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LE ACQUE UTILIZZATE NELL’INDUSTRIA DEI DISPOSITIVI MEDICI
11 – 12 dicembre 2014, Istituto Superiore di Sanità
Sintesi delle relazioni
Convegno nazionale
SOMMARIO
Il Convegno _____________________________________________________________________________________________ 3
Il programma ___________________________________________________________________________________________ 4
Le relazioni ______________________________________________________________________________________________ 6
I poster _________________________________________________________________________________________________ 23
Indice degli autori ______________________________________________________________________________________ 32
Informazioni di contatto _______________________________________________________________________________ 33
IL CONVEGNO
3
Il Convegno
Il Convegno è stato organizzato a conclusione del progetto “Qualità delle acque industriali utilizzate
nel settore dei dispositivi medici”, nato dall’accordo di collaborazione, tra Istituto Superiore di Sanità
e Ministero della Salute, in seguito alla necessità di approfondire le conoscenze sulla qualità delle
acque utilizzate nei processi di fabbricazione dei dispositivi medici e procedere alla redazione di
specifiche linee guida.
L’evento ha rappresentato un momento d’incontro tra il mondo della ricerca e quello delle aziende
produttrici di dispositivi medici nel processo di condivisione di esperienze e criticità.
Responsabile scientifico
Laura Mancini
Rep. Qualità Ambientale e Ittiocoltura
Dip. Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria
Istituto Superiore di Sanità, Roma
Segreteria Scientifica
Emilio D’Ugo, Silvana Caciolli, Anna Maria D’Angelo
Dip. Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria - Qualità Ambientale e Ittiocoltura
Istituto Superiore di Sanità
Viale Regina Elena, 299 - 00161 Roma
Tel. (+39) 0649903603, 0649902861
Fax (+39) 0649903603
e-mail: [email protected]; [email protected]; [email protected]
Segreteria Tecnica
Cinzia Grasso, Fabrizio Volpi, Elisabetta Volpi, Mario Figliomeni, Elio Pierdominici
Dip. Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria - Qualità Ambientale e Ittiocoltura
Istituto Superiore di Sanità
Viale Regina Elena, 299 - 00161 Roma
Tel. (+39) 0649902679, 0649902861
Fax (+39) 0649902577
e-mail: [email protected]; [email protected]; [email protected]; [email protected];
IL PROGRAMMA
4
Il programma
Giovedì 11 Dicembre 2014
9.30 Registrazione dei partecipanti e affissione dei poster
10.00 Saluti di benvenuto
Loredana Musmeci, Dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria - Istituto
Superiore di Sanità
Carmine Guarino, Centro Nazionale ONDICO, Istituto Superiore di Sanità
10.30 Dispositivi medici: i nuovi scenari legislativi
Antonio Parisi, Ministero della Salute, Roma
11.00 Il contesto del progetto
Laura Mancini, Reparto Qualità Ambientale e Ittiocoltura, Dipartimento Ambiente e Connessa
Prevenzione Primaria- ISS
Cristina Romanelli, Centro Nazionale ONDICO - ISS
11.30 Intervallo
12.00 Biofilm e biocorrosione nell’industria
Marco Faimali, CNR – ISMAR
12.30 L’acqua, materia prima dell’industria
Luca Grigi, Aboca S.p.A.
13.00 Intervallo
14.00 L’impianto di produzione: criticità della gestione di differenti tipologie di prodotto
Carmelo Chines, SIFI S.p.A.
14.30 Criticità nella produzione industriale: cambiamenti climatici e fattori avversi
Marco Albasini, C.O.C. Farmaceutici S.r.l.
15.00 Controlli e monitoraggio della qualità dell’acqua: il laboratorio
Emanuela Rossignoli, Studio Ambiente S.r.l.
15.30 Discussione
17:00 Fine dei lavori
IL PROGRAMMA
5
Venerdì 12 Dicembre 2014
9.30 Criticità nella produzione industriale: approvvigionamento idrico da pozzo
Vincenzo Iaselli, Italdevice S.r.l.
10.00 Il riciclo e il rispamio idrico nell’industria
Germano Scarpa, Biofarma S.p.A.
10.30 Il bilancio integrato
Fabio Boccardo – Luca Yuri Toselli, GUNA S.p.A.
11.00 Costi e benefici di una corretta gestione dell’acqua ad uso industriale
Stefano Fabiani, INEA
Riccardo Grifoni, Regione Toscana
11.30 Intervallo
12.00 Risultati delle analisi microbiologiche condotte sulle acque prelevate nelle aziende
Stefania Marcheggiani, Reparto Qualità Ambientale e Ittiocoltura, Dipartimento Ambiente e
Connessa Prevenzione Primaria – ISS
Laura Mancini, Reparto Qualità Ambientale e Ittiocoltura, Dipartimento Ambiente e Connessa
Prevenzione Primaria-ISS
12.45 Linee guida
Laura Mancini, Reparto Qualità Ambientale e Ittiocoltura, Dipartimento Ambiente e Connessa
Prevenzione Primaria-ISS
Cristina Romanelli, Centro Nazionale ONDICO – ISS
13.15 Intervallo
14.00 L’impronta idrica
Cinzia Grasso, Reparto Qualità Ambientale e Ittiocoltura, Dipartimento Ambiente e Connessa
Prevenzione Primaria – ISS
Presentazione orale dei poster selezionati
14.15 Il biofilm: la vita sociale dei batteri come problema tecnologico
Marco Faimali, CNR – ISMAR
Franco Baroncelli, Ecotox LDS Srl
14.30 Rilevazione di SRB con metodo rapido immunoenzimatico
Raffaella Cardente, Ecotox LDS Srl
14.45 Tavola rotonda
16.00 Fine dei lavori
LE RELAZIONI
6
Le relazioni
LE RELAZIONI
7
Loredana Musmeci
Dip. Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore di Sanità
Come Direttore del Dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria vi do il benvenuto nel
nostro Istituto. Il dipartimento da me diretto si occupa di “ambiente e salute”, un concetto molto
ampio, come la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità lo definisce, dove per “ambiente” non si
intende soltanto l’insieme delle matrici ambientali, ma anche gli ambienti indoor, sociali e fisici, in cui
l’uomo vive e che possono rappresentare un potenziale rischio per la salute, e per “salute” le
valutazioni del rischio rispetto a dette esposizioni e le misure di salvaguardia della salute stessa come
misure cautelative. La nostra collaborazione con ONDICO rientra in questa sfera.
Il dipartimento cura gli tutti gli aspetti relativi alle acque e, in questo contesto, il reparto Qualità
Ambientale e Ittiocoltura svolge un ruolo fondamentale all’interno del Dipartimento, portando avanti,
tra gli altri, progetti come questo finanziato dal Ministero della Salute, che voleva fare il punto sullo
stato di trattamento delle acque, valutare il rischio di formazione di biofilm e la qualità microbiologica,
per arrivare alla predisposizione di linee guida.
Il progetto ha rappresentato un’occasione di collaborazione interna con il centro ONDICO e con il
settore privato, nella fattispecie le aziende produttrici di dispositivi medici, che hanno portato il loro
punto di vista e contribuito a rendere il progetto più aderente alla realtà.
Proprio grazie a questa multidisciplinarietà, si potrà fornire un supporto al Ministero della Salute e al
legislatore per le modifiche di normative esistenti o l’elaborazione di normative specifiche, come le
linee guida, importanti strumenti per le aziende, per il decisore e per il gestore del rischio, quale il
Ministero della Salute.
Il progetto, i risultati, le conclusioni e la linea guida verranno ampiamente descritti nel corso del
Convegno.
Auguro a tutti una buona giornata e un buon lavoro.
LE RELAZIONI
8
Carmine Guarino
Centro Nazionale ONDICO, Istituto Superiore di Sanità
L’evento giunge a conclusione del progetto “Qualità delle acque industriali utilizzate nel settore dei
dispositivi medici”, nato dall’Accordo di Collaborazione tra il Ministero della Salute (Dipartimento della
Programmazione e dell’Ordinamento del Servizio Sanitario Nazionale - Direzione Generale dei
Dispositivi Medici del Servizio Farmaceutico e della Sicurezza delle Cure) e l’Istituto Superiore di Sanità
(Dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria e Centro ONDICO), sullo studio delle acque
utilizzate nelle industrie che producono dispositivi medici. L’acqua, infatti, è una delle materie prime
più critiche nella produzione dei dispositivi medici poiché responsabile della qualità e della sicurezza
finale del dispositivo stesso; pertanto è fondamentale trattarla e gestirla in maniera opportuna. Il
problema delle acque è un problema antico. In una recente visita agli scavi di Ercolano, la guida
turistica mi ha mostrato una conduttura di piombo utilizzata all’epoca, quando non si conoscevano gli
effetti tossici del piombo; a tutt’oggi, nonostante le nuove tecniche di potabilizzazione e tutti i
controlli che vengono effettuati, alcuni problemi sono ancora irrisolti. Alla luce dei risultati del
progetto che saranno presentati durante il convegno, auspichiamo che il legislatore voglia cogliere gli
aspetti salienti e le conclusioni per porre le basi di un provvedimento normativo. Il nuovo regolamento
europeo che doveva essere approvato il 31 dicembre 2014, probabilmente diventerà operativo nel
corso del 2015 e anche questo nuovo regolamento attribuisce molta importanza al problema della
sicurezza dei dispositivi medici e quindi con analogia lo stesso problema è sentito anche dalle Industrie
del Farmaco.
LE RELAZIONI
9
DISPOSITIVI MEDICI: I NUOVI SCENARI LEGISLATIVI
Antonio Parisi
Ministero della Salute
Saluto tutti i presenti anche a nome della dottoressa Marletta, Direttore Generale del Ministero della Salute che non può essere presente a causa di impegni connessi alle attività del semestre di presidenza italiana. Durante questo semestre, fra le molteplici attività che la Direzione generale dei dispositivi ha posto in essere un aspetto particolarmente impegnativo è stata la discussione in atto su due regolamenti: uno che riguarda i dispositivi medici e uno che riguarda i dispositivi diagnostici in vitro. L’obiettivo della presidenza italiana, mandato demandato dal Consiglio dei Ministri della salute europei, è stato quello di pervenire alla definizione finale dei due regolamenti, tuttavia non è stato possibile chiudere la discussione entro il semestre poiché sono emerse opinioni contrastanti e discussioni tecniche tra i vari Paesi europei che hanno rallentato il percorso.
La presidenza comunque ha messo a punto, per la prima volta da quando è iniziata la discussione europea sui regolamenti nel 2012, un documento tecnico di circa 1500 cartelle che organizza e riordina tutto quanto è stato finora formalmente e verbalmente espresso dalle delegazioni, tale documento costituisce un fondamentale contributo per i successivi lavori del Consiglio.
Perché è complesso trovare un accordo tra i vari Paesi? Perché è complessa la materia, considerato che il settore dei dispositivi medici è estremamente ampio, andando dal pannolone per incontinente all’acceleratore di particelle in campo medico.
In Italia i dispositivi medici sono più di 500.000, come singoli specifici prodotti, ma come categorie oscillano intorno ai 1000 tipi, che vanno, tanto per citarne alcuni, dalle lenti a contatto alla lentina intraoculare per la cataratta, dall’apparecchio per misurare la pressione arteriosa alle valvole cardiache, agli stent, ecc. Attualmente i dispositivi medici in commercio sono regolati da specifiche leggi europee a carattere necessariamente generale che individuano principi comuni a cui seguono specifiche norme tecniche armonizzate. Le norme armonizzate sono specifiche per tipologia di dispositivo e sono di primo, secondo e terzo livello a seconda della tipologia e della classe di rischio di dispositivo; sono estremamente dettagliate e di competenza tecnica poiché relative alla progettazione alla costruzione, ai controlli ed alla gestione di processi speciali.
Il regolamento sui dispositivi come ad esempio nell’allegato 1 definisce i requisiti di fondo ai quali devono rispondere tutti i dispositivi. Nell’allegato vengono individuati i requisiti fondamentali in termini di sicurezza biologica, tossicologica, chimica, farmacologica costruttiva di qualsiasi tipo di dispositivo. Sulle caratteristiche tecniche si è raggiunto un sostanziale accordo, tuttavia è facile immaginare come la discussione tra i vari Paesi divenga più accesa quando si incomincia a parlare di argomenti più ‘commerciali” ad esempio della classificazione dei dispositivi medici, e soprattutto della loro collocazione ovvero se debbano essere considerati o meno dei prodotti appartenenti alla categoria dei dispositivi o se debbano rientrare in qualche altro settore merceologico, come è il caso di molti prodotti costituiti da associazioni di farmaci e dispositivi medici (prodotti borderline) .
LE RELAZIONI
10
IL CONTESTO DEL PROGETTO
Cristina Romanelli1, Laura Mancini2 1Centro Nazionale ONDICO, Istituto Superiore di Sanità 2Reparto Qualità Ambientale e Ittiocoltura, Istituto Superiore di Sanità
Il progetto di studio sulla qualità microbiologica dell’acqua utilizzata nelle industrie produttrici di
dispositivi medici è nato da una parte dalla necessità di colmare una carenza normativa che vedeva
non ben regolamentato tale aspetto, differentemente da quanto già in essere in altri settori quali ad
esempio i farmaci, e dall’altra di realizzare una linea guida per tutte le industrie del settore che potesse
fornire consigli ed unificare i comportamenti. Alla luce di queste premesse si è cercato di stabilire
innanzi tutto quale fosse la portata del problema e quali i rischi potenziali. Si è cercato quindi di
stimare quali potessero essere i possibili fruitori dei risultati del progetto tramite un’analisi dei dati
presenti nella banca dati del Ministero della Salute (al terzo trimestre 2014) riscontrando che delle
circa 3300 ditte registrate con sede nel territorio italiano circa 950 fabbricano prodotti che
contengono acqua con un’offerta di circa 9700 referenze di codice. Ci si è successivamente
concentrati sui rischi decidendo di prendere in esame solo la contaminazione microbiologica
dell’acqua utilizzata, da cui anche un possibile sviluppo di biofilm, non considerando nessuno dei rischi
derivanti da contaminazioni o fuori specifiche chimico-fisiche. Una contaminazione microbiologica in
una qualsiasi delle fasi di produzione, in fase di approvvigionamento della materia prima, in fase di
lavorazione o anche in fase di lavaggio comporta l’apertura di una deviazione ed a volte anche la
gestione di un evento avverso. A tale proposito in fase di realizzazione del protocollo del progetto si
sono verificati tramite sistemi quali il MAUDE o la letteratura scientifica l’incidenza di segnalazioni di
incidenti legati a possibili contaminazioni dell’acqua come materia prima o dell’acqua di processo.
Altro aspetto preso in considerazione nella stesura del progetto è stata la distribuzione territoriale
delle aziende: si è infatti deciso di scegliere come riferimento solo il territorio nazionale, percorrendo
longitudinalmente la penisola, ma cercando tuttavia di rispettare la distribuzione di maggiore
specializzazione territoriale, aspetto molto diffuso in Italia. Dieci sono state le regioni individuate.
Sono state quindi definite le categorie di dispositivi medici nelle quali l’acqua avesse un ruolo come
componente, primario o secondario, ed in cui la qualità microbiologica della stessa fosse importante
anche per le tecnologie produttive. Le classi maggiormente coinvolte sono risultate quelle a più alta
criticità. Ultima scelta progettuale, ma sicuramente la più importante ai fini della robustezza dello
studio, è stata quella del set di indicatori e di microorganismi patogeni e non che potevano presentare
un potenziale rischio per la salute umana. Tra quelli individuati alcuni erano già presenti in
Farmacopea altri sono stati aggiunti appositamente, come per esempio la Salmonella spp.
Fissate quindi le specifiche iniziali su cui costruire il progetto di studio, si sono definite le fasi di
lavoro che hanno visto sopralluoghi presso le ditte arruolate in modo da poter, oltre che illustrare il
progetto e definire i singoli impegni e responsabilità, anche effettuare tutti i campionamenti
necessari; ed infine, lo svolgimento di tutti i set di prove previste e la successiva analisi e valutazione
critica dei dati ottenuti e la redazione di una proposta di linea guida basata sull’approfondimento della
conoscenza e del controllo della qualità microbiologica dell’acqua utilizzata nelle industrie.
LE RELAZIONI
11
BIOFILM E BIOCORROSIONE NELL'INDUSTRIA
Marco Faimali Istituto di Scienze Marine – Consiglio Nazionale delle Ricerche
Il biofilm può essere definito come una matrice organica, formata da biopolimeri poco solubili in
acqua, nella quale vivono e si riproducono in equilibrio dinamico i microrganismi che la formano,
organizzati in un vero e proprio micro-ecosistema. Ogni superficie in contatto costante con l’acqua
viene quindi immediatamente e irrimediabilmente ricoperta da uno strato di biofilm (spesso da pochi
millesimi a qualche decimo di millimetro), che rappresenta la prima fase della colonizzazione
biologica. Esistono biofilm batterici prevalentemente monospecifici (ne sono un esempio quelli
rinvenuti in cateteri e apparati ospedalieri), ed altri in cui, all’interno di questo sottile strato
gelatinoso, convivono e interagiscono anche altri organismi come protozoi, diatomee e funghi
appartenenti a migliaia di specie differenti (come avviene, ad esempio, nei biofilm che crescono in
ambienti naturali). Dal punto di vista biologico, questa architettura a matrice semi-solida rappresenta
un arrangiamento spaziale ottimale per la circolazione di nutrienti e la protezione degli organismi che
la abitano.
Alla luce di tutto questo il biofilm può essere considerato, da una parte, come un ben strutturato
sistema biologico il cui ruolo, nei sistemi ecologici, è ancora sottostimato e necessita maggiori
approfondimenti, e, dall’altra, come uno strato di acqua disomogeneo mantenuto ancorato alla
superficie solida dalla matrice esopolimerica con una “chimica” diversa, in grado di generare fenomeni
estremamente dannosi in ambito tecnologico, con elevate ricadute economiche. Se il biofilm è il
fenomeno biologico, il biofouling o microfouling non è altro che la diretta conseguenza della sua
interferenza con le attività tecnologiche umane. Il vocabolo deriva dalla terminologia utilizzata nel
settore industriale, dove fouling generalmente indica un deposito indesiderato di materiale sulle
superfici di origine minerale, organica o, come nel nostro caso, biologica, in grado di innescare
fenomeni di biocorrosione e di biodegradazione che possono danneggiare seriamente qualsiasi
materiale metallico. Gli effetti negativi della formazione del biofilm possono interessare molteplici
attività industriali che utilizzano l’acqua come fluido di processo, dalle industrie alimentari a quelle
farmaceutiche, dalle cartiere alle acciaierie. Per evitare ciò vengono utilizzate per il trattamento
dell’acqua grandi quantità di sostanze chimiche tossiche (biocidi), che creano un forte impatto
sull'ambiente nel quale vengono scaricate.
LE RELAZIONI
12
L’ACQUA, MATERIA PRIMA DELL’INDUSTRIA
Luca Grigi Aboca S.p.A.
Il gruppo Aboca ha gli stabilimenti produttivi a Pistrino di Citerna (Citta di Castello) e ricoprono circa
27.000 mq. Il gruppo impiega oltre 700 persone comprensivi del personale dedicato alla ricerca e
sviluppo interna. Ha realizzato un museo, biblioteca ed erboristeria presso Sansepolcro. La politica
del gruppo prevede una integrazione verticalizzata della filiera che va dalla ricerca, alla produzione,
alla formazione ai medici al consumatore.
L’acqua utilizzata nell’azienda va dall’acqua demineralizzata come ingrediente del DM, risciacquo
finale dei macchinari, e materia prima per la produzione di vapore pulito; acqua potabile (calda e
fredda) per il lavaggio dei macchinari; acqua addolcita per utenze tecniche anche in produzione come
il tunnel di pastorizzazione dei flaconi sigillati; vapore pulito stream granulation e condizionamento
ambienti di lavoro ad umidità controllata; vapore industriale come utenza tecnica; acque reflue
proveniente dai lavaggi dei macchinari.
L’acqua demineralizzata da usare come ingrediente per la produzione di DM ha un impianto
alimentato con acqua potabile, un addolcimento per trasformare i Sali di calcio e i Sali di magnesio in
Sali sodici, un dosaggio con metabisolfito di sodio per eliminare il cloro libero; un dosaggio di soda per
aggiustare il pH tale da poter allontanare la CO2 libera nell’acqua e uno stoccaggio in serbatoio di
accumulo dell’acqua pretratta. L’acqua demineralizzata da usare come ingrediente prevede che da
break tank si alimentano membrane RO doppio stadio, uno stoccaggio dell’acqua demineralizzata
uscita dal secondo stadio in serbatoio di accumulo dedicato un sistema di distribuzione dell’acqua
purificata alle utenze mediante loop con valvole automatiche a membrana oltre al fatto che l’acqua è
sempre in ricircolo anche ad utenze chiuse alla velocità maggiore di 1,1 m/s. La temperatura
dell’acqua è mantenuta a 15°C con la possibilità di sanitizzare, con acqua surriscaldata, l’intero
impianto. Questa tipologia di impianto ha una serie di vantaggi che consistono nel mantenere l’acqua
con una qualità chimica e microbiologica sempre conforme, l’acqua è monitorata in continuo per i
parametri conducibilità, pH, TOC oltre ai parametri di funzionamento dell’impianto. Di contro alcuni
svantaggi sono di seguito elencati: costi dell’impianto; portata di circa 1500 l/H con un costo di circa
400. 000 euro; richiede un’assistenza giornaliera per il rabbocco reagenti per il pretrattamento e per
la verifica dei parametri di processo; un elevato consumo di acqua potabile da 100 l si ottengono 70 l
di acqua purificata e 30 l di acqua “concentrata” di Sali da inviare al depuratore e trattata come refluo.
L’azienda ha installato un impianto di “recupero” di acqua con una terza membrana RO che tratta il
concentrato riducendo lo scarto a circa 13 l; altri costi sono legati al consumo energetico poiché
l’impianto deve essere mantenuto sempre in funzione anche in assenza di produzione.
L’acqua in alimentazione proviene da un pozzo ed è monitorata 4 volte l’anno per intercettare le
eventuali variazioni stagionali della falda, l’impianto di acqua PW prevede un controllo chimico e
microbiologico settimanale al ritorno del loop, mentre la distribuzione della acqua PW è monitorata
in tutti i punti di distribuzione a rotazione con cadenza settimanale sia per i parametri chimici che
microbiologici.
LE RELAZIONI
13
L’IMPIANTO DI PRODUZIONE: CRITICITÀ DELLA GESTIONE DI DIFFERENTI TIPOLOGIE DI PRODOTTO Carmelo Chines, Daniela Falzone Sifi S.p.A.
SIFI nasce a Catania nel 1935 grazie all’intuizione di due farmacisti, Carmelo Chines e Antonino
Benanti. Leader di mercato da oltre 15 anni, sviluppa, produce e commercializza innovativi trattamenti
farmaceutici, strumenti per la diagnosi e dispositivi chirurgici per la prevenzione e la cura delle
patologie oculari più diffuse. È l’unica azienda europea che affronta le patologie oculari a livello
globale, offrendo soluzioni sinergiche ed integrate. I prodotti SIFI comprendono oltre 50 forme
farmaceutiche per il trattamento delle malattie oculari più diffuse e attualmente i prodotti SIFI sono
presenti in 15 paesi. Lo stabilimento è situato alle pendici dell’Etna e rispetta le normative più
stringenti dal punto di vista ambientale.
In SIFI si utilizzano tre tipi di acqua: l’acqua potabile fornita dall’acquedotto, definita anche acqua
industriale, che rappresenta la materia prima utilizzata per produrre acqua purificata; l’acqua
purificata fredda, ottenuta come risultato dopo il trattamento dell’acqua industriale con sistema ad
osmosi inversa e successivo passaggio su resina a scambio ionico e filtrazione a 0.2 micron, e l’acqua
purificata calda ottenuta dalla purificata fredda mediante distillazione e mantenuta in ricircolo a
80°C - 85°C.
Nello stabilimento della SIFI, viene verificato l’intero sistema di produzione e distribuzione, previa
analisi di tutti i punti ritenuti necessari a garantire un adeguato controllo del sistema stesso. A tale
scopo si effettua l’analisi chimico-microbiologica, con una diversa frequenza definita da uno studio di
risk assessment basato sulla valutazione dell’impatto che ciascun punto esercita sul
prodotto/processo di produzione. I punti, in funzione dell’impatto, sono stati definiti come segue:
“critico” sono quei punti la cui qualità dell’acqua impatta tutti gli altri punti d’uso (es. mandata e
ritorno dell’impianto); “maggiore” sono i punti la cui qualità dell’acqua impatta la sua destinazione
d’uso principale (es. preparazione); “ normale “ sono i punti la cui qualità dell’acqua impatta la
destinazione d’uso secondaria (es. lavaggi). Pertanto la frequenza dei campionamenti si sviluppa nel
tempo con la seguente modalità: settimanale per i punti critici (inizio loop e ritorno loop), bimensile
per i punti maggiori (serbatoi di preparazione), mensile per i punti normali (punti per il lavaggio dei
serbatoi). Il metodo utilizzato per l’analisi microbiologica dell’acqua è quello della filtrazione su
membrana da 0.45 micron, composta da esteri misti di cellulosa ed è riferibile a quello di Farmacopea
Europea. L’analisi prevede i seguenti test: conta batterica totale a 22°C solo per l’acqua industriale in
ingresso, conta batterica totale a 35 °C per tutti gli altri punti di prelievo, conta di muffe/lieviti, ricerca
degli enterococchi solo per l’acqua industriale in ingresso, test per i coliformi, test per Pseudomonas
specie. I metodi per la determinazione delle sue caratteristiche chimico-fisiche sono riportati
anch’essi nella corrente Farmacopea Europea e comprendono: caratteri, conducibilità, nitrati, TOC.
Anche per i test riportati sopra è applicabile lo stesso schema di campionamento precedentemente
illustrato. Trimestralmente, con intervallo mobile, vengono valutati i risultati sia in funzione dei loro
limiti (Limite d’Allerta e Limite d’Azione), sia verificandone la tendenza.
LE RELAZIONI
14
CRITICITÀ NELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE: CAMBIAMENTI CLIMATICI E FATTORI AVVERSI
Marco Albasini
C.O.C. Farmaceutici S.r.l.
C.O.C. (ChemicalOrganic Compound) fu fondata nel 1990 a S.Agata Bolognese, dove ancora oggi ha la
sua sede principale. Cominciò la sua attività nel settore farmaceutico in qualità di azienda
contoterzista, dedicando le sue risorse al riempimento di contenitori monodose. Attualmente C.O.C.
Farmaceutici opera con ca. 160 dipendenti in due stabilimenti con oltre 15 linee produttive tra cui il
nuovo reparto per prodotti sterili ad alta produttività, inaugurato nel 2012, dotato di linee
completamente automatizzate e realizzate con le migliori tecnologie di processo e ridotto impatto
ambientale.
C.O.C Farmaceutici produce in conto terzi specialità medicinali ad uso umano e veterinario, dispositivi
medici e prodotti per la cura della persona in forma liquida e gel, sterili e non sterili che riempie e
confeziona in un'ampia gamma di contenitori (contenitori monodose e multidose, tubi, airless e
flaconi “preservative-free” per prodotti oculari). L’azienda è specializzata nella produzione di gocce
oculari, prodotti inalatori, lavaggi nasali e auricolari, lavande vaginali, clismi, microclismi, prodotti per
uso orale o per uso esterno, cosmetici, cosmeceutici
Grazie alla partnership con Lameplast S.p.A., azienda leader nella produzione di contenitori in plastica
monodosee multidose, C.O.C. Farmaceuticiè in grado di offrire un servizio completo che va dallo
studio dei materiali alla produzione di contenitori, dalla realizzazione di un pack personalizzato “su
misura” fino allo sviluppo di nuovi prodotti grazie alla divisione R&D e alla assistenza regolatoria
completa.
In questo contesto industriale il solvente principe è ovviamente "l'acqua farmaceutica" cioè acqua con
requisiti di qualità che, in base alle finalità di utilizzo, si ottengono applicando le norme per la
fabbricazione di acqua purificata o WFI (water for injection).
A seguito degli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012, lo stabilimento di Rovereto s/S (Carpi, Modena)
ha subito ingenti danni non solo alle strutture e attrezzature ma anche all’attività produttiva che è
stata sospesaper ripristinare l’operatività dello stabilimento, ritornato pienamente operativo nell’arco
di 6 mesi.
C.O.C. Farmaceutici è un’officina di produzione che opera conformemente alle GMP e in accordo alle
norme ISO. Il sito di Rovereto s/S è certificato ISO 13485 per la fabbricazione di dispositivi medici e
ISO 22716 per la produzione di cosmetici.
LE RELAZIONI
15
CONTROLLI E MONITORAGGIO DELLA QUALITÀ DELL’ACQUA: IL LABORATORIO
Emanuela Rossignoli Studio Ambiente S.r.l.
L’acqua è un bene di prima necessità nell’industria, in particolare nei settori farmaceutico,
biomedicale e cosmetico dove spesso è materia prima costituente il prodotto finito. Pertanto è
necessario controllarne, effettuare cioè una valutazione analitica di specifici parametri rispetto a
valori di riferimento normati, e monitorarne, condurre una vigilanza sistematica in continuo su
specifiche caratteristiche chimiche o fisiche o microbiologiche, la qualità.
Il laboratorio assume in quest’ottica un ruolo fondamentale per l’esecuzione delle analisi di
controllo e delle prove di monitoraggio in process.
Nella presentazione sono dettagliate le differenti tipologie analisi indicate per l’effettuazione dei
controlli e monitoraggi, così come specificate nelle linee guida, standard o normative di riferimento
in base alla destinazione d’uso o classificazione dell’acqua industriale, le relative frequenze ed i
parametri di riferimento.
Vengono quindi descritte in linea generale le diverse metodiche analitiche utilizzate per le prove
chimiche, fisiche e microbiologiche più usuali per la valutazione della qualità dell’acqua. Queste prove
sono: nitriti, alluminio, metalli pesanti, carica batterica e fungina, assenza di endotossine, pH,
conduttività, sostanze ossidabili e cloruri, residui di calcio e magnesio, contaminazione particellare.
LE RELAZIONI
16
CRITICITÀ NELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE:
APPROVVIGIONAMENTO IDRICO DA POZZO
Vincenzo Iaselli
Italdevice S.r.l.
L’uso dell’acqua nell’industria dei disposistivi medici necessita di trattamenti specifici a seconda
dell’acqua utilizzata, ad esempio di rete o di falda.
Il decreto 228 del 1999 richiama alcune affermazioni contenute nel regio decreto per il quale le acque
del nostro Paese, da quelle sotterranee a quelle contenute nelle cisterne, appartengono allo Stato e
fanno parte del demanio pubblico. Per lo stesso decreto è vietato utilizzare acqua pubblica senza un
provvedimento autorizzativo concesso dalle Autorità competenti.
Per lo scavo del pozzo, è necessario richiedere l’autorizzazione alle autorità provinciali, che ne sono
responsabili, e in poco tempo viene rilasciata una autorizzazione all’utilizzo che normalmente ha la
durata di un anno rinnovabile.
Nel caso della nostra azienda che usa acqua di pozzo trattata, dopo la richiesta di utilizzo, è stato
effettuato un sopralluogo da parte delle autorità competenti e solo in seguito è stata ottenuta
l’autorizzazione a tariffa, poiché l’acqua di pozzo usata per scopi industriali ha un costo.
Uno degli aspetti affrontati nel trattamento delle acque è stata la rimozione della silice, poiché è
presente in un’area nei pressi del mare, che inoltre deve essere continuamente monitorata
soprattutto se è colloidale per evitare interferenze nel trattamento, poiché rende inefficienti le
membrane utilizzate. Diverse sono le procedure da seguire se l’utilizzo dell’acqua di falda è destinato
ad uso domestico o a verde.
Il tipo di impianto utilizzato nella nostra azienda è l’elettrodionizzatore con resine miste a scambio
ionico e rigenerabili. L’acqua scorre attraverso un campo elettrico che elimina gli ioni mano a mano
che vengono catturati dalle resine e li lava e li concentra e con scarto molto basso. Il nostro impianto
produce acqua con valori di microsimens che sono all’interno dei limiti della Farmacopea ufficiale.
Oltre alla silice colloidale, una criticità nell’uso di un acqua di falda o di pozzo in generale può essere
l’alta variabilità nei valori della conducibilità fortemente influenzati da fattori esterni quali le piogge.
La manutenzione dell’impianto richiede una sostituzione delle membrane almeno ogni sei mesi,
poiché l’acqua di partenza può contenere materiale in sospensione, sostanze indesiderate nel
processo di potabilizzazione, come ad esempio una elevata carica batterica o in generale sostanze che
possono interferire con il prodotto a seconda della tipologia di dispositivo medico realizzato
nell’industria.
È necessario che l’impianto sia a regime, ma tuttavia resta necessario il controllo in continuo per la
forte variabilità, anche stagionale, a cui è soggetta tale fonte di approvvigionamento, oltre a possibili
incidenti o eventi avversi.
Tra gli incidenti si può incontrare la rottura della camicia del pozzo o uno spostamento di un pascolo
nei pressi dell’area di ricarica della falda o ad esempio discariche abusive.
Quindi una corretta gestione e un monitoraggio in continuo e analisi chimiche e microbiologiche
specifiche secondo l’area, con sistemi di allerta per eventuali variazioni, sono fondamentali quando
un’azienda utilizza questa tipologia di acque.
LE RELAZIONI
17
IL RICICLO E IL RISPARMIO IDRICO NELL’INDUSTRIA
Germano Scarpa
Biofarma S.p.A.
Biofarma è un polo industriale che da 28 anni produce cosmetici, integratori e dispositivi medici. Da
sempre attenta all’utilizzo e al trattamento dell’acqua, ha adottato un efficiente sistema di
purificazione e politiche per il risparmio, il riuso e il riciclo. Ciascun intervento, per avere efficacia,
deve essere inserito all’interno di un programma specifico che presenti diverse fasi di attuazione:
individuazione degli impegni e degli obiettivi, individuazione delle risorse e dei ruoli, ricognizione di
campo, identificazione delle opportunità di gestione per la riduzione dei consumi, predisposizione di
un piano con sviluppo temporale, analisi dei risultati e pubblicazione degli obiettivi raggiunti. La
ricognizione di campo ha previsto la redazione del bilancio idrico complessivo, la raccolta dati, la
localizzazione dei misuratori, l’individuazione delle fonti di alimentazione idrica, la definizione dei
sistemi di trattamento delle acque primarie e usate, i diagrammi di flusso della linea dell’acqua, la
descrizione del processo e la descrizione e la quantificazione in produzione. Si è passati alla
identificazione delle opportunità di gestione, primo tra tutti l’identificazione degli usi non necessari,
l’installazione di contatori per ogni linea di utilizzo, l’individuazione e il controllo delle perdite idriche,
le valutazioni tecniche ed economiche e lo studio di fattibilità di riuso o riciclo dell’acqua. È stato
predisposto un piano di sviluppo temporale aziendale che ha previsto l’analisi degli obiettivi e dei
tempi di raggiungimento, la selezione degli interventi, la valutazione costi-benefici, la definizione della
scala di priorità di intervento, l’individuazione di eventuali fonti di finanziamento e la predisposizione
sistema di revisione periodica. Sono stati individuati i settori dove vi era una possibilità di riuso quali
il sistema dei lavaggi, le acque di raffreddamento e le acque per la caldaia. Le possibili limitazioni al
riutilizzo possono essere ricondotte alla necessità che il riutilizzo richiede che vengano effettuati dei
trattamenti per conferire alle acque riutilizzate i requisiti chimici, fisici e microbiologici richiesti dalle
specifiche normative e renderle idonee agli usi successivi. Tali trattamenti e la distribuzione dell’acqua
recuperata hanno un costo aggiuntivo, per cui deve essere preventivamente effettuata un’analisi di
fattibilità tecnico-economica. I costi monetizzabili riguardano i costi di costruzione, gli oneri finanziari,
l’energia elettrica, i reagenti e materiali di consumo, il personale e le manutenzioni. Il ciclo dell’acqua
in Biofarma prevede un consumo giornaliero di 70 m3 di acqua di acquedotto, 4 m3 di acqua della
caldaia a vapore, 5 m3di acqua per la refrigerazione delle macchine, 11 metri cubi di acqua consumati
dalle torri evaporative e 40 m3 di acqua trattati per osmosi che producono 20 m3 di acqua pura. Le
azioni attuate per il risparmio hanno previsto l’uso di sistemi di lavaggio a chip su svariati impianti che
permettono il riutilizzo dell’acqua per la pulizia sia di macchine per la produzione di cosmetici che di
integratori; l’utilizzo di sacchi monouso al posto dei contenitori di plastica che permette un risparmio
dell’acqua di lavaggio dei contenitori; il raffreddamento a ventilazione nelle stagione fredda; il
riutilizzo dell’acqua per le caldaie; il riutilizzo delle acque depurate sul processo del depuratore; l’uso
dell’acqua del fiume Ledra per l’irrigazione dell’area verde, permettendo un risparmio di acqua di
acquedotto. Attualmente la politica aziendale ha raggiunto un risparmio idrico del 30% e si prevede
un’ulteriore implementazione, fino ad arrivare al 35-40%. I costi aziendali per l’attuazione del
risparmio idrico hanno previsto un aumento di 1,02%, ma allo stesso tempo una diminuzione del
rischio di impresa.
LE RELAZIONI
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IL BILANCIO INTEGRATO
Fabio Boccardo, Luca Yuri Toselli
GUNA S.p.A.
Il Bilancio integrato di GUNA è riportato sul Social-Hub elettronico all’indirizzo web
www.socialhub.guna.it e la situazione economico-finanziaria è pubblicata come capitolo all’interno
del Social Hub. Ogni stakeholder può interagire con la piattaforma, modificando i dati quali-
quantitativi del bilancio relativi al proprio rapporto di collaborazione con l’azienda.
Il bilancio integrato è dotato di oltre 50 tabelle i cui dati sono aggiornati man mano durante l’anno
direttamente dai vari reparti aziendali. Gli accorgimenti che hanno governato le azioni di
rendicontazione sono illustrati in uno dei capitoli introduttivi nonché nel breve video di presentazione
“Video Tutorial pubblicato sulla homepage del Social Hub”. Il Social Hub GUNA è navigabile dal lettore
mediante percorsi facilitati predefiniti, la Mappa degli Stakeholder, l’indice interattivo per capitoli,
oppure tramite la tradizionale "Nuvola di keyword", le Infografiche, la consultazione dei soli Abstract,
il motore di ricerca interno “Maigret; per i dati economico-finanziari, mediante File XML/, leggendo
gli ultimi aggiornamenti in Homepage; è inoltre possibile avere un aggiornamento nella propria casella
di posta sulle novità inserite in tempo reale. È stata incrementata l’area “Cosa non siamo riusciti a fare
e perché”, consolidando ancor più il principio “comply or explain”. Essendo il Social Hub GUNA un
flusso ininterrotto di dati e informazioni che non ha una scadenza annuale, sarà consultabile nella sua
attuale versione solo all’indirizzo www.socialhub.guna.it. Un’apposita funzione, “Time Machine”, è in
grado di estrapolare i dati dal 01/01 al 31/12, dando una visione statica dell’andamento delle
rendicontazione nell’anno solare. È possibile anche valutare il bilancio mediante la compilazione di un
apposito Questionario di gradimento on-line sul Social Hub. Responsabilità sociale per Guna vuol dire
anche rispetto per l’ambiente. Particolare attenzione viene riservata ai consumi legati allo
stabilimento di produzione e quindi alla quantità di CO2 immessa nell’atmosfera. Più volte negli ultimi
anni si sono portati avanti interventi e progetti per favorire il risparmio energetico. L’ultimo di questi
è un progetto di cogenerazione. Si è partiti da un’analisi generale di quelli che sono gli oneri energetici
per un’industria farmaceutica: oneri energetici legati al processo e oneri energetici legati al
mantenimento delle corrette condizioni ambientali negli ambienti di produzione. La seconda voce è
quella di solito preponderante per assicurare la qualità finale dei prodotti. Da qui si è dimensionato
un sistema di trigenerazione che andasse a coprire il base-load elettrico e riutilizzasse il cascame
termico. Per questo la configurazione finale è stata di un motore endotermico a metano, con
alternatore che producesse la quantità di energia elettrica necessaria a coprire tale fabbisogni e che
utilizzasse il calore prodotto dal motore per produrre energia frigorifera tramite un assorbitore. Il
sistema prevede: 1 motore ENDOTERMICO alimentato a gas naturale in grado di produrre 184 kW
elettrici alla tensione nominale di 400V e 218 kW termici nella versione a recupero termico totale; 1
gruppo frigorifero ad assorbimento a singolo effetto in grado di produrre 150 kW frigoriferi. A regime,
l'impianto consentirà - al netto dell'ammortamento dell'investimento - un risparmio di minimo
132.000,00 €, e minori emissioni per - minimo - 93 Tonnellate di CO2 l'anno.
Inoltre, dal 2008 esiste un accordo con Lifegate per la compensazione del 100% delle emissioni
derivanti dalla attività industriale, effettuata dal 2011 mediante la riforestazione e la tutela di 196.212
mq di foresta in Costa Rica.
LE RELAZIONI
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COSTI E BENEFICI DI UNA CORRETTA GESTIONE DELL’ACQUA AD USO INDUSTRIALE
Stefano Fabiani1, Riccardo Grifoni2 1CRA – Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’economica agraria 2Regione Toscana
La crescente attenzione a livello mondiale sui temi di una efficiente ed efficace gestione delle risorse
idriche - ispirata a principi di sostenibilità ambientale, economica e sociale - insieme alla crescente
scarsità nella disponibilità della risorsa in quantità e qualità adeguate, rende oggi approcci e
metodologie di valutazione economica strumenti fondamentali per consentire una corretta gestione
e pianificazione per il presente ma soprattutto per le generazioni future.
I beni ambientali sfuggono alla logica di mercato e pertanto il loro valore non può essere
determinato attraverso l’analisi tradizionale delle curve di domanda ed offerta. Il mercato non è in
grado, infatti, di valutare né i benefici derivanti da un miglioramento nella qualità ambientale né i
danni derivanti dallo sfruttamento dell’ambiente. È evidente allora come la definizione del “valore
economico di una risorsa ambientale”, ossia l’attribuzione di un corrispettivo monetario ad essa,
debba superare i limiti del valore di scambio ed abbracciare una nozione di valore più ampia che
consideri tutte le ragioni per le quali la risorsa ambientale è fonte di utilità per la collettività.
A livello comunitario i concetti di valore economico di un bene ambientale e di “costo ambientale”
emergono con forza con l’emanazione della Direttiva quadro 2000/60/CE.
L’art. 5 della Direttiva dispone infatti, nella fase di caratterizzazione del distretto idrografico e
valutazione dell’impatto ambientale delle attività umane, l’esecuzione di un’analisi economica
dell’utilizzo idrico secondo quanto stabilito nell’allegato 3.
L’analisi economica consiste nella elaborazione di informazioni sufficienti e adeguatamente
dettagliate al fine di effettuare i pertinenti calcoli necessari per prendere in considerazione il principio
del recupero dei costi dei servizi idrici (art. 9) e di formarsi un'opinione circa la combinazione delle
misure più redditizie, relativamente agli utilizzi idrici, da includere nel programma di misure di cui
all'articolo 11 in base ad una stima dei potenziali costi di dette misure.
Essa si articola in diverse fasi: definire gli usi e i servizi idrici; identificare i distributori, gli utilizzatori e
gli “inquinatori”; calcolare i costi finanziari dei servizi idrici; identificare e stimare i costi ambientali e
della risorsa (CAR); identificare il meccanismo di recupero dei costi; calcolare il tasso di recupero dei
costi; identificare l’allocazione dei costi per utilizzatore ed “inquinatore”.
LE RELAZIONI
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I RISULTATI DELLE ANALISI MICROBIOLOGICHE CONDOTTE SULLE ACQUE PRELEVATE NELLE AZIENDE
Laura Mancini, Stefania Marcheggiani
Reparto Qualità Ambientale e Ittiocoltura, Istituto Superiore di Sanità
Lo studio è stato dedicato alla valutazione della qualità microbiologica delle acque industriali utilizzate
nei processi di fabbricazione di varie tipologie di dispositivi medici prodotti in Italia, in assenza di
specifiche linee guida.
Per gli aspetti microbiologici dell’acqua utilizzata nella produzione dei dispositivi medici, infatti, non
sono ancora state emanate delle linee guida dedicate, ma vengono mutuate quelle già applicate al
settore farmaceutico che, per molti aspetti, risulta sovrapponibile a quello dei dispositivi medici.
Di conseguenza, la caratterizzazione microbiologica delle acque, utilizzate nelle varie fasi della
produzione industriale, ha riguardato i parametri già previsti dalla Farmacopea e altri microrganismi
patogeni, oltre agli indicatori di inquinamento fecale.
Per ognuna delle 16 aziende, i campionamenti sono stati effettuati 1 volta al mese in 5 siti di prelievo
diversi e ripetuti per 3 mesi; per ogni sito di prelievo, sono state condotte analisi per la ricerca di 7
parametri microbiologici: Conta Batterica Totale a 22° C e 37° C, Escherichia coli, Enterococchi
intestinali, Pseudomonas spp., Staphylococcus spp., e Salmonella spp. Per ciascun paramento sono
state effettuate 3 repliche, per un totale di 5040 analisi microbiologiche.
A questi dati sono stati aggiunti quelli risultanti dal questionario informativo, compilato sulla base
delle interviste rivolte ai rappresentanti delle aziende durante i sopralluoghi. Le informazioni riportate
nei questionari hanno riguardato responsabilità, modalità di gestione e di controllo delle principali
attività connesse con l’implementazione, l’utilizzo, la manutenzione dei sistemi di trattamento
dell’acqua nelle aziende che realizzano dispositivi medici.
Le evidenze scientifiche provenienti dall'elaborazione di tutti i dati raccolti sono confluite nelle
raccomandazioni espresse nella linea guida "Linea guida italiana sugli aspetti microbiologici delle
acque utilizzate nell'industria dei dispositivi medici".
LE RELAZIONI
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LINEE GUIDA
Laura Mancini1, Cristina Romanelli2 1Reparto Qualità Ambientale e Ittiocoltura - Istituto Superiore di Sanità 2Centro Nazionale ONDICO, Istituto Superiore di Sanità
L’obiettivo principale dell’elaborato "Linea guida italiana sugli aspetti microbiologici delle acque
utilizzate nell'industria dei dispositivi medici" è quello di fornire elementi di guida per i “portatori di
interesse” circa la messa a punto di protocolli operativi al fine di monitorare la filiera di processo, volti
alla riduzione delle criticità legate all’utilizzo dell’acqua.
Gli argomenti sono derivati dall’analisi della letteratura scientifica e dalla esperienza acquisita durante
lo studio. Tuttavia non sono state tralasciate le conoscenze e le indicazioni derivanti da norme o linee
guida nate per altri settori, ma correntemente applicati anche per i dispositivi medici, come per
esempio la Farmacopea.
La linea guida è stata redatta tenendo conto di quanto riportato nel Manuale Metodologico “Come
produrre, diffondere e aggiornare linee guida per la salute pubblica” (Sistema nazionale per le linee
guida-SNLG, 2011.
Le raccomandazioni espresse in questa linea guida sono basate sui risultati delle 5040 analisi, eseguite
sui 240 campioni di acqua prelevati in 5 siti, in ciascuna delle 16 aziende produttrici di dispositivi
medici in cui l’acqua ha un ruolo importante nel processo produttivo.
Come indicato nel Piano Nazionale Linee Guida, le raccomandazioni sono espresse dalla Forza della
Raccomandazione e dal Livello di Prova, indicati rispettivamente con lettere (A-E) e numeri romani (I-
IV). Con Forza della Raccomandazione ci si riferisce alla probabilità che l'applicazione nella pratica di
una raccomandazione determini un miglioramento dello stato di salute della popolazione e quindi
nello specifico della qualità e sicurezza del dispositivo medico.
Con Livello di Prova ci si riferisce alla probabilità che le conoscenze siano derivate da studi pianificati
e condotti in modo tale da produrre informazioni valide e prive di errori sistematici.
Alla elaborazione della linea guida ha partecipato un gruppo di lavoro, che ha avuto la responsabilità
della conduzione dei lavori, è composto da tre strutture concentriche: un gruppo di coordinamento,
un panel di esperti e un gruppo di consultazione allargato.
Le raccomandazioni riportate nella linea guida sono 12, che trattano diversi aspetti, dal
campionamento, ai parametri microbiologici da monitorare, alla sanificazione.
LE RELAZIONI
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L’IMPRONTA IDRICA
Cinzia Grasso
Reparto Qualità Ambientale e Ittiocoltura, Istituto Superiore di Sanità
L'impronta idrica di un individuo, di una comunità, di un'azienda è definita come il volume totale di
acqua dolce utilizzata per produrre i beni e i servizi consumati da quell'individuo, comunità o impresa.
L’impronta idrica (Water footprint) è l’indicatore generalmente utilizzato per calcolare i quantitativi
d’acqua utilizzati all’interno dei processi produttivi, prendendo in considerazione sia l'utilizzo diretto
che quello indiretto. Il concetto è stato introdotto nel 2002 da Arjen Hoekstra dell’Università di
Twente (Olanda) e ha ispirato la realizzazione del Water Footprint network che ha lo scopo di
sostenere progetti che mirano ad un uso equo e sostenibile delle risorse idriche.
Il concetto ha trovato largo consenso in letteratura tanto che l’approccio metodologico è applicato,
ad oggi, da migliaia di istituzioni. La stima del consumo dell’acqua è molto articolato: la nostra
strategia ha tenuto conto delle indicazioni fornite dall’United Nations Environment Programme che
col suo programma SUN fornisce assistenza e sviluppa strumenti e modelli nel tentativo di ridurre le
emissioni di gas serra e favorire la sostenibilità generale.
Il convegno può considerarsi a basso impatto ambientale, considerato che la location è situata vicino
alla stazione ferroviaria e a numerose condizioni di alloggio ed è raggiungibile a piedi o con il trasporto
pubblico; non sono stati forniti ai partecipanti materiale promozionale e gadget, in favore di una pen
drive che contiene tutti i documenti utili; il consumo di carta è stato ridotto dell’85% (tutti i documenti
sono stati inviati via email o pubblicati sul sito web e uno stand informazioni si trova nella zona della
conferenza); i rifiuti sono stati separarti e riciclati (per ricordare il valore del riciclo, in tutti gli spazi del
convegno sono state poste scatole di separazione dei rifiuti); nella scelta del catering, sono stati
preferiti prodotti locali, di stagione e biologici, riducendo la carne; lo spreco del cibo è stato evitato,
comunicando al ristoratore il numero finale dei partecipanti alcuni giorni prima della manifestazione;
per aumentare la consapevolezza del problema tra i partecipanti del convegno, sono state realizzate
locandine con informazioni e infografiche.
Per dare un segnale concreto della volontà di ridurre i consumi e considerato il focus del convegno
sull’acqua, si è deciso di installare presso l’Istituto Superiore di Sanità un raccoglitore di acqua piovana
che possa essere utilizzato per annaffiare le piante del giardino storico, riducendo così il prelievo di
risorse dall’ecosistema.
I POSTER
23
I poster
I POSTER
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Il biofilm: la vita sociale dei batteri come problema tecnologico
Marco Faimali1, Franco Baroncelli2 1Istituto di Scienze Marine – Consiglio Nazionale delle Ricerche 2ECOTOX LDS
Generalmente, nell’ambiente naturale, i microrganismi tendono a non rimanere singole cellule
isolate ma ad organizzarsi in vere e proprie comunità (biofilm) distribuendosi in maniera ubiquitaria
sia in ambiente terrestre che acquatico. Questi aggregati crescono e si sviluppano colonizzando
qualsiasi superficie a disposizione, sia naturale che artificiale, adattandosi a condizioni ambientali
anche estreme. Il termine biofilm viene quindi comunemente utilizzato per indicare tutti questi tipi di
associazione microbica a prescindere dalla strutturazione biologica e dall’ambiente in cui esse si
formano.
Quando lo sviluppo del biofilm e dei suoi microrganismi interessa materiali utilizzati in qualsiasi
apparato artificiale prodotto dall’uomo, può creare seri problemi tecnologici ad ampio spettro con
elevate ricadute gestionali ed economiche.
In tutti i processi industriali che utilizzano l’acqua, la crescita del biofilm genera elevati livelli di
biodeterioramento e contaminazione. La corrosione microbiologicamente influenzata (MIC) è infatti
rafforzata dall’EPS che, modificando i meccanismi di corrosione delle superfici sottostanti, genera
anche l’ambiente ideale per la sopravvivenza di organismi patogeni.Varie tecniche sono applicate a
livello industriale per limitare la proliferazione batterica in linee d’acqua, ma questi trattamenti sono
spesso inefficaci se non supportati da un adeguato controllo dell’attività biologica.
Per tutte queste ragioni, risulta essere estremamente importante avere in tempo reale una precisa
indicazione della presenza di batteri e di biofilm all’interno di linee d'acqua industriali.
In questa presentazione verranno esplorati nel dettaglio i complessi meccanismi di sviluppo del
biofilm in ambito industriale ed alcuni innovativi sistemi di monitoraggio della presenza di batteri e di
biofilm: il DeltaTox II, prodotto da Modern Water (rappresentata in Italia da ECOTOX LDS) e il
biosensore ALVIM, sviluppato da una start-up dell’Istituto di Scienze Marine del CNR.
Il primo, basato sulla tecnologia della bioluminescenza, effettua uno screening della tossicità acuta
e dell'adenosintrifosfato (ATP) con impiego tipo in situazione di emergenza. Rapido, portatile, è in
grado di valutare le due più comuni classi di agenti patogeni e composti chimici. Il limite di rilevabilità
della concentrazione microbiologica è di 100 ufc/mL.
Il secondo è in grado di misurare l’attività bioelettrochimica del biofilm e fornire in tempo reale
una stima della sua crescita (1 % di ricoprimento) su qualsiasi superficie.
Questo nuovo approccio di monitoraggio biologico integrato ai sistemi di trattamento dell’acqua
ha dimostrato di essere fondamentale per la loro ottimizzazione in ambito industriale.
I POSTER
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Rilevazione di SRB con un metodo rapido immunoenzimatico
Raffaela Cardente ECOTOX LDS
Questo poster illustra sinteticamente il sistema di rilevazione dei batteri solfato-riduttori,
denominato QuickChekTM SRB Detection System, fornito da Modern Water e distribuito in Italia dalla
Ecotox LDS.
Si stima che i batteri solfato riduttori (SRB) siano responsabili per circa il 50 % delle corrosioni di
manufatti metallici interrati. Anaerobi stretti, per la respirazione utilizzano come accettori di elettroni
numerosi composti ossidati dello zolfo: agiscono cioè come depolarizzatori catodici e tramite l’enzima
idrogenasi producono idrogeno atomico, in grado di ridurre i solfati a solfuri ed innescando così la
corrosione di manufatti metallici sommersi o interrati. Si trovano praticamente in tutti gli ambienti
anaerobi, acquatici o terrestri, contenenti solfati anche in piccole quantità.
Il QuickChekTM SRB Detection System è un metodo rapido immunoenzimatico ELISA che rileva i
batteri solfato-riduttori utilizzando anticorpi purificati per l’enzima adenosina-5’-fosfosulfonato (APS)
riduttasi, comune a tutti i ceppi di SRB.
Gli SRB vengono intrappolati per filtrazione in un pannello e, mediante un reagente liofilizzato, si
ottiene la lisi delle membrane cellulari dei batteri, con liberazione dell’enzima APS riduttasi. Dopo una
filtrazione finale, la soluzione viene immessa in una fiala contenente l’anticorpo liofilizzato e incubata
per legare l’enzima APS riduttasi alle particelle rivestite di anticorpo. Tali particelle, raccolte su
membrana, a contatto con un reattivo cromogeno, sviluppano una colorazione blu che, confrontata
con una carta cromatica di riferimento, consente di determinare la concentrazione di SRB.
Il kit QuickChekTM SRB presenta numerosi vantaggi, rispetto alla coltivazione cellulare degli SRB:
permette di saggiare campioni solidi e semi-solidi, rileva tutti gli SRB, compresi quelli incapaci di
crescere in certi mezzi di coltura, non risente delle interferenze chimiche o dovute alla salinità che
vengono spesso riscontrate in campioni di campo.
Il kit QuickChekTM SRB kit è completamente autosufficiente e monouso. Ciascun kit contiene infatti
tutti i materiali necessari per il rilevamento e la conta dei batteri solfato-riduttori, non richiede
pretrattamento o diluizione dei campioni e non è soggetto a limitazioni relative allo smaltimento di
rifiuti speciali pericolosi.
I risultati semi-quantitativi, riferiti a tutti gli SRB, vitali e non vitali, si ottengono in circa 8-10 minuti
e si possono analizzare contemporaneamente 2-3 campioni. Il limite di rilevabilità è di 1000
cellule/mL, che per acque “pulite” scende a 100 cellule/mL.
Tipiche applicazioni di questo kit sono gli studi sulla corrosione, su biofilm e su fanghi.
I POSTER
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Monitoraggio in continuo delle alghe, ALGcontrol Raffaela Cardente ECOTOX LDS
Negli ecosistemi acquatici, ed in particolare nei bacini dove il ricambio di acque è particolarmente
lento (anni), l’eutrofizzazione ed il conseguente accumulo di nutrienti può comportare un abnorme
sviluppo di alghe, in particolare microalghe, noto come fioritura algale (Algal Blooms).
Le conseguenze sono una evidente colorazione delle acque, con sapore ed odore sgradevole, ed
eventuale moria di fauna acquatica.
Ancora più grave diviene il fenomeno quando nel processo di fioritura sono coinvolte microalghe
produttrici di biotossine dannose per la salute umana (microalghe tossiche - HAB Harmful Algal
Blooms). Tali biotossine, essendo idrosolubili, liposolubili e termostabili, non vengono distrutte con la
cottura (ad esempio dei molluschi filtratori che le accumulano) venendo quindi assorbite dai
consumatori, uomo incluso.
MicroLAN, rappresentata in Italia da Ecotox LDS, ha implementato la sperimentata tecnologia
iTOXcontrol (monitoraggio on-line della tossicità di matrici liquide) con la tecnologia ALGcontrol, in
grado di identificare i vari gruppi algali correlando differenti valori di fluorescenza a valori di
concentrazioni di clorofilla-a e di cianoclorofilla.
Quando la clorofilla assorbe luce, una frazione della energia assorbita è riemessa come fluorescenza.
Poiché i differenti gruppi algali si differenziano per quantità e qualità di pigmenti, è possibile
distinguerli in base alloro spettro di fluorescenza.
ALGcontrol per indurre la fluorescenza usa sette LED che emettono luce a sette differenti valori di
lunghezza d’onda (365, 450, 525, 570, 590, 610, 710 nm). I sette LED vengono attivati l’uno dopo
l’altro con una frequenza molto elevata. Il segnale di fluorescenza indotta da ciascun LED viene
misurata e mediato in base ad un tempo predefinito.
I valori di fluorescenza indotti da ogni LED costituiscono i dati grezzi, automaticamente elaborati per
quantificare la concentrazione algale e quella dei ciano batteri. A tale scopo, ALGcontrol determina
anche i valori di DOM (Dissolved Organic Matter, misurata a 365 nm) e di torbidità (misurata a 710
nm), utilizzati per effettuare opportune correzioni al fine di aumentare l’accuratezza del dato.
I POSTER
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Procedimento di analisi dei dati rilevati
Massimiliano Bugarini1, Cinzia Grasso1, Fabrizio Volpi1, Anna Maria D’Angelo1, Stefania Marcheggiani1, Elio Pierdominici1, Silvana Caciolli1, Cristina Romanelli2, Laura Mancini1 1Reparto Qualità Ambientale e Ittiocoltura - Istituto Superiore di Sanità 2Centro Nazionale ONDICO, Istituto Superiore di Sanità
Per la memorizzazione dei risultati delle analisi microbiologiche condotte sulle acque industriali è
stato usato il database Access e per l’elaborazione dei dati raccolti sono stati creati sei programmi
distinti, contenenti una serie di comandi e di Query per creare tabelle di metadati da cui estrarre le
informazioni finali desiderate.
Con il primo programma vengono create alcune tabelle di lavoro intermedie, in cui i dati sono stati
riorganizzati, corretti ed uniformati tramite una serie di procedure, al fine di ottenere un’unica tabella
di riferimento per fare l’elaborazione dei dati.
Il secondo programma crea una serie di tabelle relative alle chiavi di ricerca da utilizzare
successivamente, per catalogare/filtrare i dati (ad esempio, lista delle ditte, lista dei parametri, ecc.).
Il terzo programma esegue una statistica descrittiva dei campioni rilevati, producendo varie tabelle,
distinguendo i dati per ditta, prelievo, parametro, range di valori.
Per considerare anche eventuali dati mancanti, in caso di particolari combinazioni tra le variabili
osservate, è stata creata una tabella di riferimento contenente il prodotto cartesiano tra le suddette
variabili, riportando tutte le loro modalità presenti nei dati raccolti.
Con ulteriori tre programmi vengono generate le tabelle di uscita finali per poter riassumere, e
presentare anche a livello grafico, i dati dei campioni raggruppati per ditta, parametro, punto di
prelievo, ecc., al fine di mostrare distribuzioni percentuali, andamenti e confronti tra coppie di
parametri.
I POSTER
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Campionamento delle acque ad uso industriale
Silvana Caciolli1, Elio Pierdominici1, Anna Maria D’Angelo1, Emilo D’Ugo1, Roberto Giuseppetti1, Cristina Romanelli2, Stefania Marcheggiani1, Filippo Chiudioni1, Simona Berasi1, Laura Mancini1 1Reparto Qualità Ambientale e Ittiocoltura, Istituto Superiore di Sanità 2Centro Nazionale ONDICO, Istituto Superiore di Sanità
Il campionamento rappresenta una fase cruciale dell’intero procedimento analitico. Le fasi che
precedono le analisi microbiologiche, cioè il campionamento, il trasporto e la conservazione del
campione, sono da considerarsi parte integranti poiché possono incidere sull’attendibilità e
l’affidabilità dei risultati analitici; durante il prelievo, quindi, devono essere osservate le buone
pratiche di laboratorio, evitando che vi siano contaminazioni secondarie del campione.
I volumi di acqua da prelevare vanno definiti in funzione dei parametri richiesti e devono essere
superiori al minimo necessario per lo svolgimento delle analisi.
Due sono i protocolli utilizzati, a seconda che il prelievo sia da rubinetto o da pozzo.
Nel primo caso è necessario asportare, se presenti, tubi e guarnizioni in plastica e gomma; flambare
la bocca del rubinetto (solo se metallico); aprire il rubinetto e lasciare scorrere l’acqua per 3 - 5 minuti;
aprire la bottiglia sterile al momento del prelievo, tenendola dalla base, avendo cura di non toccare
la parte interna del collo della bottiglia né la parte interna del tappo; lasciare sotto il dispositivo di
chiusura uno spazio di circa 2,5 cm; chiudere immediatamente il tappo della bottiglia ed identificare
il campione o con un numero di riferimento o con i dati necessari per l’identificazione; porre il
campione alla temperatura ±4°C fino al momento dell’analisi.
Nel secondo caso è necessario utilizzare bottiglie sterili incartate prima della sterilizzazione in modo
da non contaminare l’acqua da prelevare; calare la bottiglia nel pozzo, utilizzando una pinza o un altro
sistema idoneo (anch’esso sterilizzato e incartato fino al momento del prelievo) e immergerla
completamente e lasciare che si riempia; tirarla fuori, scartare i primi 2 - 3 cm di acqua per creare una
efficace omogeneizzazione del campione al momento dell’analisi; chiudere immediatamente il tappo
della bottiglia ed identificare il campione o con un numero di riferimento o con i dati del campione
necessari all’identificazione.
I POSTER
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Metodi microbiologici Anna Maria D’Angelo, Elio Pierdominici, Stefania Marcheggiani, Silvana Caciolli, Elisabetta Volpi, Laura Mancini Reparto Qualità Ambientale e Ittiocoltura, Istituto Superiore di Sanità
L’acqua in campo industriale riveste un ruolo di primaria importanza e oggi è sempre più al centro
dell’attenzione generale anche a causa delle norme vigenti.
Due sono gli aspetti divenuti fondamentali nell’utilizzo e nella produzione delle acque di processo: la
qualità e l’ottimizzazione.
Provenendo da svariate fonti, l’acqua in entrata nei processi industriali, può non soddisfare i requisiti
qualitativi in termini di purezza, salinità e carica microbica.
Di conseguenza è importante misurare e trattare i parametri chimico-fisici che possono incidere sulla
“bontà” del prodotto finale e sul funzionamento degli impianti. I trattamenti si basano su metodi fisici,
chimico-fisici e/o biologici la cui tipologia dipende dalle caratteristiche dell’acqua di partenza e
dall’uso specifico all’interno del processo industriale nel quale l’acqua è coinvolta. Essa, infatti, può
entrare a diretto contatto con il prodotto servendo nell’avviamento delle linee di processo e nel
lavaggio delle materie prime o nella pulizia e rigenerazione degli impianti.
Il controllo di qualità microbiologico dell'acqua utilizzata rappresenta uno dei punti cardine del
processo di produzione di un prodotto farmaceutico ed è regolamentato dalla FARMACOPEA
EUROPEA, che ha lo scopo di armonizzare le legislazioni nazionali relative alla fabbricazione,
circolazione e distribuzione di medicinali in Europa.
Risale al 1967 la prima edizione della FARMACOPEA EUROPEA che ha sostituito le monografie
nazionali proprie di ogni paese.
Nel 1990 i responsabili delle FARMACOPEE USA, Giappone e della allora Comunità Europea hanno
costituito il cosiddetto "Pharmacopoeial Discussion Group" (PDG), volto all'armonizzazione delle
Farmacopee, che hanno come obiettivo ultimo quello di uniformare i metodi microbiologici di
controllo utilizzati in tutte le aziende farmaceutiche del mondo.
Le monografie delle diverse Farmacopee sono in continua evoluzione, adeguandosi sia al processo
tecnologico che al processo di armonizzazione normativa.
Al fine della valutazione del rischio microbiologico, oltre ai parametri previsti dall’attuale normativa
(Conta Batterica Totale a 22° C e 37° C) sono stati messi a punto i protocolli per i seguenti
microrganismi: Staphylococcus spp., Pseudomonas spp., Escherichia coli, Enterococchi intestinali,
Salmonella spp.
I POSTER
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Metodo della concentrazione e microfiltrazione seriale per l’analisi di grandi volumi di acqua
Roberto Giuseppetti, Stefania Marcheggiani, Emilio D’Ugo, Laura Mancini Reparto Qualità Ambientale e Ittiocoltura, Istituto Superiore di Sanità
Il metodo permette di rilevare i patogeni e potenziali patogeni da grandi volume d’acqua (50 L).
Il Campione di 50 L, tramite una pompa peristaltica, viene fatto passare attraverso un filtro da dialisi
Hemoflow HF80s con fibre in polieteresulfone avente un taglio di 20 kD con una velocità massima di
3 L/min.
In questa prima fase tutti gli agenti patogeni presenti nel campione per mezzo della forza centrifuga,
impressa dalla forza della pompa peristaltica e dal flusso del campione che va dall’interno verso
l’esterno, vengono adesi sulla superficie delle fibre del filtro.
Nella seconda fase, sfruttando l’azione detergente di una soluzione di eluizione, chiamata Backflush,
la spinta centripeda generata sempre dall’azione della pompa peristaltica, con una velocità di flusso
a 250 mL/min, si andrà a staccare gli agenti patogeni eventualmente presenti.
L’eluato ottenuto dovrà essere conservato a +4°C.
La Backflush solution è così composta: 1 Litro di PBS 0.01 M, 100 mg sodio esofosfato (Napp, Sigma
305553) 0,01 % finale, 5 mL Tween 80 (Sigma P4675) 0,5% finale, 1 mL of di emulsione antifoam B
(Sigma A5757).
L’eluato potrà essere utilizzato per effettuare molteplici analisi: una di queste è la microfiltrazione
seriale, partendo da un filtro di sezione maggiore tipo 20 µm potremo scendere mano a mano fino a
0,025 µm passando per tagli che noi andremo a decidere in base alle nostre esigenze.
Per poter effettuare le microfiltrazioni seriale avremo bisogno di una una beuta collegata ad una
pompa da vuoto, da vuoto, un’unità filtrante composta da portafiltro, bicchiere e molla in vetro o
acciaio inox.
Tutto il materiale dovrà essere sempre sterilizzato in autoclave a 121° C per 15 min.
I filtri dovranno essere addizionati di 1 mL di TRIZOL o TRIREAGENT e posti a -80°C fino a che non
verranno processati.
Il metodo della concentrazione e microfiltrazione seriale può permettere di andare ad investigare la
presenza di patogeni che in genere sono presenti in basse concentrazioni o quando non esistono
metodiche di coltivazioni in vitro.
La procedura è stata messa a punto nell’ambito del progetto FP7 µAQUA, THEME [KBBE.2010.3.2-04].
I POSTER
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Sistemi di trattamento dell’acqua nel settore sanitario
Cristina Romanelli1, Cinzia Grasso2, Carmine Guarino1 1Centro Nazionale ONDICO, Istituto Superiore di Sanità 2Reparto Qualità Ambientale e Ittiocoltura, Istituto Superiore di Sanità
L'acqua, utilizzata quotidianamente per soddisfare i bisogni fisiologici, a scopo ricreativo e per le
attività produttive, è uno dei più importanti veicoli di diffusione di possibili malattie. Nell’acqua infatti
si possono trovare sia contaminanti chimici che biologici. Alcuni prodotti realizzati utilizzando l'acqua
nel processo produttivo possono avere un impatto diretto o indiretto sulla salute umana, come ad
esempio alimenti, integratori alimentari, farmaci e dispositivi medici. In particolare l'acqua è
largamente adottata nella produzione di farmaci e di dispositivi medici, come eccipiente, per i processi
di sintesi, per la produzione di prodotti finiti o come agente pulente e di risciacquo per le attrezzature,
per i contenitori di imballaggio primario, ecc. La qualità microbiologica dell'acqua è particolarmente
critica e le aziende sono chiamate ad investire ingenti risorse per garantire che i limiti richiesti siano
sempre rispettati. Il grado di purezza dell’acqua industriale deve tener conto della natura del prodotto
finito e della sua destinazione d’uso, oltre che della fase produttiva in cui l'acqua stessa viene
utilizzata.
Il pretrattamento include filtrazione primaria e filtri a cascata, coagulazione o flocculazione,
desalinizzazione ed addolcimento.
L’acqua purificata viene utilizzata per tutte le preparazioni non-sterili e non- iniettabili, per
preparazioni sterili ad uso topico, orale, nasale, oftalmico, ontologico, ecc.
L’acqua altamente depurata deve rispettare gli stessi standard di qualità della WFI inclusi i limiti fissati
per le endotossine, tuttavia i metodi di trattamento applicabili non sono considerati tanto affidabili
quanto la distillazione. HPW deriva dall’applicazione di più metodi combinati quali l’osmosi inversa,
l’ultrafiltrazione e la deionizzazione.
L’acqua per preparazioni iniettabili viene utilizzata per i dispositivi sterili ad uso parenterale, per le
soluzioni di emofiltrazione, per le soluzioni per dialisi ed irrigazione, per i dispositivi iniettabili, ecc.
L’utilizzo di sistemi di trattamento dell’acqua validati e controllati, e lo sviluppo di metodi rapidi ed
efficaci per monitorare gli aspetti microbiologici, permettono di ottenere acqua industriale con i
requisiti di qualità richiesti dal settore sanitario e di assicurare la sicurezza dei prodotti finiti.
INDICE DEGLI AUTORI
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Indice degli autori
Albasini Marco …………………………………………………………………………………………………………..…………………………..pp. 4, 14
Baroncelli Franco ……………………………………………………………………………………………………………………….…..……..pp. 5, 24
Berasi Simona……………………………………………………..………..……………………………………………………………....….…..pp. 5, 28
Boccardo Fabio ………………………………………………………………………………………………………………………………………pp. 5, 18
Bugarini Massimiliano ……………………………………………………..………..………………………………………………………………..p. 27
Caciolli Silvana ……………………………………………………..………..……………………………………………………………..pp. 27, 28, 29
Cardente Raffaella …………………………………………………………………………………………………………………………..pp. 5, 25, 26
Chines Carmelo …………………………………………………………………………………………………………………………………....pp. 4, 13
Chiudioni Filippo……………………………………………………..………..……………….………………………………………………………..p. 28
D’Angelo Anna Maria……………………………………………………..………..………………………………………….………..pp. 27, 28, 29
D’Ugo Emilio ……………………………………………………..………..………………………………………………………………………….…..p. 30
Fabiani Stefano …………………………………………………………….…………………………………………………………………….…pp. 5, 19
Faimali Marco ………………………………………………………………..……….…………………………………………..……....pp. 4, 5, 11, 24
Falzone Daniela ……………………………………………………..………..………………………….………………………………………………p. 13
Giuseppetti Roberto……………………………………………………..………..…………………………………………………….……..pp. 28, 30
Grasso Cinzia ………………………………………………….…………………………………………………………………..……..pp. 5, 22, 27, 31
Grifoni Riccardo …………………………………………………………………………………………………………………………………....pp. 5, 19
Grigi Luca …………………………………………………………………………….…………………………………………………………………pp. 4, 12
Guarino Carmine ……………………………………………………..……………….……………………………………………………....pp. 4, 5, 31
Iaselli Vincenzo ……………………………………………………………………………………………………………………………..….…..pp. 5, 16
Mancini Laura ………………………………………………………..………………………………...……..pp. 4, 5, 10, 20, 21, 27, 28, 29, 30
Marcheggiani Stefania ………………………………………...………………………………………………….……..pp. 5, 20, 27, 28, 29, 30
Musmeci Loredana ……………………………………………...………………………………………………………….……………..……….pp. 4, 7
Parisi Antonio ………………………………………………………………………………………………………………...………..……………..pp. 4, 9
Pierdominici Elio ……………………………………………………..………………………………………………………..……………..p. 27, 28, 29
Pizzoccaro Alessandro ……………………………………………………..………..……………………………………………………..………..p. 18 Romanelli Cristina …………………………………………………….…………………………………………….....pp. 4, 5, 10, 21, 27, 28, 31
Poma Luca ……………………………………………………..………..………………………………………………………………………….……..p. 18 Rossi Patrizia ……………………………………………………..………………………………………………………………………..……………..p. 18 Rossignoli Emanuela ……………………………………………….………………………………………………………….…..……………..pp. 4, 15
Scarpa Germano ………………………………………………………………………….………...……………………………………………..pp. 5, 17
Toselli Luca Yuri ………………………………………………………..…………………………………………………………………………..pp. 5, 18
Volpi Elisabetta……………………………………………………..………..…………………………………………………………………………..p. 29
Volpi Fabrizio……………………………………………………..………..…………………………………………………………………….………..p. 27
INFORMAZIONI DI CONTATTO
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Informazioni di contatto
Reparto Qualità Ambientale e Ittiocoltura
Dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria
Istituto Superiore di Sanità
Viale Regina Elena, 299
Tel. (+39) 0649902679
Fax (+39) 0649902577
http:/dev.iss.it/disp
Redazione: Cinzia Grasso, Elisabetta Volpi, Mario Figliomeni, Cristina Romanelli, Laura Mancini. La responsabilità dei dati scientifici e tecnici è dei singoli autori.
Roma, maggio 2015