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Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali Rev. 4.0 del 12/09/2016

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era ... · Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 4 INDICE 1. LIFELONG, LIFEWIDE

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Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 1

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola

nell’era digitale e le implicazioni sociali

Rev. 4.0 del 12/09/2016

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 2

Premessa

Nella dimensione di interrealtà (intesa come fusione tra reale e virtuale), è necessario concepire l’educazione permanente come contenitore di tutte le opportunità educative rivolte alla comunità, senza distinzione di sesso, razza, etnia e religione.

Il focus è sulla qualità di tali occasioni educative, che si rivelano importanti e funzionali per la persona nella misura in cui si traducono in un’effettiva esperienza di apprendimento: questo perché la persona apprende co-stantemente in un percorso ricorsivo di auto-costruzione.

Pertanto l’obiettivo dell’educazione moderna è di sviluppare gli apprendimenti, attraverso la possibilità di una continua integrazione di ciò che è progressivamente acquisito.

Dunque la formazione va oltre a ciò che il sistema scolastico impartisce, in quanto dev’essere finalizzata al potenziamento delle capacità della persona in relazione al contesto e alle interazioni sociali, strutturandosi sulla base delle tre dimensioni dell’apprendimento: Lifelong learning, Lifewide learning, Lifedeep learning.

Per realizzare gli obiettivi posti dalle tre dimensioni dell’apprendimento bisogna ristrutturare i contesti edu-cativi formali, non formali e informali; basandoli sulla dialogicità e reciprocità a livello intergenerazionale e sociale, nonchè sulla valorizzazione della sfera riflessiva e immaginativa delle persone, utilizzando le reti sociali come costruttrici della propria biografia.

Il presente modulo 5, oltre a trattare le tre dimensioni dell’apprendimento, approfondisce le possibilità di ap-prendimento nella scuola digitale: tale processo oggi avviene in un contesto multidimensionale, costruttivo, reticolare e socialmente condiviso; inoltre ha in sé la dimensione del gioco, dell’espressività emozionale, ed è la sintesi di numerosi registri comunicativi e linguistici.

La didattica dovrebbe riflettere l’idea di una cultura come sistema dinamico di simboli, aperta alla costruzio-ne sociale, nella logica dell’universalità; in quanto i ragazzi tendono a mettere in discussione la cultura tradi-zionale, mentre fanno esperienza dell’intermedialità e utilizzano più media contemporaneamente (modalità multitasking).

Per questo nel modulo 5 viene affrontata la questione del cyberbullismo e le possibilità della Peer education; vengono fornite approfondite indicazioni sull’alternanza scuola lavoro nell’impresa digitale, sui vantaggi di un curriculum digitale, nonché su quelli del Fundraising o Crowdfunding.

Per rispondere alle esigenze della mobile generation, la scuola deve integrare virtuosamente l’esperienza della tecnologia con la realtà, per aiutare i ragazzi a organizzare le esperienze personali e ad esprimerle con diver-se modalità linguistiche, guidandoli verso una nuova ecologia dei media.

Affinché gli studenti di oggi siano cittadini digitali è necessario che la scuola permetta loro di divenire per-sone autonome, che non solo sappiano usare le tecnologie e muoversi nel Web, ma che sappiano risolvere i problemi, lavorare in team, che abbiano un pensiero globale; sarà poi l’ente per il quale lavoreranno a formar-li sulle specifiche competenze di cui ha bisogno.

Da qui la necessità per i docenti di una formazione continua non solo per l’acquisizione di competenze tec-nologiche e digitali in senso stretto, ma anche e soprattutto per le competenze cognitive, creative, emotive, comunicative, collaborative e maieutiche; indispensabili per far emergere in ogni studente le potenzialità nel rispetto delle attitudini di ciascuno, e per creare una rete della cultura ancor prima di una cultura della rete.

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INDICE

1. LIFELONG, LIFEWIDE E LIFEDEEP LEARNING ................................................................................ 51.1 Educazione permanente e apprendimento continuo ................................................................................. 51.2 Tre dimensioni dell’apprendimento: lifelong, lifewide e lifedeep ........................................................... 8

2. CYBERBULLISMO E PEER EDUCATION .............................................................................................. 122.1 Cos’è e come si riconosce il cyberbullismo................................................................................................. 122.2 I possibili pericoli dei media digitali: come prevenirli e proteggersi ..................................................... 132.3 Protezione dei dati personali in Rete e nei Social Media ......................................................................... 162.4 Dialogo intergenerazionale sull’uso dei Social Media ............................................................................. 182.5 Peer Education................................................................................................................................................ 19

3. LA SCUOLA NELL’ERA DIGITALE ......................................................................................................... 253.1 Indicazioni sull’Alternanza Scuola Lavoro nell’impresa digitale .......................................................... 293.2 Costruire curriculum digitali e tecnologici ................................................................................................ 343.3 Il fundraising e il crowdfunding ................................................................................................................. 40

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LE DIMENSIONI DELL’APPRENDIMENTO, LA SCUOLA NELL’ERA DIGITALE E LE

IMPLICAZIONI SOCIALI

1. LIFELONG, LIFEWIDE E LIFEDEEP LEARNING

1.1 EDUCAZIONE PERMANENTE E APPRENDIMENTO CONTINUO

La prospettiva formativa dell’educazione permanente – lifelong education – non è nuova: sin dal 1972 l’U-NESCO ha promosso tale concetto pubblicando il “Report Learning to Be” a cura di Edgard Faure (Rapporto Faure), nel quale si legge che l’educazione deve consentire a ogni persona “di risolvere i suoi problemi, di prendere le sue decisioni e di assumersi le sue responsabilità”.

Il fine dello sviluppo è la completa realizzazione dell’uomo nella ricchezza dei suoi ruoli, ovvero membro di una famiglia e di una comunità, cittadino e lavoratore, progettatore di tecniche e inventore creativo.

Dopo venticinque anni, nel 1997, il Rapporto Delors ha concepito e organizzato l’educazione su quattro tipi fondamentali di apprendimento: imparare a conoscere (acquisire gli strumenti della comprensione), impara-re a fare (essere capaci di agire creativamente nel proprio ambiente), imparare a vivere insieme (partecipare e collaborare con gli altri in tutte le attività umane), imparare a essere (sviluppare un pensiero autonomo e critico).

Il Rapporto Delors pensa l’educazione come un tesoro per l’umanità del XXI secolo: essa deve permettere a ogni individuo di sviluppare spirito e corpo, intelligenza, sensibilità, senso estetico, responsabilità personale e valori spirituali; ponendo attenzione, attraverso l’insegnamento dell’arte e della poesia, allo sviluppo delle manifestazioni più chiare della libertà umana, ovvero le doti dell’immaginazione e della creatività.

Questi concetti sono stati concretizzati più o meno efficacemente nel sistema educativo basato sulla lezione frontale. Vediamo in questo capitolo come, nell’era tecnologica dominata da una dimensione di interrealtà, si è ribaltata la concezione dell’apprendimento e di conseguenza la prospettiva dell’educazione, che pur resta fondata sul presupposto del lifelong learning.

Oggi non è più possibile “tenere separati il momento dell’apprendimento e della formazione da quello del lavoro come momenti distinti della vita dell’individuo”, (dal sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Ufficio Centrale O.F.P.L. – 5 novembre 2001), quindi l’educazione permanente si configura come “l’insieme dei processi di apprendi-mento grazie al quale gli adulti, dopo la conclusione della prima fase di formazione a scuola, all’università o sul lavoro, sviluppano le attitudini, arricchiscono le competenze, migliorano le qualifiche tecniche e professionali o le riorientano in funzione dei propri bisogni e di quelli della società” (dalla dichiarazione finale della V Conferenza Internazionale dell’Unesco sull’educazione degli adulti – Amburgo 14/18 luglio 1997).

Nel 2006 il Parlamento e il Consiglio europeo hanno istituito il Lifelong Learning Programme (LLP, Pro-gramma d’azione comunitaria nel campo dell’apprendimento permanente): il Programma sostituisce, uni-ficandoli in un unico programma, i programmi Socrates, Leonardo da Vinci ed E-learning, attivi dal 1995 al

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2006, accorpando al suo interno tutte le iniziative di cooperazione europea nell’ambito dell’istruzione e della formazione dal 2007 al 2013; dunque

rappresenta l’insieme delle opportunità educative formali e non formali, rivolte ai cittadini, sia italiani che stranieri, dall’infanzia all’età adulta.

Il LLP ha la finalità di garantire lo sviluppo di una società avanzata basata sulla conoscenza, dunque fondata sui princìpi dell’apprendimento permanente; che si traducono in uno sviluppo economico sostenibile, in rinnovati posti di lavoro e in una maggiore coesione sociale, dunque nel rispetto dell’ambiente per le genera-zioni future (Strategia di Lisbona).

L’attuale programma di lavoro Istruzione e Formazione 2020, approvato dal Consiglio europeo nel 2009, e inserito nel contesto della strategia di Lisbona, ha l’obiettivo di incoraggiare il miglioramento dei sistemi d’istruzione e di formazione nazionali attraverso lo sviluppo di strumenti complementari a livello di Ue, l’apprendimento reciproco e lo scambio di buone prassi.

Dunque i quattro obiettivi indicati per il periodo 2010-2020 sono: rendere l’apprendimento permanente e la mobilità una realtà concretamente fruibile; migliorare la qualità dell’istruzione e della formazione; promuo-vere l’equità, la coesione sociale e la cittadinanza attiva; incoraggiare la creatività, l’innovazione e l’impren-ditorialità.

Nella dimensione di interrealtà (intesa come fusione tra reale e virtuale), l’esperienza individuale e l’identità sociale si costruiscono dinamicamente e contemporaneamente; quindi è necessario concepire l’educazione permanente come contenitore di tutte le opportunità educative rivolte alla comunità, senza distinzione di sesso, razza, etnia e religione.

L’insieme delle opportunità educative formali comprende le opportunità educative dispensate nei tradizio-nali istituti d’istruzione e di formazione (scuole, università, corsi di formazione legalmente riconosciuti), che rilasciano diplomi e qualifiche.

Le opportunità educative non formali sono quelle erogate al di fuori delle principali strutture d’istruzione e di formazione (quindi dispensate sul luogo di lavoro o in attività sociali di organizzazioni o gruppi), le quali non rilasciano certificati ufficiali.

Le occasioni di educazione non formale comprendono inoltre tutte le opportunità educative che si possono esperire durante le naturali attività della vita quotidiana.

Questo concetto è in linea con le caratteristiche peculiari del contesto digitale, che vede l’apprendimento inscindibile dal cambiamento; dunque lo inquadra come esperienza sociale, che si riflette prima di tutto sulle attività quotidiane, oltre che sulle istituzioni e sulle prassi propriamente educative.

Il focus è sulla qualità di tali occasioni educative, che, a prescindere dal contesto in cui vengono erogate, si rivelano importanti e funzionali per la persona nella misura in cui si traducono in un’effettiva esperienza di apprendimento: questo perché la persona apprende costantemente, secondo un percorso ricorsivo di auto-co-struzione.

Pertanto l’obiettivo dell’educazione moderna è di sviluppare gli apprendimenti, attraverso la possibilità di una continua integrazione di ciò che è acquisito.

Spesso si confonde il concetto di apprendimento con quello di educazione perdendo di vista la complessità dei processi cognitivi che il vero apprendimento comporta: mentre l’educazione è frutto di un’azione esterna (da parte della famiglia o della società), l’apprendimento è un processo strettamente individuale, che richiede motivazione personale in quanto basato sulla responsabilità che l’individuo assume per se stesso.

Un apprendimento efficace è frutto dalla libera volontà dell’individuo di cercare relazioni tra ciò che già conosce e ciò che l’ambiente gli propone come nuovo, quindi il compito delle comunità educative è favorire

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questa progressiva ricerca personale.

In sintesi: l’apprendimento comprende il vasto insieme di processi di sviluppo cognitivo, che si dispiegano dall’infanzia alla vecchiaia, e si traducono in educazione nella misura in cui si configurano come adattivi e funzionali nella società e per la società.

Infatti negli ultimi cinquant’anni la teoria cui l’apprendimento si riferisce è passata dal paradigma psicologi-co basato sulle teorie comportamentistiche a quello basato sulle teorie cognitiviste e costruttiviste, differen-ziandosi in apprendimento meccanico e apprendimento significativo.

Il primo si basa sull’istruzione didattica, nella quale si presuppone l’esistenza di una conoscenza oggettiva trasmessa dal docente al discente attraverso l’insegnamento di contenuti culturali.

Il secondo si basa su una didattica costruttivista, la quale presuppone l’esistenza di una conoscenza sogget-tiva che il docente ha il compito di “far emergere” naturalmente nel discente attraverso le sue esperienze pregresse, facendo leva sulla sua motivazione e volontà di apprendere.

Il pedagogo statunitense Joseph D. Novak così spiega la differenza tra le due tipologie di apprendimento nel testo L’apprendimento significativo – Le mappe concettuali per creare e usare la conoscenza:

L’apprendimento significativo si verifica quando chi apprende decide di mettere in relazione delle nuove informazioni con le conoscenze che già possiede. [...] L’apprendimento meccanico avviene invece quando chi apprende memorizza le nuove informazioni senza collegarle alle conoscenze precedenti, o quando il materiale da studiare non ha alcuna relazio-ne con tali conoscenze.

E ancora, lo psicologo David Jonassen, in occasione dell’incontro per l’introduzione al lavoro tenuta dal Si-stema Copernicus e Gruppo Pedagogico nel 2005, nella conversazione con Gianni Marconato chiarisce che “apprendere in modo significativo significa saper risolvere problemi nella realtà quotidiana. La risoluzione di problemi dà uno scopo all’apprendimento che può diventare significativo per la persona solo se essa ne comprende l’utilità per i suoi scopi”.

È utile riferirsi a Piaget, psicologo fondatore dell’epistemologia genetica e padre del costruttivismo, secondo il quale l’apprendimento è il continuo superamento di ciò che è acquisito attraverso il processo ricorsivo di assimilazione e accomodamento.

In ogni momento dell’esistenza, l’individuo assimila informazioni sull’ambiente circostante attraverso i pro-pri filtri percettivi; quindi costruisce una rappresentazione del mondo e di sé in relazione al mondo, recupe-rando queste informazioni al momento opportuno e organizzandole in modo chiaro.

Più che una organizzazione si tratta di una ri-organizzazione, in quanto le informazioni precedentemente acquisite si devono integrare alle nuove “in entrata”, originando un nuovo apprendimento: questa ri-orga-nizzazione è detta accomodamento. Si tratta quindi di un processo di continua trasformazione, di modifica – in certi casi radicale – degli schemi cognitivi utilizzati sino a quel momento, e che alla luce di una situazione nuova risultano essere disfunzionali.

Ora risulta chiaro come per Piaget l’apprendimento non è la comprensione di assunti oggettivamente strut-turati ma è l’acquisizione continua di schemi cognitivi che si realizza grazie al dinamico equilibrio del pro-cesso ricorsivo di assimilazione e accomodamento: nell’essere umano l’ampiezza degli apprendimenti che si aggiungono alla sua natura è praticamente illimitata.

Il binomio tra l’educazione permanente e l’apprendimento continuo è inscindibile, infatti “tutto ciò che noi vi-viamo, nelle infinite situazioni della nostra esistenza, è generatore di learning. Soltanto l’abitudine, cioè la ripetizione di gesti identici in situazioni identiche, limita il ruolo del learning. Man mano che si accentua il dinamismo in cui viviamo, un atto qualsiasi è sempre in larga misura unico, la risposta a uno squilibrio nuovo e originale realizzato dal gioco degli elementi del campo culturale”. (Enciclopedia Treccani online)

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Nell’attuale dimensione di interrealtà, l’effetto delle tecnologie dilata ulteriormente le teorie cognitiviste e co-struttiviste sull’apprendimento: George Siemens (direttore associato del Learning Technologies Centre pres-so l’Università di Manitoba, nonché fondatore e presidente del learning lab Complexive Systems Inc), affer-ma che l’apprendimento è un processo che crea delle connessioni e sviluppa una rete; un nodo è qualunque cosa che possa essere connessa a un altro nodo da informazioni, dati, immagini, sentimenti… Apprendere significa connettere nodi specializzati o fonti di informazione, nel rispetto della differenza di opinione. Quin-di per facilitare l’apprendimento permanente bisogna alimentare e mantenere le connessioni.

Siemens, in un’intervista sull’attuale tema del Social Learning, in linea con quanto affermato finora, chiarisce:

“Credo che le persone siano mosse prima di tutto dalle informazioni. Processiamo l’informazione costantemente. Da quando siamo bambini, cerchiamo di dare un senso al mondo cercando di rifletterci sopra, di valutare, di connettere le informazioni che incontriamo. È un tratto evoluzionistico: siamo esseri viventi basati sulle informazioni.

Ci sviluppiamo in relazione alle informazioni intorno a noi. (…)

La mia teoria è che il tratto dominante dell’umanità sia l’acquisizione, la processazione e la creazione di informazioni. Impieghiamo approcci sociali che ci consentono di gestire meglio le informazioni. Troppe persone che parlano di Social Learning vedono la dimensione sociale come il punto di arrivo. Io vedo nella ricerca di senso e di una via lo scopo pri-mario che ci fa utilizzare gli approcci sociali per assisterci in un’evoluzione personale e nella sopravvivenza. Questo mi porta alla mia personale definizione di Social Learning: l’appoggiarsi a reti sociali e interazioni per avere assistenza nella propria ricerca di attribuzione di un senso alle informazioni presenti nel nostro contesto.”

1.2 TRE DIMENSIONI DELL’APPRENDIMENTO: LIFELONG, LIFEWIDE E LIFEDEEP

Abbiamo visto che l’apprendimento si configura come un progressivo sviluppo di azioni attive e autonome da parte del soggetto, il quale si muove dinamicamente tra le conoscenze – informazioni – e le organizza secondo il proprio repertorio di esperienze. Pertanto:

• È un processo che coinvolge attivamente l’esperienza. • La persona apprende quando vuole comprendere il mondo e se stessa in relazione al mondo. • Tale processo include lo sviluppo o l’approfondimento di capacità, di conoscenze, di comprensione, di

valori, di idee o di emozioni. • L’apprendimento efficace porta al cambiamento, alla crescita e al desiderio di sapere di più.

Gli esperti riuniti per l’incontro sull’educazione informale organizzato da CAISE, il Centre for the Advance-ment of Informal Science Education, concordano che l’apprendimento si basa su quattro concetti fondamen-tali:

• L’apprendimento è un legame che accomuna tutti. • L’apprendimento richiede un approccio ecologico. • L’apprendimento deve essere pensato secondo il tempo e il contesto. • Siamo tutti dei discenti.

Dunque la formazione va oltre a ciò che il sistema scolastico impartisce, in quanto dev’essere finalizzata al potenziamento delle capacità della persona in relazione al contesto e alle interazioni sociali, strutturandosi sulla base delle tre dimensioni dell’apprendimento:

• Lifelong learning: l’apprendimento avviene lungo tutto l’arco della vita, in quanto non riguarda solo l’ac-quisizione di competenze e attitudini fondamentali, ma anche la capacità di utilizzarle concretamente; te-nendo presente che ogni stadio di sviluppo della persona è caratterizzato da specifiche necessità e interessi.

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• Lifewide learning: l’apprendimento accade durante tutte le azioni della vita, cioè mentre la persona fre-quenta luoghi sociali o partecipa ad attività; quindi nelle aule o nelle istituzioni informali, in casa, in co-munità o negli ambienti on line.

• Lifedeep learning: l’apprendimento ha una dimensione profonda perché comprende anche credenze, ide-ologie e valori culturali propri della comunità e della società di appartenenza; pertanto questa dimensione riflette i valori morali, etici, religiosi e sociali che definiscono il modo di agire della persona, nonché il modo di percepire se stessa e gli altri.

Inoltre l’apprendimento non occorre – e non può occorrere – fuori dalle interazioni sociali: la cultura è un processo dinamico e interattivo, in quanto si forma e viene modificato dalle prospettive delle persone e allo stesso tempo forma e modifica le prospettive, le esperienze e il modo di comprendere delle persone.

Considerare le tre dimensioni dell’apprendimento è fondamentale per far fronte alla realtà contemporanea, profondamente mutata dal punto di vista lavorativo e sociale.

Il problema delle competenze riguarda tutta la popolazione: secondo il rapporto Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) sulle competenze degli adulti tra i 16 e i 65 anni, il 70% della popolazione italiana ha competenze al di sotto del minimo indispensabile per vivere e lavorare nel ventunesimo secolo, facendo riferimento a quattro categorie particolarmente a rischio nell’acquisizione e nel mantenimento delle competenze, ovvero:

• I giovani NEET (acronimo inglese di “Not (engaged) in Education, Employment or Training” che sta a indicare persone non impegnate nello studio, né nel lavoro e né nella formazione).

• Le persone con basso livello di istruzione individuale e familiare. • Le donne con bassi livelli di istruzione individuale e familiare. • I lavoratori poco qualificati e con bassi livelli di istruzione.

È molto interessante il dato che emerge dalle stime di Cathy Davidson (direttrice della Futures Initiative alla City University of New York e codirettrice delle MacArthur Foundation Digital Media and Learning Compe-titions): il 65% dei bambini che entrano ora nella scuola primaria finiranno per fare un lavoro che non è stato ancora inventato.

Questo scenario è profondamente diverso da quello che ha strutturato la società sino a oggi, basata su una prospettiva occupazionale predefinita e formalmente inquadrata.

Le nuove generazioni devono quindi mantenersi aggiornate e preparate per affrontare cambiamenti e sfide sempre più complesse.

La scuola ha un ruolo fondamentale in quanto deve integrare le competenze per la vita (soft skill) fin qui citate con le conoscenze standardizzate, attrezzandosi con nuovi strumenti e aggiornando le metodologie didattiche.

Il sistema scolastico è però una struttura complessa che muta lentamente rispetto alla velocità con cui cambia la socialità, e insieme le interazioni comunicative e i rapporti interpersonali: questo differenziale è una delle principali cause dello “scollamento educativo” e delle problematiche a esso connesse, primo fra tutti la man-canza di competenze per la vita nei giovani.

L’attuale paradosso dell’occupabilità vede le imprese lamentare la mancanza di soft skillsnei giovani che hanno terminato gli studi, i quali a loro volta lamentano la difficoltà di trovare un lavoro. Tuttavia quasi un milione di posti nel settore ICT rischiano di rimanere vacanti, in Italia il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è al 35,3%, il livello più elevato dal 1977. I dati sono altrettanto preoccupanti in tutta Europa, con un tasso medio del 22,9% (dati Istat 2014).

È necessario allineare istruzioni e formazione alle sfide del XXI secolo; chiaramente è più facile fare innova-zione fuori dal sistema scolastico, ma la vera sfida è innestarla all’interno del sistema esistente, coinvolgendo

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il personale scolastico e tenendo conto delle difficoltà e potenziando le opportunità esistenti.

A livello metodologico/didattico bisogna partire dalle situazioni, dai bisogni e dagli interessi di chi appren-de, attraverso il continuo confronto: la prospettiva della didattica aperta prevede la stretta connessione tra i soggetti interessati all’educazione/apprendimento della persona (famiglie, istituzioni scolastiche, università, enti locali, associazionismo, mondo produttivo).

Per realizzare gli obiettivi posti dalle tre dimensioni dell’apprendimento bisogna ristrutturare i contesti edu-cativi formali, non formali e informali; basandoli sul dialogo e sulla reciprocità a livello intergenerazionale e sociale, nonché sulla valorizzazione della sfera riflessiva e immaginativa delle persone, utilizzando le reti sociali come costruttrici della propria biografia.

“Scommettere sull’apprendimento permanente non significa fornire risposte pronte, piuttosto serve accompagnare le persone per quel che sono, senza pretendere di cambiarle, ma offrendo loro opportunità, strumenti, motivazione per farlo” (Longworth, 2003; Rychen & Salganik, 2007).

Per concludere:

L’uso didattico delle tecnologie è giustificato se dal suo uso si possono ottenere degli apprendimenti altrimenti ed a costi inferiori non ottenibili. Possiamo, sulla base della letteratura pedagogica contemporanea, definire formazione di qualità quella che produce apprendimento profondo (conoscenze stabili, applicabili, utilizzabili per realizzare attività e risolvere problemi), non produce “conoscenza inerte” ma applicabile in situazioni reali, consente di sviluppare una conoscenza da utilizzare come uno strumento per risolvere problemi, si realizza in una dimensione sociale, è centrata sulla persona che apprende (e non sui contenuti), richiede al soggetto che apprende di lavorare (costruire) con le informazioni date (e non una loro mera memorizzazione e ripetizione), attiva uno sforzo cognitivo, viene attivata dalla dissonanza cognitiva, consente di lavorare in contesti reali e con problemi altrettanto reali, affronta, attiva e sostiene la complessità del processo cognitivo, consente di costruire un senso personale delle informazioni ricevute1.

AbstactL’educazione permanente si configura come “l’insieme dei processi di apprendimento grazie al quale gli adulti, dopo la conclusione della prima fase di formazione a scuola, all’università o sul lavoro, sviluppa-no le attitudini, arricchiscono le competenze, migliorano le qualifiche tecniche e professionali o le riorien-tano in funzione dei propri bisogni e di quelli della società” (dalla dichiarazione finale della V Conferenza Internazionale dell’Unesco sull’educazione degli adulti – Amburgo 14/18 luglio 1997).L’attuale programma di lavoro Istruzione e Formazione 2010 ha l’obiettivo di incoraggiare il migliora-mento dei sistemi d’istruzione e di formazione nazionali attraverso lo sviluppo di strumenti complemen-tari a livello di Ue, l’apprendimento reciproco e lo scambio di buone prassi.Dunque i quattro obiettivi indicati per il periodo 2010-2020 sono: rendere l’apprendimento permanente e la mobilità una realtà concretamente fruibile; migliorare la qualità dell’istruzione e della formazione; promuovere l’equità, la coesione sociale e la cittadinanza attiva; incoraggiare la creatività, l’innovazione e l’imprenditorialità.Nella dimensione di interrealtà (intesa come fusione tra reale e virtuale), è necessario concepire l’educa-zione permanente come contenitore di tutte le opportunità educative rivolte alla comunità, senza distin-zione di sesso, razza, etnia e religione.Il focus è sulla qualità di tali occasioni educative, che si rivelano importanti e funzionali per la persona nella misura in cui si traducono in un’effettiva esperienza di apprendimento: questo perché la persona apprende costantemente in un percorso ricorsivo di auto-costruzione. Pertanto l’obiettivo dell’educazione moderna è di sviluppare gli apprendimenti, attraverso la possibilità di una continua integrazione (assimilazione, accomodamento) di ciò che è acquisito.

1 G. Marconato e P. Litturi, Apprendimento Significativo con le Tecnologie

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Negli ultimi cinquant’anni la teoria cui l’apprendimento si riferisce è passata dal paradigma psicologico basato sulle teorie comportamentistiche a quello basato sulle teorie cognitiviste e costruttiviste.Il binomio tra l’educazione permanente e l’apprendimento continuo è inscindibile, infatti “tutto ciò che noi viviamo, nelle infinite situazioni della nostra esistenza, è generatore di learning. Soltanto l’abitudine, cioè la ripetizione di gesti identici in situazioni identiche, limita il ruolo del learning. Man mano che si accentua il dinamismo in cui viviamo, un atto qualsiasi è sempre in larga misura unico, la risposta a uno squilibrio nuovo e originale realizzato dal gioco degli elementi del campo culturale”. (Enciclopedia Trec-cani online)

Dunque la formazione va oltre a ciò che il sistema scolastico impartisce, in quanto dev’essere finalizzata al potenziamento delle capacità della persona in relazione al contesto e alle interazioni sociali, strutturan-dosi sulla base delle tre dimensioni dell’apprendimento: • Lifelong learning: l’apprendimento avviene lungo tutto l’arco della vita, in quanto non riguarda solo l’ac-

quisizione di competenze e attitudini fondamentali, ma anche la capacità di utilizzarle concretamente; tenendo presente che ogni stadio di sviluppo della persona è caratterizzato da specifiche necessità e interessi.

• Lifewide learning: l’apprendimento accade durante tutte le azioni della vita, cioè mentre la persona fre-quentano luoghi sociali o partecipano ad attività; quindi nelle aule o nelle istituzioni informali, in casa, in comunità o negli ambienti on line.

• Lifedeep learning: l’apprendimento ha una dimensione profonda perchè comprende anche credenze, ideologie e valori culturali propri della comunità e della società di appartenenza; pertanto questa di-mensione riflette i valori morali, etici, religiosi e sociali che definiscono il modo di agire della persona, nonché il modo di percepire se stessa e gli altri.

Per realizzare gli obiettivi posti dalle tre dimensioni dell’apprendimento bisogna ristrutturare i contesti educativi formali, non formali e informali; basandoli sulla dialogicità e reciprocità a livello intergenera-zionale e sociale, nonchè sulla valorizzazione della sfera riflessiva e immaginativa delle persone, utiliz-zando le reti sociali come costruttrici della propria biografia.

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2. CYBERBULLISMO E PEER EDUCATION

2.1 COS’È E COME SI RICONOSCE IL CYBERBULLISMO

Il cyberbullismo è una forma di mobbing che avviene in Internet attraverso l’invio di messaggi offensivi per un lungo periodo, da parte dei cosiddetti cyberbulli, ragazzi che utilizzano la Rete (chat, Social Network, WhatsApp, blogs ecc…) per molestare psicologicamente altri ragazzi.

Le azioni offensive che i cyberbulli compiono in Rete sono rivolte spesso a coetanei conosciuti a scuola o durante attività extrascolastiche, considerati “diversi” per qualsivoglia motivo (aspetto estetico, carattere debole e introverso, orientamento sessuale o politico, modi di vestire non convenzionali, etnia, religione di appartenenza ecc…).

I cyberbulli, in molti casi spalleggati e protetti dal “branco”, prendono di mira questi ragazzi offendendoli, facendo pressione psicologica, ricattandoli, diffondendo dicerie sul loro conto.

Il cyberbullismo (o cybermobbing / internet mobbing), rispetto alle forme di bullismo che avvengono nella vita reale, ha caratteristiche proprie legate al mezzo mediante il quale avviene:

• Non vi sono limiti spaziotemporali, in quanto in ambienti online la possibilità di connessione è continua, quindi il cyberbullo può compiere le sue azioni offensive ogni volta che si collega in Internet; allo stesso modo la vittima può subirle nel momento in cui accede ai propri canali di Rete, quindi anche in tempi dif-ferenti rispetto a quando le azioni sono state compiute.

• Il molestatore può essere percepito come “anonimo”, ma si tratta di una percezione apparente, in quanto ogni comunicazione elettronica lascia pur sempre delle tracce, individuabili più o meno rapidamente. Spesso però la vittima ha difficoltà a risalire da sola al cyberbullo, il quale fa in modo di confondere la propria identità virtuale, a volte anche coinvolgendo degli “spettatori” nelle sue azioni offensive, dunque confondendosi in un “gruppo” e rendendo più difficile la reperibilità delle tracce. Il cyberbullo può così mantenere una certa distanza fisica dalla vittima, dunque può attaccare e ferire senza temere una reazione reale e immediata.

• Le normali inibizioni e remore etiche del molestatore si minimizzano, in quanto la dimensione di virtualità propria della Rete dà la possibilità di compiere azioni senza comprenderne le concrete conseguenze, azioni senza peso reale che possono avere un peso morale e psicologico forte per chi le subisce.

Attraverso i canali di condivisione le azioni offensive si diffondono con rapidità coinvolgendo un vasto ba-cino di utenti, per questo motivo le vittime non si sentono più al sicuro persino in casa propria, in quanto possono essere raggiunte dai messaggi dei cyberbulli ogni volta che accedono ai propri canali in Rete.

Il cyberbullo può diffondere rapidamente e senza difficoltà testi offensivi, voci, immagini o filmati umilianti in Rete: la vittima non può da sola eliminare questo materiale virtuale che, una volta pubblicato, può essere più volte letto o riguardato da molte persone.

Non è difficile immaginare quali possono essere le ripercussioni che tali molestie provocano nella vittima, la quale, proprio a causa della diffusione capillare in Rete, ha molta difficoltà a superare le offese subite.

È chiaro che le ripercussioni di tali offese, oltre a provocare nella vittima stati immediati di sofferenza, iso-lamento, depressione, ne vanno a minare la sua crescita psicofisica; portando in sé effetti psicologici a lungo termine, in alcuni casi anche gravi, come la perdita della fiducia in sé e negli altri, stati di ansia e difficoltà relazionali.

Non è semplice delineare un netto confine tra un comportamento che può essere scherzoso e uno che è per-cepito come importunante e offensivo, in quanto spesso i cyberbulli prendono di mira qualcuno solo per scherzo, senza rendersi conto delle conseguenze di queste azioni: in ogni caso è certo che il cyberbullismo inizia nel momento in cui la persona vessata si sente umiliata e inizia a manifestare segni più o meno evidenti

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 13

di disagio.

Dunque la principale difficoltà nel riconoscere un comportamento molesto è nelle remore a parlare da parte di tutte le persone coinvolte: il cyberbullo e gli spettatori, il “branco”, tendono a confondere e nascondere le proprie azioni; mentre la vittima si trova in una condizione di debolezza e sofferenza e non riesce a creare occasione di dialogo con qualcuno che può intervenire, reagendo nella maggior parte dei casi con una chiu-sura emotiva e relazionale.

Pertanto gli insegnanti e i genitori devono in prima istanza mantenere alta la guardia e avviare apertamente un dialogo non appena scorgono segnali concreti di molestie, seguendo i suggerimenti utili trattati nei capi-toli che seguono per la prevenzione e protezione dei ragazzi che utilizzano la Rete.

2.2 I POSSIBILI PERICOLI DEI MEDIA DIGITALI: COME PREVENIRLI E PROTEGGER-

SI

Come ampiamente trattato, per differenti aspetti legati all’uso dei media digitali nella didattica, le possibilità di apprendimento e sviluppo delle capacità cognitive che questi strumenti possono attivare sono valide e molteplici.

La prevenzione e la protezione dei ragazzi dai possibili rischi dei media digitali non può concretizzarsi in una diffusa paura: evitare il contatto dei bambini e dei ragazzi con la Rete è insensato e controproducente, perché è attraverso l’innovazione consapevole che si costruisce il futuro e si creano opportunità per sé e per gli altri.

Quindi la prevenzione e la protezione dei ragazzi che navigano in Internet si traduce nella promozione di un utilizzo consapevole e adeguato all’età, attraverso la corretta informazione e il dialogo tra le parti coinvolte nei processi educativi: oltre alle famiglie e agli educatori/docenti, sono coinvolti anche gli organi istituzionali e non, attraverso progetti di sensibilizzazione.

La caratteristica strutturale dei media digitali è l’interoperabilità e la pubblica condivisione di contenuti, in una Rete amplificata in tutto il mondo, a perdita di confine: laddove ci sono delle opportunità di sviluppo, ci sono anche dei rischi. Internet è globale e si può disporre dei contenuti senza vincoli di tempo e luogo.

Questi i possibili pericoli nell’utilizzo dei media digitali:

• Ci si può imbattere in contenuti potenzialmente pericolosi o violenti, che possono turbare o spaventare. • Le persone con un carattere debole e introverso possono essere vittime di mobbing (cyberbullismo). • I dati personali, se non correttamente pubblicati e protetti, possono essere utilizzati da terze persone per

scopi illegali. • Si può incorrere nel rischio della dipendenza nell’utilizzo di determinati ambienti online, con conseguenti

ripercussioni problematiche per lo sviluppo della personalità.

La migliore forma di prevenzione per questi possibili pericoli è accrescere le proprie competenze e informa-zioni per l’utilizzo dei media digitali. In tal senso per competenze non si intende semplicemente la conoscen-za tecnica dei dispositivi digitali, ma la comprensione delle funzioni e potenzialità, dunque la capacità di adattarle di volta in volta all’utenza e al contesto: non è necessario conoscere i dettagli tecnici dei software e dei dispositivi digitali per poter sviluppare le competenze mediali.

Gli adulti coinvolti nei processi educativi dovrebbero imparare per primi a muoversi nell’ambiente digitale, per poter accompagnare attivamente i ragazzi nell’esplorazione: per assolvere al delicato compito di sostegno senza risultare “invadenti” o “limitanti”, gli adulti devono essere in grado di sfruttare le opportunità che la Rete offre, così da comprendere e valutare obiettivamente i contenuti e anticipare i potenziali rischi nei quali si può incorrere.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 14

In sintesi: • Per proteggere i ragazzi e prevenire i possibili rischi dei media digitali, gli adulti dovrebbero rafforzare la

loro competenza mediale. • I ragazzi che si trovano nella difficile fase dello sviluppo (adolescenti e pre adolescenti) hanno bisogno di

modelli da seguire, quindi gli adulti dovrebbero proporsi come tali. • È necessario instaurare un dialogo aperto e non giudicante con i ragazzi, affinché loro possano fidarsi della

sorveglianza degli adulti e farsi accompagnare in un percorso comune di crescita attraverso l’utilizzo con-sapevole degli strumenti digitali.

• Comportamenti offensivi o molesti sono perseguibili penalmente, quindi gli adulti dovrebbero avere ben chiari i servizi istituzionali cui rivolgersi in tal caso.

Stando nella prospettiva della prevenzione, è bene adottare sempre le seguenti misure (indipendentemente da un fatto di cyberbullismo):

• Creare un clima di ascolto e comprensione, che trasmetta fiducia e sicurezza al ragazzo e non lo faccia sentire giudicato o colpevolizzato.

• Ritagliare occasioni di condivisione in cui si possono utilizzare insieme i media digitali, conversando sulle possibilità, ponendo domande aperte sull’utilizzo che se ne sta facendo.

• Ottenere una visione d’insieme degli accaduti “ambigui”, cercando di comprendere se negli ambienti re-ali e virtuali che il ragazzo frequenta ci sono casi di cyberbullismo, e che posizione il ragazzo assume a riguardo.

• Essere pazienti e disponibili, evitando domande pressanti e inquisitorie: in casi sospetti di cyberbullismo, le persone coinvolte hanno difficoltà a parlarne.

Nel caso in cui un adulto si trova di fronte a un caso di cyberbullismo, queste sono le possibili misure im-mediate da intraprendere, tenendo presente che è consigliabile non rispondere al bullo online, ma chiedere aiuto ai servizi preposti:

• Praticare un ascolto attento e mantenere una condizione di calma. • Salvare, attraverso screenshot, il materiale che potrebbe fungere da prova (conversazioni, immagini, mes-

saggi privati ecc.). • Eliminare (o far eliminare da chi gestisce la piattaforma) i contenuti compromettenti. • Rivolgersi agli enti istituzionali preposti per denunciare l’accaduto. • Riferirsi a professionisti esperti nella relazione d’aiuto che possono supportare psicologicamente la perso-

na vittima delle azioni moleste.

Il ruolo educativo dei genitori e il ruolo educativo dei docenti sono ugualmente importanti per far sì che i ragazzi possano crescere armonicamente e sviluppare il loro potenziale intellettivo e creativo, dunque è con-sigliabile che le parti coinvolte siano tra loro in contatto e in accordo, così da trasmettere fiducia e sicurezza ai discenti.

Come genitori, sarebbe opportuno chiedere ai vostri figli cosa pensano e come utilizzano i media digitali, fa-cendovi spiegare ciò che loro già sanno e spiegando loro quello che sapete voi, svolgendo insieme una ricerca sull’uso corretto della Rete, o ancora leggendo insieme le testimonianze di chi è stato vittima di cyberbulli-smo e ha saputo chiedere aiuto. Di tanto in tanto chiedete loro il permesso di vedere i contenuti che postano in Rete, cercando di commentare insieme apertamente e sinceramente, facendogli capire che siete sempre disponibili per un confronto costruttivo e non per un giudizio.

Come docenti è bene assumere un atteggiamento propositivo sull’utilizzo dei media digitali, cercando di evitare retoriche e direttive severe. Fate in modo di essere un riferimento tanto formativo quanto umano per

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 15

gli studenti, in modo che possano tanto rispettarvi quanto fidarsi di voi.

È importante che in caso di cybermobbing i ragazzi sappiano di potersi rivolgere ai docenti: il cybermobbing è una variante del mobbing, pertanto bisogna integrare e attuare la sua prevenzione in quella del mobbing. Nelle scuole che hanno adottato una tale strategia d’azione, gli studenti trovano più spesso il coraggio di segnalare un eventuale problema. È quindi importante che le scuole, oltre a innovare la didattica con i media digitali, comincino a stilare delle procedure standard per affrontare casi di molestie – nella realtà quanto in Rete – tra gli studenti.

L’approccio dell’intervento precoce è adottato da Be-Prox, il programma bernese di prevenzione del mob-bing e della violenza negli asili e nelle scuole, che ha dato buoni esiti. A questo link è possibile scaricare il programma:

http://www.giovanieviolenza.ch/it/temi/prevenzione-a-scuola/prevenzione-del-mobbing.html

A questo link è possibile scaricare l’ebook contenente gli abstract degli interventi in programma per la gior-nata formativa su Social media, ragazzi e cyberbullismo:

http://www.wister.it/un-ebook-per-il-learning-meeting-di-todi/

Riferimenti utili:

Il sito del Telefono Azzurro, oltre ad approfondimenti e chiarimenti su questo tema, permette agli utenti di mettersi in contatto, sia via chat che telefonicamente, con operatori esperti per ricevere ascolto e sostegno in casi di comportamenti offensivi in Rete.

http://www.azzurro.it/en

Il sito Giovani e Media – Programma Nazionale per la promozione delle competenze mediali offre un’esaustiva visio-ne d’insieme del cyberbullismo, con suggerimenti per le famiglie e gli insegnanti, oltre che per i ragazzi di-rettamente interessati. Inoltre c’è una sezione dedicata a film da guardare insieme ai ragazzi, utili per avviare riflessioni e spunti di discussione, una sezione con domande e risposte e uno spazio in cui sono le interviste di operatori professionisti che hanno trattato casi di cyberbullismo. http://www.giovaniemedia.ch/it/opportuni-ta-e-rischi/rischi/cyberbullismo.html

Il sito Cyberbullismo.com, in collaborazione con il dipartimento di giustizia minorile, offre agli utenti guide specifiche, materiale didattico di riferimento, consulenze per genitori, docenti, operatori socio sanitari e stu-denti.

http://www.cyberbullismo.com

Il sito del Ministero della Pubblica Istruzione Smonta il bullo si rivolge a studenti, docenti e genitori attraverso strumenti e informazioni utili a prevenire forme di disagio giovanile che possono determinare comporta-menti violenti, mettendo a disposizione un numero verde per la “Campagna Nazionale contro il bullismo”: 800 66 96 96

http://www.smontailbullo.it/webi/

Il sito Bullismo.info raccoglie contenuti utili da scaricare per permettere agli operatori di lavorare sulla sensi-bilizzazione e prevenzione.

http://www.bullismo.info

Il sito del Commissariato di Polizia Postale offre uno sportello per la sicurezza degli utenti nel Web.

https://www.commissariatodips.it/approfondimenti/cyberbullismo.html

A questo link si può visionare un documento informativo sul tema del cybermobbing con il relativo quadro

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 16

giuridico:

http://docplayer.it/86346-Cybermobbing-tutto-cio-prevede-la-legge.html

Il sito Moige.it ha un’area attiva per la tutela dei minori, dove poter segnalare situazioni di pericolo per gli stessi compilando un form: è importante che le istituzioni e le grandi multinazionali che traggono profitto dalle piattaforme di social networking facciano la loro parte per tutelare i ragazzi.

http://www.moige.it/sos-minori/bullismo

2.3 PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI IN RETE E NEI SOCIAL MEDIA

La struttura sociale e partecipativa della Rete implica il dover immettere dati e immagini personali per poter effettuare l’iscrizione e utilizzare social network, forum, chat room, servizi mail ecc..

Molto spesso si compiono automaticamente queste operazioni, senza conoscere come avviene la diffusione dei dati in Rete e in che modo trattarli, proteggendo quindi la propria identità e di conseguenza la propria privacy. I gestori dei servizi online (come ad esempio i motori di ricerca o le applicazioni) raccolgono e con-servano la maggior parte di questi dati: bisogna essere consapevoli che, una volta pubblicate, le informazioni personali (foto, video, commenti…) possono essere nuovamente diffuse in Rete da terzi; mentre i dati per-sonali possono essere soggetti a utilizzo, da parte di imprese, per scopi pubblicitari e commerciali, oltre che statistici.

Oggi si sente parlare dei Big Data, termine del linguaggio mediatico spesso utilizzato senza comprende-re esattamente cosa identifica: con Big Data si intende l’analisi di enormi quantità di informazioni (siamo

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 17

nell’ordine degli Zettabyte, ovvero miliardi di Terabyte, con strumenti specifici eseguiti su decine, centinaia o anche migliaia di server). Queste informazioni sono soprattutto quelle non strutturate (come testi, imma-gini o conversazioni) con il fine di sondare gli “umori” dei mercati e del commercio, quindi per definire il trend complessivo della società e comprendere la direzione di tutte le informazioni che viaggiano attraverso Internet, così da adottare strategie appropriate per migliorare la produttività di un certo sistema complesso.

Cosa c’entra la questione dei Big Data nella nostra vita di tutti i giorni?

Questi sistemi che analizzano grandi quantità di dati portano le aziende a modulare i loro servizi, cercando di adattarli alle richieste e ai comportamenti degli utenti/consumatori di un determinato prodotto o servizio.

Le aziende hanno questa necessità per avere una “visione d’insieme” delle richieste in relazione al merca-to(ovvero i bisogni che di volta in volta emergono in relazione all’offerta), quindi è chiaro che le nostre azioni online sono sempre più oggetto di analisi e studi: queste si traducono in importanti informazioni per le azien-de, le quali diversamente avrebbero grande difficoltà a comprendere e anticipare le nostre richieste, così da poterle soddisfare nel migliore dei modi.

Anche in questo caso il messaggio è: utilizzare la Rete con consapevolezza, conoscendo quali sono i processi che ne sottendono l’esistenza, affinché se ne possa comprendere la valenza innovativa e utilizzarla, miglio-rando la qualità delle proprie comunicazioni, quindi delle proprie relazioni e della propria vita.

Ritorniamo sul concetto fondamentale di utilizzo consapevole della Rete: significa sapere che nel momento in cui si compie un’azione online, quell’azione non è più solo propria ma è contemporaneamente anche di altre persone.

Pertanto anche se si tratta di un’azione online, dunque “virtuale” e “senza peso”, è un’azione vera e propria, portatrice di un significato – e di conseguenze – per sé e per gli altri.

Questo, in un’accezione positiva, produce sintesi di linguaggio, velocità di comunicazione e condivisione, sviluppo dinamico della propria identità, possibilità di innovazione.

Purtroppo però un utilizzo inconsapevole può portare a conseguenze spiacevoli e difficilmente superabili: a causa della capillarità dei canali e della velocità di diffusione, la legislazione ancora non garantisce una solida tutela contro gli abusi dei dati in Rete.

Ad esempio, foto compromettenti possono essere ampiamente diffuse prima che la giustizia abbia il tempo d’intervenire, in quanto è impossibile farle ritirare da tutte le piattaforme e assicurarsi che nessuno le abbia scaricate.

I dati (ovvero le nostre azioni online) vengono sempre più archiviati in «nuvole» (cloud), pertanto i provider possono aggregarli e allestire profili della personalità o identificare singole persone; inoltre questi dati resta-no memorizzati per diversi anni e possono essere consultati da motori di ricerca: è concreto il rischio di non riuscire più a rimuovere dalla Rete dati pubblicati con leggerezza in gioventù.

È bene considerare che la presenza nei Social Network, attraverso la pubblicazione di contenuti, implica forme di rappresentazione personale che possono rivelarsi particolarmente problematiche soprattutto per i giovani.

Quindi un giovane che utilizza consapevolmente la Rete evita a priori di commettere queste azioni irrepara-bili, che poi andranno a compromettere la sua identità e affidabilità di adulto inserito in un contesto lavora-tivo e sociale.

Alla luce di tutto ciò, il fondamentale principio di prevenzione per adulti e ragazzi dai possibili pericoli nell’utilizzo dei media digitali consiste nel trattare i dati privati propri e altrui in modo critico e con la mas-sima sensibilità, ovvero:

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• Mantenere sempre un linguaggio e di conseguenza un comportamento rispettoso, seguendo le regole della Netiquette https://it.wikipedia.org/wiki/Netiquette

• Evitare di postare sui propri canali dati e informazioni sensibili di sé o di terze persone. • Mantenere una lista di contatti effettivamente riferibili alla propria realtà sociale/relazionale. • Prestare attenzione nell’impostare criteri sicuri per la protezione della privacy.

Nello specifico, per quanto riguarda l’utilizzo consapevole dei Social Network, è bene attenersi a queste in-dicazioni per la protezione dei dati personali:

• Stabilire nelle impostazioni sulla privacy chi ha accesso a quali informazioni del proprio profilo. • Chiedersi cosa si vuole mostrare di sé prima di pubblicare contenuti di vario tipo, valutando con chi si

possono scambiare quali informazioni e qual è il modo più opportuno di farlo (condivisione sulla pagina personale, messaggio privato, ecc.).

• Non mostrare online immagini imbarazzanti di sé o di altri, in quanto possono essere utilizzate da terzi per nuocere e umiliare di proposito qualcuno.

• Prima di pubblicare delle informazioni, considerare chi potrebbe vederle, anche in futuro. • Rispettare la sfera privata degli altri, evitando di postare fotografie o filmati di altre persone senza il loro

consenso. • Nel momento in cui ci si accorge che qualcuno ha postato un proprio contenuto privato senza averne chie-

sto autorizzazione, sapere che si ha il diritto e il dovere di chiedergli di eliminarlo. • Utilizzare il servizio di localizzazione delle foto solo quando si vuole far sapere agli altri dove ci si trova in

quel momento, diversamente disattivare il servizio. • Assicurarsi di conoscere una persona (o comunque riferirla alla propria realtà sociale/relazionale) prima di

aggiungerla tra i propri amici. • Utilizzare password sicure. • Attenersi ai limiti di età dei Social Network, leggendone le condizioni di utilizzo. • Verificare regolarmente le proprie impostazioni in materia di confidenzialità e le liste di contatti.

2.4 DIALOGO INTERGENERAZIONALE SULL’USO DEI SOCIAL MEDIA

Stando alla prospettiva delineata dal PNSD, ogni scuola dovrà integrare i media digitali nelle proprie attività: l’aspetto più importante di questa integrazione è lo sviluppo di un approccio didattico e pedagogico specifi-co.

Questo significa che assume un rilievo fondamentale il dialogo intergenerazionale sull’uso dei Social Media, affrontato in spazi appositamente ritagliati (quando i media vengono utilizzati per determinate attività o trattati specificatamente come tema): spesso i docenti si trovano di fronte ad allievi che usano con più dime-stichezza e autonomia di loro le tecnologie digitali.

Quindi è bene che nel trasmettere i contenuti, promuovano durante le lezioni l’integrazione con le conoscen-ze e le capacità di cui dispongono i bambini e i giovani.

Come trattato nel capitolo sull’importanza del Lifelong Learning, vi è un cambiamento di prospettiva nel tipo di ruolo e di compiti assunti dai docenti: l’obiettivo è sì quello di trasmettere il sapere, ma attraverso l’accompagnamento del processo di apprendimento dei ragazzi, dunque non più sulla base della lezione frontale.

Il docente assume il ruolo del moderatore o della moderatrice, sostenendo lo slancio e l’intuizione dei ragazzi ed evitando di influenzare i contenuti della discussione.

In un contesto di dialogo intergenerazionale sull’uso dei media, è particolarmente importante dare ai ragazzi la funzione di esperti all’interno della lezione, sostenendoli con qualità di contenuti e direzione: spesso il loro

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 19

utilizzo è frenetico e gli adulti sono poco disponibili all’ascolto. Spesso si sentono impotenti e poco compresi dagli adulti.

Sarebbe di grande valore formativo il vedere riconosciute in loro le abilità tecnologiche, e allo stesso tempo ascoltarli per quelle che sono le effettive esigenze di apprendimento.

La ricerca del massimo comune denominatore all’interno della scuola è un processo intenso e presuppone che il dialogo intergenerazionale sia approfondito su questioni sia di tipo teorico-didattico che di ordine sociale, nel quale la direzione dichiari esplicitamente di impegnarsi a definire i media come tema per lo svi-luppo della scuola.

In sintesi, per poter trasmettere agli allievi le competenze necessarie all’utilizzo dei media digitali in un pro-cesso di apprendimento reciproco, ai docenti non dovrebbero mancare questi presupposti:

• Buone competenze mediali e capacità tecniche. • Competenze pedagogiche, metodiche e didattiche (nel campo della pedagogia mediale). • Conoscenza del contesto mediatico degli allievi. • Disponibilità a modulare le competenze in riferimento ai diversi settori, adeguandosi ai cambiamenti del

contesto mediatico. • Informazioni su come comportarsi in caso di uso abusivo dei media.

2.5 PEER EDUCATION

I cambiamenti che si registrano in fase evolutiva determinano le fasi della crescita e dell’apprendimento della persona.

Erik Erikson individua 5 fasi di sviluppo, in sintesi:

1. Acquisizione della fiducia di base (primo anno di vita). Il bambino deve soddisfare alcuni bisogni personali che consentono di provare sensazioni di benessere fisico, che si è instaurato con un rapporto materno soddi-sfacente e insieme aperto, dove le esperienze di tensione siano ridotte al minimo.

2. Acquisizione del senso di autonomia. L’ambiente viene scoperto di volta in volta grazie all’esplorazione che il bambino compie durante la sua naturale crescita, il che implica l’uso del corpo, l’avvicinarsi alle cose, per sondarle, assaggiarle, farle proprie. È nel gioco spontaneo da solo o in compagnia che il bambino ac-quisisce una sicurezza personale e abilità sociali.

3. Acquisizione dello spirito di iniziativa. È una fase che porta all’intraprendenza, al pianificare, all’attivismo, laddove la volitività precedente ispira il più delle volte anche atti di sfiducia, che assomigliano a una pro-testa che ambisce all’indipendenza.

4. Acquisizione del senso di industriosità. Il bambino è nella scuola dell’obbligo, è pronto per inserirsi nel grup-po dei coetanei, tradurre in programmi stadi della sua autonomia e iniziativa.

5. Acquisizione del senso di identità. Nel costruire la sua identità, il ragazzo ha abbandonato la sua fanciullez-za, è la fase in cui si ha bisogno di generatività, intimità.

Quest’ultima è una fase che comporta un forte senso di disorientamento, che sfocia nella vita adulta solo dopo aver passato gli anni della giovinezza.

Richiamare queste fasi è un’introduzione a cogliere la necessità per i bambini di lavorare tra loro, cooperando alla realizzazione di un compito comune.

Piaget rivolge sin dalle prime ricerche la sua attenzione al rapporto tra l’adattamento biologico dell’organi-smo e le forme più elevate dell’adattamento, vale a dire il pensiero logico-scientifico.

L’intelligenza è una forma di adattamento. Per cogliere i suoi rapporti con l’apprendimento e la vita in gene-rale occorre dunque precisare quali relazioni esistono tra l’organismo e l’ambiente: quanto più un ambiente è accogliente, ospitante, tanto più sarà possibile operare in armonia.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 20

Il Cooperative Learning costituisce una specifica metodologia di insegnamento attraverso la quale gli stu-denti apprendono in piccoli gruppi, aiutandosi reciprocamente e sentendosi corresponsabili del reciproco percorso. L’insegnante assume un ruolo di facilitatore e organizzatore delle attività, strutturando ambienti di apprendimento in cui gli studenti, favoriti da un clima relazionale positivo, trasformano ogni attività di apprendimento in un processo di problem solving di gruppo, conseguendo obiettivi la cui realizzazione ri-chiede il contributo personale di tutti.

Tali obiettivi possono essere conseguiti se all’interno dei piccoli gruppi di apprendimento gli studenti svilup-pano determinate abilità e competenze sociali, intese come un insieme di abilità interpersonali e di piccolo gruppo indispensabili per sviluppare e mantenere un livello di cooperazione qualitativamente alto.

Presupposti teorici-pedagogici: • Teorici dell’apprendimento cooperativo • John Dewey e l’ambiente sociale di apprendimento • Kurt Lewin, la teoria del campo e la teoria dei climi di apprendimento • Bion: la relazione tra affettivo e cognitivo, tra emozioni e apprendimento • Mugny e il concetto di intelligenza al plurale • Piaget e la cooperazione come fattore essenziale del progresso intellettuale • Vygotskij e la zona di sviluppo prossimale • M. Deutsch e il concetto di interdipendenza • Johnson & Johnson e le prime esperienze di Cooperative Learning • Ricerca in Italia.

Tale metodo si distingue sia dall’apprendimento competitivo che dall’apprendimento individualistico e, a differenza di questi, si presta a essere applicato a ogni compito, a ogni materia, a ogni curricolo. Il lavoro di gruppo non è una novità nella scuola, ma la ricerca dimostra che gli studenti possono anche lavorare insieme senza trarne profitto. Può infatti accadere che essi operino insieme, ma non abbiano alcun interesse o sod-disfazione nel farlo. Nei gruppi di apprendimento cooperativo, invece, gli studenti si dedicano con piacere all’attività comune, sono protagonisti di tutte le fasi del loro lavoro, dalla pianificazione alla valutazione, mentre l’insegnante è soprattutto un facilitatore e un organizzatore dell’attività di apprendimento.

Rispetto a un’impostazione del lavoro tradizionale, la ricerca mostra che il Cooperative Learning presenta questi vantaggi:

• Migliori risultati: tutti gli studenti lavorano più a lungo sul compito e con risultati migliori, migliorando la motivazione intrinseca e sviluppando maggiori capacità di ragionamento e di pensiero critico.

• Relazioni più positive: gli studenti sono coscienti dell’importanza dell’apporto di ciascuno al lavoro comu-ne e sviluppano pertanto il rispetto reciproco e lo spirito di squadra.

• Maggiore benessere psicologico: gli studenti sviluppano un maggiore senso di autoefficacia e di autostima, sopportano meglio le difficoltà e lo stress.

I cinque elementi che rendono efficace la cooperazione sono:1. L’interdipendenza positiva: gli studenti si impegnano per migliorare il rendimento di ciascun membro del

gruppo, non essendo possibile il successo individuale senza il successo collettivo.2. La responsabilità individuale e di gruppo: il gruppo è responsabile del raggiungimento dei suoi obiettivi e

ogni membro è responsabile del suo contributo.3. L’interazione costruttiva: gli studenti devono relazionarsi in maniera diretta per lavorare, promuovendo e

sostenendo gli sforzi di ciascuno e lodandosi a vicenda per i successi ottenuti.4. L’attuazione di abilità sociali specifiche e necessarie nei rapporti interpersonali all’interno del piccolo gruppo:

gli studenti si impegnano nei vari ruoli richiesti dal lavoro e nella creazione di un clima di collaborazione e fiducia reciproca. Particolare importanza rivestono le competenze di gestione dei conflitti, più in gene-rale si parlerà di competenze sociali, che devono essere oggetto di insegnamento specifico.

5. La valutazione di gruppo: il gruppo valuta i propri risultati e il proprio modo di lavorare e si pone degli obiettivi di miglioramento.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 21

Attualmente i maggiori gruppi di ricerca sul Cooperative Learning sono quelli di D. Johnson e R. Johnson alla University of Minnesota di Minneapolis, quello di R. Slavin alla Johnns Hopkins University di Baltimora e quello di S. Sharan alla Tel Aviv University di Tel Aviv.

Alcuni aspetti del Cooperative Learning sono ancora oggetto di discussione e di approfondimento: la situa-zione dei più dotati, l’inserimento di alunni con handicap grave, le modalità in relazione a specifici obiettivi trasversali, la possibilità di sviluppare questo metodo combinandolo con altri e con l’uso delle nuove tecno-logie.

Sul presupposto teorico del Cooperative Learning, la Peer Education (letteralmente “educazione tra pari”) è una strategia educativa che ha lo scopo di riattivare e migliorare la comunicazione tra ragazzi, attraverso lo scambio all’interno del gruppo di informazioni e di esperienze.

Attivare processi di Peer Education significa aumentare il livello di consapevolezza delle persone coinvolte, così da ridefinire, grazie al principio di partecipazione sul quale si basa, ruoli e relazioni all’interno della scuola e della comunità.

Come funziona la Peer Education e perché questa metodologia formativa può essere particolarmente efficace per prevenire comportamenti di bullismo e cyberbullismo tra i giovani?

“[...] l’educazione fra pari è il processo grazie al quale dei giovani, istruiti e motivati, intraprendono lungo un periodo di tempo attività educative, informali o organizzate, con i loro pari (i propri simili per età, background e interessi), al fine di sviluppare il loro sapere, modi di fare, credenze e abilità e per renderli responsabili e proteggere la loro propria salute.

L’educazione fra pari ha luogo in piccoli gruppi o con un contatto individuale e in molteplici posti: in scuole e università, circoli, chiese, luoghi di lavoro, sulla strada o in un rifugio o dove i giovani si incontrano.”2Come si può evincere da questa definizione, la Peer Education non è un incontro casuale e disordinato di co-etanei accomunati da interessi/problematiche simili, ma è una metodologia formativa strutturata sulla base di finalità comuni al gruppo di lavoro.

Infatti la Peer Education prevede la formazione di un gruppo di ragazzi che generalmente si offrono volon-tari per diventare dei Peer Educator.

Durante la formazione i Peer Educator acquisiscono delle nuove competenze, riferibili alle cosiddette Life Skills, ovvero le competenze/abilità per affrontare le diverse criticità quotidiane che si presentano nella vita personale, relazionale e sociale: queste portano a comportamenti adattivi che permettono alla persona di fronteggiare le richieste e le sfide che la quotidianità impone.

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha individuato cinque aree principali di competenze: capa-cità decisionali e problem solving, pensiero creativo e critico, competenze comunicative e relazionali, consa-pevolezza di sé ed empatia, capacità di gestire le emozioni.

All’interno di queste cinque aree si possono quindi individuare, tra le molte possibili, le Life Skills fulcro del-le iniziative sulla promozione della salute e del benessere dei giovani; dunque quelle che un Peer Educator andrà ad acquisire durante la formazione:

• Decision making (capacità di prendere decisioni) • Problem solving (capacità di risolvere i problemi) • Pensiero critico • Pensiero creativo • Comunicazione efficace • Empatia • Auto-consapevolezza/consapevolezza di sé • Gestione delle emozioni

2 Definizione di Peer Education del manuale Training for Trainers, Peer Education

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 22

• Gestione dello stress • Relazioni efficaci.

I Peer Educator vengono quindi formati da un gruppo di docenti, dopo che questi ultimi hanno ricevuto (secondo differenti metodologie) una formazione di base su contenuti specifici legati al bullismo e al cyber-bullismo e ai relativi metodi di intervento.

Inoltre è bene formare un secondo gruppo di docenti, i quali ricevono una formazione specifica e svolgono la funzione di gruppo di supporto per i Peer Educator: promuovono e sostengono gli interventi pensati dai ragazzi, fungendo da riferimento come supervisori.

A seguito della formazione, i Peer Educator potranno iniziare a svolgere il loro operato: in due o tre per ogni classe, gestiranno dei momenti formativi di prevenzione (della durata di circa 30 minuti) tra pari; ciò significa che gli adulti (docenti/educatori/formatori) non saranno presenti, ma a disposizione in caso di bisogno.

Successivamente, i Peer Educator potranno promuovere e organizzare anche altre azioni di prevenzione all’interno della scuola.

La Peer Education, così strutturata, si configura come una modalità formativa efficace per la prevenzione di comportamenti a rischio, in quanto attiva un processo orizzontale e spontaneo di passaggio di saperi da parte di alcuni membri di un gruppo ad altri membri di pari status.

È quindi un intervento che mette in moto un processo di comunicazione globale ed esperienziale caratteriz-zato da un forte atteggiamento di ricerca di autenticità e di sintonia emotiva tra i soggetti coinvolti.

La Peer Education è un approccio innovativo che capovolge il ruolo tradizionale del docente/educatore/formatore, valorizzando le modalità di apprendimento partecipative, interattive e spontanee tra pari; in tal modo è una vera e propria occasione per il singolo soggetto, il gruppo dei pari o la classe scolastica, per di-scutere liberamente e sviluppare momenti intensi di riflessione e condivisione.

Per queste ragioni l’intento della Peer Education è fondamentalmente quello di aiutare i ragazzi ad acquisire competenze in grado di metterli in condizione di risolvere i problemi che incontrano a scuola e nella vita quotidiana; competenze quali la capacità di risoluzione dei problemi, lo sviluppo dell’empatia, la capacità di esprimersi in modo appropriato, il sentimento di efficacia personale e collettiva.

Gli interventi di Peer Education possono essere programmati sia entro l’orario scolastico che extra scolastico, in quanto la dimensione della promozione del benessere può essere promulgata in ogni momento della gior-nata. Infatti i tre campi di intervento sono: • L’accoglienza (per facilitare l’inserimento dei nuovi arrivati nel contesto scolastico). • La negoziazione (per acquisire la capacità di gestire e risolvere i conflitti). • L’educazione alla salute (per approfondire e proporre modelli di comportamenti salutari secondo una

visione positiva della vita orientata al benessere e allo sviluppo della persona attraverso la risoluzione dei problemi e delle criticità).

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 23

AbstractIl cyberbullismo è una forma di mobbing che avviene in Internet, da parte dei cosiddetti cyberbulli, ragazzi che utilizzano la Rete per molestare psicologicamente altri ragazzi, spesso coetanei considerati “diversi” per qualsivoglia motivo.Il cyberbullismo (o cybermobbing / internet mobbing), rispetto alle forme di bullismo che avvengono nella vita reale, ha caratteristiche proprie legate al mezzo mediante il quale avviene:

• Non vi sono limiti spaziotemporali. • Il molestatore può essere percepito come “anonimo”. • Le normali inibizioni e remore etiche del molestatore si minimizzano.

Attraverso i canali di condivisione le azioni offensive si diffondono con rapidità coinvolgendo un vasto bacino di utenti, quindi la vittima non può da sola eliminare questo materiale virtuale che, una volta pub-blicato, può essere più volte letto o riguardato da molte persone.

Le ripercussioni di tali offese, oltre a provocare nella vittima stati immediati di sofferenza, isolamento, depressione, ne vanno a minare la sua crescita psicofisica.

Il cyberbullismo inizia nel momento in cui la persona vessata si sente umiliata e inizia a manifestare segni più o meno evidenti di disagio: la principale difficoltà nel riconoscere un comportamento molesto è nelle remore a parlare da parte di tutte le persone coinvolte.

La caratteristica strutturale dei media digitali è l’interoperabilità e la pubblica condivisione di contenuti: laddove ci sono delle opportunità di sviluppo, ci sono anche dei rischi. Internet è globale e si può disporre dei contenuti senza vincoli di tempo e luogo. Questi i possibili pericoli nell’utilizzo dei media digitali: • Ci si può imbattere in contenuti potenzialmente pericolosi o violenti, che possono turbare o spaventare. • Le persone con un carattere debole e introverso possono essere vittime di mobbing (cyberbullismo). • I dati personali, se non correttamente pubblicati e protetti, possono essere utilizzati da terze persone

per scopi illegali. • Si può incorrere nel rischio della dipendenza nell’utilizzo di determinati ambienti online, con conse-

guenti ripercussioni problematiche per lo sviluppo della personalità.Quindi la prevenzione e la protezione dei ragazzi che navigano in Internet si traduce nella promozione di un utilizzo consapevole e adeguato all’età, attraverso la corretta informazione e il dialogo tra le parti coinvolte nei processi educativi: oltre alle famiglie e agli educatori/docenti, sono coinvolti anche gli orga-ni istituzionali e non, attraverso progetti di sensibilizzazione.

Gli adulti coinvolti nei processi educativi dovrebbero essere in grado di sfruttare le opportunità che la Rete offre, così da comprendere e valutare obiettivamente i contenuti e anticipare i potenziali rischi nei quali si può incorrere.

In sintesi:

• Per proteggere i ragazzi e prevenire i possibili rischi dei media digitali, gli adulti dovrebbero rafforzare la loro competenza mediale.

• I ragazzi che si trovano nella difficile fase dello sviluppo (adolescenti e pre adolescenti) hanno bisogno di modelli da seguire, quindi gli adulti dovrebbero proporsi come tali.

• È necessario instaurare un dialogo aperto e non giudicante con i ragazzi, affinché loro possano fidarsi della sorveglianza degli adulti e farsi accompagnare in un percorso comune di crescita attraverso l’uti-lizzo consapevole degli strumenti digitali.

• Comportamenti offensivi o molesti sono perseguibili penalmente, quindi gli adulti dovrebbero avere ben chiari i servizi istituzionali cui rivolgersi in tal caso.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 24

La struttura sociale e partecipativa della Rete implica il dover immettere dati e immagini personali per poter effettuare l’iscrizione e utilizzare social network, forum, chat room, servizi mail ecc..

Molto spesso si compiono automaticamente queste operazioni, senza conoscere come avviene la diffu-sione dei dati in Rete e in che modo trattarli, proteggendo quindi la propria identità e di conseguenza la propria privacy: bisogna essere consapevoli che, una volta pubblicate, le informazioni personali (foto, video, commenti…) possono essere nuovamente diffuse in Rete da terzi; mentre i dati personali possono essere soggetti a utilizzo, da parte di imprese, per scopi pubblicitari e commerciali, oltre che statistici.

Il fondamentale principio di prevenzione per adulti e ragazzi dai possibili pericoli nell’utilizzo dei me-dia digitali consiste nel trattare i dati privati propri e altrui in modo critico e con la massima sensibilità, ovvero:

• Mantenere sempre un linguaggio e di conseguenza un comportamento rispettoso, seguendo le regole della Netiquette.

• Evitare di postare sui propri canali dati e informazioni sensibili di sé o di terze persone. • Mantenere una lista di contatti effettivamente riferibili alla propria realtà sociale/relazionale. • Prestare attenzione nell’impostare criteri sicuri per la protezione della privacy.

Stando alla prospettiva delineata dal PNSD, ogni scuola dovrà integrare più o meno i media digitali nelle proprie attività: l’aspetto più importante di questa integrazione è lo sviluppo di un approccio didattico e pedagogico specifico.Questo significa che assume un rilievo fondamentale il dialogo intergenerazionale sull’uso dei Social Media, affrontato in spazi appositamente ritagliati (quando i media vengono utilizzati per determinate attività o trattati specificatamente come tema).

Per poter trasmettere agli allievi le competenze necessarie all’utilizzo dei media digitali in un processo di apprendimento reciproco, ai docenti non dovrebbero mancare questi presupposti:

• Buone competenze mediali e capacità tecniche. • Competenze pedagogiche, metodiche e didattiche (nel campo della pedagogia mediale). • Conoscenza del contesto mediatico degli allievi. • Disponibilità a modulare le competenze in riferimento ai diversi settori, adeguandosi ai cambiamenti

del contesto mediatico. • Informazioni su come reagire in caso di uso abusivo dei media.

La Peer Education (letteralmente “educazione tra pari”) è una strategia educativa che ha lo scopo di riat-tivare e migliorare la comunicazione tra ragazzi, attraverso lo scambio all’interno del gruppo di informa-zioni e di esperienze. Attivare processi di Peer Education significa aumentare il livello di consapevolezza delle persone coin-volte, così da ridefinire, grazie al principio di partecipazione sul quale si basa, ruoli e relazioni all’interno della scuola e della comunità.La Peer Education si configura come una modalità formativa efficace per la prevenzione di comporta-menti a rischio, in quanto attiva un processo orizzontale e spontaneo di passaggio di saperi da parte di alcuni membri di un gruppo ad altri membri di pari status. È quindi un intervento che mette in moto un processo di comunicazione globale ed esperienziale carat-terizzato da un forte atteggiamento di ricerca di autenticità e di sintonia emotiva tra i soggetti coinvolti.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 25

3. LA SCUOLA NELL’ERA DIGITALE

La scuola digitale è una reale esigenza didattica e sociale: elaborare un progetto per l’educazione tecnologica significa integrare nei programmi formativi le nuove tecnologie permettendo agli allievi non solo di saperle utilizzare tecnicamente, ma anche di viverne l’esperienza in modo esplorativo e creativo. Significa compren-derne le grandi potenzialità e utilizzarle per quello che sono, ovvero risorse preziose per l’accesso all’infor-mazione e alla comunicazione, nonché per lo sviluppo del processo di apprendimento.

La scuola finora ha insegnato la tecnologia (con corsi per l’alfabetizzazione informatica, attraverso l’utilizzo di software di videoscrittura, elaborazione presentazioni, fogli di calcolo ecc..), oppure ha insegnato con la tecnologia (utilizzando il supporto tecnologico per migliorare l’efficacia e l’efficienza dell’insegnamento).

La scuola digitale dovrebbe invece arrivare a insegnare nella tecnologia: le ICT ribaltano il tradizionale mo-dello didattico trasmissivo, in quanto la loro peculiare configurazione reticolare, ipertestuale e dinamica presuppone un apprendimento frutto della costruzione sociale.

Il focus dell’insegnamento nella tecnologia è sui processi messi in atto dagli studenti che svolgono attività individuali e collettive, guidati dall’insegnante che con la sua esperienza ricerca insieme a loro: lo strumento tecnologico è molto più di un ausilio, è un vero e proprio attivatore di nuovi processi.

Si sta superando la concezione che vede l’innovazione didattica nella sola introduzione della tecnologia. Un’autentica innovazione può avvenire utilizzando gli strumenti tecnologici sulla base di una didattica orientata alla gestione flessibile di tempi, spazi e modalità di lavoro delle classi.

Il sistema scolastico che oggi investe nella tecnologia, oltre che nell’acquisto degli strumenti, sta investendo in un processo di apprendimento e formazione che permette di utilizzare attivamente i dispositivi tecnologi-ci, secondo le possibilità di interoperabilità del Web 2.0.

Il processo di apprendimento oggi avviene in un contesto multidimensionale, costruttivo, reticolare e so-cialmente condiviso; inoltre ha in sé la dimensione del gioco, dell’espressività emozionale, ed è la sintesi di numerosi registri comunicativi e linguistici.

La didattica dovrebbe riflettere l’idea di una cultura come sistema dinamico di simboli, aperta alla costruzio-ne sociale, nella logica dell’universalità; in quanto i ragazzi tendono a mettere in discussione la cultura tradi-zionale, mentre fanno esperienza dell’intermedialità e utilizzano più media contemporaneamente (modalità multitasking).

Per rispondere alle esigenze della mobile generation, la scuola deve integrare virtuosamente l’esperienza della tecnologia con la realtà, per aiutare i ragazzi a organizzare le esperienze personali e ad esprimerle con diver-se modalità linguistiche, guidandoli verso una nuova ecologia dei media.

Affinché gli studenti di oggi siano cittadini digitali è necessario che la scuola permetta loro di divenire per-sone autonome, che non solo sappiano usare le tecnologie e muoversi nel Web, ma che sappiano risolvere i problemi, lavorare in team, che abbiano un pensiero globale; sarà poi l’ente per il quale lavoreranno a formar-li sulle specifiche competenze di cui ha bisogno.

Da qui la necessità per i docenti di una formazione continua non solo per l’acquisizione di competenze tec-nologiche e digitali in senso stretto, ma anche e soprattutto per le competenze cognitive, creative, emotive, comunicative, collaborative e maieutiche; indispensabili per far emergere in ogni studente le potenzialità nel rispetto delle attitudini di ciascuno, e per creare una rete della cultura ancor prima di una cultura della rete.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 26

Il Piano Nazionale Scuola Digitale del 2009 ha dato inizio al processo di innovazione del sistema scolastico con un progetto articolato che mira a: dotare tutte le scuole di strumenti tecnologici avanzati, sostituire il “laboratorio informatico” con un ambiente di apprendimento in cui i ragazzi siano co-autori dei processi di conoscenza insieme a insegnanti e facilitatori, formare adeguatamente gli insegnanti con corsi di aggiorna-mento specifici.

Molti sono i progetti del PNSD già avviati: • La Scuola Digitale – LIM. Il MIUR ha predisposto la dotazione per le scuole statali di kit tecnologici com-

posti da Lavagne Interattive Multimediali con proiettore e personal computer. La LIM è infatti uno stru-mento efficiente ed efficace per l’integrazione delle ICT nelle classi, permettendo di sostenere una didattica inclusiva.

• Il progetto Cl@ssi 2.0. Consiste in una sorta di monitoraggio per la formulazione di proposte innovative; infatti il focus non è sugli strumenti tecnologici ma sulla capacità progettuale e creativa dei docenti, i quali, attraverso la verifica quotidiana delle attività con le ICT in classe, possono strutturare un progetto di in-novazione didattica. In tal modo si possono acquistare i dispositivi necessari per attuare il progetto stesso, in quanto la logica di Cl@ssi 2.0 valorizza l’attuazione di esperienze didattiche innovative che possano generare un contagio nella scuola.

• Il progetto Scuola 2.0. Si fonda sull’autonomia delle scuole con l’obiettivo di estendere l’innovazione a tutte le classi della scuola, in quanto si rivolge al Collegio docenti che, insieme al Dirigente, è chiamato ad adottare soluzioni organizzative e didattiche aperte e flessibili. In questo modo il POF può sostenere le scelte della scuola rivolgendosi anche alle famiglie e al territorio, mentre il Consiglio di Istituto ne è corre-sponsabile.

• L’Azione Editoria Digitale Scolastica. Si propone come azione di stimolo al mondo dell’editoria per realiz-zare prodotti editoriali innovativi. Questa azione ha la finalità di acquisire 20 prototipi di edizioni digitali scolastiche, ovvero 20 prototipi di editoria digitale scolastica coerenti con le Linee Guida, i quali, a seguito di un’attenta valutazione, saranno inseriti in percorsi di sperimentazione didattica messi a disposizione di studenti e docenti.

• Il progetto @urora. Si rivolge ai minori del circuito penale con l’obiettivo di reinserirli nel mondo del la-voro grazie a percorsi di formazione professionalizzanti (informatica, fotografia, esperto di video editing digitale, web master di base). Inoltre il progetto HSH@Network è per i ragazzi in ospedale o in istruzione domiciliare, affinché possano partecipare alla vita scolastica attraverso gli strumenti tecnologici di comu-nicazione e condivisione.

• Il progetto Scuola in chiaro. Prevede di rendere disponibili nel sito del MIUR tutte le informazioni riguar-danti le istituzioni scolastiche; inoltre l’Azione Registri on line/ Dematerializzazione attività delle segrete-rie scolastiche prevede l’attuazione di tutte le disposizioni funzionali alla gestione delle iscrizioni on line, della pagella in formato elettronico e dei registri on line; agevolando le comunicazioni tra alunni e famiglie con l’invio delle stesse in forma digitale.

Il 27 ottobre 2015 il ministro dell’istruzione Stefania Giannini ha presentato il documento del Piano Naziona-le per la Scuola Digitale (PNSD), scaricabile al link:

http://www.istruzione.it/scuola_digitale/allegati/Materiali/pnsd-layout-30.10-WEB.pdf

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 27

Questo documento è stato realizzato per guidare e sostenere le scuole nel percorso di innovazione e digita-lizzazione, come prevede la riforma della Scuola approvata quest’anno (legge 107/2015 – La Buona Scuola): oltre alla corretta introduzione delle nuove tecnologie nelle scuole, il documento ha l’obiettivo di diffondere l’idea di apprendimento permanente (lifelong learning) attraverso l’estensione del concetto di scuola da luo-go fisico a spazi di apprendimento virtuali.

È stata quindi formalizzata la figura dell’Animatore Digitale, docente di ruolo che si distingue per attitudini tecnologiche e organizzative, designato per guidare i processi di attuazione del Piano Nazionale Scuola Di-gitale della scuola cui appartiene.

Si tratta di circa 8.500 insegnanti, uno per ogni istituto del Paese, impegnati nella progettazione di attività specifiche per favorire il processo di digitalizzazione dell’istituto stesso, secondo le direttive del PNSD: pro-ponendo soluzioni metodologiche e tecnologiche, gli animatori digitali lavoreranno per diffondere la cultura digitale e stimolare creatività e partecipazione degli studenti.

Le azioni previste sono finanziate attingendo alle risorse messe a disposizione dalla legge La Buona Scuola e dai Fondi strutturali Europei (Pon Istruzione 2014-2020) per un totale di un miliardo di euro. L’attuazione del PNSD è prevista sino al 2020.

La Scuola 2.0 prevede dunque una riformulazione della proposta didattica sulla base delle possibilità offerte dagli ausili tecnologici:

I MOOC (Massive Open Online Courses) permettono la diffusione e condivisione della conoscenza online

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 28

aperta a tutti; dunque consentono di attingere a lezioni e materiali da casa propria, confrontandosi anche con altri utenti. Le lezioni a distanza possono essere molto utili per la formazione dei docenti, mentre per gli studenti sarebbe consigliabile integrarle sempre con un lavoro collaborativo ed esperienziale, condotto dal docente. • Educ@pprendere, ovvero utilizzare le possibilità offerte dalla Rete per insegnare, apprendere e confron-

tarsi attraverso la scrittura collaborativa e la condivisione in cloud; così da rendere accessibile e aperto lo spazio dell’attività da svolgere, nella logica della cooperazione per imparare e per creare muovendosi in ambienti online.

� Il ramo educational ha avuto un posto rilevante nella più importante fiera delle tecnologie digitali tenutasi a Londra dal 20 al 23 gennaio 2016, che ha radunato centinaia di startup, aziende, professionisti e curiosi per un totale di 600 fornitori di tecnologie e oltre 36mila visitatori.

� Educazione e formazione innovative, ponendo attenzione ai bisogni educativi specifici degli alunni è stato il focus del “Teachmeet”, un’area dedicata ai docenti, dove hanno potuto condividere, discutere e speri-mentare i metodi didattici più all’avanguardia.

� Le proposte dei colossi del settore e le soluzioni offerte delle nascenti imprese del ramo educatio-nal hanno esplorato cinque settori educativi: l’educazione primaria, l’educazione secondaria, l’edu-cazione superiore, il mondo dei Bisogni Educativi Speciali (BES) e la formazione in ambito lavorativo. http://www.bettshow.com

• Byod (Bring your own device) è la possibilità di sperimentare con i ragazzi l’utilizzo di tablet e vari device portati da casa per facilitare lo studio: fotografare la lavagna (per chi è in difficoltà nel prendere appunti), registrare e ascoltare per autocorreggersi e migliorarsi, prendere appunti con la velocità del t9, scaricare i testi in pdf.

• Multicanalità della didattica per individualizzare, ovvero per creare percorsi di apprendimento ad hoc in quanto la multimedialità, utilizzando vari linguaggi, può supportare vari approcci e stili cognitivi, agevo-lando lo sviluppo delle potenzialità individuali.

• Pedagogia adattiva e inclusiva attraverso gli ausili tecnologici, per sviluppare le competenze cognitive necessarie a supportare e promuovere intelligenze gardneriane; attraverso la riflessione comune per cate-gorie concettuali universali.

AbstractLa scuola digitale è una reale esigenza didattica e sociale: elaborare un progetto per l’educazione tecnolo-gica significa integrare nei programmi formativi le nuove tecnologie permettendo agli allievi non solo di saperle utilizzare tecnicamente, ma anche di viverne l’esperienza in modo esplorativo e creativo. Il focus dell’insegnamento nella tecnologia è sui processi messi in atto dagli studenti che svolgono attività individuali e collettive, guidati dall’insegnante che con la sua esperienza ricerca insieme a loro: lo stru-mento tecnologico è molto più di un ausilio, è un vero e proprio attivatore di nuovi processi.Da qui la necessità per i docenti di una formazione continua non solo per l’acquisizione di competenze tecnologiche e digitali in senso stretto, ma soprattutto per le competenze cognitive, creative, emotive, comunicative, collaborative e maieutiche; indispensabili per far emergere in ogni studente le potenzialità nel rispetto delle attitudini di ciascuno.Il Piano Nazionale Scuola Digitale del 2009 ha dato inizio al processo di innovazione del sistema scolasti-co con un progetto articolato che mira a: dotare tutte le scuole di strumenti tecnologici avanzati, sostituire il “laboratorio informatico” con un ambiente di apprendimento in cui i ragazzi siano co-autori dei pro-cessi di conoscenza insieme a insegnanti e facilitatori, formare adeguatamente gli insegnanti con corsi di aggiornamento specifici.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 29

È stata quindi formalizzata la figura dell’Animatore Digitale, docente di ruolo che si distingue per atti-tudini tecnologiche e organizzative, designato per guidare i processi di attuazione del Piano Nazionale Scuola Digitale della scuola cui appartiene.Le azioni previste sono finanziate attingendo alle risorse messe a disposizione dalla legge La Buona Scuo-la e dai Fondi strutturali Europei (Pon Istruzione 2014-2020) per un totale di un miliardo di euro. L’attua-zione del PNSD è prevista sino al 2020.

3.1 INDICAZIONI SULL’ALTERNANZA SCUOLA LAVORO NELL’IMPRESA DIGITALE

3.1.1 Cos’è l’alternanza scuola lavoro

L’alternanza scuola lavoro è l’innovativa metodologia didattica che rappresenta un possibile percorso di alle-anza tra il mondo della scuola e quello del lavoro: regolamentata dal decreto legislativo n. 77/2005, attuativo dell’art. 4 della legge n. 53/2003 di riforma del sistema scolastico, l’alternanza scuola-lavoro ha l’obiettivo di orientare e agevolare l’ingresso consapevole degli allievi nella realtà lavorativa.

I percorsi in alternanza sono trasversali a tutti i canali del sistema scolastico-formativo (sistema dei licei, dell’istruzione e della formazione professionale) e si rivolgono a studenti che abbiamo compiuto i 15 anni di età.

La struttura dei percorsi in alternanza è flessibile (si struttura in formazione in aula e apprendimento espe-rienziale di lavoro), e si basa su convenzioni stipulate tra scuole e imprese: come si legge nel D.lgs 77/05 art.1 comma 2, “i percorsi in alternanza sono progettati, attuati, verificati e valutati sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa, sulla base di apposite convenzioni con le imprese, o con le rispettive associazioni di rappresentanza, o con le Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, o con gli enti pubblici e privati, ivi inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di apprendimento in situazione lavorativa, che non costituiscono rapporto individuale di lavoro.”

La scuola e l’impresa sono i cardini dell’alternanza: la prima si apre a possibilità concrete di azione sul terri-torio, la seconda esercita un ruolo formativo primario verso i giovani.

Da sempre la scuola è stato il luogo privilegiato della conoscenza formale, mentre l’impresa rappresenta la concretezza della vita reale, il luogo in cui ognuno mette in campo le proprie competenze per assolvere com-piti specifici e si impegna per raggiungere determinati obiettivi.

L’impiego del concetto di competenza si è progressivamente affermato come effettiva acquisita padronanza di assolvere compiti reali, dunque come l’esito dei processi di apprendimento e non solo come il possesso di conoscenze e abilità.

In quest’ottica la competenza è frutto di un processo di acquisizione continuo che si struttura nella persona in risposta alle molteplici richieste del contesto sociale e operativo; quindi si colloca sul piano dell’azione e dell’esperienza diretta.

È utile ricordare che la competenza digitale non è semplicemente la capacità di muoversi nell’ambiente di-gitale utilizzando i dispositivi tecnologici, ma è l’abilità di mettere in campo e adattare tali capacità ai propri bisogni personali e alle esigenze del mercato, elaborando risposte e soluzioni concrete finalizzate allo svilup-po di sé in relazione all’ambiente.

Oggi le imprese si fondano sulle possibilità del digitale per ottimizzare i processi produttivi, per potenziare la comunicazione con i clienti, per gestire le vendite: risulta chiaro come l’alternanza scuola lavoro nell’im-presa digitale possa essere di fondamentale importanza per l’acquisizione e lo sviluppo da parte dello stu-dente della competenza digitale.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 30

Il Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro, elaborando i dati relativi a stage a tirocini svolti nel 2013 nelle imprese italiane, afferma che quasi un giovane su 10 viene assunto alla fine di uno stage. Questo dato indicativo fa comprendere come l’esperienza lavorativa in itinere sia fondamentale per l’acquisizione e la spendibilità di competenze: la scuola, da luogo deputato alla sola formazione, si può concepire come base sicura per la costruzione di tali competenze.

3.1.2 L’accordo tra Miur e Confindustria

Secondo il rilevamento effettuato quest’anno direttamente dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, i dati riferiti all’anno scolastico 2014/2015 mostrano un aumento dei percorsi di alternanza rea-lizzati negli istituti tecnici, negli istituti professionali e nei licei, con un forte coinvolgimento degli studenti: il 48,56% delle scuole secondarie di secondo grado ha realizzato percorsi di alternanza, coinvolgendo 270.555 studenti.

La riforma Renzi-Giannini rende obbligatoria l’alternanza scuola lavoro, prevedendo 400 ore complessive per ciascun triennio negli istituti tecnici e professionali e 200 ore nei licei. Inoltre i percorsi di alternanza potranno essere eventualmente svolti in periodi extrascolastici e all’estero, mentre le strutture riceventi po-tranno essere anche enti pubblici e istituzioni culturali.

Grazie all’obbligatorietà si prevede che durante l’anno scolastico in corso gli studenti coinvolti in percorsi di alternanza saranno circa 720mila; fra tre anni, a regime, il numero di studenti coinvolti salirà a circa un milione e mezzo.

Il 27 novembre 2015, a Verona, in occasione del Salone nazionale dell’orientamento, la scuola, la formazione e il lavoro, è stato firmato un protocollo d’intesa tra il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e Confindustria: l’accordo è teso a favorire la diffusione nelle scuole della pratica dell’alternanza; in quanto Confindustria, attraverso la propria articolazione, si impegna a sostenere tale pratica mobilitando le aziende associate.

“Il Protocollo siglato oggi costituisce un importante passo avanti nell’attuazione della “Buona Scuola”. Gra-zie anche a questa intesa il 2016 sarà l’anno in cui scuola e lavoro stringeranno un’alleanza vera” ha dichiarato il Ministro Stefania Giannini, proseguendo “L’alternanza è uno strumento eccezionale per innovare l’impian-to formativo della nostra scuola. Introduciamo per tutti i ragazzi la didattica “del fare e del progettare” e apriamo la scuola al territorio e all’innovazione. Si tratta di una tappa decisiva verso una maggiore e migliore occupabilità dei giovani. È un grande salto verso un orientamento che mostra subito ai ragazzi la strada per individuare e potenziare i loro talenti”.

Al Ministro segue l’altro firmatario del Protocollo, il presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria Marco Gay, che afferma “È un passo significativo anche per le imprese, che da lungo tempo chiedono l’al-ternanza nella formazione: aiuterà non solo i ragazzi a conoscere prima il mondo del lavoro ma anche le aziende, promuovendone lo sviluppo con nuove competenze”.

Ma le aziende che ospiteranno i percorsi di alternanza sono pronte?

Per rispondere a questa domanda Confindustria, in occasione della seconda giornata dell’Education che si è svolta a Roma il 13 ottobre 2015 presso l’università Luiss, ha preparato un manuale di istruzioni per gli im-prenditori; un vero e proprio Vademecum con suggerimenti pratici per le imprese e una rassegna di buone pratiche già realizzate, che possono essere modelli di riferimento da seguire per tracciare un valido percorso di co-progettazione per l’alternanza scuola lavoro.

Il manuale chiarisce inoltre aspetti pratici quali le norme di sicurezza, la gestione dei costi di trasporto, la formazione di tutor scolastici e aziendali.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 31

La versione integrale del Vademecum di Confindustria è consultabile al link:

http://www.confindustria.it/wps/wcm/connect/www.confindustria.it5266/82ccf589-29b1-44ee-a3ef-09ece8231b62/Va-demecum+ASL.pdf?MOD=AJPERES&CONVERT_TO=url&CACHEID=82ccf589-29b1-44ee-a3ef-09ece8231b62

3.1.3 Le fasi di progettazione e attuazione dell’alternanza scuola lavoro

È utile chiarire che l’alternanza non è una forma di apprendistato in quanto non ha finalità produttive, ma è una modalità di insegnamento e apprendimento che forma lo studente favorendone lo sviluppo di compe-tenze: progettare percorsi di alternanza scuola lavoro significa in primis definire quali sono gli obiettivi per-seguibili, ovvero i risultati che lo studente potrà raggiungere concretamente e in un tempo predeterminato attraverso i compiti svolti, che saranno osservati e registrati.

Dunque è necessario adottare procedure controllabili e definire preliminarmente con i ragazzi coinvolti quali sono gli obiettivi da perseguire, i tempi, le risorse da mettere in campo, gli strumenti di monitoraggio delle attività svolte: in altri termini identificare le variabili da gestire e prestare attenzione al processo progettato prima ancora che al suo esito.

A ottobre 2015 il MIUR ha pubblicato la guida operativa per la scuola per la progettazione di attività di alter-nanza scuola lavoro, visionabile al link:

http://www.istruzione.it/allegati/2015/Guida_Operativa.pdf

In sintesi, le fasi di progettazione e attuazione dell’alternanza scuola lavoro prevedono:

1. Fase preparatoria

L’alternanza scuola lavoro si basa su una convenzione stipulata tra scuola e impresa, quindi c’è bisogno a livello amministrativo di preparare i documenti di informazione e autorizzazione che consentono agli stu-denti di partecipare alle attività di alternanza (tra questi l’apertura della posizione INAIL per l’assicurazione di eventuali infortuni sul lavoro).

Pertanto i documenti necessari nella fase preparatoria sono relativi a:

• La convenzione: formalizza i rapporti e i compiti tra la scuola e l’impresa; è un documento sottoscritto da entrambe le parti nel quale viene sottolineata la funzione del tirocinio, ovvero esclusivamente formativa e didattica. Tale convenzione definisce natura e modalità del tirocinio, ruoli e compiti delle parti coinvolte (studente, soggetto promotore e attuatore). Inoltre l’attività di tirocinio dovrà essere costantemente segui-ta da un tutore designato dal soggetto promotore in veste di responsabile didattico-organizzativo (tutor scolastico o interno) e da un responsabile aziendale designato dal soggetto ospitante (tutor aziendale o esterno).

• Lettera di informazione e adesione da parte dei genitori degli studenti: informa e richiede ai genitori degli allievi coinvolti in percorsi di alternanza l’adesione alla metodologia didattica, indicando tempi e modalità di svolgimento dei percorsi, quindi una parte della lettera sarà compilata direttamente dai genitori.

2. Fase preparatoria - orientativa

Durante questa fase orientativa è necessario avviare un momento di riflessione in aula, supportato da una o più visite presso le aziende presenti sul territorio (se possibile rappresentative di vari settori); in tal modo gli studenti coinvolti hanno un quadro generale delle proposte, in particolare coloro che sperimentano l’alter-nanza per la prima volta.

A seguito di questa fase, sarà lo stesso studente a compilare una:

• Griglia di osservazione dell’azienda e scheda elenco compiti e mansioni:

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 32

Questi strumenti preparano gli studenti alla fase vera e propria di tirocinio, in quanto permettono loro di prendere in considerazione i diversi aspetti di un’azienda (struttura organizzativa, ambiente, tecnologie uti-lizzate, cooperazione tra figure professionali) e di rapportarli con quelli della scuola, individuando analogie e differenze.

La compilazione di questi strumenti può essere sottoposta agli studenti dopo la visita all’azienda (per sinte-tizzare e fissare i contenuti appresi), oppure prima della visita (come spunto per avviare un confronto diretto con il rappresentante aziendale durante la visita).

3. Fase preliminare al tirocinio in azienda

Questa è la fase preliminare al confronto vero e proprio con la realtà aziendale: il tutor scolastico predispone lo studente alla flessibilità, illustrandogli le caratteristiche del contesto cui andrà a inserirsi. A seguito di una visita all’azienda, lo studente conosce il suo tutor aziendale, il quale sarà per lui una importante figura di riferimento che lo accompagnerà per tutto il percorso.

• Patto formativo azienda/studente:

Questo documento viene sottoscritto dallo studente prima dell’inizio del tirocinio in azienda; contiene i dati relativi ai soggetti firmatari, obiettivi e modalità del tirocinio, impegni dello studente e del tutor aziendale.

Ha la finalità di definire le “regole” (comportamentali, di igiene e sicurezza) dell’attività di tirocinio, renden-do consapevole lo studente dello scopo formativo del percorso stesso.

4. Fase di permanenza in azienda

In questa fase lo studente svolge il tirocinio presso l’azienda nei modi e nei tempi concordati, affiancato dal tutor aziendale. Durante il periodo di alternanza, lo studente si serve di due strumenti: il diario di bordo e il foglio presenze.

• Diario di bordo e foglio presenze:

Questi strumenti non sono predefiniti ma vengono stilati dai singoli istituti; il diario di bordo ha la finalità di tenere traccia quotidiana dell’attività svolta, in modo che lo studente/tirocinante possa meglio compren-dere i nessi tra prassi e teoria e imparare a leggere il contesto aziendale nel suo complesso, tenendo conto di peculiarità ed eventuali criticità. Il foglio presenze è la semplice registrazione del suo impegno in termini di ore svolte.

5. Verifica e valutazione del percorso in alternanza

I percorsi di alternanza scuola lavoro sono oggetto di verifica e valutazione da parte dell’istituzione scolasti-ca; pertanto questa fase è supportata da diversi strumenti (relazioni, test, prove, questionari, ecc.).

È l’istituzione formativa che valuta il percorso di alternanza nel suo complesso; riferendosi nello specifico: all’apprendimento del tirocinante (in relazione agli obiettivi formativi individuati dal progetto), all’azienda e al tutor aziendale (in relazione alla disponibilità e coinvolgimento dell’azione formativa), ai propri docenti coinvolti e alla qualità del progetto (relativamente a risultati ottenuti e risorse impiegate), al grado di soddi-sfazione degli studenti coinvolti circa l’esperienza svolta.

3.1.4 Condizioni di successo dell’alternanza scuola lavoro

L’alternanza scuola lavoro è un percorso che vede l’accordo di tre diverse parti, studente, scuola e impresa; quindi il punto di partenza per il buon esito di tali esperienze è rappresentato dalla volontà, dalla capacità e

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 33

dalla disponibilità di queste parti di mettersi in gioco per cooperare in stretto accordo.

Quando scuola e impresa comprendono l’importanza dell’utilità di un’azione sinergica, si integrano e impa-rano vicendevolmente: mettono al centro della loro attività il giovane studente, protagonista attivo di questa triangolazione, che dovrà tracciare il suo percorso di vita e lavorativo.

È così che l’azienda potrà prestare più attenzione al proprio ruolo formativo, e la scuola potrà strutturare percorsi più spendibili nell’ambito del lavoro, rigenerando i legami tra esperienza scolastica e opportunità aziendali, a beneficio dei giovani studenti.

“Insegnare l’educazione imprenditoriale sin dai banchi di scuola è un valido strumento per aiutare i giovani a sviluppare le proprie potenzialità e comprendere i meccanismi del mercato del lavoro” afferma Cristina Tajani, Assessore alle Politiche per il lavoro, Sviluppo economico e Università e ricerca del Comune di Milano.

Abstract

L’alternanza scuola lavoro è l’innovativa metodologia didattica che rappresenta un possibile percorso di alleanza tra il mondo della scuola e quello del lavoro: regolamentata dal decreto legislativo n. 77/2005, attuativo dell’art. 4 della legge n. 53/2003 di riforma del sistema scolastico, l’alternanza scuola-lavoro ha l’obiettivo di orientare e agevolare l’ingresso consapevole degli allievi nella realtà lavorativa.

La struttura dei percorsi in alternanza è flessibile (si struttura in formazione in aula e apprendimento esperienziale di lavoro), e si basa su convenzioni stipulate tra scuole e imprese: da sempre la scuola è stato il luogo privilegiato della conoscenza formale, mentre l’impresa rappresenta la concretezza della vita reale, il luogo in cui ognuno mette in campo le proprie competenze per assolvere compiti specifici e si impegna per raggiungere determinati obiettivi.

Oggi le imprese si fondano sulle possibilità del digitale per ottimizzare i processi produttivi, per poten-ziare la comunicazione con i clienti, per gestire le vendite: risulta chiaro come l’alternanza scuola lavoro nell’impresa digitale possa essere di fondamentale importanza per l’acquisizione e lo sviluppo da parte dello studente della competenza digitale. Nei percorsi di alternanza la scuola si apre a possibilità concrete di azione sul territorio, mentre l’impresa esercita un ruolo formativo primario verso i giovani.

La riforma Renzi-Giannini rende obbligatoria l’alternanza scuola lavoro, prevedendo 400 ore complessive per ciascun triennio negli istituti tecnici e professionali e 200 ore nei licei. Inoltre i percorsi di alternanza potranno essere eventualmente svolti in periodi extrascolastici e all’estero, mentre le strutture riceventi potranno essere anche enti pubblici e istituzioni culturali.

L’alternanza non è una forma di apprendistato in quanto non ha finalità produttive, ma è una modalità di insegnamento e apprendimento che forma lo studente favorendone lo sviluppo di competenze: progetta-re percorsi di alternanza scuola lavoro significa in primis definire quali sono gli obiettivi perseguibili, ov-vero i risultati che lo studente potrà raggiungere concretamente e in un tempo predeterminato attraverso i compiti svolti, che saranno osservati e registrati.

Dunque è necessario adottare procedure controllabili e definire preliminarmente con i ragazzi coinvolti quali sono gli obiettivi da perseguire, i tempi, le risorse da mettere in campo, gli strumenti di monitorag-gio delle attività svolte: in altri termini identificare le variabili da gestire e prestare attenzione al processo progettato prima ancora che al suo esito.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 34

3.2 COSTRUIRE CURRICULUM DIGITALI E TECNOLOGICI

3.2.1 La Tecnologie Aperte del Web 2.0 e la Computer literacy

Nel 2006 l’UE ha individuato le otto competenze chiave “di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione” (Raccomandazione del Par-lamento Europeo e del Consiglio relativa a “Competenze chiave per l’apprendimento permanente”, 2006).

Queste competenze dovrebbero essere acquisite durante il percorso dell’istruzione e fare da base al prose-guimento dell’apprendimento nel quadro dell’educazione e della formazione permanente (gli adulti devono infatti avere accesso all’aggiornamento delle loro competenze chiave in tutto l’arco della loro vita).

Nel volume scritto da I. Tanoni e R. Teso, “Il curricolo tecnologico, Proposte per la scuola dell’infanzia e pri-mo ciclo”, tali competenze chiave vengono didatticamente collegate a un insieme di tool tecnocognitivi del Web 2.0 (così definiti da D. Jonassen: “strumenti basati su computer e ambienti di apprendimento che sono stati sviluppati e adattati per funzionare come partner intellettuali con l’allievo così da favorire pensiero cri-tico e apprendimento ad alto livello cognitivo”):

Come sintetizzato in tabella, un Word processor per la videoscrittura può perfezionare l’espressione scritta; l’instant messaging e le chat line con persone di altri paesi possono essere utili per migliorare la pratica di lin-gue straniere; il WebQuest (la modalità di ricerca con la quale gli studenti ricavano informazioni da internet seguendo un percorso guidato da domande prestabilite dagli insegnanti, con siti già validati dagli stessi) può essere valido per allenare il pensiero scientifico; l’ambiente blog di Wordpress può agevolare la condivisione di contenuti in una community che si occupa di una certa area di ricerca, oppure documentare il percorso di un singolo alunno o di un gruppo che lavora per lo stesso progetto e in tal modo può migliorarne il processo di sviluppo attraverso il monitoraggio delle fasi progettuali.

Nel caso in cui uno studente abbina il podcast al blog, può fruire in mobile learning di contenuti informativi multimediali e quindi arricchire la formazione personale in tempi e modi ritagliati sui propri bisogni.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 35

Inoltre, nella prospettiva della formazione continua (lifelong education), bisogna tener conto delle potenzia-lità educative e didattiche degli RSS (Really Simple Syndication, uno dei più popolari formati per la distribu-zione di contenuti Web noto per i flussi, che permettono di essere costantemente aggiornati su nuovi articoli o commenti pubblicati nei siti di interesse).

Risulta chiaro come nell’ambito delle competenze che ciascuno di noi possiede, quella digitale o computer literacy non è semplicemente la capacità di muoversi nell’ambiente digitale utilizzando i dispositivi tecnolo-gici, ma è la somma di una molteplicità di competenze di base che comprendono “non solo il possesso di abilità procedurali, ma anche componenti più complesse come la capacità di comunicazione, di problem solving, di analisi dei dati e uso dei sistemi simbolici, la capacità di argomentazione, il miglioramento delle proprie abilità di apprendimento e altre competenze simili che attualmente si reputano basilari per l’inserimento nel mondo del lavoro.” (Calvani, Fonda-menti di didattica. Teoria e prassi dei dispositivi formativi, 2007, p.43)

Da piattaforma di “solo accesso” del Web 1.0, il Web 2.0 si fonda sulle caratteristiche di relazionalità e intero-perabilità sociale, attraverso un ambiente digitale funzionale alla collaborazione e cooperazione tra individui.

Le cosiddette Tecnologie Aperte messe a disposizione dal Web 2.0 (aperte in quanto possiedono maggiore flessibilità nel loro utilizzo per discutere in gruppo, riflettere, elaborare work project) comprendono motori di ricerca semantici, blog, mappe concettuali, chat, Web forum, podcast, tool di risorse condivise, che per-mettono agli “strumenti cognitivi” di emergere in base alla “strategia di pensiero” che sottende lo sviluppo di un determinato software.

È da questi presupposti che nasce l’esigenza di adattare il classico curriculum vitae al Web 2.0: il curriculum diviene digitale e tecnologico, in quanto, oltre a contenere le informazioni circa le competenze digitali della persona, sfrutta le possibilità di relazionalità e interoperabilità sociale offerte dal Web 2.0.

Il classico curriculum vitae non si adatta alla prospettiva delle Tecnologie Aperte e alle possibilità che le Computer literacy offrono: inserire il proprio curriculum vitae digitale in appositi canali e portali online è di fondamentale importanza per trovare lavoro o incrementarlo, o se si vogliono stringere contatti professionali interessanti (soprattutto per le professioni freelance).

3.2.2 Come creare un curriculum vitae digitale

Un curriculum in forma digitale deve seguire le stesse indicazioni che si usano per scriverne uno nel classico formato europeo (la funzione è la medesima), ma quello digitale offre la possibilità di distinguersi dalle altre candidature grazie alla componente creativa che rende i contenuti più immediati e piacevoli da leggere.

La tecnologia moderna valorizza il contenuto di un curriculum, ma la sostanza deve essere consistente e veritiera: un curriculum digitale si fa portavoce del proprio stile e deve essere compilato e creato consideran-do qual è l’azienda che lo riceverà e il settore cui appartiene, adattando i contenuti al ruolo per il quale ci si candida.

Infatti il curriculum digitale si può considerare come la propria vetrina di presentazione, anticipa attitudini ed esperienze formative e lavorative svolte prima di sostenere un vero e proprio colloquio.

È necessario scriverlo in modo chiaro, esaustivo e al contempo sintetico, curando l’immagine, l’impostazione e la forma soprattutto se esso deve essere inviato per mail a un’azienda.

Pertanto bisogna inserire nel dettaglio tutti gli aspetti che riguardano il proprio percorso di studi e quello lavorativo, riferendosi al ruolo e alle mansioni ricoperte, indicando per quanto tempo si è svolta una deter-minata mansione professionale o un particolare percorso formativo.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 36

Europass mette a disposizione un’applicazione semplice e intuitiva per compilare il proprio curriculum digi-tale, al link https://europass.cedefop.europa.eu/editors/it/cv/compose

Come si evince dall’interfaccia iniziale dell’applicazione di Europass, oltre ai campi relativi alle informazioni personali, c’è la possibilità di importare il proprio portfolio da altre fonti, aggiungere foto, di arricchire le proprie informazioni personali allegando file e link; oppure di scaricare, allegandoli, documenti personali in diversi formati. Inoltre c’è la possibilità di creare un account come candidato alla ricerca di un impiego e pubblicare il proprio CV su Eures (il portale europeo della mobilità professionale), rendendolo reperibile da parte dei datori di lavoro in tutta Europa.

LiveCareer, grazie a una semplice procedura guidata, mette a disposizione diversi modelli di curriculum digitale, suggerimenti utili, grafiche e strumenti di formattazione, che permettono di creare un curriculum digitale rispondente alle proprie esigenze e di immediata fruizione.

Su LiveCaree.it al link:

https://www.livecareer.it

Su www.modellocurriculum.com è possibile avere una panoramica esaustiva del curriculum digitale, della sua compilazione e divulgazione, delle possibilità di interazione con siti di Web recruitment.

Nello specifico ci sono modelli di curriculum creativo, un tipo particolare di curriculum digitale, che si carat-terizza per le grafiche originali e accattivanti e per la possibilità di essere arricchito con elementi multimediali:

http://www.modellocurriculum.com/curriculum-creativo

Il curriculum creativo non ha un modello prestabilito da seguire, in quanto le possibilità creative sono mol-teplici e in costante sviluppo e perfezionamento; tuttavia si possono distinguere tre principali formati: il curriculum creativo grafico, il curriculum infografico e il videocurriculum.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 37

3.2.3 Il curriculum creativo grafico

La struttura del curriculum creativo grafico è simile al classico curriculum, ma le informazioni vengono presentate su format grafici accattivanti, suggestivi e altamente personalizzati, quindi rendendo la lettura scorrevole, piacevole e di impatto emozionale: il curriculum creativo grafico è molto dinamico e colorato.

Per creare ex novo un curriculum di questo tipo bisogna essere creativi e fantasiosi e avere una buona dime-stichezza con software di elaborazione grafica come Photoshop, Indesign e Illustrator.

Infatti questo tipo di curriculum ha il vantaggio di catturare immediatamente l’attenzione di chi legge, a patto che l’impostazione visuale nel complesso sia ben strutturata e non manchi delle caratteristiche proprie della leggibilità e della chiarezza: le grafiche devono essere a supporto delle informazioni, valorizzandole, e non il contrario.

A questo link è possibile visionare degli esempi di curriculum grafici molto interessanti:

http://www.alchimiegrafiche.com/curriculum-design-35-esempi-grafici-con-cui-presentarvi/

3.2.4 Il curriculum infografico

Il termine infografica (information graphic) definisce un’informazione testuale tradotta, quindi proiettata, in forma grafica e visuale: questo tipo di comunicazione informativa è oggi molto utilizzato perché semplifica il messaggio e il suo processo di sviluppo, rendendolo immediato.

Grazie a questa peculiarità, il curriculum infografico rappresenta la soluzione ideale per il social e Web re-cruiting.

In base al layout e ai diagrammi che si scelgono, le informazioni personali (formazione, competenze, incari-chi di lavoro) diventano dati tradotti in forma visuale, quindi fruibili con velocità e piacevolezza: il vantaggio è di mettere in evidenza ciò che si desidera, in base alla posizione per cui ci si candida.

Per realizzare un curriculum infografico non è necessaria una particolare dimestichezza con software di elaborazione grafica, ci sono diverse piattaforme online che offrono agli utenti questo servizio: qui si può scegliere un layout grafico specifico e inserendo le classiche informazioni testuali di un CV, si ottiene la tra-duzione in infografica della propria esperienza professionale e formativa.

Questi alcuni siti che mettono a disposizione degli utenti piattaforme online per creare curriculum infografici personalizzati:

http://www.visualize.me

Trasforma le informazioni presenti nel profilo LinkedIn dell’utente in un curriculum infografico: in pochi clic si ha la versione del proprio curriculum graficamente accattivante e facilmente aggiornabile.

http://re.vu

Anche Re.vu estrae le informazioni presenti su Linkedin e le trasforma in infografiche, con la possibilità di aggiungere ulteriori elementi grafici (statistiche, abilità, competenze, citazioni e interessi).

http://kinzaa.com

A Kinzaa si possono importare i propri dati dal profilo LinkedIn trasformandoli in infografiche; inoltre offre la possibilità di esprimere eventuali preferenze sull’ambiente di lavoro.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 38

3.2.5 Il videocurriculum

Il videocurriculum sta rivoluzionando le possibilità di ricerca/offerta di lavoro, in quanto la video candida-tura sta diventando parte integrante del processo di selezione.

Il fenomeno della video candidatura nasce su YouTube e progressivamente si formalizza come strumento di ricerca di lavoro, perché offre un notevole e concreto vantaggio: il potenziale datore di lavoro può vedere immediatamente chi ha di fronte, come comunica e come si presenta, come esprime la propria personalità grazie al linguaggio verbale e non verbale.

Il videocurriculum raggiunge il selezionatore con estrema rapidità attraendo la sua attenzione, a patto che in fase di registrazione venga curata l’estetica, la scena e l’illuminazione che sostengono e inquadrano il mes-saggio che si vuole dare, ecc.

Tuttavia il videocurriculum porta con sé anche alcuni svantaggi: nel caso in cui la persona è timida o non ha molta dimestichezza con la telecamera potrebbe trasmettere un senso di insicurezza. Per questo sarebbe op-portuno effettuare diverse prove per sentirsi sicuri e soddisfatti del risultato prima di caricare il video sugli appositi siti.

A questo link è possibile visionare alcuni videocurriculum di successo e seguire i suggerimenti proposti per realizzarne uno:

http://www.klugg.it/2014/04/15/realizzare-un-video-curriculum/

3.2.6 Suggerimenti utili e siti di Web recruitment

Come film e libri si affidano a trame e intrecci per sviluppare storie avvincenti, anche il CV “racconta la sto-ria della persona che lo scrive”, quindi i testi digitali non sono solo semplici parole, ma diventano contenuti “vivi”, capaci di attrarre l’attenzione di chi legge.

Questi alcuni suggerimenti utili: • Evidenziare i propri aspetti salienti e caratteristici, con particolare riferimento agli obiettivi raggiunti du-

rante la carriera (grazie a diagrammi e infografiche). • Omettere gli elementi superficiali, che possono distrarre il lettore. • Personalizzare i contenuti della propria “storia”, in modo funzionale alla posizione lavorativa per la quale

ci si propone. • Utilizzare caratteri che siano facilmente leggibili a video, ponendo particolare attenzione all’utilizzo di

maiuscole, spazi e interlinee. • Personalizzare la propria fotografia di presentazione senza snaturarne l’immagine. • Aggiungere link a profili e piattaforme on line per consentire a un potenziale datore di lavoro di trovare

interessanti candidati. • Mettere in evidenza le proprie competenze digitali, e se possibile inserire elementi interattivi e multime-

diali. • Scrivere una lettera di presentazione vincente, che sia esplicativa e sintetica, dalla quale si evincano i propri

obiettivi/aspirazioni. • Mantenere costantemente aggiornati i propri profili on line, pubblicando contenuti appropriati.

Il reclutamento attraverso la Rete favorisce l’incontro tra la domanda e la richiesta di lavoro, grazie a portali dove è possibile candidarsi per una determinata mansione sulla base di annunci pubblicati dalle aziende; i motori di ricerca interni agevolano il candidato in una ricerca ritagliata sulle proprie esigenze.

Ci sono molti portali specifici che offrono questo importante servizio, questi i riferimenti attualmente più utilizzati:

https://ec.europa.eu/eures/public/it/homepage

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 39

Eures è il portale europeo della mobilità professionale. Eures è la rete di cooperazione tra la Commissione Europea e servizi pubblici dell’occupazione degli stati membri del See (ossia Unione Europea più Norvegia, Islanda e Liechtenstein) e della Svizzera, sindacati e organizzazioni dei datori di lavoro; pertanto questo por-tale è particolarmente indicato per chi desidera trovare lavoro o formarsi all’estero.

www.monster.it

Monster è il sito più importante in Italia per la ricerca on line di personale, con più di 4500 di aziende clienti attive, 300 mila offerte di lavoro costantemente aggiornate, tre milioni di domande di candidatura.

Questo portale è l’unico operatore on line iscritto all’Albo delle Agenzie per il Lavoro.

https://it.linkedin.com

Linkedin è il social network più frequentato al mondo dedicato ai rapporti professionali, in Italia forma una community che conta più di un milione di utenti.

Da poco Linkedin offre la possibilità di convertire il proprio curriculum in forma infografica, essendo ormai una vetrina professionale mondiale per professionisti e aziende.

https://twitter.com/tweetmyjobs

Twitter è il social network che dà la possibilità agli utenti di creare una pagina personale aggiornabile con messaggi di testo con una lunghezza massima di centocinquanta caratteri; nello specifico a questo link si ac-cede a TweetMyJobs, la piattaforma che Twitter offre come servizio di Web recruitment.

https://www.xing.com

Alla stregua di Linkedin, è un’importante social network dedicato alle relazioni professionali, la cui piatta-forma è in sedici lingue, con più di dieci milioni di utenti attivi.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 40

Abstract

Il Web 2.0 si fonda sulle caratteristiche di relazionalità e interoperabilità sociale, attraverso un ambiente digitale funzionale alla collaborazione e cooperazione tra individui.

Le cosiddette Tecnologie Aperte messe a disposizione dal Web 2.0 (aperte in quanto possiedono maggio-re flessibilità nel loro utilizzo per discutere in gruppo, riflettere, elaborare work project) comprendono motori di ricerca semantici, blog, mappe concettuali, chat, Web forum, podcast, tool di risorse condivise, che permettono agli “strumenti cognitivi” di emergere in base alla “strategia di pensiero” che sottende lo sviluppo di un determinato software.

È da questi presupposti che nasce l’esigenza di adattare il classico curriculum vitae al Web 2.0: il curri-culum diviene digitale e tecnologico, in quanto, oltre a contenere le informazioni circa le competenze digitali della persona, sfrutta le possibilità di relazionalità e interoperabilità sociale offerte dal Web 2.0.

Il classico curriculum vitae non si adatta alla prospettiva delle Tecnologie Aperte e alle possibilità che le Computer literacy offrono: inserire il proprio curriculum vitae digitale in appositi canali e portali online è di fondamentale importanza per trovare lavoro o incrementarlo.

Il curriculum digitale si può considerare come la propria vetrina di presentazione, anticipa attitudini ed esperienze formative e lavorative svolte prima di sostenere un vero e proprio colloquio: deve seguire le stesse indicazioni che si usano per scriverne uno nel classico formato europeo, ma quello digitale offre la possibilità di distinguersi dalle altre candidature grazie alla componente creativa che rende i contenuti più immediati e piacevoli da leggere.

Il curriculum creativo non ha un modello prestabilito da seguire, in quanto le possibilità creative sono molteplici e in costante sviluppo e perfezionamento; tuttavia si possono distinguere tre principali formati: il curriculum creativo grafico, il curriculum infografico e il videocurriculum; utili per il Web recruitment.

Il reclutamento attraverso la Rete favorisce l’incontro tra la domanda e la richiesta di lavoro, grazie a portali dove è possibile candidarsi per una determinata mansione sulla base di annunci pubblicati dalle aziende; i motori di ricerca interni agevolano il candidato in una ricerca ritagliata sulle proprie esigenze.

3.3 IL FUNDRAISING E IL CROWDFUNDING

3.3.1 Il fundraising

Con il termine fundraising si indica una raccolta fondi: il verbo to raise infatti significa far crescere, coltivare, sorgere; nel caso del fundraising “sviluppare i fondi necessari a sostenere un’azione senza finalità di lucro”.

Chi si occupa di raccogliere fondi è definito fundraiser: egli, oltre a gestire la relazione con il donatore, deve saper utilizzare gli strumenti informatici per la gestione del database, inoltre deve conoscere e utilizzare opportunamente tutte le modalità per raccogliere fondi, dal marketing diretto al telemarketing, dal web marketing alla e-mailing.

Il fundraiser svolge una professione nuova e complessa perchè richiede competenze in marketing, statistica, economia; ma anche un estro creativo e una grande determinazione: fare raccolta fondi significa lavorare per una causa in si crede, migliorando lo stato delle cose grazie al piccolo contributo di tante persone.

I fundraiser che lavorano per organizzazioni nonprofit sono affiancati da un consulente della raccolta fondi, il quale svolge attività di consulenza presso le stesse organizzazioni stilando un piano operativo strategico per la raccolta fondi.

Il fundraising si origina dall’azione, da parte delle organizzazioni no profit, di reinvestire i propri utili per

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 41

sostenere e sviluppare le proprie finalità sociali; pertanto si basa sul senso di responsabilità che spinge i sog-getti a investire risorse per il raggiungimento di comuni benefici sociali, motivo per cui ad oggi la raccolta fondi viene praticata anche da enti e servizi pubblici e da aziende che promuovono iniziative a scopo sociale.

In sintesi, il fundraising è l’insieme delle teorie e delle tecniche necessarie a garantire la sostenibilità di una causa sociale, promuovendone lo sviluppo costante nel tempo: per potersi fondare sulle donazioni, il fun-draising prevede l’utilizzo di modalità di raccolta in diversi contesti, pubblici e privati (eventi, sponsorizza-zioni, investimenti sociali, attività di tipo commerciale, presentazione di progetti a bandi di concorso, ecc.).

Lo sviluppo maggiore si è avuto negli Stati Uniti grazie a Henry Rosso, fondatore della prima scuola di fun-draising al mondo; egli sosteneva che il fundraising è l’arte di insegnare alle persone la gioia di donare.

È possibile raccogliere fondi per finalità e con modalità differenti:

• Direct marketing: consiste nell’invio di lettere presso un elenco di donatori o potenziali tali. • Online fundraising: consiste nell’utilizzo del Web per raccogliere fondi. Questa modalità, molto diffusa in

Inghilterra e negli USA, si sta affermando sempre più nel resto del mondo grazie alla diffusione dei social network e alla maggiore dimestichezza con i pagamenti online. Una delle modalità più diffuse di fare online fundraising consiste nell’utilizzo di piattaforme web specifiche per aprire pagine di raccolte fondi.

• Fundraising politico: è una modalità di finanziamento privato per i partiti politici; l’utilizzo delle tecniche di fundraising in politica è più diffuso negli USA e nei Paesi anglosassoni, dove la cultura della raccolta fondi è affermata.

http://www.fundraising.it

È il portale italiano per la raccolta fondi: qui si possono trovare informazioni e consigli pratici su come fare raccolta fondi per la propria organizzazione noprofit.

http://www.master-fundraising.it

L’Università di Bologna sede di Forlì propone un Master universitario innovativo sulla raccolta fondi, giunto alla quattordicesima edizione.

3.3.2 Il crowdfunding

Il crowdfunding è una tipologia di foundraising in quanto, se quest’ultimo si occupa soprattutto di una pianificazione a lungo termine del reperimento dei fondi, il primo designa un finanziamento per iniziative momentanee.

Ultimamente anche le scuole, spesso bisognose di fondi per la realizzazione di attività extracurriculari, stan-no utilizzando “i finanziamenti dal basso” per avverare progetti che, nel migliore dei casi, sarebbero soggetti a lunghi iter burocratici.

Di pari passo si stanno diffondendo delle piattaforme on line che permettono di presentare in maniera com-pleta ed esaustiva le proprie iniziative e quindi di cominciare la raccolta fondi.

A questo link si può accedere alla prima piattaforma di crowdfunding per le scuole italiane, con i percorsi utili per avviare un’azione di crowdfunding e i progetti degli istituti che ne hanno avviata e completata una: http://schoolraising.it

3.3.3 Acquisti on line

Con l’espressione acquisti on line ci si riferisce all’azione di acquisto di un prodotto o servizio che si compie tramite un sito, quindi senza recarsi fisicamente in un luogo.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 42

Dalla creazione – nel 1995 – dei primi siti come Craigslist o eBay in cui era possibile pubblicare annunci, vendite, acquisti e aste, sino ad arrivare ad Amazon, ne è stata fatta di strada: il proliferare negli anni dell’of-ferta presente on line e l’abitudine a comprare in questo modo sta segnando una rivoluzione nell’ambito del commercio e dell’economia.

Attualmente, quasi ogni sito propone una sezione dedicata all’eCommerce e così ogni casa editrice, catena di cosmetica, abbigliamento, intrattenimento, permette di acquistare prodotti, sino ad arrivare ad aziende che vendono esclusivamente su internet; citiamo due casi italiani come Yoox e Zalando che propongono abbi-gliamento sui loro siti.

Sempre più diffusa è anche l’offerta di servizi telematici; l’home banking, per esempio, permette di effettuare ricariche telefoniche, pagamento di bollette, bonifici e tante altre operazioni rimanendo comodamente a casa ed evitando code.

Allo stesso modo si possono prenotare e acquistare viaggi in treno, in auto, in aereo e prenotare alberghi scegliendo tra le migliori offerte proposte da motori di ricerca specializzati come: • Expedia • Volaregratis • Booking • Trivago

I vantaggi degli acquisti sono riscontrabili in termini di prezzi – che a volte sono molto più bassi – e offerte, di disponibilità del prodotto, di scelta ecc.

Tuttavia questi tipi di attività devono fare i conti con una, seppur minima, dimestichezza digitale da parte degli acquirenti e con un senso di fiducia nei confronti di pagamenti e spedizioni.

L’Italia, nonostante dimostri una buona diffusione dei social, non svetta nelle classifiche internazionali in merito a commercio on line. Da un articolo pubblicato su Linkiesta emerge che nel 2014 solo il 22% degli italiani ha acquistato beni e servizi in rete, contro l’80% del Regno Unito e il 70% della Germania; e solo il 7% del fatturato delle imprese è riconducibile al commercio on line contro il 20% del Regno Unito e il 13% della Germania.

Forse il tardivo sviluppo di questa attività in Italia può essere imputabile a una sfiducia o poca dimestichezza a riguardo dei pagamenti effettuati in rete, soprattutto per le fasce di età più grandi e le classi meno scolariz-zate, insieme a carenze e costi a volte scoraggianti sul piano della distribuzione.

3.3.4 Come acquistare

In genere comprare in rete è abbastanza affidabile; gran parte delle garanzie sono date dal sito e dalla sua affidabilità facilmente riscontrabile sul Web.

I grandi distributori come Amazon, eBay, o siti collegati a grandi catene offrono molte garanzie, feedback e opinioni da parte di clienti (anche se riguardo a queste ultime bisogna essere sempre cauti), molto spesso è possibile effettuare gratuitamente il reso della merce che non ci soddisfa. I modi di pagamento sono molte-plici, e ogni sito ne accetta o propone più d’uno. Tra questi ci sono i bonifici bancari, carte prepagate, contras-segno, paypal, carta di credito.

Per acquistare sui siti basta trovare il prodotto desiderato e selezionarlo; è possibile creare un “carrello” nel momento in cui dobbiamo acquistare più di un prodotto; successivamente non ci resta che seguire le indicazioni presenti per le modalità e procedure di pagamento. Spesso è possibile registrarsi per accedere a ulteriori promozioni e sconti.

Ritornando ai modi di pagamento, ricordiamo che ognuno offre un certo grado di sicurezza, di seguito elen-chiamo i più diffusi:

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 43

• Bonifico bancario

Con il bonifico si possono trasferire soldi su un altro conto tramite un codice chiamato IBAN; esso grazie all’home banking può essere inoltrato da qualsiasi computer o anche smartphone e permette di risparmiare tempo e denaro grazie al suo costo contenuto.

• Paypal

Il pagamento tramite il servizio Paypal è uno dei più sicuri e più diffusi. Attivare la carta e il conto è molto semplice e non richiede spese di gestione tranne che per piccole spese di ricarica.

• Carta di credito

Il pagamento avviene tramite il suo numero di carta e il codice di sicurezza. Molti siti offrono un buon si-stema di crittografia, e molte carte offrono la possibilità di creare codici e “carte virtuali” relative al singolo acquisto, per garantire sempre maggiore sicurezza.

• Carta di credito prepagata

Rimane una delle soluzioni più semplici e sicure in quanto, come la carta di credito, essa ha un numero di carta più un codice di sicurezza; recentemente, come ulteriore garanzia, è necessario associarla anche a un numero di telefono. Nel peggiore dei casi, e cioè che i dati in qualche modo venissero “clonati”, la cifra che sarà possibile sottrarci dal conto è pari al valore con cui noi abbiamo deciso di caricarla per gli acquisti.

• Contrassegno

Rimane il modo più sicuro in quanto il pagamento viene effettuato direttamente al corriere nel momento in cui si riceve il prodotto. A volte però, alcuni siti non consentono questa forma di pagamento e in ogni caso risulta essere quella con delle spese più alte.

Quando si decide acquistare un prodotto on line è necessario porgere attenzione anche alle relative spese di spedizione. Molto spesso ci sono delle promozioni, delle diverse velocità di recapito, oppure superando una certa spesa la spedizione è gratuita.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 44

Abstract

Con il termine fundraising si indica una raccolta fondi: il verbo to raise infatti significa far crescere, colti-vare, sorgere; nel caso del fundraising “sviluppare i fondi necessari a sostenere un’azione senza finalità di lucro”.

Quindi il fundraising è l’insieme delle teorie e delle tecniche necessarie a garantire la sostenibilità di una causa sociale, promuovendone lo sviluppo costante nel tempo: per potersi fondare sulle donazio-ni, il fundraising prevede l’utilizzo di modalità di raccolta in diversi contesti, pubblici e privati (eventi, sponsorizzazioni, investimenti sociali, attività di tipo commerciale, presentazione di progetti a bandi di concorso, ecc.).

Il crowdfunding è una tipologia di foundraising, in quanto designa un finanziamento per iniziative mo-mentanee.

Ultimamente anche le scuole, spesso bisognose di fondi per la realizzazione di attività extracurriculari, stanno utilizzando “i finanziamenti dal basso” per avverare progetti che, nel migliore dei casi, sarebbero soggetti a lunghi iter burocratici.

Mentre con l’espressione acquisti on line ci si riferisce all’azione di acquisto di un prodotto o servizio che si compie tramite un sito, quindi senza recarsi fisicamente in un luogo.

Attualmente, quasi ogni azienda propone una sezione dedicata all’eCommerce; sempre più diffusa è an-che l’offerta di servizi telematici (l’home banking, per esempio, permette di effettuare ricariche telefoni-che, pagamento di bollette, bonifici e tante altre operazioni rimanendo comodamente a casa ed evitando code).

Allo stesso modo si possono prenotare e acquistare viaggi in treno, in auto, in aereo e prenotare alberghi scegliendo tra le migliori offerte proposte da motori di ricerca specializzati.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali 45

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