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Capitolo 1 L’azienda sanitaria e la domanda di servizi sanitari Il primo capitolo propone una revisione della letteratura che tratta il tema del governo della domanda andando a delineare gli strumenti manageriali e organizzativi a disposizione delle aziende sanitarie. Poiché la comprensione delle caratteristiche del mercato sanitario, in termini di domanda e offerta, è indispensabile al fine di comprendere come si esprime la domanda a partire dalla percezione del bisogno del singolo individuo, il capitolo fornisce un approfondimento di questo tema, mutuando una modalità di osservazione della realtà tipica dell’economia sanitaria. Gli argomenti analizzati riguardano le determinanti della domanda e il processo di trasformazione dalla percezione del bisogno al consumo di prestazioni sanitarie, con una particolare enfasi sul ruolo del MMG e sul rapporto con il paziente. 1.1 L’evoluzione del governo della domanda Il governo della domanda è un approccio innovativo per gestire l’aumento della richiesta di servizi sanitari, affinché questo trovi una risposta in grado di soddisfare i bisogni di salute degli individui, e in generale della popolazione, nel miglior modo possibile con le risorse disponibili. Questo approccio parte da una consapevolezza di tipo economico, per ricercare risposte e percorsi di tipo clinico, incentrati sulla comprensione dei bisogni sanitari e sull’attivazione di risposte clinicamente ed economicamente appropriate. Il governo della domanda consiste nell’identificare dove, come, perché e da chi origina la domanda di prestazioni sanitarie, e nel decidere come questa deve essere trattata, ridotta, modificata o accresciuta, in modo che si possa sviluppare un sistema sanitario efficiente, appropriato ed equo (Pencheon, 1998). La definizione di Pencheon sintetizza il senso del governo della domanda sia nella dimensione individuale di risposta adeguata e appropriata a un bisogno di salute espresso da ciascun singolo individuo, sia nella dimensione collettiva di sistema sanitario, che nel suo complesso ricerca modalità sempre più efficienti, appropriate ed eque per soddisfare i bisogni sanitari. La strategia, diversamente dagli approcci tradizionali focalizzati sul razionamento attraverso forme di contenimento/riduzione della domanda, si basa sulla valutazione finalizzata

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Capitolo 1

L’azienda sanitaria e la domanda di servizi sanitari

Il primo capitolo propone una revisione della letteratura che tratta il tema del governo della domanda andando a delineare gli strumenti manageriali e organizzativi a disposizione delle aziende sanitarie. Poiché la comprensione delle caratteristiche del mercato sanitario, in termini di domanda e offerta, è indispensabile al fine di comprendere come si esprime la domanda a partire dalla percezione del bisogno del singolo individuo, il capitolo fornisce un approfondimento di questo tema, mutuando una modalità di osservazione della realtà tipica dell’economia sanitaria. Gli argomenti analizzati riguardano le determinanti della domanda e il processo di trasformazione dalla percezione del bisogno al consumo di prestazioni sanitarie, con una particolare enfasi sul ruolo del MMG e sul rapporto con il paziente.

1.1 L’evoluzione del governo della domanda

Il governo della domanda è un approccio innovativo per gestire l’aumento della richiesta di servizi sanitari, affinché questo trovi una risposta in grado di soddisfare i bisogni di salute degli individui, e in generale della popolazione, nel miglior modo possibile con le risorse disponibili. Questo approccio parte da una consapevolezza di tipo economico, per ricercare risposte e percorsi di tipo clinico, incentrati sulla comprensione dei bisogni sanitari e sull’attivazione di risposte clinicamente ed economicamente appropriate.

Il governo della domanda consiste nell’identificare dove, come, perché e da chi origina la domanda di prestazioni sanitarie, e nel decidere come questa deve essere trattata, ridotta, modificata o accresciuta, in modo che si possa sviluppare un sistema sanitario efficiente, appropriato ed equo (Pencheon, 1998).

La definizione di Pencheon sintetizza il senso del governo della domanda sia nella dimensione individuale di risposta adeguata e appropriata a un bisogno di salute espresso da ciascun singolo individuo, sia nella dimensione collettiva di sistema sanitario, che nel suo complesso ricerca modalità sempre più efficienti, appropriate ed eque per soddisfare i bisogni sanitari.

La strategia, diversamente dagli approcci tradizionali focalizzati sul razionamento attraverso forme di contenimento/riduzione della domanda, si basa sulla valutazione finalizzata

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a comprendere, caso per caso, l’opportunità di contenere, modificare o viceversa aumentare la domanda di prestazioni per soddisfare il bisogno di salute anche attraverso un radicale cambiamento della domanda stessa1. La finalità consiste nel ricercare il soddisfacimento dei bisogni in modo clinicamente appropriato2 ed economicamente efficiente.

Gli strumenti sono strettamente connessi alla comprensione delle dinamiche dei comportamenti dei pazienti e dei medici. In merito a quest’ultimo punto, Pencheon (1998) specifica come il modo migliore per governare la domanda sia di farlo prima che la domanda incontri i servizi, attraverso la promozione del self care e la funzione di gatekeeping dei Medici di medicina generale.

L’approccio di governo della domanda proposto nella letteratura anglosassone, a cui si è fatto riferimento nel presente lavoro di ricerca, è centrato sulla comprensione della domanda al fine di, letteralmente, «incanalarla» per tendere a un sistema sanitario che sia più efficace, appropriato ed equo. Esso si concentra sull’idea di ottimizzazione del sistema sanitario in modo da soddisfare i bisogni della collettività, sottolineando la rilevanza dei principi di equità e di appropriatezza nella razionalizzazione dei servizi sanitari.

Una definizione alternativa è fornita da un gruppo di autori americani. Costoro interpretano il governo della domanda come sostegno agli individui, così che essi abbiano un approccio razionale alla salute e possano prendere decisioni mediche basate su considerazioni che tengano conto sia dei costi che dei benefici (Vickery, Lynch, 1995). Questa definizione è focalizzata sull’individuo e sulla sua capacità di prendere decisioni che riguardano il proprio stato di salute. Diversamente dall’interpretazione anglosassone, l’attenzione è focalizzata non sul sistema nel complesso, ma sul paziente.

Gli autori italiani sembrano accogliere e condividere l’interpretazione anglosassone, assumendo che il presupposto per la sopravvivenza dei sistemi sanitari pubblici sia l’individuazione di ciò che il sistema può e deve fornire, nonché il grado di appropriatezza e priorità (Tedeschi, 2004).

Longo (2004a) attribuisce al governo della domanda l’obiettivo di massimizzare il beneficio collettivo perseguendo l’interesse della collettività e mitigando le aspettative individuali attraverso l’individuazione degli interessi prioritari da tutelare e, per ognuno di essi, il livello di intensità assistenziale ritenuto opportuno.

Muraro e Rebba (2004) forniscono una definizione operativa di governo della domanda facendo riferimento all’impiego di quegli strumenti che perseguono obiettivi di qualità, di efficacia e di appropriatezza delle cure utilizzando al meglio le risorse disponibili.

Tutti gli autori italiani sono concordi nell’attribuire al governo della domanda un ruolo direttamente collegato con la ricerca dell’efficacia e dell’appropriatezza clinica, in una visione che colloca il processo di soddisfacimento dei bisogni di cura di ciascun individuo in un sistema più ampio che li contiene tutti, avendo come riferimento il principio della sostenibilità economica.

1 Bisanti (2004) osserva come la definizione proposta faccia riferimento alla identificazione dei domini che risultano dalla relazione bisogno-offerta-domanda. Quindi, nel caso di un bisogno al quale non corrisponde una domanda, è opportuno generare la domanda; nel caso di una domanda non rientrante nell’area del bisogno, è necessario modifica-re o correggere la domanda per evitare l’accesso a servizi noti come inefficaci; infine, nel caso in cui un bisogno sia espresso nell’ambito dell’inappropriatezza, è indispensabile modificare la domanda per fare in modo che i servizi ero-gati siano quelli più appropriati e più efficaci. 2 Il concetto di appropriatezza può essere sintetizzato come l’uso di interventi sanitari di documentata efficacia, in pazienti che ne possono effettivamente beneficiare (Grilli, 2004).

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L’approccio del governo della domanda è complesso e può essere articolato nelle seguenti sotto funzioni:

- funzione di interpretazione dei bisogni dei cittadini e coerente trasformazione in do-

manda di servizi sanitari; - funzione di indirizzo degli utenti che esprimono una domanda, verso il livello appro-

priato di offerta; - funzione di orientamento delle strutture di offerta affinché siano coerenti con i biso-

gni mutevoli e in evoluzione della popolazione.

In merito all’ultimo punto, gli autori italiani affermano che il governo della domanda è un modo diverso di guardare al governo dell’offerta partendo dall’analisi dei bisogni e dei consumi, per indirizzare la produzione verso output ritenuti appropriati e socialmente prioritari (Longo, 2004a)3. Quindi, le prestazioni sanitarie devono rispettare il criterio dell’appropriatez-za in quanto devono rispondere a un bisogno reale, devono essere tecnicamente valide in quanto rispettose del rapporto costo-efficacia, e in fine devono essere scelte in base alle priorità sociali (Borgonovi, 2000).

Infine, Cislaghi (2004) individua tre livelli di governo della domanda: 1) il governo clinico, che riguarda il problema dell’appropriatezza; 2) il governo economico, che riguarda la razionalizzazione e il razionamento delle prestazioni; 3) il governo politico, che riguarda la rappresentanza e la partecipazione degli utenti. Secondo Cislaghi, il governo della domanda deve essere interpretato come approccio sistemico attuato attraverso interventi integrati che, agendo sui diversi livelli, influenzano la domanda esplicita e quindi i consumi sanitari, nel rispetto dei criteri di equità, efficacia ed efficienza. I diversi livelli individuati sono riconducibili schematicamente ai seguenti momenti:

- governo della salute, agendo sui bisogni della popolazione, attraverso un’azione di

prevenzione primaria e secondaria effettuata al fine di ridurre i bisogni (nei settori in cui è possibile) per contenere conseguentemente la domanda;

- governo indiretto della domanda, ovvero governo dell’offerta, incidendo sull’accessi-bilità e sulla disponibilità dei servizi;

- governo degli atteggiamenti e dei comportamenti dell’utenza, attraverso azioni di co-municazione e di educazione al fine di creare una cultura della salute;

- governo dell’appropriatezza e dei comportamenti degli operatori, attraverso azioni volte a potenziare il ruolo dei MMG.

1.1.1 L’aumento della domanda di servizi sanitari L’aumento della domanda di servizi sanitari riguarda in modo trasversale tutti i paesi industrializzati. L’obiettivo del presente paragrafo non è quello di comprendere in modo

3 Secondo Vendramini (2004), l’introduzione di un approccio orientato a governare la domanda è indispensabile per rafforzare gli strumenti di governo dell’offerta, ovvero per arricchire il ventaglio delle leve per portare in equilibrio il sistema. Anche Tedeschi (2004) fa riferimento al fatto che il governo della domanda non può prescindere da quello dell’offerta, come sfida per rendere compatibili le dinamiche bisogni-domanda-consumi con risorse-offerta-prestazioni sia dal punto di vista clinico-sanitario che economico-finanziario.

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approfondito il fenomeno, per il quale si rimanda a letteratura specifica sull’argomento, bensì di fornire un quadro concettuale di riferimento delle dinamiche in atto. La letteratura interpreta questo fenomeno come conseguenza di molti fattori, tra essi collegati, riconducibili a: 1) scenario demografico; 2) progresso scientifico e tecnologico; 3) allargamento della nozione di salute; 4) presenza del terzo pagante.

La variabile demografica è la più problematica e incerta, in quanto l’invecchiamento4 della popolazione determina l’aumento della domanda di prestazioni sanitarie e il conseguente aumento della spesa nel settore5. Il livello dell’incremento espresso in termini di incidenza percentuale sul PIL è via via più elevato6 e, quindi, ritenuto non sopportabile o non senza conseguenze indesiderate sull’equilibrio economico del paese (Piperno, 2002). Questa variabile ha un effetto sull’andamento della spesa dipendente dall’aumento dello stato di disabilità7 e dell’approssimarsi della morte a prescindere dall’età8 (Ibid.). Il più alto ricorso alle prestazioni fra gli anziani è determinato soprattutto dai più alti tassi specifici di mortalità delle classi anziane, più che in generale dalla maggiore propensione al consumo. Inoltre, l’aumento della domanda di servizi conseguente ai cambiamenti demografici è legato all’affermarsi di nuovi bisogni, in sostituzione alla forma di assistenza tradizionalmente assicurata dalla comunità di appartenenza e al cambiamento del quadro epidemiologico. Quest’ultimo è infatti sempre più caratterizzato dalla prevalenza delle patologie croniche. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), ogni anno muoiono nel mondo 35 milioni di persone a causa di malattie croniche, su un totale di 58 milioni di decessi. Le patologie croniche rappresentano la prima causa di morte, come conseguenza di un processo degenerativo. L’affermarsi di questo

4 Recenti studi demografici evidenziano come, a livello mondiale, si sia verificato un innalzamento delle aspettative di vita, determinando nel 2050 il raddoppiamento del peso della popolazione anziana (dal 10 al 21% dell’intera popola-zione mondiale), con un conseguente innalzamento del tasso di invecchiamento. 5 Dirindin (1996) osserva come la curva della spesa sanitaria per età mostri un andamento a «J», con un massimo as-soluto nelle età avanzate, un massimo relativo nelle età pediatriche e un picco per il sesso femminile nel periodo della maternità. Le stime effettuate dall’OCDE su 12 paesi rilevano una spesa per gli anziani pari mediamente a 4,3 volte quella del resto della popolazione. Il fattore di moltiplicazione sale a 6 considerando solo la popolazione ultrasettanta-cinquenne. 6 Piperno (2002), nell’analisi sul rapporto tra sviluppo socio-demografico, spesa e policy, è giunto alle seguenti con-clusioni: assunto come reale l’impatto dell’invecchiamento sulla spesa sanitaria, il livello dell’impatto è incerto e di-pendente da numerose variabili qualsiasi sia lo scenario; la dinamica e il livello di incremento della spesa sanitaria attribuibili agli anziani sono superiori a quelli riferibili alla popolazione nel suo complesso, e l’incidenza della spesa sul PIL dipende dall’andamento futuro del PIL e varia da scenari in cui l’incidenza è al di sotto del 6%, a scenari in cui l’incidenza raggiunge, nel 2050, livelli ben molto più alti di oggi. 7 Sebbene le condizioni di salute della popolazione anziana siano in costante miglioramento grazie ai sistemi informa-tivi di prevenzione, a stili di vita più attenti alla salute e ai progressi medico-scientifici, la perdita di autonomia fun-zionale, tra le persone con un’età superiore ai sessantacinque anni, riguarda quasi un anziano su cinque. Il tasso di disabilità è pari al 193,3 ‰, e tra gli ultraottantenni raggiunge il 476,7 ‰. Il notevole aumento della durata media del-la vita ha determinato l’incremento della quota di popolazione anziana colpita dai normali processi degenerativi con-nessi all’invecchiamento. Inoltre, patologie che in passato erano irrimediabilmente fatali (soprattutto ictus, tumori e infarti) oggi sono più frequentemente curabili, anche se le persone colpite talvolta riescono a riconquistare solo una parziale autonomia. 8 Alcuni autori mettono in evidenza come la fase terminale della vita è costosa a prescindere dall’età. Dirindin (1996) riporta il risultato di alcuni studi condotti sul sistema medicare, i quali hanno stimato che circa il 50% delle risorse del programma pubblico è destinato a individui con speranza di vita inferiore a un anno.

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quadro epidemiologico determina bisogni sanitari nuovi che richiedono una modalità di cura diversa da quella tradizionale, concentrata sul trattamento delle acuzie, attraverso un forte investimento in programmi di prevenzione, in particolare sui corretti stili di vita.

L’aumento della domanda di prestazioni sanitarie come conseguenza del progresso scienti-fico in campo medico è strettamente dipendente dall’estensione della possibilità di intervento della medicina, che favorisce la sopravvivenza dei pazienti e amplia l’utilizzo di prestazioni complesse e costose. Il progresso scientifico in medicina permette di riconoscere e trattare patologie un tempo non diagnosticabili o non curabili, con un conseguente aumento del-la domanda di prestazioni sanitarie e della spesa complessiva. In futuro, il contenimento della spesa passerà attraverso il controllo dei fattori tecnologici e della convinzione che quando un trattamento sanitario è disponibile, debba essere erogato a tutti coloro che lo possono ricevere, indipendentemente dai costi e dalla dimensione dei possibili benefici (Vineis, Dirindin, 2004).

L’OMS fa coincidere la definizione di salute con lo stato di benessere9. Pencheon (1998) definisce l’aumento della domanda come conseguenza all’allargamento della nozione di salute un fattore culturale e comportamentale legato all’atteggiamento di consumatori appartenenti alla classe media, per i quali il concetto di diritto va oltre a quello di responsabilità. Sterpi (2003) sottolinea che il concetto di salute si trasforma con l’evolversi della società determinando la crescita dei bisogni percepiti ed espressi, tali da far ipotizzare per il futuro una crescente domanda di prestazioni sanitarie sia in-dividuali che collettive più che proporzionali rispetto al reddito e all’allocazione delle risorse per la sanità. Borgonovi (2000) osserva come tali fenomeni determinano un cre-scente divario tra bisogni-domanda di tutela della salute da un lato, e risorse economi-che-offerta di servizi dall’altro, così da generare forti pressioni verso l’aumento della spesa sanitaria e crescenti e strutturali difficoltà nel suo finanziamento.

La presenza del terzo pagante agisce da moltiplicatore rispetto agli altri (Maciocco, 1995). Infatti, l’esistenza di un soggetto intermediario, che si inserisce tra l’erogatore delle prestazioni e l’utente10, determina delle distorsioni sia sul lato della domanda, sia su quello dell’offerta. Sul versante della domanda, l’accesso libero alle prestazioni può indurre ad un sovrautilizzo del sistema. Sul versante dell’offerta, il medico, sulla base del sistema di remunerazione delle prestazioni erogate, potrebbe avere un interesse per-sonale ad aumentare le prestazioni erogate agli utenti.

Secondo Domenighetti (2006) l’aumento della domanda nell’ambito del settore sanitario, oltre che dai fattori fin qui analizzati, è determinato dall’attività di marketing dell’industria fi-nalizzata ad accrescere il livello di aspettativa della popolazione. L’autore afferma che il potere dell’industria farmaceutica nell’influenzare i consumi delle prestazioni sanitarie è molto forte e

9 Health is defined in the WHO constitution of 1948 as: «a state of complete physical, social and mental well-being, and not merely the absence of disease or infirmity. Within the context of health promotion, health has been consid-ered less as an abstract state and more as a means to an end which can be expressed in functional terms as a re-source which permits people to lead an individually, socially and economically productive life. Health is a resource for everyday life, not the object of living. It is a positive concept emphasizing social and personal resources as well as physical capabilities» (WHO, 1998). 10 Nei sistemi sanitari di tipo Beveridge come il SSN, lo Stato attraverso il sistema fiscale funziona da terzo pagante, in quanto non vi è correlazione tra l’ammontare di risorse pagate, commisurate al reddito, e i servizi sanitari ricevuti.

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radicato, e agisce in vario modo11 intervenendo sul livello di percezione del bisogno. Richard Lloyd, direttore generale di Consumers International, ha stimato che l’industria farmaceutica spende per il marketing il doppio di quello che spende in ricerca e sviluppo (Day, 2006)12. Questa scelta sembra essere coerente con i risultati di alcune ricerche che evidenziano un certo livello di influenzabilità dei medici nel comportamento prescrittivo in seguito a campagne promozionali13.

Anche la più autorevole delle riviste scientifiche inglesi, il British Medical Journal, ha de-dicato una monografia al tema dell’influenza delle industrie farmaceutiche sul settore sanitario attraverso varie strategie di marketing14. Nell’editoriale, a firma di Kamran Abbasi e Richard Smith, la scelta è sostenuta argomentando che una maggiore distanza tra medici e industrie farmaceutiche potrebbe portare benefici a tutto il sistema, ai medici, alle industrie e soprattutto ai pazienti. Del resto ci sono sempre maggiori evidenze del fatto che l’industria farmaceutica non solo influenza il comportamento prescrittivo dei medici15, ma anche la pubblicazione di articoli sulle riviste e i risultati delle ricerche scientifiche. Infatti, una revisione delle ricerche condotte nel Nord America dimostra che gli studi sponsorizzati dalle industrie farmaceutiche giungono a risultati a favore di chi ha sponsorizzato la ricerca16. Gli autori concludono l’editoriale sostenendo la necessità di una riforma del settore capace di rendere l’informazione e l’educazione il più possibile indipendenti da condizionamenti dell’industria farmaceutica17.

Un altro fenomeno che incide notevolmente sull’aumento della domanda di presta-zioni sanitarie è quello che la letteratura definisce disease mongering, medicalizzazione della vita. Tale fenomeno riguarda l’allargamento dei confini del trattamento delle ma-lattie come risultato di una strategia che tramuta disturbi ordinari in problemi clinici che necessitano un trattamento medico, trasformando una persona sana in un soggetto mala-

11 Nello specifico l’autore fa riferimento a vari strumenti, quali: incentivi ai medici per indurre la prescrizione di parti-colari farmaci, sponsorizzazione corsi con crediti ECM, promozione e finanziamento di attività di ricerca, in cui gli obiettivi sono decisi dallo sponsor, riviste scientifiche, utilizzo di media, finanziamento di eventi, attività di sponsoriz-zazione nell’ambito degli organi di controllo, influenza della politica attraverso l’attività di lobbing. 12 Per un approfondimento di questo tema si rimanda a www.consumersinternational.org, in cui è possibile scaricare il rapporto Branding the cure: a consumer perspective on Corporate social responsibility, drug promotion and the Pharmaceutical industry. 13 Per un approfondimento su questo tema si rimanda a letteratura disponibile sull’argomento, in dettaglio: Lexchin (1993), Carney et al. (2001), Bowman, Pearle (1988). In particolare una ricerca empirica (Orlowski, Wateska, 1992, ha rilevato come i medici, in seguito a un viaggio per partecipare a un congresso internazionale, hanno aumentato in modo rilevante le prescrizioni dei farmaci prodotti dall’industria farmaceutica che ha sponsorizzato il viaggio. L’altro aspetto interessante evidenziato da questa ricerca è che tutti i medici hanno negato di essersi fatti condizionare dall’offerta del viaggio. 14 La monografia a cui ci si riferisce è il numero 326 del 31 maggio 2003. Anche in Italia il dibattito su questo tema è piuttosto acceso. Si veda il sito www.nograziepagoio.it. 15 «A British research group finds that doctors who have frequent contact with drug representatives are more willing to prescribe new drugs, do not like ending consultations with advice only, and are more likely to agree to prescribe a drug that is not clinically indicated» (Abassi, Smith, 2003). 16 «Two new studies support these concerns. A systematic review by North American researchers finds that studies sponsored by pharmaceutical companies are four times as likely to have outcomes favouring the sponsor than are studies funded by other sources» (Ibid.). 17 «The pharmaceutical industry is immensely powerful. It is one of the most profitable of industries, truly global, and closely connected to politicians, particularly in the United States. Compared with it, medicine is a disorganised mess. Doctors have become dependent on the industry in a way that undermines their independence and ability to do their best by patients. Medical reform groups in the United States are calling for this greater distance in relationships with industry and for independent education and sources of information» (Ibid.).

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to (Moynihan et al., 2002). Domenighetti (2006) riconduce tale fenomeno a dinamiche, quali:

- abbassamento delle soglie di normalità per i fattori di rischio; - trasformazione di una normale variabile umana in condizione patologica; - ridefinizione di condizioni sanitarie; - promozione diagnostica precoce. A tale proposito, interessante, oltre che provocatoria, è la seguente affermazione di Galovart (1994) «paradossalmente i servizi sanitari spendono miliardi per lottare contro la malattia men-tre oggi giorno essi stanno piuttosto creando milioni di ammalati supplementari facendo scom-parire le persone in buona salute».

1.2 Le determinanti della domanda in sanità

Nel fornire una definizione di governo della domanda, si è fatto riferimento alla necessità di comprendere dove, come e da chi origina la domanda di prestazioni sanitarie, come presuppo-sto per decidere in che modo questa debba essere gestita. Questa affermazione, per essere compresa nel significato più profondo, necessita di alcune specificazioni finalizzate alla com-prensione delle modalità in cui la domanda di prestazioni sanitarie si esplicita.

L’Economia sanitaria è la disciplina economica che si occupa di studiare il modo in cui i singoli individui e le società effettuano le scelte sulla quantità di risorse da destinare al settore sanitario, l’allocazione di tali risorse fra impieghi alternativi e la distribuzione dei prodotti ottenuti fra gli individui appartenenti a una società (Dirindin, Vineis, 1999). Tale disciplina può essere articolata distinguendo i seguenti campi di interesse:

- bisogno e domanda di salute; - produzione e offerta di prestazioni sanitarie; - valutazione economica dei servizi sanitari; - programmazione e controllo dei servizi (a livello di sistema).

Ai fini del presente lavoro di ricerca, si fa riferimento all’area dell’Economia sanitaria che si occupa di approfondire lo studio della percezione del bisogno e della domanda di salute affrontando problemi che, partendo dalla nozione di salute, tentano di indagarne le determinanti, esplorano le differenze fra bisogno e domanda di prestazioni sanitarie e indagano i modelli di consumo degli utenti.

Di seguito vengono approfonditi i temi relativi alle caratteristiche della domanda in sanità e alle modalità in cui essa, a partire dalla percezione del bisogno, viene esplicitata e trasformata in consumi sanitari. Una particolare attenzione è riservata al trattamento del rapporto tra l’assistito e il medico, dato il ruolo cruciale che questa relazione assume. Infatti, l’esplicitazione della domanda a partire dalla percezione del bisogno dell’assistito avviene at-traverso il contatto tra l’assistito e il medico, il quale dovrebbe comportarsi come un agente del paziente mettendo a disposizione tutta la sua competenza professionale per tradurre lo stato di

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bisogno in una diagnosi e per formulare una domanda di prestazioni (Levaggi, 2004), in quanto tra il paziente e il medico esiste un’asimmetria informativa.

1.2.1 Dalla percezione del bisogno al consumo di prestazioni sanitarie

Riprendendo la definizione dell’OMS, la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplicemente l’assenza di malattia e infermità. Secondo una ricerca del CENSIS (1998a), un italiano su tre percepisce la salute in termini funzionali, «sentirsi in forma, efficienti e in grado di svolgere le normali attività». La percezione del proprio stato di salute è infatti soggettiva e dipende da molteplici fattori (Pierantoni, 1998): - dall’origine discrezionale o meno delle cause che alimentano i rischi: sottostimati

quelli derivati da comportamenti volontari (per esempio il fumo), sovrastimati quelli che derivano da esternalità;

- dall’abitudine o meno verso comportamenti o tecnologie; - dall’aver già subito un evento dannoso, il che implica il timore di doverne subire an-

cora, per un processo emotivo o per predisposizione genetica; - dagli eventi catastrofici enfatizzati, che portano a una sopravvalutazione del danno ex

post; - dalle condizioni nelle quali un evento si realizza; - dalla contestualità, o dalla sua assenza, tra fonte di rischio per la salute e il manife-

starsi del danno: un danno alla salute immediato è percepito con maggiore facilità ri-spetto a quello che si realizza dopo un periodo di latenza.

Un altro elemento che influenza la percezione del proprio stato di salute è il livello di fiducia verso il decisore istituzionale e verso chi fornisce le informazioni. L’informazione è un elemento molto importante nella formazione delle preferenze e quindi nella domanda.

La percezione del bisogno di salute si manifesta quando un individuo percepisce che il suo stato di salute non corrisponde al livello atteso18. Per poter affermare che si tratta di un bisogno, sono necessari i seguenti requisiti (Dirindin, Vineis, 2004):

1) uno stato di insoddisfazione (reale, previsto o futuro) percepito da un individuo; 2) la conoscenza di un qualche mezzo in grado di rispondere a questo stato di insoddisfa-

zione; 3) il desiderio di poter disporre del mezzo per soddisfare il bisogno, il quale implica una

disponibilità a pagare.

In letteratura esistono vari modelli per descrivere il processo di trasformazione del bisogno di salute in domanda e in successivo consumo di prestazioni sanitarie. Si prende come riferimento il modello elaborato da Mapelli (1994), per completezza di analisi e per sintesi (fig.1.1).

18 Un bisogno è anche quello che esiste semplicemente come percezione che l’individuo ha della propria condizione fisica e mentale, e, allo stesso modo, un bisogno può essere sottovalutato, per esempio per paura (Pierantoni, 1998). Il concetto di bisogno di salute viene associato a stato di salute, carico di malattia, capacità di trarre un beneficio da un intervento di assistenza sanitaria o da modificazioni dei determinanti dello stato di salute (Wright, Williams, Wilkinson, 1998).

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Fig. 1.1 Il processo di trasformazione dei bisogni di salute in domanda di servizi sanitari

Fonte: Mapelli (1994) Il bisogno di salute può essere osservato in diversi stadi: bisogno asintomatico, avvertito, diagnosticato. Lo stato di bisogno asintomatico, che corrisponde a un bisogno di salute non noto (fase 1), necessita di un processo di diagnosi precoce per essere percepito dal paziente e tramutarsi in bisogno avvertito (fase 2). L’obiettivo, per esempio, degli screening è di individuare i bisogni sanitari in fase precoce, prima cioè della manifestazione dei relativi sintomi. Nella seconda fase del processo, quella cioè definita come bisogno avvertito, il paziente percepisce uno stato di bisogno che può essere definito soggettivo, in quanto personalmente percepito, e che scaturisce sempre da un confronto tra lo stato di salute percepito e quello atteso (Berki, 1972). Non esistono numerosi studi empirici che spieghino i meccanismi di percezione del proprio stato di salute. Alcuni mettono in evidenza il fatto che la percezione del proprio stato di salute è influenzata da fattori, quali: reddito, livello di istruzione, luogo di vita, particolari situazioni di disagio, sesso (Brenna, 2001). Altri studi rilevano come l’aumento del reddito influenza un insieme di variabili quali istruzione e spesa sanitaria che, a loro volta, autonomamente interferiscono sui livelli di salute. Una maggiore educazione rende gli individui più attenti ai fattori di rischio, più rapidi nel riconoscimento dei sintomi della malattia. I soggetti più istruiti hanno maggiore possibilità di stare bene e, date le loro buone condizioni di salute, hanno più possibilità di migliorare la loro condizione economica (Dirindin, Vineis, 2004).

L’individuo che percepisce di trovarsi in uno stato di bisogno dal punto di vista sanitario (fase 2), ha tre possibilità: non fare nulla nell’attesa che il sintomo scompaia, ricorrere al self care19, cioè provvedere autonomamente alla cura del disturbo, oppure rivolgersi al medico20.

19 Il concetto di self care in questo contesto fa riferimento a un insieme di comportamenti diversi quali il riposo, il controllo dell’alimentazione e l’automedicazione. Alcune ricerche empiriche, condotte a livello nazionale, rivelano come il ricorso all’autocura è molto frequente negli italiani. Il risultato della ricerca CENSIS (1998b) rivela come il 41,9% degli intervistati, cui si deve aggiungere un ulteriore 22,1% di soggetti che si autoprescrive i farmaci, opta per questo tipo di comportamento; questo dato trova per altro conferma in quanto rilevato da Mapelli (1994).

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Solo nel caso in cui il paziente si rivolge al medico, il bisogno avvertito si tramuta in bisogno diagnosticato, e quindi in domanda espressa (fase 3). Tipicamente in questa fase la domanda è rivolta al MMG21, il quale ha diverse alternative22:

- tranquillizzare il paziente e rinviarlo a casa, per esempio, fornendo indicazioni sul corretto

stile di vita; - prescrivergli una terapia farmacologica; - inviarlo ad altri servizi specialistici per accertamenti diagnostici; - inviarlo in ospedale per un ricovero, generando una domanda di servizi di secondo

livello23. In questa ultima fase (fase 4) il bisogno di salute si trasforma in domanda di prestazioni sanitarie e, conseguentemente al comportamento del paziente, in consumi sanitari. La teoria che attribuisce al MMG la funzione di gatekeeper rinvia al ruolo che costui assume in questa fase del processo di trasformazione della domanda di servizi sanitari. La teoria del medico gatekeeper fa infatti riferimento al ruolo di filtro rispetto all’accesso ai livelli di cura secondari (visite, esami di specialistica, ricovero ospedaliero etc.)24.

Nei vari passaggi si possono osservare fenomeni quali domanda insoddifatta, se la diagnosi o la terapia del medico non sono adeguate al bisogno, o il consumo improprio, se si fa un uso non congruente dei servizi sanitari. Nell’ultima fase del processo di trasformazione in consumo di prestazioni sanitarie, entra in gioco anche il comportamento del paziente, in seguito alla valutazione del medico. Il paziente può accettare il giudizio del medico, riconoscerne la competenza tecnica e modificare le proprie aspettative di salute, oppure può rifiutare la risposta non ritenendola soddisfacente e ricominciare il percorso di ricerca di aiuto da parte di un altro esperto (Dirindin, 2004).

Il processo di trasformazione della domanda di servizi sanitari può essere sintetizzato in quattro punti:

- percezione del bisogno di salute; - reazione del soggetto interessato; - valutazione del medico ovvero dell’operatore sanitario in grado di offrire l’informa-

zione a colui che ha percepito un bisogno;

20 La ricerca empirica condotta da Mapelli (1994) mette in evidenza come di fronte all’ultimo disturbo percepito, nel campione esaminato il 27,7% dei soggetti non ha messo in atto alcun comportamento e solo il 5,7% si è preoccupato di modificare lo stile di vita (riposo, dieta etc.). Un altro 29,6% ha trovato rimedio nell'uso di farmaci che sapeva effi-caci e il 3,1% nel ricorso a rimedi tradizionali. Solo l’11,7% si è recato direttamente dal medico o al pronto soccorso, mentre il 2,2% è ricorso al medico solo dopo aver sperimentato rimedi tradizionali (2%), modifiche delle proprie abi-tudini (3,1%) o impiego di farmaci (17,1%). 21 Sempre Mapelli (1994) rivela che coloro che decidono di varcare la soglia ed entrare in contatto con il sistema sani-tario sono il 33,9% di coloro che hanno avvertito un bisogno di salute. 22 Dirindin (2004) afferma che il medico nella sua reazione è influenzato da numerosi fattori, quali: le sue conoscenze professionali, l’ansia che ha di apparire in grado di aiutare il proprio paziente, l’ansia di rispondere alle richieste dell’assistito, la remunerazione economica. 23 Secondo Mapelli (1994), di coloro i quali si rivolgono al medico il 20,4% trova risposta ai propri bisogni di salute dopo aver consultato da ultimo il MMG, l’11,8% dopo lo specialista, lo 0,7% dopo essere stato al pronto soccorso e l’1% all’ospedale. 24 Il medico è nella posizione di poter creare nuovi bisogni o amplificare la domanda espressa, anziché fungere da filtro ai bisogni dei pazienti; egli può essere portato a dilatare la domanda sanitaria (Mapelli, 1994).

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- comportamento che il paziente adotta dopo aver ricevuto le informazioni dal medico.

1.2.2 Dalla percezione del bisogno al consumo di prestazioni sanitarie I modelli elaborati dalla letteratura e le ricerche empiriche, che spiegano il comportamento dei soggetti nel ricorso ai servizi sanitari, riconoscono l’esistenza di variabili che influiscono sulla domanda di servizi sanitari e che possono essere raggruppate in: - variabili di bisogno, - variabili individuali (domanda), - variabili di sistema sanitario (offerta).

L’utilizzo dei servizi sanitari è legato da una relazione di tipo causale al bisogno di salute, per rappresentare la quale è utile far riferimento ad alcuni indicatori di malattia fisica, mentale, sociale, nonché all’autopercezione del soggetto etc.

Le variabili individuali incidono sulla decisione che riguarda «il come» e il «in che modo» entrare in contatto con il sistema sanitario; possono essere raggruppate in variabili predisponenti e variabili abilitanti. Le variabili predisponenti costituiscono quell’insieme di variabili che, a parità di percezione del bisogno di salute da parte degli individui, incidono in qualche misura sul comportamento dell’individuo. Esse si riferiscono ad aspetti demografici (età, sesso, stato civile); sociostrutturali (famiglia, istruzione, occupazione, residenza, razza); attitudinali (valori, conoscenze, esperienza). Le variabili abilitanti rappresentano, invece, le condizioni monetarie (reddito, copertura assicurativa) e non monetarie (tempo, accessibilità ai servizi), che permettono il soddisfacimento del bisogno di salute.

La ricerca empirica condotta da Mapelli (1994) rivela come, rispetto alla media del campione, i soggetti che mostrano una più elevata propensione all’uso (di almeno uno) dei servizi sanitari sono gli anziani (92,7% per gli ultrasettantacinquenni), i soggetti con licenza elementare (77,1%), gli inabili, i pensionati, gli altri non occupati, gli imprenditori (84,6%), i quadri intermedi, gli insegnanti, i residenti nelle ASL urbane e, in misura minore, gli impiegati, i dirigenti, i diplomati di scuola superiore e le donne. Al crescere dell’età aumenta − come era da attendersi − il numero di coloro che hanno fatto ricorso ad almeno un servizio sanitario e la frequenza delle richieste. Se i più giovani hanno richiesto con più frequenza (21,2%) 1 o 2 prestazioni, all’opposto ben il 64,3% degli anziani ha domandato 5 o più prestazioni nelle quattro settimane di riferimento. Le più elevate frequenze di ricorso ai servizi (3 o più volte) si riscontrano nelle classi oltre i 45 anni di età e, all’opposto, le minori frequenze (da 0 a 2 volte) nelle classi fino a 44 anni. L’esame della relazione tra consumi sanitari ed età rivela la caratteristica curva a J che si riscontra abitualmente in letteratura negli studi di questo tipo. Le classi più giovani presentano infatti un valore di 3,3 prestazioni per utente, valore che si riduce a 2,8 nella successiva classe di età 15-24 anni, per poi aumentare a 3,7 nella classe 24-44 anni e via via fino a 6,3 prestazioni per le classi più anziane. I dati, secondo la variabile istruzione, mostrano due modelli di comportamento abbastanza definiti: i soggetti con basso livello di istruzione presentano consumi sanitari superiori alla media per tutte le prestazioni, mentre i soggetti con più elevata istruzione evidenziano generalmente consumi inferiori, a eccezione delle visite specialistiche e dei farmaci. Rispetto al tipo di professione, chi svolge lavori manuali ha gli stessi modelli di consumo dei gruppi meno istruiti, mentre gli imprenditori, i dirigenti, i quadri intermedi ricalcano i modelli delle classi più istruite.

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26 Rispetto all’occupazione, gli inabili, i pensionati, gli altri non occupati registrano valori più elevati della media, mentre l’insieme degli occupati si colloca al di sotto della media del campione. Zocchetti e Tasco (2003), elaborando le informazioni dell’indagine multiscopo sulle «Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari» (ISTAT) per gli anni 1999 − 2000 hanno rilevato alcune correla-zioni sui determinanti che incidono sull’utilizzo dei servizi sanitari. Tra le variabili individuali singolarmente considerate, risulta evidente la correlazione positiva tra età e indice di ricorso ai servizi sanitari per qualunque tipo di prestazione. L’andamento per sesso evidenzia nel complesso similitudine tra maschi e femmine, ma anche prevalenza di consumo superiore tra le femmine relativamente ad alcune prestazioni (farmaceutiche, per esempio). Lo studio della correlazione sullo stato socio-economico evidenzia la rilevanza delle seguenti variabili: l’istruzione, con un chiaro aumento del ricorso ai servizi da parte delle classi meno istruite; lo stato socio-economico autopercepito: al peggiorare delle condizioni economiche aumenta il ricorso ai servizi sanitari; la condizione professionale: i disoccupati fanno un uso maggiore dei servizi rispetto agli occupati. Dirindin (2004) osserva che la maggior parte dei lavori empirici solleva preoccupazioni circa le dimensioni delle diseguaglianze a danno dei ceti più deboli, mentre altri studi mettono in luce una situazione di relativa equità nell’uso dei servizi sanitari. Un lavoro condotto da Cislaghi giunge alla conclusione che l’uso dei servizi è, nel complesso, quantitativamente uniforme fra ceti sociali, con una differenziazione in questi termini: i ceti più ricchi ricorrono maggiormente ai servizi specialistici e alla medicina preventiva, mentre i ceti poveri ricorrono alla medicina generica e a soluzioni palliative. La stessa analisi sulle condizioni socio-economiche condotta tenendo distinte le condizioni di salute mette in evidenza come tra i soggetti malati il ricorso alle prestazioni sanitarie è in genere indipendente dal reddito, mentre tra i soggetti sani a livelli di reddito più elevati corrispondono tassi di ospedalizzazione più alti. Zocchetti e Tasco (2003) giungono alle stesse conclusioni, affermando che al peggiorare dello stato di salute si associa effettivamente un rilevante aumento del ricorso ai servizi sanitari25, che risulta influenzato da fattori quali il sesso, l’età e l’adozione di stili di vita poco salubri, mentre risulta lieve l’effetto dello stato socio-economico.

Le variabili di sistema sanitario, altrimenti dette di offerta, spiegano come, a parità di fattori individuali (variabili individuali) e di condizioni di morbosità (variabili di bisogno), l’opportu-nità di accesso ai servizi sanitari è resa effettiva dalla disponibilità di servizi e dalla funzionali-tà. In questo gruppo di variabili rientrano: le risorse (volume, distribuzione territoriale, tecnolo-gia); l’organizzazione (struttura organizzativa, accessibilità); il comportamento dei medici (caratteristiche socio-demografiche, preparazione, esperienza, modalità di compenso); il rendimento (funzionalità, efficienza, efficacia, qualità).

L’influenza che le variabili di offerta esercitano sulla domanda è un fenomeno oggetto di molti studi. L’economia sanitaria definisce questa relazione come induzione della domanda da parte dell’offerta26, tema che verrà ripreso nel paragrafo successivo.

Le analisi rilevano come le variabili individuali e le variabili di sistema sanitario incidono maggiormente sulla domanda di servizi sanitari, rispetto alle variabili di bisogno. In pratica, la

25 Il ricorso ai servizi, è maggiore da parte di coloro che dichiarano di stare male o molto male; chi ha avuto una ma-lattia nel mese ricorre di più ai servizi sanitari (indice di stato di salute oggettivo); il ricorso ai servizi è decisamente più elevato per chi presenta una patologia di rilievo rispetto a quelli che non ce l’hanno: è il caso, per esempio, dell’asma bronchiale, del diabete, o dei tumori maligni; la differenza nel ricorso ai servizi tra chi presenta una patolo-gia di minore rilievo e chi non ce l’ha è assai minore: è il caso della cefalea e emicrania, oppure delle emorroidi (Zoc-chetti, Tasco, 2003). 26 Significativa a questo proposito è l’affermazione di Roemer «Built bed is a filled bed», ovvero letto disponibile si-gnifica letto occupato.

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domanda di servizi sanitari è condizionata da fattori socioeconomici e di disponibilità dei servizi.

Per completare la trattazione di questo tema è interessante riportare i risultati di alcuni studi sui meccanismi che influenzano la domanda per l’assistenza ospedaliera, farmaceutica e specialistica ambulatoriale. In particolare, si fa riferimento agli studi condotti da Salvini e Solipaca (1997, 1999).

La domanda di prestazioni di ricovero è fortemente influenzata dalla disponibilità dell’offerta in termini di posti letto. Si osserva infatti una relazione lineare tra il numero dei ricoveri che esprimono la domanda soddisfatta (distinta da quella non soddisfatta, rappresentata dalle liste di attesa) e la disponibilità dei posti letto. Interessante è la correlazione tra il tasso di occupazione femminile e il ricorso al ricovero ospedaliero; quest’ultimo, in alcuni casi, rappresenta un’alternativa alla mancanza di assistenza a livello familiare. La mobilità risente in modo rilevante del fattore qualità, a parità di livello di offerta. Nella scelta dell’ospedale presso il quale ricoverarsi è determinante la valutazione dello specialista e l’opinione che il paziente ha rispetto alla reputazione del reparto e del medico ospedaliero. La scelta dettata da considerazioni di carattere reputazionale prevale su qualunque altra valutazione, per esempio minori tempi di accesso (Fiorentini, Ugolini, Virgilio, 1999).

Il consumo di farmaci è fortemente correlato al prezzo, infatti l’introduzione del ticket rappresenta un fattore limitante. È stata osservata una forte correlazione con le condizioni di salute della popolazione (popolazione ultrasessantacinquenne) e con la componente di reddito, soprattutto per quanto riguarda i farmaci non rimborsabili dal SSN. Anche la struttura dell’offerta di servizi sanitari esprime una correlazione con il consumo di farmaci: l’intensità della distribuzione territoriale delle farmacie sembra indurre un maggiore consumo di farmaci, come del resto la distribuzione territoriale dei MMG e degli ambulatori di specialistica.

Per quanto riguarda le prestazioni di specialistica ambulatoriale, è rilevante la correlazione con il time trend a testimonianza di come il consumo di queste prestazioni tenda ad aumentare come conseguenza dell’introduzione di tecnologie avanzate nel campo della diagnostica e per il crescente ricorso dei cittadini a questo tipo di servizio a scopo preventivo. 1.2.3 Il rapporto tra l’assistito e il medico

Come evidenziato in precedenza, il paziente, per quanto riguarda le prestazioni sanitarie, non è in grado da solo di formulare una domanda (Levaggi, Capri, 2003). Egli si rivolge a un medico, il quale si inserisce nel processo decisionale del paziente, e si comporta come un agente, mettendogli a disposizione la propria competenza professionale per tradurre il suo stato di bisogno in domanda di prestazioni sanitarie. L’Economia sanitaria definisce «rapporto di agenzia» la relazione tra il medico e il paziente. L’agente è il professionista che, grazie alle proprie conoscenze, agisce nell’interesse del consumatore (principale) fornendogli tutte le informazioni necessarie per effettuare scelte di acquisto razionali. L’agente è il professionista che agisce non nel proprio interesse, ma suggerendo al principale quelle scelte che il principale stesso avrebbe esercitato qualora avesse avuto le sue stesse conoscenze27 (Brenna, 2001).

27 Secondo questa impostazione, il medico, in quanto agente dell’assistito, svolge la funzione di percezione del biso-gno e contribuisce a definire il bisogno espresso, come se questi giudizi fossero emessi direttamente dal paziente (Ba-riletti, 1982).

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La necessità dell’intervento del medico nel processo di determinazione della domanda di prestazioni sanitarie deriva dal fatto che il paziente non è in grado di avere informazioni precise e complete sul proprio stato di salute, sulla disponibilità di cure alternative e sull’efficacia delle stesse. In Economia sanitaria, l’ignoranza del paziente-utilizzatore dei servizi sanitari rispetto al medico-fornitore dei servizi sanitari, è definita «asimmetria informativa». Essa si riferisce non solo alle misure preventive, alle procedure diagnostiche e ai trattamenti terapeutici, ma anche alla definizione del bisogno di salute che deve essere soddisfatto.

Il modello di agenzia descritto si riferisce a una condizione ideale, che si basa sull’inutilità delle informazioni detenute dal paziente al fine di assumere una decisione, e parallelamente sulla «benevolenza» del medico che assume per il paziente le stesse decisioni che il paziente stesso assumerebbe se avesse lo stesso livello informativo del medico. In questo modello teorico, il medico è perfettamente informato in materia sanitaria e agisce nel migliore interesse del paziente, prescrivendo solo prestazioni appropriate.

Gli studi di Economia sanitaria mettono in evidenza che il rapporto di agenzia nella realtà non è perfetto in quanto il medico-agente è portatore di propri interessi, quindi la scelta migliore per il paziente potrebbe essere mediata dall’utilità del medico. Secondo Bariletti (1982), il medico dispone di una funzione di utilità che incide sul processo decisionale, e quindi sulla domanda di prestazioni sanitarie, e che riguarda: la percezione del medico dell’etica medica, l’incertezza nella diagnosi, la disponibilità di risorse sanitarie alternative, la motivazione di prestigio, l’interesse al consolidamento della professione e infine le motivazioni finanziarie ed economiche. Le conclusioni a cui giunge l’autore fanno riferimento a una ipotesi di sopravvalutazione da parte dei medici dei benefici dell’uso sanitario, che non sempre porta a un risultato efficiente per il paziente. Un approccio così inteso mette in dubbio il fatto che il rapporto di agenzia elimini il problema dell’incertezza e della mancanza di informazioni del paziente, generando un processo ottimale di scelta individuale.

Anche Barigozzi e Levaggi (2005) sottolineano che il medico ha un potere di mercato e un vantaggio informativo che rendono possibili comportamenti opportunistici, anche in conseguenza del fatto che sia il suo operato sia i servizi sanitari ricevuti sono difficilmente valutabili in termini di qualità ed efficacia da parte del paziente, anche dopo averli ricevuti.

Il rapporto tra il medico e il paziente assume un ulteriore rilievo poiché il medico, oltre ad agire come agente del paziente risulta talvolta esso stesso produttore di prestazioni sanitarie28. Molte analisi empiriche, a cui per altro si è fatto riferimento nel paragrafo precedente, evidenziano la rilevanza delle variabili di sistema sanitario (offerta) nell’influire sulla domanda. Per riferirsi a questo fenomeno si utilizza spesso la sigla SID, supply induced demand, che sta a indicare la capacità di cui i medici sarebbero dotati di influenzare il volume della domanda espressa dai pazienti (Brenna, 2001).

Alcuni autori stanno introducendo, nel dibattito in corso sul tema dell’induzione della domanda, nuovi spunti di riflessione che hanno a che fare con l’induzione della domanda sull’offerta. Secondo Domenighetti e Pipitone (2002), il teorema del rapporto di agenzia perfetto tra medico e paziente ha posto ostacoli concettuali all’approfondimento di queste problematiche (l’induzione di prestazioni da parte della domanda), poiché avrebbe potuto mettere in dubbio la «purezza» della teoria relativa al rapporto di agenzia. Gli autori riportano i risultati di un’indagine empirica condotta in Svizzera nell’anno 2002 che dimostra che i

28 Belleri (2004) fa notare come il medico svolge il ruolo di agente in due modi diversi e in due tempi distinti: dap-prima quando decodifica il bisogno sanitario dell’assistito e, successivamente, quando prende le decisioni operative destinate a soddisfare la domanda.

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pazienti, in una percentuale di circa il 34% dei casi, avanzano ai propri medici curanti richieste di prestazioni supplementari29 assecondate, nel 75% dei casi, dai medici. In questo caso i pazienti si rivolgono al medico non per interpretare un bisogno sanitario e farsi aiutare nel determinare la domanda di prestazioni sanitarie, in quanto quest’ultima è elaborata autonomamente dal paziente senza l’aiuto del medico. I pazienti rivolgono al medico precise richieste di accesso ai servizi sanitari di secondo livello. Anche in Italia esiste una ricerca empirica che rileva che le richieste di visite ed esami specialistici avviene sovente per iniziativa dell’utente, senza precedente indicazione o suggerimento da parte del MMG. La ricerca ha inoltre messo in evidenza un certo livello di disobbedienza degli utenti rispetto alle indicazioni del medico. La spiegazione fornita per giustificare questo tipo di atteggiamento è stata quella della scarsa fiducia riposta dagli assistiti nel proprio MMG (Piperno, Renieri, 1982).

Il fenomeno dell’induzione della domanda sull’offerta descritto da Domenighetti trova un riscontro nella ricerca del CENSIS (1998a) sulla domanda di salute negli anni Novanta: emerge infatti un nuovo profilo di paziente, il paziente che sfida, caratterizzato da un atteggiamento fortemente critico rispetto all’asimmetria del rapporto medico-paziente. Si tratta di un paziente che, attraverso una serie di comportamenti che vanno dalla sostituzione del medico non soddisfacente, alla contrattazione della terapia, alla disubbidienza alle prescrizioni, cerca attivamente di riequilibrare il rapporto proponendosi come soggetto con comportamenti autonomi. La ricerca evidenzia l’affermarsi di un profilo di paziente che cerca di dotarsi di strumenti conoscitivi in materia sanitaria30, che si traduce nella realtà in un nuovo modo di rapportarsi al medico e nell’assunzione di concreti comportamenti a partire da quelli che si collocano nella sfera del self care.

L’informazione di cui il cittadino dispone assume un ruolo cruciale nell’orientarlo all’interno dell’offerta di servizi sanitari e nel metterlo nella condizione di rivolgersi al medico avendo già formulato autonomamente la domanda di prestazioni sanitarie. A parere degli operatori, i quali riconoscono l’affermarsi di questo profilo di paziente, la conoscenza teorica dei pazienti-esigenti sembra non corrispondere a un’adeguata conoscenza pragmatica della realtà sanitaria. Il punto cruciale è proprio rappresentato dal profilo delle fonti informative sulla base delle quali i pazienti ritengono di costruire una solida base di conoscenza, da utilizzare nel confronto con il proprio medico. Secondo Belleri (2002) le fonti informative dei pazienti sono frutto del «passa parola», dei suggerimenti dei mass media, di iniziative promozionali organizzate da società scientifiche e associazioni di malati o di vere e proprie campagne di sensibilizzazione sponsorizzate dalle aziende farmaceutiche. Una ricerca condotta su circa 180 MMG rileva che i pazienti formulano delle richieste influenzate da fonti informative quali: amici o persone di fiducia, televisione, altri medici e attività di auto-informazione, e questo per i MMG comporta richieste, per altro dagli stessi assecondate, di prestazioni sanitarie non coerenti con i bisogni di salute dei pazienti, in altre parole non appropriate (Scardigli, 2008a).

Il tema dell’informazione dei pazienti era già stato affrontato da Domenighetti in un articolo precedente (1999) in cui l’autore, partendo dai risultati di un’indagine empirica che dimostrano che il 70-80% della popolazione crede che la medicina sia una scienza esatta31,

29 Esami diagnostici (15,8%), visite specialistiche (12,6%) e prescrizioni di farmaci (11%), mentre minoritaria era la richiesta di certificati di malattia (8,7%) o ricoveri (4,4%) (Domenighetti, Pipitone, 2002). 30 La ricerca rileva come il 54% degli intervistati utilizzi un’enciclopedia medica come strumento di supporto per prendere decisioni in materia sanitaria, il 30% utilizza libri sulle erbe, il 31% libri di medicina (CENSIS, 1998a). 31 Sempre Domenighetti (1996) riporta i dati dell’Ufficio del Congresso Americano per la valutazione delle tecnolo-gie, secondo cui solo il 10-20% delle prestazioni mediche sarebbero fondate su risultati di studi randomizzati, il che equivale a dire che il restante 80-90% delle prestazioni non posano su solide basi scientifiche.

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sostiene che i medici e le autorità sanitarie dovrebbero promuovere la larga diffusione di informazioni evidence-based, finalizzati a favorire uno «sano scietticismo» sull’efficacia di ogni pratica clinica. Questo potrebbe avere almeno due effetti positivi: 1) rendere i pazienti più consapevoli della reale efficacia clinica degli interventi proposti; 2) permettere loro di operare scelte informate. Sullo stesso tema l’autore riporta i risultati di un’indagine condotta in Svizzera, in cui si dimostra che la domanda di cure elettive non urgenti è inversamente proporzionale al grado di informazione del pubblico: ciò significa che pazienti meno informati consumano più prestazioni chirurgiche. Lo stesso autore riporta i risultati di due studi che indagano sulla disponibilità a sottoporsi a uno screening per il cancro al pancreas, in due insiemi di popolazione diversamente informate. I risultati evidenziano come la disponibilità a sottoporsi al test di screening nei pazienti correttamente e onestamente informati sia del 13,5%, a fronte di una percentuale del 60% per i pazienti ai quali sono state fornite le informazioni di base (Domenighetti, 2001).

Per Domenighetti (1996) la responsabilizzazione dei pazienti deve essere vista come un necessario contrappunto e antidoto all’insufficienza delle informazioni mediche e alle incertezze che dominano la pratica professionale.

In realtà, il fenomeno sopra descritto da Domenighetti non è sfuggito agli economisti sanitari; Barigozzi e Levaggi (2005) hanno approfondito gli studi su come negli ultimi anni le persone abbiano cambiato l’atteggiamento verso le informazioni mediche32, e come questo incida sul rapporto con il medico; ovvero, in che modo i pazienti possono usare le informazioni a carattere sanitario per diminuire il vantaggio informativo del medico33. Le informazioni sullo stato di salute rendono i pazienti consapevoli della loro condizione e questo permette loro di mitigare il comportamento opportunistico dei medici. In realtà gli studi di Economia sanitaria si sono spinti oltre rispetto al ruolo dell’informazione e della comunicazione tra il medico e il paziente, per indagare in che modo l’emotività del paziente incide sulla capacità del medico di fornire informazioni sullo stato di salute. Il nuovo approccio al rapporto di agenzia, definito emotional agency, (Ibid.) cerca di indagare come talvolta il medico abbia difficoltà a fornire informazioni al paziente, per esempio circa un cattivo stato di salute; ovviamente questo tema si interseca con quello del consenso informato. Un’efficace azione di educazione sanitaria, implementata prima di episodi di malattia, può successivamente alleviare i problemi legati alla comunicazione tra il medico e il paziente; infatti, se il paziente è maggiormente consapevole della propria condizione di malattia, il medico è meno incentivato a rassicurare il paziente con trattamenti non completamente appropriati.

Un’altra questione rilevante sulla quale l’Economia sanitaria pone l’attenzione è quella che riguarda la definizione dei confini del ruolo del medico. Risulta assolutamente attuale il chiedersi se il medico, in quanto agente, agisca per conto del proprio paziente o, viceversa, per conto della collettività di cui fa parte. In effetti, sulla base della definizione del rapporto di agenzia, la prospettiva e la rilevanza del ruolo del medico assumono connotazioni diverse a seconda se si considera come principale il paziente in quanto individuo o la collettività. La

32 Questo fenomeno è il risultato di diversi fattori tra i quali il più rilevante sembra essere la significativa diffusione dell’informazione riguardante la salute e la relativa semplicità di accesso alle fonti informative (Barigozzi, Levaggi, 2005). 33 «In the last decades people’s attitude towards health information has dramatically changed. This phenomenon is the result of several factors, probably the most important being that average health literacy has significantly grown and that people now have easy access to several sources of health information. In the eighties a strand of the litera-ture developed the idea that the patient can obtain health information and use it to decrease, to some extent, the phy-sician’s informational advantage» (Ibid.).

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tematica è assolutamente rilevante se si considera il fatto che le risorse impiegate per erogare le prestazioni sanitarie sono pubbliche. Se il medico agisse come agente della collettività, il suo obiettivo sarebbe quello di massimizzare la funzione di utilità della collettività e non del singolo individuo. L’interpretazione del ruolo del medico è strettamente connessa alla ricerca di un approccio che tenga conto dei principi della sostenibilità economica, attraverso i criteri dell’appropriatezza e della priorità. Si ritiene questo tema di grande attualità nell’ambito del dibattito sul governo della domanda; si rimanda pertanto a letteratura specifica, in particolare a Dirindin.

1.3 Il governo della domanda nell’approccio anglosassone

Ritornando al tema centrale del presente capitolo, il governo della domanda, la letteratura internazionale ha fornito alcune indicazioni sulle modalità operative che ne specificano le aree e le modalità di implementazione a livello aziendale. Obiettivo del presente paragrafo e del successivo è di esplicitare la definizione di governo della domanda attraverso l’approfondimen-to di quelli che sono gli strumenti implementabili a livello di azienda sanitaria. In tale ambito molto interessante è il dibattito che si è sviluppato nel 1998 sulle pagine del British Medical Journal, attraverso la pubblicazione di alcuni articoli34 che hanno approfondito e discusso i vari aspetti e le varie modalità operative per governare la domanda. Da tale dibattito emerge come gli sforzi to manage demand possono essere diretti in tre direzioni: 1) verso i pazienti; 2) verso i professionisti; 3) verso il sistema sanitario nel suo complesso. Pencheon (1998) specifica come il modo migliore per governare la domanda sia di farlo prima che la domanda incontri i servizi, attraverso la promozione del self care. Per fare questo non è sufficiente una semplice esortazione a non usare i servizi sanitari per malattie meno gravi, ma è indispensabile attivare logiche di educazione sanitaria, empowerment degli individui, delle famiglie, della comunità, al fine di rendere gli individui più competenti nell’interpretare e soddisfare i propri bisogni sanitari. L’implementazione di logiche di self care richiede un forte investimento finalizzato a creare le condizioni affinché siano gli stessi individui in grado di prendere decisioni appropriate sul proprio stato di salute, attraverso il corretto uso dell’informazione35. Tale approccio focalizzato sulla centralità del paziente e sul ruolo delle informazioni si basa sulla messa in discussione del rapporto di agenzia perfetto tra il medico e il paziente, per affermare un modello che pone il medico e il paziente sullo stesso piano nel condividere le informazioni e nell’assumere insieme le decisioni che riguardano il paziente stesso. La conseguenza attesa del nuovo modello è un migliore utilizzo dei servizi sanitari,

34 Gli articoli a cui si fa riferimento sono i seguenti: Pencheon (1998), Rogers et al. (1998), Gillam, Pencheon (1998), Coulter (1998), Edwards, Hensher (1998). 35 «Information has an important role in making people aware of the healthcare options available and helping people appraise how best to help themselves. Many health care funders and providers now produce leaflets and advertise-ments to persuade people to adopt particular patterns of health care use» (Roger et al., 1998).

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attraverso la creazione di consapevolezza sui costi dei servizi e sulla disponibilità degli stessi, nonché attraverso la creazione di una rete di servizi a minore intensità. Il sistema delle cure primarie anglosassoni ha molto puntato sull’offerta di servizi a intensità differenziata e alternativa rispetto all’accesso all’ambulatorio del medico: dalla consultazione di self care manuals, all’utilizzo di linee telefoniche dedicate, advice lines, all’accesso a centri gestiti da infermieri e aperti nell’orario di chiusura degli ambulatori medici. La strategia è quella di creare una rete di servizi a minore intensità sanitaria, in grado di soddisfare i bisogni sanitari dei pazienti che, per bassa complessità, non necessitano della consultazione medica ma possono essere risolti attraverso una rete di servizi sanitari definita informale, per contraddistinguerla da quella formale del National health service (NHS)36. Molto interessante risulta il ruolo attribuito ai consulti medici telefonici patient risk assessment, che attraverso l’utilizzo di sistemi informatici e protocolli garantiscono che il paziente giusto riceva la cura giusta dal medico adeguato (Roger et al., 1998). Questo strumento è stato utilizzato nei primi anni Novanta negli Stati Uniti nell’ambito della managed care, di cui si apporfondirà nel paragrafo 7.3, e successivamente è stato diffuso e implementato anche nel Regno Unito.

La seconda area, verso la quale devono essere direzionati gli sforzi per governare la domanda, è quella dei MMG - General practitioners (GP)37. Costoro sono chiamati a svolgere una funzione di gatekeeping, letteralmente di filtro, verso i servizi sanitari di secondo livello38; da un punto di vista operativo si traduce nel seguire il paziente in tutti i momenti del suo passaggio nel sistema sanitario39. Per quanto riguarda il tema del ricorso alle cure di secondo livello, le strategie auspicabili sono riconducibili all’utilizzo di: 1) sistemi informativi e di auditing (feedback of refferal rates, measuring outcames), 2) sistemi di supporto alle decisioni (guidelines, information for patients), 3) incentivi finanziari (practise based services, fundhol-ding, Primary care groups ) (Coulter, 1998).

Lo studio delle motivazioni che spingono i GP a inviare i propri pazienti presso gli specialisti e il monitoraggio dei risultati clinici di questa attività sono la base di partenza per

36 «There is a role for explicit self care manuals which are closely integrated with easily accessible advice and sup-port over the phone. The next level of access might be a visit to the out of hours centre to see a nurse practitioner. Other ways of developing graduated access might be to build on the community pharmacy. […] If they are to be ef-fective, graduated levels of access need to be based on models of service that are sensitive to people’s needs and ac-knowledge that people’s use of services is shaped over time. Meeting unmet health need as part of a positive demand management strategy also requires ensuring that resources and services are targeted at disadvantaged groups» (Ibid.). 37 «The gatekeeping role (more recently called filtering) of general practitioners is arguably the most important mechanism for managing demand in the National Health Service (NHS). The British referral system undoubtedly contributes to the low cost of health care relative to other countries. Healthcare systems which allow patients direct access to specialists − America, Germany, France, and Sweden − tend to incur higher costs than those that channel demand via general practitioner referrals, such as Britain, Denmark, Finland, and the Netherlands. At its best the referral system ensures that most care is contained within general practice, and when specialist care is needed pa-tients are directed to the most appropriate specialist. However, it is also a restrictive practice, initially introduced to protect the interests of doctors, which gives general practitioners a monopoly over primary medical care and restricts patients' freedom of choice. Despite this system has survived relatively unscathed by public criticism, a tribute to the widespread public confidence in general practitioners and to the fact that the gatekeepers have been very willing to open the gates to secondary care in response to patient demand» (Coulter, 1998). 38 «In primary care general practitioners need to be supported to manage demand more extensively. Gatekeeping (more recently and appropriately called filtering) can be done much more successfully if primary care is supported with more knowledge sharing, more risk sharing, and a more graduated access from primary care to secondary care (or other statutory and voluntary services)» (Pencheon, 1998). 39 «In one sense the business of primary medical care is about nothing else but demand management at all points in the patient's passage through the system» (Gillam, Pencheon, 1998).

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comprendere le diverse modalità di trattamento della casistica dal punto di vista dell’appropriatezza e dei costi. La definizione di linee guida, o in generale di criteri condivisi, sulla base dei quali avvenga la consultazione con gli specialisti, sembra essere un efficace strumento per cambiare i comportamenti dei medici rispetto ai contenuti clinici. La letteratura fa riferimento all’esistenza di evidenze che dimostrano come linee guida correttamente disegnate, diffuse e implementate siano efficaci nella riduzione delle cure inappropriate (Gil-lam, Pencheon, 1998).

Il sistema sanitario anglosassone ha molto investito sull’integrazione verticale dei diversi livelli di assistenza, attraverso l’organizzazione della medicina generale in Primary care group (PCG)40, all’interno dei quali sono previste competenze specialistiche. La creazione di PCG, ha previsto anche l’attribuzione di budget, nell’ambito delle disponibilità economiche dei quali i medici sono chiamati a fare scelte che li rendono direttamente responsabili verso i propri assistiti. In un sistema basato sulla responsabilità clinica ed economica dei medici è indispensabile un diretto coinvolgimento dei pazienti sia sul piano individuale che su quello collettivo per gli aspetti che riguardano le assunzioni delle decisioni. Infatti, per governare il ricorso alle cure di secondo livello, e quindi per rendere più efficace il ruolo di gatekeeper dei GP, è indispensabile investire sulla gestione delle informazioni tra i medici e i pazienti al fine della condivisione delle decisioni. Alcune ricerche hanno dimostrato che i pazienti riscontrano forti difficoltà ad accedere alle informazioni, e che i medici sottostimano il desiderio dei pazienti ad essere informati e a assumere un ruolo attivo nelle decisioni che riguardano il loro stato di salute41. Alcune ricerche condotte in America smentiscono l’assunto secondo il quale l’informazione induce i pazienti a richiedere un numero maggiore di trattamenti sanitari42. Il potenziamento delle cure primarie, per quanto concerne i professionisti, è fortemente collegato al ripensamento del ruolo della componente infermieristica.

Infine, la terza area strategica nell’ambito di un approccio di governo della domanda è inerente alla riorganizzazione del sistema sanitario nel suo complesso e ai servizi di secondo livello nello specifico, con particolare riferimento a quelli ospedalieri. Il tema della riorganizza-zione dell’offerta dei servizi sanitari è strettamente connesso con quello dell’appropriatezza delle cure, che si traduce nella ricerca di modalità di cura innovative più efficaci nel soddisfare i mutevoli bisogni sanitari dei pazienti, e più efficienti dal punto di vista economico43. Nell’ambito delle patologie croniche è stato elaborato un interessante modello che mette in

40 L’esperienza dei Primary care group, verrà ripresa e approfondita nel paragrafo 7.2. 41 «If achieving consensus among doctors is difficult, supporting shared decision making between doctor and patient may prove to be a more promising approach to managing demand at the interface. The development and use of in-formation packages to allow patients to participate in decisions about their care is currently attracting interest. Re-search has shown that patients find it difficult to access the information they would like, that doctors consistently un-derestimate patients' desire for information, and that many, but not all, patients want to play a more active role in decision making about their care» (Coulter, 1998). 42 «Evidence from America suggests that fears that better informed patients will demand more treatment may prove groundless. An interactive video which provides patients with benign prostatic hypertrophy with evidence based in-formation about the treatment options reduced demand for prostatectomy among American patients; and patients who were better informed about the risks and benefits of screening for prostate cancer were less likely to want the tests. In Britain, hysterectomy rates are strongly associated with educational level: women with higher education, who tend to be more knowledgeable about treatment options, are much less likely to agree to hysterectomy than women without educational qualifications» (Ibid.). 43 «The desire to reduce, or at least contain, demand in the hospital sector is undoubtedly related to this growth and to the need to control costs. There is also a concern about the appropriateness of hospital care for many conditions, and there are growing opportunities to provide modes of care which may better meet patients' needs and may, in some circumstances, be cheaper» (Edwards, Hensher, 1998).

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relazione il livello di severità della patologia con il più appropriato livello di cura, nel rispetto di una scala di intensità. Secondo tale modello, al di sotto di un certo livello di severità il paziente può essere seguito nell’ambito delle cure primarie, attraverso la presa in carico dei GP; oltre quel livello di severità, sono previste cure specialistiche. Il ricorso all’ospedalizzazione è ritenuto necessario solo nel caso di un evento acuto44. Sul tema della riorganizzazione dell’offerta gli interventi ipotizzabili dal punto di vista operativo sono riconducibili a (Edwards, Hensher, 1998):

- misure sul lato dell’offerta, per esempio riduzione dei posti letto; - politiche rivolte al razionamento dell’accesso; - politiche rivolte agli ospedali, per esempio riduzione della durata della degenza.

La scelta di ridurre l’offerta di posti letto ha come presupposto il legame esistente tra la domanda e l’offerta dei servizi sanitari, secondo cui l’offerta di posti letto induce la domanda di ricoveri ospedalieri. L’esperienza anglosassone dimostra che questo tipo di intervento non comporta una riduzione della domanda, bensì un aumento della produttività degli stessi servizi45.

Le politiche di razionamento dell’accesso comprendono sia strumenti tradizionali, quali le liste di attesa e l’introduzione di sistemi di co-payment, che strumenti innovativi che prevedono l’introduzione di modalità alternative di erogazione dei servizi. Le liste di attesa, tradizionalmente considerate il metodo chiave di razionamento dell’accesso, possono essere utilizzate nell’ambito di un approccio di governo della domanda, purché vengano previsti criteri di inclusione al fine di evitare che il ritardo nel trattamento aumenti i rischi per i pazienti46. Gli strumenti di compartecizione alla spesa a carico dei pazienti, tradizionalmente utilizzati per limitare il ricorso ai servizi sanitari, risultano non del tutto coerenti con le finalità di governo della domanda; infatti, uno studio condotto negli Stati Uniti evidenzia che l’utilizzo di questi strumenti diminuisce la domanda, riducendo sia gli accessi non appropriati che quelli appropriati.

L’introduzione di modalità di erogazione dei servizi a minore intensità è ritenuto uno strumento innovativo per evitare il ricorso a ricoveri inappropriati. Per esempio, nell’area dell’emergenza, l’introduzione di short stay observation e di unità di valutazione medica all’interno del dipartimento di emergenza sono state esperienze efficaci per ridurre l’accesso ai

44 «Below a certain degree of severity (threshold A) a patient’s condition can be managed within primary care alone; beyond it, some specialist ambulatory care input is required for example, outpatient referral or specialist home nurs-ing. As a condition becomes more severe, hospitalisation may become necessary (threshold B)» (Ibid.). 45 «Reductions in supply might therefore be expected to reduce demand and length of stay. In 1995-6 there were 21% fewer beds in England than in 1985 but 18% more inpatients were treated. Effective demand had apparently in-creased, while supply had reduced. In fact productivity had increased faster than reductions in supply acute length of stay fell by 3,7% per year on average while the bed stock shrank by only 2,3% per year. Thus closing beds had not actually reduced supply capacity» (Ibid.). 46 «Waiting lists have long been held to be a key method of rationing and demand management in NHS. Waiting lists are not, however, as direct a method of demand management as is often supposed, as most patients placed on a wait-ing list do generally go on to receive treatment. Nevertheless, some studies have found that, after a period of waiting, some patients no longer require surgery. Sometimes, conditions may indeed be self limiting, but in others this amounts to a crude method of triage at the expense of those who require treatment. In the case of cardiac surgery, for instance, the reason for not requiring surgery is higher mortality among waiting patients. If waiting lists do reduce demand, it is probably because of their effect on the expectations and referral practices of general practitioners. Us-ing waiting lists without explicit criteria for referral and inclusion can be inequitable, while delaying treatment may result in an emergency presentation, with increased risk to the patient and a higher cost of treatment» (Ibid.).

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servizi ospedalieri47. Un’altra esperienza di successo è stata l’erogazione dei trattamenti presso il domicilio del paziente48.

Le politiche rivolte al trattamento dei pazienti ricoverati perseguono l’obiettivo di ridurre la durata della degenza, attraverso per esempio la gestione delle dimissioni. Affinché questo tipo di intervento sia clinicamente efficace e accettabile dal punto di vista dei pazienti, è indispensabile creare livelli di assistenza intermedi, a minore intensità rispetto agli ospedali tradizionali, come per esempio gli Ospedali di comunità (OdC)49, a forte connotazione infermieristica, la spedalizzazione e l’assistenza domiciliare. Anche nell’ambito ospedaliero, l’utilizzo di protocolli e linee guida ha dimostrato una certa efficacia come supporto per assumere le decisioni in modo veloce e per organizzare gli interventi sanitari con una riduzione del numero di interazioni con i professionisti e della variabilità nei modelli di cura. I protocolli sono anche un efficace strumento di razionalizzazione dell’utilizzo dei farmaci e delle indagini specialistiche50.

1.4 Il governo della domanda nell’approccio italiano

Il tema del governo della domanda ha iniziato a essere al centro del dibattito sull’evoluzione del sistema sanitario italiano alla fine degli anni Novanta, come approccio alternativo agli strumenti di governo dell’offerta, al fine di riequilibrare il sistema in seguito all’introduzione del finanziamento a tariffa. In passato infatti il focus era posto sulla regolazione dell’accesso ai fattori produttivi, quali per esempio la disponibilità di posti letto o le liste di attesa. Di recente la necessità di spingere il sistema dell’offerta alla ricerca di una maggiore efficienza ha determinato l’utilizzo della convenienza economica, come leva comportamentale, attraverso l’introduzione di meccanismi di finanziamento basati sul sistema tariffario. La conseguenza di questo è stata una forte spinta all’aumento dei volumi da parte degli erogatori, che ha determinato un aumento della domanda di prestazioni sanitarie. Dall’affermarsi di queste dinamiche, è emersa la necessità di introdurre dei meccanismi che riportassero il sistema in equilibrio dal punto di vista della spesa sanitaria spostando l’attenzione dall’offerta alla domanda per neutralizzare la spinta a un eccesso di offerta, e quindi di domanda indotta dagli erogatori.

47 «An important innovation in emergency care in recent years has been the introduction of short stay observation or medical assessment units within or alongside accident and emergency departments, which aim safely to identify «borderline» patients who will not actually require admission for example, by ruling out acute myocardial infarction. Meanwhile, admissions units are increasingly used to provide more intensive investigation and active treatment for up to 48 hours to allow early discharge or transfer to less acute wards» (Ibid.). 48 «Another important feature of such models is their ability to provide a single point of timely access to non-hospital alternatives. A range of services which aim explicitly to prevent admission through provision of nursing and treat-ment in the home or in intermediate care facilities has been implemented in Britain, often with some success» (Ibid.). 49 Per un approfondimento dell’OdC si rimanda a par. 4.4. 50 «Successfully managing the demand for resources generated by patients once in a hospital bed relies critically on the use of protocols and guidelines. Their use improves the speed of decision making and organisation of care, reduc-ing the number of interactions with professionals and minimising variations in patterns of care. As well as reducing length of stay, protocols have also been credited with having an impact on the use of drugs and other inputs such as nursing or therapy time and achieve important benefits by reducing duplication or unnecessary use of investigations» (Ibid.).

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Anche la letteratura italiana sostiene che l’implementazione di un approccio di governo della domanda ha come obiettivo il contenimento dei costi, non semplicemente in senso di riduzione o razionamento attraverso tagli o limitazioni all’accesso, ma dotando il sistema di strumenti che abbiano come riferimento la ricerca dell’appropriatezza clinica ed economica e l’utilizzo di criteri di priorità nelle dinamiche dell’accesso. Al centro del dibattito, è posta la questione della necessaria riorganizzazione dell’offerta, affinché la risposta sanitaria sia più coerente e adeguata ai bisogni sanitari caratterizzati da profonde trasformazioni.

Negli ultimi anni, la riflessione su quali siano gli strumenti aziendali funzionali ad un approccio di governo della domanda è stato molto acceso e ha coinvolto in vario modo chi, ai diversi livelli, si occupa di studiare le dinamiche che caratterizzano l’evoluzione dei sistemi sanitari. L’obiettivo del presente paragrafo è quello di offrire una sintesi della letteratura disponibile sull’argomento al fine di delineare come il tema è stato variamente trattato dagli autori italiani.

Longo e Vendramini (1998) scompongono il concetto di governo della domanda nei seguenti contenuti: 1) eliminazione domanda impropria; 2) educazione e prevenzione sanitaria; 3) orientamento dell’utenza verso un determinato fornitore; 4) orientamento dell’utenza verso un preciso ambito di cura (distretto, poliambulatorio, ospedale etc.); 5) orientamento dell’utente lungo un Percorso diagnostico terapeutico (PDT) programmato. I sopraccitati autori individuano, inoltre, un ventaglio di strumenti manageriali implementabili da parte delle ASL.

- Definizione di budget di consumo di prestazioni per i residenti di un distretto, budget

di distretto. Questo strumento prevede che si definiscano dei «pacchetti di prestazio-ni», riferiti alla farmaceutica, specialistica e prestazioni in regime di ricovero, eroga-bili/consumabili da ciascun distretto. Secondo questa logica, il distretto è responsabi-lizzato sulla domanda di prestazioni sanitarie complessiva della popolazione di rife-rimento.

- Attribuzione di budget di spesa o prestazioni indotta per gruppi di MMG. Questo strumento intende attivare un processo di programmazione e controllo con i MMG sulla loro attività prescrittiva (farmaceutica, specialistica, ricoveri), che preveda la de-finizione di obiettivi e la previsione di incentivi economici.

- Programmazione e controllo delle prestazioni, individuando mix e volumi appropriati tali da attrarre e indirizzare la domanda. Questo strumento prevede il controllo da par-te dell’ASL dell’attività erogata nel proprio territorio sia a livello ospedaliero che ter-ritoriale, con la finalità di trasferire le prestazioni impropriamente trattate dal livello ospedaliero a quello territoriale attraverso l’attivazione di servizi intermedi.

- Reingegnerizzazione dei PDT in un’ottica integrata, che accompagnino l’utente lungo tutto il suo processo di cura. Questo strumento deve essere correlato con il precedente in una logica di disease management.

- Costruzione di meccanismi di accesso, prenotazione, logistici, che orientino il cittadi-no. La costruzione di meccanismi di accesso finalizzati all’orientamento del cittadino, si basa su diverse modalità di coinvolgimento del MMG, che vanno dal sistema di prenotazione, all’erogazione delle prestazioni specialistiche direttamente dell’ambula-torio del medico.

- Negoziazione di contratti interaziendali, anche per PDT, volumi, mix e tariffe. Quest’ultimo strumento prevede che le ASL definiscano con gli erogatori, all’interno

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di contratti, il volume, il mix e il prezzo delle prestazioni ma anche modalità di inte-grazione interaziendali, che garantiscano al cittadino la continuità delle cure.

Longo (2004a) riconduce il tema degli strumenti relativi al governo della domanda ai seguenti cinque fenomenti: - committenza (interna o esterna) per la concertazione con i produttori dei volumi e dei

mix di prestazioni ritenuti appropriati e rispondenti alle priorità sociali; - applicazione di strumenti di marketing operativo (protocolli di accesso, liste di attesa,

layout, prezzi e costi sociali, etc.) finalizzati, attraverso la selezione degli utenti, a in-dirizzare la domanda rallentando o accelerando i flussi;

- definizione della domanda da parte di un gate di accesso ai servizi, che tipicamente viene identificato nel MMG;

- utilizzo di PDTA per selezionare i bisogni appropriati e trattarli in modo efficace dal punto di vista clinico;

- sviluppo dell’empowerment degli utenti per generare consapevolezza affinché non siano rivolte domande improprie al sistema.

Tozzi (2004c) propone un modello logico del governo della domanda, secondo il quale l’oggetto del governo della domanda è il processo di trasformazione del bisogno in domanda esplicita, come relazione costante tra il paziente e il medico, e le variabili che possono essere gestite al fine di incidere sul tale processo sono rintracciabili nei soggetti coinvolti nella relazione (i pazienti e i medici). Il modello mette in evidenza quelle che sono le aree di intervento governabili dall’azienda e per ciascuna di esse i relativi strumenti operativi. Le prime due aree si riferiscono ai professionisti, mentre le ultime due ai pazienti. - Area dei modelli organizzativi del territorio (medici): 1) progettazione microorganiz-

zativa del distretto; 2) associazionismo MMG. - Area dei sistemi direzionali (medici): 1) programmazione e controllo direzionale; 2)

sistema informativo per il territorio; 3) budget MMG. - Area della progettazione e gestione dei processi erogativi (pazienti): 1) PDTA; 2) li-

ste d’attesa. - Area del marketing interno ed esterno (pazienti): 1) comunicazione all’utenza; 2) si-

stemi di prenotazione, pagamento e refertazione; 3) libera professione; 4) layout.

Muraro e Rebba (2004) forniscono una distinzione interessante sugli strumenti del governo della domanda. Gli autori distinguono gli strumenti per il governo della domanda in strumenti diretti e strumenti indiretti. I primi sono gli strumenti che riguardano il controllo della domanda che l’utente può esprimere in maniera autonoma, ovvero senza che vi sia un professionista medico a svolgere il ruolo di indirizzo. I secondi sono utilizzati per regolare la domanda sanitaria derivata, cioè la domanda guidata dai fornitori di assistenza sanitaria (in modo particolare i MMG).

Secondo questa interpretazione, degli strumenti diretti fanno parte: 1) compartecipazione alla spesa da parte del paziente; 2) razionamento reale, attraverso liste e tempi di attesa; 3) educazione sanitaria della popolazione. Il primo e il secondo strumento sono definiti tradizionali in quanto tipicamente utilizzati per governare i consumi sanitari, con una differenza

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riconducibile al fatto che quelli appartenenti alla prima categoria sono espliciti, mentre quelli appartenenti alla seconda sono impliciti.

Degli strumenti indiretti fanno parte: 1) potenziamento della medicina territoriale, con funzione di orientamento della domanda; 2) adozione e applicazione di linee guida e di percorsi diagnostici e terapeutici secondo la medicina di provata efficacia; 3) definizione di criteri di priorità per gestire le liste d’attesa.

Al fine della presente ricerca, gli strumenti organizzativi e manageriali per il governo della domanda sono stati ricondotti alle seguenti aree: - strumenti di empowerment, che agiscono sulla percezione del bisogno e sul comporta-

mento del paziente, con particolare riferimento ai pazienti affetti da patologie croniche; - strumenti tradizionali, in quanto tradizionalmente implementati per razionare la domanda e

i consumi, con riferimento alla compartecipazione alla spesa e alla gestione delle liste di attesa;

- modelli organizzativi per le cure primarie, con particolare riferimento al tema della differenziazione e dell’articolazione dell’offerta e dei servizi;

- strumenti di programmazione e controllo, in quanto rappresentano una leva per incentivare un certo comportamento organizzativo e di orientamento al risultato, con riferimento ai sistemi di budget per la medicina territoriale;

- strumenti per la gestione integrata del paziente, con riferimento al disease management e al case management;

- modelli di committenza. La trattazione di ciascuna area è affrontata cercando di arricchire i contributi della letteratura con le esperienze maturate nelle realtà aziendali nazionali e internazionali, con l’obiettivo di suggerirne una lettura critica che ne metta in evidenza le potenzialità e le criticità.