7
.0 ~sii '..- _ AIii idia& lig --4. 4elor - ; , ..4,..» biali kt eis II ai0110111111MIL .kiébrahmouliVillfillgrallIMIAIM 4•k. .iii111111511111 11i 3111tiolitkis MAR 2 5 11111 MI Wall. - L. Immo mal1111111111111111111111M1d1 1.: r3 MI 1111"inalliliii1 iih, M W ma afflin k ., 41111111111111111111 Muti ma tams :-Ainummemo IMMIIIIIIIIII agiliOW 111111111111111111111,111~11111111111111 Vir111111111111111111111111111111111 ì - - .1. MIMI 411111111111111111111115 tti: 15-"Ha L-Aunagranlimffimpai -amar aggiumwohde OF A't - air g e.§I illiP A irIEPIErli 111.,--tb.A. MIE q E, II Al i MEM 410 :0' NIIIINR~§11 11, IllyrIAP.Wrig :_ mi" riga, --- 1fil l • _ 111 Ailifilk:51"Zadlillrlegilli n W. ....ZIE MIRE Mia Rimi,. will. 111111111110delatil MIMI gopp_i_k nIiiiffikliOlgiffig wi Alenue Annannikluinslim AMIE ora Clinuelmial @ !mq R Atingzsei rollii' =gaia wew N el corso dei secoli l'uomo si è adoperato per gestire al meglio i suoi rapporti con Madre Na- tura «Matrigna dura e implacabile», co- me scrive Jean Dorst, «... ma anche no- stra amica e nostra amante». Però l'ac- crescersi della complessità dei sistemi tecnologici e sociali nel corso dei secoli ha comportato una pressione sempre più intensa sui cicli naturali, rendendo que- sti rapporti sempre più problematici. Le più recenti emergenze ambientali (piogge acide, incidente di Chernobyl, buco dell'ozono e, ultimamente, le gravi conseguenze ecologiche che senza dub- bio avrà la guerra nel Golfo) ci hanno fatto capire come la questione degli in- quinamenti sia di portata sovranazionale e, soprattutto, come certe sostanze (per esempio i clorofluorocarburi), dopo an- ni di impiego, si siano rivelate degli in- quinanti ubiquitari, circostanza impre- vedibile al momento della loro immissio- ne sul mercato. In un futuro abbastanza prossimo si dovrà considerare l'«onda lunga» della crescita economica dei paesi in via di svi- luppo i quali già ora reclamano il proprio diritto di sfruttamento delle risorse na- turali del pianeta come hanno fatto a suo tempo i paesi occidentali. In questo cli- ma di profonda incertezza sul domani diventa una necessità del tutto improro- gabile conciliare le nostre scelte politi- che, economiche e di crescita con la no- zione di sviluppo sostenibile lanciata dal- l'ONU nel rapporto Il futuro di noi tutti. Lo sviluppo sostenibile, in pratica, im- plica che lo sfruttamento delle risorse, lo sviluppo tecnologico, gli investimenti ec- cetera siano resi compatibili non solo con il presente, ma anche con il futuro, e che gli stili di vita, in particolar modo dei paesi ricchi, rientrino nei limiti eco- logici del pianeta. La strada da intraprendere è quella di un compromesso fra le attività umane e 42 LE SCIENZE n. 274, giugno 1991 la salvaguardia del territorio, compro- messo che è oggi oggetto degli studi di impatto ambientale mediante i quali si tenta di accertare in via preliminare, o a posteriori per le opere e le attività già in atto, il danno ecologico eventuale e la sua accettabilità. Uno degli strumenti a cui questa stra- tegia fa spesso ricorso è l'indicatore ambientale. Gli indicatori ambientali La complessità dei problemi di inqui- namento e la difficoltà di una loro «let- tura» (si pensi alla definizione della qua- lità delle acque di un fiume che richiede l'analisi di numerosi parametri) mettono spesso in crisi i responsabili del nostro patrimonio naturale. Gli indicatori ambientali hanno il van- taggio di descrivere fenomeni in gran parte non esprimibili in termini matema- tici. Essi infatti vengono definiti co- me rappresentazioni sintetiche di realtà complesse, in quanto consentono di te- ner conto di interazioni sinergiche e, in alcuni casi, di svelare la presenza di so- stanze immesse in maniera abusiva nel- l'ambiente. Inoltre possono reagire sia a un singolo fattore sia a un complesso di fattori ecologici relativi non solo al pre- sente, ma anche al passato. Qualsiasi organismo, esposto alle con- dizioni ecologiche del suo territorio, può fungere in teoria da indice di qualità; ma solo alcune specie vegetali o animali do- tate di caratteri di adattamento, reperi- bilità, economicità di impiego eccetera funzionano, in realtà, come indicatori dell'inquinamento ambientale. Vale la pena, prima di inoltrarci nel discorso, distinguere fra indicatore bio- logico e organismo-test. Sarà più esatto definire indicatore biologico un organi- smo che non comunica un'emergenza singola, ma una costellazione di emer- genze. L'indicatore «media», cioè si relaziona contemporaneamente a più sostanze inquinanti. L'organismo-test, da parte sua, «individua», è un rilevatore non plurale, ma singolare. Va da sé che la distinzione è da ritenere solo di como- do, perché in taluni casi un organismo indicatore può venire usato in maniera puntiforme e divenire così, per l'occasio- ne, un organismo-test. Probabilmente i primi studi sull'im- piego di bioindicatori si riferiscono ai li- cheni. Infatti le pubblicazioni in propo- sito risalgono a circa la metà del secolo scorso. Alcuni ricercatori, A. Grindon nel Lancashire, in Inghilterra, nel 1859 e W. Nylander a Parigi nel 1866, osser- varono una diminuzione della frequenza dei licheni nei grandi centri urbani e in aree fortemente industrializzate (si veda l'articolo I licheni: indicatori fisiologi- ci della qualità dell'aria di Massimo Spampani in «Le Scienze» n. 167, luglio 1982). I licheni sono consorzi mutualistici o associazioni simbiotiche costituite dal- l'intima unione di ife fungine con corpi algali ed è stato più volte dimostrato (la letteratura al riguardo è sterminata) co- me essi siano dei buoni indicatori soprat- tutto per basse concentrazioni di inqui- nanti atmosferici. Questa loro buona abilitazione a funzionare come rilevatori L'osservazione delle api sollecita la nostra curiosità per un mondo meraviglioso ed enigmatico, oltre a fornirci continue notizie sullo stato di salute del territorio. Nell'illu- strazione, l'Apicoltore di Graham Suther- land, un'opera ripresa dal catalogo Bestia- ri di Graham Sutherland (Gruppo Editoria- le Fabbri, Milano, 1985) pubblicato in oc- casione della mostra omonima organizza- ta dalla Regione autonoma Valle d'Aosta. LE SCIENZE n. 274, giugno 1991 43 L'ape, un efficace bioindicatore dei pesticidi Alcune caratteristiche comportamentali di questo laborioso insetto si sono dimostrate estremamente adatte per assolvere l'importante compito di monitoraggio delle sostanze chimiche inquinanti impiegate in agricoltura di Giorgio Celli e Claudio Porrini

L'ape, un efficace bioindicatore dei pesticidi

  • Upload
    others

  • View
    2

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: L'ape, un efficace bioindicatore dei pesticidi

.0 ~sii '..- _ AIii idia& lig--4.4elor-; ,..4,..» biali kt eis II ai0110111111MIL

.kiébrahmouliVillfillgrallIMIAIM4•k. .iii111111511111 11i 3111tiolitkisMAR 2 5 11111 MI Wall. -L. Immo

mal1111111111111111111111M1d11.: r3 MI1111"inalliliii1iih, rì M W

ma afflink., 41111111111111111111 Muti matams:-Ainummemo IMMIIIIIIIIIIagiliOW 111111111111111111111,111~11111111111111

Vir111111111111111111111111111111111

ì - -.1. MIMI 411111111111111111111115

tti:15-"HaL-Aunagranlimffimpai-amar aggiumwohde

OFA't- airg e.§I illiPAirIEPIErli

111.,--tb.A. MIE q E, II Al il» MEM

410:0' NIIIINR~§1111, IllyrIAP.Wrig:_ mi" riga, --- 1fill • _ 111

Ailifilk:51"Zadlillrlegillin W. ....ZIEMIRE Mia Rimi,. will. 111111111110delatil

MIMI gopp_i_k nIiiiffikliOlgiffig wi

Alenue Annannikluinslim

AMIE ora Clinuelmial @ !mq

R Atingzsei rollii' =gaiawew

N

el corso dei secoli l'uomo si èadoperato per gestire al meglioi suoi rapporti con Madre Na-

tura «Matrigna dura e implacabile», co-me scrive Jean Dorst, «... ma anche no-stra amica e nostra amante». Però l'ac-crescersi della complessità dei sistemitecnologici e sociali nel corso dei secoliha comportato una pressione sempre piùintensa sui cicli naturali, rendendo que-sti rapporti sempre più problematici.

Le più recenti emergenze ambientali(piogge acide, incidente di Chernobyl,buco dell'ozono e, ultimamente, le graviconseguenze ecologiche che senza dub-bio avrà la guerra nel Golfo) ci hannofatto capire come la questione degli in-quinamenti sia di portata sovranazionalee, soprattutto, come certe sostanze (peresempio i clorofluorocarburi), dopo an-ni di impiego, si siano rivelate degli in-quinanti ubiquitari, circostanza impre-vedibile al momento della loro immissio-ne sul mercato.

In un futuro abbastanza prossimo sidovrà considerare l'«onda lunga» dellacrescita economica dei paesi in via di svi-luppo i quali già ora reclamano il propriodiritto di sfruttamento delle risorse na-turali del pianeta come hanno fatto a suotempo i paesi occidentali. In questo cli-ma di profonda incertezza sul domanidiventa una necessità del tutto improro-gabile conciliare le nostre scelte politi-che, economiche e di crescita con la no-zione di sviluppo sostenibile lanciata dal-l'ONU nel rapporto Il futuro di noi tutti.

Lo sviluppo sostenibile, in pratica, im-plica che lo sfruttamento delle risorse, losviluppo tecnologico, gli investimenti ec-cetera siano resi compatibili non solocon il presente, ma anche con il futuro,e che gli stili di vita, in particolar mododei paesi ricchi, rientrino nei limiti eco-logici del pianeta.

La strada da intraprendere è quella diun compromesso fra le attività umane e

42 LE SCIENZE n. 274, giugno 1991

la salvaguardia del territorio, compro-messo che è oggi oggetto degli studi diimpatto ambientale mediante i quali sitenta di accertare in via preliminare, o aposteriori per le opere e le attività già inatto, il danno ecologico eventuale e lasua accettabilità.

Uno degli strumenti a cui questa stra-tegia fa spesso ricorso è l'indicatoreambientale.

Gli indicatori ambientali

La complessità dei problemi di inqui-namento e la difficoltà di una loro «let-tura» (si pensi alla definizione della qua-lità delle acque di un fiume che richiedel'analisi di numerosi parametri) mettonospesso in crisi i responsabili del nostropatrimonio naturale.

Gli indicatori ambientali hanno il van-taggio di descrivere fenomeni in granparte non esprimibili in termini matema-tici. Essi infatti vengono definiti co-me rappresentazioni sintetiche di realtàcomplesse, in quanto consentono di te-ner conto di interazioni sinergiche e, inalcuni casi, di svelare la presenza di so-stanze immesse in maniera abusiva nel-l'ambiente. Inoltre possono reagire sia aun singolo fattore sia a un complesso difattori ecologici relativi non solo al pre-sente, ma anche al passato.

Qualsiasi organismo, esposto alle con-dizioni ecologiche del suo territorio, puòfungere in teoria da indice di qualità; masolo alcune specie vegetali o animali do-tate di caratteri di adattamento, reperi-bilità, economicità di impiego ecceterafunzionano, in realtà, come indicatoridell'inquinamento ambientale.

Vale la pena, prima di inoltrarci neldiscorso, distinguere fra indicatore bio-logico e organismo-test. Sarà più esattodefinire indicatore biologico un organi-smo che non comunica un'emergenzasingola, ma una costellazione di emer-

genze. L'indicatore «media», cioè sirelaziona contemporaneamente a piùsostanze inquinanti. L'organismo-test,da parte sua, «individua», è un rilevatorenon plurale, ma singolare. Va da sé chela distinzione è da ritenere solo di como-do, perché in taluni casi un organismoindicatore può venire usato in manierapuntiforme e divenire così, per l'occasio-ne, un organismo-test.

Probabilmente i primi studi sull'im-piego di bioindicatori si riferiscono ai li-cheni. Infatti le pubblicazioni in propo-sito risalgono a circa la metà del secoloscorso. Alcuni ricercatori, A. Grindonnel Lancashire, in Inghilterra, nel 1859e W. Nylander a Parigi nel 1866, osser-varono una diminuzione della frequenzadei licheni nei grandi centri urbani e inaree fortemente industrializzate (si vedal'articolo I licheni: indicatori fisiologi-ci della qualità dell'aria di MassimoSpampani in «Le Scienze» n. 167, luglio1982).

I licheni sono consorzi mutualistici oassociazioni simbiotiche costituite dal-l'intima unione di ife fungine con corpialgali ed è stato più volte dimostrato (laletteratura al riguardo è sterminata) co-me essi siano dei buoni indicatori soprat-tutto per basse concentrazioni di inqui-nanti atmosferici. Questa loro buonaabilitazione a funzionare come rilevatori

L'osservazione delle api sollecita la nostracuriosità per un mondo meraviglioso edenigmatico, oltre a fornirci continue notiziesullo stato di salute del territorio. Nell'illu-strazione, l'Apicoltore di Graham Suther-land, un'opera ripresa dal catalogo Bestia-ri di Graham Sutherland (Gruppo Editoria-le Fabbri, Milano, 1985) pubblicato in oc-casione della mostra omonima organizza-ta dalla Regione autonoma Valle d'Aosta.

LE SCIENZE n. 274, giugno 1991 43

L'ape, un efficacebioindicatore dei pesticidi

Alcune caratteristiche comportamentali di questo laborioso insetto si sonodimostrate estremamente adatte per assolvere l'importante compito dimonitoraggio delle sostanze chimiche inquinanti impiegate in agricoltura

di Giorgio Celli e Claudio Porrini

Page 2: L'ape, un efficace bioindicatore dei pesticidi

Una stazione di monitoraggio è costituita semplicemente da duealveari muniti di una struttura in filo di ferro («gabbia di Ga-ry») atta alla raccolta delle api che vengono espulse morte dallecompagne o che arrivano moribonde sul predellino dell'alveare.

È qui indicata la dislocazione delle 311 stazioni di monitoraggio in-stallate dal 1983 al 1986. La scelta dei luoghi è stata dettata dallanecessità di studiare le zone più intensamente coltivate e dalla sen-sibilità degli apicoltori che mettevano a disposizione i loro apiari.

L'ape domestica (Apis mellifera L.) ha sempre suscitato nel cor-so dei secoli l'interesse dell'uomo per diversi motivi: dal profu-mato e ambrato miele agli altri prodotti utili dell'alveare come lacera, la propoli e, più di recente, il polline, la pappa reale e il ve-

leno; dall'importanza rivestita in agricoltura per il suo ruolo diprezioso vettore di polline alla sensazionale scoperta del suo inge-gnoso «linguaggio». Attualmente l'ape è impiegata anche sul fron-te del controllo ambientale come indicatore biologico dei pesticidi.

INQUINANTE

L'ape si è rivelata un eccellente indicatore biologico di diversesostanze contaminanti nei tre mezzi (aria, acqua e suolo) dove essesi trovano disperse. Spostandosi da fiore a fiore, posandosi su ra-mi e foglie, ingerendo acqua da pozzanghere e da fossi e intercet-

ASSUNZIONE

tando con il suo corpo peloso le particelle in sospensione nell'atmo-sfera l'ape è in grado di fornire un dato medio estremamente inte-ressante, come è evidenziato in questo modello di trasferimento del-le sostanze inquinanti dall'atmosfera ad altri comparti ambientali.

dei contaminanti presenti nell'aria sem-bra dipendere da diversi fattori, in primoluogo dalla mancanza di un apparato ra-dicale e di una cuticola superficiale. Inol-tre la loro resistenza agli stress idrici etermici e la loro tolleranza a diverse so-stanze tossiche sono tutte circostanzeche ne favoriscono la sopravvivenza equindi ne assicurano la permanenza co-me indicatori.

Molti altri organismi, sia animali siavegetali, sono impiegati in qualità di in-dicatori, come i macroinvertebrati per icorsi d'acqua superficiali, varie specie dipiante per l'inquinamento dell'aria, gliinsetti impollinatori selvatici che segna-lano, con la loro rarefazione, il degradoflorofaunistico di un determinato terri-torio e così via.

celeberrimo caso della Biston betularia

Un fenomeno particolarmente inte-ressante, a proposito di indicatori dellaqualità dell'ambiente, è quello ben notoche si verificò verso la fine del secoloscorso nell'Inghilterra meridionale, eche è tuttora operante: ci riferiamo almelanismo industriale.

La popolazione di un lepidottero geo-metride, Biston betularia, mostrava va-

nazioni popolazionistiche nelle sue dueforme, quella con ali bianche punteggia-te di nero e quella con ali di color scuro,battezzata carbonaria. Nelle zone doveesistevano industrie carbosiderurgicheche scaricavano sui boschi circostanti im-mense quantità di scorie, si notava laprevalenza di individui con ali nere, e ilcontrario - cioè la specie bianca era nu-mericamente più consistente - succedevanei boschi incontaminati.

Il fenomeno, lo si scoprì più tardi, di-pendeva dalla diversa pressione di pre-dazione degli uccelli insettivori. Difattile farfalle che si posavano sulle corteccedelle betulle diventavano mimetiche seavevano ali omocrome al colore degli al-beri e sfuggivano così ai predatori alati.Dunque, dato che le cortecce degli alberierano chiare nei boschi lontani dalle in-dustrie, la forma nera risultava più visi-bile della bianca; accadeva il contrarioper gli alberi dei boschi inquinati che lescorie annerivano vistosamente. In talmodo la prevalenza della forma biancaindicava un luogo certo più salubre diquanto svelasse la prevalenza delle for-me nere (si veda l'articolo Farfalle mela-niche e aria pulita di J. A. Bishop e Lau-rence M. Cook in «Le Scienze» n. 81,maggio 1975).

L'ape indicatore biologicoe insetto-test

Anche l'ape da diversi anni e da moltiricercatori è considerata un ottimo orga-nismo indicatore e un eccellente insetto--test.

A differenza di altri bioindicatori perlo più immobili, l'ape si può definire unsensore viaggiante. In questi suoi viaggidi andata e ritorno dall'alveare, che co-prono un'area di circa 7 chilometri qua-drati, è instancabile nella sua attività diraccolta di svari.ate sostanze come netta-re, polline, propoli, melata e acqua. Seconsideriamo, per fare qualche calcoloempirico, che in un alveare in buono sta-to vi sono circa 10 000 bottinatrici e cheogni bottinatrice visita giornalmente cir-ca un migliaio di fiori, si può dedurre cheuna colonia di api effettua 10 milioni dimicroprelievi ogni giorno, senza consi-derare il trasporto di acqua che nellegiornate calde può raggiungere anche ilmezzo litro.

Con questo lavoro di bottinamentol'ape preleva anche molecole inquinantieventualmente presenti; inoltre intercet-ta durante il volo, sul suo corpo peloso,le particelle aerodisperse, portandole «acasa» e rendendole disponibili all'analisi

44 LE SCIENZE n. 274, giugno 1991

LE SCIENZE n. 274, giugno 1991 45

Page 3: L'ape, un efficace bioindicatore dei pesticidi

CARBAMILAZIONESITUAZIONE NORMALE

FOSFORILAZIONE

ACETILCOLINA

ACETILE

FOSFORGANICO

GRUPPOALCOLICO

+ GRUPPOFOSFORILANTE

CARBAMMATO

GRUPPOCARBAMMICO

ACETILCOLINA

SITO SITOANIONICO \11 ESTERASICO

Negli animali l'azione degli esteri fosforici e dei carbammati siesercita sulla trasmissione degli impulsi nervosi ed è diretta a ini-bire l'enzima acetilcolinesterasi. Nella situazione normale (a sini-stra) l'acetilcolina si avvicina all'enzima e forma un complessoenzima-substrato reversibile. In seguito si libera colina mentre l'a-cido acetico rimane legato in maniera labile all'enzima in quantol'idrolisi può essere provocata anche dall'acqua dell'ambiente che,cedendo H + , ne permette la liberazione. L'enzima, una volta libe-ro, è pronto per ulteriori reazioni. Nel processo di fosforilazione(al centro) l'inibitore raggiunge i recettori colinergici sulla mem-brana post-sinaptica e si lega ai siti attivi dell'acetilcolinesterasi (ilgruppo fosforilante al sito esterasico e il resto della molecola al sitoanionico). Il composto organofosforato viene idrolizzato cosicché ilframmento alcolico lascia l'enzima mentre il fosforo rimane legato.

Contrariamente a quanto accade per il complesso enzima-acetilco-lina, la liberazione dell'enzima (per defosforilazione) procede mol-to lentamente; perciò, durante questo periodo, l'animale rimanebloccato con riflessi negativi sull'intero processo di conduzione ner-vosa e con conseguenti manifestazioni di tipo tetanico che portanoalla morte. Gli insetticidi fosforganici, quindi, reagiscono con l'en-zima acetilcolinesterasi in modo identico a quello dei normali re-cettori; l'unica differenza è dovuta al tempo richiesto per la defo-sforilazione. Gli insetticidi carbammati (a destra) competono conl'acetilcolina in quanto possiedono una configurazione molecolaresimile e riescono a inattivare l'acetilcolinesterasi, essendo forte-mente attratti verso i siti anionico ed esterasico dell'enzima e piùstabili rispetto all'acetilcolina nei confronti dell'idrolisi. Il grup-po carbammico viene liberato dopo una lenta reazione con l'acqua.

DENOMINAZIONE kg CLASSEFITOIATRICA

CLASSE CHIMICA

on minerali 632 211 Insetticida Oli idrocarburiciMancozeb 234 816 Fungicida DitiocarbammatiPolisolfuro di calcio 203 119 Insetticida Inorganici (zolfo e composti)Ossicloruro di rame 160 857 Fungicida Inorganici (composti del rame)Thiram 156 605 Fungicida DitiocarbammatiZiram 149 790 Fungicida DitiocarbammatiMetiram 130 603 Fungicida DitiocarbammatiZolfo 114 423 Fungicida Inorganici (zolfo e composti)Azinphos-methyl 57 468 Insetticida Fosforganici (fosfoditioati)Polisolfuro di bario 52 549 Insetticida Inorganici (zolfo e composti)Alachlor 48 690 Diserbante Anilina e anilidi derivatiDNOC 48 589 Fungicida Nitrofenoli

DiserbanteInsetticida

Metamitron 39 873 Diserbante Triazine e derivatiSolfato di rame 33 673 Fungicida Inorganici (composti del rame)Zineb 27 769 Fungicida DitiocarbammatiCaptan 25 988 Fungicida TioftalimmidiciPropineb 25 883 Fungicida DitiocarbammatiDimethoato 24 631 Acaricida Fosforganici (fosfoditioati)

Confrontando questa tabella, riguardante i pesticidi più venduti nella provincia di Ferrara,con gli istogrammi riassuntivi annuali dell'illustrazione alle pagine 52-53 in alto, relativiai principi attivi rinvenuti nei campioni di api morte, si osserva, se si escludono i prodottiche di norma vengono impiegati prima dell'uscita primaverile delle api (DNOC e oli mi-nerali), quelli non pericolosi (polisolfuro di calcio, polisolfuro di bario, ossicloruro di rame,solfato di rame e zolfo) e gli erbicidi (alachlor e metamitron), pericolosi per le api ma didifficile individuazione biologica, una perfetta corrispondenza, e cioè: al primo posto iditiocarbammati, seguiti da due insetticidi fosforganici, l'azinphos-methyl e il dimethoato.

DIMETHOATO

METHAMIDOPHOS

OMETHOATO

ENDOSULFAN

METHYL-PARATHION

PARATHION

AZINPHOS-METHYL

CARBARYL

L'indagine a vasto raggio, effettuata nel quadriennio 1983-1986 impiegando l'ape comeinsetto indicatore nelle aree ad agricoltura più intensiva della nostra penisola, ha dimo-strato quali erano i principi attivi ad azione insetticida più impiegati in quegli anni in Italia.

chimica (si veda l'illustrazione a pagina45 in alto).

L'impiego dell'ape nel monitoraggioambientale risale al 1935 quando Jaro-slav Svoboda, dell'Istituto per le ricer-che in apicoltura di Libéice, vicino a Pra-ga, indicò le ripercussioni negative degliinquinanti industriali sulle api che botti-navano nei territori densamente popola-ti e industrializzati di Tfinec in Cecoslo-vacchia. Negli anni successivi numeroseesperienze sono state intraprese per ve-rificare l'efficacia di questo imenotterocome indicatore della presenza di conta-minanti nell'ambiente. Lo stesso Svobo-da e colleghi osservarono un aumentodello stronzio 90 nelle api e nei loro pro-dotti all'inizio degli anni sessanta, pro-babilmente dovuto agli esperimenti nu-cleari nell'atmosfera in corso in quel pe-riodo. Alla fine degli anni settanta Jer-ry Bromenschenk, dell'Università delMontana, impiegò le api per stabilirel'impatto ambientale di una centrale acarbone da 350 megawatt, prima e dopo

MITOCONDRIO

oo

o oo 0000oo o0,—,4

o

RECETTOREDELL'ACETILCOLINA

SPAZIOSINAPTICO

la sua installazione. Il fluoro, sottopro-dotto della combustione del carbone, furitrovato nelle api a livelli molto più ele-vati dopo l'attivazione della centrale.Più di recente Bromenschenk ha pro-mosso progetti di monitoraggio con leapi in numerose zone industriali delloStato di Washington e del Montana. InItalia Bruno Cavalchi e Stefano Forna-ciari, della USL n. 9 di Reggio Emilia,hanno monitorato con successo nel 1983la zona del comprensorio ceramico diSassuolo-Scandiano, collocando alvearia varie distanze dalle sorgenti di emis-sione dei contaminanti (in particolarepiombo e fluoro) e impiegando comematrici api morte, api vive, polline, mie-le e propoli.

Anche nelle città, dove le api riesconoa sopravvivere bottinando nei giardinispartitraffico, sulle alberature dei viali esui fiori dei terrazzi e dei balconi, si èfatto ricorso a questo prezioso insettoper il rilevamento di vari inquinanti ur-bani, in particolar modo piombo. Que-

sta strategia, impiegata a Roma nel 1984da Marco Accorti e Livia Persano Oddo,che lavorano presso la sezione di apicol-tura dell'Istituto sperimentale per lazoologia agraria della capitale, ha mes-so in evidenza una maggior presenza delmetallo pesante, soprattutto lungo l'assenord-sud della città, nel periodo prima-verile rispetto a quello estivo. Una no-stra ricerca svolta nel 1986 a Firenze, incollaborazione con Giambattista Siligar-di della USL n. 9 di Reggio Emilia, misein luce come il miele prodotto nel centrocittadino presentasse un contenuto dipiombo 80 volte più alto rispetto al datominimo di un miele raccolto in apertacampagna.

I pesticidi hanno quasi sempre avutonei confronti delle api effetti disastrosiche fin dagli anni cinquanta sono statievidenziati in varie parti del mondo, siacon prove di laboratorio sia con espe-rienze di campo, da numerosi ricercato-ri, tra cui L. D. Anderson e E. L. Atkinsdella State University of California a Ri-

verside Cari A. Johansen e Daniel F.Mayer della Washington State Univer-sity, rispettivamente a Pullman e a Pros-ser, Adair Stoner e Joseph O. Moffettdel Department of Agriculture, rispetti-vamente degli Stati del Wyoming e del-l'Arizona, Alessandra Arzone e CarloVidano dell'Università di Torino e altri.I risultati, infatti, possono differire in ba-se alla metodologia impiegata. A secon-da del caso si stabilisce una diversa rela-zione fra l'animale sperimentale, la so-stanza chimica e l'ambiente: in laborato-rio per esempio l'animale subisce lostress delle condizioni anormali e la mo-lecola della sostanza allo studio è in granparte protetta dai fattori che la degra-dano in pieno campo dove, invece, l'a-nimale trova le migliori condizioni disopravvivenza.

L'ape e l'agroecosistema

Da quasi un decennio il nostro grup-po, attivo presso l'Istituto di entomolo-gia «Guido Grandi» dell'Università diBologna, si interessa al rapporto, quasisempre nefasto, fra le api e i pesticididiffusi nelle nostre campagne. Questemolecole di sintesi, impiegate con moltaenfasi, in particolar modo dalla fine dellaseconda guerra mondiale, hanno contri-buito notevolmente al degrado dei cam-pi coltivati.

L'agroecosistema è molto simile, dalpunto di vista ecologico, a un ecosistemanaturale immaturo. Nell'ecosistema im-maturo, infatti, proprio come nel campocoltivato, troviamo poche specie chefluttuano fortemente e in più la produ-zione netta, per continuare la marciaverso lo stato di climax, deve essere sem-pre e necessariamente superiore a zero,a differenza di quanto succede negli eco-sistemi maturi. Praticare l'agricolturaequivale infatti a semplificare l'ambientesostituendo la ricca comunità naturalecon poche specie botaniche privilegiate.Queste specie dipendenti dall'uomo dif-feriscono in ogni caso da quelle presentinell'ecosistema immaturo perché, sot-tratte alla mano modellatrice della natu-ra (si sa che la selezione naturale premiagli individui più resistenti alle avversitàambientali), sono diventate progressiva-mente più produttive, ma anche moltopiù fragili.

Si può affermare, quindi, che a diffe-renza degli ecosistemi naturali in cui è lanatura la sola artefice delle modificazio-ni osservabili, negli agroecosistemi in-terviene e interagisce, spesso in mododrastico, anche la cultura.

L'avvento della meccanizzazione, ver-so la metà del secolo scorso, ha maggior-mente aggravato le condizioni di insta-bilità dell'agroecosistema; infatti l'in-staurarsi di estese monocolture ha favo-rito la proliferazione degli organismidannosi, incentivando un impiego cre-scente di pesticidi.

Questi ultimi, con i loro effetti massi-vi, hanno ulteriormente semplificato l'a-

ger rendendolo più vulnerabile alle infe-stazioni degli organismi dannosi. Lascomparsa, o la rarefazione spinta, di pa-rassitoidi e di predatori dei fitofagi e lariduzione degli insetti impollinatori neicampi coltivati hanno costituito una per-dita economica sommersa (135 milionidi dollari all'anno negli Stati Uniti per

i soli danni dovuti alla moria di api!)che dovremo prima o poi considerare inbilancio.

Le api hanno dimostrato nei confrontidei pesticidi un'elevata sensibilità, manaturalmente non tutte queste sostanzehanno un effetto letale. Come abbiamoaccennato, molti ricercatori hanno indi-

46 LE SCIENZE n. 274, giugno 1991

LE SCIENZE n. 274, giugno 1991 47

Page 4: L'ape, un efficace bioindicatore dei pesticidi

Nella campagna di Ostellato (in provincia di Ferrara), che è unavasta pianura bonificata, le colture principali sono quelle erbacee.

Le siepi e la flora spontanea, che possono costituire un valido sup-porto all'alimentazione delle api, sono del tutto assenti nella zona.

ACF

acephateAME

ametrynAZM

azinphos-methylCAR

carbarylCHL

chlorothalonilCLE

chlorpyriphos-ethylCLO

chlorpyriphos-methylCPF

captafolCPN

captanCYA

cyanazineDCL

diclofluanidDIA

diazinonDIT

ditiocarbammatiDIX

dicofolDTO

dimethoatoEND

endosulfanFLP

folpetFNM

fenarimolH PT

heptenophos

IPR

iprodioneMEP

methyl-parathionOME

omethoatoOXI

oxydemeton-methylPAR

parathionPCM

procymidonePER

permethrinPHO

phosalonePI R

pirimicarbPRA

phoratePRZ

propazineQNF

quinalphosSMZ

simazineTAM

methamidophosTED

tetradifonTER

terbutryneTRI

trichlorphonVAM

v.amidotnionVIN

vinclozolin

SUPERFICIEPREVALENTE A: UTILIZZAZIONE DEL SUOLO SUPERFICIE

SUBORDINATA A:

iEdificato - Infrastruttura - Area verde a servizio dell'urbano

Seminativo S

Risaia R

Seminativo arborato A

Vigneto V

Vigneto e frutteto C

Frutteto F

I11111if i 1111 ill - Arboricoltura da legno (pioppeto) L

Bosco di latifoglie del piano basale o sub-montano B

iBosco a dominanza di conifere G

Incolto cespugliato e/o superficie a copertura arborea molto scarsa l

Area interessata da attività estrattiva E

Fiume, lago, palude, salina WLe carte di uso reale del suolo, come quel-la riprodotta in alto relativa alla provin-cia di Ferrara (che corrisponde all'areaevidenziata in colore nella cartina d'Ita-lia), sono divenute strumenti indispensabi-li per effettuare ricerche nel settore am-bientale, e in particolar modo per quelleriguardanti l'inquinamento del territorio.

ESEMPI DI LETTURA DELLA CARTA

Serninativo > dell'80% dell'area cartografata

Bosco a dominanza di faggio 60% — 80%

Rimboschimento i < del 40% erecente > di qualsiasi altra utilizzazione

Nelle aree utilizzate prevalentemente (60% — 80%)a S, A, P e I sono stati usati,sovrassegni in rosso per le voci subordinate V, C, Fsovrassegni in verde per le voci subordinate B, M, G, T, X

Seminativo 60% — 80%

Vigneto < del 40% e> di qualsiasi altra utilizzazione

Seminativo 60% — 80%Castagneto j < del 40% eda frutto > di qualsiasi altra utilizzazione

viduato, con prove condotte più che al-tro in laboratorio, quali siano i prodottiantiparassitari più tossici per l'ape equelli a dannosità ridotta. Infatti, in ge-nerale, molti anticrittogamici e altre mo-lecole a differente destinazione - al con-trario di gran parte degli insetticidi - han-no sull'ape un impatto sovente minore.L'ape, quindi, risulta essere un buon in-dicatore diretto degli insetticidi e rispon-de alla loro immissione nell'ambientecon un'intensa ed estesa mortalità. Nelcaso di principi attivi non particolarmen-te pericolosi l'insetto funziona come in-dicatore indiretto, cioè non sensibile maesposto, e ci fornirà informazioni sottoforma di residui.

La valutazione della mortalità, anchese non è di facile accertamento in quantole api uccise in campo sfuggono al con-teggio, viene effettuata tramite gabbie infilo zincato, le cosiddette «gabbie diGary», che applicate a due alveari for-mano una stazione di monitoraggio. Ilnumero di api morte raccolte con le gab-bie di Gary è connesso alla tossicità e allapericolosità del principio attivo impiega-to. In generale i fosforganici e i carbam-mati hanno un forte potere abbattente;i primi agiscono sul sistema nervoso ini-bendo in particolare l'acetilcolinestera-

si, un enzima presente a livello delle si-napsi la cui funzione è di idrolizzare l'a-cetilcolina, sostanza chimica secreta daspecifiche vescicole che serve alla tra-smissione dell'impulso nervoso. Tutta-via, se l'acetilcolina non venisse scissa in

111 SIGLA PRINCIPIO ATTIVO II

acido acetico e colina, il «messaggio» ri-sulterebbe disfunzionale. I fosforgani-ci , quindi, bloccando l'acetilcolinestera-si con la fosforilazione favoriscono unaccumulo di acetilcolina nelle sinapsi escatenano la sindrome di avvelenamen-

iSIGLA PRINCIPIO ATTIVO 11111

48 LE SCIENZE n. 274, giugno 1991

LE SCIENZE n. 274, giugno 1991 49

Page 5: L'ape, un efficace bioindicatore dei pesticidi

oOD

o

oCD

1988

20

15

PLUFIg,EAVE,Agg,11--,,q20

15-

20

15

-F,g.NE,0,f3g=

5

Wral-,Pag

20

5

20

15

10 -

aSHR-1

1987

oNCC

'E,23`A'Urg312-z,,Igng,A,74

PP5g3gg§)

20

15

5-

q5r#,Wa

20

15

5

to da blocco colinergico con tremore,scoordinazione dei movimenti, morte.

I carbammati hanno un meccanismod'azione analogo ai fosforganici che con-siste nell'inibizione dell'acetilcolineste-rasi, ma non tramite la fosforilazionebensì con una competizione tra acetilco-lina e insetticida che occupa stabilmenteil sito attivo dell'enzima impedendo l'ac-cesso all'acetilcolina (si veda l'illustra-zione a pagina 46).

Il meccanismo d'azione dei cloroderi-vati, che hanno una tossicità più dilazio-nata nei confronti degli insetti, non è sta-to ancora completamente chiarito e co-munque consiste in una serie di effetti sulsistema nervoso come la depolarizzazio-ne della membrana della fibra nervosaattraverso una interferenza sul movi-mento degli ioni. Tuttavia, di solito,l'ape colpita da una molecola tossica ten-de a tornare all'alveare. A questo pro-posito Jean Pourtallier, del Laboratorionazionale di ricerche apicole di Nizza, haosservato delle api compiere ben treviaggi di bottinamento dopo aver ingeri-to forti quantità di parathion (insetticidafosforganico). Il trattamento, tra l'altro,non investe in pieno tutte le bottinatriciche in quel momento si trovano in cam-po; alcune colpite, per dir così, di strisciosaranno destinate a morire nell'alveare,condividendo le sorte con altre api chehanno bottinato da fiori investiti dal pe-sticida per «deriva».

Precisiamo, comunque, che l'ape ri-sulta essere un eccellente bioindicatoredei pesticidi specialmente in un territo-rio povero dal punto di vista della vege-tazione selvatica; in questo caso l'insettoè obbligato a bottinare sulle specie col-tivate o nei pressi di queste, e sarà piùfacile quindi che venga in contatto congli eventuali principi attivi irrorati. Alcontrario, in una zona floristicamentericca, se i trattamenti vengono eseguiticorrettamente l'ape vive più tranquilla esegnala meno bene la compromissionechimica del campo coltivato e dei suoidintorni.

Il biomonitoraggio dei pesticidi in Italia

Nel 1980, finanziate dall'Assessoratoall'ambiente della Provincia di Forlì, so-no iniziate le prime ricerche per metterea punto le strategie di impiego dell'apenel monitoraggio dei pesticidi. Successi-vamente, in un'indagine a vasto raggiocompiuta dal 1983 al 1986 dal nostrogruppo di ricerca con una rete di rileva-mento formata da più di 300 stazioni,abbiamo potuto valutare l'impatto nega-tivo che certi composti, più di altri, eser-citano nei riguardi delle api. In questoperiodo abbiamo registrato 581 apicidi,ma solo in 442 (76 per cento dei casi) èstato possibile individuare, attraverso leanalisi chimiche eseguite da Sauro Tira-ferri della USL di Rimini, la molecolaresponsabile. I principi attivi dimostrati-si maggiormente pericolosi per le apierano il dimethoato (15,3%) e il pa-

rathing (1t7% sceg liti dall'a7innhns--methyl (11,9%), dal carbaryl (11%) edal methyl-parathion (10,4%). I residuirinvenuti più di frequente nelle api mor-te, come risulta dai dati raccolti in colla-borazione con Francesca Raboni, sem-pre dell'Istituto di entomologia «GuidoGrandi» dell'Università di Bologna, so-no stati invece i ditiocarbammati. Questianticrittogamici non erano i responsabilidiretti della mortalità, ma la loro massic-cia presenza nelle api falcidiate dagli in-setticidi suffraga l'ipotesi che siano lemolecole più diffuse nel campo coltiva-to; infatti sono state riscontrate in 313casi (70,8%) rispetto al numero di cam-pioni risultati positivi (442). Questi com-posti, nonostante siano inseriti in unaclasse tossicologica bassa, sono indicaticome potenzialmente pericolosi per lasalute umana in quanto sembra che unloro metabolita, l'etilentiourea, in fortidosi sia dannoso alla tiroide.

Negli anni successivi abbiamo condot-to ricerche più mirate e più circostanzia-te. In particolare nel biennio 1987-1988,grazie a un finanziamento dell'Ammini-strazione provinciale, è stata impiegatal'ape come indicatore biologico in un ter-ritorio con una intensa vocazione agrico-la: la provincia di Ferrara.

I pesticidi in provincia di Ferrara

Il territorio della provincia di Ferrarapresenta a est zone coltivate prevalente-mente a seminativo (riso, orzo, soia, bie-tola, erba medica e ortaggi vari) e vigne-to, mentre a ovest e al centro si trovanofrutteti, vigneti e ancora seminativo (fru-mento, soia, mais eccetera). Dal puntodi vista della difesa fitosanitaria una par-te delle aziende è inserita nel progettoregionale di lotta integrata ed è seguitada tecnici che forniscono le indicazioninecessarie. Tuttavia l'impatto chimicomaggiore, nonostante la drastica dimi-nuzione del numero di interventi avve-nuto dall'inizio del progetto, si ha nellezone a frutteto e vigneto. Come vedre-mo però anche dove esiste il seminativola sopravvivenza delle api, in certi pe-

I dati ottenuti dalle stazioni di monitoraggiodislocate nella provincia di Ferrara nel1987 e 1988, ci hanno permesso di elaborareparticolareggiate mappe mensili sulla peri-colosità del territorio ferrarese nei confron-ti dell'ape. Per ogni mese vengono riportatigli istogrammi relativi ai principi attivi ri-scontrati dalle analisi chimiche nei campio-ni di api morte, analizzate al superamentodella soglia di 500 api morte per stazioneper settimana. Le sigle riportate alla basedegli istogrammi sono spiegate nella tabel-la di pagina 49. I colori delle mappe indi-cano, oltre al grado di pericolosità per l'ape(si veda la leggenda dell'illustrazione rias-suntiva alle pagine 52-53 in alto), i livellidi contaminazione da pesticidi di una de-terminata area nei vari periodi dell'anno.

o

LE SCIENZE n. 274, giugno 1991 5150 LE SCIENZE n. 274, giugno 1991

Page 6: L'ape, un efficace bioindicatore dei pesticidi

BASSA PERICOLOSITÀ

im MEDIA PERICOLOSITÀ

111 ALTA PERICOLOSITÀ

MASSIMA PERICOLOSITÀ

/ SETTIMANE CRITICHE:5 Egfig ìgg'132'È,,?;,,sg

45

40

35

3025

20

15

10

SOGLIA CRITICA

SOGLIACRITICA

APRILE MAGGIO

3000

2400

GIUGNO1988 LUGLIO AGOSTO SETTEMBRE

L.,

O2 1800

N

o

3000

2400

CC

O2 1800

cT_

600

600

tn

LUGLIO1988

n

AGOSTO SETTEMBREMAGGIO GIUGNO

I frutteti dell'immediata periferia occidentale della città diFerra-ra sono un tipo di ambiente in cui, nel periodo che va da maggio ad

agosto, il numero degli inten enti fitoiatrici è assai elevato dal mo-mento che sono molte le avversità animali e vegetali da combattere.

riodi, può sollevare numerosi problemi.Le 20 stazioni installate il primo anno

e le 26 dell'anno successivo sono statedistribuite in modo omogeneo nel terri-torio. Il numero di api morte, rilevatosettimanalmente, veniva registrato suapposite schede e al superamento dellasoglia critica di mortalità, da noi stabilitain maniera sperimentale e insieme di-screzionale in 500 api morte per settima-na per stazione, Massimo Baldi ed Enri-co Ghigli della USL n. 31 di Ferrara ese-guivano, sul campione di insetti morti,le analisi chimiche necessarie. I dati sonostati poi elaborati al fine di otteneremappe mensili particolareggiate sullaimmissione dei vari pesticidi nelle diver-se zone monitorate.

Le mappe sono divise in quattro zonea differente colore secondo il grado dipericolosità per l'ape (giallo = bassa,verde = media, blu = alta, rosso = mas-sima) ed evidenziano in modo ottimalele aree a rischio maggiore, dove cioè ilricorso alle molecole chimiche è più in-tenso e di conseguenza l'ambiente piùcontaminato. Come si può osservaredalla successione delle mappe, relativeal 1987 (si veda l'illustrazione alle pagi-ne 50-51), risulta che il mese di marzo èil meno compromesso; seguono subitoepoche più pericolose. Infatti già dal me-se di aprile iniziano gli intensi trattamen-ti primaverili ed estivi, specialmente nel-le zone a frutteto. Nelle aree «rosse» ladiffusione delle molecole di sintesi è di-retta principalmente a combattere gliafidi (Dysaphis plantaginea, Aphis po-mi, Eriosoma lanigerum), la cocciniglia(Quadraspidiotus perniciosus), la cidia(Cydia pomonella) e la ticchiolatura(Venturia inaequalis, V. pinna) sui frut-tiferi (in particolare pero e melo), la rug-gine (Puccinia graminis, P. striiformis,P. recondita), l'oidio (Erysiphe grami-nis) e ancora gli afidi (Sitobion avenae,Rhopalosiphum padi, Metopolophiumdirhodum) sul frumento, la nottua (Ma-mestra brassicae) e la cercospora (Cer-cospora beticola) sulle bietole, e altri in-setti ancora.

I principi attivi impiegati per combat-tere queste avversità sono più che altroquelli individuati, attraverso le analisichimiche, nei campioni di api morte eriportati negli istogrammi mensili. Consettembre la pressione chimica negliagroecosistemi ferraresi subisce una for-te attenuazione per arrivare poi a un me-se tranquillo (con pochi dati in quanto lastagione di bottinamento delle api è aglisgoccioli) come ottobre.

La mappa riassuntiva di pericolositàper l'ape relativa al 1987 evidenzia unasituazione di rischio medio-alto con duezone a massima pericolosità (periferia diFerrara e Argenta) e diverse aree consettimane critiche in cui la mortalità del-le api è risultata estremamente elevata.La situazione non è variata di molto nel1988 se si esclude un anticipo dei perio-di pericolosi. La mappa annuale, anchese non presenta zone «rosse», mette in

La curva di mortalità rilevata dalla stazione di monitoraggio nei pressi di Ostellato (inalto) non supera quasi mai la soglia critica, da noi fissata in precedenti esperienze met-tendo in relazione la mortalità e i residui. Infatti in questi ambienti gli interventi fitoia-trici non sono mai molto intensi. Il superamento si verifica quando le api, costrette dallascarsità di cibo a bottinare la melata degli aridi del frumento, di cui sono ghiotte, sonoinvestite dai pesticidi (azinphos-methyl, dimethoato) impiegati nei trattamenti che si effet-tuano sulla coltura verso la fine di aprile e i primi di maggio. La seconda curva di morta-lità (in basso) è stata registrata nella stazione di monitoraggio situata alla periferia ovestdi Ferrara. Le api non beneficiano di nessuna «tregua chimica» e la soglia critica vie-ne superata più volte (si veda la tabella a pagina 49 per la leggenda dei composti in sigla).

evidenza numerose settimane critiche.Proseguendo nell'analisi dei dati in

nostro possesso possiamo porre a con-fronto due realtà agronomiche diversefra loro. Il territorio di Ostellato, nellazona orientale della provincia di Ferra-ra, è una pianura bonificata dove a per-dita d'occhio si estendono coltivazionierbacce varie e non esistono che siepisporadiche e casuali. I trattamenti sonoquindi limitati a interventi con erbicidi,più che altro in presemina, con fungicidie con qualche irrorazione insetticida. Èchiaro che in un ambiente così poco ospi-

tale dal punto di vista delle loro necessitàtrofiche le api approfittano di qualsiasisostanza a disposizione. La mortalità ri-mane comunque a bassi livelli se si esclu-dono certi periodi (si veda l'illustrazionenella pagina a fronte al centro) in cui leapi, che si trovano a bottinare la melatadegli afidi sul frumento (verso aprile--maggio) o sulle bietole (giugno), vengo-no colpite dai trattamenti insetticidi con-seguenti che provocano vere ecatombinelle loro popolazioni.

L'altra situazione, completamente di-versa dalla prima, la troviamo nelle vici-

nanze della città di Ferrara dove il frut-teto è la coltura dominante. In questocaso i trattamenti insetticidi sono moltopiù numerosi e diversificati a secondadegli organismi dannosi da colpire. Diconseguenza le api non beneficiano dinessuna tregua chimica, come risultadalla curva di mortalità assai più ampiadella precedente (si veda l'illustrazionenella pagina a fronte in basso).

Per confermare la bontà dell'ape qua-le animale indicatore della contamina-zione da pesticidi, proponiamo il con-fronto fra gli istogrammi riassuntivi an-

52 LE SCIENZE n. 274, giugno 1991

LE SCIENZE n. 274, giugno 1991 53

Page 7: L'ape, un efficace bioindicatore dei pesticidi

in una serie di articoli originaliappositamente scritti per il quaderno

IL RISCHIO SISMICO, curato da Enzo Boschi,un'équipe interdisciplinare analizza

la situazione italiana.

Sei QUADERNI all'anno.Prezzo di copertina: L. 9000.

In questo numero:

Il rischio sismico di V. PetriniLa difesa dai terremoti di F. BarberiRischio sismico e beni culturali di A. HuberI moti violenti del suolo durante i terremoti di A. RovelliProprietà della litosfera terrestre di R. Sabadini e G. SpadaPlasticità delle rocce e meccanismo dei terremoti di M. Bonafede e M. DragoniI grandi terremoti medievali in Italia di E. Guidoboni ed E. BoschiLa previsione dei terremoti di E. Boschi e M. DragoniLa valutazione della pericolosità sismica in Italia di E. MantovaniLa previsione statistica dei terremoti di F. Mulargia e P. GasperiniDeformazioni crostali e sismicità di V. Achilli e P. BaldiGeografia sismica in Italia di C. Gasparini e A. TertullianiTomografia sismica per l'area italiana di A. Amato e B. AlessandriniMacrozonazione sismica del territorio italiano di P. Favali, G. Scalera e G. SmriglioI nuovi strumenti della sismologia di D. Giardini, A. Morelli e G. RomeoLa rete sismica nazionale di R. Console, B. De Simoni, F. Mele e Q. TaccettiIl controllo delle aree sismogenetiche con reti locali di A. Basili e M. CoccoIl terremoto dell'Irpinia: 10 anni di ricerche di E. Boschi, D. Pantosti e G. ValensiseI maremoti di S. Tinti

nuali dei principi attivi rinvenuti neicampioni di api morte (si veda l'illustra-zione alle pagine 52-53 in alto) e la tabel-la a pagina 47 che riporta i fitofarmacipiù venduti nella provincia di Ferrara.Ebbene, se escludiamo i prodotti chenormalmente vengono usati prima del-l'uscita primaverile delle api (DNOC, oliminerali), quelli non pericolosi (polisol-furo di calcio, polisolfuro di bario, ossi-cloruro di rame, solfato di rame e zolfo)e gli erbicidi (alachlor e metamitron) pe-ricolosi per le api, ma di difficile indivi-duazione biologica, notiamo una perfet-ta corrispondenza, e cioè al primo postoi ditiocarbammati, che come abbiamogià accennato non sono letali per le api,ma ormai ubiquitari nelle nostre campa-gne, seguiti da due insetticidi fosforga-nici, l'azinphos-methyl e il dimethoato.

Possiamo concludere allora che l'aperisulta un ottimo rivelatore di pesticidi,e affermare a cuor leggero che questastrategia ci consente di individuare iprincipi attivi impiegati, la loro perico-losità, il giorno del loro impiego, la col-tura e, in alcuni casi, l'azienda dove èstato eseguito l'intervento. Nei campicoltivati l'ape è così doppiamente utile:come prezioso e diligente vettore di pol-line delle piante entomofile e come indi-catore biologico dello stato di inquina-mento da pesticidi del territorio.

L'ape rimane, in ogni caso, un anima-le affascinante e per certi versi enigma-tico; nell'alveare, dicono Éugene N.Marais e Maurice Maeterlinck, si na-sconde un superorganismo che ci ponecontinui quesiti conoscitivi e insieme cioffre i suoi servigi: a noi impiegarli nelmodo migliore.

BIBLIOGRAFIA

BROMENSCHENK J. L, CARLSON S. R.,SIMPSON J. C. e THOMAS J. M., PollutionMonitoring of Puget Sound with HoneyBees in «Science», 227, 8 febbraio 1985.

CELLI GIORGIO, PORRINI CLAUDIO eRABONI FRANCESCA, Monitoraggio conapi della presenza dei ditiocarbamma-ti nell'ambiente (1983-1986) in «Bollet-tino dell'Istituto di entomologia "Gui-do Grandi"», Università di Bologna,XLIII, pp. 195-205, 1988.

CELLI GIORGIO, PORRINI CLAUDIO eTIRAFERRI SAURO, 11 problema degli api-cidi in rapporto ai principi attivi respon-sabili (1983-1986), Atti delle Giornate fi-topatologiche, n. 2, pp. 257-268, 1988.

CELLI GIORGIO (a cura), Ecosistemi,«Le Scienze quaderni», n. 53, aprile1990.

CELLI GIORGIO, PORRINI CLAUDIO,BALDI MASSIMO e GHIGLI ENRICO, Pesti-cides in Ferrara Province: Two Years'Monitoring with Honey Bees (1987--1988) in «Ethology, Ecology and Evo-lution», Special Issue, n. 1, pp. 111-115,1991.

54 LE SCIENZE n. 274, giugno 1991