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L’arte della resilienza: Manuale per risalire dalle ceneri · L’ARTE DELLA RESILIENZA: MANUALE PER RISALIRE DALLE ... ricchezza, piuttosto per la ... soldatini della società

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Ilaria Pavoni

L’ARTE DELLARESILIENZA: MANUALE

PER RISALIRE DALLECENERI

Giugno 2016 Roma

Ilaria Pavoni

UUID: 5da5fc7e-314f-11e6-a8a4-0f7870795abd

Questo libro è stato realizzato con StreetLib

Write ( http://write.streetlib.com)

un prodotto di Simplicissimus Book Farm

All’uomo che amoAll’uomo che amo

Che cammina al mio fiancoChe cammina al mio fianco

Tenendo lo stesso passoTenendo lo stesso passo

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Indice

Premessa 4

PRIMA PARTE 6

INTRODUZIONE 7

Capitolo 1 9

Capitolo 2 16

Capitolo 3 26

Capitolo 4 36

SECONDA PARTE 48

INTRODUZIONE 49

Capitolo 5 53

Capitolo 6 57

Capitolo 7 60

Capitolo 8 64

Capitolo 9 66

Capitolo 10 70

Capitolo 11 76

Capitolo 12 79

Capitolo 13 81

Capitolo 14 84

Capitolo 15 88

Capitolo 16 93

2

Capitolo 17 99

Capitolo 18 102

Capitolo 19 107

Capitolo 20 109

Sitografia & Bibliografia 110

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Premessa

Questo e-book nasce dalla voglia di

raccontare e raccontarsi, con la pretesa di

diventare il vademecum da portare in tasca

ogni volta che hai bisogno di risalire dalle

ceneri ed essere al passo dei tuoi cambiamenti

interiori, come il titolo dichiara.

La particolarità del libro sta nella sua

divisione “atipica”, ho pensato, potesse essere

intrigante raccogliere nella prima sezione

dell’opera, storie romanzate e nella restante

metà, terminare, con un manuale teorico sul

concetto di resilienza, dove potrai imparare

delle tecniche per migliorare il modo di

affrontare le avversità; inoltre la divisione

dell’opera, metaforicamente, rappresenta, i

due lati della stessa medaglia, la lotta continua

tra il guardare il mondo, con i propri occhi, in

modo del tutto soggettivo, e guardare in modo

obiettivo, e oggettivo; nella prima parte avrai

la possibilità di percepire i colori della realtà in

base al colore delle tue lenti e avvicinarti al

concetto di resilienza attraverso i tuoi stati

d’animo, io stessa, vestirò i panni di spettatrice

della vita dei protagonisti dei miei racconti

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che, sono tratti tutti da storie vere; con la

speranza di riuscire a toccare, nelle vesti di

scrittrice con venature romantiche, quella

parte profonda, di cui prima parlavo che ti

contraddistingue da chiunque altro, e arrivare

dritta al concetto di resilienza, parlando al

mondo delle emozioni;

La seconda parte, rappresenta, la parte

oggettiva e concreta della vita, o meglio, il

vivere attraverso la luce della coscienza, della

ragione e della psicologia, stella che illumina

da sempre il mio cammino, in questo caso

ricoprirò la veste di professionista che

dispensa perle utili per assorbire il concetto di

resilienza attraverso strumenti concreti. La

strategia di spiegazione a due fasi, è

importante per ritrovare il contatto con il

proprio sé, quindi partire dalla pratica e dal

“sentire” per arrivare alla teoria,

contrariamente dai metodi accademici.

D'altronde: “Il tutto è più della somma delle

singole parti” (cit. Gestalt).

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PRIMA PARTE

Storie di vita vissute con potereStorie di vita vissute con potere

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INTRODUZIONE

In questo periodo storico particolare, affetto non

solo dalla crisi economica, ma da una crisi ancora

più pesante, quella dei valori e dell’autostima,

vorrei darti la consapevolezza di quanto è potente

l’essere umano e di quanto la forza di volontà e la

determinazione possano portare a capovolgere e

stravolgere la propria esperienza, uscendo dal senso

di impotenza di subire la vita, proprio come i

personaggi delle storie, donne che combattono e

riescono, storie a lieto fine che lasciano in bocca la

voglia di cambiare.

Le storie romanzate, tutte al femminile, sono

spezzoni di vita, raccolti da me in maniera del tutto

informale, negli autobus che mi hanno portato a

frequentare corsi di aggiornamento, nelle aule di

formazione e nelle conoscenze occasionali.

Esempi di forte resilienza e di positività che

spiegano come la vita, nonostante tutto non si

ferma mai e come ogni persona ha il potere di

cambiarla, riuscendo a riconoscere il valore di se

stessi.

Questo tentativo, di spiegare, attraverso delle

storie di vita personali, il concetto di resilienza, è

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un metodo che puoi ritrovare nei film d’animazione

o nelle favole per bambini, sempre molto efficace,

per immedesimarsi nella storia e trarne spunti

personali.

Ogni storia è raccontata in prima persona, perché

possa lasciarti, l’emozione, che ha dato a me.

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Capitolo 1

Autobus n.716 capolinea Ballarin

-Sono Anna, ho settantasette anni e sono

senza il mio amato da trent’anni, da allora,

ogni martedì mattina, mi reco alla fermata del

bus Marmorata/ Caio Cestio, per prendere

l’autobus n. 716 che mi porta alla casa di riposo

dove alloggia mia sorella, da sempre malata.

Questo martedì mattina di Novembre, fa

particolarmente freddo e alla fermata, c’è solo

il mio ombrello a farmi compagnia, pronto a

difendermi dalle intemperie e dalla pioggia,

ma mai da quella forte umidità che si

appiccica nel sangue, tipica della mia amata

città natale, Roma; mentre aspetto l’autobus,

avvolta nella sciarpa di lana verde, fatta a

mano con l’uncinetto, penso, che anche questa

volta, come ogni volta, dovrò affrontare la

resistenza di mia sorella; lei è più grande di

me, ha ottantuno anni e ogni volta che la vado

a trovare nella casa di cura, lei pensa sia

un’estranea che la vuole derubare, ma ormai

sono preparata, ho in mente il copione da

recitare e che ormai è nella mia memoria,

come fosse parte di me; inizio ad avvicinarla

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con una scusa e inizio a parlarci del più e del

meno, poi inizio a farle vedere delle foto dove

siamo insieme, acquistando la sua fiducia,

finalmente posso presentarmi come sua

sorella; quella sorella che porta dietro di se i

rimorsi, per essersene andata di casa, appena

diciassettenne, per raggiungere il suo amore a

Torino.

Ricordo tutto di quel periodo, abitavo con la

mia famiglia d’origine, ma loro non

accettavano il mio più grande amore Paolo,

feci di tutto per farlo amare dalla mia famiglia,

ma non ci fu niente da fare, così dopo anni di

disconferma sulla veridicità del mio

sentimento, un pomeriggio qualunque, dopo

una furiosa lite, decisi di raccogliere i miei

vestiti in una vecchia valigia impolverata, che

teneva custodita, sotto il letto mio padre, e

trasferirmi a Torino, dove una nota azienda

mi aveva proposto un contratto vantaggioso,

avrei, così, potuto guadagnare abbastanza

soldi, che mi avrebbero permesso di sposarmi

e coronare il mio sogno d’amore, una volta

tornata a Roma.

Mentre nella mia testa, continuavano a

fluttuano immagini, colori odori e ricordi

della mia vita, apparve alla mia sinistra una

ragazza, sorridendo, mi dice: “Signora la aiuto a

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salire sul bus? Prendo anche io, il 716”.

Io che fino a quel momento non mi ero

neppure accorta della ragazza accanto a me

che aspettava il bus annuì e salimmo insieme.

“Quest’autobus non passa mai” dice la ragazza

con il sorriso più bello del mondo, questa volta

eravamo vicine, e potevo osservare i suoi

denti bianchi, come quelli delle attrici in tv e la

sua bocca rossa, verniciata da un rossetto che

le tracciava i contorni, aveva una forma a

cuoricino, era davvero carina, continuava a

guardami come se stesse studiando i miei

pensieri, poi mi ricordai che mi aveva fatto

una domanda, quindi risposi: “Ha ragione, non

passa mai”.

Lei continuava a guardarmi, ma aveva le

ciocche dei capelli che le cadevano sugli occhi

grandi e neri, così non faceva altro che

spostarli con le mani, erano neri con i riflessi

rossi e riccissimi, le davano un’aria dura e

selvaggia, un po’ sbarazzina, ma aveva gli

occhi dolci, con due ciglia lunghissime che

sbatteva con lentezza ogni volta che le dicevo

qualcosa che catturava la sua attenzione, come

se volesse imprimerla nel suo cervello.

Eravamo così vicine, nel pienone

dell’autobus, che ebbi modo di annusare il suo

odore di ciliegia, poi ci guardammo e iniziai ad

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aprirmi a lei: “ Sto andando a trovare mia sorella

a una casa di riposo, sono sola, e ogni martedì

vado”, mi guardò con stupore per questa mia

spontaneità e non esitò a rispondere:“signora,

sicuramente sua sorella ne sarà felicissima”; io: “in

realtà abbiamo vissuto insieme fino ai miei

diciassette anni poi l’ho lasciata per raggiungere il

mio amore”, lei aveva spalancato la bocca e

notai che nascondeva sotto il labbro superiore

un minuscolo anellino che compariva soltanto

ogni volta che accennava un sorriso, era un

piercing pensai dentro di me, che cosa strana,

era proprio sul filino che tiene il labbro, sul

frenulo, mi sembrava così assurdo, forse

indossato da qualcun’ altro sarebbe apparso

volgare, ma su di lei era del tutto innocente,

continuai: “Sono scappata a Torino, accettai una

proposta di lavoro nell’azienda Pai, perché li viveva

Paolo, i miei non tolleravano sposassi un ragazzo

che studiava e a diciotto anni ancora non lavorava,

pensavano fosse un folle e quando lui si trasferì a

Torino per frequentare l’università loro credevano

fosse finito il nostro amore, ma l’amore era così forte

che io lo seguì, soltanto dopo dieci anni tornammo a

Roma, ci sposammo e vedendomi davvero felice, i

miei, dovettero rassegnarsi, il mio, (avvocato) Paolo

aprì un piccolo studio con un amico e iniziarono a

lavorare sulle cause penali, io che mi trasferì a

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lavorare alla sede di Roma della Pai e decisi di

lavorare a tempo part-time, per dedicarmi a

costruire la mia famiglia”, lei mi guardò come se

volesse saperne di più, ancora non era sazia del

mio racconto: “E li avete avuti i figli” , io

risposi: “Si, ho due figli, ma non ho più Paolo, mi

ha lasciato trent’anni fa, ma è come se fosse ieri”;

lei: “Che coraggio che ha avuto signora, a quei

tempi, se ne è andata di casa per il suo amore, non

credevo esistessero signore della sua età con così

tanta grinta, pensavo che le donne fossero passive,

accondiscendenti all’epoca, invece, ho conosciuto

una guerriera, come sono i suoi figli, ribelli come

lei?”io, che ero andata sul patetico, come le

solite vecchiette che raccontano i loro disfatti,

ora non potevo che sorridere, ma mi accorsi

che feci una risata, così fragorosa, che tutti si

girarono a guardarmi, l’autobus era iniziato a

svuotarsi nelle fermate che mi portavano

sempre più vicino a mia sorella e quindi le

persone intorno, non erano più passive come

prima, ma si voltavano, ascoltavano e

sembravano incuriosirsi ai nostri discorsi: “I

miei figli? Due pazzi, il primo ha deciso di

continuare il sogno del padre ed è diventato un

avvocato penalista di successo, ma non per la

ricchezza, piuttosto per la correttezza, ha giurato

che non avrebbe mai sostenuto la causa di un

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colpevole, di un corrotto o di un assassino, per

questo va avanti con i suoi valori, ma senza i soldi;

L’altro figlio, il più piccolo d’età è un economista,

ha lasciato un mese fa un’importante Azienda,

diceva che gli veniva il mal di stomaco a sentire

discorsi superficiali su orologi costosi, macchine

sportive e donne da quattro soldi, è il classico figlio

dei fiori, compra i pantaloni usati a Porta portese e

vive nel suo mondo ricco d’ideali pacifici; A volte

mi domando, cosa ho sbagliato?”; Lei: “Signora, ma

come poteva pretendere che i suoi figli fossero

soldatini della società quando lei è la madre, con

una mamma così, non potevano essere diversi, ma

in fondo la cosa più bella non è proprio quella di

essere sempre se stessi, combattere per i propri

valori, non è questo ciò che lei le ha insegnato?”

ora, il mio viso diventa serio, la ragazza mi ha

colpito e affondato, come direbbe mio figlio

piccolo; Lei [gridando]: “Signora, devo scendere

sono arrivata alla mia fermata, le posso dare un

bacio?”; Io la abbraccio con le lacrime agli

occhi, credevo questo momento non potesse

mai arrivare: “Ho sempre sognato avere una

figlia” e vidi che anche lei si era commossa,

tutti intorno ci guardavano allibiti: “E’ stato un

piacere, in bocca al lupo”; lei si voltò per l’ultima

volta tra le persone al ciglio della porta di

uscita: “Crepi, in bocca al lupo a lei ai suoi figli,

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buona giornata signora, magari un giorno ci

incontreremo di nuovo” e sparì, le porte si

chiusero e io ritornai assorta nei i miei

pensieri, come prima ma un po’ diversa, un

po’ meno sola, forse arricchita o forse solo più

emozionata.-

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Capitolo 2

L'artista di strada

“Ciao a tutti [grida Giulia con voce decisa

davanti all’aula] sono Giulia e oggi voglio

raccontarvi la mia storia; Le peripezie di una

ragazza che ha combattuto per anni gli

attacchi di panico.”

La notte era il momento peggiore per me,

ogni volta che ero nel letto, il cuore iniziava a

battere all’impazzata, sentivo il battito così

potente che più volte ho pensato potesse

uscire dal petto.

Mi raggomitolavo sotto le coperte, ma non

funzionava, era sempre la prima spiaggia

quella, ma puntualmente mi ritrovavo a

sgattaiolare nel soggiorno, ero solita mettermi

seduta a terra sul pavimento freddo di casa, al

buio senza nessuna luce accesa per paura di

svegliare i miei. Il respiro si bloccava, non

riuscivo a prendere fiato, l’aria non

attraversava più i polmoni e credevo di

morire; Così, cercavo di pensare ad altro,

visualizzare paesaggi rilassanti, mi convincevo

di ritrovarmi in un prato immenso, con mille

fiori colorati, nella mia immaginazione, ero

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felice e potevo raccogliere i fiori uno a uno

annusarne l’odore e legarli tra di loro per

creare una collana floreale, ma la fantasia,

durava poco, iniziavo a sudare sempre di più,

le mani mi tremavano e mi sentivo impotente,

così cercavo aiuto nei miei genitori, che

puntualmente andavo a svegliare, perché

avevo tanta paura, loro erano sempre pronti a

saltare in piedi dal letto, prepararmi la

camomilla e tranquillizzarmi, sapevano che

non dovevano parlare, perché qualsiasi cosa

avrebbero detto, mi avrebbe agitato di più,

così, era un soccorso silenzioso e caldo,

passava un’ora e mi addormentavo sul divano.

Per due anni, riuscire a dormire nel letto era

diventato un optional; Non potevo continuare

così, dovevo fare qualcosa di più spaventoso,

di più audace, qualcosa che doveva per forza

farmi mobilizzare, così decisi di prendere i

miei risparmi di quattrocento euro e partire

per la Spagna, senza biglietto di ritorno per

raggiungere il mio sogno, dipingere.

Partì più spaventata che mai, il mio viso era

così teso e aggrottato che invece di vent’anni,

ne dimostravo trenta, mi accorsi che avevo

tutti gli arti tesi, quasi mi dicessero di non

andare, così fuori l’aeroporto abbracciai i miei

vecchi, feci un respiro profondo e andai, non

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mi voltai mai, il mio passo da prima rigido,

diventava sempre più morbido, felpato, fino

ad arrivare con il piede sull’aereo.

Da lì in poi la mia vita cambiò, andai a

Barcellona, Città di artisti di strada; pensai che

sarebbe stato facile vendere i miei quadri sulla

Rambla, la strada principale della città

Spagnola.

Così atterrata a Barcellona, con lo zaino in

spalla e senza un alloggio dove andare, decisi

di recarmi sulla strada, la stessa, che mi

avrebbe per sempre cambiato.

Era una strada qualunque, niente di

particolare, se non il fatto, che accoglieva

artisti di ogni tipo, ballerini di breakdance, chi

si cimentava in travestimenti curiosi per

attrarre i turisti e diventare protagonista delle

loro foto per pochi spicci, poi c’era, chi

dipingeva sul marciapiede con i gessetti

colorati, c’era davvero da innamorarsi di quel

posto, questo mi mise coraggio e decisi di

trovare un posticino sul marciapiede tutto per

me, dove poter sedere, sull’asfalto rovente di

Luglio e iniziare a dipingere; purtroppo avevo

ignorato, quello che la mia testa potesse fare,

bloccandomi ancora una volta, non avrei mai

creduto potesse essere così difficile per me,

semplicemente sedermi, la mia fantasia

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navigava, iniziai a immaginare seduta per

terra, sporca e chissà perché assimilai la mia

immagine a quella di una barbona; perché era

così difficile mettermi seduta? Presi coraggio,

mi tolsi lo zaino dalle spalle, lo appoggiai

nell’unico spazio di cemento libero e mi piegai

sulle gambe, pronta a sedermi, ecco in quel

momento, inizia a sentire il mio cuore battere

all’impazzata, stava per succedere di nuovo e

questa volta non ero a casa, non c’erano i miei

genitori a soccorrermi ed ero sola; presi lo

zaino senza respiro, mi sentivo calda dentro,

non potevo guardarmi ma sapevo di essere

rossa come un peperone, iniziai sudare, poi a

tremare dal freddo, ma era Luglio, quindi

iniziai a correre, il fiato non c’era e non

tornava, il cuore non poteva battere più forte

di quanto già facesse, così corsi, corsi

fortissimo, nonostante non fossi mai stata

un’atleta, credo che in quel momento avrei

potuto affrontare una maratona, sentivo un

vento caldo battermi addosso e i miei capelli

biondi e ricci sembravano molleggiare nel

vuoto, correvo, ma non sapevo dove andare,

non avevo un posto da raggiungere, così iniziai

a correre intorno alla strada, non andavo

lontano, andavo soltanto da un’altra

angolazione di questa, mentre correvo il cuore

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continuava a battere impetuoso, ma questa

volta sapevo che batteva per un altro motivo,

era stanco e doveva pompare più sangue, non

batteva forte perché ero malata, non era

panico era lo sforzo della corsa, mi convinsi

che ogni volta mi fosse di nuovo successo,

avrei senz’altro corso, ero sola, ma mi sentivo

libera, senza barriere, oltre i miei limiti,

potevo crearmi un personaggio, essere

un’altra, perché nessuno conosceva Giulia,

nessuno sapeva che la notte non dormiva,

nessuno conosceva i miei demoni; corsi così

tanto, che quando mi fermai ero assetata, così,

trovata una fontanella, mi fiondai con la testa

sotto il getto freddo e come un cane randagio,

scrollai la mia chioma, da destra a sinistra, il

sole mi entrò negli occhi, ma non era quel sole

caldo di mezzogiorno era il sole del tramonto;

mi accorsi che ero stata mezza giornata sulla

Rambla, senza mangiare, senza concludere

niente, avevo passato così tanto del mio tempo

a pensare, a rimuginare sulle mie sconfitte,

che avevo dimenticato la cosa più importante,

il motivo perché avevo fatto tutta quella

strada, il mio obiettivo. Decisi di non menarmi

l’anima per la mia sconfitta, in fondo il giorno

dopo avrei riprovato, ora era tempo di trovare

un posto dove dormire; Entrai in un’internet

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point, inizia a cercare i famosi couchsurfing,

ne avevo tanto sentito parlare a Roma e decisi

di provare, in fondo il volo mi era costato

cento euro e avevo soltanto trecento euro con

me, non potevo di certo permettermi un

albergo a quattro stelle.

Cercai Barcellona, couchsurfing,

letteralmente, navigare sul divano, in ogni

Città esiste una piattaforma dove, un gruppo

di iscritti, considera viaggiare un diritto di

tutti, così si offre un posto letto, a tutte le

persone che cercano un’ alloggio gratis, una

sorta di scambio culturale, ragazzi che

ospitano te, per poi tornare ospite in altre città,

un’idea geniale pensai, costo zero, e possibilità

di contatti, in fondo erano anni che dormivo

sul divano, quindi di peggio non potevo

trovare;

Un ragazzo accettò la mia richiesta e

felicissima andai spedita alla ricerca della sua

casa, erano le ore ventidue di sera e non era il

massimo camminare da sola, così accellerai il

passo alla ricerca della via, che sembrava

sperduta; trovata, pensai, che casetta deliziosa,

era a cortina, con un giardino esterno, i

mattoncini erano tutti di un colore arancio

scuro e mettevano allegria, c’erano delle luci e

il giardino era illuminato, suonai il

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campanello, ma proprio in quel momento mi

ricordai di non conoscere neppure una parole

in spagnolo, nel sito per prenotare l’alloggio

era tutto in inglese, ma io ero in Spagna; arrivò

ad aprire il cancello laccato nero, un ragazzo

sui venticinque anni, era assai bizzarro pensai,

aveva dei bermuda a cavallo basso verdi

militare e una canotta bianca, che assomigliava

proprio alle maglie della salute che indossava

mio padre, la differenza era che la sua era così

attillata che metteva in risalto i muscoli; mi

fece accomodare con un sorriso e un grande,

Ola Chica, entrai e tra una parola in inglese,

una in spagnolo e qualche gesto illustrativo mi

mostrò la mia stanza, pensai che fosse davvero

carina, era una stanza di legno scuro, ricordava

quelle stanze di montagna piuttosto che quella

di una zona di mare, ma era bellissima, il letto

era soffice e le lenzuola profumate di lavanda,

mi chiese se avevo fame, o così avevo dedotto,

mi fece segno di seguirlo in cucina, mi diede

un pezzo del suo panino con un salame di

colore fucsia, lo guardai un po’ dubbiosa e lui

accennò un sorriso, spiegandomi con difficoltà

che quello era un salume tipico della loro terra

e che era gustoso, lo accontentai assaggiando

un boccone, ed era buonissimo, poi aprì una

birra e mangiammo insieme.

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Sarebbe stata un’avventura fantastica pensai,

anche se il pensiero di spogliarmi e mettermi a

letto mi metteva già ansia e se avessi ancora

avuto gli attacchi di panico, il pensiero mi

diede una paura immaginabile e mi dovetti

sedere, il ragazzo Pedro, mi guardò spaventato

e decise di farmi compagnia; erano le quattro

e mezza, l’ultima volta che guardai l’orologio

che picchiava i secondi davanti al divano dove

eravamo seduti a parlare, dopodiché il buio.

Mi svegliai alle dieci di mattina, ovviamente

mi ero addormentata sul divano, iniziavo a

pensare fosse l’unico posto sul quale potessi

mai dormire, mi feci una doccia, presi il solito

zaino e decisi di andare sulla strada della mia

perdizione, la Rambla, provai nuovamente a

sedermi a terra, ma anche quel giorno non ci

riuscì, era davvero difficile e non ci avevo mai

pensato, avevo completamento ignorato

questo “problema”, dovevo cambiare

l’immagine che avevo di me, sedermi e

dipingere, eppure non ci riuscivo, ero andata

in una Città sconosciuta, dove si parlava una

lingua che non conoscevo, mi ero

addormentata sul divano di un estraneo

eppure non riuscivo a sedermi a terra, perché

così tanta resistenza? Iniziai a lavorare per

gradi, inizia sedendomi su una panchina, ci

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misi giorni per uscire dal mio status quo e

decidermi di sedermi sull’asfalto, fu un

processo lungo, ma quando riuscì sentì una

forza dentro ed un emozione che ancora oggi

non riesco a raccontare, ero a terra e intorno a

me, nessuno mi guardava davvero, ero

diventata invisibile, tappezzeria di quella

strada, non ero più Giulia, ero anch’io

un’artista di strada, una come un’altra, molti

calpestavano i miei dipinti, tanti lanciavano gli

spicci e io non mi sentivo più tanto forte,

quando un giorno, mi accorsi di esistere,

avevo imparato la lingua dormendo sul divano

di chiunque mi accogliesse, ed ero di nuovo

padrona del mio corpo, gli attacchi di panico

erano spariti, avevo superato i miei limiti, non

avevo più paura e l’indifferenza della gente

non mi spaventava, iniziai a dipingere come

sempre o meglio di sempre, accompagnando

le mie pennellate ad un fischiettio che

travolgeva i passanti, ora, mi guardavano, i

miei occhi erano accesi di una luce nuova;

rimasi in Spagna per nove mesi, dopo i quali

decisi di tornare, in quel lungo periodo ero

riuscita a guadagnare quel poco che bastava

per sopravvivere, e con gli ultimi soldi

comprai il biglietto per l’aereo di ritorno,

verso Roma, verso una nuova me; quando

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tornai i miei genitori, mi abbracciarono con le

lacrime agli occhi chissà se già dal primo

sguardo si erano accorti che ero diversa, ero

una nuova persona; da quel giorno in poi capì

che ogni cosa io avessi deciso di fare, io la

avrei potuta fare, oggi il divano è solo un

vecchio ricordo, dal quale non ho bisogno di

scappare, quando mi sento di non farcela, mi

ci sdraio, penso a tutto quello che ho passato e

penso, Giulia, ne hai passate tante oggi puoi

solo migliorare”.

Si ritorna nel qui ed ora, siamo in aula,

Giulia, abbassa gli occhi e dice: “ Questa è la

mia storia”.

[Giulia torna al banco con un applauso].

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Capitolo 3

Bambolina

[Aula Magna, Università La Sapienza di

Roma]

“Buongiorno a tutti, Sono Rachele, ho

trentasette anni, sono una psicologa del lavoro

e il mio mestiere è fare formazione in aula,

prima di iniziare la lezione vorrei raccontarvi

la mia esperienza. Ho iniziato a ventisette

anni, ero giovane e appassionata e la mia

paura più grande era non apparire credibile,

volete sapere se è stato facile? direi proprio di

no; Il primo incarico, che mi assegnò l’agenzia

per il lavoro nella quale svolgevo uno stage, fu

all’interno di un’ azienda multinazionale

operante nel settore metalmeccanico, questa,

aveva richiesto alla mia agenzia, un corso di

formazione sulla sicurezza e diritti dei

lavoratori per gli operai del suo stabilimento

siciliano.

Entusiasta partì, con altri tre colleghi uomini

e il nostro capo, cinque formatori in uno

stabilimento di millecinquecento persone, e

per la prima volta, finalmente, avrei potuto

dimostrare le mie competenze.

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Arrivati, il capo assegna le aule, ognuno di

noi dovrà insegnare in tre aule diverse con

gruppi di cento persone; Emozionata,

spaventata, indosso la tuta blu fornita dai

dirigenti dello stabilimento ed entro nella

prima aula, anche se non mi sento a mio agio

in quegli indumenti, infatti, sono di una taglia

L ed io con i miei cinquanta chili ci sguazzo

dentro, come farebbe un pesce rosso in un

oceano.

Al mio primo passo verso la cattedra, dal

silenzio si erge un coro, per niente formale,

sulla mia persona, imbarazzata e impacciata,

continuo a camminare tra le file dei banchi,

per raggiungere il posto che dovrei occupare,

anche se in questo momento non mi sento

davvero di poterlo gestire, arrivata, attendo in

silenzio la fine dei cori, poco decorosi e

umilianti non per la persona, quanto per il

ruolo che sto ricoprendo, mi presento:

“Buongiorno a tutti sono Rachele, psicologa

del lavoro e sono qui per lavorare con voi, sui

diritti dei lavoratori..” mi accorgo che gli

operai iniziano ad alzarsi dai banchi e nel giro

di pochi minuti sono sola in aula, una

sconfitta.

Le lacrime iniziarono a scendere sui miei

occhi azzurri, fino alle fossette sulle guance,

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non ero più, la formatrice, era bastato, un

attimo per ritornare ad essere la ragazzina

maltrattata dalla bulla della classe, che troppo

magra e con i lineamenti gentili non suscitava

timore, ma era da sempre stata bersaglio di

scherzi e prepotenze.

Ero afflitta dal dolore, sapevo che nelle altre

due aule poteva andare peggio, ma tentai e mi

diressi verso la seconda aula, gli operai, questa

volta, non mi accolsero con cori, ma con il

totale silenzio, nessuno mi considerava,

parlavo ma non c’era nessun cenno di

consenso, nessuno sguardo di approvazione,

anzi qualcuno aveva aperto il giornale e stava

leggendo le ultime notizie, altri telefonavano e

nessuno sembrava accorgersi di me, fui

mortificata più qui che nella prima aula, finita

la lezione ricominciai a piangere e di certo

non penso di aver avuto un bel aspetto,

nonostante la mia pelle chiara e rosata e i miei

capelli biondi, più che una bambolina, come

sempre diceva il mio babbo, credo

assomigliassi più ad una cane bastonato;

ancora una volta mi feci coraggio ed entrai

nella terza aula, pensai che peggio di così non

poteva proprio andare, il peggio era passato e

non potevo che levarmi l’ultimo dente; entraì,

mi guardai bene intorno e mi accorsi che nel

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lato sinistro erano seduti un gruppo di ragazzi,

che su per giù potevano essere miei coetanei;

erano loro la mia ancora di salvezza, ero

sfinita, con gli occhi abbottati e loro erano lì,

mi sorridevano, mi capivano, sapevano forse

quello che avevo passato nelle ore precedenti

ed erano come angeli corsi in mio soccorso,

messi lì dalla provvidenza, li ricambiavo con

sguardi affettuosi, ma l’incantò finì appena

intrapresi discorsi tecnici, iniziarono a fare

obbiezioni, qualsiasi cosa dicessi, per loro

dicevo cose senza alcun fondamento e

sbagliavo in continuazione, volevano mettermi

in difficoltà, quando dal lato opposto al loro,

un signore sui sessant’anni si alzò in piedi:

“basta” gridò: “lasciate fare alla docente il suo

lavoro, in santa pace”; il signore, che aveva, un

ruolo importante all’interno del gruppo fece

tacere i saputelli alla sua sinistra e si mese

seduto, continuando “dottoressa Rachele, mi

scuso per il comportamento infantile dei miei

colleghi, ora può continuare la sua lezione, senza

interruzioni”.

Dentro di me, sentì come le campane che

suonavano a festa; --grazie signore dagli occhi

cerulei-- gridò una voce dentro di me e

aggiunsi con le parole: “grazie mille” e

ricominciai a parlare, fino alla fine della

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lezione; finito l’incubo, ricominciai a piangere.

Piangevo, non riuscivo a smettere perché

sapevo di dovere incontrare per un briefing i

miei colleghi ed il mio capo, cosa avrei potuto

dire delle prime lezioni?

Mi feci nuovamente forza, andai nella stanza

mi misi seduta con gli occhi dei miei colleghi

e il grande capo puntati su di me, capì che già

sapevano tutto, sapevano della figuraccia nelle

aule, sapevano che avevo pianto come una

bambina di sei anni alle elementari.

Il capo mi guardò e fece la domanda fatidica:

“Com’è andata Rachele?” io alzai gli occhi e

appena si incrociarono con i suoi inizia a

piangere così forte che non riuscì a smettere

per almeno quindici minuti; continuò: “se non

te la senti di continuare Rachele, puoi decidere di

prendere l’aereo e ritornare a Roma, non sarai

licenziata e non cambierà la considerazione che io

ho di te, so quello che vali e non sarà la resistenza di

questi operai a farmi cambiare idea sul tuo conto”.

Mi sollevai all’idea di ritornare a casa, avrei

rinunciato, lo ammetto, ma non riuscivo a

vedere uno spiraglio dove aggrapparmi per

restare, così sollevata mi preparai per andare

alla cena organizzata dall’azienda, dove avrei

di nuovo incontrato i miei tiranni, ma stavolta

ero felice, perché la mattina dopo avrei preso

30

il primo aereo verso casa e loro non mi

avrebbero più toccato l’anima; così raccolsi la

mia dignità, le mie forze e la maschera di cera

migliore, per scendere nella sala da cena, che a

quanto pare era stata adibita a festa, c’erano

tavolate lunghissime, addobbi colorati e centri

tavola floreali, insieme a tutti gli operai dello

stabilimento, compresi quelli che mi avevano

umiliano la mattina; camminavo e sentivo gli

occhi addosso, unica donna, in un ambiente

maschile, ma questa volta, il mio passo era

sicuro, indossavo oltre al mio tailleur

preferito, anche la certezza che sarei scappata

presto da quell’ambiente retrò e maschilista,

dove la donna, è guardata con dispetto, mentre

pensavo a quello che era successo e mi davo

una spiegazione dell’accaduto, ora mi sentivo

a mio agio, i capelli sciolti, mi cadevo sulle

spalle e le mie scarpe tacco dodici mi

regalavano centimetri di maestosità, ero decisa

e ferma nel guardare chiunque mi sfidasse con

lo sguardo, quando tra la folla, riconobbi il

signore dagli occhi cerulei più dolci che abbia

mai visto, mi guardò strizzando l’occhio, non

era un’ ammiccamento, ma un gesto di

incoraggiamento, ancora una volta era lui, la

mia ancora di salvezza, in quel preciso istante

capì che non potevo deludere chi credeva in

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me e chi ci aveva messo la faccia per mostrare

il mio valore, il mio capo, i miei colleghi che

mi avevano spalleggiato, il misterioso signore,

i miei genitori, ma soprattutto non potevo

deludere me stessa, mi accorsi che nella sala in

fondo c’era un piccolo palco, era una sala di

quelle dove si presentano eventi, si fanno

interventi, eppur non me ne ero accorta,

iniziai a camminare con passo deciso verso il

palco, mentre tutti avevano già preso posto

per iniziare a banchettare, salì il primo

gradino, e nessuno se ne accorse, poi il

secondo, al terzo inciampai, il tacco strusciò

sul metallo e il rumore richiamò tutti alla mia

attenzione, con gli occhi puntati addosso, non

mi arresi, questa volta, volevo scalare la mia

vergogna, tutti smisero di mangiare, avranno

pensato fossi una folle nel pieno del delirio,

presi il microfono, fischiava, iniziai:

“Buonasera a tutti, sono Rachele, psicologa del

lavoro, sono venuta fino in Sicilia per lavorare

con voi e soprattutto per voi, quindi se la mia

presenza non è gradita sono disposta a tornare

a Roma, sono una professionista e questo non

comprometterebbe la mia carriera, quindi

lascio a voi la scelta, domani decideremo

insieme in aula, scusate l’interruzione”.

Scesi dai gradini e le gambe ancora

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tremavano, era palese, la figuraccia che avevo

fatto, la voce non era stata per niente

convincente e sicuramente era arrivata più

tremolante di quella che io avevo

immaginavo, assorta nei pensieri, una pacca

dietro la schiena mi fece tornare nel mondo

reale, era il mio capo, approvava la mia scelta

mi prese la mano, in segno di rispetto e

scompare, senza dire niente, insieme alla mia

ansia, decisi di uscire di scena senza cenare.

Erano le otto di mattina, quando la sveglia

iniziò a suonare, mi vestì di corsa,

mettendomi la tutona da super Mario Bross ed

uscì, camminai cercando di controllare il

respiro, dovevo entrare nella prima aula,

quando mi accorsi che era piena, non capivo

cosa stava succedendo, solo in un secondo

momento capì che tutti gli operai delle tre

aule, si erano concentrati lì dentro e visti i loro

sguardi, non erano per bastonarmi, quelli che

il giorno prima erano i miei nemici, ora, erano

in piedi, senza cantare cori, senza indifferenza,

ma lasciandomi passare solo con il boato di un

applauso fortissimo, percorsi l’aula incredula e

felice, mentre camminavo mi accorsi che la

mia schiena era sempre più dritta, il mio passo

più deciso, così gridai, per superare il rumore

di sottofondo: “Buongiorno a tutti, sinceramente

33

non mi aspettavo di trovarvi tutti qui, posso

soltanto presupporre che la notte abbia portato

consiglio ad entrambi, e che abbiate cambiato idea

sul mio conto, vi ringrazio molto per questo e per

questa accoglienza teatrale, ma mi piacerebbe

sapere come mai avete cambiato atteggiamento miei

confronti”; Un signore sui quarant’anni nelle

ultime file: “credevamo di non essere stati

valorizzati, rispetto ai nostri colleghi, ci

domandavamo perché proprio noi, dovevamo avere

una formatrice donna, giovane, bionda che sembra

una bambina, mentre a tutti gli altri operai erano

stati assegnati formatori uomini, con più

esperienza, ci chiedevamo cosa potesse insegnarci

una ragazzina, ma non avevamo considerato, la

sua sostanza, soffermandoci sull’apparenza, non

avremmo mai immaginato riuscisse ad acquistare il

nostro rispetto, invece ha dimostrato di avere due

Bip*** così”.

[Rachele ora si rivolge alla classe, ora

possiamo iniziare la lezione].

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35

Capitolo 4

Figlia Unica

-Ho finalmente deciso di frequentare, per la

prima volta, una riunione Buddista, sono sulle

scale di una vecchia palazzina di Trastevere,

non c’è l’ascensore e le scale sono strette e

rovinate dal tempo, l’ odore di umido e le

macchie verdastre sulle parenti, mi danno un

senso di squallido e tetro, mentre salgo, sento

già dal primo piano alcune voci che

provengono dai piani superiori e l’angoscia

dello sconosciuto, lascia spazio alla mia

curiosità che sale crescente al suono dell’eco

dei miei passi, inizio a salire le scale a due a

due per acquistare qualche secondo all’arrivo e

neppure accorgendomi mi ritrovo davanti

l’interno quindici, suono il campanello e una

ragazza dagli occhi blu, mi apre la porta con

un sorriso mite e sereno, emana una

tranquillità magnetica, ha un volto liscio,

senza alcun segno di fatica e le mani pronte ad

un abbraccio: “Benvenuta Chiara”, mi abbraccia

fortissimo, mentre io, rimango ferma,

spiazzata da quel gesto e da quella accoglienza

tanto calorosa e famigliare, il suo odore di

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muschio bianco, mi invase in un attimo, e

riconobbi in quel profumo le note che

indossava mio padre, era un profumo forte e

forse troppo demodè per una giovane

trent’enne, ma non gli diedi troppo peso,

infondo mi ricordava cose di casa, ricordi

d’infanzia e adoravo annusarlo, lo respirai così

forte che tossì; questo fu il gesto che fece

allontanare la ragazza, ancora sconosciuta

dalla morsa dell’abbraccio.

Entrai in casa, mi ritrovai catapultata una

stanza perfettamente quadrata, ma del suo

nome ancora niente.

Ammetto ero disperata, ed avvicinarmi al

Buddismo, era l’ultima spiaggia, molte persone

mi avevo raccontato storie in cui la preghiera

era riuscita a salvarle, che avrei trovato la forza

per reagire, mi avevano detto che bastava

recitare la frase Nam-Myoho-Renge-Kyo per

smuovere le cose e uscire dal vortice

distruttivo nel quale mi ero affossata, provai.

Nella stanza una decina di persone,

accoglienti, distese, si precipitarono a

presentarsi, la ragazza che mi aveva aperto la

porta, mi presenta al gruppo: “Ragazzi, lei è

Chiara, non ha mai partecipato ad una riunione

Buddista, quindi, ascolterà le nostre storie e se

vorrà si avvicinerà a questa filosofia di vita,

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vogliamo iniziare?”.

Rimasi allibita da tanta coordinazione, tutti

si misero in cerchio seduti per terra, con le

gambe incrociate, io mi accorsi di essere

ancora in piedi, impalata, cosa avrei dovevo

fare?; il ragazzo più giovane, mingherlino e

sbarbato mi tirò per la gonna nera e lunga che

mi cadeva dritta fino ai piedi: “Siediti”, mi

ordinò, ma era un ordine delicato, misterioso,

come se da quel momento in poi, sarebbe

successo qualcosa di importante, di

travolgente, io obbedì, lui: “Tienimi la mano”

non fece in tempo a finire la frase, che mi

strinse la mano sinistra, con una

determinazione e sicurezza che non avrei mai

pensato potesse avere un giovane, sui diciotto

anni, era moro, con i capelli arruffati, non era

il classico belloccio, ma era affascinante, sarà

stata l’aria da artista boemien che lo

valorizzava oppure quella calma che

trasmetteva nei suoi gesti lenti nonostante l’età

ancora acerba per una donna di trentun’ anni

come me, ritornai con la mente al gruppo,

erano tutti sereni e per un attimo mi sentì

parte di un’armonia cosmica, io che di

tranquillo proprio non avevo niente; alla mia

destra era seduta Giovanna, una ragazza con

un caschetto anni trenta, di quelli con il

38

boccolo davanti, era un taglio classico, ma su

di lei era bellissimo, una bandana arrotolava le

stringeva il capo e somigliava ad una delle pin

up, che si vedono nelle foto ai negozietti di

roba usata, anche lei mi strinse forte la mano e

dopo qualche minuto in cui tutti rimasero in

silenzio, prese la parola un ragazzo:“ Sono

Giorgio, questi ultimi mesi, ho pregato molto perché

potessi trovar la forza per affrontare un’operazione

importante agli occhi, l’ho trovata, l’ho affrontata,

fino a ieri ne avevo paura e così avevo sempre

rimandato, poi ho deciso che dovevo farlo, chiamai

il numero verde e prenotai l’operazione, ero stato

fortunato, mi disse la signora dall’altro lato del

telefono che se non avessi telefonato in quel

momento sicuramente avrei perso l’unico posto

disponibile che si era liberato per la disdetta di un

altro paziente e che le liste di attesa erano di

almeno tre anni; che fortuna immaginai!

[Ironizza], ma poi mi accorsi di persona, già dalla

visita prima dall’operazione, che la mia cornea era

danneggiata e la retina rischiava un distacco,

operato d’urgenza riacquistai la vista di un tempo,

la retina aveva provocato degli offuscamenti alla

vista e se mi fossi presentato anche solo una

settimana dopo alla clinica avrei sicuramente perso

la possibilità di vedere con l’occhio destro, è il

Buddah che mi ha dato la forza! Senza la preghiera

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non avrei chiamato, non sarei andato alla visita,

avrei perso la vista”; la padrona di casa

[interrompe]: “Vedi Chiara, qui condividiamo

storie, ci diamo forza attraverso le nostre vittorie,

la preghiera aiuta a focalizzarti sull’obiettivo, non

ci credi?”, io, che sono sempre stata una

scettica, faccio fatica a credere che tutto quello

che voglia che accada si avvera con una

preghiera ma visto che ripeto, sono vicino alla

depressione totale voglio provare: “Ok, voglio

crederci, come devo fare? Insegnatemi”; furono le

mie ultime parole da non predicante; non

avrei mai pensato che a distanza di dieci anni

da quel fatidico giorno io sia diventata

buddista, vegana e semplicemente serena; quel

giorno ci fu un miracolo, iniziai a pregare

anche fino ad otto ore al giorno, bastava

mettersi davanti alla pergamena di Gohonzon

e pregare, con una certa postura, una certa

intonazione le paroline magiche, che ormai

sono il mantra della mia vita, quando le

pronunci ti senti parte del mondo intero,

come se tutte le energie della terra si

concentrassero su quel suono, la vibrazione

che emana la loro pronuncia risuona

nell’animo e soltanto finché non ne sei saturo

escono dalla bocca da sole, così può durare

anche ore la preghiera, si smette quando lo si

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sente, all’inizio mi sembrava una cosa assurda,

quindi mettevo una sveglia, cinque minuti mi

prefissavo, ma già da allora era una forza così

tanto impetuosa che era impossibile smettere,

era il corpo, o forse meglio, l’anima a

comandare.

Il mio problema era mio padre, all’epoca era

molto malato e il nostro rapporto si era

inclinato dalla separazione che aveva avuto

con mia madre, lei era scappata con un altro

lasciandoci da soli, da quel giorno tra noi due

erano lotte di colpa, ognuno accusava l’altro

della scelta della mamma, io credevo che

dovesse tenerla più legata a sè, essere più

presente e lui accusava me, come la rovina del

loro rapporto tanto idilliaco, che a quanto pare

non lo era per niente.

Ora eravamo grandi e soli, quando un

giorno di Dicembre gli diagnosticarono un

tumore, che gli avrebbe lasciato pochi mesi di

vita; ero distrutta, ed era stato proprio quello a

farmi avvicinare al Buddismo, pregavo perché

mio padre guarisse, o vivesse di più, ma più

pregavo e più mi accorsi che le sue condizioni

non miglioravano, così una domenica tornai in

quella famosa abitazione a Trastevere, ero

disperata e gridai fuori il portone:

“Imbrogliona, apri la porta so che ci sei, mi avevi

41

detto che la preghiera avrebbe risolto i miei

problemi, avrebbe esaudito i miei desideri, ma non

era vero, bugiarda”, neppure feci in tempo a

finire la frase, che si affacciò dal quarto piano,

Elena, la famosa padrona di casa, che non

aveva mai avuto l’accortezza di presentarsi e

che avevo scoperto fosse quello il suo nome

solo in un secondo momento, da amici di

amici.

Lei mi sorrise, mi aprì il portone, corsi per le

scale questa volta le salì tre a tre e me la trovai

di fronte: “Che cosa ti tormenta Chiara” , rimasi

stupida del fatto si ricordasse il mio nome,

chissà quante riunioni organizzava ogni

settimana e chissà quante novelle incontrava,

erano passati due mesi dal primo incontro e

lei ancora si ricordava di me: “Sapevo saresti

tornata” continua: “Accomodati” io senza dire

una parola entrai, ancora una volta avvolta da

quel profumo tanto familiare, ricordo quando

mia madre da piccola mi faceva fare insieme a

lei dei sacchetti profumati di muschio bianco

da mettere nei cassetti dei vestiti di papà, ecco

perché lui ne era sempre pieno addosso, avevo

rimosso questo dettaglio; comunque iniziai a

vomitare addosso tutta la mia angoscia, la mia

disperazione, la malattia di mio padre e la sua

agonia, lei mi ascoltò senza dire una parola era

42

concentrata e non dava l’idea di una che pensa

in anticipo la risposta più sensata da dare, ma

piuttosto una persona che ti ascolta davvero,

aspettò, poi aggiunse: “Chiara, la preghiera può

aiutare ad alleviare le sofferenze, non di certo a

guarire malattie, prova di nuovo, abbi fede, ma

concentrati su altro, sposta la tua attenzione dalla

malattia.”

Neppure risposi, la salutai con un timido

ciao e me ne andai, ero afflitta, mi sentivo

davvero presa in giro, ma che significa pensa

ad altro, ma è quello il problema che non mi

fa dormire, come potevo spostare l’attenzione

dalla malattia, tornai a casa e mi sentì che

dovevo riprovare, mentre pronunciavo le

parole, mi venne un’immagine davanti, era

così reale che credevo di essere impazzita, ma

era un’illuminazione, aveva ragione Elena, era

il rapporto con mio padre che dovevo

recuperare, che dovevo migliorare, era quello

per cui dovevo pregare e per la sua serenità,

così feci, pregai così tanto, che persi la

concezione delle giornate, queste si erano

ridotte particolarmente e nutrirmi non era più

una priorità.

Nei giorni successivi mi accorsi che il viso di

mio padre era davvero più disteso e la sua

corazza alleggerita, eravamo vicini e sereni,

43

nonostante la disgrazia imminente, passammo

giornate stupende, ma purtroppo i mesi

passarono in fretta e a Marzo papà mi lasciò.

Oggi ammetto che il Buddismo mi aiutò

molto ad affrontare il dolore, a recuperare il

rapporto con mio padre, a passargli serenità e

infine a non sentirmi di nuovo sola; le

giornate tornarono nella routine, non avevo

più niente per cui pregare, quando un giorno,

mentre guardavo una commedia in tv, arrivò

una chiamata: “Pronto, cerco Chiara, abita qui?”;

Io: “Si sono io, con chi parlo?” sentì un forte

sospiro dall’altro lato del telefono: “Chiara?

Sono Francesca, la tua sorellastra, è una vita che ti

cerco”; Io: “Sorellastra? Impossibile, credo che lei

abbia sbagliato persona”; Ancora di là: “No,

aspetta Chiara, non attaccare, papà ci ha lasciati?

Mi è arrivata una sua lettera a casa a Parigi, io e la

mia mamma viviamo lì da quando ho un anno,

dopo la separazione con mio padre, lei è voluta

andarsene in un’altra città e ricominciare, lui

sapeva, dove abitavamo, così ogni tanto ci

scambiavamo lettere, doni, foto e incoraggiamenti,

nell’ultima lettera raccontava della sua malattia e

di te, del bel rapporto che eravate riusciti a ricucire

dopo tanti anni; ti giuro che prima di allora non mi

aveva mai detto nulla di te, nella lettera si scusava

e dichiarava che il suo più grande desiderio era di

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farci incontrare e allegato c’era scritto questo

numero telefonico; ho avuto molti dubbi, perplessità

e paure, ma poi ho preso coraggio e ti ho chiamato;

papà non c’è l’ha fatta?”; Io: “No, la malattia è

stata più forte, ma credo che il suo obiettivo non

fosse vincere la morte”; Lei: “Non sono più figlia

unica, domani prenderò il primo aereo e verrò a

Roma”; Io: “Ok, questo che leggo dallo schermo del

telefono è il tuo numero di cellulare? Ti chiamo

questa sera, così ci accordiamo, ciao”; Io: “Ciao”.

Il rimbombo del telefono mi risuona in

testa, poteva mai essere possibile una cosa del

genere? E se fosse stato un malvivente che

aveva scoperto della morte di mio padre, del

fatto che ero sola e voleva venirmi a derubare?

E se fosse, invece, una sociopatica uscita dal

manicomio? Chi era Francesca? Non potevo

fare altro che incontrarla, la curiosità, la voglia

di conoscere una perfetta sconosciuta era così

forte, che non potevo fare a meno di rischiare

e andare all’appuntamento, erano le ore sedici

di pomeriggio e l’incontro sarebbe stato alle

sedici e trenta, quindi ero largamente in

anticipo, mi sedetti al bar dell’incontro e mi

accesi una sigaretta, ero più emozionata di

quando per la prima volta uscì con Tommy, il

ragazzetto più carino della classe che poi

diventò il mio primo fidanzatino, guardavo

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l’ora, ma i minuti erano lenti e l’orologio si era

messo contro di me, quando a un tratto alle

spalle: “Chiara, sei tu?, eccoti fatti vedere” era lei,

mi bastò lanciargli uno sguardo per capire che

era davvero la figlia di mio padre, erano due

gocce d’acqua, impressionante, gli stessi occhi

a mandorla, pelle olivastra e un naso

schiacciato che sembrava davvero quello di

mio padre, o meglio quello di un pugile, più o

meno anche quello di Francesca era così,

eppure era stupenda, aveva i capelli color

miele e una bocca carnosa era davvero bella,

pensai che se lei era mia sorella, anch’io non

sarei stata poi così male vista dall’esterno,

infatti gli occhi a mandorla li avevamo

ereditati entrambe e anche il colore dei capelli,

per il resto eravamo diverse.

Le sorrisi e iniziammo a piangere come due

matte, non riuscivamo a parlare e dopo aver

passato tutta la giornata insieme, mi resi conto

del regalo immenso che ci aveva fatto nostro

padre; Aveva ragione Elena, la preghiera, mi

aveva salvato.-

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47

SECONDA PARTE

Manuale sulla resilienzaManuale sulla resilienza

48

INTRODUZIONE

L’origine del termine

Re-si-lièn-za

1 . 1 . Nella tecnologia dei materiali, la resistenza a

rottura per sollecitazione dinamica, determinata

con apposita prova d’urto:prova di r.;valore di r., il

cui inverso è l’indice di fragilità.

2 . 2 . Nella tecnologia dei filati e dei tessuti,

l’attitudine di questi a riprendere, dopo una

deformazione, l’aspetto originale (Dizionario

Treccani Online).

Il termine resilienza derivante dalla parola

latina resalio, significa letteralmente “resistere alla

rottura”, questo termine, coniato dal mondo delle

industrie metallurgiche, era inizialmente utilizzato

per indicare le capacità che presentavano alcuni

materiali nel riuscire a mantenere una struttura

iniziale invariata e salda, nonostante fossero

traumatizzate ripetutamente.

Tuttora, in psicologia, il termine è utilizzato

metaforicamente per definire la capacità che alcune

persone hanno di resistere alle avversità,

49

riprendersi dalle situazioni difficili e di riuscire a

sfuggire al rischio di diventare vittime della propria

vita, riuscendo a fronteggiare gli eventi stressanti e

traumatici, anzi beneficiare di questi per

riorganizzare la propria vita in maniera positiva,

rimanendo, sempre protagonisti degli eventi e mai

spettatori passivi; ma per comprendere meglio il

concetto è bene distinguere due livelli di conoscenza

che si può avere della resilienza, un livello tacito,

che si definisce o nell’assenza di conoscenza di

questa capacità interna alla persona, o si riferisce

all’incapacità di essere coscienti del fatto che si

sperimenta, e un livello di conoscenza cosciente, tale

da permettere di utilizzare la resilienza in maniera

strumentale e funzionale per il benessere della

persona.

Il livello tacito è quello che si trova nel mondo del

“non conosciuto” o meglio chiamato in psicologia

dinamica “inconscio”, in questo livello tutto quello

che fai sfugge alla ragione, ad esempio, in questo

livello, se ti comporterai in maniera resiliente

davanti ad un determinato evento per

sopravvivere, non ne sarai cosciente, e non ti

renderai conto delle strategie che stai adottando,

quindi agirai, in modo istintivo, questo agire è

tipico nei momenti che suscitano forte emotività, o

simile al modo di agire dei bambini, che,

specialmente nei primi anni di vita, dove i processi

50

mentali non sono del tutto sviluppati ed in uno

stato ancora egocentrico agiscono con un prevalente

senso di onnipotenza; il livello più strutturato

quello cosciente, si sviluppa quando si possiedono

capacità cognitive sviluppate, una buona

autostima, in questo caso si può prendere coscienza

delle problematicità e risalire ad un livello di

benessere ottimale.

Essendo difficile comprendere a pieno il termine

di resilienza attraverso semplificazioni teoriche, ho

provato ad avvicinarti al termine attraverso

i romanzi di persone resilienti, così che, tu abbia

avuto la possibilità di farti un’idea del concetto

proiettandolo nella tua personale storia di vita; ho

pensato, che soltanto dopo aver compreso bene il

termine al livello delle emozioni di base (rabbia,

tristezza, felicità, disgusto, sorpresa, paura) saresti

stato in grado di riconoscere questa caratteristica in

te e potenziarla, tenendo presente che è una

funzione psichica, che ogni persona possiede, ma

che, può svilupparsi e cambiare nel tempo; tutte le

persone, possiedono queste caratteristiche, ma,

soltanto alcune, hanno avuto la possibilità di

svilupparle meglio di altri, questo libro ti darà la

possibilità di definirti, e riconoscerti come una

persona resiliente in grado di fronteggiare le

circostanze sfavorevoli con coraggio e superare gli

ostacoli con fiducia nelle tue possibilità.

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L’obiettivo dell’e-book è proprio quello di aiutarti

a renderti consapevole di possedere questa capacità

e fornirti le tecniche e gli strumenti per svilupparla.

Perché è così importante sviluppare la resilienza?

Perché è importante imparare contrastare eventi

traumatici impossibili da non sperimentare ed

evitare quindi di essere soggetti a stati depressivi o

di forte stress.

Essere resiliente significa, essere in grado di

prendere in mano le redini della tua vita e

indirizzarla dove vuoi, acquistando il vantaggio di

vivere una vita più felice e soddisfacente.

52

Capitolo 5

Risalire dalle ceneri

Nel corso della vita, potrà capitarti di

trovarti in situazioni difficili da gestire, tanto

da sentirti privo di energie, ma è bene che tu

ricorda che, come una batteria scarica, queste,

possano essere rigenerate e tornare più potenti

di prima, se solo, si hanno gli strumenti per

farlo, quindi è chiaro che, quel senso di vuoto

che si prova quando si è privi di forze, e

scarichi, è lo stesso che ti spingerà a ritrovare

la voglia di risalire dalle ceneri; il mio

obiettivo, quindi non è, quello di far

scomparire il nero dalla tua vita, sarebbe

impossibile, ma quello di imparare a

farti convivere con i momenti bui e a riuscire

a trarre vantaggio da essi; le persone resilienti

sanno farlo, e riescono a fronteggiare

efficacemente le contrarietà, dare un nuovo

slancio alla propria esistenza e raggiungere

mete importanti, anzi, spesso l’esposizione

stessa alle avversità diventa un elemento

capace di rafforzare la persona piuttosto che

indebolirla, come diventa possibile questo?

Dipende tutto dalla percezione del locus of

53

control.

Il termine di locus of control, usato per la

prima volta nel 1954 dallo psicologo

Rotter, stabilisce che le persone con un locus

esterno percepiscono una maggiore possibilità

di controllare gli eventi della loro vita e

possiedono maggiore consapevolezza sulle

capacità di poter modificare gli eventi sulla

base della loro volontà contrariamente alle

persone con accentuato locus of control

esterno, che al contrario pensano che sia il

destino a determinare le loro sorti; quindi la

differenza tra chi possiede un locus of control

interno ed esterno riguarda il modo in cui

vengono fronteggiati e vissuti gli eventi,

controllabili e modificabili nel primo caso e

incontrollabili e immodificabili nel secondo.

Inoltre gli studi dimostrano che le

persone responsabili dei risultato delle loro

azioni sono anche maggiormente curiose,

verificando una capacità spiccata nel

affrontare il cambiamento come la possibilità

di vincere una sfida, vedendo gli aspetti

positivi delle trasformazioni e minimizzando

quelli negativi. Si evince che le persone

maggiormente resilienti sono quelle che

possiedono un locus of control esterno; ma se

prima ho detto che la resilienza è una

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caratteristica che tutte le persone possiedono a

livelli diversi, c’è anche da dire che avere un

alto livello di resilienza non significa non

sperimentare le difficoltà, oppure essere

infallibili ma essere disposti al cambiamento,

quando necessario; disposti a pensare di poter

sbagliare, ma di saper correggere la rotta.

In questo percorso che faremo insieme,

riuscirai ad aumentare la tua autostima

rafforzando il tuo valore interno, fare pace

con il tuo passato, imparare a dire di no e

differenziarti dalla massa, imparare ad auto-

curarti rilassandoti, pensare positivo e

imparare a ridere di te e delle situazioni, senza

per questo sfuggire alle responsabilità,

chiedere aiuto in caso di bisogno; migliorare il

tuo ambiente.

Soltanto con il raggiungimento della tua

serenità interiore potrai entrare in azione e

attivarti per diventare una persona resiliente,

trovare il tuo scopo di vita e raggiungerlo,

apprezzare le novità, fare tesoro degli errori

passati, impegnarti sulle cose che sono della

tua portata e imparare a metterti in contatto

con te stesso e le tue emozioni; Ricordati che

potrai sempre metterti alla prova con l’aiuto

delle esercitazioni pratiche che troverai nel

corso del libro.

55

PerlaPerla

Per sviluppare queste capacità potresti iniziare a

guardarti intorno nel vedere come reagiscono le

persone che ti circondano agli eventi stressanti,

potresti trarne spunto e acquistare le loro capacità,

visualizza nella tua mente una persona resiliente e

se ti capita un evento in cui ti senti impotente pensa

a come reagirebbe il tuo modello e comportati come

si comporterebbe lui. Convinciti di essere una

persona resiliente, scrivili, recita un mantra ogni

giorno, attacca post it sul tuo specchio al bagno,

parla con gli altri in modo resiliente, ricorda eventi

in cui sei stato resiliente.

56

Capitolo 6

Rinforza la tua autostima.

Per sviluppare la resilienza è fondamentale

che tu abbia un’autostima sufficientemente

alta che ti supporti nello sconforto, riuscendo

a farti sentire pronto nell'affrontare

ogni situazione al meglio.

L’autostima è il valore che tu dai a te stesso.

Per riuscire a essere resiliente è importante tu

riesca a credere nelle tue competenze ed

essere pronto ad affrontare le responsabilità

che incontri. Ricorda che soltanto tu sei il

giudice di te stesso e che se tu stesso non

riconosci il tuo valore, difficilmente lo

riconosceranno gli altri.

Come prima cosa, per potenziare

l’autostima, è quella di focalizzarti sulle tue

qualità positive.

ESERCIZIO

Stila nella prima colonna di seguito, la lista

delle prime cinque capacità in cui eccedi,

accanto annota la situazione corrispondente

ad essa in cui hai avuto modo di usarla, mentre

57

nell'ultima colonna scrivi l’emozione che hai

provato nel momento stesso in cui l’hai

vissuta.

ESERCIZIO

Prendi foglio e penna e scrivi le prime due

cose che ami di te, poi sotto scrivi una cosa che

a breve termine, vorresti fare per sentirti

meglio, ed una cosa che potresti fare per

sentirti meglio, ma ancora non sei deciso di

fare, dopo di che prendi questi elementi e crea

una filastrocca, sarà il tuo mantra da recitare

ogni mattina; per comodità appendila sullo

specchio del bagno.

58

Il mantra è la tua preghiera, quindi recitala

con convinzione, anche se inizialmente non ti

sentirai coinvolto dalle parole che pronunci,

non scoraggiarti, vedrai che con il tempo il

mantra sarà parte di te, fino a quando sarai

sicuro di “essere” e di “poter essere” quello che

hai scritto, naturalmente dovrai impegnarti

con costanza nel realizzare gli obiettivi che

reciti la mattina.

Successivamente, continua a porti nuove

mete da raggiungere, spronati ad acquistare

nuove competenze, utili per sentirti una

persona sicura di te.

59

Capitolo 7

Fai pace con il tuo passato

Un altro punto importante, dal quale non

puoi prescindere per essere una

persona resiliente è quello di: fare pace con il

tuo passato; se ci sono eventi particolarmente

forti nel tuo passato che ancora oggi ti turbano

e condizionano il tuo modo di agire, ti

consiglio di iniziare a guardare l'evento come

se stessi guardando un film a rallentatore,

concentrati sulle emozioni che ha provato in

quel momento e quelle che ancora ti porti

addosso, ridimensiona i fatti dandogli il

giusto contesto che ormai non più applicabile

alla vita di oggi, impara a ricordare senza

attribuire all'episodio dei giudizi e

connotazioni negative, ma accettarlo per

quello che è stato, infatti è fondamentale che

tu riesca a capire che per quanti sforzi tu possa

fare, non potrai cancellare ciò che è stato, ma

potrai ergerlo in alto come una cicatrice di

guerra, e ricordarlo come il punto da dove sei

partito e non il tuo punto di arrivo.

E' importante che tu mantenga il legame con

il tuo passato e con le tue radici, ma nello

60

stesso tempo devi avere la certezza che non

può più farti stare male perché è parte di un

qualcosa che non esiste più.

Quindi butta via i sensi di colpa e non

affliggerti più per gli errori del tuo passato, se

oggi sei quello che sei diventato è anche grazie

a quello che sei stato, ricorda che qualsiasi

cosa non ti piace di te, o della tua vita puoi

modificarla e trasformarti in ciò che vuoi

essere oggi; se ritieni che un evento del tuo

passato sia rimasto in sospeso, cerca di

individuare cosa sia necessario fare per

risolverlo e chiuderlo nel cassetto dei ricordi,

non lasciare le cose incompiute.

Datti la possibilità di concentrarti su ciò che

sei oggi, il segreto per vivere bene è quello di

pensare nel "qui ed ora" e accorciare la

distanza “il gap” tra ciò che sei e ciò che

vorresti essere, tanto più questo gap è amplio

tanto più sarai triste e scontento, quindi

impegnati nel ridurre le distanze tra il tuo sé

reale e il tuo sé ideale, riflettendo sulle cose

della tua vita che non sono più funzionali

lasciandole alle tue spalle, aiutati con dei

rituali di passaggio, in fondo è come se fosse

una rinascita, ricorda che soltanto quando

riuscirai a mettere un punto, le tue azioni

attuali smetteranno di venire influenzate da

61

quelle passate, che oggi non ti rendono

giustizia, non dimenticando di considerare gli

errori passati come dei momenti di crescita.

Con questo non voglio dirti che sarà

semplice e immediato, ma che potrai

cambiare lo stato d'animo con cui ripensi ad

esso ed essere più forte in futuro.

Quindi inizia già da ora a perdonarti.

ESERCIZIO

Visualizza l’evento che ti fa sentire in colpa e

poniti queste domande:

Ad oggi è così grave l’evento?

La responsabilità è tutta la tua?

Individua altri responsabili

Puoi rimediare per l’errore fatto? Se

non puoi, cerca di canalizzare le tue

energie sul diventare una persona

migliore e non commettere gli stessi

errori.

Adesso, pensa ad una persona sicura di sé,

che stimi e alla quale vuoi bene, immagina che

questa sia la responsabile dell’evento.

62

Cambieresti idea sul suo conto,

soltanto perché ha commesso un errore?

Riusciresti a perdonarla?

Che cosa farebbe secondo te questa

persona per migliorare? Comportati

come farebbe lei.

63

Capitolo 8

Impara a dire di no e demarcati

Perché tu possa sentirti, resiliente è

fondamentale che tu impara a demarcarti

dagli altri e “A dire di no”, per accettarti e per

fare rispettare la tua unicità.

L’omologazione è un processo tipico degli

adolescenti, dove, essere tutti uguali diventa

una difesa contro l'emarginazione

e la stigmatizzazione, ma, ora sei un adulto e

oggi puoi essere quello che sei.

Visualizzati come se fossi all'interno di un

cerchio rosso, dove nessuno (che tu non

voglia) ha il potere e la possibilità di

oltrepassare la linea esterna al tuo cerchio,

ovviamente questa è una metafora che non

rappresenta soltanto la distanza fisica che puoi

mettere tra te e gli altri per non farti

coinvolgere in situazioni che non ti sono

consone, ma rappresenta anche un distacco

emotivo e mentale dalle cose che sono per te

poco importanti. Un modo per definirti è

quello di dire NO, è opportuno che tu riesca

ad arginare ogni proposta che invada il tuo

spazio.

64

ESERCIZIO

Concediti la possibilità di dire di no,

esercitati nelle piccole cose, esempio, un

amico ti dice: “Ti posso chiamare?”; Se in quel

preciso momento, hai da fare una cosa

importante per te, oppure stai lavorando,

rifiuta con cortesia: “Purtroppo adesso non

posso, ti chiamo più tardi”.

65

Capitolo 9

Rilassati

Una delle cose fondamentali per vivere bene

è quello di imparare a rilassarsi; utilizzo il

termine "imparare" proprio perché nella

società frenetica in cui viviamo, si è persa la

capacità di auto curarsi e auto rilassarsi

dovendo far fronte spesso a mille attività che

non lasciano lo spazio al mettere uno stop e

quindi fermarsi, so che è difficile, ma è

opportuno impegnarsi nel ritagliarsi del

tempo per stare semplicemente con sé,

altrimenti si rischia di non avere abbastanza

energie per affrontare le sfide di tutti i giorni

ed essere impreparati; quindi, partiamo dalla

necessità di trovare in ogni cosa che si fa la

regolarità, ad esempio è importante per il tuo

riposo dormire almeno sette ore a notte, e

preferibilmente coricarsi sempre alla stessa

ora, dormire è fondamentale per ritrovare la

giusta concentrazione e per trovare la forza di

affrontare le giornate difficili; Un altro passo

importante è affidarti a dei rituali rilassanti:

accendi l’incenso, pratica yoga e meditazione,

concediti delle coccole, per esempio fai un

66

bagno caldo alla fine della giornata, usa la

musica come sottofondo delle attività faticose,

spegni la tv per addormentarti, prepara la

camomilla prima di metterti sotto le coperte,

evita di fare sport dopo le ore diciannove,

trova un hobby piacevole che ti faccia

immergere in attività positive che ti aiutino a

ridurre lo stress e a migliorare l'umore ( ad

esempio: scrivere, fare la maglia, disegnare,

dipingere, cantare, costruire oggetti,

uncinetto.).

Per rilassarsi, inoltre, è opportuno imparare

a considerare lo stress come un campanello

che suona ogni qual volta stai facendo

qualcosa che ti sta a cuore, ti sei mai stressato

per qualcosa che non ti interessa?

Riconosci la sensazione e allenati a prendere

consapevolezza di te stesso.

Ricapitolando per rilassarti è importante che

tu riesca ad organizzare le tue attività tanto da

riuscire a ritagliare sempre del tempo per te, e

se le cose da fare sono troppe?

Per rispondere alla domanda ti lascio come

spunto la matrice di Eisenhower, utile per

capire quali attività puoi rimandare e quali

puoi delegare a qualcun'altro.

67

PerlaPerlaEvita assolutamente termini negativi quando

parli di teNon usare le negazioni

Mai frasi al negativo.

ESERCIZIO

Prendi un foglio e disegna quattro

quadranti: nel primo quadrante, in alto a

sinistra scrivi le cose che devi fare e che sono

urgenti e importanti, questo sarà il quadrante

della crisi, nel quadrante, in alto a destra, scrivi

le cose che per te è importante fare, ma che

non sono urgenti, questo sarà il quadrante

della qualità, mentre nei due quadranti in

basso, scriverai, in quello a sinistra, le cose che

richiedono una certa urgenza ma che non

hanno molta importanza, questo è il

quadrante dell’inganno, mentre nel rimanente

scrivi le cose non urgenti e non importanti,

questo è il riquadro che rappresenta lo spreco.

Più impegni avrai nel primo quadrante e nel

terzo riquadro, più sarai stressate, il segreto

sarebbe restare sempre nel secondo quadrante

ed eliminare le cose del quarto.

I tuoi impegni, dove si trovano?

68

69

Capitolo 10

Pensa positivo, Sorridi e frequentapersone spiritose

Sii positivo.

Impara a trovare in ogni situazione il lato

positivo e vedi le cose da diverse prospettive.

Pensare positivo, ti rende felice, questo ti farà

acquistare maggior energia e ti permetterà di

arrivare dove desideri, riuscendo a

considerare gli ostacoli come incentivi, in

questo modo riuscirai a sperimentare un

atteggiamento propositivo, che ti consentirà di

cogliere maggiori opportunità e sentirti più

appagato.

La cosa più importante che tu possa fare per

sviluppare questo punto è di esercitarti a

troncare i pensieri negativi sul nascere,

ricordati di sorridere e frequenta persone

simpatiche. Ricorda che i pensieri cambiano i

pensieri, ma per arrivare ad un benessere

generale dovresti modificare le tue emozioni,

soltanto sperimentare emozioni positive come

felicità e sorpresa, ti porterà a definirti una

persona felice.

ESERCIZIO

70

Ogni volta che ti accorgi di avere delle

sensazioni o dei pensieri negativi, prova a

pensare a un evento piacevole e immergiti in

questo, facendolo rivivere in tutti i suoi sensi:

che colori hai visto? Che odore hai percepito?

Le sensazioni tattili o di gusto? Che emozione

hai provato?

ESERCIZIO

Prendi un foglio e dividilo a metà, scrivi

l’evento che ti tormenta e da un lato metti

tutte le negatività di esso e gli aspetti positivi

nel secondo.

Un altro passo verso la felicità è di

circondarti di persone spiritose e positive, i

così detti “donatori d’energia”, persone in

grado di tirare fuori il meglio di sé e di te,

capaci di trasmettere un’ondata di allegria, con

loro avrai la possibilità di imparare a ridere su

te stesso, sui tuoi limiti e sulle tue particolarità,

ti sentirai meglio, sia perché imparerai ad

accettarli e soprattutto a non dargli

71

importanza scherzandoci su, se puoi evita i

“vampiri energetici” o meglio quelle persone

che si lamentano sempre per ogni cosa

dandoti la sensazione di succhiarti le energie,

cerca di evitare di frequentare abitualmente

persone “negative” nei confronti della vita.

Non ti sto dicendo di abbandonare un amico

o un parente nel momento del bisogno, anche

perché nello sviluppare una buona resilienza,

è importante saper mantenere dei rapporti

sani e sinceri con le persone importanti della

tua vita, queste, sono la colonna che ti sosterrà

nei momenti difficili, quello che ti consiglio è

di trascorrere più tempo con i donatori di

energia e meno con i vampiri energetici.

Tutti noi siamo fatti di energie, e l’emozione

predominante tende a contagiare chi è

intorno, per questo, trascorrere la maggior

parte del tuo tempo con persone triste, ti

renderà a sua volta scontento.

Identikit di donatori di energia e vampiri

energetici:

VIVONO NEL

“QUI ED ORA”

Hanno imparato ad

apprezzare ogni

momento della

VIVONO

INCASTRATI NEL

PASSATO O

PROIETTATI NEL

FUTURO Non sono

72

loro vita, senza

rimpiangere il

passato o

preoccuparsi per il

futuro, hanno

capito che la vita è

ora e ne godono il

piacere.

mai sul momento!

Vivono perennemente

con i sensi di colpa per

quello che avrebbero

potuto fare e non

hanno fatto oppure

proiettati sui problemi

del futuro.

SCELGONO

Scelgono la loro

vita e le persone

che hanno intorno,

non si lasciano

trasportare dagli

eventi, sono

centrati su chi sono

e chi vogliono

essere.

SI FANNO

TRASCINARE Non si

fidano delle loro scelte,

chiedono

continuamente

supporto agli altri, non

si fanno rispettare e si

accontentano di ciò che

gli capita.

GRATITUDINE

Ringraziano ogni

giorno per quello

che hanno,

guardano sempre

dietro a loro e

provano

gratitudine per le

piccole cose,

INGRATITUDINE

Pensano che tutto sia

scontato, non dicono

mai grazie e si

lamentano sempre,

guardando solo le

persone avanti a loro,

73

riescono a vedere

quello che gli altri

fanno per loro.

non vedono le cose che

altri fanno per loro.

SONO

VINCENTI

Combattono per

quello che vogliono

ottenere, creano

dei piani d’azione e

agiscono per

obiettivi,

premiandosi nelle

piccole vittorie.

SONO PERDENTI

Ogni ostacolo è una

sconfitta, non sono

combattivi e alla prima

difficoltà mollano. Non

si sentono mai

all’altezza e trovano

sempre delle scuse per

giustificarsi.

SANNO

SORPRENDERSI

Riescono a

meravigliarsi per le

piccole cose, senza

darle per scontate.

NIENTE LI

SORPRENDE Non

notano più le cose belle

che li circondano.

Inoltre ricorda che nella vita è importante

non prendersi né poco né troppo sul serio, se

ti rivedi nel primo caso, potresti essere una

persona che ha paura delle responsabilità e per

questo volto a evitare incarichi lavorativi

impegnativi, non riuscendo a progredire a

74

livello professionale, mentre nella vita privata

potresti avere difficoltà a trovare un partner

per paura di non essere all’altezza della

relazione o della persona, prendersi poco sul

serio è spesso sintomo di insicurezza e

immaturità, temi di cui abbiamo parlato in

precedenza, mentre, se ti riconosci nel

secondo caso, ovvero una persona che si

prende troppo sul serio, potresti avere una

personalità rigida che ti porta ad essere critico

sia con te stesso che con gli altri, non

riuscendo a vedere il bello del “diverso” e

rimanendo statico su un solo punto di vista,

rischiando di non riuscire più ad apprezzare

gli imprevisti e le novità, quindi è

fondamentale affidarsi alla propria

spensieratezza. In entrambi i casi, la soluzione

che ti lascio è quella di farti coinvolgere

dall’umorismo, questo è utile per scaricare lo

stress, infatti, gli studi hanno dimostrato che

ridere, stimola il rilascio della dopamina, o

meglio conosciuto come l’ormone del piacere,

che viene rilasciato dal cervello, in particolare

dal sistema libico, ogni volta che svolgi

un’attività piacevole. Per stimolare grandi

risate, potresti iniziare a guardare commedie o

leggere un libro divertente, ovviamente.

75

Capitolo 11

Prenditi cura di te

Questa più che una regola, dovrebbe essere

uno stile di vita, infatti, ogni giorno dovresti

trovare del tempo per la cura del tuo corpo e

per la cura della tua mente, ricorda che un

corpo trascurato non è un valido alleato con

cui fronteggiare la tristezza, anzi vederti

trascurato ti renderà sempre più triste

innescando nella tua testa un circolo vizioso,

dove prevarrà il senso di apatia, quindi, non

importa quanto tu ti senta triste, hai bisogno di

prenderti cura del tuo corpo ora, visto che ne

hai uno in dotazione e dovrai passarci tutta la

vita.

Mantieniti in forma

Il fisico non è tutto, ma sicuramente

prendersi cura di esso e sentirsi “apposto”, non

è un dettaglio da sottovalutare per la propria

salute ed autostima, inoltre, data la stretta

connessione mente-corpo, essere fisicamente

prestante significa avere sviluppato la potenza

e la resistenza fisica, una metafora per la tua

76

mente, se sei stato in grado di fronteggiare la

fatica fisica e sei stato determinato nel

fronteggiare gli sforzi e sei riuscito nel tuo

intento, sicuramente ti sentirai più forte anche

mentalmente.

Sentire la fatica fisica e saperla gestire ti

aiuterà a dominare anche altri tipi di carichi

emotivi, inoltre lo sport è un’ottima valvola di

sfogo e rilascia come le risate (vedi regola n. 5

la dopamina).

Consigli per stare in forma, per la prima

settimana*.

Se hai intenzione di iniziare a praticare sport

ed esercizi mirati, affidati a esperti, questi sono

solo consigli.

Cammina per venti minuti alternando

dieci minuti in pianura e dieci minuti in

salita.

Bevi due litri d’acqua al giorno, mangia

molti cereali integrali, frutta e verdura.

Fai cinquanta addominali al giorno. Cerca

di essere sempre attivo anche dentro casa.

Evita di stare più di un’ora seduto sul

77

divano, evita di uscire con la macchina, ma

prediligi, la bicicletta o una camminata.

Nello stesso tempo, per migliorare la tua

salute mentale, hai bisogno di ricorrere ad una

serie di rituali salutari e rilassanti, proprio

come il tuo corpo, quindi impara a prenderti

cura di lei concedendoti delle pause mentali,

dove puoi permetterti di sognare ad occhi

aperti oppure concediti del tempo per

rilassarti al suono del tuo brano preferito, per

questa attività ti basta rintracciare nella

giornata un momento in cui sei maggiormente

libero e sei solo e ritagliati venti minuti, questi

rituali ti aiuteranno ad eliminare le sostanze

chimiche che causano lo stress e prevenire la

sensazione di oppressione.

Per prenderti cura della tua mente:

Alimenta la tua creatività.

La creatività è uno strumento utile per

esprimere le emozioni che non riesci a

comunicare con le parole; ti aiuterà a trovare

con la fantasia soluzioni alternative. Per

creatività intendo qualsiasi tipo di hobby che

possa liberare la tua mente.

78

Capitolo 12

Attivati!

Rimuginare sui misfatti o sui problemi non

è salutare per la tua autostima e per il tuo

umore, contrariamente agire e trovare

soluzione aumenta il senso di efficacia

(Bandura). Per senso di auto-efficacia

s’intende: “La convinzione che sia possibile

raggiungere i propri obiettivi, attraverso le

proprie capacità”. Possedere un alto senso di

auto-efficacia è fondamentale in tutti gli

ambienti, in particolare a me interessa

dimostrarti come questo possa promuovere la

tua autostima,

Se riuscirai ad aumentare il tuo senso di

autoefficacia, sarai in grado di assumere

comportamenti positivi e avere meno paura

nello scegliere obiettivi ambiziosi, in più sarai

in grado di gestire meglio i fallimenti, avendo

sviluppato la tenacia e la determinazione.

Questa caratteristica, si sviluppa riguardo a

diversi fattori ad esempio può svilupparsi in

rapporto al tuo carattere, ai rapporti sociali

che mantieni e all’ambiente in cui vivi.

Soltanto chi ha sviluppato un maggior senso

79

di auto-efficacia riesce a mantenere

maggiormente il controllo sulle azioni

intenzionali, sa gestire meglio lo stress e ha

una maggior flessibilità nel modificare i

comportamenti quando non sono più

funzionali per il benessere, accettare meglio i

cambiamenti ed ad essere più determinate nel

riuscire a raggiungere i propri obiettivi.

80

Capitolo 13

Qual è il tuo scopo di vita?

E' fondamentale che ti ponga degli obiettivi

nella vita da perseguire, infatti muoverti verso

il raggiungimento di questi ti aiuta a sentirti

bene e incrementa la tua capacità di resilienza,

al contrario, la mancanza di uno scopo

specifico ti rende meno resiliente e ti espone

al rischio di sperimentare un senso

d’inefficacia e inadeguatezza in quello che fai.

Una vita priva di obiettivi porta fare delle

scelte frivole e soltanto apparentemente

appaganti, che sono prive di un significato

profondo, facendoti sentire impotente nello

scegliere cosa sia importante o meno, questa

incapacità di gestire le priorità e fissare

obiettivi concreti, può farti sentire vuoto;

quindi valuta bene gli obiettivi che ti prefiggi e

dai un valore alla tua vita, ricordando che è

importante imparare a scindere le cose

essenziali da quelle superflue, altrimenti rischi

di perdere le energie per obiettivi futili.

PerlaPerla

81

Parti sempre da dove sei, vuoi porti un obiettivo,parti da quello che PUOI fare oggi e mai da quello chePOTRESTI fare, è importante sapere che inizi da un

punto che conosci, cambia prima in quello, soltantosuccessivamente potrai aprire altre porte, per il

momento concentrati a sviluppare quello che giàpossiedi e trasformati partendo da qui.

ESERCIZIO

Fai un elenco di cose da portare a termine e

poni la lista sopra il tuo letto, così che ogni

giorno potrai monitorare i progressi fatti.

Se desideri essere una persona resiliente,

devi porti di raggiungere dei traguardi,

sforzandoti di conquistarti; pianifica la

realizzazione dei tuoi obiettivi.

Per tracciare un obiettivo vincente potresti

avvalerti dell’acronimo S.M.A.R.T. che ti aiuta

a definire l’obiettivo come: Specifico,

misurabile, accettato, ragionevole, tempificato.

Ti propongo di visualizzare nella tua mente un

obiettivo che ti sei prefissato ed andare a

costruirlo seguendo le cinque caratteristiche

che lo rendono efficace, concreto e

realizzabile.

Definisci un obiettivo

82

Specificospecifico in ogni suo

dettaglio, evitando di

scegliere un obiettivo

generico.

Misurabile

Trova un criterio per

misurare i tuoi successi in

maniera concreta.

Accettato

Un obiettivo deve essere

fatto tuo, il suo

raggiungimento deve

dipendere soltanto da te.

RagionevoleDeve essere fattibile per le

tue possibilità.

Tempificato

Definisci una data di

scadenza del tuo obiettivo,

potresti aiutarti ponendo

delle tappe intermedie, con

micro-obiettivi più facili da

raggiungere, per mantenere

alta la motivazione

83

Capitolo 14

Impara & Cambia

Dal punto di vista individuale la capacità di

Change Management, cioè la capacità di gestire il

cambiamento, descrive l'approccio con cui

l'individuo reagisce ai grandi cambiamenti che

lo coinvolgono in tutti i contesti della sua vita.

Vorrei citare due modelli di change

management, quello di Kurt Lewin, la

percezione a tre stadi del cambiamento, e

quello di Kubler-Ross le cinque fasi reattive

dell’individuo a fronte del cambiamento.

Il primo considera il cambiamento come

passaggio tra il vecchio e il nuovo stile che

prevede tre momenti diversi; nel primo stadio

il soggetto sperimenta lo “scongelamento”

(“unfreezing”) dalle vecchie abitudini, in questa

fase inizia il processo di trasformazione di

esse, soltanto nel secondo stadio, avviene il

cambiamento vero e proprio, in questo

momento il soggetto è spaesato ma è

consapevole di creare nuove abitudini. Il terzo

stadio, il “ricongelamento” ("refreezing"),

comporta il consolidamento delle nuove

abitudini e la loro cristallizzazione, riportando

84

l’individuo a sperimentare senza

preoccupazione i nuovi comportamenti.

Scongelamento → Cambiamento →Ricongelamento

Il modello di Kubler-Ross è nato, invece, per

spiegare le varie fasi che affronta un

individuo nel momento in cui subisce un lutto,

queste fasi non sono da pensare come delle

tappe che prescindono l’una dal altra, oppure

pensare che per passare ad una tappa

successiva sia necessario superare la

precedente, tanto meno pensare che siano un

continuum cronologico, ma sono da

considerare come dei punti che

probabilmente un soggetto che deve superare

un evento traumatico, sperimenta nel modo,

nel ordine, a seconda della sua personalità.

A) negazione/rifiuto (non ci credo!)

B) rabbia (perché è successo?)

C) patteggiamento (promettere per ottenere il

ripristino della situazione)

D) depressione (ora niente ha senso)

85

E) accettazione (mi metto l'anima in pace).

Ovviamente il modello può essere applicato

a tutte le situazioni di vita del soggetto. Una

volta fatta luce su queste due teorie, puoi

renderti conto quanto sia difficile accettare il

cambiamento e soprattutto uscire dalla

propria area di confort.

Per cambiare, per prima cosa dovresti

riuscire a prevedere il cambiamento, saperlo

accogliere in modo positivo e trasformarti in

una persona nuova, in grado di fare cose

diverse dalla routine e impara a trovare

soluzioni diverse.

A volte il cambiamento è inevitabile, e in

questo caso non puoi far altro che cambiare

anche tu, questo è l’unico modo per rimanere

al passo con ciò che ti circonda e non diventare

estraneo alla tua vita.

PerlaPerla

Una vita piena di “cose nuove”ti trasformerà in una persona più tollerante al

cambiamento.

ESERCIZIO

Concentrati sul modo in cui ti arrabbi:

COME

Urli? Polemizzi? Tieni tutto dentro? Ti

86

disperi?

DOVE SENTI L’EMOZIONE, Dove la

localizzi

Nella testa? Nella pancia? In tutto il corpo?

Nel cuore?

Adesso rifletti per QUALE MOTIVO ti

arrabbi più spesso.

Quando invadono i tuoi spazi? Quando ti

giudicano? Quando non ti senti amato?

Quando sbagli?

Evidenzia gli schemi comportamentali che si

ripetono nel tempo, cerca di prevenirli in

futuro.

87

Capitolo 15

Sbaglia

Gli errori, sono tali soltanto perché tu li

consideri negativi, ogni volta che sbagli pensa

che sia una nuova opportunità di crescita che

non avevi considerato. L’errore ti permette di

conoscere una parte di te, che va migliorata,

comprendi come questa esperienza possa farti

crescere.

Ricorda che evitare di commettere errori

non è sempre possibile, anzi concediti di

sbagliare, con la consapevolezza, che è l’unico

modo per diventare saggio ed evitare di

ripetere gli stessi errori in futuro.

ESERCIZIO

Concentrati su quello che hai sbagliato.

Eri consapevole oppure no?

Individuare questo è fondamentale per

distinguere tra gli errori non intenzionali o

voluti.

Una volta fatta questa scrematura puoi

capire, cosa ti fa sbagliare continuamente, ad

esempio potresti iniziare a scrivere su un

88

diario, ogni volta che stai per “sbagliare”, ti

basterà scrivere: dove sei, che ore sono, con

chi sei, che emozione stai provando, questo ti

aiuterà a prendere coscienza di quali sono i

fattori che riescono ad influenzarti

maggiormente, che emozioni attivi prima di

sperimentare un certo comportamento, per

imparare ad arginare i momenti critici,

evidenziare i tuoi schemi comportamentali

per riuscire a prevenirli in futuro. Ovviamente

se sbagli in modo inconsapevole, non potrai

attuare questa tecnica, poiché soltanto a

posteriori te ne accorgerai, in questo caso

potrai però farti uno schema mentale sul tuo

errore e visualizzare tutti gli elementi

disturbanti e quelli facilitatori presenti nel

momento, in questo modo potrai inibirli e

ampliarne di nuovi nelle volte successive.

ESERCIZIO

89

90

Locus interno: sei una persona responsabile,

prenditi meno sul serio e impara a

concentrarti soltanto su quello che realmente

puoi controllare e concentrati che quello che è

di tua competenza.

91

.Locus esterno: aumenta la tua autostima, se

raggiungi un traguardo non è per forza merito

della fortuna, magari dipende dalla tua

capacità, quindi riconosci i tuoi meriti e non

dare sempre la colpa delle tue sconfitte al caso

o agli altri, altrimenti non farai mai tesoro

degli eventi passati.

92

Capitolo 16

Concentrati su ciò che dipende da te.

Ritornando al concetto di locus of control,

non c’è una regola che possa dire che sia

meglio averlo esterno o interno, ma ciò che è

importante è avere la capacità di comprendere

cosa dipende da te e cosa non puoi proprio

controllare, riuscire a conoscere il tuo grado di

responsabilità, ti aiuta a spostare il locus,

evitando di farti investire energie in “cause”

che non puoi controllare o sono fuori dalla tua

portata. Qui sotto troverai un test che ti darà la

possibilità di capire se il tuo locus è spostato

più all’interno, in altre parole, se sei più

propenso a pensare che dipenda da te la tua

vita, o più all’esterno se pensi che sia il destino

a decidere della tua vita, in base al risultato che

otterrai cerca di equilibrarti sul lato carente.

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97

Se dall'esercizio risulta:

Maggior punteggio nel locus interno: vuol

dire che credi nelle tue possibilità nel

cambiare gli eventi, ti consiglio di prendere

coscienza del fatto che esistono eventi che non

puoi controllare, prevedere e modificare in

questo caso, non sentirti in colpa e non

pensare di poter cambiare il mondo.

PRENDITI MENO SUL SERIO.

Maggior numero nel locus esterno: sei una

persona molto fatalista, credi che quello che

succede è fuori dal tuo controllo, ma forse

con impegno e determinazione qualcosa nella

tua vita puoi cambiarla, prova a prenderti

delle responsabilità maggiori? CREDI IN TE!

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Capitolo 17

Contatta le tue emozioni

Perché tu possa riconoscere i tuoi limiti e

quindi capire cosa ti blocca nell’essere una

persona resiliente e tenace, è opportuno che tu

faccia un lavoro mirato sul riconoscimento

delle tue emozioni e del tuo “ascoltarti”, per

questo ci sono dei percorsi usati nei bambini

volti a educare la mente nel potenziare

l’intelligenza emotiva, quella che rende capaci

di sviluppare relazioni sane, ma molto più

spesso è opportuno educare, se non meglio ri-

educare gli adulti alle emozioni. Il modello

maggiormente usato è quello dell’A.B.C. delle

emozioni, qui vengono considerati tutti gli

elementi che intervengono nel momento in

cui si ha un’attivazione emotiva; dove A sta per

l’evento che scatena l’emozione, B rappresenta

come l’evento viene interpretato dalla persona

e C sta per la reazione emotiva e

comportamentale che suscita nella persona.

E’ intuibile come tra A e C interviene B

come fattore fondamentale, cioè il modo in

cui la persona che sperimenta l’emozione la

interpreta e la valuta nella sua testa. Grazie a

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questa tecnica, si ha la possibilità di riflettere a

posteriori sulle reazioni avute, capire cosa

realmente ha fatto scatenare una determinata

reazione negativa e correggerla in futuro,

riuscendo a farti diventare padrone dei tuoi

stati d’animo e riuscire a canalizzare le energie

in modo funzionale piuttosto che negativo e

distruttivo; inoltre, è importante che tu riesca

a riconoscere le tue emozioni e i momenti in

cui le sperimenti, perché soltanto in questo

modo avrai la consapevolezza di ciò che ti fa

stare bene e cosa ti crea disagio, non

sottovalutare le emozioni negative, anche esse

sono importanti perché ti avvertono che sta

per succedere qualcosa che ti turba, sia in

maniera consapevole o meno, quindi

imparare a codificarle è fondamentale per

fronteggiarle e aumentare la resilienza; lo

scopo dell’ alfabetizzazione delle emozioni è

proprio quello di minimizzare l’impatto che le

emozioni hanno sull’individuo, per

massimizzare le energie in quelle positive.

PerlaPerlaPensa nel "qui e adesso"

piuttosto che focalizzare l'attenzione sul tuoumore depresso

e continuare a frugare nel passato.

100

Ricorda che tu sei l’unica persona che puòcambiare la tua vita.

ESERCIZIO

Ti suggerisco di utilizzare un diario per

descrivere le emozioni ogni volta che entri ed

esci da una situazione che ti fa sperimentare

forti emozioni e scrivi:

1.Dove mi trovavo? Con chi?

2.Che cosa è successo?

3.Che cosa ho pensato?

4.Che sintomi fisici ho provato? Descrivili

dettagliatamente

5.Come mi sono sentito? Che emozione ho

avuto?

6.Qual è stata la mia reazione

comportamentale?

7.Che cosa ho fatto per disinnescare

l’emozione?

8.Come mi sono sentito dopo?

9.Ripensando a freddo sui miei pensieri,

potrebbero essere stati errati?

10. In futuro cosa potrei fare per migliorare?

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Capitolo 18

Mettiti in gioco

Sei arrivato alla fine del manuale, ora è

arrivato il momento di prendere la tua vita e

farne ciò che vuoi, quindi se hai avuto

pazienza e determinazione nello svolgere gli

esercizi che ti ho proposto e hai utilizzato i

miei consigli, sicuramente avrai sviluppato la

capacità ad essere resiliente.

Ti consiglio di svolgere quest’ultimo

esercizio, con molta attenzione, infatti, è

importante che tu riesca a sviluppare diversi

modi per fronteggiare gli eventi, se sei riuscito

ad essere una persona resiliente, sicuramente

potrai vantarti di possedere un ventaglio di

alternative utili da utilizzare per far fronte agli

avvenimenti.

Il test, riguarda il tuo modo di affrontare gli

eventi, per capire che tipo di strategia adotti

per superare un ostacolo.

Il test ti aiuta a conoscere il tipo di coping*,

che utilizzi maggiormente per far fronte a una

determinata situazione.

Di solo i tipi di coping, cioè le strategie

utilizzate maggiormente dalle persone sono

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quelle codificate dal test Brief Cope (Carter e

Scheier, 1993) al quale oggi mi riferisco:

Ristrutturazione positiva

Distogliere l’attenzione

Espressione

Uso del supporto strumentale

Affrontare operativamente

Negazione

Religione

Umorismo

Disimpegno comportamentale

Uso del supporto emotivo

Uso di sostanze

Accettazione

Pianificazione

Autoaccusa

*Coping: strategie di adattamento con le

quali si fronteggiano gli eventi.

ESERCIZIO

Pensa a una situazione particolarmente

critica che ti sei trovato a vivere in passato.

Come hai fatto per superarla? Che strategia

hai utilizzato maggiormente?

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Segna con una X le affermazioni che ti

sembrano più vicine al tuo modo di agire:

1)Penso ad altro, occupando la mente in altre

attività.

2)Chiedo aiuto a persone vicine a me.

3)Cerco di guardare le cose dalla prospettiva

migliore.

4)Mi attivo nel risolvere la situazione.

5)Non riesco a credere che sia successo a me.

6)Passo molto tempo a pregare.

7)Riesco a esprimere i miei sentimenti

sgradevoli.

8)Non prendo troppo sul serio la situazione,

ridicolizzandola.

9)Rinuncio di occuparmi di questa cosa.

10) Cerco supporto emotivo da altre

persone.

11) Penso sia colpa mia di quello che è

successo.

12) Cerco una strategia per migliorare la

situazione.

13) Imparo ad accettare la situazione.

14) Bevo per dimenticare.

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Alla luce di quello che ho scritto in

precedenza, secondo te che strategia hai

utilizzato?

Pensaci e consulta i risultati per un riscontro

corretto.

1) Distogliere attenzione, 2) Uso del supporto emotivo, 3)

Ristrutturazione positiva,

4) Pianificazione, 5) Negazione, 6) Preghiera, 7)

Espressione, 8) Umorismo, 9) disimpegno

comportamentale, 10) Uso del supporto emotivo, 11)

Autoaccusa, 12) Pianificazione,

13) Accettazione, 14) Uso di sostanze.

Pensi che tu possa utilizzare più strategie?

La cosa più importante che tu possa fare è di

imparare ad evitare forme di coping passive e

concentrarti su quelle dove tu possa essere

protagonista delle azioni, affrontarle con

grinta e determinazione senza diventare

passivo.

Secondo te la persona resiliente che strategia

utilizzerà?

Sicuramente sarà flessibile e

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utilizzerà diverse strategie piuttosto che

cristallizzarsi su una in particolare, per

esempio, potrebbe fronteggiare l’evento,

cercando di vedere in esso cosa lascia di

positivo (ristrutturazione positiva), nei

momenti difficili potrà distogliere l’attenzione

dal singolo evento e occuparsi di attività

piacevoli (distogliere l’attenzione), sarà in

grado di utilizzare le parole per esprimere i

propri sentimenti (espressione) e saprà

affrontare la situazione in maniera operativa

(affrontare operativamente), sarà in grado di

chiede aiuto (uso del supporto emotivo)

accettando la situazione (accettazione) e

pianificando una soluzione (pianificazione).

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Capitolo 19

Modifica il tuo ambiente

Ora che sei in grado di lavorare su te stesso,

ti chiedo un ultimo sforzo, quello di imparare

a modificare l'ambiente in cui vivi, a tal scopo

prenderò in prestito il modello ecologico di

Bronfenbrenner, il modello, in realtà viene

utilizzato per spiegare lo sviluppo sociale del

bambino nel ambiente, che partendo dal suo

primo contatto con la sua figura di

attaccamento (caregiver), sviluppa nel corso

della sua vita relazioni sempre più strutturate e

definite da regole e distanti dal suo contesto di

vita iniziale, caratterizzato in partenza solo da

rapporti a due; la mia chiave di lettura oggi è

ben diversa, vorrei applicare il modello nella

vita che hai oggi; se nel modello, lo sviluppo

della bambino, prescinde da tutti gli ambienti

che frequenta, immaginati come dei cerchi

concentrici che si legano tra di loro in base al

numero delle relazioni che si intrecciano nei

contesti e dal livello di formali ed informalità

della relazione, questo significa che

prendendo coscienza dei tuoi ambienti e le

relazioni che stabilisci nei contesti che sei

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abituato a frequentare, puoi imparare ad

individuare le falle nei tuoi "cerchi" e

promuoverne lo sviluppo, per migliorare le

relazioni interne ad un determinato sistema,

considerando la difficoltà crescente nel mutare

queste esperienze via via che ci si avvicina al

sistema più vicino a te, infatti, più le falle sono

ai cerchi a te vicini e più ci sarà bisogno di

sforzo per ristabilire un equilibrio anche in

tutte le altre relazioni sviluppate negli altri

cerchi, nel caso esistano delle grosse

problematiche dentro il micro sistema, ad

esempio la presenza di uno o più rapporti

disfunzionali è opportuno iniziare un percorso

terapeutico.

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Capitolo 20

Chiedi aiuto

Regola n. 15 Chiedi aiuto

Non pensare di essere onnipotente e di non

aver bisogno di nessuno, può capitare anche

alle persone “migliori” di sentirsi demotivati

oppure giù di morale, è importante saper

riconoscere questi momenti e arginarli,

chiedendo aiuto a un esperto o a una persona

di fiducia; nel caso, le tue problematiche non

trovano soluzione, allora forse è il caso di

prendere contatto con un esperto del settore.

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Sitografia & Bibliografia

http://www.crescita-personale.it/la-

motivazione/1725/locus-of-control/720/a

http://www.homolaicus.com/teorici/pi

aget.htm

http://www.mentesana.it/la-salute-

mentale-othermenu-12/140-la-

resilienza.html

http://www.stateofmind.it/2014/05/im

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http://www.treccani.it/vocabolario/resi

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https://tuapsicologa.wordpress.com

https://it.wikipedia.org/wiki/Resilienza

_(psicologia)

Albert Bandura; Il senso di

autoefficacia, Aspettative su di sé e

azione, centro studi Erickson, 2000

Andrew Zolli, Ann Marie Healy;

110

Resilienza, la scienza di adattarsi ai

cambiamenti, Rizzoli, 2014

GDL psicologi del lavoro del ordine

degli psicologi del Lazio; e-book: "cerchi

lavoro? Mettiti all’opera! Mini guida per

auto-orientarsi al lavoro, Roma, 2016.

Kubler-Ross E., La morte e il morire,

Assisi, Cittadella Editrice, 2005 13 ed.

Urie Bronferbenner; The ecology of

human development; Haward University

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Weiner, Bernard; Heckhausen, Heinz;

Meyer, Wulf-Uwe; Causal ascriptions

and achievement behavior: A conceptual

analysis of effort and reanalysis of locus

of control; Journal of Personality and

Social Psychology, Vol 21(2), Feb 1972,

239-248.

111