statuto anomalo” (Morpurgo,

1981).

Alcuni invece denunciarono nella psicoanalisi la compromissoria presenza di due teorie che coabitavano

nel suo interno. Da una parte la teoria teorica, cioè la metapsicologia: l’apparato artificioso dei giochi

impersonali tradotti nei meccanismi economici che Freud aveva congetturato per conferire dignità

scientifica al suo modello e poterlo iscrivere nella “vera” scienza. Dall’altra la teoria clinica, profilata su

concetti più antropologici e meno astratti (il sintomo, il disagio, i vissuti, il conflitto) (Klein, 1976)².

Si pensò allora di adottare come soluzione il rasoio di Occam: sbarazzarsi d’un colpo degli orpelli della

metapsicologia, per utilizzare solo la teoria clinica. Ma la manovra non riuscì per l’ingenuità di

Page 4: L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI. UN ......Daniela De Robertis1 Ricerca Psicoanalitica, 2009, Anno XX, n.3, pp. 325-348. L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI

presumere che la teoria clinica vivesse di autonomia propria, non percependo che questa ultima era una

filiazione diretta della teoria teorica, perché contraeva legami profondi sia con la metapsicologia che con i

referenti epistemici alla base di essa.

Di fatto l’operazione si dimostrò molto più complessa e fu proprio ciò che la psicoanalisi postmoderna si

è trovata ad affrontare. Non era sufficiente una manovra di restyling, occorreva reinventare un modello

teorico fondato su una nuova piattaforma epistemica che tagliasse i ponti tra psicoanalisi e scientismo, in

modo tale che il paradosso epistemico si sarebbe sciolto come neve al sole. E così accadde, quando i tempi

furono propizi.

Vorrei soffermarmi, ripercorrendone le tappe, sulle condizioni che permisero alla psicoanalisi

postmoderna questa correzione epistemica di rotta.

I “killer” dello scientismo

Verso la fine dell’800 si produsse la crisi del positivismo e della concezione meccanicistica del mondo e

della scienza. Furono proprio le hard sciences ad accelerarne la fine.

In matematica la teoria degli insiemi, il logicismo e le geometrie non euclidee, ma soprattutto la fisica

subatomica, la meccanica quantistica, la meccanica ondulatoria, insieme al principio d’indeterminazione e

alla teoria della relatività, sono da considerarsi i motori del cambiamento.

La fisica subatomica, ad esempio, spalancando un nuovo dominio nel quale l’oggetto di studio non era

un fatto empiricamente osservabile, disconfermò il primato dell’approccio positivista alla scienza. Venne

così a cadere la validità della teoria della corrispondenza, un caposaldo della concezione positivista, in base

alla quale ciò che è nella mente dell’osservatore, cioè i dati della conoscenza, corrisponde esattamente a

ciò che si trova “là fuori” nella realtà. In altri termini si confutò l’idea veritativa della scienza, la credenza

che essa fosse depositaria della Verità. Di conseguenza fu colpita anche la concezione fondazionista e

riduzionista della scienza. Già Mach aveva denunciato quanto fosse indebita la pretesa di ridurre le

spiegazioni scientifiche ad un unico principio, preso a fondamento delle scienze: sorte che l’800 aveva

riservato al concetto di energia e posizione di cui Freud fu parte attiva, come testimonia la riconduzione

dello psichico all’esclusività del parametro energetico-pulsionale.

Oggi uno sguardo alle epistemologie del nostro tempo conferma che l’approccio scientista è assai poco

sostenibile³. Diversamente da come la pensava Freud e la scienza dell’epoca, il copyright scientifico di una

disciplina non è garantito dalla natura del suo oggetto: lo studio dell’atomo non è di per sé più scientifico

dello studio della rivoluzione bolscevica. La garanzia di scientificità non si ritrova nelle caratteristiche

dell’oggetto di studio, naturalistiche o umane che siano, ma è data dal rigore e dal criticismo delle

procedure e del metodo perseguito dall’osservatore .

Questa svolta che ha caratterizzato la New Episthemology, da Popper ad oggi, ha depotenziato il primato

assoluto delle scienze della natura, facendo cadere la rigida demarcazione scientista tra scienze naturali e

scienze umane, e di conseguenza ha riabilitato le scienze antropologiche come forma di sapere di uguale

dignità scientifica. L’evento non può non aver avuto una felice ripercussione sulla psicoanalisi,

consentendole di sciogliersi dai lacci dello scientismo e di svincolarsi dal paradosso epistemico nel quale si

era incartata, bloccata, come l’asino di Buridano, nel dilemma tra la necessità di essere scientifica e

rinunciare alla natura dei suoi dati e l’esigenza di rispettare la natura dei suoi dati e rinunciare alla sua

scientificità.

L’epistemologia contemporanea non ritiene che sia l’oggetto e le sue fattezze a garantire la scientificità

di una disciplina, ma che, indipendentemente dal tipo di oggetto indagato, siano le procedure “mentali”

adottate dallo studioso. Perciò è inutile contrapporre un oggetto ad un altro, un metodo ad un altro, il

sapere è sempre dell’uomo. Allora si apre una terza via che è quella che indaga le procedure di costruzione

degli oggetti del sapere (Borutti, 1999). Ciò significa che la logica del discorso si è spostata dall’attenzione

Page 5: L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI. UN ......Daniela De Robertis1 Ricerca Psicoanalitica, 2009, Anno XX, n.3, pp. 325-348. L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI

all’oggetto conosciuto, approccio di marca positivista e scientista, all’attenzione al soggetto conoscente,

approccio di marca cognitivista e costruttivista.

La dualità delle scienze e il primato di quelle naturalistiche aveva rimosso il soggetto dall’atto della

conoscenza. In tal senso le attuali filosofie della scienza rappresentano una restitutio del soggetto e

un’enfasi sulle attività mentali dell’osservatore, che ha fatto parlare di “ritorno a Kant”, nel senso di

privilegiare l’attenzione sugli schemi mentali messi in campo nella conoscenza. E se ciò è applicabile a tutte

le discipline, sia quelle a matrice naturalistica che quelle a matrice antropologica, la centralità del soggetto

conoscente è un concetto che lavora a favore di un ritorno all’unità della scienza (Lanni, 2005), unità che lo

scientismo aveva frazionato.

Lo scientismo ovvero l’asino di Buridano

Però ora vediamo come reagì la psicoanalisi alle varie accuse di non scientificità a partire dagli anni ’60.

Due furono in sintesi le manovre adottate. Entrambe, rilette a distanza, denunciano una strategia

difensiva. Una risposta fu quella di autoproclamarsi una scienza sui generis o una scienza a statuto

speciale. L’altra risposta, stringendo i legami con l’ermeneutica, fu quella di proclamarsi un’ermeneutica in

quanto dottrina dei significati.

La prima risposta è epistemicamente alquanto discutibile, perché uno statuto scientifico “speciale” è

un non-sense: qualsiasi sapere, per essere scientifico, deve sottostare a un vaglio di scientificità che si

presuppone consensuale e non autoproclamato, perché a nessuno è consentito credersi una scienza

“particolare” e costruirsi la propria identità scientifica per conto proprio e in modo personale.

La seconda risposta testimonia l’atteggiamento implicito che motivò la psicoanalisi a

rivolgersi all’ermeneutica. Ritenendo l’esigenza di essere scientifica una pretesa che non le competeva, si

rivolse ad un ambito nel quale nessuno avrebbe richiesto più di tanto verifiche scientifiche. Ritenere la

psicoanalisi un’ermeneutica esprimeva tuttavia una posizione che continuava a muoversi all’interno dello

scientismo e della sua logica di out-out. Il gioco messo in atto sembra essere stato quello della coperta

troppo stretta: infatti se, dato il suo interesse antropologico, per la psicoanalisi non era congruo occupare

un posto tra le scienze della natura, l’alternativa era quella di conquistare una postazione tra le discipline

umane (De Robertis, 1993), cercando rifugio in casa della parente povera, ovvero presso un tipo di sapere

di serie B. L’ermeneutica infatti, come tutte le scienze umane, veniva considerata costituzionalmente più

fallibile, opinabile e incerta, denunciando un tasso di relativismo semplicemente per il fatto di non essere

ritenuta nomologica, cioè di rappresentare una forma di conoscenza i cui dati non possono essere

traducibili in leggi.

Ne consegue che essersi assimilata all’ermeneutica è stato un comodo alibi per la psicoanalisi per

proiettare i limiti scientifici sul suo oggetto e per non fare i conti invece con la fragilità delle misure

scientifiche adottate dagli psicoanalisti. In altri termini una contromisura per evitare di riflettere sulla

considerazione che non è l’oggetto, ma è il soggetto, che, adottando metodologie consensuali e

validate, garantisce spessore scientifico alla propria disciplina, al di là se essa si occupi di fatti umani, non

umani, direttamente o indirettamente osservabili, riconducibili a leggi o invece dotati di relativa e non

assoluta predittività4.

Lo scientismo ha innescato una reazione a catena

La fedeltà di Freud, e poi del postfreudismo, ad una concezione della scienza di tipo scientista, non è

stata una scelta da poco e tanto meno circoscrivibile. Piuttosto essa ha funzionato da motore primo che ha

innescato, come una reazione a catena, una pioggia di conseguenze responsabili di aver compromesso il

rigore scientifico del discorso psicoanalitico.

Page 6: L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI. UN ......Daniela De Robertis1 Ricerca Psicoanalitica, 2009, Anno XX, n.3, pp. 325-348. L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI

A questo proposito è possibile individuare l’esito di tali effetti in alcuni ambiti dove si sono

concentrate le carenze endemiche per le quali il modello standard della psicoanalisi ha prestato il fianco

all’impossibilità di essere rubricato tra le discipline dotate di rispettabilità scientifica.

Gli ambiti che qui riporto non sono certo separabili, ma contraggono rapporti di causa-effetto reciproci,

come emergerà nel corso del discorso:

- l’autoconvalida e l’autoreferenzialità, come posizione autogiustificatoria;

- la chiusura rispetto alle altre scienze in generale e, in particolare alle scienze affini e confinarie;

- la mancanza, a livello teorico, di procedure di validazione degli assunti e dei costrutti del modello di

funzionamento psichico;

- l’assenza, a livello operativo, di un’euristica della ricerca, volta ad indagare non solo l’efficacia dell’azione

terapeutica (il curare), ma soprattutto l’efficienza di essa (come e perché cura);

- il deficit di procedure a carico dell’osservazione naturalistica.

L’autoconvalida e l’autoreferenzialità come forme di “autismo” epistemico

Disponiamo di vari riscontri che attestano in che misura le convalide che la psicoanalisi si è data

assunsero la forma di un’autoconvalida, in nome del presupposto che essa si giustifichi da sola e di per sé,

come compito di sua esclusiva e insindacabile pertinenza.

Sebbene all’interno del campo abbiano giocato anche variabili personali e politico-istituzionali, da un

punto di vista epistemico la pretesa deriva da vari assunti, tutti afferenti alla matrice scientista. In primo

luogo la concezione veritativa e fondazionista della scienza, veicolata dallo scientismo, secondo cui solo le

scienze naturali (fisiche e matematiche) detengono il potere di avere in mano i fondamenti dei fenomeni

e sono depositarie di verità assoluta. Una visione “hard” della scienza, assai lontana dall’attuale

epistemologia che va proponendo una concezione fallibilista e autocorrettiva delle proposizioni

scientifiche.

Come la storia della scienza insegna, la consapevolezza del carattere storico e temporale della scienza

induce ad attribuire ad essa una valenza provvisoria e relativa, nel senso di approssimazione alla verità e

non di possesso compiuto di essa. La rinuncia alle certezze della scienza significa che le risposte utili a

spiegare come stiano le cose saranno provvisorie e rivisitabili. Tuttavia che il sapere sia una “congettura”

non significa che sia una “favola”, in quanto le congetture sono scientifiche e non favolistiche proprio

perché si dispongono alla smentita o alla conferma.

Ma a quei tempi si credeva che la scienza, come scienza della natura, detenesse verità incontrovertibili.

Dunque la psicoanalisi, proclamata da Freud scienza della natura, finiva, quasi per virtuosa contaminatio,

per godere del possesso di verità incontrovertibili, tali, e questo e il punto nevralgico, da rendere superfluo

ogni ulteriore accertamento e qualsiasi verifica sul fronte della giustificazione dei suoi assunti. Come se

implicitamente per Freud il fisicalismo del modello psicoanalitico costituisse una sorta di corazza magica

che rendeva la psicoanalisi invulnerabile.

Un altro puntello fu l’adesione freudiana alla teoria della corrispondenza, altro corollario dello

scientismo. Per corrispondenza s’intendeva sottolineare che il pensiero, nell’atto del conoscere

rispecchiasse la realtà, vi aderisse perfettamente e quindi la scienza restituisse l’immagine di come stiano

“veramente” le cose “lì fuori”. Si tratta di ciò che oggi viene definito l’occhio di Dio, come espressione di

una conoscenza pura e immacolata, poco credibile per le attuali filosofie della scienza che inseriscono tra i

fenomeni e l’osservatore lo sguardo dell’osservatore che, leggendo, non rispecchia, ma “costruisce” e

interpreta i fenomeni. Da questo punto di vista decade la ripartizione tra scienze vere e scienze più

approssimative, tra scienze che osservano e registrano i fatti e scienze che interpretano i fatti. Anche in

questo caso assistiamo a un’operazione volta a ripristinare l’unità metodologica della scienza, nel momento

Page 7: L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI. UN ......Daniela De Robertis1 Ricerca Psicoanalitica, 2009, Anno XX, n.3, pp. 325-348. L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI

in cui si riconosce la valenza costruttivista di tutte le scienze, nessuna delle quali afferra la verità, ma tutte

costruiscono le rispettive conoscenze.

Ma tornando a Freud, non è un caso che il sapere psicoanalitico sia autoconfermante, perché verità e

giustificazione sono termini che si escludono a vicenda. Perché mai bisognerebbe dimostrare ciò che è

vero?

Refrattario ad ogni controllo pubblico, il sistema psicoanalitico è stato concepito nel diritto di eludere

qualsiasi prova e controllo che non fosse dato da se stesso e dal suo interno5.

E così la fiducia a priori nella verità rese irrilevante qualsiasi referente probatorio che si situasse fuori

della circolarità interna tra teoria e clinica. Si tratta dello Junktim, il “legame inscindibile”: i dati teorici

confermano i fatti clinici e i fatti clinici vanno a riconfermare i dati teorici. Un procedimento

autoreferenziale che ha alimentato il circolo vizioso della reciproca validazione tra livello teorico e

livello clinico, tra teoria e prassi. Questa attitudine autoreferenziale ha portato la psicoanalisi a disertare

per lungo tempo la riflessione sulla valenza terapeutica della cura psicoanalitica, ovvero quell’area di

sperimentazione che oggi è rappresentata dalla ricerca extra-setting e dal discorso sulle meta-analisi.

Chiusura e isolazionismo: i figli dell’autoconvalida

Il regime di autoconvalida è stata uno dei fattori che ha portato all’isolazionismo della psicoanalisi. Una

sorta di statuto autarchico che ha depotenziato, privandola del confronto, le indubbie risorse di cui essa

avrebbe potuto disporre nell’interfacciarsi non solo con le scienze affini e confinarie ma anche con il

panorama scientifico in generale.

Contestualizzando le origini della psicoanalisi in questo caso si può spezzare una lancia a favore di Freud.

In una lettera a Marie Bonaparte Freud confessa che, a differenza degli scienziati che attingevano ad una

lunga tradizione, guidati dai grandi del passato, egli fu costretto a lavorare “solo” e “nel buio” (cit. in Gay,

1985, p. 69 e n. p. 85). Questa solitudine è verosimile per le origini della psicoanalisi, che, storicamente

priva di possibilità di dialogo, si muoveva in un panorama pressoché deserto, dove spiccava la psicologia

sensorialistica, addirittura considerata una branca della fisiologia, e la psichiatria organicista. Ma

l’isolazionismo della psicoanalisi si protrasse a lungo, anche quando il panorama della psicologia era

cambiato, diventando un’identità non facilmente superabile. Essa restò incurante ai rumori esterni e anche

all’epoca della crescita della psicologia non fu incuriosita dai dati delle sperimentazioni e delle ricerche,

comprese le rivoluzioni che il dominio psicologico andava effettuando. La crescita delle scienze psicologiche

fu considerato altro o a parte rispetto alla psicoanalisi. Un mondo parallelo, vissuto con

un habitus d’indifferenza che spesso ha assunto toni di rivalsa e di conflitto, orientati dalla preoccupazione

di vedere erosi pezzi del proprio territorio.

La logica della dimostrazione: un procedimento superfluo

La psicoanalisi, così euristica e creativa sul fronte della scoperta, non è stata altrettanto attiva e

produttiva sul fronte della giustificazione (Popper, 1959). L’abitudine ad usare procedure autogiustificatorie

ha indotto la psicoanalisi ad eludere i grandi temi su cui si basa il controllo di qualità di qualsiasi disciplina:

temi che riguardano la convalida dei propri assunti, la verifica dei risultati, il confronto con altre aree

disciplinari, le modalità di trasmissione e comunicazione del proprio sapere.

L’esigenza della giustificazione degli enunciati scientifici non riguarda tanto cosa essi vadano

affermando, quanto come sia dimostrabile ciò che essi affermano (Kosso, 1992). Freud conosceva molto

bene i metodi sperimentali, avendoli impiegati nell’ambito neuroanatomico, in particolar modo

nell’istologia. È sorprendente che questa prassi, da lui stesso ottemperata, non venisse poi trasferita, non

certo come tipo di metodologie, ma come forma mentis, al nuovo ambito psicoanalitico (Jervis, 1993, p.

116). Perché mai Freud lasciò nel laboratorio di Brücke il rigore delle verifiche, lo zelo dell’osservazione?

Page 8: L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI. UN ......Daniela De Robertis1 Ricerca Psicoanalitica, 2009, Anno XX, n.3, pp. 325-348. L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI

Una possibile risposta è rintracciabile nell’ambiguità di fondo nel quale Freud si era infilato, nel momento in

cui aveva catalogato la psicoanalisi tra le scienze della natura. Certo non si sarebbero potuto validare i dati

di una scienza umana con lo stesso tipo di procedure valide per le scienze fisiche. Era il doppio volto della

psicoanalisi a mettere in scacco l’applicazione di normative di convalida. A causa dell’ambiguità di fondo su

cui viaggiava la psicoanalisi gli ingranaggi delle verifiche sarebbero girati a vuoto. Infatti come si sarebbero

potuti sottoporre a verifica enunciati teorici come l’energia psichica, il principio omeostatico, la scarica?

Come sottolinearono, dopo Nagel, anche i postrapaportiani Rubinstein in testa (Rubinstein, 1973), i

concetti psicoanalitici non erano aggredibili e, non soggetti né a smentita, né a conferma, sgusciavano tra le

maglie della verifica, perché erano astratti e pertanto non osservabili. In conclusione era il modello

psicoanalitico, proprio per come era congeniato e epistemicamente impostato a sabotare la verifica.

L’ampio tema della mancanza di verifica (Caretti, 1985) rimanda ad un ulteriore ambito in cui la psicoanalisi

si dimostrò difettosa: l’osservazione naturalistica.

L’osservazione naturalistica: il grande assente

Una delle procedure più disertate dalla psicoanalisi, che ha prodotto sacche di notevole fragilità

scientifica, è proprio quella dell’osservazione. Ne porta le tracce il modello evolutivo e la psicologia

dell’infanzia: ignorato dall’osservazione, l’immagine del bambino freudiano, kleiniano e anche

postfreudiano, è desunta, con un procedimento retrogrado, a partire dall’adulto della clinica. E quando, per

fortuna, si cominciò a guardare in faccia questo oggetto sconosciuto, ce ne volle ancora di tempo

perché l’osservazione fosse effettuata nel rispetto delle condizioni naturalistiche. Bowlby denunciava lo

scollamento che la psicoanalisi aveva consumato tra teoria e osservazione. Di parere contrario sembra

essere stato Freud, dal momento che non si peritò di affermare che “gli assunti della psicoanalisi sono

basati su una quantità enorme di dati ed esperienze” (Freud, 1938, p. 571; cfr. anche Freud, 1924, p. 125).

Da dove viene questa posizione? Per la psicoanalisi per “quantità enorme di dati ed esperienze” s’intende

quello che proviene dalla stanza dell’analisi, considerata la fonte dei dati.

Ma lo spazio dell’intervento clinico, nulla togliendo alla spontaneità dell’analista nell’usare la teoria non

come un formulario, ma in modo creativo e non protocollare, è già un luogo “secondo”, perché dovrebbe

risultare uno spazio applicativo e unmomento successivo rispetto allo spazio della teorizzazione e della

verifica di essa. Il fatto è che la psicoanalisi non ha distinto l’ambito della formulazione e della verifica

sperimentale degli assunti dallo spazio operativo dell’applicazione di essi. Usando indebitamente i dati

provenienti dalla stanza dell’analisi, ha creato la cultura dell’autogiustificazione e ha chiuso le porte

all’osservazione e alla verifica. Procedure che dovrebbero essere condotte in spazi “esterni”.

La mancanza di procedure di valutazione e controllo è responsabile anche di un bizzarro modo di

procedere del freudismo. Ad esempio, le ipotesi che spesso Freud prospetta, e che propone come istanze

provvisorie, finiscono col diventare, senza alcuna forma di verifica, ma semplicemente col passare del

tempo, verità indiscusse e indiscutibili (Zusman et al., 2007). Altrettanto accade per enunciati avanzati sotto

forma di metafora. L’esempio più vistoso è l’apparato psichico del VII capitolo (Freud, 1900): presentato

come formula metaforica, si converte nell’asse portante del modello metapsicologico. È pur vero che

all’interno della scienza è ammessa la presenza del linguaggio metaforico (le metafore costitutive), che

svolge una funzione conoscitiva che può facilitare la ricerca. La metafora infatti può essere uno strumento

utile al raggiungimento della spiegazione, come momento intuitivo da parte dello scienziato, che,

difettando di un linguaggio esplicito, rispondente e tecnico, si può avvalere di un linguaggio per immagini,

in adozione in forma provvisoria in una fase di gestazione (Boyd e Kuhn, 1980; Gagliasco, 2001) . Ma

nella psicoanalisi le metafore in adozione, sono diventate uno stato permanente e non provvisorio del

sistema, convertite direttamente in concetti, senza l’intervento di alcuna verifica.

Page 9: L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI. UN ......Daniela De Robertis1 Ricerca Psicoanalitica, 2009, Anno XX, n.3, pp. 325-348. L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI

Alcune buone ragioni per puntare sulla rispettabilità epistemica della psicoanalisi postmoderna

Concludendo questa prima parte, volevo sottolineare che la psicoanalisi standard è caduta nella

trappola dello scientismo. Continuando a credere, come successe a Freud, che lo scientismo fosse la scienza

e non il modo ottocentesco di concepire la scienza, ora si è proclamata scienza della natura, seguendo la

definizione freudiana o all’opposto si è proclamata ermeneutica. Tuttavia nell’un caso come nell’altro, la

sostanza non cambiava, perché entrambe le risposte si posizionavano all’interno della concezione del

sapere operata dallo scientismo (Clarke, 1997). Attualmente questa concezione che separa le scienze è

tramontata ed è tornata alla ribalta un’idea unificata di scienza, fondata sul criticismo del metodo che

accomuna tutte le discipline, fatto salvo la morfologia specifica dell’oggetto di studio che modellerà a sua

volta il tipo di “lessico”, di procedure e di metodiche adottate.

Gli steccati che delimitavano le hard sciences depositarie di verità dalle soft sciences, più fallibili e

relativistiche sono venuti a cadere nel momento in cui la scienza ha dismesso le sue pretese di verità certe

e indiscutibili. Scienze naturalistiche e scienze antropologiche allora si vanno riavvicinando, in base alla

considerazione che, se le teorie scientifiche non riproducono la realtà, di conseguenza saranno il prodotto

di un’interpretazione della realtà, nel senso di essere polarità concettuali che sfruttano i dati, ma non sono

derivate in presa diretta dai dati. La realtà non si trova preconfezionata nella conoscenza, non è

oggettivamente data, ma dipende dall’osservatore e dal contesto, ossia non dipende da come il mondo è,

ma da come viene concepito da colui che lo osserva. Ne deriva l’idea che la conoscenza scientifica non

abbia un valore ontologico, ma un valore cognitivo e che il grado di scientificità di una scienza stia in ciò che

funziona, nel suo valore d’uso, nella sua capacità di fornire spiegazioni circa un determinato ambito di

fenomeni e nel suo successo nel prevedere e gestire eventi fino a quel momento sconosciuti. Questa virata

costruttivista, che vede nelle teorie scientifiche costrutti interpretativi e non riproduzioni della realtà, ha

avuto una ricaduta eccellente sulla psicoanalisi postmoderna. I tempi erano propizi per abbattere le

pregiudiziali di marca scientista, che in modo aprioristico tenevano la psicoanalisi fuori dai confini della

scienza.

Ne consegue che le condizioni di scientificità della psicoanalisi attuale risiedono in due premesse. La

prima esterna, l’altra interna alla psicoanalisi.

La prima riguarda la considerazione di base che le nuove epistemologie a matrice costruttivista e

funzionalista consentono al sapere antropologico, e quindi alla psicoanalisi, il novero tra le scienze.

La seconda si riferisce al fatto che la psicoanalisi, per essere annoverata tra le scienze, dimostri di

ottemperare ai requisiti di scientificità, che sono a carico non del suo oggetto, ma del modus operandi della

comunità psicoanalitica.

La psicoanalisi “relazionale” ha operato svolte concettuali all’insegna di una revisione profonda rispetto

alla tradizione. Non soltanto l’intervento clinico si è rimodellato in funzione dei nuovi costrutti teorici, ma

anche il livello teorico è statoimpostato su referenti epistemici di diversa matrice: l’epistemologia

psicoanalitica contemporanea non è posizionata sullo scientismo, ma è improntata sull’approccio

costruttivista che caratterizza i rappresentanti del pur variegato pianeta relazionale (Richards, 2003).

Disporre di un modello teorico fondato su una nuova piattaforma epistemica che tagliasse i ponti tra

psicoanalisi e scientismo, ha fatto sì che il paradosso epistemico si sciogliesse come neve al sole.

Ma non è tutto qui.

L’adesione della psicoanalisi contemporanea al paradigma costruttivista testimonia in che misura la

psicoanalisi non viva del suo passato, ma nel suo presente: non persegua una visione autoreferenziale, ma

risulti aperta all’esterno, confrontandosicon la concezione della scienza vigente e adottandone i parametri.

Il fatto che la psicoanalisi adotti un’epistemologia condivisa è già di per sé una preliminare garanzia di

scientificità per costruire un sapere su basi epistemiche rispettabili.

Page 10: L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI. UN ......Daniela De Robertis1 Ricerca Psicoanalitica, 2009, Anno XX, n.3, pp. 325-348. L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI

Infatti la scientificità, per come è concepita dalla nostra cultura, non consiste solo nelle verifiche

sperimentali, ma anche nella condivisibilità dei presupposti e nel confronto intersoggettivo con le altre

forme di sapere. In altri termini non saranno sologli strumenti di verifica a saturare il grado di scientificità

della psicoanalisi; è altrettanto importante che essa si presti ad essere un veicolo sociale , nel senso che una

teoria, per essere scientifica, deve produrre conoscenze negoziate e condivise all’interno del dialogo

interdisciplinare. Aver negoziato e condiviso il paradigma epistemico ne è già una prova.

Vista la premessa, proviamo a rivisitare le aree in cui prospettavo, si fossero concentrate, come in un

collo di bottiglia, le carenze scientifiche del modello standard della psicoanalisi, per verificare se le versioni

postmoderne si muovano in maniera diversa.

Passando in rassegna i concetti che animano gli attuali orientamenti psicoanalitici, ci si accorge che molti

di essi sono tributari degli apporti forniti da altre scienze, più o meno affini.

La psicoanalisi, nel riflettere sui suoi dispositivi concettuali, sembra ufficializzare la posizione che non sia

solo l’osservazione clinica a convalidare il modello psicoanalitico, ma una riflessione interna orientata sugli

stimoli forniti dalle scienze affini e non (Gedo, 1996).

È significativo in tal senso che i più vistosi cambiamenti degli ultimi decenni si siano verificati grazie alle

riflessioni e alle “appropriazioni” che la psicoanalisi ha operato sui risultati raggiunti da un ventaglio di

domini disciplinari ad essa anche eterogenei. Si tratta di una sollecitazione che ha stimolato la psicoanalisi

ad aprirsi ai contributi delle altre scienze, interrogandosi, con un atteggiamento di autonomia critica e

costruttiva, non di sudditanza, come accadde per l’omaggio al fisicalismo, sulle misure di utilizzazione dei

nuovi dati provenienti da settori limitrofi e non (Olds e Cooper, 1997).

Un trend a testimonianza che la psicoanalisi sta maneggiando un nuovo know how, non limitandosi ad

essere incuriosita dalla trasversalità delle proposte, ad essere disponibile all’ibridazione epistemica, ma già

impiantando strategie di costruzione di nuovi assunti teorici e nuovi orientamenti, che, sebbene

diversificati tra loro, hanno comunque il pregio di condividere logiche e matrici comuni al pensiero

postmoderno a cui tutta la Grande Scienza appartiene (Dorato, 2007).

Si tratta di un lavoro di confronto che costituisce una sorta di ricerca concettuale: è importante

osservare anche quello che fanno gli altri e farsene stimolare, senza il timore di perdere l’”esclusività”

dell’osservazione. Come sottolineò von Mises (1939) i progressi scientifici talvolta possono originarsi dal

chiarimento di problemi che si trovano al confine di settori disciplinari che fino a quel momento erano stati

considerati in termini strettamente separabili. Assumere un focus integrato nel confronto tra competenze

appartenente a domini diversi fornisce elementi reciprocamente fruibili. La scientificità di qualsiasi

disciplina e di ogni ricerca sta nell’assumere una posizione cross-over con le altre discipline. Ogni disciplina

andrebbe pensata come una scienza di confine, una disciplina non separata, ma che confina con altre. Le

situazioni confinarie modificano entrambi gli ambiti. Ci troviamo davanti a quello che l’epistemologia

chiama Teoria dell’intercampo, secondo la quale, nel momento in cui lo stesso fenomeno è studiato da

varie angolazioni disciplinari, possono operarsi interconnessioni reciproche, che lungi dal ridurre una teoria

all’altra, lavorano e riflettono sulle interconnessioni, creando appunto un intercampo.

Ma c’è di più. Il momento di confronto, oltre ad essere un momento scientifico, è anche un momento

etico e dialogico, nella misura in cui funziona da riflessione sui propri strumenti di lavoro e da indice di

controllo sulle ipotesi del ricercatore. È bene tenere presente che l’operare scientifico è innanzitutto un

vettore sociale: l’esigenza del confronto poggia sulla necessità della convergenza dei risultati e della

controllabilità sociale, all’interno di un linguaggio comune. Ogni verifica scientifica è essenzialmente una

verifica linguistica e intersoggettiva, interna al dialogo interdisciplinare e resa possibile da una terminologia

condivisa (De Robertis, 2004).

Page 11: L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI. UN ......Daniela De Robertis1 Ricerca Psicoanalitica, 2009, Anno XX, n.3, pp. 325-348. L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI

Sotto questo profilo - solo per citare alcune testimonianze - dietro il concetto di prospettivismo

(Stolorow et al., 1997) e di intersoggettività (Stolorow et all. 1994; Stolorow e Atwood, 1992; 1996) c'è la

teoria dei sistemi complessi (Stolorow, 1995; 1997), esplorata dalla fisica, dalla biologia e dalle

epistemologie sulla teoria del caos, che la psicoanalisi ha preso a modello della complessità dei mondi

psicologici (Sander, 2002; Tronick, 1998).

Il bipersonalismo è stato stimolato dal costruzionismo sociale (Gill 1994; Hoffman 1983; 1994) di Pearce

e di Shotter (Gergen, 1985). Anche le scienze sociali sono diventate fruibili per la psicoanalisi sotto l’impulso

del relational track e della “motivazione sociale”.

Il “neonato competente” e il “bambino intelligente” della I. R. rappresentano la risposta psicoanalitica ai

risultati della psicologia dello sviluppo. Le “RIG” di Stern, gli IWM di Bowlby, i “principi organizzatori “ e gli “

stati attrattori” di Stolorow, le “scene modello” di Lachmann, il “piano inconscio” e le “credenze patogene”

di Sampson e Weiss sono modi psicoanalitici per declinare i costrutti della scienza cognitiva degli “scripts” e

degli “schemata”.

Le nuove concettualizzazioni psicoanalitiche sulla motivazione e sui sistemi motivazionali (Lichtenberg,

1989) sono mediate dagli assunti della scienza informatico-cognitiva (P.D.P.).

Gli apporti dell’etologia (R.A. Hinde, 1983), hanno improntato la revisione del concetto di fase, periodo

critico, discontinuità dello sviluppo, fissazione, regressione, ecc..

La psicologia delle emozioni ha rimodellato il concetto di affetto (Emde, 1989; Emde e Buchsbaum,

1993), relazionando l'esperienza affettiva ai sistemi di cognizione (Tomkins, 1991).

Per quel che riguarda la memoria, tema centrale della narrazione clinica, l'attenzione ai dati della

psicobiologia del ricordo ha permesso di puntare alla narrazione in modo alternativo rispetto al recupero

archeologico; analogamente i risultati delle neuroscienze hanno stimolato la psicoanalisi a riformulare il

quadro mnestico in base alla memoria implicita.

Il nuovo focus interpretativo al sogno (Fosshage, 1997) è solidale con i risultati delle neuroscienze

cognitive. E non da ultimo il concetto di inconscio sta acquisendo una più vasta articolazione e un più ampio

respiro, tributario dei contributi delle scienze cognitive e della psiconeurobiologia.

Anche la scoperta dei neuroni specchio, al di là di facili riduzionismi cui è oggetto, ha spinto la

psicoanalisi a rileggere i dispositivi di comprensione all’interno delle facoltà metacognitive, in rapporto agli

schemi di previsionalità, ma anche alle capacità di autoriflessione (Fonagy e Target, 2001).

La lista potrebbe proseguire, includendo gli autori che, all’interno della psicoanalisi, si sono rivolti alla

linguistica, alla semiotica, alla storiografia, alla filosofia della mente, ecc..

Iniziare a parlare una lingua comune come membri di una comunità scientifica allargata è la prova di

quanto, ormai da tempo, la psicoanalisi abbia spezzato quel linguaggio separatista a monte della passata

fragilità scientifica. Ma è anche l’attestato di un linguaggio convalidato, perché un sapere condiviso è già un

sapere convalidato.

Ma non basta. Altre forme di verifica devono essere percorse dalla psicoanalisi, tenendo conto anche

della sua fisionomia. La psicoanalisi infatti non è una filosofia, né una weltanschauung e tanto meno una

dottrina esegetica. Non lo è per il semplice fatto che la sua finalità è la cura e questo obiettivo la rende un

sistema concettuale provvisto di tecnica. Allora, in quanto scienza applicata, la psicoanalisi è chiamata a

gestire un versante operazionale e quindi non può esimersi dal fare i conti con le verifiche della propria

operatività. Per verifiche non mi riferisco solo alla convalida dell’efficacia della terapia, ovvero sull’esito e i

risultati della cura (outcome research), quanto alle ricerche sull’efficienza della terapia (process research).

Queste ultime, attivate fin dagli anni ’70, sono guidate non tanto, e non solo, dall’interrogativo se la

psicoanalisi curi, ma come essa curi, concentrandosi nella verifica extrasetting, sui fattori e sul processo di

cambiamento. Un laboratorio le cui ipotesi da verificare riguardano cosa la terapia metta in campo, come

funzioni e come si realizzi questo funzionamento (Fava e Masserini, 2002; Lambert, 2003).

Page 12: L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI. UN ......Daniela De Robertis1 Ricerca Psicoanalitica, 2009, Anno XX, n.3, pp. 325-348. L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI

Infine vorrei sottolineare che l’ampio tema della verifica in psicoanalisi non chiama in causa soltanto le

implicazioni del risvolto operativo, ma riguarda anche gli assunti teorici del modello di riferimento, i quali

devono essere formulati in modo tale da essere disponibili alla verifica. A cominciare dal freudismo, la

psicoanalisi ha rotto i ponti tra teoria e osservazione, non considerando che non esistono conoscenze che

possano sottrarsi al confronto con la realtà, e quindi con l’esperienza. In questi termini ogni scienza, in

quanto produce teorie è empirica, nel senso di non poter fare a meno d’impiegare l’osservazione

naturalistica per formulare e convalidare i propri assunti.

Adottare la verifica empirica nel dominio psicoanalitico non vuol dire adottare strumenti peculiari alla

scienza tradizionale, ma confrontarsi con i dati dell’esperienza, che sono appunto empirici.

Il bambino freudiano prima e psicoanalitico poi, è risultato un bambino astratto e costruito in vitro,

perché non agganciato alla sperimentazione-osservazione. Un modello evolutivo e un’immagine

dell’infante confutate oggi dall’osservazioneempirica. Sono caduti così numerosi tratti inesistenti del

bambino psicoanalitico, non solo in riferimento alla sessualità, ma anche all’onnipotentismo, al narcisismo

e all’autismo primario, all’indifferenziazione e alla simbiosi. L’osservazione naturalistica, entrata in

adozione in psicoanalisi, ha restituito un bambino “osservato” e concreto, con funzionalità basate sulla

competenza sociale e i dispositivi adattivi. Un nuovo modello evolutivo e un nuovo volto dell’infanzia che è

la testimonianza più brillante dell’impegno della psicoanalisi postmoderna nel declinare gli assunti teorici

con l’osservazione naturalistica e la verifica empirica.

Concludendo, sembrerebbe che dal confronto epistemico tra psicoanalisi ieri e psicoanalisi oggi,

l’attuale psicoanalisi esca più equipaggiata da un punto di vista scientifico, dotata di strumenti che

la stanno traghettando da una credibilità scientifica costruita su palafitte ad un assetto scientifico con “base

sicura”. Infatti la psicoanalisi a matrice relazionale sta percorrendo traiettorie che poggiano su

piattaforme epistemiche più stabili, più coerenti e più condivise.

Storicamente stiamo assistendo ad una fase di “normalizzazione” epistemica della psicoanalisi, che

permette di nutrire ragionevoli speranze circa il guadagno di una rispettabilità scientifica, che, se forse oggi

non pienamente consumata, è legittimamente pensabile come futura e possibile.

Allora il problema che si apre è in relazione a quali metodi di costruzione e di verifica, sia degli assunti

teorici, che degli strumenti clinici, debbano essere impiegati. Metodi che siano rispettosi delle proprietà

dell’oggetto della psicoanalisi in riferimento al soggetto psichico, che non producano facili generalizzazioni,

che non restituiscano spiegazioni dualistiche, che sfuggano ai rischi di quelle metodiche modellate su un

naturalismo o su un riduzionismo ingenuo.

Molta strada è stata percorsa, molta ce ne sarà da fare.

Possiamo ritenerci soddisfatti.

NOTE

¹ I rappresentanti più di spicco, fautori della bipartizione epistemica del sapere lungo l’arco dell’800,

furono, cominciando da Droysen, Ampère, che distinse le scienze della natura o cosmologiche dalle scienze

dello spirito o noologiche; Du Bois Reymond, che propose la separazione tra scienze naturali e scienze

culturali; Dilthey che ne sottolineò la diversità del metodo nell’approccio all’oggetto: le prime regolate

dal cognoscere per causas, dalla conoscenza delle cause e dei meccanismi, dallo spiegare (versteben), le

seconde dal metodo della comprensione (erklären); Windelband che, chiamando nomografiche le scienze

della natura, intendeva mettere in primo piano la presenza di fenomeni ricorrenti e quindi iscrivibili in leggi,

individuando invece nelle scienze dello spirito, da lui chiamate idiografiche, la presenza di fenomeni

Page 13: L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI. UN ......Daniela De Robertis1 Ricerca Psicoanalitica, 2009, Anno XX, n.3, pp. 325-348. L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI

individuali e irrepetibili; schema riproposto anche da Rickert nel sostenere il carattere generalizzante delle

prime e il carattere individuante delle seconde.

² Anche Ricoeur individuò nella psicoanalisi “una duplice dimensione”, riferendosi ad un’energetica e

un’ermeneutica, ma senza attribuirgli alcuna sottolineatura critica, anzi ritenendo che questo “discorso

misto è la ragion d’essere della psicoanalisi” (Ricoeur, 1965, p. 85).

³ La considerazione che lo scientismo sia una concezione superata dalle attuali epistemologie, non

significa che non permanga come forma mentis culturale, se non inveterata, sicuramente dura a morire. 4 Anche le scienze fisiche infatti non sono assolutamente nomologiche, ma possono contemplare assunti

non prevedibili, come attesta l’impossibilità di prevedere esattamente la posizione istantanea dell’elettrone

intorno al nucleo. 5 A questo proposito torna esemplare il “caso” Rosenzweig. Il documento è una cartolina, è datata 1934

e porta la firma di Freud: si tratta della risposta al dottor Rosenzweig che aveva tentato di sottoporre a

verifica sperimentale extra-clinica un concetto di largo impiego psicoanalitico, la rimozione appunto.

Ecco il testo: “Caro dottor Rosenzweig ho esaminato con interesse i suoi studi sperimentali sulla validità

scientifica delle affermazioni psicoanalitiche. Non posso dare un gran valore a queste conferme, perché

l’abbondanza di osservazioni attendibili sulle quali queste affermazioni riposano, le rende indipendenti dalla

verifica sperimentale” (cit. in L. Postnam, 1962, p. 702).

BIBLIOGRAFIA

Assoun P.L. (1981) Introduzione all’epistemologia freudiana trad. it., Theoria, Roma-Napoli, 1988.

Borutti S. (1999) Filosofia delle scienze umane Mondatori, Milano.

Boyd R., Kuhn T. (1980) La metafora nella scienza trad. it., Feltrinelli, Milano, 1983.

Caretti V. (1985) Verso una concezione sistemica della natura umana in P. Repetti (a cura di) L’anima e il

compasso Theoria, Roma.

Clarke B.H. (1997) Hermeneutics and the “relational” turn: Schafer, Ricoeur, Gadamer and the Nature of

Psychoanalytic Subjectivity Psychoanal. Contemp. Thought, 20: 3-68.

De Robertis D. (1993) L'autoconvalida del modello e la fuga nella clinica R.P. Ricerca Psicoanalitica, V, 1-2: 33-45.

De Robertis D. (2004) Esigenza e difficoltà della verifica in Psicoanalisi Ricerca Psicoanalitica, Anno XV, 1: 7-21.

Dionigi I. (2007) I classici e la scienza Rizzoli, Milano.

Dorato M. (2007) Cosa c’entra l’anima con gli atomi? Introduzione alla teoria della scienza Laterza, Bari.

Emde R.N. (1989) L'esperienza relazionale nel bambino piccolo: aspetti evolutivi e affettivi in J. Sameroff , R.N. Emde (a

cura di) I disturbi delle relazioni nella prima infanzia trad. it., Bollati Boringhieri, Torino, 1991.

Emde R.N., Buchsbaum H.K. (1993) Verso una teoria psicoanalitica degli affetti: sviluppo emotivo e comunicazione

nell'infanzia in C. Riva Crugnola (a cura di) Lo sviluppo affettivo del bambino Cortina, Milano.

Fava E., Masserini C. (2002) Efficacia delle psicoterapie nel servizio pubblico FrancoAngeli, Milano.

Fonagy P., Target M. (2001) Attaccamento e funzione riflessiva Cortina, Milano.

Fosshage J.L. (1997) The Organizing Functions of Dream Mentation Contemp. Psychoanal., 33, 3: 429-458.

Freud S. (1900) L’interpretazione dei sogni OSF, vol. III, Boringhieri, Torino, 1967.

Freud S. (1924) Autobiografia OSF, vol. X, Boringhieri, Torino, 1978.

Freud S. (1938) Compendio OSF, vol. XI, Boringhieri, Torino, 1979.

Gagliasco E. (2001) La traccia del corpo nelle metafore cognitive Rivista di Psicoanalisi, XLVII, 4: 767-777.

Gay P. (1985) Storia e Psicoanalisi trad. it., Il Mulino, Bologna, 1989.

Gedo J.E. (1996) The language of psychoanalysis Analytic Press, Hillsdale, N. J.

Gergen K.J. (1985) The social constructionist movement in modern psychology Amer. Psychologist, 40, 3: 266-275.

Page 14: L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI. UN ......Daniela De Robertis1 Ricerca Psicoanalitica, 2009, Anno XX, n.3, pp. 325-348. L’AFFIDA ILITÀ SIENTIFICA DELLA PSICOANALISI

Gill M.M. (1994) Psicoanalisi in transizione trad. it., Cortina, Milano, 1996.

Grünbaum A. (1984) I fondamenti della psicoanalisi trad. it., Il Saggiatore, Milano, 1988.

Hinde R.A. (1983) Ethological contributions to the study of child development Wiley, New York.

Hoffman I.Z. (1983) Il paziente come interprete dell'esperienza dell'analista Psicoterapia e Scienze Umane, XXIX, 1: 5-

39, 1995.

Hook S. (1959) (a cura di) Psicoanalisi e metodo scientifico trad. it., Einaudi, Torino, 1967.

Jervis G. (1993) Fondamenti di psicologia dinamica Feltrinelli, Milano.

Klein G.S. (1959) Due teorie o una? in G.S. Klein Teoria psicoanalitica trad. it., Cortina, Milano, 1993.

Kosso P. (1992) Leggere il libro della natura. Introduzione alla filosofia della scienza trad. it., Il Mulino, Bologna, 1997.

Lambert M.J. (2003) Handbook of Psychotherapy and behavior Change John Wiley & Sons, New York.

Lanni A. (2005) (a cura di) Le due culture Marsilio,Venezia.

Lichtenberg J.D. (1989) Psicoanalisi e sistemi motivazionali trad. it., Cortina, Milano, 1995.

Mises R. (von) (1939) Kleines Lehrbuch des Positivismus W.P. Van Stockum and Zoon, The Hague.

Morpurgo E. (1981) Scientificità della psicoanalisi e psicoanalisi della scientificità in E. Morpurgo (a cura di) La

psicoanalisi tra scienza e filosofia Loescher, Torino, 1981.

Nagel E. (1959) Problemi motodologici della teoria psicoanalitica in S. Hook (a cura di) Psicoanalisi e metodo

scientifico trad. it., Einaudi, Torino,1967.

Olds D., Cooper A.M.(1997) Dialogues with other sciences: opportunities for mutual gain Intern. Journ. of Psychoan.,

78, 2: 219-225.

Popper K.R. (1959) La logica della scoperta scientifica trad. it., Einaudi, Torino, 1970.

Popper K.R. (1963) Congetture e confutazioni trad. it., Il Mulino, Bologna, 1972.

Postnam L. (1962) (ed.) Psychology in the making Knopf, New York.

Richards A.D. (2003) Psychoanalytic Discourse at the Turn of Our Century: A Plea for a Measure of Humility J. of

Amer. Psychoanal. Assn. 51 S: 73-89.

Ricoeur P. (1965) Della interpretazione. Saggio su Freud trad. it., Il Saggiatore, Milano, 1966.

Rubinstein B.B. (1973) On the logic of explanation in psychoanalysis Psychoanalysis and Contemporary Science, vol. 2:

338-358.

Sander L. W. ( 2002) Pensare differentemente Ricerca Psicoanalitica, XVI, 3: 267-300, 2005.

Stolorow R.D., Atwood G.E. (1992) I contesti dell'essere trad. it., Bollati Boringhieri, Torino, 1995.

Stolorow R. D., Atwood G. E. (1996) La prospettiva intersoggettiva R. P. Ricerca Psicoanalitica, VII, 1-2: 55-69.

Stolorow R.D., Atwood G.E., Brandchaft B. (1994) La prospettiva intersoggettiva trad. it., Borla, Roma, 1996.

Stolorow R.D., Orange D., Atwood G.E.(1997) Working intersubjectively; Contextualism in psychoanalytic practice J.

Amer. Acad. Psychoanal., 28: 564-567.

Tomkins S. (1991) Affect, imagery, consciousness vol. III, Anger and Fear Springer, New York.

Tronick E.Z. (1998) Dyadically expanded states of consciousness and the process of therapeutic change Infant Mental

Health Journal, 19, 3: 290-299.

Zusman J.A., Cheniaux E., de Freitas S. (2007) Psychoanalysis and change: Between curiosity and Faith J. of Psychoanal.

88, 1: 113-125.