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L’ architetto dei sogni Palazzo Elti, via Bini 10 aprile / 26 settembre 2010 Gemona del Friuli Gino Peressutti da Gemona a Cinecittà Disegni e progetti dell’architetto gemonese che ideò Cinecittà. Manifesti, materiali cinematografici e proiezioni dei film che fecero grande il cinema italiano.

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L’architetto dei sogni

Palazzo Elti , via Bini 10 aprile / 26 settembre 2010

G e m o n a d e l F r i u l i

Gino Peressutti da Gemona a CinecittàDisegni e progetti dell’architetto gemonese che ideò Cinecittà. Manifesti, materiali cinematografici e proiezioni dei film che fecero grande il cinema italiano.

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a più di settant’anni ormai “la vita diCinecittà si intreccia indissolubilmente con lastoria stessa del cinema italiano, europeo, mon-diale. Eppure Cinecittà appartiene da sempre, eforse oggi più di ieri, alle cronache cinematogra-fiche e di essa si parla per prefigurarne l’avve-nire, tanto quanto se ne magnifica il passato. Ciònon stupisce, perché il destino di questa com-plessa struttura è quella di precorrere i tempi, difornire utili intuizioni per il futuro.

Il cinema come industria, o meglio, comefelice connubio di razionalità industriale e dilibera creatività artistica sembra essere unaconquista culturale di oggi, frutto di un lungocammino teorico e di defatiganti diatribe traaddetti ai lavori. Cinecittà per suo conto, sem-plicemente, ovviamente verrebbe da dire, fun-ziona sin dalla nascita con ritmi industriali econ fantasia artigianale. Così oggi, mentrevelocemente evolvono i modi di produrre imma-

gini, di diffonderle, di offrirle al mercato, diconsumarle, Cinecittà si presenta come ilmeglio di ciò che fino ad ora si è inteso propor-re in quanto macchina per fare il cinema e con-temporaneamente si prefigura come strutturapotenzialmente disponibile ad ogni avventuranel più complesso mondo degli audiovisivi.Insomma su un impianto di base completo edefficiente è facile innestare il nuovo, sia in tec-nologie sia in tecniche e processi produttivi. Daqui il duplice vantaggio di una macchina super-collaudata per ciò che si fa abitualmente epronta a partire per ciò che si dovrà fare nelfuturo prossimo e remoto.”

Questo si può leggere in una pubblicazioneche presenta Cinecittà ai potenziali utenti italia-ni e stranieri. Ma pochi sanno che chi ha ideatoquesto straordinario complesso industrialeammirato dagli americani, amato dai grandiregisti italiani (primo fra tutti Federico Fellini),

utilizzato per le sue maestranze e per i suoi tea-tri di posa – dal 1937 ad oggi senza interruzione– sia per kolossal che per i film a piccolo bud-get, è stato l’architetto Gino Peressutti, nato aGemona il 21 giugno 1883 e morto a Padova il 4ottobre 1940.

Come ricorda Mario Quargnolo, “il gemoneseGiuseppe Marchetti, ne Il Friuli: uomini e tempi,si dimentica completamente del gemonese GinoPeressutti, l’architetto che progettò Cinecittà.Infatti questo personaggio notevolissimo (a lui sidevono, tra l’altro, i piani regolatori di diversecittà italiane) non è neppure menzionato nel suovoluminoso compendio, pur così fitto di nomi ecosì largo di riconoscimenti per tanti benemeri-ti nei campi più vari.”

La dimenticanza di Marchetti non è la sola:nonostante se ne parli da anni, sino ad ora nonè stata realizzata alcuna mostra o pubblicazione,né si è tentato di valorizzare in modo adeguato

l’opera di Peressutti (mentre molteplici sonostate le iniziative riguardanti l’altro grandearchitetto gemonese, Raimondo D’Aronco).

Eppure documenti e progetti sui quali farestudi e ricerche non mancano. Molti sono pre-senti presso gli eredi Peressutti a Padova; alcu-ni disegni sono conservati dalla Cineteca delFriuli; esistono articoli, cinegiornali e documen-tari sulla costruzione e l’inaugurazione diCinecittà e sono visionabili i tanti film lì girati oper i quali sono stati utilizzati i suoi laboratori disviluppo e stampa o di registrazione delle colon-ne sonore; a Gemona, nella Civica BibliotecaGlemonense Don Valentino Baldissera, si puòconsultare un “Album fotografico delle opere diGino Peressutti” e sempre a Gemona (accanto aPalazzo Gurisatti, sede della Cineteca del Friuli)sorge un edificio da lui progettato, casaSebastiano Della Marina, che oggi ospita il barristorante Al Duomo.

Casa Della Marina in una foto del 1908

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L’architetto dei sogni

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ino Peressutti nasce il 21 giugno del 1883a Gemona del Friuli. Inizia la sua carriera poco piùche ventenne. Nei primi anni del Novecento lasciail Friuli per seguire un progetto imponente, ilPensionato Universitario Francesco Petrarca o“Antonianum”, un edificio destinato a ospitare lasede dell’ordine dei Gesuiti a Padova e il relativocollegio per studenti universitari. Il notevole risul-tato ottenuto con questo primo incarico, affidato-gli dall’impresario gemonese Giambattista DellaMarina, è un vero e proprio apripista per il futurodi Gino Peressutti; gli viene infatti immediatamen-te conferito il titolo di “Architetto ad honorem”presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia.

Il giovane architetto è uno dei primi a pro-porre a Padova lo stile liberty, a cui si è avvici-nato – come testimonia il nipote GregorioBelloni Peressutti – durante un periodo di for-mazione in Austria.

Dopo la fase di sperimentazione liberty, testi-moniata anche da alcuni edifici realizzati lungo

Corso del Popolo, l’architetto ottiene negli anniVenti e Trenta incarichi professionali di sempremaggiore rilievo. È uno dei protagonisti del pianodi risanamento dei quartieri centrali di Padova e,sia in veste di architetto sia di imprenditore edile,realizza il nuovo quartiere giardino Vanzo, dove,oltre ai vari moduli abitativi, costruisce il palazzoEsedra, così chiamato per la forma della sua pian-ta, che si sviluppa attorno a una piazza semicirco-lare. Negli anni Trenta disegna due dei tre edificiche definiscono i confini di Piazza Insurrezione,sorti a suggello del risanamento, molto discusso,dell'antico quartiere di Santa Lucia, nel cuore dellacittà: sono i palazzi COGI, dal classicismo marca-to, e INPS, più vicino al razionalismo che caratte-rizzerà la progettazione di Cinecittà. A partire dal1935 fino al 1937 è impegnato nella creazione dellasua opera più importante, i grandiosi studi diCinecittà a Roma. Gino Peressutti muore a Padovanel 1940, a soli cinquantasette anni, nel periodopiù felice della sua carriera.

Tettoia mensa maestranze

Panoramica Gino Peressuttil’architetto gemonese che progettò Cinecittà

di Sara Martin

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Gemona rende omaggio al suo concittadino Gino Peressutti con una mostra chepresenta una selezione dei disegni originalirealizzati per il progetto di Cinecittà. Un’occasione unica per conoscere il lavorodi un importante personaggio attraverso lasua opera forse più significativa.

La genesi del progetto di Cinecittà

La storia di Cinecittà è stata codificata, studiata,elaborata e compresa soltanto dal punto di vistadella produzione cinematografica. Le sue importan-ti caratteristiche strutturali e architettoniche sono,invece, rimaste in una sorta di penombra per più disettant’anni. Anche se la documentazione necessa-ria alla ricostruzione delle motivazioni, delle sceltestilistiche, delle problematiche economiche, politi-che e architettoniche affrontate per la costruzionedei più grandi stabilimenti cinematografici d’Europaè limitata e frammentaria, è oggi doveroso provarea colmare tale lacuna. Lo studio del cinema deveessere affrontato anche attraverso i luoghi che glihanno assicurato l’esistenza. Il critico cinematogra-fico triestino Callisto Cosulich, chiamato a scriveredi Cinecittà per il volume curato da Franco MariottiCinecittà tra cronaca e storia 1937-1989, suggeri-sce che “se per ipotesi il cinema si ritaglierà un siapur piccolo spazio nella memoria collettiva, immagi-

no che, almeno da noi in Italia, le sue vestigia nonrisiederanno nei frammenti di pellicola, di nastrimagnetici e di videodischi, troppo caduchi per resi-stere all’usura dei millenni, bensì nei ruderi diCinecittà che verranno confusi con quelli delColosseo: un altro Colosseo, in cui si dirà lo spetta-colo della morte in diretta era stato abolito, ancheperché il nuovo culto, avendo sostituito la realtà conla finzione, non obbligava nessuno a morire vera-mente per la propria fede”.

L’idea di realizzare un complesso di stabilimentiin grado di ospitare la produzione di film e contem-poraneamente di rappresentare e incarnare l’ideastessa del cinema nazionale, nasce intorno alla metàdegli anni Venti dal lungimirante Luigi Freddi,all’epoca inviato negli Stati Uniti per il Popolod’Italia. A New York, a casa del presidente delMetropolitan Otto Kahn, il giornalista conosce DavidW. Griffith e dopo una visita a Hollywood capisceche, per vivere, una cinematografia ha bisogno dispazi e luoghi comuni. Dopo alcuni anni spesi ad

accrescere le proprie conoscenze nell’ambito dellaproduzione e dell’organizzazione dell’industria cine-matografica sia in Italia che a Hollywood, Freddiconsegna a Mussolini un progetto sulla riorganizza-zione della cinematografia nazionale. Il Duce nontarda a nominarlo Direttore Generale per laCinematografia. Dopo un solo anno, il 26 settembre1935, un provvidenziale quanto misterioso incendiocolpisce nel cuore della notte i due maggiori teatri diposa italiani all’interno degli stabilimenti della Cines,in via Vejo. Lo stesso Freddi, nel suo volume Il cine-ma. Miti, esperienze e realtà di un regime totalitarione fa la cronaca: “notte del 26 settembre 1935, oredue. Nel silenzio della mia casa squilla, insistente, lasoneria del telefono. Accorro. Una voce concitata milancia di schianto l’angosciosa notizia: ‘Brucia laCines!’ Potrebbe essere l’inizio di un racconto. Èinvece l’inizio della storia di Cinecittà. Perché, comela mitologica araba fenice, la nuova città cinemato-grafica, che si stendeva col suo superbo complessoalle porte di Roma, è nata dalle fiamme, è sorta dalle

ceneri della vecchia Cines, in quella notte memora-bile e dolorosa ma anche, per virtù di uomini chevollero e seppero dominare gli eventi, feconda.”

Con l’on. Carlo Roncoroni, proprietario deglistabilimenti della Cines, Freddi prende la decisionetempestiva di costruire una nuova Città del Cinemain luoghi più idonei allo sviluppo dell’industriacinematografica.

La zona, infatti, deve essere abbastanza vicinaalla città da poter essere raggiunta anche con mezzipubblici e con relativa rapidità, ma deve anche sor-gere in un ambiente protetto dall’inesorabile espan-sione della capitale. I dintorni devono inoltre offrirepaesaggi e località utili all’ambientazione dei film.Un terreno dell’Agro romano, tra il settimo e il nonochilometro sulla via Tuscolana, a soli 18 minuti ditram dalla Stazione Termini e ai margini del pianoregolatore, viene giudicato il più adatto.

Nel frattempo Peressutti, prima di definire ilpiano della futura costruzione, compie un viaggioin Europa per visitare gli stabilimenti cinematogra-

Panoramica nuovi stabilimenti

Edificio bar / musica

Edificio edizioni, sviluppo e stampa copie

Ristorante

Torre serbatoio con vari ripianiper le riprese dall’alto

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fici e comprendere il livello qualitativo raggiunto.In Germania visita i teatri di posa dell’Ufa, inInghilterra quelli della London Film di AlexanderKorda, in Francia gli Studios della Victorine a Nizzae quelli di Parigi. Ha inoltre la possibilità, grazie almateriale raccolto da Freddi, di accedere alle pla-nimetrie e ai dati degli stabilimenti hollywoodiani.

Come afferma lo stesso Peressutti nel lungo edettagliato resoconto pubblicato il 25 aprile del1937 nel numero 20 della rivista Cinema “tutti imaggiori centri di produzione cinematografica, sia aVienna che a Berlino e Parigi, sono o riadattamentidi vecchi Stabilimenti, o sono studi che lascianoscorgere evidenti lacune, sia per quanto riguarda ladisposizione, spesso non logica o poco razionale, siaper ciò che riguarda il non adeguato sfruttamentodei ritrovati tecnici raramente utilizzati con sagacia.Solo gli Stabilimenti nuovissimi della London film, aLondra sono, al momento attuale, quanto di megliovi possa essere nel campo della Cinematografia inEuropa, e presentano un complesso organico e una

bene studiata disposizione generale, dove si è tenu-to evidentemente conto della difficoltà di girareall’aperto, dato il clima locale. Tali Stabilimenti però,per quanto interessanti, non possono essere presi amodello per il nostro Paese, ove invece bisogna darevalore alla possibilità di girare all’aperto in una granparte dell’anno”.

È proprio lo studio della disposizione dei Teatril’elemento su cui l’architetto si concentra conmaggiore attenzione. Non soltanto Peressutti deveprendere in considerazione la favorevole situazioneclimatica italiana che consente l’uso frequentedegli spazi esterni, ma anche la “disposizione degliStudi di presa nel loro assieme e rispetto ai fonda-li, ai camerini degli artisti, agli impianti tecnici,all’edificio delle masse, tenendo nel massimoconto la disciplina e la possibilità di impiegarlisimultaneamente senza che abbia ad essere intral-ciato il ritmo organico di lavoro”. Peressutti lavoradunque su un forte accentramento intorno agli edi-fici di base (la direzione, gli uffici dei produtto-

ri…), mentre concepisce i teatri di posa comeautonomi a gruppi di due. La soluzione si rivelaparticolarmente felice in vista della necessità di unincremento significativo della produzione cinema-tografica, prima nazionale e poi internazionale. Èinfatti per merito della soluzione distributiva deiTeatri che possono essere girati più film contem-poraneamente in condizioni ottimali.

Il giorno 29 gennaio 1936 Mussolini, in unbagno di folla, posa la prima pietra e solo 456 gior-ni dopo viene inaugurata Cinecittà.

Qual è il valore architettonico di Cinecittà?Rispetto a tanti altri esempi di architettura indu-striale, questo complesso ha l’indubbio vantaggio dinon aver subito nel tempo stravolgimenti strutturalitali da comprometterne l’aspetto originario. Questoper diverse ragioni, non da ultime la sua attività pro-duttiva e la presenza delle mura perimetrali chel’hanno almeno in parte protetta dall’esplosioneurbanistica e dall’edificazione selvaggia. Cinecittàoggi può essere considerata un esempio pressoché

incontaminato di architettura razionalista, ovvero unluogo che trova senso e specificità nella pienarispondenza tra efficacia estetica ed efficienza pra-tica: varcando i cancelli di via Tuscolana, infatti, èancora possibile percepire quel senso di rigore,ordine, semplificazione e funzionalità degli edificisingoli e dell’insieme che erano alla base del pro-getto originario. Più precisamente gli stabilimentiindicano un tipo particolare di razionalismo, menoconosciuto di quello monumentale che caratterizzatanti edifici dell’Eur, eppure ugualmente significati-vo perché, data la destinazione produttiva del com-plesso, qui forse più che altrove è visibile la concre-ta rispondenza tra aspetto formale e funzionalità.Gino Peressutti sceglie di non imporsi con una fortepersonalità (solo in alcune soluzioni decorativeinterne si percepisce la traccia del modernismo acui l’architetto deve la fortuna della sua carriera agliinizi del Novecento) ma realizza un tipico esempio diarchitettura del Ventennio: semplificata, elementa-re, ma con una sua riconoscibilità.

Edificio servizio tecnico

Particolare della pianta generale

Cellario film

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ul New York Times dell’11 dicembre 2009, RobMarshall, il regista di Nine – uno spettacolare omag-gio al Fellini di 81/2 – lamentava che, a causa deglialti costi della manodopera in Italia, aveva potutopermettersi di girare a Cinecittà, in particolare nelTeatro 5 così caro a Fellini, solo per un breve perio-do, e aggiungeva: “Era un po’ deludente notare chela nostra era l’unica troupe in attività a Cinecittà.Spero vivamente che il cinema possa tornarci”.

Quel passato glorioso dell’un tempo più moder-na e autosufficiente “città del cinema” mondialeera stato celebrato una decina d’anni fa anche daun altro superfan di Fellini, Martin Scorsese.Assieme a Dante Ferretti, lo scenografo di Fellini,Pasolini, Comencini, il regista italianamerican vifece costruire il gigantesco décor portuale di Gangsof New York, lavorandovi per oltre un anno.

Quella metropoli tutta legno e pietre venne poiriutilizzata e rimaneggiata moltissime volte.Accanto e dentro di essa venne costruito il fororomano utilizzato per la popolare serie anglo-ame-

ricana Rome, prodotta dalle reti HBO e BBC.Quando a Pupi Avati, Marco Tullio Giordana o MarcoRisi toccò di riprendere per dei loro film alcuniscorci di quelle monumentali scenografie, sembra-va un po’ che stessero “rubando” in casa propria.

Già negli anni Cinquanta e Sessanta Cinecittà erarisorta soprattutto grazie alle miliardarie produzionihollywoodiane che vi s’installarono, da Ben Hur diWilliam Wyler, a Due settimane in un’altra città diVincente Minnelli, Cleopatra di Joseph L. Mankiewicz.

La decadenza è stata segnata, com’è noto, dallaselvaggia speculazione edilizia che prima ha tagliuz-zato pezzi dei suoi storici parchi di pini marittimi,spazzando via la sua famosa piscina navale; poi l’haaccerchiata oscurandola con caserme di cemento esupermercati. Gli spazi e i teatri di posa sono staticoncessi sempre più spesso, e in permanenza, a tra-smissioni televisive e serie quali Il grande fratello.Compiendo così l’opera di tele-omogeneizzazione cheFellini aveva paventato tanto in Ginger e Fred che inIntervista, un doloroso addio ai suoi studios prediletti.

Cinecittà ieri, oggi e …?

di Lorenzo Codelli

Mentre si vanno inesorabilmente affievolendo leluci della Cinecittà sulla via Tuscolana, ecco che sullavia Pontina, negli studios che Dino De Laurentiisaveva creato negli anni Sessanta come un’alternativa“Dinocittà”, sta per sorgere “Cinecittà World”: ilnuovo parco dei divertimenti dedicato al cinema,assai invitante, per lo meno in base al sitohttp://www.parchionline.it/cinecitta_world.htm

Per avere un’idea della realtà e del mito cheCinecittà ha rappresentato per le passate generazionibasta visionare due o tre tra le mille pellicole girate lì.

Viale della speranza (1952), in cui il giovane eancora ignoto regista Dino Risi concentrò sogni eillusioni degli aspiranti attori - uno di essi interpre-tato da Marcello Mastroianni - che prendevano iltram per raggiungere quei lontanissimi teatri diposa sperduti in campagna, ove la loro vita sareb-be potuta cambiare da così a così.

Bellissima (1951), in cui il nobile LuchinoVisconti fece incarnare ad Alessandro Blasetti –negli anni Trenta dominatore supremo del cinema

italiano e di Cinecittà – il ruolo di se stesso; unonnipotente cineasta che potrebbe scegliere di lan-ciare come diva in erba proprio la figlioletta dellaproletaria romana per eccellenza, Anna Magnani.

Gli anni fastosi e ancora festosi della Cinecittàprebellica sono stati raffigurati splendidamente daMarco Tullio Giordana in Sanguepazzo (2008).Faccia a faccia con i suoi divi Osvaldo Valenti eLuisa Ferida reinventati ad hoc, si percepisce l’es-senza stessa di Cinecittà: la Hollywood del regimefascista concepita personalmente da VittorioMussolini, e inaugurata dal Duce, suo padre, il 28aprile 1937. Ai cancelli, quel memorabile giorno,sventolava da un enorme striscione lo slogan “LACINEMATOGRAFIA È L’ARMA PIÙ FORTE,Mussolini”. Sic transit…

Un’infinità di Cinegiornali Luce, reportage tele-visivi, backstage, inchieste, volumi, cataloghi, cro-nistorie, memoriali, sono stati dedicati a Cinecittà.La Cineteca del Friuli conserva nei propri archiviuna vasta mole, su pellicola, video e carta.

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Dalla stampa dell’epoca

Nessuno più e meglio dell’arch. Gino Peressutti – ilgeniale ideatore e costruttore della Città del Cinema– era qualificato per illustrare ai lettori di “Cinema”l’imponente e complesso organismo che inizia la suavita feconda oggi 21 aprile, Natale di Roma.(Cinema, 25 aprile 1937)

Cinecittà: complesso di stabilimenti, strumento tec-nico di eccezionale potenza, che pone la cinemato-grafia italiana, da un punto di vista organizzativo, sulpiano delle cinematografie più progredite ed econo-micamente più forti. (Bianco e Nero, 31 marzo 1937)

Alla colossale opera voluta dalla lungimirante volon-tà del Duce, ha dedicato ogni sua migliore energia ilPresidente della Cines, onorevole Carlo Roncoroni,coraggioso e volitivo industriale milanese, che non haindietreggiato davanti a nessuna difficoltà di caratte-re finanziario e tecnico. Esecutore delle direttive diRoncoroni è stato l’architetto Peressutti, autore delprogetto e direttore dei lavori, coadiuvato dall’entu-siasmo e dalla fede del personale direttivo della

Cines e dalle maestranze che si sono prodigate.(Cinema Illustrazione, 3 marzo 1937)

Se è stata rapidamente costruita, essa non è stataaffatto improvvisata. Il geniale architetto Peressutti,che all’opera ha legato il suo nome, prima di accin-gersi al lavoro ha lungamente visitato e studiato inogni parte del mondo quanto la più progredita tec-nica cinematografica possa oggi offrire ed ha datotutto il suo ingegno a superare i limiti dagli stranie-ri raggiunti. La Città del cinematografo or ora inau-gurata già ferve di lavoro. La produzione italiana viconvergerà ed è certo che ad essa accorrerannoanche numerosi produttori stranieri che vi troveran-no l’ambiente ed i mezzi più adatti alle loro creazio-ni. (Il merlo, Pavia, 9 maggio 1937)

Non a tutti è noto che l’arch. Peressutti è un friulano,e precisamente un gemonese, che risiede da moltianni a Padova. L’opera recente, frutto di lunghi studiall’estero e di grande sapienza costruttiva, riafferma lesue qualità di artista e di realizzatore, ponendolo fra le

figure di primo piano nel campo della moderna archi-tettura. (La Panarie, maggio 1937)

Questa grande città dell’illusione e della poesia popo-lare moderna è venuta ufficialmente alla luce, nelpomeriggio di ieri, come una città mitica, fra grandiscrosci di pioggia e tuoni e persino qualche saetta.Qualche minuto dopo l’improvvisa schiarita del cielo, èarrivato il Duce, che l’on. Roncoroni, Luigi Freddi, l’ar-chitetto Peressutti e tutte le altre numerose autorità,hanno ricevuto davanti alla porta snella e modernadella Città. (Messaggero, 30 aprile 1937)

Sorta rapidissimamente questa città pone l’Italiaall’avanguardia dell’industria cinematografica mon-diale per la perfezione dei suoi impianti, per la gran-diosità dei suoi stabilimenti, per la potenza della suaattrezzatura. (L’Arena, 29 aprile 1937)

La pietra fondamentale di questa bella Cinema-cittàfu posta il 29 gennaio 1936, e il 6 marzo u.s. il Ducevisitava l’imponente mole di lavoro umano, di opere

architettoniche coscienziosamente studiate, di siste-mazioni e di congegni tecnici, già in via di ultimazio-ne, elogiando il progetto dell’architetto GinoPeressutti che ha avuto una visione giusta, equilibra-ta, una grande chiarezza di piano regolatore e all’im-ponente complesso di costruzioni che rispondonoalle necessità del nuovo Centro ha saputo dare unagioconda ed elegante cornice di freschezza, un’im-pronta d’arte la quale toglie ogni monotonia all’insie-me. (L’avvenire d’Italia, 24 aprile 1937)

…e soprattutto con la folla numerosissima che eraaffluita per partecipare alla cerimonia inaugurale.Folla in cui si comprendevano tutti i rappresentan-ti dell’industria che hanno attinenza con la lavora-zione cinematografica, i costruttori edili, i profes-sionisti e gli artisti, gli orchestrali e le comparse,gli insegnanti e gli allievi del Centro Sperimentaledi Cinematografia, il personale dell’Istituto nazio-nale Luce e quello di altri enti ed istituti cinemato-grafici, le maestranze della Cines. (Il Piccolo, 29aprile 1937)

28 aprile 1937, giorno dell’inaugurazione

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Si r ingraz iano

Giuseppe AtteneAntonella Bergamini Gregorio Belloni Peressutti Edoardo CeccutiRoberto Cicutto Gianni Da Campo Gloria De AntoniOreste De FornariMichele De Mattio Patrizio De Mattio Carlo Gaberscek Gilberto Ganzer

Gianfrancesco Gubiani Paolo JacobGabriella Macchiarulo Sara MartinLuigi Oggianu

Mariolina PatatGiuliana RaffinMaria Carolina Terzi

Cinecittà Luce Spa

L’ingresso di Cinecittà in una foto dei primi anni Sessanta

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O r a r i o d i a p e r t u r aaprile, maggio, giugno, settembre: sabato 15.00 - 19.00; domenica 10.30 - 12.30 / 15.00 - 19.00luglio e agosto: tutti i giorni, 10.00 - 13.00 / 16.00 - 19.00

Informazioni 0432 980458 www.cinetecadelfriuli.org

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