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Comune di Brescia Via Fratelli Lombardi n 2, 25121 Brescia Tel 030-2977886 Fax 030-2977885 [email protected] Gentile Sig.ra Simona Bordonali Presidente del Consiglio Comunale di Brescia Sede E p.c. Capi Gruppo Consiglio Comunale Loro sedi Gentile Presidente, Le scrivo per comunicarLe la decisione di ritirare la mia candidatura a Garante dei diritti delle persone private della libertà personale. A ricandidarmi, dopo un quinquennio di attività, erano state le due associazioni bresciane di volontariato in carcere, ACT e Volca alle quali, peraltro, con una lettera in data 28.02.11, che allego, avevo comunicato la mia disponibilità a ritirarmi, purché lo stesso gesto fosse compiuto dagli altri candidati, al fine di “giungere alla scelta condivisa di un rappresentante del volontariato bresciano” . Purtroppo, raccogliendo questa mia disponibilità, i messaggi lanciati in tale direzione dai due presidenti, anche nei Suoi confronti, nel corso di un colloquio avuto, a quanto mi è stato riferito, prima dell’ultima seduta del Consiglio Comunale, non hanno sortito il risultato sperato. Né forse potevano averne se corrispondono al vero il resoconti giornalistici degli interventri dei consiglieri di maggioranza. Con il mio gesto odierno intendo dunque, a questo punto, evitare ulteriori divisioni all’interno del Consiglio Comunale su una nomina che per sua natura non dovrebbe mai essere caratterizzata da connotazioni partitiche o da contrapposizioni tra coalizioni di forze politiche e rivolgere i migliori auguri di buon lavoro al dr Emilio Quaranta sulla cui persona nelle prime votazioni è confluito il consenso della maggioranza dell’Assemblea. Lascio con serenità dopo un quinquennio di attività in un incarico di pubblico servizio nuovo nel panorama istituzionale italiano con qualche motivo di soddisfazione, fra i quali mi limito a ricordare: la celebrazione di una seduta del Consiglio Comunale della città in carcere; l’aiuto ad evitare pesanti riflessi sulla comunità e sui detenuti, scarcerati a centinaia nella stessa giornata, a seguito dell’approvazione a fine luglio 2006 della legge sull’indulto; il contributo dato sollecitando l’intervento, tempestivamente avvenuto, del Procuratore della Repubblica del nostro Tribunale Dr Nicola Pace, ad abbattere uno dei non invidiabili primati di Canton Mombello nel panorama penitenziario italiano (l’altro, che resiste purtroppo, è quello del sovrappopolamento ) e cioè la consuetudine inaccettabile di condurre in carcere persone che in stato di arresto e in attesa di essere condotte per la convalida entro 48 ore davanti al Giudice monocratico, dovevano essere invece custodite presso le celle di sicurezza delle forze dell’ordine esecutrici del fermo; il sostegno ad alcuni detenuti, tramite il supporto gratuito di un legale, nel presentare reclami al magistrato di sorveglianza, che li ha accolti, sul mancato rispetto dei fondamentali diritti umani a causa delle condizioni detentive a Canton Mombello, primo passo questo per inoltrare denuncia contro il nostro Paese alla Corte Europea dei diritti umani; la battaglia vinta contro l’egoismo di alcuni

L'atto di accusa di Mario Fappani

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La lettera con la quale il Garante dei detenuti di Brescia, Mario Fappani, ha polemicamente ritirato la sua candidatura al rinnovo delle carica

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Gentile Sig.ra

Simona Bordonali

Presidente del Consiglio Comunale di

Brescia

Sede

E p.c. Capi Gruppo Consiglio Comunale

Loro sedi

Gentile Presidente,

Le scrivo per comunicarLe la decisione di ritirare la mia candidatura a Garante dei diritti delle

persone private della libertà personale.

A ricandidarmi, dopo un quinquennio di attività, erano state le due associazioni bresciane di

volontariato in carcere, ACT e Volca alle quali, peraltro, con una lettera in data 28.02.11, che

allego, avevo comunicato la mia disponibilità a ritirarmi, purché lo stesso gesto fosse compiuto

dagli altri candidati, al fine di “giungere alla scelta condivisa di un rappresentante del volontariato

bresciano” .

Purtroppo, raccogliendo questa mia disponibilità, i messaggi lanciati in tale direzione dai due

presidenti, anche nei Suoi confronti, nel corso di un colloquio avuto, a quanto mi è stato riferito,

prima dell’ultima seduta del Consiglio Comunale, non hanno sortito il risultato sperato. Né forse

potevano averne se corrispondono al vero il resoconti giornalistici degli interventri dei consiglieri

di maggioranza.

Con il mio gesto odierno intendo dunque, a questo punto, evitare ulteriori divisioni all’interno del

Consiglio Comunale su una nomina che per sua natura non dovrebbe mai essere caratterizzata da

connotazioni partitiche o da contrapposizioni tra coalizioni di forze politiche e rivolgere i migliori

auguri di buon lavoro al dr Emilio Quaranta sulla cui persona nelle prime votazioni è confluito il

consenso della maggioranza dell’Assemblea.

Lascio con serenità dopo un quinquennio di attività in un incarico di pubblico servizio nuovo nel

panorama istituzionale italiano con qualche motivo di soddisfazione, fra i quali mi limito a

ricordare: la celebrazione di una seduta del Consiglio Comunale della città in carcere; l’aiuto ad

evitare pesanti riflessi sulla comunità e sui detenuti, scarcerati a centinaia nella stessa giornata, a

seguito dell’approvazione a fine luglio 2006 della legge sull’indulto; il contributo dato sollecitando

l’intervento, tempestivamente avvenuto, del Procuratore della Repubblica del nostro Tribunale Dr

Nicola Pace, ad abbattere uno dei non invidiabili primati di Canton Mombello nel panorama

penitenziario italiano (l’altro, che resiste purtroppo, è quello del sovrappopolamento ) e cioè la

consuetudine inaccettabile di condurre in carcere persone che in stato di arresto e in attesa di essere

condotte per la convalida entro 48 ore davanti al Giudice monocratico, dovevano essere invece

custodite presso le celle di sicurezza delle forze dell’ordine esecutrici del fermo; il sostegno ad

alcuni detenuti, tramite il supporto gratuito di un legale, nel presentare reclami al magistrato di

sorveglianza, che li ha accolti, sul mancato rispetto dei fondamentali diritti umani a causa delle

condizioni detentive a Canton Mombello, primo passo questo per inoltrare denuncia contro il

nostro Paese alla Corte Europea dei diritti umani; la battaglia vinta contro l’egoismo di alcuni

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sindaci della nostra civile provincia decisi inmotivatamente a rifiutare certificati di residenza

(documento fondamentale per ognuno di noi e senza il quale non è possibile accedere ai servizi

sanitari ad un occupazione lavorativa, in una parola ottenere soddisfazione di qualunque diritto); le

sollecitazioni a chi di dovere per il disbrigo in tempi accettabili di pratiche per il riconoscimenti di

paternità o le celebrazioni di matrimoni; i richiami al Dap e al Prap per il ripristino del diritto alla

territorializzazione della pena e molti altri atti come può rilevarsi dalle mie relazioni annuali,

ultima delle quali per il 2010 sarà mia cura presentare tra pochi giorni, nonché con i richiami

ripetuti e continui alla responsabilità di tutte le istituzioni sulla condizione disumana e degradante

in cui versavano e versano i ristretti di Canton Mombello e l’invito assillante e continuo alla

pubblica opinione perché si riscatti dal pregiudizio sul significato della pena che non è e mai può

essere vendetta ma strumento di riparazione del male compiuto e via per un nuovo patto sociale

con la comunità.

Certo, in un attività cosi difficile, anch’io come il personale delle carceri e i volontari ho registrato

sconfitte dolorose fra le quali mi limito a ricordare il suicidio di un detenuto straniero nel febbraio

dell’anno scorso, cosi come non posso dimenticare che, nonostante gli sforzi compiuti, accanto alla

speranza di un ulteriore miglioramento della situazione sanitaria dopo la presa in carico del servizio

da parte degli Spedali Civili, resta irrisolto e gravemente lacunoso il problema del lavoro per i

detenuti, in quanto solo un’esigua minoranza di essi può svolgere una qualche mal remunerata

occupazione nei lavori cosi detti “domestici”.

Dalla cronaca giornalistica dell’ultima seduta del Consiglio Comunale ho appreso che mi sarebbe

stato rimproverato dal Capo gruppo della Lega, pur nell’ambito del riconoscimento dell’attività

svolta, di essermi interessato solo “di piccoli problemi” : se queste, cui ho accennato, non sono

questioni importanti non riesco francamente a capire quale siano quelle che avrebbero meritato

maggiore attenzione da parte mia.

Certamente, per quanto mi riguarda e quanto era collegato ai miei compiti e responsabilità, non

quella del nuovo carcere a Brescia che, almeno al tempo in cui ho svolto incarichi istituzionali, era

competenza dell’Ente Locale, per la materia urbanistica, e del Governo, per quanto attiene i

finanziamenti.

A questo punto è doveroso da parte mia esprimere un grazie sincero all’Amministrazione

Comunale della città per avermi concesso il privilegio di un servizio alle ragioni dell’uomo nelle

condizioni difficili della privazione della libertà, servizio in cui ho cercato di trasfondere tutta la

passione di cui sono capace.

Termino ringraziando le varie Direzioni che si sono succedute nelle carceri bresciane e il personale

che opera al loro interno: con tutti, dopo un periodo iniziale in cui, probabilmente anche per

l’assoluta novità di un incarico estraneo a quello dell’amministrazione penitenziaria, ero stato

accolto con “cortese diffidenza”, si è poi instaurata una cordiale ed effettiva collaborazione.

Un grazie anche ai Magistrati di sorveglianza quando, nell’esercizio della loro delicata funzione,

hanno saputo effettuare scelte coraggiose in tema di concessione delle misure alternative al carcere

pur consapevoli di correre il rischio di critiche talvolta malevoli da parte di uno spaccato

dell’opinione pubblica vittima di pregiudizi indotti da strumentali campagne sulla sicurezza di

cittadini all’interno delle proprie comunità.

Un ringraziamento caloroso a tutti i volontari che nel silenzio si dedicano continuamente alla

funzione preziosa e insostituibile di tener saldo il collegamento tra il carcere e la società.

Un ringraziamento affettuoso all’unica mia collaboratrice d’ufficio che, in seguito alla drammatica

vicenda in cui, assieme ad altre cinque colleghe maestre, era stata coinvolta in un indagine per un

reato infamante e che , dopo aver subito, come un'altra collega, due anni di privazione della libertà,

uno in carcere e l’altro agli arresti domiciliari, ha dovuto, per concludere la sua esperienza

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lavorativa, reinventarsi un ruolo nuovo di segretaria d’ufficio. Lo ha fatto con ammirevole

applicazione mentre percorreva man mano le stazioni del suo calvario e mi è stata preziosa aiutante

nel farmi comprendere, avendola sperimentata sulla sua pelle, tutti gli aspetti più reconditi della

vita in carcere e tutte le criticità che la contraddistinguono.

Forse era scritto che il mio incarico si svolgesse accanto a chi aveva sperimentato da vittima

innocente l’improvvisazione di un’indagine giudiziaria anche perché io capissi con maggior senso

di responsabilità quanto vi era di particolarmente delicato nei miei rapporti verso le persone

ristrette, ognuna con la sua peculiare storia umana e giudiziaria per nulla assimilabile a quella di

altri.

Sono convinto che questa brutta vicenda dovrebbe comunque insegnare qualcosa alla nostra

comunità cittadina che la visse come una sorta di processo da storia della “colonna infame” di

manzoniana memoria fuori dalle aule dei tribunali.

Vi furono requisitorie superficiali ed arroganti anche, fra gli altri, da parte di personaggi politici

che ricoprivano allora e ricoprono incarichi elettivi all’interno dell’attuale Consiglio Comunale.

Da essi sarebbe stato doveroso attendersi, dopo le inequivocabili sentenze assolutorie, e sarebbero

da attendersi tuttora, pubbliche richieste di perdono per gli errori di valutazione e

d’improvvisazione compiuti con sbrigative pubbliche anticipate condanne e non, com’è avvenuto,

essere costretti a registrare imbarazzanti rumorosi silenzi..

Così come penso che il Sindaco sia ancora a tempo a scusarsi pubblicamente per conto di tutti, a

nome della Città, verso le vittime per quell’assurda e barbara aggressione alla loro dignità.

Questo, anche questo, vuol dire, per un’Istituzione che tutti rappresenta, concreta garanzia e

salvaguardia dei diritti dei propri cittadini, diritti fra i quali quello alla dignità personale è a mio

avviso il bene più prezioso.

Dignità che, nonostante il dettato costituzionale, non è garantita nella stragrande maggioranza degli

istituti di pena del nostro Paese.

Cordialmente

Mario Fappani

Allegato: lettera ai Presidenti delle Associazioni ACT e Volca