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Condivisione dei pani e dei pesci – Raffaellino del Garbo - 1500
L’ECO DEL GIAMBELLINO
Notiziario della Parrocchia di San Vito
Giugno 2018 N°6
2
www.sanvitoalgiambellino.com
Parrocchia di San Vito – 20146 Milano - Via Tito Vignoli, 35 Telefono: 02 474935 (attendere messaggio e poi digitare l’interno voluto)
don Antonio Torresin, Parroco int.11 [email protected] don Tommaso Basso int.14 [email protected] don Giacomo Caprio int.12 [email protected] Oratorio int.15 Centro “La Palma” int.20
ORARI ESTIVI GIUGNO-LUGLIO-AGOSTO 2018
SS. Messe Festive, dal 17 Giugno al 2 Settembre: ore 11,00 - 18,00 -- Prefestiva: ore 18,00
Feriali, dal 18 Giugno al 1 Settembre: ore 18,00
Ufficio Parrocchiale Da lunedì a venerdì, eccetto quelli prefestivi-festivi, (tel. 02 474935 int.10)
Fino al 30 Giugno, orario normale, ore 10,00-11,30 e 18,00-19,00 Luglio e Agosto, 18,30-19,00
Centro d’Ascolto Lunedì-mercoledì-venerdì, ore 9,30-11,00, (tel. 02 474935 int.16)
Luglio e Agosto chiuso, riapre il 10 Settembre
Ricerca Lavoro Mercoledì, ore 15,00-17,00, (tel. 02 474935 int.16)
Chiuso dal 20 Giugno, riapre il 5 Settembre
Pratiche INPS (Sig.Ferrara) Assistenza per problemi di pensionamento, (tel. 02 474935 int.16)
Lunedì, ore 15,00-18,00. Agosto chiuso
Pratiche di Lavoro (Rag.Alba) Assistenza di un Consulente del lavoro
Fissare un appuntamento presso la segreteria parrocchiale – Chiuso da 1/6 a 11/9
Centro Amicizia La Palma Corsi diversi mattina e pomeriggio, Chiuso dal 1 Giugno, riapre il 16 Settembre
Segreteria, ore 15,00-17,00. (tel. 02 474935 int 20 oppure 333 2062579)
Biblioteca Mercoledì, ore 16,00 -18,00. Chiusa dal 7 Giugno, riapre il 12 Settembre
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L’ECO DEL GIAMBELLINO
Notiziario della Parrocchia di San Vito Anno XLII - Giugno 2018 – N°6
TEMA DEL MESE CUM PANIS: UN PANE DA CONDIVIDERE
Cum panis: una parrocchia in festa 4
Lo spreco 6
Meraviglia e nostalgia del pane condiviso 7
San Vincenzo: dare una mano colora la vita 10
Un rabbi che amava i banchetti 14
Pane e dintorni 18
Tutti a tavola 20
Le panetterie del Giambellino-Lorenteggio 22
Cibo etico e cibo estetico 25
VITA PARROCCHIALE
Nuovi orari delle Messe giugno-settembre 17
Riflessione e preghiera 28
Oratorio estivo 2018 29
Tempo di vacanze con l’Oratorio 30
Un’amica ‘discreta’ 32
Notizie dal Gruppo Jonathan 33
La scatola dei pensieri 34
Una fiaba per la buona notte 36
Rendiconto 2017 38
Ristrutturazione Oratorio 41
Santo del mese: San Paolino di Nola 42
Centro amicizia La Palma 44
Notizie ACLI 45
Adozioni a distanza 49
Battesimi, matrimoni e funerali 50
4
Cum panis: una parrocchia in festa
È successo più o meno così. Un amico mi telefona dicendomi che si era
trasferito nelle case popolari del Giambellino un suo amico, un personaggio
particolare con una storia sofferta e complicata, e se potevo andarlo a trovare.
Così ci sono andato e ho conosciuto Mauro. Un incontro sorprendente e
carico di umanità. Ad un certo punto Mauro mi fa vedere la scena iniziale di
un film, a cui – mi dice – aveva partecipato. Io all’inizio ero scettico. Poi
scorrono le immagini di lui che recita una poesia, una sorta di parafrasi del
cantico di Francesco. Ve la riporto perché merita, anche se andrebbe vista e
ascoltata più che letta:
Laudato si mi Signore per nostra sora panchina
et ella è dura e rigida ma amorevolmente le nostre membra accoglie.
Laudato si mi Signore per nostro frate cartone e per sora nostra coperta
che se li demoni dello freddo non vincono, beh un po’ li allontanano.
Laudato si mi Signore per nostra sora colletta
anche una sola moneta.
Laudato si mi Signore per nostro frate pane
per la sua fragranza et ristoro.
Laudato si mi Signore,
perché so soffrire senza maledire.
Laudato si mi Signore per nostre sore stelle e per sora nostra luna piena
che le sere ci incantano.
Laudato si mi Signore per nostro frate sole,
Che ogni mattina ci ricorda che siamo ancora vivi.
Questa preghiera è posta all’inizio del film “Pane dal cielo” di Giovanni
Bedeschi, che racconta una bellissima storia di pane, di emarginazione, di
amicizia, di speranza, di occhi che ci vedono e di altri che sono ciechi… un bel
film. E mentre sono con Mauro e trattengo la commozione per quella
preghiera, mi viene in mente che questo merita di essere festeggiato: il pane
che condividiamo, ogni volta che ci troviamo come fratelli anche se
sconosciuti, ma spezziamo il poco che abbiamo, insieme.
5
Potremmo far vedere il film, mi dico.. E Mauro commenta la mia idea così:
cum-panis, che significa “compagno”, colui con cui divido il pane!
Così è nato anche il titolo della nostra festa e l’idea di contrassegnarla per
un’attenzione particolare nel condividere quello che abbiamo con chi più ha
bisogno.
Per questo il Consiglio d’Oratorio con don Giacomo hanno deciso di sostenere
con la vendita delle patatine la partecipazione di alcuni ragazzi all’Oratorio
estivo, e la domenica abbiamo invitato all’aperitivo soprattutto le famiglie che
sono aiutate dalla San Vincenzo, e il ricavato dell’aperitivo lo daremo
all’Opera S. Francesco e la sua mensa in viale Piave.
Prima condividiamo il pane eucaristico e poi il pane della vita. Logico, per
queste ragioni, che il numero dell’Eco fosse sul pane condiviso, sulla tavola,
sulla condivisione, sul cibo che ci alimenta e su quello che sprechiamo….
Leggete, e poi mettiamoci a tavola con uno stile nuovo! Perché la vita
spirituale non è una cosa astratta, non si fa con i cuoricini, ma con il corpo,
nutrito, condiviso, curato, ospitato, spezzato, donato: la tavola è quanto di più
vicino abbiamo con l’eucaristia, il testamento di Gesù, la nostra carta di
identità.
don Antonio
Condivisione dei pani e dei pesci – Mosaico in San Apollinare, Ravenna – VI secolo
6
Lo spreco
Quando apro il frigo o guardo l'angolo
della cosiddetta “dispensa”, mi
vengono in mente i primi anni '40
(come sono vecchio....) quando,
intorno ai dieci anni, dovevo
accontentarmi dei 200 grammi di
pane che la “tessera annonaria”
consentiva a ciascuno di noi, grandi o
piccoli che fossimo. O penso ai furti
che, con i miei compagni di giochi,
perpetravamo sui camion militari
alleati che stazionavano nel nostro File per il pane negli anni ‘40
cortile e spesso contenevano residui di gallette destinate ai militari occupanti.
Cosa è successo da allora? Il maggiore benessere ovviamente, la fine delle
restrizioni alimentari, la produzione di nuovi articoli, il bombardamento
assillante della pubblicità, hanno posto davanti ai nostri occhi allettanti
proposte per soddisfare i nostri gusti e le nostre preferenze.
Ma anche (e direi soprattutto) il fenomeno della emulazione, per cui le nostre
madri e mogli mai accetterebbero di rinunciare a quanto le amiche hanno già
sperimentato e giudicato valido.
Ma questo non basta a giustificare lo “spreco”, il mancato utilizzo di quanto
abbiamo acquistato. Secondo il mio modesto parere, in questo campo giocano
numerosi fattori: una valutazione errata dei bisogni per sé e per la propria
famiglia, gli acquisti che correlano i prezzi alla quantità del prodotto (un kg
per 10 euro; due kg.per 18), il timore di restare privi di un prodotto, le offerte
speciali. Ma, direi anche la “bramosia”, cioè il desiderio di compensare le
nostre legittime aspettative in maniera forte, che sottolinei la nostra
dimensione economica e sociale.
Un certo “Gesù”, insegnandoci come correlarci al Padre, ci suggerì “Dacci oggi
il nostro pane quotidiano”, non la provvista per un mese.
Guardiamoci intorno nella nostra città e altrove: leggiamo e vediamo migliaia
di esseri umani che vivono di niente o di pochissimo. Ma ci sono tante
organizzazioni che agiscono in questo campo per portare sostegno a chi non
ha il necessario: perchè non proviamo a ridurre le nostre scorte e devolviamo
quanto risparmiato a sostenere i meno fortunati?
P.s. Dato il tema,vogliamo accennare anche al “consumo” dell'acqua ?
Raffaello Jeran
7
Meraviglia e nostalgia del pane condiviso
Doveva essere davvero Dio quell’Uomo di Nazareth, se fu capace di scegliere
proprio il pane e il vino come simbolo e mezzo del suo permanere in mezzo a
noi; e doveva essere pienamente uomo, se concepì una tavola imbandita come
scenario per il dirsi, tra amici, la reciproca voglia di donarsi e di accogliersi.
Perché noi esseri umani siamo fatti così: in qualunque luogo della terra, a
qualunque latitudine, per celebrare accoglienza e amicizia, per dirci che siamo
felici di stare insieme, per meglio scambiarci gli auguri di cose buone e belle,
ci mettiamo a tavola. Perché alimentarsi è una necessità, ma farlo insieme a
qualcuno cui vuoi dire amore e augurare bene diventa liturgia di vita.
Ogni essere vivente che si conserva nell’esistenza mediante il nutrimento e
cresce, mentre assimila la materia inanimata, la fa sua, la rende parte di sé,
dunque viva, parte di un corpo animato e strumento dell’anima e delle sue
attività. È quanto sottolinea E. Stein, quando vuol farci capire che vita e
attività vitale è proprio l’esercizio di questo potere: far diventare proprie,
sostanze esterne che, «assorbite, subiscono nella nutrizione una vera
trasformazione, diventando qualcosa di totalmente diverso da quello che
erano prima»1. Anche il corpo passibile di Gesù si è alimentato dunque, come
ogni corpo vivente, di sostanze nutritive, estranee al corpo stesso prima della
loro assimilazione e, trasformandole, le ha rese parte di sé: così la creazione
stessa è già entrata con Lui nella gloria. Ma Gesù ha fatto ben di più: nella
cena pasquale ha permesso che avvenisse «quell’innesto dei tralci nella vite
che rende possibile l’effusione dello Spirito. Le antiche preghiere di
benedizione sono diventate sulle labbra di Gesù parola vivificante. I frutti
della terra sono diventati la sua carne e il suo sangue, sono ripieni della sua
vita. La creazione visibile, in cui egli era già entrato con l’Incarnazione, è ora a
Lui unita in una maniera nuova e misteriosa. Gli elementi che servono alla
costruzione del corpo umano sono radicalmente trasformati e, mediante la
loro ricezione piena di fede, anche gli uomini vengono trasformati, inseriti in
una unione vitale con Cristo e riempiti della sua vita divina»2.
Credo che chiunque abbia vissuto anche solo una volta la partecipazione
alla mensa eucaristica – e anche se solo con un briciolo di consapevolezza
(come facciamo un po’ tutti, d’altra parte; perché penso che solo lassù
1 E. Stein, Essere finito ed essere eterno, pp. 223-224.
2 E. Stein, Il mistero della vita interiore, p. 119.
8
riusciremo a capire pienamente quel che essa fa presente e significa) –,
difficilmente possa dimenticare il richiamo alla realtà che quel pane e quel
vino condiviso rendono presenti: sono «corpo e sangue, e frutto della terra,
della vite e del lavoro dell’uomo, nel loro diventare il rappresentante del
tutt’altro da Dio, a Dio offerto, in Dio ricapitolato»3.
Non ricordo di aver mai visto mio padre in chiesa. C’era il giorno della mia
prima comunione? Le foto dicono di sì, ma io non ricordo; in chiesa
andavamo sempre e solo con la mamma. Papà era cresciuto convittore presso
i Salesiani, dove aveva frequentato fino al liceo, servendo messa ogni mattina.
Poi non aveva più voluto saperne, né di preti né di chiesa. Eppure, era
sufficiente posare sulla tavola il pane sottosopra, per scatenare un mare di
rimproveri, mentre i suoi bellissimi occhi blu diventavano feroci: il pane era il
segno scelto da nostro Signore per rimanere in mezzo a noi, perciò andava
rispettato! E che nessuno si sognasse di ascoltare musica il venerdì santo,
perché era il giorno in cui Gesù era morto!
A me ragazzina questi messaggi così drastici e pieni di tensione in realtà
suonavano incomprensibili nella loro motivazione autentica: mi pareva
semplicemente che ogni scusa fosse buona per rimproverarmi. Oggi mi chiedo
quale terribile nostalgia agitasse il cuore di mio padre, quando tuonava in
quel modo contro i gesti del tutto innocenti di una bambina. E so di dovergli
essere grata: a modo suo, e chissà con quale struggimento nel cuore,
testimoniava la sacralità di certe realtà che, pur del tutto umane – e forse
proprio per questo –, ai suoi occhi continuavano a lasciare trasparire la
presenza del divino. F. Mauriac diceva: «Dal giorno dell’ascensione abbiamo
Dio in agguato all’angolo di ogni strada!».
Con mamma era tutta un’altra storia: in un momento storico (prima del
Concilio Vaticano II) in cui era ancora vietato tenere a casa la Bibbia (era cosa
da protestanti farlo!), il suo direttore spirituale le aveva dato il permesso di
tenere il Vangelo. E lei ce ne parlava sempre. Ero ancora molto piccola, ma mi
portava in chiesa con lei. E c’era una cosa in particolare che mi turbava
moltissimo, gelosa com’ero di lei e di ogni sua attenzione: il suo sguardo
improvvisamente si fissava intensamente su qualcosa (o qualcuno?), laggiù
sull’altare….e io, che seguivo quello sguardo nell’ansia di capire chi mai
meritasse quello sguardo da parte di mia madre, alla fine di quella traiettoria
invisibile e però precisa, non trovavo nulla, non vedevo nulla.
Ho sempre ripensato a quei momenti di bambina ogni volta che ho letto la
frase di san Paolo (a pensarci bene, un vero ossimoro), che dice di fissare lo
sguardo sulle cose invisibili (2Cor 4,18), e mi è sembrato di capire un po’ di
3 M. Naro, A cena con il Risorto: l’eucarestia forma della vita cristiana, p. 275.
9
più mia madre. Ero ancora piccola quando mi chiamò al suo letto e mi disse
che sarebbe dovuta andare in un posto da cui avrebbe potuto fare per me cose
che, se fosse rimasta, non avrebbe mai potuto fare. E mi insegnò un segreto:
se avessi parlato lì in chiesa, vicino alla porticina del tabernacolo, lei avrebbe
sentito, perché tutti, se ci amiamo, siamo lì, insieme a Gesù eucaristia.
Non capii granché, se non che lei stava andando via. Mi c’è voluta una vita
intera per imparare a capire che mamma con la sua fede, prima di morire, mi
aveva regalato la Chiesa tutta come famiglia e come casa mia, per sempre; che
l’eucarestia è un «partecipare della comunione più radicale, di quell’atto
d’essere che permette di vivere non solo con gli altri, ma anche negli altri,
come il Padre nel Figlio suo attraverso lo Spirito, e come il Figlio stesso nel
Padre suo di nuovo tramite lo Spirito». E allora s’impara (certo, a poco a
poco) «a portarsi dentro l’Altro e a portarsi l’Altro dentro», riconoscendo
valore all’Alterità, affrancandosi da ogni autosufficienza e rinunciando
all’autoreferenzialità; perché «vivere eucaristicamente significa imparare a
stare gli uni negli altri»4, non solo nei confronti di chi ancora cammina per le
strade di questa terra, ma anche e soprattutto nei confronti di chi non
vediamo più fisicamente.
Nel duomo di Monreale, in provincia di Palermo, sulla parete sinistra a
fianco dell’altare una serie di quadroni racconta l’episodio di Emmaus (Lc 24,
13-36): «Gesù è prima ospite alla mensa dei due discepoli e spezza il pane in
mezzo a loro; poi la scena viene come duplicata», ma il posto di Gesù è ormai
vuoto, mentre la mensa rimane imbandita e i discepoli seduti. Al posto di
Gesù c’è il pane eucaristico appena spezzato. Così «l’assenza diventa il luogo
teologico in cui rintracciare la presenza misterica di Cristo in mezzo ai suoi
discepoli; l’invisibilità di chi non si lascia più afferrare dalla vista degli occhi
diventa il segno radicale che esige di essere ancora guardato, contemplato,
decifrato come sacramento della presenza permanente del Risorto»5.
Grazia Tagliavia
4 Ibidem.
5 Ivi, p. 279.
10
San Vincenzo D e Paoli Dare una mano colora la vita
Il gruppo, presente in Parrocchia da oltre 60 anni, fa
parte della Società San Vincenzo De Paoli, fondata nel
1883 con la finalità di rendere autosufficiente ogni
persona, favorendo la sua dignità.
È una comunità di fede nella quale si è chiamati a
camminare insieme, con lo spirito di servizio ai più
bisognosi. Ha sede nei nuovi locali nel seminterrato
sotto la casa parrocchiale. Le attività svolte sono: la
visita al domicilio, fondamentale per l’ascolto del
fratello nel bisogno; l’aiuto finanziario, dopo attento
esame delle richieste; la distribuzione periodica di pacchi viveri.
Il tutto senza distinzione di religione, di etnia, di opinioni politiche o culturali.
I prodotti alimentari ed i finanziamenti arrivano in gran parte dalla Caritas e
dalle offerte dei parrocchiani.
L'incontro a domicilio e l'accompagnamento
È la peculiarità dell’azione della San Vincenzo, sin dalla sua fondazione. I
vincenziani incontrano le famiglie al loro domicilio periodicamente, portando
loro ascolto, aiuto concreto, sostegno e partecipazione alle loro difficoltà.
Una volta incontrata e conosciuta, la persona fragile viene accompagnata nel
suo percorso con l'obbiettivo di un suo affrancamento sociale.
Il pacco alimentare
Il pacco alimentare, oltre ad essere un sostegno concreto alle difficoltà
economiche delle famiglie, per la San Vincenzo rappresenta un "biglietto da
visita", un apri porta o più semplicemente un punto di partenza, per iniziare a
tessere relazioni umane e amicali più profonde e orientate a individuare altre
modalità di aiuto e di servizio Il pacco alimentare può diventare così "un
mezzo, non un fine".
Esperienze di condivisione
Fin qui abbiamo parlato di attività, intenzioni, organizzazione, obiettivi, ma
dietro a tutto questo ci sono persone che dedicano entusiasmo, tempo,
energie per far funzionare un sistema così complesso e soprattutto delicato,
affrontando con fede la fatica e le difficoltà e cercando di risolvere le
problematiche sempre nuove che si presentano.
11
Per condividere con la comunità parrocchiale questo esempio “concreto” di
carità cristiana e per farci raccontare storie ed esperienze abbiamo
intervistato Maria Della Rocca, presidente della San Vincenzo parrocchiale.
Come prima cosa, per aiutarci a capire le dimensioni del problema, quante
sono le famiglie regolarmente assistite dalla San Vincenzo nella nostra
parrocchia? E quanti pacchi viveri vengono distribuiti in un anno?
“Attualmente le famiglie assistite regolarmente sono oltre 150. I pacchi
viveri vengono distribuiti di norma una volta al mese, più alcune
distribuzioni speciali, per un totale di circa 1800 pacchi viveri all’anno. Il
pacco viveri è l’attività più evidente, ma ci sono molti altri tipi di intervento
che si attuano caso per caso, ad esempio il pagamento di bollette e la
fornitura di medicinali”.
Si può immaginare che, data la perdurante crisi economica ed anche a
causa del fenomeno migratorio con le relative difficoltà di integrazione, ci sia
una crescente domanda di assistenza da vari tipi di persone. Come è cambiata
la situazione in questi ultimi anni?
“La situazione è indubbiamente peggiorata, nel senso che la domanda di
aiuto è in continua crescita, e sono cambiate anche le persone che richiedono
assistenza. Oggi la maggioranza è costituita da famiglie di immigrati,
famiglie numerose con molti figli. Sono poche, e non più del 10-15% le
persone sole, le persone anziane”.
Per quale percorso arrivano a voi le richieste di aiuto, ad esempio:
attraverso il Centro di ascolto della Parrocchia, per passaparola, su
segnalazione, ecc.
“La gran parte arriva per passaparola, specialmente fra gli immigrati, ma
la “porta di accesso” è il Centro ascolto della Parrocchia, che riceve la
richiesta di aiuto, raccoglie la eventuale documentazione (stato di famiglia,
ISEE, ecc.) e indirizza le persone alla San Vincenzo.
A nostra volta ci muoviamo con la massima trasparenza, seguendo le regole
dell’associazione e del Banco Alimentare, che prevedono anche la visita a
domicilio per constatare le condizioni di vita dei richiedenti e commisurare
l’aiuto con le reali esigenze.
Cerchiamo di seguire le regole il più possibile, anche per agire con un
criterio di equità, ma non mandiamo mai via nessuno a mani vuote. Non
possiamo mai dimenticare che lo spirito di servizio ai più bisognosi è la
regola più importante di tutte le regole”.
12
Penso che, operando così “in prima linea” con persone che sperimentano
con varie modalità di disagio la fatica di vivere, ci si trovi di fronte a molteplici
atteggiamenti. Ci sarà chi chiede con grande umiltà e ci sarà anche chi, in
qualche modo, pretende. Qual è la vostra esperienza?
“Devo dire che qui emergono, posso immaginare, le differenze culturali. Ci
sono, naturalmente, le eccezioni, ma le persone di origine italiana e quelle
dell’Europa dell’Est mostrano un certo “pudore”, una certa riluttanza a
chiedere, mentre altri hanno un atteggiamento più disinvolto, quasi
esercitassero un loro “diritto” ad essere assistiti”.
L'obiettivo dichiarato della San Vincenzo è quello di superare il livello
base dell’aiuto materiale, ovvero il livello di un servizio di assistenza
economica, per accompagnare le persone più fragili verso un riscatto sia
sociale che spirituale. Questo presuppone, immagino, far percepire alle
persone assistite di “condividere” in qualche modo le loro difficoltà,
instaurando un dialogo, oserei dire “alla pari”. Sembra un compito veramente
arduo, come ci si riesce?
“Cerchiamo di dialogare con le persone, di accompagnare i loro progetti per
il futuro, per evitare il più possibile la “cronicità” del bisogno. La nostra più
grande soddisfazione è quando qualcuno ci dice, e grazie a Dio ogni tanto
succede, «Grazie per l’aiuto, ora non ho più bisogno e posso camminare da
solo».
A volte ci capita di uscire da una visita a una famiglia con le lacrime agli
occhi, anche perché ci rendiamo conto che molte situazioni sono veramente
difficili e siamo consapevoli dei nostri limiti. Qui comincia la condivisione, la
condivisione della nostra fragilità. Un grosso limite al dialogo è oggi la
lingua. Gran parte delle persone che vengono da noi sono donne immigrate
e parlano poco o niente l’italiano. Cerchiamo di stimolarle a frequentare dei
corsi, ma non è facile intendersi in queste condizioni”.
Puoi raccontarci qualche episodio significativo, e magari sorprendente e
inaspettato, dei rapporti sviluppati con le persone che si sono rivolte a voi per
un aiuto?
“C’è una signora araba che ogni volta che viene a ritirare il pacco ci porta
una tortina o dei dolcetti fatti da lei, un’altra che ci porta il caffè, e così via.
Episodi come questi dimostrano che si è instaurato un rapporto umano, che
la nostra non è vista come un’azione burocratica e nemmeno un’elemosina,
ma è un aiuto fraterno”.
13
Come vedete il futuro di questa attività? E quali sono i problemi più
impellenti da affrontare e risolvere?
“Secondo me, il problema più impellente è che siamo in pochi e sempre più
avanti negli anni. E’ venuto a mancare in parte il ricambio generazionale
dei volontari. Non credo che sia una situazione solo della San Vincenzo e non
è facile immaginare come si evolverà in futuro”.
La Caritas diocesana sta cercando di “creare rete” fra le varie attività
assistenziali, per ottimizzare le risorse e dare una risposta più efficace. La San
Vincenzo, ad esempio, esercita la funzione di selezione e filtro delle richieste
da inoltrare per la recente iniziativa della Caritas “Emporio solidale”. Tutto
questo è un valido supporto?
“Certo, e a proposito di supporto, dobbiamo ringraziare i “volontari free-
lance” del gruppo parrocchiale “La Stampella”, che ci danno una mano
concreta tutte le volte che abbiamo bisogno di braccia (e cuori) volonterosi,
soprattutto per il lavoro impegnativo dei pacchi viveri, inoltre dopo la
ristrutturazione dei locali l’attività si svolge in modo molto più agevole e
razionale. Tutto questo ci aiuta a svolgere meglio la nostra missione più
importante, difficile e delicata, quella di condividere la sofferenza dei fratelli
più deboli per aiutarli a trovare la strada del loro riscatto”.
Roberto Ficarelli
Scaffali di scorte alimentari e pacchi viveri confezionati, pronti per la distribuzione
14
Un rabbi che amava i banchetti
È il titolo di un bellissimo testo di Enzo Bianchi nel quale spiega l’eucaristia ai
bambini raccontando la storia di Gesù attraverso i banchetti di cui ci narrano i
Vangeli. Lo stare a tavola diventa un punto di vista eccellente per capire lo
stile di Gesù e forse non solo il suo. La tavola, il momento in cui si spezza il
pane, si condivide la mensa, è quello che meglio esprime l’umano come
comunione, come desiderio di essere gli uni cibo per gli altri. Non a caso il
banchetto è da sempre nella Scrittura immagine del regno di Dio. Non ricordo
più dove ho scoperto questo pensiero che trovo illuminante: apparecchiare la
tavola è come fare le prove della terra promessa, del paradiso. Forse
dovremmo ricordarlo anche quando celebriamo l’Eucaristia, che a volte perde
questa sua radice: mettersi a tavola con il Signore e spezzare il pane con i
fratelli. Ma torniamo a Gesù. Le cose più belle che ha fatto e ha detto, hanno
sempre in qualche modo a vedere con i banchetti. Provo a rintracciarne
alcune scene che tutti ricordano.
Giovanni, l’evangelista, racconta l’inizio
del ministero pubblico di Gesù proprio
ad un banchetto di nozze. Non è neppure
l’invitato principale, vi partecipa un po’
di “straforo” e se ne esce senza neppure
chiedere un grazie: ma se la festa non si
trasforma in un disastro è perché lui
trasforma l’acqua in vino. Che Gesù sia
presente dove un uomo e una donna si
amano mi pare già una buona notizia. Gli
sta a cuore che l’amore non finisca, che la
gioia di vivere insieme non sfumi nel tempo. Di questi miracoli per fortuna ne
fa ancora e oggi come allora pochi
se ne accorgono.
Se il primo banchetto vide la
partecipazione quasi clandestina
di Gesù, quelli successivi
provocarono un certo clamore se
non uno scandalo. Da un lato
sembrava strano che un rabbino
famoso non avesse i tratti ascetici
e distaccati ma piuttosto fosse un
amante della buona tavola. Da
sempre c’è chi associa il religioso
15
con un distacco dal piacere, ma per Gesù non è così. E soprattutto erano i
compagni di tavola che creavano problemi: peccatori pubblici, donne di
dubbia moralità che lasciava avvicinare a tavola … insomma Gesù sedeva a
tavola con tutti e sembrava avere una certa predilezione per quelli scartati.
Dovremmo ricordarcene ogni volta che rischiamo di fare dell’Eucaristia un
premio per i buoni invece di viverla come un nutrimento per i peccatori: Gesù
la pensava così!
Una volta a tavola poi, questo maestro amava raccontare. Perché a tavola non
ci limita a mangiare: cibo e parola sono legati intimamente. Per parlare
occorre smettere di mangiare, e quando si finisce di parlare è bello assaporare
un buon cibo perché la parole dette diventino nutrimento per la vita. Le cose
più belle Gesù le ha dette a tavola, e spesso parlava proprio di banchetti, come
quello preparato per il figlio che si era perduto, come quello per nozze in cui si
cercano invitati… Insomma non smetteva mai di pensare alla tavola!
Delle volte erano banchetti semplici, magari nelle case di peccatori o di chi lo
invitava. Ma altre volte erano delle vere e proprio feste popolari con una
partecipazione di folle che prima stavano ad ascoltare le sue parole e poi
potevano gustare il pane che
“miracolosamente” sapeva
distribuire chiedendo ai
suoi di dividere quello che
avevano. Gesù non si
spaventava dei numeri,
della sproporzione tra i
bisogni e le risorse, perché
conosceva il segreto della
con-divisione: se metti
insieme il poco che hai
16
succede che basta per tutti e ne avanza pure! Penso che sarebbe una logica
capace di rivoluzionare l’economia che invece sembra seguire le logiche
contrarie e infatti qui manca tutto a tutti!
Quello più decisivo però fu l’ultimo banchetto. Non poteva che essere così.
Dovendo preparare i suoi amici alla propria dipartita Gesù li raduna attorno
ad una tavola. Cena difficile quella. I discepoli erano distratti, c’era tensione
nell’aria, sgomento addirittura. Eppure proprio in quella sera il Maestro lasciò
il meglio di sé, il suo testamento, il senso di tutta la sua vita, il comando
dell’amore, il gesto tenero ed esigente di lavarsi i piedi,
di prendersi cura gli uni degli altri, e il memoriale
da ripetere in sua memoria: spezzare
un pane insieme ovviamente.
Ecco perché noi ripetiamo quella cena e ci mettiamo a tavola, a volte distratti
e distrutti come i discepoli quella sera, ma certi che proprio in questo gesto
semplice e ripetuto lui è presente e ancora ci nutre, con la sua parola e il suo
corpo e con la sua presenza. E noi glielo chiediamo ogni volta, come i
discepoli di Emmaus: “rimani con noi perché si fa sera e il giorno già volge al
declino!” Lui ci chiede semplicemente questo: preparate la tavola, ospitatevi
gli uni gli altri; sono le “prove del paradiso” e ogni volta questo comincia qui
sulla terra!
don Antonio Illustrazioni di E.Luzzatti, dal libro di Enzo Bianchi “Un rabbi che amava i banchetti”
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Nuovi orari delle Messe da Giugno a Settembre
Festive dal 17 Giugno al 2 Settembre Ore 11 e ore 18 Feriali dal 18 Giugno al 1 Settembre Ore 18
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“Pane” e dintorni
A volte, leggendo le Scritture o anche semplicemente alcuni libri non recenti,
mi capita di chiedermi se oggi le persone giovani, abituate a grissini e cracker,
si rendano conto di quale ruolo avesse il pane nella vita quotidiana familiare
fino a pochi decenni fa. Venivamo educati a non mangiare nulla che non fosse
accompagnato dal pane e anche tra i primi piatti la zuppa di pane nel brodo
ricorreva con una certa frequenza. “Il pane quotidiano” del Padre Nostro
corrispondeva a una realtà che a
Milano si chiamava “michetta”,
preparata fresca (cioè calda e
fragrante) ogni mattina da un
fornaio che si alzava ad ore
antelucane.
“E' buono come il pane” o “è un
pezzo di pane” si diceva delle
persone che si distinguevano per
la loro mitezza e generosità.
Il mio compito qui, però, è quello
di occuparmi della parola “pane” e
dei suoi derivati. Il più
interessante è “companatico” - ciò
che si mangia col pane quando si
mangia pane e qualcosa. Lo si usa
anche in senso metaforico, ad esempio quando di qualcuno si dice che “la
lettura è il suo companatico”.
E' una parola che non ha corrispondenti diretti nelle principali lingue
europee. Questo significa che quando i traduttori del Manzoni si sono trovati
di fronte alle frasi: “se non ci sarà pane, mangeremo del companatico.” (cap.
17); “A mezzo circa della giornata, si fermò in un boschetto, a mangiare un
po' di pane e di companatico che aveva portato con sé.” (cap. 33), hanno
dovuto o restare sul generico (pane e “qualcos'altro”) oppure immaginare che
cosa potesse essere il companatico in quei contesti. In una traduzione in
inglese, ho trovato che la scelta è caduta su “carne” nella prima frase e su
“formaggio” nella seconda.
Lingue diverse non sono etichette diverse messe sugli stessi oggetti o concetti
ma modi diversi di percepire e organizzare la realtà. Per gli inglesi “book” è un
fascicolo di pagine da leggere o su cui scrivere – quella parola riassume in sé i
concetto di libro e quaderno, così come “key” è sia una chiave che un tasto.
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A loro volta gli inglesi possono meravigliarsi che noi non distinguiamo tra
house e home (“casa”) o tra tell e say (“dire”). Il caso di companatico è ancora
diverso, perché descrive un concetto che altre culture ignorano. Un volume
che raccoglie parole di questo tipo dalle lingue di tutto il mondo, per l'italiano
registra anche mammismo, che a quanto pare è una realtà tutta e solo nostra.
Infatti, a sua volta la realtà influisce sulla lingua: il nostro “guadagnarsi il
pane” per gli inglesi è “guadagnarsi il pane e burro” e qui è invece la lingua a
rivelare un modo diverso di gestire alcuni fatti di vita quotidiana. Da loro, di
solito il pane si mangia imburrato.
Se consideriamo un altro derivato di “pane” e cioè “paniere” vediamo
successivi slittamenti nel significato. In origine, era proprio destinato a
contenere il pane; in seguito, la parola è stata usata per ogni contenitore di
vimini che può contenere generi alimentari.
"Il paniere di frutta" è una raccolta di ottantasei liriche di R. Tagore tratte
da vari poemi in lingua bengali pubblicati tra 1886 e 1915. Al centro dell'opera
è il rapporto dell'uomo con Dio, il cui generoso amore pervade ogni cosa.
Dinnanzi alla sua prodigalità e a fronte dei doni ricevuti e sperperati in vita, il
poeta nel suo trepidante e intimo dialogo con la divinità sente il desiderio di
offrirsi a lei come un frutto maturo del suo giardino. Con semplicità e umiltà
porge al Dio tutto quel che gli è rimasto, ossia se stesso, con la preghiera di
essere accolto. Non gli resta quindi che l'abbandono fiducioso all'ignoto, dove
si ritrova l'amore perduto, e la constatazione della grandezza divina, con fede
nella gioia e nel perdono dopo la sofferenza e il dolore.
Attualmente, in seguito alla quasi totale scomparsa di ceste, cestini e panieri,
quest'ultima parola è usata per indicare l'insieme dei beni ritenuti di largo
consumo: sulla base dei prezzi di tali voci l'ISTAT elabora un indice che
riflette, almeno nelle intenzioni, l'andamento delle spese che una famiglia
media deve sostenere. Ad esempio, nel 2018 entrano nel paniere cinque nuovi
prodotti: l’Avocado, il Mango, i Vini liquorosi, la Lavasciuga e il Robot
aspirapolvere. Escono dal paniere la Telefonia pubblica, il Canone Rai e il
Lettore Mp4.
Non ho potuto verificare le singole voci ma ho motivo di pensare che il pane
comune, la michetta di cui dicevo all'inizio, in quel paniere non ci sia più.
Gianfranco Porcelli Un oggetto della “famiglia” del paniere è il canestro – in inglese basket. Solo
che per loro quello è solo il contenitore, da noi è diventato il nome dello sport
che loro chiamano basketball. La parola canister, invece, indica la tanica. Mi
è capitato di leggere “un canestro di benzina” che non è solo non saper
tradurre, ma anche non saper ragionare.
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Tutti a tavola
Fin da quando eravamo piccole mia mamma ha sempre affidato a mia sorella
e a me il compito di apparecchiare la tavola. Portate via dai giochi in cui
eravamo immerse, inizialmente cercavamo di sottrarci all’incarico ma poi io
dovevo sempre riconoscere che era tra i miei preferiti.
Mi piaceva specialmente preparare la tavola dei giorni feriali, quella semplice
ma curata che ci avrebbe visti insieme di sera. Apparecchiando aspettavo che
mio papà tornasse dal lavoro e immaginavo il momento in cui, riuniti,
avremmo finalmente goduto dei frutti dell’amore reciproco mangiando
insieme.
Anche nella comunità cristiana arriva il momento in cui ci si deve occupare di
allestire una grande tavolata per riunire i nostri figli più piccoli: l’Oratorio
estivo inizia e il salone Shalom smette di essere il luogo delle conferenze e
delle riunioni per trasformarsi in sala da pranzo. Per diversi giorni circa
duecento bambini vi condivideranno il pasto e insieme i segni della fraternità
che esso porta con sé.
Gli adulti che si dedicano a preparare e a servire a questa mensa provano gli
stessi sentimenti di ogni padre e madre verso i propri figli: sollecitudine, cura
amorosa, consapevolezza che non si tratta solo di sfamare ma anche di
trasmettere il nocciolo di una relazione affettiva. Sempre il pasto condiviso
veicola il messaggio di un fondante interesse reciproco: sono qui perché mi
stai a cuore, perché mi premono il tuo benessere, la tua salute ma anche il tuo
equilibrio, la tua pace, la tua felicità. Non si dà pane condiviso che non sia
anche una richiesta e un dono del senso complessivo del vivere insieme.
Negli anni ho visto adulti dedicarsi al servizio della mensa con sincera
generosità: mamme che vengono nell’intervallo della loro giornata lavorativa,
nonne che arrivano presto perché tutto sia in ordine all’ora stabilita, papà che
si prestano agli incarichi più faticosi senza lagnarsi. Proprio come in una
famiglia. Tutti cerchiamo di far trasparire dall’impegno, dai gesti, dalle parole
e persino dai nostri limiti e dalle nostre inefficienze, quanto ci stiano a cuore i
ragazzi che ci vengono affidati nella loro esigenza di nutrirsi e di trovare qui
comprensione e amicizia.
In questo stile di servizio nostro insuperabile maestro resta Gesù, il vero
pastore buono e appassionato del gregge che desidera occuparsi di ciascuno
secondo le sue uniche e irripetibili caratteristiche e quindi conduce senza
fretta le pecore madri, porta sulle spalle quelle smarrite, ma gli agnellini li
abbraccia e li tiene sul petto.
Maria Pia Barbieri
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Il salone Shalom trasformato in una grande sala da pranzo per i ragazzi
dell’Oratorio estivo, con tante tavole apparecchiate
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Le panetterie del Giambellino - Lorenteggio
Se il tema è il pane, non potevamo non raccontare qualcosa delle panetterie
della nostra zona, di cosa producono e vendono, di come è cambiata in questi
anni la loro attività, di come si relazionano con i loro clienti, di quali problemi
debbono affrontare, di come vedono il futuro. Per questo abbiamo pensato di
effettuare sul posto qualche intervista, secondo una traccia comune, per
raccogliere le considerazioni dalla viva voce degli interessati.
Una prima considerazione di carattere generale si può fare in merito al pane
come elemento principale nell’alimentazione di milioni di persone, nel
passato come nel presente, sicuramente il cibo fatto dall’uomo più antico che
conosciamo, la cui mancanza o scarsità è stata causa di sommovimenti sociali,
rivolte se non rivoluzioni, in diverse epoche storiche, oggetto di frasi famose
(“se non hanno pane mangino brioches”) che ai nostri giorni non avrebbero lo
stesso effetto
Le interviste sono state effettuate con i titolari e i dipendenti delle seguenti
panetterie o meglio sarebbe dire PANIFICI in quanto comprendono la
produzione in proprio:
PANCAFFE’ di Bruno e Antonella LAMARRA (Giambellino angolo Vignoli)
GRAN FORNO di LORENTEGGIO di Francesco D’Arrigo
PANIFICIO in GIAMBELLINO dei F.lli MACCHIA
PANIFICIO FICHERA (Vignoli angolo Vespri)
Ogni intervista era articolata sui seguenti punti:
Anni di attività
Anzianità e ruolo del personale
Cambiamenti nel processo produttivo
Variazioni nell’offerta e nella gamma di prodotti (oltre al pane)
Caratteristiche / contenuti del lavoro al forno e al banco vendita
Modifiche dei gusti e delle abitudini dei consumatori
Problemi del settore panificazione
Problemi del quartiere in cui si opera
Visione del futuro: pessimistica o ottimistica
Quella che segue è quindi una sintesi di quanto è emerso dalle interviste che
per altro hanno evidenziato numerosi punti in comune.
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Quasi tutte le panetterie (3 su 4) sono in effetti panifici a conduzione familiare
di imprese con dimensioni diverse (medio-piccole), con un numero di anni di
attività che va dai 20 ai 33 anni ed un’età media del personale dai 40 ai 60
anni. Quasi tutti provenienti da regioni del Sud (Basilicata, Campania,
Calabria), dove si sono formati, e trapiantati ancora giovani al Nord dove
hanno completato la il loro apprendistato.
Il processo produttivo è abbastanza cambiato in questi ultimi anni: si è
passati dai forni a gas a quelli elettrici, sono stati introdotti macchinari più
tecnologici, tra i quali gli abbattitori (per ridurre i tempi di lievitazione e
renderla più sicura), le materie prime si sono diversificate e raffinate, si
producono fino a 15 tipi di pane diversi per tipo di farina, lievitazione, tecnica
di lavorazione. La famosa “michetta” che richiede una particolare
preparazione è ancora presente nell’offerta ma sicuramente meno richiesta
che in passato quando esisteva solamente il pane comune, quello all’olio, la
pasta dura. Oggi per essere competitivi e soddisfare il gusto e le abitudini dei
consumatori è necessario produrre una gran varietà di pani:
con lievito madre, pochi grassi, integrale, ai 5 cereali, alla soia, al riso, al mais,
alla curcuma, al kamut, con farine antiche ( 2 invece di 00), con grani
biologici, con mix di grani (tenero, duro, farina 2). Anche le forme sono
numerose: francesina, ciabatta, panino, arabo, pagnotta e naturalmente
grissini. A questa varietà occorre aggiungere un mix di prodotti salati-dolci
quali pizzette, focaccine, tortine di verdura, biscotti-biscottini, cannoncini alla
crema e al cioccolato per una clientela di giovanissimi che vanno e vengono
dalle scuole della zona.
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Per soddisfare le richieste dei propri clienti la gamma di prodotti si amplia
per includere quasi ovunque bevande, latticini, pasta, riso, gelati, dolci
confezionati, merendine, etc.
Una produzione e una vendita così diversificate confermano i cambiamenti
nei gusti e nelle esigenze della clientela che, per effetto della pubblicità, delle
mode, per l’attenzione verso le diete e la preoccupazione per la propria salute,
è diventata più esigente. attenta, sofisticata, variegata in termini culturali e di
tradizioni riguardanti il cibo. La popolazione di origine africana-araba,
abbastanza presente nella zona, ha sicuramente influito su tali cambiamenti.
Per quanto riguarda le caratteristiche e i contenuti del lavoro del fornaio si
conferma che si tratta di un lavoro impegnativo e faticoso (forse usurante) sia
in termini di ore (da mezzanotte o dalle due sino alle 12 – 14 del giorno
successivo) più altre 4-5- ore nel tardo pomeriggio di supporto al personale
addetto alla vendita, sia in termini di responsabilità, penso di ansia, per il
buon fine dei vari e diversi processi di panificazione.
I fornai intervistati hanno comunque confermato una grande passione per il
proprio lavoro e un attaccamento molto rimarcato ai modi artigianali di fare il
pane, a salvaguardia di una tradizione che per qualcuno rappresenta la vera
innovazione nel settore.
In generale poi, il settore della pianificazione, a detta degli interessati, non
presenta particolari problemi se si esclude la concorrenza dei supermercati e
dei grossi centri industriali di produzioni di grandi quantità che praticano
prezzi inferiori seppur con minor qualità. Comprensibilmente poi le imprese
familiari lamentano il peso di controlli esagerati e pignoli da parte delle ASL
sugli standard igienico-sanitari nonché l’incidenza delle imposte e dei costi
dell’energia elettrica.
Sulle prospettive dei panifici nella nostra zona, credo si possa dire che la
situazione non presenta particolari criticità a condizione che la concorrenza
dei supermercati si mantenga entro certi limiti e che, per alcuni, i lavori della
M4 siano completati quanto prima, comunque entro i tempi previsti.
In generale, concludendo, possiamo affermare che dalle interviste ( almeno
tre su quattro) emerge una visione piuttosto ottimistica del futuro e questo è
sicuramente un aspetto positivo e per certi versi inaspettato di questi tempi di
crisi economica appena superata. Qualcuno tuttavia è pessimista e prevede,
dati i cambiamenti nelle abitudini delle persone (i giovani non mangiano il
pane), una graduale ma irreversibile diminuzione dei panifici. Noi,
ovviamente, speriamo che questo non accada e che le buone tradizioni siano
conservate.
Alberto Sacco
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Cibo etico e cibo estetico
Alla metà del XIX secolo, il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach affermava:
“L’uomo è ciò che mangia”, affermazione che, ai suoi tempi, era sicuramente
vera. Però oggi non siamo più, da tempo, ciò che mangiamo, nel senso che il
cibo, se non in rarissimi casi, non ci identifica più: sia perché i prodotti sulle
nostre tavole passano attraverso una filiera industriale, che conta sempre più
cibi precotti, destrutturati e standardizzati; sia perché, in un’epoca dominata
dall’atto visivo perenne, può darsi sia decisamente più vero che, anziché “ciò
che mangiamo”, siamo diventati “ciò che guardiamo”.
Infatti, mai come in questi ultimi anni il cibo ha subito un processo di
mediatizzazione di enorme portata, con circa 70 programmi televisivi, con un
pubblico mensile che tocca i 35 milioni di
spettatori; più di 1000 siti online, e ben 25
mila food blogger. Insomma, un
fenomeno mediatico in grado di assorbire
e creare tendenze e, soprattutto, di
diversificare i consumi, quindi di fare da
traino per molti segmenti del mercato
degli alimenti che, in caso contrario,
rischierebbero di scomparire.
Il cibo si è quindi ritagliato uno spazio
consistente nel mondo dell’entertainment.
È diventato un simulacro a tutti gli effetti – ripreso, fotografato, discusso,
impiattato, allestito – di cui si occupano tutta una serie di nuovi chierici
(medici nutrizionisti, conduttori cuochi, opinionisti e foodblogger) mediante i
quali, però, si è sviluppata quella che Claude Fischler ha chiamato «gastro-
anomia», ossia un modello che si presenta come una sovrabbondanza di
discorsi sul cibo, che però non portano ad una reale educazione alimentare,
ma che producono una galassia informe e contraddittoria di regole e criteri di
scelta nell’ambito alimentare, dandoci oltretutto l’impressione di farci sentire
più esperti.
Da questo paradosso, che considera l’enorme varietà di prodotti e alimenti a
nostra disposizione sul mercato del consumismo, scaturisce il notevole
interesse per forme di rappresentazione del cibo che si moltiplicano in
maniera crescente in vari tipi di media: giornali, libri, trasmissioni televisive,
siti web, blog, social network.
Ovviamente, dietro tutta questa spettacolarizzazione del cibo ci sono precise
strategie di marketing: non soltanto quella, già citata, di interessare gli
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spettatori-lettori-internauti a determinati prodotti, più o meno di qualità, che
prima o poi compreranno, ma anche il constatare che i nuovi “guru” dei
fornelli (da MasterChef a Benedetta Parodi), oltre che pubblicizzare
direttamente vari prodotti nelle loro trasmissioni, compaiono sempre più
spesso come testimonial nella pubblicità. Questa enfasi mediatica sul cibo
veicola quindi una tripla spinta ai consumi.
Ma questa non è certo la colpa più grave da imputare al fenomeno del culto
del cibo nei mass-media. L’aspetto più preoccupante è l’aver spogliato il cibo
delle sue valenze gustative e l’averlo ridotto a mero strumento funzionale a
veicolare un’esperienza di natura puramente estetica. La nuova “educazione
alimentare” propagandata dai media ha infatti pervertito il rapporto sacro tra
uomo e cibo, riducendo quest’ultimo a mero fenomeno mediatico. L’essenza
sacra del cibo e la sua funzione di garante della vita è stata ridotta a vano
spettacolo, a godimento per gli occhi. E questa enfasi sulla ricerca del piacere
cerca di soddisfare soltanto sul piano visivo tutti gli altri sensi.
L’esperienza estetica del processo di trasformazione degli alimenti, molto
seguita dalle varie fasce di pubblico, ha completamente cancellato l’aspetto
etico del cibo, ossia il nostro rapporto non (solo) con il cibo che vediamo, ma
(anche e soprattutto) con il cibo che quotidianamente acquistiamo e
mangiamo; il cibo che cuciniamo in famiglia o per gli amici; il cibo al cui
consumo educhiamo i nostri figli (recenti dati dell’Organizzazione mondiale
della Sanità attestano l’aumento della frequenza di disturbi alimentari tra i
ragazzi delle scuole medie e superiori).
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Le innumerevoli trasmissioni di cucina, di ricette, di gare culinarie, non ci
insegnano né un’alimentazione corretta, né tantomeno ad essere consumatori
responsabili, o corresponsabili, dei doni della terra e del lavoro dell’uomo.
Ma, oggi più che mai, è nostra precisa responsabilità adottare comportamenti
e stili di vita in cui l’uso del cibo e dei prodotti alimentari sia più attento e
responsabile, previdente e lungimirante.
Dobbiamo cercare di alimentarci con cibi sani (benché siano aumentati i
controlli, sempre più numerose sono le sofisticazioni alimentari dei nostri
cibi), da prodotti della terra che non sfruttino chi li raccoglie (nel nostro Paese
ci sono “mercanti di schiavi” che, soprattutto nei periodi del raccolto,
sfruttano gli immigrati), nel rispetto del lavoro e della fatica umana
necessaria perché possano arrivare sulla nostra tavola come cibo, ma anche
nel rispetto della natura, che non venga forzata (coltivazioni intensive;
allevamenti intensivi; sfruttamento indiscriminato di alcuni territori
particolarmente ricchi di risorse naturali), né abusata (dilapidazione
dell’acqua; inquinamento del suolo). Ma soprattutto dobbiamo ridurre ed
eliminare lo spreco alimentare, che nelle nostre società agiate raggiunge livelli
inaccettabili: le statistiche attestano che, nel nord Italia, il 30% del pane e del
cibo conservato nei nostri frigoriferi e nelle nostre dispense viene buttato.
Questo è forse l’aspetto cruciale sul quale dovremmo riflettere quando
parliamo di cibo o prendiamo decisioni sulla scelta degli alimenti da
acquistare, sulla quantità e conservabilità di ciò che mettiamo nel carrello
della spesa, proprio perché sappiamo bene che gli alimenti dovrebbero essere
destinati a tutti, e invece molti esseri umani ne sono privati fino alla fame. Un
miliardo di persone su sette miliardi sono oggi denutriti e affamati, e tra di
loro moltissimi sono i bambini.
Papa Francesco ha più volte denunciato la “cultura dello scarto”, cultura che
“tende a diventare mentalità comune che contagia tutti”, rendendoci
“insensibili anche agli sprechi e agli scarti alimentari, che sono ancora più
deprecabili quando in ogni parte del mondo, purtroppo, molte persone e
famiglie soffrono fame e malnutrizione. Il consumismo ci ha indotti ad
abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano di cibo, al quale talvolta non
siamo più in grado di dare il giusto valore, che va ben al di là dei meri
parametri economici. Ricordiamo bene, però, che il cibo che si butta via è
come se venisse rubato alla mensa di chi è povero, di chi ha fame!”.
Anna Poletti
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Riflessione e preghiera Alla chiesetta di San Protaso al Lorenteggio
Ecco un appuntamento di riflessione e preghiera aperto a tutti!
Organizzato da alcuni giovani della nostra parrocchia per gli
animatori dell'oratorio estivo e per chiunque vorrà passare con
noi un momento di riposo e preghiera. Vi aspettiamo!!
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Per seguire costantemente le attività dell’Oratorio, vai su Facebook e
cerca la pagina “Oratorio S.Vito”, clicca “mi piace” e “segui”; potrai
vedere in tempo reale foto e commenti delle nostre più belle esperienze!!
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Un’amica “discreta”
Il suo posto in chiesa era sempre sul lato destro, accanto all’altare della
Madonna e vicino agli altoparlanti che le permettevano di seguire bene la voce
del celebrante, del predicatore e dei lettori. Prima di uscire dalla Chiesa si
soffermava per una preghiera alla statua di S. Antonio.
La sua figura alta e snella, gli abiti e i capelli bianchi sempre in ordine la
contraddistinguevano. Se ne è andata alla Casa
del Padre il 19 dicembre 2016 Giuseppina
Migliavacca, classe 1925, conosciuta come
Nuccia, ma ha lasciato un ricordo alla Parrocchia
di San Vito: un lascito di 20.000 Euro, che
sono giunti solo ora nelle casse della nostra
Chiesa, a seguito di un lungo percorso
burocratico.
Perché voglio ricordare questa persona? Perché è
stata per me un’amica, che mi è stata vicina dal
1957, da quando abitavamo nella stessa casa in
Via Tolstoi.
A mia volta sono stata vicina a lei fino alla corsa
in lettiga alla Clinica Sant’Ambrogio dove, senza troppo soffrire, si è spenta a
seguito di una sincope che l’aveva colpita in casa sua due giorni prima.
Perché l’ho definita “discreta”?
Perché sapeva ascoltare i problemi degli altri e, pur non essendo stata
sposata, partecipava con gioia alle vicende dei suoi parenti ed amici: non era
certo la “zitella” …. nel senso deteriore del termine.
Sapeva ricordarsi anche dei figli dei suoi amici e parenti con un regalo per le
nascite, le comunioni o le lauree.
Sapeva anche essere riconoscente se le si dedicava qualche attenzione o le si
faceva qualche piacere.
Era una milanese doc ed era bello sentirla parlare con il suo dialetto fluente,
che purtroppo va scomparendo e che io cerco di mantenere vivo, ma certo con
minor naturalezza, poiché mi limito a qualche frase e, se devo fare un discorso
lungo, mi inceppo.
Ciao Nuccia!
Vorrei che la tua generosità fosse di esempio a diversi parrocchiani, i quali
potrebbero destinare qualcosa al nostro San Vito, magari anche nel proprio
testamento.
La tua amica. Pina d’Errico Orsucci
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GRUPPO JONATHAN visitate il nostro sito: www.assjon1.it
Stralcio del FOGLIO NOTIZIE JONATHAN
Alla Cava Aurora per salutarci… Anche quest’anno siamo giunti al tempo delle
vacanze: Jonathan chiude in concomitanza con
l’apertura dell’oratorio estivo, così per concludere in
allegria, ci siamo recati alla Cava Aurora per il
nostro pic-nic, come ormai da tradizione! Il tempo ci
ha regalato una giornata di “quasi” sole con una
temperatura gradevole, per cui abbiamo potuto
pranzare all’aperto, sotto agli alberi ed abbiamo
fatto la nostra passeggiata in riva al laghetto.
Eravamo in tanti e questa è stata anche un’occasione
per festeggiare i Jonny che compiono gli anni in
giugno e suor Ausilia per i suoi 60 anni di
professione religiosa: 60 anni dedicati a Dio ed agli altri.
Il momento dei saluti porta sempre con sé un po’ di nostalgia, ma i mesi estivi
passeranno presto e noi ci ritroveremo all’inizio di settembre con tante
avventure da raccontare e tanto entusiasmo per iniziare un nuovo anno.
ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO GRUPPO JONATHAN (Onlus)
“Promozione attività in favore di giovani ed adulti disabili” - Ambrogino 2006. Via Tito Vignoli , 35 - 20146 Milano tel.340-4007114
e-mail: [email protected] - sito www.assjon1.it Cod. fiscale : 10502760159 per scelta “5 per 1000” su dichiarazione redditi. OBLAZIONI DEDUCIBILI: c/c postale n.24297202 o assegno non trasferibile.
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Scriveteci qualunque cosa abbiate la necessità di raccontare, di chiedere, di denunciare. E’ importante avere
uno spazio in cui riversare i nostri pensieri senza esporci troppo. La nostra chiesa ha dedicato uno spazio alla Scatola dei Pensieri. Approfittiamone. Ringraziamo di cuore tutti coloro che l’hanno fatto e in anticipo chi lo farà, perché hanno condiviso e condivideranno un pensiero, magari comune a molti, ma rimasto inespresso. Il testo integrale di tutte le lettere pervenute e delle risposte si trova alla pagina web www.sanvitoalgiambellino.com
“SIMONE, FIGLIO DI GIOVANNI, MI AMI TU PIÙ DI COSTORO?
GLI RISPOSE “CERTO, SIGNORE, TU LO SAI CHE TI VOGLIO BENE”
Pietro nel rispondere usa il linguaggio più semplice, quello dell’affetto, ma
alla terza domanda Pietro “rimase addolorato”. Ma non sarebbe più logico
che fosse Gesù a rimanere addolorato ?
Alla domanda sull’Amore Pietro risponde ‘ti voglio bene’…è una risposta che
non soddisferebbe nessun innamorato, e comunque è difficile per Pietro
cogliere il significato profondo di tutto questo.
Nella terza domanda Gesù adotta il verbo di Pietro, si abbassa, si avvicina e
lo raggiunge là dov’è, “se l’Amore mette paura, è troppo, dammi affetto,
amicizia…e mi basterà”. E’ il suo stile, tenerezza, umiltà, custodia. Usa il
linguaggio semplice dell’Amore, domande semplici in bocca a tutti gli
innamorati, che non si stancano mai di ripetere, e che anche un bambino
capisce: “Mi ami?, mi vuoi bene”? Pietro l’ha rinnegato tre volte, e questa
ferita viva nel suo cuore, lo fa riflettere.
Mi chiede Amore, nonostante tutto, e a Lui bastano le briciole ed un cuore
sincero! Pietro sente il pianto salirgli in gola…ed è così…
Se mi fermo a riflettere “vien da piangere” pensando alla sproporzione
dell’Amore che so dare in confronto a tutto quello che ricevo. Se questa
domanda fosse rivolta a me? Non immagino la reazione.
Mi viene spontanea questa considerazione: mi capita…quando sono nel
peccato…non posso Amare perché non vedo cosa fa l’altro, sento solamente
ciò che mi riguarda.
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Per Amare occorre liberarsi dai pesi, ammettere i propri limiti ed i propri
errori, lasciarsi perdonare, per camminare, correre e…volare alto, lasciarsi
abbracciare…solo Gesù può ‘restare con noi’ senza se e senza ma!...solo
questo può darci la forza per vivere ogni ‘frammento’…
Un’affezionata lettrice
Il testo scelto dalla nostra affezionata lettrice è di quelli che non si finisce mai
di ascoltare, pieno di infinte sfumature. Io ne voglio aggiungere una. L’ultima
risposta di Pietro è come una resa. Consapevole del suo rinnegamento, che la
triplice domanda del Maestro ha con discrezione ricordato, come può essere
certo del suo amore, della sua risposta?
Ed allora si arrende; è come se dicesse: “io non lo so se ti amo davvero; vorrei
con tutto il cuore, ma conosco anche la fragilità delle mie promesse; io non lo
so ma lo sai tu! Tu sai la verità del mio amore e questo mi basta”.
Credo sia vero per ciascuno di noi. La verità del nostro amore, della nostra
fede è qualcosa che ci sfugge, ed è bene così. È custodita dallo sguardo del
Signore. Se lui si fida ancora di Pietro, se si fida ancora di me, è perché sa che
gli voglio bene, anche quando io percepisco solo la fragilità e la debolezza
della mia fede. E questo è quanto basta.
don Antonio
Il rinnegamento di Pietro – Caravaggio – 1610
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CCCAAARRRLLLOOOTTTTTTAAA DDDAAAIII LLLUUUNNNGGGHHHIII CCCAAAPPPEEELLLLLLIII RRROOOSSSSSSIII
In un grande castello viveva una bellissima principessa
di nome Carlotta dai lunghissimi capelli rossi. Erano così
lunghi che le arrivavano fino all' orlo del suo vestito.
Aveva tanti amici animali che si erano ormai stabiliti
nel suo grande parco: un picchio, che costruì la sua casa
nel tronco di un platano, tutte le mattine le bussava
col suo becco sul vetro della camera per svegliarla al
sorgere del sole. In groppa ad un asinello, Carlotta
arrivava al lago per farsi il bagno
e i pesciolini si sdraiavano
sui suoi bei capelli per
farsi cullare.
Lei cantava gioiosa,
passerotti e pettirossi
le facevano il coro.
Ma un giorno vide tutti
i fiori del suo giardino
con il gambo curvo verso
il terreno. "Perché?" si
chiese Carlotta. E subito senza indugiare si staccò tanti fili di capelli ed
avvolse ad uno ad uno tutti i gambi per farli stare diritti. Per dargli da
bere, chiamò tutte le talpe del bosco per fare una lunga galleria fino ad
arrivare al lago. Così nel solco incominciò a scorrere l'acqua fino ad
arrivare ai fiori che, felici, cominciarono a sbocciare colorandosi come
l'arcobaleno. Diventò il giardino più bello del mondo.
Carlotta si riteneva molto fortunata, ma un giorno andando in un villaggio
lì vicino vide un paese tutto grigio, senza fiori, senza colori con la gente
triste che non cantava mai. "Perché?”, chiese ad una vecchietta che
faceva la maglia davanti alla porta di casa, seduta su una seggiolina un po’
sgangherata. “E' stato il giovane Principe del paese che una strega
malvagia ha trasformato in un uomo triste che non ama più i colori”.
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"Povero giovane” disse Carlotta: ”cosa posso fare per lui?" - “Bisogna
togliere l'incantesimo”, disse la vecchietta. “Tanti hanno provato, ma non
ci sono riusciti". Carlotta cercò il giovane e quando lo vide gli si avvicinò,
ma lui la respinse. Allora lei chiamò tutti i suoi amici uccelli e con loro
iniziò un girotondo intorno al pallido giovane, cantando dolci canzoni e con
i suoi bei capelli gli fece dolci carezze. Il giovane uomo iniziò a sentirsi
felice e piano piano entrò nel girotondo cantando insieme alla bella
Carlotta. Come per incanto tutto cambiò come i suoi occhi azzurri e i
colori coprirono ogni cosa. Improvvisamente le case si colorarono e i prati,
ora tutti verdi, si riempirono di tantissimi fiori. In ogni strada si
sentirono canti di gioia e tutti i bimbi si misero a giocare con allegria.
Tutto tornò bello e colorato, la magia finì e la strega malvagia si sentì
sconfitta e con rabbia sparì. Ora Carlotta e il bel giovane non poterono più
stare lontani ed assieme alla gente del paese e a tutti gli amici animali
fecero una festa meravigliosa, per proclamare la loro gioia e da allora
vissero felici per sempre.
Una fiaba per la “buona notte”
Testi di Angela Rodinò Disegni di Damiana Zagheno
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Rendiconto delle entrate e delle uscite
ENTRATE 2017 2016 2015
Offerta in S.Messe domenicali e feriali 79.599,26 84.039,50 75.838,40
Offerte in cassette e per celebrazioni Sacramenti e Funzioni 9.681,00 10.095,00 11.930,50
Offerte per Benedizioni Natalizie 10.275,00 15.042,00 14.275,00
Offerte per candele 26.180,47 28.062,82 27.078,50
Offerte finalizzate per ristrutturazioni lotto 3 e 4 59.550,50 55.545,00 49.334,00
Contributi da Enti pubblici e da Enti Diocesani 1.881,43 1.932,90
Contributo 8% L.Reg.20/1992 (1) 85.400,00 155.000,00
Offerte per le Missioni e Fratelli bisognosi 570,00 3.750,00
Offerte per attività oratoriane 67.304,06 50.466,20 40.946,15
Offerte per specifiche attività parrocchiali 22.729,14 38.784,40 30.392,50
Altre offerte 54.545,55 64.510,00 63.823,00
Entrate straord.: rimborsi da Assicurazioni 750,00 4.400,00 1.675,00
Rendite fabbricati 10.000,00 10.000,00 17.018,28
427.896,41 361.514,92 492.994,23
USCITE
Remunerazioni e retribuzioni, ritenute fiscali e previdenziali 51.486,93 48.009,91 37.308,68
Contributo Diocesano 2% 5.366,79 3.575,72 3.712,76
Spese ordinarie di culto 10.251,08 12.043,87 13.393,85 Spese per elettricità, acqua, gas, riscaldamento, telefono,
cancelleria,gestione ord. 90.371,96 89.523,27 68.504,93 Spese di manutenzione ordinaria e straord.immobili
20.258,59 12.865,68 26.270,09 Spese per gestione attività oratoriane
68.225,94 61.785,23 40.466,63
Spese per assicurazioni 10.300,00 10.300,00 15.250,00
Spese per specifiche attività parrocchiali 9.472,33 24.383,99 14.268,95
Compensi a professionisti (per gestione ordinaria) 317,20 896,08 Erogazioni a favore di Missioni, caritative per iniziative di carità e/o
per emergenze 6.000,00 6.390,00 12.737,40
Spese bancarie e interessi passivi per scoperto 1.231,92 2.276,52 3.038,80 Uscite straordinarie per ristrutturazione e nuovi lavori, compensi a
professionisti e relative ritenute fiscali 230.655,76 26.542,38 191.814,25
Imposte e tasse 8.116,20 10.185,00 11.002,54
TOTALI 512.054,70 308.767,65 437.768,88
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Alcune precisazioni sul rendiconto, redatto in forma riassuntiva, sulla scorta dei prospetti della Curia.
Per consentire il confronto con gli anni precedenti, riportiamo i dati degli
ultimi tre anni.
Entrate: l’incremento della voce – da € 361.514,92 a € 427.896,41 - è
principalmente dovuto ai primi due versamenti di € 85.400,00 da parte del
Comune di Milano del contributo dell’ 8% L.Reg. 20/1992.
Il notevole incremento delle Uscite da € 308.768,65 a € 512.054,70 è
dovuto principalmente alla voce Manutenzioni straordinarie: rifacimento del
tetto, la sostituzione degli infissi, il ripristino della facciata ed il rinnovamento
dei servizi igienici al secondo e terzo piano dell’Oratorio.
I dati esposti nel “Rendiconto delle Entrate e delle Uscite”, non comprendono
alcune voci, per importi che transitano per essere direttamente devoluti agli
interessati (famiglie disagiate e/o in difficoltà) tramite i Volontari del
Gruppo S. Vincenzo e i Volontari del Centro di Ascolto con contributi
economici e con “pacchi viveri”. Inoltre riceviamo altri contributi tramite il
“Fondo Famiglia” e/o la Caritas Ambrosiana sempre per lo stesso scopo.
Infine, i Volontari del Gruppo Missionario, hanno devoluto ai nostri
Missionari somme di denaro, raccolte tramite “banchi Missioni e/o Riso”.
Precisamente € 1.500,00 ad ognuno dei seguenti: suor Irene – Brasile. Padre
Roberto Spaggiari - Guinea Bissau, Assunta Ossi – Tanzania, Padre Mario
Cuccarollo per l’Ospedale in Armenia. Inoltre a Padre Mario, come di
consueto, sono stati consegnati vari indumenti.
Inoltre sono stati raccolti ed interamente devoluti € 4.563,10 al Comune
terremotato di Pieve Torina per la ricostruzione della scuola.
Per le Adozioni a distanza, Modjo (Etiopia) e Armenia, abbiamo versato
rispettivamente € 3.200,00 e € 770,00.
Al 31.12.2017 il conto corrente aveva un saldo negativo di € 102.845,13 a
fronte di una la linea di credito di € 150.000,00 concessa da BANCA
PROSSIMA - previo benestare della Curia - per fronteggiare con maggior
tranquillità gli impegni assunti.
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Situazione al 31.12.2017
Esistenza cassa contanti € 17.913,37 (che comprendono € 7.303,58 della
“cassa Oratorio”)
Debiti per fatture ricevute da pagare € 67.907,57 di cui le più significative:
- Carbotermo € 30.268,01
- Borsani Serramenti € 27.450,00
- Termocoperture € 2.440,00
- A2A Energia + GAS € 1.449,00
Inoltre segnaliamo che i debiti per TFR/dipendenti, maturato al 31.12.2017,
ammontano a € 27.209,09 e verso l’Erario € 1.212,99 per gli stipendi di
dicembre 2017.
Ancora GRAZIE a tutti coloro i quali hanno contribuito in varie
forme a sostenere la Parrocchia, da parte del
Consiglio Affari Economici della Parrocchia
Come contribuire ai lavori per l’Oratorio ed a pagare il debito con la Banca Prossima
A) Effettuare bonifico bancario sul c/c della Parrocchia: Codice IBAN: IT81 S033 5901 6001 0000 0064 994 Parrocchia di San Vito al Giambellino; Banca PROSSIMA – Sede di Milano Causale: Lavori di ristrutturazione Oratorio o estinzione debito con la Banca Prossima
B) Versare ai sacerdoti o in Segreteria parrocchiale un assegno bancario non trasferibile intestato a : “Parrocchia di San Vito al Giambellino”
C) Versare ai sacerdoti o in Segreteria denaro contante (solo per importi inferiori a 3000 Euro)
D) Fare un prestito alla Parrocchia (modalità di restituzione da concordare con don Antonio)
P.S.: non riusciamo a ringraziare tutti i benefattori che tramite banca
hanno contribuito: purtroppo per la “privacy” non possiamo risalire
all’indirizzo e ringraziarli direttamente.
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Ristrutturazione Oratorio
Sono stati completati i lavori di restauro e risanamento dell’edificio che
ospita l’Oratorio, iniziati nel luglio 2017. Nel numero di ottobre 2017
dell’Eco del Giambellino sono stati descritti dettagliatamente
gli interventi e il loro costo.
Situazione dei contributi e delle offerte
Costo totale dei lavori: compresi IVA, Progetto, Direzione Lavori, Responsabile Sicurezza: € 270.656,00
Contributo del Comune di Milano: € 118.340,00
Offerte dei Parrocchiani per il Lotto 4 pervenute : € 47.445,00 da ottobre 2017 a maggio 2018
Differenza tra il costo totale dei lavori e le entrate specifiche : € 104.871,00
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Santo del mese: San Paolino di Nola
Al secolo Ponzio Anicio Meropio Paolino, discendente di una nobile e ricca
famiglia romana, nacque a Bordeaux nell’anno 355, figlio del prefetto della
Provincia di Aquitania. I suoi studi vennero affidati ad un amico del padre, il
poeta Ausonio che, in quel tempo, insegnava a Bordeaux.
Educato alla severità degli studi e soprattutto alla poesia, studiò legge e
filosofia e, a quindici anni, quando il maestro si trasferisce a Milano, egli ha
già completato la sua istruzione letteraria.
A poco più di venti anni, è annoverato tra i seicento senatori. Nel 378, uscito
di carica, gli spettava il governo di una Provincia senatoriale ed egli sceglie la
Campania.
Anziché insediarsi a Capua ove era stato destinato, chiese ed ottenne Nola
dove a Cimitile, località vicina, si trovava la tomba di San Felice in Pincis.
Nel corso della sua carriera, durante il suo soggiorno a Barcellona, conobbe
Therasia, donna cristiana e battezzata che divenne la sua consorte e lo guidò
verso la conversione.
Nel 389, Paolino, rientrato a Bordeaux ricevette il battesimo dal vescovo
Delfino. Nel 392, dalla coppia nacque Celso che morì appena otto giorni dopo
la nascita. L’evento segnò Paolino e lo spinse ancora di più a rifugiarsi nella
fede. Nel 393, trovandosi ancora a Barcellona, durante la celebrazione
liturgica del Natale, i fedeli invocarono: “Paolino sacerdote”, decise quindi di
farsi ordinare presbitero.
Dopo l’ordinazione, nel 394, partì per un viaggio in Italia dove conobbe
Sant’Ambrogio. Durante una sosta in Toscana, Paolino e la moglie vollero
dedicarsi totalmente alla vita monastica. Decisero di stabilirsi a Nola in
quanto era particolarmente devoto a San Felice. In questo luogo fondò un
cenobio maschile e uno femminile che si distinsero per l’intensa vita di
preghiera e l’assistenza ai poveri.
A Nola Paolino si ammalò gravemente, guarì dopo lungo tempo e, secondo la
leggenda, la guarigione fu dovuta ad un miracolo di San Felice. In seguito fece
innalzare una basilica a questo Santo al posto del modesto santuario allora
esistente e attorno vi edificò una serie di chiostri ricchi di colonnati e fontane
per accogliere i pellegrini che ogni anno si recavano presso la tomba di San
Felice.
Con Alarico I, re dei visigoti, alle porte di Nola il popolo dei fedeli, essendo in
quell’anno morto il vescovo Paolo, invocò: “Paolino vescovo”, egli accettò la
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carica mentre Nola venne devastata dai visigoti e gran parte degli abitanti fatti
prigionieri. Paolino vendette i suoi averi per riscattare i prigionieri offrendosi
anche personalmente agli invasori. Venne venduto come schiavo in Africa e
diventò giardiniere del suo padrone il quale, saputo poi che era vescovo, a sua
richiesta, venne liberato con tutti i nolani che tornarono al loro paese
accompagnati da navi cariche di grano, accolti dai nolani sulla spiaggia di
Torre Annunziata, che portavano e sventolavano mazzi di fiori.
Rimane ancora oggi la tradizione dell’accoglienza e ogni anno il 22 giugno a
Nola si tiene la festa dei Gigli in suo onore.
La stessa festa, una ventina di anni fa, è stata anche celebrata a Milano nel
nostro quartiere.
San Paolino mantenne intensi rapporti epistolari con i più noti religiosi del
tempo, in particolare con Ambrogio, Sofronio, Eusebio, Girolamo e Agostino.
Scrisse i “Carmina” che restano una delle più alte testimonianze della poesia
cristiana dei primi secoli.
Alle quattro del mattino del 22 giugno dell’anno 431, Paolino, sulle ali degli
angeli, rese l’anima a Dio. Così scriveva Uranio discepolo di Paolino sulla sua
morte.
Fu seppellito come suo desiderio accanto alla tomba di San Felice.
Salvatore Barone
La festa dei Gigli a Nola, con la barca che ricorda il ritorno di San Paolino dall’Africa
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Giugno 2018
Quattordicesima mensilità
Prossima erogazione automatica senza che il beneficiario ne faccia richiesta
all’INPS. Si tratta dell’importo aggiuntivo, rispetto alle consuete mensilità
della pensione, che spetta per legge alla presenza di determinati requisiti
reddituali e anagrafici, è erogato d’ufficio dall’Istituto nel mese di luglio, al
pari di quanto avviene per alcune categorie di lavoratori sulla base degli
specifici CCNL.
Requisiti necessari – recentemente è stata oggetto di modifiche normative,
che hanno comportato un aumento dell’importo spettante e un’estensione
della platea di beneficiari. Ora, per effetto della Legge di Bilancio 2017, per
avere diritto alla quattordicesima, i pensionati devono possedere i seguenti
requisiti reddituali e anagrafici: almeno 64 anni di età; reddito complessivo
individuale fino a un massimo di 2 volte il trattamento minimo annuo del
Fondo pensioni lavoratori dipendenti, ovvero fino a 13.192,92 euro. Alla
presenza di tali requisiti, la quattordicesima spetta a tutti i pensionati
appartenenti a una delle gestioni dell’AGO o sostitutive, esclusive ed
esonerative, ovvero ai percettori di una pensione di anzianità, vecchiaia,
invalidità o anticipata, e di reversibilità. Essendo corrisposta nel periodo
estivo, entro il 31 luglio, la quattordicesima è riconosciuta, alla presenza dei
suddetti requisiti, per poi essere in seguito verificata sulla base dei redditi
consuntivi. Per chi perfeziona i requisiti dal 1° agosto in poi, la
corresponsione è effettuata con una successiva elaborazione sulla rata di
dicembre dell’anno di riferimento. Per quanto concerne l’importo della
quattordicesima, a seguito delle modificate modalità di calcolo dell’assegno,
oggi vengono presi in considerazione i seguenti parametri: reddito (se
compreso entro 1,5 volte il trattamento minimo oppure tra 1,5 e 2 volte); anni
di contributi; tipologia di pensionato (autonomo o dipendente). Per
consultare l’importo della quattordicesima è possibile utilizzare il servizio
online INPS per la consultazione del cedolino pensione. E’ stata ampliata la
platea di pensionati che possono beneficiare della quattordicesima mensilità.
Infatti, dallo scorso anno, anche i pensionati con più di 64 anni, nati cioè
prima del 1° gennaio 1954 che hanno un reddito complessivo individuale
annuo fino a 13.049,14 euro (due volte il trattamento minimo), circa 1.000
euro il mese, beneficiano della quattordicesima. Vediamo come funziona a chi
spetta e come si calcola l'importo. La quattordicesima mensilità è il diritto per
un pensionato, di percepire nell'arco dell’anno un assegno pensione in più,
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oltre la tredicesima mensilità di dicembre, al fine di ottenere una maggiore
disponibilità economica in un preciso periodo, il mese di luglio.
La quattordicesima non spetta a tutti i pensionati, perché le sole pensioni che
beneficiano della quattordicesima, ossia l'assegno pensione aggiuntivo in base
al D.L. 81/2007, sono:
Pensioni di anzianità;
Pensioni di vecchiaia;
Pensioni anticipate;
Pensioni d’invalidità e d’inabilità;
Pensioni ai superstiti.
Le pensioni senza quattordicesima sono invece: pensioni di invalidità civile,
pensione o assegno sociale, pensioni di guerra e rendite Inail.
I requisiti per avere diritto alla quattordicesima sulle pensioni prima del 2017
devono essere titolari di una delle pensioni per le quali sono previste la
quattordicesima: anzianità, vecchiaia, anticipata, invalidità, inabilità,
superstiti; Avere almeno 64 anni di età; un reddito massimo fino a 1,5 volte il
trattamento minimo, ossia, non superare la soglia di 786,86 euro nell’anno
2016, per avere diritto alla misura integrale; avere un reddito non superiore a
1,5 volte il trattamento minimo aumentato della quattordicesima e che non
superi le seguenti soglie per avere diritto alla misura parziale: 10.202,86 euro,
per i pensionati con meno di 15 anni di contributi versati; 18 anni per il lavoro
autonomo; 10.206,86 euro per chi ha meno di 25 anni di contributi, 28 per gli
autonomi; 10.290,86 euro per chi ha oltre 25 anni di contribuzione, 28 per
l'autonomo.
Ai fini di calcolo del reddito pensionati per avere diritto alla quattordicesima,
rientrano anche i redditi da capitale soggetti alla ritenuta alla fonte, le rendite
di affitto o derivanti dal possesso di terreni e fabbricati, eccetto l’abitazione
principale mentre sono esclusi gli ANF, l'accompagnamento e il Trattamento
di Fine Rapporto.
Grazie ad una misura introdotta dalla Legge di Bilancio dello scorso anno, c'è
stato l'aumento della Quattordicesima mensilità per i trattamenti minimi pari
al 30% e l'aumento della platea di pensionati beneficiari. Con la riforma delle
pensioni, pertanto, non sono stati aumentati solo gli importi della
quattordicesima ai pensionati che già ne beneficiano ma è stato aumentato
anche il numero dei pensionati aventi diritto, per i quali però non ci sarà un
aumento d'importo. Ovviamente non sono mancate le critiche e le polemiche
a questa nuova misura non certo sull'aumento ma sulle modalità e i criteri di
scelta che il Governo ha considerato per dare ai pensionati l'aumento della
quattordicesima. Infatti, per scegliere a chi dare l'aumento, si è optato per gli
anni di contributi versati e la categoria di lavoratori autonomi e dipendenti.
Tra le altre novità pensioni, oltre all’aumento Quattordicesima, sono state
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previste altre importanti misure come l'APE anticipo pensionistico, Ape
Social e Rita, bonus pensione lavoratori precoci.
La Quattordicesima 2018: spetta in base a quanto previsto dall'articolo 26
della Legge di Bilancio con redditi fino a 2 volte il trattamento minimo,
attualmente la soglia è 1,5 volte. I nuovi beneficiari, pensionati con redditi
fino a 2 volte il mimino, che tradotto significa che la quattordicesima ora
spetta in misura piena ai pensionati con assegno mensile fino a 1000 euro.
Per cui si passa da una soglia di reddito da 750 euro attuale a 1000 euro.
prima spettava una quattordicesima d'importo pari a:
336 euro, per chi ha versato almeno 15 anni di contributi,18 anni se
lavoratore autonomo;
420 euro, per chi ha versato da 16 a 25 anni di contributi, da 19 a 28 anni se
lavoratore autonomo;
504 euro, per i pensionati che hanno versato oltre 25 anni di contributi, 28
anni se autonomo.
A partire dal 2017, e quindi anche nel 2018, ai pensionati spetta un aumento
dell'importo della quattordicesima da 584/600 euro anziché 504 euro.
Ricordiamo inoltre che l'aumento della quattordicesima mensilità spetta ai
pensionati i cui assegni pensione sono pagati dall'INPS con assicurazione
generale obbligatoria: fondi ad essa sostitutivi; gestione separata; gestione
speciale per i lavoratori delle miniere, cave e torbiere; fondo di previdenza del
clero secolare e dei ministri di culto delle confessioni religiose diverse dalla
cattolica. In base a quanto previsto dalla riforma delle pensioni.
L'aumento quattordicesima non spetta, invece, alle pensioni erogate da enti di
previdenza privati come Inpgi, Enasarco o le Casse di Previdenza dei
Professionisti.
Contributi previdenziali per artigiani e commercianti – nuovo
rialzo.
Aumentano anche nel 2018 i contributi di artigiani e commercianti, dopo i
rincari degli anni scorsi. Quest’anno, infatti, un artigiano paga un contributo
minimo di 3.778 euro (3.669 euro (l’anno) e un commerciante 3.792 euro
(3.683 nel 2017), con un rincaro di 109 euro (70 euro il rincaro dell’anno
scorso). A differenza degli ultimi tre anni, durante i quali gli aumenti sono
scaturiti solo dalla manovra Monti, quest’anno il rincaro è doppio: per gli
effetti del c.d. provvedimento “Salva Italia”, il decreto legge n. 201/2011
convertito con legge 214/2011; e per l’aumento del reddito minimo di
riferimento (il c.d. “minimale”, cioè l’imponibile minimo su cui vanno
calcolati i contributi), che è rivalutato del 1,1% in base al’aumento dell’indice
Istat (inflazione). La notizia buona è che, quello di quest’anno, è l’ultimo degli
aumenti fissati dalla manovra Monti, con il raggiungimento della aliquota di
contribuzione al 24%. Volendo farne un bilancio, la manovra è pesata sulle
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tasche di artigiani e commercianti per oltre 800 euro di aumenti: 270 nel
2012, 160 nel 2013, 100 nel n2014, 77 nel 2015, 70 nel 2016, 70 nel 2017 e
circa 100 euro nel 2018. Si è pagato e si paga di più, tuttavia tutto
l’incremento è destinato alle pensioni, cioè a costruire un assegno di pensione
più “pesante”. I commercianti, come negli passati, devono sborsare un
contributo aggiuntivo dello 0,09 per cento finalizzato a finanziare la c.d.
“rottamazione licenze” (misura di prepensionamento per chi è costretto
anzitempo ad abbassare le serrande). La notizia buona è di essere l’ultimo
anno di applicazione del contributo aggiuntivo, per la legge di Stabilità del
2014 prorogata al 31 dicembre 2018. Quest’ultimo incremento rappresenta il
raggiungimento del 24% fissato dalla manovra Monti del 2012 primo
incremento del (+ 1,3%), dall’anno dopo e per ogni anno successivo. Pertanto
per artigiani e commercianti nella misura ordinaria del 24% ; per questi
ultimi, tuttavia, va sommato il contributo addizionale dello 0,09% destinato al
finanziamento per la cessazione definitiva della attività (c.d. rottamazione
licenze”), prorogato al 31 dicembre prossimo, per cui ne deriva un’aliquota di
contribuzione, effettiva, del 24,09% (24,00 + 0,09%). Per coadiuvanti e
coadiutori di età inferiore a 21 anni continua ad applicarsi l’agevolazione nella
riduzione di tre punti percentuali delle aliquote di contribuzioni. Pertanto per
questi soggetti, le aliquote per l’anno 2018 sono fissate nelle seguenti misure:
21% agli artigiani; 21,09 ai commercianti considerando anche il contributo
aggiuntivo dello 0,09%. Il contributo finalizzato alle prestazioni di maternità
resta inalterato, sia per artigiani che per i commercianti, nella misura fissa di
euro 0,62 mensili (7,44 euro annui), a prescindere dal reddito prodotto. LA MARCIA VERSO IL 24 % DELLE ALIQUOTE
A r t i g i a n i (2) (3) Comm. (1) (2) (3)
Periodo Maggiori Minori Maggiori Minori
di 21 anni di 21 anni di 21 anni di 21 anni
anno 2011 20,00% 17,00% 20,09% 17,09%
anno 2012 21,30% 18,30% 21,39% 18,39%
anno 2013 21,75% 18,75% 21,84% 18,84%
anno 2014 22,20% 19,20% 22,29% 19,29%
anno 2015 22,65% 19,65% 22,74% 19,74%
anno 2016 23,10% 20,10% 23,19% 20,19%
anno 2017 23,55% 20,55% 23,64% 20,64%
anno 2018 24,00% 21,00% 24,09% 21,09%
anno 2019 24,00% 21,00% 24,00% 21,00%
1) Fino al 31-12-2018, gli iscritti alla gestione comm. pagano il contributo aggiuntivo dello 0,09% per finanziare indennizzo cessazione attività. . 2)Sui redditi superiori a 46.630€ (46.123 triennio 2015/2017) è dovuta l'aliquota aggiuntiva dell'1%.
3) Il contributo è dovuto fino al reddito di € 77.717 (76.872 nel triennio 2015/2017), per i lavoratori iscritti
prima del del 1° gennaio 1966 o in possesso di anzianità contributiva al 31 dicem. 1995, ovvero di
101.427 € (100.324 nel triennio 2015/2017, per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 31-12-1995, iscritti con decorrenza gennaio 1996 o successiva.
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Pagamento canone TV, secondo semestre 2018, ampliamento soglia
reddituale (D.m. Economia del 16-02-20182018). E’ stabilito per l’anno
corrente l’ampliamento fino a 8mila euro della reddituale annuale prevista
dall’art. 1 comma 132 della legge 244/2017, ai fini dell’esenzione dal
pagamento del canone di abbonamento televisivo in favore dei soggetti di età
pari o superiore a 75 anni. Fino al 2017 il limite era 6.713 euro. Il decreto
prevede inoltre che, con un successivo provvedimento del direttore delle
Entrate, saranno definite le modalità di attuazione dell’agevolazione e il
modulo da compilare per chiedere l’esenzione.
COLF e BADANTI – giovedi 5 luglio 2018 ultimo giorno per la consegna, da
parte dei datori di lavoro domestici del cedolino paga del mese precedente –
Inoltre martedi 10 luglio ultimo giorno utile per versare i contributi all’Inps
(tramite MAV) relativi al 4° trimestre 2018.
Infine a tutti redattori Buon Lavoro. Per ulteriori informazioni, vi invitiamo a visitare il nostro sito
www.sanvitoalgiambellino.com, alla pagina /Carità/Patronato ACLI,
oppure il sito www.acli.it
Gerardo Ferrara
Notizie in breve ...
per le ADOZIONI A DISTANZA, per MODJO abbiamo riconosciuto la somma di € 360,00 raccolta sino al 31 maggio 2018, a “Missioni Consolata – Torino”. per l’ARMENIA teniamo a disposizione di Padre Mario Cuccarollo la somma di € 620,00 (raccolta sino al 31 maggio 2018).
50
Con il Battesimo sono entrati nella Comunità Cristiana: Canicattì Riccardo 10 giugno 2018
Chirico Riccardo “
Di Caro Federico “
Dragonetti Anna “
Esposto Greta “
Toto Adriana Sara “
Si sono uniti in Matrimonio: Sacco Alberto – Copez Iliana 26 maggio 2018
Ricordiamo i Cari Defunti:
Merlini Liliana in Baroni, via Giambellino, 69/06 anni 85
Farinola Leonardo, piazza Napoli, 38 “ 95
Arrigoni Anna, via Lorenteggio, 31/01 “ 94
De Masi Antonino, resid. a Soriano Calabro (VV) “ 85
Chiaramonte Cosimo, via Tito Vignoli, 46/00A “ 92
Veritti Alba ved. Rossetti, piazza Napoli, 30/02 “ 93
Rispoli Giuseppe, via Giambellino, 48 “ 71
Sioli Ambrogina, Via Tolstoi, 14 “ 88
Marzolla Carmela ved. Netti, via dei Panigarola, 14 “ 99
Vercellati Maria ved. Franchi, via Tolstoi, 11 “ 100
Savi Bruno, via Giambellino, 79 “ 91
NOTA
Battesimi, matrimoni e funerali elencati si riferiscono alle cerimonie celebrate fino a
una settimana prima della pubblicazione di questo notiziario, che di solito esce la
seconda o terza domenica del mese. Troverete quindi su questa pagina le cerimonie
dell’ultima parte del mese precedente e della prima parte del mese corrente.
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Per ricordare ………
Per ricordare in modo visibile le persone care, sono state collocate
alcune targhe, a fianco dell’edicola con la statua della Madonna,
nel campo sportivo.
Come avevamo anticipato, le nuove richieste pervenute nel corso dell’anno
2017 sono state inserite in una nuova targa riepilogativa.
Le prossime nuove richieste verranno evidenziate nella “targa provvisoria”.
Al raggiungimento di almeno 10 nominativi, e comunque entro la fine del
corrente anno, provvederemo a realizzare una nuova targa definitiva.
Per informazioni e richieste, vi preghiamo di rivolgervi al
Parroco o alla segreteria parrocchiale
VISITATE IL NOSTRO SITO WEB www.sanvitoalgiambellino.com
Troverete, oltre alle informazioni complete e aggiornate sulle attività della nostra Parrocchia, tutti i numeri arretrati dell’ECO