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ANTONIO ORIGGIANTONIO ORIGGI
Le 3 Menti Inconsce
I guru della crescita personale ci dicono
che siamo governati dall'inconscio per
circa il 95% del nostro tempo.
Dall'inconscio dipende tutto ciò che
viviamo: salute, relazioni affettive, lavoro,
e capacità di attirare benessere e ricchezza.
Nessuno però ci ha ancora spiegato cosa è,
o chi è, da dove viene e perché, spesso, ci
mette i bastoni tra le ruote.
Questo libro ci svela, per la prima volta,
tutti i segreti dell'inconscio. Scopriremo
che ci sono ben 3 menti inconsce.
Capiremo chi sono, e soprattutto, quali
sono i loro obiettivi.
Comprenderemo perché le consideriamo
molto spesso come nemiche e, soprattutto,
come fare per incontrarle, amarle e
integrarle per guarire la nostra vita.
Antonio Origgi, autore dell'Inconscio per
Amico e Cronaca di un Risveglio Spirituale, ha
studiato alla Jolla University con alcuni tra
i più grandi psicoterapeuti e psicobiologi
contemporanei, tra cui P.Watzlawick ed H.
Laborit.
Conoscitore di Logoterapia, PNL,
Psicoterapia Provocativa, oltre ai numerosi
viaggi in India lo sciamanesimo
amazzonico con John Perkins.
Ha frequentato Bernadino del Boca,
antropologo, esoterista, e scrittore, che è
stato maestro e amico per oltre 20 anni.
Ha creato Iway, il primo metodo per
integrare le 3 menti inconsce.
Per contatti e informazioni sul metodo
IWAY - La via per la Libertà totale
www.iway.life
UUID: 94033e28-9779-11e5-a9bf-119a1b5d0361
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
( http://write.streetlib.com)
un prodotto di Simplicissimus Book Farm
1
RINGRAZIAMENTI
Un grazie di cuore a Rosaria
per la copertina e l’impaginazione dellibroe a Patrizia, Oliviero, Carlo e Isoraper la correzione ed i preziosiconsigli.
Alla mia mamma e al suo grandeAmore
2
Indice dei contenuti
1. DA CHI DIPENDE LA NOSTRA VITA? 5
2. PERCHÉ TANTE TECNICHE PER
CAMBIARE LE CREDENZE? 18
3. CI SONO ALTRI IO DENTRO DI NOI? 25
4. PER CAPIRE, PARTIAMO DA LONTANO 41
5. L’ANIMALE UMANO 65
6. IL SÉ FISICO 75
7. IL SÉ ISTINTIVO 96
8. IL SÉ MENTALE 132
9. L’IO E IL SUPERCONSCIO 153
10. QUANTI SOGGETTI DENTRO DI NOI 191
11. PERCHÉ L’INCONSCIO È COSÌ
CATTIVO? 210
12. PERCHÉ PRENDERCI CURA DEI SÉ
INFERIORI? 232
13. COMUNICARE COL SÉ ISTINTIVO 258
14. COME I 3 SÉ POSSONO ROVINARCI LA
VITA 298
14.1 IL SENSO DI COLPA 313
3
14.2 IL CORPO SUBISCE 322
14.3 L’IDENTIFICAZIONE 333
14.4 È ANCORA L’UOMO IL SESSO FORTE? 349
14.5 INTRAPPOLATI TRA EMOZIONI E
PENSIERI 358
15. LA VIA DI INTEGRAZIONE E
GUARIGIONE 366
FASE 1 439
FASE 2 441
16. I 3 SÉ E FREUD 443
17. I 3 SÉ E I CHAKRA 461
18. I 3 SÉ E I CORPI SOTTILI 472
19. L’EGO 481
20. CONCLUSIONI 491
4
1. DA CHI DIPENDE LANOSTRA VITA?
Se vi è capitato di leggere qualche libro di
psicologia, sulla crescita personale, sulla legge
dell’attrazione e così via, vi sarà capitato di
incontrare più e più volte i termini inconscio,
o mente inconscia, o mente subconscia. Pur se
gli psicologi danno significati diversi a quei
termini, nel linguaggio comune vengono usati,
soprattutto da motivatori e formatori, per
identificare la stessa cosa: quella parte di noi
che non riusciamo a controllare con la volontà.
Tutti ne parlano, tutti affermano che questa
mente ci governa per la stragrande
maggioranza del nostro tempo. Molti
sostengono di avere la tecnica per comunicare
con l’inconscio, ma nessuno vi ha mai spiegato
chi è questa mente, se è una sola, da dove
arriva, quali sono i suoi obiettivi e perché
viene considerata così terribile, tanto da
boicottare, molto spesso, gli obiettivi cui
5
teniamo di più.
Ciò che sostengono i vari autori nostrani e
d’oltre oceano è vero. Questa mente, ma più
avanti scopriremo che non è una, bensì tre, ci
governa per la stragrande maggioranza del
nostro tempo: c’è chi dice il 95% e chi il 97%
della nostra vita. Da questa mente dipende il
nostro benessere e tutto ciò che siamo, il
nostro stato d’animo, le esperienze che
attiriamo (legge dell’attrazione), la salute,
l’amore, la ricchezza o povertà, la
soddisfazione o meno nel lavoro e così via.
La cosa strana, la cosa buffa, in fondo,
l’anomalia, è che, nonostante tutti ne parlino,
nessuno ci dice esattamente chi è questa
mente, anzi, chi sono queste menti. Tutto ciò
che si dice è che sono “parti” dell’essere
umano. Si, ma quali parti?
Ciò che troverete in questo libro, non lo
avete mai letto da nessun’altra parte. È una
nuova visione dell’essere umano. Qualcosa di
estremamente semplice, qualcosa che è
sempre stato sotto gli occhi di tutti, eppure
lascerà molti con la bocca aperta. Ma non solo,
imparerete anche uno dei metodi più efficaci
6
per comunicare con quelle menti che i più
chiamano inconscio, e che scopriremo essere
qualcosa di molto più vicino di quanto
possiamo pensare.
Questo libro si pone l’obiettivo di fare
chiarezza su un tema così importante perché
si tratta, niente di meno, di capire chi siamo e
perché siamo così. Già, perché, se non siamo
soddisfatti di ciò che siamo, è solo conoscendo
bene ogni parte di noi che potremo applicare
le strategie corrette per cambiare la nostra
vita.
Vi è mai capitato di avere qualcosa di guasto
in casa? La lavatrice, oppure il televisore, o il
computer, o, ancora, la vostra automobile.
Quando vi siete accorti che ciò che vi serviva
così tanto si era guastata, cosa avete fatto? Vi
siete rimboccati le maniche e avete provato ad
aggiustarla? Vi siete messi con cacciavite, pinze
e chiave inglese a riparala da soli?
A meno che non siate esperti di meccanica o
di elettronica, dubito molto che lo abbiate
fatto. La cosa più ovvia è che avete chiamato
un tecnico e l’avete messa nelle sue mani.
7
Perché? Semplicemente perché quel tecnico
conosce l’apparecchio che si è guastato e,
conoscendolo, sa perfettamente dove mettere
le mani, senza fare danni.
Cosa cambia tra mettere le mani in
un’automobile e mettere le mani in quelle
parti di noi che ci creano problemi? A parte il
fatto che in queste ultime non ci mettete le
mani fisicamente, così come invece fa il
meccanico dell’auto officina, per il resto è la
stessa cosa. Occorre sapere bene dove stiamo
operando, su quale organo, che funzioni ha e
come possiamo intervenire, per avere una
certa garanzia di un buon risultato.
Questo non vuol dire che dobbiamo
affidarci ad un’altra persona per cambiare la
nostra vita, anche se a volta è necessario, vuol
dire però che è fondamentale capire chi
siamo, e a chi ci stiamo rivolgendo quando
vogliamo comunicare con l’inconscio per
modificare le sue credenze.
Sono sempre stato una persona razionale,
8
fin da bambino non mi sono mai accontentato
delle teorie non verificabili, o, perlomeno,
delle teorie che non comprendevo col buon
senso. Un altro aspetto che mi ha
caratterizzato fin dall’infanzia è stata una forte
spinta verso la spiritualità. Vedevo i miei
genitori, gli insegnanti, gli adulti, vedevo il
loro vivere, il lavoro, la casa, le
preoccupazioni, e mi dicevo “questa non è
Vita, la Vita non ha senso se deve essere vissuta
solo in questo modo”.
L’unica cosa che potevo fare da bambino per
seguire quella spinta spirituale era di fare il
chierichetto. Lo feci per alcuni anni, con
fervore, con amore e con passione, anche
quando, riportando nella casa del parroco le
ampolle dell’acqua e del vino, mi bevevo tutto
il moscato rimasto. Era dolcissimo.
Quando però giunsi all’adolescenza, tutti i
dogmi che mi avevano insegnato mi stettero
stretti e, dopo poco, lasciai il percorso che
avevo intrapreso. Sapevo di deludere
fortemente i miei genitori, che, anche se non
lo hanno mai ammesso chiaramente, sono
convinto che avrebbero ben visto per me una
carriera ecclesiastica, ma era troppo forte il
desiderio di capire.
9
Ho ripreso la via di una ricerca spirituale
intorno ai 16 anni, quando, leggendo un testo
di un maestro indiano, compresi che non è
necessario aspettare la morte per avere
conferme a ciò che sentivo, che potevo avere
qua, in questa vita, le risposte alle domande
che mi ponevo.
Studiai, lessi una valanga di libri, ma dopo
avere studiato e appreso diverse forme di
meditazione, mi resi conto che non riuscivo ad
andare oltre.
Ero sempre stato un bambino abbastanza
chiuso e timido e ho sempre avuto difficoltà a
fare amicizie, soprattutto col mondo
femminile. Potete immaginare cosa potevo
vivere durante il periodo dell’adolescenza,
quando si svegliano i primi istinti sessuali e
nascono i primi innamoramenti. Era un
disastro e le pulsioni, le ansie, i desideri erano
ben più forti delle meditazioni.
Con gli anni avevo raggiunto un certo
equilibrio, ma le problematiche di fondo
erano rimaste invariate. Ho preso un diploma
di laurea in statistica, mi sono sposato e ho
avuto una figlia meravigliosa. Ho ottenuto un
10
lavoro appagante, da quel lato ero soddisfatto,
ma il vuoto affettivo che avevo dentro,
l’insicurezza che mi aveva sempre
caratterizzato c’erano sempre. Con la forza
della volontà ero arrivato anche a raggiungere
un’ottima posizione al lavoro, ci sapevo fare, e
anche bene, con i clienti, ma a costo di grande
fatica emotiva, e, come vedremo più avanti, il
corpo un poco ne risentiva.
Conoscevo i miei problemi, avevo letto
moltissimi libri di psicologia e imparato
svariate tecniche per superarli, ma non c’era
stato nulla da fare. Qualche risultato, si, ma di
fondo i blocchi più importanti rimanevano
invariati.
Intorno ai quarant’anni venni a sapere che in
Svizzera avevano aperto un campus di una
prestigiosa università americana, La Jolla
University, dove tenevano anche corsi
quadriennali di psicologia.
Ne fui subito attratto, sia perché avevo
saputo che vi insegnavano anche personaggi
quali Paul Watzlawick e il famoso psico
biologo Henry Laborit, e sia perché non era
richiesta una frequenza assidua. Dovevo
lavorare perché avevo una famiglia, ma pensai
11
che, in fondo, con tutti i testi di psicologia che
avevo letto, sarei riuscito a farcela e così mi
iscrissi al corso per Master of Arts in Human
Behaviour.
Fu molto interessante, soprattutto mi
affascinò la psico biologia che mi diede una
nuova visione sui meccanismi biologici che
rispondono alle dinamiche mentali ed
emozionali, ma non appresi strumenti
migliori per cambiare ciò che ero e i miei
limiti.
Così ripresi il mio cammino di ricerca
psicologica e spirituale, viaggiai moltissimo,
soprattutto in India, che considero la mia
patria spirituale, anche se non sono induista.
Anzi, ritengo che a un certo punto del
cammino spirituale bisognerebbe lasciare
andare tutte le religioni e imparare ad
ascoltare il maestro interiore.
Quando impari a conoscerti, ti rendi conto
di cosa voglia dire “consapevolezza”. L’auto
osservazione diviene lo strumento per
conoscere i propri processi e lo stato di auto
osservazione corrisponde alla consapevolezza
di sé. Essere presente a me stesso era un
obiettivo che sentivo profondamente,
12
nonostante la difficoltà nel raggiungerlo.
Spesso tornavo a casa la sera e mi chiedevo:
dove sono stato oggi? Non che non ricordassi
dove ero stato e cosa avessi fatto, ma mi
rendevo conto di avere vissuto in automatico,
senza la coscienza di esserci, senza la presenza
costante del mio Io. “Nati non foste per viver
come bruti”, scriveva un certo Dante Alighieri,
eppure era proprio ciò che osservavo
continuamente in me e attorno a me. Una vita
di inconsapevolezza, guidati da ben altro che
la nostra coscienza. Ora mi rendo conto che
era proprio ciò che vedevo negli adulti,
quando ero bambino. Una vita di
inconsapevolezza.
Una delle frasi che mi ha accompagnato in
quegli anni è “Io so pensare, io so aspettare, io
so digiunare”. La ricordate? Sono parole di
Siddharta, dal libro di Hermann Hesse. Quelle
parole mi hanno sempre guidato, sono state
un faro e mi hanno fatto comprendere
l’importanza del pensiero: molti pensano, ma
pochi sanno pensare. Oggi direi: Molti
pensano con il Sé istintivo e con il Sé mentale,
ben pochi pensano con la coscienza dell’Io.
Uno dei più grandi maestri ed amici, che mi
hanno aiutato in quegli anni è stato
Bernardino del Boca, teosofo, antropologo,
13
pittore ed autore di numerosi libri. Una delle
cose più belle che ho imparato da Bernardino
è il non giudizio. Ripeteva spesso: se vedete
qualcuno che si comporta male, immaginatelo
con una cartello al collo, con la scritta “Lavori
in corso”.
Ho studiato e sperimentato tanto, finché nel
1998, tutto ciò che sognavo da anni si è
manifestato. Come se il velo che ci separa dalla
Realtà si fosse parzialmente sollevato, e quella
realtà spirituale che sempre agognavo si è
presentata. Un anno di grande apertura e di
illuminazioni, quasi un conforto a dirmi: la
strada è quella giusta, percorrila con fiducia, e,
soprattutto, completa la guarigione di te stesso.
Ho raccontato ciò che è successo in quell’anno
nel libro Cronaca di un Risveglio Spirituale.
Restava però da sciogliere il problema di
come liberarci dalle credenze limitanti e dei
comportamenti reattivi che condizionano la
nostra vita. Ormai mi era chiaro come siamo
fatti e quali coscienze entrano in gioco quando
parliamo di mente subconscia, restava da
trovare una tecnica per comunicare
efficacemente con queste menti, ma di questo
parleremo più avanti.
Ciò che desidero fare, alla fine di questo
capitolo introduttivo, è ringraziare davvero
14
tutte le mie difficoltà, e, soprattutto, i miei
genitori. Non solo per tutto l’amore che mi
hanno dato, ma anche per avermi permesso,
con i loro limiti, di vivere quelle esperienze
dolorose attraverso le quali sono giunto fino
qui.
Se avessi ricevuto solo amore e
gratificazioni, probabilmente avrei vissuto
un’infanzia, un’adolescenza e una vita adulta
più serena, ma, per come sono, mai sarei
riuscito a conoscermi e a sperimentare ciò che
ho sperimentato. Mai sarei riuscito ad avere
un quadro così chiaro dell’essere umano, mai
avrei potuto aiutare tante persone, come
fortunatamente posso fare.
Studiare solo le altre persone, che siano
amici, parenti, o anche pazienti, non può
bastare a conoscere l’essere umano. L’altro
non si aprirà mai totalmente, anche se lo
volesse. Sono troppe le difese inconsce e,
qualora anche lo volesse, probabilmente non è
neppure così cosciente dei pensieri e delle
emozioni più importanti. Soprattutto quelli
banali, quelli di tutti i giorni, quelli cui
neppure facciamo caso.
Siamo portati a far caso solo a ciò che è
eclatante, alle emozioni forti, ai pensieri forti
che non riusciamo ad eliminare, ma ciò che è
15
abitudine non viene neppure visto come un
problema. Lo consideriamo normale, eppure,
spesso, è la causa dei guai più grandi.
Quando riusciamo a conoscere il 50/60% di
una persona è già tanto. Ma per comprendere
profondamente l’essere umano occorre
andare molto più in profondità, e possiamo
farlo solo attraverso noi stessi.
Per questo motivo nessun medico, nessuno
psicologo potrà aiutarci davvero, se è bravo
potrà darci gli strumenti per capire e per
lavorare su di noi. Ma la guarigione vera,
quella profonda, quella duratura, può avvenire
solo se viene da dentro.
Occorre un paziente, costante, determinato
desiderio di star bene, più forte di qualsiasi
altra cosa, perché il processo di
trasformazione e guarigione si avvii e porti i
suoi frutti.
Tutti noi vorremmo star bene, vorremmo
cambiare e risolvere i problemi che ci
assillano, siano essi legati alla sfera affettiva
(rapporto con un partner, con i genitori, con i
figli o con colleghi e amici), alla sfera sociale
ed economica (lavoro, denaro, autostima, e
così via), alla sfera della salute e del benessere,
16
o alla sfera della spiritualità.
Magari avete letto decine di libri e avete
seguito tanti corsi, ma se vi trovate tra le mani
questo libro significa che non tutti gli obiettivi
sono stati raggiunti. Magari avete ottenuto
qualche risultato, ma il nodo del problema, ciò
che più vi sta a cuore, ancora non è stato
risolto. Ancora, nonostante tutti gli sforzi,
qualcosa in voi riesce ad avere la meglio e non
vi fa vivere felici.
Se anche per te è così, sicuramente un
motivo c’è e quel motivo e la modalità per
risolverlo sono l’oggetto di questo libro.
17
2. PERCHÉ TANTETECNICHE PER CAMBIARE
LE CREDENZE?
Ma andiamo per ordine. Mai come in questo
periodo sono nate tante tecniche per la
crescita personale. È vero? Ce ne sono
centinaia, di tutti i tipi e per tutte le tasche, ma
mi piacerebbe fare una riflessione proprio su
questo argomento: Perché così tante tecniche?
Ve lo siete mai domandato?
Facciamo un passo indietro. Forse vi
ricordate il boom del pensiero positivo. Il
pensiero positivo nasce ai primi del 900 con lo
studioso Napoleon Hill, forse il precursore di
quella corrente che va sotto il nome di
successo personale. Ma il boom del pensiero
positivo arriva negli anni 70 e, forse, raggiunge
il suo culmine negli anni 80 con i libri di Luise
Hay. Tutti ne parlavano, si sono scritti
18
centinaia di libri, forse migliaia, in tutto il
mondo, sono nati corsi su corsi e poi, piano
piano, il boom si è esaurito. Si, se ne parla
ancora, ci sono ancora libri che trattano
l’argomento, ma non come prima. Alcuni
tengono ancora seminari sul pensiero positivo
e se lo fanno è perché in alcuni casi funziona.
Ma non sempre, e il boom degli anni 80 si è
letteralmente sgonfiato. Perché?
Tanti l’hanno provato, tanti hanno ripetuto
migliaia di volte una certa affermazione,
magari l’hanno scritta su post-it appiccicati in
ogni angolo della casa, sullo specchio del
bagno, sul frigorifero, e le prime volte era
bello leggerli. Le prime volte dava una certa
emozione e per qualcuno quei pensieri hanno
funzionato. Ma non per tutti, anzi, se
dobbiamo essere sinceri, dobbiamo affermare
che la maggior parte delle persone non hanno
raggiunto ciò che desideravano. Perché?
Andiamo avanti negli anni e parliamo di un
altro grande boom, quello della legge di
attrazione. È un boom nato nel 2004 con il
libro di Esther Hicks “Chiedi e ti sarà dato”.
Insieme a “The Secret”, sono entrati nelle
classifiche dei libri più venduti. E anche in
19
questo caso è stato come un’onda di piena.
Ricordo una mattina, ero entrato in una delle
librerie più specializzate in testi di crescita
personale e spiritualità e ho sentito uno dei
titolari rivolgersi ad un cliente dicendo, “si, ma
quelle cose lì ormai non vanno più, ora ciò che
conta è la legge di attrazione, è quella che
cambierà il mondo”. Non so di cosa parlasse il
suo interlocutore, ma la frase che udii fu
sintomatica di ciò che stava accadendo nel
mondo dei formatori. Così sono nati un
numero esagerato di siti web sull’argomento,
sono stati scritti centinaia di libri con ricette
per attirare la realtà, tanti si sono inventati
maestri e in ogni dove si teneva un seminario
sulla legge di attrazione. Tutti ne parlavano,
tutti la insegnavano, tutti dicevano quanto
fosse facile attrarre denaro, salute, amore.
Mai come in quel periodo ho visto tante
persone interessate ad un argomento di
crescita personale, un interesse che ha toccato
tantissime persone, molte delle quali, fino ad
allora, non avrebbero mai pensato di
interessarsi ad un tema simile. Ho visto
persone di tutte le classi sociali e di tutte le età
andare alla ricerca spasmodica di qualcuno
20
che spiegasse loro, che desse la chiave del
funzionamento di quella legge tanto
misteriosa, quanto affascinante.
Poi, come è successo per il pensiero positivo,
il pallone si è sgonfiato.
Oggi, sfogliando i cataloghi di corsi di
crescita personale si fa fatica a trovarne uno
che citi la legge di attrazione. Sì, qualcosa c’è
ancora, ma è un’offerta marginale rispetto a
quello che si vedeva fino a 10 anni fa. È buffo,
ma è così. Tutti i supposti maestri ed
insegnanti che si spacciavano competenti
dell’argomento, che insegnavano agli altri
come farla funzionare, oggi sono spariti, o si
sono convertiti ad altre religioni.
Ho sentito tantissime persone parlare
inizialmente in maniera entusiastica della
legge di attrazione, poi, quando si è
cominciato ad andare sui problemi reali, sui
bisogni più profondi, sulle cose che davvero
interessavano, ecco che, magicamente
sembrava avere smesso di funzionare. Perché?
In questi ultimi anni è nata un’altra stella:
quella della fisica quantistica.
In realtà la fisica quantistica è nata quasi 100
anni fa, ma, chissà perché, solo ora va così di
21
moda. Dato che non si vendevano più così
tanti libri e corsi sul pensiero positivo e sulla
legge di attrazione, ci voleva un’altra idea per
vendere. E purtroppo quando si fa leva sul
malessere delle persone, è facile inventarsi
risposte e vendere illusioni.
Così sono nati libri su libri, siti su siti e corsi
su corsi, che contengono nel titolo il termine
quantico.
Se cercate sul web trovate un numero
assurdo di libri, siti, tecniche che fanno
riferimento alla fisica quantistica, tutti, più o
meno, basati su una delle teorie di
riferimento, che recita: “data una sufficiente
opportunità, virtualmente nulla è impossibile”.
Tutto è possibile, basta volerlo, basta applicare
le tecniche imparate nel nostro corso. Poi, nel
caso non funzionassero, sarà solo un problema
vostro, non ci avrete creduto abbastanza. Già.
E come è accaduto per il pensiero positivo e
per la legge di attrazione, anche la moda della
fisica quantistica finirà. E sapete perché?
Perché la maggior parte delle persone che si
sono illuse, che hanno sperato di ottenere ciò
che desideravano, che hanno sperato di
trovare la bacchetta magica, si ritroveranno
22
con qualche risultato, magari di poco conto,
ma con i problemi più gravi e importanti
ancora una volta irrisolti. È capitato anche a
voi qualcosa del genere?
Pensiamoci bene, cosa hanno di diverso il
pensiero positivo, la legge di attrazione e le
teorie di fisica quantistica? Se ci riflettete bene,
al di la della formulazione magari un po’
diversa delle teorie, dicono tutte la stessa cosa.
E allora che bisogno c’era di inventarsi tanti
nomi, tanti libri, tanti seminari?
Non stiamo dicendo che tutte queste teorie
sono false, al contrario, sono assolutamente
vere. E funzionano. Non sarebbero mai
diventate famose se non avessero dei
presupposti di verità. Il pensiero positivo
funziona, eccome, solo che c’è un “ma”. La
legge dell’attrazione è assolutamente vera,
eccome, ma non funziona come vorremmo e
bisogna assolutamente capire come e quando
funziona per non rimanere delusi. La fisica
quantistica è fisica, non è una barzelletta, ma
dalla teoria alla pratica ci passa lo stesso “ma”
che non fa funzionare la legge di attrazione, o
il pensiero positivo, come vorremmo. Dirò di
23
più, anche i tanti libri scritti sono stati utili,
perché, in ogni caso, hanno aperto la mente a
tante persone.
Quel che è certo è che abbiamo un grande
bisogno. Abbiamo un grande vuoto dentro per
attaccarci così ad ogni moda, ogni bacchetta
magica che i tanti imbonitori si inventano per
fare soldi. Abbiamo un vuoto che con la
volontà non riusciamo a colmare e non ci fa
essere felici. Ed è per questo che siamo così
vulnerabili, così pronti ad aggrapparci ad ogni
possibile via per sciogliere quel nodo che
sentiamo dentro.
La soluzione passa però attraverso un
processo che si chiama conoscenza e
consapevolezza. Solo dopo le formule e le
tecniche possono funzionare. Tutte. Solo
quando avremo imparato chi siamo, perché
stiamo vivendo i limiti che ci tengono
prigionieri, e avremo imparato la via per
accettarli e integrarli, potremo, finalmente,
costruire un futuro diverso.
24
3. CI SONO ALTRI IODENTRO DI NOI?
Possiamo davvero fare in modo che il
pensiero positivo ci porti a realizzare i nostri
desideri, possiamo attrarre nella nostra vita
solo ciò che ci rende felici, e, data una certa
realtà, virtualmente nulla è impossibile. Ma
pensiero positivo, legge dell’attrazione e fisica
quantistica dipendono da qualcosa che è oltre
la nostra volontà, dipendono da qualcosa che è
l’oggetto di questo libro.
Dunque di cosa stiamo parlando quando
affermiamo: mente inconscia, o subconscia?
Chi è questa parte di noi che gli psicologi
chiamano “Ombra”? Chi è questa parte che ci
governa per oltre il 95% del nostro tempo?
Questa parte che, in alcuni casi, viene definita
la sede delle pulsioni più aberranti dell’essere
umano? E noi dove siamo, mentre lei ci
25
governa?
È importante capirlo, anzi, è di
fondamentale importanza capirlo, perché
tutto ciò che riguarda il nostro benessere
dipende dalla comprensione di questa, o
queste, menti.
Spesso sentiamo dire che la mente inconscia
è quella parte dell’essere umano in cui sono
memorizzate tutte le esperienze vissute fin
dalla nostra infanzia e che sono state rimosse
dalla coscienza. Ma è solo quello? O c’è
qualcosa d’altro? Si, perché detto così
sembrerebbe che la mente inconscia sia solo
un archivio, un grande contenitore, e tutti noi
sappiamo che un contenitore non può fare
nulla da solo. Non può spingerci ad agire e a
fare ciò che non vorremmo.
Per comprendere di cosa stiamo parlando,
utilizzerò alcuni esempi che sono molto
significativi e che riprendo spesso anche nei
miei seminari.
Il primo esempio è quello del
sonnambulismo, lo conoscete, vero? È quel
disturbo del sonno per cui una persona si
26
addormenta la sera e poi nel bel mezzo della
notte si alza dal letto e si muove come fosse
sveglio. La cosa stupefacente è che non sbatte
contro gli oggetti nella stanza o contro il muro,
sa esattamente cosa fa e lo fa anche bene.
Quanti di noi ne hanno avuto esperienza? Chi
personalmente, chi ne ha sentito parlare, e chi
perché ha avuto un figlio che quando era
bambino ha sofferto di questo disturbo. Già,
da bambino, e non è un caso. Ma anche questo
lo capiremo più avanti.
Dunque, una persona si addormenta e ad un
certo punto della notte si alza dal letto e
comincia a fare le cose più svariate. Ma se l’Io
sta dormendo, chi è che si alza dal letto? Chi
prende le redini di tutto il corpo e lo utilizza a
suo piacimento senza che la persona che
dorme se ne renda minimamente conto? È
così, perché se il giorno dopo lo chiedete a
quella persona, vi dirà che siete matti, dirà che
ha dormito beatamente nel suo letto per tutta
la notte.
È importante ragionarci, non date una
risposta semplice o scontata, quello su cui
dovremmo riflettere è che l’alzarsi dal letto e
fare delle cose, richiede un atto di volontà.
Non è qualcosa che può fare una macchina,
non è qualcosa che può fare un computer, ci
27
vuole un soggetto pensante in grado di
prendere una decisione e di avere il comando
su tutto il corpo per poterlo fare. Non è una
cosa così banale.
Il sonnambulismo, che è più frequente nei
bambini, in realtà è solo la punta dell’iceberg, è
il fenomeno che rivela in modo più
sorprendente il fatto che durante la notte
qualcuno prende il controllo del nostro corpo,
senza la nostra volontà, e lo usa a suo
piacimento.
Anche quando parliamo e ci muoviamo nel
sonno avviene lo stesso fenomeno. Ve lo siete
mai chiesti? Ci addormentiamo in una
posizione e durante la notte ci giriamo e ci
rigiriamo più volte. È una cosa così normale
che la consideriamo scontata, non ci viene da
chiederci cosa accade. Ma siamo così certi che
sia una cosa così scontata? In realtà questo
muoversi nel letto ci sta dimostrando che
mentre noi dormiamo, qualcuno fa muovere
il corpo.
Facciamo un esempio: ora state leggendo
questo libro e magari sprofondati nella vostra
poltrona, o al tavolo, o ancora più comodi, nel
vostro caldo letto. Bene, ora fermatevi per un
attimo dal leggere e alzate un braccio. Fatelo.
Lo avete fatto? Per fare quel semplice
28
movimento avete dovuto decidere di farlo. La
vostra volontà, la volontà dell’Io ha preso una
decisione, ha dato quindi un comando al
cervello, che ha girato il comando ai muscoli,
che hanno eseguito quel movimento.
Ma durante il sonno, la vostra coscienza,
colei che ha dato il comando, stava dormendo.
E chi allora, chi dà il comando al corpo di
muoversi durante il sonno? È importante
comprendere che non sono movimenti a caso,
non sono movimenti scomposti, sono
movimenti ottimali, che vi consentono di
dormire più profondamente, o che
rispondono a qualche esigenza, ad esempio di
sentirsi protetto. Ma chi manifesta le sue
esigenze con questi movimenti del corpo se
l’Io dorme?
Un altro esempio su cui riflettere sono tutte
le forme di dipendenza. Magari anche voi
fumate, o non sapete resistere ad un barattolo
di Nutella, oppure lavorate troppo. Vi rendete
conto che a causa del troppo lavoro non avete
tempo per voi stessi e così rischiate di fare del
male al vostro corpo e, forse, alla vostra
famiglia, ma non riuscite a stare fermi.
L’assenza di attività vi spaventa, non riuscite a
29
rimanere fermi per più di pochi minuti.
Oppure è proprio il contrario, avete delle cose
da fare, ma siete pigri e non riuscite a
muovervi, trovate tutte le scuse possibili ed
immaginabili per rimandare.
Ci sono decine e decine di forme di
dipendenza, dal lavoro, ai dolci, al fumo,
all’alcool, alla droga, al sesso, allo shopping, e
tutte hanno un fattore comune. La vostra
coscienza vi dice di non fare quella cosa,
eppure una parte di voi è più forte della
volontà e ancora una volta la vince. La cosa
peggiore poi è che, magari, vi sentite anche in
colpa per ciò che avete fatto. Non avreste
voluto, sapevate che non era giusto, sapevate
che poteva farvi male, ma quella spinta è stata
più forte della volontà. E come non bastasse,
ora ci si mette anche il senso di colpa. Anche
quello non è voluto. D’accordo, avete fatto
qualcosa che avreste voluto evitare, ma ormai
è andata, perché sentirsi in colpa? Perché c’è
una parte di voi che vi critica, vi giudica, vi fa
sentire in colpa? E chi è quella parte? Perché lo
fa?
Ma l’esempio che mi piace di più è quello
dei pensieri che non riusciamo a fermare.
30
Quante volte vi è capitato di non riuscire a
fermare i pensieri? Siano stati pensieri belli o
brutti, paure o canzoncine che non riuscivate a
fare smettere. Vi è capitato? Sicuramente si,
anzi, per moltissimi è uno dei problemi più
grandi avere questa voce dentro che continua
a parlare, parlare, e non riuscire a farla tacere.
Avreste bisogno di un po’ di silenzio e invece
no, lei continua imperterrita. L’io vorrebbe
silenzio, ma qualcuno continua a pensare.
A volte è terribile, un pensiero ossessivo che
ci tormenta, che non ci permette di riposare, a
volte non ci permette neppure di dormire.
Pensiamoci, molto spesso accade dopo un
evento che ci ha scosso emotivamente.
All’inizio anche noi siamo coinvolti nel
pensiero di quell’evento, ci ragioniamo,
analizziamo ogni aspetto, le persone coinvolte,
le frasi dette dall’altro, le nostre risposte, e così
per diversi minuti. Poi, ad un certo punto, è
come se ci svegliassimo, ci rendiamo conto
che è troppo tempo che stiamo pensando a
quell’evento e ci diciamo: adesso basta. Ma
appena abbiamo formulato quel comando,
ecco che il pensiero riprende, e magari
neppure ce ne accorgiamo. Solo dopo qualche
secondo ci rendiamo conto di essere ancora lì
e un’altra volta diciamo: basta. Col cavolo!
31
Neanche cinque secondi e quel pensiero
ritorna, più forte ed insistente che mai. Ma chi
è che sta pensando? Se l’Io decide di smetterla,
chi sta pensando? E guardate bene che non
sono pensieri sconclusionati, chi pensa sta
ancora analizzando bene la questione, sta
pensando a cos’altro avrei potuto dire o fare, a
come avrei potuto avere il sopravvento.
Chi è questo qualcuno? È come un dialogo
interno. Vero, ma per esserci un dialogo ci
devono per forza essere due soggetti pensanti
che si parlano. Se uno dei due è l’Io, chi è
l’altro?
È importante comprendere, ragioniamoci
insieme. Non può essere un computer. Un
computer è una macchina che agisce solo al
comando di qualcuno che gli dice esattamente
cosa fare. Ma nei nostri casi non c’è nessuno
che dà un comando. Anzi, l’Io, l’unico soggetto
che riteniamo esistere, vorrebbe dormire di
notte e starsene bello tranquillo a riposare.
L’Io vorrebbe evitare di strafogarsi di Nutella,
di fumare così tanto, di non riuscire a stare
fermo, o, al contrario, vorrebbe alzarsi e fare
ciò che deve essere fatto. L’Io vorrebbe avere
silenzio nella mente. Vorrebbe non sentirsi in
32
colpa, vorrebbe poter pensare solo quando lo
desidera, e solo a ciò che desidera pensare.
Allora chi è, o chi sono gli altri soggetti che
agiscono e pensano contro il nostro volere? Di
esempi ce ne sono a decine, pensate ai tic
nervosi, pensate alle fobie, sono tutti
comportamenti non voluti dall’Io, eppure c’è
qualcosa in noi, anzi uno o più soggetti che
pensano, operano, agiscono anche senza, e
contro, la nostra volontà.
Per comprendere ancora meglio di cosa
stiamo parlando, è interessante prendere
spunto da quanto affermano due famosi
studiosi d’oltre oceano.
Il primo è Daniel Goleman che, in un suo
libro, “Intelligenza emotiva”, scrive:
“Recenti ricerche sono giunte a dimostrare che nei
primi millisecondi di percezione di un oggetto non
solo comprendiamo in modo inconscio quale sia
l’oggetto stesso, ma decidiamo anche se ci piace o no;
l’inconscio cognitivo presenta poi alla nostra
consapevolezza non solo l’identità di ciò che
vediamo ma anche un vero e proprio giudizio su di
esso. Le nostre emozioni dunque hanno una mente
che si occupa di loro e che può avere opinioni del
tutto indipendenti da quelle della mente razionale.”
33
Tradotto con un esempio pratico, è come se
succedesse la seguente cosa: sto camminando
per strada quando, all’incrocio successivo, una
persona spunta dietro l’angolo e, nei primi
millesimi di secondi di percezione di quella
persona, “l’inconscio cognitivo”, come lo
chiama Goleman, vede quella persona e decide
che gli è antipatica. A quel punto, sempre
l’inconscio cognitivo prende un virtuale
telefono e telefona all’Io dicendo: guarda, ho
visto quel tale che è sbucato dietro l’angolo e
mi sta proprio antipatico (ovviamente il nostro
inconscio cognitivo è svelto e fa la telefonata
in pochi istanti). Nel momento in cui arriva la
telefonata, l’Io, cioè la mia consapevolezza, si
sveglia, vede quella persona sbucata all’angolo
della strada e dice: guarda quella persona, mi
sta proprio antipatica. Ed io sono convinto che
stia antipatica a me.
Mi capite? L’io pensa di avere visto quella
persona e crede che gli sia antipatica. Nella
realtà chi l’ha vista è qualcun altro e quel
qualcun altro ha deciso che quella persona gli è
antipatica. L’io non ha deciso nulla, ha preso
passivamente quel giudizio e l’ha fatto suo,
senza minimamente rendersi conto che, in
34
realtà, il giudizio non era affatto suo, era di
qualcun altro.
È un po’ la stessa cosa che accade quando
diciamo: quella persona mi è antipatica a pelle.
Vi è mai capitato? Non sapete perché, ma
provate l’emozione di antipatia verso quella
persona. È una cosa istintiva, che con la
ragione non sapete spiegare, però è così e,
guarda caso, è qualcosa più forte di voi. Poi,
magari, vi capita di frequentare quella
persona, avete l’opportunità di conoscerla
meglio e vi accorgete che non era affatto
antipatica. Avete cambiato parere. Voi, o è
qualcun altro che ha cambiato parere? Chi?
È molto significativa l’ultima frase del testo
di Goleman: “Le nostre emozioni dunque hanno
una mente che si occupa di loro e che può avere
opinioni del tutto indipendenti da quelle della
mente razionale”. Non so se consapevolmente o
meno, ma Goleman sta già affermando la
presenza di un’altra coscienza dentro di noi,
una coscienza, o un altro io, che può
addirittura avere opinioni indipendenti dalle
nostre.
35
Ancora più emblematico e sconcertante è
l’esempio riportato ne “Il linguaggio del
cambiamento. Elementi di comunicazione
terapeutica” edito da Feltrinelli. Nel testo, il
professor Watzlawick, che fu mio docente di
psicoterapia, parla di un esperimento
effettuato su un paziente a cui avevano
rescisso il corpo calloso. Forse non tutti sanno
che il corpo calloso è quella parte del cervello
che unisce i due emisferi, destro e sinistro.
È noto a molti che nel cervello abbiamo due
emisferi. Tramite l’emisfero sinistro si
esprime la parte di noi che analizza e arriva a
conclusioni tramite passaggi deduttivi. Con
l’emisfero sinistro esprimiamo la capacità
logica e razionale, il linguaggio e la capacità di
analizzare i dettagli. Tramite l’emisfero destro,
invece, si esprime la parte più intuitiva, capace
di cogliere i rapporti esistenti tra gli oggetti, si
ha una visione spaziale, si vede l’insieme delle
cose, anziché i dettagli. Questi due emisferi
sono separati e l’unico ponte che li unisce è il
corpo calloso.
Il paziente che Watzlawick stava trattando
aveva quindi interrotta la comunicazione tra i
36
due emisferi, il sinistro razionale ed il destro
istintivo, e Watzlawick stava verificando, con
alcuni test, le sue capacità cognitive. Uno di
questi test aveva l’obiettivo di misurare la
capacità, da parte del paziente, di riconoscere
alcuni oggetti che gli venivano presentati in un
tempo brevissimo.
Ecco cosa scrive Paul Watzlawick: “Nel corso
dell’esperimento, spesso l’emisfero non dominante (il
destro) fa scattare reazioni di avversione. Queste si
esprimono attraverso corrugamenti della fronte,
trasalimenti e scuotimenti della testa, quando
durante un test, l’emisfero non dominante, che sa la
risposta giusta, ma non può parlare, sente l’emisfero
dominante (il sinistro, quello più razionale) dare
una risposta palesemente sbagliata. L’emisfero non
dominante sembra allora esprimere una vera e
propria rabbia per le risposte sbagliate della sua
metà migliore”.
Ricordiamo che la capacità di parlare risiede
solo nell’emisfero sinistro, quello che detiene
proprietà logiche e razionali, nell’emisfero
destro, invece, sono contenute capacità
intuitive, compresa quella di riconoscere gli
oggetti in pochi millesimi di secondo.
Ricordiamo anche che il paziente di
Watzlawick aveva avuto reciso il corpo calloso,
37
quella parte che unisce i due emisferi del
cervello, per cui le due parti non potevano
comunicare. Cosa è accaduto dunque? Quella
parte di noi che utilizza l’emisfero destro del
cervello, nei pochi millesimi di secondo in cui
era stato presentato l’oggetto, era stata capace
di riconoscerlo e aveva quindi la risposta
esatta. Cosa ha fatto allora? Ha preso il
telefono per avvertire l’altra parte (quella che
utilizza l’emisfero sinistro) di quale fosse la
risposta giusta. Purtroppo però quella
telefonata non è potuta giungere a
destinazione perché era interrotto il filo (il
corpo calloso) che univa i due emisferi. La
parte che gestisce l’emisfero sinistro, l’unico
che possiede la capacità di parlare, non
potendo avere suggerimenti dall’emisfero
destro, ed essendo meno veloce nel vedere gli
oggetti, tirava a indovinare, senza rendersi
conto che nell’altra parte del cervello c’era a
disposizione la risposta giusta. Tirando a
indovinare, a volte sbagliava, e la parte di noi
che opera nell’emisfero destro manifestava
allora la sua rabbia e il suo disappunto con
reazioni fisiche, come i corrugamenti della
fronte e gli scuotimenti della testa.
38
Non so quanto ve ne rendiate conto, ma
quelle di Watzlawick e Goleman sono
affermazioni sensazionali. Soprattutto
dall’esperimento col paziente col corpo calloso
reciso, emerge in modo inequivocabile che ci
sono due soggetti dentro di noi. Due coscienze
che utilizzano in genere uno solo dei due
emisferi del cervello e che, se questi ultimi
sono stati separati, non riescono neanche a
comunicare e a mettersi d’accordo tra loro.
Addirittura una si arrabbia con l’altra!
Sono estremamente interessanti queste
riflessioni perché ci aiutano a capire chi siamo,
e capire chi siamo è il primo passo di qualsiasi
trasformazione.
Lo abbiamo detto in un capitolo precedente,
se voglio mettere le mani da qualche parte, per
aggiustare ciò che non funziona, devo sapere
esattamente ciò che sto toccando per evitare di
fare un sacco di fatica inutilmente. È forse
questo il motivo per cui tante tecniche che
abbiamo imparato, sembra che su di noi non
funzionino? In questo libro scopriremo chi
sono questi altri soggetti dentro di noi, da dove
vengono, quali sono i loro obiettivi e,
soprattutto, alcuni esercizi per comunicare
39
efficacemente con loro e per guarire la nostra
vita.
40
4. PER CAPIRE, PARTIAMODA LONTANO
Per capire un po’ come siamo fatti e chi
pensa e agisce dentro di noi, facciamo un
passo indietro. Sappiamo che esiste qualcosa
che definiamo con il termine generico di
mente inconscia e sappiamo che questa mente
(poi scopriremo che, in realtà, sono più d’una)
ci governa per circa il 95% del nostro tempo.
La percentuale del 95% ovviamente è
spannometrica, ci sono studiosi che parlano
del 95%, altri del 97%, ma non stiamo a
sottilizzare. Basta osservarci un attimo per
accorgerci che è molto difficile essere
consapevoli per più del 5% del nostro tempo.
Per il restante 95% circa del nostro tempo
viviamo in automatico, sia per le attività che
svolgiamo e sia per le re-azioni agli input
esterni.
Per comprenderlo, basterebbe fare
l’esperimento di rimanere spettatori dei nostri
41
pensieri. Sforzandoci potremmo riuscirci per
qualche minuto, dopo di che, ecco che,
inevitabilmente, e senza rendercene conto,
comincerebbero ad arrivare mille pensieri e
noi ricadremmo nel torpore della coscienza.
Basta anche pensare a come si svolge la
nostra giornata. Dal momento in cui ci
svegliamo, tutto avviene in automatico: ci
alziamo dal letto, andiamo a fare la doccia, ci
vestiamo, facciamo colazione, magari
invertendo l’ordine delle attività, ma tutto
avviene in automatico, senza neppure
rendercene conto. Pensiamo a mille cose
mentre facciamo la doccia, ne pensiamo altre
mentre ci vestiamo, pensiamo ad altro ancora
mentre facciamo colazione, e così via, lavoro
compreso, fino al momento di andare a
dormire. Ci “svegliamo” raramente e solo per
pochi minuti, quando magari ci capita
qualcosa di imprevisto o quando abbiamo di
fronte una situazione completamente nuova.
Allora la coscienza dell’Io si desta e affronta la
situazione, ma non appena l’evento rientra nei
canoni del conosciuto, ecco che l’Io ritorna a
dormire.
Non è molto bello da accettare, eppure è
così. Ma se siamo qua, se stiamo leggendo
questo libro significa che ci siamo posti in
42
qualche modo il problema, e allora può essere
che nelle pagine che seguono troveremo
anche il modo per cambiare questo stato delle
cose. E questa è la bella notizia.
Posto dunque che qualcosa o qualcuno ci
governa per la maggior parte del nostro
tempo, dobbiamo ora cercare di capire di cosa
o di chi stiamo parlando.
Non prendete ciò che scrivo e che dico per
verità assoluta, cerchiamo invece di ragionare
insieme, abbiamo tutti una sana razionalità, un
cervello che funziona, allora cerchiamo di
pensare oggettivamente e, se quello che
emerge ci convince, possiamo sperimentarlo.
Solo così una teoria può diventare una nostra
verità. Solo perché l’abbiamo sperimentata e si
è dimostrata efficace, non perché l’ha detta il
guru di turno.
Prima di capire chi è, o chi sono, le menti
che ci governano per la stragrande
maggioranza del tempo, è opportuno fare
chiarezza su alcuni termini, perché se stiamo
parlando di altri io dentro di noi, dobbiamo
capirci, dobbiamo usare termini condivisi, per
43
evitare fraintendimenti.
Un primo chiarimento riguarda una frase
che troveremo più avanti: la cellula è
intelligente. Bene, cosa vuol dire essere
intelligente? Una definizione comune spiega
che l’intelligenza è quel complesso di
funzionalità e abilità psichiche e mentali che
consente ad un soggetto di capire. Il soggetto
intelligente, cioè, percepisce gli stimoli che
provengono dall’esterno, li comprende e trae
delle conclusioni che lo porteranno poi ad
agire di conseguenza.
Questa è intelligenza. Un essere intelligente
è quindi un soggetto pensante, un soggetto
dotato di una propria coscienza, un Sé.
Quindi il soggetto pensante è il Sé, dotato di
una propria coscienza, che, come vedremo più
avanti, può essere più o meno “sveglia”, o, in
altre parole, più o meno auto consapevole.
Un secondo chiarimento riguarda il concetto
di mente. La mente è una funzione della
coscienza. È lo strumento attraverso il quale la
coscienza elabora i pensieri, seppure in alcune
teorie, e spesso anche nel linguaggio comune,
viene definita come il soggetto pensante. Ad
esempio quando si dice: la mente, mente, si
44
indica la mente come il soggetto che pensa e
può mentire. È anche in questo senso che va
letto il titolo del libro. Le 3 menti inconsce, sta
ad indicare che ci sono 3 soggetti pensanti
(non governati dall’Io) dentro di noi.
Pur avendo usato nel titolo questo
significato della parola mente, e cioè che la
mente coincide col soggetto pensante, a mio
parere non è così. Nel titolo del libro ho usato
il termine mente come soggetto perché così è
usata nel linguaggio comune, ma, a mio
parere, la mente altro non è che il so ware, il
programma che “gira” sull’hardware cervello e
che permette alla coscienza di elaborare
pensieri. La coscienza, il Sé, è quindi il vero
soggetto pensante, mentre la mente è solo una
sua funzione che opera sull’hardware,
rappresentato dal cervello.
Partiamo allora in questo viaggio, un po’ da
lontano, ed esattamente dalla cellula. Quando
diciamo: una cellula, intendiamo sia un essere
unicellulare, cioè un essere composto da
un’unica cellula, ma anche di una qualsiasi
cellula di un qualsiasi organo, o di un qualsiasi
essere vivente.
In tutti i casi, che si tratti di un essere
45
unicellulare, di una cellula di un qualunque
animale, o di una cellula, ad esempio, di un
capello, parliamo sempre della stessa cosa,
parliamo di una cellula.
Ora, la biologia ci insegna che la cellula è un
organismo intelligente. Ma non solo, la scienza
ci dice anche che una cellula contiene in sé,
anche se in forma assolutamente elementare,
tutti gli organi che appartengono ad un essere
più evoluto, compreso l’uomo. Ciò significa
che nella cellula c’è anche l’apparato
respiratorio, quello digestivo, ci sono i sensi, il
cervello, e così via. È tutto in forma
estremamente elementare, ma la nostra cellula
respira, si nutre, procrea, percepisce gli stimoli
del mondo esterno, li comprende e reagisce a
tali stimoli, fino a decidere, autonomamente,
di evolvere in base ad essi.
Ciò che abbiamo appena affermato è di
grandissima importanza. Normalmente lo
diamo per scontato, non ci pensiamo, lo
riteniamo una cosa normale. Diciamo che è la
natura, siamo superficiali, eppure nasce tutto
da lì. E nasce da lì anche la comprensione di
46
come siamo fatti. Nasce da quei concetti la
comprensione di chi sono le menti inconsce di
cui tratteremo e nasce ancora da lì la via per
prendersi cura di loro e guarirle per cambiare
noi stessi.
Quando affermiamo che la cellula è
intelligente, stiamo facendo un’affermazione
importantissima, un’affermazione che ha
implicazioni sul nostro vivere quotidiano.
Ricordiamolo sempre, perché ha a che fare
con il nostro benessere e la nostra salute, fisica
e mentale.
Facciamoci ora una domanda, se la cellula è
intelligente, che differenza c’è tra una singola
cellula ed un mammifero (ricordiamo che
anche l’essere umano è un mammifero), ad
esempio il nostro cane? La domanda non è
così sciocca e dovremmo prestarci tutta
l’attenzione possibile. Sono la stessa cosa.
Semplicemente, sono la stessa cosa. C’è solo
una differenza che riguarda la complessità
degli organi interni, soprattutto del cervello,
ma stringi stringi, sono la stessa cosa.
Certo, la cellula ci mette migliaia, forse
milioni di anni per reagire agli stimoli
ambientali e a modificarsi, mentre un
47
animale, se piove, fa in fretta a mettersi al
riparo. Ma anche la cellula reagisce agli stimoli
esterni e, se consideriamo l’evoluzione nel suo
insieme, il processo di percezione degli stimoli
e la conseguente reazione sono esattamente gli
stessi.
Questo assunto è fondamentale per
comprendere la, anzi le, menti inconsce,
perché parliamo sempre di qualcosa di
intelligente.
Ora vediamo come si è arrivati dalla singola
cellula, ai mammiferi e all’uomo, perché in
questi passaggi andremo a scoprire cosa o chi
sono queste benedette menti inconsce. Per
arrivare a comprendere tutto il processo, ci
inventeremo un film che narra la storia di una
cellula che è uscita dall’acqua per iniziare il
processo di sviluppo sulla terra ferma.
Non spaventatevi, non ho alcuna intenzione
di affrontare un discorso complicato. Mi piace
rivolgermi a tutti e vorrei che le parole usate
fossero facilmente comprensibili. Vorrei, e
spero di riuscirci, essere guidato dal buon
senso e scrivere con la massima semplicità
48
espositiva.
Premetto subito che stiamo facendo un
discorso che non ha nulla di scientifico. Quello
che vorrei fare è cercare di comprendere, tutti
insieme, come si è arrivati dalla cellula, agli
animali invertebrati, fino ai mammiferi e fino
all’essere umano. Cosa ha guidato questa
evoluzione e chi determina i comportamenti
di ciascun essere, sia esso unicellulare o essere
umano.
Nella realtà l’origine della vita avviene
nell’acqua, a partire da 4 miliardi di anni fa.
Attraverso processi non ancora univocamente
accettati dalla comunità scientifica, si passa
dalle prime molecole che imparano ad auto
riprodursi, fino alla cellula, e poi da questa alle
varie forme di vita, prima vegetale, e poi
animale.
Le prime forme viventi uscite dall’acqua
sono stati i vegetali, i quali, grazie alla
fotosintesi, hanno fornito al pianeta l’ossigeno
necessario alla vita dei primi animali
(crostacei, ragni, insetti) che hanno potuto
uscire dall’acqua e stabilirsi sulla terra ferma.
49
Però, essendo noi esseri umani prettamente
terrestri, ci piace ragionare e confrontarci sul
conosciuto e, dato che conosciamo bene la
terra ferma, ambientiamo il nostro film, anzi,
un cartone animato alla Walt Disney, fuori
dall’acqua. La sostanza non cambia, perché la
spinta all’evoluzione della vita è la medesima,
indipendentemente dal terreno in cui si è
svolta. Nella nostra storia la vita animale si è
sviluppata sulla terra ferma, dopo che una
cellula si è avventurata fuori dall’acqua.
Ecco dunque che la nostra protagonista, la
prima cellula, esce per la prima volta
dall’acqua (supponiamo per semplicità che sia
una sola, le altre, per il momento, sono
rimaste in acqua a guardare cosa succedeva) e
si ritrova in un ambiente diverso e nel quale
ha più difficoltà a sopravvivere. Ha più
difficoltà a respirare, ha più difficoltà a
nutrirsi, e, sicuramente, anche a muoversi.
Prima, forse, era portata dalle correnti marine,
ora si ritrova in un ambiente completamente
diverso. O impara a cavarsela, o ci lascia le
penne (si fa per dire). Abbiamo detto prima
che la cellula è intelligente, forse non così
sveglia, ma è intelligente e così comincia a
pensare. Mi raccomando, tenete sempre
presente che uso termini scientificamente
50
scorretti, ad esempio il cervello della cellula
potete immaginare quanto sia grande e quanto
tempo deve impiegare per mettere insieme
due pensieri correlati, ma, coi suoi tempi, ci
arriva. Sa che non vuole morire, l’istinto di
sopravvivenza la guida e, piano piano,
comincia ad adattarsi all’ambiente.
Probabilmente inizia a modificare il suo
apparato respiratorio e quello digestivo,
adattandosi all’aria aperta e al nuovo cibo di
cui può nutrirsi.
In questo processo scopre che potrebbe
nutrirsi meglio se riuscisse ad assimilare cibi
diversi, più complessi di quelli di cui si nutriva
quando era nell’acqua. Forse, prima per
nutrirsi le bastava filtrare i nutrienti necessari
attraverso la sua pelle, la membrana, ora
invece è circondata dall’aria ed il cibo deve
conquistarselo, non le arriva cosi facilmente e
senza sforzo. E poi quel cibo è più complesso
e, magari, non immediatamente assimilabile.
Ed è così che, ragiona, ragiona, decide di fare
qualcosa di grandioso, decide di crescere. Non
ricordo come, non sono fresco di studi di
biologia, ma se volete approfondire, questa
potrebbe essere un’ottima occasione per
studiare una materia così affascinante, fatto sta
che la nostra cellula decide di duplicarsi,
51
decide di moltiplicare sé stessa e divenire un
essere pluricellulare, cioè un essere composto
da più cellule.
Questo processo è entusiasmante se ci
pensate bene. Non c’è qualcuno che gli dice
cosa fare. Come afferma il biologo Bruce
Lipton ne “La biologia delle credenze”, “Ogni
cellula è un essere intelligente, in grado di
sopravvivere autonomamente”. Quella cellula
aveva, e ha, una sua intelligenza che la guida
ad evolvere per sopravvivere ed adattarsi al
meglio all’ambiente circostante. Non fa tutti
questi cambiamenti in poche settimane,
neppure pochi anni. Ci mette circa 3 miliardi
di anni per passare da un essere unicellulare ad
un piccolo invertebrato. La sua coscienza non
è così “sveglia”, come quella dell’Io, che per
fare qualcosa ci mette pochi minuti, ma sa
cosa fare e lo fa bene. Ci mette miliardi di
anni, ma passa da essere unicellulare, che
fatica a sopravvivere, ad un essere
pluricellulare che può adattarsi meglio
all’ambiente in cui vive perché può aumentare
la tipologia di cibo con cui nutrirsi.
Questo nuovo essere pluricellulare ora è
composto da tante cellule, ciascuna con la
propria intelligenza, ma la cosa importante è
che il nuovo essere, nel suo insieme, ha una
52
propria coscienza che governa l’intero
organismo e le cellule che lo compongono.
Non sappiamo dove si trovi il cervello del
nuovo essere. Lipton, per quanto riguarda la
cellula, sostiene che il suo cervello, e quindi la
sua coscienza, sia nella membrana esterna,
quella che riceve gli stimoli dal mondo
esterno, ma quando passiamo ad un essere
pluricellulare, non possiamo affermare con
certezza dove si trovi. In ogni caso non è tanto
la sua localizzazione che ci interessa, quanto il
comprendere che c’è una coscienza che
governa e fa evolvere il nuovo essere vivente.
Nel divenire un essere pluricellulare,
l’intelligenza del nuovo organismo decide
anche di specializzarsi ulteriormente. Nel libro
appena citato, Lipton afferma che “…Ogni
cellula possiede gli equivalenti funzionali del nostro
sistema nervoso, apparato digestivo, sistema
respiratorio, escretorio, endocrino, muscolo-
scheletrico, circolatorio, tegumentale (pelle),
riproduttivo e persino un primitivo sistema
immunitario”. Così la coscienza del nuovo
essere prende una decisione e si rivolge ad un
gruppo delle sue cellule e dice: signore, per
poterci sviluppare al meglio, ho bisogno che
53
voi vi mettiate insieme e che vi occupiate solo
di digerire il cibo che mi procuro. Mi
raccomando, so che potete specializzarvi al
meglio e con il vostro aiuto diverrò un essere
ancora più grande e capace. E quel gruppo di
cellule, interessato al bene dell’intero
organismo, accetta la sfida e da quel momento
forma una squadra vincente. Giorno dopo
giorno, o forse sarebbe meglio dire secolo
dopo secolo, diventa una squadra formidabile,
capace di digerire sempre meglio il cibo,
capace di digerire anche cibi sempre più nuovi
e complessi.
Così come avviene per l’apparato digerente,
allo stesso modo, gruppi di cellule si assumono
il compito di specializzarsi per ciascuna altra
funzione del corpo, così che il nostro essere
diventa sempre più grande e capace di
sopravvivere al meglio nell’ambiente in cui si
trova.
Questi nuovi gruppi di cellule, che ora
chiamiamo organi, hanno una propria
intelligenza autonoma che li spinge a
migliorarsi sempre di più. Anche in questo
caso sono processi che durano anni, forse
milioni di anni, ma sono in continua
evoluzione per adattarsi ai mutamenti
dell’ambiente, ai mutamenti delle difficoltà
54
che incontrano, ai mutamenti climatici, ai
mutamenti del cibo di cui l’essere si nutre, e
così via.
Ogni organo ha dunque una sua propria
intelligenza (e dunque una propria coscienza)
che sa perfettamente cosa fare e si evolve in
sintonia perfetta con gli altri organi e sotto il
controllo della coscienza maggiore, quella
dell’intero corpo dell’essere che li ospita.
Ma non finisce qui. Piano piano il nostro
essere pluricellulare, ormai diventato sempre
più complesso e con una struttura ossea, dopo
averci pensato a lungo, ma proprio a lungo,
riesce a ipotizzare l’idea di muoversi. Quando
era nell’acqua tutto era più facile. Per
muoversi bastava lasciarsi trasportare dalle
correnti marine e così si poteva spostare,
conoscere mondi nuovi e nuove opportunità.
Ora, sulla terra ferma, la cosa non era così
semplice, occorreva qualcosa che lo aiutasse. E
così ecco che si rivolge ad un altro gruppo di
cellule e dice loro: ragazze (queste erano
cellule più giovani) abbiamo una grande
opportunità, potremmo arrivare fino a quel
bosco laggiù e sentirci più al sicuro e, magari,
trovare anche cibo più buono, se voi vi
55
occupate dello spostamento. Dividetevi in
quattro squadre e insieme collaborate per farci
muovere.
E così fu. In una forma un po’ romanzata e
fantasiosa, saltando qualche passaggio e
semplificando le cose, è in questo modo che
sono nati gli arti che hanno permesso al nostro
essere di potersi spostare nell’ambiente per
potersi evolvere e appagare i suoi bisogni.
La sto facendo molto semplice, ma ciò che
voglio evidenziare è la visione d’insieme di ciò
che accade nella vita. Tutto governato dalla
coscienza, a partire dalla coscienza della
singola cellula, alla coscienza di ciascun
organo che cerca di migliorarsi, alla coscienza
del corpo dell’animale, del mammifero, che ha
raggiunto, finora, la struttura ideale per
l’ambiente in cui vive, sia esso una tigre, una
mucca, o una scimmia.
Siamo quindi arrivati al mammifero che si
ritrova con degli arti ben sviluppati che gli
consentono di agire molto più rapidamente di
un lombrico. Questo mammifero per
riprodursi e sopravvivere dovrà procacciarsi il
cibo, accoppiarsi ed evitare di divenire cibo
per altri mammiferi più grandi di lui. Ed ecco
56
che gli organi finora sviluppati non sono più
sufficienti. Ha bisogno di qualcosa in più,
qualcosa che c’era potenzialmente anche nella
cellula da cui ha avuto origine, ma che, finora,
non è stata così importante, anzi, vitale. È da
questo momento che entriamo più nel vivo
degli argomenti che ci interessano, perché
stiamo cominciando a parlare dell’origine dei
nostri tanti problemi.
Per il nostro essere, chiamiamolo pure
mammifero, così ci semplifichiamo la vita, il
movimento non è solo una questione di
mettersi al riparo dalla pioggia o di andare a
procurarsi nuovo cibo, il movimento lo può
aiutare anche ad andare verso i suoi simili e a
fuggire da altri mammiferi che, magari, lo
vedono come cibo.
Ecco allora che sorge nel mammifero una
nuova esigenza. Ha bisogno di uno strumento
che gli permetta di confrontarsi con il mondo
circostante. I sensi gli permettono di percepire
la realtà intorno a lui, ma ha bisogno di
qualcosa di nuovo perché l’approccio col
mondo sia funzionale alla sua esistenza e alla
sopravvivenza della specie. E così ecco che un
altro gruppo di cellule si assume questo
57
compito.
Ricordiamo che già nella singola cellula
erano presenti, anche se in forma
estremamente elementare, tutti i sensi e gli
organi di un mammifero adulto. Per questo
motivo non è che il nostro essere deve
inventare nulla, solo affida ad un gruppo di
cellule il compito di sviluppare al meglio
quella funzionalità che era già latente dentro
di sé. Questo nuovo “organo” di cui parliamo è
quello che permetterà al nostro essere che si
sta evolvendo, di gestire la socializzazione, di
gestire il rapporto con tutte le cose e gli esseri
con cui entrerà in contatto. E cosa utilizza per
questa attività? Utilizza le emozioni. Le
emozioni sono lo strumento attraverso il quale
il nostro mammifero si sente attratto da quelli
della sua specie, attraverso cui si formano le
amicizie, si, perché anche i mammiferi hanno
le loro amicizie, e attraverso il quale può
riconoscere i nemici, attaccandoli oppure
scappando a gambe levate.
È una funzione istintiva, senza
ragionamento, non c’è pensiero, o se c’è è
molto elementare. Sono solo le emozioni che
lo guidano. Questo nuovo “organo”, che a
livello fisico corrisponde al cervello della
pancia, al sistema nervoso e al sistema
58
limbico, così come tutti gli altri ha una sua
propria coscienza che lo spinge a specializzarsi
e a migliorarsi sempre di più per essere
sempre più utile e funzionale allo scopo del
mammifero. Questa è una nuova coscienza, ed
è istintiva ed emozionale.
È lei che spinge il mammifero a percepire
affetto e amore verso la madre, verso la
compagna o il compagno, verso gli amici. Ma
è anche la stessa coscienza che gli fa percepire
la rabbia e l’odio verso chi lo ferisce (e non
solo fisicamente) e la paura che lo fa scappare
di fronte ad un pericolo. Grazie a questa nuova
“funzione” il nostro mammifero è in grado di
socializzare, di vivere un rapporto armonico
con gli altri esseri della propria specie e di
difendersi meglio dai predatori. Chiameremo
questa nuova coscienza Sé Istintivo. È una
coscienza puramente emozionale, ben diversa
dalla coscienza del corpo, ed è ciò che
contraddistingue soprattutto tutti i
mammiferi.
Con i loro tempi e a seconda delle necessità,
tutti gli esseri viventi sono in continuo
adattamento ed evoluzione ed è
interessantissimo (ma soprattutto utilissimo
59
nella conoscenza di chi siamo e anche del
perché dei nostri problemi) notare come
evolve il cervello dai mammiferi fino a quello
dell’uomo. La cosa interessante è che esistono
mammiferi che vivono soli, come ad esempio
la tigre, ed altri in gruppo, come i lupi, i bufali,
e le scimmie. E sono proprio queste ultime
classi di mammiferi che si sviluppano ed
evolvono più rapidamente.
Il gruppo stimola, ed ecco che nei
mammiferi più evoluti l’istinto e le emozioni
non bastano più. Il prof. Khrustov, biologo ed
antropologo russo è stato uno dei primi
scienziati a dimostrare che la capacità
cognitiva, la capacità di pensare (che è
qualcosa di ben più evoluto rispetto alla
coscienza istintiva di cui abbiamo appena
parlato), viene prima dell’uomo. Khrustov, ha
dimostrato che il pensiero razionale, non
appartiene solo all’uomo, ma è già presente,
seppure in forma elementare, anche negli altri
mammiferi. Certo in forma ancora primitiva,
ma già le scimmie hanno cominciato ad
elaborare i primi pensieri. Cosa significa?
Riprendiamo il racconto romanzato della
nostra cellula che si è evoluta, fino a diventare
60
una bella scimmia. Ciò che afferma Khrustov
significa che quel mammifero si è reso conto
di avere bisogno di una funzione ulteriore per
evolvere. Non gli bastava più la coscienza del
corpo e non gli bastava neppure la coscienza
istintiva, aveva bisogno di qualcos’altro
ancora, aveva bisogno di “ragionare”.
Come è sempre accaduto, la spinta evolutiva
non avviene senza un motivo, c’è sempre una
ragione, una spinta, un bisogno che ha a che
fare con la sopravvivenza ed il benessere.
Pensate che le scimmie hanno già fatto un
salto evolutivo notevole rispetto agli altri
mammiferi, hanno trasformato gli arti
superiori in strumenti adatti ad afferrare
oggetti e ad utilizzarli per innumerevoli scopi.
Ora, è un po’ come la domanda se è nato
prima l’uovo o la gallina, nel senso che non so
se è stata la capacità di elaborare i primi
pensieri che ha spinto la scimmia a
modificarsi gli arti superiori per trasformarli
in vere e proprie mani, oppure se è stata la
disponibilità delle mani a far nascere in lei il
bisogno di sviluppare la capacità di pensare,
per capire come utilizzarle al meglio. Fatto sta
che quella funzione cognitiva, già presente in
potenza nella cellula, e via via cresciuta con lo
sviluppo del cervello, ha fatto sì di assumere
61
un ruolo sempre più importante. E come
risultato fisico, la corteccia cerebrale dei
primati si è evoluta sempre di più, fino alle
scimmie più evolute: i gorilla, gli oranghi e gli
scimpanzé.
Con lo sviluppo di questo organo sono
diventati più complessi anche i
comportamenti e, guarda caso, nelle specie di
scimmie che si nutrono di frutti difficili da
scovare, il cervello è più grosso rispetto a
specie di taglia simile. Qual è la conseguenza
logica? Laddove l’animale ha bisogno di
“pensare” di più per sopravvivere, ecco che la
coscienza di quel nuovo organo (la corteccia
cerebrale) fa sì che questo si sviluppi di più,
così da poter affrontare questioni più
complesse, come ad esempio riuscire a
recuperare quei frutti più difficili da
raggiungere.
Così come ogni singola cellula è intelligente,
cioè ha un proprio sé, allo stesso modo ogni
organo è intelligente, cioè ha un proprio sé che
lo spinge ad evolvere sempre di più per il bene
dell’essere di cui è parte integrante.
Chiameremo questo nuova coscienza dei
mammiferi più evoluti, Sé mentale, perché il
suo elemento è il pensiero, così come
l’elemento del Sé istintivo era l’emozione.
62
Una ulteriore prova dello sviluppo del Sé
mentale delle scimmie ci viene dato da una
recente ricerca pubblicata sulla rivista Plos
One, condotta da un pool di scienziati, guidato
da Leonardo Fogassi e Pier Francesco Ferrari,
rispettivamente dei dipartimenti di Psicologia
e di Biologia evolutiva dell’università di
Parma. La ricerca ha dimostrato che il cervello
delle scimmie è già predisposto per il
linguaggio. “Le vocalizzazioni delle scimmie sono
di natura emozionale, cioè le emettono quando sono
in una situazione di stress e pericolo o quando sono
particolarmente eccitate, ad esempio alla presenza
di cibo. Noi abbiamo sfruttato questa loro tendenza
spontanea e abbiamo incentivato, tramite del cibo, a
emettere alcune di queste vocalizzazioni. Dopo
alcuni mesi le scimmie dimostravano di essere in
grado di avere un controllo, seppur parziale, della
vocalizzazione”.
Pier Francesco Ferrari: “Questo studio
rappresenta un punto di rottura con la visione
teorica dell’evoluzione del linguaggio, e ci permette
di capire come già nei nostri cugini, da cui ci siamo
separati alcuni milioni di anni fa, le strutture
neurali della corteccia cerebrale deputate al
controllo della faccia e della laringe abbiano un
63
ruolo nel controllare la fonazione, sebbene non così
importante come nell’uomo”.
Interessante, vero? Ma, come affermavo più
sopra, non è tanto scoprire la capacità delle
scimmie che ci interessa, ciò che ci preme
comprendere sono le diverse coscienze che si
sono sviluppate nei mammiferi, e, ancora di
più, nell’essere umano, perché è proprio
dall’interazione di queste coscienze, il Sé
fisico, il Sé istintivo ed il Sé mentale che, come
vedremo, nasce il nostro benessere o il nostro
malessere.
64
5. L’ANIMALE UMANO
E arriviamo all’essere umano. Non voglio
entrare nella diatriba tra evoluzionisti, neo
darwinisti, creazionisti e così via, per quanto ci
riguarda è una diatriba sterile e non cambia la
sostanza delle cose: l’uomo è un mammifero,
un mammifero che vive in gruppo e che ha
saputo sviluppare quella parte del cervello che
viene chiamata mente razionale, e che ora
chiameremo Sé mentale, molto più degli altri
mammiferi.
Questo sviluppo è stato possibile in un
primo tempo (si parla di milioni di anni)
grazie al fatto che il Sé mentale, che si stava
sviluppando, ha fatto crescere la massa
volumetrica della corteccia cerebrale, che è
passata dal 15% dell’intero cervello nei
marsupiali, al 25% dei roditori, al 50% dei
carnivori, al 75% delle grandi scimmie, fino a
oltre l’80% dell’uomo.
Ricordiamoci che ogni singola cellula ha una
65
coscienza, così come ogni organo ha una
propria coscienza, così come il corpo nella sua
interezza ne ha una, e la coscienza del corpo
dirige le altre coscienze, come un direttore
d’orchestra, al fine di ottenere il corpo
ottimale sulla base dell’adattamento agli
stimoli dell’ambiente esterno.
Quindi il Sé mentale ha fatto crescere la
corteccia cerebrale fino al massimo consentito
dalla scatola cranica, e lo possiamo osservare
notando che mentre nei mammiferi meno
evoluti la corteccia cerebrale ha una forma
liscia, nei mammiferi più evoluti, e soprattutto
nell’uomo, ha assunto una forma
spiccatamente ondulata proprio per avere una
maggiore superficie in uno spazio ridotto.
Per capire cosa è successo, potete
immaginare di prendere un pezzo di stoffa e
di stenderlo su un tavolo. Se appoggiate le
mani su due bordi opposti della stoffa e le
avvicinate, vedrete che la stoffa forma tante
pieghe, per poter adattare tutta la sua
superficie ad uno spazio molto più ridotto.
Quando la coscienza della mente razionale,
il Sé mentale, ha ritenuto di avere fatto il
possibile per svilupparsi, ha fatto una
66
“telefonata” alla coscienza del corpo, il Sé
fisico, il direttore d’orchestra, e gli ha detto:
guarda che più di così non posso fare, non ho
più spazio e non riesco a comprimermi
ulteriormente, adesso ho bisogno che tu mi
dia una mano perché, se potessi crescere
ancora, potrei fare molto di più e aiutarti a
vivere meglio.
L’ho messa sul ridere, ma sono convinto che
le cose sono andate più o meno così e il
periodo in cui sono avvenuti questi
cambiamenti supporta perfettamente questa
teoria.
A quel punto il Sé fisico ha valutato come
era la struttura ossea e ha deciso che poteva
dare più spazio al cervello. Come? Facendo
aumentare il volume della scatola cranica, fino
al punto di raggiungere il bilanciamento
ottimale della struttura ossea per permettere
all’essere umano di svolgere al meglio tutte le
sue attività.
E così ha fatto. Ci ha messo del tempo, più di
2 milioni di anni, ma la scatola cranica, è
passata da una capacità di 500-800 ml
dell’Homo habilis (2,3 milioni di anni fa), agli
attuali 1.100-1.700 ml dell’Homo sapiens.
67
Se ci pensate è incredibile e allo stesso
tempo, bellissimo. Abbiamo dentro di noi
tante coscienze, ciascuna con un proprio
obiettivo e ciascuna che fa sempre del suo
meglio per il bene dell’intero organismo.
Così nell’essere umano la coscienza della
mente razionale, il Sé mentale, si è sviluppata,
è cresciuta sempre di più, fino a permetterci di
costruire edifici alti più di 800 metri, di
andare nello spazio e di costruire microchip
che contengono 30 milioni di transistor in una
capocchia di spillo.
Dunque, fino a qua abbiamo analizzato il
mammifero umano. Sì, l’animale uomo e
niente di più. Non c’è alcuna differenza tra la
scimmia che ha imparato a utilizzare diversi
strumenti presenti in natura e a modificarli
per soddisfare i propri bisogni e l’essere
umano che costruisce astronavi. Sono solo
capacità razionali diverse, più sviluppate,
molto più sviluppate, nell’uomo, ma sempre
capacità razionali sono. E sempre fanno parte
di uno sviluppo, seppure straordinario, di
quegli elementi che erano presenti, seppure in
forma primitiva, anche nella singola cellula.
Immagino alcuni, forse molti di voi,
ribellarsi a questa idea. No, non siamo solo
68
animali. No, la capacità di pensare non è degli
animali, solo l’uomo è razionale. Eppure non è
così, non è la capacità di pensare che distingue
l’essere umano dagli altri mammiferi. O
perlomeno, certo solo l’animale umano ha
sviluppato in modo così sorprendente il Sé
mentale, ma ciò che conta, non è il livello di
pensiero cui l’essere umano è arrivato, ciò che
conta è che la capacità di pensare è comune a
tutti gli esseri viventi. E, come affermavo
prima, la scienza lo ha dimostrato.
Ora, sulla base di tutto quanto abbiamo
appena compreso, ricordate le citazioni dal
libro di Goleman e, soprattutto, l’esperimento
condotto da Paul Watzlawick: “Nel corso
dell’esperimento, spesso l’emisfero non dominante (il
destro, ora diremmo, quello nel quale si esprime il
Sé istintivo) fa scattare reazioni di avversione.
Queste si esprimono attraverso corrugamenti della
fronte, trasalimenti e scuotimenti della testa,
quando durante un test, l’emisfero non dominante,
che sa la risposta giusta, ma non può parlare, sente
l’emisfero dominante (il sinistro, quello più
razionale, quello che ora chiamiamo Sé mentale)
dare una risposta palesemente sbagliata. L’emisfero
non dominante sembra allora esprimere una vera e
69
propria rabbia per le risposte sbagliate della sua
metà migliore”.
Riuscite a comprendere le diverse coscienze
che operano dentro di noi? Non
preoccupatevi, riprenderemo ancora
l’argomento e vedremo come queste coscienze
possono entrare in conflitto tra loro e,
soprattutto, chi, e come, potrà aiutarle a
ritrovare l’armonia perduta.
Ci sono studi di neuroscienze che si
avvicinano molto alle ipotesi che abbiamo
presentato e tra i più interessanti ci sono quelli
di Paul D. MacLean, che ha elaborato un
modello della struttura e dell’evoluzione
dell’encefalo, descrivendolo come “Triune
Brain” (cervello uno e trino).
MacLean ha scritto diversi libri tra il 1970 e il
1990 e ha individuato tre formazioni
anatomiche e funzionali principali che si sono
sovrapposte ed integrate nel corso
dell’evoluzione. A queste tre formazioni ha
dato i nomi di cervello rettiliano,
mammaliano antico (Sistema Limbico) e
mammaliano recente (Corteccia cerebrale).
“Il cervello di tipo rettiliano che si trova nei
mammiferi è fondamentale per i comportamenti
70
primordiali, quali scegliere il luogo dove abitare,
prendere possesso del territorio, cacciare, ritornare
alla propria dimora, accoppiarsi.” Guarda caso,
sembrano proprio le funzioni che abbiamo
attribuito al Sé fisico.
“Il cervello mammaliano antico, o sistema
limbico, rappresenta un progresso dell’evoluzione
del sistema nervoso perché è un dispositivo che
procura agli animali che ne dispongono mezzi
migliori per affrontare l’ambiente. Parti di esso
concernono con l’affettività, le emozioni e i
sentimenti; ed altre ancora collegano i messaggi
provenienti dal mondo esterno con quelli
endogeni”.
Non vi sembra che abbia descritto proprio
gli obiettivi della coscienza sociale ed
emozionale del Sé istintivo?
“Il cervello mammaliano recente consiste nella
corteccia cerebrale. La neocorteccia è una delle
strutture nervose più ampiamente studiate, ma allo
stesso tempo una delle meno conosciute. Essa è, a
livello umano, la sede del linguaggio ed, in generale,
è la sede di quei comportamenti che permettono ad
una persona di affrontare situazioni nuove ed
inaspettate”.
Anche in questo caso sembra di leggere la
71
descrizione delle funzionalità e degli obiettivi
del Sé mentale.
La cosa interessante è che McLean nota
come le tre parti del cervello, sono influenzate
tra di loro, anche se sono capaci di funzionare
in qualche modo indipendentemente.
Ma l’altra cosa estremamente interessante ci
riporta al concetto che abbiamo espresso
all’inizio, e cioè che nella cellula ci sono già,
anche se in forma primitiva, tutti gli organi e
le funzioni di un essere adulto. McLean,
infatti, ha verificato che nei Rettili, che nella
scala evolutiva vengono molto prima dei
mammiferi e dell’essere umano, esistono
piccoli centri nervosi riferibili al Sistema
Limbico o al Neomammaliano, che, nella
forma più sviluppata, sono presenti solo nei
mammiferi.
Interessante, vero? La Scienza ha messo le
basi per riconoscere la presenza di tre cervelli
che sono uno, ma sono anche, in qualche
modo, indipendenti. Essere indipendenti
72
significa essere autonomi, significa avere una
propria intelligenza, identità e coscienza.
Ma allora siamo solo mammiferi? Animali e
niente altro? No, certamente no. Ma ciò che ci
differenzia dalle scimmie e dagli altri animali
non è certo la capacità di andare nello spazio,
o quella di costruire automobili potentissime,
o quella di sviluppare computer sempre più
piccoli. Quelle capacità fanno parte di un Sé
mentale sempre più sviluppato, sempre più
potente, ma non ci differenziano dagli altri
animali.
Non ci differenziano da loro neppure i
nostri problemi, le nostre guerre, la politica,
che, come vedremo più avanti, sono anch’essi
frutto del Sé mentale e, anzi, sono spesso la
causa dei conflitti tra popoli e conflitti
all’interno della persona.
Ciò che ci differenzia dagli altri animali è un
Sé in più. Una coscienza in più che non ha
nulla a che fare con l’evoluzione.
Tutte le altre coscienze analizzate finora,
sono coscienze che, potenzialmente, erano
presenti già nella prima cellula che ha abitato
la Terra, coscienze quindi puramente animali.
73
Ora stiamo parlando di qualcos’altro, parliamo
di una coscienza che gli altri animali non
hanno, neppure quelli più evoluti.
Dedicheremo un intero capitolo a quest’altra
coscienza, che chiameremo “io osservatore”,
perché è la nostra vera natura e c’è veramente
molto da dire su di essa.
Con questa nuova visione, con la
comprensione che tutta la vita è mossa da
varie forme di intelligenza (il Sé fisico, il Sé
istintivo, ed il Sé mentale), che abbiamo detto
essere coscienze a diversi livelli di
consapevolezza, tutto assume un senso logico.
Dall’intelligenza della cellula si è sviluppata la
vita di ciascun essere, e queste forme di
intelligenza si sono sempre più evolute,
insieme all’essere fisico che le ospitava.
Vediamo ora, in dettaglio, tutte le varie
coscienze che compongono l’essere umano,
con i loro scopi e le loro interazioni. Perché
ogni aspetto del nostro carattere ha a che fare
con la formazione e l’interazione di queste tre
coscienze, le tre menti inconsce, e solo
conoscendole sapremo come guarirle.
74
6. IL SÉ FISICO
Ci dicono i biologi che la cellula è
intelligente. Ora abbiamo compreso che non
solo la cellula è intelligente, cioè sa pensare, il
che vuol dire che è dotata di una propria
coscienza, cioè è un Sé, ma anche un
raggruppamento di cellule, come un organo,
con una sua propria funzione, possiede le
stesse qualità.
Il più grande raggruppamento di cellule lo
troviamo nel corpo fisico e, più grande è
l’insieme di cellule, più è complessa la sua
esistenza, e più elevato è il suo livello di
coscienza. Questa affermazione non è banale,
soprattutto da un punto di vista terapeutico.
Ma di questo ne parleremo più avanti.
Ogni coscienza ha un obiettivo, e lo scopo
della coscienza del corpo, quello che
chiamiamo Sé fisico, è la sopravvivenza del
singolo individuo e della specie cui appartiene.
75
Parlando della cellula, abbiamo detto che la
sua è una coscienza dormiente. Pertanto, non
appare come capacità di pensare, come
avviene per il Sé mentale, quanto come istinto.
Infatti, quando si parla comunemente di
comportamenti messi in atto
automaticamente dall’individuo per
sopravvivere, si usa il termine istinto di
sopravvivenza. Non dimentichiamo però che
l’istinto non è qualcosa di diverso da un
qualsiasi altro moto di coscienza, parliamo
sempre della stessa cosa. È un po’ come
l’esempio della capacità di ragionamento
dell’essere umano, paragonato alla medesima
capacità della scimmia. Parliamo sempre della
stessa cosa, anche se a livelli diversi, molto
diversi, di consapevolezza. In un caso c’è
grande consapevolezza, nell’altro, il processo
avviene in modo molto più lento, come se la
coscienza fosse anestetizzata. Ciò che conta
però è comprendere che esiste una coscienza e
osservare come si manifesta nel quotidiano.
L’obiettivo del Sé fisico, come abbiamo
detto, è la sopravvivenza, che si esprime come
bisogno di sicurezza, di alimentazione, di
riposo, e di accoppiamento.
Questo obiettivo è comune a tutti i Sé fisici,
sia formati da una sola cellula, o estremamente
76
complessi e formati da tanti organi, come il
corpo dell’essere umano. Lo scopo della loro
coscienza è sempre il medesimo: sopravvivere,
attraverso la procreazione e l’adattamento
all’ambiente in cui vivono. Cambiano solo i
tempi ed i modi, perché più la coscienza è
dormiente, più i tempi sono lunghi, più la
coscienza è elevata (seppure parlando di
coscienza del corpo), e più i tempi sono rapidi.
Non sono un antropologo, però mi
piacerebbe, un giorno o l’altro, confrontarmi
con qualche studioso di antropologia perché
se, come abbiamo visto nelle pagine
precedenti, il corpo dell’essere umano ha
impiegato milioni di anni per arrivare alla
struttura fisica che conosciamo, mi sembra
che negli ultimi decenni i cambiamenti fisici
abbiano subito una trasformazione molto più
veloce. Basterebbe vedere le statistiche
sull’altezza media, o sulla quantità di peli che
ricoprono il corpo, per notare differenze
grandissime tra i nostri antenati, più bassi e
con un corpo molto più peloso, rispetto alle
ultime generazioni. Ma i cambiamenti non si
limitano a quello. Ciò che mi sorprende di più
sono quei cambiamenti legati all’estetica.
Ricordo che quando ero bambino, era
77
difficilissimo trovare un bambino o una
bambina biondi. Oggi non è più così. Il colore
della pelle, degli occhi e dei capelli, ma anche i
tratti del viso e la forma del corpo, sembra che
si siano modificati molto più velocemente e, a
mio parere, senza una motivazione scientifica,
rispetto a quanto sia avvenuto nei decenni
precedenti. Sembra quasi che la coscienza del
corpo sia stata influenzata dai gusti e dalle
aspettative delle persone. Ripeto, è solo
un’osservazione ed un’ipotesi che mi
piacerebbe verificare con qualche
antropologo, ma se così fosse, sarebbe una
dimostrazione di come le coscienze del corpo
interagiscono tra di loro. Sarebbe una
dimostrazione di come i desideri, che come
vedremo più avanti appartengono al Sé
istintivo ed al Sé mentale, possono, in qualche
modo, essere percepiti dal Sé fisico che, con i
suoi tempi, fa in modo che il corpo si adegui
alle richieste delle coscienze superiori.
So che molti studiosi, soprattutto biologi,
hanno correlato le trasformazioni del corpo
con le abitudini sociali e, soprattutto,
alimentari, ma, a mio parere, quelle abitudini
non sono sufficienti a giustificare le
modificazioni del corpo, soprattutto quelle
78
estetiche, che stiamo vedendo in questi ultimi
anni.
E queste ipotesi non sono le uniche
“stranezze” che hanno a che fare con
l’interazione delle varie coscienze che abitano
l’essere umano. Il prof. Bernardino del Boca è
stato un amico, ma anche un maestro nel mio
percorso di crescita, e, in qualità di
antropologo e studioso delle religioni, è stato
anche autore di numerosi libri. Uno dei libri
che lessi tantissimi anni fa e che mi
entusiasmò molto fu “La Dimensione Umana”,
allora edito da Bresci Editore, e proprio in quel
libro Bernardino narra di una storia che allora
mi colpì molto e che, ora, rileggo sotto una
nuova veste. Scrive Bernardino nel suo libro:
“Lo scrittore greco Eliodoro aveva già illustrato la
telegonia (Bernardino definisce con questo
termine l’influenza di coscienze superiori sulla
coscienza del corpo) nel terzo secolo dopo Cristo,
nella sua opera “Gli Etiopi”. In quel libro, Eliodoro
ha riportato la storia della bambina bianca nata
dalla regina Persina di Etiopia. Poiché sia lei che il
re erano negri, quella nascita fece scoppiare uno
scandalo poiché si pensò che la regina avesse
commesso un adulterio. Ma uomini bianchi non
erano stati in Etiopia che alcuni anni prima e
perciò non si poteva parlare di tradimento. I medici
79
etiopi giunsero alla conclusione che la regina si era
innamorata tanto tempo prima di uno straniero
bianco, e “un’impregnazione magica” aveva
causato, dopo tanti anni, la nascita di una bambina
che gli somigliava. Altri fatti del genere convinsero
l’opinione pubblica della verità di questa eredità a
distanza, ma furono soprattutto gli esperimenti di
Lord Morton, all’inizio dell’800 su alcune
giumente, e le ricerche del Dr. Henri Lafuente di
Algeri a provare la realtà della telegonia”.
Ben più recentemente il famoso biologo
americano, Bruce Lipton, nel suo best seller La
Biologia delle Credenze, ha dimostrato con
esperimenti sui topi quanto siano più
importanti le credenze inconsce a
determinare la vita, piuttosto che il DNA.
Lipton si è fermato al concetto di credenze,
ma a noi interessa altro. O perlomeno,
arriveremo a trattare le credenze in un
secondo momento. Ora la cosa più importante
è comprendere CHI detiene le credenze,
perché se voglio diventare maestro di me
stesso, e dentro di me ci sono più allievi (i vari
Sé che stiamo conoscendo), devo sapere a
quale allievo rivolgermi.
Lipton ha dimostrato le verità sulle
80
affermazioni di Eliodoro, Lord Morton, Henri
Lafuente e Bernardino Del Boca. Ha
dimostrato che la coscienza del corpo, il Sé
fisico, viene influenzata dalle coscienze
superiori, e può modificare, di conseguenza, la
struttura fisica delle cellule che compongono il
corpo. Potete immaginare le implicazioni che
potrebbe avere una simile realtà, anche sulla
medicina? Pensate solo ad un paziente che è
convinto profondamente di non riuscire a
guarire di una certa malattia, che tipo di
informazioni riceverebbe il suo Sé fisico? E
come potrebbe reagire?
Come potrebbe reagire invece il Sé fisico di
un paziente che è certo di riuscire a guarire,
oltre ogni ragionevole dubbio?
Pensate se si potessero sperimentare negli
ospedali queste teorie, immaginate quali
nuove opportunità si potrebbero aprire per
l’essere umano.
Quando parliamo di Sé fisico, e quindi di
coscienza della componente prettamente
biologica, non parliamo però solo della
coscienza del corpo, ma anche di quella della
cellula e di ciascun organo.
Era qualche giorno che stavo pensando a
questo capitolo e mi sarebbe piaciuto avere un
81
confronto con qualche studioso che mi
aiutasse a trovare esempi facilmente
comprensibili a supporto delle mie ipotesi.
Alcuni giorni fa mi trovavo alla stazione
ferroviaria di Milano, a Casa Italo, lo spazio
dove è possibile sostare in attesa del treno per
Roma. Ero largamente in anticipo e mi ero
seduto, da solo, ad un tavolo rotondo per
scrivere alcuni appunti riguardanti proprio
questo libro. Poco dopo cominciano ad entrare
altri passeggeri e una ragazza viene a sedersi
proprio di fianco a me. Quando annunciano il
treno, chiudo il pc e, mentre mi alzo, quella
ragazza mi rivolge la parola per salutarmi.
Camminando verso il binario scambiamo
alcune parole e mi dice di essere una
microbiologa, ricercatrice, e che stava
studiando l’applicazione di alcune sostanze
vegetali in campo terapeutico.
Sorrisi tra me e me e facemmo in modo di
continuare il viaggio insieme. Nella mia
carrozza, il sedile di fianco a quello che
occupavo era libero. Detto fatto, ciò che
cercavo mi veniva offerto nel modo più
simpatico e professionale che potessi
immaginare.
Parlai con Francesca, così si chiama la
82
microbiologa con cui viaggiai verso Roma,
dell’idea che sia la cellula, che ciascun organo,
che anche il corpo, nel suo insieme, sono
dotati di una propria coscienza e che queste
coscienze comunicano continuamente tra
loro. Lei, immediatamente, rispose che la
pensava esattamente allo stesso modo. Mi fece
alcuni esempi per dimostrarmi come avviene
il rapporto tra queste coscienze, il primo dei
quali riguarda la tiroide.
Supponiamo, mi disse, che la tiroide abbia
necessità di un certo componente chimico, ad
esempio lo iodio. Cosa fa la tiroide? Comunica
con il Sé fisico per segnalare ciò di cui ha
bisogno. A questo punto il Sé fisico accede alla
memoria e verifica quale, tra le informazioni
in suo possesso, quale alimento o altra fonte
può fornire l’apporto di iodio più veloce
facilmente assimilabile. Ad esempio, se quella
persona è stata al mare in passato e, in tale
ambiente, particolarmente ricco di iodio, era
stata bene fisicamente, ecco che il Sé fisico
potrebbe mandare al Sé istintivo un ricordo
del mare, con un forte desiderio di tornarci.
Quando si parla del corpo, delle cellule e del
loro comportamento, si giustifica una tale
capacità come qualcosa di naturale. Si dice: è
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la natura. È la natura che fa tutto, è la natura
che sa cosa fare.
Si, ma chi è la natura? Qualcuno vuole
presentarmela? Dirmi come è fatta, dove vive,
cosa fa e in che modo riesce a governare tutta
la vita?
Si usa il termine “natura” tutte le volte che si
deve spiegare qualcosa che ancora non si
riesce a spiegare. Se però cominciamo ad
accogliere l’idea che la cellula è intelligente,
quindi che c’è una sua coscienza che la guida,
ecco che tutto è facilmente spiegato. Così
come la cellula è intelligente, lo è anche ogni
organo e lo è l’intero corpo. L’interazione di
tutte queste coscienze permette di
comprendere tutti i fenomeni fisici e psichici,
che accadono nell’essere umano, e di questo
avremo modo di parlare nei prossimi capitoli.
Ma andiamo oltre. Dove si trova la coscienza
della cellula, di un organo o del corpo? Non lo
so. Non sono ancora arrivato a tanto, ma sono
certo che occorre andare su un piano ben più
sottile del piano fisico, e ne parleremo in uno
dei prossimi capitoli.
Bruce Lipton ipotizza che il cervello della
cellula sia la membrana, e anche la
ricercatrice, Francesca, ha confermato tale
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ipotesi, perché la membrana è quella parte
della cellula che filtra gli stimoli provenienti
dall’esterno e, in base al suo sistema di
percezione, agisce di conseguenza. Lipton
però si riferisce al cervello della cellula, non
alla sede della coscienza. Cioè al suo centro di
comando.
Ed in effetti, finora non si ha la più pallida
idea di dove sia la coscienza, anzi, di dove
siano le coscienze fisiche. È stata cercata nel
cervello umano, ma non esiste alcuna prova
che risieda nel piano materiale e, a mio parere,
è proprio così. Sono convinto che la coscienza
sia qualcosa di immateriale, anche se,
ovviamente, deve avere un supporto fisico nel
quale esprimersi, come, ad esempio, nel
cervello rettiliano.
Una spiegazione potrebbe venire da uno
studio sui chakra e da quelli che, alcune scuole
spirituali, chiamano corpo eterico, astrale e
mentale. Ho dedicato un capitolo del libro a
questi argomenti che, a mio parere, sono
estremamente interessanti e possono portare a
nuove visioni e nuove opportunità nello
studio dell’essere umano.
Anche la malattia potrebbe essere compresa
da un punto di vista più olistico, partendo
85
dalle coscienze.
Molte malattie, ad esempio, altro non sono
che una reazione intelligente ad una
situazione stressante. Se mi nutro in modo
errato, oppure fumo, o mi drogo, o assumo
troppi farmaci, è evidente che sto intasando
alcuni organi e/o alcune cellule del corpo con
qualcosa di dannoso. La loro intelligenza fa sì
che la cellula e l’organo possano difendersi,
per quanto è possibile, da quegli elementi
tossici, e per un certo periodo di tempo
possono anche non ammalarsi. Inoltre se il
sistema immunitario funziona bene, e ormai,
anche la scienza, sa perfettamente quanto
abbondanti iniezioni di allegria aiutino il
sistema immunitario ad essere efficiente, gli
organi e le cellule vengo protetti contro
attacchi esterni. Ma se l’intossicazione perdura
nel tempo, e/o il sistema immunitario viene
debilitato, ecco che la cellula e l’organo
interessato non riescono più a gestire i veleni
accumulati e si ammalano.
Un esempio eclatante e vissuto
quotidianamente da molte persone è lo stress.
Sappiamo che lo stress è un formidabile
strumento di difesa che la coscienza del corpo
utilizza in tutti i mammiferi per la
86
sopravvivenza.
Quando un animale si trova davanti un
pericolo, ecco che il Sé istintivo lo percepisce
attraverso i sensi e lo comunica al Sé fisico
attraverso l’emozione della paura. Il Sé fisico
allora produce immediatamente adrenalina e
cortisolo, quest’ultimo è un ormone prodotto
dal surrene che attiva le riserve energetiche
necessarie al corpo per prepararsi all’attacco o
alla fuga. In questo modo il nostro animale,
che, magari, fino a pochi minuti prima si
trovava rilassato a pascolare, ora è prontissimo
a reagire al pericolo per salvarsi la pelle.
Durante l’attacco, o la fuga, viene consumato
tutto il cortisolo prodotto, così che, se
l’animale è stato abbastanza rapido ed è
sfuggito al predatore, l’equilibrio ormonale del
corpo ritorna nel suo stato ottimale.
Il meccanismo di difesa è rimasto inalterato
per l’essere umano, anche se i pericoli per la
sopravvivenza sono quasi del tutto spariti.
Cosa accade però all’animale uomo? Per
motivi che andremo ad analizzare nei capitoli
successivi, il nostro mammifero umano ha
perso un poco della sua sicurezza interiore.
Questa insicurezza fa sì che il suo Sé istintivo
gli faccia percepire come pericolo molte
87
situazioni quotidiane, come ad esempio un
colloquio con il capo ufficio, oppure rapporti
affettivi con persone verso le quali si sente
insicuro, o anche solo il guidare un
automobile.
Il meccanismo, quindi, è identico a quello
del nostro animale che vive nella savana e che
rischia tutti i giorni di essere sbranato da
qualche altro animale che lo vede come un
ottimo pasto. E cosa fa quindi il Sé fisico
dell’animale uomo? Innesca tutti gli stessi
meccanismi di difesa, e produce il cortisolo
necessario all’attacco o alla fuga. Solo che il
nostro essere umano non può darsi a gambe
levate davanti alla situazione di pericolo
percepito, deve rimanere lì, magari in silenzio
a sorbirsi tutto lo stress, senza poter agire. Il
cortisolo prodotto, quindi, non viene
consumato e si accumula nell’organismo.
Così come per tutti gli altri alimenti nocivi,
anche il cortisolo, alla fine, se diventa troppo, è
nocivo e può portare malattie, come, ad
esempio, l’ipercorticosurrenalismo, che ha
come sintomi: la stanchezza, l’osteoporosi,
l’iperglicemia, il diabete mellito tipo II, la
perdita di tono muscolare e cutaneo, colite,
gastrite, impotenza, perdita della libido,
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aumento della pressione arteriosa e della
concentrazione sanguigna di sodio, strie
cutanee, depressione, apatia, euforia,
diminuzione della memoria. Sono sufficienti?
Un altro tema che ci sembra importante e
che può far vedere come esista una coscienza
del corpo che pensa, giudica e prende
decisioni, si adatta, o reagisce, è il caso dei
trapianti di organi.
Perché mai un corpo dovrebbe rigettare un
organo sano che gli viene trapiantato in
sostituzione di un organo malato? Se il nostro
corpo fosse come una macchina, non si
sognerebbe mai di rifiutarsi di accettare un
nuovo pezzo di ricambio. Immaginate la
vostra automobile, cui deve essere sostituito
l’albero di trasmissione, che appena uscita
dall’officina, si ferma e rigetta il nuovo e
fiammante albero di trasmissione appena
montato. Ci sarebbe da ridere. L’automobile è
una macchina e, come tale, non ha alcuna
possibilità di decidere se quel pezzo di
ricambio gli piace o meno.
Il corpo non è così, ha una sua coscienza e,
come tale, può anche rifiutarsi di accettare un
organo che non riconosce. Figuriamoci poi se
un’altra coscienza superiore, ad esempio il Sé
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istintivo o il Sé mentale, gli comunicano dubbi
sul fatto di accettare un organo che
apparteneva ad un’altra persona. Ricordiamo
che le coscienze superiori, sono decisamente
più forti rispetto al Sé fisico e, come abbiamo
visto sopra, con gli esempi riportati da
Bernardino del Boca e Bruce Lipton, possono
influenzare pesantemente la componente
fisica.
So che ci sono stati diversi casi di suicidio in
persone che hanno subito trapianti ed
eclatante è stato il caso di un uomo che si è
fatto amputare una mano che gli era stata
trapiantata anni prima, a seguito di tentativi di
rigetto e dolori assolutamente immotivati.
Se le cose stessero davvero così, sarebbe
interessantissimo poter sperimentare un
supporto a pazienti che devono subire un
trapianto per preparare il Sé fisico, il Sé
istintivo ed il Sé mentale ad accettare il nuovo
organo, come strumento indispensabile a
condurre una vita più sana, ed evitare così casi
di rigetto.
La coscienza del corpo, il Sé fisico, è
coinvolta anche nel problema delle
90
dipendenze da cibo, fumo, alcool, droghe e
così via. Parleremo però delle dipendenze in
un altro capitolo, dove analizzeremo
l’influenza e l’interazione delle varie coscienze
dell’essere umano come causa di molte
problematiche che affliggono l’umanità
moderna.
Vorrei concludere questo capitolo con un
aspetto della coscienza delle cellule che non
riguarda gli animali, bensì il mondo vegetale e
l’acqua.
L’articolo che segue è stato tratto dal
quotidiano Repubblica del 12 gennaio 2010 e
riporta uno studio dell’Università di Bonn
sulle risposte fornite dalle piante, sottoposte a
vari stimoli. L’articolo sembra confermare
pienamente l’esistenza di una coscienza, di un
Sé fisico, anche nel mondo vegetale.
“...anche nel mondo della botanica sensazioni,
percezioni e valutazione del momento, quasi un
embrione d’ intelligenza e di anima, esistono. Ce lo
rivelano studi scientifici dell’ università di Bonn e
di ricercatori americani. Il suono d’ una voce che ti
saluta fa bene alle piante, le radici orientano la loro
crescita sotterranea e dialogano tra loro con
emissioni di sostanze chimiche, alcuni fiori
reagiscono al contatto con la mano dell’ uomo, altri
91
attirano gli insetti producendo più polline, perché
in cambio gli insetti li liberano dai parassiti.
Attenti ogni volta che comprate una pianta, per il
giardino, per il balcone, la finestra o il salotto.
Anche le piante hanno un’ anima, una vita di
emozioni. Lentissima, rispetto a uomini e animali,
perché il mondo della botanica non dispone di un
sistema nervoso, ma funzionante e da rispettare.
«Per noi esistono pochissime differenze tra il mondo
botanico e la fauna», spiega il professor Dieter
Volkmann, dell’ università di Bonn, al quotidiano
tedesco Die Welt che al tema ha dedicato un
paginone. «Le piante - spiega - non hanno nervi
come il genere umano o le specie animali, ma
dispongono di strutture paragonabili». I segnali
chimici viaggiano attraverso una pianta a velocità
infinitamente più lenta che non nel corpo umano:
un centimetro al secondo, 10mila volte meno veloce
che dalla pelle umana al cervello. Eppure il segnale
comunica messaggi. Questa “anima delle piante” si
esprime in diversi modi. Le radici riconoscono se
crescono vicino ad altre piante della stessa specie, e
allora limitano la loro crescita per non sottrarre
spazio vitale. Oppure deviano il loro sviluppo da
ogni punto del terreno in cui sentono sostanze
nocive. E non è finita. Gli esperimenti hanno
provato che se coltivi due piante di pomodoro una
vicino all’ altra, e parli con una più che con l’ altra,
92
la prima cresce meglio. Forse è così anche perché
parlando l’ essere umano emette anidride carbonica,
vitale per le piante. Ma è noto il recente
esperimento in Toscana, di vitigni cresciuti meglio
al suono della musica di Mozart. La reazione agli
stimoli esterni è anche tattile: la mimosa è una delle
piante più veloci a reagire. Se accarezzi una foglia,
la chiude, e la riapre dopo pochi minuti. Scienziati
californiani hanno coltivato due piante di semi di
senape, quella carezzata è cresciuta bassa e larga,
quella ignorata si è sviluppata solo in altezza. Non
mancano i sistemi di autodifesa. L’ acacia è capace
di reagire alla minaccia degli animali che divorano
le sue foglie: quanto più a lungo vengono mangiate,
tanto più velocemente aumenta nel loro tessuto la
concentrazione di sostanze tossiche. Attenti alle
piante, dunque. Almeno un quarto delle donne che
le coltivano in casa parlano con loro. Molto più rari
in questa abitudine sono gli uomini.”
Il giapponese Masaru Emoto è diventato
famoso nel mondo per le sue ricerche nel
campo dell’acqua. Anni fa ha infatti messo a
punto una tecnica che gli ha consentito di
scoprire e di ammirare i molteplici segni del
linguaggio figurativo con cui l’acqua risponde
agli stimoli esterni. Con sua grande sorpresa
Masaru Emoto ha scoperto che è possibile
93
fotografare i cristalli ottenuti dal
congelamento di acqua sottoposta alle
vibrazioni non solo di parole o brani musicali,
ma anche di pensieri e stati d’animo. Secondo
la sua teoria, l’acqua è in grado di registrare la
vibrazione di una energia estremamente
sottile, definita nella cultura giapponese Hado.
I risultati dei suoi esperimenti dimostrano che
i cristalli dell’acqua modificano la propria
struttura in relazione ai messaggi che
ricevono. L’acqua sottoposta alle vibrazioni di
parole e pensieri positivi forma dei cristalli
bellissimi simili a quelli della neve, l’acqua
sottoposta alle vibrazioni di parole e pensieri
negativi reagisce creando strutture amorfe e
prive di armonia. Sono risultati sorprendenti e
ci dimostrano che tutto ciò che esiste ha una
sua propria coscienza, capacità di percepire
qualsiasi stimolo esterno e di reagire in base
allo stimolo ricevuto.
Dovremmo ripensare seriamente alla Vita
tutta, dovremmo comprendere che non siamo
gli unici esseri senzienti sulla Terra e
avvicinarci con stupore, curiosità, ma,
soprattutto, sensibilità e rispetto verso
qualsiasi forma di vita. Molto probabilmente
avremmo molto da imparare e, forse, un tale
94
atteggiamento toglierebbe un poco della
supponenza con la quale l’essere umano ha,
finora, abusato delle altre forme di vita che
condividono la terra che quotidianamente
calpesta.
95
7. IL SÉ ISTINTIVO
Abbiamo dato ampio spazio alle coscienze
più dormienti, quelle della cellula, di qualsiasi
forma vivente, di ciascun organo e, infine, del
corpo nel suo insieme, e abbiamo chiamato
quel tipo di coscienza Sé fisico. Tratterò di
un’altra coscienza del mondo fisico, quella dei
minerali, in un altro libro, in quest’opera
rivolgeremo la nostra attenzione solo a tutte le
forme di vita, così come siamo stati abituati a
conoscerle.
Il livello successivo di coscienza, dopo il Sé
fisico, è il Sé istintivo, quella coscienza
emozionale che caratterizza il mondo animale
e che ha un’enorme importanza anche
nell’essere umano. Questa nuova coscienza,
che era presente in potenza anche nella
cellula, ha avuto il suo massimo sviluppo nel
mondo animale, perché si basa sulle emozioni,
lo strumento attraverso il quale il mondo
96
animale interagisce con i suoi simili.
Le emozioni sono quella forza straordinaria
da cui dipende la nostra salute, il nostro
benessere, e sono la calamita che attira a noi le
situazioni e le esperienze che maggiormente
segnano la nostra vita.
Il Sé istintivo è una coscienza “evoluta”, non
solo nel senso che non è più legata solo al
piano materiale, come la più antica coscienza
del Sé fisico, ma perché è una coscienza con la
quale è possibile, conoscendo la tecnica giusta,
dialogare con una certa facilità.
Affronteremo nei prossimi capitoli il tema
del perché e del percome il Sé istintivo è,
spesso, la causa dei nostri guai, in questo
capitolo ci limiteremo a conoscerlo, a
comprendere le sue qualità, le sue peculiarità,
i suoi obiettivi ed i suoi limiti, in modo che,
poi, sarà più semplice comprendere anche le
sue reazioni.
Abbiamo detto che il Sé istintivo è già
presente, in potenza, fin nella prima cellula,
così come tutti gli altri organi che
costituiscono un essere adulto, ma comincia a
svilupparsi e ad avere un’influenza
predominante dal momento in cui gli animali
97
hanno iniziato a muoversi nell’ambiente.
Finché l’animale era costretto all’immobilità,
per mancanza di arti o per l’incapacità di
muoversi strisciando, come fanno i serpenti, le
emozioni non erano ancora così fondamentali.
Erano presenti, è vero, e lo hanno dimostrato
gli studi sui vegetali e sull’acqua di cui
abbiamo parlato nel capitolo precedente, ma
alle emozioni non era ancora legata quella
serie di comportamenti che ci caratterizzano e
hanno caratterizzato tutti gli animali, così
come li conosciamo.
Da quando i primi animali hanno imparato
a muoversi, ecco che diventavano
fondamentali le emozioni per gestire
l’accoppiamento, per le lotte per selezionare
l’animale predominante in un gruppo, per le
amicizie e le antipatie tra animali simili e,
soprattutto, per la paura e la fuga di fronte al
pericolo.
Il Sé istintivo si sviluppa dunque con
l’obiettivo di gestire la socializzazione
attraverso le relazioni con i propri simili e con
gli altri esseri viventi. L’elemento comune di
queste relazioni è l’emozione, patrimonio
esclusivo e caratteristico del Sé istintivo.
Nell’essere umano sono un elemento
98
fondamentale con cui facciamo i conti
quotidianamente. Ci sono emozioni positive,
come ad esempio la gioia, la sorpresa,
l’allegria, la speranza, ma ce ne sono anche di
negative. Siamo abituati a riconoscere le
emozioni forti, come il dolore che ci sovrasta
quando perdiamo qualcuno, o qualcosa, a noi
molto caro. In quei casi ci capita di piangere e
disperarci, non sappiamo accettare la perdita
di ciò cui eravamo tanto legati. Ed il legame è
proprio una delle caratteristiche del Sé
istintivo di cui parleremo quando
affronteremo i suoi aspetti più critici. Un’altra
emozione forte è la rabbia, che può accecarci e
portarci a commettere azioni di cui, spesso,
poi ci pentiamo. Come il dolore e la rabbia,
emozioni che possono assumere tinte forti,
sono la paura, la gelosia, la tristezza, il
disgusto, la vergogna, la delusione.
Molto spesso, però, non sono le emozioni
forti quelle più dannose. Quando tratteremo
dei rapporti tra i vari Sé che compongono
l’essere umano, vedremo che forse sono più
dannose tutte quelle emozioni che viviamo
quotidianamente, e alle quali abbiamo ormai
fatto l’abitudine, tanto da non accorgerci,
quasi, del loro insorgere. Quelle emozioni,
99
infatti, sono alla base dello stress, di cui tanto
sentiamo parlare come causa di diverse
patologie.
Se il Sé istintivo è così importante per la
nostra salute e per il nostro benessere, mi
sembra più che giusto dedicargli tutta
l’attenzione che merita. Inoltre, è grazie allo
studio del Sé istintivo che sono arrivato alla
comprensione di tutte le altre coscienze che
sono in noi. Il Sé istintivo è stato anche il
protagonista del mio primo libro, L’Inconscio
per Amico.
Erano anni che osservavo me stesso per
capire l’origine di tutti i miei limiti, e perché
fosse così difficile modificarli. Nei miei studi
avevo anche letto un libro che fu illuminante:
“La scienza segreta al lavoro”, scritto nel 1953
da Max Freedom Long.
Max Freedom Long era uno studioso
americano che si era occupato del linguaggio e
della cultura degli antichi sciamani hawaiani,
dei quali aveva saputo, tramite esperienze
dirette e racconti di studiosi dell’epoca, che
possedevano un’incredibile facilità nel
realizzare guarigioni miracolose.
Ai suoi tempi, quegli sciamani erano ormai
scomparsi, ma Long, con una paziente ricerca,
100
riuscì ugualmente a comprendere il loro
linguaggio che per molti anni fu mantenuto
segreto. Long scoprì inoltre che questi
sciamani attribuivano un grande valore al Sé
istintivo, che nel suo libro Long chiama Sé
Inferiore.
Partendo dalla ricostruzione di quel
linguaggio, ormai perso, Long aveva compreso
che tutte le guarigioni miracolose prodotte
dagli sciamani hawaiani, avvenivano per
intercessione del Sé Superiore, quello che
potremmo chiamare l’Anima, ma che la sola
volontà dello sciamano non era sufficiente a
fare arrivare la preghiera di guarigione al Sé
Superiore. L’unico modo di fare giungere le
preghiere a destinazione, secondo Long, era
quello di chiedere l’aiuto del Sé Inferiore, che,
grazie alla forza delle emozioni, forniva
l’energia necessaria a portare verso l’alto la
preghiera.
La lettura di quel libro mi aprì la strada
verso una nuova comprensione dell’essere
umano. Non mi bastavano più concetti astratti
quali inconscio, subconscio e cose simili,
volevo capire come stavano realmente le cose
e ora vedevo, finalmente, i tanti pezzi di un
puzzle che stavano, piano piano, prendendo
101
forma per mostrarmi il quadro affascinante
che rappresenta l’essere umano.
Avete mai sentito parlare del bambino
interiore? Ne parlano tanti formatori e ho
visto, soprattutto negli anni passati, tanti
seminari proprio su questo argomento.
Il motivo per cui si è arrivati ad identificare
un bambino interiore dentro di noi è molto
semplice e ha a che fare proprio con la natura
del Sé istintivo. Abbiamo detto che il Sé
istintivo è la prima coscienza che si sviluppa
dopo il Sé fisico. È quella coscienza che si
forma negli animali nel momento in cui
devono relazionarsi con altri esseri e con il
mondo esterno. È una coscienza che vive di
emozioni, estremamente semplice, senza una
capacità cognitiva complessa. L’animale, non
sa ragionare, non riesce a darsi tante
spiegazioni del perché o del percome
avvengano le cose. Avvengono e basta, e a
fronte di ciò che accade reagisce in un modo o
nell’altro. Se ciò che accade è qualcosa di
piacevole, l’animale è contento e ne viene
attratto, se ciò che accade è qualcosa di
spiacevole, l’emozione suscitata è di
repulsione o di paura e, di conseguenza,
l’animale si allontana. Non si chiede il perché,
102
reagisce e basta.
Se ci pensate bene, è la stessa cosa che fanno
i bambini, soprattutto quelli piccoli, sotto i tre
anni. Si comportano esattamente nello stesso
modo. Perché? Semplice, perché nel processo
evolutivo si è formato prima il Sé fisico, che si
forma già nella pancia della mamma, e, non
appena l’animale, in questo caso l’animale
umano, entra in contatto con l’ambiente, cioè
nasce, deve sviluppare ciò che gli consente di
interagire con l’ambiente stesso, cioè il Sé
istintivo. Quindi un bambino, nei primissimi
anni di età, ha attivo quasi solo il Sé istintivo,
come tutti gli altri animali.
Il Sé mentale e l’Io verranno dopo, ne
parleremo diffusamente più avanti. La prima
coscienza che si forma nel bambino appena
nato è il Sé istintivo, quindi un bambino nei
suoi primi anni, non è assolutamente diverso
da un qualsiasi altro mammifero, è puro
animale.
Quando uso il termine animale, è
importante comprendere che lo faccio nel
senso più bello del termine. Per me animale è
sinonimo di libertà, di pura espressione della
vita, senza filtri mentali: pura Vita. Il Sé
istintivo è dunque la componente dell’animale
103
più libero e istintivo che è in noi e rimane tale
anche quando l’essere umano diventa adulto.
Il Sé istintivo non cresce, nel senso che non
può evolvere la sua coscienza. Essa rimane
pressoché inalterata, così come la sua natura di
agire e re-agire agli eventi.
Ora sappiamo che quando si parla di
bambino interiore ci si riferisce al Sé istintivo,
quella parte di noi che rimane sempre come
un bambino di uno-tre anni, qualunque sia la
nostra età anagrafica. Lui, il Sé istintivo, da
buon animale è come un bambino che vive di
istinti.
Parleremo diffusamente più avanti del Sé
istintivo in termini di comportamenti inconsci
o dei suoi comportamenti “malati” , in questo
capitolo vogliamo solo comprendere chi è il
Sé istintivo, la sua natura, le sue peculiarità e
potenzialità. Accenneremo solo al fatto che,
non avendo una capacità cognitiva molto
sviluppata, ciò che recepisce diventa
rapidamente la sua realtà, senza tanti filtri.
Cosa significa questa affermazione? Significa
che tutto ciò che viene detto ad un bambino
che è ancora piccolo, viene recepito come
verità indiscussa. Tutte le esperienze vissute
da un bambino formano quello che sarà il suo
104
sistema di credenze che, nel bene e nel male,
condizionerà la sua vita.
Vediamo ora di comprendere bene il Sé
Istintivo come coscienza e soggetto pensante
all’interno del corpo, quali sono le sue
funzioni e le sue interazioni con le altre
coscienze.
• La prima cosa da chiarire è che il Sé
istintivo non è qualcosa di secondario o
subordinato rispetto all’Io e al Sé mentale. Allo
stato evolutivo attuale possiede solo un livello
di coscienza più basso rispetto alle coscienze
superiori, ma ciò non toglie nulla alla sua
dignità di essere cosciente.
• Mentre il Sé fisico ha il controllo sui
processi involontari del corpo, il Sé istintivo
può controllare tutti i muscoli volontari.
Abbiamo riconosciuto questa sua capacità nel
sonnambulismo, nei tic nervosi, e
nell’esperimento effettuato da Watzlawick sul
paziente cui era stato rescisso il collegamento
tra i due emisferi del cervello. Ma questa sua
capacità la possiamo notare quotidianamente
anche su di noi. Secondo voi siete consapevoli
dei vostri gesti quotidiani e della posizione del
105
corpo? Generalmente ci muoviamo in modo
inconsapevole e ci agitiamo in modo
inconsapevole, soprattutto mentre parliamo,
quando guardiamo la televisione, e così via.
Anche durante il sonno capita spesso che ci
giriamo su noi stessi o agitiamo gambe e
braccia. Non è certo l’Io a farlo e tanto meno il
Sé mentale, che dorme, chi ci fa muovere è
lui, il Sé istintivo, che utilizza, spesso, gli arti
anche per scaricare la sua carica emotiva.
• Abbiamo affermato che il Sé Istintivo è la
sede delle emozioni, la funzione dei
mammiferi che consente loro di rapportarsi
con gli altri esseri, siano essi amici o nemici. Se
non ha avuto la possibilità di raggiungere la
maturità emotiva, può capitare che il carico
emozionale del Sé istintivo interferisca con la
nostra capacità di gestire le situazioni. Ecco
perché è così importante imparare a
governarlo.
• Il Sé Istintivo riceve tutte le impressioni
dal mondo esterno tramite i sensi fisici che
sono quindi, insieme ai simboli e alle
metafore, uno dei modi privilegiati con cui
possiamo entrare in contatto con lui. Anche
questa affermazione è logica e condivisibile: i
106
sensi sono la nostra porta di percezione del
mondo esterno ed è proprio tramite i sensi che
il Sé Istintivo percepisce la realtà fisica e
decide ciò che piace e non piace, il caldo e il
freddo, il tono della voce sgradevole o dolce, e
così via. Vedremo più avanti che il Sé istintivo
ha anche altri sensi, di cui non abbiamo più
consapevolezza.
• Una cosa molto importante che
caratterizza il Sé Istintivo, è che può accedere
facilmente a qualsiasi ricordo, sia che sia stato
registrato consapevolmente, o
inconsapevolmente. Mentre tramite la mente
razionale possiamo percepire e riconoscere
consapevolmente un numero limitato di
impressioni contemporaneamente, il Sé
Istintivo non ha questi limiti. Può, infatti,
registrare contemporaneamente un grande
numero di informazioni e sensazioni
fissandole nella memoria. Ma le sue capacità
non si limitano a questo, ciò che nel processo
di guarigione assume un’importanza
fondamentale è il fatto che il Sé istintivo può
accedere a tutti i ricordi, anche quelli rimossi,
e di portarli alla coscienza. Questa qualità del
Sé Istintivo può essere molto utile per
riportare alla memoria accadimenti e cose che
107
abbiamo completamente dimenticato. Di
questa capacità ci occuperemo più avanti, e
vedremo che viene espletata dal Sé istintivo
solo se saremo riusciti a stabilire una buona
relazione con lui.
• Il Sé Istintivo possiede capacità razionali
estremamente elementari ed è la parte più
istintiva in noi. Sta all’Io, il suo fratello
maggiore, aiutarlo a crescere ed evolvere, così
come presumibilmente il Sé Superiore fa con
il nostro Io cosciente, per condurlo verso
un’attività mentale superiore.
• Prima di toccare il tema dei sensi più sottili
del Sé istintivo, osserviamo le sue ultime
caratteristiche: normalmente, e se è sano, è
tendenzialmente un giocherellone, pigro e
ripetitivo. Come ogni animale, non è
entusiasta di imparare cose nuove, soprattutto
con l’avanzare dell’età, a meno che non ne
tragga dei benefici diretti. Tende a fare il
minimo di fatica possibile, un vero pigrone e
per giunta abbastanza testardo. Ciò che lo
coinvolge invece è il gioco e, di conseguenza,
tutte le forme di piacere e di divertimento
possono diventare un ottimo motivo per
convincerlo a collaborare.
108
Ci sono due altre peculiarità del Sé istintivo
che sono molto importanti e che, come esseri
umani, abbiamo dimenticato di possedere,
anche se a volte ci capita di viverle, magari con
una qualche sorpresa.
La prima, che considero un senso vero e
proprio, è la capacità di testare, percepire,
vedere, gli oggetti, anche senza utilizzare la
vista, il tatto, l’udito, l’olfatto ed il gusto.
Come dirò in un capitolo più avanti, da
bambino mi piaceva vedere i documentari
sugli animali e uno di quelli che più mi colpì,
trattava di branchi di bovini, non ricordo se
gnu o altra specie, che vivevano in Africa e,
durante la stagione secca, percorrevano
distanze enormi, oltre 50 chilometri, per
raggiungere l’acqua. La cosa affascinante è che
non andavano sempre negli stessi luoghi,
eppure, guidati da una forza misteriosa, questi
animali viaggiavano, per chilometri e
chilometri, fino a raggiungere quell’elemento
indispensabile alla loro sopravvivenza. Quale
forza spingeva quelle mandrie verso l’acqua?
La risposta era più vicina di quanto potessi
immaginare. Si trattava semplicemente di un
senso di cui sono dotati tutti gli animali,
compreso l’essere umano.
109
Avete mai sentito di qualcuno che possiede
le stesse doti di quegli gnu? Se siete nati e avete
sempre vissuto in città, forse no. Ma se avete
vissuto, o frequentate la campagna, allora vi
sarà capitato di sentire parlare dei rabdomanti.
Chi sono i rabdomanti? Non sono stregoni,
sono esseri umani normalissimi, forse con la
sola peculiarità di essere persone semplici, e
dopo diremo anche perché. I rabdomanti
hanno la capacità di trovare l’acqua, e
generalmente per la loro ricerca utilizzano dei
bastoni a forma di una fionda, molto più
grande e con un manico ben lungo. Tengono
tra le mani il bastone dal lato, diciamo così,
biforcuto, e si fanno guidare dalle sue
vibrazioni fino ad arrivare dove si trova
l’acqua. Alcuni sono così bravi che sanno dire
anche a che profondità si trova.
Come fanno questi signori ad avere una tale
capacità? La risposta è molto semplice. In
realtà è una capacità che abbiamo tutti, solo
che, non avendone bisogno, non l’abbiamo
mai utilizzata e ci siamo anche dimenticati di
averla.
Dove si trovano i rabdomanti? In campagna,
e, soprattutto, erano diffusi molti anni fa.
Sapete perché? Perché anni fa gli acquedotti
non arrivavano a servire le campagne, e i
110
contadini hanno un bisogno vitale dell’acqua
per coltivare i loro prodotti. Ed ecco che in
terreni particolarmente poveri di corsi
d’acqua, dove era difficile trovarla per poter
irrigare i campi e, quindi, sopravvivere, una
persona particolarmente sensibile e semplice
scopriva di avere la facoltà di trovarla.
Perché una persona estremamente semplice,
perché, come vedremo più avanti, chi può
bloccare la capacità istintiva della coscienza
emozionale è la coscienza razionale, il Sé
mentale. Probabilmente lo sappiamo tutti, più
siamo razionali e, generalmente, meno siamo
in contatto con le emozioni e con i nostri
istinti. Ecco quindi che per poter risvegliare un
senso sopito, come quello di percepire gli
elementi, come l’acqua, a distanza, è
necessaria una persona poco razionale, o,
perlomeno, una persona capace di tenere
tranquilla la parte prettamente mentale.
Quindi la capacità di trovare l’acqua è
qualcosa che possiamo fare tutti, basta solo
mettere da parte la razionalità e fare tanto
esercizio. Vedremo tra qualche riga un
esercizio che potrebbe essere utile se avete
simili velleità.
Riguardo al rabdomante, ciò che volevo
ancora sottolineare è che la bacchetta non
111
c’entra proprio nulla. La capacità di percepire
l’acqua non viene dalla bacchetta, e neppure
dalle mani. È una capacità che si percepisce
nella pancia. Quando sviluppiamo questa
abilità è come se percepissimo una corda, che
si trova, più o meno, all’altezza dell’ombelico,
che ci tira verso l’oggetto cui siamo attratti.
Il rabdomante, non essendo così in contatto
con il proprio Sé istintivo, non si rende conto
del punto da cui si origina l’attrazione verso
l’acqua e allora il Sé istintivo, per aiutare l’Io e
portarlo verso l’elemento cercato, utilizza
quello che conoscono molto bene i
kinesiologi: i micro movimenti dei muscoli,
che sono in grado di far oscillare il bastone per
portare la persona verso il luogo dove si trova
l’acqua.
Nel capitolo “Conoscere il Sé istintivo”
troverete un esercizio interessante dove
potrete sperimentare la vostra capacità di
testare e vedere gli oggetti senza usare i sensi
conosciuti.
Perché abbiamo perso la capacità di testare
gli elementi a distanza? Per un semplice
motivo, perché questa funzione non è più
indispensabile alla sopravvivenza dell’animale
112
uomo. In natura gli animali devono spesso
sapere se l’acqua stagnante che trovano è
buona o è infettata, ne va della loro vita, così
come per alcuni vegetali. Non sempre sono
commestibili e il mangiarli potrebbe
provocarne la morte. L’essere umano sa che
l’acqua che esce dal rubinetto è buona, almeno
dovrebbe esserlo, e anche i cibi confezionati
che compra al supermercato è convinto che
facciano bene, per cui non è necessario testarli.
Come per qualsiasi altra funzione, dopo un po’
che non viene utilizzata se ne perde la
funzionalità e ci si dimentica persino di averla.
Ciò non toglie, però, che sia possibile
riattivarla. Magari costa fatica, ma è una cosa
assolutamente fattibile. E per tutti.
Chi fa uso di questa abilità sono alcuni
professionisti che utilizzano il test muscolare o
altri strumenti come il biotensor, per valutare
se un certo alimento o farmaco fa bene al
cliente, o meno. Questi professionisti
affermano che il corpo risponde all’energia
emanata dall’alimento o dal farmaco che si sta
testando, incidendo sulla forza dei muscoli o
facendo vibrare il biotensor. Vorrei segnalare,
a questo proposito, che non sempre avviene
quanto affermato. La coscienza più forte tra il
113
Sé fisico ed il Sé istintivo è quest’ultima e,
come afferma anche Bruce Lipton, le
credenze sono più forti del DNA. Ora, se il
medico che sta effettuando il test, oppure il
cliente, sanno qual è l’alimento, o il farmaco,
che viene testato, e uno dei due crede che
quell’alimento o quel farmaco fa male, il test
darà questo risultato. Indipendentemente dal
fatto che quell’alimento, o quel farmaco, faccia
veramente male alla persona.
Se è il cliente ad avere quella credenza, è
meglio che non assuma quell’alimento, perché
molto probabilmente alla lunga gli farà
veramente male. Ma se la credenza è del
professionista, allora potrebbe togliere al
cliente un farmaco che invece fa bene,
piuttosto che somministrare qualcosa che,
invece, gli fa male.
Ci sono molte controversie sull’uso del test
muscolare e di altri strumenti simili e ci sono
illustri professionisti americani, che li usano
abitualmente, pur ammettendo che non
esistono prove scientifiche sulla loro vera
efficacia.
La seconda caratteristica del Sé istintivo, che
in realtà è un settimo senso (il sesto è la
capacità di testare gli oggetti e alimenti), è la
114
telepatia. Tutti gli animali sono telepatici. Non
usano il linguaggio, ma non ne hanno bisogno,
comunicano telepaticamente e, con la
telepatia, evitano di commettere tutti quegli
errori che, spesso, facciamo noi nel linguaggio
parlato.
Il linguaggio parlato è una funzione del Sé
mentale e ne tratteremo nel prossimo capitolo,
ora diciamo solo che abbiamo sviluppato il
linguaggio per comunicare cose più complesse
che non eravamo in grado di trasmettere
tramite le emozioni.
In effetti, la telepatia degli animali non è una
vera e propria trasmissione del pensiero,
quanto, piuttosto, una trasmissione delle
emozioni, delle convinzioni più profonde del
Sé istintivo, e non ha a che fare col pensiero
razionale.
Tutti gli animali sono telepatici e chi ha un
animale in casa lo sa perfettamente. Chi ha un
animale prova giornalmente la sua facoltà
telepatica. Ho avuto cani e gatti nella mia vita
ed è sorprendente come riescano a sentire in
anticipo le nostre intenzioni. Quando ero
ragazzo e abitavo ancora con i miei genitori,
mi riferivano spesso che sapevano quando
stavo per arrivare perché il gatto si metteva
115
davanti alla porta. E non crediate che fossi un
abitudinario che rientrava sempre alla stessa
ora. In quel periodo facevo l’università e mi
capitava di arrivare alle ore più disparate.
Eppure, poco prima del mio rientro il gattone
nero si alzava dalla poltrona dove stava
accucciato, per mettersi seduto davanti alla
porta d’ingresso per aspettare il mio arrivo.
Come faceva a sapere che stavo arrivando? Era
semplicemente una sua capacità. Lo sentiva,
per lui non era nulla di straordinario. Gli
animali sono molto legati a chi vuole loro
bene e li percepiscono telepaticamente.
Quella dell’amore e dell’affettività è una
caratteristica fondamentale di tutti i Sé
istintivi, animali o umani. Se questa
caratteristica è una bellissima manifestazione
di amore che appaga chi sta loro accanto,
d’altra parte questo forte legame affettivo può
essere una delle cause più grandi di problemi
e traumi. Ma di questo ne parleremo nei
prossimi capitoli.
Dunque gli animali sono telepatici e questa
capacità è tanto più forte quanto è forte il
legame affettivo tra i Sé istintivi.
Un altro esempio, questa volta relativo ad un
mio pastore tedesco, era la sua capacità di
116
capire in anticipo quando avevo deciso di
portarlo fuori. Magari ero ancora sul divano,
avevo ancora davanti il libro. Non mi ero
ancora alzato, tanto meno avevo preso il
guinzaglio. Mi era solo balenato il pensiero di
smettere di leggere e di uscire con lui, ed
eccolo già in piedi scodinzolante. Come cavolo
aveva fatto? Telepatia.
Ovviamente la telepatia è un senso che
hanno tutti i Sé istintivi, compresi quelli degli
umani. Come per la capacità di testare gli
alimenti, però, anche questo senso, se non
viene allenato, tende a chiudersi e così non ci
rendiamo neppure conto di possederlo. Però,
se ci pensiamo bene… Vi è mai capitato di
sentirvi osservati? Siete magari in
metropolitana, o su un autobus, oppure in
coda al supermercato. Tutto a un tratto, senza
sapere neppure perché, ecco che vi girate e
scoprite di avere addosso gli occhi di
qualcuno. Come facevate a saperlo? In realtà
ne l’Io, ne il Sé mentale lo sapevano. Ne erano
totalmente ignari, però il Sé istintivo ha
percepito lo sguardo di quella persona e quello
sguardo, conteneva, ovviamente, delle
emozioni. Il vostro Sé istintivo ha quindi
recepito le emozioni e le ha comunicate all’Io
117
che, senza quasi saperlo, si è girato
automaticamente.
Ricordate quella citazione di Goleman in cui
affermava che la mente inconscia nei primi
millesimi di secondo di percezione di un
oggetto, lo riconosce e lo giudica, e poi fa una
telefonata al Sé mentale per avvertirlo di cosa
ha visto e del giudizio su di esso? Qua è, più o
meno, la stessa cosa. Il Sé istintivo non ha visto
la persona che vi osservava, però
telepaticamente ha percepito le sue emozioni
e le ha giudicate. A quel punto ha preso il
telefono e ha chiamato il Sé mentale per dirgli:
hei, guarda che c’è quell’antipatico che ci fissa.
A quel punto la vostra coscienza razionale ha
percepito la telefonata e, senza sapere perché,
vi ha fatto girare e incontrare, così lo sguardo
che vi stava fissando.
Interessante vero? Quante volte vi è
capitato?
Un altro esempio di telepatia tra esseri
umani è quello di pensare a qualcuno, e quella
persona dopo un poco vi chiama, o,
casualmente, la incontrate per strada. Vi è mai
capitato?
Avevo un carissimo amico con il quale c’era
118
un rapporto di amicizia così profondo, che
spessissimo ci capitava di leggere nel pensiero
dell’altro. Magari eravamo in automobile in
silenzio, a un certo punto uno iniziava a
parlare e l’altro lo interrompeva dicendo;
stavo proprio pensando a quella cosa.
Il Sé istintivo, come ho scritto sopra, è molto
legato agli affetti e per questo motivo sono più
famosi i casi di rapporti particolari tra parenti
stretti. Tempo fa avevo sentito di due sorelle
che vivevano lontanissime, forse una viveva in
Gran Bretagna e l’altra in Australia, ed
entrambe avevano la capacità di percepire
immediatamente se l’altra aveva qualche
problema, oppure si sentiva male.
Un’amica mi ha raccontato qualcosa di
simile accaduto quando le sue figlie erano
molto piccole. Era estate e si trovava in
vacanza a casa del fratello che vive in
Australia. La casa ha un grande giardino con
una piscina e lei stava tranquillamente seduta
su una sdraio leggendo un libro, mentre le
bimbe giocavano in giardino. Ad un certo
punto si è sentita letteralmente sollevare dalla
sdraio e tirare da una forza inspiegabile verso
la piscina. La bimba più piccola era scivolata
nella piscina a testa all’ingiù e sarebbe
sicuramente affogata se la mamma non fosse
119
arrivata così tempestivamente a salvarla.
Casi come questo sono molto frequenti,
magari meno eclatanti, ma sono fenomeni che
tutti abbiamo vissuto in prima persona, o,
quasi sicuramente, ne abbiamo sentito parlare.
La cosa importante perché si riesca accedere
alla facoltà telepatica del Sé istintivo è di
essere rilassati e, soprattutto, poco mentali.
Se siamo troppo concentrati sui problemi e
continuiamo a pensare, se stiamo troppo
tempo centrati nella testa, è difficile che
riusciamo a percepire gli stimoli sottili che
arrivano da lui.
Se ci riflettete, probabilmente vi ricordate
che quando avete avuto l’opportunità di
sperimentare qualcosa del genere, eravate
rilassati, magari stavate camminando per
strada, oppure stavate facendo le pulizie di
casa, o ancora eravate immersi nella lettura.
Accade così, riusciamo a percepire gli stimoli
sottili del Sé istintivo quando siamo
estremamente rilassati, perché è in quel
momento che gli emisferi del cervello sono
equilibrati ed il Sé istintivo riesce facilmente a
fare la famosa “telefonata” alla mente
razionale. Alla mia amica è successo di sentirsi
tirare verso la piscina mentre leggeva
120
tranquillamente un libro. Era rilassata, gli
emisferi comunicavano e la telefonata, partita
dall’emisfero destro, è arrivata facilmente
all’emisfero sinistro, che ha colto
immediatamente il messaggio.
Tutti questi sono esempi di telepatia, una
capacità, anzi, un senso, di tutti i Sé istintivi,
anche del nostro. Questo non vuol dire che
dobbiamo imparare di nuovo ad usare la
telepatia, probabilmente non è neppure
necessario. Una persona può condurre una vita
sana e matura anche senza utilizzarla mai.
Però il sapere che c’è è importante perché ci
permette di conoscere meglio il nostro Sé
istintivo, ci permette di comprenderlo, di
comprendere certe sue reazioni e certe sue
emozioni, e, se vogliamo diventare suoi
maestri per intraprendere un vero percorso di
integrazione personale, conoscere tutte le sue
abilità può diventare un’opportunità molto
importante.
Sempre a proposito di telepatia mi viene ora
alla mente una frase tipica di molti formatori,
specialmente quelli che seguono la PNL.
Giustamente questi formatori affermano che
in una comunicazione non sono tanto
121
importanti le parole, quanto i segnali minimi
percettibili che il corpo trasmette in modo
inconscio.
Per dimostrare questa affermazione fanno
praticare spesso un esercizio di questo tipo:
una persona parla facendo delle affermazioni
su un qualsiasi argomento, mentre due
persone la ascoltano. Una delle due ha il
compito di ascoltare facendo affermazioni
positive del tipo: “si”, “hai ragione”, ma
manifestando con il corpo segnali negativi,
come piccoli scuotimenti laterali della testa, o
una forma di chiusura, come le braccia
conserte. L’altra persona invece ha il compito
di ascoltare, affermando verbalmente di essere
contraria alle cose che sente, mandando però,
contemporaneamente, segnali positivi e di
apertura con il corpo. Al termine dell’esercizio
viene chiesto alla persona che ha parlato quale
dei due interlocutori ritiene essere più
d’accordo con lei, e immancabilmente viene
indicata la persona che aveva espresso
verbalmente di essere contraria, ma aveva
inviato col corpo segnali positivi.
Con questo esercizio si voleva dimostrare
che ciò che passa in un comunicazione non è
tanto il linguaggio parlato, quanto i segnali
inviati dal corpo.
122
Ora, conoscendo il Sé istintivo e le sue
facoltà telepatiche, sappiamo che i movimenti
del corpo non sono significativi in sé, ciò che
conta è ciò che trasmette telepaticamente ed
emozionalmente il Sé istintivo. Certo il corpo
invia segnali, ma se ci pensate bene, il corpo
manda segnali che corrispondono sempre al
proprio sentire emozionale. Tutti noi ne
siamo consapevoli quando, ad esempio, ci
mettiamo con le gambe accavallate e le braccia
conserte per rimanere chiusi in noi stessi.
Una dimostrazione di ciò che stiamo
dicendo arriva da un esperimento che è stato
condotto anni fa su una persona che aveva
perso la vista a causa di un ictus. Avevano
notato però che questa persona possedeva la
cosiddetta abilità dei ciechi, sapeva cioè
riconoscere oggetti nella stanza, pur senza
vederli. Questa persona poi era addirittura in
grado di rispondere alle espressioni dei volti
altrui, pur senza vederli.
Per dimostrare le sue capacità, studiosi della
Harvard Medical School di Cambridge (USA)
hanno predisposto in laboratorio un vero e
proprio percorso ad ostacoli, e la persona
riuscì a compiere l’intero percorso senza
123
toccare alcun oggetto e senza l’aiuto di un cane
e neppure del suo bastone. Era addirittura
convinto di avere camminato in linea retta
lungo un corridoio.
Sono tantissime le possibilità che offre la
telepatia e ne sono testimoni anche molti dei
partecipanti ai miei seminari di integrazione
personale, IWAY (dove I sta per
INTEGRATION).
Durante i corsi le persone ascoltano con la
coscienza dell’Io e del Sé mentale, ma se i Sé
istintivi si sentono accolti, compresi, accettati
ed amati - ricordiamo che per il Sé istintivo la
cosa più importante sono gli affetti - capita
non raramente che accadano dei piccoli
miracoli. Quando i Sé istintivi si sentono
accettati, si aprono a chi parla, ed il loro
ascoltare è soprattutto emozionale e
telepatico. Come vedremo più avanti, i Sé
istintivi sono coloro che hanno subito i traumi
nell’infanzia e, per tali motivi, si trovano ad
avere comportamenti e credenze limitanti
rispetto agli obiettivi dell’Io. Bene, capita non
raramente che durante i seminari, i Sé
istintivi, che si sentono accolti ed accettati,
riescano a comprendere sotto una luce più
matura quei traumi e lascino andare,
124
spontaneamente, i comportamenti e le
credenze limitanti che avevano appreso. Le
persone a cui capitano questi piccoli miracoli,
si sentono immediatamente avvolte da un
dolce calore e un profonda gioia, che, a volte,
si manifesta con un pianto liberatorio.
Ci sono tanti modi per sviluppare le facoltà
telepatiche del Sé Istintivo, ad esempio
potreste provare a leggere i pensieri di un
amico. Occorre però partire con esercizi
semplici, ma soprattutto, dopo che avete
acquisito una certa dimestichezza col vostro Sé
istintivo e dopo che saprete fare con una certa
abilità l’esercizio delle scatolette di cui parlerò
in un prossimo capitolo.
Un esempio classico è quello di chiedere ad
un vostro amico di disegnare su un foglio
bianco una semplice figura geometrica, senza
ovviamente farvela vedere. Chiedetegli di
pensare a quella figura in modo che sia
impressa fortemente nella sua mente. A questo
punto, istruite il vostro Sé Istintivo a
comunicare col Sé istintivo del vostro amico
per sapere quale figura ha disegnato.
Divertitevi, ma se volete farlo occorre tanta
pazienza e tempo perché, come abbiamo
125
affermato sopra, il Sé istintivo è pigro e
dovrete motivarlo per bene se desiderate che
vi segua su questa strada. La cosa importante,
però, è conoscere il Sé Istintivo nel modo più
approfondito possibile, perché qualsiasi
risultato sarà possibile solo quando avremo
imparato a fare amicizia con lui e a rispettarlo
per come è, nel bene e nel male.
Alla luce di ciò che abbiamo imparato sul sé
Istintivo potremo affrontare con un nuovo
spirito ed una nuova consapevolezza qualsiasi
processo di cambiamento. Ora sappiamo che,
oltre al Sé fisico, c’è un’altra entità in noi,
un’entità molto semplice, un animale, e se non
vi piace il termine, potete tranquillamente
pensare ad un eterno bambino.
Scopriremo più avanti che la gran parte dei
nostri problemi dipende da lui, dal Sé
istintivo, ma non perché sia cattivo, tutt’altro.
Di questo parleremo diffusamente nei
prossimi capitoli, ciò che è importante
comprendere ora è che è solo nostro il
compito di comprenderlo e di aiutarlo a
crescere, perché possa apprendere
comportamenti utili e produttivi per una vita
più matura e consapevole.
126
Non esiste certezza di dove sia localizzato il
Sé Istintivo. Come ho affermato nei capitoli
precedenti, una cosa è la localizzazione della
componente fisica attraverso cui una
coscienza si manifesta, ben altro è dire dove si
trovi la coscienza. Ripeto, a mio parere la
coscienza è qualcosa di immateriale, che ha
sicuramente bisogno di un supporto fisico
attraverso il quale potersi esprimere, ma la
materia serve solo ed esclusivamente come
veicolo.
Quando durante i seminari parlo del Sé
istintivo, appoggio sempre una mano sulla
pancia. Sarà un caso? Non penso. Certo è che
diversi anni fa è stato scoperto che la pancia è
un secondo cervello. Michael D. Gershon, un
esperto di biologia cellulare e anatomia della
Columbia University, ha dimostrato
scientificamente che la pancia si emoziona,
soffre, gioisce, insomma, è intelligente.
Guarda caso.
Ne “L’Inconscio per Amico” ho dedicato un
intero paragrafo alla pancia come secondo
cervello, alla sue caratteristiche e peculiarità,
ora ci preme solo sottolineare che le emozioni
sono patrimonio del Sé istintivo e Gershon
afferma che le emozioni si trovano nella
pancia. Una coincidenza? Forse, però le
127
coincidenze spesso nascondono delle grandi
verità.
Tra l’altro, forse, non tutti sanno che il
cervello della pancia ed il cervello della testa (il
sistema mammaliano antico, o sistema
limbico) sono collegati dal nervo vago, e fa
riflettere il dato che oltre il 90% della
comunicazione tra i due cervelli, va dalla
pancia alla testa, non il contrario. Cosa vuol
dire questa affermazione? Sembrerebbe dire
che il cervello della pancia dice al cervello
della testa cosa fare, e non, come tutti ci
aspetteremmo, il contrario. Avete notato che la
percentuale “oltre il 90%” è molto vicina a
quella percentuale che abbiamo dato nei primi
capitoli, quando abbiamo affermato che per
circa il 95% del nostro tempo siamo governati
dalla mente inconscia? Un bel dato su cui
riflettere.
Vorrei concludere questo importante
capitolo sulla conoscenza della coscienza
emozionale, il Sé istintivo, con alcuni
chiarimenti. Il fatto di riconoscere in noi la
presenza di un’altra coscienza non significa
dire che possiamo scaricare su di lei la
responsabilità dei nostri fallimenti, tanto
128
meno attribuirle la mancanza di volontà per
affrontare le cose che dobbiamo fare.
È vero che finché non eravamo consapevoli
del Sé istintivo, ben poco avremmo potuto
fare, ma ora lo sappiamo, ora non abbiamo
più scuse. Sappiamo che il Sé istintivo è solo
un mammifero che vive di emozioni e non ha
la nostra capacità di comprendere e di
discernere cosa è giusto da ciò che è sbagliato.
Il compito di insegnargli come stanno le cose,
è solo nostro, di nessun altro. Anzi, a maggior
ragione la consapevolezza di avere un Sé
istintivo che dipende da noi per la sua crescita
e maturazione ci deve fare sentire ancora più
impegnati e responsabili.
Siamo esseri unici ed irripetibili: abbiamo
delle parti in noi che possiedono una propria
coscienza, e ciascuna di esse esiste per
l’obiettivo che è stato loro affidato per la
sopravvivenza e l’evoluzione del nostro essere
e dell’intera specie umana.
Nel suo stato naturale, il Sé istintivo, se non
ha subito condizionamenti e traumi,
rappresenta la nostra spontaneità, la
naturalezza: non ci deve fare paura. Il Sé
istintivo può essere problematico solo quando
non ha avuto la possibilità di crescere in modo
129
armonico e la sua parte più animale non è
stata indirizzata, guidata, addestrata, prima dai
nostri genitori, e poi dall’Io. Se per paura,
condizionamenti e repressioni il Sé istintivo
riesce a esprimere le sue pulsioni solo in modo
incontrollato, allora la forza con cui possono
esprimersi questi istinti animali può
effettivamente essere dannosa per i nostri
rapporti sociali.
Comprenderemo chi è l’Io, il nostro vero
essere, tra un paio di capitoli. Ora anticipiamo
soltanto che abbiamo occupato il corpo di un
mammifero preesistente, un mammifero che
avrebbe probabilmente fatto a meno della
nostra presenza. Assumiamoci, almeno, la
responsabilità di rispettare l’essere che
abitiamo e cerchiamo di aiutarlo a portare a
compimento i suoi obiettivi. Solo allora ci
accorgeremo che il Sé istintivo sarà ben lieto
di aiutarci di portare a compimento i nostri.
Durante i seminari di integrazione personale
(INTEGRATIONWAY), si impara a
comunicare in modo efficace con il Sé
istintivo per cambiare le sue credenze
limitanti, per sciogliere i traumi del passato e,
soprattutto, per fare sì che ci aiuti nel
raggiungere i nostri obiettivi. Ma già in questo
130
libro troverete diversi esercizi per cominciare
a dialogare e cambiare le sue credenze
limitanti.
131
8. IL SÉ MENTALE
Questo capitolo è molto importante,
soprattutto per gli amici che hanno letto
L’Inconscio per Amico, dove ho trattato solo
del Sé istintivo. In realtà il Sé istintivo è solo
una delle tre menti inconsce, cioè non
governate sempre dall’Io. Anche se, come
vedremo più avanti, la stragrande
maggioranza delle persone, e degli studiosi, si
identifica con questa mente.
Abbiamo visto che l’ultima coscienza che si
forma nei mammiferi è il Sé mentale. Ne
abbiamo parlato a seguito degli studi del prof.
Khrustov, biologo ed antropologo russo, che
ha dimostrato che la capacità cognitiva, la
capacità di pensare (che è qualcosa di ben più
evoluto rispetto alla coscienza istintiva), viene
prima dell’uomo, ed è già presente, seppure in
forma elementare, anche negli altri
mammiferi.
Vi ricordate che abbiamo affermato che già
132
nella singola cellula ci sono tutte le funzioni
che poi appartengono, in modo
completamente sviluppato, all’animale adulto?
Così come è presente la capacità di alimentarsi
e di respirare, è anche presente, seppure in
modo assolutamente elementare e primitivo,
anche la capacità di pensare.
Certo, abbiamo affermato che la cellula
“pensa e decide” molto lentamente, ci ha
messo milioni di anni per adattarsi, ma la
funzione, la capacità di pensare, è la stessa che
troviamo nel cervello di una persona adulta.
Nei mammiferi più evoluti non bastava più
la coscienza del corpo e non bastava neppure
la coscienza istintiva, c’era bisogno di
qualcos’altro ancora. Nasceva il bisogno di
“ragionare” per potersi evolvere ed adattare
all’ambiente in cui vivevano in modo più
proficuo di quanto avevano fino ad allora.
Abbiamo detto che le scimmie hanno già
fatto un salto evolutivo notevole rispetto agli
altri mammiferi, si sono fornite di arti
superiori capaci di afferrare oggetti. Per
arrivare ad utilizzare quegli oggetti non
bastava più l’emozione, occorreva saper
ragionare. Così, quella funzione cognitiva, già
presente in potenza nella cellula, si è
133
sviluppata fino ad assumere un ruolo sempre
più importante nella vita dei mammiferi più
evoluti.
Recentemente un caro amico, Carlo, mi ha
parlato di un programma visto alla televisione
in cui mostravano le capacità mentali degli
scimpanzé, qualcosa di incredibile. In una
università giapponese avevano insegnato loro
a contare. Pensate, gli mostravano 13 numeri
sparpagliati su uno schermo, da 1 a 13, poi i
numeri venivano celati da quadrati bianchi e
lo scimpanzé si ricordava esattamente dove
erano e digitava, sempre velocemente e senza
mai sbagliare, la serie di quadratini giusta,
dall’1 al 13. Nella trasmissione hanno fatto poi
provare gli spettatori mostrando i numeri per
5 secondi. Tutti i presenti riuscivano a
ricordare a malapena la posizione dei primi
quattro o cinque numeri, mentre invece lo
scimpanzé risolveva in scioltezza tutta la
sequenza.
Sapete perché lo scimpanzé è più veloce
dell’essere umano a fare quel tipo di esercizi?
Perché il suo Sé mentale c’è, ma è ancora poco
sviluppato rispetto a quello del mammifero
uomo. Una volta memorizzata la sequenza dei
numeri, lo scimpanzé non usa più il Sé
134
mentale per ricordarli, lo fa utilizzando
direttamente il Sé istintivo, che è
estremamente più veloce e potente. L’essere
umano, invece, che ha un Sé mentale molto
più sviluppato, vuole accedere ai ricordi
usando la componente razionale che è molto
più lenta e non riesce, di conseguenza, a
ricordare più di quattro o cinque numeri. Se
l’essere umano fosse capace di mettere da
parte la razionalità e si lasciasse guidare
dall’istinto, riuscirebbe a raggiungere le stesse
performance dello scimpanzé.
Ancora più importante è la ricerca che ha
dimostrato che nelle scimmie esiste già una
parte del cervello che, potenzialmente, è in
grado di far emettere all’animale dei vocalizzi,
i primi passi di un linguaggio parlato.
Ma è nell’essere umano che la capacità
mentale si è sviluppata in maniera
esponenziale, permettendogli di arrivare sulla
Luna, di costruire edifici alti centinaia di
metri, di costruire aeroplani e volare nei cieli e
di costruire computer potentissimi in spazi
minuscoli.
La capacità di pensare è alla base della
ricerca scientifica, che si è sviluppata
soprattutto in occidente, e che ha permesso
135
all’uomo di fare quel salto qualitativo che oggi
tutti conosciamo.
Così come la cellula, ciascun organo e
l’intero corpo, hanno una loro coscienza (il Sé
fisico), così come la componente emozionale
di tutti gli animali ha una propria coscienza (il
Sé istintivo), anche la mente razionale ha una
sua propria coscienza che la fa evolvere sulla
base del proprio obiettivo, e questa coscienza è
il Sé mentale.
L’obiettivo principale, che rappresenta le
fondamenta su cui si è sviluppata la Vita, è la
sopravvivenza e l’adattamento all’ambiente.
Mano a mano che gli esseri si sono sviluppati,
le loro varie componenti hanno migliorato
sempre più il loro apporto per il
raggiungimento dell’obiettivo basilare della
sopravvivenza.
Immaginiamo il processo evolutivo: dalla
cellula si è passati ad un essere sempre più
complesso, fino ad un mammifero con organi
e arti pienamente sviluppati. Quest’essere ha
imparato a muoversi, ed ecco che diventa
fondamentale la capacità di socializzare con gli
altri esseri con cui entra in contatto (l’obiettivo
del Sé istintivo). La socializzazione porta a un
136
grado elevato di benessere sociale, livello che è
stato raggiunto dalla gran parte dei mammiferi
che vivono in branco. Resta un passo ulteriore
da compiere, che non riguarda più l’aspetto
sociale ed il branco, bensì lo sviluppo
individuale.
In effetti, in quasi tutti i mammiferi l’aspetto
individuale è solo accennato, ed emerge nella
lotta per la conquista del ruolo di leader e nella
ricerca del partner migliore per
l’accoppiamento. Nei branchi di lupi, in alcuni
casi emerge anche da parte di singoli individui
che, dopo la sconfitta, non accettano il
vincitore. Ma a parte questi casi, generalmente
l’individuo è quasi assente, ciò che conta è solo
il branco nel suo insieme. Non sono
importanti tanto i singoli individui, quanto il
gruppo.
Ora il passo evolutivo successivo, non può
essere altro che lo sviluppo dell’individualità.
Ed è proprio questo l’obiettivo principale di
questa coscienza: l’individualizzazione, il
potere personale, l’autoaffermazione, sono
l’obiettivo del Sé mentale. E come vedremo
più avanti, se da una parte ha portato enormi
progressi e benefici a tutta la specie umana,
dall’altra parte è stato la causa di moltissimi
137
problemi che affliggono oggi l’essere umano.
Perché l’obiettivo del Sé mentale è
l’individualizzazione? Perché con il Sé istintivo
si è arrivati al massimo sviluppo evolutivo di
una specie, nei confronti del mondo
circostante. Ogni branco ha raggiunto un
equilibrio quasi perfetto, sia in relazione con
gli esseri della stessa specie e sia nei confronti
di specie diverse. In un ambiente
incontaminato, in un ambiente non alterato
dall’essere umano, lo sviluppo raggiunto da
ciascuna specie ha permesso a tutti gli animali
di sopravvivere al meglio, contribuendo a
creare l’equilibrio migliore per l’espandersi
della Vita.
Il passo mancante, una volta raggiunto il
massimo beneficio per il gruppo, è
l’affermazione del singolo individuo, e questo
è, appunto, l’obiettivo del Sé mentale: il
continuo miglioramento del suo benessere,
anche in contrapposizione al benessere degli
altri individui. Il capobranco tra gli esseri
umani è il leader politico, o religioso, ma il Sé
mentale ha trovato moltissimi altri modi per
competere e sentirsi il migliore nel gruppo.
Dalla capacità di produrre e accumulare
ricchezza, alla cura del corpo, alla bellezza, e a
138
tutte le forme in cui è possibile esprimere la
propria superiorità, fisica, mentale o
materiale.
Per raggiungere questi obiettivi non sono
necessarie le emozioni, anzi, a volte
potrebbero essere un ostacolo perché
coinvolgono gli altri esseri, il Sé mentale è
freddo, distaccato, non prova empatia, e,
guarda caso, questa sua freddezza è stata la
causa di tanti, tanti problemi.
La coscienza razionale è fredda, logica e
domina l’emisfero sinistro del cervello. È
quella che permette alle scimmie di spezzare
un bastoncino e renderlo adatto ad essere
inserito in un formicaio, per catturare le
formiche. È la stessa che sceglie la strategia
migliore per attaccare un capo branco, di cui si
vuole prendere il posto, come fanno, ad
esempio, i lupi. È ancora lei che studia la
strategia migliore per guadagnare milioni di
euro giocando in borsa. Cambia la potenza di
calcolo, la potenza del ragionamento, ma chi
svolge tale compito è sempre lui, il Sé
mentale.
Tanto quanto la razionalità ha portato
benefici inimmaginabili alla razza umana,
139
sono tanti, tantissimi i problemi causati dal
predominio del Sé mentale sul Sé istintivo, e
alcuni li vedremo nei capitoli che seguono. In
particolare dedicheremo un ampio spazio ad
un problema di attualità, un problema che sta
tormentando l’uomo delle ultime generazioni.
Pare infatti che i maschi, che fino a qualche
generazione fa erano i dominatori
incontrastati in famiglia e nella società, si
sentano oggi sempre più frequentemente in
difficoltà, soprattutto per quanto riguarda la
sicurezza affettiva, nei confronti della donna.
È interessante osservare questo processo
perché è la diretta conseguenza dello sviluppo
del Sé mentale, che, se da una parte ha
contribuito inizialmente a far emergere la
superiorità dell’uomo sulla donna, oggi, quasi
con un movimento di giustizia sociale, sta
iniziando a determinare il capovolgersi di
quella situazione.
Riassumendo, così come l’obiettivo del Sé
istintivo è la socializzazione, l’obiettivo del Sé
mentale è l’individualizzazione. Mentre per il
Sé istintivo sono fondamentali il gruppo, la
famiglia, i parenti, gli amici, e quindi l’unità, la
condivisione, la fratellanza, per il Sé mentale
ciò che conta è solo l’individuo. Il suo obiettivo
140
è l’individualizzazione spinta al massimo.
Quello è il suo primo obiettivo, il resto viene
dopo. Ciò significa che i suoi valori e punti di
riferimento sono il benessere personale, il
potere personale, la divisione, l’avere, prima
che l’essere. I suoi verbi sono: Io voglio, io
posso.
Certo, il Sé mentale mette anche le sue
capacità al servizio della collettività, ma
quando lo fa, è per l’espressione delle sue
potenzialità e per trarne un profitto, oppure
perché è guidato da una coscienza superiore,
quella dell’Io, di cui parleremo nel prossimo
capitolo.
La modalità che utilizza il Sé mentale per
esprimersi è il pensiero analitico, ed è quindi
evidente come sia stata questa modalità che ha
portato ad analizzare, a dividere, a
specializzare. Il Sé mentale dà meno
importanza all’insieme, perché per poter
comprendere logicamente, ha bisogno di
vedere i dettagli, ha bisogno di scendere
sempre più nel piccolo. Questa tendenza la si
osserva in modo estremamente eclatante nella
medicina e, ancora una volta, se da una parte
ha portato a grandissimi benefici per la salute
dell’essere umano, dall’altra parte, soprattutto
141
oggigiorno, è arrivata all’estremo di curare un
solo organo senza, quasi, interessarsi se gli
interventi terapeutici su quell’organo malato
portano benefici o danni ad altri organi del
corpo.
Purtroppo ho potuto osservare questa
tendenza della medicina su un caro amico cui
era stato trapiantato un rene. Dopo alcuni anni
di benessere, ultimamente ha iniziato ad avere
una serie di disturbi, non direttamente
imputabili al rene, ma che coinvolgevano,
conseguentemente ai numerosi farmaci
somministrati, tutto l’apparato digestivo.
L’estrema specializzazione dei medici li ha
portati a focalizzare l’attenzione
principalmente sulla funzionalità renale, con
la conseguenza di perdere di vista il quadro
generale.
Solo dopo un anno di tribolazioni, una grave
perdita di peso, una acidosi sanguigna, con
tutte le sue conseguenze, e una grave anemia,
è stato ospedalizzato. Ora, per fortuna, si sta
lentamente riprendendo.
Il caso del mio amico è emblematico dei
rischi della troppa specializzazione e del
predominio del Sé mentale. Se da subito fosse
stato preso in considerazione l’essere umano
142
nella sua complessità, con l’empatia del Sé
istintivo, forse non avrebbe dovuto aspettare
un anno per vedere affrontati, col dovuto
rispetto, tutti i suoi malesseri.
Come abbiamo già detto, dedicheremo un
intero capitolo ad analizzare le problematiche
tipiche generate dal conflitto tra le due
coscienze del Sé istintivo e del Sé mentale.
Queste problematiche sono spesso dovute al
fatto che la mancanza di razionalità del Sé
istintivo, ma soprattutto il suo essere sociale e
le sue emozioni, mal si conciliano con la
necessità di analizzare, la logica, e, soprattutto,
l’individualismo, del Sé mentale. E senza la
supervisione saggia dell’Io che, come
purtroppo abbiamo visto, dorme per il 95%
circa del tempo, i risultati sono quelli che
appaiono sotto gli occhi di tutti. Conflitti nelle
famiglie e nelle società.
I conflitti tra i due Sé, quello istintivo e
quello mentale, nascono sempre dagli obiettivi
che divergono. Ma il divergere degli obiettivi
non è una cosa naturale, è il risultato delle
esperienze passate. Affronteremo più avanti
questi argomenti, è importante ricordare che
quando si parla di credenze inconsce,
143
generalmente ci si riferisce alla mente
irrazionale che ora sappiamo essere il Sé
istintivo. Nella realtà anche il Sé mentale può
avere credenze limitanti, anzi, ne ha molte più
di quanto possiamo immaginare. Smettiamola
perciò di identificare la razionalità come il
bene e le emozioni come il male. Molto
spesso, come vedremo, è proprio il contrario.
L’errore più grande dell’essere umano è
quello di identificarsi con questa mente e,
inconsapevolmente, la gran parte di noi lo fa
quotidianamente. Cogito ergo sum, è
sbagliato!!! Cogita anche la scimmia. O
perlomeno, la frase è corretta, ma solo per il
fatto di indicare l’essere consapevole del
pensare. Mi osservo, ergo sum, questa è una
frase assolutamente corretta.
Normalmente ci identifichiamo con il Sé
mentale sia perché l’Io dorme, e sia perché
così ci hanno insegnato. Tutto ciò che è
razionale è giusto, il pensiero è ciò che
caratterizza l’essere umano. Niente di più
falso.
Per il 95% del tempo chi pensa è l’animale
che abitiamo. Tutti i nostri pensieri, anzi, il
95% dei nostri pensieri, non sono nostri, sono
del Sé mentale che pensa indipendentemente
144
dalla nostra volontà.
Vi ricordate quando in uno dei capitoli
precedenti abbiamo parlato dei pensieri
ricorrenti, quelli che non riusciamo a fermare?
Ecco, ora lo abbiamo compreso, chi pensa è il
Sé mentale, che, indipendentemente dalla
nostra volontà, pensa ai fatti suoi, pensa alle
cose che lo hanno disturbato e toccato. In
questi casi Sé istintivo e Sé mentale sono
spesso connessi. Abbiamo litigato con
qualcuno, siamo stati toccati emozionalmente,
ed ecco che l’emozione del sentirci frustrati, fa
sì che il Sé mentale intervenga per giustificare
l’accaduto, per elaborare piani di vendetta, per
capire come rispondere al torto subito, e così
via.
All’inizio, anche l’Io (il nostro vero essere) è
coinvolto, anche a noi interessa analizzare
l’accaduto. Ma dopo mezz’ora che stiamo
pensando a quel litigio l’Io vorrebbe smettere.
Abbiamo sviscerato a fondo l’accaduto e
riteniamo (l’Io ritiene) che è ora di lasciare
perdere. Ma i pensieri ritornano. L’Io
vorrebbe farli tacere, ma il Sé mentale è più
forte.
Nella quotidianità però il Sé mentale non
pensa a cose così forti, come a un litigio, pensa
alle abitudini, pensa al nostro lavoro, alle
145
esigenze della famiglia, alle nostre occupazioni
e così via. In tutti questi casi, ci sembra
normale pensare alle occupazioni quotidiane,
per cui non ci rendiamo minimamente conto
che non siamo noi a pensare. Siamo
completamente identificati col Sé mentale.
Non ci accorgiamo di dormire.
Mi sovviene, a questo proposito, una frase
tratta dal secondo volume dell’opera “Alla
ricerca del tempo perduto” di Marcel Proust:
«Viviamo di solito nell’abitudine, con il nostro
essere ridotto al minimo. Le nostre facoltà restano
addormentate, riposando sui guanciali
dell’abitudine: essa sa quello che c’è da fare e non ha
bisogno di loro.»
Questa bellissima frase rispecchia
perfettamente ciò di cui stiamo trattando. L’Io,
il nostro vero essere, la nostra vera identità,
dorme, lasciando la nostra vita in mano alle
coscienze dell’animale che abitiamo, il Sé
istintivo e, soprattutto, il Sé mentale. Loro
operano, come tutti i mammiferi, in modo
abitudinario. E queste menti, le menti
dell’animale, sanno cosa c’è da fare, lo
ripetono, giorno dopo giorno, anno dopo
anno, e non hanno bisogno della nostra
coscienza e delle nostre facoltà per vivere.
146
Si rendono perfettamente conto della forza
del Sé mentale le persone che meditano. La
meditazione, generalmente, tenderebbe a
portare al silenzio mentale, al vuoto interiore,
per raggiungere così i più elevati stati di
coscienza. Ma il Sé mentale, che come
vedremo nel capitolo successivo è anche il
Guardiano della Soglia, fa buona guardia e ci
impedisce di arrivare a quel silenzio. Come fa?
Pensa. Ma non pensa a una cosa qualsiasi, è
estremamente furbo.
Facciamo un esempio. Sto meditando e sono
concentrato sul vuoto interiore, sulla
spiritualità, su pensieri elevati. Se il Sé mentale
cominciasse a pensare a cosa mangerò a
pranzo, l’Io si accorgerebbe subito del
pensiero che non ha nulla a che fare con la
meditazione e riprenderebbe le redini,
cercando di rimanere nel silenzio. Ma
supponiamo che durante la meditazione ci
viene in mente di organizzare un gruppo di
meditazione con gli amici, ecco che quel
pensiero, che ci è “venuto in mente”, non è
così in contrasto con gli obiettivi dell’Io, così,
senza neanche accorgercene, ci troviamo a
pensare a tutti i dettagli di quell’idea, quando
potremmo vederci con gli amici, che tipo di
147
meditazione potremmo fare, e così via. L’Io,
che ha sempre poca energia a disposizione, e
anche questo lo capiremo più avanti, si
addormenta, ed il Sé mentale ne esce ancora
una volta vincitore.
Proprio mentre stavo scrivendo queste
pagine mi è accaduta una cosa simile.
Un’esperienza che dimostra quanto sia forte
ed abile il Sé mentale nel riuscire a tenere il
controllo della situazione ed impedire all’Io di
“svegliarsi”.
La notte avevo dormito poco e al mattino,
appena sveglio, durante la meditazione, ho
voluto fare un esercizio di registrazione di una
credenza. Mi sono messo nella posizione dei
contatti crociati (che vedremo in un prossimo
capitolo) ripetendo una frase per comunicare
col mio Sé fisico. Dopo poco tempo che
ripetevo la frase mi sono trovato a pensare ad
altro. Allora ho ripreso il controllo (l’Io si è
svegliato) e ho ricominciato a ripetere la frase.
Notate l’abilità del Sé mentale: mentre
ripetevo la frase mi sono reso conto che stavo
cercando di capire quale era stata la catena di
pensieri che mi ha portato a pensare ad altro.
Il Sé mentale è furbo, sa che sono razionale,
voglio capire tutto, così, anziché mettersi a
148
pensare a cose che non mi interessano, e che
mi avrebbero fatto allertare, ha portato
pensieri interessanti anche per l’Io. Così per
qualche secondo non mi sono accorto che mi
stava ancora “fregando”. Quando l’ho capito e
mi sono accorto del suo gioco, ho ripreso il
controllo e ho continuato l’esercizio.
Ed ecco ancora il Sé mentale che,
furbissimo, usa un’altra strategia. Cosa ha
fatto? Mi ha fatto venire in mente che per
spiegare l’abilità del Sé mentale avrei potuto
scrivere nel libro l’esperienza appena
accaduta. Esattamente ciò che sto facendo ora.
Per coinvolgermi ancora di più, il Sé
mentale, mi ha portato il pensiero di ricordare
bene l’accaduto, di come avrei potuto
trascrivere l’esperienza, parola per parola.
Finalmente, mi sono svegliato per l’ennesima
volta e questa volta sono stato più duro con lui.
Gli ho detto che, comunque, mi sarei ricordato
tutto ciò che volevo scrivere, e di lasciarmi in
pace perché non ci sarei cascato nuovamente.
A quel punto si è arreso e ho potuto
completare l’esercizio.
È chiaro come funziona il Sé mentale?
Vedete quanto è scaltro e abile? Sa
perfettamente quali sono i nostri interessi e,
149
per non svegliarci, ci porta solo pensieri che li
appagano.
È estremamente furbo e non ha alcuna
intenzione di lasciarci prendere il sopravvento
e di lasciare a noi le redini della nostra vita.
Ricordate sempre, quando dite: “mi è
venuto in mente”, state affermando che siete
svegli e vi siete accorti che il Sé mentale, o in
alcuni casi il Sé istintivo, vi ha portato alla
coscienza la cosa a cui avete pensato.
Avete mai sentito il detto: “la mente,
mente”? Se ci pensate, è carino, fa pensare.
Intanto la mente è un soggetto, ed essendo
capace di mentire, è un soggetto pensante.
Questa frase è nata proprio dall’osservazione
di questa parte di noi, che ora sappiamo essere
il Sé mentale, che, molto spesso, ci impedisce
di raggiungere i nostri obiettivi e ci porta nella
direzione opposta a quella che vorremmo.
Ecco perché diciamo che “mente”.
Dalla conoscenza del Sé istintivo e del Sé
mentale, possiamo comprendere anche il
rapporto di forza tra gli elementi con i quali si
esprimono i due Sé: emozioni per il Sé
istintivo e pensieri per il Sé mentale. Finché
150
non entrano in conflitto, il pensiero può
ritenersi superiore alle emozioni, ma nel
momento in cui entrano in conflitto chi ne
esce vincitore è sempre il Sé istintivo.
Il Sé mentale può zittire il Sé istintivo,
tenerlo rinchiuso in una gabbia, impedirgli di
esprimersi, e questo, purtroppo, è comune alle
persone molto razionali, ma questo
atteggiamento, generalmente, dà ancora più
forza alle emozioni represse e, quando
esplodono, possono fare molto male.
Ad esempio, il detto: volere è potere, è vero
solo fino a quando i due Sé sono in accordo.
Ma nel momento in cui dovessero essere in
conflitto, tra la volontà del Sé mentale e le
emozioni del Sé istintivo, chi vince è sempre
l’emozione. Sempre. Non ci sono chance.
Se pensiamo alla sede del Sé mentale, ciò
che viene spontaneo è rispondere nella testa.
McLean parla del sistema neomammaliano,
cioè della corteccia cerebrale. Così come è
vero che quasi sempre percepiamo le
emozioni nella pancia, è altrettanto vero che
quando siamo troppo mentali ci sentiamo
chiusi e bloccati nella testa, incapaci di
percepire l’energia in altre parti del corpo.
Ovviamente non esiste prova, ma, almeno per
quanto riguarda il Sé mentale, sembra
151
abbastanza facile pensare che la sua coscienza
si trovi in qualche angolo immateriale, ma
strettamente connesso alla testa. Ricordando,
infatti, che una cosa è il suo supporto fisico,
ma ben altro è la sede della coscienza.
Con il Sé mentale abbiamo esaurito le
coscienze dell’animale umano, nel prossimo
capitolo cercheremo di capire chi siamo
realmente, cercheremo di scoprire la nostra
vera identità.
152
9. L’IO E IL SUPERCONSCIO
Chi siamo noi? Chi è l’Io? Questa è la
domanda che non si pone il Sé mentale, né,
tantomeno, il Sé istintivo. Questa domanda ce
la facciamo noi, questa domanda se la pone la
nostra coscienza che, ogni tanto (abbiamo
detto, più o meno, il 5% del tempo) si sveglia e,
a volte, si interroga sulla propria esistenza.
Una cosa è certa. L’animale essere umano, il
mammifero di cui abbiamo parlato nei
capitoli precedenti, non ha affatto bisogno
dell’Io. Non ha affatto bisogno di una
coscienza superiore. Lo abbiamo visto anche
poche righe addietro, quando, ad esempio
nella meditazione, tende immediatamente a
prendere il controllo della mente, perché non
vuole controllori o concorrenti. Il Sé mentale
vuole tenere le redini, vuole essere il padrone
del corpo e raggiungere solo i suoi obiettivi.
153
Allora, chi è l’Io? Sembrerà strano, ma
potremmo dire che l’Io è un parassita. Lo
abbiamo affermato anche nel capitolo
precedente. Sì, un parassita, una coscienza
esterna che sembrerebbe non avere nulla a che
fare con l’evoluzione della vita sulla Terra, e
che un bel giorno si è impossessata del corpo
del mammifero più evoluto e ha cominciato
ad abitarlo.
Ho un poco esagerato, ma, osservando ciò
che è successo, potrebbe anche essere così.
Di certo sembra sia possibile affermare che
la coscienza dell’Io non proviene dalla cellula,
come, invece, è accaduto per tutte le altre
coscienze. Tutte le coscienze di cui abbiamo
trattato nei capitoli precedenti hanno un senso
ben definito, possiamo osservarne la presenza,
seppure in forma estremamente elementare,
anche nella singola cellula, che, come
sappiamo, possiede tutte le funzioni di un
organismo adulto, dalla capacità di respirare,
alla capacità di reagire agli stimoli esterni, alla
capacità di prendere decisioni ed evolvere.
Tutte quelle funzioni sono diventati i vari Sé
che abbiamo incontrato: il, anzi, i Sé fisici
(della cellula, di ciascun organo e dell’intero
154
corpo), il Sé istintivo, ed il Sé mentale. L’essere
così è completo. Può vivere una vita ottimale e
raggiungere tutti i suoi obiettivi, così come li
abbiamo descritti nei capitoli precedenti. Può
arrivare ad andare sulla Luna e giocare a
scacchi. Cosa gli manca? Nulla. Per gli obiettivi
della vita, così come la osserviamo
quotidianamente, nulla.
Fatto sta, che a un certo punto della sua
evoluzione, nell’essere umano, in questo
mammifero che, piano piano, stava
raggiungendo il più alto grado di sviluppo, è
arrivata una coscienza in più. Una coscienza
che, come abbiamo detto, nulla aggiunge alla
completezza del nostro animale. Non apporta
alcun vantaggio per la sopravvivenza sua e
della specie. Non sembra essere frutto di un
processo evolutivo. È arrivata, punto e basta. È
quella coscienza che differenzia l’essere
umano da tutti gli altri mammiferi. È quella
coscienza che ci permette di osservarci, di
essere consapevoli del nostro vivere.
Di teorie sull’origine di tale coscienza ce ne
sono tante. Intanto rappresenta la base di tutte
155
le religioni. Il cristianesimo afferma che Dio,
dopo avere creato tutto il resto, il settimo
giorno creò l’uomo e gli donò la vita. Ma non
potrebbe essere che tale racconto fosse solo
un’allegoria, che il prendere la terra, plasmarla
e poi soffiarci dentro l’alito di vita, in realtà
volesse dire, prendere il prodotto più avanzato
fino quel momento, l’animale, formato da tutti
gli elementi di base con cui si è formata la vita,
e poi soffiarci dentro quella coscienza che è la
base della consapevolezza?
Non ho alcuna intenzione di approfondire
in questa sede un argomento così vasto, un
argomento che vede tante ipotesi quante sono
le religioni presenti sulla Terra, e altre che
hanno a che fare con una visione più esoterica,
o cosmica, o, in alcuni casi, fantascientifica. Ho
letto anche di una teoria che narra che la
coscienza dell’Io è stata impiantata nei primi
ominidi da razze più evolute, provenienti da
altre galassie.
Non ci interessa. Non ci interessa per un
semplice motivo: in questo momento nessuno
conosce la verità e di credenze ne abbiamo già
abbastanza. Aggiungerne un’altra non porta
nulla alla nostra ricerca e non porta nulla
156
neppure se vogliamo percorrere il processo di
integrazione di cui parleremo più avanti.
Possiamo anche arrivare a toccare elevatissimi
stati di coscienza, senza avere saputo come e
quando è arrivata la coscienza dell’Io nel
mammifero che abitiamo. E tanto basta.
Quello che è certo è che la nostra identità, il
nostro Io, sembra non avere a che fare con
l’evoluzione della vita sulla Terra. Sembra
avere un’altra origine e, se anche non
riusciremo a sapere come e quando la
coscienza dell’Io è entrata in un corpo fisico,
quello che invece dovremmo comprendere è
la nostra natura. E questo lo possiamo
senz’altro fare.
Ciò che differenzia l’essere umano dagli altri
mammiferi non è la capacità di costruire
aeroplani, o computer, di starsene
comodamente in poltrona a guardare la tv,
anziché stare in una grotta con una pelle di
leopardo come vestito. Ciò che
contraddistingue inequivocabilmente l’essere
umano da tutti gli altri mammiferi è un’altra
coscienza, una coscienza che gli altri animali
non hanno: la coscienza che gli permette di
osservarsi.
157
Con lo sviluppo del Sé mentale l’essere
umano ha avuto la possibilità di dominare
sulla Terra, non ha più nemici che non possa
sconfiggere. Ha avuto la capacità di insediarsi
nei territori che preferiva a discapito degli altri
mammiferi che lo abitavano. Che bisogno
c’era di una coscienza in grado di osservarsi e
di chiedersi “chi sono io?” Anzi, semmai una
tale coscienza potrebbe rivelarsi aliena nel
corpo del mammifero. Addirittura, la causa di
molti suicidi deriva proprio dal non accettare
il corpo, le emozioni e la mente, cioè proprio
la natura umana. Come potremmo affermare
quindi che la coscienza dell’Io è un’evoluzione
naturale del mammifero uomo?
Scrive Dante, nella Divina Commedia: “Fatti
non foste per viver come bruti”, eppure, è proprio
ciò che facciamo, quotidianamente, viviamo
come bruti, come mammiferi, lasciando che
l’abitudine, citata sopra anche da Proust, ci
porti lentamente, ma inesorabilmente, verso la
tomba. È questa la vita? Sì, sarebbe una vita
perfetta, se fossimo solo il mammifero che
abitiamo, se non avessimo la capacità di
osservarci, se non ci fosse quel 5% di coscienza
che ci fa chiedere: ma cosa ci faccio io su
158
questa Terra? Chi sono io? Qual è il mio ruolo?
Fortunatamente sempre un maggior
numero di persone si pone queste domande, e
il porsi delle domande è sempre il primo passo
verso il trovare le risposte.
Non voglio parlare troppo di spiritualità per
un semplice motivo, siamo già pieni di
convinzioni, di credenze e tali convinzioni
condizionano la nostra vita. Ricordiamolo, le
convinzioni non appartengono all’Io,
appartengono solo al Sé istintivo o al Sé
mentale. L’Io sa perché ha sperimentato, non
vive di credenze, vive di conoscenza, che può
ampliarsi, anzi, deve crescere sempre di più,
ma diverso è una credenza basata su libri o
sentito dire e ben altro è la conoscenza che
viene dall’esperienza diretta.
Apprezzo chi non crede in un mondo
spirituale, perché dimostra una mentalità
razionale e scientifica. Non ha ancora
sperimentato e, giustamente, non ha certezze,
però… Però la vita è una, la domanda: chi sono
io? È la domanda più importante a cui ciascun
essere umano dovrebbe rispondere. Fare soldi,
sposarsi, fare figli, affermare le proprie
159
capacità, sono obiettivi importanti, ma sono
gli obiettivi del mammifero uomo, e in noi,
abbiamo visto, c’è un’altra coscienza. Allora
non possiamo accontentarci di essere un
mammifero, felice, appagato, ricco, con una
bella moglie, o un bel marito, dovremmo
investire gran parte delle nostre energie per
comprendere la nostra vera natura, per capire
chi siamo e perché siamo qua.
È giusto non vivere di credenze, ma il
credere in un qualsiasi Dio, senza averlo
sperimentato, o senza sentire dentro una forte
spinta, inarrestabile, verso la realtà spirituale, è
solo una credenza. Certo, può essere una
credenza positiva, ma mi viene da pensare che
per molti la religione potrebbe davvero essere
l’oppio dei popoli. Molti si ricordano della
religione solo durante le feste comandate. Se
ne ricordano per paura di andare nell’inferno
in cui credono, o si ricordano della religione
quando stanno male e chiedono al loro Dio il
perché, o gli chiedono di guarirli, o di fare
trovare loro l’amore, o il lavoro. Quella non è
fede. Quella è una credenza, e, sinceramente,
tra una credenza di quel tipo e il non credere
in Dio, preferisco un approccio più razionale,
160
come quello che ebbi, da adolescente, quando
decisi che non potevo credere a certi dogmi,
solo perché qualcuno me li raccontava. Ma la
spinta a comprendere era forte, e grazie a
qualche libro che mi ha fatto capire che era in
questa vita che avrei trovato la risposta a tutte
le mie domande, la mia ricerca è ripresa, e più
forte di prima.
Se quindi sei una persona razionale, se non
vuoi credere a tutto quello che ti raccontano,
fai bene, ma sappi che anche il credere che
Dio non esiste è una credenza. E se davvero sei
una persona razionale, se pensi di avere una
mente scientifica, allora dovresti usare la tua
razionalità per chiederti chi sei, da dove arriva
quella coscienza che ci differenzia dagli altri
animali. Dovresti chiederti seriamente chi ha
messo l’intelligenza nella prima cellula, perché
vanno bene tutte le teorie per cui la Vita è nata
dalla combinazione di atomi, come prodotto
della casualità, ma dovresti spiegare come è
nata l’intelligenza, quella coscienza che spinge
la cellula, e tutta la vita, ad adattarsi
continuamente all’ambiente per sopravvivere
al meglio. E non raccontarmi la storia della
natura, perché allora ti chiederei chi è la
161
natura.
Dovresti inoltre spiegarmi tutte quelle
funzioni dell’essere umano che non
appartengono al regno animale. Ce ne sono
tante, come le intuizioni, la creatività, la
generosità, l’aspirazione, quel senso di unità
con tutte le cose che a volte possiamo
sperimentare, e così via.
Le intuizioni sono quelle illuminazioni, quei
colpi di genio, che ci arrivano quando stiamo
cercando una soluzione a qualche problema.
Sono quella lampadina che si è accesa e ha
permesso tante scoperte. E la cosa strana è che
moltissimi scienziati hanno ammesso di essere
arrivati alla scoperta, non seguendo un
percorso logico o analitico, ma proprio per
un’idea che, a un certo punto, e spesso al
mattino presto, è balenata nella mente.
Ora, il Sé istintivo è il nostro animale
emozionale, bravissimo, amorevolissimo, ma
certo non è uno scienziato. Anzi, ha una
capacita mentale assai limitata. Il Sé mentale è
pura razionalità, è logica, pensa e pensa,
ragiona e ragiona, e sempre si basa sul
conosciuto. Vede una banana in cima ad una
palma e cerca in tutti i modi la via per
162
raggiungerla. Per farlo ricorre a tutto il suo
conosciuto, sperimenta diverse modalità, tutte
basate su ciò che ha già sperimentato. Il suo
approccio è puramente analitico e sequenziale.
Non prevede salti.
Il Sé mentale non contempla le intuizioni,
perché esulano dal suo approccio alle cose. Le
intuizioni non sono un processo mentale, sono
una illuminazione. Qualcosa che ci arriva nel
cervello e contiene esattamente la soluzione
che stavamo cercando da tempo, senza mai
riuscire a venirne a capo. Se dunque
l’intuizione non viene dal Sé istintivo e
neppure dal Sé mentale, da dove arriva?
La stessa domanda possiamo porcela per
quanto riguarda la creatività, non quella che ci
fa guardare un paesaggio e ce lo fa copiare nel
migliore dei modi, quella è tecnica, può anche
essere meravigliosa, quasi a sfiorare la
perfezione, ma quella è tecnica che si può
apprendere. Ma quando guardiamo un quadro
che ci lascia a bocca aperta, quando
ammiriamo dei capolavori che ci lasciano
estasiati, lì non ci troviamo davanti ad una
tecnica, e, non a caso, la creatività a certi livelli
non è concessa a tutti.
Quando ascoltiamo una musica sublime,
163
quando rimaniamo incantati davanti ad
un’opera d’arte, non abbiamo a che fare col Sé
istintivo e neppure col Sé mentale. Se la
creatività venisse da loro saremmo tutti artisti,
tutti geni, invece non è così, e a poco serve lo
studio, non certo a divenire artisti, né geni.
Da dove viene la creatività? Da dove viene
l’amore incondizionato, quello che ci porta a
donare tutto e a vivere solo per gli altri? Non
possiamo certo attribuirli alla nostra natura di
mammifero. Ci deve essere un’altra fonte, e
quella fonte è legata alla coscienza dell’Io,
quella coscienza che conosciamo così poco,
vivendo, come diceva Proust, “addormentati sui
guanciali dell’abitudine”.
Molte scuole psicologiche, dalla psicanalisi
di Jung alla Psicosintesi, hanno dovuto
riconoscere la presenza di una mente
superiore, che, come abbiamo affermato, non
ha nulla a che vedere con l’evoluzione del
mammifero che abitiamo. È qualcosa d’altro,
qualcosa ancora di sconosciuto, ma che, se ci
apriamo ad essa, può avere un ruolo
fondamentale nella nostra Vita.
Ci sono spazi della mente ancora insondati,
l’uomo può vivere esperienze che non
dipendono dal volere della coscienza. Cosa ci
nascondono tutti gli spazi della mente che
164
ancora ci sono sconosciuti? Non lo sappiamo.
Forse non esiste Dio, forse non esiste un
mondo spirituale, ma è difficile negare
l’esistenza di un Superconscio; di una parte di
noi in grado di farci provare i sentimenti più
elevati, in grado di aiutarci nei momenti di
estremo bisogno, quando ci affidiamo a lei.
Una parte di noi che a volte è in grado di
compiere miracoli che la scienza non può
spiegare.
Come ho affermato poco sopra, non voglio
dare teorie, soprattutto chiedo che non
riteniate vero a priori ciò che dico o che
scrivo. Verificate solo se vi sembra di buon
senso, se potrebbe stare in piedi come ipotesi,
e, solo nel caso di una risposta affermativa,
provate a sperimentare, perché, lo ripeto, la
risposta alla domanda “chi sono io?” dovrebbe
essere ricercata da tutti coloro che sentono di
potersi elevare al di sopra del mammifero che
abitiamo. Non mi stancherò mai di
sottolinearlo, scoprire la nostra vera natura,
cercare di rimanere svegli per capire chi siamo
e perché siamo qua, dovrebbe essere
l’obiettivo più grande per ciascun essere
umano.
165
Non vi darò quindi una teoria, solo
un’ipotesi, quella che a me sembra più di buon
senso e quella che, in parte, ho sperimentato.
Sono convinto che tutte le religioni dicano la
stessa cosa, sono convinto che tutte siano nate
da una scintilla di Coscienza comune e tutte
tendano allo stesso obiettivo, solo che, in base
al tempo e alla cultura in cui si sono
sviluppate, hanno fornito spiegazioni,
strumenti e indicazioni diverse di volta in
volta. Nel mio caso, devo dire che sono state le
spiegazioni fornite dalla religione induista
quelle che mi hanno permesso di
comprendere una visione accettabile della
realtà spirituale, meno basata su dogmi. Una
volta compreso, non ho certo seguito quella
religione, così come non ne ho seguito altre.
Basta informarsi un poco e gli strumenti si
trovano, così ho studiato e sperimentato, fino
a che sono arrivati i primi riscontri che mi
hanno confortato e dato maggiore spinta ed
entusiasmo nel percorso intrapreso.
Ciò che ho sperimentato è che esiste una
realtà sottile, da cui tutto deriva. Il mondo
166
materiale, così come lo conosciamo è solo il
riflesso di quella realtà. Potremmo dire che il
mondo sottile, o il mondo spirituale, è il
mondo delle cause, ed il mondo fisico, il
mondo conosciuto, è il mondo degli effetti.
È in quest’ottica che ho sostenuto, nelle
pagine precedenti, che la coscienza, tutte le
coscienze, non sono qualcosa di fisico, sia
quella della cellula, come quella del corpo, del
Sé istintivo, e del Sé mentale. Tanto meno
quella dell’Io e quelle superiori. Più avanti ho
dedicato due capitoli a questi argomenti, uno
sulle coscienze e le varie teorie delle scuole
spirituali, come la teosofia e l’antroposofia, e
uno sulle coscienze ed i chakra.
L’ipotesi che mi ha convinto a continuare il
mio percorso è che l’Io, quell’osservatore che
percepisce le emozioni del Sé istintivo, che
ascolta i pensieri del Sé mentale, è
un’emanazione di una coscienza più vasta, che
chiamiamo Superconscio. Utilizzo questo
termine perché è lo stesso usato in una
corrente psicologica, la Psicosintesi, ma
potremmo chiamarla Sé Superiore, o Anima, o
Scintilla Divina, o in qualsiasi altro termine
che ritenete più adatto.
In questa ipotesi, anche l’Io segue un
167
percorso di risveglio e di evoluzione e la sua
meta è il riconoscimento della sua identità,
dopo avere imparato ad integrare i Sé
inferiori.
Non ho idea di come possano essere andate
veramente le cose, e, come ho detto, non
prendo aprioristicamente per vera nessuna
teoria. Non ho idea, neppure del perché il
Superconscio, l’Anima, abbia deciso di
sperimentare la materia attraverso questo
processo di discesa della sua coscienza, che l’ha
portata a divenire inconsapevole della sua
identità.
Mi viene in mente ciò che ci raccontavano a
catechismo, da bambini. Alcuni angeli,
capeggiati da Lucifero, si sono ribellati a Dio e
sono stati cacciati negli inferi. A pensarci bene,
quel racconto potrebbe benissimo essere
riscritto in questi termini: alcune coscienze
sottili, che possiamo benissimo chiamare
angeli, hanno sentito il desiderio di
sperimentare il piano più basso della
creazione, il piano materiale. In quel piano c’è
inconsapevolezza, ci sono coscienze inferiori
che vivono qualcosa di sconosciuto nel piano
degli angeli: le emozioni. Questi angeli hanno
allora deciso di sperimentare le emozioni e
168
per poterlo fare hanno spinto una parte di sé
ad entrare in un corpo fisico, dove la
vibrazione dell’energia è molto più bassa.
Abbassando la vibrazione quella parte
dell’angelo ha perso coscienza della sua
identità (la strozzatura che vedremo descritta
nella Figura 1), e si sente quasi persa, non sa
più chi è. Quella parte dell’angelo, che è
entrata in un corpo fisico, vive nel mondo
delle emozioni, un mondo dove c’è anche
dolore e che potremmo chiamare inferno,
rispetto al piano degli angeli dove tutto è
amore.
Il processo di “incarnazione” della coscienza
sottile dell’Io, è stato lento e ha dovuto
adattarsi al miglioramento progressivo del
corpo che la ospitava. La storia ci dice che
nell’antichità l’essere umano era decisamente
meno ricco dei valori che diamo oggi alla vita.
Il valore stesso della vita era molto più basso e
le uccisioni erano all’ordine del giorno e non
viste come qualcosa di orrendo, come avviene
oggi. L’essere umano era molto simile al
mammifero da cui proviene ed era dominato,
soprattutto, dall’istinto, più che dalla ragione:
mi offendi, e io ti aggredisco e se è grave, ti
uccido.
169
La coscienza dell’Io e il rispetto per la vita
sono andati di pari passo con lo sviluppo del
Sé mentale. Più l’essere umano sviluppava il
Sé mentale, più maturava in lui la
consapevolezza e più cominciava a farsi
domande sulla sua origine.
Anche se molti si lamentano della barbarie
di cui ancora il mammifero umano è capace,
anche se molti lamentano l’egoismo che
sembra regnare sovrano, già si vedono
numerosi segni del risveglio dell’Io.
L’essere umano è diventato più razionale, ha
compreso l’inutilità della violenza fisica grazie
al Sé mentale, che poteva esprimere il proprio
potere in modi più sofisticati, come il denaro,
e così via. I segni di questa evoluzione e del
risveglio dell’Io sono ampiamente verificabili.
I diritti umani sono ormai riconosciuti a
livello internazionale e sono entrati nella
legislatura di numerosi governi. Possiamo
osservare il risveglio della coscienza a livello
individuale, nel disgusto che proviamo
quando vediamo crimini orrendi, o nella
maggiore sensibilità verso gli animali. Le
teorie vegetariane e ora vegane, stanno a
dimostrare la sempre maggiore sensibilità
verso la sofferenza delle altre coscienze
170
inferiori. Se guardiamo il mondo contadino,
purtroppo ancora oggi in molti casi l’animale è
visto solo dal punto di vista utilitaristico. O
come nutrimento, o è utile per il lavori, o per
la guardia, oppure è inutile, anzi un peso, ed è
meglio eliminarlo.
Un altro segno del risveglio della coscienza
dell’Io è dato dal volontariato. Il volontariato è
mosso dall’Io che comprende il senso di
fratellanza verso gli altri esseri umani. Mai
come in questi anni il volontariato è
aumentato, ed è dimostrato dalle statistiche
che ogni tanto vengono pubblicate attraverso i
vari media.
Anche nella ricerca di una spiritualità più
matura e non basata solo su cieche credenze si
può osservare il risveglio dell’Io. La spiritualità
come era vissuta nell’antichità, e come, spesso,
è vissuta ancora oggi, è una spiritualità cieca,
formata di credenze del Sé istintivo e del Sé
mentale, più che da una vera spinta che viene
dal cuore dell’Io. Si impara la religione da
bambini e così si formano le credenze. Si
impara ad avere paura del castigo divino e così
si impara il senso del peccato e ci si rivolge alle
autorità religiose per essere assolti. La paura
della morte e dell’inferno, sono il frutto di
insegnamenti rivolti ai bambini, quando il Sé
171
mentale e la capacità di giudizio sono quasi
assenti.
Oggi, per fortuna, si vede sempre di più la
ricerca di una spiritualità più matura, una
spiritualità che va oltre i dogmi e le credenze,
una spiritualità mossa dal cuore e non dalla
paura.
Anche l’Io, quindi è in un processo
progressivo di risveglio. Abbiamo detto che
dorme per circa il 95% del tempo e non
dobbiamo meravigliarci, quindi, se ancora
tante persone non ne percepiscono la
presenza, se tante persone non si pongono la
domanda “chi sono io”. Se tante persone
accettano la realtà così come la percepiscono
senza sentire il desiderio di andare oltre.
Possiamo ipotizzare nella Figura 1, l’insieme
delle varie coscienze dell’essere umano, così
come emerge da quanto abbiamo appena
affermato.
All’inizio la coscienza dell’Io è entrata nelle
coscienze del mammifero umano e aveva un
ruolo minimo, quasi inesistente. Il cerchietto
che rappresenta l’Io era all’interno, non
avvolgeva gli altri corpi. E faceva fatica ad
emergere. Eravamo quasi solo animali.
172
Figura 1...
Anno dopo anno, secolo dopo secolo,
millennio dopo millennio, questa coscienza ha
progressivamente iniziato il processo di
risveglio e ha preso sempre più maggiore
consapevolezza della sua esistenza. Il suo
obiettivo è il risveglio totale e la presa di
coscienza della sua vera identità, rappresentato
dalla Figura 2
173
Figura 2
L’Io, in questa ipotesi, è dunque
un’emanazione del Superconscio che è aperto
verso l’alto, verso quella che Bernardino del
Boca chiamava Supercoscienza. Cosa significa?
Significa che la Supercoscienza è quella
coscienza che connette tutte le cose esistenti,
fisiche e sottili, animate ed inanimate.
Attraverso la Supercoscienza è possibile
entrare in contatto con qualsiasi altra
coscienza, ed è grazie a tale consapevolezza
che le grandi anime spirituali, i santi, i Maestri
che hanno percorso la Terra chiamavano
fratello o sorella ogni cosa o creatura esistente.
Per i cristiani è molto bello l’esempio di San
Francesco che parlava col lupo chiamandolo
174
fratello, ed il lupo ascoltava, docile, ai suoi
piedi. San Francesco, essendo una persona
estremamente spirituale e in contatto col
Superconscio, poteva comunicare attraverso la
Supercoscienza con la coscienza del Sé
istintivo del lupo.
Perché non è così facile, allora, entrare in
contatto col Superconscio, e, magari, tramite
lui con tutte le altre persone? Sarebbe tutto
estremamente facile, non ci sarebbero più
guerre, ci ameremmo tutti, sarebbe un mondo
idilliaco.
Semplice, osservate il disegno delle coscienze
riportato sopra. Vedete che il Superconscio
“scende dall’alto” e una sua emanazione, il
cerchio più grande che racchiude tutti gli altri,
è come una bolla, avvolge le altre coscienze
del mammifero umano, i Sé fisici, il Sé
istintivo, ed il Sé mentale. Questa bolla però ha
una strozzatura, scende dal Superconscio e
poi, passando per una strozzatura entra
nell’essere umano. Quella strozzatura è ciò che
impedisce all’Io di riconoscere la propria
identità, di riconoscere di essere un’anima
spirituale. Quella strozzatura obbliga così l’Io a
vivere come un naufrago, in balia delle onde
175
delle altre coscienze del mammifero che sta
abitando. In caso contrario, chi glielo farebbe
fare?
Nell’induismo chiamano l’Io, Givatma, cioè
Anima individualizzata, mentre il
Superconscio è l’Atma, cioè l’Anima.
Il Givatma, entrando nel piano fisico, perde
coscienza della sua realtà, ed è solo in questo
modo che può vivere tutte le esperienze che
l’Anima ha scelto di vivere prima di incarnarsi.
Il Sé mentale gioca un ruolo fondamentale nel
mantenere ben stretta quella strozzatura che
impedisce all’Io di riconoscersi come
Superconscio, non a caso, numerose scuole di
pensiero lo chiamano Guardiano della Soglia.
La sua razionalità è come una barriera, come
una rete a maglie molto strette, che impedisce
all’Io di percepire la sua vera realtà. Nel
racconto di San Francesco che parla con il
lupo, vediamo un bellissimo esempio di come
una coscienza semplice (il Sé istintivo) è in
contatto con la Supercoscienza, mentre il Sé
mentale, con la sua razionalità, può
rappresentare una vera e propria chiusura
176
verso la Supercoscienza.
Anche i pastorelli che vedevano e parlavano
con la Madonna, espressione di una coscienza
superiore, è un esempio di come questa
coscienza riesce ad entrare in contatto con
persone semplici, che non hanno un Sé
mentale troppo sviluppato.
Il Sé mentale, infatti, per quanto abbia portato
e possa ancora portare enormi benefici al
progresso scientifico e culturale, così come
alla dimensione della conoscenza, d’altra
parte, se non correttamente bilanciato ed
“aperto” può rappresentare anche una barriera
invalicabile verso stati di coscienza più sottili.
Il Sé mentale è indispensabile per l’essere
umano, diventa il “Guardiano della Soglia”
solo se è stato cresciuto con rigidità, credenze
limitanti, pregiudizi e chiusure mentali. Se
però è stato allenato ad essere aperto al nuovo,
ad accettare tutto ciò che esiste come
espressione di un’unica Realtà, se ha imparato
a vedere fratelli e sorelle, anziché nemici e
ostacoli, allora può diventare un potente
alleato al processo di risveglio dell’Io.
Per poter rimanere sveglio e rendersi conto
della realtà che lo circonda, l’Io ha bisogno di
177
energia, energia che normalmente viene
mancare, perché assorbita da un Sé istintivo
bisognoso, con le sue pulsioni emozionali, e da
un Sé mentale condizionato, per il continuo
lavorio della mente.
È la mancanza di energia che fa sì che l’Io si
addormenti. Senza energia facciamo fatica a
rimanere svegli, a rimanere concentrati, a
meditare. È per questo che sono così
importanti tutti quegli elementi come il
respiro, il sonno, l’alimentazione e l’esercizio,
che consentono all’Io di disporre di maggiore
energia per rimanere sveglio. Da sveglio, l’Io
potrà diventare Maestro di sé stesso (delle
coscienze inferiori) per guarirle, così che si
plachino ed evitino di consumare una quantità
enorme di energia, rendendola così
disponibile all’Io per la sua espressione
consapevole su questa Terra.
È fondamentale quindi il discorso dell’energia,
perché se non riusciamo neppure ad essere
svegli, come possiamo comprendere che c’è
ben altro oltre la solita routine fatta di lavoro,
rapporti, casa, famiglia, denaro, automobile,
cucina, palestra, e così via? Tutte queste cose
possono essere svolte dal mammifero umano,
178
ma l’Io ha ben altri scopi.
Come possiamo dunque riconoscere l’Io,
come renderci conto di quando siamo svegli?
La risposta è semplice: quando siamo
consapevoli. Quando siamo consapevoli del
nostro corpo, delle nostre emozioni e dei
nostri pensieri. Quando siamo consapevoli
delle nostre parole e delle nostre azioni che
sono, spesso, re-azioni. Quelli sono i momenti
in cui possiamo affermare di essere svegli.
Quando abbiamo dei pensieri che non
riusciamo a fermare, nel momento in cui ce
ne rendiamo conto, siamo svegli. Quando
affrontiamo per la prima volta qualcosa di
estremamente nuovo, qualcosa che non
rientra nella sfera del conosciuto, allora siamo
svegli.
Vi ricordate quando eravate a scuola,
l’insegnante parlava, spiegava concetti nuovi e
per un poco di tempo eravate attenti, poi,
però, capitava che la mente andasse altrove.
Cosa accadeva? Semplicemente che l’Io non
aveva l’energia sufficiente per rimanere
sveglio, per mantenere l’attenzione, e si
addormentava. Il Sé mentale era subito pronto
a distrarvi portandovi con il pensiero agli
179
amici, al gioco, a cosa avreste voluto fare
anziché rimanere in quell’aula grigia.
L’attenzione è un segnale di un Io sveglio. Ma
riusciamo a mantenere l’attenzione vigile per
un tempo limitato, e quando ci sforziamo poi
siamo esausti.
Ma è soprattutto quando ci chiediamo chi
siamo, che possiamo affermare con certezza di
essere svegli, quando ci chiediamo qual è il
nostro compito, la nostra missione, quando ci
chiediamo da dove arriviamo. È sveglio il
filosofo, è sveglio lo scienziato che è teso alla
soluzione di un problema, colui che cerca
qualcosa di nuovo, qualcosa non basato sul
conosciuto. È sveglio anche chi medita,
rimanendo vigile e attento a ciò che accade
dentro di sé.
Essere svegli, significa essere consapevoli. Ho
sempre avuto il pallino della consapevolezza,
mi ricordo che spesso, da ragazzo, tornavo a
casa la sera e mi chiedevo: ma oggi dove sono
stato? Non che non ricordassi dove ero stato,
ma mi rendevo perfettamente conto che l’Io
non c’era. Avevo vissuto un pomeriggio,
magari una giornata, avevo viaggiato, parlato,
riso, mangiato e bevuto, ma tutto in modo
automatico, senza che la mia coscienza fosse
presente. Ecco cosa significa essere svegli.
180
È importante comprendere che un Io sveglio,
non è portato per natura verso “casa”, verso la
sua vera identità, il Superconscio. Perché tale
ricerca prenda le mosse è necessario che sia
prima emerso quel sentimento chiamato
aspirazione o fede.
Non so ancora perché, quando, e come questo
sentimento si attivi, nel mio caso posso dire di
averlo sentito dentro fino dall’infanzia. Forse
qualcuno potrà dubitarne, ma ricordo
perfettamente il mio battesimo, e pur non
seguendo, come ho già affermato, alcuna
religione precostituita, sicuramente è stato un
momento molto importante, così come tanti
altri, vissuti sia in luoghi particolari, legati a
diverse tradizioni spirituali, sia nella più
completa solitudine.
Perché, quindi, alcuni sentono questa forte,
inarrestabile spinta verso la spiritualità, e molti
non sanno neppure di cosa stiamo parlando?
Perché tante persone non si accorgono
neppure dell’esistenza di un Superconscio, e
vivono inconsapevolmente, magari felici, tutta
la vita? Perché molti nascono in paesi dove
non si possono neppure permettere di pensare
a qualcos’altro che non sia sfuggire alla guerra
181
o cercare di procurarsi il minimo
sostentamento? Perché?
L’unica spiegazione che mi sembra plausibile
è la teoria della reincarnazione. Se davvero ci
siamo incarnati per evolvere e per conoscere e
sperimentare le emozioni, è comprensibile
che tutto questo non possa essere svolto in una
singola vita. Se, dunque, occorrono più vite
per riuscire a sperimentare le emozioni, per
diventare maestri dei nostri Sé inferiori, fino a
riconoscerci, come ha detto il Cristo, figli di
Dio, è ovvio che questa conoscenza debba
richiedere molte esperienze e lezioni di vita.
Se, dunque, la nuova vita è il frutto delle
lezioni apprese, o non apprese, nella vita
precedente, se la nuova vita ci mette di fronte
alle lezioni che ancora ci servono per evolvere,
allora tutto potrebbe avere un senso logico.
Allora non ci sarebbe un dio cattivo, o
insensibile, che fa nascere un bambino in una
famiglia ricca e un altro in una famiglia che
vive nella miseria e nella malattia.
Una simile teoria, infatti, metterebbe a posto
tutti i pezzi del puzzle. Come si
spiegherebbero, altrimenti, tutte le differenze
che troviamo sulla Terra? Come si
giustificherebbe un bambino che muore di
tumore a pochi mesi? Come si
182
giustificherebbe il fatto di nascere in un paese
povero, distrutto dalla guerra, piuttosto che
nella casa di un ricco petroliere? Come si
giustificherebbero tante malattie, magari
presenti dalla nascita, che costringono tanti
individui ad una vita di privazioni?
Con tale teoria non potremmo più accusare
Dio delle nostre disgrazie, ma dovremmo
accettare che, pur non ricordando, ciò che
siamo è il modo migliore per superare le
lezioni che ancora ci mancano. Dovremmo
riconoscere che l’Io apprende anche tramite le
esperienze e le emozioni vissute
inconsapevolmente. Dovremmo riconoscere
che un bambino che muore, permette ai
genitori di vivere esperienze ed emozioni
fortissime, che solo in quel modo avrebbero
potuto vivere.
Con una simile teoria, sul piano animico
siamo tutti alla pari, le differenze di ruolo
avrebbero solo a che fare col mammifero che
incarniamo, o col personaggio che stiamo
recitando. Non esisterebbe scala gerarchica,
tutti stiamo recitando una parte e imparando
le nostre lezioni, al di là del tempo, che è solo
una variabile dipendente dalla percezione
limitata del mammifero umano che stiamo
abitando.
183
A questo proposito mi viene in mente una
bellissima poesia di Totò, A livella, la
conoscete? Se non l’avete mai letta, o meglio
ancora sentita, vi invito a leggerla, o a cercarla
su Youtube. È qualcosa di meraviglioso e aiuta
a comprendere molto bene come la morte
livella tutto. Non ci sono più marchesi o
netturbini, poveri o ricchi, nella morte siamo
tutti uguali. E allo stesso modo, non ci sono
persone evolute e non evolute, persone elevate
spiritualmente o persone che sono interessate
solo alla materialità della vita. Sul piano della
Supercoscienza, siamo tutti uguali!
La teoria della reincarnazione si è largamente
diffusa anche in occidente grazie ai libri di
Brian Weiss, che, a mio parere, hanno
permesso di aprire la mente di milioni di
persone. Spero solo che non si sia passati da
una credenza ad un’altra. Lo ripeto, una cosa è
accettare una teoria come possibilità da
investigare, altro è considerarla una verità,
solo perché l’ha affermata una presunta
autorità.
Spero di non essere frainteso. Non sto
affermando nessuna verità, vorrei solo che
ciascuno imparasse ad accettare le
184
affermazioni di qualsiasi saggio o maestro,
solo come ipotesi da studiare, ipotesi che
potranno rivelarsi vere solo dopo essere state
sperimentate personalmente.
Ho avuto la fortuna di conoscere
personalmente un prete, don Mario
Mazzoleni, che ha scritto un libro in cui spiega
come, leggendo le sacre scritture, è più
probabile che nei tempi in cui furono scritte,
si credesse nella reincarnazione piuttosto che
il contrario. Una persona di un cuore infinito,
con un grande conflitto interiore tra ciò che gli
sembrava giusto e l’obbedienza che sentiva
verso la chiesa. Chiesa, che poi lo ha
scomunicato e che, mi sembra, abbia fatto
ritirare quel libro dal commercio.
Affermare che dobbiamo accettare tutto senza
discutere, senza farci domande, non è certo
nella mia natura, l’ho sempre detto, sono una
persona razionale e guai a pretendere che
accetti una teoria, soltanto perché l’ha
affermata questo o quel personaggio. Accetto
di non conoscere la verità, su tantissime cose,
ma questo non mi impedisce di accogliere
185
teorie che mi sembrano di buon senso e che
riescono a dare una spiegazione ragionevole
alla vita. Questo non significa considerarle una
verità, significa solo ritenerle un’opportunità,
da verificare.
Con la reincarnazione, tutto in effetti assume
una spiegazione. Se davvero siamo anime, o
coscienze superiori, incarnate, e davvero il
nostro compito è quello di evolvere,
esperienza dopo esperienza, ad esempio
imparando a conoscere le emozioni che ci
fanno paura, allora tutto avrebbe un senso. Le
emozioni sono quella cosa che ci fa andare
incontro alle esperienze o ci fa rifuggire da
esse. E tramite le emozioni viviamo le
esperienze più significative della nostra vita.
Ci innamoriamo, ci arrabbiamo, odiamo,
portiamo rancore, viviamo nell’ansia, nella
paura, nel terrore, viviamo nella gioia, nella
speranza, ci chiudiamo per non soffrire. Le
emozioni ci fanno star bene e ci fanno
ammalare, sono lo strumento perfetto per
farci vivere.
Durante i miei seminari riassumo spesso
questi concetti dicendo che il Sé istintivo è lo
strumento che usa il Superconscio per farci
186
vivere le esperienze che dobbiamo vivere. Da
chi dipendono le emozioni? Solo dal Sé
istintivo. La nostra Anima (il Superconscio),
dunque, che conosce quali esperienze servono
per la nostra crescita, utilizza il Sé istintivo per
farci innamorare, per sperimentare la paura, la
rabbia e tutta quella gamma di emozioni che
dobbiamo imparare a riconoscere e ad
accettare, come parte integrante della Vita.
Finché le fuggiremo, finché ne avremo paura,
finché le considereremo nemiche, è come se
scappassimo dalle nostre lezioni. Solo quando
impareremo ad accettarle, a conoscerle, anche
ad amarle, riconoscendole figlie della stessa
energia che può diventare amore, potremo
dire di avere imparato le nostre lezioni. È così
che l’Io evolve, quando impara a trasformare
le emozioni in qualcosa di puro, quando porta
l’energia delle emozioni dalla pancia al cuore,
facendo in modo che quell’energia si trasformi
in Amore, che l’Io, piano piano, ritorna verso
casa. Quando guariamo le emozioni, il Sé
istintivo si placa, si acquieta. Quando
diventiamo maestri anche del Sé mentale,
facciamo un altro importantissimo passo verso
il nostro risveglio. Quando sciogliamo tutte le
sue identificazioni e le sue credenze, quando
lo aiutiamo a riconoscere i veri valori di
187
uguaglianza e di unità e a riconoscere la
fratellanza universale, il lavorio mentale si
ferma, e le strette maglie che impedivano
all’Io di entrare in contatto con la Sua fonte, si
aprono. Allora, e solo allora, Io e Superconscio
diventano la stessa cosa. Allora, e solo allora,
potremo dire di essere tornati a casa.
Dove risiede l’Io? E dove il Superconscio? Se
già abbiamo affermato per il Sé fisico, istintivo
e mentale, che una cosa è la coscienza e ben
altro è il supporto fisico attraverso il quale la
coscienza si manifesta, questo discorso è
ancora più valido per le coscienze più “sveglie”
come l’Io ed il Superconscio.
Ricordo di avere letto in un antico testo
indiano che il Superconscio è localizzato in
un’area tra il sesto e settimo chakra, un’area
chiamata l’isola di gemme nell’oceano di
nettare. L’immagine è senz’altro suggestiva e
potrebbe corrispondere al punto del caduceo
(quel bastone con due serpenti avvolti, che è
simbolo del dio Mercurio, ma rappresenta
anche la colonna vertebrale con i due canali di
energie sottili, maschile e femminile, che
salgono verso l’alto, e, oggi, simbolo
dell’ordine dei medici e dei farmacisti) nel
188
quale ci sono le ali, appena prima della sfera,
che rappresenta il Tutto.
Se ci fa piacere, accettiamo anche questa come
teoria, ma la cosa bella non è la teoria, bensì
sperimentare davvero quell’isola e
quell’oceano di nettare. Se esistono.
Per quanto riguarda quello che gli indiani
chiamano Givatma, cioè l’Io, l’anima
individualizzata, la sua localizzazione potrebbe
essere all’altezza del cuore, il punto nel quale si
passa dall’amore condizionato all’amore
incondizionato. Quel punto in India viene
chiamato Anahata, termine sanscrito che
significa “non toccato”, perché la sofferenza è
un’emozione e ne è soggetto solo l’animale
umano, non l’Io. L’Io prova empatia,
compassione, ma non sofferenza.
Quando arriviamo a toccare con mano il
Superconscio, quando l’Io, anche solo per un
istante, riconosce la sua natura, tutto il rumore
generato dal Sé istintivo con le sue pulsioni
emozionali e dal Sé mentale con il suo
continuo lavorio, scompare, lasciando spazio
ad un silenzio e ad una pace che non ha parole
189
per essere descritta.
Allora si comprende che tutte le parole ed i
pensieri tradotti nei libri più belli sulla
spiritualità, non rappresentano che una
piccola goccia d’acqua nell’oceano che avremo
sperimentato. La Coscienza può solo essere
sperimentata. Parole e libri possono servire
come guida, possono essere uno stimolo a
sperimentare, ma si fermano lì. Il resto tocca
solo a noi. Come potremmo affermare di
conoscere l’immensità, la profondità e la
ricchezza dell’oceano avendo conosciuto una
singola goccia d’acqua?
190
10. QUANTI SOGGETTIDENTRO DI NOI
Nei capitoli precedenti abbiamo visto le
singole coscienze che compongono l’essere
umano. Siamo partiti da quelle relative alla
componente animale (non dimentichiamo che
“animale” è un termine privo di giudizio,
descrive unicamente un essere vivente
appartenente a tale regno, come è il
mammifero umano), i Sé fisici (delle cellule,
degli organi e dell’intero corpo), il Sé istintivo
ed il Sé mentale, fino alle coscienze superiori.
Queste ultime ci caratterizzano rispetto agli
altri esseri viventi, e sono: l’Io, con la sua
capacità di osservarsi, ed il Superconscio, la
coscienza superiore da cui potremmo
provenire e da cui dipendono tutte quelle
funzioni (creatività, intuizioni, ecc.) che non
appartengono ai Sé inferiori.
191
Abbiamo visto che le coscienze del
mammifero umano hanno come obiettivo
l’evoluzione della vita su questo piano, mentre
le coscienze superiori hanno come obiettivo
l’evoluzione della componente animica. Infatti
i Sé fisici si occupano della sopravvivenza del
corpo nel senso più stretto; il Sé istintivo, con
le sue emozioni, cura l’aspetto sociale degli
individui, sempre nel quadro del
miglioramento della specie; il Sé mentale, con
il pensiero, è arrivato ad ottimizzare il
benessere dell’individuo, facendo sì che la vita
umana si sia allungata rispetto ai secoli passati.
Tutti questi Sé hanno contribuito, e
contribuiscono, alla sopravvivenza e al
continuo adattamento della specie umana sul
pianeta Terra.
L’Io, invece, quando non dorme, ha come
obiettivo la conoscenza sperimentale delle
emozioni, attraverso le quali, esperienza dopo
esperienza, evolve, fino a riconoscersi come
parte integrante del Tutto. Fino a riconoscere
che le varie forme di vita, e i vari individui,
non sono altro che parti dell’unica Coscienza
manifestata. Coscienza, che sul piano sottile è
una Supercoscienza e sul piano materiale
appare come frammentata in atomi, cellule,
esseri viventi.
192
Abbiamo infine compreso chi pensa e chi
agisce dentro di noi. Abbiamo capito chi prova
emozioni, chi si arrabbia, chi giudica e chi si
sente in colpa. Ora possiamo anche
comprendere meglio il fenomeno del
sonnambulismo.
Sapete che esistono due tipi di sonno? Il
sonno non REM, il più importante per la
rigenerazione del corpo, dove tutte le
coscienze dell’animale dormono ed il corpo si
rigenera, ed il sonno REM, nel quale dorme il
Sé razionale, ma il Sé istintivo sogna. È
durante questo sonno, durante il sogno, che
capita il fenomeno del sonnambulismo.
Per completare il quadro, ricordiamo che il
Sé istintivo è quella coscienza che vive di
emozioni, e che, in determinate condizioni, è
anche in grado di gestire i muscoli volontari
del corpo. Ricordiamo, infine, che nei bambini
vive soprattutto il Sé istintivo, che è già
totalmente sviluppato, mentre il Sé mentale è
ancora in fase di sviluppo.
Ora, nei bambini il controllo del Sé mentale
è ancora debole ed il Sé istintivo, se è troppo
carico di emozioni non scaricate durante la
giornata, durante il sonno può prendere il
193
controllo del corpo ed esprimersi con quella
modalità che viene chiamata sonnambulismo.
Sono quindi i bambini ad avere più
frequentemente questo disturbo, perché il Sé
mentale non si è ancora sviluppato
completamente e, non essendo abbastanza
forte, il Sé istintivo riesce a prendere le redini
del corpo e ad alzarsi dal letto senza che il Sé
mentale si svegli.
Ci sono altri momenti in cui il Sé istintivo
prende il controllo del corpo. Vi siete mai
chiesti chi vi fa muovere? Chi prende certe
posizioni, piuttosto che altre? Avete mai visto
quelle persone che, sedute, cominciano a fare
saltellare velocemente una gamba facendo
perno sulla punta del piede. Queste persone
sollevano e abbassano velocemente il
ginocchio, tenendo ferma solo la punta del
piede. Se poi sono sedute ad un tavolo, è facile
che lo facciano vibrare, di modo che le
persone sedute allo stesso tavolo ne sentano la
vibrazione.
Chi fa questi movimenti? Non certo l’Io
osservatore, e neppure il Sé mentale, che non
farebbe mai nulla di illogico. È il Sé istintivo,
l’animale emozionale, che probabilmente
194
scarica in quel modo le sue tensioni, come nel
caso di tutti i tic che conosciamo, dal
mangiarsi le unghie, a strapparsi le
sopracciglia, e così via.
Ma il Sé istintivo gestisce i muscoli volontari
anche quando riteniamo di essere ben svegli. Il
camminare, il guidare l’automobile e quasi
tutti i lavori ed i movimenti che compiamo
durante il giorno sono “automatici”. In realtà
non sono affatto automatici, nel senso che non
sono gestiti da una macchina, sono solo
inconsci, gestiti cioè da un’altra coscienza, di
cui non siamo sempre consapevoli, il Sé
istintivo. Lo riconoscete?
Mi piace sottolineare l’importanza di non
dare nulla per scontato. Non può essere un
computer, o qualcosa di meccanico a farci
muovere, ci vuole un soggetto pensante che sa
bene cosa fare e di volta in volta decide il
comportamento giusto in base a ciò che state
facendo e, soprattutto, in base a ciò che sta
sentendo emozionalmente. È meraviglioso
tutto questo, eppure lo diamo per scontato.
Tutto ciò che riguarda i movimenti automatici
del corpo è patrimonio del Sé istintivo. Dalla
posizione in cui siete adesso, al pianista che
195
suona un meraviglioso concerto.
Ricordo un cliente, pianista, che venne a
fare un mio seminario e mi raccontò che a
volte non riusciva a suonare bene. Quando
pensava troppo a cosa doveva fare, le mani
erano rigide e l’esecuzione non era perfetta.
Quando invece si lasciava andare e non
pensava a nulla, ecco che le mani fluivano
velocemente sulla tastiera ed era un successo.
Il Sé istintivo è colui che impara ed esegue
tutti i movimenti, dal suonare, al ballare, al
guidare un’automobile. Se lo lasciamo fare,
esegue alla perfezione tutto quanto ha
imparato. Se invece facciamo entrare il Sé
razionale, che è gerarchicamente superiore al
Sé istintivo e, se sviluppato correttamente, lo
può controllare, ecco che viene bloccata
l’istintività e la fluidità dei movimenti e ciò che
facciamo non viene nel migliore dei modi.
Avete mai provato a ballare? Se sì, e se siete
un poco razionali, ne avete sicuramente fatto
esperienza. Più pensate a come devono essere
i passi, e più siete rigidi e ballate male, più vi
lasciate andare, senza pensare, e più siete
fluidi e ballate bene.
Abbiamo capito anche chi pensa. Non siamo
196
noi a farlo, almeno, non sempre. Non è certo
l’osservatore, che per il 95% circa del tempo
dorme. Chi pensa, salvo rari momenti, è il Sé
mentale. Noi ce ne rendiamo conto solo
quando abbiamo quei pensieri ricorrenti che
non riusciamo a fermare. In quei casi il
pensiero diventa fastidioso, a volte doloroso, e
a quel punto l’osservatore si sveglia e vorrebbe
farlo smettere, ma non ci riesce. Oppure ce ne
accorgiamo quando abbiamo in mente una
canzoncina e la ripetiamo per ore, senza
riuscire a fermarla.
Vorremmo avere una mente tranquilla e
silenziosa, e invece lei continua a lavorare,
incessantemente, contro la nostra volontà. Può
mai una macchina agire contro la volontà del
suo costruttore?
Capiamo allora anche quel dialogo interiore
che, a volte, ci snerva e ci lascia
psicologicamente distrutti ed emotivamente
agitati.
Ma, purtroppo, per la gran parte del tempo
non ci accorgiamo di nulla, quando i pensieri
e le emozioni sono nella norma, dormiamo
beatamente e, magari, siamo convinti di essere
svegli, siamo totalmente identificati con il Sé
mentale ed il Sé istintivo che lavorano
incessantemente, e noi dormiamo.
197
Riassumendo tutti i concetti che abbiamo
espresso finora, vediamo di sintetizzare le
coscienze che compongono l’essere umano,
perché è da lì che dobbiamo partire se
vogliamo cambiare noi stessi, se vogliamo,
finalmente, stare davvero bene, se vogliamo
che ogni parte di noi collabori per raggiungere
i nostri obiettivi. In pratica, se vogliamo
compiere un percorso di integrazione.
Nella tabella sottostante sono riassunti tutti
gli aspetti fin qui trattati delle varie coscienze
che compongono l’essere umano.
Tabella
Nella prima riga della tabella troviamo il Sé
fisico. I ragionamenti fatti sinora ci hanno
permesso di comprendere che, come la
singola cellula è intelligente, anche qualsiasi
insieme di cellule che abbia una funzione ed
198
un compito specifico ha una sua propria
coscienza che lo spinge ad evolvere e ad
adattarsi sempre meglio all’ambiente in cui
vive. Sia esso un singolo organo, come il
fegato o il cuore, o sia esso un insieme più
complesso, composto da diversi organi, come
un mammifero, quell’insieme di cellule
intelligenti ha a sua volta una coscienza più
alta che gestisce e regola tutte le cellule e gli
organi di cui è composto.
Abbiamo chiamato queste coscienze Sé
fisico e abbiamo visto come il suo elemento
sia, ovviamente, la materia.
Il Sé fisico è presente dalla nascita della
cellula, quindi, nel caso dell’essere umano, si
sviluppa mano a mano che si sviluppa il feto
nel ventre materno.
Il supporto materiale dove si manifesta il Sé
fisico varia dalla membrana della singola
cellula, al cervello rettiliano dell’essere umano.
Ora sappiamo che l’obiettivo del Sé fisico è
la sopravvivenza, sia quello della cellula, sia
quello dell’essere umano e di qualsiasi altro
animale. L’istinto di sopravvivenza quindi
appartiene al Sé fisico, ma si manifesta
emotivamente nel Sé istintivo, ad esempio con
la paura di morire.
199
Scorrendo la tabella, vediamo nella seconda
riga il Sé istintivo. Anche in questo caso,
abbiamo osservato che la capacità di reagire
agli stimoli dell’ambiente, cioè una forma
primitiva di reazione emotiva, è già presente
nella singola cellula, anche se in forma
elementare, così come tutte le altre funzioni
che appartengono ad un essere adulto. Nei
primi animali si è sviluppata al meglio quella
particolare funzione che li spinge a
socializzare, per riprodursi, giocare, o fuggire
da un nemico, che permette loro di
sopravvivere e salvaguardare al meglio la
specie. Questa coscienza è il Sé istintivo e
l’elemento tramite il quale sviluppa la sua
socialità è l’emozione.
La sede fisica attraverso la quale si manifesta
il Sé istintivo sono il cervello della pancia e il
sistema limbico, nel cervello della testa.
Il Sé istintivo si sviluppa già durante la
gravidanza, ma il suo ruolo diventa
fondamentale dalla nascita, quando comincia
ad entrare in contatto con gli altri, a partire
dalla mamma, con cui, fino a pochi istanti
prima, era completamente identificato.
200
Il Sé mentale, che troviamo nella terza riga
della tabella, è la coscienza che gestisce i
processi logici e razionali. Pur essendo
presente già nella singola cellula, in forma
estremamente primitiva, il Sé mentale si è
molto sviluppato a partire dai mammiferi più
evoluti, fino a raggiungere il suo apice nel
mammifero umano. Il suo elemento è il
pensiero, si sviluppa a partire all’incirca dai 3
anni e il suo obiettivo primario è
l’individualizzazione, l’auto affermazione,
l’espressione delle capacità individuali e del
proprio potere personale.
Infine, non sappiamo come, non sappiamo
quando, e non sappiamo neppure perché, è
arrivato il bell’addormentato, non nel bosco,
ma nel mammifero umano.
Un bell’addormentato che dorme per circa il
95% del tempo, che ogni tanto si sveglia per
lamentarsi e per chiedersi: ma cosa ci faccio
qui?
Sono un po’ cattivello, non lo nego, questo è
il mio Sé istintivo che si diverte a provocare,
ma, spesso, le provocazioni servono, e spero
che sia così anche in questo caso. Sì, perché
insieme alla provocazione c’è un grande
201
amore, un grande amore verso ogni essere
umano che vorrei vedere felice, in armonia e
splendente della Luce che è dentro ciascuno di
noi.
Non ho certezze su quale sia l’organo fisico
corrispondente all’Io, teorie ce ne sono, ma
sono solo teorie. C’è chi parla della ghiandola
pineale, chi del cuore, ma cerco sempre di
evitare di dare per vere affermazioni che non
ho sperimentato. Per questo motivo lascio in
bianco la casella corrispondente all’organo
dove si manifesta l’Io come pure quella del suo
periodo di sviluppo. Anche in questo caso non
ho ancora certezze, anche se, a mio parere,
non esiste un momento preciso e valido per
tutti in cui l’Anima decide di entrare nel corpo
fisico per fare la sia esperienza.
Possiamo invece affermare che l’elemento
dell’Io è la consapevolezza, mentre il suo
obiettivo è l’unità oltre le differenze apparenti.
Riassumendo, nell’essere umano coesistono
3 tipologie di coscienze inferiori, le 3 menti
inconsce, perché possono essere autonome e il
loro esprimersi non dipendere, sempre, dalla
202
volontà dell’Io. Queste sono le coscienze delle
cellule, degli organi, e del corpo nella sua
interezza (il Sé fisico). Abbiamo poi due
coscienze più evolute, per il fatto che sono più
“sveglie” e con le quali è più facile comunicare:
il Sé istintivo ed il Sé mentale. Tutte queste
coscienze sono le coscienze del mammifero
umano.
L’essere umano ha poi due ulteriori
coscienze più elevate, la coscienza dell’Io
osservatore, quello che dovremmo chiamare il
nostro vero io, ed il Sé superiore, o
Superconscio, come viene chiamato in alcune
scuole di psicologia, di cui l’Io rappresenta la
parte incarnata (o Givatma, come viene
chiamata nella cultura induista).
Sono tutte coscienze, da quella della cellula
al Superconscio. Sono tutte forme di
coscienza, solo con un diverso stato di
consapevolezza. La cellula ha una coscienza
quasi dormiente, impiega anni per adattarsi
all’ambiente in base agli stimoli ricevuti,
mentre le coscienze più evolute sono
decisamente più veloci e consapevoli. Ad
esempio la coscienza del Sé fisico, ci mette
poco a decidere di mettersi all’ombra se ci
troviamo sotto il sole cocente, così come la
coscienza del Sé istintivo ci mette pochissimo
203
a reagire di fronte ad un pericolo. Ancora la
coscienza del Sé mentale è in grado di fare
astrazioni del pensiero, ad immaginare come
poter andare sulla Luna.
La coscienza dell’Io, finché è in balia delle
coscienze del Sé istintivo e del Sé mentale, ha
poco potere, ma quando si “sveglia” può
divenire maestra di tutte le altre coscienze per
aiutarle a stare bene e, solo allora, può
intraprendere il percorso che la conduce verso
la sua vera identità: il Superconscio. Da quello
stadio tutto cambia, tutto assume una nuova
veste, tutto diviene possibile. Da quello stadio
l’Io può creare la propria realtà, non più
inconsapevolmente, come vedremo nelle
pagine che seguono, ma consapevolmente. Da
quello stadio potrebbe anche fare quelli che,
nel linguaggio comune, chiamiamo miracoli.
Ora sappiamo che non esiste un solo
inconscio, quindi è opportuno anche rivedere
una falsa credenza su queste menti.
È convinzione diffusa che l’inconscio non
riconosce il “non”. Ne sono convinti tanti tra
formatori, operatori e studiosi di diverse
scuole di crescita personale e si è arrivati a tale
credenza in modo empirico constatando che
204
affermazioni quali: “Non voglio essere
ammalato”, o “Non voglio essere povero”, in
realtà attiravano proprio lo stato indesiderato.
Ciò che si è osservato è che la mente
inconscia, anziché comprendere letteralmente
il messaggio e attirare salute e ricchezza, fa sua
l’affermazione “Voglio essere ammalato”, o
“Voglio essere povero”, come se non sentisse il
“Non”, attirando di conseguenza esattamente il
contrario di ciò che viene chiesto. Ovvia
quindi la logica conclusione che l’inconscio
non riconosce il “non”.
Ancora una volta, l’assunto che sta alla base
di tale conclusione è che la mente inconscia sia
una macchina, un computer, e, come un
computer, funziona solo in modo binario.
Anche questo assunto è frutto di una
semplificazione, anzi, per essere più precisi, è
frutto della visione meccanicistica dell’essere
umano. In realtà solo ciò che è creato
dall’uomo è una macchina, tutto ciò che è stato
creato dalla Vita è invece un’espressione della
Vita stessa e in quanto tale è dotato di una
propria coscienza, per quanto più si scende
nella materia solida, più la coscienza pare
dormiente.
Ora sappiamo che esistono 3 menti che
hanno una propria coscienza indipendente
205
dall’Io: il Sé fisico, il Sé istintivo ed il Sé
mentale; dobbiamo quindi comprendere
quale di queste tre è coinvolta nella falsa
credenza che l’inconscio non riconosce il
“non”.
La coscienza di cui stiamo parlando è il Sé
istintivo, la componente animale che vive
soprattutto di emozioni. Ora, se la mente
inconscia è una coscienza, pur con una
razionalità elementare, ma con un proprio
senso di identità, perché non dovrebbe
riconoscere il “non”?
Chi ha un animale domestico o chi lavora
con gli animali, sa perfettamente che tutti gli
animali vivono soprattutto di emozioni, la loro
razionalità è estremamente limitata, ciò che
conta nella comunicazione non sono tanto le
parole, quanto le emozioni contenute nelle
parole. Per un animale, basta sentire il tono
della voce (che dipende dall’emozione) per
capire cosa vuole comunicare il padrone.
Lo ha capito benissimo un mio cliente di
Milano. Gli avevo spiegato come parlare col Sé
istintivo e gli avevo detto, come vedremo più
avanti, che la prima volta è importante
parlargli a voce alta, perché lui, come tutti gli
206
animali, capisce soprattutto le emozioni.
Tornato la settimana dopo, il mio cliente mi
dice ridendo: Antonio avevi ragione sul fatto
che gli animali comprendono il tono della
voce più che le parole, pensa, la settimana
scorsa, quando sono tornato a casa, mi sono
rivolto al mio cane e gli ho urlato: TI VOGLIO
BENE. E lui è scappato via, con la coda tra le
gambe.
Mi sono fatto una risata. Già, in fondo gli
aveva detto: ti voglio bene. Parole molto belle.
Ma gliele aveva dette urlando, e il povero cane
ha recepito solo una cosa. L’emozione che sta
dietro ad un urlo non è certo qualcosa di
dolce, in genere si urla per esprimere rabbia, e
il cane ha percepito solo la rabbia ed è
scappato.
Il motivo per cui si è instaurata in molti
formatori la credenza che l’inconscio (quindi il
Sé istintivo) non riconosce il non, è
estremamente semplice. Se affermiamo “non
voglio essere ammalato”, oppure “non voglio
essere povero”, quali sono le parole che hanno
più carica emotiva? Ovviamente “ammalato” e
“povero”. Entrambe queste parole nascondono
la paura di essere ammalati o poveri e la paura
207
è una delle emozioni più potenti. Ciò che
percepisce il Sé Istintivo non è quindi la
globalità della frase “non voglio essere
ammalato”, ma solo l’emozione della paura di
essere ammalato, così come nell’esempio
riportato più sopra il cane percepisce la rabbia
piuttosto che le parole “ti voglio bene”. E
l’emozione della paura contenuta nella parola
“malattia” non farà altro che rafforzare quella
paura.
Chi conosce minimamente la Legge
dell’attrazione sa perfettamente che sono le
credenze più radicate, quelle con maggiore
carica emotiva, ad attirare la realtà che
viviamo ed ecco quindi la spiegazione
dell’insorgere della credenza che l’inconscio
non comprende il “non”. La persona che
voleva essere in buona salute (probabilmente
perché soffriva di salute cagionevole) e si
ripeteva continuamente la frase “non voglio
essere ammalato”, in realtà stava rafforzando
la paura della malattia attirando, di
conseguenza, ciò che più temeva.
A fronte di tante osservazioni simili è
normale che diversi terapeuti siano giunti alla
conclusione che l’inconscio, che ora
chiamiamo più propriamente Sé Istintivo, non
riconosce l’avverbio “non”, contribuendo così
208
a diffondere tale credenza a livello mondiale.
Chi ha seguito i miei seminari avanzati ha
potuto verificare come invece il Sé Istintivo
riconosce perfettamente il “non” e anzi tale
avverbio è spesso usato laddove diviene
importante spiegare al Sé Istintivo certi
comportamenti nostri o dei nostri genitori
quando, ad esempio, “non” erano responsabili
di ciò che ci dicevano o facevano.
209
11. PERCHÉ L’INCONSCIO ÈCOSÌ CATTIVO?
Ora abbiamo compreso chi sono gli altri io
dentro di noi, quei diversi io di cui parlava
Paul Watzlawick, quegli io che, quando non
vorremmo, ci fanno pensare continuamente,
che ci fanno arrabbiare, mangiare troppa
nutella, fumare, o che ci mettono i bastoni tra
le ruote anziché aiutarci a raggiungere i nostri
obiettivi più ambiziosi.
Ora sappiamo che tutti questi io sono stati
messi dentro quel calderone che viene
chiamato inconscio, o mente inconscia, o
mente subconscia, termini diversi, che hanno
significati diversi, ma che, molto spesso,
vengono usati per identificare questi io che
non governiamo, questi io che rappresentano
il mammifero che abitiamo.
Ma allora sorge una domanda spontanea: se
210
questi io formano il mammifero che abitiamo,
perché mai il mammifero umano è così
cattivo?
Perché ci boicotta? Perché ci tratta male?
Perché ci fa fare cose di cui, a volte, ci
pentiamo? Perché gli psicologi chiamano
“ombra” queste parti di noi che, in fondo,
rappresentano solo un animale?
In fondo se osserviamo in natura, i
mammiferi che vivono in branco, come le
scimmie ed i lupi, hanno una società quasi
perfetta. Si, è vero, quando è il periodo degli
accoppiamenti, o quando si deve stabilire chi è
il capo branco, ci sono lotte cruente tra i
maschi, e a volte alcuni maschi si staccano
anche dal gruppo, ma una volta risolte le
gerarchie, il resto del branco vive una società
quasi perfetta, dove tutti si aiutano e tutti
collaborano per il bene comune.
Perché mai il mammifero umano è invece
spesso così “malvagio”, perché scrittori e poeti
lo definiscono mr. Hide o il lupo della steppa?
Perché, anziché farci stare bene e in armonia
con gli altri, a volte ci fa stare male e magari
vede gli altri come nemici?
211
La risposta in fondo è molto semplice e ha a
che fare con lo sviluppo del Sé mentale. Ne
abbiamo accennato nei capitoli precedenti, ora
è il momento di capire bene perché questo
“signore”, che ci ha aiutato a raggiungere livelli
di benessere tanto elevati, che ci ha permesso
di andare a spasso con dei computer portatili,
capaci di mantenerci in contatto con tutto il
mondo, è anche la causa dei nostri problemi
più grandi.
Arriveremo a capirlo guardando proprio la
differenza tra l’essere umano e gli altri
mammiferi che vivono in branco.
Da ragazzo mi capitava di vedere
documentari in televisione. Devo essere
onesto, non è che li amassi così tanto,
preferivo magari un bel film di avventure, ma
ci sono stati due documentari che mi hanno
colpito profondamente ed è grazie a loro che
ho compreso tante cose riguardo a noi esseri
umani.
Il primo di questi documentari era sui leoni.
In realtà ciò che mi ha colpito era solo un
breve filmato su una leonessa con cinque o sei
cuccioli che giocavano addosso a lei. Erano
212
immagini bellissime, la leonessa se ne stava
sdraiata al sole e questi leoncini gliene
facevano di tutti i colori, le saltavano addosso,
a volte succhiavano il latte, altre volte le
saltavano sul collo, le mordevano le orecchie
ed io mi chiedevo: ma non le fanno male?
Avranno dei denti aguzzi, come fa a non
sentire dolore? Ho sempre avuto cani o gatti in
giardino e so quanto sono appuntiti i denti di
un cucciolo, e, soprattutto, quanto fanno male
quando ti mordono giocando.
In realtà quando uno di loro esagerava, la
leonessa gli dava una zampata e lo faceva
rotolare qualche metro più in là, ma lui subito
si rialzava e le saltava addosso per
ricominciare a giocare. Quella leonessa era il
simbolo dell’amore materno. Era totale per
loro. Avete mai visto una leonessa alzarsi e
dire ai cuccioli: “basta, mi avete stressato, sono
stanca, andatevene a guardare la tv e
lasciatemi in pace”.
No, e non perché i leoni non sanno parlare o
non hanno la tv, semplicemente perché la
leonessa, come tutti i mammiferi che vivono
liberi, sa istintivamente cosa fare. Il leoncino,
come tutti i cuccioli di mammifero, quando è
nella pancia della mamma, non sa di esistere
come cosa a sé stante, è totalmente identificato
213
con la mamma, pensa di essere parte di lei.
Quando viene partorito, per lui è un trauma, il
primo, e forse più grande trauma della vita di
un mammifero, e la mamma, istintivamente lo
sa e se lo tiene appiccicato al corpo per fargli
sentire ancora il suo calore, per ridurre al
minimo quel trauma.
Fino a quando deve tenerlo appiccicato al
corpo? Fino a quando deve essere totale per
lui? Dipende da mammifero e mammifero, le
gazzelle imparano a stare in piedi e correre in
pochissimi minuti, per altri mammiferi, tra
cui i canidi, i felini e le scimmie, i tempi sono
molto più lunghi.
Non è la mamma a decidere quando il
cucciolo se ne deve andare, è lui, il cucciolo,
che piano piano, sviluppa i sensi, apre gli
occhi e percepisce un mondo esterno. Non
esiste più solo la mamma.
I tempi li dettano il Sé fisico ed il Sé
istintivo. Quando gli arti sono in grado di
reggere il cucciolo e la curiosità istintiva lo
spinge a curiosare, ad andare a vedere cosa
sono tutte quelle cose che vede intorno a sé,
ecco che il leoncino comincia ad allontanarsi.
All’inizio di pochi passi, ma la mamma è lì,
non scappa, non lo abbandona, e piano piano,
si allontana sempre di più, fino a quando, a un
214
certo punto, si rende conto che sta bene anche
senza la mamma, si rende conto che non ne ha
più bisogno. Questa si chiama: maturità
emotiva.
Il nostro leoncino scopre che può stare da
solo e si sente benissimo. Ma è lui a scoprirlo,
in modo naturale, sano ed istintivo. La sua
mamma, con la presenza costante ed il calore
del suo corpo, ha fatto sì che il leoncino
sviluppasse la maturità emotiva. Quel leoncino
non soffrirà mai di traumi di abbandono, non
si sentirà mai solo. Non soffrirà di gelosia.
Ho visto qualcosa di simile in queste
settimane. Pochi mesi fa una micia che vive
nei pressi della cascina dove abito, ha avuto dei
gattini. Per diverse settimane non l’ho più
vista. Poi, piano piano, ha cominciato a
muoversi ed i gattini erano sempre con lei, ad
ogni passo, la seguivano sempre. Dopo altre
settimane vedevo la gatta ed i micini più
indietro. Non stavano sempre con lei, per
alcuni minuti non si vedevano, poi
ricomparivano. Ora i gattini sono spariti. La
mamma si fa vedere più spesso, perché sa
dove andare a mangiare, ha visto che ogni
tanto le lascio qualcosa e si fa vedere nella
speranza di mangiare, i gattini invece si fanno
215
vedere raramente, avranno trovato altri
giochi, altre vie e modi più interessanti per
nutrirsi, e seguono la loro strada. Quei gattini
hanno raggiunto la maturità emotiva.
E cosa accade invece al cucciolo dell’animale
uomo? Appena nato si prende due o tre
sculacciate e poi via, messo in un lettino
lontano dalla mamma. Non può più sentire il
suo calore, non può sentire il suo corpo, è un
trauma enorme. Ed è così che il Sé istintivo si
forma le prime credenze: chi amo mi
abbandona. Una credenza che potrebbe
condizionarlo per tutta la vita.
Sto esagerando, fortunatamente non è
sempre così. Sto cercando di mostrare
l’estremo di una scala di possibilità, che va dal
comportamento più sano e istintivo, come
quello dei mammiferi in natura, ma anche
come quello delle mamme delle tribù di quei
popoli che chiamiamo sottosviluppati, fino al
bambino che, magari, viene messo in
incubatrice e vede la mamma solo per pochi
minuti al giorno.
Per fortuna molti hanno avuto una madre
che, a casa, li ha coccolati e amati, li ha tenuti
sempre in braccio o vicini a lei e hanno potuto
216
così ridurre al minimo il trauma
dell’abbandono. Ma molti di noi non sono stati
cosi fortunati e così, anziché sviluppare la
maturità emotiva, sono rimasti con un grande
vuoto affettivo dentro, un vuoto che per tutta
la vita il nostro Sé istintivo tenterà di colmare
con delle dipendenze, siano esse alcool, droga,
lavoro, shopping, sesso, cibo, o altro.
Ma non è solo il momento della nascita,
appena a casa il bambino ha un bisogno
costante della mamma, il bisogno di sentire
sempre il suo calore accanto a sé, anche la
notte. E cosa accade invece? Spesso la mamma
non c’è e allora il cucciolo d’uomo piange,
piange la sua disperazione di sentirsi solo.
Quel pianto non è un capriccio. Nessun
cucciolo, piange per capriccio. Piange perché
ha fame, o per un dolore fisico, oppure, e
molto più spesso, per un bisogno di amore.
Quando il bimbo piange la mamma lo va
subito a coccolare, ma in altri casi, purtroppo,
le dicono di non farlo, di lasciarlo solo. Le
dicono di lasciarlo piangere se no prende i
vizi, e così le credenze limitanti del Sé
istintivo diventano ancora più forti. Quel
bambino potrebbe diventare un adulto che
217
non sa amare o ha paura di lasciarsi amare. È
così che si creano le società di single.
A volte capita che di notte il bimbo pianga,
se non ha dolori o fame, esprime solo il suo
bisogno del contatto con la mamma. Piange la
sua disperazione di essere solo. Non può
sapere che è un essere separato dalla mamma,
che dovrà cavarsela da solo. Non può ancora
saperlo. È ancora identificato con la mamma e
si sente abbandonato, si sente solo.
Ma grandi cervelli, senza un briciolo di
cuore, si inventano invece che bisogna
insegnare al bambino a dormire anche senza
la mamma. Ho visto un libro, di cui non
ricordo il titolo, un titolo del tipo: insegna a
tuo figlio a dormire, un libro che insegna
questa semplice tecnica: la prima notte lascia
piangere tuo figlio per cinque minuti. La
seconda notte per dieci minuti e così via,
vedrai così che in poco tempo imparerà a
dormire da solo.
Certo che imparerà. Imparerà che sarà
sempre abbandonato da chi ama. Imparerà
che è inutile chiedere. Imparerà che la vita è
solitudine e dolore. Si formerà le prime grandi
credenze che gli rovineranno la vita affettiva.
218
Abbiamo creato un adulto single che non
saprà amare e farsi amare. Oppure un adulto
completamente dipendente dal proprio
partner. Abbiamo creato un futuro adulto con
tanto dolore dentro, che, facilmente, genererà
altro dolore alle persone che lo incontreranno.
E poi ci meravigliamo che il nostro Sé
istintivo non è un bravo animale sociale.
Ma torniamo al nostro leoncino. Quando è
cresciuto, la leonessa lo porta con sé a caccia e
lo segue con pazienza e amore finché avrà
imparato ad essere un esperto cacciatore.
Finché avrà imparato ad essere totalmente
autonomo.
A quel punto il nostro leone sarà un
meraviglioso re della savana, forte e sicuro di
sé e sarà in grado di esprimere al meglio tutto
il suo potenziale.
E il nostro cucciolo d’uomo? Dopo gli
abbandoni si trova ad avere a che fare con
l’apprendimento e, spesso, con genitori
stressati che hanno totalmente perso la
capacità istintiva di crescere i propri cuccioli.
Avete mai sentito una leonessa dire al
proprio cucciolo: “sei un buono a nulla, non
combinerai mai niente nella vita. Guarda quel
219
leoncino che è più bravo di te, lui sì che avrà
successo nella vita, tu invece sarai un fallito”.
Vi immaginate l’autostima di un bambino
che invece ha sentito più e più volte quelle
frasi dalla mamma o dal papà? Quali credenze
si saranno formate che lo condizioneranno
per tutta la vita?
Intorno ai tre anni comincia a svilupparsi il
Sé mentale, comincia ad essere importante lo
sviluppo dell’individualizzazione. Ecco perché
i bambini, a volte, sono egoisti, non vogliono
dare i propri giocattoli, vogliono tutto per sé.
Sono le prime modalità in cui si sviluppa il Sé
mentale. È a quel punto che è importante
ricevere messaggi di fiducia, di gratificazione,
di autostima.
E di esempi ce ne sono a bizzeffe. Ho
incontrato nei miei seminari migliaia di
persone e tutte, più o meno, con le stesse
esperienze. Genitori anaffettivi, o troppo
affettivi e apprensivi. Mamme che scaricano
sui figli il loro bisogno di amore e li legano a
doppio filo, altro che tagliare il cordone
ombelicale. Padri autoritari, padri assenti,
padri che parlano del denaro e del lavoro
220
come una cosa difficile e faticosa, madri
scontente, a volte depresse, che chiedono alle
figlie di essere aiutate. Genitori per i quali non
va mai bene niente. Un bambino può anche
prendere voti altissimi a scuola, ma non basta
mai, deve fare sempre di più. E poi i bambini
devono stare zitti, non fare rumore, non
piangere, non agitarsi. Ma come fa un
bambino a stare fermo? È ancora un Sé
istintivo, un cucciolo che ha bisogno di
scaricare la sua energia, un cucciolo che sta
imparando ad utilizzare il suo corpo. Il gioco,
il movimento, la corsa, sono i modi attraverso i
quali il cucciolo prende padronanza del suo
corpo e impara ad utilizzarlo al meglio. Sono
istinti naturali, non si può prescindere da loro.
L’Io non è in grado né di comprendere, né di
dirigere i due Sé inferiori. Fino a circa tre anni
c’è solo il Sé Istintivo. Il Sé mentale non si è
ancora sviluppato e, come abbiamo affermato
sopra, il Sé istintivo vive solo di affetti ed
emozioni. Tutte le esperienze vissute fin dalla
primissima infanzia, anzi, dalle primissime
settimane dal concepimento, sono per lui
cariche di emozione. Sono quelle esperienze
che lo formano. Sono quelle esperienze che gli
221
creano le credenze che lo guideranno per tutta
la vita. Dai tre anni circa si sviluppa il Sé
mentale e, in parte, i giochi sono fatti, ma
ancora tanto si potrebbe fare per il bambino.
Se riceve amore e spiegazioni, semplici, ma
esaustive, il bambino capisce e impara. Se
invece non riceve risposte, o se le risposte
sono vaghe, insufficienti, per non dire quando
riceve risposte del tipo: “si fa così e basta”,
oppure “questo non lo fai e basta”, ecco che
anche a livello razionale si cominciano a
formare credenze limitanti.
La mente razionale (il Sé mentale) è
qualcosa di fantastico, ma per alcuni bambini
è diventato il principale strumento di difesa
dal dolore. Quando il dolore è troppo forte, il
bambino comincia a razionalizzare ciò che
sente e, se ha imparato ad avere un’educazione
rigida, molto probabilmente correrà il rischio
di chiudersi alle emozioni che vede come una
fonte di dolore e come qualcosa di dannoso ed
inutile.
Ricapitolando, le credenze che si formano
nell’infanzia sono di due tipi distinti: un primo
222
tipo si forma soprattutto nei primissimi mesi e
anni e riguarda il Sé istintivo, un secondo tipo
si forma a partire dai tre anni e, in questo caso,
le credenze riguardano il Sé mentale. Le
prime sono di carattere affettivo ed
emozionale. Non c’è ragionamento, solo
emozione, quale dolore, paura, rabbia. Le
seconde sono più razionali, fredde, logiche,
sono credenze, giudizi, opinioni, convinzioni.
Le prime riguardano, soprattutto, il rapporto
con la mamma e hanno a che fare con gli
abbandoni e la mancanza di coccole, di
abbracci, di amore. Le credenze conseguenti
sono del tipo: paura di amare, rabbia verso le
donne, gelosia, paura di essere abbandonati,
insicurezza affettiva, chiusura, timidezza, e
così via. Le seconde riguardano molto il
rapporto col papà e hanno a che fare,
soprattutto, con l’autostima, il proprio valore
personale, la capacità di esporsi, ma anche
credenze sul denaro, sulla politica, sul lavoro,
sulla giustizia, sul campanilismo, il razzismo, e
così via.
Immaginiamo ora l’Io, l’osservatore che
dovrebbe dedicarsi alla sua missione, a fini
elevati e così via. Dove si trova? Si trova ad
223
avere a che fare con due elementi ingestibili.
Uno, spaventato, pieno di insicurezze, o
arrabbiato. L’altro, con un bisogno di
dimostrare al mondo di essere il migliore, o
chiuso in sé stesso perché convinto di non
valere niente. Entrambi così presi dai loro
problemi, e spesso in lotta tra loro, da non
lasciare alcuna chance di successo al nostro
povero Io, a cui non resta altro da fare che
andarsene a dormire. E così passa la vita di
tanti, troppi esseri umani.
Come si fa a gestire un Sé istintivo con un
grande vuoto d’amore dentro, che cerca di
colmare come può? Un Sé istintivo ribelle
oppure chiuso in sé stesso, un Sé istintivo con
ansie, paure ed emozioni difficili da gestire?
Il Sé mentale, a sua volta, si è creato tutta
una serie di difese per cercare di cavarsela al
meglio in quella situazione. Come fa l’Io a
prendersi carico di quel fardello? La cosa più
semplice che può fare è arrendersi ed
addormentarsi. Anziché dirigere la sua vita, si
addormenta e si lascia trasportare dall’animale
che è in lui.
224
Ci sarebbe tanto da fare, tanto da insegnare,
a partire dalle coppie in procinto di sposarsi,
dai genitori, dalle scuole. Tutti giocano un
ruolo fondamentale nello sviluppo
dell’umanità futura. Tutte queste figure hanno
un ruolo fondamentale nella formazione delle
credenze nei bambini, perché rappresentano
l’autorità, e per un bambino ciò che fa e che
dice l’autorità, rappresenta la verità,
rappresenta un esempio. È proprio nel
rapporto con l’autorità che si formano le più
importanti credenze.
Come si formano le credenze? In linea di
massima in quattro modi diversi:
• 1. Anche una singola esperienza, ma con
forte carica emotiva. Ad esempio se un
bambino viene morso da un cane e si prende
un grande spavento, ecco che si forma la
credenza: i cani sono cattivi. Tutti, non quel
cane. Il Sé istintivo non sta a giudicare, non
ragiona sugli eventi. Una delle più comuni
cause di problemi è il fatto che il Sé istintivo,
generalizza. Quel cane è stato cattivo? Bene,
tutti i cani sono cattivi. La mamma mi ha
abbandonato nella culla a piangere? Bene, chi
mi ama mi abbandona. I miei genitori
225
litigavano sempre? Bene, i rapporti di coppia,
finiscono male. Tutti, non solo la coppia
formata dai miei genitori, ma tutte le coppie e,
quindi, meglio non vivere mai un
matrimonio.
• 2. Tante esperienze ripetute, anche con
bassa carica emotiva. Se ad esempio mio padre
mi diceva sempre che non valevo nulla, che
sarei stato un fallito, ecco che da grande
confermerò quella sentenza e sarò un fallito.
Oppure mi ribellerò e per tutta la vita
cercherò di dimostrare il mio valore. Non
potrò permettermi di dire basta, non mi
accontenterò mai, perché dovrò sempre
dimostrare di valere di più. Se in casa ho
sempre sentito dire che il lavoro costa fatica,
che i soldi bisogna sudarli, che non si riesce ad
arrivare a fine mese, e così via, ecco che da
adulto avrò un rapporto col denaro, malato,
ecco che dovrò sempre faticare per
guadagnare solo lo stretto necessario ad
arrivare a fatica a fine mese.
• 3. Ricalco di modelli di comportamento.
Questo è un modello che, quasi certamente,
viviamo tutti. Quante volte ci siamo trovati a
dire. Ecco, questa cosa è ciò che mi dava
fastidio in mia mamma o in mio padre, e mi
ritrovo a comportarmi allo stesso modo.
226
Questa modalità di formarsi le credenze è
molto importante e riguarda sia cose banali,
come il modo di scolare la pasta, così come
cose più importanti, come il modo di passare
le giornate di festa o il modo di trattare il
denaro.
• 4. Esperienza diretta. Mentre i primi tre
metodi dipendono da altri, nel senso che ci
creiamo le credenze sulla base di input
provenienti da altri esseri, quest’altro modo
dipende esclusivamente da noi. È questo il
modo in cui impariamo qualsiasi cosa. Una
credenza è una convinzione e corrisponde
anche ad un’abilità. Saper cucinare è un’abilità,
sapere di cucinare bene è una credenza.
Sapere bene una certa lingua è un’abilità,
sapere di conoscere bene una certa lingua è
una credenza. Essere un buon falegname, è
un’abilità, sapere di essere un buon falegname
è una convinzione, quindi una credenza. Così
come per le qualità, la stessa cosa vale per le
cose negative. Pensare di essere sfortunato nei
soldi, o in amore, è una credenza. Essere
stonati può essere una realtà, seppure
provvisoria, essere convinti di essere stonati è
una credenza. E così via.
227
Una cosa molto importante da sapere è che
la maggior parte delle credenze si formano nei
primi 13 anni. Quelle che riguardano il Sé
istintivo, si formano addirittura nei primi mesi
e nei primissimi anni, quelle che riguardano il
Sé mentale, da circa tre anni e poi negli anni
successivi. Ma è raro, rarissimo, che ci siano
credenze che si formano dopo quell’età. A
meno di cose improvvise, come, ad esempio,
la paura di guidare a causa di un incidente
automobilistico, tutte le esperienze, per
quanto dolorose e traumatiche che avvengono
dopo i tredici anni, a mio parere sono solo dei
richiami. È come se qualcuno, il Superconscio,
attraverso un’esperienza dolorosa, ad esempio
l’abbandono da parte di un partner, ci dicesse:
“ragazzo mio, guarda che hai ancora un
problema con la mamma da risolvere. Guarda
che hai ancora dolore, e, magari, rabbia dentro
di te e finché non guarirai le tue ferite, farò in
modo di ricordartelo attraverso queste
esperienze”. O come una persona che
continua a cambiare lavoro e trova sempre
situazioni dolorose o stressanti, come, ad
esempio, un capo che lo umilia. Sono tutti
richiami, sono tutti segnali che lo portano a
ricordare che c’è qualcosa nel suo passato da
guarire, molto probabilmente un rapporto
228
cattivo col papà.
È questa che chiamano legge di attrazione.
Se dentro di noi abbiamo emozioni negative,
continueremo ad attirare una realtà che
conferma quelle emozioni, e sarà così fino a
che avremo il coraggio di guardare quelle
ferite e guarirle, trasformando quell’energia
negativa in positiva. Trasformando la paura, il
dolore, la rabbia, l’odio, verso i genitori, in
amore. Allora la nostra vita cambierà. Ma di
questo ne parleremo in un prossimo capitolo.
Quello che dobbiamo ricordare delle pagine
appena lette è che tutte le cose brutte che sono
dentro di noi, non dipendono da un Sé
istintivo o un Sé mentale cattivi. Tutta la
rabbia, tutto il dolore, tutte le nostre incapacità
o le nostre dipendenze non dipendono dalla
cattiveria delle nostre menti inconsce. Loro
sono così solo come risultato di ciò che hanno
vissuto. I nostri Sé inferiori, non sono certo
contenti di essere così, anzi. Soprattutto il Sé
istintivo, è lui la vittima di ciò che abbiamo
passato. È lui che ha subito tutti i torti che
abbiamo subito.
In India dicono che un bambino andrebbe
trattato come un re fino ai tre anni, come un
229
principe fino agli otto anni e come un
guerriero fino all’adolescenza.
Se ci pensate bene è un po’ quello che fanno
i mammiferi che vivono liberi in natura. Un re
ha tutti i diritti, viene amato ed adorato, tutto,
proprio tutto gli è concesso. Questo è
esattamente ciò che fa la leonessa, amore puro
e totale verso i suoi cuccioli. E non venitemi a
dire che così i bambini prendono i vizi. I vizi
vengono quando una mamma scarica sul
bambino il suo bisogno d’amore, non quando
è totale per lui, nel rispetto però della sua
individualità.
Dai tre agli otto anni, il bambino andrebbe
trattato come un principe. Anche il principe è
amato e rispettato, ma a lui non è concesso
tutto, il principe comincia ad avere dei limiti.
Quando un bambino è stato trattato come
un re e poi come un principe, potete stare
tranquilli che avrà raggiunto quella che
abbiamo chiamato maturità emotiva e
mentale, sarà un adulto sicuro di sé, un adulto
che starà benissimo anche da solo, un adulto
che potrà vivere con un partner, ma solo per
condividere le cose belle della vita, non certo
per avere una stampella e per colmare i suoi
vuoti.
Allora, e solo allora potrà essere trattato
230
come un guerriero fino all’adolescenza.
Quando un Sé istintivo si sente accettato,
rispettato, amato, è ben contento di
rispondere ai comandi del suo padrone, lo
sanno bene i domatori e tutti quelli che
possiedono un animale. Quel Sé istintivo
accetterà di buon grado anche la disciplina che
permetterà all’Io di avere a disposizione un Sé
istintivo ed anche un Sé mentale maturi ed
obbedienti alle sue volontà. Allora quell’Io non
avrà difficoltà a intraprendere la sua strada,
qualunque essa sia, e potrà portare con gioia
tutto il suo valore ed il suo potenziale al
servizio della Vita.
231
12. PERCHÉ PRENDERCICURA DEI SÉ INFERIORI?
Ora sappiamo che tutto ciò che siamo è il
risultato delle esperienze vissute fin dalla
primissima infanzia, non solo, ora sappiamo
esattamente a chi appartengono le emozioni e
di chi sono la maggior parte dei pensieri.
Ora sappiamo che non siamo nati sbagliati,
sappiamo che quando eravamo piccoli non ci
è stato dato tutto ciò che avrebbe contribuito a
una nostra sana formazione. Tutte le credenze
limitanti relative al piano affettivo ed emotivo,
tutte le reazioni, gli scatti d’ira, la paure, le
ansie, il vuoto interiore, sono il risultato delle
esperienze vissute dal nostro Sé istintivo
quando non c’era ancora il Sé mentale e,
soprattutto, l’Io a difenderlo.
Sé istintivo e Sé mentale sono entrambi
importanti per la nostra crescita, per la nostra
evoluzione e per il successo nella vita, ma se
vogliamo cambiare qualcosa dentro di noi,
232
dobbiamo iniziare dal primo.
Il Sé istintivo è quello che chiamano anche
bambino interiore. Nonostante abbia il potere
di attirare la nostra realtà, nonostante tutto il
suo potere, che viene dalle emozioni, è l’essere
più indifeso e che ha più bisogno di aiuto. Il Sé
istintivo vive, soprattutto, di affetti. Quando si
sente amato, lui è felice. La gran parte dei
problemi del Sé istintivo, la gran parte dei
problemi emotivi che viviamo
quotidianamente dipendono dalla mancanza
di amore.
Se vogliamo raggiungere tutti i nostri
obiettivi dovremo necessariamente prenderci
cura di tutte le coscienze che sono in noi, ma il
primo passo è verso il Sé istintivo. È per
questo motivo che ho scritto per primo il libro
L’Inconscio per Amico, che tratta solo del Sé
istintivo.
Ci sono diversi motivi per cui è importante
prendersi cura di lui, ed averlo come amico e
alleato. Il primo è puramente razionale e
concreto, nel senso che non ha nulla di
elevato. È un motivo che interessa, soprattutto
233
il Sé mentale. Se aiutiamo il Sé istintivo a
guarire, se gli vogliamo bene e diventa nostro
amico, con le sue emozioni positive farà in
modo di attirare a noi tutte le cose che
desideriamo. Questo dice la legge di
attrazione. Questa è la verità su quella famosa
legge che ha spopolato nei primi anni del
nuovo millennio. Chi attira la realtà, non è il
pensiero, bensì le emozioni, che non
dipendono certo dal pensiero razionale, ma
solo dal Sé istintivo.
Questo primo obiettivo è dunque
puramente egoistico, non prende affatto in
considerazione il Sé istintivo, con i suoi valori,
le sue emozioni, ma è esclusivamente mirato
al raggiungimento degli obiettivi del Sé
mentale. Questo approccio però non tiene
conto che il Sé istintivo è una coscienza, non è
affatto un computer, o una macchina. Non
solo, non tiene conto del fatto che il Sé
istintivo è strettamente connesso con le nostre
altre coscienze e di conseguenza è
costantemente al corrente dei pensieri e delle
volontà del Sé mentale. Quello che voglio dire
è che non possiamo prenderlo in giro. È molto
più sveglio di noi e attento a percepire ciò che
sentiamo e ciò che gli comunichiamo. Vi posso
garantire che se l’approccio al Sé istintivo
234
fosse solo di questo tipo, saremmo
ineluttabilmente destinati al fallimento.
Il secondo motivo per cui dovremmo farci
amico il Sé istintivo è di ordine etico.
Possiamo immaginare il nostro Sé istintivo
come un cucciolo ricoverato in un canile, un
cane con lo sguardo triste, che ha perso tutto,
che è stato abbandonato dai padroni,
picchiato, preso a bastonate, ferito, umiliato,
privo di amicizie e di affetto. Possiamo
rimanere indifferenti? Se amate i cani come vi
sentireste nei suoi confronti? Se invece non
amate i cani, potreste immaginarvi un
bambino nelle stesse condizioni. Un bambino
che vive in un orfanotrofio, abbandonato,
picchiato, schernito, deriso, umiliato. Un
bambino con un grande dolore dentro, che
magari trattiene le lacrime solo perché gli
impediscono anche di piangere. Come vi
comportereste con lui?
Quello è il vostro Sé istintivo. Probabilmente
non ha subito tutti quei torti, ma se nella
vostra vita non siete pienamente felici, se
qualcosa in voi non va, se fate fatica a stabilire
dei rapporti amorevoli con il vostro partner, o
con i vostri genitori, o i figli, o gli amici, allora
235
è molto probabile che il vostro Sé istintivo
abbia vissuto qualcosa di molto doloroso. O
ancora, se avete un lavoro che non vi piace, o
siete insoddisfatti di voi stessi, o se le vostre
finanze non sono così rosee e vivete sempre
con l’angoscia di arrivare a fine mese, allora è
molto probabile che il vostro Sé istintivo abbia
avuto un cattivo rapporto con almeno uno dei
genitori. In quest’ultimo caso, probabilmente,
con la figura paterna.
Se siamo consapevoli di questa coscienza
sofferente dentro di noi, una coscienza molto
elementare, la nostra parte più animale, non a
caso identificata da molti come il bambino
interiore, possiamo lasciarla lì, senza conforto,
senza aiuto, senza che ci prendiamo
amorevolmente cura di lei?
A volte si esprime con rabbia, ma non
dimentichiamo che la rabbia è la reazione
istintiva di un animale ferito che non ha avuto
la possibilità di fuggire o di ribellarsi. In questi
casi, a maggior ragione dovremmo prenderci
cura del nostro Sé istintivo e aiutarlo a
liberarsi dalla sua rabbia e poi dal suo dolore
per restituirgli il diritto ad una vita sana,
amorevole e felice.
236
Da bambini il Sé istintivo è stato trattato
male, abbandonato, umiliato, non compreso,
dai nostri genitori, dagli insegnanti e dagli
adulti insensibili. Adesso siamo cresciuti e si è
sviluppato l’Io, il maestro, e come vanno le
cose? Molto spesso vanno, forse, ancora
peggio.
Perché direte voi? Per un semplice motivo:
quanto vi amate? Quanto vi piace tutto ciò che
siete? Quanto vi piace il vostro corpo, o i vostri
capelli, o quanto accettate i vostri
comportamenti?
Tutte le volte che ci giudichiamo, tutte le
volte che non ci amiamo, tutte le volte che ci
critichiamo per come siamo, per cosa
mangiamo, per cosa facciamo, in realtà stiamo
criticando lui. Perché è sempre lui che ci fa
mangiare troppo, bere troppo, fumare troppo,
emozionare troppo, arrabbiare troppo,
spaventare troppo, re-agire in modo
esagerato, e così via.
È lui, ma non perché sia cattivo. Non lo fa
apposta. Non si diverte ad essere così. Quello è
l’unico modo che conosce per difendersi da
tutto ciò che ha subito. Non può fare
diversamente, a causa di tutte le ingiustizie che
237
ha subito, per tutto il dolore che ha vissuto, è
diventato quello che è, ha fatto del suo meglio
per sopravvivere.
E adesso noi cosa facciamo? Lo critichiamo,
lo giudichiamo, a volte, lo detestiamo. Come
può vederci? Cosa può pensare di noi?
Ovviamente, che siamo cattivi nei suoi
confronti, e così, quando siamo svegli, resta
buono, zitto, resta chiuso nella sua gabbia, ma
appena ci addormentiamo ecco che salta fuori
e comincia a sfogarsi come può, mangia, beve,
fuma, scarica la rabbia che ha dentro, e così
via.
Penso che quanto abbiamo detto sia più che
sufficiente per svegliarci e farci rimboccare le
maniche per cambiare lo stato di cose in cui
abbiamo finora vissuto. Chi potrebbe
rimanere insensibile di fronte a tanta
ingiustizia? Ma c’è ancora un altro motivo per
cui sarebbe opportuno pendersi cura del Sé
istintivo ed è quello spirituale.
Abbiamo dedicato un intero capitolo a
comprendere quella coscienza che, a un certo
punto dell’evoluzione del mammifero umano
è scesa e si è impossessata di lui. Abbiamo
detto che tale coscienza, l’Io, è un’emanazione
238
di una coscienza superiore e abbiamo
chiamato quella coscienza Superconscio.
Abbiamo anche avanzato l’ipotesi di una
realtà spirituale, da cui tutto proviene. In
questa ipotesi, l’Io altro non sarebbe che
un’estensione del Superconscio che è
penetrato nel mammifero, perdendo però, in
questo modo, la memoria della sua vera
identità spirituale. Abbiamo detto che scopo
dell’Io è sperimentare e conoscere le
emozioni, attraverso le esperienze, fino ad
arrivare a risvegliarsi per comprendere che
tutta la Vita è solo una grande
rappresentazione. Comprendere che, in realtà,
tutto è Uno, manifestato in molteplici forme
che permettono, attraverso
l’inconsapevolezza, il perdurare del gioco della
Vita.
Ma se così fosse, allora, oltre al motivo etico,
di cui abbiamo scritto prima, ci sarebbe un
motivo ancora e ben più grande. Se così fosse,
allora nulla sarebbe un caso. Allora il
Superconscio, prima di scendere nel corpo del
mammifero, saprebbe esattamente cosa vuole
imparare, saprebbe esattamente di quali
esperienze ha bisogno per conoscere e
239
integrare tutte le emozioni che ancora non sa
gestire.
Quando parliamo di Supercoscienza e di
Superconscio, stiamo parlando di qualcosa di
immateriale, qualcosa di sottile. Stiamo
parlando di una realtà spirituale che è al di là
della materia, dello spazio e del tempo. Come
può il Superconscio fare in modo che la sua
emanazione, l’Io, possa sperimentare tutte le
esperienze che ha bisogno di vivere?
Semplice, per la nascita del bambino sceglie
una nazione particolare, perché ogni nazione
ha una sua cultura prevalente e nascere in un
paese con un cultura come l’Iran, è
ovviamente molto diverso dal nascere in un
paese come il Canada, che ha una cultura
totalmente diversa. Forse non ce ne rendiamo
conto, ma la cultura è formata da un insieme
di credenze, quindi il nascere in un luogo,
piuttosto che in un altro, significa avere già un
bagaglio di credenze che possono
condizionare fortemente la vita.
Ma non basta la nazione, è importante anche
la città. Sappiamo tutti che la mentalità
contadina, la mentalità di campagna è ben
240
diversa dalla mentalità di una grande città.
Ancora una volta, quando parliamo di
mentalità in realtà ci stiamo riferendo ad un
insieme di credenze, e il nascere nella
bellissima campagna pugliese, piuttosto che a
Milano, implica essere condizionati da
credenze che possono essere una grande
opportunità, oppure possono divenire una
zavorra pesante che il nascituro porterà con sé
per tutta la vita.
Ci sono ancora due elementi da tenere in
considerazione: i genitori e la data di nascita.
Non voglio affrontare qua il tema
dell’astrologia, perché se ne parla fin troppo, e
troppo spesso a sproposito. Tanto quanto mi
fanno sorridere gli oroscopi pubblicati su
giornali e riviste, altrettanto sono convinto che
i pianeti hanno un’importanza non
indifferente sull’essere umano. Siamo fatti per
la maggior parte di acqua e tutti conosciamo
l’influenza della luna sulle maree. La luna è
capace di sollevare gli oceani, i contadini
sanno bene la sua influenza sulla crescita delle
piante, ritenete che non abbia influenza
sull’acqua che compone il corpo umano?
Ritenete che anche un minimo movimento
dell’acqua del corpo umano non abbia
241
influenza sulle nostre emozioni?
Ma, ovviamente, chi ha l’influenza maggiore
sulla nostra vita sono i genitori. E allora il
Superconscio farà in modo di scegliere i
genitori adatti, perché una mamma che
rimane incinta prima di sposarsi, magari
neppure convinta di voler sposare l’uomo che
le ha dato un figlio, farà vivere a quel bambino
esperienze molto, ma molto diverse da una
mamma che vuole intensamente un bimbo e
che vive un rapporto di coppia felice. Ciò che
è importante comprendere è che, in ogni caso,
ciascuna delle due è la mamma giusta per far
vivere al bambino le esperienze di cui ha
bisogno.
I genitori, in base alla loro formazione
culturale, alla loro maturità emotiva, alla
capacità, o meno, di dare affetto, alle tensioni
e allo stress che hanno vissuto, e vivono
quotidianamente, faranno vivere al loro
bambino quelle esperienze che genereranno
in lui quei traumi, quelle credenze e quelle
reazioni che segneranno il suo Sé istintivo e il
suo Sé mentale e formeranno così il carattere
dell’adulto che diverrà.
Questo adulto, quindi, grazie ai contenuti
242
emotivi e mentali delle sue coscienze inferiori,
attirerà nella sua vita (legge di attrazione) tutte
quelle esperienze che lo porteranno a crescere
e a imparare le lezioni che a livello animico,
avrà scelto di vivere.
Il Sé istintivo, con le sue credenze e i suoi
contenuti emotivi, rappresenta così lo
strumento perfetto per farci vivere le
esperienze che il Superconscio ha scelto per
noi prima di nascere. Con le sue emozioni, il
Sé istintivo attirerà proprio tutte quelle
esperienze di cui abbiamo bisogno, per
affrontare le lezioni che abbiamo ancora
bisogno di imparare.
Nella filosofia indiana tutti questi concetti
sono ben rappresentati dal termine karma.
Se dunque l’Io ha un’origine spirituale, se
tutto non è un caso e i nostri genitori sono stati
scelti dalla nostra anima per farci vivere ciò
che ci serviva per evolvere, ecco che abbiamo
il più grande dei motivi per prenderci cura del
nostro Sé istintivo, per comprenderlo, per
farcelo amico e per guarirlo di tutte le sue
ferite.
243
E ancora, se siamo convinti che così stanno
le cose, non solo dovremmo accettare tutto ciò
che siamo, ma addirittura dovremmo
ringraziare i genitori, i fratelli, gli zii, i maestri
e tutti coloro che hanno contribuito a farci
vivere le esperienze più dolorose, perché è
solo grazie a loro che abbiamo avuto
l’occasione di poter fare le esperienze che ci
servono e che abbiamo scelto come Anima.
Lo so, me ne rendo perfettamente conto, per
alcuni sembrano parole particolarmente
difficili da accettare, soprattutto quando
dentro abbiamo dolore e tanta rabbia verso
chi ci ha fatto del male. È più che normale. Ma
dobbiamo comprendere che chi si rifiuta di
ringraziare chi ci ha ferito, chi si ribella e dice:
“neanche per sogno”, non è certo l’Io, bensì il
nostro Sé istintivo che, come animale ferito,
vorrebbe solo vendicarsi di chi gli ha fatto del
male.
È normale che sia così, ed è anche giusto, dal
suo punto di vista. Ma vi chiedo, per un
attimo, di provare a fare silenzio dentro di voi,
ad ascoltarvi e a riconoscere quella voce che si
ribella. Datele ragione, perché ha bisogno di
sentire che siete dalla sua parte, ma poi
rendetevi conto che voi siete altro, siete
quell’osservatore in grado di ascoltare ogni
244
parte di voi che ora sceglie di svegliarsi e di
assumersi l’incarico di sistemare tutto, perché,
finalmente, ogni nostra coscienza possa vivere
nella pace.
Se siete pronti, possiamo fare un altro passo
in avanti. Un passo, forse, ancora più difficile
da comprendere. Proviamoci.
Se, come abbiamo ipotizzato, l’Io è
un’emanazione inconsapevole dell’Anima, che
ha scelto il proprio corpo ed i propri genitori
per sperimentarsi e crescere, allora la parola
perdono verso chi ci ha fatto del male ha
ancora senso?
Pensiamoci, perdonare, in quel caso,
diverrebbe inutile, anzi, sarebbe una forma di
arroganza verso chi, per il Sé istintivo, è stato
cattivo.
Ragioniamo insieme, chi ci ha fatto del male,
che siano i genitori o qualcun’altro, altro non è
che una persona dominata dal suo Sé istintivo,
o dal suo Sé mentale malato, mentre l’Io,
inconsapevolmente dormiva. Così come il
nostro Sé istintivo ha attirato la persona che ci
serviva per apprendere quella specifica
245
esperienza dolorosa, così il Sé istintivo
dell’altro è stato spinto verso di noi per
fornirci l’esperienza di cui avevamo bisogno.
In tutto ciò l’Io dormiva. Sia il nostro, sia
quello della persona che ci ha fatto vivere
quell’esperienza. Quando ci “capitano” le
esperienze, l’Io dorme e il Superconscio usa lo
strumento del Sé istintivo per farci vivere le
esperienze che ci servono, e che consciamente
non vorremmo affrontare mai.
In India, tutto questo processo lo chiamano
karma, e le persone che ci procurano le
esperienze che segnano la nostra vita li
chiamano agenti karmici. Persone, anime
incarnate come noi, che contribuiscono a
creare quegli ostacoli che il Superconscio ha
scelto di affrontare e superare.
Sapete che Hitchcock sosteneva che la
vittima va sempre incontro al suo assassino?
Forse Hitchcock la sapeva lunga.
Guarire noi stessi è ciò che dobbiamo fare, e
quando si inizia un processo di
trasformazione, si comincia sempre dalle
radici, non si può partire dall’alto. È un po’
246
come il percorso iniziatico di Dante nella
Divina Commedia, non è partito dal paradiso,
è partito dal basso, dall’inferno.
Avere il coraggio di guardare in faccia le
nostre emozioni, le paure, la rabbia è anche un
percorso alchemico. Trasformare le emozioni
e trasmutarle, facendole salire dalla pancia al
cuore, questo è il percorso del maestro. La
pancia soffre, mentre il cuore no. In India
hanno dato il nome sanscrito Anahata al
quarto chakra, il cuore. E sapete cosa significa
quel nome? Significa “non toccato”. Quando
sentiamo il cuore fisico soffrire per qualche
dolore sentimentale, non stiamo parlando del
centro Anahata, stiamo ancora parlando della
componente fisica, che è invece legata al piano
animale dell’uomo e, quindi, alle emozioni.
Trasformare le emozioni e portarle verso
l’alto equivale al processo alchemico di
trasformare il piombo in oro, ed equivale
ancora al processo di portare luce, là dove c’è
oscurità.
Questo è il nostro compito, non possiamo
averne paura, è ciò che rende degna la nostra
vita di essere vissuta. È la via del Maestro che è
in noi.
247
Ho affermato sopra che il Sé istintivo è lo
strumento che il Superconscio (o l’Anima) usa
per farci andare incontro alle esperienze che
dobbiamo vivere. Già, perché mica siamo
scemi, non siamo masochisti per andare
incontro consapevolmente ad esperienze
dolorose, che ci mettono davanti alle lezioni
che dobbiamo imparare. E chi ce lo farebbe
fare? Ne staremmo alla larga.
Ma l’Anima sa, ed utilizza allora lo
strumento perfetto, il Sé istintivo, con le sue
emozioni, cui non sappiamo resistere, per
farci muovere. Se non scegliamo
consapevolmente di crescere, se non
scegliamo consapevolmente di affrontare ciò
che ci fa paura, allora ci pensa il saggio della
situazione, il nostro Superconscio.
Vi racconto un aneddoto che ho riportato
anche ne “L’Inconscio per Amico”, perché è
estremamente significativo nello spiegare
come l’Anima utilizza il Sé istintivo per farci
vivere le esperienze che ci servono, e come le
cose più importanti non dipendono dalla
nostra volontà.
248
“Ho frequentato la terza media in un collegio
sopra il lago Maggiore: era un collegio misto con
ragazzi e ragazze tutti di un’età compresa tra i
dodici e i quindici anni. Si dormiva ovviamente in
camere separate, ci si trovava poi durante i pasti in
un salone dove da una parte stavano i ragazzi e
dall’altra parte c’erano i tavoli delle ragazze.
Eravamo separati, ma ci si poteva vedere. Le classi
poi erano miste, ragazzi e ragazze insieme.
Come potete immaginare, in situazioni del genere
nascevano i primi amori: ci si innamorava, ci
scambiavamo bigliettini dove dichiaravamo il
nostro amore, nascevano le prime rivalità, le
simpatie, le antipatie.
C’era una ragazza che mi era particolarmente
antipatica. Frequentava anche lei la terza media,
non era in classe con me, ma la vedevo tutti i giorni
a colazione, pranzo e cena. Era in un tavolo
abbastanza lontano da quello dove ero io, ma
potevo vederla bene. Era una delle ragazze più
belle, ma tra noi era nata una sorta di antipatia, ed
era condivisa. Non mi so spiegare da cosa nascesse,
sono quelle cose alchemiche, irrazionali. Allora non
conoscevo il mio Sé Istintivo e non potevo
immaginare di chiedere a lui il perché di quella
emozione. Ci eravamo antipatici e basta. Ci siamo
stati antipatici per tutto l’anno scolastico, meno un
giorno. Già proprio così, meno un giorno. Una
249
mattina, era già primavera, sono sceso per
colazione e mi sono seduto al solito tavolo. Non
c’era nulla di strano, o perlomeno, nulla che mi
abbia particolarmente colpito e che ricordi. Mi sono
seduto al solito tavolo, mi sono guardato intorno e
l’ho vista. Era bellissima ed ero pazzamente
innamorato di lei. Già, avete capito bene: ero
pazzamente innamorato di lei. Ma la cosa
stupefacente è che lei lo era altrettanto di me. Ci
siamo guardati per tutto il tempo della colazione:
eravamo completamente irriconoscibili. Come se
non fossero mai esistiti i giorni, i mesi precedenti;
come non fosse mai esistita l’antipatia. Eravamo
innamorati e basta. A scuola è stato un dramma:
ovviamente c’erano delle storie sentimentali
“consolidate” e quella faccenda stava
scombussolando degli equilibri raggiunti da diversi
mesi. Il ragazzo che “stava” con lei non capiva più
niente e mi chiedeva spiegazioni. Ma per noi non
esisteva altro che il nostro amore. La sera siamo
andati a letto felici ed innamorati. La mattina
seguente mi sono svegliato, mi sono lavato e vestito
velocemente e sono sceso di corsa per la colazione.
Mi sono seduto al tavolo, l’ho cercata, l’ho vista e….
era tutto scomparso. L’amore era letteralmente
sparito e aveva lasciato il posto all’antipatia che
c’era sempre stata tra di noi. Ma non solo per me,
nel suo sguardo ho visto esattamente la stessa
250
emozione: era successa la stessa cosa anche a lei.
Com’è stato possibile? Sono rimasto così sconvolto
da quella cosa che non l’ho mai dimenticata e l’ho
raccontata un sacco di volte proprio come una cosa
inspiegabile”.
È vero, è stata una cosa inspiegabile fino ai
giorni in cui scrivevo “L’Inconscio per Amico”.
Avevo bisogno di comprendere come
funziona l’innamoramento, che rapporto c’è
tra innamoramento e Anima ed il ricordo è
puntualmente arrivato. Così come è stato per
quei documentari che mi sono rimasti
impressi nella mente riguardanti gli animali,
così anche il ricordo di quell’esperienza è
emerso al momento giusto per farmi
comprendere in che termini il Superconscio
utilizza le emozioni e gli ormoni del Sé
istintivo per farci andare incontro alle
esperienze che ci servono.
Pensateci, perché tante persone si
innamorano sempre dello stesso tipo di uomo
o di donna? Uomo o donna che, magari, le
abbandoneranno, o le faranno soffrire.
Razionalmente potremmo capirlo subito che
quello non è l’uomo giusto o quella non è la
donna giusta per noi. Eppure ci caschiamo. Vi
251
è mai capitato? Magari ce lo hanno anche
detto i nostri amici, “quella non è la persona
adatta per te”. Però, come abbiamo già detto,
quando volontà ed emozione sono in conflitto,
chi vince? L’emozione, sempre. Ed è così che
funziona. Il Superconscio, la nostra Anima, sa
che non abbiamo ancora imparato la lezione
che dovevamo imparare, non abbiamo ancora
risolto il rapporto con nostro padre o con
nostra madre, e così ecco che ci fa innamorare
della persona sbagliata, anzi, giusta, dal suo
punto di vista, per ricordarci quella lezione e
permetterci, una volta per tutte, di guardarla
in faccia e di trovare il coraggio per
affrontarla.
Anche le antipatie e simpatie sono emozioni
e come tali sono patrimonio del Sé istintivo. È
lui che gestisce il nostro carico emozionale, è
lui che ha la possibilità di captare anche il
campo elettromagnetico che ciascuno di noi
emana. Noi non ne siamo coscienti, ma quel
campo elettromagnetico ha una sua carica
positiva o negativa, ha una sua forma,
dimensione, frequenza, qualità. Non
percepiamo solo emozioni, percepiamo
cambiamenti biofisici che ci vengono
252
trasmessi dal nostro Sé Istintivo attraverso il
corpo. Ma lui è in grado di riconoscere la
qualità del campo elettromagnetico di ciascun
individuo, e in base al suo equilibrio e alla sua
maturità emotiva reagirà a ciò che percepisce
e condizionerà quindi il nostro
comportamento verso quella data persona.
Ecco, abbiamo visto che ci sono diversi
motivi per cui è utile, ma soprattutto etico,
prenderci cura del Sé istintivo. È lui che ha
sofferto, è lui che ha subito, è lui che si è
chiuso e ora ha tanto vuoto e tanta rabbia
dentro. Ciò che possiamo fare allora è
prendere coscienza di come sta ed assumerci il
compito di diventare prima il suo miglior
amico e poi il suo maestro, per aiutarlo a
guarire, ridargli l’amore e la fiducia che non ha
ricevuto quando era piccolo ed era suo diritto
ricevere.
Non ci potrà essere una vera e profonda
guarigione fisica, emozionale, mentale o
spirituale, finché non avremo compreso,
accettato, amato ed integrato tutte le coscienze
che sono in noi, a partire proprio dal Sé
istintivo.
253
Qualunque sia la nostra motivazione, etica o
spirituale, se vogliamo davvero crescere, se
vogliamo davvero cambiare e cominciare a
vivere con più leggerezza attirando la realtà
che desideriamo, è necessario che ci
assumiamo il compito di conoscere ed aiutare
il nostro Sé istintivo, perché è da lui che
dipende il nostro benessere.
Il nostro Sé Istintivo contiene tutte le paure,
le frustrazioni, le ansie, i dolori che abbiamo
vissuto dalla primissima infanzia. Tutti quei
traumi, piccoli e grandi, che abbiamo vissuto
lo hanno spinto a chiudersi e a difendersi con
i mezzi che conosceva e oggi, nonostante
siamo cresciuti, reagisce ancora con gli stessi
meccanismi perché così fanno tutti gli animali.
Nessuno lo ha aiutato, non aveva altri
strumenti per difendersi. Non aveva il
supporto del Sé mentale per comprendere che
chi ci faceva soffrire non lo faceva per
cattiveria, ma solo per reazione impulsiva
dovuta ai traumi che anche lui aveva sofferto.
Il nostro povero Sé Istintivo non aveva la
maturità emotiva per perdonare chi ci faceva
del male e, come ogni bambino, subiva le
254
ingiustizie, i dolori, i maltrattamenti e cercava
di difendersi come poteva. Grazie al suo
istinto ha imparato a difendersi e lo ha fatto
come sapeva fare, chiudendosi, non fidandosi,
a volte aggredendo, a volte usando un po’ di
cattiveria per vendicarsi dei torti subiti. Le sue
erano reazioni di un cucciolo ferito, un essere
innocente, e quelle reazioni si sono
trasformate in condizionamenti e credenze. Le
stesse credenze che ci condizionano
quotidianamente e con le quali creiamo
giorno dopo giorno la nostra realtà.
Vorremmo vivere felici, avere successo e
interagire con gli altri in modo sano e
amorevole, invece siamo bloccati e a volte non
ci sopportiamo per questo. Ma chi odiamo è
ancora lui. Odiamo il nostro Sé Istintivo.
Quando eravamo bambini è stato maltrattato
dagli adulti, dai genitori e insegnanti e ora che
siamo grandi, ci pensiamo noi a trattarlo
ancora peggio. Come potrebbe mai aiutarci a
raggiungere i nostri obiettivi?
Se il Sé Istintivo è chiuso, ansioso,
arrabbiato, pauroso, ci conduce a una vita di
fatica psicologica, di dolore, di stress, di
relazioni sbagliate. Ci fa stare sempre all’erta,
255
diffidenti, gelosi. E questi nostri modi di essere
vengono percepiti dagli altri, anche se
cerchiamo di nasconderli mettendoci mille
maschere.
Eppure il nostro Sé istintivo ha un potere
incredibile, da lui dipende il nostro benessere
e tutto ciò che viviamo. Se è felice, libero da
credenze limitanti, può esprimere tutto il suo
potere aiutandoci a realizzare tutti i nostri
sogni.
Vi sembra il caso di imparare ad amarlo e
diventare suoi amici? Mi sembra proprio di sì.
E allora vediamo nel prossimo capitolo come
fare, quali passi intraprendere per costruire
insieme le basi per un futuro migliore.
Nonostante ci abbiamo provato in mille
modi, nonostante tanti tentativi, non esiste
alternativa, non esiste cambiamento senza il
suo appoggio. Non esiste cambiamento senza
un’accettazione piena e incondizionata di ciò
che siamo.
Molti ritengono l’inconscio un nemico, ma
se continuiamo a considerare tali le parti di
noi che non accettiamo, il Sé Istintivo ci
impedirà qualsiasi cambiamento, perché,
come abbiamo già detto, tra la nostra volontà
256
e le sue emozioni, è sempre lui a vincere.
Il primo passo per raggiungere questo
obiettivo è proprio quello di riconoscere il Sé
Istintivo, accettarlo, riconoscere la sua dignità
e restituirgli quel posto che gli spetta nella
nostra vita.
Possiamo quindi aiutarlo a crescere ed
insegnargli nuove credenze positive in
sostituzione delle vecchie credenze limitanti.
Possiamo farlo diventare un essere adulto e
perfettamente allineato con la nostra volontà.
Possiamo creare le premesse perché, liberi dai
condizionamenti del passato, possiamo
indirizzarci verso il nostro destino e scoprire
la parte più importante e vera del nostro
essere.
257
13. COMUNICARE COL SÉISTINTIVO
Qual è il primo passo verso il Sé istintivo?
Come trasformarlo in un amico per fare in
modo che accetti di imparare da noi? Come
farsi riconoscere e accettare come suoi
maestri?
Alcuni partecipanti ai miei seminari mi
dicono: no, è troppo difficile, non mi fido di
lui. Lo conosco, quando meno te lo aspetti, ti
frega. E io rispondo loro: è proprio il
contrario. Non sei tu che devi fidarti di lui, è
lui che deve fidarsi di te.
Ricordiamo come stanno le cose e il gioco
dei tre “io” che recitano la loro parte. Lasciamo
fuori, ovviamente, il Superconscio, perché sta
a guardare, a meno che abbiamo un intento
forte, sincero, amorevole, il Superconscio sta a
guardare e ci lascia vivere, ci lascia andare
258
incontro alle nostre esperienze affinché, piano
piano, impariamo da esse.
Il Sé fisico, la coscienza del corpo, è molto
lenta e non entra in questo tipo di gioco, se
riceve input buoni sta benissimo, se riceve
input negativi (cioè cibo malsano, alcool,
fumo, o emozioni negative) subisce finché
può, poi reagisce e possono cominciare i guai.
Il gioco di cui parliamo è tra il Sé istintivo, il
Sé mentale e l’Io. Il Sé istintivo è un animale,
che vive soprattutto di affetti. Quella è la cosa
più importante per lui. Se si sente amato, è
felice, e noi ci sentiamo felici, se è stato tradito,
se ha dentro rabbia e dolore, vede nemici
intorno a sé, ha paura e si chiude o si ribella.
Nel suo stato, si sente continuamente tradito,
criticato e giudicato da noi, ecco perché non si
fida. È lui che non si fida di noi e siamo noi
che dobbiamo conquistare la sua fiducia.
Ma anche le persone che mi dicono di non
fidarsi del Sé istintivo hanno un fondo di
ragione. Da cosa deriva questa ragione?
Semplice, deriva da un malinteso tra Io e Sé
mentale.
Ricordate che l’Io dorme per circa il 95% del
tempo e che per tutto quel tempo noi siamo
completamente identificati col Sé mentale?
Bene, il Sé mentale, come abbiamo visto, è
259
freddo, lucido, ma non sempre saggio. La sua
saggezza dipende esclusivamente dalla cultura
ricevuta. Spesso è rigido e non accetta troppo
le emozioni. Tanto meno potrebbe accettare
le emozioni negative, quelle che ci fanno star
male. Se ha imparato modelli di riferimento
sbagliati, diventa ipercritico nei confronti del
nostro corpo, del colore dei capelli, del peso, e
così via. È lui, il Sé mentale che critica il Sé
istintivo, lo giudica, lo vorrebbe docile e
ubbidiente come un cagnolino, non
comprendendo affatto tutto quello che ha
subito.
L’Io dorme, e lascia agire il Sé mentale,
spesso identificandosi totalmente con lui nei
suoi giudizi. Ecco perché alcuni partecipanti ai
seminari dicono di non fidarsi del Sé istintivo,
in realtà chi non si fida del Sé istintivo è il Sé
mentale e noi subiamo questo pensiero. Tutto
ciò fa chiudere il Sé istintivo, animale ferito,
arrabbiato o spaventato, che ci vede come dei
nemici, come dei padroni cattivi, come
potrebbe fidarsi di noi?
Spesso mi capita di fare un esempio tratto
260
dal film “L’uomo che sussurrava ai cavalli”. È
un film bellissimo, l’ho visto molti anni fa, ma
mi è rimasta particolarmente impressa una
scena che descrive un primo approccio con il
Sé istintivo.
Il film narra la storia di una madre e figlia
che vivono in una grande città, forse New
York, e hanno un cavallo. Non ricordo
perfettamente tutta la trama, per cui potrò non
essere preciso in qualche particolare, ma
quello che interessa è un’unica scena del film.
Un giorno la figlia ha un brutto incidente a
cavallo, si salvano entrambi, ma da quel
momento il cavallo si rifiuta di essere
cavalcato. Lo fanno visitare da diversi
specialisti, ma il risultato è il medesimo: il
cavallo non può più essere montato e l’unica
soluzione è sopprimerlo. Madre e figlia, però,
amano così tanto quel cavallo che non si
arrendono all’evidenza. Vengono a sapere di
una persona che riesce a comunicare coi
cavalli e a guarire anche casi molto difficili. Si
mettono alla sua ricerca, lo trovano, e dopo
diversi tentativi, l’uomo accetta di
prendersene cura.
Ed eccoci alla scena di cui vi parlavo, il
momento del primo contatto tra l’uomo ed il
cavallo. Il Sé istintivo potrebbe essere
261
paragonato ad un cavallo per diverso motivi. Il
cavallo è potente, ma anche molto sensibile e,
in alcuni casi, si spaventa molto facilmente, a
volte fa anche le bizze.
Il Sé istintivo è uguale, è molto potente,
perché con la sua energia può farci fare cose
inaspettate, le sue emozioni, poi, attirano la
realtà che viviamo. Inoltre è molto sensibile, e,
se ha avuto un’infanzia non facile, può essere
insicuro, spaventato e arrabbiato.
La scena che mi ha colpito e mi è rimasta
impressa vede l’uomo in mezzo ad un grande
prato ed il cavallo è lontano da lui. Ha paura e
non si fida.
L’uomo è chinato, immobile, guarda il
cavallo con uno sguardo intenso, empatico,
forse ha una mano aperta.
Non ricordo quanto tempo rimane in quella
posizione, non ricordo se ore, o se, addirittura,
ci prova per più giorni, ma, alla fine, il cavallo
si avvicina. Il cavallo, come qualsiasi altro
animale, e come tutti i Sé istintivi, ha un
grande bisogno di essere amato ed accettato,
deve solo fidarsi. L’unico motivo per cui può
rimanere lontano è la paura di essere
nuovamente ferito.
262
Ci mette del tempo, ma quando sente di
potersi fidare, quando ci sente sinceri, allora,
piano piano, coi suoi tempi, si avvicina ed è
disposto, una volta ancora, a fidarsi di noi.
L’uomo che sussurrava ai cavalli, era in
mezzo al prato, chinato, quindi con una
posizione di umiltà nei confronti del cavallo.
Non stava in piedi, dimostrando la sua autorità
e la sua arroganza, stava accucciato, quindi era
più basso del cavallo, una posizione di
inferiorità nei suoi confronti. La prima
caratteristica che dobbiamo avere nei
confronti di chi vogliamo avvicinare, per
conquistare la sua fiducia, è quindi l’umiltà.
Inoltre quell’uomo guardava il cavallo con
una grande tenerezza, una grande empatia, gli
dimostrava tutto il suo amore. Ricordiamo
sempre che il Sé istintivo, come tutti gli
animali, ha bisogno soprattutto di amore, vive
di affettività e, come vedremo, la mancanza di
affetto è la causa dei suoi più grandi problemi.
La seconda caratteristica che dobbiamo
esprimere, se vogliamo davvero che il Sé
istintivo diventi nostro amico, è l’amore.
263
Non ricordo quanto sia rimasto in quella
posizione. Non ricordo se l’uomo che
sussurrava ai cavalli sia rimasto lì, in mezzo al
prato, per ore, o se è dovuto tornare per più
giorni, ma non si è stancato. Non ha detto:
basta, chi se ne frega, quel cavallo può andare
a farsi benedire, io me ne vado.
No, è rimasto lì, perché sapeva che quel
cavallo, come tutti gli animali, come tutti i Sé
istintivi, meritava di essere amato, meritava di
avere qualcuno di cui potersi veramente
fidare.
Indovinate qual è la terza caratteristica che
serve per avere il più grande degli alleati, un
alleato ben più grande di qualsiasi altra
persona? Già, la pazienza.
Non sappiamo quanto ha sofferto il nostro
Sé istintivo. Non lo sappiamo perché, molto
probabilmente, i dolori più grandi sono stati
rimossi e non ne siamo consapevoli. Allora
come potremmo sapere di quanto tempo ha
bisogno perché possa ricominciare a fidarsi di
noi? Pazienza, tanta pazienza, ma, credetemi,
sarà ampiamente ricompensata.
Spesso abbiamo tanta pazienza per delle
cose banali, anche stupide, e non vogliamo
264
avere pazienza per una delle parti più
importanti di noi? Non vogliamo avere
pazienza per quella coscienza dentro di noi,
che è in grado di cambiare radicalmente la
nostra vita? Quella coscienza che potrebbe far
avverare tutti i nostri sogni?
Bene, abbiamo capito che per fare in modo
che il Sé istintivo si fidi di noi e divenga nostro
amico ci vuole umiltà, amore e pazienza, ma
come facciamo? Semplice, gli parliamo, e, la
prima volta è importante parlargli a voce alta.
Perché? Pensateci. Pensate a chi è il Sé
istintivo, pensate a che tipo di coscienza è. È
un animale. E l’animale di cosa vive? Vive
soprattutto di emozioni.
Ora, se avete un cane, o un gatto, lo sapete
benissimo. Pensate che il vostro amato
animale comprenda esattamente il significato
di ogni parola? Pensate che capisca bene
l’italiano? Magari che conosca la declinazione
di tutti i verbi? No. Ne abbiamo già parlato in
un capitolo precedente. Se avete un animale,
quando gli parlate, ciò che comprende è
l’emozione nascosta dietro le parole. È
l’emozione che si esprime nel tono della voce.
Il tono della voce è vibrazione, è energia, è
265
emozione.
Ecco perché è importante parlare con il Sé
istintivo, almeno la prima volta, a voce alta. Se
parlate mentalmente, la comunicazione rischia
di essere fredda, mentale ed il Sé istintivo non
ne viene minimamente toccato.
La stessa cosa avviene se parliamo sì a voce
alta, ma con un tono della voce distaccato,
magari professionale. Sarebbe come parlare ad
un muro. Dobbiamo parlare a voce alta, ma il
tono della voce deve trasmettere amore, deve
trasmettere empatia, dolcezza, accoglienza.
Allora sì che il vostro Sé istintivo sarà toccato,
e vi assicuro, risponderà.
Ora sappiamo come deve essere il nostro
atteggiamento e sappiamo che dobbiamo
parlargli a voce alta. Dobbiamo solo capire
cosa dirgli.
Lo faccio sempre ai miei seminari, dico ai
partecipanti: quali sono le prime cose che
dobbiamo dire al nostro Sé istintivo? Sono
due, ma sono molto importanti. Quali sono?
In genere ci vuole un po’ di tempo, ma poi
tutti ci arrivano. Per capire quali sono le prime
266
cose da dirgli, basta pensare un poco a chi è il
Sé istintivo, a cosa fa per noi e a cosa
facciamo, in genere, noi per lui.
Nel capitolo dedicato al Sé istintivo abbiamo
detto che è lui che fa tutto per noi. È lui,
l’abitudinario che compie quasi tutte le azioni
che svolgiamo nella giornata. È lui che si alza,
fa la doccia, prepara la colazione, si veste,
prende l’automobile, lavora tutto il giorno, e
così via. Mentre noi dormiamo ed il Sé
mentale pensa a mille cose. Nonostante tutti i
torti subiti, i traumi, gli abbandoni, i dolori
che ha dentro, fa tutto lui. È lui che ci ha
portati fino a qui, è lui che ci ha permesso di
essere quello che siamo. Comunque.
Il minimo che possiamo fare è dunque
ringraziarlo. Dirgli sinceramente “Grazie” per
tutto quello che fa per noi, da sempre.
Inoltre, poche righe sopra abbiamo detto
che noi dormiamo per circa il 95% del tempo e
che ci identifichiamo col Sé mentale, che non
è certo tenero col Sé istintivo. Quando lui
reagisce a qualcosa che lo tocca emotivamente,
o quando ci induce a fare qualcosa che non
267
vorremmo, come mangiare troppo, fumare,
bere, fare shopping compulsivo, o tutte quelle
cose che ci danneggiano, il Sé mentale, col
quale ci identifichiamo, lo giudica, lo
colpevolizza e lo critica. Il Sé istintivo non lo
fa per cattiveria, lo abbiamo già detto. Lo fa
per colmare tutto il vuoto affettivo che ha
dentro, eppure viene criticato e giudicato.
Cosa può pensare il nostro Sé istintivo nel
sentirsi trattare così dopo tutto quello che fa
per noi?
La seconda cosa da dirgli, è dunque: “Scusa”.
Dobbiamo scusarci con lui, chiedergli perdono
per averlo trattato male, per averlo giudicato.
Dobbiamo chiedergli scusa perché non ci
amiamo e non ci piacciamo.
Grazie e scusa sono le prime cosa da dire al
nostro Sé istintivo. Un discorso corretto
potrebbe essere: “Caro Sé istintivo, ora so che ci
sei. Ora, finalmente, ho capito come stanno le cose.
Non sapevo che c’eri anche tu dentro di me. Nessuno
mi aveva mai spiegato che quando ero bambino c’eri
solo tu, che hai subito tutti i torti, le ingiustizie, gli
abbandoni. Non potevo immaginare che tutti i miei
comportamenti che non mi piacciono, in realtà sono
il solo modo che hai trovato per colmare il dolore
268
che hai dentro, per colmare il bisogno di amore che
ti è mancato quando ero piccolo.
Ora ho compreso che quando mi arrabbio stai solo
scaricando parte della rabbia che hai dentro da
quando ero bambino, per le tante ingiustizie subite.
E nonostante tutto, sei tu che fai tutto per me, e lo
fai nel migliore dei modi, e io, in compenso,
continuo a criticarmi, a giudicarmi, e a volte, anche
ad odiarmi.
Scusami, scusami davvero, non potevo saperlo. Ti
chiedo perdono dal profondo del cuore e ti ringrazio
per tutto quello che fai per me.
Sto imparando. Non sono sempre sveglio e so che
all’inizio mi capiterà ancora di addormentarmi, mi
capiterà ancora di dimenticarmi di te, e capiterà
anche che qualche volta mi scapperà di criticarti.
Ma sto imparando e mi impegno con tutto me stesso
a prendermi cura di te, perché ti voglio bene e
voglio aiutarti a guarire da tutto il dolore che hai
dentro. So che ti piace giocare, divertirti, muoverti,
so che hai bisogno di scaricare tutte le tue emozioni,
e ti prometto che ti aiuterò a fare tutto ciò di cui hai
bisogno e tutto ciò che ami fare. Aiutami, aiutami a
stare sveglio, dammi una mano, soprattutto
all’inizio, così che possa rinforzarmi e diventare tuo
amico e poi tuo maestro. Posso farlo, posso aiutarti,
davvero, perché ne sono capace. Avrò bisogno
ancora di un po’ di tempo, ma vedrai che tra poco
269
saprò farmi perdonare fino in fondo e ti darò tutto
l’amore che ti meriti.
Possiamo fare grandi cose insieme, col tuo aiuto
possiamo costruirci un futuro di gioia. Possiamo
realizzare tutte le cose che desideriamo e vivere
felici, per sempre.”
Ovviamente non dovete impararvi a
memoria tutto ciò che ho scritto. Quello che
conta sono i contenuti. Usate le vostre parole,
l’importante è che ciò che gli dite venga dal
cuore. E se sarete sufficientemente umili, se
saprete parlargli col cuore, se avrete la
pazienza di aspettarlo, allora avrete
sicuramente successo e, credetemi, la vostra
vita comincerà a cambiare. Da subito.
C’è un modo infallibile per sapere se siete
stati sufficientemente sinceri ed empatici e se
il vostro Sé istintivo vi ha “sentito”. Se vi
scenderà qualche lacrima mentre gli parlate, se
sentite l’emozione salire, allora, state certi, il
vostro messaggio è arrivato a destinazione.
Emozione e lacrime solo il modo più bello in
cui il Sé istintivo vi comunica che vi crede. E
sarà qualcosa di veramente toccante. Quello
270
potrebbe essere il primo passo per una vita
migliore, per un vita più consapevole, matura
e felice.
Quando abbiamo parlato a lungo del Sé
istintivo, abbiamo affermato che una delle sue
caratteristiche è quella di poter accedere
facilmente a qualsiasi ricordo. Abbiamo anche
detto che questa abilità ci sarà molto utile nel
processo di trasformazione e guarigione delle
nostre ferite interiori, però ora possiamo
sperimentare realmente questa sua capacità e,
contemporaneamente, possiamo avere una
prova della sua disponibilità a fidarsi di noi e
diventare nostro amico.
Se quando gli abbiamo parlato abbiamo
sentito anche un poco di commozione,
sufficiente per farci sentire che è stato toccato
dalle nostre parole, allora possiamo chiedergli
una prova di questa sua disponibilità.
Chiediamogli di portarci alla memoria un
ricordo. Un ricordo che abbiamo dimenticato,
ma che possiamo verificare.
Mi raccomando, non chiedetegli qualcosa di
doloroso. Gli state chiedendo di diventare
vostro amico, e non potete portarlo subito nel
dolore. Che amico sareste?
271
Chiedetegli, invece, qualcosa di bello,
qualcosa di piacevole, qualcosa che lo renda
felice. Al limite, qualcosa di neutro.
Potreste, ad esempio, chiedergli cosa vi
hanno regalato a Natale, quando avevate 5
anni, oppure come si chiamava il compagno di
banco della prima elementare. Ovviamente
deve essere qualcosa che potete verificare,
altrimenti sarebbe troppo facile.
Se siete stati sinceri con lui, state certi che vi
risponderà e quando vi ritroverete nella
mente quel ricordo, quel giocattolo, o quel
nome, vedrete come sarete contenti. Sarà un
bel segnale, sarà un segnale di disponibilità e
sentirete nella pancia un’emozione bella,
qualcosa che si apre, qualcosa di caldo e
piacevole.
Non meravigliatevi, però, se non vi risponde
subito. Ricordate il cavallo del film di cui
abbiamo parlato sopra? Non possiamo sapere
quanto è stato ferito, non possiamo sapere
quanto si è chiuso, e non possiamo sapere di
quanto tempo ha bisogno per ricominciare a
fidarsi di noi. Pazienza, ci vuole pazienza. Per
conquistare gli obiettivi più importanti ci
vuole un forte intento e una grande pazienza.
272
Non dimenticatelo.
Ci può essere un altro motivo per cui non vi
risponde. Anzi, in realtà, in quel caso non è che
lui non risponde, siete voi che non lo sentite.
Capita spesso che quando ci interessa molto
qualcosa, entriamo nell’aspettativa. Entrare
nell’aspettativa significa focalizzare tutta la
nostra attenzione nell’emisfero sinistro. Vi
ricordate l’esperimento che fece Paul
Watzlawick in quel paziente a cui era stato
reciso il corpo calloso? Avevamo detto che il
corpo calloso è come un filo del telefono che
permette al Sé istintivo di comunicare in
modo efficace e diretto con il Sé mentale, con
la nostra razionalità. Bene, se siamo troppo
nell’aspettativa, è come se avessimo,
momentaneamente, interrotto quel filo, per
cui il nostro Sé istintivo sta cercando di
trasferire l’informazione dall’emisfero destro
al sinistro, ma il ricordo che gli abbiamo
chiesto, con il filo interrotto, non arriva. E
magari ci restiamo male perché crediamo che
sia il Sé istintivo a non voler comunicare.
Può essere che ci arrendiamo, diciamo che
forse ce lo dirà un’altra volta, e torniamo alle
273
nostre faccende quotidiane. Magari ci
mettiamo davanti alla televisione, o portiamo
il cane a fare una passeggiata, o, ancora, ci
mettiamo a cucinare. Ed ecco che,
miracolosamente, il ricordo arriva, il nome del
compagno di banco ci arriva nella testa. Cosa è
successo? Il nostro Sé istintivo ha deciso di
comunicare?
No, non è così. Semplicemente quando ci
mettiamo a fare qualcosa di abitudinario,
qualcosa che non richiede concentrazione,
ecco che gli emisferi cerebrali si riequilibrano,
smettiamo di essere troppo concentrati
sull’emisfero sinistro, quello razionale, ed i
due emisferi riprendono a comunicare. È
come se avessimo riallacciato quel filo del
telefono che permette al Sé istintivo di
telefonare alla parte più razionale, ed il
ricordo ci arriva, miracolosamente, alla
coscienza.
È importante però non avere fretta.
Ricordiamoci sempre la pazienza,
ricordiamoci di rispettare i suoi tempi. Quello
che possiamo fare è stimolarlo per avere una
risposta.
Una delle caratteristiche del Sé istintivo è
274
che, come tutti gli animali, è un pigrone e un
giocherellone. Inoltre è sempre goloso di ciò
che gli piace. Se avete un animale domestico,
lo sapete perfettamente. Lo sanno anche i
domatori e gli addestratori. Per insegnare
qualcosa, o per invogliarli a fare qualcosa,
usano la carota, il biscotto, qualcosa di cui
l’animale è goloso.
Il nostro Sé istintivo, non fa differenza.
Anche lui è così, e se gli date un premio,
vedrete che sicuramente risponderà alle vostre
richieste. Questo però non è il metodo
migliore, perché il Sé istintivo risponderà
velocemente per avere un premio, ma questo
non è amicizia. Questo è prendere per la gola.
Può funzionare le prime volte, ma se lo
abituerete a fare ciò che volete, solo per il
premio, non diventerà mai vostro amico, e per
le cose più importanti, non riuscirete a
raggiungere gli obiettivi che desiderate.
Usate invece il premio, il cioccolatino, o
qualcosa di cui siete golosi, solo come segno
della vostra gratitudine e una volta ogni tanto.
Una cosa è spingerlo a muoversi per avere
un premio, ben diverso è indurlo a muoversi
perché si fida di voi e vi vuole bene, il premio
è un regalo che può arrivare inaspettatamente
e, in quel caso, gli farà ancora più piacere.
275
Ciò che non dobbiamo mai dimenticare è
che il Sé istintivo ha una sua propria coscienza,
ha gusti che possono anche essere diversi dai
nostri, ha una sua identità, una sua sensibilità.
È un essere e come tale ha bisogno che venga
trattato. Ciò che potremmo fare per fargli
sentire la considerazione che abbiamo per lui,
è chiedergli come vuole essere chiamato.
Diamo un nome a tutto, e non solo al nostro
cane o gatto. Ci sono persone che danno un
nome alle piante o all’automobile, e magari
anche all’orsacchiotto che portano a letto la
sera. Non vogliamo chiamare per nome un
soggetto così importante per il nostro
benessere?
In questo caso però non abbiamo a che fare
con un orsacchiotto o un cane, che non hanno
una propria coscienza. L’animale, il bellissimo
animale che è dentro di noi, sa comunicare, e
avendo gusti propri, sarà lui a scegliersi il suo
nome.
E allora chiediamoglielo. Chiediamogli
come vuole essere chiamato. Parlategli sempre
col cuore aperto, la comunicazione deve essere
sempre empatica. Lui deve sentire che vi fa
piacere chiamarlo col suo nome, deve sentire
276
la vostra sincerità. E allora accadrà. Accadrà
che vi trovate in testa un nome. Non saprete
come vi è arrivato. Certo non lo avete pensato
voi.
Mi rendo conto che se non mi conoscete, se
è la prima volta che leggete qualcosa di simile,
vi potrebbe venire da ridere. Ma provate. Uno
scienziato non deve credere, o essere chiuso, a
priori. Una scienziato deve sperimentare e
solo allora avrà la conferma di una certa teoria.
Provate sinceramente. Se tutto quanto avete
letto finora, vi risuona, provate,
semplicemente provate. Provate con umiltà,
amore e pazienza e quando vi troverete nella
mente un ricordo, e poi un nome, dovrete
farvi una domanda. Chi ha pensato quelle
cose? Se non lo ha fatto la vostra volontà, chi
lo ha fatto? Può essere una macchina? No,
semplicemente perché una macchina non ha
una propria coscienza, risponde solo per ciò
che è stata programmata, non ha una sua
fantasia, non ha suoi gusti.
Se quel nome non lo avete pensato voi,
qualcuno lo deve avere pensato, tanto più se è
un nome che non vi piace. Tanto più se è un
nome di sesso diverso dal vostro. Sì, perché
277
anche questo può accadere.
Il fatto che il Sé istintivo vi comunichi un
nome che non vi piace, è molto più normale di
quanto si possa pensare. Lui ha gusti suoi e
possono anche essere diversi da quelli del Sé
mentale. Mi raccomando, non giudicate quel
nome. Guai. Sarebbe come incontrare una
persona che vi interessa conoscere, e quando
si presenta e vi dice il suo nome, voi fate una
smorfia schifata, come dire: che nome brutto
hai. Come potrebbe reagire quella persona?
Sarà ben difficile che diventi vostra amica e, se
siete voi ad avere bisogno di lei, allora siete
partiti proprio col piede sbagliato.
Quindi accettate il suo nome, qualunque
esso sia, e se avete ancora dei dubbi che sia
proprio il suo nome, allora testatelo o fatevelo
testare, vedremo dopo come.
Dopo che ve lo avrà detto, potrete rivolgervi
a lui chiamandolo col suo nome. Pensate alla
reazione di un bambino quando viene
chiamato con il proprio nome. Sentire il
proprio nome aiuta a stabilizzare la
personalità. Se vogliamo aiutarlo a crescere, se
278
vogliamo diventare i suoi maestri, è
importante che lui si senta accettato e amato,
sentirsi chiamare col proprio nome è un
ottimo metodo per mettere le basi per una
collaborazione lunga e molto proficua per
entrambi.
Non meravigliatevi neppure se dovesse
fornirvi un nome di sesso diverso dal vostro. È
una possibilità molto più frequente di quella
che possiate pensare. E non crediate che
dipenda dai suoi gusti sessuali, non c’entra
nulla. Il motivo purtroppo, spesso nasconde
un profondo dolore interiore.
Nella mia esperienza mi è capitato centinaia
di volte di trovare persone il cui Sé istintivo ha
comunicato un nome di sesso diverso e il
motivo è sempre stato lo stesso.
Ricordiamo che il Sé istintivo comincia a
formarsi, dopo il Sé fisico, già dentro la pancia
della mamma. Durante la gravidanza
percepisce tutte le emozioni che vive la
mamma, la sua gioia, o la sua preoccupazione,
il suo amore, o la sua paura, il desiderio di
tenerlo tra le braccia, o l’aspettativa che sia
maschio, piuttosto che femmina.
Ora supponiamo che una coppia abbia avuto
279
dei figli maschi e che per la prossima
gravidanza l’aspettativa sia di avere una
femmina. Cosa percepisce il futuro nascituro
se la sua venuta non corrisponde al desiderio
dei genitori? Si sentirà non accettato, rifiutato,
e forse pur di sentirsi amato, dopo la nascita si
adeguerà all’aspettativa dei genitori,
comportandosi come una bambina. Da adulto,
alla richiesta di conoscere il nome del suo Sé
istintivo, probabilmente riceverà come
risposta un nome femminile.
Un caso molto frequente è quello di donne
che ricevono dal Sé istintivo un nome di
genere maschile. A differenza di ora, diversi
anni fa gli uomini desideravano che il loro
primo figlio fosse un maschio e scaricavano
sulle mogli la loro aspettativa. Capitava così
che le future mamme vivevano con ansia la
maternità nell’attesa di scoprire (a quei tempi
non c’era ancora l’ecografia) il sesso del
nascituro. Potete immaginare cosa provassero
quelle bambine che per tanti mesi hanno
vissuto nella pancia della mamma che inviava
loro messaggi emozionali nella speranza che
fossero maschi. Ora capita più raramente, ma
ho avuto tante, tante clienti con un nome del
280
Sé istintivo maschile e tante che hanno detto
che da bambine volevano vestirsi da
maschietto, solo per sentirsi accettate ed amate
dai genitori.
Una volta che abbiamo stabilito un rapporto
col Sé istintivo, sappiamo che l’obiettivo finale
è quello di integrarlo, di aiutarlo a guarire le
sue ferite, così che possa raggiungere la
maturità emotiva. Solo allora, infatti, sarà un
alleato potente e fidato, capace di permetterci
di raggiungere facilmente tutti i nostri
obiettivi. Il passo successivo al primo
approccio è quello di comunicare con lui.
Dopo che sarà diventato nostro amico, dopo
che avremo imparato a riconoscere come si
esprime, dopo che avremo imparato a dare un
nome e un’origine a tutto ciò che sentiamo
dentro di noi, sarà facile comunicare con il Sé
istintivo usando le impressioni mentali e le
emozioni. Basterà contattarlo con un pensiero
carico di empatia e avremo facilmente la sua
risposta che si rivelerà come pensiero,
emozione o sensazione fisica.
Non aspettiamoci però che sia subito così.
Ricordiamo che lo abbiamo trascurato per
281
tutta la vita, ignari della sua esistenza. Semmai
abbiamo pensato a lui, molto facilmente lo
avremo fatto per criticare quella nostra parte
inconscia che ci ha fatto arrabbiare quando
volevamo essere calmi, o che ci ha fatto
mangiare la nutella quando avremmo voluto
rimanere a dieta, e così via.
Ci vorrà amore e pazienza, e se ci mettiamo
anche un po’ di gioco potremmo rendere
questa amicizia più facile.
Un modo semplice e divertente per
raggiungere questo obiettivo può essere l’uso
del pendolino. Imparare ad utilizzarlo
potrebbe essere anche un bel modo per
togliere al pendolino quell’alone di mistero
che si porta dietro a causa di quei furbacchioni
che lo hanno usato solo per fare spettacolo.
Sapete cos’è un pendolino? Non è niente di
esoterico o magico, è qualcosa di
estremamente semplice e risponde ad una
banale legge della fisica. Un pendolino è
formato da un piccolo oggetto che abbia un
minimo peso, come ad esempio un ciondolo a
punta, una piccola pietra, un pendaglio,
appeso ad una cordicella della lunghezza di
dieci, venti centimetri. Se non ne avete uno e
282
volete iniziare a giocare con il Sé Istintivo
potete tranquillamente costruirvelo,
utilizzando un oggetto qualsiasi delle
dimensioni di una biglia o di un anello. Se poi
avete una collana con un qualsiasi ciondolo,
quest’ultima andrà benissimo. L’importante è
che la catenina cui è legato il ciondolo sia
sufficientemente sottile e leggera e che il
ciondolo funga da peso.
Perché mai ci viene in mente di usare quel
tipo di strumento per comunicare col Sé
istintivo? Per un semplice motivo. Vi ricordate
quando abbiamo parlato delle capacità dei
rabdomanti, quelle persone che sanno trovare
l’acqua? Abbiamo detto che chi sa trovare
l’acqua è il Sé istintivo, che però, dato che l’Io
non è in grado di percepire i suoi segnali
diretti, deve condurlo verso l’acqua usando un
bastone. Come fa il Sé istintivo a far capire al
rabdomante dov’è l’acqua? Semplice, usando
dei micro movimenti del braccio,
impercettibili alla coscienza dell’Io, fa vibrare
il bastone e tramite quelle vibrazioni pilota il
rabdomante verso il luogo dove si trova
l’acqua.
283
Il processo per cui il pendolino è un ottimo
strumento per comunicare col Sé istintivo è lo
stesso.
Qual è la caratteristica di un pendolo? Quella
di essere estremamente sensibile alle
vibrazioni. Basta una vibrazione, anche
minima che il pendolo comincia ad oscillare.
Ora, ricordate che il Sé istintivo può
controllare anche i muscoli volontari, e lo fa,
ad esempio, quando ci fa muovere le braccia
mentre parliamo, senza che siamo noi a
muoverci consapevolmente. Allo stesso modo,
e ancora più facilmente, il Sé istintivo riesce a
inviare micro impulsi ai muscoli tali da non
essere percepiti dalla coscienza dell’Io.
Se teniamo in mano un pendolino, il Sé
istintivo, se lo desidera, può inviare micro
impulsi ai muscoli del braccio. Questi micro
impulsi sono impercettibili per la coscienza
del Sé mentale, che è convinto di avere il
braccio fermo, ma sono tali da fare oscillare il
pendolino, con un movimento oscillatorio o
rotatorio, secondo la direzione che il Sé
istintivo vuole imprimergli.
A questo punto, se vogliamo comunicare col
284
Sé istintivo, occorre solo insegnargli il codice
di comunicazione. Per farlo è semplice, basta
associare ai quattro movimenti che può fare
un pendolo (oscillatorio verticale o
orizzontale, rotatorio in senso orario o
antiorario) le quattro risposte che ci
permettano di conoscere il suo parere su
determinate questioni. Le quattro risposte che,
generalmente, si utilizzano sono: sì, no, non so
e non rispondo.
Per insegnare al Sé istintivo il codice, fate
così: prendete quattro fogli e disegnate su
ciascuno i simboli dei quattro movimenti che
abbiamo descritto prima, poi abbinate ai
quattro movimenti le quattro risposte. Nel
mio caso ho scelto il movimento rotatorio in
senso orario (indicato con un semicerchio con
una freccia che indica il senso orario) per il sì;
il movimento rotatorio in senso antiorario per
il no; un’oscillazione verticale (indicata con un
segmento di retta verticale con le frecce alle
due estremità) per indicare la risposta “non
so”, e un’oscillazione orizzontale per indicare
la risposta “non rispondo”.
A questo punto sedetevi comodi, prendete il
pendolino con la mano con cui scrivete e
285
mangiate, e tenetelo sospeso sopra al foglio
con il disegno che avete scelto per indicare il
“sì”. Ora muovete il pendolino come nel
disegno, e, mentalmente, dite al vostro Sé
istintivo che quello è il movimento che volete
che riproduca per indicare la risposta “sì”.
Fatelo per qualche secondo, soprattutto, fatelo
come un gioco. Non prendete la cosa troppo
sul serio. Ricordate che il Sé istintivo è un
animale ed è un giocherellone. Se lo fate
divertire, è contento di imparare, se gli fate
pesare le cose, lo farà malvolentieri.
Dopo qualche secondo di movimento
volontario del pendolino, fermate
l’oscillazione e chiedete al Sé Istintivo di
riprodurre il movimento associato alla
risposta “sì”. Chiedetegli di farlo lui. Fatelo, e,
se non siete troppo rigidi, se siete stati capaci
di coinvolgerlo, vi meraviglierete nel vedere il
pendolino che, senza che voi lo vogliate,
comincerà a muoversi con movimenti sempre
più decisi nel senso che gli avete indicato.
Alcuni sostengono che le prime volte il Sé
Istintivo potrebbe non collaborare o non
rispondere correttamente alle indicazioni che
gli avete dato. Può essere vero ed i motivi sono
286
questi: o siete troppo rigidi, magari dubbiosi,
oppure siete troppo nell’aspettativa. In tutti
questi casi significa che siete troppo focalizzati
nell’emisfero sinistro, quello razionale, così il
Sé istintivo, anche volendo, non riesce ad
esprimersi e a comunicare con voi.
Il secondo caso è che il pendolino si muova,
ma, magari, nel senso opposto a quello che gli
avete insegnato.
In questo caso, invece, significa o che il Sé
istintivo, giocherellone, vi sta prendendo in
giro, oppure che vuole manifestarvi il suo
dissenso. In quest’ultimo caso è importante
che gli parliate di nuovo, cercando di
convincerlo della vostra buona fede nel
volerlo aiutare.
Comunque riprovate con calma, spiegando
bene al nuovo amico cosa volete che faccia e
spiegandogli anche che stabilire una buona
comunicazione può essere molto utile per
entrambi. Non dimenticate, come ultima
possibilità, la tecnica della carota. Nel vostro
caso potrebbe essere un cioccolatino che vi
piace tanto e che potrebbe convincerlo a
collaborare.
Quando avrete la conferma che il Sé
287
Istintivo ha imparato e risponde
correttamente nel riprodurre il movimento
che gli avete indicato per la risposta “sì”, potete
ripetere lo stesso procedimento per le altre
risposte in modo che abbia a disposizione una
modalità condivisa per fornirvi una risposta a
tutte le domande.
A quel punto potete davvero cominciare a
giocare con lui. È un gioco, ma può essere
importante nel costruire un rapporto di
fiducia, di conoscenza reciproca e di
collaborazione.
Cosa chiedere al Sé istintivo? Non certo cose
che riguardano il futuro. Ricordiamo chi è,
ricordiamo quali sono le sue caratteristiche.
Non è né un saggio, né un indovino. È la
vostra componente emozionale, bellissima,
simpaticissima, ma sempre una componente
animale. Potrete scoprire il suo carattere
facendogli precise domande; scoprire che
potrebbe avere gusti diversi dai vostri su
determinate persone. Ad esempio potrebbe
capitare che una persona che vi è simpatica, a
lui non piaccia, e non è infrequente che alla
lunga sia proprio lui ad avere avuto ragione.
Potete fare domande sui ricordi, su esperienze
288
del passato, su come le ha vissute, e così via.
Non fate come quella mia amica che
chiedeva: mi sposerà Giovanni? E il pendolino
girava come un matto nel dare la risposta sì. Il
Sé istintivo non può sapere se Giovanni la
sposerà. Potrebbe invece percepire e
comunicare sulla sincerità degli affetti di
Giovanni. Però se il Sé istintivo non ci ha
ancora concesso la sua amicizia, ci darà una
risposta positiva per essere lasciato in pace.
Il sé istintivo non può avere nessuna
conoscenza sul futuro. È una parte di noi e
come stato di coscienza è inferiore a noi.
Come potrebbe conoscere cose che
riguardano altre persone o eventi al di fuori
della sua competenza? Inoltre, il nostro Sé
Istintivo vuole fare di tutto per compiacerci, e
per farci felici sarebbe capace di fornirci le
risposte che noi vorremmo ricevere,
generandoci facili illusioni. Limitiamoci
quindi a domandare esclusivamente cose che
sono sotto la sua competenza; nel qual caso
potremmo ottenere importanti benefici dalla
sua collaborazione costruttiva.
Troppo spesso la nostra insicurezza affettiva
ci porta a chiedere ciò di cui abbiamo bisogno,
289
ma dobbiamo capire che non funziona così.
Non possiamo aspettarci di avere una Sibilla al
posto del Sé istintivo. E anche fosse, finché
avremo dentro un bisogno, quel bisogno
continuerà ad attirare esperienze negative. Ma
di questo ne parleremo nel prossimo capitolo.
L’importante nel comunicare col Sé istintivo
è non esagerare, non bisogna sforzarlo perché
non ama lavorare, soprattutto all’inizio.
Rispettate i suoi tempi e lasciatelo riposare
ogni tanto. Quando si rifiuta di collaborare
può essere che sia stanco oppure
semplicemente annoiato. In ogni caso, prima
riuscite a capirlo, a comprendere il suo
carattere e le sue reazioni e prima diverrà un
amico prezioso.
Quando avete imparato a comunicare
efficacemente con lui, vi ha comunicato il
ricordo e vi ha detto come vuole essere
chiamato, potete fare quell’esercizio con le
scatolette, di cui ho accennato nel capitolo sul
Sé istintivo.
Procuratevi cinque o sei scatolette tipo
quelle che usano i negozi di bigiotteria per
290
confezionare i loro prodotti. Ce ne sono di
diverse forme, dimensioni e colori. Quelle che
mi ero procurato avevano la forma di un cubo
e la dimensione di circa quattro centimetri per
lato.
Procuratevi anche un numero di oggetti da
inserire nelle scatolette, possono essere pietre,
anelli, biglie, conchiglie, o cose simili.
L’importante è che siano oggetti diversi e che
possano entrare facilmente nella scatoletta.
Inserite quindi gli oggetti che avete procurato
dentro ciascuna scatoletta.
Mescolate per bene le scatolette in modo da
non ricordare assolutamente in quale
scatoletta avete messo i vari oggetti e, a quel
punto, inizia l’esercizio. Appoggiate il dito
indice su una scatoletta a caso e chiedete al
vostro Sé istintivo di entrare nella scatoletta
per rivelarvi il contenuto.
Ricordate che nel capitolo sul Sé istintivo
abbiamo detto che una delle sue capacità è
quella di sentire gli oggetti a distanza? È la
stessa capacità che permette agli animali
selvatici di testare se un cibo, o l’acqua di una
pozza, è buona o meno.
Bene, con questo esercizio potete verificare
291
questa sua abilità. Armatevi di un poco di
pazienza, perché non sarà facile convincerlo a
fare qualcosa che non fa mai. L’abilità di
riconoscere gli oggetti a distanza, senza
vederli, così come la telepatia, non viene mai
usata, perché il Sé mentale ha imparato a
rispondere con la razionalità alle esigenze che
avevano portato i Sé istintivi a sviluppare
quelle capacità.
Quindi, tanta pazienza e provate, magari,
per convincerlo, usate anche il trucco del
cioccolatino, che è sempre un ottimo
incentivo a collaborare. Non abbiate però
fretta e non desistete: vi assicuro che la cosa è
possibile e sorprendente nei risultati.
Quando provai questo esercizio, riuscii a
convincerlo solo al terzo tentativo, dopo che
per altre due volte mi era andata male.
Spiegate bene al Sé Istintivo cosa deve fare,
diteglielo con parole esplicite in modo che
comprenda esattamente cosa gli state
chiedendo e non vi deluda solo perché non
aveva compreso bene il compito che gli avete
affidato. E ora chiudete gli occhi e attendete:
cercate di stare tranquilli in attesa che il Sé
istintivo vi risponda.
292
Vi anticipo cosa potrebbe accadere le prime
volte. Dopo qualche secondo di attesa,
comincerà a venirvi in mente che la scatoletta
su cui avete appoggiato il dito, contiene un
certo oggetto. Ovviamente aprirete subito gli
occhi, aprirete la scatoletta, e …rimarrete
delusi. L’oggetto che trovate nella scatoletta
non è quello che vi era venuto in mente.
Riprovate, e andrà allo stesso modo. Per più
e più volte.
Cosa è accaduto? Semplice, il Sé istintivo,
che non ha voglia di fare quel lavoro, fa la cosa
più semplice. Anziché fare lo sforzo di
“andare” dentro la scatoletta per conoscerne il
contenuto, vi manda alla coscienza il pensiero
di uno a caso di quegli oggetti. E continuerà a
fare così perché quel “lavoro” gli costa fatica.
Lui è pigro e se non è sufficientemente
motivato continuerà a fare così sperando che
vi stanchiate in fretta e lo lasciate in pace.
Mi raccomando, non rimanete delusi e non
arrabbiatevi con lui. Siete il Maestro, e quello
non sarebbe certo l’atteggiamento più saggio.
Accettate semplicemente il suo momentaneo
rifiuto, ditegli che riproverete, e, per il
momento, lasciatelo in pace.
293
Ma il giorno dopo, o quando ve la sentite,
riprovate, riprovate perché è giusto che lui
impari ed è giusto che voi riusciate a
sperimentare la sua capacità.
Il giorno in cui deciderà di collaborare, il
giorno in cui sarete riusciti a convincerlo,
proverete qualcosa di magico, qualcosa che
non avete mai sperimentato e che non
dimenticherete più. Anziché ricevere una
risposta mentale, vedrete l’oggetto contenuto
nella scatoletta. A occhi chiusi vedrete nella
vostra fronte, nei lobi frontali, l’immagine
nitidissima dell’oggetto che si trova nella
scatoletta su cui avete appoggiato il dito.
Vedrete come non avete mai visto a occhi
aperti, un’immagine nitida, con un contrasto e
una luminosità che i nostri occhi fisici non
riescono a dare.
Sarà un’esperienza fantastica, un’esperienza
che non dimenticherete più.
Non ci saranno pensieri, solo l’immagine
precisa dell’oggetto che è nella scatoletta.
Sviluppare quel tipo di capacità del Sé
istintivo, non fa parte dei miei obiettivi, per
cui non è assolutamente necessario riuscire a
fare l’esperimento delle scatolette, ma se
294
voleste farlo, se voleste incrementare la sua
capacità e padroneggiarla, allora dovreste
rendere, via via, l’esercizio sempre più
difficile. Anziché appoggiare il dito sulla
scatoletta, tenetelo ad un centimetro di
distanza e ripetete l’esperimento. Il Sé istintivo
deve fare più fatica e quindi serve un
maggiore sforzo e volontà da parte vostra per
convincerlo. Ma non c’è altro modo. Se avete
tempo e voglia, se vi interessa questo tipo di
capacità, allora quello è il metodo più efficace
e sicuro.
A riprova di quanto il Sé istintivo possa
essere giocherellone e di come sia in grado di
esprimere i suoi contenuti in modo
assolutamente fantasioso, mi fa piacere
riportare l’email che mi ha inviato Alessio, un
lettore de L’Inconscio per Amico, che ha
sperimentato personalmente l’esperimento
appena descritto.
“Sto procedendo con la lettura, ho iniziato un
dialogo con il mio Sé Istintivo, di cui ora so anche il
nome :)
Sono arrivato al punto del tuo testo dove parli di
295
quella prova in cui chiedi al tuo Sé Istintivo di
entrare dentro ad una delle cinque scatole
contenenti i cinque oggetti diversi... non avendo a
disposizione né le scatoline, né i cinque oggetti
diversi, né la pazienza di aspettare di trovarli in
qualche negozio, ho fatto l’esperimento con quattro
biglie contenenti un petalo di un colore diverso,
verde, blu, giallo e rosso, avvolte (facendole
sembrare delle caramelle) ognuna in un postit
verde, rendendo di fatto impossibile capire il colore
della biglia senza “scartarla”.
Sempre con il premio in promessa, ho fatto la mia
richiesta al mio Sé Istintivo ma non riscuotevo
molto successo, sentivo solo una moltitudine di
pensieri “consci” che si sovrapponevano e mi
suggerivano una risposta “tirata ad indovinare”...
era frustrante. Poi il giorno successivo avevo in
mano “L’Inconscio per Amico”, lo sfogliavo un po’ a
caso (ne ho letto metà per ora... non lo sto trattando
come una lettura, ma come un testo scolastico da
studiare, su cui riflettere) e ho visto che nei capitoli
successivi parlerai di pancia... quindi ho cambiato
la modalità di esecuzione... mi sono sdraiato sul mio
comodissimo letto, ho fatto tre respiri profondi. Ho
appoggiato la biglia sulla pancia, e sopra di essa
tenevo il mio dito indice.
Ho provato entrambe le volte la procedura, e
mentre prima ho visualizzato proprio il petalo di
296
una delle biglie (quello blu... mi è proprio comparso
“formato gigante” davanti, ovviamente era la
risposta corretta), la seconda volta è successa una
cosa diversa, anziché materializzare il petalo, ho
visto materializzarsi un gigantesco albero secolare,
con una fronda maestosa tutta verde (la risposta
corretta era petalo verde), e oltre all’immagine
ricordo bene i suoni del movimento del fogliame...è
stato molto intenso ed estremamente rilassante, una
fantastica sensazione di Pace :) E soprattutto ho
notato come le risposte del Sé istintivo arrivano
all’improvviso, come se svuotassero la testa di tutti i
pensieri consci con una potenza direi Assoluta, per
fornirmi la risposta.
Ti ringrazio ancora per aver pubblicato un libro
così, e spero non ti spiaccia se ogni tanto ti scrivo
quello che mi succede :) Buona giornata!”
297
14. COME I 3 SÉ POSSONOROVINARCI LA VITA
Se osserviamo le società di mammiferi che
vivono in gruppo, scimmie, lupi, e così via,
notiamo che, salvo qualche caso particolare,
non esistono problematiche diffuse di
asocialità, di difficoltà nello stare nel gruppo, o
nei rapporti di coppia.
Nelle società degli esseri umani, soprattutto
in quelle occidentali e più industrializzate,
pare invece che il malessere sociale sia molto
diffuso e, addirittura, in aumento.
Forse non sono così diffuse le patologie più
gravi, ma quello che possiamo notare sono le
forme di insicurezza e di incapacità di amare
che riscontriamo, sempre più spesso, in
moltissimi individui.
Le varie forme di insicurezza creano a tante
persone problematiche di autostima, che si
ripercuotono, ovviamente, nella sfera del
lavoro, dell’affermazione sociale, nella
298
capacità di esprimere tutto il proprio talento,
nella capacità di guadagnare e gestire il
denaro.
La difficoltà di amare e di essere amati sta
producendo una società di single. Pare che i
matrimoni siano diventati qualcosa di
estremamente raro, ma, soprattutto, ciò che è
raro è la capacità di una coppia di far
sopravvivere il matrimonio per più di alcuni
anni.
Ma non durano poco solo i matrimoni,
anche le unioni di persone divorziate, o
separate, pare abbiano breve durata. Dopo un
periodo di passione, dopo un periodo di
attrazione e amore, ecco che subentrano le
prime difficoltà, si cominciano a notare i
difetti dell’altro, si comincia ad essere meno
disponibili verso l’altra persona e, dopo un po’,
il rapporto va a rotoli.
Perché? Perché sembra così difficile andare
d’accordo con gli altri? Forse è ancora più
importante chiedersi, perché è così difficile
andare d’accordo con noi stessi. Perché ci
amiamo così poco? Perché non ci vogliamo
bene?
Una cosa importante, che forse non tutti
sanno, è che se non ci amiamo, è assai difficile
299
trovare qualcuno disposto ad amarci.
La causa di questo problema l’abbiamo
analizzata in un capitolo precedente, dove
abbiamo visto cosa ci differenzia da tutti gli
altri mammiferi. È il Sé mentale, che con la
spinta verso l’individualizzazione e la
razionalità ha spesso tagliato i ponti con il Sé
istintivo, mettendo in secondo piano la
socializzazione, obiettivo del Sé istintivo,
rispetto all’obiettivo del Sé mentale, che è
l’individualizzazione e la razionalità.
Qualche giorno fa un’amica, Luigina, ha
pubblicato su facebook un bellissimo passo di
Jung che parla di sé stesso bambino:
“Amavo tutti gli animali a sangue caldo, che
hanno un’anima come la nostra e con i quali - così
pensavo - ci comprendiamo d’istinto, perché essi
sono così vicini a noi e partecipano della nostra
ignoranza. Siamo accomunati ad essi da gioia e
dolore, amore e odio, fame e sete, paura e fiducia -
da tutti gli aspetti essenziali dell’esistenza, ad
eccezione della parola, di un’acuta coscienza, della
scienza. E sebbene, come tutti, ammirassi la scienza,
capivo anche che da essa nascevano l’alienazione e
300
l’aberrazione dal mondo di Dio, e che essa
provocava una degenerazione dalla quale gli
animali erano immuni: gli animali erano cari e
fedeli, immutabili e degni di stima, ed era negli
uomini più che mai che avevo sfiducia.”
Osservate attentamente le parole che usa e
vedrete come calzano perfettamente con
quanto stiamo dicendo. Dice Jung: “Amavo tutti
gli animali a sangue caldo, che hanno un’anima
come la nostra e con i quali - così pensavo - ci
comprendiamo d’istinto, perché essi sono così vicini
a noi e partecipano della nostra ignoranza. Siamo
accomunati ad essi da gioia e dolore, amore e odio,
fame e sete, paura e fiducia - da tutti gli aspetti
essenziali dell’esistenza…” ricordate che abbiamo
detto che da bambini siamo soprattutto Sé
istintivo, perché il Sé mentale è ancora in via
di sviluppo e siamo, quindi, animali
emozionali ed istintivi, così come tutti i
mammiferi. Jung dice che amava tutti gli
animali che hanno un’anima come la nostra,
come quella di un bambino. Ci
comprendiamo d’istinto, esattamente come
fanno tutti i Sé istintivi. Siamo accumunati ad
essi da gioia e dolore, amore e odio, paura e
fiducia. Siamo accumunati, cioè dalle
301
emozioni, che sono l’elemento attraverso il
quale il Sé istintivo si esprime.
“...ad eccezione della parola, di un’acuta
coscienza, della scienza. E sebbene, come tutti,
ammirassi la scienza, capivo anche che da essa
nascevano l’alienazione e l’aberrazione dal mondo
di Dio, e che essa provocava una degenerazione
dalla quale gli animali erano immuni: gli animali
erano cari e fedeli, immutabili e degni di stima, ed
era negli uomini più che mai che avevo sfiducia.”
E qua notiamo proprio ciò che distingue il
mammifero umano dagli altri mammiferi: il
Sé mentale molto più sviluppato. Quella
coscienza che gli permette di usare la parola e
la scienza, anziché l’istinto. Jung riconosce
come sia dalla scienza che nasce l’aberrazione
dal mondo di Dio, come sia la scienza a
provocare una degenerazione dalla quale gli
animali sono immuni. Il grande Psicologo
svizzero arriva a sostenere di avere più
sfiducia negli uomini.
In realtà non è la scienza la causa dei
drammi dell’umanità, perché, se vogliamo
essere onesti, la scienza ha portato benefici
enormi ed inimmaginabili all’essere umano.
Ciò che ha prodotto danni gravissimi, danni
302
che richiederanno generazioni per essere
riparati, non è la scienza, ma il distacco del Sé
mentale dal Sé istintivo. Se tutte le scoperte
scientifiche, se tutta l’evoluzione portata dal Sé
mentale fosse stata equilibrata dal Sé istintivo,
tutti i guai in cui ci troviamo oggi, non
sarebbero mai esistiti.
Il guaio del Sé mentale è che è freddo e
razionale e, se non è equilibrato ed in sintonia
col Sé istintivo, può creare danni enormi alla
singola persona, ma, soprattutto, all’intera
società.
In un capitolo precedente abbiamo descritto
come la prima causa dei problemi dei
mammiferi umani nella società occidentale è
il distacco dalla mamma, dopo il parto.
Abbiamo detto che il cucciolo, appena nato,
non sa di esistere come soggetto a sé stante, è
completamente identificato con la mamma. La
mamma dei mammiferi che vivono in libertà,
tiene il cucciolo appiccicato al suo corpo, per
fornire tutto il calore necessario a ridurre al
minimo il trauma della nascita. È il cucciolo,
quando sviluppa i sensi e si accorge di essere
qualcosa di diverso, quando è spinto
istintivamente a conoscere le cose che lo
303
circondano che lascia la mamma, in modo
maturo e sano. Quella, abbiamo detto, è
maturità emotiva.
Chi ha organizzato gli ambienti dove sono
ricoverate le mamme ed i nascituri dopo il
parto, sicuramente aveva un Sé mentale
evoluto. Giustamente, si è preoccupato della
salute dalla mamma e del neonato, e ha deciso
che il bimbo, appena nato, deve stare in un
ambiente sterile, lontano dalla mamma.
Quella persona, magari un uomo, non
conosceva l’istinto della mamma di tenere il
bimbo appena nato accanto al suo corpo,
come sanno di fare tutte le femmine di
mammifero.
Quella persona non aveva minimamente
coscienza di cosa poteva provare quel
bambino. A lui interessava solo di evitare
rischi di malattie. Pensava solo razionalmente.
Pensava di avere fatto del suo meglio. Non era
affatto consapevole dei danni che stava
producendo. Risultato: oggi la gran parte dei
bambini vengono allontanati dalla mamma
subito dopo il parto, e nei loro Sé istintivi si
crea subito la credenza: chi amo, mi
abbandona.
Bastava poco per salvaguardare la salute del
bimbo e della mamma e,
304
contemporaneamente, permettere quel
contatto fisico tra mamma e nascituro che è
così importante per la sua salute psichica.
Bastava impostare diversamente i reparti post
parto degli ospedali. Certo, nel caso di parto
prematuro è evidente che l’incubatrice è
fondamentale, ma in tutti gli altri casi si
sarebbero potuti evitare un sacco di traumi
inutili. La speranza è che qualcuno se ne renda
conto e provveda per il futuro.
Dopo qualche giorno, la mamma torna a
casa col bambino e, per quanto possibile, si
dedica a lui. Purtroppo, però, anche il Sé
mentale della mamma non è così “sano”.
Certo, è sicuramente molto più in contatto col
suo Sé istintivo, rispetto al Sé mentale di un
uomo. Ma la nostra società, guidata per troppo
tempo dagli uomini, ha fatto di tutto per far
perdere anche a loro quel contatto forte con la
componente istintuale della vita. E così, se
anche la mamma ha subito traumi da
abbandono durante l’infanzia, o ha altre
credenze limitanti, come il bisogno di
dimostrare il suo valore, a scapito, del proprio
benessere, ecco che il suo comportamento
avrà perso moltissimo della sua istintività
305
naturale.
Una volta, una mamma sapeva esattamente
cosa fare. Sapeva istintivamente come
comportarsi col suo cucciolo. Non aveva
bisogno di corsi preparto o post parto. Tutto
fluiva con la massima spontaneità e
naturalezza. Tutto era guidato dall’istinto,
infallibile, del Sé istintivo.
Ora purtroppo non è più così. La società,
guidata da uomini, ha fatto sì che anche le
mamme perdessero molto di quel contatto
fondamentale col Sé istintivo, contribuendo
così a creare tanti piccoli traumi che
influiranno poi, sullo sviluppo maturo del
bambino.
Pensiamo soltanto al fatto che dopo il parto
il periodo in cui la mamma può rimanere a
casa dal lavoro è di soli tre mesi, mentre il
bambino avrebbe bisogno della presenza fisica
della mamma per almeno due anni. Vi
ricordate la storiella del bambino che deve
essere trattato come un re fino a tre anni,
come un principe fino a otto anni e, poi, come
un guerriero fino all’adolescenza?
Allontanando la mamma dal bambino, si
alimenta il problema dell’abbandono, creando
306
traumi e insicurezze affettive che segneranno
poi la vita dell’adulto.
Una società sana, dovrebbe dare la massima
importanza al periodo di svezzamento dei
bambini, perché è l’unico modo per avere
domani una società formata da individui
emotivamente maturi.
Ma anche il Sé mentale della mamma può
essere condizionato dalle esperienze infantili,
e avere perso, parzialmente, il contatto col Sé
istintivo.
Il desiderio di tornare a lavorare subito dopo
il parto, non tanto per un reale bisogno di
guadagno, ma spesso per la propria carriera o
gratificazione personale, è il tipico esempio di
un Sé mentale che ha perso il contatto con
l’istintività materna.
Il guaio è che viviamo in una società malata,
in cui il sopravvento esclusivo della tendenza
all’individualizzazione e al progresso ha creato
tutta una serie di falsi obiettivi e meccanismi,
anche legislativi, che contribuiscono, sempre
di più ad allontanarci dalla nostra istintività. È
una visione grandemente miope, i cui risultati
già si vedono, ma che potrebbe portare a
danni ancora peggiori, se non interverrà l’Io
307
con la sua saggezza, a riportare equilibrio
dentro di noi.
Tutto, dagli ospedali, agli asili, alle scuole,
fino al mondo della politica e del lavoro, è
frutto della esclusiva razionalità del Sé
mentale. Il Sé istintivo è stato sempre di più
messo da parte, e l’Io, purtroppo, continua a
dormire.
Non stiamo dicendo che la donna deve
tornare a fare la casalinga, ci guardiamo bene
dal fare una simile affermazione, stiamo solo
dicendo che la donna ha la possibilità di essere
la migliore delle mamme e,
contemporaneamente, se lo desidera,
realizzarsi nella società secondo i suoi
obiettivi. L’importante è ripristinare il corretto
equilibrio tra Sé istintivo e Sé mentale, così
che i bambini non siano le vittime designate
del sopravvento del Sé mentale sul Sé istintivo.
Non stiamo neanche dicendo che la mamma
deve viziare i bambini. Molte mamme, infatti,
sostengono che stare troppo con i bambini,
appagare ogni loro richiesta, alla fine porta ad
un bambino viziato, che pretenderà sempre
308
che ogni sua richiesta sia soddisfatta dalla
mamma.
Non deve essere affatto così. Trattare un
bambino come un re fino ai tre anni, non vuol
dire diventare suoi schiavi e obbedire ad ogni
sua richiesta. Significa comprendere che il
bambino, fino a tre anni, sta sviluppando la
maturità emotiva. Sta rendendosi conto di
essere qualcosa di diverso dalla mamma, e ha
bisogno che la mamma sia sempre presente
quando ne sente il bisogno, per colmare quel
vuoto che nasce al momento del parto. Se il
bambino sente la mamma sempre presente,
come accade per il leoncino di cui abbiamo
parlato, ha il tempo per maturare la
consapevolezza di essere qualcosa di separato
da lei. E di rendersi conto, piano piano, coi
suoi tempi, che può stare bene anche senza di
lei.
A quel punto si sarà sviluppata quella
maturità emotiva che gli permetterà di vivere
una vita sociale ed affettiva piena e matura.
Questo vuol dire trattare un bambino come
un re. Non certo diventare i suoi schiavi, ma
essere presenti ad ogni suo bisogno.
Non vuol dire neppure che se a tavola il
bambino vede un coltello e lo chiede, bisogna
per forza darglielo. Quella non è saggezza. Una
309
mamma in contatto col Sé istintivo, sa come
portare l’attenzione del bambino su altro,
senza essere accondiscendente, e neppure
dura...
Essere presenti, non vuol dire neppure
riversare sul bambino tutto il bisogno di
amore di una mamma che non si sente
affettivamente appagata. Questo creerebbe
solo danni e un legame che poi potrà
sciogliersi solo con dolore. Ecco perché
sarebbe auspicabile che una donna, prima di
essere mamma, possa divenire consapevole
della propria maturità emotiva e del suo
bisogno di amore, ed eventualmente
intervenire per guarire il suo Sé istintivo, così
che possa supportarla poi a diventare una
mamma matura e naturale.
Quando descrivo le problematiche che può
vivere un bambino nel suo rapporto con i
genitori, porto l’esempio peggiore perché
risulti il più comprensibile. Per fortuna, non è
sempre così, ci sono tanti genitori che hanno
saputo dare amore e autostima ai loro figli, e li
hanno cresciuti nel migliore dei modi.
310
Nella realtà abbiamo una scala di possibilità
che vanno dalla situazione idilliaca di un
bambino che ha avuto genitori amorevoli e
responsabili ed è cresciuto con una grande
maturità emotiva e con sani valori morali, alla
situazione di un bambino che ha subito tanti
abbandoni, che è stato lasciato piangere per
ore, con una madre anaffettiva, un padre
assente, o rigido e cattivo. Un bambino che si
ritroverà con un Sé istintivo estremamente
insicuro, magari con una grandissima rabbia
dentro, un bambino che sarà incapace di
amare e di avere relazioni sociali sane e
mature.
Dunque, immaginiamo questo bambino, con
una mamma anaffettiva a causa della carenza
di amore e dei traumi a sua volta subiti.
Questo bambino comincerà ad accumulare
credenze del tipo: chi amo, mi abbandona.
Successivamente potrebbe pensare che non
viene amato per colpa sua. Magari gli
continuano a dire di stare buono, di fare il
bravo. Magari gli impediscono di giocare, di
urlare, di correre, espressioni normali per
qualsiasi cucciolo di mammifero. E così
potrebbe cominciare a pensare che non riceve
amore per colpa sua, perché è stato troppo
311
cattivo. Questo tipo di ragionamento è già del
Sé mentale, e possiamo così vedere come si
esprimono i conflitti tra Sé istintivo e Sé
mentale. Il Sé istintivo ha bisogno di
manifestare il suo bisogno di amore, prima
richiedendolo con gesti, poi col pianto.
Successivamente, se non viene appagato,
potrebbe cominciare a fare i capricci per
attirare attenzione, fino al momento in cui non
chiede più, perché ha imparato che, in ogni
caso, non riceverà ciò di cui ha bisogno.
Quel bambino, da adulto, potrebbe cercare
di compensare l’amore che non ha ricevuto
con una forma di dipendenza, che potrebbe
essere mangiare troppo, fumare, o desiderare
sesso con tante donne o uomini. Ecco allora
che il Sé mentale interviene con la critica ed il
giudizio: “fai i capricci”, “così non meriti
amore”, “mangi troppo”, “sei infedele”, “sei
cattivo e meriti una punizione”. Il Sé istintivo
a quel punto si sente ancora una volta criticato,
si sente in colpa e umiliato dal suo fratello
maggiore, il Sé mentale, che è diventato un
giudice severissimo.
312
14.1 IL SENSO DI COLPA
Quando il bambino continua a venire
ignorato, quando il suo bisogno d’amore viene
continuamente frustrato, quando, magari,
viene criticato ingiustamente, quando non gli
viene concesso di parlare, di esprimersi, dopo
il dolore, matura la rabbia.
È normale. È ovvio, è sano. La rabbia è un
comportamento naturale di qualsiasi animale
che viene continuamente ferito. Non esiste
animale al mondo che non reagisca in questo
modo. Non sarebbe un animale. Non sarebbe
un Sé istintivo.
Se fossimo solo mammiferi meno evoluti,
sicuramente non saremmo arrivati a questo
punto, perché non ci sarebbe mancato l’amore
di cui avevamo bisogno.
Immaginiamo però di essere mammiferi
poco evoluti, quindi con un Sé mentale poco
313
sviluppato e un Io assente, immaginiamo,
inoltre, di avere avuto genitori anaffettivi,
rigidi, ipercritici, magari genitori che ci
picchiavano, che ci impedivano di giocare, e
così via. Potremmo, magari ipotizzare un papà
particolarmente cattivo che urlava sempre in
casa, che ci sgridava anche se non avevamo
fatto nulla di male, magari litigava spesso con
la mamma e picchiava anche lei. Cosa
avremmo fatto? Semplice, appena avessimo
avuto la forza necessaria, gliela avremmo fatta
pagare. Magari lo avremmo anche ucciso.
Per un animale, è normale. Non è cosa
criticabile. Non si può giudicare. Avrebbe fatto
la cosa giusta, dal suo punto di vista, lo
avrebbe fatto, spinto dal suo istinto e dalle sue
emozioni. La rabbia si deve scaricare, è stata
creata per quel motivo.
Ma siamo animali evoluti e abbiamo un Sé
mentale e, soprattutto, un Io.
Quando viene continuamente umiliato,
abbandonato, criticato, non amato, il Sé
istintivo ha sicuramente pensieri di vendetta.
Anche se il Sé mentale li ha censurati, il
pensiero di desiderare un altro genitore al
posto del nostro, magari la mamma, o il papà,
314
della nostra amichetta, o del nostro amico, è
un pensiero più che naturale.
Ho avuto diversi clienti che hanno ammesso
di avere avuto il pensiero, da bambini, di
uccidere il papà, oppure di desiderare che il
papà non tornasse più a casa. Ritenete che sia
un pensiero così strano, o malvagio? No, è un
pensiero assolutamente naturale per un Sé
istintivo. Fa parte della sua natura. E criticarlo,
ci fa solo più male, perché il Sé istintivo si
sentirà non compreso e non accettato anche da
noi.
Non stiamo dicendo che dovremmo fare
quello che vuole il Sé istintivo, ci
mancherebbe altro. Una cosa è fare ciò che
vorrebbe, altro è comprendere le sue ragioni.
Il guaio, per l’essere umano è il conflitto che
si crea tra istinto liberatorio e naturale del Sé
istintivo e credenze del Sé mentale che dicono
che bisogna perdonare, essere buoni, e così
via.
Il Sé istintivo vorrebbe vendicarsi, ne ha
tutte le ragioni, e se nessuno gli spiega le cose,
col suo linguaggio, non quello mentale, ma
quello delle emozioni, lui si sentirà in diritto di
farlo, per lui sarebbe giusto così. E quella
315
convinzione, se non viene guarita, rimarrà nel
Sé istintivo anche da adulto, anche se repressa
e nascosta dal Sé mentale.
L’Io che si sta formando, non sa di avere un
Sé istintivo, non ha ancora la saggezza di
comprendere, è ancora poco sviluppato, sente
dentro di sé un istinto cattivo e, d’altra parte,
sente anche i giudizi e le credenze rigide del
Sé mentale, e dà ragione a queste ultime.
Cosa accade allora al Sé istintivo?
Ricordiamo che è una coscienza semplice, una
coscienza animale. Semplice, si sente non
compreso, non accettato, di più, si sente
giudicato, pensa di essere cattivo e così nasce il
senso di colpa.
Il senso di colpa è una delle ferite più
dolorose e più dannose per tutti gli esseri
umani, perché rispecchia uno dei conflitti più
grandi tra i vari sé che ci compongono. A
volte, è uno dei più difficili da sciogliere. Sono
moltissime le forme in cui si presenta il senso
di colpa, una delle più comuni è quella relativa
al senso di colpa per le nostre dipendenze.
Parleremo nel prossimo paragrafo di come i
vuoti affettivi del Sé istintivo possano
generare modelli di compensazione che
316
creano dipendenze, come il mangiare troppo,
il bere alcool, il fumare, ma anche il lavorare
troppo, o l’impulso irrefrenabile di comprare,
e così via.
In tutti questi casi, se l’Io non è
sufficientemente saggio, pur rendendosi conto
del problema che la dipendenza causa a sé o
agli altri, non comprendendo però i motivi
che l’hanno generata, si giudica, generando il
senso di colpa, che, anziché aiutare a risolvere
il problema, lo peggiora.
Quanti di noi non hanno mai provato,
almeno una volta, il senso di colpa per avere
mangiato troppi dolci, per avere abusato di
alcool, di sesso, di avere trascurato il partner o
i figli per troppo lavoro, di avere comprato
qualcosa che non ci serviva, e così via?
Quanti maschietti si sono sentiti dire: non
toccarti, se no diventi cieco? Ora è una battuta
che fa ridere, ma, quante ragazze e ragazzi si
sono sentiti in colpa per una spinta pulsionale,
assolutamente naturale del Sé fisico che stava
raggiungendo la maturità sessuale? In questi
casi, la rigida morale di molte religioni ha fatto
la sua parte. Se non ci fosse stata una cultura
religiosa ottusa, molto probabilmente un
317
genitore avrebbe considerato normale vedere
i propri figli toccarsi per scoprire il sesso.
Invece quella cultura, oltre ai sensi di colpa, ha
contribuito a impedire un libero sviluppo
della maturità emotiva, generando in
tantissime persone danni enormi e
contribuendo a far crescere una società
sessualmente repressa.
Quando un Sé mentale, nel suo processo di
sviluppo, si trova un Sé istintivo pieno di
dolore e rabbia, con genitori rigidi e anaffettivi
e così via, non riesce più a svilupparsi in modo
armonico e maturo.
Vivendo quelle esperienze che abbiamo
descritto nelle pagine precedenti, il Sé mentale
comincia a creare delle credenze limitanti del
tipo: non ricevo amore, quindi è colpa mia.
Sono stato cattivo e non merito amore.
Oppure impara a razionalizzare, a giustificare
con la ragione tutto ciò che vive. Impara a
bloccare le emozioni, impara la rigidità,
chiude tutti i ponti col Sé istintivo e si chiude
al dolore, al pianto, all’espressione delle
emozioni.
Come abbiamo già detto, anche la cultura
religiosa fa la sua parte: se non fai il bravo, non
vai in paradiso, se hai pensieri cattivi, andrai
318
all’inferno, e così via.
Per un bambino, queste sono paure
distruttive, diventano credenze limitanti che
mostrano il diavolo, là dove c’è un cucciolo di
animale ferito e bisognoso. Fanno vedere
come peccato quelle che sono reazioni
istintive sane, che chiedono solo di essere
accolte ed integrate.
I sensi di colpa e le paure del Sé istintivo
possono manifestarsi consciamente durante la
giornata, oppure anche nei sogni. Il sogno è un
momento in cui il Sé istintivo, libero dalle
strette redini del Sé mentale, si permette di
esprimere tutti i suoi contenuti. Sogni belli,
manifestano un Sé istintivo equilibrato e sano,
sogni brutti e incubi, manifestano un Sé
istintivo traumatizzato, un Sé istintivo chiuso
e bloccato, che magari non riesce ad esprimere
durante la veglia tutti i suoi contenuti.
Facciamo l’esempio di un ragazzo che per
mille motivi (ce ne potrebbero essere davvero
tanti) ha un cattivo rapporto col denaro. Ha
imparato che si fa fatica ad ottenerlo, che ce
n’è sempre poco, di conseguenza trova tutti i
modi possibili per risparmiare, magari
facendo anche il furbetto. In questo esempio
319
sono coinvolti sia il Sé istintivo che il Sé
mentale. Il Sé istintivo avrà dentro la paura di
non avere soldi abbastanza, invece il Sé
mentale imparerà tutti i trucchi per
risparmiare, dai più leciti a quelli meno leciti.
Supponiamo anche che quel ragazzo abbia
avuto anche un’educazione religiosa e abbia
appreso il senso del peccato. Anche tutto ciò
che riguarda l’aspetto religioso ha a che fare
col Sé istintivo e col Sé mentale. Però, mentre
per il Sé istintivo è più facile che rimanga
impresso il senso del peccato e la paura di
essere scoperto e punito, da Dio o dagli
uomini, per il Sé mentale, che è molto più
razionale e proteso al proprio beneficio
diretto, può essere che a un certo punto del
suo sviluppo prevalga il proprio interesse
piuttosto che i dettami della religione.
Se non avrà avuto modo di superare quelle
credenze e quei modelli di comportamento,
quel ragazzo, da adulto continuerà a ripeterli,
cercando di risparmiare soldi, entro i limiti
imposti dal suo Sé mentale. Potrebbe, ad
esempio fare il furbo e non pagare qualche
debito, o qualche tributo, anche se il Sé
istintivo potrebbe fargli sentire che non è
giusto, e magari provare paura di essere
scoperto e pagarne le conseguenze. Se il Sé
320
mentale è più forte e reprime le sensazioni del
Sé istintivo, queste potrebbero emergere con
un sogno durante la notte, in cui potrebbe
esprimere sia la paura di essere scoperto e sia
il senso di colpa per avere compiuto qualcosa
di scorretto.
Casi simili sono molto frequenti e tutti
denotano le modalità in cui i vari Sé, che sono
dentro di noi, entrano in conflitto a causa delle
esperienze vissute. Il senso di colpa è il più
eclatante ed è quello che, forse, contribuisce a
creare un baratro sempre più grande tra il Sé
istintivo ed il Sé mentale. Un baratro che porta
l’essere adulto a perdere contatto con gli istinti
più sani, un baratro che blocca l’espressione
delle emozioni, causando così anche malattie,
che con l’andare del tempo possono
degenerare in qualcosa di grave.
321
14.2 IL CORPO SUBISCE
In un precedente capitolo abbiamo già
accennato a come interagiscono le coscienze
del corpo (i Sé fisici, quelli delle cellule, di
ciascun organo e dell’intero corpo), quando
abbiamo visto come fa un certo organo a
segnalare al corpo il bisogno di un certo
nutriente di cui può essere carente. Ora
vogliamo entrare un po’ più nel dettaglio delle
interdipendenze tra i Sé, istintivo e mentale,
ed il Sé fisico.
Ricordiamo, prima di tutto, che il Sé fisico
ha come obiettivo solo la sopravvivenza del
singolo e della specie, quindi i suoi bisogni
sono elementari: sentirsi protetto, nutrirsi,
dormire, riprodursi.
Se non riceve input anomali, il Sé fisico è in
grado di proteggersi e difendersi da quasi tutti
gli agenti esterni che lo possono attaccare,
siano essi virus o batteri. Un corpo sano ha un
sistema immunitario molto potente, in grado
322
di contrastare i virus e i batteri presenti in
natura.
I problemi nascono quando il Sé fisico
comincia a ricevere input anomali, falsi segnali
di allarme, segnali contrastanti, o segnali errati
dal Sé istintivo.
Chi manda segnali al Sé fisico è il Sé
istintivo. Ricordiamo infatti che il Sé istintivo
è la coscienza che si sviluppa nell’animale non
appena, nel suo sviluppo, entra in contatto con
l’ambiente esterno. Il rapporto con l’ambiente
può determinare pericoli per la sopravvivenza
del corpo, per cui il Sé istintivo è colui che
percepisce gli eventuali segnali di pericolo e li
trasmette, immediatamente, al Sé fisico.
Nei capitoli precedenti abbiamo anche
imparato che il Sé istintivo vive di emozioni,
che le emozioni sono lo strumento che utilizza
il Sé istintivo per gestire tutti i rapporti sociali,
da quelli di amicizia e amore, a quelli di
attacco e fuga.
Sappiamo anche che tutto ciò che vive il Sé
istintivo si esprime attraverso il corpo, lo
possiamo osservare quotidianamente in noi
stessi. Se siamo felici, il nostro viso è
sorridente e tutti se ne accorgono, solo
guardandoci. Per converso, se siamo tristi, il
nostro viso è cupo, se siamo arrabbiati, lo
323
manifestiamo nei gesti, nella contrattura del
viso e così via.
Ma non finisce qui, vi è mai capitato di avere
paura? Dove sentite la paura? Molto
probabilmente la percepirete nella pancia,
potreste sentire un blocco nello stomaco,
oppure potreste sentire salire l’ansia.
L’emozione può influenzare il respiro,
l’alimentazione, la digestione, il sistema
urinario, e così via.
Tutte le emozioni che viviamo hanno
un’influenza diretta sul corpo e sui vari organi
influenzati da quell’emozione e, se le
emozioni sono di natura negativa e non
vengono opportunamente scaricate, a lungo
andare possono produrre malattie.
Ci sono scienze antiche che lo danno per
scontato, come l’ayurveda o la medicina
tradizionale cinese, ma oggi anche la scienza
occidentale sta sempre di più constatando lo
stretto legame esistente tra emozioni e salute.
La medicina tradizionale cinese, ad esempio,
spiega bene come la rabbia abbia un’influenza
diretta sul fegato. Questa influenza si
manifesta sia nelle persone estremamente
colleriche, cioè con un basso controllo del Sé
mentale e con un Sé istintivo forte e privo di
controllo, e sia nelle persone con un Sé
324
mentale molto forte, che reprimono la rabbia.
Queste ultime persone hanno un Sé mentale
più forte del Sé istintivo e, per motivi etici, o
anche per un senso di insicurezza, non
riescono a manifestare la rabbia che provano e
hanno imparato a trattenerla.
L’ansia che provano persone con un Sé
istintivo insicuro, ha un’influenza diretta sui
polmoni. In queste persone, il respiro tende ad
essere ritenuto, la respirazione poco profonda
e irregolare. L’ ansia, però, può interferire
anche con l’intestino, generando alla lunga
colite ulcerosa.
Anche il dolore può avere un’influenza sui
polmoni, mentre un Sé istintivo pauroso,
potrebbe generare problemi alla vescica. A chi
non è mai capitato di dover andare in bagno
prima di affrontare una prova di cui si aveva
paura?
Ci sono tantissimi esempi che possono
dimostrare la stretta influenza del Sé istintivo,
con le sue emozioni, sull’organo interessato
del Sé fisico, e se i problemi non vengono
affrontati e risolti, ne sarebbe danneggiato
l’intero organismo.
325
Entro i limiti normali, le emozioni non
causano alcuna malattia o debolezza nel
corpo. Tuttavia, quando sono così potenti da
diventare incontrollabili, tanto da sopraffare o
possedere la persona, oppure se sono
prolungate nel tempo, allora possono
provocare gravi lesioni agli organi interni e
aprire la porta alla malattia. Non è solo
l’intensità, ma anche la durata prolungata che
può provocare danni al Sé fisico. E non sono
neppure le emozioni di cui siamo coscienti ad
essere più pericolose. Per quanto mi è capitato
di osservare, sono assai più dannose quelle
emozioni di cui non ci accorgiamo neppure,
perché ci abbiamo fatto l’abitudine.
Quando abbiamo, ad esempio, un Sé
istintivo insicuro, è come se il Sé mentale
alzasse la soglia di attenzione, per cui vengono
percepite come normali le situazioni stressanti
che viviamo nella quotidianità. Ad esempio, se
ho difficoltà nei rapporti, il solo andare in
ufficio tutti i giorni è causa di stress, perché
comunque sarò costretto a rapportarmi mio
malgrado, con tutti i colleghi, anche con quelli
con cui mi trovo meno a mio agio, per non
parlare poi dei superiori.
Lo stress quotidiano, col tempo, diventa
326
un’abitudine, e passa quasi inosservato. Però a
livello ormonale, il Sé istintivo continua a
produrre quelle sostanze, come il cortisolo,
che, se non scaricate, alla lunga possono
diventare un vero e proprio veleno e intaccare
pericolosamente il corpo.
I bisogni del Sé fisico si ripercuotono,
ovviamente anche sugli altri Sé. Prendiamo
l’esempio del desiderio sessuale. Per qualsiasi
Sé fisico è qualcosa di naturale e sano, è un
bisogno imprescindibile e, ovviamente, il Sé
fisico trasmette questo bisogno al Sé istintivo
che cercherà di appagarlo andando alla ricerca
di un partner da attrarre. Ora se ci troviamo di
fronte un Sé istintivo sano e a un Sé mentale
maturo, questo bisogno del Sé fisico si
manifesterà come innamoramento, il processo
attraverso il quale il mammifero umano ha
scelto di procreare per continuare la specie,
che porterà ad un rapporto di coppia stabile e
duraturo.
Ma se ci troviamo di fronte ad un Sé
istintivo con traumi da abbandono, un Sé
istintivo che si è formato la credenza che chi
amo mi abbandona e mi fa star male, ecco che
le cose si complicano assai. Quel Sé istintivo
327
pur di non soffrire così tanto, farà in modo di
boicottare qualsiasi rapporto di coppia, e così
si sentirà al sicuro.
Quando però il desiderio sessuale del Sé
fisico, diventa troppo grande, succede una
cosa imprevista. Il bisogno del sé fisico è
primario rispetto alla paura del Sé istintivo.
Tutti i bisogni primari hanno un potere
maggiore di tutti gli altri bisogni. Così succede
che il Sé istintivo si sente invaso da qualcosa
che non può gestire e, miracolosamente, fa in
modo di attirare il partner giusto. Scatta
l’innamoramento. Tutto è bellissimo, tutto
l’essere è felice. Per sempre? Ma va! Fino a
quando? Semplice, fino a quando il Sé fisico
sente di avere appagato il suo bisogno
primario.
Durante la fase di innamoramento
l’individuo si accoppia più e più volte, finché
la spinta del Sé fisico si attenua e, guarda caso,
la paura del Sé istintivo di soffrire per un
nuovo abbandono torna fuori, torna più forte
del bisogno di accoppiarsi del Sé fisico. E
allora cosa accade? Accade che cominciamo a
vedere i difetti dell’altro. Cominciamo a
vedere come si comporta appena sveglio, e
notiamo alcune cose che cominciano a darci
fastidio. Le cose che non ci piacciono del
328
partner diventano sempre di più, finché
arriviamo al punto di rottura. O chiudiamo
noi il rapporto, o facciamo in modo di farci
lasciare. Ecco così che il Sé istintivo vince
sempre e l’Io e il Sé mentale, che magari
vorrebbero un rapporto stabile, tornano a
chiedersi perché non riusciamo a trovare il
partner giusto.
Ho fatto un esempio abbastanza semplice,
ma di problematiche relative all’interazione
dei diversi Sé, riguardanti la sfera affettiva, ce
ne sono tante. Tutte hanno un comune
denominatore: credenze limitanti, dovute ad
esperienze più o meno dolorose, vissute
nell’infanzia. Credenze limitanti che hanno
toccato il piano affettivo e appartengono al Sé
istintivo, oppure convinzioni, giudizi, che
appartengono al Sé mentale. In ogni caso
coinvolgono, direttamente, o indirettamente, il
Sé fisico.
Un discorso a parte andrebbe fatto sulle
malattie autoimmuni, quelle malattie per cui il
sistema immunitario comincia a pensare che
alcuni processi naturali del corpo siano
329
dannosi e li attacca.
Nelle malattie autoimmuni, il sistema
immunitario invece di difendere l’organismo
dalle aggressioni esterne, ne danneggia alcune
parti o tessuti. Le vittime prescelte dalle difese
immunitarie possono essere di vario genere, le
cellule del sangue, la pelle, i muscoli, le
articolazioni o i tessuti che rivestono e
compongono gli organi.
Il sistema immunitario è “un organo” del
corpo, e come tale ha una sua propria
coscienza che governa la sua funzionalità e il
suo sviluppo, all’interno del sistema corpo,
governato dal Sé fisico. Ora, perché mai una
coscienza, un’intelligenza quindi, dovrebbe
impazzire e ribellarsi per comportarsi al
contrario di quanto aveva il compito di fare?
La scienza non ha alcuna spiegazione a
riguardo, ma se vediamo il corpo come un
insieme di coscienze che interagiscono, ecco
che tutto potrebbe avere un senso. Pensiamo
solo ad una società di persone e proviamo a
vedere quante dinamiche si possono
instaurare in quella società. Sarebbe così
lontano il paragonare una malattia
autoimmune all’azione di terroristi kamikaze?
Eppure in una società esistono. La società è
stata in grado di produrli. Come? Non certo
330
per caso. Nulla avviene per caso. Un terrorista
kamikaze altro non è che il risultato di un
processo di ribellione verso qualcosa ritenuto
ingiusto. Quando, il soggetto, che poi diventa
kamikaze, non ha alcuna altra possibilità di
ribellarsi per eliminare l’ingiustizia subita, la
coscienza dell’individuo è accecata dalla rabbia
e, dimenticando tutte le regole sociali, fa del
male a sé e ai componenti della società.
Ho semplificato alquanto le cose, anche
perché non posso certo mettermi a scrivere un
trattato di sociologia, quello che mi preme
spiegare, è che non esiste pazzia, o perlomeno,
se anche fosse, si arriva a tanto solo come
forma di ribellione a un sopruso.
Ora, ciò che avviene tra individui in una
società, o tra diverse società che interagiscono
tra di loro, non è affatto diverso da quello che
avviene tra i vari Sé che costituiscono un
essere umano. Trattiamo sempre di
intelligenze. Anziché trattare di individui,
trattiamo di altri tipi di Sé, Sé di cellule, Sé di
interi organi, Sé del corpo, Sé istintivo e Sé
mentale. È sempre un’interazione tra
coscienze diverse, che, se si rispettano, se
vanno d’accordo, producono armonia, salute,
benessere. Se invece non si rispettano, non
vanno d’accordo, cercano di reprimere o
331
sottomettere le altre, allora producono
malessere, conflitti, guerre, kamikaze, che
sono le malattie autoimmuni.
Se avessimo la capacità di comprendere che
tutta la vita è un gioco di coscienze, dall’intera
popolazione mondiale, al singolo corpo, e se
avessimo la saggezza di comprendere le
dinamiche che governano l’interazione di
tutte queste coscienze, probabilmente
vivremmo in una società più matura e
abiteremmo un corpo più sano. Ma forse tutto
questo ha a che fare col risveglio della
coscienza dell’Io, ne parleremo nel prossimo
capitolo.
332
14.3 L’IDENTIFICAZIONE
Ritorniamo ancora ai nostri Sé intermedi, il
Sé istintivo ed il Sé mentale, e al loro sistema
di credenze, per analizzare l’identificazione,
una della cause maggiori di conflitto tra gli
individui.
Quando in casa si sente un padre lamentarsi
sempre del lavoro, del fatto che il denaro costa
fatica, del fatto che i soldi non bastano mai,
ecco che il Sé mentale prende questi continui
input come verità e, molto probabilmente, da
adulto si ritroverà a vivere le stesse esperienze
del padre.
La stragrande maggioranza delle
convinzioni su fede, politica, sport, razzismo,
gusti sessuali, gusti alimentari e così via,
nascono in famiglia, e sono estremamente
difficili da cambiare in età adulta, a meno di
333
procedere a un processo di trasformazione ed
integrazione. Prendiamo tutte quelle
convinzioni come qualcosa di scontato, di
naturale, senza accorgerci che inconsciamente
ci condizionano la vita. Molto spesso, poi,
queste convinzioni sono in conflitto con le
convinzioni, o i bisogni, del Sé istintivo, e così
i guai, le difficoltà si moltiplicano. Rischiamo
di vivere in guerra con noi stessi.
La corazza muscolare, quella tensione e
rigidità della muscolatura che spesso sentiamo
come contrattura, alle spalle, nella zona
lombare, e così via, è stata studiata prima dal
medico e allievo di Sigmund Freud, Wilhelm
Reich, e poi dal suo discepolo, Alexander
Lowen, fondatore della Bioenergetica. La
corazza muscolare si forma quando il Sé
mentale, a seguito di un’educazione rigida, o
del divieto di esprimersi, piangere, giocare,
blocca l’espressione delle emozioni. Il risultato
non è solo una muscolatura rigida, ma si crea
un blocco al fluido scorrere dell’energia nel
corpo che genera difficoltà nell’espressione
della propria personalità e della propria
sessualità.
Non sempre è così evidente, ma molto
334
probabilmente, in molti percepiamo che
dentro di noi qualcosa non va come
vorremmo. Quel qualcosa altro non è che un
conflitto tra i due Sé del mammifero umano.
Quando abbiamo un Sé istintivo
emotivamente maturo, quando abbiamo un Sé
mentale equilibrato e psicologicamente
maturo, siamo felici. Potremmo anche avere
un Io che dorme, ma saremmo comunque un
mammifero felice.
Invece ci troviamo con un Sé istintivo che
mangia troppo, beve, lavora troppo, spende
troppo, ha troppo bisogno di compagnia, o di
amore, e così via. E magari abbiamo un Sé
mentale che desidera l’automobile più bella,
che vuole guadagnare di più, che vuole la
donna più bella o l’uomo più forte. Un Sé
mentale che critica, che giudica, che si sente
superiore, o vorrebbe essere superiore.
Così come ci sono casi in cui si sviluppa un
Sé mentale forte e rigido, in altri casi, quando
in casa è mancata una sana e amorevole
disciplina, espressione di una matura
affettività, ci può essere un Sé mentale troppo
335
debole e vittima del Sé istintivo. Quello che
appare, in questi casi, è una persona che vive
in preda alle emozioni, una persona pronta a
soffrire in modo esagerato per qualsiasi
esperienza dolorosa. Una persona
estremamente sensibile anche per il dolore
degli altri. La sensibilità è una cosa molto
bella, ma quando ci coinvolge, quando stiamo
male per chi soffre, allora è sintomo di
qualcosa da guarire dentro di noi. Non
potremo mai aiutare davvero qualcuno se
prima non guariamo noi stessi.
Ripeto: un bambino andrebbe trattato come
un re fino a tre anni, come un principe fino a
otto anni e come un guerriero fino
all’adolescenza. Se non c’è stato uno sviluppo
equilibrato di queste tre componenti, avremo
come conseguenza, carenze o eccessi in uno
dei due Sé, istintivo e mentale.
Un Sé mentale carente si manifesta in una
persona vittima delle emozioni. Una persona
che non è in grado di controllarle, una persona
facile alle esplosioni di pianto o di rabbia, una
persona in balia delle dipendenze, di qualsiasi
tipo. Una persona incapace di controllarsi e
che rischia di attraversare la vita come una
nave senza timoniere ed in balia delle
336
burrasche.
Tutte le difficoltà che ci troviamo a vivere
da adulti, dipendono dalle esperienze vissute
nella nostra infanzia, perché è in quel periodo
che si è formata le stragrande maggioranza,
per non dire la totalità, delle nostre credenze
limitanti.
Le credenze, tutte le credenze, positive e
negative, altro non sono che convinzioni, che,
con un altro nome, potremmo chiamare
abilità, o disabilità. Come abbiamo già detto,
queste convinzioni si formano in 4 modi:
• 1. Anche un’unica esperienza, ma con una
forte carica emotiva
• 2. Tante esperienze ripetute, anche con
carica emotiva bassa
• 3. Ricalco di modelli di comportamento
• 4. Esperienza diretta teorica o pratica
Come ci troviamo nella nostra relazione
sentimentale? Siamo single? Siamo entrati da
poco in un rapporto di coppia e speriamo sia
quello giusto… dopo tanti fallimenti? Siamo
sposati, ma non appagati? Rimaniamo in
coppia per i figli?
337
Oppure, qual è il nostro rapporto con i figli,
siamo pienamente soddisfatti? Oppure non
studiano abbastanza, fanno i capricci? Si
ribellano e non obbediscono? Siamo
preoccupati per le compagnie che
frequentano? Sono educati con noi e con gli
altri?
E al lavoro, come andiamo? Siamo felici di
andare al lavoro? È l’occasione per esprimere
tutto il nostro potenziale? O ci andiamo per
forza? Ci andiamo solo per poter ricevere lo
stipendio mensile? Che rapporto abbiamo con
il denaro?
Qual è il nostro rapporto con la salute? E con
la nostra autostima?
Sappiamo esprimere tutto il nostro
potenziale? Siamo autorevoli, o autoritari? O
siamo bloccati nell’esprimerci?
Sono tante le domande che potremmo farci,
e qualsiasi risposta non positiva evidenzia un
sistema di credenze limitanti che, quasi
certamente, deriva dalle esperienze vissute
nella nostra infanzia, al massimo fino ai 13
anni. Raramente accade che esperienze
successive siano determinanti per la
formazione di credenze, a meno di eventi
traumatici esterni, come un incidente d’auto.
Anche se può capitare, la stragrande
338
maggioranza delle credenze, soprattutto
quelle più significative, si formano nei primi
13 anni di vita.
Tutte le credenze limitanti, i traumi, i vuoti
affettivi, sono ciò che hanno impedito lo
sviluppo della maturità emotiva ed il mancato
raggiungimento della maturità emotiva e
mentale fa sì che l’essere umano rimanga
intrappolato nelle identificazioni.
Negli altri mammiferi, l’animale adulto che
vive libero nel suo territorio, vive di
identificazioni, ma le sue sono identificazioni
sane. L’ultima identificazione è quella con la
sua specie, che gli fa riconoscere amici i
mammiferi come lui, come prede gli animali
di cui si ciba, e come predatori altri animali
che lo vorrebbero mangiare. Ma tutte le sue
identificazioni, sono sane e mature.
All’inizio, il cucciolo è identificato con la
madre, e finché viene partorito, lui si sente
uno con la sua mamma, non sa di essere
qualcosa di separato.
Poi si identifica con la famiglia, perché così
si sente al sicuro. La famiglia è la cosa più
importante. Poi, quando è emotivamente
maturo si identifica col branco di cui è parte
integrante, e, nel caso sia un mammifero che
vive solitario, si identifica solo con gli esseri
339
della sua specie.
Per l’essere umano le cose, purtroppo, sono
diventate un po’ più complicate. All’inizio
anche lui si è identificato con la mamma, poi
con la famiglia, poi, durante l’adolescenza, con
il “branco” degli amici.
Superato quello stadio, un Sé istintivo ed un
Sé mentale maturi, dovrebbero esseri liberi
dalle identificazioni. L’essere umano, grazie
alla coscienza dell’Io dovrebbe avere
sviluppato la consapevolezza di far parte della
famiglia dell’umanità.
Le identificazioni, se da una parte sono uno
strumento indispensabile per lo sviluppo,
d’altra parte, per l’essere umano, sono
diventate la causa di tutti i conflitti.
Qual è il motivo per cui ci identifichiamo?
Ci identifichiamo perché non abbiamo ancora
una certa autonomia che ci permetta di
riconoscere il nostro potere personale e la
nostra capacità di sopravvivere al meglio
dovunque ci dovessimo trovare.
Il nascituro si identifica con la mamma,
perché non ha ancora una sua coscienza
340
sviluppata. Sente di far parte del corpo della
mamma e si sente uno, sicuro e protetto nella
sua pancia. Il bambino si identifica nella
famiglia, perché non ha ancora raggiunto la
maturità, non è ancora in grado di
sopravvivere da solo e nella famiglia si sente,
ancora una volta, al sicuro. Sa che la famiglia
provvederà a lui, e si affida totalmente ad essa.
L’adolescente è cresciuto rispetto al
bambino, prima di abbandonare totalmente la
famiglia, prima di muoversi autonomamente
nella vita sulle proprie gambe, ha ancora
bisogno di sostegno, così si affida al gruppo di
amici. È con loro che fa le prime esperienze
che lo porteranno, tra poco, a condurre una
vita in piena autonomia.
Questa è la prassi naturale ed equilibrata del
processo di identificazione. Il problema è che
il cucciolo di essere umano, anziché
raggiungere la maturità in ciascuno degli stadi
sopra descritti, nascituro, bambino,
adolescente, subisce quei traumi di abbandono
di cui abbiamo trattato ampiamente, che
ostacolano il raggiungimento della maturità
emotiva. A cosa porta questa immaturità?
Porta l’individuo a non sentirsi mai totalmente
341
al sicuro, mai totalmente autonomo, a sentire
sempre un grande vuoto affettivo da colmare.
E in base al punto in cui si è fermato il
processo di maturazione, si formeranno altre
identificazioni. Tutte le identificazioni di
questo tipo, sono una cartina di tornasole che
ci dicono qual è il nostro grado di maturità
emotiva.
Non abbiamo motivo di identificarci con un
partito politico, non abbiamo bisogno di
identificarci con una religione, non serve
identificarci con una razza, o con una classe
sociale.
Una persona matura ritiene qualsiasi essere
umano, un individuo come lui. Il razzismo, ad
esempio, è una forma di grave immaturità che
manifesta un’insicurezza emotiva e la paura
del diverso. Non è a caso che i fenomeni di
razzismo esplodono durante i periodi di crisi
economica, quando chi ha paura di non
farcela, chi è più debole e insicuro, si affida al
gruppo di simili per combattere e isolare i
diversi, quelli che ritengono essere la causa dei
loro problemi di sopravvivenza.
342
Quando siamo emotivamente e
mentalmente maturi, non esiste più autorità,
questo non vuol dire essere anarchici. Significa
essere maturi. La polizia, ad esempio, ha un
compito preciso, quello di preservare l’ordine
e la sicurezza dei cittadini. Essere maturi
significa non averne paura, ma rispettare il suo
compito.
Lo stesso discorso vale per il capo ufficio,
per il presidente della repubblica, ma anche
per il medico o, udite udite, anche per
qualsiasi autorità religiosa.
Se siamo emotivamente immaturi, abbiamo
invece paura di questa o quell’autorità. Non ci
sentiamo all’altezza, ci sentiamo inferiori,
quasi dei bambini.
Siamo abituati a credere a tutto ciò che ci
viene detto da un’autorità. Da bambini i
genitori sono la massima autorità e ciò che
dicevano, per noi era legge. Poi venivano gli
insegnanti, gli altri parenti, i preti, i medici e
così via.
Vi è mai capitato di dover andare dal
medico per qualche problema e di pendere
dalle sue labbra in attesa del responso sulla
vostra malattia? Quando siamo dal medico il
Sé mentale quasi sparisce, l’Io dorme di suo e
rimane solo il Sé istintivo che, in alcuni casi,
343
aspetta terrorizzato il verdetto.
Moltissimi medici, purtroppo, non sono
coscienti dell’importanza che hanno le loro
parole. Non ne sono coscienti perché non
conoscono l’Io, il Sé mentale, ed il Sé istintivo.
Sono convinti di parlare a una persona, punto
e basta. Invece non è così, e non è raro il caso
di persone che peggiorano, o migliorano, la
loro malattia a causa di ciò che il medico ha
detto loro.
Nell’analisi delle influenze dei vari Sé nella
nostra quotidianità, non abbiamo quasi parlato
dell’Io. Ne parleremo nel prossimo capitolo,
ma quando parliamo di problemi, l’Io è quasi
sempre assente. Dorme, e non è affatto facile
riconoscere la sua esistenza.
Viviamo per oltre il 95% del tempo in modo
automatico e ci siamo così identificati con il Sé
mentale, che raramente ci rendiamo conto di
avere un Io. Ci accorgiamo che qualcosa non
va solo quando stiamo pensando troppo,
quando siamo troppo mentali e vorremmo un
poco di pace.
Uno dei modi per comprendere come
realmente siamo è la meditazione. Avete mai
provato a meditare? Fatelo. All’inizio, appena
344
vi sedete comodi, potete notare le tensioni
muscolari. A volte sono particolarmente
evidenti nel collo, nelle spalle e nella schiena.
Ci sono esercizi specifici per rilassare i
muscoli e vi rendete conto di averli rilassati
quando vi si apre la bocca, esattamente come
quando vi addormentate seduti. Quello è uno
dei segnali che vi dice che il corpo è rilassato.
Se poi state vivendo un periodo di stress è
facile notare le emozioni del Sé istintivo.
Ancora più facile è notare emozioni forti,
come la rabbia. Se avete da poco litigato con
qualcuno, è immediatamente riconoscibile
l’emozione che emerge forte, più forte dei
pensieri. Esistono pratiche che aiutano a
rilassare anche le emozioni e quando il Sé
istintivo si placa, ecco che possiamo osservare
la mente. Non è facile, perché siamo così
identificati con essa che pensiamo di essere
noi a pensare, soprattutto per le persone che
non sono abituate a pensare lucidamente. Ma
se fate un poco di esercizio, se vi date il
comando di non pensare a nulla, ecco che vi
rendete conto che il pensiero emerge senza la
vostra volontà. E difficilmente riuscirete a
rimanere più di qualche secondo con la mente
vuota. Questo esercizio però è importante
perché vi permette di riconoscere senza
345
ombra di dubbio le tre coscienze che
convivono in noi. Sono strettamente connesse
per cui non è così semplice osservarle durante
la giornata. Ad esempio, se consciamente
decidete di pensare a qualcosa, state
utilizzando il Sé mentale, ma siete voi al
comando. È come quando muovete un braccio
per fare un certo gesto, come salutare
qualcuno. In quel momento l’Io ha preso il
controllo del corpo con la sua volontà. Ma
subito dopo avere fatto il saluto,
probabilmente lascerete il controllo dei
muscoli del braccio, che verrà mosso dalle
dinamiche del Sé istintivo, senza che neppure
ve ne rendiate conto.
Lo stesso vale per la mente razionale.
Quando vi “svegliate” per affrontare un certo
problema che vi sta molto a cuore, l’Io prende
il controllo ed utilizza l’organo mente ed il Sé
mentale è messo in disparte. Ma il vostro
controllo non durerà a lungo. Dopo poco
tempo, è facile che la coscienza dell’Io ritorni a
dormire, lasciando che il Sé mentale riprenda
il controllo della situazione e riprenda le
redini della vostra vita. Vi ricordate la frase di
Proust? “Viviamo di solito nell’abitudine, con il
nostro essere ridotto al minimo. Le nostre
facoltà giacciono addormentate sui guanciali
346
dell’abitudine, essa sa cosa c’è da fare e non ha
bisogno di loro”. È così, l’animale uomo è un
animale evoluto, in grado di costruire
grattacieli, in grado di fare qualsiasi sport,
qualsiasi lavoro, di guadagnare un sacco di
soldi, di scrivere libri, di vivere rapporti
affettivi più o meno belli. Perché mai
dovrebbe avere bisogno dell’Io?
Un’altra considerazione che faccio spesso
durante i seminari è che in effetti i veri
padroni del nostro corpo sono il Sé istintivo ed
il Sé mentale. Questo benedetto Io non si sa da
dove sia venuto. Si è insediato nel corpo e
vorrebbe prenderne possesso, ma col 5% di
coscienza fa ben poco. E l’animale uomo
continua a vivere indisturbato, o quasi, dalla
sua presenza. Quando pensiamo siamo
convinti di pensare, quando siamo arrabbiati
siamo convinti di essere arrabbiati e lo stesso
quando abbiamo un dolore in qualche parte
del corpo. Ma se impariamo a conoscerci,
possiamo divenire coscienti di quella parte di
noi che può osservare la rabbia, senza essere la
rabbia, può osservare i pensieri, senza essere la
mente, e così via.
Quando diciamo che siamo governati dal Sé
347
istintivo e dal Sé mentale per il 95% del tempo,
vogliamo dire che tutti gli esseri umani
vivono, chi più e chi meno, in questa
situazione. Non vale solo per noi, vale anche
per tutti, i politici, i capi di stato, i magistrati, i
preti e capi spirituali di tutte le religioni.
Tutti, anche le persone con una grande
capacità razionale e logica. Ma questa mente
razionale non è l’Io.
Lo so che molti si sentiranno sconvolti da
tale affermazione, siamo così abituati a
dormire ed essere totalmente identificati col
Sé mentale, che ci sembra impossibile che non
siamo noi.
Eppure l’Io è ben altro. L’Io è colui che si
chiede: chi sono io? Perché sono al mondo?
Questo è l’Io. L’Io non potrebbe mai
appartenere ad una religione perché
appartenere ad una religione significa negare
le altre e il senso di identificazione e giudizio
appartengono solo all’animale umano, non
all’Io
348
14.4 È ANCORA L’UOMO ILSESSO FORTE?
Volevo affrontare in questo capitolo un
argomento che mi interessa molto, quello dei
cambiamenti in atto in quello che è sempre
stato il sesso forte.
Non entrerò troppo nei dettagli, lascio
questo compito ai sociologi. Vorrei solo
cercare di far emergere i cambiamenti sociali
che occorrono nella nostra civiltà, guardandoli
attraverso lo sviluppo delle coscienze del
mammifero umano, il Sé istintivo ed il Sé
mentale.
Ciò che è possibile notare in questi anni è
che l’uomo pare stia perdendo gran parte del
suo potere nei confronti della donna. Se
questo potere resiste negli ambiti più
professionali, quali quello economico,
finanziario, politico, è, invece, molto più facile
349
notare un incremento dell’insicurezza degli
uomini nei confronti delle donne, quando
analizziamo il campo affettivo.
Per provare a comprendere come si sia
potuti arrivare ad un cambiamento nei
rapporti di forza così evidente, cerchiamo di
seguire, passo passo, lo sviluppo del Sé
mentale nell’essere umano.
Ci troviamo in quel momento
dell’evoluzione della razza umana in cui il Sé
istintivo è perfettamente sviluppato e sta per
iniziare lo sviluppo del Sé mentale. Mentre la
donna si occupa della famiglia e della crescita
dei figli, è l’uomo che deve occuparsi del
sostentamento. Questo significa dover usare
nuovi strumenti per catturare le prede, nuovi
attrezzi per lavorare la terra, nuove armi per
difendersi dagli aggressori. Questo tipo di
sforzo è richiesto al Sé mentale, che, attraverso
la logica, la razionalità ed il pensiero, arriva ad
inventare tutti gli strumenti di cui ha bisogno.
Ed è così che, mentre la donna continua a
vivere in armonia col Sé istintivo, che
ovviamente si sviluppa al meglio, l’uomo
350
inizia a sviluppare di più il Sé mentale.
Questo tipo di sviluppo, ricordiamocelo, è
uno sviluppo di coscienza che per esprimersi
nella materia deve avere un corrispondente
incremento del supporto fisico attraverso il
quale la coscienza si manifesta.
È così che comincia a differenziarsi il
cervello della donna rispetto a quello
dell’uomo. Sulla spinta di tale bisogno, il Sé
mentale dell’uomo ha fatto sì che il cervello si
evolvesse per fornire quella quantità di
neuroni necessaria, in quella determinata zona
dell’encefalo, per fare in modo che l’animale
uomo riuscisse a compiere al meglio i propri
compiti.
Più il Sé mentale si sviluppa, e più idee
arrivano. Più idee arrivano e più l’uomo cerca
di concretizzarle, utilizzando capacità logiche
e di pensiero e di conseguenza, facendo
crescere sempre più velocemente il suo Sé
mentale. Ma più si sviluppa il Sé mentale e più
si accentua la corsa verso l’individualizzazione
ed il potere personale, che sono l’obiettivo del
Sé mentale, a scapito dell’empatia. È questa
distorsione che ha portato l’uomo al desiderio
di conquista, desiderio che è stato motivato sia
351
dal benessere della propria tribù, ma anche
come l’espressione del proprio potere
personale. Tutti i grandi condottieri, tutti i
grandi conquistatori avevano un Sé mentale
estremamente sviluppato. L’ambizione
esasperata, altro non è che un’espressione di
un forte Sé mentale.
La differenza di sviluppo dei due Sé,
istintivo e mentale, ha fatto sì che la
superiorità ed il predominio nei confronti
della donna, diventasse sempre più evidente e
radicata.
In questa ipotesi quindi, più che i geni, sono
le credenze a determinare la realtà fisica,
come abbiamo ampiamente trattato nel
capitolo sul Sé fisico. Quindi le differenze tra
il cervello dell’uomo e della donna, a mio
parere, non sono affatto determinate da una
realtà superiore, per cui deve essere così e
basta. Semmai queste differenze sono
maturate proprio in base alle rispettive
specializzazioni, per cui le coscienze del Sé
istintivo e del Sé mentale, in base ai loro
obiettivi e alle loro volontà, hanno favorito il
Sé fisico e il Sé dell’organo cervello, affinché
portassero quelle modificazioni nella materia
352
per permettere che i rispettivi obiettivi
venissero raggiunti al meglio.
La razionalità dell’uomo ha permesso di
accrescere ulteriormente il suo potere nell’era
industriale e post industriale, fino a disegnare
il quadro sociale degli anni 50, che i non più
giovani ben conoscono.
E piano piano arriviamo al momento in cui
il Sé mentale dell’uomo, da strumento di
potere nei confronti di quello che era
considerato sesso debole, comincia a diventare
un’arma a doppio taglio.
La razionalizzazione esasperata ha toccato
anche gli ambiti più legati ai sentimenti e
all’istinto animale del mammifero umano,
arrivando a negarlo per dare maggiore peso
alla fredda logica. Questo tipo di visione si è
espansa a tutti gli ambiti della ricerca e dello
sviluppo, dagli armamenti fino all’economia,
dalla finanza alla scienza, fino a toccare anche
la medicina.
Abbiamo già detto come questa visione
estremamente scientifica ha aiutato il
353
progresso e la possibilità di curare malattie un
tempo considerate inguaribili, ma ha anche
procurato non pochi guai, a partire dal fatto di
considerare il neonato come un bene privo di
coscienza, un bene che deve essere
salvaguardato solo ed esclusivamente dal
punto di vista scientifico e della sopravvivenza
fisica, dimenticando completamente l’aspetto
emozionale del mammifero uomo.
Abbiamo anche visto come il fatto di
allontanare il nascituro dalla mamma, è la
causa del primo grande trauma da abbandono,
Trauma che inizia a formare quella credenza
limitante che, se non risolta nell’infanzia,
potrebbe portare nell’adulto all’immaturità
emotiva e all’incapacità di amare o di essere
amato.
Con il potere che, piano piano, le donne si
sono conquistate, è iniziato a crescere sempre
di più anche il loro Sé mentale, in alcuni casi,
purtroppo, ancora a scapito del Sé istintivo.
Quest’ultimo squilibrio ha reso più difficile
per la donna il rapporto con i figli, nel caso
abbiano riversato su di loro tutto l’amore che il
marito faceva mancare a loro stesse, oppure
quando si sono trovate ad essere coinvolte,
354
spesso loro malgrado, nel processo produttivo,
a discapito del ruolo materno.
Il trauma da abbandono e da carenza di
amore è stato vissuto sia dai maschi che dalle
femmine, e questo lo vediamo perché
entrambi sono colpiti dalle tante
problematiche di conflitto tra Sé mentale e Sé
istintivo, ma, mentre le donne, grazie alla
maternità, sono comunque più in contatto con
la parte istintiva, l’uomo, che se ne è molto più
allontanato, si è trovato con un vuoto affettivo
più grande e difficile da gestire.
La maternità dà alla donna quel contatto con
la terra, quel senso pratico, che le permette di
affrontare con più forza e più coraggio anche i
traumi emotivi. Quando poi riesce a far
crescere il suo Sé mentale, ecco che assume la
capacità di affrontare il rapporto affettivo da
una posizione di maggiore autorevolezza
rispetto all’uomo.
L’uomo, invece, che è andato via via
perdendo il rapporto col Sé istintivo, si ritrova
completamente spiazzato. Ha raggiunto una
forte razionalità, ma, quando si tratta di gestire
355
un rapporto, che è basato in larga parte sul
rapporto fisico ed emotivo, ecco che non sa
più come muoversi. Non sa più gestire le
emozioni. Si ritrova un Sé istintivo con un
grande vuoto dentro, probabilmente è carico
di dolore, paura e rabbia repressi, e quando
diventano troppo forti rischia di esplodere.
Oppure è così spaventato da evitare i contatti
profondi per paura di subire l’ennesimo
abbandono.
Guai ad arrendersi, guai a lasciarsi dominare
dal Sé istintivo o dal Sé mentale. Come
abbiamo già affermato, entrambi sono vittime
delle esperienze passate, entrambi sono
riusciti a “sopravvivere” come hanno potuto.
Se vedessimo la vita da un punto di vista
spirituale diremmo che il Sé istintivo ed il Sé
mentale che ci ritroviamo sono lo strumento
che il Superconscio utilizza per farci vivere le
esperienze che ci servono, per farci affrontare
le lezioni che dobbiamo imparare. Detto in un
altro linguaggio, il Sé istintivo ed il Sé mentale
rappresentano il karma che dobbiamo vivere e
sciogliere in questa vita. E allora la strada è una
sola. Risvegliarci e diventare Maestri di noi
stessi. Risvegliarci e prenderci cura delle
coscienze inferiori per aiutarle, per guarirle,
per integrarle e per diventare un essere
356
umano, degno di questo nome.
357
14.5 INTRAPPOLATI TRAEMOZIONI E PENSIERI
Abbiamo visto in questo capitolo quante
problematiche possono sorgere a causa dei
conflitti tra i vari sé che ci compongono. In
ogni caso, Sé istintivo e Sé mentale, sono le
prime vittime. Noi, l’Io, ne subiamo le
conseguenze, ma solo come riflesso e solo
perché ci identifichiamo con le nostre
coscienze inferiori. La realtà è che siamo
qualcos’altro, e finché non prenderemo
coscienza di questa realtà, temo che le cose per
noi siano destinate a rimanere inalterate.
Le emozioni di dolore, di paura, di rabbia
che sono dentro di noi, l’ansia, il bisogno ed il
vuoto interiore, sono una calamita che
continuerà ad attirare la medesima realtà.
Questa è la legge di attrazione. Conta ben poco
il pensiero, perché consapevolmente
pensiamo per il 5% del tempo. Per il restante
95% ci governano pensieri ed emozioni
358
inconsce e sono quelle che vincono. Sempre.
Ne avevo parlato anche ne L’Inconscio per
Amico, l’interazione tra i vari Sé dentro di noi
potrebbe essere ben rappresentata anche dalla
metafora utilizzata da Gurdjieff per descrivere
l’essere umano: il corpo fisico è una carrozza, i
cavalli sono le emozioni (il Sé Istintivo), il
cocchiere è la mente razionale (il Sé mentale) e
l’Io è il proprietario e passeggero della
carrozza.
Nella situazione in cui si trova l’umanità
oggi, il proprietario se ne sta seduto nella
carrozza e dorme. Ogni tanto si sveglia, guarda
fuori e dice: ma dove cavolo sto andando?
Qualche volta si lamenta del cocchiere, troppo
severo coi cavalli. Altre volte si lamenta coi
cavalli che fanno le bizze e non lo lasciano
dormire, ma poi si mette comodo e si
riaddormenta.
Così, se il cocchiere non è abbastanza forte, i
cavalli fanno i loro comodi e si fermano a
mangiare tutte le volte che vogliono, o
corrono come pazzi, senza controllo. Se,
invece, il cocchiere è troppo rigido, terrà i
cavalli sempre con le briglie strette, senza
lasciare mai loro la possibilità di riposare o di
359
vivere un poco di piacere. Quel cocchiere terrà
i cavalli sempre al lavoro, così che non
facciano sentire le loro pulsioni. E il padrone,
dorme.
Cos’altro può fare? Il più delle volte non ha
l’energia sufficiente per restare sveglio, perché
l’energia viene tutta assorbita dai cavalli
imbizzarriti o dal cocchiere duro e rigido e,
senza energia, l’Io si addormenta, lasciando la
vita in balia delle emozioni o della mente
razionale.
Questo, purtroppo, è spesso il riassunto della
nostra vita. Quando eravamo piccoli non c’era
un Sé mentale in grado di comprendere le
esperienze che abbiamo vissuto. Le abbiamo
subite senza difesa. Avevamo solo il diritto di
essere amati, accuditi, compresi, ascoltati e
supportati e invece siamo stati abbandonati,
lasciati soli, sgridati e puniti ingiustamente,
umiliati, magari derisi, non supportati. E tutte
queste esperienze le ha subite il nostro povero
Sé istintivo, senza nessuno in grado di aiutarlo
e difenderlo. Tutto ciò che siamo non è perché
siamo nati sbagliati, o perché ci è capitato un
Sé istintivo antipatico. Siamo così perché ciò
che siamo è l’unico modo che il nostro Sé
360
istintivo e il nostro Sé mentale hanno trovato
per difendersi dalle esperienze vissute, e per
colmare quel vuoto d’amore che abbiamo
dentro.
Le dipendenze, gli scatti di rabbia, le ansie,
le paure, la nostra aggressività o insicurezza, la
nostra paura di amare o di essere amati che ci
fa fallire nei rapporti affettivi, non dipendono
dalla sfortuna, bensì sono una conseguenza
diretta, e più che prevedibile, di ciò che
abbiamo vissuto nella nostra infanzia.
Il nostro Sé istintivo è stato abbandonato,
maltrattato, umiliato dagli adulti quando
eravamo piccoli, e ora siamo noi a trattarlo
nello stesso modo. Tutte le volte che non ci
piacciamo, che ci odiamo per le nostre
reazioni inconsce, per quello che siamo, in
realtà stiamo umiliando ancora una volta lui.
Tutte le volte che ci critichiamo per la nostra
eccessiva razionalità, perché non siamo in
grado di vivere liberamente le nostre
emozioni, in realtà ce la stiamo prendendo
con il Sé mentale. Che non è un nemico, ma la
conseguenza di quello che ha appreso per
difenderci dal dolore che non riusciva a
gestire.
361
Se vogliamo guarire, se vogliamo cambiare
la nostra vita, è ora che ci assumiamo la
responsabilità di conoscere ciò che siamo, che
ci assumiamo il compito di essere maestri di
noi stessi per compiere quello che chiamo
processo di integrazione. Integrazione di tutti i
nostri Sé, così che tutti remino nella stessa
direzione, e non come ora, dove il Sé mentale
rema in una direzione per raggiungere un
obiettivo, il Sé istintivo, magari per paura,
rema nella direzione opposta, e forse l’Io sta a
guardare senza fare nulla.
Il Sé istintivo, per sua natura non ha grandi
bisogni. Un Sé istintivo sano, una volta che ha
appagato i bisogni primari, e cioè di sentirsi
amato, accolto, di sentirsi al sicuro, non ha
bisogno d’altro. Per sua natura, un Sé istintivo
sano, una volta appagati i bisogni primari è
docile come un agnellino e passerebbe il suo
tempo a dormire, a giocare, o a prendere il
sole, come farebbe qualsiasi leone della
savana. Non se lo sognerebbe neppure di
volere una Ferrari, un abito griffato, o cose
simili. Non mangerebbe mai più dello stretto
necessario e mai mangerebbe cibi che gli
fanno male. Così come non assumerebbe
alcuna droga o bevanda dannosa per
l’organismo, perché vivrebbe in un rapporto
362
armonico ed equilibrato con il corpo.
Ma il nostro Sé istintivo, purtroppo, non è
così sano, ha grandi vuoti affettivi dentro e
così cercherà per tutta la vita di colmarli con
delle dipendenze che gli consentono di non
sentire il grande dolore che ha dentro. Non è
cattivo, chiede solo di essere aiutato e
compreso. Non chiede altro.
Torniamo per un attimo alle teorie di cui
parlavamo all’inizio del libro. Ve le ricordate?
Pensiero positivo, legge dell’attrazione e fisica
quantistica. Ecco qual è il tassello mancante.
Ecco perché quelle tecniche sembrano non
funzionare per noi. Sì, magari ci hanno fatto
raggiungere qualche risultato, ma poi
torniamo come prima. Perché? Perché è
inutile che io pensi positivamente per 5 minuti
quando per tutto il resto del tempo il mio Sé
istintivo è convinto del contrario. È inutile che
faccia gli esercizi della legge di attrazione per
pochi minuti, quando per tutto il resto del
tempo il nostro Sé istintivo attira esattamente
il contrario di ciò che vogliamo.
Sì, noi pensiamo positivo ed attiriamo
positivo per il 5% del tempo, ma il nostro Sé
istintivo attira l’esatto contrario per il restante
363
95% del tempo. Secondo voi chi vincerà?
In queste dinamiche, l’Io, l’osservatore
rischia di essere devastato dal gioco delle
emozioni e del mentale. Soverchiato dalle
pulsioni del Sé istintivo e frastornato dai
pensieri ricorrenti del Sé mentale, l’Io non ha
più alcuna energia e si addormenta lasciando
che l’animale uomo conduca un’esistenza
povera e priva di una guida spirituale. L’uomo,
e la donna, del nostro esempio, se non hanno
imparato a conoscersi ed osservarsi, se non
hanno imparato a comprendere le dinamiche
delle coscienze che vivono in noi, si
sentiranno pienamente coinvolte nel loro
vissuto. Percepiranno i bisogni, il dolore, la
rabbia, come propri, sentiranno le critiche ed i
giudizi come propri, col risultato di non
sopportarsi più, col risultato di dire: io sono
fatto/a male, non combinerò mai nulla di
buono nella vita. Diranno: sono sfortunato/a,
dando magari la colpa ai propri partner, o alla
società, senza minimamente rendersi conto
che tutto è dentro di loro. Tutto, dalla causa
dei problemi, alla loro completa risoluzione.
Basta solo prendere una decisione. Basta che
l’Io si svegli, recuperi la saggezza, l’amore e
364
l’energia che ha in sé, e si rimbocchi le
maniche per cambiare quello stato di cose. La
felicità esiste, ed è alla portata di tutti. Sta solo
a noi conquistarla.
365
15. LA VIA DIINTEGRAZIONE E
GUARIGIONE
Vorrei iniziare questo importante capitolo
con un commento all’articolo pubblicato
sull’American Journal of Human Genetics
(Divergent Whole-Genome Methylation Maps
of Human and Chimpazee Brains Reveal
Epigenetic Basis of Human Regulatory
Evolution 24/07/2012) dai ricercatori del
Georgia Institute of Technology.
L’articolo parte dall’osservazione che
malattie come cancro, autismo e altre
patologie comuni nell’essere umano,
sembrano invece essere virtualmente assenti
negli scimpanzé.
L’approccio degli studiosi è puramente
scientifico e basato sulla genetica, accettiamo
quindi questo approccio, che valuteremo in un
secondo momento, perché non è quello il
concetto che intendo evidenziare.
366
Dunque, secondo quegli studiosi, non basta
quel 4 per cento di patrimonio genetico non in
comune tra l’essere umano e gli scimpanzé
per spiegare il fatto che questi ultimi
sembrano non ammalarsi. Gli studi effettuati
dimostrano che la diversa suscettibilità alle
malattie sarebbe imputabile ad un processo di
modifica dell’espressione genica definito
metilazione del DNA, che avviene in maniera
differente nelle due specie.
La metilazione è una modifica epigenetica
del DNA, altera cioè l’espressione dei geni
senza mutare il materiale genetico della
cellula, ed è per questo un candidato perfetto
per spiegare le grandi differenze fenotipiche
esistenti tra umani e scimpanzé nonostante un
genotipo quasi identico.
“Sono geni correlati, per esempio, alla sindrome
dello spettro autistico, a difetti del tubo neurale e a
dipendenze dall’alcol e da altre sostanze. ... e
suggerisce che un grande numero di malattie
umane, cancro compreso, potrebbero avere
un’origine evolutiva epigenetica”.
L’informazione importante che volevo
trarre da questo articolo è che gli scimpanzé,
ma ritengo che la stessa cosa valga per tutti gli
animali che vivono liberi nel loro ambiente,
senza la contaminazione dell’essere umano,
367
sembrano quasi esenti dalla gran parte delle
malattie che affliggono la razza umana.
Ora, se quanto affermato sopra vale per tutti
gli animali che vivono in uno stato
incontaminato dall’uomo, cosa differenzia
questi mammiferi dal mammifero umano? La
risposta è semplice ed è l’oggetto di gran parte
del libro: il Sé mentale.
Abbiamo affermato che negli altri
mammiferi il Sé mentale è ad uno stadio
primitivo, quindi il fenomeno
dell’individualizzazione è quasi inesistente.
L’animale vive quasi esclusivamente del Sé
istintivo e, di conseguenza, vive anche in
perfetta armonia tra Sé fisico e Sé istintivo.
Ne abbiamo già parlato nel capitolo
precedente, qui abbiamo anche una conferma
scientifica delle ipotesi avanzate.
Gli scienziati in questione, fanno bene a
cercare nei geni la spiegazione a questo
fenomeno, ma ciò a cui non rispondono è:
perché mai nell’essere umano ci sarebbe
questa differente metilazione del DNA? Da
dove ha origine? Cosa la provoca?
Perché se riuscissimo a dimostrare che
questa modifica epigenetica deriva da
368
qualcosa che ha a che fare solo con l’uomo
moderno, forse il puzzle risulterebbe più
completo. Bisognerebbe capire, ad esempio, se
la stragrande maggioranza delle malattie che
affliggono l’uomo moderno (cancro, malattie
autoimmuni, e così via) erano così diffuse un
migliaio di anni fa, quando il Sé mentale
dell’essere umano non aveva ancora raggiunto
il livello attuale di conflitto col Sé istintivo.
Facciamo un passo ulteriore. Senza
diventare esperti e scienziati, semplicemente
leggendo il Dizionario di Medicina 2010 della
Treccani, possiamo facilmente apprendere un
altro elemento fondamentale per il
ragionamento che stiamo facendo.
Dagli anni 80 tantissimi studiosi si sono
concentrati nella ricerca dell’interazione tra il
sistema nervoso ed il sistema immunitario. I
primi a dimostrare queste relazioni sono stati
gli immunologhi russi, seguiti poi da Hugo
Besedovsky e Robert Ader.
È grazie a loro che è nata una nuova scienza,
destinata ad avere un ruolo sempre più
importante nell’ambito delle scienze mediche:
la psiconeuroendocrinoimmunologia.
Questa scienza studia quindi tutte le
relazioni tra i sistemi nervoso, endocrino e
369
immunitario, relazioni che sono alla base
anche di diverse patologie.
Dal dizionario sopra menzionato possiamo
comprendere come lo stress possa aumentare
la predisposizione di un individuo
all’insorgenza di malattie autoimmuni,
infettive, neoplastiche, che in condizioni
normali, sarebbero combattute efficacemente
dal sistema immunitario.
Cos’è lo stress? È uno stato di tensione fisica
e mentale, una reazione di adattamento del
corpo ad uno stimolo esterno.
I fattori stressanti sono parte integrante della
vita di ciascun individuo (il traffico, lo studio,
il lavoro, i problemi dei figli, e così via). Questi
fattori sottopongono l’organismo ad una fatica
fisica e mentale, esigendo un continuo stato di
allerta per affrontarli. Ma se abbiamo un Sé
istintivo insicuro, è facile che l’individuo (ma
ora siamo in grado di attribuire ciò che accade,
non tanto all’individuo nella sua complessità,
ma ai singoli Sé) senta maggiormente
l’influenza di questi fattori stressanti sul
sistema nervoso, il quale reagisce
provocandogli estremo timore ed ansietà.
Timore ed ansietà sono emozioni del Sé
370
istintivo impaurito, e queste emozioni, se sono
prolungate nel tempo, ecco che debilitano il
sistema immunitario, che non sarà più in
grado di difendere efficacemente l’organismo
dalle malattie.
Perché abbiamo fatto questa premessa? Per
due motivi: il primo è una conferma
scientifica alle teorie avanzate nei capitoli
precedenti, ed il secondo perché nel titolo di
questo capitolo abbiamo usato il termine
guarigione. Vogliamo quindi chiarire per bene
cosa intendiamo con questo termine.
L’approccio che propongo:
INTEGRATIONWAY (abbreviato IWAY), non
è affatto una terapia. Me ne guardo bene. Se
abbiamo una patologia, in ogni caso, la prima
cosa da fare è andare da un medico, meglio se
un medico olistico, in grado di comprendere
quello di cui parleremo nelle prossime pagine,
ma pur sempre un medico.
Cosa abbiamo sostenuto nella premessa a
questo capitolo? Che la stragrande
371
maggioranza degli animali liberi non sono
soggetti alle nostre malattie. Abbiamo
osservato che ciò che differenzia l’essere
umano dagli altri animali è il Sé mentale.
Abbiamo anche compreso che un sistema
immunitario sano difende adeguatamente il
corpo dalla malattia. Abbiamo scoperto che
sono le emozioni non scaricate, una delle
cause principali della depressione del sistema
immunitario che non è più in grado di
difenderci. Sappiamo, inoltre, che le emozioni
sono patrimonio del Sé istintivo, e abbiamo
capito, infine, che i traumi, le credenze
limitanti, le problematiche del Sé istintivo,
sono dovute all’influenza abnorme del Sé
mentale sull’equilibrio armonico
dell’individuo. Vi ricordate che abbiamo
discusso questo argomento anche nel capitolo
precedente?
Ora, se il corpo è stato attaccato dalla
malattia, come ho sostenuto prima, è
fondamentale andare da un medico. Ma se la
causa della malattia è dovuta ad un deficit del
sistema immunitario che non è in grado di
proteggere adeguatamente il corpo, dovrò fare
in modo che il sistema immunitario funzioni
perfettamente.
372
D’altra parte, se il deficit del sistema
immunitario è dovuto a sua volta dallo stress,
cioè ad emozioni negative del Sé istintivo, è
evidente che non potrò ripristinarne il
corretto funzionamento se prima non avrò
modificato le emozioni di stress.
Infine, se le emozioni del Sé istintivo sono
dovute a credenze limitanti, causate dai nostri
genitori o da un conflitto col Sé mentale, è
evidente che se non risolverò alla radice questi
problemi, è facile che non riesca a guarire,
oppure, che la malattia, nella medesima
forma, o in forma diversa, ricompaia nella mia
vita.
È solo in quest’ottica che abbiamo usato il
termine “guarigione”. È assolutamente
necessario andare da un medico se non stiamo
bene, ma è altrettanto necessario
comprendere se la malattia deriva da qualche
conflitto interiore e da emozioni negative che
intaccano il nostro sistema immunitario.
Questa è logica, è puro buon senso. Questa è
maturità, è saggezza, è comprensione e auto
conoscenza. Questa è, anche, evoluzione.
373
Abbiamo visto nei capitoli precedenti come
si creano i disturbi ed i conflitti nel Sé istintivo
e tra quest’ultimo ed il Sé mentale.
L’approccio cui mi riferisco ha quindi
l’obiettivo di aiutare il Sé istintivo a sciogliere i
suoi traumi e le sue ferite interiori, aiutare il
Sé mentale ad eliminare le sue credenze
limitanti e a sviluppare maggiore saggezza, e a
ripristinare l’equilibrio armonico tra i due Sé.
Solo così il Sé fisico percepirà solo segnali
positivi attraverso le emozioni e, molto
probabilmente, riuscirà a ripristinare la
funzionalità del sistema immunitario e a
facilitare la salute del corpo.
Un’altra cosa che mi preme sottolineare è
che questo metodo è frutto di anni e anni,
prima di studio, e poi di sperimentazione, su
me stesso.
Penso che tutti coloro che studiano
psicologia, in un modo o nell’altro, sono spinti
a farlo anche per cercare di risolvere i propri
conflitti interiori. E ritengo anche che questa
spinta sia qualcosa di estremamente positivo,
dimostra che l’individuo che sceglie questa
strada, dà un grande valore al benessere
personale, alla propria maturità emotiva e alla
374
capacità di stabilire sane relazioni sociali.
Non mi sono iscritto ad una facoltà di
psicologia in Italia. Ai tempi della maturità
non avevo la capacità di comprendere che
quella era la mia strada, mi iscrissi invece a
Statistica, una materia di cui mi ero
innamorato l’ultimo anno delle scuole
superiori.
Solo dopo mi resi conto che i problemi di
autostima e le difficoltà nelle relazioni
avrebbero potuto essere risolti tramite un
approccio psicologico, così cominciai a
studiare di tutto. Lessi non so quanti libri di
psicologia, finché decisi di iscrivermi ad un
campus europeo della Jolla University, dove
conseguii un Master of Arts in Human
Behaviour, studiando con personaggi come
Paul Watzlawick ed Henry Laborit.
Descriverò più avanti come sono giunto a
creare il metodo IWAY, ora vorrei, invece,
concludere questa premessa con un altro
aspetto che riguarda il termine terapia.
Quella che ho messo a punto, è stata
un’autoterapia. Me la sono costruita da solo,
sperimentando, basandomi su altre tecniche,
come vedremo più avanti, ma, soprattutto,
375
ascoltandomi e fidandomi di ciò che sentivo e
dei risultati che, via via, riuscivo ad ottenere.
L’approccio che propongo è perciò una sorta
di autoterapia e come tale richiede due cose:
una sufficiente maturità emotiva, tale da
permettere di riuscire a guardare in faccia ed
accettare i traumi ed i dolori che abbiamo
subito durante l’infanzia, e una certa capacità
razionale, quella che consente di stabilire
normali e sani rapporti sociali.
Ci sono riuscito io, ci sono riuscite e ci
stanno riuscendo migliaia di persone che mi
seguono da anni, quindi ci può riuscire
chiunque abbia quei semplici requisiti di
lucidità di pensiero e capacità di accettare le
proprie emozioni.
Purtroppo non tutti sono così. Alcuni
possono trovarsi in momenti di particolare
difficoltà e vulnerabilità. In questi casi
suggerisco ad una persona che si sente troppo
debole, che fa fatica a gestire le proprie
emozioni, magari che soffre di depressione, o
che fa uso di psicofarmaci, di rivolgersi ad uno
psicoterapeuta. Magari che utilizza IWAY
come percorso, però è opportuno che sia
guidata, almeno nei primi passi, da una
376
persona formata e competente, che sappia
aiutarla a ricostruire le basi emotive e mentali
che la rendano in grado, in un secondo
momento, di proseguire autonomamente
nella propria strada di trasformazione.
Adoro il metodo che ho creato, e, credetemi,
non tanto perché l’ho messo a punto, quanto
perché è una via di consapevolezza, una via di
maturità, una via di evoluzione. Non ci sono
bacchette magiche, non ci sono pilloline
miracolose, c’è un percorso di crescita
interiore, un percorso guidato dal Maestro che
è in noi.
È per questo che mi rivolgo anche ai tanti
psicoterapeuti che desiderano di cuore aiutare
le persone. In alcuni casi, purtroppo, la pratica
del medico, del corpo, o della mente, viene
vissuta come un lavoro e i pazienti sono visti
come oggetti. In alcuni casi si applicano dei
protocolli senza ascoltare con il cuore la
persona che si ha davanti. È ovvio che tutti
questi sono i casi in cui l’Io dorme. Il medico,
lo psicoterapeuta, in questi casi, è totalmente
guidato dal suo Sé mentale, che,
probabilmente, pensa solo a finire in fretta,
magari non vede l’ora che termini la giornata
377
per poter andare a casa, magari, pensa solo al
suo stipendio o alla parcella che il paziente
pagherà.
Auspico che tanti psicoterapeuti
condividano la visione che propongo e
possano trarre giovamento da un metodo che
prende in considerazione prima di tutto la
persona, il suo benessere, ma, anche, la sua
maturità, la sua crescita, la sua consapevolezza.
A volte la psicoterapia riesce a comunicare
solo col Sé mentale, che ha anche lui le sue
credenze limitanti, ma i blocchi più grandi
sono nel Sé istintivo, e se non si riesce a
comunicare con lui, non si risolvono
veramente i problemi.
Una vera psicoterapia dovrebbe prendere in
considerazione tutte le coscienze dell’essere
umano, dal Sé fisico al Superconscio. Solo così
si potrà attuare un vero processo di
integrazione e guarigione.
Ma c’è un’altra cosa che mi preme
sottolineare, forse la più importante, e
riguarda la coscienza dell’Io, l’osservatore.
Abbiamo detto che fino al Sé mentale,
378
l’essere umano è sostanzialmente come gli
altri mammiferi. Sì, con un’intelligenza (un Sé
mentale) più sviluppata, un’intelligenza che lo
ha portato ad andare nello spazio, invece di
limitarsi a modificare semplici rametti di
legno per catturare le formiche. Ma parliamo
sempre dello stesso tipo di intelligenza.
Parliamo sempre dello stesso tipo di coscienza.
Una coscienza animale.
Abbiamo visto però che nell’essere umano è
arrivata un’altra coscienza, una coscienza che
non ha nulla a che vedere con l’evoluzione o
l’adattamento del mammifero sulla Terra. Una
coscienza che purtroppo dorme per il 95% del
tempo. Una coscienza che, quando è sveglia, a
volte ci fa chiedere: chi sono io? Cosa ci faccio
qui?
È quella coscienza che ci differenzia dagli
altri mammiferi presenti sulla Terra, che ci
permette di osservarci, che fa porre certe
domande, che ci spinge a cercare in qualche
religione una risposta, che ci fa sentire
malessere per una vita monotona e senza luce.
Ora, se quella coscienza, l’Io, l’osservatore, è
davvero un’emanazione del Superconscio,
quella parte di noi da cui dipendono tutte le
379
cose che non si riescono a spiegare con la
razionalità (creatività, intuizioni, e così via),
allora, sia che vogliamo usare il termine
spirituale, o meno, dobbiamo riconoscere che
la nostra identità è ben altro dal mammifero
che abitiamo. E se c’è una coscienza superiore
che ha scelto di entrare in questo corpo, un
motivo ci deve pur essere. E ci deve essere un
motivo anche per come siamo fatti, per i
genitori che ci ritroviamo, per le esperienze,
più o meno traumatiche che abbiamo vissuto,
per le credenze limitanti e gli atteggiamenti
malati che abbiamo acquisito a seguito di
quelle esperienze. In ultimo, per le esperienze
che attiriamo nella nostra vita (legge di
attrazione) come conseguenza di quelle
credenze limitanti.
Non so se sono riuscito a spiegarmi, ma
questi concetti sono di estrema importanza. Se
accettiamo l’idea di un Superconscio, di una
Coscienza che sta sopra di noi, chiamiamola
Dio, o come ritenete più opportuno, è ovvio
che è quella Coscienza che sa perfettamente
chi siamo e perché siamo qui. E se sa perché
siamo qui, è ovvio che tutto ciò che abbiamo
vissuto, che viviamo, e che vivremo, ha una
380
sua ragione di essere.
Ora, se tutte le discipline spirituali, le scuole
esoteriche, l’alchimia, il concetto di
trasformare il piombo in oro, di portare luce là
dove c’è oscurità, la legge del karma, e così via,
dicono più o meno la stessa cosa, ci sarà pure
una ragione. Forse un fondo di verità c’è in
quegli insegnamenti, pur se espressi con
modalità, formule e concetti diversi.
Alla fine, stringi, stringi, ciò che dicono è
una cosa sola: conosci te stesso e impara a
trasformare il male in bene.
Impara dalle lezioni che vivi. Impara a
superare le barriere dell’illusione che ti
mostrano tutto come dualità. Impara a tornare
alla Luce. Impara la via di casa. Impara che al
di là delle molteplici forme, tutto è Uno.
Impara ad amarti e ad amare.
Ma se stanno così le cose, avrebbe senso
cercare di risolvere tutto con un’aspirina, o
una bacchetta magica? Mi sto riferendo alle
tante tecniche che promettono di guarire
tutto, di portare soldi e amore senza affrontare
e risolvere le cause che stanno alla base del
381
nostro malessere.
Se ciò che devo imparare è amarmi e amare,
allora è ovvio che tutto ciò che sto vivendo,
altro non è che una serie di lezioni che mi
portano a quell’obiettivo.
Per esempio: oggi non mi amo perché sento
di non valere abbastanza. Perché non riesco ad
avere abbastanza denaro e questo mi rende
infelice. E poi ho dentro rabbia verso mio
padre che mi ha sempre umiliato, mi arrabbio
spesso e ho rapporti difficili con chi considero
un’autorità. Questa è la situazione in cui mi
trovo. Allora, se quanto affermiamo ha un
fondo di verità, le esperienze che sto vivendo
rappresentano una lezione che deve aiutarmi
ad amare me stesso e ad amare gli altri.
Per fare questo dovrò aumentare la mia
autostima, avere un lavoro che mi soddisfa e
guadagnare quanto desidero, perché tutte
queste cose mi permetteranno di essere
soddisfatto di me, e quindi di amarmi.
Contemporaneamente dovrò sciogliere tutto il
rancore verso mio padre, che ha causato tutta
la rabbia che ho dentro e che esprimo nei
rapporti con gli altri. Tutto ciò mi porterà a
stabilire rapporti più maturi ed amorevoli con
il mio prossimo.
382
Seguendo questa logica, Dio, Il
Superconscio, la Vita, o come vogliamo
chiamare quella Coscienza superiore da cui
arriviamo, ha predisposto le lezioni giuste per
me. Ha fatto in modo che nascessi in una certa
famiglia, con quel tipo di padre, e non un
padre a caso, perché avevo bisogno di una
figura paterna che mi facesse vivere quelle
esperienze dolorose che hanno generato in me
quella rabbia e quelle credenze limitanti che
mi fanno essere ciò che sono.
Dunque, in questo caso, le difficoltà
economiche, o nei rapporti sociali, altro non
sono che lezioni del Superconscio che mi
dicono: “Antonio, guarda che per imparare ad
amarti e amare, devi guarire il tuo passato. È
tutto lì. Sono quelle le lezioni che ho scelto per
te. Altri avranno altre lezioni da imparare, ma
tu, nel tuo caso specifico, per il punto in cui ti
trovi nella tua evoluzione (chiamiamolo
karma, o come più vi fa piacere), hai bisogno
proprio di queste lezioni. Hai bisogno di
trovare il coraggio di guardare in faccia ciò che
ti fa paura e, usando la saggezza che è in te,
comprendere che ciò che ti fa paura, ciò che ti
ha fatto soffrire, altro non è che un aspetto
della vita che ancora non conoscevi. Sì, caro
Antonio, perché la Vita è Una e tutto è
383
espressione della stessa Energia, sia che si
chiami Amore o si chiami Odio, che sia
bianco, o nero, sia che si chiami Yin o Yang. Sì
caro Antonio, perché la Vita è un gioco di
dualità, e non esisterebbe una parte se non
esistesse anche il suo opposto. E tutti sono, allo
stesso modo, figli dello stesso Dio.
Quindi, caro Antonio, questo è ciò che ti
chiedo, che tu impari a guardare, a
comprendere e a guarire le ferite che sono in
te. Vai giù nell’inferno e conoscilo (metafora
utilizzata da Dante nella Divina Commedia) e
porta luce dove c’è oscurità. Là dove c’è
rancore, porta amore. Solo così imparerai a
conoscere le emozioni, solo così diventerai
Maestro di te stesso”.
Ed il saggio Antonio allora cosa fa? Sa che il
rancore e le ferite sono nel Sé istintivo, perché
è lui che ha sofferto le umiliazioni inflitte dal
papà. Sa che le credenze limitanti sono del Sé
mentale, perché è lui che ha imparato dagli
insegnamenti rigidi del papà, e allora si
rimbocca le maniche e prende la decisione di
agire. Decide che è ora di apprendere le sue
384
lezioni. Decide di diventare Maestro dei suoi
Sé inferiori per aiutarli a crescere, così che le
emozioni che ha dentro si trasformino in
sentimenti di amore, prima verso sé stesso, poi
verso il papà, e poi verso gli altri. E allora la
sua energia cambia, avrà imparato le sue
lezioni (o se vogliamo dirla in modo più
esotico, avrà sciolto il suo karma) e, guarda
caso, comincerà ad attirare nella sua vita
situazioni diverse (legge di attrazione).
Cambierà lavoro, o cambierà la situazione nel
posto in cui lavorava, cambierà il rapporto col
suo capo, si sentirà più sicuro di sé e
comincerà ad attrarre il denaro che prima era
carente.
Se la mancanza di denaro rappresenta una
certa lezione che devo apprendere, e se questa
lezione, arrivando alla radice, ha a che fare con
il rapporto di amore/odio verso mio padre,
ritenete possibile che il mio Superconscio mi
permetta di ricevere denaro senza avere
appreso la mia lezione?
Evidentemente, no. E questa è l’esperienza
maturata in tanti anni di osservazione su di me
e sui tanti partecipanti ai corsi.
385
Siamo così abituati ad identificarci col Sé
mentale, che abbiamo creato una divisione tra
il Superconscio e gli altri Sé, tra il
Superconscio e l’animale che abitiamo.
Abbiamo imparato a dare il nome di
spiritualità a tutto ciò che ha a che fare con
qualcosa di immateriale, di sottile, di non
sperimentabile con la volontà. Superconscio e
religioni li abbiamo messi nella casella
spiritualità. Definiamo invece, materiale, tutto
ciò che conosciamo con i nostri sensi, con i
sensi del mammifero, tutto ciò che possiamo
raggiungere con la volontà del Sé mentale.
Eppure è tutto la stessa cosa, solo su piani
diversi, solo con una vibrazione diversa. È
materiale ciò che i nostri sensi riescono a
percepire, è spirituale ciò che i nostri sensi non
riescono ancora a percepire. Eppure tanti fisici
di fama internazionale hanno compreso che
una tale divisione è solo illusoria e, purtroppo,
rischia di tenerci ancora più a lungo
imprigionati nella dualità e nell’ignoranza.
Quello che voglio dire è che è giusto cercare
di stare bene, è naturale e ovvio cercare di
vivere rapporti amorevoli, di avere un partner
per essere felici. Ancora, è naturale desiderare
un lavoro che ci soddisfi e che ci permetta di
386
guadagnare il necessario. Ma se siamo
qualcos’altro rispetto a un animale, forse
dovremmo indirizzare il nostro intento a
cercare di comprendere e risolvere le lezioni
che stiamo vivendo, perché, molto
probabilmente, risolte quelle avremo tutto ciò
che desideriamo. E molto altro di più. Quello
che non riusciamo a comprendere, perché
siamo identificati col Sé mentale, è che gli
obiettivi di denaro, amore, ecc., sono bisogni
della componente animale dell’essere umano
(il Sé istintivo ed il Sé mentale). Obiettivi più
che legittimi, ma che dovrebbero essere
compresi ed integrati dall’Io nel suo obiettivo
più grande, quello di scoprire e realizzare la
sua vera identità.
Vogliamo a tutti i costi dimenticare, o far
finta di non ritenere importanti, le parole di
Gesù che dice: guardate i gigli del campo,
guardate gli uccelli del cielo, non si
preoccupano di come vestire e di cosa
mangiare.
Purtroppo la stragrande maggioranza delle
persone si ricorda della dimensione spirituale
solo quando soffre e sta male, o quando si
sente “obbligata” dai precetti della Chiesa.
Questo è il risultato dell’identificazione col Sé
mentale, ma non è saggezza, tanto meno
387
spiritualità.
E così continuiamo a spendere inutilmente
tanti soldi per leggere libri, per apprendere
tecniche che, per le cose veramente
importanti, sembrano non funzionare. È tutto
inutile, se non siamo disposti ad apprendere le
lezioni per cui siamo nati, quelle lezioni si
ripresenteranno finché non troveremo il
coraggio e la saggezza per affrontarle e
risolverle.
Le lezioni corrispondono alle credenze
limitanti e queste ultime dipendono dalle
emozioni che abbiamo dentro. Sono quelle
emozioni che dobbiamo trasformare, è quello
il lavoro alchemico che ci viene chiesto di
compiere, altrimenti, tutto risulterà inutile.
Ieri ho rivisto in televisione il film Il piccolo
Buddha, e mi ha fatto riflettere su una cosa
molto importante. La vita mi ha insegnato che
non è possibile arrivare alla luce, o
all’illuminazione, se prima non si sono guarite
le ferite del Sé istintivo, o non abbiamo
appagato i bisogni delle coscienze inferiori,
come, ad esempio, i desideri, che ci mostrano
il nostro grado di maturità emotiva e mentale.
Il che, riprendendo il concetto sopracitato,
388
equivale a dire finché non abbiamo appreso le
lezioni che dobbiamo vivere in questa vita.
Nel film, Siddharta, era figlio del re e
quando ha deciso di percorrere la via del
risveglio spirituale, aveva già appagato tutti i
suoi desideri, aveva una moglie e un figlio ed
era affettivamente appagato, aveva autostima
e denaro. Solo allora ha potuto percorrere la
via e raggiungere l’illuminazione.
Se avete letto il libro Siddharta, di Hermann
Hesse, in termini e sequenze temporali
diverse, ritroviamo gli stessi concetti. Nel
libro, Siddharta è figlio di un bramino, parte
per cercare l’illuminazione, prima nei boschi,
nella povertà e nella miseria, ma, non
avendola trovata, ritorna nella città e vive
intensamente l’amore e la ricchezza. Solo
allora riuscirà a raggiungere la meta
desiderata.
Mi dicono che cito spesso l’India. È vero, ma
perché la considero una culla di saggezza e
nelle parole che seguono potrete trovare
un’altra dimostrazione di quanto affermo.
In india dicono che la vita di un essere
umano dovrebbe essere divisa in 4 fasi:
Dharma, Kama, Artha e Mokhsa. Dharma
rappresenta la cultura e l’istruzione. Kama
rappresenta l’amore. Artha rappresenta i beni
389
materiali e, infine, Moksha rappresenta la
liberazione.
Se ci pensate bene è lo stesso percorso che
hanno seguito i Siddharta del film, e del libro.
Quel detto indiano nasconde una grande
verità. Se non abbiamo vissuto pienamente i
primi, non si arriva all’ultimo, l’illuminazione
e la liberazione.
In occidente possiamo tranquillamente
affermare che Dharma è alla portata di tutti. Ci
sono scuole di ogni ordine e grado, e non ci
sono grandi ostacoli all’istruzione e alla
formazione di una minima cultura.
Con Kama arrivano i primi problemi.
Perché? Perché Kama rappresenta l’amore,
affettivo e sessuale. Qual è la coscienza dentro
di noi che ha bisogno di soddisfare Kama? Il Sé
istintivo. Vediamo allora come la guarigione
delle ferite del Sé istintivo rappresenta un
passo fondamentale verso la nostra
evoluzione. Guarire le ferite del Sé istintivo
significa prenderci cura dei nostri affetti,
comprendere, accettare e amare il Sé istintivo
vuol dire comprendere, accettare e amare noi
stessi, così che possiamo amare ed essere
amati dagli altri. Vuol dire fare pace col
390
passato e riportare luce e amore là dove ora c’è
oscurità e dolore. Significa, infine, apprendere
le nostre lezioni di vita.
Con Artha ci troviamo di fronte il Sé
mentale e le sue credenze. Il Sé mentale ha
come obiettivo l’individualizzazione ed il
potere personale, e i beni materiali
rappresentano proprio questo aspetto. Se
abbiamo un Sé mentale malato, se abbiamo
credenze limitanti rispetto all’autostima,
abbiamo bisogno di guarire le sue ferite
perché possa esprimere al meglio tutto il suo
bisogno di affermazione sociale.
Solo allora, solo quando avremo sanato il Sé
istintivo, appagando Kama, ed il Sé mentale,
appagando i desideri di Artha, potremo
integrare queste due coscienze e dedicarci,
senza ostacoli, all’obiettivo dell’Io, la
realizzazione spirituale.
Se abbiamo dei blocchi nelle coscienze del
Sé istintivo o del Sé mentale, non potremo
progredire. Chiamiamola logica, o, se
vogliamo, chiamiamolo karma o lezioni da
imparare. Comunque è così.
391
Ovviamente, non tutti hanno le medesime
lezioni da apprendere. Alcuni possono avere
pienamente soddisfatto un certo stadio della
vita, ad esempio Kama e gliene manca uno
solo, e così via. Ci rendiamo conto di quando
uno stadio è stato raggiunto quando cessa il
desiderio verso i beni che lo caratterizzano:
affettività, sessualità o posizione sociale e beni
materiali.
L’importante è non negare i desideri.
Nasconderseli non serve a nulla, sarebbe come
mettere la testa sotto la sabbia per non vedere
le proprie difficoltà.
Dopo questa lunga, ma, a mio parere,
indispensabile, premessa, veniamo al metodo
di trasformazione, o, perlomeno, cominciamo
ad affrontare questo tema.
Per farlo riprendiamo la famosa formula
delle legge di attrazione, che molti
interpretano erroneamente, con: quello che
pensi diventa la tua realtà.
A questo proposito mi è capitato di leggere
recentemente su facebook una frase di Lousie
Hay, autrice di numerosi libri di successo, e
apripista di quella corrente di pensiero che va
sotto il nome di pensiero positivo.
392
La frase che ho letto è la seguente: “Io non
risolvo i miei problemi, correggo i miei
pensieri ed i problemi si risolvono da soli”.
Non so se la frase sia da attribuire davvero a
Louise Hay, ma, in ogni caso, a mio parere è
un frase assolutamente fuorviante.
Se fossi in grado di correggere sempre i miei
pensieri, questa frase funzionerebbe,
funzionerebbe sempre e perfettamente. Ma
abbiamo sostenuto fino ad ora, e tutti i più
grandi formatori lo sostengono, che per circa
il 95% del tempo i nostri pensieri sono
inconsci. Cioè chi pensa è il Sé istintivo, o il Sé
mentale e non l’Io. Quindi, ciò che diventa
realtà non sono i pensieri e la volontà dell’Io,
bensì, per il 95% dei casi, i pensieri del Sé
istintivo e del Sé mentale. Come faccio a
correggere i miei pensieri se per il 95% del
tempo il mio Io dorme?
Non solo, una delle più grandi verità della
legge di attrazione, che però ben pochi
conoscono, è che quando pensieri ed
emozioni sono in conflitto, chi vince sono
sempre le emozioni.
Cosa vuol dire questa affermazione? Vuol
dire che se io voglio una fidanzata e anche il
mio Sé mentale la vuole, ma il mio Sé istintivo
non la vuole perché ha paura di soffrire, chi
393
vince sarà sempre l’emozione della paura, e la
fidanzata non arriverà mai.
Se, ad esempio, da piccolo ho subito
esperienze che il Sé istintivo ha vissuto come
abbandono, e perciò ha deciso che non vuole
più soffrire così tanto, tra il desiderio dell’Io e
del Sé mentale e l’emozione di paura del Sé
istintivo, vincerà sempre l’emozione di paura.
Vincerà sempre il Sé istintivo, che farà in
modo di far fallire qualsiasi tentativo di
stabilire una relazione stabile e duratura. Ne
abbiamo già parlato, vi ricordate?
Questo significa una sola cosa, che non
riuscirò mai a correggere i miei pensieri se
prima non avrò guarito il mio Sé istintivo, per
fare in modo che le sue emozioni non mi
remino contro. Questa è la realtà. Ecco,
dunque la vera formula della legge di
attrazione:
Pensiero + Emozione = Realtà
In realtà la formula estesa e corretta sarebbe:
Consapevolezza + Energia = Realtà
394
Nel nostro caso l’energia è rappresentata
dall’emozione, che è una forma estremamente
potente di energia creativa.
Supponiamo quindi che io abbia un certo
obiettivo, come faccio a sapere se riuscirò mai
a raggiungerlo? Se consideriamo l’obiettivo
come un pensiero focalizzato, per sapere se
riuscirò a raggiungerlo, non dovrò fare altro
che valutare qual è l’emozione del Sé istintivo
collegata a quell’obiettivo.
Il pensiero indica l’obiettivo, ma ciò che
attira la realtà è l’emozione. E di chi è
l’emozione? È solo e soltanto del Sé
istintivo. È lui che vive di emozioni ed è
col suo entusiasmo che attira le cose, cosi
come è lui, con la sua paura, che le
allontana.
Per comprendere il concetto di emozione
come forma di energia, possiamo fare un
esempio che conosciamo tutti. Il vento è una
forma di energia, lo sanno bene i velisti, ma
anche tutti coloro che fanno corse all’aperto. Il
395
vento può assumere diversi valori: favorevole,
nullo, o contrario. Se il vento è nullo, cioè ha
un valore neutro, allora non influenzerà in
alcun modo un corridore, ed il tempo
realizzato nella corsa dipenderà
esclusivamente dalla sua forza. Un vento
contrario può frenare molto la corsa, mentre
un vento favorevole la favorirà, tanto che, a
volte, capita che durante una gara un certo
tempo può essere non convalidato per un
vento troppo favorevole.
L’emozione è una forma di energia e, come
tale, rispetto ad un obiettivo può essere da
estremamente positiva, a neutra, a
estremamente negativa.
L’energia, in questo caso l’emozione
collegata alla credenza “riuscirò a raggiungere
l’obiettivo”, si presenta, quindi, in una scala di
valori che va da totalmente negativa a
totalmente positiva, passando per il valore
neutro. Totalmente negativa significa che la
credenza rispetto all’obiettivo è: non lo voglio
assolutamente, oppure, non ci riuscirò mai, è
impossibile. Totalmente positiva significa: è
sicuro che ce la farò.
396
Le possibilità di raggiungere un certo
obiettivo possono allora essere rappresentate
dall’immagine che segue:
Figura 3
Facciamo qualche esempio. Tutti noi abbiamo
delle qualità. Cosa significa avere qualità?
Significa essere abili a fare una certa cosa ed
essere certi di saperla fare bene. Ad esempio
una persona potrebbe cucinare molto bene,
oppure essere un bravissimo ragioniere,
oppure una persona potrebbe essere molto
abile a cucire a maglia, a costruire palazzi, a
giocare a biliardo, a coltivare fiori. Oppure
una persona potrebbe essere molto capace ad
ascoltare gli altri, un’altra potrebbe essere
molto abile a vendere.
Quando parliamo di abilità, sapete a cosa ci
riferiamo? Ve ne ricordate? Lo abbiamo detto
quando abbiamo trattato delle coscienze in
noi. Abbiamo affermato che chi fa le cose non
è l’Io che dorme, è il Sé istintivo. È lui che
397
impara a fare qualsiasi cosa, e quando l’ha
imparata, la fa a memoria, per lui diventa
un’abitudine.
Sa di saperla fare, e sa di saperla fare bene.
Questa è una credenza positiva. Il Sé istintivo
sa di saper fare bene quella cosa, è facile per
lui. La sua emozione, che è l’espressione
energetica della convinzione, è positiva. So di
saper cucinare (in realtà, non è il mio caso, la
cucina non è affatto la mia passione), voglio
invitare degli amici a cena, e sono certo che
tutto andrà bene.
Dal punto di vista delle coscienze in noi, ecco
cosa succede: l’Io decide di invitare alcuni
amici a cena. Il Sé mentale pensa a tutte le
cose che dovrà fare per quella serata, si occupa
di tutta l’organizzazione. Chi dovrà cucinare, è
il Sé istintivo che, sapendo di saper cucinare
bene, magari ha anche la passione della cucina,
è ben lieto della cosa, e la cena sarà un
successo.
Avete osservato? Obiettivo dell’Io, la cena.
Emozione del Sé istintivo, estremamente
positiva, perché so di saper cucinare (credenza
positiva) e mi diverto a farlo (emozione che
sostiene la credenza).
398
L’Io non consapevole è completamente
identificato con le altre coscienze e,
ovviamente, non si rende conto di tutti questi
soggetti che operano in lui. In effetti, nella
normalità è bene che sia così, sarebbe una
fatica stare a pensare ogni volta a chi fa cosa.
Questo, nella normalità. Ma se c’è qualche
problema, se dentro di noi c’è un pensiero che
ci boicotta o un’emozione che ci sovrasta,
allora il conoscere come stanno le cose è di
grande aiuto per l’Io, perché potrebbe
prendersi cura della parte che ha manifestato il
problema e aiutarla a risolverlo.
Tutti noi abbiamo delle qualità, sappiamo cioè
fare bene delle cose, ne siamo convinti
(credenza positiva) e ci viene da ridere se ci
dicono di farlo, perché è facile, e magari ci
piace anche (emozione positiva).
Il caso di energia neutra è altrettanto semplice.
Proviamo a pensarci. Energia neutra vuol dire
anche emozione neutra. E quando c’è
emozione neutra? Quando il Sé istintivo non è
minimamente coinvolto in ciò che vogliamo
fare. Non gliene importa nulla. Non è
entusiasta della cosa, ma non è neppure
contrario, semplicemente non gli interessa.
399
Facciamo un esempio che, credo, sarà capitato
a molti di voi. Vi è mai capitato a ottobre di
iscrivervi a qualche corso? Magari in palestra,
magari ad un corso di lingue, oppure ad un
corso di ballo. Ce ne parlano gli amici,
pensiamo che in fondo ci faccia bene,
pensiamo che in fondo sia utile, forse solo per
passare una serata fuori. E ci iscriviamo.
La prima sera andiamo, e magari ci piace pure.
La seconda sera anche. La terza ci andiamo,
però sbuffando. Avremmo preferito starcene a
casa. La quarta sera, piove. No, chi me lo fa
fare, questa volta salto, tanto per una volta non
succede nulla. La settimana successiva, c’è un
bel film in televisione. Non voglio perderlo. E
così, chi s’è visto, s’è visto. Il corso è andato a
farsi benedire.
Cosa è successo? Semplice, l’Io, o magari anche
il Sé mentale, si è fatto convincere ad
iscriversi, ma al Sé istintivo, colui che detiene
le emozioni, non gliene importa nulla di quel
corso. Le prime volte la volontà può
intervenire ed il Sé istintivo, a malincuore, si
deve adeguare. Ma poi, la volontà cala ed il Sé
istintivo, che ha un’energia neutra, cioè non è
affatto motivato a seguire quel corso, ha il
sopravvento. La sua pigrizia (ricordate che i Sé
istintivi sono per natura pigri?) riesce a vincere
400
sulla volontà e rinunciamo al corso a cui ci
eravamo iscritti. Energia neutra uguale nessun
risultato.
Quando l’energia è negativa? Quando il Sé
istintivo rispetto ad un certo obiettivo, o non
lo vuole affatto, ad esempio perché ne ha
paura, oppure lo ritiene impossibile a causa
delle esperienze vissute, che hanno generato
in lui una credenza limitante rispetto al suo
raggiungimento.
Probabilmente tutti noi abbiamo qualche
situazione del genere, qualche cosa che
riteniamo difficile, impossibile, o che non
riusciamo a raggiungere anche se lo
vorremmo. Abbiamo già citato molte volte
l’esempio della persona che vorrebbe un
rapporto di coppia, ma avendo vissuto
esperienze di abbandono, o altre esperienze
molto dolorose nel rapporto con la mamma o
con il papà, non riesce a raggiungere il suo
obiettivo. Il Sé istintivo, colui che ha vissuto in
prima persona e senza alcuna difesa quelle
tristi esperienze, fa in modo di chiudere la
porta a qualsiasi rapporto affettivo per paura
di soffrire ancora. Chi amo mi fa soffrire,
quella è la sua credenza, e quindi mai più
401
rapporti di amore.
Tra la volontà dell’Io e l’emozione del Sé
istintivo, chi vince? Sempre lui, sempre il Sé
istintivo. Alla faccia di chi sostiene che volere è
potere.
Un altro esempio lo abbiamo esaminato
qualche pagina addietro, con il caso di quella
persona che ha cattivi rapporti col denaro a
causa di un papà critico, severo, e giudicante.
È importante comprendere che le credenze, e
le emozioni collegate a quelle credenze, non
sono solo positive o solo negative, come alcuni
fanno credere. Alcuni usano il test muscolare
per verificare lo stato delle credenze rispetto
ad un certo obiettivo. Va benissimo, ma
ricordate che una credenza non è solo bianca o
nera. Ci sono numerosissime sfumature di
grigio.
Basta pensarci un poco per averne la
conferma. Pensate a qualcosa che sapete fare,
ma non siete così certi di saperla fare bene. Se
ad esempio dovessi cucinare per più persone,
mi sentirei in difficoltà. Non amo cucinare, ma
alcune volte sono riuscito a preparare un
pranzo accettabile. Quale sarebbe il valore, da
1 a 10, rispetto alla mia credenza di riuscire a
402
preparare un pranzo per gli amici? Non
sarebbe certo 10, ma neppure 0. Il valore
corretto probabilmente sarebbe un 6, nel
senso che so che mi costerebbe fatica, e non lo
farei neppure tanto volentieri, ma sono
abbastanza sicuro che, impegnandomi,
seguendo bene le ricette, arriverei a
raggiungere l’obiettivo.
Riuscite a trovare anche voi qualche esempio
in cui le vostre credenze non sono totalmente
positive, ma neppure totalmente negative?
Nelle pagine precedenti abbiamo affrontato il
tema dell’Io e del Superconscio. Abbiamo
anche detto che il Superconscio utilizza il Sé
istintivo per farci vivere le lezioni che ancora
dobbiamo imparare. Ora, come si rapporta
questo discorso sulle lezioni che dobbiamo
ancora apprendere, con quanto abbiamo
appena appreso rispetto alle emozioni
(positive, neutre o negative) che possono
supportare o meno un certo obiettivo?
Stiamo parlando delle emozioni legate alle
credenze relative agli obiettivi più importanti
della nostra vita, quegli obiettivi da cui
dipende la nostra felicità ed il nostro
403
benessere. Stiamo parlando dei limiti che ci
condizionano quotidianamente, limiti che
riguardano la nostra sfera affettiva, o
dell’autostima, e così via.
La scala di valori che assume l’emozione, e
quindi la credenza rispetto ad un certo
obiettivo, ci dice a che punto siamo del nostro
apprendimento. Se il valore dell’emozione è
totalmente negativo, ad esempio, paura totale
di entrare in un nuovo rapporto affettivo,
significa che non abbiamo ancora iniziato a
studiare quella materia. Vedremo più avanti
come si procede in questo caso.
Se, invece, l’emozione non è così negativa, nel
senso che sì, ci sembra difficile, magari ne
abbiamo un po’ paura, ma non siamo
totalmente bloccati, in quel caso significa che
siamo sulla strada giusta, significa che ci siamo
già presi l’impegno di imparare la nostra
lezione, che abbiamo già fatto dei compiti. E
allora la trasformazione dell’emozione in
positivo, sarà abbastanza facile. Significa che
stiamo procedendo correttamente ed il
Superconscio (alcuni lo chiamano Anima, altri,
Universo) ci viene in aiuto e sarà abbastanza
facile raggiungere quell’obiettivo.
404
Veniamo alla pratica. Se l’energia rispetto ad
un certo obiettivo è neutra o leggermente
negativa, c’è una tecnica potentissima per
realizzare ciò che desideriamo. A mio parere è
la tecnica principe, perché è la tecnica che si
usa consapevolmente per creare la realtà. È
una tecnica che, inconsciamente, utilizza il Sé
istintivo. Noi non lo sappiamo, ma tutto ciò
che ci accade nella nostra vita, tutto ciò che
attiriamo, viene creato con questa tecnica dal
Sé istintivo. La tecnica di cui stiamo parlando è
l’Immaginazione Creativa.
L’Immaginazione Creativa si basa su un
concetto molto semplice: per il Sé istintivo
non esiste differenza tra un’azione reale ed
un’azione immaginata.
Come fa il Sé istintivo a formarsi le credenze?
Lo abbiamo già visto, tramite le esperienze.
Più l’esperienza è carica di emozione e più
facilmente l’esperienza diventa una credenza.
Vi ricordate l’esempio del bambino che viene
attaccato da un cane e si spaventa? Esperienza
= cane che attacca, emozione = spavento. Più
lo spavento è forte e più facilmente
quell’esperienza diventa una credenza: i cani
sono cattivi. Tutti i cani, non solo quel cane,
405
perché, come abbiamo già affermato, i Sé
istintivi generalizzano. È successo con un cane,
ma il Sé istintivo mette tutti i cani insieme, e
sono tutti cattivi.
Se per il Sé istintivo un’esperienza reale e
un’esperienza immaginata sono la stessa cosa,
è sufficiente fargli vivere delle esperienze
immaginate, cariche di emozione, perché lui
le prenda per vere e si formi quindi delle forti
credenze rispetto a quell’esperienza.
Potete trovare la descrizione dettagliata della
tecnica nel mio sito, o anche ne “L’Inconscio
per Amico”. Qua vorrei solo raccontare un
bell’esempio di Immaginazione Creativa,
anche se forse utilizzata in modo del tutto
involontario.
La notizia è stata riportata dal Corriere della
Sera del 12 novembre 2009, ed il titolo era: Il
ventunenne re del poker che ha sbancato Las
Vegas. Riporto solo qualche stralcio della
notizia, sufficiente per dare la portata
dell’evento e di come l’Immaginazione
Creativa ha un potere immenso nel momento
in cui il Sé istintivo non ha forti
controindicazioni.
“Ha appena 21 anni e fino a pochi mesi fa nei
406
casinò di Las Vegas lo invitavano a sloggiare, e
ancora oggi se ordina una birra deve mostrare il
documento di identità. Ma al tavolo della finale
dentro all’Hotel Rio di Las Vegas, dopo cinque mesi
di partite, e dopo averlo visto eliminare tutti i
migliori al mondo, tutti sapevano chi fosse. Joe ha
steso uno per uno i suoi avversari e ha messo le
mani sugli 8 milioni e mezzo di dollari grazie ad
una coppia di nove, nel duello decisivo con Darvin
Moon ... Un’esperienza che gli ha permesso di
sbarazzarsi di mostri sacri come Phil Ivy o Phil
Hellmuth, gente col pelo sullo stomaco, capace di
distruggerti psicologicamente prima ancora che con
le carte”.
Quando gli hanno chiesto come avesse fatto a
raggiungere un simile obiettivo, dove avesse
trovato, a 21 anni, la forza, la resistenza, il
coraggio di superare indenne cinque mesi di partite,
Joe ha risposto: “Ho provato e riprovato il tavolo
della finalissima migliaia di volte nella mia mente.
Ero psicologicamente pronto ad arrivare fino in
fondo ”.
Non so se riuscite a comprendere quanto
grande sia stato il suo risultato. Non mi
riferisco certo agli 8 milioni e mezzo di
dollari. Mi riferisco invece alla capacità, per un
407
ragazzo di 21 anni di resistere per cinque mesi,
affrontando continuamente giocatori esperti,
mostri sacri, “capaci di distruggerti
psicologicamente, prima ancora che con le
carte”. Dove ha trovato quella forza, dove ha
trovato quell’energia?
Semplice, gliela ha fornita il Sé istintivo. E
questo la dice lunga sulle sue capacità e su
quanto può esserci utile se diventa veramente
nostro amico e alleato.
Forse senza saperlo, ma Joe Cada, questo il
nome del ventunenne re del poker, ha fatto
l’Immaginazione Creativa. Ha immaginato
migliaia di volte nella sua mente il tavolo della
finalissima, immaginando di vincere. Il suo Sé
istintivo aveva vissuto così tante volte
quell’esperienza che era ormai convinto che
fosse una realtà. Probabilmente, per il suo Sé
istintivo non c’è stata alcuna emozione in quei
5 mesi di partite. Lui sapeva che sarebbe
arrivato lì e avrebbe vinto, perché lo aveva già
fatto migliaia di volte. Non c’è stata fatica. È
come se ci chiedessero di dire a memoria la
tabellina del 2. Non avremmo difficoltà, non ci
metterebbe in ansia, l’abbiamo studiata così
tanto che la sappiamo benissimo, la diciamo
senza alcuna fatica.
Così è stato per Joe. Il suo Sé istintivo sapeva
408
benissimo che avrebbe vinto e non gli è
costato fatica. Addirittura ha vinto con una
coppia di nove. Conoscete un poco il poker?
Avere una coppia di nove è come avere quasi
nulla. Eppure, impassibile ha battuto l’altro
finalista senza battere ciglio.
Vale la pena di avere il Sé istintivo come
alleato?
Imparate l’Immaginazione Creativa, e
applicatela spesso, ve la consiglio caldamente,
per tre motivi. Primo perché vi aiuta a creare
ciò che desiderate, anche solo un posteggio
per l’auto davanti a casa; secondo perché così
vi allenate a farla, e diventando più abili, col
tempo potreste anche farla a occhi aperti e in
pochi secondi per affrontare situazioni che vi
mettono un poco in agitazione; terzo perché è
un processo di consapevolezza. Mentre fate
l’Immaginazione Creativa, siete svegli, siete
centrati nell’Io, avete il controllo della vostra
vita, anziché lasciarla alle vostre menti
inconsce. Se non siamo svegli,
l’Immaginazione Creativa funziona
ugualmente, ma, come ho affermato nelle
pagine precedenti, viene usata dal Sé istintivo
per creare la nostra realtà quotidianamente,
409
senza che l’Io ne sia consapevole.
Ad esempio, quando pensiamo di attivarci per
un obiettivo a cui teniamo molto, ma che non
siamo mai riusciti a raggiungere, subito ci
vengono in mente immagini ed emozioni
negative, senza volerlo ci vengono alla mente i
fallimenti passati e tutti i possibili modi in cui
potrebbe finire ancora male. Bene, quelle
immagini, con quelle emozioni, altro non sono
che Immaginazione Creativa. Non voluta da
noi, non fatta consapevolmente, ma prodotta
dal Sé istintivo quando gli rammentate la cosa
che lui ritiene impossibile da realizzare.
Il fatto di trovarvi con un valore di credenza
poco negativo, o neutro, rispetto ad un certo
obiettivo, spiega anche il perché siete riusciti a
raggiungerlo utilizzando una qualche tecnica,
mentre sugli obiettivi più importanti la stessa
tecnica non ha funzionato.
Il problema non è nelle tecniche, il problema è
sempre nel fatto che stiate imparando o meno
una certa lezione.
Se la lezione è già quasi appresa, basta
l’Immaginazione Creativa, o qualsiasi
semplice tecnica, per portare la credenza da
neutra a positiva e così raggiungere l’obiettivo.
410
Se però alla credenza è associata un’emozione
fortemente negativa, ecco che né
l’Immaginazione, né le altre tecniche,
funzioneranno. Perché? Perché il
Superconscio vi chiede altro. Quando non
siete svegli, al Sé mentale interessa solo
raggiungere l’obiettivo che gli preme. Ma al
Superconscio, non importa nulla
dell’obiettivo. Quello è soltanto un gioco per
lui, un mezzo per farvi comprendere la
lezione da imparare. Al Superconscio interessa
solo che abbiate il coraggio di affrontare le
vostre lezioni e solo allora vi permetterà,
attraverso il Sé istintivo, di raggiungere
l’obiettivo desiderato.
Se la lezione non è ancora appresa, fare
l’Immaginazione Creativa, o usare qualsiasi
altra tecnica per raggiungere l’obiettivo, è
come volersene fregare del maestro che è in
noi. È come volere fare i furbi e ottenere il
premio senza avere studiato la lezione.
E allora cosa accade? Ad esempio se volete
usare l’Immaginazione Creativa per una
credenza fortemente negativa, ecco che il Sé
istintivo non ve la fa neppure vivere. Dal suo
punto di vista, puramente emotivo, ne ha così
411
paura, oppure non crede affatto che quella
cosa sia possibile, che boicotterà la tecnica,
facendo in modo che l’esperienza, per lui, non
risulti reale. Uno dei modi che può usare il Sé
istintivo per boicottare la tecnica è quello di
farvi addormentare. Chiudete gli occhi,
cominciate a visualizzare e, senza
accorgervene, vi trovate belli addormentati.
L’altro modo, ugualmente valido, è quello di
farvi venire in mente altri pensieri che vi
distraggono, così non riuscite a concentrarvi,
oppure non facendovi provare alcuna
emozione. In tutti i casi la vince lui e
l’esperienza, seppure immaginata, non riuscite
a viverla.
Se il valore dell’emozione (credenza) legata ad
un certo obiettivo è fortemente negativa,
significa che abbiamo qualcosa da imparare,
significa che dentro di noi ci sono ferite
profonde, significa che ci sono emozioni
fortemente negative che chiedono di essere
guarite e trasformate in amore.
Non basta più l’Immaginazione Creativa,
occorre un processo di consapevolezza.
Occorre che l’Io si svegli e si assuma il
compito di diventare maestro delle proprie
412
coscienze inferiori per integrarle e farle
evolvere, così che diventino vere alleate e
comincino a remare nella stessa nostra
direzione.
A questo punto vi chiederete, ma come faccio
a sapere come sono le mie credenze rispetto
ad un certo obiettivo? Come faccio a sapere se
ho credenze fortemente negative, oppure se i
miei Sé intermedi mi supportano rispetto a
ciò che voglio raggiungere?
La risposta è abbastanza semplice. Basterebbe
osservare la propria vita. Se, ad esempio, il
mio obiettivo è trovare un nuovo lavoro, e
non so se sarei supportato dal Sé istintivo e dal
Sé mentale per questo obiettivo, potrei
guardarmi indietro e osservare come è stato il
rapporto col lavoro negli ultimi 5 anni. Se ho
sempre fatto un lavoro che mi piace, se sono
soddisfatto dei miei guadagni, se il rapporto
con i miei superiori, colleghi, clienti, è sempre
stato ottimo, e oggi vorrei cambiare lavoro
perché sento che potrei dare di più, o perché
ciò che faccio oggi non mi appaga più come
prima, potrei stare tranquillo che mi sarà
abbastanza facile il mettermi in gioco e trovare
un nuovo modo per esprimere il mio
413
potenziale. Basterà fare un poco di
Immaginazione Creativa, o usare qualsiasi
altra tecnica per cambiare le credenze, per
raggiungere rapidamente l’obiettivo
desiderato.
Se però gli ultimi anni non sono stati così felici
dal punto di vista lavorativo, ad esempio il
mio lavoro non mi piace e non sono mai
riuscito a trovare di meglio. Se vedo il lavoro
come fatica, se vado a lavorare solo per avere
uno stipendio alla fine del mese, se mi trovo in
difficoltà con i miei superiori, se vivo in modo
ansiogeno il rapporto con i clienti, e magari
non sono a mio agio neppure con i colleghi,
molto probabilmente avrò vissuto delle
esperienze molto limitanti in famiglia,
probabilmente con il papà. Molto
probabilmente avrò credenze molto negative
in questo ambito e, quasi certamente,
l’Immaginazione Creativa, o tante altre
tecniche, non saranno sufficienti per cambiare
la mia realtà. In quel caso occorrerà fare
qualcosa di più profondo, occorrerà guarire e
integrare quelle coscienze ammalate,
occorrerà compiere quel processo alchemico
di trasformazione delle emozioni negative che
dimorano in me per trasformarle in
sentimenti positivi che mi portino verso l’alto.
414
Fate una specie di pagellina, in cui le materie
corrispondono agli ambiti della vita che più vi
interessano, ad esempio, amore di coppia,
rapporto con i figli, con i genitori, con gli
amici, lavoro, denaro, salute, autostima, e poi
assegnatevi un voto da 1 a 10 per ciascuna
materia. È come se fosse la pagella del primo
trimestre. Vi permette di vedere in quali
materie andate già bene, e in quali materie
avete ancora da studiare. Questo vi permetterà
di focalizzare l’attenzione sulle cose più
importanti. Vi permetterà di vedere cosa vi
chiede la vostra Anima.
Il voto non deve essere una fotografia del
momento presente, deve essere una media
degli ultimi cinque anni, perché in un certo
ambito della vita ci possono essere alti e bassi
e, se oggi vi trovate in un momento
favorevole, sareste portati a darvi un voto alto,
quando invece, guardando la media degli
ultimi cinque anni, potrebbe essere che
abbiate vissuto più momenti negativi che
positivi, e magari quelli negativi sono stati
anche molto dolorosi.
Il momento positivo attuale, in questo caso,
potrebbe essere sì un’evidenza che le cose
415
sono cambiate profondamente, perché avete
compiuto un percorso di crescita e davvero la
vostra lezione è stata appresa. Ma potrebbe
anche essere che il momento positivo sia solo
fisiologico, un’onda positiva tra le tante
negative, e, in quel caso, sarebbe un peccato
trascurare quell’ambito della vita col rischio di
trovarvi, dopo qualche tempo, in una nuova
situazione poco favorevole.
Il giochino della pagella è perfetto per testare
il sistema di credenze in un intero ambito
della vita. Invece, per testare una singola
credenza, ad esempio volete sapere se i vostri
Sé inferiori vi supportano in un cambio di
lavoro, potete usare il test muscolare, di cui
potete trovare una dettagliata descrizione sia
sul mio sito che nel libro “L’Inconscio per
Amico”.
Torniamo, dunque, al problema delle
credenze molto negative, per le quali non è
sufficiente l’immaginazione creativa.
Ho combattuto per anni con comportamenti e
convinzioni limitanti e ne ho già parlato più
volte nelle pagine precedenti. Dopo avere
preso il Master of Arts in Human Behaviour,
416
seguii tantissimi seminari, tra cui, quello che
più mi affascinò fu la Psicoterapia Provocativa,
condotto dall’autore stesso della tecnica, Frank
Ferrelly. Frank è uno dei più grandi
psicoterapeuti che abbia mai conosciuto,
anche perché solo una persona con la sua
empatia ed il suo grande cuore potrebbe
applicare con efficacia quella tecnica.
Non sufficientemente convinto delle classiche
scuole di psicoterapia, mi dedicai allo studio
della psicologia energetica e ne rimasi
affascinato. Se cercate su internet trovate
diverso materiale su questo tema, il problema
è districarsi nelle numerose offerte che
promettono tutto e di più.
Ne provai tante, ciascuna aveva aspetti
positivi, ma nessuna mi aiutò realmente a
risolvere i miei problemi. Nessuna sembrava
fare al caso mio, nessuna mi permetteva di
andare così a fondo da toccare, in modo
consapevole e proficuo, quello che allora
chiamavo semplicemente, inconscio.
Le varie tecniche che avevo appreso avevano
approcci diversi. Alcuni si affidavano ad
energie superiori, alcune dicevano di portare
la persona in stati elevati di coscienza da cui
417
era possibile realizzare profonde guarigioni.
Altre lavoravano sui punti meridiani, altre
ancora partivano dal presupposto di
sincronizzare gli emisferi cerebrali per
comunicare con la mente subconscia.
Conosco molto bene i miei obiettivi. So cosa
voglio dalla vita, l’ho sempre saputo. So bene
come stanno le cose, so che se non si
costruiscono solide fondamenta non si riuscirà
mai a salire veramente in alto.
Non mi piacciono neppure le bacchette
magiche. Non mi piace che sia qualcuno a
cambiare la mia vita, me la cambio da solo.
Non mi piacciono neppure tante tecniche che
considerano la mente subconscia come un
computer. So perfettamente che non è così.
Considerare le coscienze inferiori alla stregua
di computer, può andare bene per obiettivi
dove non ci sono forti resistenze, ma al di là di
questo, è un processo freddo, non etico, non
tiene conto di chi veramente siamo, non tiene
conto delle intelligenze dentro di noi.
Ho sempre saputo che ciò che voglio è un
percorso di consapevolezza e non avendo
trovato nulla che mi avesse permesso di
cambiare radicalmente la mia vita e nessuna
418
tecnica che seguisse un processo di
consapevolezza, decisi di mettere in pratica
tutto il mio bagaglio di conoscenze, e la mia
sensibilità, per mettere a punto una nuova
tecnica che avrei sperimentato prima di tutto
su di me.
Era il 2007, avevo da poco frequentato un
corso di Psych-k, con un insegnante
americano e, a parte diverse cose che non
condividevo, mi piacque la tecnica di
kinesiologia applicata che utilizzavano per
comunicare con quella che loro chiamano
mente subconscia.
In realtà non mi dissero come si chiamava
quella tecnica, ci misi diversi mesi di studio e
ricerca per scoprirlo, e alla fine riuscii a
trovare un medico che la utilizzava e la
insegnava. La tecnica si chiama contatti
crociati.
I contatti crociati sono una delle tecniche più
interessanti della kinesiologia. Alcune
sperimentazioni in laboratorio hanno potuto
dimostrare che in quella posizione i due
emisferi del cervello, il destro ed il sinistro,
419
sono sincronizzati e tale allineamento influisce
direttamente sul funzionamento delle sinapsi
cerebrali, e in ultima analisi
dell’apprendimento.
È stato anche dimostrato che esiste una
relazione diretta tra le specifiche difficoltà di
apprendimento e la mancanza di integrazione
emisferica. Abbiamo visto che l’emisfero
sinistro del cervello è quello più razionale e
utilizzato dal Sé mentale, mentre l’emisfero
destro, più intuitivo, è utilizzato dal Sé
istintivo. Ora, qualsiasi forma di
apprendimento, non solo la scrittura e la
lettura, ma anche l’apprendimento di una
nuova attività o di uno sport o l’imparare a
guidare l’auto o ad avere relazioni amorevoli
con le persone richiede un’integrazione delle
procedure di entrambi gli emisferi per
realizzarsi con successo. Se ci sono difficoltà di
apprendimento le due metà del cervello non
lavorano assieme in modo integrato. Vengono
meno, o si riducono, le comunicazioni tra gli
emisferi e il risultato è fatica mentale,
mancanza di concentrazione, incapacità di
apprendere.
L’integrazione emisferica e la capacità di
riattivare le connessioni lungo le tre direttrici
del cervello: la lateralità, la focalizzazione e la
420
centratura, sono quindi basilari per qualsiasi
forma di apprendimento, e sono altrettanto
basilari in un processo di cambiamento
interiore. Cambiare significa apprendere
nuove abilità, nuovi comportamenti in
sostituzione di comportamenti distruttivi.
Cambiare significa apprendere credenze
positive in sostituzione di credenze limitanti.
Cambiare significa, infine, sciogliere le ferite
del passato attraverso un insegnamento diretto
alle nostre coscienze inferiori.
Qualsiasi apprendimento è un trasferimento
di informazioni dall’emisfero sinistro, quello
razionale, all’emisfero destro, quello gestito
dal Sé istintivo, perché chi impara e fa le cose
è sempre lui, il Sé istintivo.
Durante i seminari faccio sempre l’esempio di
quando, per la prima volta, ci siamo seduti al
volante di un’automobile. Lasciamo stare
quelle persone che non vedono l’ora di
imparare, come nel mio caso. Sono nato a
Monza, dove c’è l’autodromo e dove si corre il
gran premio di formula 1. Tutti i bambini nati
a Monza, chi più, e chi meno, sono
appassionati di corse in auto, perché per noi
bambini, uno dei momenti più importanti e
belli dell’anno era il gran premio. Si andava al
parco di Monza la mattina presto, e si entrava
421
di nascosto nell’autodromo prima che
arrivassero le guardie. Allora non era come è
adesso, i controlli non erano così rigidi, e più
di una volta ho assistito, bambino, ad un intero
gran Premio direttamente dai box.
È quindi normale che il mio Sé istintivo non
vedesse l’ora di imparare a guidare. Ma per i
più, soprattutto per tutte quelle persone che
vedono l’automobile come mezzo di trasporto
e non come piacere, quasi sicuramente le cose
sono andate in modo diverso.
La prima volta in cui vi siete seduti al volante
di un’automobile come è stato? L’Io voleva
imparare, ma il Sé istintivo? Avevate davanti
un sacco di strumenti da controllare, tante
manopole da utilizzare, tre specchietti da
guardare, tre pedali e ….due piedi. Come
faccio? Aiuto! Questo è il Sé istintivo. Lui non
sapeva ancora guidare e aveva ovviamente un
po’ di ansia, un poco di paura. L’Io, invece,
aveva bisogno di imparare a guidare e quindi
si è messo di buona volontà e ha iniziato tutte
le manovre. Preme la frizione, inserisce la
prima, accelera un poco e
contemporaneamente rilascia la frizione.
L’auto si mette in moto …e così via.
Le prime volte ci è voluta una grande
concentrazione. La concentrazione della parte
422
logica del cervello, l’emisfero sinistro, mentre
il Sé istintivo, che come abbiamo visto si
esprime attraverso l’emisfero destro,
imparava. Una volta che il Sé istintivo ha fatto
suoi i movimenti, tutto il processo diventa
automatico. Il Sé mentale e l’Io possono
dimenticarsi di guidare, fa tutto il Sé istintivo.
Lo ricordate, ne abbiamo discusso anche
all’inizio del libro, quando abbiamo parlato
per la prima volta del Sé istintivo e abbiamo
detto che è lui che fa tutto per noi.
Così è. Qualsiasi apprendimento è un
trasferimento di abilità dall’emisfero sinistro al
destro, dall’Io, o dal Sé mentale, al Sé istintivo.
Ecco perché è così importante che le
connessioni cerebrali funzionino bene.
Il trasferimento di informazioni dall’emisfero
sinistro del cervello all’emisfero destro è un
auto apprendimento, ed è il quarto modo in
cui si formano le credenze. Nei capitoli
precedenti abbiamo compreso il modo in cui
il Sé istintivo si forma le credenze a seguito di
esperienze subite (dai genitori e così via), ora
abbiamo appreso come possiamo sviluppare
nuove credenze autonomamente. Imparare
un’abilità, come guidare un’automobile, o
423
imparare ad avere autostima, o acquisire una
convinzione positiva, sono tutte forme di
apprendimento, sono un trasferimento di
informazioni dall’emisfero sinistro al destro.
Nei tre modi che abbiamo visto
precedentemente, sono altri che inviano al Sé
istintivo a al Sé mentale gli input che
diventano convinzioni o credenze, in questo
caso, invece, è l’Io che comunica
consapevolmente con le coscienze inferiori
per insegnare loro nuove convinzioni o nuove
abilità. È l’Io che diventa loro maestro.
A questo punto avevo dunque a disposizione
tutti gli elementi per comunicare con le
coscienze dentro di noi, il Sé mentale, ma
soprattutto il Sé istintivo, colui che vive di
emozioni e che ha in sé il potere di attirare la
realtà.
Sapevo che le mie lezioni stavano tutte nel Sé
istintivo e nel Sé mentale, ciò che mi mancava
era uno strumento efficace per comunicare
con loro, uno strumento che mi permettesse
di diventare il loro maestro per sciogliere le
loro ferite, cambiare le loro credenze
limitanti, e trasformare le emozioni negative
del Sé istintivo in sentimenti di amore. I
424
contatti crociati erano la via attraverso cui
potevo, finalmente, accedere ai miei sé
inferiori e comunicare con loro.
Utilizzando i contatti crociati iniziai così a
sperimentare su di me tutto ciò che avevo
appreso. Cominciai a insegnare al mio Sé
istintivo nuove credenze positive, e quando
mi rendevo conto che non era disposto ad
accettare i miei insegnamenti, gli chiedevo
aiuto per cercare di trovare quali esperienze
infantili avessero generato i suoi blocchi. Una
volta trovate le cause delle sue resistenze, misi
a punto un processo per scioglierle e fare sì
che cambiasse opinione sugli obiettivi che
prima ostacolava.
Ci volle del tempo, ma piano piano mi resi
conto che le cose funzionavano. Sentivo
dentro di me un nuovo benessere. Mi trovavo
a volte a ridere senza un motivo preciso, mi
sentivo più positivo e percepivo come stavano
cambiando i miei pensieri.
Presto i cambiamenti interiori cominciarono a
riflettersi all’esterno, e i risultati furono
incredibili. I grandi blocchi del passato si
425
stavano sciogliendo e le cose cominciavano a
fluire intorno a me. Scrissi il mio primo libro,
“L’Inconscio per Amico”, seguito da “Cronaca
di un Risveglio Spirituale”. Cominciai a tenere
seminari in giro per l’Italia, riuscii, dopo anni,
a lasciare il vecchio lavoro, che mi aveva
appassionato, ma che ora non aveva più nulla
da darmi. E cominciai a volare.
Allora abitavo in un piccolo appartamento, con
un minuscolo giardino, in una palazzina di
Monza, ma cominciai a sentire il bisogno del
verde. Mi ero stancato dell’asfalto e del
cemento, mi ero stancato delle code in auto e
dell’odore dei fumi dei combustibili. Avevo
bisogno di respirare e di sentirmi parte della
natura. In pochissimi mesi riuscii a vendere il
mio piccolo appartamento ad un prezzo ben
più alto del valore di mercato e a comprare
una porzione di cascina di oltre 200 metri
quadri, immersa nel parco del Curone, con il
bosco che quasi mi entra in casa. Un paradiso,
un luogo in cui mi sento a casa, circondato dal
cinguettio degli uccelli, dal verde intenso, da
un cielo azzurro. I miei sogni si stavano
realizzando, uno ad uno!
La tecnica dei contatti crociati è fantastica
426
perché ci permette di comunicare con le
nostre coscienze inferiori, ma è anche un
ottimo strumento per ripristinare le
connessioni cerebrali. Abbiamo bisogno di un
cervello che funzioni bene se vogliamo
diventare sempre più consapevoli e se
vogliamo diventare gli autori del nostro
destino. È per questo motivo che consiglio a
tutti di imparare qualche tecnica di
kinesiologia applicata. Sono fondamentali per
mantenere un cervello giovane. Ce ne sono
tante, alcune sono specifiche per la
connessione della lateralità, altre per la
connessione della centratura, altre per la
focalizzazione. Potete scaricare dal mio sito
diversi esercizi, e se li praticherete
regolarmente, vi garantisco che, col tempo, vi
troverete una mente più aperta e ricettiva, e vi
sarà più semplice rimanere centrati ed essere
maestri di voi stessi.
Dopo anni di sperimentazione ho messo a
punto un metodo che riassume tutto ciò che
avevo provato funzionare, prima su di me, e
poi sulle tante persone che avevano
cominciato ad applicarlo.
Quel metodo, IWAY, rappresenta i primi due
427
gradini di quello che chiamo “Processo di
Integrazione”, integrazione di ogni parte di
noi stessi, per sentirci finalmente Uno con
tutte le coscienze che sono in noi.
Il primo passo del metodo corrisponde al
seminario base, dove si impara a conoscere
tutte le coscienze inferiori, il Sé fisico, il Sé
istintivo ed il Sé mentale, e a comunicare
efficacemente con loro attraverso i contatti
crociati.
Soprattutto si impara a riconoscere le
controindicazioni del Sé istintivo e del Sé
mentale rispetto a ciò che vogliamo insegnare
loro, perché, come abbiamo già detto, non
sono macchine e, contrariamente ai computer,
non accetterebbero mai un insegnamento
contrario alle loro convinzioni più profonde.
Facciamo un esempio molto semplice. Se ho il
terrore dei cani perché da piccolo sono stato
aggredito e morso da un cane lupo, non posso
pensare di registrare la credenza “Mi sento
sicuro e a mio agio vicino a qualsiasi cane”,
perché la coscienza del Sé Istintivo mi
prenderebbe per pazzo. Lui, il Sé istintivo, ha
vissuto un’esperienza reale che gli ha
insegnato una cosa molto precisa: i cani sono
428
cattivi e pericolosi. Nella sua limitata
razionalità non avrebbe potuto capire che
“solo quel cane lupo” era cattivo, o comunque
avrà avuto le sue buone ragioni per avermi
aggredito. Il Sé Istintivo fa associazioni molto
elementari: “un cane mi ha aggredito e mi ha
morso, dunque i cani sono cattivi e pericolosi”.
Questo tipo di associazione che in psicologia si
chiama “generalizzazione” è molto frequente
ed è la causa di moltissimi problemi.
Se insegno al Sé istintivo la credenza “Posso
sentirmi sicuro e a mio agio vicino a qualsiasi
cane” e lo faccio mentre mi trovo
comodamente seduto nella poltrona della mia
casa, dove mi trovo al sicuro e lontano da
qualsiasi cane, può essere che il Sé Istintivo mi
faccia capire che ha accettato quella credenza,
ma tale accettazione può risultare superficiale
e provvisoria. Infatti è molto probabile che la
prossima volta che incontrerò di nuovo un
cane, abbia le stesse reazioni di paura e terrore
che provavo prima.
Per comprendere e rispettare il vissuto del Sé
istintivo ho quindi inserito nel processo un
test per verificare eventuali sue
controindicazioni, palesi o nascoste, rispetto a
ciò che gli si vuole insegnare. Se non ha
controindicazioni, il Sé istintivo impara
429
facilmente qualsiasi nuova abilità, nel caso
invece dovesse avere dei motivi fondati per
non accettarla, si procede ad evidenziare e
sciogliere quei motivi, così che non abbia più
controindicazioni rispetto al nuovo
insegnamento.
Durante il seminario base si ha dunque la
possibilità di conoscere il Sé istintivo, e gli altri
Sé inferiori e si apprendono tutte le dinamiche
e la tecnica per comunicare in modo efficace
con loro. Ma perché quei Sé siano disposti a
diventare nostri alleati occorre il processo più
importante. Occorre imparare le lezioni che ci
spettano, assumendoci la responsabilità di
guarire il nostro passato.
Se abbiamo in noi emozioni negative e
oscurità, il nostro compito è quello di
trasformarle. Forse è proprio per questo
motivo che l’inconscio (che ora sappiamo
essere i nostri Sé inferiori) viene chiamato
anche “ombra”. Compito dell’Io è portare luce
dove c’è ombra, portare consapevolezza, là
dove c’è inconscio, e farlo significa fare pace
col passato. Non attraverso le convinzioni del
Sé mentale, quello è facile e forse lo abbiamo
già fatto. Ma con le credenze e le emozioni del
430
Sé istintivo.
Molte persone hanno subito dai genitori
violenze infantili, traumi, ingiustizie. In alcuni
casi il male è stato così grande che anche il Sé
mentale non vuole perdonare, ma capita
spesso che le persone che vengono ai seminari
mi dicano di avere già perdonato il papà o la
mamma per il male che hanno fatto loro.
Nella maggioranza di questi casi, soprattutto
quando c’è stata un’educazione rigida, e
magari anche cattolica, o comunque le
persone abbiano maturato un poco di
saggezza, il Sé mentale ha compreso i genitori
e li ha perdonati. Ma non certo il Sé istintivo.
Questo è il caso più eclatante in cui i due Sé
inferiori si trovano in conflitto. Il Sé mentale è
convinto che anche il Sé istintivo abbia
perdonato, ma non è così. Basta poco per
verificare il contrario, anche con un test
muscolare ben fatto la persona si rende conto
del conflitto tra i due Sé.
Questo secondo passo, quello di guarire le
ferite del passato per imparare le nostre
lezioni e sciogliere tutte le cause che ci
impediscono di raggiungere i nostri obiettivi,
è lo scopo del seminario IWAY avanzato.
431
Nel secondo gradino del metodo IWAY
riscriviamo la nostra storia personale. Il Sé
istintivo ha vissuto come abbandoni semplici
esperienze che una coscienza matura avrebbe
vissuto in modo del tutto normale. Ma il Sé
istintivo non è una coscienza matura, non è un
Sé mentale, tanto meno un Io saggio. È la
coscienza emotiva del mammifero. Lo
possiamo paragonare a qualsiasi animale. Lo
ripeto ancora, quando uso il termine
“animale”, non mi riferisco a qualcosa di
inferiore, anzi, mi riferisco ad un essere
meraviglioso, che però non è dotato
dell’intelligenza dell’essere umano. Ha
un’intelligenza razionale assai limitata e vive
soprattutto di emozioni. Un animale non può
capire, soprattutto se è cucciolo. Vive le
esperienze giudicandole con la sua capacità
cognitiva. Un bambino non può capire che
solo quel cane da cui è stato morso da piccolo
era “cattivo”, e che probabilmente la sua
aggressività era la conseguenza della
percezione di un pericolo. Per lui tutti i cani,
da quel momento in poi, sono cattivi.
Lo stesso vale per la mamma o il papà. Se il
bambino subisce un torto, magari un torto
ripetuto, se si sente ferito, abbandonato, non
ascoltato, non capito, se si sente rifiutato,
432
all’inizio, soffre, poi quel dolore si tramuta in
rabbia contro chi l’ha fatto soffrire. Questo è il
Sé istintivo. E quel rancore rappresenta la
lezione che dobbiamo apprendere e superare.
Quel rancore farà sì di attirare esperienze
dolorose nell’età adulta (legge dell’attrazione)
per fare in modo che l’Io, prima o poi,
comprenda ed accetti di guarire la sua ferita e
di imparare la sua lezione.
I partecipanti al seminario avanzato, tramite
un manuale di circa 100 pagine, imparano a
riconoscere le emozioni del Sé istintivo, anche
le più nascoste, e rivedono tutte le esperienze
che le hanno generate. Imparano a riconoscere
tutte le convinzioni, gli atteggiamenti “malati”
e i sensi di colpa che condizionano la loro vita.
Imparano a vedere i pensieri, i giudizi, le
critiche del Sé mentale, e apprendono una
tecnica semplice che li guida, passo passo, a
sciogliere tutte le esperienze del passato per
trasformare le emozioni negative del Sé
istintivo in sentimenti di amore, e i pensieri
limitanti del Sé mentale in convinzioni
costruttive.
Mentre sperimentavo questo secondo gradino
di IWAY, mi sono reso conto che in alcuni casi
433
il processo attraverso cui l’Io accoglie
l’esperienza vissuta dal Sé istintivo, per
scioglierla, può essere bloccato dal Sé mentale.
Questo accadeva in persone molto razionali, o
persone che hanno imparato a difendersi dal
dolore chiudendo la porta alle emozioni. Non
è stato semplice affrontare e risolvere questo
tipo di chiusura, così come risolvere il
problema di chi non riusciva a ricordare il
proprio passato.
Con le persone che avevano facilità di accesso
alle emozioni la riscrittura della propria storia
avveniva facilmente, ma per chi era troppo
razionale, perché aveva un Sé mentale
estremamente forte, i risultati non arrivavano
così facilmente. In alcuni casi, l’accesso al Sé
istintivo sembrava bloccato.
Quando siamo concentrati su un problema
che vogliamo risolvere, quando siamo
determinati, aperti e fiduciosi, in un modo o
nell’altro attiriamo a noi la soluzione che
ricerchiamo. Durante un seminario a Firenze,
Barbara, la proprietaria di una libreria che mi
ha organizzato diversi corsi in Toscana, mi
parlò di un metodo, “Codice di Guarigione”,
che secondo lei si integrava perfettamente con
434
il mio.
Lessi il libro dove viene spiegata la tecnica e lo
trovai molto interessante, ma non mi
soddisfaceva del tutto. Dopo tanti tentativi e
aggiustamenti, mi resi conto che era la
soluzione perfetta per affrontare in modo
dolce ed etico il problema delle persone
troppo razionali, o senza ricordi dell’infanzia.
A quel punto il metodo era completo e poteva
rispondere perfettamente a qualsiasi tipo di
persona.
Con quell’integrazione tutti hanno potuto
accedere al Sé istintivo, chi in modo più veloce
e diretto, chi, invece, in modo più dolce,
aggirando le resistenze razionali del Sé
mentale.
Sono estremamente contento di ciò che ho
creato. Sento che affronta tutte le
problematiche che si possano incontrare nel
cammino di crescita di una persona. È un vero
percorso di consapevolezza, niente è lasciato al
caso, anche la più piccola emozione negativa
del Sé istintivo può essere affrontata e sciolta.
Ma la cosa che più mi rende felice è che
risponde esattamente al desiderio che mi
guida da sempre. Il metodo che ho messo a
435
punto è un processo di comunicazione
consapevole. Non ci sono magie. Non si
ricorre alla fisica quantistica, i cosiddetti salti
quantici, quando ci sono davvero, sono solo il
frutto di un processo di consapevolezza. Sono
il risultato di una presa di coscienza dei Sé
inferiori che, comprendendo le esperienze,
fanno avvenire dei piccoli, o grandi, miracoli.
Il metodo IWAY richiede una sola cosa perché
funzioni. La presenza dell’Io. È l’Io che deve
apprendere le sue lezioni, è quindi l’Io che si
deve erigere a Maestro delle coscienze
inferiori, per comprenderle, accettarle,
amarle, guarirle e farle crescere. È qualcosa
che solo l’Io può fare. Nessuno può farlo per
noi. Questa è evoluzione.
L’unico requisito, quindi, per intraprendere
questo percorso è la consapevolezza, la
presenza, l’essere svegli. Occorre aumentare
quella percentuale del 5% in cui, normalmente,
l’Io è sveglio. Ma ne vale la pena. Ne vale la
pena, perché nati non fummo per viver come
bruti, ne vale la pena perché la nostra vita
cambia radicalmente. Ne vale la pena perché
436
tutto assume un altro colore. È come se la Vita
iniziasse di nuovo, come una rinascita. Mentre
scrivo queste pagine mancano cinque giorni
alla Pasqua, e ciò di cui sto parlando
corrisponde esattamente a quel momento.
Non fraintendetemi. Non sono così
presuntuoso. Ciò che voglio dire è che l’Io, che
dorme per il 95% del tempo, può essere
benissimo rappresentato con la morte della
coscienza, sepolta dentro la tomba dei Sé del
mammifero che abitiamo, che, per loro natura
sono incoscienti. Il Risveglio dell’Io, che si
assume il compito di Maestro di sé stesso, può
corrispondere alla sua resurrezione per una
vita piena, libera e consapevole.
Credo fortemente nella nostra capacità
intrinseca di cambiare, perché credo nell’Io di
ciascuno di noi, come emanazione del
Superconscio. Sono convinto che le persone
dovrebbero essere messe il più possibile a
conoscenza di tutte le opportunità che hanno a
disposizione, del fatto che non esiste nulla di
infattibile, del fatto che il cambiamento è più
semplice di quanto ci abbiano mai fatto
credere finora. Penso che sia un dovere per
tutti coloro che dispongono di questi
437
strumenti diffonderli il più possibile, perché
ognuno abbia la possibilità di cambiare in
meglio la propria vita.
Non ci potrà essere una vera e profonda
guarigione fisica, emozionale, mentale o
spirituale, finché non avremo compreso,
accettato, amato ed integrato tutte le coscienze
che sono in noi, a partire dal Sé istintivo.
Descriviamo ora la tecnica di kinesiologia
applicata dei contatti crociati. Probabilmente
non tutti la conoscono, la si apprende molto
bene durante i seminari IWAY, se però
desiderate cominciare a comunicare con il
vostro Sé istintivo è opportuno conoscere in
cosa consiste.
La tecnica si compone di due fasi, la prima è
quella in cui si comunica con le altre coscienze
in noi, ed è la più importante, mentre la
seconda è una fase di chiusura.
438
FASE 1
Siediti e incrocia i piedi in modo che una
caviglia riposi sull’altra.
Stendi le braccia in avanti appoggiando un
polso sopra l’altro e, girando i palmi delle
mani all’interno, intreccia le dita. Mantenendo
le dita intrecciate ruota le mani all’interno fino
ad appoggiarle sul petto.
Scegli la mano e il piede che stanno sopra
come ti viene più naturale. La tecnica di
kinesiologia applicata, non richiede alcun test
per stabilire quale mano o piede mettere sopra
e quale sotto. Se hai dei dubbi, la cosa migliore
da fare è di incrociare le dita delle mani, e il
pollice che sta sopra ti dice quale mano e
piede devono stare sopra. La cosa migliore,
però, è di lasciarsi guidare dal corpo, dal Sé
fisico, e incrociando mani e piedi nel modo
che viene più spontaneo.
Appoggia la punta della lingua sul palato,
dietro gli incisivi. La posizione della lingua
439
non dovrebbe costare fatica, la lingua
dovrebbe rimanere rilassata e appoggiata, solo
la punta deve essere rivolta in alto.
Tieni gli occhi chiusi, e rimani in questa
posizione per almeno un minuto.
È in questa posizione che puoi comunicare
con le tue menti inconsce.
440
FASE 2
Sciogli le mani e i piedi. Appoggia le piante
dei piedi a terra, sciogli anche la posizione
della lingua e apri gli occhi. Ora unisci i
polpastrelli delle dita delle mani, come a
formare una sfera, e rimani in questa
posizione per una trentina di secondi.
Il solo rimanere nella posizione dei contatti
crociati, riduce lo stress, crea centratura
emozionale, radicamento, aumento
dell’attenzione. Inoltre, aiuta negli esami o
prove simili, migliora l’autocontrollo, migliora
il sentirsi a proprio agio nell’ambiente e dà
una respirazione più profonda.
La lingua sul palato stimola il sistema
limbico per un processo emozionale in
sintonia con il ragionamento più raffinato dei
lobi frontali.
441
Posizione dei
contatti crociati
442
16. I 3 SÉ E FREUD
Nei capitoli precedenti abbiamo tratteggiato
una nuova visione di come siamo fatti, di chi
agisce e opera dentro di noi e dei perché
pensiamo e re-agiamo in un certo modo,
piuttosto che in un altro. Forse stiamo
rispondendo al vecchio detto: “conosci te
stesso”, abbiamo cominciato a sistemare i
primi tasselli che ci consentiranno di entrare
profondamente in noi stessi per compiere
quel processo di trasformazione e guarigione a
cui ambiscono tanti di noi.
Abbiamo compreso che coesistono diverse
coscienze nel nostro essere, una coscienza
puramente biologica (il Sé fisico), una
coscienza istintiva ed emozionale (il Sé
istintivo), una coscienza logica e razionale (il
Sé mentale) e infine l’Io, il padrone della
baracca, che però dorme per la gran parte del
tempo e, spesso, è dominato dalle emozioni e
dalle auto critiche del Sé istintivo e del Sé
443
mentale. Il Superconscio, in questo gioco,
guarda e sorride. A volte interviene, ma il più
delle volte ci lascia vivere le nostre esperienze,
perché è solo tramite esse che l’Io compie il
suo risveglio.
Le varie scuole di psicologia hanno cercato
di spiegare questi fenomeni con tante teorie, a
partire dalla psicoanalisi, fino alle tante sub-
personalità che descrivono i vari ruoli che
svolgono le varie coscienze dentro di noi.
Quello che vorrei fare in questo capitolo è di
tentare di riarmonizzare alcuni dei termini
utilizzati negli anni per identificare i vari
contenuti inconsci dell’essere umano, con le
coscienze che abbiamo conosciuto in queste
pagine.
Tutto ciò che riguarda l’inconscio, la mente
inconscia, è sempre stato qualcosa di vacuo, di
non chiaramente comprensibile. Ci sono
terapeuti, ma soprattutto formatori che
parlano di riprogrammare l’inconscio, di
cambiare le sue credenze, senza però mai dirci
cosa è. Questa per me è una cosa inaccettabile.
444
Nelle varie scuole di pensiero, si parla di
istanze intrapsichiche, di luoghi della
coscienza, di componenti dell’essere umano,
di strutture, o stati dell’io, di parti della
coscienza. Vi paiono termini comprensibili?
Riusciamo tutti a comprendere di cosa stiamo
parlando?
Mi rendo conto della difficoltà di descrivere
qualcosa che sappiamo esistere, perché ne
riscontriamo quotidianamente la presenza in
tutto ciò che facciamo e che non è voluto dalla
nostra volontà. D’altra parte la mia razionalità
mi impediva di accettare come un dogma
tutto ciò che non è immediatamente
comprensibile, spiegabile e di buon senso. È
questo mio desiderio di comprendere che mi
ha portato a conoscermi sempre di più, fino a
maturare il contenuto di questo libro.
Dire “la cellula è intelligente”, è qualcosa che
tutti possiamo comprendere. La cellula
sappiamo cos’è, e sappiamo tutti cosa vuol
dire essere intelligente: vuol dire che è in
grado di capire, di giungere ad una conoscenza
reale, di raggiungere degli obiettivi, grazie alla
capacità di memorizzare ed elaborare le
445
informazioni che ha acquisito. La cellula ha
dunque un suo Sé.
Se ha un Sé la cellula, a maggior ragione ha
un Sé ciascun organo composto da cellule e
l’intero corpo (Sé fisico). Così ha un Sé il
sistema nervoso, il cervello della pancia e della
testa (Sé istintivo e Sé mentale). Sono tutte
intelligenze, soggetti ben identificati che
hanno obiettivi, sanno memorizzare e pensare
(anche se la capacità di elaborare può essere
molto lenta), sanno trarre conclusione dagli
input ricevuti dall’esterno e sanno re-agire a
questi input.
Diamo per scontato che riconosciamo
l’intelligenza dell’Io, che non discende
dall’evoluzione della cellula e della cui origine
abbiamo precedentemente parlato. Abbiamo
appreso che l’Io osservatore è in grado di
osservare i pensieri del Sé mentale e volendo
di lasciarli andare, di riconoscere le emozioni
del Sé istintivo e, se ne ha la forza, di
scioglierle.
Diamo per scontata anche la presenza di una
coscienza superiore, il Superconscio, da cui
provengono la creatività, le intuizioni, la
sensazione di espansione e amore
incondizionato.
446
La finalità di questo libro è il tentativo di
fare chiarezza e di esprimere un punto di vista
frutto dell’osservazione e dell’esperienza.
Ritengo questo lavoro un primo passo e sarei
felice che le ipotesi esposte potessero essere
raccolte, dibattute, ampliate, chiarite,
modificate. Purché alla base ci sia sempre
l’apertura mentale, la disponibilità ad
accogliere e verificare, piuttosto che la
chiusura e l’arroccamento sul proprio punto di
vista.
È solo questo il mio intendimento, e spero
vivamente che sia accettato come spunto di
riflessione e come base per altri e più
approfonditi studi.
Il termine inconscio è stato utilizzato da
secoli per identificare un insieme di cose non
sempre omogenee ed è bene distinguere di
cosa stiamo parlando per evitare
fraintendimenti.
Intanto, il termine identifica
inequivocabilmente qualcosa di sconosciuto. È
inconscio tutto ciò che non è conscio, che non
è presente alla coscienza. E fino a questo
punto siamo tutti d’accordo. Però, quando ci
447
riferiamo all’essere umano e alle varie teorie
sull’inconscio occorre fare chiarezza perché
non esiste una definizione che metta tutti
d’accordo.
Già Platone parlava di un sapere nascosto
all’interno dell’anima umana e, in questa
concezione, era molto vicino al concetto
junghiano di inconscio collettivo. Ma è il
filosofo Gottfried Leibniz per primo a
individuare che nell’uomo ci sono pensieri di
cui non siamo coscienti.
C’è dunque un utilizzo del termine
“inconscio” per identificare due cose distinte:
una che ha a che fare col mammifero (i
pensieri e le azioni di cui non siamo
consapevoli) e l’altra che, invece, si riferisce
alla coscienza superiore, il Superconscio (gli
archetipi, le idee metafisiche, i paradigmi di
Platone e di Jung).
Tutto questo insieme di attività dell’essere
umano sono state attribuite di volta in volta
all’inconscio, alla mente inconscia, alla mente
subconscia, senza capire mai esattamente di
cosa si stesse parlando.
Sigmund Freud, con la psicanalisi, è stato il
primo a individuare, all’interno dell’essere
umano, le diverse fonti da cui scaturiscono
tutti quei pensieri e azioni non controllate
448
dalla coscienza. In realtà il primo a formulare
il termine “Es”, come contenitore dei
contenuti psichici rimossi fu Groddeck, anche
se poi fu Freud a completare il primo quadro
sulle componenti inconsce dell’essere umano.
La Psicoanalisi
Freud ha identificato tre istanze psichiche
nell’essere umano: l’Es, l’Io ed il Super-io.
L’Es
L’Es, secondo Freud, è quella istanza
intrapsichica che “rappresenta la voce della
natura nell’animo dell’uomo”. È il luogo dei
contenuti psichici rimossi, cioè scartati dalla
coscienza, è il territorio delle pulsioni che
spingono incessantemente al soddisfacimento
del piacere e dei bisogni egoistici.
Secondo Freud, nell’Es non vigono le leggi
della logica, non esistono giudizi di valore, non
funzionano i meccanismi della memoria, a tal
punto che i contenuti di tale sfera non
risultano modificati nel tempo. L’Es possiede
una capacità di immagazzinare un’enorme
quantità di ricordi rimossi, soprattutto
infantili, ed è per questo motivo che può
449
essere causa di nevrosi, ovvero di disturbi che
scaturiscono dal conflitto tra elementi
coscienti (Io) e ricordi che il Super Io non
vorrebbe rievocare. Inoltre, secondo Freud,
l’Es consiste di istinti che rappresentano la
riserva individuale di energia psichica. Il più
importante è quello sessuale.
Se rileggiamo queste parole, riusciamo
facilmente a comprendere che nell’Es di Freud
ci sono sia le spinte naturali e biologiche del
Sé fisico, come ad esempio la spinta sessuale
finalizzata alla riproduzione, e sia tutti i
traumi subiti nell’infanzia dal Sé istintivo, che
lo hanno portato a reagire, ad esprimere
pulsioni a volte incontrollate, a soddisfare i
propri bisogni egoistici.
È importante però comprendere che l’Es
non è sempre qualcosa di negativo. Se un
bambino riceve tutte le attenzioni e l’amore di
cui ha bisogno, il nostro Sé istintivo, che
rappresenta una parte considerevole dell’Es di
Freud, raggiunge quella maturità emotiva che
hanno quasi tutti gli animali chi vivono liberi e
lontano dall’uomo. Quel Sé istintivo maturo,
non avrà pulsioni sessuali incontrollate, anzi,
sarà un alleato docile e potente al servizio
450
dell’Io.
Il Super-Io
Secondo Freud il bambino costruisce il suo
Super-io, rapportandosi ai suoi genitori non
solo in base a quello che i genitori gli dicono,
ma soprattutto a come glielo dicono, a come si
rapportano a lui e a come si rapportano tra di
loro. Il Super-io si sviluppa, soprattutto, a
seguito dell’influenza del padre, la figura
generalmente più rigida ed autoritaria in
famiglia.
Gli impulsi ed i ricordi rimossi che risiedono
nell’Es tendono spontaneamente a tornare alla
coscienza, ma dato che ciò risulterebbe
pericoloso per la stabilità psichica del soggetto,
il Super-io li respinge opponendo tutte le
resistenze possibili.
È possibile osservare il Super-io quando non
si compie un’azione che si vorrebbe compiere,
anche se non ci sono coercizioni che la
impediscono.
Secondo Freud, il Super-io è anche fonte di
vergogna, senso di colpa, angoscia e timore
della punizione.
Infine, Freud sostiene che il Super-io è il
rappresentante dei più alti ideali etici e morali
451
che gli esseri umani coltivano, è un’entità
sovrannaturale alla quale ci si appella per
placare le proprie ansie.
Il Super-io di Freud è il Sé mentale, che,
giustamente si sviluppa nell’infanzia. In effetti
il Sé mentale acquisisce tutte le sue credenze
soprattutto nel rapporto con i genitori. Se i
genitori sono maturi, amorevoli, non rigidi, se
sanno dare la giusta fiducia al bambino e gli
permettono di maturare una sana autostima,
ecco che il Sé mentale diverrà un ottimo
alleato dell’Io, se però i genitori non sono stati
sufficientemente amorevoli, già il Sé istintivo
avrà vuoti e carenze che tenterà di
compensare con qualche dipendenza. Se poi i
genitori danno un’educazione rigida, al
bambino, ecco che il Sé mentale si troverà a
criticare, giudicare, combattere tutti i tentavi
del Sé istintivo di colmare i suoi vuoti affettivi.
Nel Super-io di Freud, però ci sono elementi
che non hanno nulla a che fare con la
coscienza del Sé mentale, come i più alti ideali
etici e morali che gli esseri umani coltivano.
Per Freud, il Super-io è un’entità
sovrannaturale alla quale ci si appella per
placare le proprie ansie. Quest’ultima
definizione non ha nulla a che fare con la
coscienza del Sé mentale, che invece, pur
452
essendo estremamente logica e razionale, può
anche essere rigida, chiusa e soprattutto legata
alle proprie convinzioni apprese durante la
vita. Quando parliamo di qualcosa di
sovrannaturale ci possiamo solo riferire al
Superconscio, e a quelle aperture di coscienza
che, filtrando le barriere del Sé mentale, dal
Superconscio arrivano fino all’Io.
L’Io
L’Io, secondo Freud, è la componente
razionale dell’essere umano, che deve domare
le pulsioni istintive dell’Es. L’Io dipende dal
mondo esterno, ha il compito di conoscerlo e
di distinguere ciò che è obiettivo da ciò che è
deformato dai desideri (esame di realtà). Di
conseguenza l’Io diventa la sede propria
dell’angoscia, dovuta al triplice pericolo cui il
soggetto è esposto: il pericolo che incombe dal
mondo esterno, dalla libido dell’Es e dal rigore
del Super-io.
Freud non ha riconosciuto l’Io osservatore,
come coscienza a sé stante. Parla di lui,
quando dice che l’Io diventa la sede
dell’angoscia, per la fatica di difendersi dalle
pulsioni dell’Es e dalle critiche del Super-io,
ma, il più delle volte, identifica l’Io con il Sé
453
mentale, nel suo ruolo di soggetto razionale
che sa stare al mondo. L’io di Freud è dunque
il Sé mentale quando è sano e razionale. Ma
parliamo di due coscienze ben distinte: la
prima, il Sé mentale, che è una coscienza del
mammifero, anche se estremamente evoluta,
in grado di studiare, di lavorare e di vivere una
vita sana ed equilibrata, l’altra è l’Io
osservatore, quella coscienza in più che è unica
dell’essere umano e che non appartiene a
nessun altro mammifero.
L’io di Freud corrisponde all’Io osservatore
solo quando deve difendersi dal rigore del
Super-io. In quel caso si osserva la differenza
tra i due soggetti. Per la gran parte del tempo,
quando il Sé mentale è equilibrato e non
giudica il Sé istintivo, Freud identifica
completamente il Sé mentale col suo io.
Ben diverso è il pensiero di Jung che
riconosce l’osservatore in contrapposizione
all’io freudiano. Per Jung, l’io di Freud
andrebbe cacciato dal ruolo di padrone del
sistema psichico, per conferire invece tale
scettro regale al Sé (il nostro Io, la coscienza
che identifica l’essere umano rispetto agli altri
mammiferi) quale nuova identità dinamico-
relazionale in divenire, a cui l’Io di Freud (che
corrisponde al nostro Sé mentale) sottostà
454
come una sorta di servo fedele.
Notiamo qua in Jung, una visione dell’Io
molto simile a quella esposta in questo libro.
Abbiamo così riarmonizzato tutte quelle
“istanze psichiche” delle teorie psicoanalitiche
con soggetti pensanti ben identificati. Non
parliamo più di parti astratte, ma identità ben
identificate e con una propria coscienza.
Identità a cui possiamo rivolgerci e con le
quali possiamo tranquillamente comunicare,
riconoscendo anche i loro obiettivi e i loro
bisogni.
Riconoscendo la loro individualità, viene
molto più facile per l’Io osservatore diventare
maestro e terapeuta delle coscienze che
convivono in lui. Solo l’approccio empatico
verso queste coscienze rappresenta già da sé,
quasi la metà del processo terapeutico.
Mi piace concludere questa brevissima
analisi del pensiero psicoanalitico, con alcune
frasi di Jung che lasciano intravedere, in modo
esemplare, come il grande psicoanalista
svizzero percepiva in modo estremamente
chiaro la presenza di altre coscienze, altri
soggetti pensanti dentro di noi.
455
“In ognuno di noi c’è un altro che non conosciamo
e che ci parla attraverso il sogno...”.
Questa è forse la frase più esplicita, che
evidenzia la presenza di un altro dentro di noi,
il Sé istintivo, che ci parla attraverso il sogno,
quando il Sé mentale dorme e lui ha la
possibilità di esprimere tutte le sue emozioni.
“Non sappiamo niente dell’uomo, molto poco. La
sua psiche dovrebbe essere studiata perché siamo
l’origine di tutti i mali che esistono”.
Questa frase dà una visione un poco
pessimistica dell’essere umano, evidenzia però
i danni che un Sé mentale malato può
compiere, quando è spinto dal suo egoismo
individualista e non è bilanciato ed
armonizzato dalle tendenze sociali del Sé
istintivo.
“Pensare è molto difficile. Per questo la maggior
parte della gente giudica”.
In questa frase vediamo benissimo il
rammarico per l’assenza dell’Io osservatore
che pensa saggiamente quando è sveglio,
mentre quando dorme è il Sé mentale a
456
pensare e a giudicare spinto dai suoi
pregiudizi e dalle sue credenze, maturate
nell’età infantile e nell’adolescenza.
“La riflessione richiede tempo, perciò chi riflette
già per questo non ha modo di esprimere
continuamente giudizi” .
Questa frase è un po’ il prosieguo della
precedente. Finché siamo svegli, è l’Io che
tiene le redini dei Sé intermedi, ed il Sé
mentale non ha modo di esprimere
continuamente giudizi.
“Di regola le grandi decisioni della vita umana
hanno a che fare più con gli istinti che con la
volontà cosciente e la ragionevolezza”.
Anche quest’ultima frase è illuminante, e
conferma due concetti che abbiamo sostenuto
più volte nel libro: il primo, quando la volontà
dell’Io e le emozioni del Sé istintivo sono in
conflitto, chi vince è sempre l’emozione; il
secondo, il Sé istintivo è lo strumento che usa
il Superconscio per farci vivere le esperienze
che dobbiamo vivere. È così che prendiamo le
decisioni più importanti, non con la volontà,
ma spinti dagli istinti che non riusciamo a
457
governare. È solo in questo modo che
affrontiamo, volenti o nolenti, le esperienze e
le lezioni che ci servono.
Altre scuole di pensiero sulle componenti
psichiche dell’essere umano
L’Analisi Transazionale è considerata una
teoria della personalità, dello sviluppo e delle
comunicazioni relazionali, per questo
differisce alquanto dalle teorie della
psicoanalisi, avvicinandosi molto alle teorie
cognitivo-comportamentali. Nonostante
questo, permangono i legami con la
psicoanalisi freudiana per quanto riguarda i
punti di contatto tra le topiche freudiane.
L’analisi transazionale teorizza l’io come
formato da tre strutture rappresentate
graficamente come una sola personalità,
ovvero i tre Stati dell’Io, ognuno con le
proprie funzioni: Genitore (che potrebbe
corrispondere al Super-io di Freud), Adulto
(identificato con l’Io. Anche in questa teoria
non si riconosce la coscienza dell’Io
osservatore), Bambino (che si identifica con
l’Es di Freud).
458
La comunicazione tra due individui può
essere letta come uno scambio tra stati diversi
o omologhi dei due io (ad esempio: Adulto-
Bambino, piuttosto che: Adulto-Adulto).
Inoltre, ogni comunicazione avviene su due
livelli che si influenzano reciprocamente, il
cosa si dice e il come lo si dice. Si comunica
secondo segnali verbali e non verbali e se il
verbale è contraddetto dal non verbale, si ha
u n a incongruenza. Ogni stato dell’Io ha
connotazioni positive e connotazioni negative,
a seconda che favorisca oppure impedisca
l’indipendenza della persona.
Dato che l’analisi transazionale non focalizza
troppo l’attenzione sulle diverse parti della
psiche dell’essere umano, ma sposta invece
l’attenzione sulle relazioni, la suddivisione tra
Bambino, Adulto e Genitore è utilizzata più
per l’approccio terapeutico che come visione
della psiche umana. Quest’ottica non
rientrerebbe tanto nella nostra analisi, però
come abbiamo affermato per la psicoanalisi, se
sappiamo di avere a che fare con un Sé
istintivo, quindi un soggetto pensante e ben
definito, un soggetto che ha subito i traumi,
che ha bisogno di amore, che ci può ascoltare e
capire, allora possiamo comprendere il perché
dei suoi comportamenti e, come abbiamo
459
visto nel capitolo precedente, possiamo
aiutarlo in modo molto più efficace per
condurlo verso relazioni più mature.
Anche la Psicosintesi di Assagioli si è
sviluppata dalla psicoanalisi, con gli stessi
concetti sulle differenze tra le parti in cui si
suddivide l’inconscio, con i vari Sé che
abbiamo conosciuto in questo libro. Segnalo
solo che nella Psicosintesi si dà molto spazio al
Superconscio, anche se non risulta ben chiaro
se, secondo Assagioli, è da tale coscienza che
scaturisce l’Io osservatore, il nostro sé che sta
sperimentando il mondo, il soggetto centrale
del processo di integrazione e di risveglio della
coscienza.
460
17. I 3 SÉ E I CHAKRA
Come ho già affermato all’inizio del libro,
non seguo alcuna religione in particolare, in
quanto ritengo che l’essere umano (l’Io
osservatore), sia arrivato ad un punto in cui
può essere in grado di svegliarsi, discernere e
camminare con le proprie gambe.
Ho scelto quindi di inserire un capitolo sulle
coscienze ed i chakra, solo perché di questi
ultimi se ne parla ormai diffusamente e sono
entrati nel linguaggio comune di moltissime
persone che seguono un percorso di crescita
personale. Oltre al fatto che c’è uno stretto
legame con le coscienze di cui trattiamo in
questo libro.
Secondo la tradizione induista, tutto ciò che
esiste è una combinazione di Coscienza (Shiva)
ed Energia (Shakti). A seconda delle tante
scuole di pensiero, che privilegiano l’aspetto
461
maschile (Shiva) o femminile (Shakti), le due
divinità assumono diversi nomi a seconda del
ruolo occupato nel processo di creazione,
evoluzione e dissoluzione della materia.
Consci della complessità e della vastità di
quelle tradizioni, in queste poche righe ci
limitiamo ad osservare, in estrema sintesi,
come l’induismo ha ipotizzato la
manifestazione della vita nell’essere umano e,
in questo ambito, il significato ed il ruolo dei
primi chakra.
Secondo l’induismo è la Shakti, l’Energia,
che si esprime in tutti gli aspetti della vita e
anche nell’essere umano. In particolare, la vita
manifesta nasce da un’emanazione della Shakti
chiamato Kundali. Kundali, essendo pura
energia, abbassa la sua frequenza fino a
diventare, materia tangibile. In questo
processo di manifestazione e incarnazione
nell’essere umano, l’energia Kundali, dopo
avere completato il suo compito, si ferma alla
base della colonna vertebrale. Nella
iconografia indù Kundali è raffigurata come
un serpente avvolto intorno al simbolo
maschile del fallo. Questo punto in cui riposa
Kundali corrisponde alla base dell’immagine
462
del Caduceo, l’asta con due serpenti avvolti,
che tutti conosciamo in quanto utilizzato dai
medici e farmacisti come simbolo del
processo di guarigione.
Quel punto dove riposa la Kundali, è
chiamato 1° chakra ed è, come tutti i chakra,
una porta tra la materia tangibile e la sua
controparte sottile, da cui la materia deriva.
Tutti i chakra sono posizionati lungo la
colonna vertebrale, dal primo, alla base della
colonna, all’ultimo, alla sommità del capo.
Questi chakra corrispondono anche ai punti in
cui i due serpenti si incrociano sul bastone del
Caduceo, che li regge.
I chakra, secondo la tradizione indù,
sarebbero quindi delle porte che uniscono il
piano fisico con il piano sottile e spirituale. Di
conseguenza queste porte avrebbero una
connessione con il piano fisico attraverso le
ghiandole endocrine, ed una connessione col
piano spirituale, da cui si origina tutta la vita. I
chakra hanno quindi sia un aspetto energetico,
sia un aspetto fisico, sia un aspetto psicologico.
Il 1° chakra, quello alla base della colonna
463
vertebrale, corrisponde al Sé fisico.
Quando si dice che una persona ha un buon
primo chakra, significa che la persona si trova
pienamente a suo agio nel corpo che abita, ha
un corpo sano e forte, inoltre è una persona
che si sente pienamente accettata e voluta, è a
proprio agio nell’ambiente e ha un senso di
fiducia nel mondo.
Si dice invece che una persona ha un 1°
chakra che non funziona correttamente
quando, ad esempio, è nata non desiderata, è
stata trascurata fisicamente, ha sofferto di
malnutrizione, o è vissuta in un ambiente
povero, o è vittima di paure.
Una persona con un 1° chakra
malfunzionante potrebbe soffrire di
sconnessione col corpo, essere sottopeso o
obesa, essere timorosa, ansiosa, pigra, stanca e
con la paura dei cambiamenti.
Come potete notare, la connessione tra 1°
chakra e Sé fisico è immediata. È quasi come
parlare della stessa cosa.
Ricordate che parlando della cellula,
abbiamo sostenuto che in essa esistono già, in
forma latente, tutti gli organi di un essere
464
adulto, compreso il sistema nervoso ed il
cervello? Questo significa che già nell’essere
unicellulare, e in qualsiasi cellula, è presente in
potenza tutto il processo evolutivo che la
porterà a diventare il mammifero più evoluto.
Questo significa anche che sono presenti, in
potenza, tutte le coscienze più evolute rispetto
al Sé fisico, e cioè il Sé istintivo ed il Sé
mentale.
Ora, quando la cellula evolve e deve
relazionarsi con il mondo esterno, inizia lo
sviluppo del Sé istintivo. Nella filosofia
induista questo processo equivale all’apertura
del 2° chakra, quello che corrisponde alla
fluidità e all’andare verso gli altri.
Il 2° chakra comprende la sfera delle
sensazioni, delle emozioni, della sessualità, del
movimento, del desiderio, delle necessità e del
piacere. Tutti questi scopi sono gli stessi del Sé
istintivo, che avendo come obiettivo la
socialità, la raggiunge attraverso tutti gli aspetti
che abbiamo appena evidenziato.
Scopo evolutivo del 2° chakra è
l’esplorazione del mondo attraverso i sensi, la
maturità emotiva, ed il conoscersi attraverso
l’altro. Non vi sembrano gli stessi scopi del Sé
465
istintivo?
E come per il Sé istintivo, i traumi per il 2°
chakra sono rappresentati da abusi sessuali,
abusi emotivi, situazioni instabili, abbandono,
freddezza, rifiuto, costrizione nei movimenti e
negazione degli stati emotivi del bambino.
Possiamo notare carenze o eccessi del 2°
chakra quando osserviamo: rigidità del corpo
e degli atteggiamenti, frigidità, paura del sesso,
socialità limitata, negazione del piacere, paura
del cambiamento, mancanza di desiderio.
Oppure: esibizionismo o ossessione del sesso,
ossessione del piacere, emozioni
eccessivamente forti, isteria, problema
bipolare, troppa sensibilità ed emotività,
manipolazione seduttiva, attaccamento.
Il 3° chakra corrisponde allo sviluppo del Sé
mentale. È il chakra del potere e della volontà.
L’essere umano inizia ad esprimersi e ad
affermare: io posso. Anche in questo caso, non
vi sembra di leggere la descrizione del Sé
mentale?
L’elemento del 3° chakra è il fuoco, che,
psicologicamente, corrisponde all’entusiasmo.
466
Il 3° chakra corrisponde al guerriero che con la
volontà raggiunge tutti i suoi obiettivi e spezza
i vecchi schemi per apprenderne dei nuovi.
Non vi sembra, anche in questo caso, che
stiamo descrivendo il processo di
individualizzazione del Sé mentale?
Infatti le sue caratteristiche sono: energia,
attività, autostima, individuazione, volontà,
potere, azione.
Un buon 3° chakra porterà: spontaneità,
capacità di gioco, senso dell’humor,
responsabilità, affidabilità, equilibrio, buona
autostima, personalità calorosa, fiducia,
coraggio.
Possiamo notare una persona con un 3°
chakra carente, o in eccesso, quando
manifesta: poca energia, volontà debole,
mancanza di autodisciplina, bassa autostima,
freddezza emotiva, attrazione per gli
stimolanti, mentalità vittimista,
colpevolizzazione degli altri, passività,
inaffidabilità. Oppure, al contrario, un
dominatore, una persona che vuole
controllare, ha bisogno di avere ragione, di
avere l’ultima parola, un manipolatore,
assetato di potere, con attrazione per i sedativi,
467
soggetto ad attacchi d’ira, ostinazione,
ambizione, competitività, arroganza e super
aggressività.
Il 4° chakra corrisponde all’Io e al punto di
unione tra il mammifero e l’essere umano.
Infatti i chakra superiori appartengono solo
all’essere umano e sono le porte attraverso le
quali potrà riscoprire la propria natura e la
propria identità.
Il 4° chakra, infatti, è l’unico che contiene,
nel suo simbolo, due triangoli intrecciati,
simbolo dell’unione tra terra e cielo, mentre
tutti gli altri chakra sono caratterizzati da un
solo triangolo, quello con la punta verso il
basso, simbolo dell’energia (Shakti) in
manifestazione.
Il 4° chakra, è l’unico cui sono associati due
colori: il verde, che esprime l’amore
condizionato del mammifero e il rosa, che
esprime l’amore incondizionato del
Superconscio.
Non a caso il nome sanscrito del 4° chakra è
Anahata, che significa non toccato. L’Io,
quando è consapevole della propria natura,
non è mai toccato dagli eventi (colore rosa) è
solo il mammifero che, con le sue coscienze
468
inferiori viene toccato dagli eventi fisici,
emotivi e mentali (colore verde).
Accedere al 4° chakra significa superare
l’aspetto egoistico e cominciare a vedere
l’unità delle cose. Io sto bene se anche gli altri
stanno bene.
Ci fermiamo in questa breve analisi dei
chakra, perché, come abbiamo detto sopra,
quelli superiori hanno più a che fare con
l’evoluzione della coscienza dell’Io e vedono
coinvolti il Sé fisico, il Sé istintivo ed il Sé
mentale, solo come espressione del loro stato
di salute e maturità emotiva.
Mi piace concludere questo capitolo con una
bellissima immagine dell’iconografia indù che
raffigura Kali, una delle dee più grandi e
importanti dell’induismo, che danza sopra il
corpo inerme di Shiva. Kali rappresenta
l’energia incosciente che danza su Shiva, che
rappresenta la coscienza, inerme.
Se ricordiamo i concetti espressi sulle
coscienze del mammifero umano (Sé fisico, Sé
469
istintivo e Sé mentale) queste identificano la
vita manifesta, senza coscienza della sua
identità. Vita in evoluzione, vita anche
intelligente, ma priva dall’auto consapevolezza
(Kali).
La coscienza, Shiva, rappresenta invece il
Superconscio. l’Io è ancora un’espressione del
Superconscio, la stessa coscienza, che però,
immersa nella materia, ha perso il contatto
con la propria matrice e si ritrova, inerme e
naufraga, nel mare delle emozioni e dei
pensieri delle coscienze inferiori.
Amo molto l’interazione dei chakra con le
coscienze inferiori e con il risveglio della
coscienza dell’Io. Per questo motivo organizzo
ogni anno delle “Psico Vacanze” di una
settimana, nelle quali si ha la possibilità di
studiare approfonditamente questi argomenti.
Ogni anno viene affrontato un chakra.
Durante l’arco della settimana, lo si studia e
sperimenta sul piano energetico, fisico e
psicologico, considerando tutte le interazioni
con il Sè fisico, il Sè istintivo ed il Sè mentale.
Per chi è interessato anche all’apertura verso il
mondo spirituale, il mondo sottile delle cause,
è una bellissima opportunità di apertura e di
470
risveglio della coscienza.
471
18. I 3 SÉ E I CORPISOTTILI
Nei tanti e bellissimi anni in cui ho
frequentato Bernardino Del Boca, ho avuto
l’occasione anche di leggere numerosi libri di
Teosofia e Antroposofia, in quanto Bernardino
era anche teosofo, seppure non propriamente
ortodosso.
La Società Teosofica è una scuola di
pensiero che parte dal presupposto che tutte le
religioni hanno un’origine unica ed ha tre
principi e scopi fondamentali:
• 1. Formare un nucleo di fratellanza
universale dell’umanità senza distinzioni di
razza, sesso, credo, casta o colore;
• 2. Incoraggiare lo studio comparato delle
religioni, filosofie e scienze;
• 3. Investigare le leggi inesplicate della
Natura e le capacità latenti dell’uomo.
472
L’Antroposofia nasce dalla Teosofia e
postula l’esistenza di un mondo spirituale,
intellettualmente comprensibile e accessibile
ad una esperienza diretta per mezzo di
crescita e sviluppo interiore. Essa viene oggi
considerata nel mondo accademico una
pseudoscienza per il suo intento di conoscere
e studiare con un metodo scientifico quegli
aspetti della vita che non sono osservabili e
misurabili attraverso il classico approccio
scientifico.
Nei libri di Teosofia e Antroposofia si parla
dell’essere umano formato, oltre che dal corpo
fisico, anche da corpi sottili, impercettibili alla
coscienza. Questi corpi prendono il nome di:
corpo eterico, corpo astrale, corpo mentale e
corpo causale. Ne tratto in questo libro perché,
forse, c’è un legame molto stretto tra questi
corpi ed i Sé di cui abbiamo trattato
ampiamente nei capitoli precedenti.
Il Corpo eterico è la controparte sottile del
corpo fisico. È il suo magnetismo energetico
che attirando a sé la materia crea il corpo
fisico, così come noi lo possiamo conoscere.
Questo ambiente “eterico” permea e sottostà
ad ogni parte del corpo fisico e si estende al
suo esterno (in dipendenza della situazione
473
individuale) da pochi centimetri a molti di più.
Il Corpo astrale è anche conosciuto come
corpo emozionale. Attraverso il corpo astrale
vengono espresse le sensazioni, le passioni, i
desideri e le emozioni, anche se pochi sono
consapevoli dell’esistenza di questo piano che
ha una materia molto più fine rispetto a quella
del corpo fisico.
Per un certo aspetto il corpo astrale
dell’uomo è un veicolo che al chiaroveggente
appare non dissimile dal corpo fisico,
circondato da un’aureola di colori sfolgoranti.
Tutti posseggono e utilizzano il corpo astrale,
per mezzo del quale si esprimono le
sensazioni, le passioni, i desideri e le
emozioni.
Il Corpo mentale è il corpo che distingue un
essere umano da un animale. è la sede del
principio individualistico che permette
all’individuo di capire che egli esiste, sente e
ragiona. Il Corpo Mentale è costituito da due
parti: una mente superiore o astratta ed una
mente inferiore o concreta. Il corpo Mentale
porta il seme del Principio della Volontà che
474
trova la sua espressione nel pensiero. Secondo
queste scuole di pensiero, la maggior parte
delle persone è incapace di separare
l’individuo dalla mente, quindi, per loro, la
parte intellettiva viene identificata con l’Essere
stesso. Il Mentale inferiore è collegato ai corpi
più bassi, mentre il Mentale superiore a quelli
più alti (Superconscio).
Il Corpo causale è quello che in occidente
chiamiamo Anima. Quando la mente è
placata, quando non è più attratta dalle spinte
che provengono dal basso, allora si produce
un silenzio interiore che consente di sentire la
Voce del Silenzio. Questo è il Maestro
interiore, la nostra Anima che si fa sentire e ci
invita ad alzare gli occhi al cielo. L’Io si rivolge
verso l’alto e scopre che, in effetti, come ci
stavamo chiedendo da tempo, non è tutto qui.
Il Corpo causale è anche chiamato corpo
semi-immortale, perché accompagna l’Essere
in tutte le sue incarnazioni, mentre gli altri
corpi inferiori si riformano ogni volta che
inizia una nuova esistenza.
Leggendo le descrizioni di questi corpi
475
sottili di cui sarebbe composto l’essere umano,
non avete notato una grandissima vicinanza
con i Sé che abbiamo trattato nei capitoli
precedenti?
Si legge: “Il corpo Eterico permea e sottostà
ad ogni parte del corpo”, da quanto si legge,
parrebbe, quindi, rappresentare la sua
componente sottile, che, forse, corrisponde
alla sede della coscienza, immateriale, del Sé
fisico.
Infatti, descrivendo i vari Sé, abbiamo
affermato più volte che la sede delle
coscienze, a nostro parere, non può essere nel
copro fisico, ma deve essere qualcosa di più
sottile e impercettibile ai sensi.
Leggendo del Corpo astrale, poi, sembra di
leggere la descrizione esatta di quella coscienza
animale che gestisce la socialità attraverso le
emozioni, il Sé istintivo. Addirittura, il corpo
Astrale viene chiamato anche corpo
emozionale. Più chiaro di così.
Le sensazioni, le passioni, i desideri e le
emozioni che vengono attribuite al corpo
Astrale sono esattamente il patrimonio e le
modalità di espressione del Sé istintivo. In
questo caso abbiamo quindi una
476
corrispondenza uno a uno.
Teosofia e Antroposofia sostengono che il
corpo Mentale è quello che differenzia l’essere
umano dagli altri animali, e su questo non
sono affatto d’accordo. Abbiamo visto, infatti,
come è stato dimostrato che già il pensiero,
seppure elementare, appartiene anche alle
scimmie. Non solo, esse hanno anche la
capacità, potenziale, di verbalizzare. Inoltre,
usano le potenzialità del pensiero nel
momento in cui modificano dei bastoncini per
ottenere strumenti utili al loro bisogno.
D’altra parte però, Teosofia e Antroposofia
sostengono che esiste un Corpo mentale
inferiore e uno superiore, il mentale inferiore
è collegato ai corpi più bassi, mentre il
mentale superiore a quelli più alti
(Superconscio). Se esiste un corpo Mentale
inferiore ed un corpo Mentale superiore, è
come dire che esistono due corpi Mentali. Se
poi, quello inferiore è legato ai corpi più bassi
e quello superiore è legato ai corpi più elevati,
ecco che ci ritroviamo perfettamente con il Sé
mentale è l’Io.
Il Corpo mentale inferiore, quindi, sarebbe il
Sé mentale, quella coscienza, ancora del
477
mammifero, che porta all’individualizzazione.
E, guarda caso, anche nella descrizione del
Corpo mentale si afferma che esso è il
principio individualistico.
Nel Corpo mentale superiore, collegato con i
corpi più alti, vediamo perfettamente l’Io, che
altro non è che un’emanazione del
Superconscio, da cui pare, illusoriamente,
separato.
Teosofia e Antroposofia sostengono che il
Corpo causale è quello che in occidente
chiamiamo Anima. Quando in questo libro
abbiamo definito il Superconscio, abbiamo
utilizzato esattamente le stesse parole.
Il Buddha diceva che la causa del dolore è
l’attaccamento, che è dovuto all’ignoranza.
Chi è attaccato? Solo il mammifero, che, con
i suoi Sé istintivo e Sé mentale, è legato alle
esperienze e al ricordo, e tenta
incessantemente di replicare le esperienze che
hanno portato piacere.
Quando l’Io si sveglia, e tramite il processo
di integrazione dei Sé inferiori porta pace
478
nelle emozioni e nella mente, ecco che apre la
porta verso la sua Realtà, il Superconscio, o, in
termini teosofici, realizza il Corpo causale.
Quando lessi i libri di teosofia, mi avevano
affascinato quei corpi sottili, eterico, astrale,
mentale e causale, ma poi, non sapevo cosa
farne. Erano una bella teoria, ne parlavo,
accettavo l’idea della loro esistenza, ma
rimanevano qualcosa di estraneo, qualcosa di
ipotetico, qualcosa di teorico, senza una reale
legame con la vita quotidiana.
Se davvero al Corpo eterico, astrale, mentale
e causale, corrispondono le coscienze del Sé
fisico, del Sé istintivo, del Sé mentale e dell’Io
e Superconscio, allora riportiamo questi
concetti, astratti per la loro intangibilità, a
qualcosa di concreto, nel senso che, come
coscienze, diventano oggetto di investigazione
e, soprattutto, di comunicazione diretta e
verificabile. E allora diviene possibile il
processo di guarigione e integrazione di
queste coscienze per raggiungere l’obiettivo di
comprendere finalmente la nostra Realtà.
Un’ultima considerazione riguardante i Sé e
i corpi sottili che abbiamo appena conosciuto.
479
Quando abbiamo trattato dei vari Sé, come
soggetti pensanti, quindi come coscienze, ci
siamo posti la domanda: ma dove stanno
queste coscienze? Bene, la risposta potrebbe
essere che queste coscienze abitino proprio
questi corpi. Pur avendo, ovviamente una
controparte fisica attraverso la quale si
manifesta, la coscienza è una realtà sottile, non
certo materiale, ed i corpi sottili di cui
abbiamo trattato sembrano essere la sede
perfetta di queste entità.
480
19. L’EGO
Abbiamo trattato del legame tra i chakra e i
nostri Sé, abbiamo affrontato, brevemente,
anche una visione dei Sé rispetto a teosofia e
antroposofia, come potremmo dimenticare
un’entità che compare spesso nel linguaggio
anche comune?
Parliamo dell’ego. Chi è questo ego? Non
intendiamo la traduzione latina del termine io,
parliamo di quest’altra parte di noi che entra, a
volte, nei nostri discorsi.
Se ne sente parlare per strada, in ufficio, tra
amici, quando, ad esempio, si dice: quella
persona ha proprio un brutto ego. Quando si
incontra qualcuno che “se la tira”, che si vanta
di ciò che è, di ciò che fa, o di ciò che ha, si
sente spesso dire: quello ha un grandissimo
ego.
In altre occasioni sentiamo dire che bisogna
481
uccidere l’ego per poter evolvere
spiritualmente. Oppure si dice che l’ego è un
ostacolo, un nemico alla crescita.
Tutte le scuole di spiritualità, o quasi,
parlano di ego come di un nemico. Anche
moltissimi psicologi lo prendono in
considerazione.
L’ego, in questi termini, è solo un nome che
si è dato a qualcosa che non si riusciva a capire
e spiegare nell’essere umano. Non è un’altra
coscienza, non è un altro io.
È un po’ come il concetto di inconscio,
quando si trattava di spiegare comportamenti
e re-azioni delle persone, non dettate dalla
volontà. Si è trovato il termine inconscio, o
mente inconscia per spiegare cose che non si
riuscivano ad attribuire esattamente ad un
soggetto ben identificato. Ora, per quando
riguarda il termine inconscio, abbiamo
imparato che stiamo parlando di pensieri o re-
azioni del Sé fisico, mentale o istintivo.
Cos’è dunque l’ego? A chi ci riferiamo
quando usiamo quel termine?
Proviamo a rifletterci. Abbiamo scritto sopra
che diciamo che una persona ha un grande
ego, quando “se la tira”, quando si vanta di sé,
482
quando fa lo sbruffone Ora, tra le coscienze in
noi, chi “se la tira”, chi vuole essere più grande
e più bravo degli altri? Non certo il Sé istintivo,
che ha come obiettivo la socialità ed è legato,
soprattutto agli affetti. Stiamo, invece,
parlando del Sé mentale, quella parte di noi
che ha come obiettivo l’individualizzazione.
Quella parte che ha come obiettivo
l’espressione del proprio potere personale.
Ovviamente stiamo parlano di un Sé mentale
non equilibrato. Un Sé mentale sano riesce ad
esprimere il suo potere con autorevolezza, con
calma, non ha bisogno di vantarsi, perché sa di
valere. È solo un Sé mentale che non ha potuto
maturare una sana autostima, che sente il
bisogno di farsi vedere e farsi sentire. Quel Sé
mentale non ha potuto maturare fiducia in sé
stesso, forse è stato umiliato, forse non è stato
sufficientemente gratificato, e ora ha bisogno
di dimostrare che anche lui esiste. Fare lo
spaccone è come dire: ci sono anche io. Anche
io valgo.
Quando usiamo il termine ego nel senso
sopra descritto, ci riferiamo al Sé mentale, solo
a lui.
Così come abbiamo chiamato inconscio, o
483
mente inconscia, o mente subconscia (a
seconda che a parlare fosse lo psicologo, lo
studioso o la persona comune), le emozioni, i
pensieri ed i comportamenti non voluti del Sé
istintivo e del Sé mentale, così è stato
chiamato ego l’espressione di un Sé mentale
non equilibrato.
Una persona con un Sé mentale abbastanza
maturo, viene detta avere un buon ego,
mentre una persona con un Sé mentale
“malato” che, magari, per nascondere il
proprio vuoto sente il bisogno continuo di
parlare di sé, viene detta avere un brutto ego.
Nel campo della spiritualità, quando
parliamo di ego come un nemico da abbattere
per raggiungere fini più elevati, stiamo
coinvolgendo anche il Sé istintivo.
Spesso, nei testi di spiritualità si dice che
l’ego è deleterio anche a livelli minimi, che
l’ego provoca dolore e sofferenza sempre.
Si sostiene che l’ego è sempre presente
quando c’è qualunque forma di attaccamento e
dipendenza, quando c’è qualunque forma di
vanità o narcisismo, quando c’è possesso.
Inoltre l’ego cresce bene nella paura. In
qualunque situazione in cui si provi paura, ci si
484
allontana dall’amore, quello è il terreno adatto
all’ego.
A mio parere tutti i testi che trattano
dell’ego come un nemico, non sono testi di
vera spiritualità. O, perlomeno, per
quell’aspetto, stanno prendendo una
cantonata.
Non vorrei offendere nessuno. Immagino
che la stragrande maggioranza dei testi
spirituali affrontino la questione “ego” nello
stesso modo e chi sono io per affermare una
cosa simile?
Facciamo un passo per volta, e poi valutiamo
se quanto affermo ha senso. Intanto
cominciamo a capire chi è l’ego dal punto di
vista spirituale.
Si dice che l’ego provoca sempre sofferenza.
Che è presente quando c’è attaccamento,
dipendenza, narcisismo, possesso. Si dice che
l’ego vuole la separazione, al contrario
dell’unità, che tutto ciò che allontana
dall’amore (immagino che in questo caso chi
ne parla si riferisca all’amore incondizionato
del Superconscio), è terreno adatto per l’ego.
485
Intanto cominciamo a riconoscere nell’ego,
così descritto, sia il Sé istintivo che il Sé
mentale. Se ricordate, abbiamo compreso nei
capitoli precedenti che il Sé istintivo, che vive
soprattutto di affetti e di emozioni, quando si
sente abbandonato e non amato, trova in
qualche forma di dipendenza il modo per
colmare il suo vuoto d’amore. Attaccamento e
dipendenza, sono, quindi forme di espressione
di un Sé istintivo ferito che cerca di non
sentire il suo dolore.
D’altra parte, narcisismo, possesso,
separazione, sono attributi di un Sé mentale
non equilibrato. Ne abbiamo parlato poche
righe sopra, un Sé mentale che non ha ricevuto
gratificazioni, fiducia, stima, è portato a
reagire manifestando senso di superiorità, e
quindi divisione, e possesso, per dimostrare il
suo valore.
Quando parliamo di ego in termini di
spiritualità, stiamo allora parlando di Sé
istintivo e Sé mentale feriti, non maturi, non
equilibrati. E allora cosa dovremmo fare?
Abbatterli?
Se il bambino ha ricevuto amore maturo,
sarà un bambino, sano, emotivamente maturo
486
ed equilibrato. Non avrà bisogno di alcuna
dipendenza. Una volta appagati i suoi sani
istinti in modo corretto, non chiederà nulla,
anzi, ci aiuterà a raggiungere i nostri obiettivi.
Anche quelli spirituali.
In parte il discorso è identico per il Sé
mentale, nel senso che un Sé mentale maturo,
non è un nemico da abbattere.
D’altra parte, è anche vero che il Sé mentale,
per natura, tende all’individualizzazione, e
questa è contraria al senso di unità. Ma quella
è la sua natura, non lo fa per cattiveria, non è
un nemico da abbattere. Il problema non è lui,
anzi.
Il problema è solo dell’Io. È l’Io che deve
crescere e deve diventare maestro delle sue
coscienze inferiori. Maestro, non assassino. Le
coscienze del Sé istintivo e del Sé mentale non
vanno abbattute, vanno comprese e guarite. E
sta solo all’Io di realizzare questo obiettivo. Se
l’Io riesce in questo compito, tutto diventa più
facile, perché se il Sé istintivo è emotivamente
maturo, non assorbirà più tanta energia per
colmare i suoi vuoti e manifestare le sue
487
pulsioni. Se il Sé mentale è maturo ed
equilibrato non avrà bisogno a tutti i costi di
dimostrare di valere più degli altri.
A quel punto l’Io avrà a disposizione
l’energia necessaria per intraprendere un vero
percorso spirituale. Sarà sempre un percorso
e, come tale, richiederà impegno, costanza,
determinazione. Saprà che il Sé mentale, per
sua natura, cercherà di rimanere ancorato al
conosciuto, ma non sarà un nemico da
abbattere, anzi, le sue potenzialità del pensiero
potranno essere di aiuto per comprendere e
raggiungere la saggezza necessaria. Se tutto è
Uno, anche il Sé mentale fa parte dell’uno. O
sbaglio?
L’ego quindi non esiste come coscienza a sé
stante e, se davvero vogliamo compiere un
corretto percorso spirituale, sarebbe bene
utilizzare termini corretti, identificando
esattamente la coscienza a cui ci riferiamo: il
Sé mentale o Sé istintivo.
Devo dire anche che il termine ego non mi è
mai piaciuto, proprio per il fatto che gli è stata
data una connotazione esclusivamente
negativa. Abbiamo visto che l’Ego coincide,
per larghissima parte col Sé mentale, ma
488
abbiamo anche imparato che il Sé mentale
non è cattivo. Se da una parte porta
all’individualizzazione, che potrebbe essere
vista come antitetica alla socializzazione,
d’altra parte una sana e matura
individualizzazione può portare enormi
benefici alla società nel suo insieme.
Inoltre, quand’anche il Sé mentale fosse
diventato un ostacolo al processo evolutivo,
quand’anche avesse bloccato l’accesso alle
emozioni e avesse manifestato quella
maschera di superbia, o freddezza, o cinismo,
queste caratteristiche non sono mai innate.
Semmai sono il frutto di un’infanzia
particolarmente dolorosa, alla quale il Sé
mentale ha reagito nel solo modo che
conosceva. L’unico modo che conosceva, o che
ha potuto utilizzare, è stato di chiudere le
porte alle emozioni per difendersi e di
dimostrare il proprio potere con la freddezza.
Se dunque consideriamo il Sé mentale
cattivo, lui ci vedrà sempre come dei nemici e
non ci permetterà di diventare suoi maestri,
né si lascierà aiutare. Il primo passo verso la
guarigione è la sua integrazione, e quindi la
sua comprensione e accettazione.
Chiamarlo ancora Ego significa fargli capire
che lo riteniamo qualcosa di estremamente
489
brutto e cattivo, e non è certo quello che un
maestro saggio vuole fare nei confronti di un
allievo che vuole aiutare a crescere.
Se vogliamo seguire un percorso spirituale,
consiglio di abolire l’Ego dal nostro linguaggio.
Non esiste alcuna meta spirituale per chi vede
nemici fuori o dentro di sé. Provare per
credere.
490
20. CONCLUSIONI
Ed eccoci arrivati alla fine di questo libro. Mi
auguro che siate arrivati a queste pagine, e, se
ci siete arrivati, significa che ciò che avete letto
vi è sembrato di buon senso. Significa che
avete riconosciuto, e magari già sperimentato,
l’esistenza di questi altri io dentro di noi.
Abbiamo intitolato il libro, “Le 3 menti
inconsce”, perché le spinte pulsionali, le
emozioni e i pensieri che derivano da queste
menti non sono sotto il controllo dell’Io, non
dipendono dalla nostra volontà, sono mosse
da altri soggetti, le cui finalità sono, spesso,
inconsce.
Chi sono queste menti inconsce? Sono
espressioni intelligenti della vita e si
sviluppano a partire dalla cellula.
Abbiamo visto, come anche la scienza
afferma, che la cellula è intelligente, nel senso
che è in grado di percepire gli stimoli
provenienti dall’esterno, di valutarli e, in base
491
al giudizio che dà a questi stimoli, di reagire ad
essi, arrivando anche a modificarsi ed
evolvere.
Abbiamo compreso anche che ogni singola
cellula ha al suo interno, in forma
estremamente elementare, tutti gli organi di
un essere adulto, sono quegli organi che le
permettono di respirare, nutrirsi, procreare e,
come abbiamo visto sopra, “pensare” per
interagire con l’ambiente. In questi termini
possiamo vedere la cellula come parte di un
ologramma, dove ogni singola parte contiene
tutte le informazioni in possesso della sua
totalità.
Rimandiamo ad un prossimo libro lo studio
delle connessioni di queste teorie con la fisica
quantistica e degli ologrammi. Qui mi preme
solo evidenziare come tutta la vita, sul piano
materiale, è mossa da coscienze in evoluzione.
Coscienze che cercano di sopravvivere
adattando la propria componente fisica alle
diverse situazioni ambientali.
Nel suo percorso evolutivo, la coscienza
della cellula l’ha portata a crescere, a
sviluppare al meglio i propri organi ed il
proprio corpo. Ma quale coscienza ha deciso
492
che alcune cellule diventassero mammiferi,
altre alberi, altre pesci, o volatili, e così via?
Anche questo sarà tema di un altro libro, in
queste pagine ci premeva osservare
l’evoluzione delle coscienze dalla cellula, al
mammifero, fino all’essere umano.
Partendo dalla cellula intelligente, siamo
arrivati a comprendere che l’insieme delle
cellule che formano il corpo di un essere
umano ha una sua intelligenza, e abbiamo
chiamato questa coscienza, Sé fisico. Ma il
fatto che l’insieme di tutte le cellule di un
corpo abbia una sua intelligenza, non ha fatto
perdere l’intelligenza delle singole cellule.
Ciascuna cellula di un organismo è intelligente
e ciascun gruppo di cellule che svolge una
certa funzione (organo fisico) ha una sua
intelligenza. Abbiamo chiamato Sé fisico la
coscienza del corpo, della cellula, e di ciascun
organo fisico.
Abbiamo poi visto che, quando il
mammifero comincia a muoversi
nell’ambiente, sviluppa quella sua capacità (già
presente in forma elementare nella cellula) di
interagire emotivamente con gli altri esseri.
Questa funzione istintiva gli permette di
essere attratto dagli esseri simili e di
riconoscere e fuggire dagli esseri che per lui
493
sono pericolosi. Questo tipo di intelligenza,
che abbiamo chiamato Sé istintivo, è molto
più sveglia delle coscienze dei Sé fisici, e
possiamo valutare il grado di consapevolezza
di queste coscienze dai loro tempi di reazione
e dalla loro capacità di compiere pensieri
elaborati. La coscienza di un organo fisico
(cellula o insieme di cellule) impiega anni per
adattarsi ad una nuova situazione ambientale,
mentre il Sé istintivo di una gazzella, impiega
pochi istanti a riconoscere un pericolo e
fuggire.
L’ultima coscienza che abbiamo osservato
nel mammifero è il Sé mentale. Questa
coscienza abbiamo visto che si sviluppa,
soprattutto, in quei mammiferi che sono
riusciti a dotarsi di arti prensili. Questo tipo di
coscienza, il Sé mentale, è molto più evoluto
del Sé istintivo, ed è in grado di elaborare
pensieri (già presenti nelle scimmie), di
comprendere che si possono modificare gli
oggetti che si trovano nell’ambiente, per
adattarli a specifiche esigenze (anche questa
abilità è già presente nelle scimmie) e di
elaborare forme di comunicazione evolute,
come il linguaggio (recenti ricerche hanno
dimostrato che il cervello delle scimmie
sarebbe potenzialmente in grado di formulare
494
vocalizzi).
Il mammifero più evoluto, il cui Sé mentale
si è sviluppato in modo stupefacente, è l’essere
umano. Il Sé mentale dell’essere umano ha
permesso lo sviluppo di una società
industriale moderna, ha permesso al
mammifero umano di andare sulla luna, di
costruire grattacieli, di dotarsi di ogni comfort
possibile ed immaginabile, e di rimanere in
contatto con tutti i suoi simili, con gli
smartphone.
Abbiamo compreso che ciascuna coscienza
ha i suoi obiettivi: il Sé fisico, la sopravvivenza,
il Sé istintivo la socializzazione, il Sé mentale,
l’individualizzazione.
Tutte le coscienze sopra descritte fanno
parte dell’animale mammifero. Niente di più.
Non caratterizzano l’essere umano, se non per
il fatto di avere il Sé mentale molto più
sviluppato. Ma è come dire che la scimmia è
più evoluta della gallina, perché il suo Sé
mentale è più sviluppato di quello degli
avicoli. Niente di più.
Lo sviluppo del Sé mentale ha portato
enormi benefici agli esseri umani, ma, con la
sua tendenza all’individualizzazione, ha anche
495
portato con sé tutte le tipologie di conflitti che
hanno caratterizzato per millenni la vita della
razza umana: dalle guerre ai conflitti interiori
di ciascun individuo.
Se i vari Sé del mammifero avessero
raggiunto un equilibrio ed una corretta
maturazione, il mammifero umano potrebbe
vivere una vita sana e felice. È quello che
accade nella stragrande maggioranza dei casi
nei mammiferi che vivono in branco. Ci sono
lotte per la determinazione del capo branco o
per accoppiarsi con la femmina migliore, ma,
una volta stabilite le gerarchie, il branco torna
a vivere in armonia e ciascuno fa la sua parte
per il bene della collettività. Nel caso
dell’essere umano, però, lo sviluppo del Sé
mentale, ha portato ad uno scollegamento col
Sé istintivo e ciò ha determinato enormi
carenze e vuoti affettivi al suo interno. Infatti,
il suo scopo principale è la socializzazione e ha
un grande bisogno di sentirsi accettato ed
amato e se non riceve ciò di cui ha bisogno,
comincia a crearsi credenze limitanti, del tipo:
chi amo, mi abbandona.
Se il Sé istintivo perde il contatto con la
mamma subito dopo il parto, se non riceve il
496
calore e l’amore di cui ha bisogno, avrà un
grande vuoto affettivo, che cercherà di
colmare per tutta la vita con dipendenze di
varia natura, dal cibo alle droghe, dal sesso al
lavoro, e così via.
D’altra parte, anche il Sé mentale, se non
riceve gratificazioni dai tre anni
all’adolescenza, se non gli viene data fiducia,
può acquisire molte credenze negative relative
alla sua autostima, e questo può condizionare
enormemente la vita della persona adulta.
Spesso, poi, il Sé mentale, per non sentire il
dolore, o per obbedire agli ordini dei genitori,
può diventare estremamente rigido nei
confronti del Sé istintivo, impedendogli di
esprimere i suoi bisogni e i suoi desideri.
Nascono così veri e propri conflitti nell’essere
umano, conflitti che possono condurre a
depressione, infelicità, sensi di colpa e, alla
lunga, anche a molte gravi malattie. Non
sempre è così, per fortuna, ma moltissimi
individui hanno sperimentato, o
sperimentano, questo tipo di conflittualità, e
non si può dire che tutto ciò sia un bel vivere.
La presenza di questi tre Sé è confermata, da
un altro punto di vista, anche in un
interessante libro di Cristian Boiron (titolare
497
dell’omonima casa di rimedi omeopatici), “Le
ragioni della felicità”. In quel libro si parla dei
tre cervelli nell’essere umano, riprendendo
anche gli studi di Laborit, che lui denomina
“rettiliano, mammaliano, corticale”, o anche
“rettiliano, limbico, corticale”, e della necessità
di conciliarli tra loro. Questa, ovviamente, è
una visione materiale delle coscienze, ma il
cervello rettiliano corrisponde al Sé fisico, il
cervello limbico al Sé istintivo, ed il cervello
corticale al Sé mentale.
L’essere umano ha, però, qualcosa che gli
altri mammiferi non hanno. C’è qualcosa che
caratterizza il mammifero umano da tutti gli
altri mammiferi. Qualcosa che lo rende
diverso, sostanzialmente, non per delle abilità,
più o meno sviluppate. Questo qualcosa è una
coscienza in più. Una coscienza che permette
all’essere umano di osservarsi, di osservare le
emozioni del Sé istintivo e di osservare il
lavorio continuo del Sé mentale. Una
coscienza che, ogni tanto, gli fa chiedere: chi
sono io? Da dove vengo? Perché sono qua?
Queste domande non se le pone neppure la
scimmia, che è il mammifero più evoluto,
prima dell’essere umano. È qualcosa che
498
nessun altro essere vivente sulla Terra si pone.
Il problema per l’essere umano è che la
coscienza dell’Io dorme per circa il 95% del
tempo. È sveglia quando deve apprendere
qualcosa di nuovo, quando deve affrontare
una situazione mai vista prima. È sveglia
anche quando si pone le domande che
abbiamo posto prima, ma è sveglia anche
quando si chiede perché deve arrabbiarsi,
quando non vorrebbe, o perché non riesce a
far tacere quel lavorio mentale che la snerva.
Abbiamo compreso anche che nell’essere
umano possono manifestarsi capacità, quali la
creatività, le intuizioni, o certi sentimenti,
quali l’espansione della coscienza o l’amore
incondizionato, che non dipendono dalle altre
coscienze in noi. Né dalle coscienze del
mammifero, né dalla volontà dell’Io. Queste
abilità derivano da qualcosa d’altro, da una
coscienza superiore.
Nessuno sa con certezza da dove arrivi la
coscienza che abbiamo chiamato Io, né
tantomeno l’altra coscienza superiore, che
abbiamo chiamato Superconscio. Certo, i vari
499
Saggi, o Maestri, che hanno vissuto sul nostro
pianeta hanno dato la loro verità, ma abbiamo
anche compreso che un essere intelligente non
accetta per vero ciò che dicono gli altri. Può
ritenerlo di buon senso e ritenerlo possibile,
ma questa non può essere la sua verità. Una
verità è tale, solo quando è sperimentata.
E scoprire questa verità dovrebbe essere
l’obiettivo di ciascun essere senziente.
Soprattutto se è consapevole delle qualità che
non dipendono dai Sé intermedi, né dalla
volontà dell’Io. Soprattutto se ritiene possibile
l’esistenza di una realtà sottile, da cui tutti
proveniamo. Soprattutto se ritiene credibile
ciò che affermano le varie religioni.
Se tutte quelle teorie sono vere, se è vera la
legge dell’attrazione, dovremmo avere
compreso che tutto ciò che viviamo,
dall’amore alla salute, dalla felicità al benessere
economico, non è frutto del caso, ma dipende
dalle lezioni che ancora dobbiamo
apprendere.
Tutto ciò che viviamo non è determinato
dalla volontà, né dal pensiero, bensì dalle
credenze del Sé istintivo. Sono le sue
emozioni che attirano le cose che viviamo. Ciò
500
che riteniamo facile, ci riesce facilmente. Ciò
di cui abbiamo paura, o che non riteniamo
possibile, non accadrà, finché non cambiamo
quelle credenze. Tutto questo è oggettivo, ed è
osservabile nella nostra quotidianità e nelle
persone che conosciamo.
Ora, se ciò che ci capita dipende dalle
credenze delle menti inconsce (Sé istintivo e
Sé mentale), e se quelle credenze sono state
determinate dalle esperienze che abbiamo
vissuto fin dalla primissima infanzia, è ovvio
che possiamo cambiare la nostra vita, se lo
desideriamo, solo cambiando quelle credenze.
Non solo, se accettiamo l’idea di un mondo
spirituale, la casa del Superconscio, da cui
deriva il nostro Io, abbiamo un motivo in più
per cambiare quelle credenze, perché
sappiamo che quelle credenze limitanti sono
frutto di emozioni negative legate alle
esperienze con i nostri genitori. Quelle
emozioni negative, e le credenze conseguenti,
rappresentano le lezioni che dobbiamo
apprendere in questa vita, e scopo dell’Io,
allora, è proprio quello di sciogliere quelle
ferite del passato per riportare amore
profondo (del Sé istintivo, non del Sé mentale,
o dell’Io) verso i nostri genitori.
501
Questo significa imparare le nostre lezioni,
prendersi cura delle nostre coscienze inferiori
e guarirle dalle loro ferite.
Questo è un processo di integrazione di tutte
le nostre coscienze, così che da nemiche,
diventino i nostri maggiori alleati per
raggiungere tutti i nostri obiettivi.
Il percorso che ho elaborato in tanti anni,
prima su di me, per guarire le mie ferite e
raggiungere quel benessere che desideravo,
poi sperimentato su migliaia di persone, è
quello di integrare tutte le coscienze in noi,
per aprire così la strada verso le coscienze
superiori, verso la comprensione di chi siamo
e del nostro obiettivo su questo pianeta. IWAY
è il nome che ho dato a questo metodo, dove
la “I” sta per Integration. IWAY significa
dunque: via di integrazione personale.
Non è una bacchetta magica, non è una
pillola che risolve tutti i mali. È un percorso di
consapevolezza. È, prima di tutto, un processo
di risveglio dell’Io dalla notte della coscienza.
Solo quando l’Io è sveglio avrà la volontà e la
possibilità di conoscere le sue coscienze
502
inferiori, di comprenderle, di accettarle ed
amarle.
Solo se l’Io è sveglio avrà la possibilità di
diventare maestro di sé stesso, di guarire le
ferite del Sé istintivo e di prospettare nuove
aperture al Sé mentale.
IWAY insegna a conoscere queste coscienze,
a comprendere perché siamo quello che
siamo, a farci vedere quali esperienze hanno
determinato le nostre credenze limitanti.
IWAY è anche un metodo veloce per
comunicare efficacemente con il Sé fisico, il Sé
istintivo ed il Sé mentale. È un metodo
estremamente semplice e alla portata di tutti
per trattare tutte le esperienze traumatiche del
passato e sciogliere le emozioni ad esse
collegate.
A quel punto sarà facile apprendere nuove
credenze e nuove abitudini positive per
raggiungere i nostri obiettivi. Ma,
ricordiamolo, l’obiettivo più importante
dovrebbe essere quello di integrare tutte le
coscienze inferiori per aprirsi alla nostra
coscienza superiore. La via per tornare a Casa.
In alcuni casi cambiare è facile e veloce, ma
non sempre è così.
Una cosa che mi preme sottolineare è che il
Sé istintivo, colui che detiene i traumi più
503
profondi e che con le sue emozioni determina
la nostra felicità, può davvero diventare nostro
amico. Molti mi chiedono: non ho ricordi
della mia infanzia. Non so come si sono
determinati i traumi e le paure che vivo, come
faccio a guarirle, se non so da dove arrivano?
La risposta è semplice. Ricordate che
abbiamo spiegato che il Sé istintivo può
accedere facilmente a qualsiasi ricordo? Lui
può farlo, se lo vuole e se si sente al sicuro.
Quando il Sé istintivo ci sente amici, quando
si rende conto che lo stiamo aiutando davvero,
quando si sente compreso e amato, allora è
ben felice di collaborare. Allora vedrete che
sarà lui a portarvi alla memoria i ricordi che
avete dimenticato.
È molto significativa in questo senso una
mail che mi ha mandato Alessio, un amico
dalla Toscana, sì, perché molte delle persone
che seguono i miei corsi, spesso, diventano
anche amici. Bene, qualche mese fa Alessio mi
scrive una mail dove mi racconta come il suo
Sé istintivo l’ha aiutato a far affiorare uno dei
ricordi più importanti per la manifestazione di
diversi problemi psicologici, ma anche fisici.
Ecco la sua mail:
504
“…dopo aver sciolto tutte le esperienze dolorose
che ricordavo, ne era rimasta una che non riuscivo
a sciogliere, non c’era alcun innesco emotivo. Avevo
provato un paio di volte, poi l’ho lasciata perdere
perché non mi sembrava neanche particolarmente
significativa (l’episodio in questione era un forte
spavento per un grosso ragno sulla gamba nuda
quando ero nell’orto a 5 anni circa). Nella mia vita
era ancora tutto bloccato, ero bloccato anche io a
livello di energia fisica, avevo tentato veramente di
tutto e continuavo a tentare (infatti ho imparato
non poco durante questo calvario). Da vent’anni
avevo una probabile diagnosi di CFS (Sindrome di
fatica cronica), confermata in seguito e sotto
osservazione medica. Tra l’altro le mie surrenali
erano esaurite, perché non trovavano riposo. Anche
di notte non trovavo un vero riposo, nonostante
avessi tentato varie soluzioni. Da due anni e mezzo
non stavo lavorando e per molto tempo il pensiero
più familiare era quello di farla finita. Qualche
volta ci sono andato molto molto vicino.
Ultimamente, grazie ai nuovi vari tentativi,
sembrava che ci fossero segnali di ripresa, ma avevo
ancora la nettissima sensazione di remare
controcorrente. Era già un progresso, prima spesso
era come tentare di remare controcorrente in salita.
Qualcosa andava ancora nella direzione sbagliata,
non avevo l’impressione di dover solo proseguire
505
verso il progressivo miglioramento. Due notti fa,
per l’ennesima volta, ho sognato un ragno, come
ogni tanto capitava, specialmente da un po’ di
tempo a questa parte. La mattina ho deciso allora di
riprovare a sciogliere quell’evento.
Faccio i test per avere i permessi al trattamento,
penso a come strutturare le frasi, mi metto in
posizione e comincio con la prima fase.
“Accetto e comprendo di essermi sentito
spaventato ...”, ripeto per un po’, non succede nulla.
“... di aver provato paura ...”, niente. “... essermi
sentito bloccato ...”, niente. “... paralizzato ...”,
niente.
All’episodio erano presenti mia madre e mia
nonna, avevo urlato per chiedere aiuto, ero
letteralmente paralizzato dalla paura, ma essendo
un ragno di quelli a zampe lunghissime e sottili, che
per me era un gigante, loro sapevano che era
totalmente innocuo, quindi non è che mi abbiano
dato retta con particolare sollecitudine, anzi ... mia
madre aveva cercato di sminuire la cosa, con la
solita empatia e sensibilità di un secondino delle
S.S.
Sminuire? ... mmm ...
Allora provo: “... essermi sentito umiliato ...”,
ripeto un po’, sembra che si inizi a smuovere
qualcosina, poco, forse non è ancora la chiave
giusta, ma può essere un indizio. Vediamo ...
506
“... ridicolizzato! ...”,
provo...
... Bam!
Si apre la diga!
Procedo, poi concludo.
Da quel momento ho il sole nella pancia.
Il sole nella pancia!!!
Realizzo che avevo associato paura - paralisi -
svalutazione - ridicolizzazzione da parte della
figura materna.
Tutto il peggio immaginabile che ne poteva
conseguire, ne era conseguito, in tutti gli ambiti.
Tranne due cose: il fatto che ho imparato tanto ed
il fatto che ora forse è finita.
...
Realizzo anche che lì vicino c’era un campo con
una distesa di frumento, ero davanti al filare
dell’uva, ero alla cascina dove i miei nonni
facevano i salami: guarda caso anni dopo ho
scoperto intolleranze alimentari per glutine, uva e
derivati, maiale. In pratica sono diventato
intollerante ad alcuni elementi che erano presenti
nel contesto dell’evento. Bingo! L’evento madre (in
tutti i sensi).
Certo c’erano stati un sacco di altri episodi sul
tema e soprattutto un atteggiamento di fondo
persistente, ne ero ben consapevole ed infatti ci
avevo già lavorato sopra un sacco, ma
507
evidentemente quella volta la presenza del ragno
aveva notevolmente amplificato e fissato il
problema.
‘Sto cazzo di ragno.
Ed il mio inconscio cercava di dirmelo, mi faceva
sognare ragni, me li ha fatti persino allucinare.
Significativo che qualcuno dica (l’ho sentito solo
ieri, a posteriori) che il ragno simboleggia il
giudizio dei genitori. Se è così, in quel momento ero
stato preso tra due fuochi di giudizio dei genitori,
uno sulla gamba e uno da mia madre.
...
La paura, le ghiandole surrenali. Le ghiandole
surrenali, i reni. Secondo qualcuno i reni sono
collegati ai soldi, alla prosperità materiale. La sera
stessa ricevo, per vie decisamente traverse ed
improbabili, un regalo materiale inaspettato del
valore di 170 euro. Un piccolo buon segno, forse.
Durante la giornata mi sentivo talmente diverso,
in meglio, da essere un po’ disorientato dal
cambiamento. Mi sentivo ancora più centrato del
solito e mi sentivo più sicuro e più rilassato. Mi
sentivo una postura ed un portamento ancora
migliore. E soprattutto c’era il sole, il sole nella
pancia.
La prima notte avevo ancora un turbinio di
pensieri, sulla scia dell’esperienza della giornata.
Stanotte invece ho dormito come un bimbo, forse
508
come dormivo prima di allora, chissà.
Anzi probabilmente meglio: come un bimbo
abbracciato ad un genitore adulto, ad un genitore
sicuro, ad un genitore amorevole.
Quel bimbo e quel genitore insieme, ora, sono io.”
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[1] Le 3 Menti InconsceLa chiave per guarire la tua vitaArtwork copertina e impaginazione R. D’Aietti([email protected])Immagine di copertina iStockphotoPROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA2015 RAPH EDIZIONIVia Cà Bianca, 1
23887 Olgiate Molgora (LC)
Avvertenza dell’autoreLe tecniche descritte in questo libro non intendono sostituirsial medico e vogliono solo fornire delle indicazioni che sonogià risultate utili a tante persone, nella speranza che possanoessere altrettanto utili ad altre ancora. Pertanto l’autore nonpuò essere ritenuto responsabile per qualsiasi conseguenzaproblematica, fisica o psichica, di un utilizzo improprio delleinformazioni proposte.
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