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1 LE LINGUE E IL LINGUAGGIO G. Graffi, S. Scalise CAPITOLO I CHE COS’E’ IL LINGUAGGIO? 1. Linguistica, linguaggio e linguaggi Tutti i tipi di linguaggi sono dei sistemi di comunicazione, servono cioè a trasmettere un’informazione da un emittente ad un destinatario. Quindi tutti i linguaggi sono uguali nella loro funzione (comunicazione) ma possono essere diversi nella loro struttura. La linguistica è lo studio scientifico del linguaggio umano. 2. Caratteristiche proprie del linguaggio umano Le caratteristiche del linguaggio sono: - Discretezza: il linguaggio umano è un tipo di linguaggio discreto mentre gli altri tipi di linguaggi sono detti continui; questo significa che gli elementi del linguaggio umano si distinguono gli uni dagli altri per l’esistenza di limiti ben definiti, mentre nei tipi continui il segnale viene specializzato (modificazione del ritmo, orientamento...). Una delle caratteristiche del linguaggio umano è di poter formare un numero altissimo di segni (significante/significato) tramite un numero limitato di elementi (fonemi) che non hanno significato ma la capacità di distinguere significati. - Ricorsività: mentre la comunicazione animale è caratterizzata da un numero finito di segni, nella comunicazione umana si creano parole sempre nuove. Il numero delle frasi possibili in qualunque linguaggio naturale è infinito: si può sempre costruire una frase nuova aggiungendo alla frase data un’altra frase semplice. Sembra che solo gli esseri umani siano in grado di acquisire un sistema di comunicazione caratterizzato dalla caratteristica della ricorsività. - Competenza: senso intuitivo di buona o cattiva formazione ossia grammaticalità o agrammaticalità delle espressioni di una determinata lingua. - Dipendenza dalla struttura: le relazioni tra parole non sono determinate dalla loro successione ma esse sono dipendenti dalla struttura. 3. Il linguaggio e le lingue Con il termine “linguaggiosi intende la capacità comune a tutti gli esseri umani di sviluppare un sistema di comunicazione dotato delle tre caratteristiche sopra elencate. Con il termine “lingua” si intende la specifica forma che il sistema di comunicazione assume nelle varie comunità. Parliamo di linguaggio al singolare perché questa capacità è propria della specie umana, e di lingua tanto al singolare che al plurale perché tante sono le lingue del mondo. Esistono elementi comuni a tutte le lingue e si chiamano universali linguistici; una caratteristica che invece caratterizza le diverse lingue è l’ordine delle parole, in italiano SVO. CAPITOLO II CHE COS’E’ UNA LINGUA? Intro Una lingua è un sistema articolato su più livelli: è un sistema di sistemi. 1. Parlato e scritto Una lingua è sia scritta che parlata, ma la linguistica privilegia la lingua come espressione orale per diversi motivi: - esistono lingue che sono solo lingue parlate e non scritte; - un bambino quando impara una lingua, impara prima a parlare e poi a scrivere; - le lingue cambiano nel corso del tempo, ma ciò che cambia è la lingua parlata e solo in ritardo quella scritta. 2. Astratto e concreto Ogni atto linguistico è un fatto a sé ed irripetibile e si divide su due livelli, uno astratto e uno concreto: - Livello astratto: ciò che conta è l’opposizione dei diversi elementi che distinguono le parole (mano/meno). - Livello concreto: dipende da come in quel momento sono atteggiati gli organi della fonazione, cioè ripetendo per quattro volte la parola mano la pronuncia sarà sempre diversa.

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LE LINGUE E IL LINGUAGGIO G. Graffi, S. Scalise

CAPITOLO I CHE COS’E’ IL LINGUAGGIO? 1. Linguistica, linguaggio e linguaggi Tutti i tipi di linguaggi sono dei sistemi di comunicazione, servono cioè a trasmettere un’informazione da un emittente ad un destinatario. Quindi tutti i linguaggi sono uguali nella loro funzione (comunicazione) ma possono essere diversi nella loro struttura. La linguistica è lo studio scientifico del linguaggio umano. 2. Caratteristiche proprie del linguaggio umano Le caratteristiche del linguaggio sono:

- Discretezza: il linguaggio umano è un tipo di linguaggio discreto mentre gli altri tipi di linguaggi sono detti continui; questo significa che gli elementi del linguaggio umano si distinguono gli uni dagli altri per l’esistenza di limiti ben definiti, mentre nei tipi continui il segnale viene specializzato (modificazione del ritmo, orientamento...). Una delle caratteristiche del linguaggio umano è di poter formare un numero altissimo di segni (significante/significato) tramite un numero limitato di elementi (fonemi) che non hanno significato ma la capacità di distinguere significati.

- Ricorsività: mentre la comunicazione animale è caratterizzata da un numero finito di segni, nella comunicazione umana si creano parole sempre nuove. Il numero delle frasi possibili in qualunque linguaggio naturale è infinito: si può sempre costruire una frase nuova aggiungendo alla frase data un’altra frase semplice. Sembra che solo gli esseri umani siano in grado di acquisire un sistema di comunicazione caratterizzato dalla caratteristica della ricorsività.

- Competenza: senso intuitivo di buona o cattiva formazione ossia grammaticalità o agrammaticalità delle espressioni di una determinata lingua.

- Dipendenza dalla struttura: le relazioni tra parole non sono determinate dalla loro successione ma esse sono dipendenti dalla struttura.

3. Il linguaggio e le lingue Con il termine “linguaggio” si intende la capacità comune a tutti gli esseri umani di sviluppare un sistema di comunicazione dotato delle tre caratteristiche sopra elencate. Con il termine “lingua” si intende la specifica forma che il sistema di comunicazione assume nelle varie comunità. Parliamo di linguaggio al singolare perché questa capacità è propria della specie umana, e di lingua tanto al singolare che al plurale perché tante sono le lingue del mondo. Esistono elementi comuni a tutte le lingue e si chiamano universali linguistici; una caratteristica che invece caratterizza le diverse lingue è l’ordine delle parole, in italiano SVO. CAPITOLO II CHE COS’E’ UNA LINGUA? Intro Una lingua è un sistema articolato su più livelli: è un sistema di sistemi. 1. Parlato e scritto Una lingua è sia scritta che parlata, ma la linguistica privilegia la lingua come espressione orale per diversi motivi:

- esistono lingue che sono solo lingue parlate e non scritte; - un bambino quando impara una lingua, impara prima a parlare e poi a scrivere; - le lingue cambiano nel corso del tempo, ma ciò che cambia è la lingua parlata e solo in ritardo quella scritta.

2. Astratto e concreto Ogni atto linguistico è un fatto a sé ed irripetibile e si divide su due livelli, uno astratto e uno concreto:

- Livello astratto: ciò che conta è l’opposizione dei diversi elementi che distinguono le parole (mano/meno). - Livello concreto: dipende da come in quel momento sono atteggiati gli organi della fonazione, cioè ripetendo per quattro volte la parola mano la pronuncia sarà sempre diversa.

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2.1 Langue e parole Saussure pose una serie di distinzioni indispensabile per la definizione di lingua: sincronia e diacronia, rapporti associativi e rapporti sintagmatici, significante e significato, langue e parole. La parole è un’esecuzione linguistica realizzata da un individuo, è un atto individuale: producendo dei suoni concreti si produce un atto di parole. La langue invece è la lingua della collettività, sociale e astratta. La lingua esiste nella collettività, preesiste agli individui, ed è necessaria perché gli atti di parole siano intelligibili, ma anche gli atti di parole sono necessari perché la lingua si “stabilisca” e perché funzioni. 2.2 Codice e messaggio Jakobson fece invece una distinzione tra codice e messaggio: il codice è un insieme di potenzialità ed è astratto; il messaggio invece viene costruito sulla base delle unità fornite dal codice ed è un atto concreto. 2.3 Competenza ed esecuzione Una terza distinzione tra livello astratto e concreto è stata fatta da Chomsky tra competenza ed esecuzione: la competenza è tutto ciò che un individuo sa della propria lingua; l’esecuzione è tutto ciò che l’individuo fa. Saussure Jakobson Chomsky Livello astratto langue codice competenza Livello concreto parole messaggio esecuzione 3. Conoscenze linguistiche di un parlante Esistono quattro competenze linguistiche:

1) Competenza fonologica. Un parlante conosce i suoni della sua lingua e sa come si combinano, ad esempio sa che se una parola comincia con tre consonanti la prima è una “s”.

2) Competenza morfologica. Riguarda la conoscenza delle parole, ad esempio che di norma in italiano le parole finiscono con una vocale. Un parlante conosce le parole della sua lingua e le sa distinguere da parole di lingue straniere, sa formare parole complesse a partire da quelle semplici.

3) Competenza sintattica. I parlanti conoscono le regole della sintassi, cioè sanno che possono formare vari tipi di frasi.

4) Competenza semantica. I parlanti di una lingua sanno riconoscere il significato delle parole e delle frasi e sanno istituire molti tipi di relazioni semantiche tra parole, come ad esempio rapporti di sinonimia e antonimia; inoltre riescono a disambiguare frasi potenzialmente ambigue.

3.1 La grammatica dei parlanti Tutti i tipi di competenze elencati nei paragrafi precedenti fanno parte della grammatica dei parlanti; esistono dei dati linguistici primari che sono quelli dai quali il bambino costruisce una grammatica. 4. Una lingua non realizza tutte le possibilità Una lingua è un codice ed è costituita sostanzialmente da due livelli: le unità di base e le regole che combinano tali unità. Le lingue del mondo non sfruttano mai tutte le possibilità né a livello di unità né a livello di regole. Ad esempio, in italiano non esiste una distinzione tra dita delle mani e dei piedi mentre in inglese sì (fingers/toes), ma l’inglese non ha il suono “gn” di “gnomo”. 5. Sintagmatico e paradigmatico In un atto linguistico i suoni vengono disposti in una sequenza lineare cioè uno dopo l’altro; in questa operazione succede che i suoni si influenzino l’un l’altro. Esistono rapporti sintagmatici che si stabiliscono tra elementi in presentia, ovvero co-presenti: ad esempio amico/amici: la prima parola ha un suono velare mentre la seconda un suono palatale. Esistono poi dei rapporti paradigmatici che si stabiliscono tra suoni che possono comparire in un certo contesto, sono rapporti in absentia, cioè la presenza di un determinato suono esclude tutti gli altri: ad esempio si consideri la parola “stolto”: tra la “s” e la “o” compare la lettera “t”, la sua posizione è il suo contesto; tra la “s” e la “o” possono comparire altri elementi “c”, “g”, “p”, “b”, “d”; scegliendo una combinazione si escludono le altre.

- stolto “sto” - sdoganare “sdo” - scorta “sco” - sgombro “sgo” - sporta “spo” - sbobinare “sbo”

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Rapporti sintagmatici e paradigmatici non esistono solo tra suoni ma anche tra espressioni. Nell’espressione <Questo mio amico.>, esiste una relazione sintagmatica tra la “o” di “questo”, di “mio” e di “amico”; nelle espressioni <Questo amico.> e <Quel amico.> esiste una relazione paradigmatica tra “questo”e “quel”. 6. Sincronia e diacronia Nel corso del tempo le lingue possono andare incontro a dei cambiamenti. Lo studio di un cambiamento linguistico è detto “diacronico”, è lo studio di un fenomeno nel tempo. Un fenomeno “sincronico” è un rapporto tra elementi simultanei con l’esclusione dell’elemento tempo. 7. Il segno linguistico Una parola è un segno, un segno è un’unione tra significante (rappresentazione sonora) e significato (rappresentazione mentale). Il segno ha varie proprietà tra cui:

- Distintività: ogni segno si distingue da un altro (notte/botte). - Linearità: il segno si estende nel tempo se è orale e nello spazio se è scritto. - Arbitrarietà: non esistono regole che associano al significante il significato, esistono delle eccezioni che riguardano le forme onomatopeiche.

I segni possono essere linguistici o no: la disciplina che studia i segni linguistici è la linguistica, quella che studia i segni in generale è la semiologia o semiotica. 8. Le funzioni della lingua Secondo Jakobson le componenti necessarie per un atto linguistico sono sei:

1) parlante; 2) referente (ciò di cui si parla, ciò cui l’atto linguistico rimanda, realtà extralinguistica); 3) messaggio; 4) canale (attraverso cui passa la comunicazione); 5) codice; 6) ascoltatore.

A ciascuna di queste componenti Jakobson associa una funzione linguistica:

1) funzione emotiva: si realizza quando il parlante esprime stati d’animo; 2) funzione referenziale: è informativa, neutra; 3) funzione poetica: si realizza quando il messaggio inviato fa si che l’ascoltatore ritorni sul messaggio stesso per

apprezzarne il modo in cui è formulato; 4) funzione fatica: quando si vuole controllare se il canale è aperto è funziona regolarmente; 5) funzione metalinguistica: quando il codice viene usato per parlare del codice stesso; 6) funzione conativa: si realizza sotto forma di comando o di esortazione rivolti all’ascoltatore perché modifichi

il suo comportamento. 9. Lingue e dialetti Un parlante denuncia sempre la sua provenienza: si dice che esistono italiani regionali che corrispondono approssimativamente alle tre principali aree geografiche dell’Italia. 1^ divisione:

- italiano standard; - italiano regionale; - italiano locale.

Attraverso l’italiano regionale passano all’italiano molte forme “locali”, ogni lingua è stratificata. 2^ divisione:

- italiano scritto (forma più austera della lingua); - italiano parlato formale; - italiano parlato informale; - italiano regionale; - dialetto di koinè (regione dialettale); - dialetto del capoluogo di provincia; - dialetto locale.

Dato che anche il dialetto è costituito da suoni, parole, frasi e significati, la differenza tra questo e una lingua non è linguistica, ma semmai socio-culturale.

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10. Pregiudizi linguistici 1- idea che vi siano lingue primitive evolutesi poi in lingue complesse impossibile perché tutte le lingue hanno sistemi fonologici, morfologici e sintattici complessi. 2- lingue per eccellenza logiche non esistono lingue logiche e lingue illogiche, tutte le lingue hanno una loro logica interna. 3- distinzione lingua/dialetto la lingua sarebbe un sistema più evoluto dei dialetti ma ogni dialetto ha sistemi fonologici e sintattici complessi esattamente come quello di ogni altra lingua. 4- certe lingue sono belle altre brutte sono giudizi soggettivi non ci sono parametri oggettivi per definire se una lingua è bella o brutta. 5- lingue facili o difficili. CAPITOLO III LE LINGUE DEL MONDO Intro La Linguasphere è un’organizzazione dedita allo studio delle lingue del mondo, che propone una classificazione che conta 10 ordini di grandezza che vanno da 9 (più di un miliardo di parlanti) a 0 (lingue estinte). Questa classificazione pecca però di imprecisione: molte lingue pur essendo diverse sono considerate la stessa lingua, perché i parlanti si comprendono a vicenda. Il numero dei parlanti si basa fondamentalmente sul numero dei cittadini di una nazione. Da un punto di vista linguistico esistono tre modalità di classificazione:

1) Genealogica: due lingue fanno parte della stessa famiglia genealogica quando derivano dalla stessa lingua originaria. La famiglia genealogica è l’unità massima, le unità inferiori sono dette gruppi.

2) Tipologica: si dice che due lingue sono tipologicamente correlate se manifestano una o più caratteristiche comuni.

3) Areale: lingue che hanno sviluppato caratteristiche strutturali comuni perché appartengono alla stessa area geografica. Le lingue in questione formano una lega linguistica

1. Classificazione genealogica: le famiglie linguistiche Due lingue sono genealogicamente parenti quando derivano dalla stessa lingua originaria o lingua madre. Famiglie linguistiche:

- Indoeuropea: Europa. Latino, greco. - Afro-asiatica (camito-semitica): Africa settentrionale, Medio Oriente e parte dell’Africa orientale. Egiziano antico, arabo e ebraico. - Uralica: Europa orientale e Asia centrale e settentrionale. Finlandese, estone e ungherese. - Sino-tibetana: Asia occidentale. Cinese mandarino, tibetano e lolo-birmano. - Nigerkordofaniana: nazioni africane poste al Sud del Sahara. Swahili. - Altaica: Asia centrale. Mongolo, turco. - Dravidica: India meridionale. Tamil, brahui. - Austro-asiatica: Asia meridionale. Khmer e vietnamita. - Austronesiana. Oceania. Giavanese, hawaiiano.

Esistono anche delle lingue che sono isolate, cioè di cui non si può dimostrare la parentela con altre lingue: in Europa il basco, in Asia il giapponese e il coreano. 2. La famiglia linguistica indoeuropea Nei primi decenni dell’Ottocento vi fu la scoperta che un’antica lingua dell’India, il sanscrito, ed alcune lingue europee, latino e greco, erano genealogicamente apparentate tra loro. Per identificare questa famiglia nel 1830 venne coniato il termine “Indoeuropeo” (asieuropeo, indogermanico); la famiglia indoeuropea si divide nei seguenti gruppi e sottogruppi:

- Indo-iranco: diviso nei sottogruppi indiano e iranico; il sottogruppo iranico a sua volta si divide in lingue iraniche occidentali e orientali. - Tocario: formato da lingue estinte. - Anatolico ittita, lingue diffuse nel 1-2° millennio a. c.. - Armeno: rappresentato dalla sola lingua armena. - Albanese rappresentato dalla sola lingua albanese. - Slavo: diviso in tre sottogruppi: slavo orientale (russo, bielorusso, ucraino), lo slavo occidentale (polacco, ceco, slovacco) slavo meridionale (bulgaro, macedone, serbo-croato, sloveno). - Baltico: comprende lituano e lettone. - Ellenico: rappresentato dalla sola lingua greca.

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- Italico: si divide nei sottogruppi italico orientale (lingue dell’Italia antica come osco, umbro, sannita) e occidentale. Quest’ultimo sottogruppo comprende il latino che ha dato origine alle lingue neolatine e romanze: portoghese, spagnolo, francese, italiano e romeno. Lingue a livello regionale: gallico, catalano, ladino e provenzale. - Germanico: si divide in tre sottogruppi: orientale (gotico), settentrionale (svedese, danese, norvegese, islandese) e occidentale che si divide in due rami: anglo-frisone e neerlando-tedesco. - Celtico: si divide nei sottogruppi gaelico (irlandese e gaelico di Scozia) e britannico (gallese, cornico e bretone).

3. Classificazione tipologica Due lingue sono tipologicamente correlate se manifestano una o più caratteristiche comuni e possono essere classificate in due modi: per tipologia morfologica o per tipologia sintattica. 3.1 Tipologia morfologica I tipi morfologici tradizionalmente riconosciuti sono i seguenti:

- Isolante: è caratterizzato dalla mancanza totale di morfologia: nei nomi non vi è distinzione per caso, numero, genere... Per indicare le varie relazioni tra le parole, una lingua isolante fa uso in modo cruciale dell’ordine delle parole stesse e di alcune particelle. - Agglutinante: ogni parola contiene tanti affissi quante sono le relazioni grammaticali che devono essere indicate. Es. lonely + ness =lonelyness - Flessivo: tutte le relazioni che devono essere indicate sono contenute in un solo suffisso; un’altra caratteristica delle lingue flessive è la flessione interna che consiste nel poter indicare le diverse funzioni grammaticali mediante la variazione della vocale radicale della parola. Le lingue flessive si dividono in analitiche (si possono realizzare relazioni grammaticali mediante più parole) e sintetiche (le relazioni grammaticali sono espresse in un’unica parola). - Polisintetico (o incorporante): una sola parola può esprimere tutte le relazioni che in italiano si esprimerebbero con una frase. Es horseriding

3.2 Tipologia sintattica La tipologia sintattica si basa sull’osservazione che esistono delle correlazioni sistematiche, in tutte le lingue, tra l’ordine delle parole in una frase e in altre combinazioni sintattiche, e per questo viene anche chiamata tipologia dell’ordine delle parole. Le combinazioni sintattiche più analizzate sono:

1) la presenza in una data lingua di preposizioni (Pr) oppure di posposizioni (Po); 2) la posizione del verbo (V) rispetto al soggetto (S) e all’oggetto (O); 3) l’ordine dell’aggettivo (A) rispetto al nome (N); 4) l’ordine del complemento di specificazione o genitivo (G).

In generale queste correlazioni sistematiche possono essere riassunte come segue:

a. VSO/Pr/NG/NA b. SVO/Pr/NG/NA c. SOV/Po/GN/AN d. SOV/Po/GN/NA

Queste formule sono chiamate “universali implicazioni”. 4. Sistemi di scrittura I primi sistemi di scrittura sono del tipo cosiddetto “ideografico” o per meglio dire “logografico”. Un tipo di scrittura ideografico è utilizzato tuttora in diverse lingue tra le quali il cinese. Gli altri tipi di scrittura sono il tipo sillabico e il tipo alfabetico.

- Tipo ideografico: ogni simbolo (ideogramma) corrisponde ad un concetto. L’utilizzazione fonetica del simbolo determinò l passaggio da un sistema di scrittura ideografico ad un sistema sillabico. - Tipo sillabico: in questi sistemi determinati segni passarono ad indicare determinati gruppi di suoni. L’adozione di un sistema sillabico riduce il numero dei simboli rispetto al sistema ideografico. - Tipo alfabetico: si basano sul principio che ad ogni suono corrisponde un segno, restringendo ancora di più il numero dei simboli.

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CAPITOLO IV I SUONI DELLE LINGUE: FONETICA E FONOLOGIA 1. Fonetica La disciplina che studia la produzione dei suoni è la fonetica articolatoria, vi è poi la fonetica acustica che si occupa della natura fisica del suono e sulla sua propagazione, infine esiste una fonetica uditiva che studia gli aspetti della ricezione del suono da parte dell’ascoltatore 1.1 L’apparato fonatorio Un suono è prodotto normalmente dall’aria che viene emessa dai polmoni, sale lungo la trachea, attraversa la laringe, sede delle corde vocali e dopo aver superato la faringe, l’aria giunge alla cavità orale e fuoriesce dalla bocca. La cavità nasale può essere esclusa tramite l’innalzamento del velo palatino distinguendo tra suoni orali e nasali. 1.2 Classificazione dei suoni Per la classificazione di un suono sono necessari tre parametri:

1) Modo di articolazione: riguarda i vari assetti che gli organi assumono nella produzione del suono. 2) Punto di articolazione: è costituito dal punto dell’apparato vocale in cui viene modificato il suono. 3) Sonorità: e data dalle vibrazioni delle corde vocali: se vibrano si otterrà un suono sonoro altrimenti un suono

sordo.

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1.3 Classi di suoni I suoni possono essere classificati in tre maggiori categorie: consonanti, vocali e semiconsonanti. Per produrre una consonante l’aria o viene momentaneamente bloccata o deve attraversare una fessura molto stretta, possono essere sorde o sonore. Nella produzione di una vocale l’aria che fuoriesce non incontra ostacoli. Le semiconsonanti condividono sia proprietà delle vocali che delle consonanti. Vocali, semiconsonanti, liquide e nasali sono sonoranti, tutti i suoni che non sono sonoranti sono ostruenti. 2. I suoni dell’italiano P occlusiva,bilabiale, sorda Pane, taPPo, stoP B occlusiva, bilabiale, sonora Bene, aBBastanza T occlusiva, dentale,sorda Tana, oTTo, alT D occlusiva, dentale, sonora Dente, aDorare K occlusiva, velare, sorda Caro, Che, aCCanto G occlusiva, velare, sonora Gara, Ghiro, alGHe M nasale, bilabiale (sonora) Mano, aMare, uhM nasale, labiodentale (sonora) aNfora, iNvidia, iNverno N nasale, alveolare (sonora) Naso, laNa, daNNo nasale, palatale (sonora) Gnocco, oGNi nasale, velare (sonora) aNcora, aNguria Llaterale, alveolare (sonora) Lana, paLLa laterale, palatale (sonora) aGLio, eGLi Rpolivibrante, alveolare (sonora) Rana, caRRO, peR Ffricativa, labiodentale sorda Fame, aFa Vfricativa, labiodentale sonora Vento, aVViso, VoV S fricativa, alveolare sorda Sano, caSSa, Z fricativa, alveolare, sonora Smodato, caSa fricativa, palato-alveolare sorda Scemo, aSCesa, slaSH fricativa, palato-alveolare sonora garaGe, abat-Jour TSaffricata,alveolare, sorda staZione, paZZo DZaffricata, alveolare, sonora Zero, aZZimato affricata,palato-alveolare sorda Cenare, aCido, aCCento affricata,palato-alveolare sonora Gente, aGire, aGGiornare Jsemiconsonante palatale sonora Ieri, pIede W semiconsonante, velare, (sonora) Uovo, dUomo 2.1 Consonanti dell’italiano Esistono vari tipi di consonanti:

Occlusive: occlusione momentanea dell’aria cui fa seguito un esplosione [p, b,t, d, k, g]. Fricative: l’aria passa attraverso una fessura stretta producendo una frizione, si possono prolungare nel tempo

[f, v, s, z, ]. Affricate: suoni che iniziano con un’articolazione di tipo occlusivo e terminano con un’articolazione di tipo

fricativo [ts, dz, t, dз]. Nasali: il velo palatino si posiziona in modo da lasciar passare l’aria attraverso la cavità nasale [m, n, ŋ]. Laterali: per produrre il suono la lingua si posiziona contro i denti e l’aria fuoriesce lateralmente [l]. Vibranti: i suoni vengono prodotti mediante la vibrazione dell’ugola o dell’apice della lingua [r]. Approssimanti: gli organi articolatori vengono approssimati senza mai toccarsi [j, w].

L’italiano utilizza sette punti di articolazione:

1) Bilabiali: chiusura di entrambe le labbra. 2) Labiodentali: l’aria esce da una fessura che si crea appoggiando gli incisivi superiori al labbro inferiore. 3) Dentali: la parte anteriore della lingua tocca la parte interna degli incisivi. 4) Alveolari: la lamina della lingua tocca o si avvicina agli alveoli. 5) Palato-alveolari: la lamina della lingua si avvicina agli alveoli ed ha il corpo arcuato. 6) Palatali o anteriori: la lingua si avvicina al palato. 7) Velari o posteriori: la lingua tocca il velo palatino.

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2.2 Vocali dell’italiano Se la lingua assume una posizione alta si produrranno suoni come [i] o [u], se assume una posizione bassa suoni come [a]. Se la lingua è in posizione avanzata si produrrà una [i] o una [o], se è in posizione arretrata [u] o [o]. Se le labbra sono arrotondate si produrranno vocali come [u] o [o], se non sono arrotondate vocali come [i] o [e]. es. - i alta anteriore non arrotondata Italiano , vIno, solI - e medio-alta anteriore non arrotondata Eroico, saporE - o medio-bassa anteriore non arrotondata Elle, lacchE’ - a bassa centrale non arrotondata Amo, sAno - o medio bassa posteriore arrotondata Otto, perO’ ,botte (percosse) - o medio alta posteriore arrotondata Obesità,amicO , botte vino - u alta posteriore arrotondataUnico, lUna 2.3 Combinazioni di suoni Le consonanti possono combinarsi insieme formando dei nessi consonantici. Le combinazioni di consonanti non sono libere ma soggette a restrizioni; vi è inoltre una differenza tra le combinazioni possibili in posizione iniziale e quelle in posizione interna. Le combinazioni di vocali in una medesima sillaba danno luogo a dittonghi, che possono essere ascendenti (approssimante seguita da vocale accentata) o discendenti (vocale accentata seguita da un approssimante). Esistono anche dei trittonghi. La combinazione di due vocali appartenenti a due sillabe diverse da luogo ad uno iato. 3.suoni e grafia Un sistema è coerente quando ad un suono corrisponde un segno e viceversa. In italiano si incontrano le seguenti incoerenze del sistema grafico: -due simboli diversi per un suono solo : Cuore, Quando [K] -due suoni diversi scritti con lo stesso simbolo : Sera, roSa [s] [z] -due simboli per un solo suono e tre simboli per un solo suono : maGHe [g] SCIocco [ ] 4. Trascrizione fonetica I suoni possono essere semplici o geminati. Il simbolo per l’accento [‘] si colloca prima della sillaba accentata. A partire dai simboli IPA si può trascrivere qsi enunciato di qsi lingua. 4.1 Confini Il morfema è l’unità più piccola dotata di significato, quindi parole come “veloce-mente“ o “bar-ista“sono composte da due morfemi. Il confine di sillaba viene normalmente rappresentato da un punto (.)es. ve.lo.ce.men.te, il confine di morfema con il simbolo (+)es. veloce+mente, mentre il confine di parola con il simbolo (#)#velocemente#. 5. Fonetica e fonologia La fonetica si occupa dell’aspetto fisico dei suoni (la sua unità è il fono) mentre la fonologia si occupa della funzione linguistica dei suoni (la sua unità è il fonema). Nella linguistica innanzitutto si cerca di scoprire:

- quali sono i fonemi di una data lingua; si ricorre alla nozione di distribuzione e di coppie minime - come i suoni si combinano insieme; vengono descritte dalle regole fonologiche - come i suoni si modificano in combinazione; vengono descritte dalle regole fonologiche

5.1 Il contesto Ogni suono ha una sua distribuzione, ovvero contesti o posizioni in cui può comparire, è la posizione della parola. 5.2 Foni o fonemi I “foni” sono suoni/rumori del linguaggio articolato e hanno valore linguistico quando sono distintivi, cioè contribuiscono a differenziare dei significati. Le “coppie minime” sono coppie di parole che si differenziano solo per un suono nella stessa posizione. Due foni che hanno valore distintivo sono detti “fonemi”. Un fonema è un segmento fonico che ha:

- una funzione distintiva; - non può essere scomposto in una successione di segmenti che abbiano valore distintivo; - è definito solo da caratteri che abbiano valore distintivo.

Il fonema è l’unità che si colloca a livello astratto, e dunque a livello di langue; i foni invece si collocano a livello concreto e dunque di parole. 5.3 Le regole di Trubeckoj

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Trubeckoj enunciò tre regole per stabilire se due foni hanno valore distintivo o meno: 1) Quando due suoni ricorrono nella stessa posizione e non possono essere scambiati fra loro senza che si

modifichi il significato delle parole, sono realizzazioni fonetiche di due diversi fonemi;es varo, faro 2) quando due suoni della stessa lingua si trovano nelle medesime posizioni e possono essere scambiati senza

modificare il significato delle parole, sono varianti fonetiche facoltative di un unico fonema; es renna-Renna – VALORE INDIVIDUALE

3) quando due suoni di una lingua, simili dal punto di vista articolatorio, non ricorrono mai nelle stesse posizioni, sono due varianti combinatorie dello stesso fonema. Es. naso [nazo], ancora [a kora] – VALORE COMBINATORIO

La linguistica statunitense usa invece le nozioni di:

- Distribuzione contrastiva: quando due foni possono comparire nello stesso contesto e si ottengono così due significati diversi, allora i due foni sono in distribuzione contrastiva e sono realizzazioni di due fonemi diversi; - Distribuzione complementare: quando due foni non possono ricorrere nello stesso contesto si tratta di “allofoni” dello stesso fonema.

Si può fare inventario dei fonemi in una lingua, in italiano sono circa 30. 5.4 allofoni Sono la variante di un fonema. 5.5 varianti libere Se due suoni foneticamente simili si possono trovare nello stesso contesto ci sono due possibilità: o sono fonemi diversi (cambia il significato) o sono varianti libere (il significato non cambia). 7.1 parentesi serve a unificare fatti formalmente diversi tra loro quelle tonde indicano la facoltività. 8 fenomeni fonologici e tipi di regole una regola fonologica è un meccanismo che connette una rappresentazione fonologica ad una rappresentazione fonetica ed opera una serie di cambiamenti. 9. La sillaba è il mattone minimo dell’enunciato, l’unità di combinazione di fonemi funzionanti come unità pronunciabile In italiano la sillaba minima è costituita da una vocale, il nucleo sillabico. Il nucleo può essere preceduto da un attacco o seguito da una coda; nucleo più coda costituiscono la rima. L’aplologia è la cancellazione della sillaba finale di parola in composizione. 11. Fatti soprasegmentali La fonologia basata sui segmenti è detta “segmentale”; esistono però fenomeni che non possono essere attribuiti ad un segmento e che sono detti “soprasegmentali”:

Lunghezza: riguarda la durata temporale dei suoni e può avere caratteristiche distintive o meno. Es. pena/penna

Accento: è una proprietà delle sillabe e non dei singoli segmenti. Una sillaba tonica è realizzata con maggiore intensità rispetto ad una sillaba atona; solo nelle lingue ad accento non fisso questo può avere valore distintivo. Es. ‘ancora/an’kora

Intonazione: esistono dei picchi e degli avvallamenti che producono un effetto percettivo di tipo melodico che prende il nome di “intonazione”. Le dichiarative hanno una curva melodica con andamento finale discendente, mentre le interrogative hanno una andamento finale ascendente.

CAPITOLO V LA STRUTTURA DELLE PAROLE: MORFOLOGIA

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Intro Lo studio delle parole e delle varie forme che possono assumere è la morfologia. Le parole possono essere semplici o complesse; le parole complesse possono essere derivate, cioè prefissate o suffissate, o composte. Sia le parole semplici che complesse possono essere flesse per genere, numero... 1. La nozione di parola Le parole sono unità della lingua e non sempre ciò che conta come parola in una lingua vale anche per le altre. Si possono distinguere varie accezioni di parola: la parola fonologica non coincide con quella morfologica o sintattica. Un criterio operativo abbastanza efficace è di considerare parola quelle unità che non possono essere interrotte, o meglio al cui interno non si può inserire altro materiale linguistico. 1.1 Tema, radice e forma Si consideri il verbo “amare”; la forma “amare” è la forma di citazione che troviamo sui dizionari, anche detta lemma; è la forma di rappresentazione di tutte le forme flesse che il verbo può avere. La forma di citazione è la forma del verbo all’infinito. La forma di citazione del nome è il maschile/femminile al singolare; la forma di citazione dell’aggettivo è sempre il maschile singolare. In un testo compaiono forme flesse; il processo che porta dalle forme flesse ai lemmi è la lemmatizzazione. Per quel che riguarda il verbo bisogna distinguere tra tema e radice: togliendo la desinenza flessiva al verbo “amare” si otterrà “ama” che è il tema; il tema può essere analizzato come una radice “am” più una vocale tematica. 2. Classi di parole Le parole di un lingua sono raggruppate in “categorie lessicali” che sono: nome, verbo, pronome, articolo, aggettivo, preposizione, avverbio, congiunzione e interiezione. Le classi di nomi che assumono forme diverse sono dette “variabili”, mentre le altre sono dette “invariabili”. Un’altra distinzione è quella tra parole “aperte” e “chiuse”: alle prime si possono aggiungere sempre nuovi membri, le altre sono formate da un numero finito di membri. Le categorie lessicali cui le parole appartengono limitano le combinazioni possibili delle parole. 3. Morfema Un morfema è la più piccola parte della lingua dotata di significato; è un segno linguistico costituito da significante e significato. I morfemi si dividono in lessicali e grammaticali: i primi hanno significato che non dipende dal contrasto mentre i secondi ricevono significato dal contesto in cui si trovano. Ad esempio la parola “libri” si divide in “libr” (morfema lessicale) e “i” (morfema grammaticale). Un morfema può essere così piccolo da essere costituito da un solo fonema. I morfemi possono essere liberi o legati: sono liberi quando possono ricorrere da soli in una frase e sono legati quando per poter esistere in una frase bisogna aggiungere altre unità. Le parole composte da un solo morfema sono “monomorfemiche”, quelle composte da due morfemi sono “bimorfemiche”. Il termine morfema designa un’unità astratta che è rappresentata a livello concreto dall’allomorfo. Ad esempio in inglese il plurale viene indicato con la “s” di cui si possono avere tre realizzazioni [s], [z] e [׀ z]: queste tre rappresentazioni del morfema sono i suoi allomorfi. Es. rock [S] toy [z] dish [iz] 4. Flessione, derivazione e composizione Le parole semplici possono subire diversi processi di modificazione:

- Flessione: aggiunge alla parola di base informazioni riguardanti genere, numero, caso... - Derivazione: aggiunta di una forma legata (affisso) ad una forma libera e può avvenire per prefissazione, suffissazione e infissazione. - Composizione: forma parole nuove a partire da due esistenti.

5. Morfologia come processo Un verbo può nascere come tale o divenirlo attraverso diversi processi. La composizione e la derivazione si distinguono perché il primo processo unisce due forme libere mentre il secondo una forma libera e una complessa. Prefissazione e suffissazione in quanto il prima non cambia la categoria lessicale mentre la seconda sì. Esistono altri processi di modificazione delle parole:

- Conversione: cambiamento di categoria senza che vi sia aggiunta manifesta di affissi. - Raddoppiamento: raddoppiamento di un segmento parziale. - Parasintesi: base più prefisso e suffisso senza che la sequenza prefisso/base sia una parola dell’italiano e altrettanto non lo sia base/suffisso. Es a-bottone-are

6. Allomorfia e suppletivismo

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L’allomorfia è il livello concreto dei morfemi. Si parla di suppletivismo quando in una serie omogenea si trovano radicali diversi che intrattengono evidenti rapporti semantici ma non altrettanto evidenti rapporti formali. Ad esempio vado/andiamo, acqua/idrico... Il suppletivismo può essere sia “forte” che “debole”: è forte quando vi è alternanza dell’intera radice, è debole quando tra i membri della coppia vi è una base comune. 7. Parole semplici e parole complesse Le parole semplici sono date e costituiscono il lessico del parlante, esempio ieri, mentre quelle complesse sono formate tramite regole morfologiche esempio capostazione = capo+ stazione. 8. Parole suffissate Postino = posta+ino Giornalaio= giornale+aio 9. parole prefissate Disabile= dis+abile Retrobottega= retro+ bottega 10. Morfologia e significato La formazione delle parole consta di una parte formale e una parte semantica. Ad esempio: vino+aio = vinaio (persona che vende vino); giornale+aio= giornalaio (persona che vende giornali). La parte fissa “aio” è la parte fissa di significato, mentre quella variabile corrisponde al nome di base. La semantica di una parola è composizionale (o trasparente), cioè si ottiene dal significato degli elementi componenti. Il suffisso “-bile” fornisce un significato passivo. Quando una parola permane a lungo nel lessico può acquistare significati idiomatici, ovvero non desumibili dagli elementi che la costituiscono. 11. Composti dell’italiano Si consideri un composto come “camposanto”, la struttura è rappresentabile come [[campo]N+[santo]A]N. Il composto ha la stessa categoria lessicale di uno dei suoi composti. Diremo che “campo” è la testa del composto e che la “categoria N” del composto deriva dalla testa. Identificare la testa del composto è importante perché è da questa che derivano al composto una serie di qualità; è dalla testa che derivano al composto a) le informazioni categoriali, b) i tratti sintattico-semantici e c) il genere. Un composto è una parola non interrompibile, all’interno della quale non possono essere inseriti altri elementi. Esistono vari tipi di composti:

- composti neoclassici: formati da due forme legate di origine greca o latina e da una forma libera o una legata, ad esempio “antropo+fago”, “dieta+logo”; - composti incorporati: sono formati da un sintagma costituito da un verbo seguito da un SNO, ad esempio “horseride”; - composti sintagmatici: sono più di origine sintattica che morfologica; - composti reduplicati: formati dalla stessa parola ripetuta; hanno in genere un significato intensivo; - composti troncati: formati per troncamento del primo costituente o di entrambi.

CAPITOLO VI LESSICO E LESSICOLOGIA Intro Esistono almeno due accezioni di lessico: uno è il lessico mentale dei parlanti e l’altro prende la forma del dizionario. Le parole di una lingua sono memorizzate, mentre le frasi sono costruite tramite regole, ma non sono memorizzate. 1. Lessico mentale Con “lessico mentale” si intende non solo la conoscenza delle parole, ma anche le conoscenze relative al funzionamento delle parole e dei rapporti tra le parole. Questo significa che ogni parlante è in grado di estrarre dal proprio lessico mentale delle liste di parole con certe caratteristiche. I parlanti sanno anche come tradurre i suoni di una parola nella grafia del proprio alfabeto. Per quanto riguarda l’accesso al lessico si suppone che alle parole si acceda tramite i primi suoni delle parole stesse. 2. Dizionari

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Un dizionario si pone a livello della langue nel senso che è l’insieme delle parole usate da tutta una comunità linguistica; nei dizionari vi è anche molta diacronia, cioè vi si conservano parole che appartengono al passato. Un dizionario è costituito da lemmi e non da forme flesse. La differenza tra dizionario e enciclopedia è che il primo è una lista di parole che contiene informazioni sulla natura e sull’uso delle parole, mentre la seconda contiene informazione su tutto lo scibile umano. 2.2 Lessicalizzazioni Sono esempi di lessicalizzazioni “tagliare la corda”, “nontiscordardimé”, il cui significato non è desumibile dalla somma dei significati delle parti. Si ha lessicalizzazione quando un gruppo di parole si trasforma in un’unita lessicale che si comporta come una parola sola. Esiste poi un processo di grammaticalizzazione per cui un’unità perde il suo significato lessicale per assumerne uno grammaticale, come ad esempio il suffisso “–mente”. 3. Stratificazione del lessico Il lessico di ogni lingua è stratificato; lo strato [+nativo] è quello centrale, quello [-nativo] definisce gli strati periferici che spesso riflettono le vicende storiche. Lo strato [-nativo] dell’italiano è costituito da prestiti e calchi. Sia prestiti che calchi riguardano interferenze tra sistemi linguistici diversi. Si parla di calco quando vi è una riproduzione che sia di struttura morfologica, sintattica o semantica (ad esempio “skyscraper”=”grattacielo”); se la riproduzione è più centrata sul significante si parla di prestito. I prestiti possono essere “adattati” (parole entrate a far parte della lingua italiana) o “non adattati” (forma estranea alle regole fonologiche dell’italiano). 4. Dizionari specialistici I dizionari sono: - Monolingui

- Bilingui - Plurilingui - Etimologici - Sinonimi e contrari - Neologismi - Elettronici - Inversi - Di frequenza e concordanze

4.1 Dizionari elettronici Permettono una serie di funzioni importanti:

- Ricerca di lemmi - Ricerca di più lemmi con certe caratteristiche comuni - Caratteri speciali - Operatori logici - Possibilità di creare dizionari personalizzati - Sillabazione dei lemmi - Ottenere le forme flesse con l’indicazione degli ausiliari per i verbi - Trovare sinonimi e contrari - Arrivare ad un lemma a partire da una forma flessa - Ascoltare la pronuncia delle parole

CAPITOLO VII LE COMBINAZIONI DELLE PAROLE: SINTASSI

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1. La valenza I verbi, così come gli elementi chimici, hanno bisogno di essere accompagnati da un determinato numero di altri elementi, affinché la frase risulti ben formata. Esiste quindi una valenza verbale. Gli elementi richiesti obbligatoriamente da un verbo sono detti argomenti. Tipologie della valenza dei verbi:

- verbi avalenti: non sono accompagnati da nessun argomento. Ad esempio piovere; - verbi monovalenti: un solo argomento, sono verbi intransitivi. Ad esempio correre, parlare, arrivare...; - verbi bivalenti: due argomenti, sono verbi transitivi. Ad esempio catturare, piantare, lanciare...; - verbi trivalenti: tre argomenti, sono i verbi “di dire” o “di dare”. Ad esempio <Il professore ha detto ai ragazzi di fare silenzio.>.

All’interno di una frase esistono inoltre degli elementi facoltativi detti circostanziali. 2. I gruppi di parole Un gruppo di parole è detto “sintagma”. Esistono dei criteri che ci permettono di individuare gruppi di parole:

- Movimento: le parole che fanno parte di uno stesso gruppo si muovono insieme. - Enunciabilità in isolamento: le parole che fanno parte dello stesso gruppo possono essere pronunciate da sole. - Coordinabilità: le parole che fanno parte dello stesso gruppo possono essere unite ad un altro gruppo.

La parola intorno alla quale è costruito un gruppo di parole è chiamata “testa” del gruppo di parole, gli altri elementi del gruppo sono detti “modificatori”; a seconda del tipo di parola otterremo diversi gruppi di parole:

- Sintagmi preposizionali: testa=preposizione; - Sintagmi nominali: testa=nome; - Sintagmi verbali: testa=verbo; - Sintagmi aggettivali: testa=aggettivo.

Una rappresentazione della struttura dei sintagmi è costituita di diagrammi ad albero (indicatori sintagmatici), tramite lo “schema X-barra”, oppure tramite parentesi. I sintagmi sono i costituenti della frase mentre le parole sono i costituenti ultimi della sintassi. I sintagmi più semplici sono quelli costituiti dalla sola testa che è l’unico elemento la cui presenza è necessaria. 3. Le frasi 3.1 Frasi e gruppi di parole Una frase è un gruppo di parole che esprime un senso compiuto, ma è anche vero che una sola parola può esprimere senso compiuto: se grido: <Gianni!> questa sola parola è sufficiente ad esprimere senso compiuto, cioè a richiamare l’attenzione di Gianni. Esiste una differenza essenziale tra i gruppi di parole chiamate “frasi” e gli altri gruppi di parole, cioè che le frasi sono composte di soggetto e predicato (con struttura predicativa). Il rapporto soggetto/predicato è di “dipendenza reciproca”, ossia l’uno dei due elementi esiste solo perché esiste l’altro. Con il termine “proposizione” si intende un frase con struttura predicativa di senso compiuto o meno. Esistono tre tipi di entità che possono essere chiamati frasi:

1) proposizioni di senso compiuto; 2) espressioni di senso compiuto che non sono gruppi di parole (struttura non predicativa); 3) proposizioni senza senso compiuto.

3.2 Tipi di frasi Una prima distinzione è quella tra frase semplice e complessa; la frase semplice non contiene altre frasi mentre quella complessa è formata da più frasi. Il rapporto tra le frasi che costituiscono una frase complessa può essere di coordinazione o di subordinazione: frasi semplici sono coordinate quando sono sullo stesso piano, sono subordinate quando non sono sullo stesso piano e in questo caso avremo frasi principali o dipendenti. Modalità delle frasi:

- Dichiarative. - Interrogative, che si dividono in “sì\no” e “wh-” (di specificazione). - Imperative. - Esclamative.

Dal punto di vista della polarità le frasi si distinguono in affermative e negative esempio (Gianni è partito/ Gianni non è partito); dal punto di vista della diatesi si distinguono frasi attive da frasi passive (Gianni ama maria/ maria è amata

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da Gianni), il punto di vista della segmentazione oppone frasi segmentate a quelle non segmentate (questo libro, non lo avevo mai letto /non avevo mai letto questo libro). 4. Soggetto e predicato A livello sintattico si definisce “soggetto” l’argomento che ha la stessa persona e lo stesso numero del verbo; a livello semantico il “soggetto” è colui che compie l’azione, a livello della comunicazione il “soggetto” è ciò di cui si parla. E’ meglio però limitarsi ad usare i termini “soggetto” e “predicato” per riferirsi alle nozioni di livello sintattico. A livello semantico si parlerà di “agente” e “azione”, mentre a livello della comunicazione si parlerà di “tema” per indicare il “soggetto” e di “rema” per indicare il “predicato”. 5. Categorie flessionali Le desinenze delle parti del discorso variabili esprimono le diverse categorie flessionali: ad esempio il genere, il numero, il caso, il tempo, la persona e il modo. Se due parole hanno le stesse categorie flessionali si parla di “accordo”; se invece una parola ha una data categoria flessionale perché le è assegnata da un’altra parola con categorie flessionali diverse si parla di “reggenza”. 5.1 Genere, numero e persona In italiano esistono due generi, il maschile e il femminile; gli elementi del sintagma devono accordarsi con il genere del nome testa del sintagma nominale, questo non succede ad esempio in inglese in quanto l’aggettivo è invariabile. Per quanto riguarda il numero, l’italiano oppone l’indicazione di un solo oggetto a quella di più oggetti appartenenti alla stessa classe, quindi singolare e plurale. In lingue come il greco o il sanscrito esistono tre numeri grammaticali: il singolare, il plurale e il duale; altre lingue hanno un’espressione anche per il triale. Come il genere, anche il numero manifesta il fenomeno dell’accordo: se la testa del sintagma nominale è singolare devono esserlo anche gli altri elementi del sintagma. Le persone grammaticali sono tre: prima persona (colui che parla), seconda persona (a chi ci si rivolge) e terza persona (quella che non entra nel dialogo). 5.2 Caso Il “caso” indica la relazione che un dato elemento nominale ha con le altre parole della frase, in cui si trova. In italiano, le relazioni tra verbo e argomenti sono espresse mediante 1) l’ordine delle parole e 2) l’uso di un morfema grammaticale libero. In latino la diversa relazione degli argomenti con il verbo è espressa dalla loro desinenza: nominativo, accusativo, dativo, genitivo, vocativo e ablativo. 5.3 Tempo e modo Una frase come <Gianni è partito.> contiene un’espressione di tempo. La frase può essere enunciata in un determinato momento, il momento dell’enunciazione, mentre il tempo indicato nella frase è detto momento dell’evento. In determinate frasi viene indicato anche un momento di riferimento diverso dal momento dell’enunciazione e del momento dell’evento (ad esempio <Gianni parte.>. Per operare invece altre distinzioni all’interno del sistema dei tempi dell’italiano si ricorre alla categoria dell’aspetto: questa categoria ci permette di distinguere fra i tempi del passato cioè l’imperfetto, il passato prossimo e il passato remoto. Il termine “imperfetto” rimanda a qualcosa di non finito, si parla quindi di aspetto imperfettivo; passato prossimo e remoto sono esempi di aspetto perfettivo, cioè compiuto. Il passato prossimo descrive un evento passato i cui effetti sussistono ancora nel presente; il passato remoto descrive un evento che non ha più alcun rapporto con il presente.

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CAPITOLO VIII SEMANTICA E PRAGMATICA Intro La semantica studia il significato delle espressioni linguistiche, mentre la pragmatica il loro uso. Il significato non può essere semplicemente definito come “segmento di realtà” in quanto ci sono differenze nel modo in cui ogni lingua definisce la realtà. Ad esempio, in inglese ‘wood’ significa sia ‘legno’ che ‘bosco’, ma un inglese sa perfettamente distinguere i due concetti. 1. Significato, denotazione e riferimento Il significato è un modo di indicare la realtà attraverso espressioni del linguaggio mentre il riferimento è la realtà denotata da queste stesse espressioni. 2. Semantica Lessicale 2.1. Ambiguità del significato: omonimia e polisemia I lessemi delle lingue umane manifestano alcune particolarità interessanti e sono connessi gli uni agli altri da alcune relazioni. Alcuni lessemi sono detti ambigui in quanto propri di più significati e si può trattare di:

- Polisemia: se i significati sono in qualche modo collegati (collo umano e di bottiglia, mano fisica e di vernice...). - Omonimia: se i significati sono diversi, come ‘vite’ nel senso di ‘albero d’uva’ o di plurale di ‘vita’.

2.3. Estensioni di significato, metafora e metonimia La metafora è l’uso traslato di una parola sulla base di una parziale somiglianza fondamentale e il significato traslato. La metonimia consiste nell’estendere il significato di una parola ad un altro significato connesso al primo per contiguità. 2.4. Relazioni di significato: sinonimia, antonimia, iponimia, iperonimia La sinonimia è la relazione fra più lessemi con lo stesso significato. L’opposto della sinonimia è l’antonimia, cioè l’espressione di due lessemi opposti che possono essere contrari (nero/bianco) o contraddittori (scapolo/sposato). L’iponimia indica un significato contenuto nell’altro (uccello è iponimo di animale), l’iperonimia indica un significato che contiene l’altro (animale è iperonimo di uccello). 3. Semantica Frasale Secondo il principio di composizionalità, il significato di una frase è il risultato della combinazione dei significati delle parole che la compongono. 3.1. Tautologia, contraddizione, analiticità, presupposizione Una frase semplice può essere vera o falsa. Contraddizione: una frase complessa formata dal connettivo proposizionali ‘e’ può essere vera, solo se tutte le frasi semplici che la compongono sono vere (oggi piove e non piove: falsa.). Tautologia: una frase complessa formata dal connettivo proposizionale ‘o’ può essere vera solo se una delle due frasi che la compongono è vera (oggi piove o non piove: vera.). L’analiticità si presenta in frasi la cui verità o falsità è determinabile solo sulla base del significato dei connettivi e dei lessemi contenuti in esse. La presupposizione è una frase che deve essere vera perché le frasi conseguenti possano avere una valore di verità, altrimenti, esse non sarebbero ne vere, ne false ma inappropriate. 3.2. Frasi con quantificatori e pronomi I quantificatori sono parole come tutti, nessuno, qualche, ogni, uno… Se ad esempio un pronome si riferisce a qualcuno che è dentro al gruppo indicato dal quantificatore, allora è nella sua portata (portata del quantificatore). In "ogni ragazzo ama la sua ragazza", "sua" può rientrare o meno nella portata di "ogni": se ci rientra, s'intende che ogni ragazzo ama la propria ragazza; se no, “sua” è riferito a una persona al di fuori dell'ogni, la ragazza di qualcun altro. Nel primo caso "sua" è legato, nel secondo è libero. Un pronome personale non può essere legato entro la frase semplici in cui si trova, un pronome riflessivo invece deve esserlo. 4. Gli atti linguistici

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4.1 I tipi di atti linguistici L’uso del linguaggio umano consiste nell’esecuzione di determinati atti:

- Locutori: pronuncia di parole e sintagmi. - Proposizionali: riferirsi a determinate entità e dirne la proprietà. - Illocutori: constatare, consigliare, ordinare, promettere ecc… - Perlocutori: tentare di riprodurre un effetto sull’interlocutore (convincerlo…).

In ogni atto linguistico questi atti sono compresenti; l'unico che non si realizza sempre è il proposizionale. Le varie forme di atti illocutori non vanno confuse con le diverse modalità assunte da una frase: una domanda non è per forza una frase interrogativa... in questi casi si parla di atti linguistici indiretti. Certi atti illocutori contengono verbi performativi, cioè che, nel momento stesso in cui si pronunciano, compiono un'azione (ad es "prometto che...").

5. Uso letterale e non delle espressioni linguistiche Secondo Grice, La conversazione è regolata da massime, cioè raccomandazioni al parlante di quattro categorie:

- Quantità: fornisci l’informazione necessaria, non scarsa ne superflua. - Qualità: sii veritiero. - Relazione: sii pertinente alla conversazione. - Modalità: evita ambiguità, sii breve ed ordinato.

CAPITOLO X LA LINGUISTICA STORICA

Intro: Linguistica storica: studia il mutamento delle lingue nel tempo. Sviluppatasi dai primi anni dell'800, cerca di ricostruire i suoni originari, alla base delle lingue poi sviluppatesi, col metodo della comparazione tra le lingue. Umanisti pre-ottocenteschi credevano che la lingua cambiasse solo per cause esterne (tipo invasioni barbariche), tranne Dante che sosteneva che il tempo fosse sufficiente a cambiarle: è la posizione riconosciuta tutt'oggi come vera. Ogni bambino che impara la lingua dai genitori ne sviluppa una competenza propria, quindi diversa; differenze così lievi, sommandosi nelle generazioni, provocano cambiamenti forti. 1 Il meodo comparativo e la ricostruzione delle lingue originarie 1.1 Caratteristiche del metodo comparativo Non vanno confrontate parole a caso per dimostrare che due lingue hanno un antenato comune, perché spesso le somiglianze sono dovute a prestiti. E' meglio confrontare parole "native", come quelle che indicano numeri, parti del corpo o nomi di parentela. Bisogna cercare corrispondenze sistematiche tra fonemi e morfemi in una certa lingua, ovvero scoprire che a determinati fonemi e morfemi in una lingua ne corrispondono certi altri in un'altra. Così si potrà dimostrare che anche parole apparentemente molto diverse hanno la stessa etimologia: è il caso di piede e foot. Le corrispondenze devono trovarsi in molte parole native; va poi ricostruito il cammino che ha portato la parola a trasformarsi. Mentre per le lingue romanze abbiamo moltissimi scritti nella loro lingua originaria, il latino, per quelle germaniche non ne abbiamo nessuno, e tuttavia si può ipotizzare una lingua originaria proto-germanica (o germanico comune). Le corrispondenze si cercano tra morfemi e fonemi, non tra parole. 2.2 L’albero genealogico delle lingue indoeuropee. Dal confronto di lingue più strettamente apparentate, cioè appartenenti allo stesso gruppo, si ricostruisce una lingua originaria, tipo il germanico comune, lo slavo comune ecc… esse sono tutte frutto di una ricostruzione, tranne il latino. La comparazione dei vari gruppi linguistici ci permette poi di ricostruire la lingua originaria dell’intera famiglia, cioè l’indoeuropeo. 2. Il mutamento fonetico e le leggi fonetiche Il sistema fonologico italiano contiene sette fonemi vocalici, in sillaba accentata /i,e,e,a,o,o,u/ questi fonemi si distinguono per la posizione della lingua in senso verticale (alti, medioalti, mediobassi, bassi) e in senso orizzontale (anteriori, centrali, posteriori). In latino invece i fonemi vocalici si distinguevano anche per la lunghezza. Uno dei mutamenti fonetici più importanti della storia della lingua inglese è il cosidetto Great Vowel Shift, cioè un grande mutamento vocalico avvenuto all’inizio del cinquecento, che ha segnato il massaggio dall’inglese medio a quello moderno. La legge fonetica è un mutamento fonetico che opera con assoluta regolarità. 2.1 Leggi fonetiche concorrenti + 2.2 2.3 e 2.4 Legge di Grimm: alle occlusive sorde indoeuropee corrispondono, nelle lingue germaniche, delle fricative sorde.

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Legge di Verner: nel passaggio dall’indoeuropeo alle lingue germaniche, le occlusive sorde indoeuropee diventano prima fricative sorde; tali fricative sorde, diventano sonore se l’accento le segue mentre rimangono sorde se l’accento le precede. Contesto fonetico: se certi fonemi sono adiacenti a certi altri, subiscono determinati cambiamenti diversi da quelli previsti dalla legge generale. L’analogia è un meccanismo che crea forme nuove su un meccanismo di forme esistenti, un fenomeno morfologico i cui effetti producono apparenti eccezioni alle leggi fonetiche. Ad esempio in italiano possiamo costruire parole nuove sul modello dell’aggiunta di un suffisso –tore a un tema verbale X, creando un nome con il significato di ‘colui che fa l’azione descritta da X’ (pensare, pensatore). La contaminazione è un fenomeno per il quale gli elementi che costituiscono una forma si mescolano con quelli di un’altra forma (mescolanza). 2.5 Contatto fra lingue Possiamo distinguere tre tipi di prestiti:

- Culturalmente e cronologicamente sullo stesso piano: prestiti fra inglese e italiano. - Tra una lingua morta e una lingua parlata: prestiti da latino e greco in italiano. Gli Allotropi sono coppie di

parole italiane derivanti dalla stessa parola latina, ma una entrata in italiano secondo un mutamento fonetico "regolare", l'altra di "derivazione dotta", cioè presa a prestito dagli eruditi in epoca successiva.

- Tra un dialetto e una lingua standard. 2.6 Conclusione sulle leggi fonetiche Non sono state trovate reali eccezioni alle leggi fonetiche in quanto tali, ovvero casi in cui un suono A è mutato, in una stessa lingua, a volte in B a volte in C; quando avviene è per i motivi sopra spiegati. A differenza di quelle scientifiche, tuttavia, le leggi fonetiche hanno validità limitata nel tempo e nello spazio: sono corrispondenze sistematiche tra suoni in fasi storiche diverse di una stessa lingua. Qualunque ricostruzione etimologica che implichi corrispondenze diverse deve essere giustificata o dall'individuazione di un'altra legge, o da un particolare contesto fonetico, o da particolari fattori o dall'entrata nella lingua di prestiti. 3. Il mutamento morfologico Retroformazione: fenomeno per cui B sembra derivare da A, ma in realtà è A che deriva da B. Spesso la confusione accade perché la vera parola base ha un suffisso in più rispetto alla derivata. Grammaticalizzazione: un lessema si trasforma in un morfema legato. Ad es -mente in origine era l'ablativo di mens, e "sincera mente" significava "con mente sincera"; poi mente ha cominciato ad essere percepita come suffisso. Ricategorizzazione: riguarda il passaggio dal sistema dei tre generi latini ai due italiani. Di solito i neutri diventano maschili anche grazie al fatto che accusat neutro e maschile sono uguali; ma a volte no, come per "foglia". 4. Il mutamento sintattico Ne sono esempi il passaggio dal latino, in cui c'era solo il perfetto, agli italiani passato prossimo e remoto; la nascita degli articoli; in inglese, la divisione tra verbi lessicali e i modali. Il latino è una lingua prevalentemente OV anche se l'ordine delle parole non è sempre fisso e non possiamo chiedere a un antico romano quale ordine gli sembri più normale. L'italiano, invece, è una lingua SVO e ne possiede regolarmente tutte le caratteristiche. 5. Il mutamento lessicale e semantico Mutamento semantico: in base alla definizione di significato, un mutamento semantico sarà un cambiamento nel modo di indicare la realtà. Il cambiamento può avvenire per:

- restringimento del significato: ad es “fortuna” in latino significava “sorte”, in italiano solo “buona sorte”. - ampliamento del significato: ad es “virtus” indicava le qualità dell'uomo maschio, in italiano in generale

qualità positiva. - metafora: capire viene da capere = afferrare, quindi la metafora è afferrare con la mente. - metonimia: contiguità col significato precedente: da buccam = guancia a “bocca”. - sineddoche: parte per il tutto: l'inglese stove=stufa viene da stube che indicava stanza riscaldata. - iperbole: da un significato più forte a uno più debole. - litote: da un significato più debole a uno più forte. - degenerazione: parola che indicava una cosa di livello elevato passa a indicarne una di livello basso: facchino

deriva dall'arabo faqih, originariamente "giureconsulto". - innalzamento: il contrario. - passaggio da significati concreti a astratti (l'inglese understand=stare sotto). - passaggio da nomi propri a nomi comuni (il tedesco Kaiser=imperatore viene da Caesar) .

RIASSUNTO BOMBI

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Prestiti: I prestiti possono essere adattati e/o integrati; i prestiti sono adattati se si adeguano alle norme della

lingua replica, sono integrati se se vengono integrati all’interno del lessico di base della lingua replica. Un parola

può essere integrata ma non adattata, ad esempio “chat” è un prestito integrato ma non adattato.

Calchi: i calchi possono essere strutturali, semantici o concettuali. I calchi strutturali sono così chiamati perché

la struttura della parola della lingua di partenza fornisce il modello, ma la lingua di arrivo utilizza del materiale

lessicale proprio; a loro volta si dividono in perfetti (se rispettano perfettamente la forma di origine, come

outlaw-fuorilegge) e in imperfetti (se non rispettano la forma di origine, come skyscraper-grattacielo) e

possono essere di composizione e di derivazione. I calchi semantici sono fenomeni che consistono in estensioni

di significato di un parola della lingua replica così come lo ha esteso la parola della lingua modello (es. stella,

nel senso di personaggio famoso o congelare, nel senso di sospendere un credito), un caso di polisemia indotta.

Il calco concettuale funziona come il calco semantico solo che il significato della parola è esteso ad una parola

appartenente allo stesso ambito (bug, cimice).

Prestito meccanicamente adattato: è tale se corrisponde a due criteri, cioè se il derivato ha un significato

tecnico non desumibile da quello della base ma comparabile con quello del modello ispiratore e se il derivato

appare prima della forma base o se l’apparizione delle due forme è simultanea. Ad esempio “Invasivo” che

nella lingua speciale della medicina indica un processo complesso nella sua esecuzione.

Prestito decurtato: sono dei composti che si presentano in una forma abbreviata in lingua replica, cioè il genere

con la perdita del secondo elemento. Ad esempio Night per Night Club.

Prestito di ritorno: sono dei tipi lessicali che, presi in prestito da una lingua straniera, successivamente

ritornano alla lingua di partenza con un nuovo significato. Ad esempio Portfolio, trae origine dall'italiano

portafoglio che in inglese viene utilizzato nelle pratiche didattiche per indicare il percorso formativo dello

studente.

Falsi Prestiti: sono delle parole che pur avendo un aspetto inglese, ad un riesame più approfondito non

risultano inglesi. Nascono per la convinzione che l'inglese abbia un maggiore prestigio rispetto all'italiano.

Prestito Apparente: falso prestito determinato in rapporto alla lingua d’origine. Beauty case è

pseudoanglicismo perché, anche se formato da costituenti inglese, è in realtà un'innovazione che non

presuppone un reale processo di interferenza.

Falso Anglicismo: fa parte della categoria dei prestiti apparenti, che per essere considerati tali deve esistere

una corrispondente parola straniera e deve esserci la possibilità di dimostrare che tre questi due termini non

ci sia un rapporto di dipendenza. E’ impossibile fissare un confine netto fra veri e falsi prestiti perché chi ha

creato questi termini lo ha fatto con l’intenzione di impiegare un forestierismo sia che fosse cosciente che

quella non fosse una parola straniera, ma inventata, sia che fosse convinto della reale corrispondenza nell’altra

lingua. Filipovic definisce gli pseudo anglicismi come “espressioni composte da elementi inglesi ma non sono

espressioni inglesi” e li divide in tre classi: 1) composizioni costituite da due anglicismi che già sono presenti

nella lingua replica (tennis man). 2) parole derivate che aggiungono alla base inglese un suffisso straniero di

ampia circolazione (speaker). 3) pseudo anglicismi che perdono un morfema alloglotto. Filipovic pensa che la

loro diffusione sia dovuta a lingue mediatrici come il francese e il tedesco, mentre Spance restringe l’analisi al

francese, distinguendo formazioni pseudo inglesi e fraintendimenti semantici.

Falsi Esotismi: creazioni realizzate con materiale straniero ma prive di modello nella lingua da cui si presumono

ispirate.

Intermediazione Linguistica: è il fenomeno in base al quale l'unità linguistica straniera giunge alla lingua replica

attraverso una terza lingua che modifica l'elemento. Ad esempio una parola inglese che arriva all’italiano

attraverso il francese. Tale intermediazione può avvenire a livello fonologico e a livello morfologico; a livello

fonologico parliamo di prestiti mutuati da parlanti italiani che non avevano accesso diretto alla lingua inglese,

ma indiretto attraverso il francese (ad es. club e bluf, che in italiano si leggono “cleb e “blef”, per l’interazione

francese “klœb” e “blœf” in sostituzione dell’inglese “klɅb” e “blɅf”. In seguito il prestigio dell'inglese e il

rapporto più diretto anglo-italiano hanno portato a una replica più vicina all'originale. Secondo Oriols, il

fenomeno per cui il parlante proietta su una lingua delle marche foniche e grafiche di una terza lingua, in

quanto lingua straniera prevalente, come l'inglese, è detto mediazione interna (ad es. festival, stage e

performance). A livello morfologico assistiamo a fenomeni linguistici per i quali ad esempio i sostantivi

deverbali boicottaggio, linciaggio e monitoraggio che derivano dai modelli boycotting, lynching e monitoring,

hanno tale fisionomia per via dell'intermediazione francese che ha portato alla scelta del suffisso italiano -aggio

piuttosto dell'inglese -ing.

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Grado di fedeltà nel Calco: un criterio classificatorio nel campo delle interferenze è anche quello della maggiore

o minore fedeltà nella riproduzione del modello straniero. In virtù di questo distinguiamo i calchi imperfetti e

perfetti. Sono calchi imperfetti quando non vi è una corrispondenza tra l'ordine dei costituenti della lingua

replica e quella alloglotta, come nel caso di “economia sommersa” da “underground economy”. I calchi perfetti

riproducono fedelmente la sequenza alloglotta, come “fuorilegge” da “outlaw”. Tra le riproduzioni perfette

rientrano anche i calchi strutturali caratterizzati da composizione affissoidale, diffusi grazie alla circolazione

di anglicismi che hanno la struttura di determinante+determinato, come “autosufficiente” da “selfsufficient” o

“telelavoro” da “telework”.

Morfema di Ritorno: riutilizzo di tipi morfemici italiani che, dopo aver acquisito una nuova funzionalità in

ambito anglofono, vengono riportati in italiano. Ad esempio, il suffisso –ESE che in italiano forma aggettivi

etnici (Milano-Milanese), nell’italiano contemporaneo permette di formare neologismi a specifici linguaggi,

quindi; politichese, burocratese, giornalese ecc…

Criteri di Weinreich: sono criteri utilizzati per distinguere diversi fenomeni di interferenza; fra questi è

fondamentale quello della struttura dell’unità linguistica, per il quale distinguiamo: 1) I casi in cui l’oggetto di

interferenza sono parole singole/simple words, che possono essere riprodotte nel duplice aspetto del

significato e del significante oppure una riproduzione del modello unicamente sul piano semantico. 2) I casi in

cui sono in causa parole composte e sintagmi/compound words and phrases, che possono avere riproduzioni

che implicano nella lingua replica la creazione di nuovi elementi oppure riproduzioni della motivazione

semantica e strutturale del modello mediante unità già presenti nella lingua imitante, questa forma di

interferenza è detta loan translation che a sua volta si divide in: Loan Translations veri e propri, cioè imitazioni

fedeli al modello, Loan Renditions, cioè casi in cui la replica diverge maggiormente dal modello e Loan

Creations, cioè creazioni stimolate dalla necessità di troare una designazione per espressioni straniere senza

che fra i due elementi linguistici ci sia alcun richiamo, in particolare di tipo formale.

Calco Strutturale di Composizione: è un tipo di interferenza linguistica che consiste nell'imitazione di un

composto alloglotto attraverso una replica caratterizzata anch'essa da una struttura composizionale. Il parlante

deve percepire la motivazione formale e semantica del modello e riprodurla in maniera inalterata attraverso

elementi linguistici indigeni (es. fuorilegge da outlaw). Distinguiamo composti costituiti da

sostantivo+sostantivo, sostantivo+elemento verbale, sostantivo+aggettivo, preposizione+sostantivo,

prefissoide+sostantivo. Nel caso dei composti sostantivo+sostantivo, mentre prima riflettevano la struttura

latina determinante+determinato (es. terremoto, madrelingua), quelli più recenti presentano l'ordine inverso

determinato+determinante (es. arcobaleno, ferragosto). Es. fuorigioco, rompighiaccio, fuorilegge.

Calco Strutturale di Derivazione: il parlante coglie la relazione esistente tra forma-base e derivato nella lingua

modello e riproduce tale rapporto di derivazione con mezzi indigeni nella lingua replica (ad es. stellina-stella

da star-starlet). Possono avere una struttura di prefisso+sostantivo (superpotenza), vi sono calchi in cui il

modello e la replica si richiamano unicamente per il significato (stellina), altri che riproducono il modello

mediante una replica caratterizzata da un morfema derivazionale differente da quello straniero (boicottaggio),

poi vi sono dei casi limite in cui è difficile fare una netta distinzione tra calco derivazionale e prestito camuffato

o adattato (ottimizzazione/ottimizzare, da to optimize e optimization).

Calco Sintagmatico: tipo di influsso interlinguistico che consiste nell'imitazione di un sintagma alloglotto

mediante una replica caratterizzata anch'essa da un sintagma complesso. I calchi sintagmatici possono essere

perfetti e imperfetti, sono perfetti quando vi è una fedele aderenza al modello alloglotto, poiché viene

preservato l'ordine dei costituenti (es. nuova frontiera da new frontier), sono imperfetti quando la struttura

della replica diverge da quella del modello. Infatti mentre in inglese i sintagmi sono costituiti prevalentemente

dalla combinazione aggettivo+sostantivo, le repliche italiane consistono in una sequenza inversa. Inoltre le

repliche italiane presentano alterazioni strutturali che riflettono la predilezione dell'italiano per strutture più

analitiche costituite ad esempio da un sostantivo+nesso preposizionale(conto alla rovescia). Talvolta

all'imprecisa corrispondenza strutturale può sommarsi una divergenza semantica, come nel caso di scopritore

di “scopritore di talenti”, in cui “scopritore” non è il corrispondente di “scout”.Es, arrampicatore sociale,

esistenza pacifica, nuova frontiera.

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Calco Sintematico: si ha quando il significato dell’espressione linguistica non è carpibile dall’insieme dei

significati dei suoi costituenti. Es. colletti bianchi, economia sommersa.

Calchi Semantici: consistono in estensioni semantiche stimolate da modelli stranieri in grado di produrre

effetti profondi sul sistema della lingua replica. Secondo Gusmani, il calco semantico è una parola polisemica

in cui uno dei significati è sentito come primario rispetto ad uno o più significati secondari. I calchi semantici si

sviluppano da precedenti calchi sintagmatici attraverso un processo per il quale un elemento del sintagma

viene estrapolato e reso autonomo col significato che aveva all’origine (es, angolo da calcio d’angolo). I calchi

di ricomposizione sono una serie di casi in cui è difficile comprendere se siamo davanti ad un caso di calco

semantico o strutturale. Il nuovo elemento nasce in maniera del tutto autonoma rispetto all'omofono già

esistente, e coincide con questo dal punto di vista formale. (es. tavola rotonda inteso come luogo di luogo di

dibattito). Es. Grosso, parola d’ordine, congelare.

Composizione Neoclassica: i composti neoclassici sono formati dall’unione di forme greco-latine, che spesso

vengono detti confissi oppure dall’unione di una forma libera e di un prefissoide o di un suffissoide. Queste

unioni sono molto produttive nelle lingue europee e continuano a generare molti neologismi. La proliferazione

di queste forme dotte (forme combinando in modo originale unità lessicali e morfologiche proprie delle lingue

classiche), hanno generato un procedimento di formazione delle parole che sta tra la derivazione e la

composizione: la ricomposizione. Questo processo si compone in due fasi: la prima è una fase di

decomposizione dove viene estrapolata la singola unità che costituisce la parola e che poi, nella seconda fase,

viene riutilizzata in nuove combinazioni. Il termine ricomposizione venne poi rivisto e cambiato in

“composizione neoclassica”; all’unità formativa venne dato il nome di costituente neoclassico, affissoide,

semiparola o confisso, mentre alla parola composta venne dato il nome di composto neoclassico, composto

dotto o confissato.

Clipping Process: è un processo che consiste nell’isolare un segmento che evoca da solo il valore dell’intera

unità lessicale e lo riutilizza per creare neoformazioni. La porzione di parola ricavata per segmentazione di un

singolo lessema viene definita clipped form. Marchand precisò che si poteva parlare di Back-clipping quando

ad essere eliminato è il tratto finale della parola (Lab, per Laboratory), di Fore-clipping quando ad essere

eliminato è il tratto iniziale della parola (Plane, per Airplane) e più raramente di casi in cui resta solo la parte

centrale della parola (Flu, per influenza).

Blending: il segmento lessicale risultante da clipping a sua volta può unirsi ad un morfema libero o spesso ad

un altro elemento sorto da clipping, questo processo è noto come blending, ossia un processo di formazione

di una parola nel quale due elementi separati si fondono in una nuova forma che di solito mantiene il significato

di almeno una delle due forme, come “brunch” che deriva da breakfast e lunch, queste neoformazioni

prendono il nome di blend.

Prestito camuffato: fenomeno di interferenza in cui viene impiegato un lessema preesistente nella con un

nuovo valore che appartiene ad una parola straniera simile formalmente sulla base di un rapporto che

prescinde dall’eventuale tratto semantico comune. Gli elementi da tenere in considerazione per stabilire quali

sono i prestiti camuffati sono: la discontinuità tra il significato originario del termine straniero e quello del

neologismo; l’appartenenza del termine alle lingue speciali (linguaggi tecnici); la dimostrazione che al

momento della creazione della parola il parlante non ha stabilito nessuna relazione diretta con il termine

straniero già esistente.

Falsi amici: sono ingannevoli parole che a causa di una notevole somiglianza formale vengono tradotte

erroneamente, in quanto il significato è assai differente.

Calco Concettuale: il calco concettuale è una forma di calco in cui l’autonomia della lingua replica è molto forte,

esistono due tipi di calco concettuale: 1) la traduzione approssimativa, in cui una lingua replica impiega un

lessema già esistente o rivitalizza un proprio arcaismo conferendogli un nuovo significato derivato dal

forestierismo (es. panfilo-yacht). 2) i neologismi sostitutivi, che consistono nel creare nuove formazioni nella

lingua replica giustificate dal fatto che si necessita trovare una resa per l’elemento straniero che non trova nella

lingua ricevente un adeguato corrispondente (es. oleodotto-pipeline).

Il caso di baco: per quanto riguarda la parola italiana “baco” possiamo dire che si tratta di una traduzione

approssimativa dell’inglese “bug”. Per spiegare tale scelta, dobbiamo chiamare in causa la notevole somiglianza

formale fra modello e replica ma anche dell’aspetto semantico, in quanto l’accostamento delle due parole può

essere stato dovuto alla loro appartenenza ad una stessa sfera semantica.

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Il caso di Opinion Maker: il termine indica una persona che influenza l’opinione pubblica grazie alla propria

posizione sociale o per la professione esercitata, attestata in inglese nel 1952. In italiano entra inizialmente

come prestito non adattato nel 1979, tuttavia accanto ad esso entra nell’uso la forma “opinionista”, parola che

fa parte della categoria dei semicalchi, cioè un fenomeno di interferenza per il quale la lingua imitante

riproduce approssimatamente il modello, ricorrendo ad una tecnica indigena diversa in parte per forma e

significato. Infatti, nella parola “opinionista” invece dell’accostamento di sostantivi c’è un derivato di

“opinione” e inoltre manca del tutto una corrispondenza della forma inglese “maker”.

Parole da Imparare

Calchi strutturali di composizione:

Rompighiaccio: la parola “rompighiaccio” è un calco strutturale imperfetto di composizione, introdotto nella

lingua italiana nel 1905 dal modello inglese ice-breaker, cioè la nave attrezzata in modo da rompere il ghiaccio

nei mari polari per farsi strada. Tuttavia oltre al calco, la parola ice-breaker entra a far parte della tradizione

italiana anche come prestito non adattato.

Fuorigioco: la parola “offside” indica in contesto sportivo la posizione irregolare di un giocatore nel campo da

calcio, essa entra a far parte della lingua italiana dapprima come prestito non adattato, successivamente entra

nel 1915 “fuori gioco” e dal 1960 la forma univerbizzata “fuorigioco” come calco strutturale imperfetto di

composizione.

Fuorilegge: la parola “fuorilegge” indica il criminale o il bandito classico del West americano d’ottocento ed

entra a far parte della lingua italiana nel 1942 come calco strutturale perfetto di composizione dal modello

inglese outlaw.

Calchi strutturali di derivazione:

Superpotenza: la parola “superpotenza” indica in linguaggio politico uno Stato dotato di un grande apparato

politico ed economico; in italiano “superpotenza” entra nel 1954 come calco strutturale di derivazione dal

modello inglese “superpower”.

Sovrapproduzione: è un termine che indica in economia l’eccedenza di domanda rispetto all’offerta nel

mercato, la parola entra in italiano secondo il Gradit nel 1883 come calco strutturale di derivazione dal modello

inglese “overproduction”.

Linciaggio: è un termine che indica l’esecuzione compiuta da cittadini privati verso qualcuno giudicato

colpevole, entrato in italiano nel 1905. Questo lessema risale al modello “lynching” da “to lynch” ma

probabilmente è giunto in italiano attraverso una lingua mediana, cioè il francese da “lynchage” per l’affinità

tra il morfema –aggio italiano e –age francese.

Calchi sintagmatici:

Arrampicatore sociale: il termine indica qualcuno che cerca in tutti i modi di raggiungere un’elevata posizione

sociale. Tale locuzione entra in italiano nel 1959 come calco sintagmatico imperfetto dal modello inglese “social

climber”. Tuttavia nel lessico attuale troviamo anche il prestito non adattato “social climber”, il prestito

decurtato “climber” e il calco semantico “arrampicatore”.

Nuova Frontiera: locuzione entrata in italiano come calco sintagmatico perfetto dal modello inglese “new

frontier”, termine che indicava una espressione usata come slogan da Jhon Kennedy durante le elezioni

presidenziali del 1960.

Fuga di Cervelli: è un termine usato per indicare l’emigrazione in massa di intellettuali e professionisti ad alto

livello da un paese ad un altro; la locuzione entra a far parte dell’italiano nel 1966 come calco sintagmatico

imperfetto dal modello inglese brain drain.

Calchi Sintematici:

Colletti Bianchi: la locuzione entra nell’italiano nel 1966, è un termine che indica la classe media dei burocrati

e degli impiegati e ricalca il termine inglese “white collars” espressione dovuta al sociologo Wright Mills.

Economia sommersa: la locuzione indica in campo economico le attività produttive che sfuggono al controllo

della pubblica amministrazione; il termini è entrato nell’italiano nel 1979 come calco sintematico imperfetto

dal modello inglese “underground economy”.

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Calchi semantici:

Grosso: inteso come “grande, famoso e importante” è un calco semantico costruito sul modello “big”, entrato

in italiano in tempo relativamente recente. Il termine “big” tuttavia, è entrato in italiano come prestito non

adattato come aggettivo sostantivato.

Congelare: il termine in campo economico indica la sospensione temporanea di un credito; il lessema è un

calco semantico del modello inglese to freeze.

Falsi Anglicismi:

Beauty farm: termine che indica una struttura a metà fra un albergo di lusso e un centro estetico, coniato in

italiano nel 1994. Se pur formato da elementi inglesi, esso è una creazione dei parlanti che desiderano utilizzare

un termine appariscente per descrivere una realtà comune.

Autogrill: termine utilizzato per indicare una zona di ristoro per gli automobilisti, entra in italiano nel 1963

coniato probabilmente dal precedente prestito “grill” a sua volta estrapolato da “grill-room”.