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5/10/2018 L'Architettura Dei Musei - slidepdf.com
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Parte terza
Il contenuto
Tra gli edifici pubblici a destinazione culturale, il museo si distingue per esse
re il contenitore di ogg etti che sono scelti per le loro ca ratteristiche di fat tura,
di originalità, di bellezza e raccolti a scopo di ricerca e di studio, anche perlasciare alle generazioni future un segno concreto dello spirito cr ea tivo del·
l'uomo e del suo cammino di progresso e civiltà. Come recita la definizione
dell 'lcoM (International Council of Museums), il museo è «un'istituzione per
manente, senza scopo di lucro, al se rviz io della società e del suo sviluppo,
aperta al pubblico, che compie ricerche sulle testimonianze materiali dell'uo
mo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva , le comunica e soprattutto le
espone a fini di studio, di educazione e di diletto» ' . Gli oggett i da museo
sono quindi beni culturali e la loro riunione in collezioni costituisce un pa-
trimonio dello Stato e un elemento importante dell'identità collettiva .In larga parte, come già è stato detto, le collezioni dei musei sono state
costituite con i beni confiscati all'aristocrazia e al clero e con le donazioni dei
collezionisti privati che hanno rappresentato «il principale canale di alimenta
zione dei musei, soprattutto dei maggiori, che a buon diritto possono es sere
definiti "raccolte di raccolte"" (Marini Clarelli, 2005, p. 12 ). Nel tempo, que-
sti nuclei originari sono stati arricchiti con altre elargi zioni e lasci ti testamenta-
ri, con fondi e riserve, con reperti provenienti da campagne di scavo e anche
con l'acquisto alle aste. L'incremento delle collezioni è una delle funzioni più
delicate e importanti svolte dal mu seo, che ha il compito di completare unaserie, di colmare delle lacune, di ricomporre degli insiemi , sempre nel rispetto
di un progetto culturale e compatibilmente con le proprie risorse finan ziarie.
La scelta di tenere viva una collezione spetta alla direzione del museo e all'au -
torità amministrativa che decidono le modalità e i criteri di annessione delle
nuove acquisizioni. Perché un oggetto possa es sere definito un "pezzo da mu-
seo", esso deve prim a superare alcuni esami, deve cioè essere giudicato da una
commissione di esperti che ne accerti l'autenticità, la provenien za e l'integrità,
ch e ne valuti l'interesse scientifico, artistico e culturale e il valore economico.
Ottenuta l'approvaz ione, l'oggetto viene certificato e acquista lo stato giuridi-
1. Codice di deontolog ia professionale, adoctato da lla 1 .511 Assemblea generale dell'rcoM riu-
nita a Buenos Aires , Argentina, il 4 novembre 1986.
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L'ARC H ITETTURA DE I MUSEI
co dell'inalienabilità, vale a dire esce dal circuito dello scambio dei beni e non
può più essere venduto o estromesso dalla collezione di cui fa parte, se non
per validi motivi decisi dall'autorità competente.
Una volta certificato, l'oggetto viene inserito nella collezione. Per assegnar-
gli il posto, esso deve essere prima cla ss ificato e schedato, cioè deve esserenumerato e descritto in una scheda che ne indichi la provenienza e ne elenchi
le caratteristiche morfologiche e funzionali, quindi deve essere disegnato e fo -
tografato, eventualmente restaurato, e infine inv entariato. La classificazione di
un oggetto serve a ordinare le informazioni che lo accompagnano al momento
dell'ingresso nel mu seo e a tracciarne una documentazion e storica.
L'inserimento di un oggetto in una collezione comporta quindi un pro-
cesso di separazione dal mondo esterno che, se da un lato ne cambia il senso
e lo fa diventare un testimone di "qualche cosa che è stato", dall'altro lo libe-ra dai difetti e ne arresta l'invecchiamento. In ques ta prospettiva, il museo
non va visto come un cimitero degli oggetti dismessi, ma come un luogo dove
essi vengono fatti rivivere con un va lore arricchito che li rende, .in un certo
qual senso, immortali. l i sociologo francese Jean Ba udrillard, già citato a pro-
posito dell'Effetto Beaubourg e che ha dedicato un bellissimo libro al cosiddet-
to sistema parlato degli oggetti', sostiene la tesi che la raccolta di cose antiche
e del passato, spogliate del loro valore d'uso, serve ad assorbire <d'angoscia
del tempo e della morte» (Baudrillard , 2004 , p. 125) . Quando un oggetto vie-ne sottratto al ciclo della vita quotidiana e del consumo ed entra a far parte di
una collezione, sia che si tratti di una collezione privata che ognuno può fare
nel suo piccolo O di una collezione pubblica des tinata a un museo, esso so-
pravvive alla durata della vi ta di chi lo ha raccolto. La conservazione degli
oggetti è dunque una pratica che accompagna l'esistenza dell'uomo per scon-
giurare la paura della morte. Questa è la ragione, secondo Baudrillard, per cui
gli oggetti sono diventati <da consolazione delle consolazioni» (ibtd.) in un'e-
poca caratterizzata dal declino delle istanze religiose e ideologiche e da unvuoto di riferimenti. Visti in quest'ottica, gli oggetti da museo sono lo spec-
chio dell 'immagine riflessa dell'uomo e la loro conservazione e tutela costitui
scono una pratica necessaria alla nostra esistenza, essenziale quanto la possibi
lità di sognare J
2. Per Ba udrillard gli oggetti non sono semplici istanze del ciclo di produzione·circolazione·
consumo: essi sono segni che compongono un sistema semant ico e linguist ico proprio che diffe
risce sia dal loro valore d' uso sia dal loro va lore di scambio. Con sistema parlato degli oggetti
Baudrillard intende i modi in cui le persone entrano in relazione con qu esti valori-segni e i comportam enti che ne risultano.
3. Nel par. L'oggetto e il tempo, Bau driJJard (iv i, p. 124) scrive: <<L'ambiente e il possesso
degli oggetti privati - di cui la coUezione costitu isce il limite estremo - sono una dimensione
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PARTE TERZA. Il . CONTENUTO
Se nel modo corrente di pensare gli oggetti da museo sono associati alle
opere d'arte, cioè ai quadri, alle sculture e a tutto ciò che è raro e originrue e
che non si trova nella vita di tutti i giorni, in realtà il loro mondo è ben più
vasto e include anche ogget ti comuni e senza particolari qualità artistiche. Di
questo universo di oggetti la mu seografia si è occupata per via indiretta trami·te l'etnografia, che è la disciplina nata in ambito antropolog ico nella seconda
metà dell'Ottocento, negli anni dell'espansione dei musei nazionali, e che stu-
dia la cu ltura materiale, ovvero i manufatti costruiti dall'uomo per facilitarne
la vita e il lavoro 4 . Tanto la museografia quanto l'etnografia considerano l'og-
getto un bene culturale, ma mentre la museografia ne va luta le qualità stori-
che, artistiche e scientifiche, l'etnografia se ne interessa in quanto esemplare e
documento storico delle tradizioni culturali dei popoli . i n o n t r o tra la mu-
seogra fia e l'etnografia, che fin dall'inizio hanno incrociato i loro interessiavanzando di pari p ~ s o e condividendo metodologie di classificazione e ordi-
namento degli oggetti, ha avuto tra i suoi effetti anche quello di ispirare una
nuova concezione del museo come centro di ricerca e di documentazione atti·
vo sul terr itorio. Questo nuovo modo di vedere il museo, che può essere rias ·
sunto nello slogan "abbattere lo scalone monumentale", ha avuto come prima
diretta conseguenza la creazione negli anni settanta degli ecomu sei, ed è matu·
rato nel tempo fino al museo "ibrido" del Quai Branly che ha sancito il tra-
sferimento dell 'oggetto etnografico nel settore dell 'arte. i l Q uai Branly, il mu-seo delle arti primitive, ha infatti ulteriormente ridotto le differenze tra la mu-
seografia e l'etnografia, non senza sollevare polemiche e dibattiti tra gli addetti
ai lavori che non vorrebbero confondere il valore patrimoniale dell 'oggetto ar-
tistico con quello scientifico del documento storico.
In ogni caso, l'incontro tra l'estetica e la sc ienza ha convalidato ciò che ha
affermato Baudrillard e cioè ch e gli oggetti da museo sono segni, ovvero sono
un linguaggio visivo che fa del museo un luogo di studio e di app rendimento
unico nel suo genere. Attraverso la visita, il frequentatore del museo ha lapossibilità di acquisire nuove conoscenze sia gua rdando delle opere come ac-
cade nei musei d'arte, sia sperim entando e facendo dei test come avviene nei
musei scientifici. Q uesto tipo di apprendimento, che si fon da sull'esperienza
diretta e sul rapporto empatico che si stabilisce tra il visitatore e gli oggetti,
trova nell'esposizione la Slla forma di comunicazione. L'esposizione è quindi il
modo in cui il museo si apre all 'esterno ed esplica il suo ruolo culturale nel
territorio e soprattutto incontra il pubblico.
la continuità del sonno: con lo stesso compromesso, gli oggetti assicurano la continuità della
vita» (iv i, p. 12 6).
4. L'etnografia nasce nel 1875 quando Piu Rivers usa l'espress ione "cultura materiale" nel
suo libro On !he Evo/tltion o/ Ctllture. Da quel momento si susseguono gli studi antropologi ci
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L'ARCHITETTURA DE I MUSEI
Nel complesso gioco dei fattori che ruotano intorno al museo, il pubblico
ricopre un ruolo sempre più importante e non si può più fare un discorso sul
mu seo senza tenere conto del peso ch e esso esercita sulla programm azione
delle attività culturali ed espositive . Secondo quanto emerge dai sondaggi , la"politica culturale" del museo viene decisa in funzione del pubblico, anzi d..pubblici al plurale. Da questo punto di vista, il museo viene aiutato da ricer-
che e indag ini di settore eseguite da psicologi e da sociologi incaricati di sru-
diare le ca ratteristiche e i co mportamenti del pubblico e quindi i modelli cl:
fruizione più adeguati.
La premessa è che il frequentatore del museo non è più quello di unavolta. Fino a qualche decennio fa , faceva parte di un'élite di studiosi, intellel -
tuali ed eruditi amanti dell'arte e della scienza che si recavano al museo per
fare ricerche e per godere dell'incanto delle opere d'arte . Successivamente, ilpubblico del museo si è ampliato e diversifica to e oggi il frequentatore dd
mu seo può essere definito un utente di età e cultura varie, che sceglie di an da-
re a visitare un a mostra per soddisfa re curiosità , acquisire informazioni, occu·
pare in modo piacevole il tempo libero. Il nuovo "tipo da museo ", più che un
es teta, è un dilettante che "gironzo la per le sale", come lo era il Marcel ProuS!
di cui parla Adorno nel suo saggio Valéry, Proust e il mUIeo. Il nuovo tipo da
mu seo è cioè uno spettatore che guarda a distanza e in man iera distratta gli
oggetti per compiere un viaggio della mente e abbandonarsi, senza troppisforzi, allo stato della reminiscenza e del ricordo involontario . Il ricordo è un
filo rosso del pensiero estetico che ruota intorno al museo. Riprendendo le
parole di André Malraux (2004, pp. II · 3) , il museo è il luogo che esprime la
più alta idea dell' uomo e impone al vis itatore di non fe rmarsi al piacere del-
l'occhio perché «le nostre conoscenze sono più estese dei nostri musei e ilvisitatore del Louvre sa che egli non vi troverà né Goya né i grandi Ingles i, né
la pittura di Michelangelo, né Piero della Francesca, né G runewald, appena
Vermeer»: dunque le opere d'arte appese alle pareti, le sculture, gli oggettinelle teche suscitano ricordi soggettivi e individuali e, tutt'al più, la "convoca·
zione spirituale" delle opere assenti. È cioè possibile richiamare alla mente le
imm ag ini archiviate nella memoria e conve rtire la parziali tà del museo in una
rammemorazione, ovvero in una universalità di tipo "affettivo". Questa rela·
zione es tetica, che trasforma la quantità del modello tassonomico nella qualità
della selezione, implica un diverso modo di considerare il godimento e la visi -ta al mu seo.
Nel museo del Sette e Ottocento, l'incanto era un piacere estetico funzio·naIe al numero e alla varietà degli oggetti mess i in mostra. Non a caso i primi
allestim enti dei mu sei d'arte sono state le quadrerie, cioè delle pareti com·
pletamente riempite di quadri dal pavimento al soffitto. Estetica ed educazio·
ne coincidevano, e per qu esta ragione era importante esporre gli oggetti in
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PARTI! TERZA. IL CONTENUTO
A imprimere una svolta sono state le avanguardie del primo Novecento
che hanno contribuito a sviluppare una diversa sensibilità estetica basata sul
piacere intellettuale de.ll l<' assenza" . Partendo da un nodo critico, ovvero dal
fatto che le opere contenute nel museo sono degli oggetti alienati perché sepa-
rati dai loro contesti d'origine, le avanguardie hanno additato i musei come
luogh i deltinautentico: se le opere esposte sono vere, non è vero né autenticol'ambiente espositivo. In tal modo il museo celebra le immagini de lle cose e
trasforma il piacere dell ' incanto nel culto es tetico dell'oggetto artistico, media-
to dalla ragione e non più in diretta relaz ione con i sensi. Lo spettatore con
temporaneo, che cerca l'intrattenimento e la realizzazione di un piacere istan-
taneo e di breve durata , non va quindi visto soltanto come un "consumatore
dell 'arte" . Egli rapp resenta un modello di fruIZione esteti ca basato sul potere
dell 'immaginazione di vedere al di là di ciò che viene mess o in mostra e che fa
preferire l'evento all'esposizione permanente, perché l'evento, per il suo ca
rattere istantan eo, è una manifestazione ad alto tasso di comunicaz ione che
deve essere fa cilmente comprensibile al grande pubblico. Questo spiega l'im-
portanza ricoperta dalle mostre temporanee nei programmi culturali del mu-
seo odierno. A differenza dell 'esposizione permanente che è vincolata alle col-
lezioni e a una presentazione tradizionale degli oggetti , le mostre temporanee
sono racconti illustrati che dispongono di strategie espositive più agili e che
possono proporre un'esperienza conoscitiva an che di tipo Iudica, più adatta a
un pubblico di massa e a un livello culturale medio. Le mostre temporanee
sono anche diventate uno strum ento di rinnovamento delle esposizioni perma nenti. Molti grandi musei d 'arte, tra i quali il Louvre, il Metropolitan Muse um
e il British, hanno inaugurato una nuova formula di espos izione "classico-con
temporaneo". ba sata sul confronto tra le opere delle collezioni permanenti e
quelle appositamente realizzate da artisti viven ti, per creare un dialogo tra l'ar-
te di ieri e quella di oggi in una sorta di via gg io nel tempo. Il successo di
queste rassegne "cla ss ico-contemporaneo" ne ha fatto un fo rmat molto diffuso
che sta diventando un appuntamento fisso dei programmi espositivi dei grandi
museI.
Le mostre temporanee sono dunque fattori di richiamo che creano un"plusva lore" di comunicazione che fa emergere il museo nella competizione
globale e che consente di fidelizzare il pubblico e di farlo tornare più volte.
Le mostre temporanee, inoltre, hanno modificato anch e i riti della visita, r i ~ formulan do l'o rganizzazione stessa del museo. Sempre più di frequente in uno
stesso museo si tengono più mostre temporanee in simultanea, per cui il tem-
po della visita può richiedere anche un 'intera giornata con la necessità di un
certo numero di pause per consentire il rec up ero fisico e mentale del visitato
re. Questo ha fatto sì che gli spazi della sosta e della ristorazione abbiano
acquisito una maggiore importanza : è ormai un 'abitudine rifocill arsi nel risto-rante o nella caffetteria del museo prima di passare da una mostra a un'altra.
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6
L'esposizione della collezione
6.1
Il percorso espositivo
Un tempo la scienza del museo era genericamente chiamata museografia. Poi lacomplessità delle funzioni che un museo è chiamato a svolgere ha favorito la
distinzione dei compiti e ogg i nel museo operano i museologi, cioè coloro che si
occupano della collezione e del suo ordinamento e che hanno una formazione
um an istica in storia dell'arte, e i museografi, ovvero architetti O designer che
hanno competenza nel campo dell'architettura e dell'allestimento. Un conto è
classificare e ordinare gli oggetti e creare una collezione, un altro è presentarla.
La museografia, a questo punto, non è più la scienza generale del museo, ma è
la branca che progetta il museo, la sua configurazione spaziale e la sua distribu-zione e organizzazione interna, compreso 1'allestimento espositivo.
Ma cosa si intende per esposizione? Non esiste una definizione unica e il
suo statuto è ancora incerto. Ai fini di questo discorso, però, l'esposizione è
un testo visivo che viene fuori come risultato di un progetto sia museologico
sia museogran co . Un'esposizione non vuoi dire , infatti , mettere semplicemente
in mostra degli oggetti, ma significa organizzare una sequenza di materiali,
spesso eterogenei tra loro (quadri, sculture, fotografie, disegni, oggetti, plastici,
ricos tru zioni, video) , per fare un discorso che possa essere "visto" e compreso
da persone di vario livello culturale.
L'esposizione è dunque una forma di comunicazione che include un'idea,
dei materiali da esporre e un allestimento e ha il fine ultimo di organizzare
una chiara presentazione per raggiungere il maggior numero di visitatori.
Le fasi del progetto di un'esposizione sono tre e devono essere pensate in
stretta relazione l'una con l'altra. La prima è quella dell 'idea, che nellinguag-
gio corrente è chiamato il concept, ed è competenza di un curatore e di un
comitato scientifico di esperti che elaborano un contenuto e stendono le linee
guida del programma espositivo. Vengono cioè stabiliti il tema della mostra(che nel caso delle mostre temporanee è sintetizzato dal titolo) e i criteri espo-
sitivi che possono essere cronologici , tematici, per scuole, per soggetto, per
movim enti, o come altro si preferisce, e che possono essere utilizzati separata-
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L'ARC H ITETTURA DE I MUSE I
mente o associati gli uni con gli altri: una mostra ad esempio può essere tema -
tica e cronologica in siem e. Una volta fissati il tema e i criteri espositivi, si pas-
sa alla selezione degli oggetti e delle opere da mettere in mostra e alloro o r d i ~ namento in modo da costruire la sequenza espositiva. Questo lavo ro, che ~
guarda la seconda fase, viene svolto ancora sotto la sorveglianza del curatore edel comitato scientifico che hanno anche il compito eli ga rantire la coeren za
scientifica dell'esposizione.
Il progetto museologico della mostra precede quello dell 'alles timento, che
in prima istanza trasforma la sequenza espositiva in un percorso ch e è il filo
narrativo e l'asse strutturante di una mostra. Se l' idea è dunque riferibile agli
atti interpretativi che servono a collegare gli oggetti selezionati, l'allestimento è
la scenografia architettonica che consente di presentare questi oggetti e di
metterli in rapporto con il visitatore. Il percorso è quindi lo snodo tra la fase
della concezione e quella d e l l ' e s p o i o n e ed è fondamentale il modo in cui
esso viene trasformato in un a rappresentazione visiva.
Il percorso espositivo è condizionato, talvolta predeterminato, d a l l ' a h i ~ tettura del museo. A seconda dell'organizzazione spaziale, della forma e delle
dimensioni delle sale, dell'esistenza o meno di corridoi e spazi di c o l l e g a ~ to , dei modi di accesso e eli circolazione in terni , il percorso espositivo può
essere lineare o libero.
I! percorso lineare è il più semplice ed è anche il più funzionale perché
orienta il visitatore e consente di dare un ordin e e una successione all'esposi-zione. D'altra parte, esso è all 'origine della sala rettangolare stretta e lunga, la
cosiddetta galleria, e la stessa pianta del museo ideale di Durand, il modello
tipologico mu sea le per antonomasia, è strutturata sull 'incrocio dei percorsi li-neari. Anche la scelta iniziale di convertire i palazzi confiscati all' aristocrazia
in museo venne dettata dalla convenienza del percorso: l 'impian to seriale delle
stanze infilate l'una dopo l'altra , senza corridoi intermedi, si prestava alle fun-
zioni espositive così com'era e senza bisogno di interventi di trasformazione.
Dal punto di vista geometrico, il percorso lineare può essere una retta ouna spirale: ambedue sono linee continue, anche se le loro proprietà nello
spazio sono diverse. Questa differenza topolog ica ha avuto delle conseguenze
sull'esperienza della vis ita. La linea retta consente di vedere gli oggetti in s u c ~ cessione, ma non necessariamente in continuità: è possibile cioè interrompere
la visita quando si vuole e riprenderla dove si preferisce. La spirale, invece,
determina un percorso che, una volta iniziato, va portato fino in fondo. In
sostanza, mentre la linea retta risponde a una concezione tassonomica l l ' e ~ sposizione e quindi all'idea didattica del museo enciclopedico dell'Ottocento,
la spirale evoca il dinamismo e l'avventura, aspetti che hanno preso piede nelcorso dei primi anni del Novecento quando l'esplorazione della città e la s c o ~ perta del Nuovo Mondo divennero una moda.
Sono il viagg io e la sua metafora a star dietro alla spirale lecorbusieriana
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del museo mondiale e poi del museo a crescita illimitata, così come è l ' e s i b ~
6. L'ESPOS IZIONE DELLA COLLEZIONE
zione della folla urbana che origina la fantasia wrightiana della rampa elicoida-
le. Concettualmente, il passaggio dalla retta alla spirale ha significato ripensare
l'universalità del museo in una forma metafisica, che ha favorito l'invenzione
di figure spaziali inedite basa te sulla fascinazione e sul coinvolgimento diretto
del visitatore.TI percorso libero è un percorso indeterminato riferito a uno spazio omoge-
neo come l'open space e che implica un tipo di esposizione puntuale e areale,
per ambiti di interesse, concentrata e non in successione. Partendo dal princi-
pio del palinsesto, questa forma espositiva, decisamente più sperimentale, è
spesso organizzata come un sistema di luoghi interni quali isole e stanze e non
come una sequenza. Essa presuppone un visitatore informato, in grado di sa -
pers i orientare nel microcosmo dell'esposizione e di scegliere au tonomamente
il percorso e i luoghi di interesse. Ques ta fo rma di esposizione, che si incardi-
na sulla soggettività del visitatore, sulla sua cultura e sulla sua sensibilità, si
avvale degli studi condotti da cognitivisti che hanno analizzato i modi di muo-
versi dello spettatore nello spazio di un 'esposizione. Tra i tanti studi, quello di
Veron e Levasseur (cit. in Marota, 2006) ha identificato quattro tipologie di
visitatore e di comportamento "espositivo": il tipo formica, che segue pedisse-
quamente il percorso indicato soffermandosi a lungo su tutti gli oggetti espo-
sti; il tipo pesce, che si muove velocemente al centro della sala eseguendo una
visita rapida; il tipo farfalla, che effettua una visita oscillante con continui
cambi di direzione; il tipo cavalletta, che seleziona e pres ta attenzione solo ad
alcuni oggetti senza seguire il percorso previsto, essendo la sua visita guidata
da interessi e da conoscenze preesisten ti. In ogni caso, i cognitivisti hanno di-
mostrato che, sia nel caso del percorso lineare sia nel caso di quello inde-
terminato, l'esperienza della visita è un mosa ico di informazioni che il vis itato-
re costruisce nella mente come riswtato di un 'osservazione seriale; è imposs i-
bile per la mente umana assorbire in modo simul taneo un intero museo e
quanto vi è esposto.
6.2
Ambienti e tipologie espositive
Il percorso è l'asse strutturante di un a mostra , ma non determina in modo
univoco la configurazione dell'ambiente espositivo. D'altra parte, essendo la
mostra un atto interpretativo che può variare a seconda degli ohiettivi cultura-
li, è difficile immaginare di costringerla dentro uno schema preconfezionato.
L'aleatorietà del progetto espositivo non esclude però che esis tano deg li orien-tamenti nei modi di organizzare lo spaz io e di mettere in mostra gli oggetti. Il
museologo Giovanni Pinna (2000 , p. 4), a tale proposito, ha individuato tre
"filosofie espositive" in funzione dell'esperienza di visita che si vuole generare:
la filosofia della meraviglia (FIGG . 6 .1 e 6 .2 ), che viene fatta risalire ai gabinetti
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•
L'ARCHITETTU RA DEI MUSEI
FIGURA 6. 1
Filosofia espositiva della meraviglia
Incisione raffiguran te una mostra d· arte al Louvre appena divent!lto museo.
Follte: Schaer (1993, p. 4.5).
stupore e curiosità nel visitatore; la filosofia della razionalità, (FIG. 6.4) basata
sulla presentazione tassonomica e ordinata delle collezioni, tipica del museoilluminista e che ha una finalità educativa; la filosofia dell'evocazione (FIG. 6.3),
che si fonda sulle ricostruzioni degli ambienti e dei contesti di appartenenza
degli oggetti e che vuole coinvolgere il visitatore nella SCena espositiva.
Queste tre concezioni dell'esposizione non corrispondono a dei cicli storici,
quanto piuttosto a una tradizione espositiva che si è sv iluppata in funzione del
tipo di museo. In via del tutto generale, i musei sono suddivisi in tre categorie:
i musei di arte e di archeologia, i musei della scienza e della tecnica e i musei
storico-culturali , e a ognuno di ess i corrisponde un modo di esporre.
I musei di arte e di archeologia sono quelli degli oggetti e delle opere dielevato valore artistico, nei quali si continua a respirare un'atmosfera c o n ~ templativo-cerimoniale, anche se si stanno comincian do a sperimentare for
me espositive interattive. Sebbene i criteri estetici delle esposizioni delle
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6. L'ES POS IZION E DELLA COLLEZrONE
FIGURA 6.2
Filosofia espositiva de lla meraviglia
Allestimento di un museo scien tifico.
opere d'arte continuino a basarsi sulla centralità dell'oggetto e su una posi-
zione pass iva de ll 'osserva tore, la trasform azione dell'arte in installazioni e vi-
deoarte sta cambiando le modalità di esposizione e di alles timento. Ormai,
anche nei musei di arte e di archeologia si fa uso delle nuove tecnologie per
coinvolgere lo spettatore e rendere più fruibili le opere a un pubblico am-
pio non necessariamen te fine conoscitore dell'arte.
I musei della scienza e della tecnica discendono dalle W underkammern, dai
musei·laboratori e dalle esposizioni ottocentesche, e hanno conservato una vo-
cazione spettacolare e sperimentale. Questi musei propongono un 'esperienza
di visita coinvolgente e interattiva che si avvale dell 'uso di installazioni multi-
mediali e interattive.
I musei storico·culturali sono i memoriali , i musei delle arti e tradizioni po·polari e gli ecomusei, nei quali gli oggetti sono considerati documenti che nel-
l'insieme rea lizzano una sorta di "ecologia culturale". Anche questi musei,
come quelli della sc ienza e della tecnica, propongono un tipo di visita inte-
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L' ARCHITETTU RA DE I MUSE I
FIGURA 6.3
Filosofia espositiva dell'evocazione
Atrio del Centre Pompidou con il ritratto cinetico di Victor Vasarely , Hommage à George Pomp idou .
Fonte: Parigi: l'oggettofun 'l.iona / (r977, p. :d .
rattiva. Ma più che chiamare il Vsitatore a fare delle esperienze dirette, in
qu es ti musei si tende a costruire scenari per ricontestualizzare gli oggetti nei
loro ambienti originari. TI visitatore viene sostanziaLnente proiettato in una
macchina del tempo e immerso in un altro spaz io-tempo.
In generale emerge una tendenza a fondere le tre concezioni espositive per
dar vita a mostre anche a forte carattere "teatrale". Le esposizioni in cui gli
oggetti vengono presentati con il fine di meravigliare, di evocare e di informa
re il pubblico sono sempre più numerose. Ques to spiega l'uso sempre più fre-
quente degli strumenti tecnologici e delle tecniche narrative del cinema e del
teatro che agi scono direttamente sul visitatore e ne sollecitano risposte emoti-
ve di nostalgia e di ricordo, di evasione e di evocazione. Le possibilità offerte
dalle nuove tecnologie consentono infatti di costruire delle simulazioni appro
fittando dei dispositivi della fiction e della cinematografia. La mostra in tal
modo è divenuta sempre più simile a un evento.
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6. L'ESPOSIZIONE DELLA COLLEZIONE
FIGURA 6.4
Filosofia espositiva della razionalità
Allestimento delle sale dell 'esposizione permanente al Guggenheim Museum di Bilbao.
Fonte: Frtmk o. Gehry · Guggenheim Bilbao MU."ìeoa ([991;, p. 85).
/
6·3Le esposizioni interattive e di immersione
La mostra temporanea parte dal principio di una conoscenza senza sforzo
che nasce da un piacere: il piacere della scoperta, il piacere deU'oggetto, il
piacere del ragionamento intellettuale. Perché questo accada, la mostradeve essere presentata in modo chiaro e divertente ricorrendo a un allesti
mento appropriato e senza trascurare alcun dettaglio, dalle informazioni
scritte sui pannelli all'inizio del percorso alle etichette, alle installazioni, alle
videoproiezioni. Una mostra deve essere un'esperienza conoscitiva che
ognuno può adattare al proprio sapere e alla propria sensibilità e una far·
ma di apprendimento che, come preconizzava Georges-Henri Rivière, deve
favorire lo sviluppo e l'arricchimento della persona. Una mostra deve pro
vocare emozioni, porre domande, suscitare curiosità, stimolare la riflessione
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L'ARCHI TETT URA DE I MUSEI
FIGURA 6 .5
Esposizione di tipo immersivo
Allestimento del Quai Branly: Nouvel, con la consulenza di esperti tra cui L!!V}' Strauss, propone un' interpretazionedd Museo Immaginario di Malraux.
in chi la guarda attraverso un'attività che è al tempo stesso estetica, intellet
tuale e Iudica. Con il tempo si è giunti a un cambio di prospettiva e l'ap proccio convenzionale che poneva l' oggetto al centro dell'esposizione si sta
trasferendo sul soggetto-visitatore. A rendere possibile questo cambiamento
sono stati il computer e tutti gli strumenti della tecnica che hanno consen
tito di studiare forme espositive interattive nelle quali vengono utilizzati filmati e videoproiezioni per integrare il visitatore nella scena espositiva e tra-
sformare l'apprendimento in un'esperienza di gioco .
Ques to tipo di esposizioni, chiamate di immersione, costruiscono ambienti
totali nei quali i visitatori-spettatori sono fisicamente immersi così come avve
niva nelle chiese della tarda antichità dove il rives timento totale dello spaz io
interno con decorazioni pittoriche e musive serviva a coinvolgere il fedele nel-
la scena sacra e a procurargli un 'esperienza di forte intens ità. In sostanza, l'os
servatore viene messo in una posizione attiva all'interno di un unive rso imma-
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6. L 'ESPOS IZIONE DELLA COLLEZ IONE
FIGURA 6.6
Esposizione di tipo imm ersivo
Alles timento del museo Emilio Vedova ai Magazzini del Sale a Venezia: Ren zo Pi ano, inventando un sofisticalO con·gegno robotizzalo per prelevare e far scorrere le opere, ricOSlruisce l'a tmosfera mutevole de llo studio dell'artisla.
o n ~ : Celane (2009, p. 1504).
ginano in cui l'insieme degli eventi proposti costituisce un contesto che deve
però essere decodificato.
l i principio guida degli ambienti immersivi è la simul az ione: grazie a degli
artifici vengono create situazioni illusorie, simili e analoghe a quelle reali, che
a seconda dei casi sono delle ricostruzioni in scala di luoghi reali come la pe-
riod room, la stanza in stile d'epoca introdotta dai musei anglosassoni, oppure
riproduzioni fittizie di scenari ve ri o immaginari come i diorami. La ricostru-
zione della scena, proprio come se fosse il set di un film, serve a creare unasituazione che, grazie agli effetti e alle sollecitazioni di tipo sensoriale (schermi
da toccare con la mano che rilasciano sensazione di caldolfreddo, una musica
di sottofondo, giochi di luci e ombre), produce un assorbimento mentale e
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L'ARCHITETTURA D EI MU SEI
FIGURA 6.7
Esposizione di tipo immersivo
L'esposizione dei progetti di Stevcn Holl nella Basilica Palladiana di Vicenza.
Fonl l!: Sll!Vl!n Holl architetto (2003, p. l4 ' ) .
può giungere anche a una perdita momentanea della percezione di sé, come
nelle esperienze di rapimento es tatico. Più dell 'imitazione ciò che conta è la
suggestione: il vis itatore deve avere l'impressione di essere un attore sulla sce-
na e di recitare una parte ma, perché ques to avvenga, devono essergli forniti
un codice e una chiave di accesso. Solo quando il visitatore viene istruito e
conosce le regole del gioco, infatti, può partecipare attivamente alla dimensio-
ne emozionale della visita.
Anche nel caso delle mosrre immersive, i comportamenti e le reazioni delpubblico sono stati attentamente analizzati. Finora sono state catalogate cin-
que differenti risposte emotive:
risonanza : il visitatore entra in empatia con l'esposizione e la sua visita si
caratterizza per un'intensa capacità onirica. Si tratta di un visitatore che va a
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6. L'ESPOS IZIONE DELLA CO LL EZIONE
FIGURA 6.8
Esposizione di tipo immersivo
L'esposizione dei p rogett i di Toyo ho nella Bas ilica Palladiana di Vicenza c il grande tdo imerattivo.
FOll Ie: h o (2001 , p. 7).
sommersione: è il caso del visitatore che non mantiene alcuna distanza tra
sé stesso e gli oggetti esposti. Questa forma di visita si ca ratterizza per un
coinvo lgimento emotivo così forte che il visitatore può interrompere la visita a
causa di un blocco psicologico o di un sentimento di angosc ia;distanza critica : il visitatore è consapevole e si presta al gioco, ma solo per
misurarne gli effetti. La sua partecipazione res ta sotto controllo e si accompa-
gna ad alcuni interrogativi: Che cosa preferisco? Un'esposizione didattica o
un 'esposizione spettacolare? Che cosa vuole dirmi questa mostra ? E perché
usa questo dispositivo?;
banalizzazione: le attese del visitatore sono in principio molto forti. Di base
è il visitatore che ha compreso lo spirito della mostra, ma che res ta volontaria-
mente distante dal dispositivo, irritato dalla sua predominanza. Spesso ritiene
che la messa in scena prevalga sul contenuto e denuncia una volgarizzazionedei contenuti;
'95
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L'ARCH ITETTU RA DEI MUSEI
rzge tto: il visita tore non entra nel dispositivo e ne vede soltanto i difetti.Rimane estraneo alla proposta espositiva e all'allestimento e mette in cam-po una barriera psicologica che gli impedisce di entrare nello spirito della
mostra.Le esposIzIoni di immersione sono an cora in una fase sperim entale ma già
vantano un certo successo. Finora sono sta te utilizzate prevalentemente nella
museografÌa di tipo scientifico, ma stanno sviluppandosi anche nel settore del-l'arte, in particolare in quello dell 'arte contemporanea.
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7L'architettura dell' allestimento
7 ,1
Che cos'è un allestimento
L'allestimento è una ricostruzione, in miniatura, di un pezzo del "teatro del
mondo" che si determina come relazione temporanea fra tre elementi distinti
- uno spazio, degli oggetti e un apparato espositivo - collegati tra loro da un
percorso che costituisce il filo conduttore di una mostra. L 'allestimento ècioè un dispositivo spaziale che serve a creare un'ambientazione per mostrare
nel modo più efficace possibile degli oggetti, e che al tempo stesso ha il pote
re di riconfigurare il luogo che li ospita, In tal senso l'allestimento è una for
ma di rappresentazione visiva che determina un dialogo e un confronto con
l'esistente che ha progressivamente acquisito un significato speciale, in quanto consente non soltanto di realizzare degli scenari ma anche di rivelare le
identità nascoste di un luogo. Il carattere dialettico dell'allestimento ne fa an
che un 'esperienza estetica che, prendendo spunto da Nicolas Bourriaud, criti
co d'arte e direttore del Palais de Tokyo, si può definire di tipo re/azionale,
in quanto si realizza come risultato di "una cultura di interazione" . Partendo
dal cambiamento dell'arte che, secondo Bourriaud (2004) , non è più centrata
sull' autorità dell' immagine ma sulla relazione tra le forme, e dalla novità di
un artista che sempre più spesso autoproduce mostre ed esibizioni, l'allesti
mento ha smesso di essere una cornice e un supporto puramente scenografico ed è divenuto un'installazione autonoma dotata di un proprio significato
intrinseco.
In effetti, a dispetto di un modo di considerare 1'allestimento come un'ar
chitettura secondaria e di rango inferiore, la lunga storia del mostrare rivela un
processo di definizione di un linguaggio specifico che incrocia i modi dell' alle
stire e della riconfigurazione transitoria degli spazi, tanto quelli chiusi dei pa
lazzi quanto queUi aperti della città. Basti pensare al ruolo ricoperto dalle
Esposizioni universali che hanno rappresentato i primi laboratori deU'archi
tettura effimera e dell'allestimento: le imponenti scenografie urbane di "carto
ne" realizzate in occasione dei grandi eventi internazionali hanno rivelato la
possibilità di costruire e dare corpo aUe fantasie collettive di una nuova città
fantastica e meravigliosa. La necessità di colpire la fantasia del visitatore per
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L'A RCHITETTURA DEI MU SEI
spingerlo all 'acquisto è stata la leva che ha favori to la sperimentaz ione di for
me inedite e di spazi fuori dall'ordinario da cui si è giunti progressivam ente
all'invenzione di un vo cabolario espositivo aut onomo e sempr e più sp ecifico .
Se le Esposizioni unive rsali hanno inaugurato il nuovo gusto dell'effimero del
la società borghese, sono state però le rassegne internaz ionali di arte , comin-
ciate con la Secessione vienn ese, ad aver contribuito in larga misura alla defi-nizione di un a vera e propria tradizione dell'alles timento com e fo rma dell 'ar-
chitettura. Tra le tante man ifestazioni che a partire dalla fine dell 'Ottocento
sono venute a diffondersi in Europa e neg li Stati Uniti, la Biennale di Venezia
e la T riennale di Milano possono essere considerate i due eventi di pun ta.
Istituita nel 1895, la Biennale di Venezia nasce come una forma ibrida di
esposizione a cavallo tra la stanza del collezionista e l'arredamento che inten
deva avvicinare il museo al grande pubblico, am bientando le opere in sa lot ti
in stile Déco, secondo la moda viennese del tempo. Questa impostazione
esplicitamente decorativa di ambientazione delle opere in salotti dura il tem podelle prim e Biennali e già in to rno agli anni venti es sa si trasforma in un a ve -
trina del gusto: è il momento dello stile Déco secondo la moda viennese. L'a
pertura della Triennale di Milano nel 1923 imprime un primo cambiamento
significativo all 'allestimento che da decorativo si fa più applicato. La vo lontà
di promu overe un prog ramm a espositivo centrato su lla presentazione della
produzione industriale naz ionale in chiave artist ica porta a coinvolgere diretta
mente gli architetti nella progettazione di ambientazioni e allestimenti esem-
plari e in breve la Triennale diventa il contesto espositivo di superamento del
conflitto con le arti applicate, aperto dalla concezione morrisiana del prim atodell 'artigiana to artistico. Fin dalle prim e Trienn ali , la nu ova generazione razio-
nalista italiana (Marcello Nizzoli, Edoardo Persico, Giuseppe Pagano e tanti
altri) firma gli allestimenti più significativi, come la Sala della Mensa ( ' 923), la
Sala delle Medaglie d 'Oro (' 93 4), la Sala Montecatini ('935), e i telai spazialiche pongono le basi della misura architettonica dell'allestimento. Sulla scia
della Triennale e di una cultura più aperta alle arti applicate, anche la Bienna
le introduce un cambiamento di rotta.
Nel dopoguerra le Biennali cambiano decisamente aspetto. Tra i contributi
più significativi c'è senz'altro quello di Carlo Scarpa, che a partire dal 1948viene chiamato dall'ente della Biennale per ben nove edizioni e che rimane
uno dei protagonisti dei nuovi dispositivi spaziali di alles timento . Alcune sue
mostre, in particolare quelle dedicate al pittore svizzero Paul Klee o ai tre
artisti della metafisica Martini, Campigli e De Chirico, sono rimaste nella sto
ria per l'uso di schermi e pannelli e di elementi cii mascheramento, tra cui i
velari, con i quali Scarpa operava una trasfiguraz ione dell'architettura della
sala senza cancellarne i valori decorativi. L'inclinazione dei pannelli e la legge
ra trasparenza del velario consentivano di non togliere la visibilità dell'ambien
te originario, ma ne ridefinivano i valor i spaziali e percettivi, attribuendo un
carattere dinamico alla mostra. Con le sue invenzioni, Carlo Scarpa non solo
ha modificato radicalmente l'approccio all 'allestimento ma ha inventato un lin -
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7. L'ARCHITETTURA DELL' ALLESTIMENTO
guaggio specifico, quello della museografia poetica, che rimane un rife rimento
ancora ogg i. In modo diverso da Carlo Scarpa, anche Franco Albini, un altro
p rotagonista degli alles timenti delle Biennali , ha contribuito a riformare jllin-guagg io dell'allestimento, inaugurando uno stile moderno. Le sue in stallazioni
si ca ratterizzano per l'uso di profilati metallici e supporti di produzione indu-
striale che realizzano delle ambientazioni "ordinarie" riuscendo a stabilire undialogo con il preesistente senza cadere in soluzioni di finto antico. Gli alle-
stimenti di Franco Albini sono dei "felici inserimenti" che rifiutano qualsiasi
approccio mimetico.
La Biennale va anche ricord ata per il recupero della tradizione dei padi-
glioni e delle scenografie delle Esposizioni unive rsali. Sarà nuov am ente la
Biennale a imprimere la svolta. Negli anni se ttanta l'ente direttivo acquisì i
nuovi spazi dei Magazzini del Sale, delle Corderie all' Arsenale e dei cantieri
della Giudecca, aprendo le sezioni delle arti visive e dell'architettura e
coinvolgendo nell'alles timento anche gli spazi industriali e i luoghi dellavo-ro. La prima Biennale di architettura del 1979, che si apre con il Teatro
del Mondo galleggiante sulle acque della lag una di Aldo Rossi, arrivò addi-
rittura a trasforma re la città intera in un palcoscenico. Da allora, l' installa-
zione di oggetti espositivi nello spazio aperto della città è diventato una
pratica diffusa che ha contribuito a ridefinire il concetto stesso di museo e
di esposizione a partire da ·due princip i: usa re il paesagg io urbano come
contesto espositivo e coinvolgere il pa ssante occasionale nella scena esposi-
tiva anche allo scopo di avvicinare l'arte ai cittadini e di renderla accessibi-
le a chiunque.
7.2
Gli elementi dell' allestimento
Sebb ene non es istano dei modelli espositivi universali e l'allestimento sia un
disposi tivo spaziale che risponde alla sensibilità del progettista e del des i-
goer, ci sono delle operaz ioni preliminari che devono essere compiute ogni
qualvolta si fa un allest imento , e che riguardano l'analisi dello spazio inrerno
e delle sue componen ti architettoniche come pareti, pavimenti e soffitti. Ladefinizione del percorso e di quanto serve a mettere in opera un allestimen-
to dipende dalla forma e dalle dimensioni delle sale e dalle loro caratteristi-
che in termini di materiali e di colori, dalla posizione di porte e finestre e
da tutto un insieme di dettagli come gli interru ttori, i termosifoni, le appa-
recchiature di condizionamento, i dispositivi dell 'antincendio. Ognuno di
questi elementi influenza la dislocaz ione dei supporti espositivi, come piedi-
stalli e vetrine e quan t'altro serve alla rea lizzazione di un allestim ento. In so-
stanza, prendere possesso del contesto opera tivo, nel senso di arrivare a co-
noscerlo intimamente e nel dettaglio, consente di chiarire quali siano i puntisui quali far leva per costruire una scenografia capace di esaltare l'esposizio-
ne degli oggetti.
199
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L' ARCH1TETTURA D E I MUSEl
Per qu esta ragione si ritiene opportuno procedere con una disamina pun-
tuale delle singole componenti architettoniche coinvolte in un alles timento,
per segnalarne le qualità e stendere un promemoria degli aspetti che devono
essere osservati e tenuti da conto in un progetto di allestim ento .
Le pareti sono il primo elemento da prendere in considerazione. Non
sono soltanto dei muri che delimitano uno spazio, ma anche delle superfici
util i per appendere e dunque le più preziose dal punto di vista espositivo.
Esse sono il supporto e lo sfondo dei quadri e degli oggetti piatti e bidi-
mensionali, come fotografie , carte e mappe geografiche, arazzi, dipinti su
tessuto, cartelloni, pannelli , stampe, disegni e quant'altro abbia uno spesso-
re molto ridotto. AUe pareti possono anche es sere addossati dei bassorilievi
e deUe piccole sculture sostenute da mensole. Le pareti dunque devono ave-
re una certa consistenza per resistere al peso degli oggetti che vi vengonoappesi o fissati. Devono anche essere deUe superfici lisce e contin ue, il più
neutre poss ibili. È inoltre importante esaminare tutto ciò che vi è presente e
che può costituire un ostacolo o un 'interferenza visiva: zoccolature, porte,
fines tre, interruttori , prese deUa luce, termosifoni, apparecchiature e impian-
ti ant incendio.
Poiché le pareti sono il campo visivo per eccellenza, in linea generale, è
buona regola che, in caso di progettazione ex novo di un museo, siano delle
superfici estese, ininterrotte da pavimento a soffitto , libere da elementi d'in -gombro, come ad esempio le guide di fissaggio. È anche opportuno evitare
ogni possibile fattore di disturbo visivo come i giunti verticali tra i pannelli e i
ricorsi dei montanti. Inoltre conviene disporre gli interruttori della luce, i di-
spositivi di sicurezza, gli orologi o altre apparecchiature tecniche fuori dal
campo visivo, in parti alte o basse rispetto alla cosiddetta fa scia espositiva. In
sostanza, le opere di finitura non devono essere troppo visibili, per non attira-
re l'attenzione deU ' osservatore e distrarlo dalla vis ione degli oggetti esposti,
che sono il motivo della vis ita. Così come è importante che il materiale difinitura della superficie esterna della parete venga scelto in modo tale che sia
possibile eseguire facilmente e velocemente le riparazioni degli eventuali danni
provocati dal fissagg io.
A tale proposito, un aspetto importante di cui tenere conto sono i sistemi
di installaz ione. Nonostante la parete espositiva debba essere una superficie
neutra, essa deve essere attrezzata per appendere e fissare quadri o altri ogget-
ti. Il modo più pratico e più utilizzato consiste nella predisposizione, in una
parte periferica della parete, di una guida metallica opportunamente sagomata
alla quale agganciare delle catenelle regolabili , che vengono poi collegate a de-
gli occhielli fissati sul dorso del quadro o dietro la cornice. Le ca tenelle posso-
no scorrere in orizzontale e consentono di collocare i quadri nella posizione
che conviene. Il peso li tiene in posizione. Nel caso di dipinti pesanti si ri-
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7 . L'ARCHITETTUR A DELL' AL LEST IMENTO
staccarli con fac ilità; inoltre la parete non subisce danni, a parte le differenze
di colore che si vengono a creare quando un quadro rimane appeso per lungo
tempo. II limite di questo sistema di installaz ione è il disturbo visivo che crea
anche quando si cerca di attenuarne l'effetto pitturando le catenelle nello stes-
so colore della parete. Un'alternativa al binario e alla catenella è l'agganciotram ite una piastrina metallica avv itata direttamente alla parete. Si tratta di un
metodo di fissaggio sicuro e visivamente più discreto della catenella, che però
ha il difetto di non essere flessibile. Inoltre è un metodo che richiede una
precisione che rallenta i tempi del montaggio e che lascia dei fori sulla parete,
una vo lta rimossi i guadri O gli oggetti appes i. È comungue buona norma trat-
tare la parete espositiva con una miscela di gesso e stucco e rifinirla con una
pittura a buccia d'arancio co sicché la superficie ruvida possa confondere e
rendere meno visibile il rattoppo.Un'altra soluzione di parete espositiva , in questo caso di tipo transitorio , è
costitu ita dai pannelli in compensato pitturati o rivestiti di carta, tes suto o
qualsiasi altro materiale si desideri utilizzare, che hanno il vantagg io di poter
essere periodicamente sostituiti. Questi pannelli possono essere disposti libera-
mente all'interno di una sala oppure possono essere utilizzati per rifoderare le
pareti (FIG. 7.1) cosÌ da riconfigurare lo spazio, creare delle nicchie e predi-
sporre le intercapedini per il mascheramento deg li impianti di servizio, come i
fili della rete elettrica, i dispositivi di allarm e, le condutture d'aria O altro. Lo
spessore della parete sandwich è variabile a seconda delle necessità.Un altro aspetto di cui tenere conto è la riflessione della parete che di-
pende dal trattamento della sua superficie , cioè se è pitturata o se è rivestita, e
dal colore. In linea generale non c'è una regola fissa che regolamenta l'uso del
colore: si tratta di una scelta soggettiva dell'allestitore, anche se il colore rive-
ste dei significati simbolici che possono servire a sottolineare il contenuto del-
la mostra. In ogni caso, la scelta del colore deve tenere conto degli effetti del-
Ia riflessione. La guantità di luce riverberata da una parete va ria a seconda
della tinta delle superfici colpite e influisce non solo sulla luminosità della su-
perficie in gues tione, ma anche sulle superfici adiacenti. La ri flessione non ri-guarda solo le pareti pitturate. Anche i materiali di rivestimento e le loro tex-
tures riflettono la luce in guantità diversa e incidono sugli impatti sensor iali.Le pareti sono solitamente dei muri o dei tramezzi: sono cioè delle struttu-
re fisse. Esis tono però an che delle pareti mobili e leggere costituite da un te-
laio in profilato metallico di alluminio, che vengono poi completate esterna-
mente con sottili fogli di rives timento in gualsiasi materiale si preferisca. A
seconda dei casi le pareti mobili possono essere:
1 . pannelli fissati alla testa e al piede, in modo diretto o per mezzo di mon-tanti verticali (FIG. 7 .2 ). In tal caso, si possono predisporre dei binari a pavi-
mento e a soffitto per l'alloggiamento degli elementi di fissaggio, per l'inseri-
mento degli apparecchi di illuminazione, delle prese di corrente e dei cavi
elettrici;
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FIGURA 7.1Pare te-sandwich
L'ARCHIT ETT URA D EI MUSEI
A l l ~ s t i m e n t o di Francesco Ven ezia per la mostra Gli Etruschi a Palazzo Grassi.
Fonte: Venezia (z001, p. 9).
2 . pannelli modulari e autoportanti in compensalO collegati tra loro mediante
un sistema di morsetti, che sono delle specie di cardini. La stabilità di ques ti
pannelli è in funzione della forma geometrica e del tipo di collegamento tra le
singole unità. Le dimensioni di un pannello modulare variano tra i 120 cm di
larghezza e i 2 IQ-240 cm di altezza. Le unità di dimensioni maggiori devono
essere rinforzate con un telaio metallico di sostegno al quale viene fissalO un
foglio di compensato di spessore medio. Non sempre le pareti mob ili servonoper appendere dei quadri. Talvolta esse vengono utilizzate soltanto come sfon
do di un oggetto o come superficie di supporto delle scritte e delle didascalie.
In quei casi in cui non è possibile fis sare dei chiodi, i pannelli possono essere
realizzati usando delle lastre metalliche o di plastica, ma le dimensioni del mo
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FIGURA 7.2
Parete-pannello
7. L'ARC IIITETT URA DELL 'A LLESTIMENTO
Mostra della Casa rurale di Giuseppe Pagano e Guamiero Danicl alla VI Triennalc di Milano (1936).
Fonte: Polano (1 988, p. 1 8 ~ ) .
sportabilità e dello stoccaggio dopo il loro uso. Questo tipo di pannelli è mol
to utilizzato in quanto è il più flessibile e il più adattabile alle diverse configu
razioni delle sale;3. pannelli compositi che sono delle specie di armadi, stabili per forma e
grandezza. La particolarità di questi pannelli-armadi è di avere uno spessore
tale da potervi inse rire teche e vetrine (FIG. 7.3) . Inoltre deg li sportelletti late
rali consentono l'inserimento dei materiali da esporre e l'installazione di faretti
nascosti nella parte superiore o inferiore.
L'uso dei pannelli mobili è oramai una soluzione molto utilizzata nelle
esposizioni temporanee, in quanto consente di organizzare in maniera flessibile
lo spazio e di tracciare il percorso espositivo con una magg iore libertà. Ma a
parte gli innumerevoli vantaggi che offrono - trasformabilità degli spazi, velocità del montaggio, rimozione e stoccaggio in un magazzino - l'uso dei pan
nelli richiede una maggiore attenzione al progetto dell'illuminazione. La varia
bilità della loro disposizione all'interno della sala non permette di avere un
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F IG URA 7.3
Parete-armadio
L'ARCHITETTURA DEI MUSEI
Allestimento dei BBPR della sezione degli Elastomeri nel padiglione Montecatini alla Fiera di Milano (196 1).
Fonte; Polano (1988 , p. 305).
buon controllo delle condizioni di illuminazione naturale. Il problema VIene
aggirato con l'uso integrato dell'illuminazione artificiale.
Il pavimento è una superficie importantissima, che viene spesso trascurata.
Sul pavimento vengono fissati i pannelli mobili o poggiati i piedistalli per le
sculture, le vetrine e le teche. Essendo una superficie di appoggio, il pavimen
to può essere rivestito con materiali removibili come linoleum, parquet, teli in
fibra naturale di juta o di sisal, gomma, sughero. In tal modo è possibile fare
anche un controllo del colore. In ogni caso il pavimento deve essere realizzato
con materiali resistenti e fonoassorbenti, facilmente pulibili e non riflettenti.
La terza superficie di cui tenere conto è il soffitto, che non è una superficie
espositiva in senso stretto ma è una superficie che può essere utilizzata perl'alloggiamento degli impianti e delle att rezzature di servizio ai sistemi per l'in
stallazione. Il soffitto è il luogo dell'illuminazione artificiale, degli impianti di
ventilazione e di condizionamento nonché dei sistemi di rilevazione dell'antin-
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7. L'ARCHITETTURA D ELL'ALLESTIMENTO
cendio. Per mascherare questo mondo di fili e di apparecchiature, che po-
trehbero disturbare la visione degli oggetti esposti e creare delle interferenze
visive, vengono usati dei controsoffitti che a volte sono anche delle superfici
fonoassorbenti. L'altezza interna delle sale e il disegno del soffitto sono altresìimportanti ai fini di una buona esposizione degli oggetti. Non esiste una misu-
ra fissa dell' altezza di una sala espositiva perché essa dipende dalla tipologia e
dalla configurazione della sala, ma è buona norma considerare l'altezza mini-
ma dell'interpiano di una sala espositiva intorno ai 4,50 m. Talvolta nei nuovi
musei i soffitti possono essere dei solai sagomati per creare motivi a cassetto-
natura e predisporre degli spazi dove nascondere gli impianti, dove sistemare
dei binari e dove fissare dei tramezzi mobili. Come per le altre superfici espo-
sitive, anche il soffitto deve avere un colore discreto e luminoso. Solitamente
lo si lascia in bianco perché questo colore ha un al to valore di riflettanza. Nel
caso delle mostre temporanee è ormai frequente rivestire il soffitto con tessuti
sottili come mussola o ga rza per creare dei velari. Ovviamente un velario non
ha rigidità strutturale e non può sostenere lu ci né offrire un sostegno alla
sommità dei tramezzi mobili.
7·3Dispositivi di allestimento
Le superfici espositive delle pareti, del pavimento e del soffitto non sono gli
unici elementi che servono all'allestimento di una mostra. L'esposizione degli
oggetti necessita anche di dispositivi supplementari, che spesso vengono pro-
gettati espressamente in funzione degli oggetti che devono essere esposti. A
seconda dei casi questi dispositivi sono piedistalli, vetrine e bacheche, tavoli,
schermi e telai.
l i piedùtallo è un basamento, una piattaforma o un analogo supporto, che
serve come appoggio di statue o altri oggetti pesanti e che ha la funzione disollevarli ad un'altezza visiva giusta. l i piedistallo inoltre definisce e isola l'og-
getto , ponendolo in un proprio ambito delimitato e distinto. I piedistalli pos-
sono essere rea lizzati in mat eriali diversi, ma generalmente sono in legno ver-
niciato O rives tito. Devono es sere abbastanza robusti e pesanti sia per sostene-
re l'oggetto , sia per impedire che questo si rovesci se qualcuno si appoggia sul
piedistallo. Per questo motivo si deve irrigidire il basamento e trasformarlo in
una specie di plinto con l'ausilio di sacchi di sabbia o di mattoni nascosti nel-
la parte cava. I piedistalli possono anche essere fatti con un telaio metallicorivestito o, nel caso di una mostra permanente, possono essere di pietra o di
calcestruzzo ed eventualmente fissati al pavimento.
Le vetrine sono delle scatole in vetro interamente o parzialmente chiuse
che creano dei locali protetti in miniatura. Le loro dimensioni dipendono
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...GURA 7.4
Telai e vetrine
L'ARCH ITETTURA DE I M USEI
Allestimento di Franco Albini c Giovanni Romano de lla Mostra dell'antica orefice ria italiana alla VI Tricnnale di Milano (1936).
Fonte: Polano (x988, p. 184).
agenti atmosferici senza un adeguato controllo e che non devono nemmeno
essere alla portata dei visitatori. Le ve trine offrono una se rie di vantagg i: pro
teggono dalla polvere e dagli insetti , consentono il controllo microambientale
del locale interno, impediscono il furto soprattutto quando vengono adottate
delle serrature supplementari. L'esclusione della polve re e degli inse tti dipen
de dalla giunzione tra il vetro e gli altri componenti della vetrina che viene
migliorata con l'uso di guarnizioni in neoprene. La vetrina deve es se re venti·
lata soprattutto quando alloggia al suo interno un sistema di illuminazione.
Può convenire in quesro caso separare la zona dell 'esposizione da quella del-
l'illuminaz ione, per poter ricorrere alla ventilazione meccanica mediante una
piccola pompa ad aria e un filtro .In
ques to modo si ottengono l'immissionecii aria pulita e la riduzione di infiltrazioni della polvere. Le condizioni mi
croambientali all'interno della vetrina sono in genere stabili, viste le piccole
dimensioni del locale. È possibile però migliorare ques te condizioni sisteman
do dei materiali igroscopici come legno o stoffe, che assorbono il vapore ac -
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7. L'ARCHITETTURA DELL'ALLESTIMENTO
FIGURA 7.5
Tda i metallici
Allestimento di Franco Minissi de lla Mostra di Arte persiana al Palazzo Brancaccio di Roma (1959).
Fonte: Polano (1988, p. 293).
que.o con conseguente abbassamento èe\ uvello di umidità relativa. Di tanto
in tanto occorre apr ire le vetrine per arieggiarle. È buona norma porre 1'a-
pertura delle vetrin e in una posizione non visibile, posteriormente o lateral-
mente. Come detto, all 'interno delle vetrine è possibile predisporre un siste -
ma di illuminazione, ma non sempre questo è conveniente. Ad esempio, nel
caso di materiali organici e fotosensibili, come carta, pergamena, cotone,
lana, seta, che devono essere esposti ad un bassissimo livello di illuminazione
(non superiore ai 50 lux), potrebbe essere utile disporre le fonti di illumina-
zione all'esterno della vetrina e prevedere un contro llo separato per ciascuna
di esse. Ma a parte i casi più delicati, il progetto delle fonti di illuminazione
all 'interno delle vetrine dà la possibilità di studiare le soluzioni di luce più
appropriate al tipo di oggetto esposto.
Per esporre i disegni su carta, i documenti, i libri, le riviste o oggetti pre-
ziosi di piccole dimensioni può essere in taluni casi più adatto utilizzare dei
207
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L' AR CHITETTURA DEI MUSE I
tavoli, che a seconda dei casi possono essere delle strutture composite costitui-'
te da una specie di grande scatola con un piano in vetro trasparente poggiata
su una struttura portante, Come le vetrine, anche i tavoli proteggono dalla
polvere e dagli inse tti, consentono il controllo microambientale del locale in
terno, impedisconoil
furto e permettono di alloggiare le fonti di illuminazioneartificiale in spazi opportunamente ricavati e disposti in modo tale da consen
tire una migliore visibilità degli oggetti senza disturbarne la visione.
I telai (FIGG. 7.4 e 7.5) sono dispositivi spaziali che vengono creati grazie
all'assemblaggio di aste metalliche. La loro particolarità è di essere un sistema
altamente fless ibile e facile da montare che permette di configurare uno spa
zio, di creare un su pporto espositivo l di dare un 'impronta e una misu ra archi·
tettonica all' esposizione. I telai sono stati largamente utilizza ti dagli architetti
italiani, che ne hanno sperimentato tutte le possibili configurazioni e che li
hanno fatti entrare nella pratica corrente dell 'organizzazione di stand e padiglioni espositivi. I telai ultimamente vengono impiegati anche come struttura
di sostegno di schermi e teli per proiezioni, in particolare per la creazione di
videowall.
7·4La luce nel museo
Un alles timento proprio come un museo, non è fatto unicamente di percorsi,
di sale, di dispositivi per l'esposizione delle opere d'arte e degli oggetti. Esso
deve fare i conti anche con il proge tto della luce che mescola aspetti di illumi
notecnica con elementi di ordine fo rmale-percettivo. La luce può alterare e
rovinare le opere esposte, ha ripercuss ioni sulla conservazione degli oggetti,
ma consente di dare visibilità a quegli stessi oggetti e di valorizzarli, l i fattore
luce gioca un ruolo fond amentale ai fini di una buona esperienza di vis ita che
varia notevolmente a seconda del tipo di illuminaz ione che è stato scelto per
ché permette di ottenere effetti scena grafici che qualificano o mortificano un
allestimento. Con la luce si possono ac centuare i punti focali del percorsoespositivo e si può sottolin eare un 'opera rispetto a un 'altra.
Lo studio della luce in un museo è dunque importante anche ai fini per
cettivi. La scelta delle sorgenti luminose, ossia la luce naturale piuttosto che la
luce artificiale, la luce calda piuttosto che la luce fredda e la disposizione degli
apparecchi e dei dispositivi di illuminaz ione incide sulla qualità e il funziona
mento di uno spazio espositivo, tanto è vero che il Lighting Design è divenuto
una branca specifica della progettaz ione dei musei e degli spazi espositivi.
Un passo di Alberto Pasetti (,003, p. II ) su questo specifico argomento
sembra opportuno e chiarificatore:
Solitamente gli archi tetti privilegiano la luce naturale, per la sua capacità di creare
effeui di variabili tà e imprevedibilità, che qualificano e valorizzano lo spazio e defi·
niscono le forme e l'aspeuo materico delle superfici. A questo si aggiunge la capa ·
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7. L'A RCHITETTURA DELL'ALLESTIMEN TO
cità della lu ce naturale di agire sulla psicologia della percezione, modificando lo
sta to d'animo e la capacità di concentrazione dell'uomo. L . ] Diversamente, molto
più problematica e complessa è stata la ricerca dell'impiego della luce artificiale ne-
gli spazi espositivi, con risul tati molw divers i. In primo luogo le sorgenti artificialisono state oggetto di continue migliorie tecniche per aum entare le prestazioni e ri -
dume i consumi. Un ambizioso risultato, questo, ma difficile da raggiungere, per-
ché una lampada non è mai in grado di soddisfare con temporaneamente questi du e
requisiti, tanto che l'interesse si è spostato sulla sua resa cromatica. Partendo da
questo presupposto l'impiego della luce artificia le offre un 'ampia panoramica di
combinazioni di sorgenti con caratteristiche specifiche rivolte a condizioni espositi-
ve tra le più disparate. Tuttavia, il flusso luminoso emesso da lle lam pad e presentadue lim iti di grande rilevanza: l'effetto di staticità della materia e dello spazio agli
occhi dell'osservatore e la pericolosità del fascio luminoso per la conservaz ione del
materiale esposto.
Partendo da questo passo di Pase tti , vanno distinti due ordini di fonti lumi-
nose: quelle naturali, identificabili con le finestre, le pareti vetrate e i lucer-
nari, e quelle artificiali, con una vasta gamma di apparecchiature che vanno
dalle lampade a incandescenza e a fluorescenza fino agli spot, ai led e ai fila -
menti di luce fredda. A seconda che si usi l'uno o l'alt ro sistema di illumina-
zione è buona regola prevedere alcuni accorgimenti integrativi per controlla-
re i gradienti di luminosità all'interno delle sale in modo da rispettare gli
standard conservativi delle opere senza interferire con la visibilità degli og-
getti esposti.
La luce naturale è stata la prima fonte di illuminaz ione del museo: già nel-
l'O ttocento le sale erano illuminate da grandi fin estre o da lucernari nel soffit-
to . Ma la luce naturale presenta diverse controindicazioni perché non è co-
stante, muta a seconda delle ore del giorno e con le stagioni, ha intensità va-
riabile, crea effetti imprevisti di luci e ombrè, è difficilmente controllabile, ri-
flette a seconda delle superfici e delle materie che incontra. Molto importanti
sono poi le coordinate geografiche del luogo, la posizione e l'orientamento del
museo, che incidono sulla qualità dello spazio interno e che richiedono spessodi integrare i dispositivi di illuminazione.
Particolarmente importanti sono i lucernari ch e consentono, con alcuni ac-
corgimenti, di giocare sulla qualità e sulla quantità di luce: la luce naturale
può essere diretta, semidiretta, indiretta, filt rata o esclusa. In generale, il lu-
cernario è un 'apertura vetrata posta in copertura che serve a far passare una
luce zenitale. Ma, poiché ques ta luce crea dei giochi di ombre che spesso sono
troppo marcate, lo schema base dei lucernari deve accompagnarsi a dispositivi
tecnici di schermatura agg iuntivi che fanno del lucernario un tema di progetto
che ha dato es iti molto interessanti. Progressivamente la luce zenitale ha sop-piantato quella laterale, anche se la luce che piove dall 'alto riflette sul pavi-
mento. Per owiare a questo inconveniente, i lucernari zenitali sono sta ti cor-
retti con dispositivi integrativi di lenti specchiate e inclinate così da orientare i
raggi luminosi e rifrangere la luce. La luce rifratta è preferibile a quella diretta
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,
P1GURA 7.6
Lucernari
L ' ARC H ITETTURA D E I MUS E I
Lucernario orientato
Lucernario a shed
Ducernario a volta cicloide(Kimbell Art Museum, Louis Kahn)
(Solomon Guggenheim Museum, NY,
Frank l Ioyd Wright)
LJucernario con moduli prefabbricati
(De Menil Collection, Renzo Piano)
Schemi dei lucernari più util izzati per l'iJlumina:r.ione naturale dci musei.
perché consente di avere una luminosità ambientale diffusa e dì eliminare i
danni che i raggi ultravioletti non schennati possono provocare agli oggetti
esposti. In ogni caso è difficile prevedere un'unica soluzione di illuminazione:
o luce naturale o luce artificiale, Spesso è necessario integrare i due sistemiperché l'una e l'altra sono insufficienti quando vengono usate in maniera se-
parata,
Da un punto di vista manualistico le più importanti tipologie di lucernari
sono tre (FIG. 7.6):
L lucernario zenitale con specchia tura vetrata orizzontale e in piano, che
proietta la luce naturale direttamente sulla superficie del pavimento. Q uesto
sistema è il più usato perché può essere adottato con qualsiasi orientamento
dell' edificio e perché capta la medesima quantità di raggi luminosi da entram·
be le esposizioni, nord e sud, In questo caso i sistemi di scherma tura inte-
grativi sono dei frangisole orizzontali o fissi;
2, lucernario orientato, che proietta la luce su una parete vertica1e, determi-
nando una maggiore illuminazione di una parte dell'edificio rispetto a quella
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7. L'ARCHITETTURA DE LL'ALLESTiMENTO
FIGURA 7 1
Dispositivi di illuminazione
c l - ' _ ____ ~ _____ __
Nel KimbeJJ Art Museum Louis Kahn usa dci lucernari a volta cicloide e crea un'illuminazione natural e diffusa che ri-duce il disturbo delle ombre a chi guarda i quadri.
Fonte: Brawne (1992, s.i.p.).
opposta. Per riequilibrare questo scompenso solitamente viene usato un ap-
porto luminoso artificiale oppure viene studiata una curva particolare del sof-fitto raccordata al lucernario. In questo caso non c'è bisogno di usare dei si-
stemi di schermatura della luce naturale. Il vantaggio di illuminazione di que-
sta soluzione va tuttavia a scapito dello sfruttamento complessivo della super-
ficie espositiva. Esiste infatti un rapporto che regola in linea di massima gli
apporti luminosi delle superfici vetrate alla configurazione dello spazio: mino·
re è la superficie vetrata di passaggio del flusso luminoso e maggiore risulta la
complessità progettuale delle pareti per favorire le riflessioni interne. Inversa-
mente, i lucernari caratterizzati da grandi superfici sono spesso associati a spa-
zi e volumi articolati in maniera indipendente, che fruiscono di un tipo diilluminazione omogenea e diffusa indistintamente per ogni opera esposta;
3. lucernario a shed, che rappresenta un'evoluzione del tipo precedente. In
questo caso è molto importante conoscere la latitudine e la longitudine del
luogo dove è costruito il museo perché, tramite l'inclinazione dei raggi del
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,
L'ARCHITETTURA DEI MUSEI
FIGURA 7.8
Dispositivi di illuminazione
Nel Kiasma Museum Steven Holl riveste l'edificio con una grande tenda in rame che filtra la luce naturale e la fu pio·vere nelle sale da "asole" poste in copertura.
Fonte: Gurofalo (20°3, pp. 106'7).
sole, è possibile calcolare l'angolo di rillessione e disporre una corretta illuminazione della superfìcie delle pareti interne. Questi lucernari richiedono dei
sofisticati apparati di controllo per filtrare e diffrangere la luce diretta sulle
pareti di esposizione.
La progettazione delle fonti luminose ha inciso fortemente sull'evoluzio
ne dell' architettura del museo ed è stata uno dei primi strumenti di modifi
cazione dei grandi palazzi aristocratici e del loro adattamento alla funzione
espositiva. Il primo intervento di ristrutturazione eseguito nel Salon Carré
del Louvre è stato l'eliminazione delle finestre per guadagnare una maggiore
superficie espositiva e ridurre i fattori di disturbo visivo dovuti agli effettidi controluce e di riflessione. Al posto delle finestre furono aperti dei lu
cernari zenitali in copertura. Dopo i l Louvre, altri importanti musei hanno
adottato il lucernario zenitale, tra cui l'Alte Pinakothek di Monaco e la Na-
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7. L'ARCHI T ET T URA DELL'A LL ESTIMENTO
FIGURA 7.9
Dispositivi di illuminazione
a b
La copertura a frangisole meccanici utilizzata da Remo Piano nel museo della MenU Collection a Houston consentedi regolare la quantità di luce all'interno delle sale.
Fonte: al, bl Newhousc (2007, p. 60); cl, d) ivi, p .53·
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FIGURA 7 . l 0
D ispOS itivi di illuminazione
L'ARCHlTETTURA DE I MUSE I
IT 'I
Per illuminare le sale del museo di arte moderna di Stoccolma, Rafacl Moneo ha adottato dei "camini" zcnitali in co-
pertura.
Fonte: Basso Pcressut (1999, p. 206) .
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7. L'ARCH ITETTURA DELL' ALLESTIME NTO
tional Gallery di Londra, dove fu posto un controsoffitto galleggiante al dis
otto del lucernario per suddividere l'apporto delle radiazioni luminose natu
rali in due flussi distinti, di cui uno diretto sul pavimento per. creare un alo-
ne ambientale e un altro laterale per illuminare la periferia delle pareti ver-
ticali lasciando la parte centrale in semioscurità. Con tale accorgimento alla
National Gallery si è riusciti a evitare la riflessione dei lucernari e l'ombradelle sagome dei visitatori sulle opere. Il lucernario è rimasto a lungo il di
spositivo di illuminazione preferito dei musei, oggetto di studio e di modifi
che continue per il miglioramento del passaggio e della diffusione della
luce. I lucernari più interessanti sono quelli studiati da Louis Kahn nel
Kimbell Museum (FIG. 7-7), che costituiscono un modello al quale si sono
ispirati altri musei successivi, tra cui il recente Modeern Museet di Rafael
Moneo (FIG. 7.10) a Stoccolma.
Un altro dispositivo per l'illuminazione naturale dei musei è la copertura-
frangisole, come quella progettata da Renzo Piano nella Menil Collection aHouston (FIG. 7.9) e nel Bayeler di Basilea, dove il principio del lucernario è
stato esteso fino a diventare copertura. In questo caso il controllo della luce ègarantito da un sistema meccanico di frangisole elettrici che cambiano inclina-
zione, aprendosi e chiudendosi durante il corso della giornata, permettendo
un ingresso controllato della luce e una condizione ottimale di illuminazione
interna del museo.
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