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1 Le tendenze di fondo della finanza globale Scopo di questa presentazione è duplice. Da un alto, vuole descrivere brevemente lo scenario della finanza in cui si svolge l’attività di corporate e investment ban- king. Ciò, al fine di aiutare la comprensione della natura dell’attività stessa, della sua evoluzione nel tempo, delle sue differenziazioni tra aree economiche e geogra- fiche, dei fattori determinanti dei suoi cambiamenti strutturali. Dall’altro lato, vuo- le introdurre nelle linee essenziali i temi che sono sviluppati nel volume. Le attività del corporate e investment banking saranno introdotte con l’intento di indicarne il contenuto principale, l’approccio metodologico seguito nel lavoro e il filo condut- tore che lega insieme le diverse parti. 1.1 I mercati finanziari internazionali: lo sviluppo degli anni Novanta Stati Uniti, Europa e Giappone rappresentano i tre principali poli della finanza inter- nazionale. Vi trovano sede i mercati più rappresentativi, NewYork, Londra e Tokio, quantomeno in termini di volumi trattati, relativamente alle grandi aree di negozia- zione del capitale azionario, del debito e degli strumenti di gestione dei rischi. Come si vedrà più avanti, questo dato essenziale avrà bisogno di qualche precisazione per- ché alcune attività, tra queste la gestione dei rischi, non corrispondono strettamente ai tre centri finanziari in senso stretto, ma all’area geografica di riferimento. Complessivamente, tra il 1995 e il 2005, lo stock di securities in circolazione (azioni e obbligazioni), passa da 45.000 a 102.000 miliardi di dollari. Il rapporto con il GDP passa da 162 a 230 per cento. I tassi di incremento medi del periodo sono più alti per i titoli «privati» (+9,4 per cento) rispetto ai titoli governativi (+6,1 per cento) 1 . Il peso delle principali categorie di emissioni di conseguenza cambia: il rapporto azioni/GDP passa da 64 a 98 per cento; quello tra obbligazioni private e GDP passa da 52 a 80 per cento mentre rimane relativamente stabile il peso dei titoli governativi (da 46 a 52 per cento). L’altro dato di fondo da tenere presente è la crescita dei flussi finanziari cross-bor- der (6.000 miliardi di dollari nel 2005). Il loro tasso di incremento, dagli anni Novan- ta, è sistematicamente al di sopra di quello delle grandezze reali (+10,7 per cento, rispetto a +3,5 per cento del GDP e +5,8 per cento del commercio internazionale). Anche per questa via aumenta il grado di integrazione dei mercati dei capitali nazio- nali in un «unico» mercato globale. ¤ I mercati azionari I tre mercati principali rappresentano circa il 70 per cento dei mercati azionari mondiali. La quota è più o meno invariata tra il 1990 e il 2000, anche se al suo interno si evidenzia il ridimensionamento di Tokyo (da 31 per cento a 10 per cen- to), l’ulteriore crescita di New York (da 35 per cento a 49 per cento) e il progressivo XVIII Introduzione 1 McKinsey Global Institute, Mapping the Global Capital Market, 2007.

Le tendenze di fondo della finanza globale

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Page 1: Le tendenze di fondo della finanza globale

1 Le tendenze di fondo della finanza globale

Scopo di questa presentazione è duplice. Da un alto, vuole descrivere brevemente

lo scenario della finanza in cui si svolge l’attività di corporate e investment ban-

king. Ciò, al fine di aiutare la comprensione della natura dell’attività stessa, della

sua evoluzione nel tempo, delle sue differenziazioni tra aree economiche e geogra-

fiche, dei fattori determinanti dei suoi cambiamenti strutturali. Dall’altro lato, vuo-

le introdurre nelle linee essenziali i temi che sono sviluppati nel volume. Le attività

del corporate e investment banking saranno introdotte con l’intento di indicarne il

contenuto principale, l’approccio metodologico seguito nel lavoro e il filo condut-

tore che lega insieme le diverse parti.

1.1 I mercati finanziari internazionali: lo sviluppo degli anni Novanta

Stati Uniti, Europa e Giappone rappresentano i tre principali poli della finanza inter-

nazionale. Vi trovano sede i mercati più rappresentativi, New York, Londra e Tokio,

quantomeno in termini di volumi trattati, relativamente alle grandi aree di negozia-

zione del capitale azionario, del debito e degli strumenti di gestione dei rischi. Come

si vedrà più avanti, questo dato essenziale avrà bisogno di qualche precisazione per-

ché alcune attività, tra queste la gestione dei rischi, non corrispondono strettamente ai

tre centri finanziari in senso stretto, ma all’area geografica di riferimento.

Complessivamente, tra il 1995 e il 2005, lo stock di securities in circolazione

(azioni e obbligazioni), passa da 45.000 a 102.000 miliardi di dollari. Il rapporto con

il GDP passa da 162 a 230 per cento. I tassi di incremento medi del periodo sono più

alti per i titoli «privati» (+9,4 per cento) rispetto ai titoli governativi (+6,1 per cento)1.

Il peso delle principali categorie di emissioni di conseguenza cambia: il rapporto

azioni/GDP passa da 64 a 98 per cento; quello tra obbligazioni private e GDP passa

da 52 a 80 per cento mentre rimane relativamente stabile il peso dei titoli governativi

(da 46 a 52 per cento).

L’altro dato di fondo da tenere presente è la crescita dei flussi finanziari cross-bor-

der (6.000 miliardi di dollari nel 2005). Il loro tasso di incremento, dagli anni Novan-

ta, è sistematicamente al di sopra di quello delle grandezze reali (+10,7 per cento,

rispetto a +3,5 per cento del GDP e +5,8 per cento del commercio internazionale).

Anche per questa via aumenta il grado di integrazione dei mercati dei capitali nazio-

nali in un «unico» mercato globale.

¨ I mercati azionari

I tre mercati principali rappresentano circa il 70 per cento dei mercati azionari

mondiali. La quota è più o meno invariata tra il 1990 e il 2000, anche se al suo

interno si evidenzia il ridimensionamento di Tokyo (da 31 per cento a 10 per cen-

to), l’ulteriore crescita di New York (da 35 per cento a 49 per cento) e il progressivo

XVIII Introduzione

1 McKinsey Global Institute, Mapping the Global Capital Market, 2007.

Page 2: Le tendenze di fondo della finanza globale

maggior peso dell’Europa (da 25 per cento a 30 per cento). Naturalmente, il merca-

to giapponese riflette una lunga fase di debolezza dell’economia, espressa da un

tasso di crescita reale nel decennio al di sotto di quelli europei e americani, e il pro-

gressivo sgonfiamento della bolla dei prezzi azionari, alimentata dalle aspettative

esagerate degli anni Ottanta.

Nel decennio, il valore totale della capitalizzazione di mercato passa da 9.400 a

31.000 miliardi di dollari. L’incremento è rilevante soprattutto tenendo conto della

perdita di Tokyo, il cui indice di borsa, nel decennio si svaluta di oltre il 50 per cento.

La misura della capitalizzazione rispetto al GDP dei paesi di riferimento evidenzia

differenze importanti tra i mercati. In qualche modo, se ne traggono indicazioni circa

la dimensione del mercato, vista in termini di rappresentatività rispetto al peso dell’e-

conomia reale. Anche attraverso questo indicatore, è possibile osservare il ruolo cre-

scente dei mercati azionari all’interno dell’area euro e il declino del mercato di Tok-

yo. L’incremento è particolarmente forte se si considera la seconda metà degli anni

Novanta. Uno degli assunti possibili è che questo dinamismo sia stato favorito dalla

prospettiva della moneta unica2.

Qualche ulteriore elemento di valutazione può essere tratto dai dati relativi al numero

di società quotate. L’incremento più sensibile è quello dei mercati dell’eurozona. La

diminuzione nel caso degli Stati Uniti riflette principalmente operazioni di LBO che si

concludono o con un going private o con acquisizione, o più in generale operazioni di

M&A. I numeri non corrispondono necessariamente a una crescita stabile ed economi-

camente consistente dei mercati. Il fenomeno infatti richiede una valutazione anche al

netto della bolla finanziaria scoppiata nella seconda metà del 2000. Per esempio, solo

sui cosiddetti «nuovi mercati», nel biennio 1999-2000 sono state quotate circa 400

società; di queste, la parte di società del settore ICT è stata importante, come purtroppo

il tasso di fallimento che le ha successivamente caratterizzate.

La rilevanza crescente dei mercati azionari della zona euro è osservabile anche

attraverso i dati sulla dimensione e sullo sviluppo del mercato primario, quindi la

contribuzione al finanziamento delle società quotate. Questo appare dall’osservazio-

ne di diversi indicatori: l’ammontare di fondi raccolto, la percentuale della raccolta

rispetto alla capitalizzazione, la percentuale riferita a IPO.

¨ I mercati obbligazionari

Per quanto riguarda la parte costituita dai titoli di debito pubblico, si osserva ancora

una netta prevalenza quantitativa del mercato americano; mantiene rilievo il mercato

giapponese per un decennio di politica di deficit pendine a sostegno della debolezza

dell’economia; si riduce il peso dell’Europa sotto l’influenza dei vincoli di bilancio

dell’UE. Nel decennio, l’ammontare in circolazione passa da 15.700 a 29.700 miliar-

di di dollari; dunque, un tasso di crescita nettamente al di sotto di quello dei mercati

azionari. Naturalmente bisogna tenere presente che i mercati obbligazionari si misu-

XIXIntroduzione

2 ECB, Euro Equity Markets Report, August 2001.

Page 3: Le tendenze di fondo della finanza globale

rano con valori sostanzialmente vicini al nominale dei titoli in circolazione, mentre la

capitalizzazione del borse incorpora l’andamento delle quotazioni.

¨ I mercati dei derivati

Sono i mercati che nel decennio hanno avuto lo sviluppo quantitativo maggiore: limi-

tatamente ai derivati negoziati in borsa l’ammontare degli importi nozionali in circo-

lazione si moltiplica di sei volte, passando da 2.300 a 14.100 miliardi di dollari. Più

difficili sono le stime dei contratti OTC; un’indicazione di massima3 sta nella cifra di

103.900 miliardi di dollari come valore nozionale in essere nel 2000, cioè circa sette

volte l’ammontare dei derivati negoziati. L’incremento della dimensione complessiva

riflette, verosimilmente, diversi fattori tra cui: la grande volatilità dei mercati cash, la

diminuzione di costi di transazione in derivati, la sofisticazione delle tecniche di risk

management. Per quanto riguarda la ripartizione, c’è da osservare che, mentre i mer-

cati americani rafforzano la loro posizione già preminente, l’Europa assume un peso

crescente sostituendo in parte i mercati asiatici.

1.2 L’assestamento dopo la crisi del 2000

Il 2000 è stato un anno di svolta nella situazione dei mercati finanziari. Lo scoppio

della «bolla» tecnologica, l’emergere degli scandali societari negli Stati Uniti e in

Europea, la grave crisi di sfiducia degli investitori hanno contribuito in varia misura a

modificare lo scenario. Gli effetti sono stati aggravati dal permanere di una stasi

sostanziale del ciclo dell’economia reale. Di conseguenza, aree d’attività importanti

dell’investment banking, come M&A e underwriting, si sono ridimensionate in parte

compensate da altri settori di sviluppo. Una breve analisi dei dati può essere utile a

tracciare il quadro di questa fase più recente.

Come si può osservare dalla Fig. 1, dal 2001 all’inizio del 2004, il mercato primario

delle azioni attraversa una fase di stasi che da segni di risveglio negli ultimi trimestri

in corrispondenza della ripresa delle quotazioni. Il valori, peraltro, peraltro largamen-

te concentrati nel mercato americano. Il mercato obbligazionario presenta aspetti

analoghi, con la notazione interessante che una parte dello sviluppo delle emissioni si

concentra nel settore high yeld, negli Stati Uniti.

La Fig. 2 mette in evidenza la dinamica di alcune aree di investment banking; in tutti

e tre i casi, l’anno della crisi segna l’inizio di una fase di ridimensionamento, o

comunque di incertezza. In particolare, si osserva la frenata dell’M&A dopo il picco

del 2000, momento conclusivo di una delle classiche «ondate» che caratterizzano sto-

ricamente queste operazioni. Le stesse operazioni di IPO si ridimensionano significa-

tivamente. Le emissioni obbligazionarie, come si è visto, si stabilizzano, ma dopo un

trend storico di rapidissima crescita.

Un’ulteriore osservazione può essere fatta sui dati della Fig. 3 che misura il volume

XX Introduzione

3 Le statistiche degli strumenti derivati negoziati e di quelli OTC non sono direttamente confrontabili: nel

primo caso si usano valori si flusso, nel secondo valori di stock.

Page 4: Le tendenze di fondo della finanza globale

del mercato secondario dei prestiti. La crescita è rapidissima sia negli Stati Uniti, sia

in Europea. Il fenomeno ha evidentemente carattere strutturale e si ricollega alla ten-

denza di fondo verso la sempre più stretta integrazione e complementarità tra mercati

creditizi e mercati mobiliari. Si osserverà anche il peso crescente della componente

«prestiti in sofferenza», la cui importanza si accresce dopo lo shock del 2000.

XXIIntroduzione

Fonte: 74ª relazione annualeBanca dei Regolamenti Internazionali, , p. 138

Figura 2 Indicatori dell’attività di investment banking (in miliardi di dollari)

Fonte: 74ª relazione annualeBanca dei Regolamenti Internazionali, , p. 121

Figura 1 Raccolta nei mercati di capitali (emissioni lorde, in miliardi di dollari)1

Page 5: Le tendenze di fondo della finanza globale

1.3 Alcune tendenze strutturali

¨ La perdita di peso degli intermediari nel controllo dei flussi finanziari

Un fenomeno generalizzato è dato dallo spostamento dei flussi finanziari da strumen-

ti rappresentativi dell’attivo degli intermediari verso strumenti di mercato. La contro-

partita dei prenditori di fondi è quindi rappresentata dall’investimento da parte dei

risparmiatori, sia direttamente, sia tramite i portafogli degli investitori istituzionali. Il

riferimento è naturalmente solo agli strumenti di trasferimento delle risorse finanzia-

rie (azioni, obbligazioni e ibridi) e non agli strumenti derivati.

Per esempio, negli Stati Uniti, nel ventennio 1980-00 la quota di attività finanzia-

rie detenuta dalle banche è passata dal 60 per cento al 32 per cento. Per contro, si è

moltiplicata la quota dei fondi di investimento (dal 4 per cento a 23 per cento), è

aumentata quella dei fondi pensione dal 18 per cento al 25 per cento ed è leggermente

diminuita quella delle assicurazioni (dal 17 per cento al 15 per cento). In corrispon-

denza, la composizione delle attività finanziarie delle famiglie americane si sposta

drasticamente verso gli strumenti di mercato, in particolare, di mercato azionario: cir-

ca i 4/5 (80,4 per cento) è rappresentata da azioni o forme di investimento con una

forte componente azionaria, come quote di fondi comuni e di fondi pensione e riserve

assicurative. Solo il 13,5 per cento è costituito da moneta e depositi.

Più in generale, la perdita di peso degli intermediari finanziari può essere osservata

attraverso l’evoluzione di lungo periodo della struttura finanziaria delle imprese. Si

nota in tutti i paesi un incremento sensibile della componente azionaria; nell’Europa

continentale e Giappone, questo dato è compensato da una corrispondente riduzione

XXII Introduzione

Fonte: 74ª relazione annualeBanca dei Regolamenti Internazionali, , p. 145

Figura 3 Volume del mercato secondario dei crediti

Page 6: Le tendenze di fondo della finanza globale

di peso del credito bancario. Complessivamente, i due modelli (anglosassone ed

europeo-giapponese) convergono.

A fronte della perdita di peso degli intermediari finanziari, in particolare delle ban-

che, aumenta la quota controllata dagli investitori istituzionali. Questi ultimi, a loro

volta, accrescono la componente azionaria dei portafogli gestiti. Complessivamente,

si rafforzano i segnali di una crescente rilevanza dei circuiti azionari. Il fenomeno

viene indicato con il termine di equitization4.

In Italia, la quota azionaria degli investitori istituzionali è in crescita (dal 15 al 23

per cento dal 1998 al 2000). Il dato di partenza è tuttavia molto arretrato e la distanza

da colmare, anche rispetto agli altri paesi europei è notevole.

¨ Cosa spiega lo sviluppo dei mercati

Come si può spiegare il ruolo crescente dei circuiti di mercato? Vi sono diverse chiavi

di lettura, in parte sovrapposte.

La prima può essere fatta attraverso il paradigma dello sviluppo finanziario

secondo un «modello a stadi»5: bank oriented phase, market oriented phase, secu-

ritized phase.

Il primo stadio è quello della finanza dominata dalle banche sia nell’intermedia-

zione dei flussi finanziari, sia nelle funzioni di selezione e monitoring. Il secondo sta-

dio si caratterizza per un maggior peso dei mercati cui corrisponde la propensione

delle famiglie a detenere direttamente gli strumenti di mercato e l’emergere del ruolo

degli investitori istituzionali. Lo sviluppo dei mercati è tuttavia ancora incentrato sui

titoli pubblici e su una presenza selettiva, ma in crescita del comparto azionario. Nel

bilancio delle banche si riduce la contribuzione da margine di interesse per il minore

rilievo dei circuiti creditizi.

L’ultimo stadio (securitized phase), cui si avvicinano i casi degli Stati Uniti e del

Regno Unito, rappresenta la situazione in cui la gran parte del finanziamento dei set-

tori finanziario e non-finanziario passa attraverso i mercati finanziari: i corporate

bonds e le commercial papers sostituiscono in parte i prestiti bancari; i prestiti ipote-

cari, il credito al consumo e il credito bancario residuo vengono sempre più portati

sui mercati attraverso la securitization.

In questo quadro, i «circuiti di mercato» (mercati finanziari, con agenzie di rating,

investment banks e investitori istituzionali) svolgono parte delle funzioni che nel pri-

mo stadio sono essenzialmente di pertinenza delle banche specializzate nel lending

(trasferimento delle risorse, selezione e monitoring)6. A questo spostamento di peso

dai circuiti creditizi a quelli di mercato, la parte più dinamica del sistema bancario

reagisce cercando spazio verso le attività di mercato primario e secondario, di advi-

XXIIIIntroduzione

4 Sigma, I centri della finanza mondiale: nuovi orizzonti per i settori assicurativo e bancario. n. 7/20015 T. Rybczynsky, «A New Look at the Evolution of the Financial System», in J. Revell (a cura di), The

Recent Evolution of Financial Systems, Londra, McMillan, 1997.6 P. Davies, B. Steil, Institutional Investors, Boston, MIT Press, 2001.

Page 7: Le tendenze di fondo della finanza globale

sory e di asset management. Il conto economico vede prevalere la contribuzione dai

ricavi fee-based.

La seconda chiave di lettura della crescita dei mercati finanziari si basa sulle teorie

che spiegano le scelte di finanziamento delle imprese secondo uno schema basato sul

loro ciclo di vita. Per quest’ultimo aspetto, lo sviluppo dei mercati sarebbe associato

al progressivo consolidamento dimensionale, organizzativo e di mercato. Le banche,

attraverso il credito, sono controparti elettive negli stadi di vita iniziale dell’impresa,

potendo fare valere i vantaggi nella selezione e nel monitoring, oltre all’«assicurazio-

ne di liquidità» per i depositanti. Il ricorso al capitale di rischio comincia a diventare

importante, con la crescita dell’impresa, al fine di rispettare un certo grado di stabilità

della struttura finanziaria. Non si tratta necessariamente di ricorso al mercato attra-

verso la quotazione, ma più spesso di collocamento «privato» in una stretta cerchia

delle famiglie imprenditoriali e di altri portatori di interessi. Lo sviluppo dei corpora-

te bonds è correlato all’affermazione di un’alta reputazione delle società emittenti,

reputazione necessaria per compensare il basso potere di controllo rispetto a banche e

azionisti. Idealmente, gli investitori istituzionali rappresentano la tappa finale di que-

sto ciclo evolutivo. Essi possono fare valere il vantaggio del pooling, della specializ-

zazione nella selezione e nel trading e dell’influenza nel controllo7.

Un commento sul punto «sviluppo dei mercati azionari» può apparire inappropria-

to alla luce della crisi che ha afflitto i mercati azionari mondiali dalla metà del 2000

fino a buona parte del 2003. In realtà non è così: la crescita dei mercati europei ha una

forte componente strutturale, non legata cioè all’onda rialzista della seconda metà

degli anni Novanta. Questa può avere accentuato alcune tendenze, ma rimane, anche

post crisi, una profonda modificazione nelle scelte finanziarie delle famiglie e delle

imprese, espressa dalla quota crescente di investimento e di finanziamento attraverso

il circuito azionario.

Ciò premesso, ci si deve domandare quali fattori abbiano determinato il fenomeno.

Vi sono elementi da considerare sia dal lato della domanda (investitori), sia da quello

dell’offerta (emittenti), oltre che elementi di carattere più generale associati alle con-

dizioni di efficienza e funzionalità dei mercati finanziari.

Nel primo aspetto (domanda), hanno avuto un certo peso:

n in generale, la progressiva maggiore importanza dell’investimento istituzionale

(per sua natura dotato di un vantaggio comparativo rispetto all’investimento

individuale);

n in particolare, l’invecchiamento della popolazione e lo sviluppo delle formule di

previdenza integrativa, tipico segmento di investimento istituzionale;

n la discesa strutturale dei tassi di interesse e, quindi, la ricerca di investimenti alter-

nativi a rendimento atteso più elevato;

n le pressanti campagne di comunicazione a favore dell’investimento azionario indi-

viduale, svolte a sostegno delle grandi operazioni di privatizzazione.

XXIV Introduzione

7 P. Davies, B. Steil, op. cit., p. 26.

Page 8: Le tendenze di fondo della finanza globale

Dal punto di vista degli emittenti, alcune delle ragioni del maggior ricorso al capi-

tale di rischio riguardano:

n il basso costo del capitale durante la lunga fase di crescita delle quotazioni;

n i processi di ristrutturazione che hanno toccato profondamente vari settori (TMT –

tecnologia, media e telecomunicazioni, servizi finanziari, utilities ecc.), alla ricer-

ca di competitività in mercati sempre più globali;

n le ristrutturazioni, tramite M&A e LBO, non hanno prodotto solo delisting, ma, più

significativamente, un enorme aumento dei fabbisogni finanziari degli acquirenti;

n la quotazione come passaggio necessario per adottare una corporate governance

basata sui principi della creazione del valore, via pressoché obbligata quindi per le

società con obiettivi di crescita ambiziosi.

1.4 I principali fattori determinanti del nuovo scenario finanziario

Guardando alla trasformazione che i sistemi finanziari hanno avuto negli ultimi dieci

anni, ci si deve domandare quali siano stati i fattori guida, se essi siano destinati a

operare anche nel corso degli anni futuri e se vi siano differenze importanti tra aree

geografiche; in particolare quali siano le specificità del caso europeo. Alcuni di que-

sti fattori sono già emersi nelle considerazioni che precedono come naturali comple-

menti dei cambiamenti osservati. Ora tuttavia, è utile fare un quadro più generale dei

fattori stessi per ricostruire uno schema interpretativo più sistematico e, possibilmen-

te, più significativo.

¨ La rivoluzione nelle tecnologie informatiche e della comunicazione (ICT)

Si può considerare un fattore fondamentale di trasformazione della finanza per diver-

si motivi. Il primo riguarda la formazione della bolla finanziaria della seconda metà

degli anni Novanta che in effetti ha trovato alimento proprio nelle società Internet e di

telecomunicazione. Il secondo è che la tecnologia ha fornito la base per la ristruttura-

zione organizzativa degli intermediari finanziari, per l’emergere di nuovi modelli di

business tra quelli tradizionali, per la nascita di nuove forme di mercato (ETS) e per

l’emergere di nuove figure di intermediario. In parte non secondaria, queste nuove

condizioni sono alla base per l’intensificazione della concorrenza e per il processo di

consolidamento che, negli anni Novanta, è stato spinto dalla ricerca di efficienza e di

ampiezza di offerta.

¨ Globalizzazione della finanza

Solo per un accenno, la crescente integrazione finanziaria tra paesi e aree economi-

che è spinta dall’apertura commerciale, dal peso delle attività sovranazionali e dalle

opportunità della tecnologia e della comunicazione. Ma ci sono in più, elementi

endogeni alla finanza: la finanza «esterna» (attività e passività finanziarie per investi-

menti esteri diretti e di portafoglio) rapportata al GDP, tra il 1981-85 e il 1986-2001,

XXVIntroduzione

Page 9: Le tendenze di fondo della finanza globale

aumenta del 77,3 per cento, mentre il commercio aumenta del 3,9 per cento. (Europe-

an Foundation, 2003, p. 10). Ciò comporta non solo un’una correlazione crescente tra

mercati finanziari, ma un’intensificazione della concorrenza e un’esposizione più

forte ai rischi sistemici.

¨ Il mercato unico dei servizi finanziari e l’euro

Il mercato unico ha un suo percorso definito dal Financial Service Action Plan. Il

completamento del processo previsto dal Piano è destinato a rendere più concreto

l’impatto di unificazione prodotto dalla moneta unica. La caduta delle segmenta-

zioni rappresentate dal rischio di cambio si accompagna infatti a un progressivo

livellamento delle regole di funzionamento dei mercati, delle norme di condotta,

dei requisiti dell’informazione e delle norme di corporate governance. Il potenzia-

le insito in una mercato europeo di dimensione pari alla somma dei mercati nazio-

nali si avvicina sempre più alle condizioni necessarie per diventare effettivo. Sono

attesi quindi, e in parte vi sono già stati, impatti importanti sotto forma di maggiore

concorrenza e razionalizzazione o consolidamento dell’attuale assetto dei mercati

e degli intermediari.

¨ Le privatizzazioni

Sono state un evento importante nel determinare la dimensione attuale e la natura del-

l’attività finanziaria. Ne sono derivati, infatti, non solo un allargamento dei mercati

azionari, ma effetti più generali sui comportamenti finanziari. Da un lato, si è raffor-

zato il modello di finanza pubblica «in equilibrio», mentre dall’altro lato, si è diffusa

la scelta dell’investimento azionario anche verso il risparmiatore di massa. Nello

stesso tempo, ne ha tratta ulteriore impulso la tendenza verso l’istituzionalizzazione

del risparmio. Complessivamente, le famiglie sono diventate detentrici di una quota

importante del rischio dell’investimento azionario. In una certa misura, tutto questo

sottintende un certo livello di disintermediazione dei circuiti tradizionali.

¨ Ristrutturazione e concentrazione del sistema finanziario

Diversi punti precedenti si sono segnalati per le condizioni pro-competitive sottostan-

ti. In effetti gli ultimi dieci anni sono stati teatro di un ampio riassetto che ha riguar-

dato in primo luogo i sistemi finanziari nazionali, alla ricerca di un riposizionamento

dimensionale degli intermediari rispetto alla dimensione europea. In secondo luogo,

si è avviato, seppure in misura più contenuta, una fase di ristrutturazione cross-bor-

der, finalizzata a quella che dovrebbe essere la vera nuova dimensione del mercato e

cioè quella europea. In più, la concentrazione ha riguardato anche i mercato azionari,

come nel caso di Euronext, sotto la spinta della concorrenza in termini di efficienza e

di liquidità.

XXVI Introduzione

Page 10: Le tendenze di fondo della finanza globale

2 I contenuti essenziali del volume

Come si è detto, il volume si propone di analizzare le principali aree di attività che

caratterizzano gli intermediari finanziari operanti nel corporate banking e nell’inve-

stment banking. Il termine corporate banking è utilizzato per fare riferimento al mer-

cato dei servizi per le imprese, secondo un’accezione comune nelle banche europee e

che comincia a consolidarsi anche nel nostro paese. Con il termine investment ban-

king si vuole invece richiamare lo specifico campo di attività delle grandi investment

banks americane e incentrato, almeno in origine, nei servizi di advisory e di uderwri-

ting. Il duplice riferimento tiene conto del fatto che nessuno dei due termini, indivi-

dualmente, è sufficientemente indicativo dell’insieme dei servizi finanziari nel mer-

cato imprese. Le stesse strutture organizzative delle banche, non solo in Italia, seguo-

no modelli non uniformi in cui corporate e investment si combinano con pesi e

modalità differenti.

Per loro natura, i temi oggetto del volume possono essere esaminati in una duplice

prospettiva. Da un lato, vi è quella del corporate finance, cioè dei soggetti utilizzatori

dei servizi, prospettiva che porta a modellizzare e applicare le varie operazioni nel

quadro delle decisioni strategiche dell’impresa. Dall’altro lato, vi è quello della pro-

duzione e dell’offerta dei servizi finanziari, prospettiva che mette l’enfasi sulle attivi-

tà di corporate e investment banking come area di business all’interno dell’economia

degli intermediari finanziari. Naturalmente, i due lati non sono indipendenti; l’ogget-

to (le operazioni e i servizi) è sempre lo stesso, ma è del tutto diverso compierne un’a-

nalisi economica e osservarne le implicazioni applicative a seconda che si adotti la

visuale del soggetto «produttore» (intermediari finanziari e mercati), piuttosto che

quella dei soggetti «utilizzatori». In questo volume, ci si pone dal primo dei due punti

di vista; le attività e i servizi di corporate e investment banking sono analizzati cioè

come componente dell’economia degli intermediari finanziari.

L’impostazione dei vari contributi ha un taglio essenzialmente applicativo. La

finalità è cioè quella di illustrare «come» le operazioni e le attività sono originate,

definite e realizzate. Ciò porta a privilegiare i principi e le metodologie di analisi e di

valutazione economica e, in parte, i profili tecnici e le modalità con cui si svolgono i

processi operativi. Meno rilevanti restano invece i contenuti di analisi teorica.

Il volume si compone di quattro parti:

1. Il mercato, le istituzioni e gli strumenti;

2. Le attività del mercato dei capitali;

3. I servizi di advisory e le operazioni di riassetto aziendale;

4. Il credito e le attività di finanza strutturata.

La prima parte («Il mercato, le istituzioni e gli strumenti») comprende quattro con-

tributi; sostanzialmente contributi di carattere complementare rispetto ai contenuti

specifici delle attività e delle operazioni. Sono infatti dedicati a un inquadramento del

contesto di mercato e istituzionale in cui si svolge l’attività di corporate e investment

XXVIIIntroduzione

Page 11: Le tendenze di fondo della finanza globale

banking e ai metodi di valutazione, cioè alla principale ed essenziale strumentazionetecnica per operare.

Il primo capitolo (S. Caselli, «La struttura del mercato italiano dei servizi di corpo-rate e investment banking») esamina brevemente la struttura finanziaria dell’impresaitaliana e cerca stabilire alcuni nessi interpretativi tra le caratteristiche che essa assu-me e la domanda di servizi finanziari. Si concentra poi sull’analisi della struttura del-l’offerta dei servizi: come cioè si stia trasformando il modello della banca tradiziona-le di fronte all’evoluzione dai circuiti creditizi ai circuiti mobiliari. In Italia questatrasformazione assume un’intensità (almeno nelle aspettative) più forte che altroveper il ritardo con cui il processo è iniziato (e quindi per il gap ancora aperto) e per lapeculiarità del mercato dal lato della domanda. La parte conclusiva si concentra suimodelli organizzativi e sulle principali realtà operative esistenti.

Nel contributo «L’investment banking: origini e sviluppo» (G. Forestieri, Capitolo2), viene svolta una breve analisi descrittiva del modello delle investment banks ame-ricane, per diversi aspetti la punta più avanzata del mercato dei servizi per le impresenella competizione internazionale. Più in generale, si delineano i principali sviluppiche questo modello ha affrontato negli anni più recenti e come questi si confrontinocon altre trasformazioni di vasta portata: negli Stati Uniti, l’interesse sempre piùdiretto delle grandi commercial banks per l’area investment banking; in Europa, ana-logamente, la scelta delle maggiori banche universali (caratterizzate maggiormentedalle attività corporate non di mercato) di considerare prioritaria la conquista di unaposizione forte nella stessa area. Come conseguenza, è in atto una trasformazioneradicale della struttura dell’offerta; i confini delle diverse attività si attenuano e, allostesso modo, si disperde progressivamente il modello originario delle investment

banks. È interessante mettere a confronto lo scenario che va maturando nella partepiù avanzata del mercato con quanto si sta profilando in Italia.

Il terzo capitolo (G. Forestieri e G. Iannotta, «L’attività di investment banking e iproblemi della corporate governance») esamina i temi della corporate governance,essenzialmente per gli aspetti che rilevanti per il funzionamento dei mercati finan-ziari e il disegno delle operazioni societarie. Dopo avere delineato i contenutiessenziali del problema sul piano economico, finanziario e organizzativo, vengonoapprofonditi i problemi dei conflitti di interesse, problemi che sono emersi inmaniera così forte nelle crisi societarie e negli episodi di malfunzionamento delmercato dal 2001 in avanti.

Il quarto capitolo (V. Lazzari, «La valutazione delle aziende») presenta una ras-segna dei principali metodi utilizzati nella prassi finanziaria. Il presupposto di que-sto contributo sta nel fatto che tutte le attività di corporate e investment banking

sono caratterizzate da un processo di lavoro in cui la valutazione (di aziende, diassets, di strumenti) ha un ruolo critico. Questo accade in modo evidente nel-l’M&A, nelle ristrutturazioni aziendali, nelle emissioni azionarie, negli investi-menti in società non quotate. Lo ha tuttavia anche in tutte le operazioni legate aldebito, sia per la parte rivolta al mercato, sia per quella non di mercato e per quellastrutturata. Il capitolo, dopo aver definito cosa si debba intendere per «valore del-l’azienda» e quali siano le determinanti, è incentrato sulla presentazione dei diversi

XXVIII Introduzione

Page 12: Le tendenze di fondo della finanza globale

metodi di valutazione. In questo ambito, vengono esaminati il metodo finanziario

(con i relativi problemi di stima in sede applicativa, il metodo patrimoniale, i meto-

di misti che adottano elementi di entrambi, il metodo dei multipli che si distingue

per la sua natura empirica. La parte finale segnala i problemi di valutazione che

caratterizzano le imprese della new economy, imprese cioè che hanno un valore

immateriale molto importante, mancano di un track record, si inseriscono in mer-

cati innovativi di cui non sono del tutto chiare le dinamiche competitive e si avval-

gono di risorse prevalentemente firm-specific.

La seconda parte («Le attività sul mercato dei capitali») raccoglie i contributi

che trattano le operazioni di provvista di fondi sul mercato. La successione segue

una logica che si ispira allo sviluppo della finanza aziendale nell’ambito di un’ide-

ale ciclo di vita dell’impresa. Si comincia quindi con due contributi di C. Zara

(«L’attività di private equity», Capitolo 5, e «L’attività di venture capital», Capito-

lo 6) in cui vengono esaminati gli interventi nel capitale di rischio tipici delle fasi

di primo sviluppo delle imprese. l primo di questi si occupa appunto del mercato

del private equity in Italia o, come più spesso viene definita, dell’attività di mer-

chant banking. Esamina dapprima le diverse grandi tipologie di investimenti azio-

nari, in base alle caratteristiche settoriali delle imprese, all’origine e alle finalità

delle operazioni allo stadio di sviluppo aziendale in cui si colloca l’operazione. La

parte centrale del lavoro è dedicata a una rassegna dei criteri di selezione degli

investimenti e alla descrizione del processo di negoziazione. La conclusione è

dedicata all’analisi delle caratteristiche economiche e organizzative degli interme-

diari attivi in questo mercato. Il secondo è di carattere più specifico e affronta il

tema del capitale di rischio nelle imprese caratterizzate da innovazione tecnologi-

ca. L’analisi si sviluppa in uno schema che assume il ciclo di vita dell’impresa dalla

nascita, allo sviluppo e al consolidamento. In particolare, vengono poi approfondi-

te le connotazioni particolari che gli approcci di valutazione assumono, dati la

natura degli investimenti e il livello di rischio.

Nel terzo contributo (V. Lazzari e M. Fumagalli, «Gli intermediari finanziari e la

quotazione delle imprese», Capitolo 7), viene presentata una analisi delle tappe

fondamentali del percorso che le società compiono in fase di quotazione. Diversi

passaggi tecnici come quelli della scelta del mercato e degli investitori, della fissa-

zione del prezzo di collocamento, della ripartizione dei rischi del collocamento,

dell’esecuzione del placement sono strettamente legati alle competenze specifiche

degli intermediari che si specializzano nell’underwriting. Il capitolo adotta proprio

questa chiave di lettura. Risultano così particolarmente approfonditi i punti relativi

alla valutazione, alla strutturazione dell’operazione e alla messa a punto del sinda-

cato di collocamento. La conclusione è dedicata a una analisi delle implicazioni

che derivano all’equilibrio economico degli intermediari dalla partecipazione a

questa attività.

Nel Capitolo 8, M. Geranio e G. Zanotti trattano le operazioni sul mercato del

debito, distinguendo tra corporate bonds e prestiti sindacati. Nel primo caso, si

traccia un quadro evolutivo del mercato per incentrarsi, poi, sulle tecniche di emis-

sione e sul pricing dei titoli. Nel secondo caso, l’esame parte ancora dall’evoluzio-

XXIXIntroduzione

Page 13: Le tendenze di fondo della finanza globale

ne del mercato per approfondire in seguito la struttura tecnica del prestito e l’orga-

nizzazione del sindacato. Per entrambe le fattispecie, viene svolta una analisi della

struttura delle commissioni e, quindi, del contributo all’equilibrio economico degli

intermediari.

La seconda parte si conclude con il contributo sul mezzanine finance (Sironi e

Iannotta, Capitolo 9), cioè delle operazioni di finanziamento che si basano su una

formula intermedia tra capitale di rischio e capitale di debito (senior). Le compo-

nenti base dell’operazione sono un contratto di debito subordinato (rispetto ai dirit-

ti dei creditori senior) e un equity kicker, cioè uno strumento (warrant, opzione

call) che consente al finanziatore di partecipare agli incrementi di valore del capi-

tale azionario nei casi di successo. Come soluzione intermedia tra capitale e debito

può essere visto come una modalità attraverso cui possono essere definite, di volta

in volta, combinazioni diverse rischio/rendimento, corrispondenti alle preferenze

delle società emittenti, degli azionisti di questa, degli investitori. In questo aspetto

si evidenzia la caratteristica di flessibilità (nel montaggio delle varie componenti)

che ne rende appropriato l’utilizzo soprattutto nelle operazioni ad alto rischio

(LBO, per esempio).

La terza parte del volume è dedicata alle «Attività di advisory e alle operazioni di

riassetto aziendale». Si affronta dapprima il tema delle operazioni di M&A, con due

distinti contributi: il primo è dedicato alle attività di ristrutturazione in senso ampio e

di cui l’M&A è una delle componenti fondamentali (Capizzi, «Le attività e i servizi

originati dalle operazioni di ristrutturazione e riassetto societari», Capitolo 10). Ne

risulta, dapprima, una classificazione delle principali tipologie operative (fusioni,

scorpori, conferimenti, scissioni, carve-out); successivamente una analisi dei servizi

svolti dagli intermediari nel processo di lavoro dei deals. Quest’ultimo tema è affron-

tato essenzialmente in termini di risorse, competenze a profili organizzativi necessari

per operare. Il secondo approfondisce invece l’organizzazione e lo svolgimento dei

deals e le relative fasi critiche, dalla valutazione, alla definizione delle forme di

pagamento e di finanziamento. (V. Capizzi, «Gli intermediari finanziari e i servizi a

supporto delle acquisizioni aziendali», Capitolo 11).

Il terzo contributo è quello del leveraged buy-out, (P. Ferrari, Capitolo 12) cioè del-

le operazioni che si basano sul principio di realizzare una acquisizione facendo leva

sulla capacità finanziaria della stessa società acquisita (cash flow e/o capacità di inde-

bitamento). L’operazione è articolata su diversi aspetti operativi e può assumere quin-

di notevole complessità: innanzitutto quello del riassetto proprietario dell’impresa

target; in secondo luogo, quello della ristrutturazione aziendale attraverso operazioni

di finanza straordinaria (fusioni, scissioni, scorpori ecc.) finalizzate a fare emergere il

valore economico latente nelle strutture aziendali in essere, in terzo luogo quello del-

la messa a punto delle strutture contrattuali di indebitamento più idonee a massimiz-

zare gli effetti finanziari dell’operazione.

Questo gruppo di contributi si completa con il lavoro dedicato al ruolo delle ban-

che nella ristrutturazione delle imprese in crisi o comunque bisognose di processi di

turn-around (G. Zanotti, Capitolo 13). Il problema ha assunto grande rilievo nella

prima metà degli anni Novanta in coincidenza con la fase acuta che ha colpito le eco-

XXX Introduzione

Page 14: Le tendenze di fondo della finanza globale

nomie europee e in misura particolare quella italiana. Com’è comune a tutti gli inter-

venti definiti genericamente di «finanza straordinaria», le attività e i servizi svolti

dagli intermediari nelle crisi aziendali sono caratterizzati da articolazione di contenu-

ti e da complessità procedurale e gestionale. Sotto il primo aspetto, si può ricordare

come la messa a punto di un piano di ristrutturazione tocchi inevitabilmente questioni

di strategia industriale, di formule societarie e fiscali, di scelte finanziarie, di scelte

organizzative e manageriali. Nel secondo aspetto, è importante sottolineare almeno i

profili critici del timing degli interventi e del rapporto tra procedure giudiziarie ed

extra-giudiziarie.

La quarta parte del volume riguarda «Il credito e le attività di finanza strutturata».

In essa, si collocano innanzitutto due contributi in tema di risk management. Il primo

(V. Lazzari, «Il financial risk management come servizio di corporate banking»,

Capitolo 14) tratta dell’intervento degli intermediari a fronte del fabbisogno dell’im-

presa di gestire i rischi finanziari. Questo tipo di intervento può risolversi in un rap-

porto di consulenza, piuttosto che nell’assunzione da parte dell’intermediario di una

posizione di controparte in operazioni di copertura in derivati. In termini di processo

operativo, l’offerta del servizio di risk management comporta per l’intermediario una

azione su più fasi: l’identificazione dei rischi cui l’impresa è esposta, la misurazione

delle esposizioni ai fattori di rischio rilevanti, la definizione del livello di rischio

accettabile per l’impresa, la scelta delle operazioni da compiere per raggiungere il

risultato atteso. Le motivazioni teoriche e le modalità applicative per la messa in

opera di queste quattro fasi sono appunto l’oggetto di questo contributo.

Il secondo (G. Nocera, «Dal financial risk management all’enterprise risk manage-

ment», Capitolo 15) affronta un argomento di importanza crescente nel rapporto tra

imprese e sistema finanziario: quello cioè della progressiva integrazione e interdipen-

denza di diverse tipologie di rischio. Dal lato dell’impresa, questo vuol dire che sono

sempre più inadeguate gli approcci tradizionali che guardano, per compartimenti

separati, rischi puri e rischi finanziari. Dal lato del sistema finanziario, è ormai evi-

dente come le formule finanziarie innovative sviluppino una stretta connessione tra

mercato dei capitale e allocazione dei rischi puri.

Il contributo successivo (Sironi, Capitolo 16) presenta le principali innovazione in

tema di tecniche di misurazione del rischio di credito e della gestione dei portafogli

di crediti. Definisce innanzitutto le componenti del rischio e i relativi metodi di stima

dei singoli crediti e successivamente, esamina il problema del rischio connesso a un

portafoglio di crediti e quindi dei possibili effetti della diversificazione. Questa fase è

del tutto familiare nelle applicazioni ai rischi di mercato; con lo sviluppo delle regole

di Basilea II, tuttavia, è ormai in fase di completo recepimento anche per ciò che

riguarda i rischi creditizi. Sono evidenti le implicazioni positive che ne derivano dal

punto di vista della qualità delle relazioni di clientela (pricing), da quello della cor-

retta allocazione delle risorse (mix settoriale, geografico, dimensionale) e da quello

dell’uso efficiente del capitale proprio disponible della banca.

I capitoli conclusivi sviluppano diversi aspetti riconducibili all’argomento genera-

le della finanza strutturata. il tema prevalente in questo caso sono le operazioni di

debito o come forma diretta di finanziamento, o come sottostante su cui si innestano

XXXIIntroduzione

Page 15: Le tendenze di fondo della finanza globale

circuiti mobiliari (securitisation) o emissione di strumenti derivati. Si comincia con

le operazioni di project finance (Gatti, Capitolo 17). In questo caso, tra gli aspetti

fondamentali dell’analisi vi è stato, innanzitutto, quello della strutturazione dell’ope-

razione al fine pervenire all’allocazione appropriata dei rischi del progetto tra i diver-

si soggetti in causa. Il secondo punto chiave è stato quello della definizione della

struttura finanziaria dell’operazione e, in particolare, dei criteri di verifica della fi-

nanziabilità del progetto. Il terzo, infine, è costituito dall’analisi del ruolo degli inter-

mediari nell’organizzazione e nell’esecuzione delle operazioni e delle implicazioni

che derivano sul loro equilibrio economico.

L’argomento successivo (Spotorno, Capitolo 18) è quello della securitisation. La

prima parte si sofferma sui profili tecnici che sono alla base dell’operazione: la scelta

dei crediti da cartolizzare, la costituzione dello special purpose vehicle, il rating, la

definizione del rendimento dei titoli emessi. Il secondo punto approfondisce in parti-

colare la fase di «montaggio» delle operazioni e, quindi, il ruolo degli intermediari

finanziari in questa fase, per quanto attiene in particolare all’arranger. La parte con-

clusiva prende in esame gli aspetti di «arbitraggio» della cartolarizzazione classica e

le opportunità che le cartolarizzazione possono rappresentare per le banche.

Il contributo che segue è dedicato ai credit derivatives (A. Fabbri, Capitolo 19),

cioè di quella particolare categoria di derivati OTC che ha come oggetto il rischio

di credito. In pratica, il contratto prevede che una parte, in genere una banca (acqui-

rente della protezione) sostituisca il rischio di credito relativo a una posizione che

ha nel proprio portafoglio prestiti, con il rischio della controparte venditrice. Que-

st’ultima, invece, (venditore di protezione) riceve un compenso per assumere il

rischio del debitore originario. Si può intuire che attraverso queste operazioni sia

possibile ridefinire il mix di rischi che ogni banca ritiene opportuno mantenere a

proprio carico: trasferendo posizioni nei comparti in cui è sovraesposta e acquisen-

done, eventualmente, dove non ha posizioni. La composizione di portafoglio può

essere quindi ridefinita sul mercato dei derivati, lasciando la politica commerciale

libera di sfruttare le opportunità di mercato; dunque uno strumento di risk manage-

ment che un intermediario può utilizzare per ottimizzare la propria posizione. A

parte ciò, naturalmente, lo sviluppo di questi strumenti può essere visto come

opportunità di avviare una nuova area d’affari.

Un aspetto strettamente collegato e che viene affrontato successivamente (A. Fab-

bri, Capitolo 20) è quello della costruzione di cartolarizzazioni sintetiche attraverso

l’utilizzo di credit derivatives. Si tratta di una generazione più recente di cartolarizza-

zione che presenta diversi vantaggi rispetto a quella classica: il fatto che lo sponsor

non deve vendere il proprio attivo; la possibilità di evitare i problemi amministrativi e

legale del trasferimento; la maggiore snellezza della gestione e dell’amministrazione

dell’operazione; la possibilità di effettuare deals di importo consistente, senza dovere

affrontare problemi di liquidità del mercato.

XXXII Introduzione