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Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura Civile, Corso di laurea magistrale in Architettura Laboratorio di Progettazione degli Interni 1 _ a.a. 2009/2010 Roberto Rizzi, Stefano Levi della Torre con Marta Averna, Aurelia Belotti, Sara Calvetti, Ilaria Guarino Ricerca di Cipriani Camilla Nuovi spazi per l’intercultura Atlante di esempi Le “Case del Popolo” in Europa fra Otto e Novecento

Le “Case del Popolo” in Europa fra Otto e Novecento · Lille,Roubaix,Tourcoing all’inizio del XX secolo. La sua esistenza è legata alla pro-fonda originalità del socialismo

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Page 1: Le “Case del Popolo” in Europa fra Otto e Novecento · Lille,Roubaix,Tourcoing all’inizio del XX secolo. La sua esistenza è legata alla pro-fonda originalità del socialismo

Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura Civile, Corso di laurea magistrale in ArchitetturaLaboratorio di Progettazione degli Interni 1 _ a.a. 2009/2010Roberto Rizzi, Stefano Levi della Torre con Marta Averna, Aurelia Belotti, Sara Calvetti, Ilaria Guarino

Ricerca di Cipriani Camilla

Nuovi spazi per l’interculturaAtlante di esempi

Le “Case del Popolo” in Europa fra Otto e Novecento

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Relazione di sintesi

Il termine “casa del popolo” alla fine dell’Ot-tocento arriva a rapprensetare un vasto numero di tipologie edilizie e funzionali.Altrimenti identificate con in termini come “casa cooperative”,”case del sindacato”,”case comunitarie” questi edifici,citando l’architet-to tedesco Theodor Fischere dovevano esse-re “ una casa non da abitarsi da un singolo o da una famiglia,ma da tutti; non per studiare e divenire saggi, ma piuttosto per meditare e vivere l’intimità. Dunque non una scuola,né un museo,né una chiesa,né una sala per concerti,né un auditorio!E tuttavia, qualcosa di tutto questo e anche qualcosa di più.”In Europa contemporaneamente in diversi paesi e con modalità differenti si sviluppano varie organizzazioni che ricoprono il ruolo di “case del popolo”.A partire dall’Inghilterra dove viene offere-to un servizio più specificatamente rivolto all’educazione come quello dei Mechanics Institute,arrivando alle manifestazioni mo-numetnali della presenza degli organismi politici in forma di centri di ritrovo come accade in Belgio,è possibile traccciare una mappa dello svulippo seppur non omoge-neo di questo tipo di organizzazione.Esse sono spesso il risultato dell’iniziativa di associazioni filantropiche,laiche o religiose con l’obiettivo di un miglioramento sociale rivolto ad ogni classe e propense ad una collaborazione ra le classi stesse;in altri casi si tratta di processi di aggregazione inne-scti dalle associazioni operaie,dai partiti o dai sindacati che sentivano il bisogno di avere dei luoghi non solo a scopo di riuno-ne politica,ma di semplice aggregazione comunitaria,una sede della vita collettiva.

Architettonicamente questa tipologia non è rappresentata da un singolo modello,ma da varie esempi che ci vengono offerti nel corso degli anni e che si differenziano a livello territoriale .

bibliografiaLe case del popolo in Europa : dalle origini alla seconda guerra mondiale, a cura di Maurizio Degl’Innocenti., Firenze ,Sansoni, 1984.La maison du peuple : sindacalismo come arte , Franco Borsi. Roma,Dedalo libri, 1978.Case del popolo : un’architettura monumentale del moderno Biscossa Borsi Brauman ... [et al.] ; a cura di Marco De Michelis. Venezia, Marsilio Editori, 1986.Hinterland,n° 7-8,Gennaio-Aprile 1979.

“ Una casa non da abitarsi da un singolo o da una famiglia,ma da tutti; non per studiare e divenire saggi, ma piuttosto per meditare e vivere l’intimità. Dunque non una scuola,né un museo,né una chiesa,né una sala per concerti,né un auditorio!E tuttavia, qualcosa di tutto questo e anche qualcosa di più.”

Theodor Fischer

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La casa del popolo in Francia nasce come luogo privilegiato per riunioni e feste,o sfondo di decisioni nei quar-tieri popolari dei grandi centri tessili di Lille,Roubaix,Tourcoing all’inizio del XX secolo. La sua esistenza è legata alla pro-fonda originalità del socialismo del nord del Paese,molto dissimile dal reclutamento piccolo-borghese del socialismo nel resto della Francia. Quest’ultimo presenta stra-tegie politiche e economiche contrastanti e talvolta in aperto conflitto,sotto le inse-gne delle due associazioni SFIO e CGT. Non c’è posto per un centro comune né per un locale che sia un polo di aggregazione. I sindacati,con pochi aderenti,percepiscono contributi limitati e non hanno abbastanza risorse per la manutenzione dei propri locali. Quando è possibile hanno la loro sede alla Borsa del Lavoro,un’ istituzione municipale messa a disposizione delle organizzazioni operaie; la prima di esse viene inaugurata a Parigi nel 1886.Il movimento operaio nel nord della Fran-cia si avvicina dapprima al modello social-democratico dei paesi dell’Europa nord-occidentale come Germania,Belgio e i Paesi Scandinavi. Stretta è la collaborazione fra le diverse forme organizzative,la cooperativa,il sindacato,il partito,che stabiliscono una tattica e una strategia convergenti. Questa situazione particolare si riscontra grazie allo sviluppo economico delle regioni del Nord e del Pas de Calais che presentano un ritmo rapido di crescita nei settori di base del tessile e nelle miniere. Nella regione del Nord,come in Belgio, e a differenza del re-sto del paese, è proprio l’esistenza di forme collettive di socialità e il loro particolare tipo di organizzazione operaria che costituisce il terreno favorevole all’installazione della casa del popolo. In queste regioni,dove il sindaca-to e la cooperativa sono tatticamente subor-dinati al partito la casa del popolo trova la sua espressione più rigorosa. Sin dalla sua creazione infatti ,la cooperativa socialista miette i suoi locali a disposizione del partito e del sindacato,mentre i suoi fondi alimen-tano le casse del partito. La costruzione di un vasto locale adatto alle tre organizzazioni e ai loro servizi,strutturato per accogliere e valorizzare il sistema di legami della società popolare,diviene il simbolo della solidarietà operaia più autentica: la casa del popolo. Al contrario,nel bacino carbonifero, è il sinda-cato dei minatori a costituirsi in partito del lavoro e a imporre ai suoi dirigenti gli obiet-tivi della lotta politica. Quando le compagnie lo permettono, viene costruita una casa sindacale per accogliere la sede e animare l’ organizzazione .

Lo sviluppo delle “Case del popolo” in Francia parte ILe prime case del popolo vengono inau-gurate ad Armentières nel 1898, a Roubaix nel 1901 e a Lille nel 1902. La loro storia mette in evidenza una stretta dipendenza nei confronti delle cooperative socialiste,la cui fondazione è relativamente tarda ri-spetto al movimento cooperativo france-se. Ma la cooperazione ,presentata come soluzione della questione sociale e mezzo privilegiato per l’abolizione del salariato è avvertita come un fattore di smobilita-zione dei lavoratori,che distrae dalla lotta politica. Le prime cooperative di consumo di tendenza socialista appaiono tuttavia nella circoscrizione di Lille verso il 1885-1886. Se gli organizzatori sono degli operai fiamminghi,venuti da Gand e membri del Vooruit,sono però i militanti del partito a favorire l’impresa e assicurarne il successo.La Paix di Roubaix, creata nel 1885, è la prima cooperativa socialista della Francia. La maggioranza dei suoi primi soci è com-posta da belgi e membri del partito operaio. La sede iniziale viene istallata nel cuore dei quartieri densamente popolati che circon-dano le fabbriche favorendo così i contatti fra la nuova cooperativa e i suoi frequenta-tori abituali. Dal 1886 i membri del partito si separano per organizzare una panetteria-cooperativa finanziariamente sostenuta dai sindacati dell’industria tessile e dal Vooruit di Gand. Nel 1891 le due cooperative si fondono sotto l’antico nome di La Paix e,al fine di potenziare l’attività della panetteria e la vendita del carbone si istallano in una nuova sede. Tuttavia si avverte la necessità di accoglie-re nei locali cooperativi ,ad immagine del Vooruit, degli svaghi collettivi per i soci,il sindacato dei tessili,una società di mutuo soccorso e la sezione locale del Partito ope-raio. Inoltre i dirigenti decidono di mettere in cantiere un immobile plurifunzionale;nel 1901 viene costruita da Albert Buhrer una casa del popolo. Dal 1891 i riferimenti al Vooruit e a La Paix guidano le scelte dei militanti,preoccupati di rafforzare indiret-tamente il movimento operaio tramite la cooperazione. Nel 1892 appaiono altre due associazioni operaie .In entrambi i casi vengono previste,in origine, un caffè e una sala per le riunioni del sindacato e del partito e per le feste. Per radunare il mag-gior numero di famiglie possibile,l’attività oltrepassa rapidamente l’ambito della panetteria,estendendosi alla drogheria,alla merceria e alle confezioni. Nel 1898 una delle due associazioni,l’Avenir des ouvriers d’Armentières inaugura la sua casa del popolo su progetto dell’architetto Albert Buhrer.

Nello stesso anno l’altra associazione mette in cantiere un imponente immobile,il cui progetto verrà assegnato all’architetto Ar-mand Lemay con la commissione di erigere una casa del popolo che sarà allo stesso tem-po il locale dei militanti e dei diversi servizi,il centro delle famiglie operaie e il palazzo del socialismo. L’edificio sarà inaugurato nel 1902. Costruire una casa del popolo nel 1898: era un compito delicato per i due i architetti perché non c’era nessun esempio in terri-torio nazionale,nessun modello nei manua-li. Il prestigioso Vooruit di Gand rimane il modello della commissione amministrativa della cooperativa per stabilire il program-ma. Il compito dell’architetto era quello non facile di deviare verso tale istituzione le abitudini quotidiane e le reti di socialità che le sottendono,articolando spazi didattici e ricreativi con aree amministrative e terziarie. Deve infine fare accettare la formula monu-mentale più adatta a valorizzare il passaggio dall’avventura individuale all’esperienza della solidarietà collettiva.

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a cura di Camilla Cipriani

Armand Lemay,casa del popolo L’Union,Lille,Francia,1902A Lille Armand Lemay adotta deliberata-mente la forma trionfalista del Vooruit.Per il corpo centrale egli conserva un arco trionfale su tre livelli e un ritmo tripartito ,ma sopprime la finestra termale e dispiega il frontone in una potente arcata che con-tiene alla sua base un caffè da 200 posti. I due corpi laterali ,in leggero aggetto, strin-gono la composizione e le imprimono uno slancio verticale,terminando con un padi-glione a base quadrata,coperto da un’edi-cola sormontata da un pennacchio. A causa della loro verticalità,queste ali simmetriche equilibrano la dilatazione del corpo centra-le e ne rovesciano la lettura. Così la faccia-ta assume le caratteristiche di un edificio sacro,guidando i fedeli verso le sue entrate laterali. Tuttavia quando organizza lo spazio su 300 metri quadri,conformemente al pro-getto, e inventa la decorazione, l’architetto sfugge al modello fiammingo e impone la sua modernità. Sperimenta una struttura in cemento armato sfruttando il lotto la cui lar-ghezza varia dai 18 ai 22 metri e di utilizzar-ne il lato trasversale. Innalza lateralmente dei muri portanti che ricevono l’estremità delle travi trasversali incrociate da travi secondarie perpendicolari.Questo procedimento abo-lendo le colonne e i supporti intermedi libe-ra le vaste superfici al pianterreno il caffè,al primo piano la drogheria e all’estremità dell’area la panetteria. La sale della feste è edificata su una terrazza in cemento armato che copre la stamperia operaia e i magazzini . Sei fini colonne in cemento armato incor-niciano la scena e le entrate che sboccano nel fondo del teatro. Esse sostengono i due piani di gallerie e costituiscono l’unica ossa-tura del tamburo,anch’esso di cemento,che sorregge una cupola di 10 metri di diametro. La decorazione della sale riflette l’eclettismo della facciata principale:essa si ispira al gran-de stile classico arricchito di motivi allegorici. L’architetto ha introdotto discretamente un linguaggio ornamentale inedito, di rottura con il repertorio ufficiale e borghese per il quale,curiosamente,non sembra essere stato sollecitato. Questa scelta deliberatamente evitata nella facciata principale,si rifugia sotto il frontone più nascosto della sala delle feste che da sul cortile,che egli anima di nuova tensione .

1. ALemay,casa del popolo L’Union,,Lille,1902;2. A.Lemay,teatro de L’Union,Lille,1902;3.A.Lemay,L’Union,piante piano terra e primo piano;4.A.Lemay,L’Union,la drogheria ;5. A.Lemay,L’Union, la corte interna

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Albert Buhrer ,casa del popolo La Paix,Roubaix,Francia,1901Albert Buhrer segue un principio funzionale per l’edificio di La Paix.E’ quello del magaz-zino cooperativo a più piani,disposto lungo la strada sulla quale si aprono i negozi del pianterreno.Due livelli di ampie aperture rettangolari,sotto architravi in ferro allegge-riscono il muro e fanno abbondantemente entrare la luce. Pilastri di mattoni ,rivelano il ritmo e denunciano la struttura dell’edificio . Questo edificio rimarrà l’archetipo dell’edifi-cio cooperativo.Tuttavia l’architetto,quando copre l’entrata principale con un’arcata rial-zata di pietra bianca e colloca il suo frontone sotto due volute rovesciate non dimentica l’eredità dell’eclettismo regionale.Il colmo interrotto del tetto e gli abbaini a occhio di bue obbediscono alle stesse regole; essi co-ronano una composizione le cui proporzioni sono state rigorosamente ricalcate su quelle dei vicini agglomerati di case operaie.All’ini-zio ,nella distribuzione degli spazi in rappor-to ai larghi pianerottoli e ala scala,trionfa il funzionalismo; quest’ultima costituisce l’asse privilegiato sul quale sboccano i centri di socialità che sono il caffè,al pianterreno, e la sala delle feste,al primo piano. La deco-razione eclettica che ravviva i rivestimenti di legno e i soffitti e gli affreschi allegorici danno un’impressione di lusso discreto alla gloria del socialismo. I depositi del carbone e la panetteria,edificati sui tre lati dell’area ,lasciano libero lo spazio centrale della corte per i carri dei fattorini. Il forno,di 340 metri quadri,areato,con le sue tre fornaci doppie , è costruito secondo le più moderne regole tecniche e igieniche.

a cura di Camilla Cipriani

Lo sviluppo delle “Case del popolo” in Francia parte III successi immediati registrati in queste tre città spingono i militanti socialisti a svilup-pare le cooperative in tutte le città con una forte presenza operaia nelle regioni del Nord e del Pas de Calais. Ma tutte le associazioni operaie di queste regioni ,che hanno svilup-pato tutti i rami della cooperazione nelle cit-tà operaie densamente popolate,non hanno costruito delle autentiche case del popolo,ad eccezione di tre di esse:Houplines,Tourcoing e Halluin. La presenza di numerose famiglie operaie belga sembra essere stata il motore dell’impresa in queste tre località che sono situate a meno di 2 km dalla frontiera franco-belga. Gli architetti di questi cantieri hanno messo a punto una formula monumentale di ispirazione locale alla quale la comunità operaia resterà profondamente attaccata fin dopo la seconda guerra mondiale.

Se i pignoni e le alternanze di mattoni staccano i muri dell’allineamento delle case adiacenti,questa scelta è conforme alle abitudini monumentali dei quartieri popolari costruiti nella stessa epoca. Essa sottolinea l’appartenenza alla comunità regionale. L’ingegno degli architetti si di-spiega nel concatenamento dello spazio e nella distribuzione della luce. L’originalità degli edifici di Tourcoing e di Halluin appare anzitutto nella disposizione delle zone di circolazione,in rapporto al caffè. La panette-ria e il deposito di carbone sono collocati in importanti annessi .La loro attività dipende soprattutto dalle consegne a domicilio. E’ il caffè che viene considerato come spa-zio privilegiato. Esso guida la disposizione delle differenti sedi delle istituzioni che la solidarietà operaia ha prodotto:la commis-sione amministrativa,la società di mutuo soccorso,la biblioteca,le società di musica,

1. Albert Buhrer,casa del popo-lo La Paix,1901,vista esterna2. Albert Buhrer,casa del popo-lo La Paix,la corte interna3. Albert Buhrer,casa del popo-lo La Paix,sala delle riunioni4. Albert Buhrer,casa del popo-lo La Paix,sala del consiglio di amministrazione

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a cura di Camilla Cipriani

1. E.Chaine,casa del popolo La Bellevilloise2. E.Chaine,il teatro di La Bellevilloise;3. GMoerman,casa del popolo La Fraternelle,Halluin,1914;4. M.Lods,E.Beaudouin,J.Prouvè,V.Bodionsky,casa del popolo di Clichy,1939 ;

di teatro e di ginnastica. La sala delle feste diviene il suo prolungamento geografico e psicologico.Un dibattito sul concetto di casa del popo-lo viene tuttavia affrontato dagli ambienti cooperativi e dagli architetti. Qualche coo-perativa operai in pieno sviluppo esamina il programma di tale costruzione e indice delle sottoscrizioni .Fra casa del popo-lo e edificio cooperativo nasce una certa confusione;prevalgono le preoccupazioni di modernizzazione e di rendimento.Ad esempio l’inaugurazione nel 1910 di un’ edificio che integra la formula belga e set-tentrionale all’architettura di montagna tradizionale,articolando lo spazio cooperati-vo con i locali dei sindacati operai r i centri educativi dei soci,in particolare le sale per le attività artistiche e sportive,la biblioteca e il teatro.

Nel 1906 il concorso per la case del popolo di Belleville avrebbe potuto costituire per i giovani architetti francesi una straordina-ria occasione di esprimere le proprie scelte artistiche.Il progetto vincitore, di Emmanuel Chaine è una nuova riflessione sulla casa del popolo ,per la quale l’autore propone una formulazione e un materiale originali,liberi dai prototipi della cooperativa dal modello fiammingo. L’impiego del cemento arma-to guida l’insieme delle composizione.La leggerezza dell’ossatura si dissolve nella trasparenza del muro,liberando lo spazio e la luce e organizzando la decorazione . E’ il procedimento di Horta applicato al cemento armato e spinto alle sue ultime conseguen-ze. All’ultimo piano,la sala delle feste è già quel grande spazio illuminato dall’ alto e co-perto a crociera.Il ricorso ai piloni di mattoni armati facilita l’organizzazione delle aree di circolazione,all’interno come all’esterno,al livello dei molteplici balconi e delle terraz-ze a gradoni che hanno conquistato i tetti. Questa funzione si sviluppa a scapito del centro di animazione che avrebbe potuto essere il bar aperto al pianterreno,sull’asse dell’edificio,ma ciononostante incastrato fra due corridoi laterali corrispondenti alle uscite di emergenza. Per il suo potere sug-gestivo e la sua carica emozionale,la termi-nologia della case del popolo viene annessa ben presto asl linguaggio ufficiale. Tuttavia nell’interpretazione che ne fa la borghesia si osserva una totale incomprensione,un rifiuto dell’istituzione.La sostituzione dei sostegni simbolici e lo smembramento dello spazio ne sono le manifestazioni più evidenti.

Altro esempio è la casa del popolo di Mon-tmartre commissionata all’architetto Augu-stin Rey dal Progres Socialò, che ospita una scuola materna,un ambulatorio,una sala per conferenze,una biblioteca e una sala da biliardo,privilegia soprattutto la funzione sociale. L’assenza di un locale dove avreb-be potuto esprimersi l’autentica vita del quartiere,sotto forma di caffè o bar,fa perde-re all’edificio la sua connotazione di casa del popolo.In questo contesto,se non si ha un intervento esterno,è inevitabile un rilassa-mento dei legami della comunità circostan-te.Nonostante le caratteristiche formali,la facciata trionfalista e la felice distribuzione degli spazi,la casa del popolo di Montmartre non poteva funzionare come tale.La scomparsa dei locali politici,sindacali e cooperativi è un’enorme contraddizione che l’ipertrofia dei centri sociali e cultu-rali non elimina.Fondata e gestita dalla cooperativa,la casa del popolo del Belgio e della Francia del Nord, è nata dalla comunità dei soci,che hanno finanziato l’impresa con collette e sottoscrizioni. L’errore degli archi-tetti e degli urbanisti degli anni ’20 è stata l’introduzione artificiale,in un tessuto umano allentato di un’istituzione mutilata nei suoi organi fondamentali. La sua casuale appa-rizione non può ne generare la coesione di una società devastata dalla guerra o dalla colonizzazione.

Si è dovuto aspettare fino al 1925 quan-do Alfred Agache,fondatore della società francese degli architetti urbanisti, presenta all’esposizione delle arti decorative una “casa di tutti” .Essa è concepita come un prolunga-mento dello spazio pubblico circostante, la sua portata resta limitata.

Solo nel 1937 finalmente a Clichy,mettendo insieme uno spazio polivalente,e un mercato nel cuore della città,Eugène Beaudoin e Mar-cel Lods individuano la formula della casa del popolo contemporanea.

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Il settimanale Die Hilfe e il suo direttore Frie-drich Naumann occupano un ruolo centrale nel panorama riformatore della Germania alle soglie del XIX secolo.All’inizio del 1902 comparse sulla Hilfe un articolo dedicato alle case del popolo americane,dove veniva preso come esempio il newyorkese Cooper Institute con la sua biblioteca pubblica,il museo,gli ateliers per il disegno e la scultura,le sale grandiose per riunioni e conferenze.ll settimanale commenta l’anno successi-vo l’attività di un’associazione formatasi ad Amburgo,il Volksheim,il cui fine era la crea-zione di locali di intrattenimento e di riunio-ne con alcune stanze d’abitazione nei quar-tieri operai di Amburgo per guidare ricchi e poveri insieme alla reciproca conoscenza personale. Modellata sull’esempio del mo-vimento dei Settlements londinesi,il Verein Volksheim era rapidamente riuscito a conso-lidare le proprie iniziative.Nel 1904 un concorso,al quale erano sta-ti invitati quattro architetti,fornisce i piani per la costruzione del primo Volksheim che,progettato da Hugo Groothoff,sarà inau-gurato nel febbraio del 1905.L’edificio sviluppa un programma che ca-ratterizzerà la maggior parte delle case del popolo tedesche:una biblioteca e la sede dell’associazione al piano terra;la sala di lettura e una sala di riunioni al primo piano;infine una grande sala per conferenze o concerti. Le massicce forme barocche e le ampie finestrature denunciano il carattere pubblico della non grande costruzione.Sarà ancora Groothoff l’architetto inca-ricato nel 1907 della costruzione del se-condo Volksheim nel sobborgo operaio di Hammerbrook. Nello stesso anno si ha anche la costruzione della terza sede, la Friedrichstiftung,grazie alla generosa dona-zione di un socio.La relazione di attività del 1909-10 riporterà gli indirizzi di sei Volksheim nei diversi sob-borghi amburghesi con circa quattrocento soci e duecento collaboratori impegnati nella gestione delle diverse iniziative.

Un decennio prima ,a Dresda, si era formato sempre con tematiche educative il Verein Volkswohl (Associazione per il benessere popolare),le cui attività numerose si concre-tizzeranno nella fondazione di diverse sedi.La cosiddetta “riforma della vita”,una lotta al consumo di bevande alcoliche al quale venivano ricondotte le cause della miseria e della demoralizzazione del proletariato,fu al centro dell’azione di Victor Boehmert,il fon-datore e il protagonista del Verein Volkswohl,

Le case del popolo in Germania:Volkshaus e Volksheim alla quale associava i temi come lo studio sulla compartecipazione degli operai utili all’impresa,la lotta contro l’accattonaggio, l’organizzazione di case mutue edilizie,di centri per l’assistenza all’infanzia,di sale ri-scaldate per il ricovero diurno dei lavoratori disoccupati.Al primo Volksheim aperto nel 1899 ne seguiranno nella sola Dresda altri dieci fino al 1914 .La vita dei Volksheim iniziava alle pri-me ore del giorno offrendo la possibilità di consumare semplici pasti. Continua-va con la frequentazione delle sale di lettura,di scrittura,di intrattenimen-to. Ospitava associazioni coristiche popolari,gruppi femminili,corsi di lingue straniere,stenografia,contabilità e datti-lografia. Nelle ore serali vi si svolgevano letture pubbliche,conferenze di divul-gazione scientifica,serate popolari di intrattenimento destinate alle famiglie e frequentate mediamente da duemila persone,rappresentazioni teatrali.Alcune sedi disponevano di ostelli destinati ad ospitare e proteggere giovani lavoratrici o dare alloggio ai giovani apprendisti artigia-ni.I Volksheim di Dresda,in genere, non erano direttamente costruiti dal Verein Volkswohl, che preferiva affittare o acquistare edifici e locali pubblici già esistenti nei diversi quar-tieri della città,provvedendone alla ristrut-turazione e curando che giardini sufficien-temente grandi consentissero il soggiorno all’aria aperta nelle buone stagioni.Un solo Volksheim sarebbe stato apposita-mente costruito nel 1895,come parte di una delle iniziative avviate dall’associazione nel 1893,un Volksheim in grado di accogliere numerosi visitatori.

Nel 1890, a Stoccarda, era stato a sua vol-ta inaugurato un Arbeiterheim ( Casa del lavoratore) il cui programma non si disco-stava da quello dei Volksheime, se non per la grandiosità dell’edificio che ospitava una sala per duemila spettatori e un albergo-ostello dotato di centoventicinque camere.

Pochi anni dopo nel 1894 a Brema, in un quartiere realizzato per offrire agli abitan-ti più poveri della città abitazioni a buon prezzo,sane,ben attrezzate, per favorire la vita familiare, l’edificio del Volksheim asso-ciava i temi della Casa del popolo a quelli della riforma dell’abitazione e dell’architet-tura della Siedlung moderna.

1. Rothenbucher,progetto per il Volksheim di Dresda,18952. Arbeiterheim,Stoccarda,1890

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a cura di Camilla Cipriani

Con la caduta nel 1890 delle leggi anti-socialiste i temi fin qui ricordati di una riforma del tempo libero del proletariato urbano trovano un’eco crescente all’inter-no del movimento sindacale e del partito socialista,intrecciandosi alle necessità origi-nate dalla possibilità finalmente assicurata di far compiere un salto di qualità politico e organizzativo alle complesse strutture delle organizzazioni operaie.

Gli sforzi messi in atto nelle grandi città industriali per dotare i diversi sindacati di categoria di una sede in cui trovassero ospi-talità anche le diverse organizzazioni so-cialdemocratiche sembrano assolutamente inseparabili dal progetto ancora più ambi-zioso di dare a queste costruzioni le funzioni e l’aspetto di un grande edificio pubblico, aperto ai bisogni quotidiani dell’intera po-polazione operaia,capace di rappresentare un’alternativa agli innumerevoli luoghi il cui godimento sembra rigidamente riserva-to alle classi borghesi: il teatro,la sala delle feste, il ristorante, il circolo,l’associazione sportiva,l’albergo. Ad esempio la casa dei sindacati aperta all’inizio del 1900 a Berlino: anche qui, al primo piano il cuore del complesso è costitu-ito da una sala capace di ospitare 1200-1300 persone,affiancata da altre più piccole,dove possono trovare ospitalità non solo ini-ziative politiche, ma anche spettacoli di danza,concerti,rappresentazioni teatrali. Un ristorante e tre impianti per il gioco dei birilli al piano terreno e un albergo operaio dota-to di ristorante e di adeguate attrezzature igieniche e sale di disinfezione completano il programma.

Altre case del popolo simili erano sorte a Stoccarda,Lipsia,Francoforte. All’origine del numero crescente di iniziative era stata la difficoltà di trovare spazi adeguati all’attività pubblica del partito e del sindacato e la ne-cessità di liberarsi dell’insicura e interessata ospitalità dei proprietari delle osterie e delle grandi birrerie,nelle quali avevano luogo la stragrande maggioranza delle manifestazio-ni e riunioni socialiste.

Purtuttavia il ricorso alle sale di riunioni nei grandi locali pubblici non poteva alla lunga soddisfare le necessità delle organizzazioni socialiste perchè il timore di incontrare la disapprovazione delle autorità spingeva so-vente i proprietari dei locali pubblici a rifiuta-re l’affitto alle iniziative socialiste.

Ancora alla fine degli anni venti seguitava il dibattito sulla opportunità che le case del popolo dovessero finanziare le proprie attivi-tà con i discutibili profitti derivanti dal con-sumo di alcool.

Ad Amburgo erano stati presentati venti-cinque progetti in occasione del concorso appositamente bandito per la costruzione di un albergo operaio insieme ad una sede uni-taria di tutti gli uffici sindacali .Dopo alcune difficoltà finanziarie nel 1904 l’assemblea dei delegati del cartello sindacale aveva appro-vato l’acquisto di un grande lotto nei pressi della stazione centrale. L’architetto Krug era stato incaricato della realizzazione dell’edifi-cio che,alla fine del 1906,era stato inaugura-to.

La casa dei sindacati era un grande edificio,articolato in tre corpi corrispondenti al ristorante,alla sala e all’albergo,le cui due torri poste ai lati di un timpano decorato con gruppi statuari ripetevano senza timidezza i temi dell’architettura pubblica. La teatralità dell’impianto simmetrico tripartito,subito smentito dallo sfalsamento dei piani delle facciate costrette a rispettare l’allineamento obliquo della strada e l’eterogeneità un poco provinciale degli elementi decorativi che spaziavano dai severi bugnati dello zoccolo alle decorazioni floreali della sezione centra-le.Un grande ristorante e un caffè avrebbero permesso di dare solide basi alla casa del sin-dacato e la nuova ala dell’edificio le avrebbe finalmente donato una sobrietà monumen-tale che sembrava poter rappresentare con-gruamente le sue funzioni. Il progetto di Wilhelm Schroeder viene ese-guito nel 1912 facendo della case del sin-dacato amburghese non solo una delle più grandi dell’intera Germania col suo fronte di quasi novanta metri, ma anche uno degli edifici più rappresentativi della moderna architettura di Amburgo. In verità questi spazi costituivano un organi-smo davvero imponente e articolato. Ottantatre uffici ospitavano ventitre sindaca-ti ed altri organismi simili. Ristorante e caffè offrivano più di tremila posti a sedere. L’albergo operaio,dotato di 158 letti,era modernamente attrezzato.Ben due grandi sale,la prima con millesettecento posti e la seconda con sei-settecento,permettevano lo svolgimento di un vastissimo programma di iniziative politiche e culturali.

1. Casa dei sindacati,Berlino,19002. Krug,casa dei sindacati,Amburgo,1906;

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a cura di Camilla Cipriani

Ma,soprattutto,questo programma com-plesso articolava i temi di quella educazione socialdemocratica. Circoli culturali e sportivi trovano ospitalità nella casa del sindacato, come le iniziative numerose della commis-sione per l’educazione operaia che dispo-nevano di una grande aula, di ambienti più piccoli per l’insegnamento e di una ricca biblioteca. Le grandi sale di riunione per-mettevano l’attività regolare di associazioni coristiche e musicali e lo svolgimento di serate dedicate a conferenze di divulgazione scientifica e culturale. Nulla era stato risparmiato per garantire alle attrezzature tecniche la più moderna funzionalità e l’indispensabile igiene, a cui contribuiva un complesso impianto di are-azione dei locali che assicurava aria fresca sterilizzata con ozono a tutto l’edificio e,non ultima,l’imposizione di pratiche igieniche, caratteristiche della riforma della vita quo-tidiana operaia, come l’obbligo di prendere un bagno per gli ospiti dell’albergo prima di accedere alle camere. I temi e i soggetti di una cultura operaria si ripetevano in ogni elemento decorativo delle sale, frutto di donazioni delle diverse organizzazioni sindacali e cooperative. I fregi in stucco evocavano le immagini sim-boliche della liberazione proletaria dal gioco capitalistico. Le vetrate erano decorate con motivi della vita quotidiana operaia o allego-rie dell’idea cooperativistica .Le pareti affrescate e i pannelli di legno intagliati celebravano i diversi mestieri e le attività contadine.

Nel 1906 viene aperta anche a Lipsia una grande casa del popolo,la cui fama e la cui importanza non sarà inferiore a quella di Amburgo.

Nel 1907 a Brema era stata costruita una Volkshaus e nel 1909 un’analoga impresa era stata assunta dai sindacati locali e dal partito socialdemocratico ad Hannover.

Il moltiplicarsi delle iniziative portava nel 1909 ad un congresso delle case del sinda-cato a Berlino,in occasione del quale veniva data vita ad un primo centro di coordina-mento.Alle iniziative articolate delle diverse associazioni filantropiche,come quelle di Amburgo o Dresda fin qui ricordate,per le quali prevalente era l’interesse per una capil-lare diffusione degli interventi,si affiancano negli stessi anni alcune case del popolo frut-to delle donazioni di singoli benefattori.Le politiche riformatrici e i contenuti cul-turali di queste istituzioni isolate ripetono sostanzialmente i temi delle case delle case del popolo.

1. Schade,Volkshaus,Lipsia,1906;2. Rossbach,Volkshaus Iéna,1902;3. Schroeder,Casa dei sindacati,Amburgo,1913;

Ad esempio a Jena la fondazione Carl Zeiss fu impegnata dal 1896 accanto al sostegno di iniziative culturali anche di una politica di compartecipazione agli utili dei lavoratori impegnati nell’industria ottica,promuove la costruzione di una grande casa del popolo.

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Nel 1906 un testo di Theodor Fischer, sculto-re, architetto, urbanista e professore tedesco, documenta l’attenzione che anche la grande architettura tedesca riserva al tema proget-tuale della casa del popolo:

“ una casa non da abitarsi da un singolo o da una famiglia,ma da tutti; non per studiare e divenire saggi, ma piuttosto per meditare e vivere l’intimità. Dunque non una scuola,né un museo,né una chiesa,né una sala per concerti,né un auditorio!E tuttavia, qualcosa di tutto questo e anche qualcosa di più.”

Theodor Fischer vene incaricato nel luglio del 1904 del progetto per le Pfullinger Hal-len che sarebbe stato completato nelle sue strutture architettoniche nel corso del 1905. Le Pfullinger Hallen sono un edificio la cui pianta articola con soprendente nitore gli spazi di una sala per concerti e dei suoi ac-cessori e di una palestra ginnica,riunificabili eventualmente in un grande ambien-te per più impegnative manifestazio-ni. I suoi volumi,posati sul declivio delle colline,scandiscono le diverse funzioni ricor-rendo via via al repertorio della grande casa contadina del meridione tedesco,del palazzo rinascimentale.

Fischer non si era domandato in quale stile storico dovesse essere costruito l’edificio ma come fosse possibile produrre un insieme architettonico conchiuso ed insieme chiara-mente differenziato,cresciuto armonicamen-te col paesaggio. In verità Fischer dà corpo ad una vera e propria operazione di montag-gio degli elementi architettonici. La facciata principale,ruotata di novanta gradi rispetto all’asse delle due grandi sale,si articola in una corte regolare formata da un corpo di due piani,sopra il quale si dispone un gran-de timpano il cui vertice viene a coincidere con il colmo della copertura. La simmetria dell’impianto viene dissimulata da una di-sposizione diversa ad ogni piano delle aper-ture: otto piccole finestre al piano terreno, a cui se ne sovrappongono sette più grandi ad arco a tutto sesto;poi cinque semplici porte finestre che illuminano la galleria della sala di musica a basamento del timpano,al cu centro è infine intagliata una serliana classi-cheggiante.

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Solo sul fronte delle due ali laterali si aprono le due porte di ingresso che conducono at-traverso una scala al piano principale e se-parano i flussi attraverso la sala da musica e la palestra.Un tetto dalle ripide falde ricopre la grande casa,ancorandone saldamente le parti al suolo. I temi di una nuova arte monu-mentale e della fusione di pittura,scultura e architettura risuonano più chiaramente negli spazi luminosi dell’interno. Ai due poli cor-rispondono la nitida volta della palestra,che immediatamente richiama quella costruita da Bruno Taut nel 1922 a Magdeburgo,e la semplice architettura della sala,le cui pareti sono letteralmente ricoperte da affreschi.

Quasi contemporaneamente Fischer viene incaricato della realizzazione del Cornealia-num e dell’ampliamento del palazzo muni-cipale a Worms,ultimato nel 1911:un tema straordinariamente complesso che preten-deva insieme un intervento sulla struttura rinascimentale del vecchio municipio già ristrutturato nel 1883 e la costruzione di una Volkshaus sul fianco della grande chie-sa barocca della Trinità. I critici del tempo non nascondono la meraviglia per una mo-numentalità conquistata senza ricorrere ai tradizionali artifici della imitazione stilistica.Sul fronte della Hagenerstrasse Fischer scandisce la grande facciata in tre episodi:il nuovo corpo del municipio,serrato tra la torre terminale del vecchio edificio e una seconda torre il cui carattere pubblico è denunciato con un’ampia loggia italiana;un ‘ala destinata agli uffici dalle ampie e regolari finestre;infine il frontone maestoso del Cor-nelianum con due torrette aggettanti che ne sottolineano la simmetria in corrispondenza di uno dei due palchi della sala. Una torre d’angolo, un breve timpano e un balcone poligonale sullo spigolo impostano il secon-do fronte sulla piazza dominato dall ripida falda del tetto in ardesia e illuminato dalle grandi finestre della sala. Bruno Taut,giovane assistente di Fischer ne disegnerà la superfi-cie.

Theodor Fischer:Pfullinger Hallen,Cornelianum e Gustav-Siegle-Haus

1. Fischer,Pfullinger Hallen,1904,progetto2. veduta esterna3. pianta del piano terra;4. palestra ;5. vista esterna ;

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1. Fischer,concorso per la Kaiser-Wilhelm-Volkshaus,Lubecca,1913;2. Peter Behrens,progetto per Lubecca3. Erich Blunck,progetto per Lubecca;

Nel 1907 Fischer viene coinvolto in un al-tro progetto,una nuova casa del popolo a Stoccarda,la Gustav-Siegle-Haus. Il pro-gramma è ancora quello tradizionale della Volkshaus borghese:una casa che sia al servizio di tutte le iniziative educative nella scienza e nell’arte senza pregiudizi sociali o confessionali, che permetta l’accesso ad una solida educazione del cuore e dello spirito ai settori più vasti del popolo attraverso conferenze,concerti popolari ed altre simili manifestazioni.

Nel 1913 Fischer sarà coinvolto in un con-corso a Lubecca che sarà occasione di una polemica importante sulla natura dell’archi-tettura monumentale moderna:sulla soglia tra l’antica città e i nuovi quartieri ottocen-teschi la casa del popolo avrebbe assunto la funzione simbolica di cerniera tra la parte antica della città e la Lubecca che si avvia-va verso un processo di modernizzazione. L’edificio avrebbe dovuto elevarsi isolato da altre costruzioni,circondato da spazi verdi, in forme semplici ma monumentali.

Peter Behrens elabora un progetto preliminare:un edificio con due ali laterali simmetricamente disposte che formano una corte d’onore al cui centro sta il monumento equestre di Gugliemo I. Una cupola sovrasta la sala centrale e un ordine gigante di pila-stri quadrangolari scandisce le facciate sulle quali si aprono regolarmente ampie finestre. Il progetto di Behrens indaga le regole di una classicità monumentale.

Nel 1913 viene indetto il concorso al quale parteciperanno oltre allo stesso Behrens,Thomas Fischer,Hermann Billing e Max Litttmann,oltre agli architetti locali.Dei ventitre progetti presentati ben quattro sono di Behrens,ma il vincitore sarà Erich Blunck,un architetto nativo di Lubecca. Ne era stata lodata la misura perfetta della com-posizione della piazza e l’architettura che pur preservando l’autonomia si ricollega alla tradizione cittadina.Egli opta per un impianto asimmetrico articolato in tre corpi edilizi dalle tradizio-nali forme architettoniche del settentrione tedesco,dei quali quello della loggia non disdegna il ricorso ai grandi archi neogotici a sesto acuto.

Behrens invece progetterà un corpo di fab-brica imponente e concluso,con un rifiuto a risolvere il carattere monumentale congruo alla casa del popolo nella pittoresca com-posizione di una piazza;lo sforzo supremo di astrazione degli elementi compositivi che riacquistano fisicità solo nella metricità del mattone a vista; la certezza assoluta che sembra dominare ogni tentazione di piegar-si al gioco degli stili.Nella casa del popolo egli abbandona le fredde superfici di pie-tra, l’attualità del ferro e del vetro e la scura lucentezza del klinker per la semplicità del mattone.

1.Fischer,Cornelianum,Worms,1911;2. Fischer,Gustav-Siegle-Haus,Stuttgart,1912;3. Hermann Billing,progetto per Lubecca;

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Con lo sviluppo delle città-giardino e delle Siedlungen la casa del popolo si trasforma nell’edificio comunitario che costituiva il ful-cro del processo di autoriconoscimento della comunità.La Siedlung non la città sarà il luogo della Volkshaus tedesca.Nel 1846 vennero previsti nuovi insedia-menti nei quali le piccole abitazioni uni-familiari sarebbero state poste a corona di un edificio centrale. Qui si sarebbero concentrate tutte le funzioni della comuni-tà e quelle vitali dell’economia domestica: la lavanderia,l’asilo,la scuola,la sala per la preghiera,la biblioteca,la sala per la musica e la danza,un ambulatorio sanitario e la farma-cia.Famiglia e associazione rappresentano i due nuovi poli di vita associativa della comunità. Talora questo sistema di attrezzature co-munitarie da forma a vere case del popolo dissimulate nel perimetro dei grandi bloc-chi residenziali. Altre volte la corte-giardino permette la costruzione di un edificio centrale,piccola casa del popolo,a metà pub-blica a metà privata,sottratta allo sguardo delle strade della città.L’edificio della casa del popolo arriverà ad occupare i punti focali delle nuove composi-zioni urbane. Ad esempio,nel 1911,il progetto di Bruno Mohring colloca una grande casa del popolo sul’asse della piazza centrale.

Il parco,la piazza e la casa del popolo diven-tano i luoghi centrali della città nelle ricerche di Paul Wolf(Stadtbaurat di Schoneberg e di Hannover): come polo monumentale di un sistema di tre città-giardino o come corona-mento di un foro urbano nel quale si con-centrano il parco,lo stadio,i campi da gioco e gli edifici rappresentativi.

In verità la nascita delle grandi Siedlungen che hanno costituito il corpo del mito pro-gressivo e rassicurante del Movimento mo-derno è tenacemente accompagnata dalla sopravvivenza delle istanze comunitarie del-la casa del popolo e del parco popolare,polo collettivo del nuovo organismo sociale. Nella propaganda per la città-giardino,la casa del popolo sembra essere il luogo capace di superare i confini istituzionali delle discipline artistiche,di riunificare le pratiche della cultura con quelle delle fe-ste popolari,della autoriforma dei costumi quaotidiani,dell’educazione collettiva e per-manente degli abitanti.

La prima città-giardino tedesca sarà Hellerau dove i progetti per la casa del popolo e per il Festspielhaus coesistono l’uno accanto all’altro.

Durante la prima guerra mondiale la casa del popolo si affianca ai progetti di ospitare nelle nuove cittrà-giardino i reduci,gli invali-di e le vedove,sovrapponendo così il simbo-lo della comunità popolare con le esigenze dell’epoca. Questo movimento delle case per i reduci fa sì che molte città-giardino tedesche elaborino i piani per case del popolo,case cooperative,case della comuni-tà i cui laboratori artigianali,sale di lettura e di riunione,cucine centralizzate e ristoranti sarebbero tornati utili non solo ai reduci ma a tutti gli abitanti della comunità. Le piazze porticate si chiudono a formare grandi impianti edilizi isolati nel punto più alto della città. Ad esempio nel progetto di Bruno Taut per Falkenberg presso Berlino.

Nel sud della Germania invece,è il modello del palazzo rinascimentale ad essere utiliz-zato per dare forma al nuovo centro della città-giardino.

Un esempio importante di città-giar-dino è quello di Friedenstadt dove nel suo centro,circondata dagli edifici pubblici,sarebbe sorta una grande casa del popolo come punto focale delle iniziative culturali e sociali,affiancata da una palestra sportiva e da una grande piazza per le fe-ste.Questo progetto richiama l’idea di città ideale diffusasi fra gli intellettuali,industriali e architetti dell’epoca:una città circondata da piccole Siedlungen nelle quali la divisione in classi della società si cristallizzava in inse-diamenti distinti ma la collettività popolare intera poteva riconoscersi nella sagoma do-minante e riconoscibile da ogni luogo della casa del popolo.Anche Bruno Taut parlerà nel 1919 della Stadtkrone come di una corona della città dove si concentrano tutte le sue funzioni spi-rituali in una torre circondata da una piazza sopraelevata e collegata ad un parco per le feste.Attorno gli edifici della città si distri-buiscono armoniosamente intorno alla casa delle feste.

Le case del popolo in rapporto alla Siedlung tedesca

1.H.tessenow,Festspielhaus,Hellerau,19122. B.Taut,progetto per la Volksfesthaus,Falkenberg,19243. Bruno Mohring,progetto di concorso per l’edifica-zione del settore sud di Schoneberg,Berlino,19114. Bruno Taut,progetto per una Stadtkrone,1918

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Gropius è protagonista del concorso di Kas-sel dove partecipa anche Heinrich Tessenov e con Bruno Taut in giuria.Si richiedeva un edificio in grado di ospitare gli uffici di asso-ciazioni e gruppi di interesse collettivo,una biblioteca,una sala con cinquecento posti ed una più piccola a questa collegabile:il programma funzionale tipico della casa del popolo.Per Gropius è l’occasione per segui-tare le richerche sulla definizione tipologica delle singole componenti funzionali e sul montaggio successivo di un roganismo ar-ticolato dalle aperte geometrie incernierate sul volume verticale della torre per gli uffici.La casa del popolo sembra non più preoc-cuparsi della definizione della propria emer-genza monumentale nella gerarchia degli spazi urbani.Essa stessa si pretende fram-mento ed embrione della città futura.

Nel 1934,ad una anno dalla presa di potere di Hitler,il fronte tedesco del lavoro bandisce un concorso per una Casa del Lavoro dove vi dovrà prendere forma un nuova idea comu-nitaria che non conosce più differenza di classe.Tra i seicentonovanta progetti presen-tati c’è anche il progetto di Gropius che cerca per l’ultima volta di dimostrare come le precise connotazioni tipologiche dei singoli edifici ,lo studio attento delle condizioni di soleggiamento e di areazione,le vaste aree verdi che separano i diversi corpi edilizi sulle quali si alzano le aste delel bandiere,possano caratterizzare l’architettura della Germania del futuro.

Alla metà degli anni venti le case del popo-lo socialdemocratiche erano circa settanta nelle città tedesche,organizzate fin dal 1922 in un’associazione e attive abbastanza da suscitare le rimostranze del Volkshausbund che riteneva il carattere classista delle inizia-tive socialdemocratiche incompatibile con la totalità espressa nel concetto di popolo.

Alla fine degli anni venti,grazie ad una ritro-vata stabilità economica,prendono corpo nuovi progetti e nuove iniziative.Nel 1926 viene bandito un concorso per la casa dei sindacati di Brema che prevede-va un edificio complesso dove sarebbero stati ospitati,oltre agli uffici sindacali,anche negozi,locali per le organizzazioni giovanili,un ristorante,una biblioteca,un giardino e una grande sala per le manifesta-zioni pubbliche.Il vincitore fu Richard Jansen e l’edificio fu realizzato entro il 1928.A Zwickhau è Erich Mendelsohn a elaborare nel 1927 il progetto per una casa dei sin-dacati aperta con un vasto corpo allungato concluso dalla tribuna per gli oratori e do-minato da una breve torre sottile e nel 1930 sarà Dresda a festeggiare l’inaugurazione di una grande casa del popolo.

Ma soprattutto sono due concorsi per una Stadthalle a Halle alla fine del 1927 e quello per la Dr.Aschrott Wohlfahrtshaus a Kassel nel 1930 che vedono protagonisti i mae-stri riconosciuti dell’architettura moderna tedesca.Il concorso di Halle richiede il pro-getto di un vasto complesso che riunisce una grande sala cittadina,una palestra per la ginnastica,un museo.Alla tentazione di una soluzione monumentale non si sottraggono nè Peter Behrens,nè Paul Bonatz che coro-nano l’altura con massicci edifici sui quali si innalza il grande volume della sala,nè ancora Hans Poelzig che progetta un drammatico edificio circolare in pietra,al colmo di una ascesa scolpitada sconfinati terrazzamenti.Walter Gropius invece sospende la grande copertura della Stadthalle a degli svettanti piloni che compongono un gigantesco co-lonnato concluso da una trasparente trabea-zione.

Non solo la casa del popolo era il centro focale della città-giardino ma,nella Germania post-bellica alla necessità del risanamento della vita collettiva sembra essere prprio l’idea di un edificio collettivo a rappresentare una soluzione:la casa del popolo in forma di edificio imponente e con grandi sale lumino-se sarebbe sorto in quei quartieri dove più facilmente la popolazione povera avrebbe potuto frequentarlo.La sua realizzazione in ogni città,in ogni villaggio,è il fine di un movimento che nel dicembre del 1917 si organizza nell’Associazione tedesca per la casa del popolo.Ma di fronte alla improbabi-lità dela costruzione di nuovi grandi edifici ,gli anni di crisi dell’immediato dopoguerra suggeriscono l’opportunità di ospitare de-gnamente le case del popolo nei castelli e nelle ville aristocratiche.

Si formerà una commissione edilizia al’in-terno del Volkshausbund tedesco con tema specifico quell odell’attenzione per la casa del popolo,i cui membri prestigiosi erano Wlater Schilbach,Herrmann Muthesius e Bru-no Taut e dal 1926 anche Ludwig Mies van der Rohe ne sarebbe entrato a fare parte.All’inizio del 1920 questa commissione edilizia aveva rivolto un appello alle città tedesche perchè favorissero lo sviluppo di progetti-tipo di case del popolo e lo svolgi-mento di concorsi su questo tema.Ancora la Volkshaus,luogo di trasmissione di tutte le arti al popolo,era indicata come nuovo com-pito del primo manifesto dell’Arbeitsrat fur Kunst e nell’Architektur-Programm formula-to da Taut nel 1918.Sempre negli anni venti si avverte però,nel periodo di ripresa,la necessità di abban-donare i modelli abusati dell’architettura pubblica guglielmina nella costruzione delle case del popolo da parte delle organizzazio-ni socialiste e sindacali.Come primo esempio possiamo citare l’edificio progettato da Max Taut nel 1922 e realizzato l’anno successivo per la sede dei sindacati socialdemocratici a Berlino.In questo progetto le sperimentazio-ni della nuova architettura tedesca incrocia-no le istanze crescenti di modernizzazione del movimento operaio tedesco.Il telaio in cemento armato delinea precisamente le campiture delle facciate,piegandosi alle mo-dulazioni della plastica espressionista e en-fatizzando la verticalità e la trasparenza del corpo vetrato della sala delle riunioni.Ma da questo edificio moderno scompaiono insie-me ai provinciali accenti monumentali delle case del popolo prebelliche anche gli spazi pubblici del divertimento e dell’educazione proletaria la cui compresenza con le sedi e gli uffici delle organizazzioni socialiste ave-va delineato la natura pubblica delle grandi case del popolo di Lipsia e Amburgo.

1.Concorso per una casa dei ssindacati,Brema,1926,progettodi Rudolf Jacobs2. Concorso per una casa dei ssindacati,Brema,1926,progettodi Richard Jansen3. Eugene Kaufmann,progetto di concorso per una casa del popolo,Halle,1920

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In Gran Bretagna la storia socio-economica del paese ha necessariamente imposto un più complesso e ambiguo rapporto fra architettura e politica. Dal canto suo il mo-vimento cooperativo britannico si evolve verso un’architettura strettamente utilitaria e commerciale.Lo slancio industriale ed economico del XIX secolo,e la prevalenza di una politica com-merciale e sociale liberale,respingeranno fino al XX secolo la diretta responsabilità dello stato nel campo sociale.E’ così che in Gran Bretagna l’evoluzione di un’architettura socializzante si distingue in particolare per il suo aspetto filantropico.All’origine di una nuova architettura so-ciale ci sarebbe dunque la filantropia di una borghesia radicale,ispirata dall’ide-ologia socio-politica dell’illuminismo e delle sue conseguenze rivoluzionarie in Francia,un’architettura a tesi concepita per rispondere all’affermazione del movimento operaio sulla scia dell’azione precorritrice della rivoluzione industriale. Il movimento operaio infatti, all’inizio del XIX secolo ,già organizzato in sindacato,prende coscienza dalla propria identità di classe e svilupperà un’alleanza politica con quella stessa borghesia radicale da cui proviene l’impulso filantropico.

L’espressione architettonica di questa tradi-zione filantropica si diffonderà gradualmen-te nel corso del XIX secolo per toccare il suo massimo con l’apporto municipale nell’ulti-mo terzo del secolo.

Tipi distinti di costruzioni devono assi-curare una generale funzione pubblica e popolare,oltre a scopi specificatamen-te educativi,igienisti o semplicemente ricreativi:biblioteche pubbliche,sale di riunione,bagni pubblici,scuole,istituti tecnici,clubs popolari e sale da biliardo. L’antecedente di queste costruzioni diverse,ma intimamente legate alle origini del movimento operaio e primo esempio di un’architettura che avrà la doppia vocazione di fornire contemporaneamente un luogo di riunione pubblica e una struttura per l’inse-gnamento popolare, è il Mechanics Institute.

1. Bordrick,M.I,Leeds,1864-66;2. Norman,M.I,Plymouth,1844;3. Locwood e Mawson,M.I.,Saltaire,1867-71

Inghilterra: i Mechanics Institute A partire dalla fondazione dell’istituto londinese,si propaga assai rapidamen-te un movimento di scala nazionale che segue,sulla scia della rivoluzione agraria,l’urbanizzazione forsennata di una società che si industrializza e la cui popo-lazione è in piena crescita. Il movimento dei Mechanics Institute deve appagare la sete di conoscenze tecniche,scientifiche , economico-politiche e culturali dell’ope-raio pensante.I Mechainics Institute infatti altro non erano che sedi di corsi concepiti specificatamente per l’istruzione di operai e artigiani qualificati sviluppatisi da un’idea del dott.Birkbeck ,professore di Glasgow che li inaugurò nel 1804 e furono formalmente istituzionalizzati nel 1823.

Ma se artigiani,operai specializzati e or-ganizzatori sindacali accoglievano questo aiuto benevolo,non lo accettavano tuttavia a qualsiasi condizione. Così nel movimento dei Mechanics Institute si annunciano,a parti-re dalla fondazione londinese,ambiguità e addirittura conflitti ideologici. Il disaccordo nacque sul punto essenziale del controllo dell’autonomia finanziaria e pedagogica dell’istituto. I sostenitori del movimento operaio volevano dissuadere il fondatore dei M.I. dal suo zelo filantropico per accrescere le strutture del nuovo edificio.Essi volevano piuttosto uno sviluppo graduale nel qua-dro del mutualismo operaio:le modeste sottoscrizioni dei soli partecipanti si dove-vano assumere l’onere del finanziamento e,quindi,della gestione dell’istituto.

I Mechanics Institute per l’ambizioso in-tervento della stessa filantropia borghese avranno sin dall’inizio delle marcate pretese architettoniche. Ben prima delle riforme parlamentari-municipali e dell’avvento di un’architettura civica nelle città industriali,il Mechanics Institute è il simbolo manife-sto di una nuova realtà sociale: il ricono-scimento della classe operaia come tale e l’affermazione,per la prima volta,di un’ar-chitettura concepita specificatamente a suo uso,e con la quale esse possa identificarsi.

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Il primo M.I. apre nel 1823 in locali provvisori,a Londra.L’anno seguente l’isti-tuto si installa definitivamente a Southam-pton Buildings,nello stesso quartiere,dove a questo scopo viene restaurata una gran-de casa borghese,attrezzata con una sala di lettura e di riunione,con una biblioteca e,a partire dal luglio 1825,dotata del suo centro ideologico:l’anfiteatro. Esso si di-spone saggiamente dietro la sua facciata domestica,deve molto alla London Institu-tion e ai suoi precursori nella distribuzione delle sue attrezzature e soprattutto nella costruzione dell’anfiteatro.L ‘architetto dell’istituto,Robert McWilliam sistemò la biblioteca,le sale dei periodici e di riunione e le aule sui tre piani principali.Ma l’aggiunta del 1825 dell’anfiteatro è il suo contributo più innovatore. Concepito per mille posti a sedere,l’anfiteatro era a pianta semi-ovale,con illuminazione dall’alto,fornita da una lanterna rettangolare inserita nel soffitto piatto. La notevole capienza di questo anfiteatro veniva dalle leggere gal-lerie incurvate,sostenute da fini colonne di ghisa,con i posti disposti in semplici gradinate su un’inclinazione abbastanza vertiginosa. Al centro si trovava il ferro di cavallo,contemporaneamente cattedra e banco per le dimostrazioni inquadrate ai lati da alte gradinate a loggia. Questa disposi-zione derivava dalla ricerca della massima capienza nei teatri dell’epoca e da cappelle e chiese del XVIII secolo con le loro tribune e gallerie orientate verso l’altare.

La volumetria cubica ben caratterizzata con raffinata precisione nei dettagli e nel tratta-mento della pietra,si manifesta nell’artico-lazione rigorosa delle masse. L’imponente ma sobrio peristilio ionico è fiancheggiato da tre aperture arretrate con due colonne dello stesso orine in antis. Le ali sostengono la composizione con le loro solide masse sottolineate dai pilastri d’angolo e dal pri-mo piano cieco. Dietro il peristilio si eleva la massa cubica dell’attico un po schinke-liano con le finestre che girano tutt’intorno. Queste ultime con il lucernario nascosto dal tetto illuminano all’interno l’imponen-te vano della scala e il vestibolo dotato di un colonnato dorico su tre lati con sopra delle copie del fregio del Partenone.Le sale ,le biblioteche sono distribuite da una par-te all’altra di questo spazio centrale. Nel 1837-39 Barry aggiunge l’Atheanum per ingrandire i locali e permettere anche l’istal-lazione della Associazione per la diffusione della conoscenza,affiliata al movimento dei Mechanics Institute. Questo nuovo edificio ricerca la dignità civica,ma ora nel gusto italiano di cui Barry è il promotore Questo stile adattava il palazzo rinascimentale,con le sue ricche modanature e la sua cornice aggettante,all’ambiente urbano e alle esi-genze dell’età vittoriana.Adattamento che ebbe un successo immediato e molto este-so. Esso offre una strada intermedia,ma di grande richezza plastica, fra i due estremi del neoclassico e del neogotico.

Gli istituti che si ispirarono al modello di pa-lazzo furono molti.Lo stesso Barry nel 1851-56 progettò la bi-blioteca del Mechanics Institute di Birming-ham. Lo stile italiano adottato qui raggiunge una composizione piuttosto barocca con la sua grandiosa massa innalzata sul basa-mento scanalato,con la prua semicircola-re che domina un incrocio centrale della città,il tutto potentemente ritmato da un colonnato d’ordine corinzio,di una romanità pesante.L’estensione sulla piazza presenta una facciata interpretata più liberamente e più frammentata.La composizione italianeggiante introdotta da Barry sarà l’elemento dominante dell’ar-chitettura degli istituti della metà del secolo. La sua biblioteca-istituto di Birmingham segna l’appropriazione da parte dell’autorità municipale del movimento dei Mechanics Institute,espressione sia della nuova coscien-za che della dignità civica acquisita dalle nuove città della rivoluzione industriale.

L’istituto che rivaleggiò con Londra per la data di fondazione è quello di Manchester,fortemente caratterizzato dalla volontà di dare una ben precisa immagine architettonica. L’edificio era una costruzio-ne completamente nuova ,espressamente concepita per la sua funzione. Due ali leg-germente avanzate incorniciano una faccia-ta simmetrica su due piani,con un portale con frontone. L’influenza di ricchi industriali filantropi è stata determinante senza dub-bio sulla scleta monumentale. Occorre segnalare che a Manchester la costruzio-ne del Mechanics Institute è associata alla fondazione di una istituzione borghese che prese il nome di Royal Institution.Costruita fra il 1824 e il 1835 la Royal Institution è la prima importante commissione dell’archi-tetto Charles Barry.Di ritorno da un viaggio di studio di quattro anni in Italia,Grecia,Asia Minore,Barry pratica con disinvoltura lo stile neo-greco ortodosso,ma qui lo compone in maniera originale.

1. M.I.,Manchester,1840;2. Barry,Royal Institution,Manchester,1824-35;3. Brooks,London Institution,Londra,1815-19; 4. Barry,biblioteca-istituto,Dowlais,1851; 5. Barry,M.I.,Birmingham,1851-56;

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Un nuovo Mechanics Institute viene ad aggiungersi a questo insieme di edifici che tentano di imporre un centro civico al po-sto dei palazzi commerciali.Come a Leeds,si ha una maggiore ampiezza di vedute e si hanno i mezzi per farlo. In questo caso la commissione è affidata a un studio locale specializzato nella costruzione di magazzini e uffici,quella di Andrews e Pepper.Essi adot-tano una rigorosa e libera versione del gusto italiano dell’epoca. E’ questo stile ,giudicato più appropriato del gotico che essi appli-cano all’istituto. L’ubicazione dell’istituto richiedeva un isolato al centro di Bradford,al fianco del Municipio. La sua massa qua-drato era animata dal ritmo serrato delle finestre ad arco completamente vetrate,dal raddoppiamento dei pilastri dell’ordine sovrapposto,dalla ricca profusione di mo-danature e dettagli scolpiti,la soluzione stondata degli spigoli e l’evidenza sul colmo dei comignoli disposti sull’allineamento dei pilastri.L’arco gigante al centro della facciata settentrionale illuminava la scala d’onore, che conduceva all’anfiteatro del palazzo veneziano,si accorda pienamente con le aspirazioni d’epoca.

Altri esempi sono il Mechanics Institute di North Haniver Street realizzato da Ro-bert Black,una costruzione elegante,senza prete monumentali,nel suo classicismo purificato,sobrio,di precisione perfetta nella sua muratura.Questa stessa sobrietà clas-sicheggiante ma di un più marcato gusto neogreco,si trova nel Mechanics Institute di Liverpool. Gli architetti sono A.Y.Williams e il suo primo collaboratore.La composizione neogreca è ampiamente sviluppata su nove campate di facciata.La sua estensione è bloc-cata da spessi pilastri di controventatura e dalla pesante cornice della profonda trabea-zione.Al centro l’avancorpo a peristilio ionico denota il carattere pubblico dell’edificio,ma manca un po’ d’ampiezza a confronto con lo sviluppo della facciata. Il peristilio e l’ordine gigante neogreco se-gnalano ugualmente la presenza del Mecha-nic Institute in molte altre città negli anni 1830-50.

Il neogotico è poco diffuso nei Mechanics Istitute, che seguono nell’insieme il pas-saggio dal classicismo al genere italiano.Una pronunciata eccezione fu il Midland Institute del 1881 di Birmingham la cui facciata ,con l’estrema ricchezza dei suoi ornamenti ma nello stesso tempo la pre-cisione e la delicatezza dei dettagli e delle rifiniture,caratterizza perfettamente quella che viene definita “scuola di terracotta di Birmingham” con eclettismo nella libera

invenzione di motivi il cui naturalismo ve-getale anticipa spesso gli elementi dell’Art Nouveau,pur restando in una concezione gotica.

Il Mechanics Institute rimane un edifi-cio simbolo delle rivoluzione sociale che in Gran Bretagna accompagna quella industriale,simbolo dell’emergere di una classe operaia ben definita che imporrà la propria identità,innanzitutto tramite que-sti istituti. Le biblioteche pubbliche,i bagni pubblici,perfino le abitazioni popolari,tutta la nozione di un’architettura sociale proviene da questa tradizione stabilita dai Mechanics Institutes all’inizio del XIX secolo.In Inghil-terra prima degli anni ’40,a parte i circoli aziendali e le associazioni professionali,né i sindacati né i partiti politici erano provvisti di locali importanti.I grandi dibattiti politici avevano luogo in sale affittate.

Così,e soprattutto per quanto riguarda l’evo-luzione del Partito laburista,il Mechanics Institute ha potuto svolgere un ruolo defi-nito nella funzione del grande anfiteatro:un ruolo di arena popolare,politica e culturale del paese.

A partire dal 1840 si può riconoscere una certa transizione verso una clientela piccolo-borghese.

Dopo la metà del secolo si continuano a costruire e a ricostruire dei Mechanics Institute,ma il movimento si indebolisce e diviene più strettamente benefico,meno indipendente:l’aggravarsi del problema della gestione finanziaria e ideologica non ne è la sola causa. Il successo stesso del movimento genererà la creazione e la concorrenza di istituti e collegi simili,sia emanazione diret-ta di associazioni operaie e del movimento cooperativo,sia specificatamente patrocinate da organizzazioni filantropiche.

1. Andrews&Pepper,M.I.,Bradford,1869-71;2. A.Y.Williams e S.L.Edwards,M.I.,Liverpool,1835-37;3. Chamberlain,Midland Institute,Birmingham,1881;

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Il partito nazionale fascista crea organismi che hanno fini sicuramente politici,ma che costituiscono strutture di servizio, a diffu-sione nazionale,le cui diramazioni funzionali sono presenti forse con diversa intensità,ma comunque capillarmente,al nord come al sud,in città come in campagna.Tutto ciò si realizza con le struttu-re del PNF,con l’Opera nazionale dopolavoro,l’Opera nazionale balilla e con le altre organizzazioni giovanili,femminili, etcc cioè concretamente con le case del fascio,le case balilla etcc. Formalmente le caratteriz-zazioni di questi edifici dipendono da nu-merose variabili e subiscono l’abbondante influenza tanto delle numerose forti tensioni emotive quanto della conflittualità ideale degli anni venti e trenta. Funzionalmente alcune specificità tipologi-che di questi edifici si vengono via via me-glio definendo in ragione del consolidarsi del regime,della sua volontà di onnipresenza e di centralizzazione, in ragione del bisogno di dar risposta ad esigenze che comunque maturano.Contemporaneamente si può cogliere il valore di ciò che il patrimonio del pensiero socialista ha prodotto sul fronte della risposta ai bisogni e di cui il fascismo nascente si è parzialmente appropriato. Le case del fascio,del balilla,il dopolavoro ecc in un primo momento nascono infatti per sostituire e surrogare le leghe di resistenza,le cooperative,le società di mutuo soccorso,le camere del lavoro,organismi creati dal rifor-mismo e dal socialismo come risposta alle nuove esigenze del proletariato urbano che vive la realtà sociopolitica del novecento italiano. Nel congresso di Milano del 1891 il leader socialista Filippo Turati,sulla base di ampie considerazioni,ritiene di dover proporre una forma organizzativa del partito tale per cui il criterio di ammissione dipenda non dalle adesioni individuali ma da quelle collettive.Coerentemente le strutture di base verranno realizzate in forme congruenti a quella con-cezione favorendo e promuovendo organi-smi autonomi ed istituzioni proletarie.

L’associazionismo ha valenze fortemente differenziate; vi confluiscono socialisti,anarchici,repubblicani,radicali,cattolici,lo stesso padronato illuminato. Le associazioni diven-tano luoghi di mediazione di intenzioni tre loro diverse,che convivono in ragione di una proclamata apoliticità degli organismi;il loro fine è sempre riconducibile ai temi del mi-glioramento e dell’educazione ad esempio le società di mutuo soccorso.

Lo sviluppo delle case del popolo in Italia fino all’avvento delle case del fascioAttraverso questi organismi autonomi ven-gono affrontate pragmaticamente le difficol-tà del proletariato agricolo ed industriale. I fasci,le leghe ,le cooperative ecc si confron-tano con i problemi imposti dalla miseria diffusa e si organizzano per affrontare le questioni dell’emigrazione e per difendere il lavoro,il salario,la salute. I primi luoghi in cui c’è testimonianza di incontri, di propaganda di forme em-brionali di organizzazione sono locali pubblici;particolarmente in Italia si tratta di osterie.Sono questi d’altra parte i ritrovi tradizionali del proletariato in cui al mangiare,al bere,allo stare al caldo si uniscono i passatempi della partita a carte,delle bocce e degli altri giochi.Proprio nelle osterie il senso comunitario,che trova consistenza nella mutualità diventa tradizione popolare. Con l’associazionismo diventa fortissimo il desiderio di avere una sede che rap-presenti anche fisicamente le condizioni di esistenza e di diversità.I momenti cul-turali e collettivi,così come le pratiche quotidiane,che esprimono queste diffe-renze devono svolgersi in luoghi che siano strumenti di riconoscibilità e di autonomia.In queste sedi i simboli della rappresenta-zione del mondo socialsita diventano una nuova iconografia:sulla facciata sempre la grande scritta o a volte dei motti del partito. L’espressione Casa del Popolo compare per la prima volta in Italia tra l’8 e il 10 settembre 1893 durante il secondo congresso socialista a Reggio Emilia, in occasione del quale fu inaugurata la nuova sede della cooperativa di Massenzatico, un paese nei pressi di Reg-gio Emilia.La Casa del Popolo risponde ad esigenze di sviluppo ed funzionamento di cooperative di lavoro e di consumo e di un complesso di servizi culturali, assistenziali, mutualistici e ricreativi.Culturalmente rappresenta la visibilità del movimento, la sua stabilità, l’unità e la soli-darietà popolari, la dimostrazione pubblica della propria capacità etica e tecnica, il senso di un profondo radicamento sul territorio, la conservazione della memoria.Infine, essa simboleggia il centro coordi-natore dell’insieme associativo socialista, il modello della futura società, il nucleo di un socialismo che si sarebbe gradatamente al-largato fino a comprendere il comune, la vita economica e l’intera società civile. In questo senso, la Casa del Popolo contiene la spe-ranza della società futura e dell’uomo nuovo socialista.

Quando c’è l’estensione del diritto di voto le amministrazioni locali vengono così a rappresentare,rispetto al potere centrale,veri e propri momenti di contrapposizione dia-lettica e di autonomia.Così si propongono soluzioni formali che manifestano l’aspirazio-ne ad una monumentalità democratica.Alcuni esempio sono a Roma,nella sede di via Capo d’Africa a Roma o per esempio nel progetto del 1908 di V.Bacigalupi per la case del popolo di La Spezia,contraddistinto da un lessico neoclassico non lontano dalle esperienze francesi:la parte centrale del fron-te è una doppia loggia,sporgente,articolata,contraddistinta da un doppio ordine di pilastri in cui le scansioni di quello inferiore vengo-no dimezzate al primo piano, con pilastri che diventano snelli e binati.Le finestre del primo piano sono collegate a quelle del sottotetto da motivi decorativi e tutta la facciata è percorsa da lunghe fu-ghe sull’intonaco.La balaustre,che chiude l’edificio,incornicia al centro la scritta “Casa del Popolo” a cui è sovrapposto un gruppo stauario allegorico che sovrasta l’insieme.

Le prime sedi proletarie vengono costitui-te dalle SMS(società di mutuo soccorso),da società filarmoniche,dal movimento coope-rativo. Il MS e la cooperazione erano le prime forme di risposta collettiva alle condizioni di estremo disagio in cui versava il proletariato.Le cooperative originalmente erano di pro-duzione o di consumo o di lavoro.

Le cooperative di consumo e quelle di pro-duzione cominciano a costituirsi alla se-conda metà dell’ottocento mentre quelle di lavoro non sorgono prima degli anni ottanta. Molto spesso nelle sedi stesse delle coope-rative si adibiscono dei locali per le case del popolo e,quando è possibile,per il teatro del popolo. Ecco che una serie di funzioni diver-se comincia a coesistere nello stesso edificio.Alla realizzazione del teatro operaio,in par-ticolare, viene data grande importanza. Se dunque per un verso è il luogo delle grandi riunioni politiche, è anche il luogo dei edu-cazione che si realizza con gli spettacoli e con le conferenze,oltre che con le già diffu-se biblioteche circolanti e con le Università popolari.

Con la cooperativa di consumo si istituisce lo spaccio,a volte il forno,una sala per le riunio-ni.

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Ad esempio la prima casa del popolo italia-na sorta nel 1893 come sede della coope-rativa La Braguzza in Emilia Romagna è un edificio molto semplice a due piani,a piata rettangolare.All’ingresso,che è sul lato meno lungo,viene conferito un minimo di enfasi da un doppio ordine di treinestroni a tutta altezza sormontati da un cornicione e da un frontone,su cui appare la scritta “ Coopera-tiva di Massenzatico ” e da due finte lesene che corrono sugli angoli. Le cooperative e le case del popolo si diffon-dono così particolarmente nell’Italia centro-settentrionale.Nel 1899 l’inaugurazione della Maison du Peuple di Bruxelles si configura coma un elemento eccezionale in grado di proporsi come stimolo e come esempio ma ben diffi-cilmente come archetipo.Le dimensioni dell’edificio di Horta,le sue qualità formali,il suo rilievo centralizzante,sono quanto mai lontane dalla logica degli innumerevoli esempi che,nella diffusione territoriale,costituiscono l’emblema dell’autonomia,della capacità delle singole organizzazioni locali di vivere della propria forza.Si tratta quindi di edifici di dimensioni ridotte e dalle scarse qualità formali diffusi nei piccoli centri. Abbiamo visto come i socialisti tentino di sottrarre le strutture dell’associazionismo al controllo padronale,a quello cattolico, a quello repubblicano.Nel tempo le case del popolo socialiste di-ventano le più diffuse ma le strutture cattoli-che e repubblicane non sono assolutamente trascurabili.I cattolici diffondono le cucine economiche e fondano le casse rurali che con la capacità di erogare credito consentono di acquisitre ampi consensi.Ad esempio a S.Giacomo Roncole c’è un bell’esempio di edificio realizzato dai cattoli-ci tra il 1911 e il 1913:una casa del popolo in cui vengono sistemate le opere sociali della Pieve,una cantina sociale,alcuni inquilini e sul retro un cinema-teatro all’aperto.Sul fron-te anteriore viene distinto cromaticamente un basamento molto alto,chiaro,dal corpo dell’edificio,che è scnadito da sei lesene che dallo zoccolo arrivano al cornicione. Accanto alle case del popolo nell’ultimo decennio dell’ottocento su ispirazione del-la Bourse du Travail di Parigi, si da il via alla fondazione delle camere del lavoro.Dal confronto si evince che entrambe le organizzazioni sono istituite per la difese dei singoli interessi di classe di cui ognuna di esse ha la rappresentanza,entrambe hanno base territoriale ,ed entrambe,per analogia di diritto,devono essere poste sullo stesso piano.

Dunque se la camera di commercio fruisce di attenzioni da parte della municipalità le medesime per analogia spettano alle came-re del lavoro. Le CDL trovano ben presto una grande dif-fusione poiché sono strumenti determinanti nella lotta di classe.Esse sorgono quando esiste già di fatto una forte organizzazione diffusa.La distribuzione di organismi socialisti è fortemente differenziata.Nel sud è quasi assente,fatta eccezione del napoletano e del palermitano.Nel centro-nord c’è una grande diffusione delle strutture cooperative.Particolare capacità organizzativa viene dimostrata attorno a Torino,Varese,Ravenna,Imola,Forlì,Firenze e Como.Qui ad una vita cooperativa ed associativa diffusa si unisce una certa complessità organizzativa anche al di fuori delle città maggiori. L’importan-za dell’autonomia economica della singole associazioni è confermata dal fatto che esi-stono spesso luoghi in cui ci sono le coo-perative pur se mancano le case del popolo mentre,salvo piccole eccezioni,non accade mai il contrario.Tra le risposte che l’autoorganizzazione dà ai propri bisogni emergenti non è invece presente in forma veramente organizzata la questione della pratica sportiva,che poi col fascismo tanta parte avrà nell’organizzazione del consenso.

Nei primi del Novecento si riscontra la presenza molto importante della Società Umanitaria,fondata nel 1893, che non fu mai istituzionalemtne socialista ma con una forte influenza di tale partito.Fondamentali fra le iniziative di questa as-sociazione sono l’attività di studio delle condizioni delle classi operaie svolta per mezzo dell’Ufficio del Lavoro e l’assisten-za ai disoccupati,per la quale si costruisce una cassa di sussidio alla disoccupazione.Si istituiscono inoltre per l’istruzione,la scuola professionale maschile e quella femminile,le sezioni festive e serali ed i corsi magistrali.L’Umanitaria inoltre si inserisce proponenedo un quartiere operaio modello da esse stessa fianziato fino alla creazione dell’Istituto autonomo case popolari.

Con l’avvento del fascismo si arriva alla tra-sformazione degli enti locali e alla sostanzia-le soppressione della loro autonomia con lo snaturamento degli organi di autogoverno o con la loro eliminazione:

Si crea perciò uno spazio vuoto che è ne-cessario colmare attraverso la creazione di organismi che ne surroghino le funzioni e che contemporaneamente rispondano al disegno politico fascista.Il principale stru-mento sarà costituito dall’Opera nazioanle dopolavoro dove al connubio tra attività ricreativa ed impegno politico attivo dei circoli socialisti si sostituisce il coniugarsi di attività ricreativa ed educazione.L’OND viene affiancata dall’Opera nazionale balilla che si interessa dell’inquadramento di tutti coloro che no hanno compiuto i 21 anni.

Le case del fascio e del littorio,invece,sono l’emanazione diretta del partito naziona-le fascista ed hanno sempre tre gruppi di locali:quelli per gli uffici del partito,quelli destinati al dopolavoro,quelli rivolti all’edu-cazione dei giovani.Alcuni caratteri possono variare in relazione al fatto che abbia pre-ponderanza la sala degli spettacoli o la pale-stra ed i locali annessi.

1 Il teatro della Società Uma-nitaria dopo i bombardamenti del 19432 Pubblicazione della Società Umanitaria,Milano,1908

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In Belgio la casa del popolo sorge dal rapporto di interazione che esiste fin dal principio fra cooperazione e politica: essa è il centro dell’organizzazione locale del POB(partito operaio belga),fondata da una società operativa socialista. La casa del popolo di Jolimont ,la prima creata in Belgio(1872),spiega il mecca-nismo di esistenza delle altre: nasce una cooperativa,coalizione dei lavoratori per la difesa dei mezzi di sussistenza,che general-mente gestisce il commercio del pane. Per esercitare la propria attività commerciale e per riunire i propri membri,affitta o compra una piccola casa operaia e si arricchisce con il commercio cooperativo. Ma la particolarità del modello belga,che ha origine a Gand,sta nel subordinare l’at-tività economica a obiettivi politici,opere di solidarietà sociale,nel costruire locali più importanti di quelli strettamente necessari all’attività commerciale, e nel metterli a di-sposizione dei membri di tutte le organizza-zioni operaie legate al movimento socialista.

L’idea iniziale della casa del popolo è percor-sa da un principio egualitario e utopistico. In un primo momento i capitali si raccolgo-no per mezzo di sottoscrizioni operaie,poi vengono forniti dalla cooperativa stessa,da una cooperativa vicina,dalle sottoscrizioni di organizzazioni affiliate o talvolta dal credito concesso dai fornitori. I lavoratori assicurano sempre la loro partecipazione volontaria alla costruzione della casa del popolo.Durante la prima fase di insediamento delle case del popolo (1872-1914)predomina sem-pre l’iniziativa locale indipendente. Nella creazione di una casa del popo-lo prevalgono due obiettivi: migliorare l’alimentazione dell’operaio in un primo tempo,sviluppare una strategia di inse-diamento vicina al consumatore in un secondo,e organizzare il tempo libero degli operai. Ma ciò che distingue le case del popolo e la loro rete di magazzini da un semplice ingra-naggio di un circuito commerciale,non è il loro essere al servizio e a difesa della classe operaia,ma piuttosto che esse appaiono come delle conquiste,come luoghi di indi-pendenza e di emancipazione.

Il Belgio e i primi modelli di case del popolo Con il dopoguerra si assiste al raggruppa-mento delle cooperative in seno a società regionali e alla razionalizzazione dell’organiz-zazione economica in reti di vendita. Le case del popolo e i loro magazzini appa-iono come strumenti privilegiati di un mer-cato da conquistare,come dispositivi per lo sfruttamento commerciale di vendita di una gamma di prodotti sempre più estesa.Se fino al 1950 restano,malgrado tutto,un luogo di coordinamento e di lotta,gli anni ’60 segnalo la fine di un’epoca: dietro al falli-mento economico del sistema cooperativo si svolge il desolante spettacolo dell’espropria-zione collettiva e individuale.

Nate da una comune volontà di presen-za e di affermazione socialista attraverso un edificio,le case del popolo non hanno però dato luogo a una produzione archi-tettonica omogenea. Essa,come d’altronde quella delle fabbriche,attinge da dispo-sitivo estetico ideato dalla borghesia per affermare la propria presenza nella città o nel villaggio,durante quei centocinquant’an-ni di edificazione della sua cultura. Unica sfumatura:la predominanza,per un breve periodo di tempo,dello stile art déco. A quell’epoca la costruzione delle case del popolo è affidata anche nei piccoli centri ad architetti ai quali la cooperativa si è rivolta. Per queste ultime battute del movimento cooperativo,essi adotteranno un’architettura che segue la moda del momento. La casa del popolo di Bruxelles resta un tentativo unico e splendido,in un contesto privilegiato(il progetto era appoggiato dalla borghesia progressista e dagli intellettuali aderenti al socialismo),di trasmettere la fede politica del movimento operaio nell’impe-gno poetico di un progetto architettonico la cui estetica rivoluzionò il clima di tutta una epoca.

1. Paul Hamesse,magazzino,Bruxelles,19032. Eugene Bodson,Maison du peuple ,Paturages,19033. Maurice Mailleux,progetto per la facciata della Maison du peuple di Bossu,19104. Maurice Mailleux, Maison du peuple,Wiheries,1914-22

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Victor Horta,Maison du Peuple,Bruxelles,Belgio,1899La distruzione e soprattutto la sostituzio-ne della Maison du Peuple con una banale grattacielo nel 1964 ha ottenuto l’ effetto di suscitare una viva indignazione internazio-nale al punto di permettere una rivalutazio-ne dell’opera di Victor Horta e dell’architet-tura Art Nouveau in Belgio come due degli elementi più caratteristici dell’architettura del paese. L’inaugurazione è avvenuta il giorno di Pa-squa del 1899 ,denominata “Pasqua rossa” dal quotidiano Peuple nell’edizione speciale dedicata all’avvenimento.La nuova Maison du Peuple è il simbolo dell’affermazione del socialismo,un’affermazione che maschera molti sacrifici. Tutti gli elementi più specifici del linguag-gio di Horta,lo spirito costruttivo,i fasci di curve,l’asimmetria e la reinterpretazione del-lo stile rococò attraverso delle fonti naturali-ste sono presenti con un’intelligenza critica alla quale ben poco può essere aggiunto.C’è un’impressione di stupore e di meravi-glia che colpisce entrando per la grande porta monumentale che supporta la volta a grande altezza ,si penetra nella costruzio-ne attraverso l’ingresso più ampio e dove le vaste proporzioni si manifestano subito. Ovunque vi sono corridoi che si aprono,delle rampe di scale che serpeggiano,dei per-corsi che si incrociano ,degli ampi spazi,dei magazzini,delle sale,degli uffici….e tutti questi ambienti che a prima vista sembrano confondersi in un labirinto sono invece com-binati logicamente. Il caffè è costituito da un grande spazio dove si intersecano delle eleganti putrelle di ferro che si uniscono so-briamente alla decorazione generale.Sul fondo il buffet , una divisione mobile separa questa sala da un corridoio laterale ,divisione che si può facilmente rimuovere nei giorni di maggiore affluenza. Vi si trova-no anche quattro colonne decorative; ognu-na di esse è sormontata da un’illuminazione sferica la cui luce viva inonda la sala. L’ultimo piano è occupato interamente dal salone per le feste sopra il quale si apre la terrazza composta da un balcone scoperto che serpeggia graziosamente per tutta la lunghezza della facciata. Un ascensore parte dal seminterrato e arriva fino al salone delle feste ,percorrendo così un’altezza di 21 me-tri.

1. Victor Horta,Maison du Peuple,Bruxelles,viste esterne,piante,sala riunioni,sezione parte centrale

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Victor Horta nella stesura del progetto si ispirò al teatro di Bayreuth per studiare le combinazioni dell’acustica da applicare al salone delle feste e visitò più volte il Vooruit per creare una migliore disposizione per i magazzini.

La storia della Maison du Peuple comincia nel 1881 quando a Gand(Gent) nasce la Vo-oruit, una cooperativa alla quale aderiscono 54 membri operai. La prima sede a Bruxelles è situata in Rue de Bavière in una vecchia sinagoga che comprende anche un cafè,una serie di sale piccole e grandi utilizzate dall’or-ganizzazione operaia.

Nel 1888 verranno prodotti cinquecento-mila pani,quattro anni più tardi saranno quattro milioni,e subito si aggiungeranno la macelleria e un servizio medico e farmaceu-tico.

Nel 1892 la società prende il nome di Maison du Peuple,Société Coopérative di Bruxelles. La vecchia sinagoga non era più sufficiente e riscosso il successo elettorale viene presa la decisione di costruire un nuovo edificio. Horta stesso nelle sue memorie ricorderà che intellettuali e “vecchi operai” furono di consenso unanime nella sua designazione. Egli ritenne il tema di progetto molto inte-ressante, un palazzo che non sarà solo un “palazzo” ma una “maison” dove l’aria e la luce saranno il lusso negato per molto tem-po alle abitazioni operaie; una maison che sarà il luogo dell’amministrazione,degli uffici delle cooperative,degli uffici delle riunioni politiche e professionali; di un caffè dove il prezzo di consumazione sarà in rapporto alle aspirazioni dei dirigenti che combattono l’alcolismo; delle sale di conferenza destinate a elargire l’istruzione e un’immensa sala per le riunioni per la politica e i congressi del partito,ma anche per le distrazioni musicali e teatrali dei membri.Il terreno acquistato nel 1895 per la somma di duecentoventottomila franchi si affaccia sulla Rue Stevens dove si aprirà la prospetti-va principale e lateralmente è delimitato dal-la Rue du Pigeon e la Rue de la Samaritaine.

Sei mesi furono sufficienti a Horta per l’elaborazione di un progetto preparatorio ,seguito da tre mesi per lo sviluppo dei di-segni e quindici disegnatori che lavorarono un anno sotto la direzione dell’architetto Pringers,per disegnare tutte le piante a misu-ra d’esecuzione.

Le fondazioni cominciano nel 1895; nel corso del primo semestre del 1896 i lavori subiscono un rallentamento a causa dei ritardi nelle forniture dei plinti. Il rigore dell’inverno 1896-1897 determina un’inter-ruzione ulteriore del cantiere e si dovette aspettare la primavera per riprendere un ritmo sostenuto; in compenso le putrelle in ferro fabbricate in atelier dalla Maison Ber-taux sono rapidamente montate. Ma verso la metà del 1897,temendo che il terreno fosse troppo stretto,la società acquistò due por-zioni di terreno ulteriori intorno alla Place de la Chapelle e procedette ad una variante di progetto in corso; questa variante comprese lo studio di un grande salone per le feste . Il cantiere ha avuto un’applicazione integrale della formula della cooperativa: l’impresa re-alizzatrice era una cooperativa come quella commissionante. L’organismo architettonico è caratterizzato da tre elementi essenziali: la facciata a balestra che alterna cioè concavità e convessità in modo asimmetrico,il gran-de ottagono irregolare della sala del cafè al piano terra e del primo piano che si distri-buiva per l’intera profondità dell’edificio al centro della parte convessa con una grande struttura ripetuta anche ai piani superiori dove le esigenze funzionali avevano porta-to fin dall’origine a suddividere il volume in uffici e terzo,la grande sala per le conferenze e teatro disposta trasversalmente per tutta l’estensione possibile dell’area e costituita da un rettangolo allungato sovra passante le irregolarità dell’edificio della parte tergale e costruito con una serialità derivante dal-la sua stessa natura di sala che anticipa la democrazia del cinema rispetto alla formula tradizionale del teatro di classe. Una delle matrici ideologiche della facciata è la vo-lontà di denunciare il volume interno verso l’esterno.Uno dei dati più significativi è la differenzia-zione delle strutture verticali che mantengo-no sempre la loro caratteristica di montanti scanditi con un ritmo quasi costante e di valore quasi gotico rispetto agli elementi orizzontali che invece si sagomano a secon-da delle esigenze proprie della loro funzione strutturale. Così la grande putrella del pla-fond della sala del cafè aumenta di sezione verso gli appoggi in modo coerente con l’andamento dei telai interni,o le putrelle di sostegno delle sale laterali si modellano secondo l’andamento delle rampe,e in gene-re una esatta rispondenza delle sezioni alle necessità del funzionamento statico costitui-sce un primo dato.

1. Victor Horta,Maison du Peuple,Bruxelles,viste interne della sala per gli spettacoli e del caffè

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Il secondo elemento di singolarità è il rap-porto tra concavo e convesso che non solo costituisce il tema generale dell’edificio ma che all’interno per così dire della sua su-perficie dispiegata trova ancora elementi di anche più drammatica contrapposizione come l’innestarsi del bow window a balco-ne sul bow window angolare che sovrasta il portale di ingresso a sinistra guardando il prospetto frontale ,e qui a sua volta il bow window è sostenuto da una sorta di grande mensola spaziale con una volta in ferro che costituisce un intenso invito chiaroscurale alla concavità dell’ingresso proprio a partire dalla massima emergenza del corpo conves-so del bow window. La differenziazione delle funzioni è sottolineata dal balcone che coin-cide con la quota della sala da conferenza-spettacolo-riunione che non è immediata-mente adiacente al fronte principale se non con le sue sale accessorie e quindi consente di mantenere il tema ritmico dei montanti verticali che Horta farà affiorare anche come sostegno della balaustra del terrazzo. In corrispondenza della scala di destra il balco-ne subisce un brusco slittamento in basso di quota interrompendo il tema delle mensole e dell’aggetto in curva,che costituiva una sorta di cornicione monumentale prima dell’attico,per assumere una sua più rigida autonomia. La sala del caffè aveva venti metri di profondità,sedici di larghezza e otto di altezza; la struttura era asimmetrica pur nella simmetria della impostazione a tela-io; infatti sul lato destro le putrelle gemelle principali si appoggiavano su degli oggetti di pietra bianca facenti parte del basamento, uno dei nodi più vigorosi della continuità e della mutua assistenza tra pietra e ferro continuamente esplorata da Horta. Dal lato sinistro,invece, le nervature metalliche di-scendevano direttamente nel sottosuolo senza basamento e le luci vive si aprivano sul grande vestibolo. Al di sopra del basamento o della equivalente parte metallica del lato sinistro ognuna delle nervature si diramava in due parti,una che proseguiva verticalmen-te e l’altra che ripiegava in fuori per ricevere l’aggetto della campata orizzontale. Le due parti erano legate da una nervatura di con-troventamento che partiva dal montante verticale,descriveva una curva e,attraversata la membratura centinata con una controcur-va ,raggiungeva le putrelle principali. Queste a loro volta erano fortemente incurvate a contro freccia in relazione ai carichi soppor-tati e all’esigenza estetica di raccordarsi con la curva dei montanti che riducevano la luce. Correntemente curvi all’intradosso erano anche i raccordi che collegavano nel senso trasversale i due montanti sagomati. Il sola-io era tessuto secondo un disegno derivato planimetricamente dal gioco delle diagonali.

La grande sala delle riunioni misurava cin-quataquattro metri di lunghezza e sedici e cinquanta di larghezza con un’altezza di circa undici metri e conteneva mille e cin-quecento posti a sedere. Essa era di tela e ferro per ragioni acustiche. La struttura è costituita da telai reticolari con piedritti inclinati sui quali si aprono da un lato,nella parte superiore,le mansarde per dare luce e si agganciano mediante tiranti le mensole centinate del sostegno delle lunghe gradina-te superiori,nonché un’ulteriore galleria che serve per l’illuminazione del soffitto. La combinazione dell’orizzontalità della copertura,anch’essa concava e convessa,con la spezzatura a gradoni della balconata e la inclinazione per ragioni di visibilità del piano delle poltrone che subisce una sorta di impennata verso il fondo,assicurano quel frazionamento delle superfici che consente l’eliminazione della coda sonora e cioè un ottimo risultato acustico. Coerenza del linguaggio estetico nel tema concavo-convesso dei telai princi-pali di sostegno,coincidenza di funzioni acustiche,statiche e impiantistiche nella bal-conata superiore;anche la balaustra e i sedili costituiscono un tema unico. La bivalenza,almeno,di funzione di ciascun elemento è una delle formule che Horta persegue con maggiore insistenza quasi che ogni soluzione debba essere non soltanto condizionata da una funzione ma da almeno due,dove se la prima è,per così dire,ovvia,la seconda rappresenta una trovata,un ele-mento di invenzione. Il combinato disposto delle due rende la scelta formale inequivocabile in una sorta di riassicurazione che è insieme l’introduzione di un elemento di fantasia rispetto alla ne-cessità.

Horta con la Maison du Peuple esprime dunque nella novità una sorta di coerenza con la tradizione belga e nello stesso tempo una stretta aderenza alla ideologia sindacale e alla linea riformista del partito operaio.

1. Victor Horta,Maison du Peuple,Bruxelles,la sale degli spettacoli,la porta d’angolo,la composizione decorativa in angolo,la struttura a ponte della galleria di servizio della sala degli spettacoli.

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Fernand Diekers, Casa del popolo Vooruit,Gand,Belgio,1899 Poco prima di Bruxelles Gand allinea sul suo fronte tre costruzioni che si impongono nei quartieri centrali della città: un magazzino generale,una casa del popolo e un palazzo per le feste. Il commercio del pane e l’apo-liticità furono le carte vincenti della prima cooperativa di Gand fondata nel 1873 dagli operai tessili e delle filande.Presto,però, i membri socialisti del’orga-nizzazione reclamarono la politicizzazione dell’attività alimentare: i principali obiettivi della struttura cooperativa dovevano essere la propaganda socialista e l’organizzazione economica,ma anche politica,dei lavoratori. Sostenuta dal potente sindacato dei lavora-tori tessili,la fazione socialista della coopera-tiva di Gand crea,nel 1880,una società coo-perativa autonoma, il Vooruit,che manifesta apertamente il proprio indirizzo politico. In essa è riassunto il modello organizzativo della casa del popolo belga in ambiente urbano,che nella descrizione risulta priva di una qualche caratterizzazione architettonica. Ma è evidente che ciò che interessava chi si richiamava all’esempio di Gand non era ricopiare un progetto ma imitare una struttura,non applicare un canone ma esiste-re attraverso un edificio. Quando questa affermazione ricorrerà all’ar-chitettura ciò dipenderà da tradizioni e forze locali. E così il ruolo di modello che il Vooruit assume nella tradizione storica,con una certa solennità emotiva,riguarda la strategia,forse una certa fierezza di esistere,ma non com-prende la forma architettonica. A partire dal 1890,l’organizzazione di Gand sviluppa una politica di costruzione di edifici rappresentativi della sua forza economica e sociale,circa 29 edifici.

Nel 1897 l’architetto Fernand Diekers viene incaricato di studiare la ricostruzione,sull’area del’immobile incen-diato ,del magazzino dell’abbigliamento della cooperativa,inaugurato nel 1899.Qual-che anno dopo erige su lotto vicino la sede dell’organizzazione ,la casa del popolo Ons Huis. La collocazione è strategica: il centro storico della città. Fra il 1911 e il 1914 realizza un ultimo edificio di prestigio,un palazzo per le feste,situato nel quartiere dell’università. Il palazzo delle feste è una considerevole at-trezzatura che offre per le distrazioni dei fre-quentatori abituali della cooperativa gli spa-zi di un teatro del popolo a tre balconate,con scena all’italiana,e di una cinema capace di 2600 posti.Fernand Diekers realizza questa casa del popolo che è un pezzo esemplare dell’eclet-tismo di provincia.

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L’enciclopedismo interviene nei detta-gli e senza ripensamenti: copertura alla francese,occhio di bue,ordine corinzio gigante,pilastro stile impero che incornicia aperture centinate,grande arco ribassato in ghisa con motivi fitomorfi.La gabbia di vetro annuncia la vasta scala di ferro. La casa del popolo e gli edifici annessi si confrontano con i programmi e le nuove strutture delle capitali industriali. La casa del popolo sviluppa un’architettura a scala urbana,un’architettura di interesse ge-nerale che si allinea sul profilo delle grandi strutture industriali e che impone la propria monumentalità in un rapporto di autorità con l’antico tessuto edilizio.

La casa del popolo si afferma senza ambiguità,come monumento di un’altra po-tenza che costruisce le proprie fortezze sotto il peso dell’eredità borghese nell’ordine della rappresentazione monumentale. In questo nascente movimento di massa non c’è posto per l’interrogativo estetico.

1. Fernand Dierkens,Vooruit,Gand,1911,facciate anteriore e posteriore,ubicazione nella piazza e sezione longitudinale del palazzo delle feste.

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Emilie van Averbeke,Volkshuis “Help u Zelve”,Anversa,Belgio,1898 La casa del popolo di Anversa viene costru-ita nel 1898 nel quartiere meridionale della città,ai margini delle zone popolari del porto da un giovane architetto di 22 anni su com-missione della cooperativa liberale Help-U-Zelve;la casa del popolo è liberale e la faccia-ta decisamente art nouveau.Ad Anversa si stabilisce fin dal 1865 una sezione della I Internazionale e,a qual-che mese di distanza dal celebre Vooru-it di Gand,viene creata una cooperativa socialista(1880),anche se bisognerà attende-re il 1920 per vedere apparire ad Anversa un equivalente delle case del popolo socialiste presenti nella regione della Vallonia da qua-rant’annoi.In Francia la casa del polo di Van Averbeke ha l’onore di apparire nella Monographie des Batiments Modernes e fra il 1900 e il 1903 viene pubblicata anche in Germania. L’opera si presenta alla lettura come successione di sequenze e di dettagli influenzati di volta in volta da Horta,Hankar,Viollet-Le-Duc,dal revival gotico,Mackintosh ,ma dove l’archi-tetto ha saputo creare una composizione originale, assolutamente personale e ben controllata.

Charleroi e Liegi

A Charleroi sorgeva una casa delle corpo-razioni dei piccoli imprenditori costruita nel 1924 dall’architetto Joseph André.Il programma della casa delle corporazio-ni non differiva da quello di una casa del popolo:sala da caffè,ristorante,biliardo al pianterreno;grande sala per le feste al primo piano,vari locali per riunioni,amministrazione,biblioteca,ecc….Qui come a Gand ,la pianta e l’archi-tettura riflettono il problema dell’in-serimento nell’isolato di piccole attrezzature:proprietà comune dei muri divisori e lotto stretto che si sviluppa in profondità.Compaiono anche elementi dell’architettura neoclassica:belvedere co-perto da un tempietto rotondo,colonne doriche,balaustre,occhio di bue.

Sempre a Charleroi nel 1891 si era avuta la creazione di una prima casa del popolo per iniziativa dell’Unione dei minatori come luo-go di incontro di tutte le forze progressiste della regione.La sua attività era rivolta alla riflessione filosofica e all’accesso degli operai alla cultura borghese,era una sorta di univer-sità popolare.Quando viene però creata nel 1918 l’Unione delle cooperative si indice un concorso per la costruzione non più di una casa ma di un palazzo del popolo.

Il concorso fu vinto dall’architetto Paul Du-bail e il palazzo venne inaugurato nel 1927.Il progetto prevedeva negozi,un caffè,un ristorante,una sala per le feste,gli uffici del-le federazioni operaie,le sale per riunioni e conferenze e le abitazioni per i gestori dei negozi.Al momento dell’esecuzione si pose qualche freno agli slanci moderni del progetto,una cupola simmetrica a quella del magazzino di fronte un quarto piano dalle aperture ribassate,qualche elemento più stretto,meno seriale nella successione dei vuoti e delle intelaiature attenuano il modernismo del palazzo.

Liegi invece vedrà la nascita della prima società cooperativa di dimensioni regionali e centralizzata del Belgio nel 1918.L’architet-to Joseph Moutchen ne realizzò i progetti, i primi di una lunga serie che avviano una politica di insediamento nel bacino di Liegi di numerosi locali socialisti,in particolare di sale cinematografiche. Nel 1928 l’Unione affidò allo stesso architetto lo studio della sua sede centrale ed egli presentò un pro-getto di un grattacielo di 12 piani,15 nella torre centrale,che doveva essere inaugurato per l’Esposizione internazionale di Liegi nel 1930,ma che non fu mai realizzato.

1. Casa del popolo di Anversa,facciata principale2. vista del caffè

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Nei Paesi Bassi il movimento operaio si svi-luppa solo nell’Ottocento abbastanza inol-trato perchè in Olanda l’industrializzazione si affermò con ritardo rispetto alla maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale.Si sviluppa qua il Volksgebouw(palazzo per il popolo),un edificio dove i lavoratori si riuniscono,dove organizzano le loro mani-festazioni culturali e politiche,dove hanno sede gli uffici delle loro organizzazioni e vengono stampati i loro giornali.

Uno dei primi problemi che il sempre più forte movimento operaio dovette affrontare,fu ovviamente quello di reperire una sede adatta per le riunioni.Man mano che le organizzazioni si sviluppavano,le sale dei caffè e altri ambien-ti presi in affitto risultavano sempre meno soddisfacenti;aumentavano,nel contempo,le possibilità finanziarie di acquisire un edificio proprio.Si trattava in genere di un vecchio stabile,che veniva giudicato più o meno ido-neo alla sua nuova destinazione.Fu così che nel 1880 venne bandito un con-corso dalla Società della classe operaia per costruire un edificio del popolo ex novo in un’area di Amsterdam.Venne premiato il pro-getto degli architetti L.Beirer e J.J.Bekker,che sarà realizzato in stile neorinascimenta-le olandese.Il complesso,inaugurato nel 1883 comprende da un lato i locali di uso sociale,uffici e sale di riunione,dall’altro un certo numero di ambienti finalizzati all’istruzione,e adibiti alla scuola di disegno e scultura per i giovani lavoratori.L’elemento architettonicamente più interessante è il grande auditorio situato nel giardino interno dell’edificio.

Di carattere completamente diverso sono i Caffè del popolo,iniziativa partita dal movi-mento operaio protestante,il cui successo è soprattutto finanziario.Lo scopo primario era quello di dare un rifugio sicuro al lavoratore.

Un esempio è il caffè De Vrede inaugura-to ad Amsterdam nel 1880 .Si tratta di un edificio completametne nuovo,progettato dall’architetto Th.Sanders.Oltre al caffè vero e proprio con annessa sala di lettura,esso comprende anche una mensa,sale per con-ferenze popolari,per il catechismo e camere da letto per una trentina di lavoratori non ammogliati.Nel 1884 verrà realizzato un secondo caffè del popolo De Hoop progettato dai due ar-chitetti associati Th.Sanders e H.P.Berlage.

L’avvento del movimento socialista negli anni ‘80 porta alla ribalta la questione sociale e non lascia indifferente la categoria degli architetti,i cui più spiccati rappresentanti sa-ranno negli anni ‘90 W.C.Bauer e H.P.Berlage.

Nel maggio 1892 viene inaugurata la prima Volkshuis (casa del popolo) dei Paesi Bassi,la Ons Huis ad Amsterdam nel quartiere opera-io.In questa sede la classe operaia trova una biblioteca,una sala di lettura,una palestra e una grande sala di teatro.Ons Huis diventa un esempio per tutta una serie di case del popolo.Per lo più queste case del popolo vengono fondate in locali affittati o in vec-chie case acquistate a tale scopo.Il progetto della Ons Huis viene affidato a C.B.Posthumus Meyjes,esponente dello stile neorinascimentale olandese.Egli si-stema nei primi due piani la biblioteca,la sal di lettura,la palestra,la cucina e tutti i rimanenti locali per il club e corsi vari; al di sopra si apre la grande sala capace di 500 posti,sottostante la copertura dell’edificio e illuminata da un lucernaio.

A Lochern la locale Cassa di risparmio fece costruire nel 1892 una casa del popolo.Ven-ne realizzata con alcune differenze rispetto a Ons Huis e alle posteriori case del popolo.Anche a Lochern ci sono una biblioteca e una grande sala,mancano invece i locali per i club.In compenso l’edificio deve ospitare la scuola di disegno,quella di economia do-mestica e i bagni pubblici,un recapito della Croce Rossa e l’ufficio della Cassa di rispar-mio.Il progetto è opera di Berlage,il quale concepì l’edificio con estrema libertà,ma nello stesso tempo con una sobria arti-colazione.Anzichè realizzare un edificio omogeneo,egli realizzò un piccolo insieme composito,nel quale i singoli vani o nuclei di vani si manifestano all’esterno ognuno per suo conto,pur essendo legati tra di loro per dimensioni,caratteristiche murarie e artico-lazioni.Una torretta sottoliena il vano delle scale e permette nel contempo all’edificio di elevarsi come centro comunitario al di sorpa del suo ambiente.

Le più grandi case del popolo del tipo di Ons Huis sono quelle di Leida(1898-99) e di Rot-terdam(1909).

Fino alla crisi degli anni ‘30 le case del po-polo ebbero uno sviluppo modesto:nel 1928 se ne contavano circa 50,non tutte in un edificio proprio.Esse corrisposero solo in piccola parte alle aspettative iniziali.Attiraro-no molta gioventù,ma assi meno adulti:è per questo che l’influenza della casa del popolo sul movimento operaio è stato scarso.

I Paesi Bassi: le Volkshuis,il movimento socialdemocratico e l’opera di Berlage

1.edificio a Vondelpark;2. Th.Sanders,Berlage,De Hoop,Amsterdam,1884;3. L.Beirer,J.J.Bekker,casa del popolo,Amsterdam,18804. Th.Sanders,caffè del popolo De Vrede,Amsterdam,1880 ;

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L’esigenza da parte dei socialisti si fa sempre più sentire a man a mano che il movimen-to cresce e le riunioni diventano sempre più affollate.Ad Amsterdam il partito potè prendere in affitto il Volkspark,un complesso ai margini della città dotato di una sala di teatro in legno per 1200 persone.Nel 1889 scade l’affitto e i socialisti fanno edificare un proprio edificio,il Constantia su progetto dell’architetto Joan Nieuwenhuis.Si tratta di un edificio stretto e alto, con un caffè,locali di riunione,un’ampia sala con log-ge ecc.Poco significativo dal punto di vista architettonico ,ma molto sul piano sociale e politico.

Pochi anni più tardi,nel 1898,dopo la di-smissione del Costantia,venne presentato il progetto da parte della Lega nazionale olandese dei lavoratori del diamante,un altro edficio su progetto di Berlage.La sua proposta viene però respinta dall’ammini-strazione comunale a causa della grande sala progettata al secondo piano,che egli sostituì nella seconda versione con una sala del consiglio della Lega,una sala di lettura e una biblioteca,mentre venne ampliata la scalinata con copertura a vetri.Nel suo insie-me l’edificio si fece più basso,ma in compe-no il muro sopra l’ingresso si allunga in una torretta,munita di guglia a forma di elmo.Questo edificio diverà il luogo del’eman-cipazione spirituale e culturale della cate-goria dei lavoratori.L’edificio fu costruito per diventare un simbolo del movimento operaio,un’espressione plastica della sua bellezza e forza.L’archetipo è quello dei palazzi italiani del XIII e XIV secolo.Attraver-so ampi gradini di pietra naturale si sale al piano principale,in posizione sopraelevata rispetto al sotterraneo entro cui è sistemata la stamperia e attraverso l’ingresso i lavo-ratori accedono all’atrio,che è un cortile interno coperto di vetri,luminoso e di colore tenue,circondato dalle arcate delle gallerie e da scale,per mezzo delle quali si possono raggiungere tutti gli spazi.

Con questo palazzo viene realizzato per la prima volta nei Paesi Bassi un’opera architet-tonica socialdemocratica che si distingue per elevatissime qualità costruttive e nel con-tempo si propone come modello di architet-tura socialdemocratica.In effetti ,mentre il movimento liberale del Volkshuis e quello di matrice religiosa non poducono quasi nessun edficio significativo per la storia dell’architettura,le organizza-zioni socialsite realizzano in un breve lasso di tempo alcune opere architettoniche di grande valore,come ad esempio l’edificio De Volharding de L’Aia degli architetti J.W.Buijs e J.B.Lursen.

1.Berlage Lega nazionale olandese dei lavoratori del diamante,viste esterne,viste interne,sezione nel patio;2. J.W.E.Buijis e J.B.Lursen,cooperativa De Volharding,L’Aia,1928