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2 Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 PARTE PRIMA Sezione I LEGGI REGIONALI LEGGE REGIONALE 9 aprile 2015, n. 11. Testo unico in materia di Sanità e Servizi sociali. L’Assemblea legislativa ha approvato. LA PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE PROMULGA la seguente legge: CAPO I OGGETTO E FINALITÀ Art. 1 (Oggetto) 1. Il presente testo unico, ai sensi dell’articolo 40 dello Statuto regionale e in attuazione della legge regionale 16 set- tembre 2011, n. 8 (Semplificazione amministrativa e normativa dell’ordinamento regionale e degli Enti locali territo- riali), riunisce le disposizioni di legge regionali in materia di Sanità e Servizi sociali. Art. 2 (Finalità) 1. Il presente testo unico persegue, in particolare, le seguenti finalità: a) la tutela della salute quale diritto fondamentale della persona e della comunità; b) la salvaguardia dei livelli uniformi ed essenziali di tutela della salute; c) la realizzazione della piena eguaglianza degli assistiti nel godimento delle prestazioni che realizzano il diritto alla salute; d) la promozione della salute, la prevenzione, la cura e la riabilitazione degli assistiti; e) l’esercizio della funzione sociale, la programmazione, l’organizzazione e la gestione delle attività e dei servizi sociali; f) la creazione di una rete di opportunità e di garanzie orientate allo sviluppo umano e al benessere della comu- nità, al sostegno dei progetti di vita delle persone e delle famiglie, all’esercizio della cittadinanza attiva; g) la presa in carico unitaria delle problematiche delle persone e delle famiglie; h) la realizzazione dell’universalità degli interventi diretti alla generalità della popolazione e dell’omogeneità nel territorio dei livelli di assistenza sociale. PARTE I SANITÀ TITOLO I NORME SUL SERVIZIO SANITARIO REGIONALE CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 3 (Ordinamento del Servizio sanitario regionale) 1. L’ordinamento del Servizio sanitario regionale è costituito dal complesso di funzioni, attività e strutture che, in coerenza con quanto previsto dall’articolo 32 della Costituzione e con i principi contenuti nel decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rap-

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2 Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015

PARTE PRIMA

Sezione I

LEGGI REGIONALI

LEGGE REGIONALE 9 aprile 2015, n. 11.

Testo unico in materia di Sanità e Servizi sociali.

L’Assemblea legislativa ha approvato.

LA PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

PROMULGA

la seguente legge:

CAPO IOGGETTO E FINALITÀ

Art. 1(Oggetto)

1. Il presente testo unico, ai sensi dell’articolo 40 dello Statuto regionale e in attuazione della legge regionale 16 set-tembre 2011, n. 8 (Semplificazione amministrativa e normativa dell’ordinamento regionale e degli Enti locali territo-riali), riunisce le disposizioni di legge regionali in materia di Sanità e Servizi sociali.

Art. 2(Finalità)

1. Il presente testo unico persegue, in particolare, le seguenti finalità:

a) la tutela della salute quale diritto fondamentale della persona e della comunità;

b) la salvaguardia dei livelli uniformi ed essenziali di tutela della salute;

c) la realizzazione della piena eguaglianza degli assistiti nel godimento delle prestazioni che realizzano il dirittoalla salute;

d) la promozione della salute, la prevenzione, la cura e la riabilitazione degli assistiti;

e) l’esercizio della funzione sociale, la programmazione, l’organizzazione e la gestione delle attività e dei servizisociali;

f) la creazione di una rete di opportunità e di garanzie orientate allo sviluppo umano e al benessere della comu-nità, al sostegno dei progetti di vita delle persone e delle famiglie, all’esercizio della cittadinanza attiva;

g) la presa in carico unitaria delle problematiche delle persone e delle famiglie;

h) la realizzazione dell’universalità degli interventi diretti alla generalità della popolazione e dell’omogeneità nelterritorio dei livelli di assistenza sociale.

PARTE ISANITÀ

TITOLO INORME SUL SERVIZIO SANITARIO REGIONALE

CAPO IDISPOSIZIONI GENERALI

Art. 3(Ordinamento del Servizio sanitario regionale)

1. L’ordinamento del Servizio sanitario regionale è costituito dal complesso di funzioni, attività e strutture che, incoerenza con quanto previsto dall’articolo 32 della Costituzione e con i principi contenuti nel decreto legislativo 30dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre1992, n. 421), nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rap-

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porti fra servizio sanitario nazionale ed università a norma dell’articolo 6 della L. 30 novembre 1998, n. 419) ed in at-tuazione dell’articolo 13 dello Statuto regionale, è volto a garantire la tutela della salute come diritto fondamentaledella persona e della comunità.

2. Costituiscono obiettivi del Servizio sanitario regionale la promozione della salute, la prevenzione, la cura e lariabilitazione, al fine di assicurare ai cittadini i livelli uniformi ed essenziali di tutela della salute e assistenza sanita-ria indicati dalla programmazione nazionale, nonché eventuali ulteriori livelli integrativi di assistenza sanitaria indi-cati dalla programmazione regionale anche in rapporto alle risorse messe a disposizione.

3. Nell’organizzazione e nel funzionamento, il Servizio sanitario regionale si informa al principio della centralitàdella persona, della comunità e della valorizzazione del ruolo e responsabilità degli operatori sanitari per la promo-zione della qualità. A tal fine privilegia:

a) i modelli organizzativi che, favorendo la costituzione e lo sviluppo di reti interstrutturali e interaziendali an-che con altre istituzioni, contribuiscono allo sviluppo dei livelli di salute mediante il coordinamento e l’integrazionedei servizi sanitari e socio-sanitari;

b) l’adozione di percorsi assistenziali integrati come metodologia di lavoro corrente per la gestione delle patolo-gie prevalenti, a garanzia della continuità della presa in carico del bisogno di cura individuale, dalla fase di acuzie esub-acuzie a quella riabilitativa e di gestione della cronicità.

4. Il Servizio sanitario regionale opera al fine di garantire agli assistiti la piena eguaglianza nel godimento delle pre-stazioni che realizzano il diritto alla salute.

5. Il Servizio sanitario regionale appartiene alla comunità e le strutture che ne fanno parte operano garantendoforme di partecipazione degli utenti e delle loro organizzazioni, in particolare, nelle fasi di programmazione e valu-tazione dei servizi.

TITOLO IISOGGETTI DEL SERVIZIO SANITARIO REGIONALE

CAPO ICOMPETENZE DELLA REGIONE E DEI COMUNI

Art. 4(Assetto istituzionale)

1. Sono soggetti istituzionali del Servizio sanitario regionale la Regione e i comuni.2. I compiti di gestione dei servizi sanitari sono esercitati dalle aziende sanitarie regionali distinte in aziende unità

sanitarie locali, aziende ospedaliere e aziende ospedaliero-universitarie.3. Alla determinazione ed al perseguimento delle finalità del Servizio sanitario regionale concorrono l’Università

degli Studi di Perugia e l’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Umbria e delle Marche di cui alla legge regionale20 novembre 2013, n. 28 (Ratifica dell’accordo tra la Regione Umbria e la Regione Marche concernente il riordinodell’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Umbria e delle Marche), nonché gli enti sanitari e assistenziali pubblicie organismi privati accreditati operanti nel territorio regionale.

Art. 5(Competenze della Regione)

1. Spettano alla Regione le funzioni di pianificazione, programmazione, indirizzo, coordinamento, monitoraggio econtrollo, verifica e valutazione delle attività svolte nell’ambito del Servizio sanitario regionale, nonché le altre fun-zioni ad essa demandate dalla normativa statale.

2. La Giunta regionale, con propri atti, definisce modalità e criteri per regolare la produzione e l’erogazione dei ser-vizi sanitari da parte degli operatori pubblici e privati nel territorio regionale.

3. La Giunta regionale, al fine di assicurare la coerenza della gestione dei servizi sanitari rispetto agli obiettivi dellaprogrammazione e garantire omogeneità di interventi e di prestazioni su tutto il territorio regionale, nonché l’uso ot-timale delle risorse finanziarie e l’efficienza delle strutture sanitarie, adotta direttive vincolanti per le aziende sanita-rie regionali, informandone contestualmente l’Assemblea Legislativa.

4. La Giunta regionale, anche attraverso il sistema integrato in rete delle strutture erogatrici di prestazioni sanita-rie, fornisce alle aziende sanitarie regionali supporti tecnico-scientifici sotto forma di linee-guida, protocolli e altrenorme di buona pratica professionale finalizzate anche al perseguimento della appropriatezza.

5. La Giunta regionale svolge attività di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle aziende sani-tarie regionali, anche in relazione al controllo di gestione, ai controlli interni ed alla valutazione di qualità, quantitàe costi delle prestazioni sanitarie.

6. La Giunta regionale acquisisce le informazioni epidemiologiche necessarie al processo di programmazione, in-dirizzo, valutazione e verifica dell’efficacia degli interventi, mediante l’osservatorio epidemiologico regionale di cuiall’articolo 101.

7. La Giunta regionale verifica annualmente lo stato di realizzazione dei piani attuativi delle aziende sanitarie re-gionali di cui all’articolo 14 anche in base alla relazione di cui all’articolo 29 trasmessa dai direttori generali.

8. La Giunta regionale, a completamento di ogni ciclo di programmazione sanitaria regionale, predispone la rela-zione di cui all’articolo 16, comma 1, finalizzata alla valutazione del Servizio sanitario regionale.

9. L’Assemblea Legislativa approva il Piano sanitario regionale di cui all’articolo 12.

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Art. 6(Competenze del Comune)

1. Il Comune partecipa alla realizzazione degli obiettivi del Servizio sanitario regionale concorrendo alla program-mazione sanitaria regionale.

2. Il Comune in particolare tutela i cittadini nel loro diritto alla promozione ed alla difesa della salute e svolge lefunzioni relative alla tutela dell’ambiente di vita avvalendosi dei servizi dei dipartimenti di prevenzione di cui all’ar-ticolo 42 e dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente di cui alla legge regionale 6 marzo 1998, n. 9[Norme sulla istituzione e disciplina dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (A.R.P.A.)].

3. Il Comune può, altresì, presentare alle unità sanitarie locali osservazioni e proposte per la salvaguardia dei dirittie della dignità dei propri cittadini, nonché per il miglioramento delle condizioni di erogazione delle prestazioni sani-tarie e contribuisce al perseguimento di obiettivi di integrazione tra i servizi socio-assistenziali e quelli sanitari.

4. Il Comune, previa verifica di compatibilità con la programmazione regionale da parte della Giunta regionale,può concordare con l’azienda unità sanitaria locale particolari forme di assistenza sanitaria che integrino i livelli sta-biliti dalla Regione, purché i relativi costi siano sostenuti interamente dal comune stesso.

Art. 7(Poteri del sindaco)

1. Il sindaco, nell’esercizio delle funzioni che gli competono quale autorità sanitaria locale si avvale dei servizidell’azienda unità sanitaria locale di riferimento facendone preventivamente richiesta al Direttore generale del-l’azienda medesima.

2. Qualora sussistono motivate ragioni di urgenza il sindaco si avvale dei servizi di cui sopra rivolgendosi diretta-mente ai responsabili dei servizi medesimi, informandone contemporaneamente il Direttore generale dell’aziendaterritorialmente competente.

Art. 8(Conferenza dei sindaci)

1. In ciascuna delle aziende unità sanitarie locali di cui all’art. 18 è costituita la Conferenza dei sindaci, organo dirappresentanza dei Comuni per l’espressione delle esigenze sanitarie del territorio di competenza.

2. La Conferenza dei sindaci svolge le sue funzioni tramite il Consiglio di rappresentanza composto da quattromembri e dal presidente della Conferenza stessa. Nel Consiglio di rappresentanza sono comunque presenti i sindacidei due Comuni con maggior numero di abitanti.

3. La Conferenza dei sindaci approva, entro sessanta giorni dall’insediamento, il regolamento per il proprio funzio-namento recante anche la disciplina per la nomina del presidente e del Consiglio di rappresentanza di cui al comma2. Il regolamento stabilisce i criteri di rappresentanza in relazione alla rispettiva consistenza demografica.

4. La Conferenza dei sindaci, nell’ambito della programmazione regionale e delle risorse definite, contribuisce adelineare le linee di indirizzo e di attività delle unità sanitarie locali nonché a definire la programmazione e le moda-lità di integrazione della risposta ai bisogni di salute che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni diprotezione sociale.

5. La Conferenza dei sindaci garantisce la concertazione e la cooperazione tra le aziende unità sanitarie locali e glienti locali, anche attraverso la partecipazione dei cittadini, in forma singola o associati, ai processi di formazione de-gli atti regionali di programmazione in materia di assistenza sanitaria e alla verifica dell’efficacia ed efficienza degliinterventi realizzati.

6. La Conferenza dei sindaci esercita le seguenti funzioni:

a) formula, nell’ambito della programmazione regionale, indirizzi per l’impostazione programmatica del Pianoattuativo di cui all’articolo 14 e delle attività delle unità sanitarie locali;

b) esprime parere sul piano attuativo della unità sanitaria locale dell’articolo 14;

c) esprime, entro quindici giorni dal ricevimento della richiesta, parere sui progetti relativi al bilancio plurien-nale e i relativi aggiornamenti e al bilancio preventivo economico dell’unità sanitaria locale di riferimento ai sensidell’articolo 65;

d) esercita l’intesa prevista all’articolo 38, comma 7, sulla definizione dell’articolazione del territorio afferenteall’azienda unità sanitaria locale, in distretti sanitari;

e) verifica l’andamento generale dell’attività dell’azienda unità sanitaria locale ed esprime il parere alla Giunta re-gionale, sull’efficacia, efficienza e funzionalità dei servizi sanitari e socio-sanitari al fine della valutazione annuale deidirettori generali da parte della stessa Giunta;

f) esprime parere sul progetto di Piano sanitario regionale di cui all’articolo 12;

g) esprime alla Giunta regionale parere sulla proposta in ordine alla localizzazione della sede legale dell’unità sa-nitaria locale;

h) esercita l’intesa con il Direttore generale della unità sanitaria locale per la nomina del coordinatore dei servizisociali di cui all’articolo 36;

i) designa un componente del Collegio sindacale dell’azienda unità sanitaria locale di cui all’articolo 33.

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Art. 9(Funzioni del Consiglio delle autonomie locali nell’ordinamento sanitario regionale)

1. Le competenze e le funzioni della Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio - sanitaria re-gionale, di seguito Conferenza permanente, già istituita con legge regionale 27 marzo 2000, n. 29 (Prime disposizionidi recepimento del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, concernente: “Norme per la razionalizzazione del Ser-vizio sanitario nazionale, a norma dell’art. 1 della legge 30 novembre 1999, n. 419”, d’integrazione e modificazionedel decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502) sono attribuite al Consiglio delle autonomie locali (CAL) di cui allalegge regionale 16 dicembre 2008, n. 20 (Disciplina del Consiglio delle Autonomie Locali).

2. La composizione del CAL è integrata, qualora non presenti tra i componenti del Consiglio medesimo, dai Presi-denti delle Conferenze dei sindaci delle aziende unità sanitarie locali regionali.

3. Il CAL, come eventualmente integrato ai sensi del comma 2, esprime pareri nei confronti della Giunta regionale:a) sul progetto di Piano sanitario regionale, di cui all’articolo 12, sui disegni di legge e sulle proposte di regola-

mento in materia sanitaria;b) sugli schemi di atti relativi all’integrazione socio-sanitaria;c) sugli indirizzi emanati dalla Giunta regionale per l’elaborazione dei piani attuativi di cui all’articolo 14.

4. Sono attribuite al CAL, limitatamente alle aziende ospedaliere e alle aziende ospedaliere universitarie le funzionidi cui all’articolo 8, comma 6, lettere a), b), c) ed e). Il CAL esercita, altresì, con riferimento alle aziende ospedaliere,le funzioni di cui all’articolo 8, comma 6, lettera i).

CAPO IICOMPETENZE DELL’UNIVERSITÀ

Art. 10(Università)

1. Il rapporto tra le università e la Regione è regolato, in particolare, da protocolli di intesa ai sensi della normativavigente.

2. La Giunta regionale stipula protocolli d’intesa con l’Università degli Studi di Perugia per la partecipazione dellastessa al processo di programmazione sanitaria e, in particolare, per la regolamentazione dell’apporto universitariodelle attività di didattica e ricerca alle attività assistenziali del Servizio sanitario regionale nel rispetto delle specifichefinalità istituzionali.

3. I protocolli d’intesa vincolano l’atto aziendale delle aziende ospedaliero-universitarie ed i conseguenti accordi at-tuativi aziendali, definendo, nel rispetto del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fraServizio sanitario nazionale ed università, a norma dell’articolo 6 della L. 30 novembre 1998, n. 419), in particolare:

a) per le attività assistenziali, i criteri per la costituzione delle strutture organizzative;b) in relazione alle attività didattiche, i criteri per definire gli apporti reciproci rispetto ai fabbisogni formativi del

Servizio sanitario regionale, per l’individuazione delle scuole e dei corsi di formazione nonché per la ripartizione de-gli oneri;

c) le tipologie di ricerche da assegnare ai dipartimenti assistenziali integrati ed i criteri di ripartizione dei relativioneri e di utilizzo dei risultati conseguiti;

d) i livelli di compartecipazione della Regione e dell’Università ai risultati di gestione.4. Per la predisposizione dei protocolli di intesa tra Regione e Università degli Studi di Perugia è costituita, su de-

signazione degli enti stessi, un’apposita commissione paritetica con funzione di supporto tecnico.La commissione è disciplinata e nominata dalla Giunta regionale con proprio atto. I componenti della stessa non

percepiscono alcun compenso.

TITOLO IIIPIANIFICAZIONE E PROGRAMMAZIONE DEL SERVIZIO SANITARIO REGIONALE

CAPO IPIANIFICAZIONE E PROGRAMMAZIONE

Art. 11(Livelli e strumenti di pianificazione e programmazione)

1. La pianificazione e la programmazione sanitaria della Regione assicurano, in coerenza con i principi di cui ald.lgs. 502/1992, lo sviluppo dei servizi di prevenzione, dei servizi ospedalieri in rete, dei servizi sanitari territoriali ela loro integrazione con i servizi di assistenza sociale.

2. Sono strumenti della pianificazione sanitaria a livello regionale:a) il Piano sanitario regionale di cui all’articolo 12 ed i relativi strumenti di attuazione;b) il Piano regionale della prevenzione.

3. Sono strumenti della programmazione sanitaria a livello regionale il documento regionale annuale di program-mazione di cui all’articolo 14 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13 (Disposizioni sulla partecipazione della Re-gione Umbria alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione Europea - Disciplinadell’attività internazionale della Regione) e le disposizioni collegate alla manovra di bilancio regionale.

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4. Sono strumenti della pianificazione sanitaria a livello locale i piani attuativi delle unità sanitarie locali e delleaziende ospedaliere di cui all’articolo 14.

5. Sono strumenti della programmazione sanitaria a livello locale:

a) i programmi annuali di attività dei dipartimenti, delle strutture e dei servizi, i progetti operativi annuali;

b) il programma delle attività territoriali di distretto previsto dall’articolo 3-quater, comma 3 del d.lgs. 502/1992e dall’articolo 4, comma 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 febbraio 2001, di cui all’articolo 15.

6. Sono strumenti di valutazione e di monitoraggio della programmazione socio-sanitaria regionale:

a) la relazione sanitaria regionale di cui all’articolo 16;

b) la relazione sanitaria aziendale di cui all’articolo 29.

CAPO IIPIANO SANITARIO REGIONALE, PIANO ATTUATIVO E PROGRAMMA DELLE ATTIVITÀ TERRITORIALI

Art. 12(Piano sanitario regionale)

1. Il Piano sanitario regionale, elaborato in coerenza con il Piano sanitario nazionale, è lo strumento con il quale laRegione definisce gli obiettivi di salute e di politica sanitaria regionale ed adegua l’organizzazione dei servizi sanitarie socio-sanitari in relazione ai bisogni assistenziali della popolazione attraverso idonei indicatori dello stato di salutedella popolazione medesima.

2. Il Piano sanitario regionale, di durata triennale, definisce i livelli uniformi ed essenziali di assistenza da assicu-rare su tutto il territorio regionale e contiene le disposizioni generali per la formazione dei piani attuativi di cui al-l’art. 14.

3. Il Piano sanitario regionale assicura il raccordo con il Piano sociale regionale di cui all’articolo 270, nonché l’in-tegrazione con il Piano regionale integrato per la non autosufficienza di cui all’articolo 326.

4. Il Piano sanitario regionale prevede metodologie e strumentazioni atte a consentire il monitoraggio e la verificad’attuazione dei programmi e dei progetti ivi contenuti.

5. Il piano, nel rispetto dei contenuti e degli indirizzi del Piano sanitario nazionale e della programmazione econo-mica, contiene in particolare:

a) le modalità per il conseguimento degli obiettivi da realizzare nel triennio con riferimento a quelli previsti al-l’art. 2 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale);

b) la previsione dei fondi predisposti per l’attuazione del piano e gli indirizzi per la loro ripartizione;

c) gli indirizzi per realizzare nel territorio regionale l’equilibrata e coordinata organizzazione dei servizi;

d) le indicazioni per la formazione e l’aggiornamento professionale del personale;

e) le procedure e le modalità per le verifiche periodiche sullo stato di attuazione del piano.

6. Il piano individua le forme ed i modi di partecipazione delle associazioni di volontariato alla realizzazione degliobiettivi previsti.

Art. 13(Procedimento di approvazione del Piano sanitario regionale)

1. Lo schema di proposta del Piano sanitario regionale è adottato dalla Giunta regionale ai fini dell’acquisizione deipareri di cui ai commi 2 e 3 e degli adempimenti di concertazione sociale e istituzionale di cui al comma 4.

2. Lo schema di proposta del Piano sanitario regionale è inviato, per l’acquisizione dei relativi pareri, al CAL di cuiall’articolo 9, alle Conferenze dei sindaci di cui all’articolo 8 e all’Università degli Studi di Perugia. Qualora tali parerinon vengano resi entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta, gli stessi si intendono espressi in senso favore-vole.

3. Lo schema di proposta del Piano sanitario regionale, corredato del parere espresso dall’Università degli Studi diPerugia ovvero dell’attestazione della mancata espressione del parere nei termini indicati, viene trasmesso al Mini-stero della Salute per acquisire il parere relativo alla coerenza dello stesso con gli indirizzi del Piano sanitario nazio-nale ai sensi dell’articolo 1, comma 14 del d.lgs. 502/1992.

4. Lo schema di proposta del Piano sanitario regionale è sottoposto dalla Giunta regionale all’esame del tavolo diconcertazione e partenariato istituzionale e sociale di cui all’articolo 5 della l.r. 13/2000.

5. La Giunta regionale, entro sessanta giorni dal ricevimento dell’ultimo dei pareri di cui al presente articolo,adotta la proposta di Piano sanitario regionale da trasmettere all’Assemblea Legislativa corredata dei pareri stessi,unitamente alla documentazione acquisita in sede di concertazione.

6. L’Assemblea Legislativa approva il Piano sanitario regionale. L’aggiornamento del Piano sanitario regionale, av-viene, di norma, con il Documento annuale di programmazione regionale e con le disposizioni collegate alla mano-vra di bilancio regionale.

7. Fino all’approvazione del nuovo Piano sanitario regionale vigono le disposizioni del Piano precedente.

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Art. 14(Piano attuativo)

1. Il Piano attuativo è lo strumento di pianificazione mediante il quale le aziende sanitarie regionali regolano leproprie attività, in attuazione delle linee di indirizzo della programmazione regionale.

2. Il Piano attuativo definisce, in rapporto agli obiettivi determinati ed ai livelli uniformi ed essenziali di assistenza,la programmazione delle attività da svolgere e individua le modalità operative ed organizzative per il perseguimentodegli obiettivi stessi.

3. Il Direttore generale di cui all’articolo 25 elabora il progetto di Piano attuativo con il supporto del Collegio di di-rezione di cui all’articolo 32, sulla base delle disposizioni della programmazione regionale sanitaria e, limitatamentealle aziende unità sanitarie locali, anche sulla base della programmazione regionale socio-sanitaria.

4. Il progetto di Piano attuativo di cui al comma 3 tiene conto anche delle proposte delle Conferenze dei sindaci dicui all’articolo 8, del CAL di cui all’articolo 9, nonché dei soggetti di cui all’articolo 96, comma 2.

5. Il progetto di Piano attuativo viene trasmesso al Consiglio dei sanitari di cui all’articolo 35 per l’acquisizione delrelativo parere.

6. Il progetto di Piano attuativo viene adottato dal Direttore generale di cui all’articolo 25 e trasmesso alla Confe-renza dei sindaci di cui all’articolo 8 per le aziende unità sanitarie locali e al CAL di cui all’articolo 9 per le aziendeospedaliere, al fine dell’acquisizione dei relativi pareri.

7. Il Direttore generale rielabora il Piano attuativo, sulla base dei pareri acquisiti, e lo trasmette alla Giunta regio-nale, unitamente agli stessi. La Giunta regionale, ai sensi dell’articolo 83, entro quaranta giorni verifica la conformitàdel Piano attuativo alla programmazione regionale sanitaria e socio-sanitaria. In caso di mancata conformità, laGiunta regionale rinvia la proposta di Piano attuativo al Direttore generale il quale è tenuto a predisporre una nuovaproposta che tenga conto dei rilievi espressi.

8. Il Piano attuativo è efficace con l’approvazione della Giunta regionale.

9. Il Piano attuativo ha la durata del Piano sanitario regionale di cui all’articolo 12 ed è aggiornato annualmente.

10. Gli aggiornamenti del Piano attuativo si realizzano attraverso i programmi annuali di attività dei dipartimenti,delle strutture e dei servizi, mediante i progetti operativi e, limitatamente alle aziende unità sanitarie locali, me-diante il programma delle attività territoriali di cui all’articolo 15. Nell’ambito di tali programmi sono definiti glistandard quantitativi e qualitativi, gli indicatori di verifica di cui all’articolo 17, comma 5 e le risorse necessarie chetengono conto delle metodiche di budget.

Art. 15(Programma delle attività territoriali)

1. Il Programma delle Attività Territoriali, di seguito denominato PAT, i cui contenuti sono fissati all’articolo 3-qua-ter, commi 2 e 3 del d.lgs. 502/1992, è lo strumento programmatorio del distretto in cui sono definiti i bisogni priori-tari e gli interventi di natura sanitaria e socio-sanitaria necessari per affrontarli.

2. Il PAT è basato sulla intersettorialità degli interventi cui concorrono le diverse strutture operative e contiene:

a) la localizzazione dei servizi e delle strutture afferenti al distretto;

b) la determinazione delle risorse per l’integrazione socio-sanitaria e delle quote rispettivamente a carico del-l’unità sanitaria locale e dei comuni.

3. Il PAT si inserisce nel sistema programmatorio socio-sanitario e si coordina con quanto previsto dal Piano so-ciale di Zona di cui all’art. 272 relativamente agli interventi sociali. Costituisce parte integrante del PAT il Pro-gramma operativo del Piano regionale integrato per la non autosufficienza di cui all’articolo 326.

4. Il PAT, sulla base delle risorse assegnate e previo parere del Comitato dei sindaci di distretto di cui all’articolo 40,è proposto dal Direttore del distretto di cui all’articolo 39, e approvato dal Direttore generale di cui all’articolo 25d’intesa, limitatamente alle attività sociosanitarie, con il Comitato medesimo e tenuto conto delle priorità stabilite alivello regionale e locale.

5. Il PAT è aggiornato con cadenza annuale sulla base del processo di valutazione di cui all’articolo 17, comma 6 inraccordo con il budget di distretto.

Art. 16(Relazioni sanitarie)

1. Per il miglioramento della qualità del Servizio sanitario regionale, e al fine di definire le strategie dei successiviPiani sanitari regionali, la Giunta regionale predispone, al completamento di ogni ciclo di pianificazione sanitaria re-gionale, la relazione sanitaria sui risultati raggiunti in rapporto agli obiettivi definiti dal Piano sanitario regionale,sulla base di un apposito sistema di indicatori individuati dalla Giunta stessa.

2. La relazione di cui al comma 1 è trasmessa alla Conferenza dei sindaci per il parere di cui all’articolo 8, comma6, lettera e) per le aziende unità sanitarie locali e al CAL per le aziende ospedaliere ai sensi dell’articolo 9, comma 4.

3. La relazione di cui al comma 1, unitamente ai pareri di cui al comma 2, è trasmessa all’Assemblea Legislativa.

4. La Giunta regionale trasmette annualmente al Ministero della Salute, ai sensi dell’articolo 1, comma 4 del d.lgs.502/1992, una relazione sullo stato di attuazione della programmazione regionale, sui risultati di gestione raggiuntiin merito agli obiettivi di salute e sulla spesa prevista per l’anno successivo.

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TITOLO IVORGANIZZAZIONE DEL SERVIZIO SANITARIO REGIONALE

CAPO IISTITUZIONE E COMPITI DELLE AZIENDE SANITARIE REGIONALI

Art. 17(Principi generali per la gestione dei servizi sanitari da parte delle aziende sanitarie regionali)

1. Le aziende sanitarie regionali pianificano le attività ed i servizi sulla base di percorsi assistenziali in grado di as-sicurare la continuità delle cure attraverso un modello integrato tra servizi territoriali e servizi ospedalieri.

2. Le aziende sanitarie regionali devono garantire il coordinamento delle prestazioni correlate alle condizioni di sa-lute del singolo attraverso l’integrazione degli operatori, con l’obiettivo di dare una risposta appropriata sia in ter-mini di qualità che di compatibilità con le risorse disponibili.

3. La Giunta regionale definisce, con proprio atto, un sistema di indicatori per verificare gli standard organizzativi,l’appropriatezza, la qualità ed i risultati conseguiti dal percorso assistenziale.

4. La Giunta regionale con regolamento disciplina l’organizzazione e il funzionamento del nucleo tecnico per ilcontrollo di gestione ed il controllo di qualità al fine di monitorare la spesa e valutare i servizi erogati dalle strutturesanitarie pubbliche e private.

5. Le aziende sanitarie regionali definiscono gli standard di responsabilità sociale, intesi come gli impegni chel’azienda sanitaria stessa intende garantire nella propria organizzazione dei servizi e delle attività, in relazione agliaspetti organizzativi, strutturali e comportamentali con l’obiettivo dell’umanizzazione delle cure e del perseguimentodei valori sottesi.

6. Le aziende sanitarie regionali sviluppano un processo di valutazione circa la conformità dell’insieme delle pro-prie strutture ed attività agli standard di responsabilità sociale definiti al comma 5. In tale processo valutativo deveessere garantita la partecipazione attiva degli operatori e dei responsabili aziendali unitamente a quella degli utentie delle loro associazioni di rappresentanza. Al termine del processo di valutazione l’azienda definisce un piano di mi-glioramento aziendale rispetto alle criticità rilevate che va assunto quale elemento strategico della propria pianifica-zione generale.

Art. 18(Istituzione delle aziende unità sanitarie locali)

1. In ciascuno degli ambiti territoriali individuati nella tabella Allegato A), che forma parte integrante e sostanzialedel presente testo unico, è confermata l’istituzione di una unità sanitaria locale, già istituita ai sensi dell’articolo 6della l.r. 18/2012.

2. La sede legale delle aziende unità sanitarie locali è stabilita dalla Giunta regionale con proprio atto, acquisito ilparere della competente Conferenza dei sindaci di cui all’articolo 8, entro trenta giorni dal ricevimento, da partedella Conferenza stessa, della proposta della Giunta regionale. In caso di inerzia provvede comunque la Giunta regio-nale.

3. Le unità sanitarie locali di cui al comma 1 sono costituite in aziende dotate di personalità giuridica pubblica egodono di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale, tecnica ed imprenditoriale.

4. L’organizzazione e il funzionamento delle unità sanitarie locali sono disciplinati con l’atto aziendale di dirittoprivato di cui all’articolo 22.

Art. 19(Organizzazione delle Aziende unità sanitarie locali)

1. Le aziende unità sanitarie locali, nell’ambito della programmazione sanitaria regionale, organizzano i propriservizi e l’attività di competenza attenendosi ai seguenti criteri:

a) autonomia organizzativa dei livelli decisionali, al fine della efficienza operativa;

b) articolazione dei servizi idonea a garantire l’erogazione e l’acquisizione delle prestazioni individuate nel Pianosanitario regionale di cui all’articolo 12 sulla base dei livelli essenziali di assistenza, attraverso la definizione di per-corsi assistenziali integrati;

c) strutturazione in forma dipartimentale anche a valenza interaziendale, per aree omogenee, sulla base delle di-sposizioni del presente Testo unico e della programmazione regionale;

d) istituzione, in attuazione della legge 10 agosto 2000, n. 251 (Disciplina delle professioni sanitarie infermieristi-che, tecniche della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica), del Servizio infermieristico,tecnico-sanitario, riabilitativo, ostetrico e della prevenzione (SITRO) come struttura di staff della direzione aziendaledotato di autonomia tecnico organizzativa e gestionale, che può essere articolato anche su base dipartimentale per lapromozione, l’attuazione e lo sviluppo di modelli di organizzazione ed innovazione dei processi assistenziali;

e) decentramento decisionale verso i dipartimenti, i distretti e le strutture al fine di favorire la più ampia parteci-pazione e l’apporto delle professionalità del Servizio sanitario regionale ai processi organizzativi e operativi;

f) coordinamento tra attività sanitarie ed attività sociali;

g) coordinamento tra servizi ospedalieri e servizi territoriali distrettuali, sia domiciliari che semiresidenziali eriabilitativi;

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h) garanzia della presa in carico del cittadino-utente al momento dell’accesso ai servizi con procedure semplifi-cate;

i) pieno coinvolgimento e responsabilizzazione dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta nellaprogrammazione del percorso assistenziale e nella sua attivazione e monitoraggio.

2. Ciascuna unità sanitaria locale esercita la propria autonomia organizzativa mediante l’atto aziendale di dirittoprivato di cui all’articolo 22.

CAPO IIAZIENDE OSPEDALIERE ED AZIENDE OSPEDALIERO UNIVERSITARIE

Art. 20(Aziende ospedaliere)

1. Gli ospedali costituiti in azienda ospedaliera hanno personalità giuridica pubblica e godono di autonomia orga-nizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale, tecnica e imprenditoriale.

2. Sono aziende ospedaliere del Servizio sanitario regionale di rilievo nazionale di alta specialità: l’Azienda Ospe-daliera di Perugia Santa Maria della Misericordia e l’Azienda Ospedaliera S. Maria di Terni.

3. Le aziende ospedaliere, nell’ambito della programmazione sanitaria regionale, organizzano i propri servizi e l’at-tività di competenza, attenendosi ai seguenti criteri:

a) autonomia organizzativa dei livelli decisionali, al fine dell’efficienza operativa;b) strutturazione in forma dipartimentale anche a valenza interaziendale, per aree omogenee, sulla base delle di-

sposizioni della presente legge e della programmazione regionale;c) istituzione, in attuazione della L. 251/2000, del Servizio infermieristico, tecnico sanitario, riabilitativo, oste-

trico (SITRO), come struttura di staff della direzione aziendale dotata di autonomia tecnico organizzativa e gestio-nale, che può essere articolato anche su base dipartimentale, per la promozione, l’attuazione e lo sviluppo di modellidi organizzazione ed innovazione dei processi assistenziali;

d) decentramento decisionale verso i dipartimenti e le strutture al fine di favorire la più ampia partecipazione el’apporto delle professionalità del Servizio sanitario regionale ai processi organizzativi e operativi.

4. Ciascuna azienda ospedaliera esercita la propria autonomia organizzativa mediante l’atto aziendale di dirittoprivato di cui all’articolo 22.

Art. 21(Aziende ospedaliero-universitarie)

1. In attuazione del d.lgs. 517/1999 possono essere costituite le aziende ospedaliero-universitarie di cui all’articolo2, comma 2, lettera b) dello stesso decreto legislativo.

2. Le modalità di costituzione della Azienda ospedaliero-universitaria di Perugia e della Azienda ospedaliero-uni-versitaria di Terni sono disciplinate dal comma 3.

3. La costituzione, l’attivazione, l’organizzazione e il funzionamento delle aziende ospedaliero-universitarie di cuial comma 2 sono disciplinate dal protocollo d’intesa previsto dal d.lgs. 517/1999 e dall’articolo 10 del presente testounico; in particolare, le aziende ospedaliero-universitarie sono costituite in seguito alla sottoscrizione dei protocolliattutivi, stipulati rispettivamente dai direttori generali o soggetti ad essi equiparati delle aziende ospedaliere di cuiall’articolo 20 e dal Rettore dell’Università degli Studi di Perugia.

4. I protocolli attutivi di cui al comma 3 disciplinano in particolare l’atto aziendale ed il regolamento di organizza-zione e funzionamento delle aziende ospedaliero-universitarie di cui al comma 2 nonché la ripartizione paritetica deirisultati economici della gestione, come risultante da bilancio consuntivo annuale.

5. Le aziende ospedaliero-universitarie di cui al comma 2 sono dotate di personalità giuridica pubblica e sono for-malmente costituite con decreto del Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta regio-nale, che prende atto della avvenuta sottoscrizione dei protocolli attuativi di cui al comma 3. La formale costituzionedecorre dal giorno successivo alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione del decreto del Presidentedella Giunta regionale.

6. La concreta attivazione dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Perugia e dell’Azienda ospedaliero-universitariadi Terni avviene con la costituzione degli organi, al termine dell’espletamento delle relative procedure.

7. A far data dalla costituzione dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Perugia, con decreto del Presidente dellaGiunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta regionale, è soppressa l’Azienda Ospedaliera di PerugiaSanta Maria della Misericordia. A far data dalla costituzione dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Terni, con de-creto del Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta regionale, è soppressa l’Aziendaospedaliera S. Maria di Terni.

CAPO IIIATTO AZIENDALE E SERVIZI GESTITI IN FORMA ASSOCIATA

Art. 22(Atto aziendale)

1. L’organizzazione e il funzionamento delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere sono discipli-nate dall’atto aziendale di cui all’articolo 3, comma 1-bis del d.lgs.502/1992. L’atto aziendale contiene, in particolare:

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a) l’individuazione delle strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico professionale, soggette arendicontazione analitica e le competenze dei relativi responsabili. L’atto aziendale attribuisce ai responsabili dellediverse strutture in cui si articola l’azienda poteri gestionali e competenze decisionali comprese quelle che impe-gnano l’azienda verso l’esterno. L’incarico di direzione di struttura vale anche come delega per il relativo esercizio;

b) l’individuazione dei distretti quale articolazione territoriale e organizzativa dell’azienda unità sanitaria locale;

c) le modalità di costituzione e di funzionamento dei dipartimenti e delle strutture secondo quanto previsto al-l’articolo 37, comma 5;

d) le modalità ed i criteri per l’attribuzione ai dirigenti dei compiti e degli incarichi e per la verifica dei risultatidegli stessi;

e) le modalità di partecipazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta alla gestione e pro-grammazione aziendale dei servizi sanitari;

f) la disciplina dell’attribuzione ai dirigenti di cui all’articolo 15-bis, comma 1 del d.lgs. 502/1992 dei compiti perl’attuazione degli obiettivi definiti dalla programmazione aziendale, entro i limiti economici e secondo le modalitàoperative definite in sede di assegnazione degli obiettivi stessi;

g) il numero degli incarichi e delle strutture, nonché le modalità ed i criteri per l’attribuzione degli stessi e la ve-rifica di risultato, secondo quanto previsto all’articolo 15-ter del d.lgs. 502/1992;

h) la previsione dell’adozione di un Codice etico cui devono uniformarsi sia il personale dell’azienda che le asso-ciazioni che intendono svolgere le loro attività nelle strutture organizzative aziendali.

2. L’atto aziendale e le sue modifiche ed integrazioni sono adottati dal Direttore generale sulla base degli indirizzidella programmazione regionale ed in conformità con i principi ed i criteri di cui alla presente legge, sentito il Colle-gio di direzione di cui all’articolo 32 acquisito il parere del Consiglio dei sanitari di cui all’articolo 35.

3. L’atto aziendale, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 83 è trasmesso alla Giunta.

4. A seguito dell’adozione dell’atto aziendale i direttori generali provvedono ad adeguare allo stesso i contenuti delregolamento aziendale, previsto all’articolo 25, comma 2, lettera f).

Art. 23(Servizi gestiti in forma associata e aggregata)

1. Ciascuna azienda sanitaria regionale può gestire, per conto delle altre, attività di interesse comune, anche di ca-rattere sanitario, previa stipula di apposito accordo e può, altresì, consorziarsi per la disciplina e per lo svolgimentodi determinate fasi delle rispettive attività gestionali ed amministrative di interesse comune.

2. I direttori generali delle aziende sanitarie regionali definiscono programmi pluriennali per l’acquisizione, informa centralizzata di beni e servizi e dispongono, i piani di acquisto annuali di beni e servizi occorrenti per il fun-zionamento delle aziende sanitarie regionali in funzione degli obiettivi fissati nel programma pluriennale.

3. La Giunta regionale dispone, con propria deliberazione, l’assetto organizzativo, le modalità di gestione e l’indivi-duazione delle attività tecnico-amministrative e sanitarie in cui si esplica la gestione in comune prevista al comma 1.

4. La Giunta regionale emana indirizzi riguardo alla predisposizione di piani aziendali integrati per migliorare l’ef-ficienza energetica delle strutture sanitarie.

TITOLO VFUNZIONI GESTIONALI

CAPO IORGANI DELLE AZIENDE SANITARIE REGIONALI

Art. 24(Organi delle aziende sanitarie regionali)

1. Sono organi delle aziende unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e delle aziende ospedaliero-universita-rie:

a) il Direttore generale;

b) il Collegio di direzione;

c) il Collegio sindacale.

2. È altresì organo delle aziende ospedaliero-universitarie l’Organo di indirizzo istituito quale organo unico delleaziende ospedaliere-universitarie costituite nella Regione.

Art. 25(Direttore generale: poteri e competenze)

1. Il Direttore generale ha la rappresentanza dell’azienda sanitaria regionale ed è responsabile della sua gestione. IlDirettore generale, al fine di garantire il corretto, efficace ed efficiente funzionamento dell’organizzazione da esso di-retta, attribuisce, tramite l’atto aziendale di cui all’articolo 22 i poteri di gestione ad esso riconosciuti dalle vigenti di-sposizioni ai diversi livelli gestionali. Il Direttore generale con le proprie scelte di organizzazione assicura un’ade-guata distribuzione delle potestà decisionali e mantiene presso la direzione aziendale le funzioni di programma-zione, di gestione strategica e di decisione generale.

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2. Sono comunque riservati al Direttore generale i seguenti atti:

a) la nomina del Direttore amministrativo e del Direttore sanitario di cui all’articolo 36;

b) la nomina, ove ricorrano le condizioni previste dall’articolo 3, comma 3, del d.lgs. 502/1992, del coordinatoredei servizi sociali di cui all’articolo 36;

c) la nomina di figure dirigenziali altamente qualificate e con funzioni coadiuvanti in relazione ad obiettivi speci-ficamente individuati e la conseguente stipula di contratti di diritto privato;

d) la sospensione e la decadenza del direttore amministrativo, del direttore sanitario, delle figure dirigenziali dicui alla lettera c) e del coordinatore dei servizi sociali; la decadenza del coordinatore dei servizi sociali è dispostad’intesa con la conferenza dei sindaci;

e) la nomina dei componenti del collegio sindacale;

f) l’adozione del regolamento di organizzazione dell’azienda sanitaria regionale, sentito il Direttore amministra-tivo, il Direttore sanitario e il Coordinatore dei servizi sociali ove nominato, nonché per le aziende ospedaliero-uni-versitarie d’intesa con il Rettore dell’Università;

g) gli atti di bilancio;

h) la predisposizione dei piani attuativi di cui all’articolo 14.

3. Al Direttore generale compete la verifica dei rendimenti e dei risultati aziendali, nonché la valutazione dell’effi-cacia e dell’economicità dell’azione amministrativa, in applicazione dei principi generali enunciati all’articolo 17.

4. Il Direttore generale promuove con azioni positive pari opportunità fra i sessi nell’organizzazione aziendale. Ilrapporto sulla situazione del personale, previsto dall’articolo 46 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (Codicedelle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell’articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246), è redatto al-meno ogni due anni e trasmesso, ai soggetti individuati al comma 2 dello stesso articolo 46 del d.lgs. 198/2006 ed alPresidente della Giunta regionale.

5. Il Direttore generale convoca, almeno una volta all’anno, apposita conferenza dei servizi ai sensi dell’articolo 14del d.lgs. 502/1992 per verificare l’andamento degli stessi e per individuare ulteriori interventi tesi al miglioramentodelle prestazioni.

6. Sono attribuite al Direttore generale delle aziende unità sanitarie locali le funzioni di Commissario liquidatoredelle soppresse unità sanitarie locali, già ricomprese nell’ambito territoriale di rispettiva competenza.

Art. 26(Direttore generale: nomina e rapporto di lavoro)

1. Il Direttore generale delle aziende sanitarie regionali è nominato dal Presidente della Giunta regionale, su con-forme deliberazione della Giunta stessa, tra soggetti che non abbiano compiuto il sessantacinquesimo anno di età, inpossesso dei requisiti previsti all’articolo 3-bis, comma 3 del d.lgs. 502/1992, iscritti nell’elenco di cui all’articolo 27 eper i quali non sussistano cause ostative previste dal decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 (Disposizioni in materiadi inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in con-trollo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190).

2. Il rapporto di lavoro del Direttore generale è esclusivo.

3. L’efficacia della nomina è subordinata alla stipula di apposito contratto di diritto privato tra il Presidente dellaGiunta regionale ed il Direttore generale, di durata non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni. La duratadegli incarichi di direzione generale è di norma la stessa per tutte le aziende sanitarie regionali. Il contratto è redattoin osservanza delle norme del libro V, Titolo III del codice civile, secondo uno schema tipo adottato dalla Giunta re-gionale con proprio atto.

4. Il rilievo di eventuali incompatibilità, di cui al d.lgs. 39/2013, è contestato, in qualunque momento, dalla Giuntaregionale al Direttore generale il quale, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, provvede a rimuo-verne le cause, dandone notizia alla Giunta stessa; decorso tale termine senza che le cause siano state rimosse, il Di-rettore generale è dichiarato decaduto.

5. Prima della scadenza del contratto, la Giunta regionale con atto motivato contenente la valutazione positivadell’operato del Direttore generale può procedere alla conferma dell’incarico con la stipula di un nuovo contratto nelrispetto di quanto previsto al comma 6, ovvero prorogare per un periodo non superiore a sessanta giorni il contrattoin scadenza.

6. Le funzioni di Direttore generale non possono essere esercitate per un periodo superiore ai dieci anni.

7. La Giunta regionale può modificare, per motivate esigenze organizzative e gestionali, la sede di assegnazione de-gli incarichi già conferiti a direttori generali di aziende sanitarie regionali. La mobilità interaziendale non comportaulteriori variazioni al contratto originario, fatta salva la sede di assegnazione riportata nell’atto di accettazione. Lamancata accettazione della variazione di sede comporta la risoluzione del contratto.

8. Il Direttore generale, entro diciotto mesi dalla data della nomina, ha l’obbligo di produrre l’attestato di frequenzadel corso di formazione in materia di sanità pubblica e di organizzazione sanitaria di cui all’articolo 3-bis del d.lgs.502/1992, pena la decadenza automatica dall’incarico.

9. Ai fini della nomina del Direttore generale delle aziende sanitarie regionali non si applicano le disposizioni di cuialla legge regionale 21 marzo 1995, n. 11 (Disciplina delle nomine di competenza regionale e della proroga degli or-gani amministrativi).

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Art. 27(Elenco regionale dei candidati idonei alla nomina di Direttore generale

delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale)

1. L’elenco regionale dei candidati idonei alla nomina di Direttore generale delle aziende sanitarie regionali, giàistituito dalla Giunta regionale, è ridenominato dal presente Testo unico Elenco regionale dei candidati idonei allanomina di Direttore generale delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale, è aggiornato ogni due anni edè pubblicato nel sito internet istituzionale e nel Bollettino ufficiale della Regione.

2. Ai fini dell’inserimento nell’elenco dei candidati idonei, la Giunta regionale definisce con proprio atto i criteri perla verifica dei requisiti di cui all’articolo 3-bis del d.lgs. 502/1992 e può prevedere specifici titoli e attestazioni com-provanti una qualificata formazione ed attività professionale di direzione tecnica o amministrativa rispetto all’inca-rico da ricoprire.

3. La Giunta regionale ai fini della selezione dei candidati per l’inserimento nell’elenco degli idonei si avvale di unacommissione costituita in prevalenza da esperti indicati da qualificate istituzioni scientifiche indipendenti dalla Re-gione medesima di cui uno designato dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Ai componenti della com-missione non spetta alcun compenso.

4. La Giunta regionale, con proprio atto, disciplina i contenuti degli avvisi pubblici finalizzati all’elenco di cui alcomma 1.

Art. 28(Valutazione dell’attività del Direttore generale)

1. La Giunta regionale, con proprio atto, disciplina le modalità e i criteri per la valutazione annuale dell’attività delDirettore generale in riferimento alla garanzia dei livelli essenziali di assistenza, in termini di efficacia e di efficienza,dei risultati di gestione conseguiti in riferimento agli indirizzi e agli obiettivi fissati nel Piano sanitario regionale dicui all’articolo 12 nel Documento regionale annuale di programmazione (D.A.P.) e negli altri atti di indirizzo emanatidalla Regione. Il mancato rispetto da parte del Direttore generale della normativa vigente in materia di contenimentodella spesa per beni e servizi ai sensi dell’articolo 2 del decreto legge 18 settembre 2001, n. 347 (Interventi urgenti inmateria di spesa sanitaria), converito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, costituisce oggetto divalutazione ai sensi del presente comma.

2. La Giunta regionale per i procedimenti di cui al presente articolo si avvale del supporto tecnico delle propriestrutture anche attraverso l’istituzione con proprio atto di un apposito organismo di valutazione. La Giunta regionalecon l’atto istitutivo stabilisce la composizione ed il funzionamento dell’organismo di valutazione, prevedendo co-munque la presenza di componenti esterni esperti di valutazione dei sistemi sanitari. Ai componenti dell’organismodi valutazione non spetta alcun compenso.

3. Le strutture di valutazione di cui al comma 2 provvedono a:

a) svolgere funzioni istruttorie per individuare gli obiettivi di mandato da assegnare ai direttori generali nonchéi profili di valutazione degli stessi;

b) predisporre, ai fini delle verifiche annuali e di fine mandato, una relazione istruttoria sui risultati di gestioneconseguiti dai direttori generali con riguardo agli obiettivi assegnati.

4. La Giunta regionale ai fini della valutazione dell’attività del Direttore generale acquisisce la relazione di cui al-l’articolo 29.

5. All’esito della verifica di cui al presente articolo la Giunta regionale dispone, con provvedimento motivato, laconferma dell’incarico o la risoluzione del contratto.

Art. 29(Relazione sanitaria aziendale annuale)

1. La relazione sanitaria aziendale è il documento che attesta i risultati raggiunti annualmente dai direttori gene-rali delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere in attuazione del piano attuativo di cui all’articolo14, in considerazione degli obiettivi e degli indicatori di valutazione, previamente definiti dalla Giunta regionale.

2. La relazione sanitaria aziendale è predisposta dai direttori con il supporto del Collegio di direzione di cui all’art.32, previa acquisizione del parere del Consiglio dei sanitari. La relazione viene trasmessa alla Giunta regionale entroil 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento.

3. La Giunta regionale sulla base della relazione di cui al comma 1 verifica i risultati aziendali conseguiti e il rag-giungimento degli obiettivi assegnati al Direttore e acquisisce, per le aziende unità sanitarie locali, il parere di cuiall’articolo 8, comma 6, lettera e) e, per le aziende ospedaliere, nonché per le aziende ospedaliero-universitarie, il pa-rere di cui dell’articolo 9, comma 4.

4. La Giunta regionale sulla base della relazione aziendale, predispone con cadenza annuale una relazione di mo-nitoraggio e valutazione sull’attività dei direttori generali e sullo stato di attuazione della programmazione regionale.La relazione viene trasmessa all’Assemblea Legislativa unitamente ai pareri di cui al comma 3.

Art. 30(Decadenza e revoca del Direttore generale)

1. La Giunta regionale può dichiarare la decadenza e la revoca del Direttore generale. La pronuncia della deca-denza e della revoca comportano la risoluzione del contratto dello stesso.

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2. Costituiscono causa di decadenza e revoca del Direttore generale oltre a quanto previsto agli articoli 3 e 3-bis deld.lgs. 502/1992:

a) l’insorgenza di un grave disavanzo d’esercizio tale da costituire pregiudizio all’equilibrio economico del-l’azienda sanitaria regionale;

b) il mancato rispetto delle direttive vincolanti emanate dalla Regione;

c) la mancata realizzazione degli obiettivi contenuti negli atti di programmazione regionale, allorché gli stessiprevedano espressamente tale sanzione in caso di inadempienza;

d) l’esito negativo della valutazione di cui all’art. 28;

e) la mancata rimozione delle incompatibilità di cui all’art. 26;

f) la grave violazione dei principi di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione o altri gravi motivianche su segnalazione della Commissione consiliare competente in materia di sanità.

3. In caso di vacanza dell’ufficio o nei casi di assenza o impedimento del Direttore generale si applica quanto pre-visto dal comma 6 dell’articolo 3 del d.lgs. 502/1992.

4. La Giunta regionale in caso di decadenza e di revoca del Direttore generale procede alla sua sostituzione ai sensidei commi 6 e 7 dell’articolo 3-bis del d.lgs. 502/1992.

Art. 31(Direttore generale dell’azienda ospedaliero-universitaria: ulteriori disposizioni)

1. La nomina del Direttore generale dell’azienda ospedaliero-universitaria avviene d’intesa con il Rettore dell’Uni-versità degli Studi di Perugia, attingendo all’elenco regionale di cui all’articolo 27, nel rispetto di quanto previstodall’articolo 3-bis del d.lgs. 502/1992 e dall’articolo 4, comma 2 del d.lgs. 517/1999.

2. Le procedure di verifica dei risultati, di conferma, di decadenza e di revoca del Direttore generale dell’aziendaospedaliero-universitaria sono disciplinate dai protocolli d’intesa tra la Regione e l’Università degli Studi di Perugia,sulla base dei principi di cui all’articolo 3-bis del d.lgs. 502/1992.

Art. 32(Collegio di direzione)

1. Presso ogni azienda sanitaria regionale è istituito il Collegio di direzione. Il Collegio di direzione, in particolare:

a) concorre al governo delle attività cliniche;

b) partecipa alla pianificazione delle attività, incluse la ricerca, la didattica ed i programmi di formazione;

c) indica le soluzioni organizzative per l’attuazione dell’attività libero-professionale intramuraria.

2. Il Collegio di direzione concorre, inoltre, allo sviluppo organizzativo e gestionale delle aziende, con particolareriferimento all’individuazione di indicatori di risultato clinico-assistenziale e di efficienza, nonché dei requisiti di ap-propriatezza e di qualità delle prestazioni. Partecipa, altresì, alla valutazione interna dei risultati conseguiti in rela-zione agli obiettivi prefissati ed è consultato obbligatoriamente dal direttore generale su tutte le questioni attinenti algoverno delle attività cliniche.

3. Nelle aziende ospedaliero universitarie il Collegio di direzione partecipa alla pianificazione delle attività di ri-cerca e didattica.

4. La Giunta regionale definisce, con direttiva vincolante, la composizione e il funzionamento del Collegio di dire-zione, in modo da garantire la partecipazione di tutte le figure professionali presenti nell’azienda, prevedendo la par-tecipazione del Direttore sanitario e del Direttore amministrativo di cui all’articolo 36, dei Direttori di dipartimentodi cui all’articolo 37 e dei Direttori di presidio di cui all’articolo 41 tenendo conto delle peculiarità delle aziende unitàsanitarie locali, delle aziende ospedaliere e ospedaliero-universitarie.

5. La composizione del Collegio di direzione nelle aziende unità sanitarie locali è integrata con la partecipazionedei Direttori dei distretti di cui all’articolo 39 afferenti alle stesse.

6. Le modalità di funzionamento, la convocazione periodica, nonché le forme e le modalità delle relazioni tra ilCollegio di direzione e gli organi dell’azienda sanitaria regionale sono disciplinate nell’atto aziendale di cui all’arti-colo 22.

7. Ai componenti del Collegio di direzione non spetta alcun emolumento, compenso, indennità o rimborso spese.

Art. 33(Collegio sindacale)

1. Il Collegio sindacale è istituito presso ogni azienda sanitaria regionale, con compiti di vigilanza sulla regolaritàamministrativa e contabile, così come previsto dall’articolo 3-ter del d.lgs. 502/1992.

2. Il Collegio sindacale, nominato dal Direttore generale dell’azienda sanitaria regionale, dura in carica tre anni edè composto da tre membri, di cui uno designato dal Presidente della Giunta regionale, uno designato dal Ministrodell’Economia e delle Finanze e uno dal Ministro della Salute.

3. Presso le aziende ospedaliero universitarie, di cui all’articolo 21 è istituito il Collegio sindacale con le attribu-zioni di cui all’articolo 4, comma 3 del d.lgs. 517/1999. Il Collegio sindacale è composto da cinque membri, designatiuno dalla Regione, uno dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, uno dal Ministro della Salute, uno dal Ministrodell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e uno dall’Università degli Studi di Perugia.

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Art. 34(Organo di indirizzo delle aziende ospedaliero-universitarie)

1. L’organo di indirizzo di cui all’articolo 24, comma 2, è unico, per le due aziende ospedaliero-universitarie costi-tuite ai sensi dell’articolo 21.

2. L’organo di indirizzo è composto da cinque membri, nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale,così individuati:

a) un membro, con funzioni di Presidente, designato dalla Giunta regionale d’intesa con il Rettore dell’Universitàdegli Studi di Perugia;

b) il responsabile della struttura universitaria di coordinamento;c) un membro designato dal Rettore in rappresentanza dell’Università degli Studi di Perugia;d) due membri designati dalla Giunta regionale.

3. I componenti dell’organo di indirizzo sono scelti tra persone di notoria e riconosciuta indipendenza, esperte inmateria di organizzazione e programmazione dei servizi sanitari; durano in carica quattro anni e possono essere ri-confermati una sola volta. Non possono far parte dell’organo di indirizzo né i dipendenti delle aziende né i compo-nenti della Facoltà di Medicina e Chirurgia. Non possono essere, altresì indicati quali membri dell’organo d’indirizzocoloro che già godono del trattamento di quiescenza.

4. L’organo di indirizzo determina, nell’ambito delle risorse assegnate dallo Stato e dalla Regione, le linee di indi-rizzo dell’attività delle aziende ospedaliero-universitarie al fine di determinare la coerenza della programmazione ge-nerale dell’attività assistenziale delle aziende ospedaliero-universitarie con la programmazione didattica e scientificadell’università e ne verifica la corretta attuazione d’intesa con le direzioni generali delle aziende ospedaliero-univer-sitarie.

5. L’organo di indirizzo verifica il raggiungimento degli obiettivi di didattica e di ricerca e vigila sul perseguimentodegli stessi in coerenza ed integrazione con le attività assistenziali e di cura delle aziende ospedaliero universitarie dicui all’articolo 21.

6. L’organo di indirizzo esprime parere:a) sugli atti di programmazione aziendale in riferimento alle attività e alle strutture essenziali all’integrazione

dell’assistenza, della didattica e della ricerca;b) sull’istituzione, la modifica o la disattivazione di dipartimenti interaziendali, essenziali allo svolgimento delle

attività di didattica e di ricerca. I predetti pareri si intendono favorevoli se non espressi entro trenta giorni dalla ri-chiesta.

7. L’organo di indirizzo verifica la corretta attuazione, da parte delle aziende ospedaliero universitarie, della pro-grammazione regionale e del protocollo d’intesa, riferendo trimestralmente alla Giunta regionale e all’Università de-gli Studi di Perugia.

8. L’organo di indirizzo si dota di un regolamento interno ed è assistito da una segreteria.9. L’organo di indirizzo si riunisce di norma una volta al mese. Il Presidente convoca l’organo di indirizzo, lo pre-

siede e ne fissa l’ordine del giorno.10. Possono partecipare alle sedute dell’organo d’indirizzo, senza diritto di voto, il Presidente della Giunta regio-

nale ed il Rettore dell’Università degli Studi di Perugia o loro delegati per singole sedute o specifici argomenti all’or-dine del giorno. I direttori generali delle aziende ospedaliero-universitarie, partecipano ai lavori dell’Organo di indi-rizzo senza diritto di voto.

11. Ai componenti dell’organo di indirizzo non spetta alcun compenso.

CAPO IIORGANISMI TECNICO-CONSULTIVI PRESSO LE AZIENDE SANITARIE REGIONALI

Art. 35(Consiglio dei sanitari)

1. Il Consiglio dei sanitari è organismo elettivo delle aziende unità sanitarie locali con funzioni di consulenza tec-nico-sanitaria ed è presieduto dal Direttore sanitario di cui all’articolo 36.

2. Il Consiglio dei sanitari esprime parere:a) sull’atto aziendale di cui all’articolo 22, sui piani attuativi aziendali di cui all’articolo 14 e sui programmi an-

nuali di attività delle aziende unità sanitarie locali;b) sulle materie individuate dall’atto aziendale di cui all’articolo 22.

3. Il Consiglio dei sanitari può, altresì, essere chiamato ad esprimere il proprio parere a seguito di formale richiestadel Direttore generale di cui all’articolo 25 o del Direttore sanitario di cui all’articolo 36.

4. I pareri di cui al comma 2, lettere a) e b) sono obbligatori.5. Il Consiglio dei sanitari è tenuto a rendere il parere entro trenta giorni dal ricevimento dei provvedimenti o delle

richieste, decorsi i quali il parere si intende favorevole. Il Direttore generale è tenuto a motivare i provvedimenti as-sunti in difformità dal parere reso dal Consiglio dei sanitari.

6. Il Consiglio dei sanitari dura in carica cinque anni.7. La Giunta regionale definisce, con direttiva vincolante e nel rispetto di quanto stabilito dall’articolo 3, comma 12

del d.lgs. 502/1992, la composizione, le modalità di elezione e di funzionamento del Consiglio dei sanitari.8. Ai componenti del Consiglio dei sanitari non spetta alcun compenso.

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CAPO IIIDIRETTORE AMMINISTRATIVO, DIRETTORE SANITARIO E COORDINATORE DEI SERVIZI SOCIALI

Art. 36(Direttore amministrativo, Direttore sanitario e Coordinatore dei servizi sociali)

1. Il Direttore amministrativo e il Direttore sanitario coadiuvano il Direttore generale di cui all’articolo 25 nell’eser-cizio delle sue funzioni; i requisiti e le funzioni loro attribuite sono disciplinate dagli articoli 3 e 3-bis del d.lgs.502/1992. Non possono essere nominati coloro che godono già del trattamento di quiescenza.

2. I rapporti di lavoro del Direttore sanitario e del Direttore amministrativo sono esclusivi e sono regolati da con-tratti di diritto privato.

3. L’incarico di Direttore amministrativo delle aziende sanitarie regionali è conferito a soggetti in possesso di lau-rea magistrale o diploma di laurea del vecchio ordinamento in discipline giuridiche o economiche che non abbianocompiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbiano svolto per almeno cinque anni una qualificata attività didirezione tecnica o amministrativa in enti o in strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione.

4. L’incarico di Direttore sanitario delle aziende sanitarie regionali è conferito a un medico che non abbia com-piuto il sessantacinquesimo anno di età, che abbia svolto per almeno cinque anni una qualificata attività di direzionetecnico-sanitaria in enti o in strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione.

5. Il Direttore amministrativo, ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 9 del d.lgs. 502/1992, ha l’obbligo di produrre, en-tro diciotto mesi dalla data della nomina, l’attestato di frequenza del corso di formazione manageriale di cui all’arti-colo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484 (Regolamento recante la determinazionedei requisiti per l’accesso alla direzione sanitaria aziendale e dei requisiti e dei criteri per l’accesso al secondo livellodirigenziale per il personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale), pena la decadenza automatica dal-l’incarico. Il Direttore sanitario, ai sensi dell’articolo 1 del d.p.r. 484/1997, ha l’obbligo di produrre, entro diciottomesi dalla data della nomina, l’attestato di frequenza del corso di formazione manageriale di cui all’articolo 7 dellostesso d.p.r., pena la decadenza automatica dall’incarico.

6. Per la direzione e il coordinamento delle attività socio-sanitarie e sociali di competenza ed ove ricorrano le con-dizioni previste dall’articolo 3, comma 3 del d.lgs. 502/1992, il Direttore generale nomina il Coordinatore dei servizisociali. L’incarico di Coordinatore dei servizi sociali è attribuito a soggetti in possesso di laurea magistrale o diplomadi laurea del vecchio ordinamento e che abbiano svolto una qualificata attività di direzione in ambito sociale, socio-sanitario o sanitario e che non abbiano compiuto il sessantacinquesimo anno d’età.

TITOLO VIARTICOLAZIONE ED ORGANIZZAZIONE DELLE AZIENDE SANITARIE REGIONALI

CAPO IDIPARTIMENTI E DISTRETTI SANITARI

Art. 37(Dipartimento)

1. L’organizzazione dipartimentale è il modello ordinario di gestione operativa di tutte le attività delle aziende sa-nitarie regionali.

2. Il dipartimento è un’organizzazione integrata di più strutture operative omogenee, affini o complementari cheperseguono comuni finalità e sono tra loro interdipendenti pur mantenendo autonomia e responsabilità professio-nale.

3. Il Direttore di dipartimento è nominato dal Direttore generale di cui all’art. 25 ai sensi dell’articolo 17-bis deld.lgs. 502/1992.

4. Per l’azienda ospedaliero-universitaria la nomina del Direttore di dipartimento è effettuata dal Direttore gene-rale dell’azienda medesima d’intesa con il Rettore dell’Università degli Studi di Perugia ai sensi del d.lgs. 517/1999.

5. Le strutture operative che costituiscono i dipartimenti sanitari sono aggregate al fine di garantire risposte assi-stenziali integrate, tempestive ed efficaci sulla base di regole condivise di comportamento assistenziale, etico e me-dico-legale.

6. I dipartimenti sanitari, in collaborazione con i distretti sanitari di cui all’articolo 38 per quanto concerne le atti-vità territoriali, perseguono la gestione integrata e complessiva dei percorsi di cura, garantendo la presa in carico ela continuità assistenziale, lo sviluppo di comportamenti clinico-assistenziali basati sull’evidenza, la misurazione de-gli esiti, la gestione del rischio clinico, l’adozione di linee-guida e protocolli diagnostico-terapeutici, la formazionecontinua, il coinvolgimento e l’informazione del paziente, nonché il coordinamento e l’integrazione delle attività am-ministrative.

7. L’organizzazione dei dipartimenti è caratterizzata da:

a) attribuzione di risorse e conseguente responsabilità di gestione del Direttore di dipartimento connessa con illoro utilizzo;

b) attribuzione al Direttore di dipartimento di poteri e responsabilità di gestione in ordine alla razionale e cor-retta programmazione delle attività;

c) condivisione di spazi, professionalità, risorse e tecnologie;

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d) appartenenza delle strutture operative ad un unico dipartimento.8. La Giunta regionale approva direttive vincolanti per fissare i requisiti minimi, i criteri operativi e organizzativi

per l’istituzione ed il funzionamento dei dipartimenti.9. La Giunta regionale può istituire su propria iniziativa Dipartimenti interaziendali, regolandone il funziona-

mento sulla base del presente articolo.

Art. 38(Distretto)

1. Il Distretto è l’articolazione territoriale ed organizzativa della unità sanitaria locale per lo svolgimento delle atti-vità finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, alle cure e alla riabilitazione, tramite la gestione inte-grata delle risorse della unità sanitaria locale e degli enti locali.

2. Il Distretto ha una dimensione territoriale tale da garantire un’ampia presenza di servizi territoriali e di opera-tori, in modo da caratterizzarsi come soggetto di negoziazione con la direzione dell’unità sanitaria locale e di inter-locuzione con il sistema del governo locale. Il Distretto si articola in centri di salute che rappresentano il punto dicontatto e di accesso unico del cittadino per tutte le prestazioni sanitarie e sociali che afferiscono al sistema primariodelle cure.

3. Al Distretto sono attribuite risorse definite in rapporto agli obiettivi di salute della popolazione di riferimento; ildistretto, nell’ambito delle risorse assegnate, è dotato di autonomia tecnico-gestionale ed economico-finanziaria, concontabilità separata all’interno del bilancio della unità sanitaria locale.

4. Il Distretto:a) gestisce e coordina i servizi ubicati nel territorio di competenza, destinati all’assistenza sanitaria di base e spe-

cialistica di primo livello, assicura l’integrazione degli accessi, dei luoghi e delle attività chiamati a soddisfare i biso-gni di salute che richiedono unitariamente l’erogazione di prestazioni sanitarie e l’erogazione delle prestazioni sani-tarie a rilevanza sociale e le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria se delegate dai comuni;

b) organizza l’accesso dei cittadini alle prestazioni e servizi erogati dalle strutture operative a gestione diretta deldistretto, nonché dagli ambulatori e dalle strutture ospedaliere e territoriali accreditate;

c) assicura, anche attraverso i medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e medici di continuità assi-stenziale, un efficace orientamento e controllo della domanda socio-sanitaria attraverso la realizzazione di percorsisanitari integrati, promuovendo la continuità terapeutica tra i diversi luoghi di trattamento indirizzando e coordi-nando il ricorso all’assistenza ospedaliera;

d) favorisce e promuove soluzioni organizzative finalizzate al potenziamento delle cure primarie, anche me-diante la valorizzazione delle forme di aggregazioni funzionali e territoriali dei medici di medicina generale, dei pe-diatri di libera scelta e dei medici di continuità assistenziale, che assicurano la presa in carico della persona e la con-tinuità assistenziale.

5. Il Distretto assicura, inoltre:a) le attività ed i servizi per la tutela della salute mentale;b) l’attività ed i servizi per la prevenzione e la cura delle tossicodipendenze;c) l’attività ed i servizi per la tutela della salute dell’infanzia, della donna e della famiglia, comprensivi dei servizi

consultoriali;d) le attività di cure primarie, comprensive dell’attività specialistica ambulatoriale;e) le attività di riabilitazione territoriale;f) le attività socio-sanitarie e socio-assistenziali;g) le attività ed i servizi rivolti a disabili e anziani;h) le attività ed i servizi di assistenza domiciliare integrata;i) l’attività e i servizi per le patologie da HIV;l) le attività ed i servizi di cure palliative per le patologie in fase terminale;m) le attività e servizi di cure intermedie.

6. Nel Distretto trovano collocazione funzionale le articolazioni organizzative del dipartimento di salute mentale,del dipartimento dipendenze e del dipartimento di prevenzione, con riferimento ai servizi alla persona.

7. L’ambito territoriale di ciascun Distretto è definito dal Direttore generale dell’azienda unità sanitaria locale, d’in-tesa con la conferenza dei sindaci di cui all’articolo 8, in armonia con quanto previsto dalla normativa nazionale e nelrispetto dell’articolo 265. Ciascun distretto, di norma, comprende una popolazione residente non inferiore a cin-quantamila abitanti, salvo deroga disposta con provvedimento del Direttore generale, d’intesa con la conferenza deisindaci ed approvata dalla Giunta regionale.

8. La Giunta regionale adotta, con proprio atto, linee di indirizzo per la massima integrazione dei servizi sanitarierogati dal distretto e il loro coordinamento e integrazione con gli interventi sociali e promuove l’istituzione di casedella salute in cui i diversi servizi trovano una sede comune e un luogo di coordinamento funzionale.

Art. 39(Direttore di Distretto)

1. L’incarico di Direttore di Distretto è attribuito dal Direttore generale di cui all’art. 25 a un dirigente dell’aziendache abbia maturato una specifica esperienza nei servizi territoriali e un’adeguata formazione nella loro organizza-

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zione oppure a un medico convenzionato, ai sensi dell’articolo 8, comma 1 del d.lgs. 502/1992, da almeno dieci anni,con contestuale congelamento di un corrispondente posto di organico della dirigenza sanitaria.

2. Il rapporto di lavoro del Direttore di Distretto è esclusivo. L’atto aziendale di cui all’art. 22 definisce le caratteri-stiche dell’incarico, la durata e i motivi di revoca.

3. Il Direttore di Distretto realizza le indicazioni della direzione aziendale, gestisce le risorse assegnate al distretto,in modo da garantire l’accesso della popolazione alle strutture e ai servizi, l’integrazione tra i servizi e la continuitàassistenziale. Il Direttore del distretto, propone il programma delle attività territoriali di cui all’articolo 15, supportala direzione generale nei rapporti con il Comitato dei sindaci di distretto di cui all’art. 40.

4. Il Direttore di Distretto si avvale di un ufficio di coordinamento delle attività distrettuali, composto dai respon-sabili dei servizi distrettuali, dai Direttori dei dipartimenti territoriali e da rappresentanti delle figure professionalioperanti nei servizi stessi. Sono membri di diritto di tale ufficio un rappresentante dei medici di medicina generale,uno dei pediatri di libera scelta e uno degli specialisti ambulatoriali convenzionati operanti nel distretto.

5. Il Direttore di Distretto si avvale inoltre di un responsabile per le attività amministrative, di un responsabile delservizio infermieristico e di un responsabile del servizio sociale distrettuale.

6. Il Direttore di Distretto convoca, almeno una volta l’anno, apposita conferenza dei servizi, aperta ai cittadini edalle loro associazioni, per verificare l’andamento degli interventi attuati e per proporre azioni di miglioramento teseal raggiungimento degli obiettivi di salute definiti dalla programmazione distrettuale.

Art. 40(Comitato dei sindaci di Distretto)

1. A livello distrettuale è istituito il Comitato dei sindaci di Distretto composto da tutti i sindaci dei comuni facentiparte del distretto.

2. Il Comitato dei sindaci di Distretto concorre al processo di programmazione e verifica del raggiungimento dei ri-sultati di salute definiti dal PAT di cui all’art. 15 anche mediante il coinvolgimento delle organizzazioni dei cittadinie dei soggetti impegnati in ambito socio-sanitario.

Art. 41 (Presidi ospedalieri)

1. Gli ospedali non costituiti in aziende ospedaliere, dislocati in una unica unità sanitaria locale, sono accorpati inun unico presidio.

2. Sono comunque costituiti in presidio ospedaliero autonomo gli ospedali sede di dipartimento per l’emergenza edurgenza.

3. Ai presidi ospedalieri è attribuita autonomia economico finanziaria, con contabilità analitica separata all’internodel bilancio dell’unità sanitaria locale.

4. Al presidio ospedaliero sono preposti un dirigente medico ed un dirigente amministrativo come previsto all’arti-colo 4, comma 9 del d.lgs. 502/1992, tra i quali il Direttore generale dell’aziende della unità sanitaria locale individuail Direttore del presidio ospedaliero responsabile della gestione complessiva.

5. Sulla base di specifici indirizzi della Giunta regionale le unità sanitarie locali procedono alla riorganizzazionedei presidi ospedalieri secondo una logica di rete e di integrazione con le attività territoriali di distretto. La defini-zione della suddetta rete dei presidi ospedalieri e dei distretti deve garantire il percorso assistenziale dell’utente presoin carico.

CAPO IIDIPARTIMENTO DI PREVENZIONE

Art. 42(Dipartimento di prevenzione)

1. Il dipartimento di prevenzione, nel rispetto dei principi contenuti nell’art. 7-quater del decreto legislativo 30 di-cembre 1992, n. 502, è struttura operativa dell’unità sanitaria locale che trova collocazione funzionale nel distretto dicui all’art. 38 quale macrostruttura organizzativa. Il dipartimento di prevenzione eroga le prestazioni proprie del li-vello di assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro perseguendo obiettivi di promozione della salute,prevenzione delle malattie e delle disabilità, miglioramento della qualità della vita dei singoli e della collettività, at-traverso interventi che possono superare i confini del settore sanitario e coinvolgere l’intera società civile.

2. Il dipartimento di prevenzione opera nell’ambito del piano attuativo di cui all’art. 14 ha autonomia organizzativae contabile ed è organizzato in centri di costo e di responsabilità.

3. Il dipartimento di prevenzione è costituito dalle seguenti macroaree intese come aree di aggregazione funzionaledei servizi afferenti a ciascuna di esse quali:

a) macroarea di sanità pubblica;

b) macroarea della prevenzione nei luoghi di lavoro;

c) macroarea della sanità pubblica veterinaria;

d) macroarea della sicurezza alimentare.

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4. L’articolazione in macroaree è integrata dalla presenza di un’area professionale della prevenzione, in seno allaquale confluiscono tecnici della prevenzione e assistenti sanitari.

5. Costituiscono obiettivi dell’area professionale della prevenzione di cui al comma 4:a) lo sviluppo di autonomia professionale e organizzativa, con piena assunzione di responsabilità rispetto al rag-

giungimento degli obiettivi negoziati in seno alla programmazione di budget con i responsabili delle quattro macroa-ree;

b) il potenziamento dell’integrazione operativa nella attuazione degli obiettivi condivisi;c) la responsabilizzazione nella fase di valutazione degli esiti dei processi di prevenzione attivati nel corso del-

l’anno.6. Le macroaree di cui al comma 3 hanno il compito di:

a) recuperare risorse attraverso il potenziamento del livello di aggregazione tra servizi affini mediante la defini-zione di obiettivi comuni e integrati;

b) favorire l’azione di governo nei confronti del sistema delle diverse istituzioni e forze sociali, che svolgono lafunzione di portatori di interesse rispetto ai principali determinanti di salute, attraverso una evoluzione del mandatodei servizi che vi confluiscono.

7. Alla macroarea sanità pubblica afferiscono i seguenti servizi:a) il Servizio igiene e sanità pubblica;b) il Servizio epidemiologia;c) il Centro screening.

8. Alla macroarea della prevenzione nei luoghi di lavoro, afferisce il Servizio di prevenzione e sicurezza negli am-bienti di lavoro.

9. Alla macroarea sanità pubblica veterinaria afferiscono i seguenti servizi:a) il Servizio veterinario di sanità animale;b) il Servizio veterinario di igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche.

10. Alla macroarea sicurezza alimentare afferiscono i seguenti servizi:a) il Servizio di igiene degli alimenti di origine animale;b) il Servizio di igiene degli alimenti e della nutrizione.

11. La Giunta regionale con direttive vincolanti individua le procedure tecniche ed amministrative per l’accredita-mento dei servizi del Dipartimento di prevenzione da parte di un ente certificatore riconosciuto in ambito comunita-rio.

12. Ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 106 (Riorganizzazione degli enti vigilati dalMinistero della salute, a norma dell’art. 2 della legge 4 novembre 2010, n. 183), la Regione Umbria, d’intesa con la Re-gione Marche, provvede a definire le modalità di raccordo funzionale tra i Dipartimenti di prevenzione e l’IstitutoZooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche.

13. Il raccordo funzionale tra i Dipartimenti di prevenzione e l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambientedell’Umbria è disciplinato dall’articolo 4 della l.r. 9/1998.

Art. 43(Direttore del dipartimento di prevenzione)

1. Il Direttore del dipartimento di prevenzione è nominato dal Direttore generale di cui all’art. 25 tra i direttori distruttura complessa del dipartimento con almeno cinque anni di anzianità di funzione e risponde alla direzioneaziendale del perseguimento degli obiettivi aziendali, dell’assetto organizzativo e della gestione in relazione alle ri-sorse assegnate ai sensi dell’articolo 7-quater del d.lgs. 502/1992.

2. Spettano al Direttore del dipartimento di prevenzione le seguenti funzioni:a) stabilire con la direzione aziendale, nell’ambito della programmazione di budget, le risorse necessarie alla rea-

lizzazione degli obiettivi di salute da raggiungere e/o consolidare, con particolare attenzione allo sviluppo di processiintegrati;

b) garantire la corretta programmazione e gestione delle risorse assegnate per la realizzazione degli obiettivi at-tribuiti, anche attraverso i piani di attività integrati, negoziati con i coordinatori delle quattro macroaree di cui al-l’art. 44;

c) rappresentare il dipartimento nei rapporti con la direzione aziendale;d) promuovere l’attuazione di percorsi di qualità, sia in seno ai singoli servizi che nelle macroaree anche attra-

verso lo sviluppo e il mantenimento di adeguati percorsi formativi;e) assicurare il monitoraggio delle attività negoziate anche attraverso la manutenzione costante dei sistemi infor-

mativi attivi su scala regionale;f) garantire l’integrazione del dipartimento con le altre macrostrutture aziendali nonché con i portatori d’inte-

resse, anche attraverso la lettura per la direzione aziendale del contesto epidemiologico;g) valutare dal punto di vista quantitativo e qualitativo l’attività delle macroaree.

Art. 44(Coordinamento delle macroaree del dipartimento di prevenzione)

1. Per ciascuna delle quattro macroaree il Direttore generale dell’azienda unità sanitaria locale, sentito il Direttore

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del dipartimento di cui all’articolo 43, nomina un coordinatore scelto tra i dirigenti dei servizi che afferiscono allestesse.

2. Al coordinatore spettano i seguenti compiti:

a) la definizione di piani di attività integrati in occasione della predisposizione della proposta di budget per il di-partimento di prevenzione;

b) la negoziazione dei piani di cui alla lettera a) con l’area professionale della prevenzione;

c) la valutazione dei risultati dei processi integrati al fine di garantire una programmazione inserita in un per-corso virtuoso di qualità.

TITOLO VIIPERSONALE DEL SERVIZIO SANITARIO REGIONALE

CAPO IPERSONALE DIPENDENTE DEL S.S.R.

Art. 45(Organico e ruoli nominativi)

1. Il personale dipendente del Servizio sanitario regionale è iscritto nei ruoli nominativi costituiti e gestiti, ai sensidel decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, dalle singole aziende sanitarie regionali cui èconferita la competenza della gestione giuridica ed economica del personale dipendente. Per ciascun dipendentesono indicati il cognome e il nome, la data di nascita, il codice fiscale, la data di assunzione e la data di consegui-mento della qualifica di appartenenza. La Giunta regionale, entro il 30 giugno di ogni anno, provvede alla pubblica-zione degli elenchi nominativi trasmessi dalle singole aziende sanitarie regionali. Gli elenchi pubblicati assumonofunzioni meramente ricognitiva e costituiscono la base conoscitiva e statistica per le finalità della programmazioneregionale.

2. Prima della trasmissione alla Giunta regionale le aziende sanitarie regionali devono portare a conoscenza delpersonale dipendente, mediante adeguate forme di pubblicizzazione, gli elenchi di cui al comma 1. Eventuali istanzedi correzione possono essere avanzate dai dipendenti interessati, entro 15 giorni dalla pubblicizzazione degli elenchi,all’azienda di appartenenza nelle forme da essa stabilite.

3. La copertura dei posti vacanti in organico riferiti alle posizioni funzionali apicali è sottoposta alla preventiva au-torizzazione della Giunta regionale. È, altresì, sottoposta alla preventiva autorizzazione della Giunta regionale, an-che in relazione alla eventuale utilizzazione del personale in esubero la copertura dei posti riferiti a tutti i profili e po-sizioni funzionali del ruolo amministrativo.

Art. 46(Personale in stato di quiescenza. Disciplina degli incarichi)

1. In armonia con la normativa nazionale, al personale dipendente delle aziende sanitarie regionali in stato di quie-scenza non possono essere conferiti incarichi di consulenza, collaborazione, studi e ricerca o incarichi professionalialtrimenti qualificati, sia da parte dell’amministrazione con la quale ha avuto rapporti di lavoro o impiego, sia daparte delle altre amministrazione del Servizio sanitario regionale.

Art. 47(Compensi ai componenti le commissioni e sottocommissioni esaminatrici dei concorsi

e delle selezioni per l’assunzione del personale delle aziende sanitarie regionali)

1. La disciplina dei compensi è stabilita dalle Aziende sanitarie regionali con atto del Direttore generale, nel ri-spetto della normativa nazionale e regionale in materia.

CAPO IIINCARICHI DI DIREZIONE DI STRUTTURA NELLE AZIENDE SANITARIE REGIONALI

Art. 48(Incarichi di direzione)

1. La Giunta regionale, con proprio atto, disciplina i criteri e le procedure per l’attribuzione degli incarichi di dire-zione di struttura semplice o di struttura complessa nel rispetto dei principi fissati dall’articolo 15, commi 7, 7-bis, 7-ter, 7-quater, 7-quinquies del d.lgs. 502/1992, nonché delle disposizioni della contrattazione collettiva, tenendo contodelle linee di indirizzo definite in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.

Art. 49(Esclusività del rapporto di lavoro)

1. Gli incarichi di direzione di struttura semplice o complessa conferiti ai dirigenti del ruolo sanitario del Serviziosanitario regionale implicano il rapporto di lavoro esclusivo ai sensi dell’articolo 15-quinquies, comma 5 del d.lgs.502/1992.

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2. Gli incarichi di direzione di struttura semplice o complessa del Servizio sanitario regionale, nonché la responsa-bilità e la gestione dei programmi di cui all’articolo 5, comma 4 del d.lgs. 517/1999, conferiti a professori e ricercatoriuniversitari, implicano un rapporto di lavoro esclusivo.

3. Il dirigente titolare di uno degli incarichi di cui ai commi 1 e 2, che opta per il rapporto di lavoro non esclusivoai sensi dell’articolo 15-quater, comma 4 del d.lgs. 502/1992, decade automaticamente dall’incarico.

Art. 50(Indennità)

1. L’indennità di esclusività del rapporto di lavoro prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro della dirigenzamedica e veterinaria del Servizio sanitario nazionale e della dirigenza sanitaria è erogata unicamente al personalecon rapporto di lavoro esclusivo.

TITOLO VIIIFORMAZIONE IN SANITÀ

CAPO IOPERATORE SOCIO SANITARIO

Art. 51(Istituzione della figura professionale di operatore socio-sanitario)

1. È istituita la figura professionale dell’operatore socio-sanitario.

2. L’operatore socio-sanitario, a seguito dell’attestato di qualifica conseguito al termine di specifica formazioneprofessionale, svolge attività indirizzata a:

a) soddisfare i bisogni primari della persona, nell’àmbito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia so-ciale che sanitario;

b) favorire il benessere e l’autonomia dell’utente.

Art. 52(Formazione)

1. La Giunta regionale provvede alla programmazione dei corsi e alle attività didattico-formative relative all’acqui-sizione della qualifica di operatore socio-sanitario.

2. La Giunta regionale determina, altresì, con il piano annuale di formazione degli operatori della sanità, in attua-zione del Piano sanitario regionale, l’attivazione dei corsi in base al fabbisogno annuale.

3. I corsi sono gestiti dalle aziende sanitarie locali ed ospedaliere o da organismi accreditati, con comprovata espe-rienza nel settore, secondo quanto previsto dalla vigente normativa ed in particolare dall’articolo 5 della legge 21 di-cembre 1978, n. 845 (Legge-quadro in materia di formazione professionale), dal d.lgs. 502/1992 e dalla legge regio-nale 21 ottobre 1981, n. 69 (Norme sul sistema formativo regionale).

Art. 53(Contesti operativi e relazionali)

1. L’operatore socio-sanitario svolge la sua attività:

a) in tutti i servizi del settore sociale e sanitario, di tipo residenziale e semiresidenziale, in ambito ospedaliero eal domicilio dell’utente;

b) in collaborazione con gli altri operatori professionali preposti all’assistenza sanitaria e a quella sociale, se-condo il criterio del lavoro multiprofessionale.

2. In particolare gli operatori socio-sanitari esplicano; a) assistenza diretta ed aiuto domestico, alberghiero; b) in-tervento igienico-sanitario e di carattere sociale; c) supporto gestionale, organizzativo e formativo.

Art. 54(Requisiti di accesso)

1. Per l’accesso al corso di formazione di operatore socio-sanitario è richiesto il diploma di scuola dell’obbligo ed ilcompimento del diciassettesimo anno di età alla data di iscrizione al corso.

Art. 55(Organizzazione didattica)

1. La didattica è strutturata per moduli didattici e per aree disciplinari e comprende:

a) un modulo di base;

b) un modulo professionalizzante.2. I corsi di formazione per operatore socio-sanitario hanno durata non inferiore a diciotto mesi, per un numero di

ore non inferiore a mille.

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3. In aggiunta al corso di qualificazione di base, la Giunta regionale attiva moduli di formazione Integrativa, mi-ranti a specifiche utenze e specifici contesti operativi.

4. La Giunta regionale, ai sensi dell’articolo 1, comma 8 del decreto-legge 12 novembre 2001, n.402 (Disposizioniurgenti in materia di personale sanitario), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 gennaio 2002, n. 1, programmacorsi di formazione complementare in assistenza sanitaria per operatori socio-sanitari.

Art. 56(Materie di insegnamento e tirocinio)

1. Le materie di insegnamento, relative al moduli didattici di cui all’articolo 55 sono articolate nelle seguenti areedisciplinari:

a) socio-culturale, istituzionale e legislativa;b) psicologica e sociale;c) igienico-sanitaria;d) tecnico-operativa.

2. Tutti i corsi comprendono un tirocinio guidato presso le strutture ed i servizi nel cui ambito è prevista la figuradell’operatore socio-sanitario.

Art. 57(Esame finale e rilascio dell’attestato)

1. Al termine del corso gli allievi sono sottoposti ad una prova teorica e ad una prova pratica da parte di un’appositacommissione d’esame costituita dalla Giunta regionale.

2. La frequenza ai corsi è obbligatoria e non sono ammessi alle prove di valutazione finale coloro che hanno supe-rato il tetto massimo di assenze indicato nel provvedimento regionale di attivazione del corso.

3. Il provvedimento regionale di attivazione del corso fissa il numero dei partecipanti.4. All’allievo che supera la prova è rilasciato dalla Regione attestato di qualifica valido, ai sensi della normativa vi-

gente, nelle strutture, attività e servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali.

Art. 58(Titoli pregressi)

1. La Regione quantifica il credito formativo da attribuirsi a titoli e servizi pregressi, in relazione all’acquisizionedell’attestato di qualifica relativo alla figura professionale di operatore socio-sanitario, prevedendo misure compen-sative in tutti i casi in cui la formazione pregressa risulti insufficiente, per la parte sanitaria o per quella sociale, ri-spetto a quella prevista dal presente Titolo.

2. La frequenza, con esito positivo, di corsi autorizzati dalla Regione per la formazione di operatori che svolgono laloro attività nel campo sociale, assistenziale e sanitario, ed espletati prima del 15 agosto 2002, è valutata ai fini del-l’applicazione del comma 1.

TITOLO IXINDIRIZZI E CRITERI DI FINANZIAMENTO - SISTEMA INFORMATIVO

SANITARIO REGIONALE - CONTROLLI

CAPO IDETERMINAZIONE DEL FABBISOGNO E FINANZIAMENTO DEL SERVIZIO SANITARIO REGIONALE

Art. 59(Determinazione del fabbisogno finanziario del Servizio sanitario regionale)

1. La Giunta regionale, in sede di elaborazione del D.A.P., procede alla stima del fabbisogno finanziario del Servi-zio sanitario regionale necessario ad assicurare, per il triennio successivo, i livelli uniformi ed essenziali di assistenzain condizioni di efficienza ed appropriatezza, tenuto conto degli obiettivi di crescita programmati, dell’evoluzionedella domanda di salute, dell’andamento dei costi dei fattori produttivi, del programma degli investimenti.

2. La Giunta regionale procede annualmente a:a) ripartire le risorse disponibili da destinare al Servizio sanitario regionale;b) emanare direttive per la formazione dei bilanci da parte delle aziende sanitarie regionali e degli enti del Servi-

zio sanitario regionale;c) individuare, anche in corso di esercizio di bilancio, le misure da porre in essere per assicurare l’equilibrio tra

fabbisogno e risorse.

Art. 60(Finanziamento del Servizio sanitario regionale)

1. La Regione indirizza la gestione economico-finanziaria del Servizio sanitario regionale verso l’obiettivo dellamassima efficienza ed efficacia, verificando la rispondenza dei risultati di gestione rispetto agli obiettivi programma-tici, nell’ambito delle compatibilità economiche generali.

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2. La Giunta regionale determina annualmente i costi standard e i fabbisogni standard del Servizio sanitario regio-nale, tenendo conto, anche delle macroaree dei livelli essenziali di assistenza.

3. La Giunta regionale determina altresì le risorse che, al netto della quota direttamente gestita dalla Regione, sonodestinate alle aziende sanitarie regionali e procede alla definizione del fabbisogno standard delle aziende unità sani-tarie locali sulla base del costo standard regionale e dei seguenti criteri:

a) popolazione residente nel proprio ambito territoriale, ponderata secondo parametri di natura epidemiologicae demografica e tenendo conto di carenze strutturali presenti in alcune aree territoriali e atte ad incidere sui costidelle prestazioni;

b) quote per funzioni assistenziali da garantire sulla base degli obiettivi della programmazione regionale.

4. Il finanziamento delle aziende ospedaliere e delle aziende ospedaliero-universitarie a valere sulle risorse ordina-rie destinate al fabbisogno standard regionale avviene mediante:

a) una quota per i servizi da garantire su mandato, sulla base degli obiettivi della programmazione regionale eper specifiche funzioni assistenziali;

b) una quota per esigenze di didattica e ricerca scientifica.

5. La Giunta regionale determina, per le strutture che erogano assistenza ospedaliera e ambulatoriale a carico delServizio sanitario regionale, il finanziamento destinato alle funzioni assistenziali di cui al comma 4, in base al costostandard di produzione del programma di assistenza e determina altresì la remunerazione delle altre attività assi-stenziali, in base a quanto previsto dall’art. 92.

Art. 61(Contabilità e controlli)

1. Alla contabilità ed ai controlli delle aziende sanitarie regionali si applicano le disposizioni in materia di armoniz-zazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio previste dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Dispo-sizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali edei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42) e dai relativi decreti attuativi, nel ri-spetto dei principi di cui al d.lgs. 502/1992.

CAPO IIATTIVITÀ PROGRAMMATICA E DOCUMENTI PREVISIONALI

Art. 62(Attività programmatica)

1. Costituiscono strumenti dell’attività programmatica delle aziende sanitarie regionali:

a) il bilancio pluriennale di previsione;

b) il bilancio preventivo economico annuale.

Art. 63(Bilancio pluriennale di previsione)

1. Le scelte compiute e le priorità individuate con i documenti di programmazione sanitaria di cui all’art. 11 sonotradotte in termini contabili nel bilancio pluriennale di previsione.

2. Il bilancio pluriennale di previsione ha come riferimento temporale quello dei documenti di cui all’art. 11; le pre-visioni in esso contenute sono suddivise per anno, sono strutturate secondo gli schemi nazionali vigenti e sono an-nualmente aggiornate.

Art. 64(Bilancio preventivo economico annuale)

1. Il bilancio preventivo economico annuale deve essere predisposto in coerenza con la programmazione sanitariae con la programmazione economico-finanziaria della Regione.

2. Il bilancio preventivo economico annuale deve essere redatto secondo le disposizioni di cui all’art. 25 del d.lgs.118/2011 e dei relativi decreti attuativi.

3. Costituiscono parte integrante del bilancio preventivo economico annuale i documenti predisposti dalle Aziendesanitarie regionali ai sensi dell’articolo 128 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblicirelativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).

4. È fatto obbligo alle Aziende sanitarie di redigere la previsione dei costi e dei ricavi in situazione di pareggio aisensi del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli entiterritoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012). L’equilibrio di bilancio ela stabilità della gestione dovranno essere assicurati nel bilancio preventivo economico annuale, nelle rendiconta-zioni periodiche infra-annuali e nel bilancio di esercizio. In caso di mancato raggiungimento dell’equilibrio econo-mico da parte delle Aziende sanitarie si applica la normativa vigente.

5. Al bilancio preventivo economico annuale sono allegati i budget riferiti ai vari centri di risorsa ed alle specifichearee di attività. I dirigenti sono responsabili del budget loro assegnato.

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Art. 65(Approvazione dei documenti economici previsionali)

1. La Giunta regionale determina gli indirizzi vincolanti per la predisposizione dei bilanci di previsione.

2. Il bilancio preventivo economico annuale e il bilancio pluriennale di previsione sono corredati dalla relazionedel Collegio Sindacale.

3. Il bilancio pluriennale di previsione e il bilancio preventivo economico annuale sono approvati con provvedi-mento del direttore generale entro il 10 novembre dell’anno precedente a quello di riferimento del bilancio preven-tivo economico annuale.

4. I documenti di cui al comma 3 sono soggetti ai controlli previsti dall’art. 83. A tale fine i documenti stessi sonotrasmessi alla Giunta regionale entro 10 giorni dall’adozione.

5. Il direttore generale trasmette alla Conferenza dei Sindaci il bilancio pluriennale e il bilancio preventivo econo-mico annuale per il parere di competenza e ne dispone la pubblicazione ai sensi della normativa vigente in materia.Il bilancio preventivo economico annuale è altresì pubblicato per esteso nel sito istituzionale della Regione.

Art. 66(Contabilità economica generale)

1. Le Aziende sanitarie regionali rilevano i fatti di gestione con contabilità economico-patrimoniale, ai sensi deld.lgs. 118/2011 e relativi decreti attuativi.

2. Le Aziende sanitarie regionali adottano il piano dei conti deliberato dalla Giunta regionale secondo le disposi-zioni di cui all’art. 27 del d.lgs. 118/2011.

Art. 67(Contabilità analitica)

1. I fatti attinenti ai centri di costo ed alle specifiche aree di attività sono rilevati con contabilità analitica intesa afornire, per ciascun oggetto di rilevazione ed a supporto dei controlli di cui agli articoli 81 e 82, ogni elemento cono-scitivo utile a valutare i risultati conseguiti in termini di economicità, efficacia ed efficienza della gestione.

2. I risultati delle analisi dei costi, dei rendimenti e dei risultati per centro di costo e responsabilità sono pubblicatiannualmente dalle Aziende sanitarie regionali sul proprio sito istituzionale.

Art. 68(Libri obbligatori)

1. Le Aziende sanitarie regionali devono tenere:

a) il libro giornale;

b) il libro degli inventari;

c) il mastro della contabilità;

d) il partitario dei creditori;

e) il partitario dei debitori;

f) il libro delle deliberazioni del direttore generale;

g) il libro delle sedute e delle deliberazioni del collegio sindacale;

h) il registro della contabilità di magazzino.

2. I libri di cui al comma 1 devono essere numerati, vidimati e bollati, ove previsto, secondo le disposizioni vigenti.

3. È fatto inoltre obbligo di contabilizzare separatamente i proventi e gli oneri derivanti dall’attività libero profes-sionale intramuraria.

Art. 69(Tutela della contabilità e conservazione delle scritture contabili)

1. In materia di tenuta della contabilità e di conservazione delle scritture contabili si applicano le norme contenutenegli articoli dal 2214 al 2220 del codice civile.

2. Il direttore generale adotta, con formale deliberazione, un regolamento per la contabilità, l’amministrazione deibeni e l’attività contrattuale, uniformandosi agli standard previsti dal Percorso Attuativo della Certificabilità (P.A.C.),di cui al il D.M. 01/03/2013, o, in assenza, ai principi del presente Titolo, del codice civile e delle disposizioni norma-tive vigenti.

CAPO IIIMEZZI FINANZIARI

Art. 70(Fonti di finanziamento)

1. Costituiscono fonti di finanziamento delle Aziende sanitarie regionali:

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a) le risorse destinate, ai sensi dell’art. 60, alle aziende sanitarie dalla Regione a titolo di fabbisogno standard;

b) i ricavi ed i proventi derivanti da prestazioni sanitarie rese a soggetti pubblici e privati, compresi quelli di com-petenza relativi all’attività libero professionale ed ai servizi a pagamento, quelli provenienti da contratti e conven-zioni nonché le quote di partecipazione alla spesa eventualmente poste a carico degli assistiti;

c) i contributi di soggetti pubblici e privati;

d) i proventi derivanti dalla gestione dei beni del patrimonio, ivi compresi quelli provenienti da lasciti, donazionied altri atti di liberalità ricevuti;

e) i concorsi, i rimborsi, i recuperi ed altri introiti diversi ed eventuali.

2. L’accettazione di lasciti e donazioni deve essere preventivamente autorizzata dalla Giunta regionale.

3. Le Aziende sanitarie regionali, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 3, commi da 16 a 21, della legge 27 dicembre2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)),possono ricorrere, previa autorizzazione della Giunta regionale, all’assunzione di mutui o di altre forme di indebita-mento, di durata non superiore a venti anni, fino a raggiungere, con l’ammontare complessivo delle rate di ammor-tamento, comprensive di capitale ed interesse, il 15 per cento delle entrate proprie correnti o dei ricavi netti e pro-venti di esercizio previsti nel bilancio preventivo economico dell’anno in corso, con esclusione delle quote assegnatea titolo di fabbisogno sanitario standard e delle sopravvenienze, insussistenze e plusvalenze attive.

4. Il collegio sindacale dell’azienda sanitaria verifica, preliminarmente all’adozione degli atti conseguenti, la com-patibilità economico-finanziaria della proposta di indebitamento di cui al comma 3.

5. Per far fronte a temporanee esigenze di cassa, le Aziende sanitarie regionali possono attivare anticipazioni con ilproprio tesoriere nella misura massima di un dodicesimo dell’ammontare annuo delle entrate previste nel bilanciopreventivo economico dell’esercizio in corso, con esclusione di quelle relative ai conti d’ordine.

6. L’atto di indebitamento adottato al di fuori di quanto previsto ai commi 3 e 4 è nullo.

Art. 71(Finanziamento dei servizi socio-assistenziali)

1. Gli oneri per la realizzazione di servizi socio-assistenziali delegati dagli Enti locali sono a totale carico deglistessi, ivi compresi quelli relativi al personale e con specifica contabilizzazione.

2. L’Azienda USL, allo scopo di assicurare il passaggio nella gestione di tali servizi delegati, stipula apposita con-venzione che disciplini le clausole che regolano contenuti, quantità e modalità di svolgimento dei servizi da realiz-zare e le scadenze nell’erogazione dei finanziamenti da parte dell’ente delegante.

3. La gestione dei servizi socio-assistenziali è rilevata con contabilità economica separata con apposito bilancio.

CAPO IVSERVIZIO DI TESORERIA E DI CASSA

Art. 72(Servizio di tesoreria)

1. Le Aziende sanitarie regionali affidano il proprio servizio di tesoreria ad una o più banche con le procedure pre-viste dalla vigente normativa nazionale e comunitaria.

2. I criteri selettivi, le modalità di gestione del servizio di tesoreria, nonché la durata sono disciplinati con appositocapitolato approvato dal direttore generale, da allegare alla convenzione di tesoreria per farne parte integrante e so-stanziale.

3. Il Collegio sindacale effettua verifiche trimestrali periodiche di tesoreria ed esegue la riconciliazione tra gliestratti del conto corrente di tesoreria ed i movimenti nel corrispondente conto della contabilità generale.

Art. 73(Servizio di cassa)

1. Le somme riscosse direttamente dalle strutture delle Aziende sanitarie regionali devono essere versate al teso-riere entro il termine e con le modalità stabilite dal regolamento interno di contabilità di cui all’art. 69, comma 2.

2. Per il pagamento di minute spese di gestione i direttori generali delle Aziende sanitarie possono disporre, a ca-rico del conto di tesoreria, anticipazioni di fondi a dipendenti appositamente individuati, nei limiti e con le modalitàstabiliti dallo stesso regolamento di cui all’art. 69, comma 2 e nel rispetto della normativa vigente.

3. L’imputazione al conto economico delle spese sostenute e documentate è effettuata in sede di presentazione deirendiconti che deve avvenire con cadenza almeno trimestrale. I rendiconti sono controllati ed approvati dal respon-sabile del servizio economico-finanziario.

Art. 74(Classificazione del patrimonio)

1. Le attività e le passività patrimoniali delle Aziende sanitarie regionali sono classificate secondo il piano dei contidello stato patrimoniale, tenuto conto dell’esigenza di standardizzazione delle procedure contabili e dei debiti infor-mativi previsti dall’art. 27 del d.lgs. 118/2011.

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CAPO VIL BILANCIO D’ESERCIZIO

Art. 75(Bilancio d’esercizio)

1. Il bilancio d’esercizio delle Aziende sanitarie regionali contiene l’esposizione chiara, veritiera e corretta dei risul-tati della gestione, è redatto con riferimento all’anno solare e, come previsto dal d.lgs. 118/2011 e relativi decreti at-tuativi, si compone dello Stato Patrimoniale, del Conto Economico, del Rendiconto Finanziario e della Nota Integra-tiva ed è corredato da una Relazione sulla Gestione sottoscritta dal Direttore Generale.

2. Il bilancio di esercizio è redatto in conformità al d.lgs. 118/2011 secondo gli schemi ivi previsti, nel rispetto dellanormativa nazionale vigente.

3. Il bilancio di esercizio, come previsto dal comma 1, è corredato dalla relazione sulla Gestione del Direttore Ge-nerale che, oltre a contenere il modello di rilevazione dei costi per Livelli di Assistenza (Mod. L.A.) per l’esercizio inchiusura e per l’esercizio precedente, riporta anche un’analisi dei costi sostenuti per l’erogazione dei servizi sanitarie il Conto Economico di ogni singolo presidio.

4. Al bilancio di esercizio delle aziende unità sanitarie locali è unito il rendiconto della gestione dei servizi socio-as-sistenziali di cui all’art. 71.

Art. 76(Principi e criteri per la redazione del bilancio d’esercizio)

1. Nella redazione del bilancio d’esercizio delle Aziende sanitarie regionali si applicano gli articoli da 2423 a 2428del codice civile, fatto salvo quanto diversamente disposto dal d.lgs. 118/2011.

Art. 77(Risultato economico della gestione)

1. L’eventuale risultato positivo di esercizio, ai sensi dell’art. 30 del d.lgs. 118/2011, è portato a ripiano delle even-tuali perdite d’esercizio precedenti. L’eventuale eccedenza è accantonata a riserva ovvero è resa disponibile per il ri-piano delle perdite del S.S.R.. Resta fermo quanto stabilito a livello nazionale in ordine ai risparmi di gestione con-seguiti dai singoli S.S.R..

Art. 78(Approvazione e pubblicazione del bilancio di esercizio)

1. Il bilancio d’esercizio è adottato dal direttore generale entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferi-mento ed è corredato dalla Relazione del Collegio Sindacale. Il bilancio d’esercizio è sottoposto al controllo di cuiall’art. 83.

2. Il direttore generale dispone la pubblicazione del bilancio d’esercizio per esteso nel sito istituzionale aziendale.Il bilancio d’esercizio è altresì pubblicato per esteso nel sito istituzionale della Regione.

CAPO VIATTIVITÀ CONTRATTUALE

Art. 79(Attività contrattuale)

1. L’attività contrattuale è esercitata nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria vigente.

Art. 80(Contabilità di magazzino)

1. Le Aziende sanitarie regionali devono tenere la contabilità di magazzino relativamente ai materiali sanitari, pro-dotti farmaceutici ed agli altri beni di consumo allo scopo di pervenire, attraverso idonee rilevazioni, alla determina-zione dei valori, delle quantità e delle qualità dei beni esistenti all’inizio e alla fine dell’esercizio, nonché alla determi-nazione dei consumi dei centri di costo anche per periodi inferiori all’anno, uniformandosi agli standard previsti dalPercorso Attuativo della Certificabilità (P.A.C.).

2. Le registrazioni delle operazioni di carico e scarico devono essere eseguite in conformità a quanto previsto dallanormativa vigente, nonché dai singoli regolamenti aziendali.

3. La valutazione dei beni in carico e in discarico è effettuata in base a quanto previsto dalla normativa vigente edal regolamento aziendale in materia.

CAPO VIICONTROLLO DI GESTIONE

Art. 81(Controllo interno di gestione)

1. Il direttore generale attua il controllo di gestione per verificare mediante la valutazione comparativa dei costi,

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dei rendimenti e dei risultati, il grado di economicità, di efficacia e di efficienza raggiunto dall’Azienda sanitaria re-gionale nell’azione di conseguimento dei rispettivi fini istituzionali.

2. Le finalità di cui al comma 1 vengono perseguite avvalendosi di un’apposita struttura organizzativa che operastabilmente per la gestione del sistema di programmazione e controllo e dipende in via diretta ed esclusiva dal diret-tore generale.

3. La struttura di cui al comma 2:

a) individua le procedure, i parametri e gli indicatori atti a valutare: la capacità dell’ente di acquisire i fattori ope-rativi per la fornitura dei servizi assegnati alla sua competenza funzionale, l’efficienza nell’impiego delle risorse e laproduttività dei fattori anzidetti;

b) redige il rapporto annuale finale che attua il sistematico confronto fra le scelte dei documenti programmaticie i dati di consuntivo.

Art. 82(Controllo regionale sulla gestione)

1. La Giunta regionale esercita il controllo sulla gestione delle Aziende sanitarie regionali al fine di verificare il ri-sultato di gestione conseguito in termini di buon andamento e di conseguimento dell’equilibrio economico. La valu-tazione viene effettuata in relazione all’attività svolta a garanzia dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, intermini di efficacia e di efficienza, nonché in riferimento agli indirizzi e agli obiettivi fissati dalla programmazione re-gionale.

2. La Giunta regionale persegue le finalità di cui al comma 1, oltre che mediante il controllo su documenti pro-grammatici e di bilancio, ai sensi dell’art. 83, anche avvalendosi delle verifiche svolte dall’organismo di valutazione dicui all’art. 28, comma 2 organizzando altresì analisi su efficienza, appropriatezza ed erogazione dei Livelli Essenzialidi Assistenza.

CAPO VIIICONTROLLI

Art. 83(Controllo della Regione)

1. La Giunta regionale esercita il controllo sulle aziende sanitarie regionali anche ai sensi dell’ articolo 4, comma 8della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), mediante:

a) la valutazione della conformità e congruità, rispetto alle indicazioni del piano sanitario regionale di cui all’ar-ticolo 12, alle direttive vincolanti regionali e alle risorse assegnate, dei seguenti atti:

1) bilancio preventivo annuale e relative variazioni;

2) bilancio pluriennale di previsione;

3) bilancio di esercizio;

4) istituzione di nuovi servizi;

5) proposta di copertura delle perdite e per il riequilibrio della situazione economica;

6) dotazione organica complessiva del personale;

7) deliberazioni di programmi di spesa pluriennali, con esclusivo riferimento alle spese di investimento. Nonsono considerati impegni pluriennali quelli riferiti a spese il cui impegno non ecceda i dodici mesi;

8) atto aziendale di cui all’articolo 22;

9) piano attuativo di cui all’articolo 14;

b) l’attività ispettiva, di vigilanza e di controllo ai sensi della legge 26 aprile 1982, n. 181 [Disposizioni per la for-mazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1982)];

c) la nomina, previa diffida a provvedere entro il termine di trenta giorni, di commissari ad acta per i provvedi-menti non adottati entro i termini stabiliti e le modalità prescritte per legge e per atti amministrativi di programma-zione generale.

2. Sono soggetti, altresì, al controllo della Giunta regionale i provvedimenti di acquisizione, a qualsiasi titolo, daparte delle aziende sanitarie regionali di attrezzature sanitarie. La Giunta regionale, con proprio atto, emana lineeguida per l’individuazione delle tipologie di attrezzature sanitarie soggette al controllo nonché degli ambiti della va-lutazione di congruità.

3. Il termine per l’esercizio del controllo sugli atti delle aziende sanitarie regionali è di quaranta giorni dal ricevi-mento dell’atto ed è interrotto, per una sola volta, a seguito di richiesta di chiarimenti o integrazione della documen-tazione. Il termine ricomincia a decorrere dal giorno successivo alla produzione dei chiarimenti richiesti o alla pre-sentazione dei documenti integrativi.

4. Nel caso di mancata pronuncia della Giunta regionale entro il termine di cui al comma 3, l’atto soggetto a con-trollo si intende approvato.

5. Il termine per l’esercizio del controllo è sospeso dal 1 al 31 agosto e dal 23 dicembre al 6 gennaio di ciascun anno,fatte salve le ipotesi di particolare necessità ed urgenza.

6. Le modalità per l’esercizio del controllo sugli atti delle aziende sanitarie regionali sono disciplinate dal regola-mento regionale 17 gennaio 2006, n. 1 (Modalità di esercizio del controllo regionale sugli atti delle aziende sanitarie).

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7. Il controllo sulle deliberazioni del Consiglio di amministrazione dell’Istituto zooprofilattico dell’Umbria e delleMarche, previsto dall’articolo 18 dell’Accordo tra la Regione Umbria e la Regione Marche, ratificato con l.r. Umbria20 novembre 2013, n. 28 è esercitato dalla Giunta regionale con le modalità di cui al presente articolo.

8. Gli atti ed i provvedimenti assunti dal Direttore generale per le aziende sanitarie regionali e dal Consiglio d’am-ministrazione per l’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Umbria e delle Marche sono pubblicati nel sito istituzio-nale dell’azienda sanitaria regionale o dell’Istituto stesso, secondo le modalità e i limiti previsti dall’ordinamento vi-gente in materia di pubblicità degli atti. Gli atti non soggetti a controllo sono esecutivi dal giorno della loro pubbli-cazione nel sito istituzionale, salvo diversa espressa disposizione. L’esecutività degli atti di cui al comma 1, lettera a),è subordinata all’esito positivo del controllo regionale ovvero alla mancata pronuncia della Giunta regionale entro iltermine di cui al comma 3.

CAPO IXPATRIMONIO DELLE AZIENDE SANITARIE REGIONALI

Art. 84(Contributi in conto capitale)

1. La Regione, in coerenza con gli obiettivi definiti nel Piano sanitario regionale (PSR), concede contributi in contocapitale alle Aziende sanitarie regionali per la realizzazione di investimenti.

Art. 85(Disposizioni sul patrimonio sanitario)

1. Al fine di ottimizzare la valorizzazione patrimoniale delle strutture ospedaliere dismesse o da dismettere, la pro-prietà delle stesse è trasferita al patrimonio regionale, ferma restando la destinazione sanitaria dei proventi nel ri-spetto di quanto previsto dall’art. 29, comma 1 lettera c) del d.lgs 118/2011 con le modalità di cui al successivo arti-colo 86.

2. Le Aziende sanitarie regionali, in deroga al comma 1 possono essere autorizzate dalla Regione, previa presenta-zione di un piano di valorizzazione, a mantenere la proprietà delle strutture ospedaliere dismesse o da dismettere, aifini della loro alienazione da parte delle Aziende sanitarie stesse. Il piano di valorizzazione dovrà indicare l’eventualeporzione della struttura ospedaliera, che si intende non alienare, fermo restando che la stessa dovrà essere riutiliz-zata per fini sanitari. L’autorizzazione regionale fissa il termine entro il quale la procedura di alienazione deve essereconclusa.

3. La Regione può trasferire alle Aziende sanitarie regionali le strutture ospedaliere dismesse e già acquisite al pa-trimonio regionale per le quali non sono state attivate procedure di valorizzazione. Il trasferimento dei beni avvienea titolo gratuito con decreto del Presidente della Giunta regionale che costituisce titolo per la trascrizione immobi-liare e ne disciplina i termini per l’alienazione.

4. Le risorse derivanti dalla valorizzazione di cui al comma 1, vengono messe a disposizione delle Aziende sanitarieregionali alle quali i beni immobili appartenevano, con le modalità e nei termini della convenzione di cui all’articolo86.

5. Per strutture ospedaliere dismesse si intendono quelle che hanno cessato la destinazione sanitaria dopo il 1° gen-naio 2000.

6. Per strutture ospedaliere da dismettere si intendono quelle che, a seguito dell’inizio dei lavori per la costruzionedi nuovi plessi ospedalieri, cesseranno la loro destinazione.

Art. 86(Convenzioni tra Regione e Aziende sanitarie regionali)

1. Le modalità del trasferimento dei beni immobili di cui all’articolo 85, nonché dell’assegnazione delle risorse de-rivanti dalla valorizzazione degli stessi a favore delle Aziende sanitarie regionali sono disciplinati da apposita con-venzione tra la Regione e la singola Azienda sanitaria regionale da stipularsi prima del trasferimento del bene.

2. Le risorse derivanti dalla valorizzazione dei beni immobili saranno destinate, in via preferenziale, ai servizi sani-tari del territorio in cui i beni sono collocati, nel rispetto della programmazione sanitaria regionale e di quanto pre-visto dall’art. 29, comma 1 lettera c) del d.lgs. 118/2011.

3. Il trasferimento in proprietà alla Regione dei beni immobili di cui al comma 1 dell’articolo 85 è attuato con de-creto del Presidente della Giunta regionale che ne disciplina i termini e costituisce titolo per la trascrizione immobi-liare.

Art. 87(Piano del patrimonio delle aziende sanitarie)

1. Le aziende sanitarie redigono il Piano triennale del patrimonio, nel quale individuano:

a) i beni destinati o da destinare all’erogazione di servizi e a sede degli uffici;

b) i beni utilizzati per finalità di pubblico interesse da enti pubblici o privati senza scopo di lucro, in virtù di ac-cordi di programma o convenzioni;

c) i beni destinati o da destinare alla produzione di reddito con l’indicazione dei proventi conseguiti o consegui-bili nonché delle azioni che si intendono intraprendere per ottimizzare la redditività degli stessi;

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d) i beni di cui alla lettera a) destinati a sede di uffici o servizi, dei quali si prevede la dismissione dall’uso, neltriennio, con la indicazione delle ipotesi di riutilizzo;

e) i beni che si intendono alienare nel triennio, ivi compresi quelli destinati a sede di uffici o servizi, di cui si pre-vede la dismissione dall’uso, indicando i tempi di alienazione e la destinazione dei proventi.

2. I beni di cui al comma 1, lettera e), già facenti parte del patrimonio dei comuni, con vincolo di destinazione sa-nitaria ai sensi della legge 833/1978, ed aventi interesse storico o culturale, ovvero caratterizzati da un ruolo strate-gico nell’ambito degli strumenti urbanistici, possono essere ceduti direttamente al comune in cui gli stessi insistono,al valore di stima del bene, quando lo stesso ne faccia formale richiesta, entro sei mesi dall’approvazione del Piano dicui al comma 4.

3. Il Piano di cui al comma 1 adottato dall’organo aziendale competente, è trasmesso entro trenta giorni alla Giuntaregionale, che può formulare osservazioni. Il Piano è definitivamente approvato dall’organo aziendale competenteadeguandosi alle eventuali osservazioni e rilievi formulati dalla Giunta regionale entro sessanta giorni dal ricevi-mento degli stessi.

4. Il Piano, definitivamente approvato, viene trasmesso alla Giunta regionale e diventa efficace con la comunica-zione da parte della stessa, della avvenuta presa d’atto.

5. La Giunta regionale comunica tempestivamente all’Assemblea Legislativa il piano corredato della relativa presad’atto.

6. Il Piano viene aggiornato con cadenza almeno triennale ed in ogni caso entro sei mesi dalla nomina del Direttoregenerale.

Art. 88(Autorizzazione all’alienazione)

1. L’autorizzazione all’atto di alienazione dei beni immobili già prevista nel piano del patrimonio definitivamenteapprovato, ai sensi dell’articolo 87 è finalizzata alla verifica:

a) della coerenza dell’atto proposto con le previsioni del piano;b) della scelta della procedura ritenuta più idonea;c) della congruità del prezzo definito da apposita perizia di stima.

Art. 89(Inventario generale del patrimonio)

1. L’inventario generale del patrimonio comprende le attività e le passività patrimoniali di cui all’articolo 74 ed è re-datto dalle Aziende sanitarie regionali all’inizio della propria attività e al termine di ogni esercizio.

2. L’inventario iniziale è approvato con deliberazione del direttore generale, nella quale sono indicati e motivati icriteri di valutazione adottati per l’attribuzione dei valori.

Art. 90(Consegnatari dei beni patrimoniali)

1. I direttori generali delle Aziende sanitarie regionali individuano, con propria deliberazione, i consegnatari re-sponsabili dei beni patrimoniali, stabilendo i registri e le scritture da tenere nonché le modalità di resa dei conti.

2. I consegnatari sono personalmente responsabili dei beni ricevuti in consegna fino alla loro formale discarica.

Art. 91(Dichiarazione di fuori uso e di scarico)

1. I beni mobili a disposizione delle Aziende sanitarie regionali non più idonei all’uso loro assegnato per vetustà oche per qualsiasi altra ragione divenissero inservibili, sono dichiarati fuori uso e cancellati dal relativo inventario condeliberazione del direttore generale, sulla base di una motivata proposta del competente ufficio.

CAPO XDISPOSIZIONI PER LA REMUNERAZIONE DEGLI EROGATORI DI PRESTAZIONI SANITARIE

Art. 92(Remunerazione degli erogatori di prestazioni sanitarie)

1. La Regione assicura i livelli uniformi ed essenziali di assistenza avvalendosi dei presidi direttamente gestiti dalleaziende unità sanitarie locali, dalle aziende ospedaliere e dalle aziende ospedaliero-universitarie, nonché dai soggettiprivati accreditati ai sensi dell’ articolo 8-quater del d.lgs. 502/1992, nel rispetto degli accordi e dei contratti di cuiall’articolo 8-quinquies del d.lgs. 502/1992.

2. Le prestazioni erogate all’assistito nell’ambito dei livelli uniformi ed essenziali di assistenza sono finanziaria-mente a carico dell’azienda unità sanitaria locale di residenza del cittadino; l’erogatore privato o pubblico, diversodall’azienda unità sanitaria locale di residenza, che ha provveduto all’erogazione è remunerato nella misura conse-guente all’applicazione del sistema tariffario e dei criteri definiti dalla Regione con deliberazione della Giunta regio-nale.

3. La Giunta regionale, in relazione all’attuazione della programmazione regionale e tenuto conto delle risorse di-

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sponibili, definisce annualmente i volumi programmati di attività corrispondenti al fabbisogno di prestazioni delServizio sanitario regionale, articolati per tipologie assistenziali, determinando i criteri di remunerazione delle stesseprestazioni con indicazione dell’ammontare globale predefinito di finanziamento e le misure di abbattimento delletariffe al superamento dei volumi programmati. Tali volumi programmati possono, a seguito di accordi stipulati conaltre Regioni, essere previsti anche per le prestazioni rese a cittadini residenti fuori dal territorio regionale. Leaziende sanitarie regionali definiscono annualmente mediante gli accordi di cui al comma 1 i volumi finanziari deri-vanti dai flussi di mobilità interaziendale.

4. La Giunta regionale con propri atti disciplina le modalità e le procedure per regolare il sistema dei rapporti tragli erogatori di prestazioni sanitarie, anche in relazione alle disposizioni emanate a livello nazionale circa le modalitàdi compensazione della mobilità sanitaria interregionale.

Art. 93(Addebito delle prestazioni ai terzi responsabili)

1. Quando le prestazioni sanitarie erogate siano determinate da fatto comportante presumibile responsabilità diterzi, le aziende sanitarie regionali esercitano il diritto di rivalersi dei costi delle prestazioni sanitarie rese nell’ambitodel Servizio sanitario regionale sui terzi responsabili dei danni, applicando le tariffe vigenti, salvo quanto dispostodalla normativa statale in materia.

CAPO XISISTEMA INFORMATIVO SANITARIO REGIONALE

Art. 94(Sistema informativo sanitario regionale)

1. Il Sistema informativo sanitario regionale è unitario a livello regionale e comprende dati e informazioni prodottedai sistemi informativi delle aziende sanitarie e dei soggetti erogatori pubblici e privati accreditati della Regione.

2. Il Sistema informativo sanitario regionale:

a) acquisisce i dati e le informazioni per il monitoraggio, la valutazione e la programmazione regionale;

b) diffonde la telemedicina e l’integrazione delle tecnologie biomedicali;

c) fornisce i servizi al cittadino nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Co-dice in materia di protezione dei dati personali) e dal regolamento regionale 12 maggio 2006, n. 4 (Trattamento deidati personali, sensibili e giudiziari di competenza della Giunta regionale, delle aziende sanitarie, degli enti ed agen-zie regionali e degli enti vigilati dalla Regione).

3. Per le finalità di cui al comma 2 il Sistema informativo sanitario regionale:

a) assicura la compatibilità del Sistema informativo sanitario regionale con il Nuovo Sistema Informativo Sani-tario nazionale (NSIS);

b) assicura l’interconnessione e l’interoperabilità dei sistemi informativi delle aziende sanitarie regionali, dellestrutture accreditate, delle farmacie, dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta e dei professionisticonvenzionati con il Sistema sanitario regionale;

c) consente l’integrazione delle informazioni relative alle attività svolte, ai servizi forniti e ai percorsi di cura ga-rantiti ai cittadini.

4. La Giunta regionale con appositi atti:

a) definisce sulla base degli standard nazionali e internazionali, i requisiti minimi strutturali dei sistemi informa-tivi delle aziende sanitarie regionali e degli enti e soggetti del Servizio sanitario regionale;

b) stabilisce i livelli di informatizzazione per la definizione dei percorsi clinici e organizzativi finalizzati alla con-tinuità di cura e la rilevazione epidemiologica;

c) rileva con progetti specifici interaziendali e in riferimento al singolo cittadino lo stato di salute e le prestazionierogate, finalizzate alla realizzazione del fascicolo sanitario elettronico;

d) attiva sistemi di valutazione e controllo sui livelli di completezza e qualità dei sistemi informativi, sull’ade-sione agli standard e alle direttive nazionali e regionali.

TITOLO XPARTECIPAZIONE, DIRITTI DEGLI UTENTI E FORME DI TUTELA

CAPO IPARTECIPAZIONE

Art. 95(Informazione e partecipazione dei cittadini)

1. Mediante la partecipazione i cittadini, le formazioni sociali esistenti sul territorio, gli operatori sanitari contri-buiscono a migliorare l’organizzazione dei servizi e a dare impulso all’attività programmata; inoltre controllano l’ef-ficacia e la rispondenza dell’attività medesima rispetto alle finalità perseguite dal Servizio sanitario regionale.

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2. Le aziende sanitarie regionali adottano strumenti idonei per l’informazione, per la partecipazione, per la comu-nicazione e per la trasparenza finalizzati alla conoscibilità degli obiettivi, delle attività e dei servizi erogati dallestesse. A tal fine, le aziende sanitarie regionali garantiscono uno spazio adeguato all’informazione e all’acquisizionedelle valutazioni da parte dei destinatari delle prestazioni, assicurando il coinvolgimento delle organizzazioni dei cit-tadini e dei malati.

3. I rapporti con le associazioni dei consumatori e utenti e le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, le cuiattività concorrano con le finalità del servizio sanitario regionale, possono essere disciplinati da apposite conven-zioni e protocolli di intesa, in conformità con quanto disposto dalle normative nazionali e regionali vigenti, al fine diporre in atto azioni in grado di aumentare il livello di coinvolgimento e di partecipazione, nella prospettiva dell’em-powerment del cittadino.

4. Ciascuna azienda sanitaria regionale adotta la carta dei servizi e ne assicura adeguata pubblicità mediante pub-blicazione sul sito web istituzionale, nonché in tutte le strutture in cui si svolgono le attività di servizio all’utenza.

5. Ciascuna azienda sanitaria regionale introduce forme di valutazione della qualità, dell’efficienza, dell’efficacia edell’equità del sistema sanitario coinvolgendo direttamente i cittadini attraverso lo strumento degli audit civici.

Art. 96(Partecipazione alla programmazione)

1. Ai sensi dell’articolo 14 del d.lgs. 502/1992, la Regione promuove le più ampie forme di concertazione-partena-riato istituzionale e sociale ai fini della predisposizione delle proposte di atti di pianificazione e programmazione re-gionale.

2. La Giunta regionale promuove forme di partecipazione e consultazione al processo di programmazione socio-sanitaria in ambito regionale e locale, anche mediante il tavolo di concertazione e partenariato istituzionale e socialedi cui all’articolo 5 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13 (Disciplina generale della programmazione, del bi-lancio, dell’ordinamento contabile e dei controlli interni della Regione dell’Umbria), con i cittadini e le loro organiz-zazioni, con le organizzazioni sindacali, con gli organismi di volontariato, di promozione sociale, di cooperazione so-ciale e con gli altri soggetti del Terzo settore.

3. Le aziende sanitarie regionali assicurano la partecipazione dei soggetti di cui al comma 2 al processo di pianifi-cazione e programmazione sanitaria e sociosanitaria in ambito locale.

CAPO IIDIRITTI DEGLI UTENTI

Art. 97(Diritti degli utenti)

1. L’attività degli organi e degli operatori delle aziende sanitarie regionali è finalizzata ad assicurare prestazioniadeguate ai bisogni dell’utente.

2. Gli operatori delle aziende sanitarie regionali nell’ambito dei servizi e dei presìdi devono tenere comportamentiche non inducano in stato di soggezione l’utente, rispettando le sue convinzioni secondo i principi della dignitàumana.

Art. 98(Modalità di tutela dei diritti)

1. Le osservazioni, le richieste e le proposte in ordine al funzionamento dei servizi possono essere avanzate dagliutenti all’Ufficio relazioni con il pubblico (U.R.P.) dell’azienda sanitaria ed agli organi dell’azienda medesima.

2. L’U.R.P. fornisce agli interessati una risposta motivata sulle osservazioni, richieste e proposte di cui al comma 1.

3. L’U.R.P. segnala al Direttore generale eventuali disfunzioni informandone l’utente che le ha denunciate.

4. Qualora l’U.R.P. corredi la segnalazione con una proposta per la migliore organizzazione di un servizio, il Diret-tore generale è tenuto a pronunciarsi in merito alla stessa.

Art. 99(Ricorso al Difensore civico)

1. Gli utenti che hanno avanzato osservazioni, richieste e proposte con la modalità di cui all’art. 98, comma 1 e nonritengano esaurienti le risposte ricevute, possono richiedere l’intervento del Difensore civico regionale di cui allalegge regionale 27 novembre 2007 n. 30 (Nuova disciplina del difensore civico regionale. Abrogazione della legge re-gionale 30 novembre 1995 n. 45).

2. Il Difensore civico, valutato il fondamento dell’istanza, invita il Direttore generale dell’Azienda sanitaria a forniretutte le informazioni e i chiarimenti ritenuti necessari, nei termini di cui alla l.r. 30/2007.

3. Il Difensore civico segnala le irregolarità ed i disservizi accertati al Presidente della Giunta regionale.

4. Qualora, nell’esercizio delle sue funzioni, il Difensore civico venga a conoscenza di fatti che possano costituirereato, ne fa rapporto all’Autorità giudiziaria e, nel caso di fatti che possano comportare responsabilità contabile oamministrativa, li segnala alla Corte dei Conti.

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TITOLO XIANAGRAFE SANITARIA, OSSERVATORIO EPIDEMIOLOGICO, REGISTRI DI POPOLAZIONE

E DI PATOLOGIA E COMITATO ETICO DELLE AZIENDE SANITARIE DELL’UMBRIA

CAPO IANAGRAFE SANITARIA REGIONALE

Art. 100(Istituzione dell’Anagrafe sanitaria regionale)

1. È istituita l’Anagrafe sanitaria regionale quale anagrafica di riferimento del Servizio sanitario regionale, al finedi permettere l’identificazione univoca all’interno della Regione, degli assistiti, degli assistibili e dei soggetti che ab-biano avuto almeno un accesso ad una struttura sanitaria regionale.

2. L’Anagrafe di cui al comma 1 ha la finalità di:

a) gestire in maniera corretta il processo di erogazione delle prestazioni ai cittadini attraverso la condivisione deidati individuali tra le aziende sanitarie regionali;

b) garantire la funzionalità di servizi avanzati;

c) assicurare un efficace controllo della spesa.

3. La Giunta regionale disciplina, con proprio regolamento, le modalità di raccolta e trattamento dei dati anagraficie sanitari dei soggetti di cui al comma 1 nel rispetto e con le modalità stabilite dalle disposizioni vigenti, in modo dagarantire la tutela della riservatezza dei dati personali.

CAPO IIOSSERVATORIO EPIDEMIOLOGICO REGIONALE

Art. 101(Osservatorio epidemiologico regionale)

1. Nell’ambito della competente direzione della Giunta regionale è istituito l’Osservatorio epidemiologico regio-nale, di seguito denominato Osservatorio, con funzione di osservazione epidemiologica.

2. L’Osservatorio rappresenta una componente fondamentale per orientare l’azione di governo della Giunta regio-nale e l’attività di pianificazione delle aziende sanitarie regionali, sia nella scelta delle modalità assistenziali, che pereffettuare una adeguata valutazione del soddisfacimento dei bisogni di salute emergenti nella popolazione.

3. L’Osservatorio epidemiologico regionale opera nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codicein materia di protezione di dati personali) ed ha il compito di:

a) promuovere l’istituzione, ai vari livelli del Servizio sanitario regionale, di strumenti di osservazione epidemio-logica secondo una metodologia di rilevazione programmata finalizzata a produrre statistiche sanitarie omogenee;

b) raccogliere dai vari livelli del Servizio sanitario regionale dati che riguardano lo stato di salute e la diffusionedi malattie nella popolazione;

c) elaborare i dati provenienti dalle aziende sanitarie regionali finalizzati a produrre statistiche sanitarie correnti;

d) fornire le informazioni alle direzioni generali delle aziende sanitarie regionali, finalizzate alla valutazione e alcontrollo di qualità delle prestazioni sanitarie;

e) acquisire informazioni di interesse epidemiologico da fonti internazionali, nazionali e regionali, finalizzate an-che ad individuare i fattori responsabili della patogenesi delle malattie e le condizioni individuali e ambientali chepredispongono all’insorgenza delle stesse;

f) programmare e attuare indagini volte ad approfondire la conoscenza dei fenomeni di interesse sanitario per ilmiglioramento degli interventi sanitari;

g) partecipare all’Assemblea Legislativa, alla conferenza dei sindaci, alla struttura di valutazione di cui all’arti-colo 28 nonché ai cittadini ed alle loro associazioni i risultati delle informazioni raccolte.

4. L’Osservatorio, di cui al comma 1, attiva collaborazioni e collegamenti funzionali con i servizi epidemiologicidelle aziende sanitarie regionali, dell’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Umbria e delle Marche e dell’Agenziaregionale per la protezione dell’ambiente, con gli osservatori epidemiologici istituiti dalle altre regioni, con il labora-torio epidemiologico dell’Istituto superiore di sanità e con altri enti e istituzioni interessate.

CAPO IIIREGISTRI REGIONALI DI POPOLAZIONE E DI PATOLOGIA

Art. 102(Istituzione dei registri regionali di popolazione e di patologia)

1. In applicazione del d.lgs. 196/2003, ai sensi degli articoli 20 e 154, comma 1, lettera g) sono istituiti a livello re-gionale i seguenti registri di popolazione e di patologia:

a) Registro tumori;

b) Registro mesoteliomi;

c) Registro dialisi e trapianto;

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d) Registro trapianti d’organo;

e) Registro malattie rare;

f) Registro malformazioni congenite;

g) Registro screening oncologici;

h) Registro diagnosi anatomo-patologiche;

i) Registro sclerosi laterale amiotrofica (SLA);

l) Registro mortalità.

2. I registri di popolazione e di patologia di cui al comma 1 raccolgono dati anagrafici e sanitari relativi a personeaffette dalle malattie ivi individuate a fini di studio e ricerca scientifica in campo medico, biomedico ed epidemiolo-gico nel rispetto della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali.

3. Con regolamento regionale, adottato in conformità al parere espresso dal Garante per la protezione dei dati per-sonali, ai sensi degli articoli 20 e 154, comma 1, lettera g), del d.lgs. 196/2003 sono previsti i tipi di dati sensibili, leoperazioni eseguibili, le specifiche finalità perseguite da ciascuno dei registri di cui al comma 1, i soggetti che pos-sono avere accesso ai registri e i dati che possono conoscere e le misure per la custodia e la sicurezza dei dati.

4. Le previsioni del regolamento di cui al comma 3 devono in ogni caso informarsi al principio di necessità di cuiall’articolo 3 del d.lgs. 196/2003.

CAPO IVCOMITATO ETICO DELLE AZIENDE SANITARIE DELL’UMBRIA

Art. 103(Comitato Etico delle Aziende sanitarie dell’Umbria)

1. Il Comitato Etico delle Aziende sanitarie dell’Umbria (CEAS Umbria), già istituito dalla Giunta regionale, è unorganismo indipendente che garantisce la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti che parteci-pano a protocolli di ricerca clinica e che fornisce pubblica garanzia di tale tutela.

2. Il CEAS Umbria si configura come struttura indipendente con assenza di subordinazione gerarchica nei con-fronti dei soggetti per i quali opera (Regione, Università degli Studi di Perugia, aziende sanitarie pubbliche e private)nel rispetto delle linee guida per la Buona Pratica Clinica.

3. Il CEAS Umbria svolge i compiti di cui alla normativa vigente ed esprime pareri relativamente a:

a) sperimentazioni di farmaci, dispositivi medici, tecniche e metodiche invasive e non, studi osservazionali e/onon interventistici, usi terapeutici di medicinali sottoposti a sperimentazione clinica, da attuare nelle strutture delservizio sanitario regionale;

b) aspetti etici riguardanti le attività scientifiche ed assistenziali svolte nelle strutture sanitarie regionali.

4. Il CEAS Umbria promuove iniziative di formazione di operatori sanitari in materia di sperimentazione clinica edi bioetica.

5. Il CEAS Umbria è nominato dalla Giunta regionale, ha sede in Perugia presso la Direzione regionale competente.Il CEAS Umbria si avvale di segreteria tecnico-scientifica qualificata ai sensi della normativa vigente.

TITOLO XII INTERVENTO E TRASPORTO SANITARIO

CAPO ITRASPORTO SANITARIO

Art. 104(Gestione del trasporto sanitario)

1. Il trasporto sanitario costituisce attività di interesse generale improntata al rispetto dei principi di universalità,solidarietà, economicità ed appropriatezza.

2. Il trasporto sanitario a carico del servizio sanitario regionale è assicurato dalle Aziende sanitarie regionali, avva-lendosi di personale e mezzi propri e, ove ciò non sia possibile, secondo le modalità indicate ai commi 4 e 5. Il servi-zio di trasporto sanitario regionale può essere effettuato anche tramite mezzi di elisoccorso.

3. Ai fini dell’applicazione dei commi 4 e 5, per trasporto sanitario e prevalentemente sanitario si intende:

a) i servizi di trasporto sanitario di emergenza urgenza gestiti dalla centrale operativa;

b) i servizi di trasporto e intervento previsti nei livelli essenziali di assistenza, con necessità di assistenza in iti-nere di personale sanitario o di altro personale adeguatamente formato ed in possesso di un attestato di idoneità ri-lasciato sulla base della frequenza di uno specifico corso di addestramento, con esame finale. La disciplina e l’orga-nizzazione dei percorsi formativi obbligatori vengono definite in apposito atto di Giunta.

4. Il trasporto sanitario e prevalentemente sanitario è affidato a soggetti autorizzati ed accreditati secondo la disci-plina prevista nel regolamento di cui al comma 6, con il seguente ordine di priorità:

a) con convenzioni stipulate con le associazioni di volontariato, con la Croce Rossa Italiana, con le istituzioni egli organismi a scopo non lucrativo di cui all’articolo 1, comma 18 del d.lgs. 502/1992, nel rispetto dei principi di eco-nomicità, efficienza e non sovracompensazione delle spese effettivamente sostenute al fine di garantire l’espleta-

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mento del servizio di interesse generale. Le convenzioni sono rese pubbliche in conformità a quanto previsto dallanormativa statale ed europea in materia di contratti pubblici. I soggetti con i quali si stipulano le convenzioni devonoessere in regola con le norme sulla contrattazione collettiva nazionale;

b) con contratti a titolo oneroso stipulati nel rispetto della normativa statale ed europea in materia di contrattipubblici di servizi.

5. Il trasporto sanitario di urgenza ed emergenza, per effetto della sentenza della Corte di giustizia europea, Sez. V,11/12/2014 n. C-113/13, è attribuito in via prioritaria e con affidamento diretto alle associazioni di volontariato con lemodalità ed entro i limiti disposti dalla medesima sentenza.

6. Il trasporto non prevalentemente sanitario è affidato ai soggetti autorizzati e accreditati secondo la disciplinaprevista nel regolamento di cui al comma 6, sulla base di procedure concorsuali in conformità alla normativa stataleed europea in materia di contratti pubblici di servizi.

7. La Giunta regionale fissa con regolamento i requisiti e gli adempimenti necessari per ottenere l’autorizzazione el’accreditamento all’esercizio del trasporto di cui ai commi 4 e 5, nel rispetto dei principi di diritto europeo in mate-ria di libertà di stabilimento e di libera circolazione dei servizi. Con norme regolamentari, sono altresì definiti i cri-teri per l’espletamento delle procedure di cui al comma 4, nel rispetto della normativa statale ed europea e, in parti-colare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità e di ro-tazione.

TITOLO XIIIDIRITTO DI ACCESSO ALL’ASSISTENZA SANITARIA

CAPO IDIRITTO D’ACCESSO ALL’ASSISTENZA SANITARIA

Art. 105(Diritto di accesso alla assistenza sanitaria e ospedaliera)

1. I cittadini appartenenti ad uno degli Stati membri della Unione Europea presenti nel territorio dell’Umbria,hanno diritto di accedere all’assistenza sanitaria nel rispetto della normativa europea e statale.

2. La Regione garantisce altresì l’assistenza ospedaliera all’estero, secondo le disposizioni vigenti, ai cittadini ita-liani residenti in Umbria iscritti nell’elenco degli assistiti.

3. I cittadini italiani residenti nella Regione Umbria possono ottenere il rimborso delle spese di viaggio e di sog-giorno in Italia per sottoporsi a interventi di trapianto di organi, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dalpresente comma. Il rimborso riguarda le spese di viaggio e di soggiorno sostenute per l’effettuazione dell’interventodi trapianto, degli esami preliminari, clinici ed immunologici, dei controlli e degli eventuali interventi successivi. Ilrimborso, previo parere favorevole del Centro regionale di riferimento per i trapianti, istituito ai sensi dell’art. 11 deld.p.r. 6 giugno 1977, n. 409, è disposto e liquidato dall’Azienda USL nel cui ambito è ricompreso il Comune di resi-denza del richiedente. L’ammissibilità delle spese di viaggio e di soggiorno, nonché i termini per il rimborso sono de-finite con atto della Giunta regionale.

4. Gli apolidi, i rifugiati e i profughi possono beneficiare degli interventi per l’accesso ai servizi sanitari ove nonusufruiscano di più favorevoli o di analoghi benefici in forza della normativa europea, statale e regionale.

Art. 106(Servizi sanitari per soggetti provenienti da paesi extracomunitari e loro familiari)

1. La Regione, nell’ambito ed in attuazione della normativa statale e regionale in materia, assicura ai soggetti pro-venienti da Paesi extracomunitari e loro familiari, l’accesso ai servizi sanitari.

2. Sono destinatari degli interventi per l’accesso ai servizi sanitari, di cui al comma 1, i cittadini provenienti daPaesi extracomunitari e loro familiari, sia in caso di immigrazione definitiva che in caso di permanenza limitata fina-lizzata al rientro, che risiedano o dimorino nel territorio della Regione Umbria secondo la normativa vigente.

Art. 107(Interventi di assistenza sanitaria in favore di Paesi extracomunitari in gravi difficoltà assistenziali sanitarie)

1. La Regione detta norme finalizzate all’attuazione di interventi sanitari, destinati a Paesi extracomunitari che ver-sano in gravi difficoltà assistenziali sanitarie per contingenti ragioni politiche, militari ed economiche, assicurando,mediante azioni mirate e coordinate volte sia alle cause che agli effetti, il contributo del Servizio sanitario regionale.

2. Gli interventi di cui al comma 1 consistono in:

a) erogazione da parte delle Aziende sanitarie di prestazioni di alta specializzazione rivolte a cittadini extracomu-nitari provenienti da Paesi in gravi difficoltà assistenziali sanitarie per contingenti ragioni politiche, militari ed eco-nomiche;

b) assistenza sanitaria per motivi umanitari a cittadini di origine umbra residenti in Paesi extracomunitari inparticolare stato di bisogno;

c) interventi sanitari nei Paesi d’origine ai sensi dell’articolo 32, comma 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449(Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), valorizzando le risorse umane disponibili nell’area d’inter-vento anche attraverso programmi di formazione del personale tecnico-sanitario da effettuarsi presso la Regione onel paese oggetto dell’intervento stesso;

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d) invio di attrezzature medico chirurgiche non utilizzate, ai sensi della normativa vigente, nei Paesi oggetto del-l’intervento, anche tramite organizzazioni umanitarie.

3. Gli interventi di cui al comma 2, lettere c) e d) sono realizzati nel rispetto delle direttive di politica internazionaledello Stato e a tal fine vengono tempestivamente comunicati al Ministero degli affari esteri e della Cooperazione in-ternazionale ed alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per il coordinamento con i principi nazionali in materia dicooperazione allo sviluppo.

4. La struttura competente della Giunta regionale individua le attrezzature medico chirurgiche di cui al comma 2,lettera d).

Art. 108(Accesso a trattamenti terapeutici per i cittadini consumatori di sostanze psicoattive o in stato di dipendenza)

1. La Regione, nel rispetto dell’articolo 13 dello Statuto regionale, contribuisce alla tutela della salute dei cittadiniconsumatori di sostanze psicoattive o in stato di dipendenza al fine di favorire l’inclusione sociale e il recupero psi-cofisico, nel rispetto della dignità e della libertà della persona, della qualità e dell’appropriatezza delle cure in rap-porto a specifiche esigenze e bisogni di salute.

2. L’accesso a trattamenti terapeutici appropriati per problematiche relative al consumo di sostanze psicoattive oallo stato di dipendenza avviene in presenza di accertato bisogno, diagnosticato e certificato esclusivamente da partedei servizi pubblici dedicati delle Aziende unità sanitarie locali.

3. Le persone sottoposte a sanzioni per consumo di sostanze illegali, comminate ai sensi del decreto del Presidentedella Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanzepsicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), accedono a trattamenti terapeu-tici appropriati solo in caso di accertato bisogno, certificato esclusivamente da parte dei servizi pubblici dedicatidelle Aziende unità sanitarie locali.

4. La certificazione di cui al comma 1 è esentata dall’esplicitazione delle metodiche di accertamento.

CAPO IIMODALITÀ DI ESERCIZIO DELLE FUNZIONI CONCERNENTI IL RICONOSCIMENTO

DELLA INVALIDITÀ CIVILE, CECITÀ CIVILE, SORDITÀ CIVILE, HANDICAP E DISABILITÀ

Art. 109(Commissioni mediche per accertamenti sanitari)

1. Il presente Capo disciplina la composizione e le modalità di funzionamento delle commissioni mediche incari-cate di effettuare gli accertamenti sanitari relativi al riconoscimento degli stati di invalidità civile, cecità civile, sor-dità civile, handicap e disabilità, di cui alle leggi 15 ottobre 1990, n. 295 (Modifiche ed integrazioni all’articolo 3 deld.l. 30 maggio 1998, n. 173, convertito, con modificazioni, dalla l. 26 luglio 1988, n. 291, in materia di revisione dellecategorie delle minorazioni e malattie invalidanti) e 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integra-zione sociale e i diritti delle persone handicappate), per tutti i soggetti aspiranti ad ottenere la pensione, l’assegno ol’indennità di invalidità civile ovvero altri benefici previsti dalla vigente legislazione.

2. Il presente Capo disciplina, altresì, le funzioni e i compiti riservati alla Regione in materia di invalidità civile, ce-cità civile, sordità civile, handicap e disabilità.

Art. 110(Funzioni esercitate dalle Aziende sanitarie in materia di invalidità civile, cecità civile,

sordità civile, handicap e disabilità. Indennizzi per soggetti danneggiati)

1. Gli accertamenti sanitari in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità di cuiall’articolo 109, in conformità al principio di separazione del procedimento di accertamento sanitario dal procedi-mento per la concessione delle provvidenze economiche di cui all’articolo 11 della legge 24 dicembre 1993, n. 537(Interventi correttivi di finanza pubblica), sono svolti dalle Aziende unità sanitarie locali tramite le commissioni me-diche operanti presso di esse, composte come previsto dall’articolo 112.

2. Sono trasferite alle Aziende unità sanitarie locali le funzioni in materia di indennizzi a favore di soggetti danneg-giati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione diemoderivati, di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanzedi tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nonché acausa di vaccinazione antipoliomielitica non obbligatoria, di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 14 ottobre 1999,n. 362 “Disposizioni urgenti in materia sanitaria”. I fondi per l’esercizio delle funzioni di cui al precedente periodosono ripartiti tra le Aziende unità sanitarie locali, sulla base delle comunicazioni trimestrali contenenti l’ammontaredegli importi dovuti per l’erogazione degli indennizzi ai soggetti aventi diritto e residenti nell’Azienda territorial-mente competente. La Giunta regionale con propria deliberazione stabilisce le modalità di attuazione del presentecomma anche al fine di omogeneizzare le procedure e la modulistica su tutto il territorio regionale.

Art. 111(Costituzione delle commissioni mediche)

1. Ciascuna Azienda unità sanitaria locale, sulla base del numero delle domande da evadere e tenendo conto dei

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tempi di accertamento fissati dall’articolo 113, commi 3 e 4, costituisce una o più commissioni mediche incaricate dieffettuare gli accertamenti sanitari relativi al riconoscimento dello stato di invalidità civile.

2. Nell’ambito dell’Azienda unità sanitaria locale nel cui territorio è ricompreso il Comune capoluogo di provincia,con competenza estesa all’intero territorio provinciale, operano:

a) una commissione medica incaricata di effettuare gli accertamenti sanitari relativi alle condizioni visive, inconformità a quanto stabilito dalla L. 27 maggio 1970, n. 382 e successive modificazioni ed integrazioni;

b) una commissione medica incaricata di effettuare gli accertamenti sanitari relativi al sordomutismo, in confor-mità a quanto stabilito dalla L. 26 maggio l970, n. 381 e successive modificazioni ed integrazioni.

3. I Direttori generali delle Aziende USL, in base al numero delle richieste ed effettive necessità, istituiscono una opiù commissioni mediche incaricate di effettuare gli accertamenti sanitari relativi alle minorazioni di cui all’art. 3,comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Art. 112(Composizione delle commissioni)

1. Ciascuna commissione è presieduta da un medico specialista in medicina legale scelto tra i medici dipendenticonvenzionati dell’Azienda USL. Nel caso di comprovata impossibilità a reperire specialisti in medicina legale pos-sono essere nominati medici che svolgono, da almeno cinque anni, attività in servizi di medicina legale ovvero, in su-bordine, che siano stati membri, per almeno un quinquennio negli ultimi dieci anni, di commissioni mediche incari-cate degli accertamenti di cui al presente Capo.

2. Le commissioni, oltreché dal presidente, sono composte:

a) per gli accertamenti di invalidità civile, da due medici dipendenti dell’Azienda USL o convenzionati con il Ser-vizio sanitario nazionale, di cui uno scelto prioritariamente tra gli specialisti in medicina del lavoro;

b) per gli accertamenti di cui all’art. 111, comma 2, lettere a) e b), da due medici dipendenti dell’Azienda USL oconvenzionati con il Servizio sanitario nazionale, uno dei quali scelto rispettivamente tra gli specialisti in oftalmolo-gia e otorinolaringoiatria;

c) per gli accertamenti di cui all’art. 111, comma 3, da due medici dipendenti dell’Azienda USL o convenzionaticon il Servizio sanitario nazionale, uno dei quali scelto tra gli specialisti in psichiatria, nonché da un operatore so-ciale e da un esperto dell’area specialistica riferita al caso da esaminare, in servizio presso le Aziende USL.

3. Le commissioni di cui all’art. 111 sono integrate ai sensi dell’art. 1, comma 3, della L. 15 ottobre 1990, n. 295.

4. Le funzioni di segretario sono esercitate da un dipendente dell’Azienda USL appartenente ai profili professionalidegli assistenti amministrativi o del personale amministrativo laureato.

5. Per ciascun membro effettivo delle commissioni mediche, ivi compreso il segretario, è nominato, con le stessemodalità, un membro supplente che partecipa alle riunioni solo in caso di assenza o di impedimento del titolare.

6. Alle nomine di cui alla lettera a) del comma 2 provvede il direttore generale dell’Azienda USL con proprio attomotivato.

7. Alle nomine di cui alla lettera b) del comma 2, provvede il Direttore generale dell’Azienda USL nel cui territorioè ricompreso il Comune capoluogo di provincia, di concerto con il Direttore generale dell’altra Azienda USL il cui ter-ritorio è ricompreso nell’ambito provinciale di riferimento.

8. Alle nomine di cui al comma 3 dell’art. 111 provvedono i Direttori generali delle Aziende USL, in base al numerodelle richieste ed effettive necessità.

9. Ciascuna commissione è integrata da un medico dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, designato dallostesso ente, ai sensi dell’articolo 20, comma 1 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonchéproroga di termini) convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 2009, n. 102.

Art. 113(Disciplina delle commissioni)

1. Le commissioni mediche assumono decisioni valide con la presenza di almeno tre componenti, uno dei qualideve essere il presidente. Alla formazione del numero legale concorre il sanitario designato in rappresentanza delleassociazioni.

2. Le commissioni mediche hanno la durata di cinque anni ed i loro membri non possono essere riconfermati.

3. Le commissioni provvedono ad effettuare gli accertamenti di cui al presente Capo, entro il termine di sessantagiorni dalla data di ricevimento della istanza.

4. In relazione a specifiche patologie, caratterizzate da esiti non stabilizzati il termine di cui al comma 3 può esseredifferito sulla base di convalidati criteri medico legali. Resta fermo che i benefici eventualmente riconosciuti hannocomunque decorrenza dalla data di presentazione della domanda.

Art. 114(Compensi)

1. La disciplina dei compensi è stabilita dalle Aziende USL con atto del Direttore generale, nel rispetto della norma-tiva nazionale e regionale in materia.

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Art. 115(Funzioni per la concessione di provvidenze economiche in materia di invalidità civile,

cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità)

1. Ai sensi dell’articolo 20 del d.l. n. 78/2009, a decorrere dal 1 gennaio 2010, le attività relative all’esercizio dellefunzioni per la concessione delle provvidenze economiche nei procedimenti in materia di invalidità civile, cecità ci-vile, sordità civile, handicap e disabilità sono affidate all’INPS che le esercita con la massima efficienza e trasparenza.

2. La Regione stipula con l’INPS apposita convenzione che regola gli aspetti tecnico procedurali dei flussi informa-tivi necessari per la gestione del procedimento di cui al comma 1.

3. La convenzione di cui al comma 2 definisce, in particolare, le modalità concernenti:

a) le procedure e lo scambio reciproco di dati, anche attraverso cooperazione applicativa, tra sistema informativoINPS e sistemi informatici della Regione, in ordine alle fasi del procedimento di cui al comma 1;

b) gli standard di sicurezza di trasmissione dei dati personali;

c) lo svolgimento, da parte dell’INPS, dell’attività istruttoria e di concessione delle provvidenze economiche;

d) la gestione amministrativa delle provvidenze economiche, compresi i relativi controlli di permanenza del di-ritto anche nella fase transitoria;

e) la tutela della privacy;

f) lo svolgimento di attività di monitoraggio e verifica delle attività previste dalla convenzione.

Art. 116(Benefici aggiuntivi)

1. Sono riservati alla Regione le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla determinazione, per tutto il territo-rio regionale, di eventuali benefici aggiuntivi ai sensi dell’articolo 130, comma 2 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni e agli Enti locali in attuazione del CapoI della legge 15 marzo 1997, n. 59).

TITOLO XIVAUTORIZZAZIONE, ACCREDITAMENTO, RILASCIO DI NULLA OSTA

CAPO IAUTORIZZAZIONE ED ACCREDITAMENTO DELLE STRUTTURE SANITARIE

Art. 117(Autorizzazioni sanitarie)

1. Le autorizzazioni alla realizzazione di strutture e all’esercizio di attività sanitarie e socio-sanitarie di cui all’arti-colo 8-ter del d.lgs. 502/1992 sono rilasciate alle strutture pubbliche e private della Regione nel rispetto del decretodel Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 (Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento alle regioni ealle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimiper l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private) e del regolamento regionale 25 feb-braio 2000, n. 2 (Disciplina dell’autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio di strutture sanitarie e socio-sanita-rie).

2. La Giunta regionale stabilisce con norme regolamentari, nel rispetto dei requisiti minimi previsti dal d.p.r. 14gennaio 1997, i requisiti aggiuntivi finalizzati a garantire la sicurezza delle strutture nelle quali vengono erogate leprestazioni.

3. Le strutture già autorizzate ed in esercizio ai sensi dell’articolo 8-ter del d.lgs. 502/1992 si adeguano ai requisitiaggiuntivi di cui al comma 2 nei tempi e con le modalità stabilite dalle norme regolamentari di cui allo stessocomma.

4. La verifica del possesso e del mantenimento dei suddetti requisiti viene effettuata dalla Giunta regionale che puòavvalersi delle apposite strutture delle aziende unità sanitarie locali.

Art. 118(Accreditamento istituzionale)

1. L’accreditamento istituzionale, di cui all’articolo 8-quater del d.lgs. 502/1992, è rilasciato dalla Giunta regionalealle strutture sanitarie e socio-sanitarie autorizzate, pubbliche o private e ai professionisti che ne facciano richiestae siano in possesso di requisiti ulteriori di qualificazione oltre a quelli previsti per l’autorizzazione.

2. L’accreditamento istituzionale di cui al comma 1 è rilasciato secondo quanto stabilito dal reg. reg. 31 luglio2002, n. 3 (Disciplina in materia di accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie e socio-sanitarie) e dalle al-tre norme regionali di riferimento, nel rispetto dei seguenti criteri:

a) coerenza con le scelte della programmazione regionale, sulla base della domanda di salute espressa dalla po-polazione di riferimento e del livello di offerta esistente per le varie tipologie di prestazioni;

b) adeguatezza qualitativa e quantitativa delle dotazioni strumentali tecnologiche ed organizzative;

c) equilibrio tra volume di prestazioni erogabili e potenzialità della struttura;

d) congruità delle professionalità presenti con la tipologia delle prestazioni erogabili;

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e) presenza di un sistema informativo connesso con quello del Servizio sanitario regionale e conforme alle speci-fiche regionali;

f) presenza di un idoneo sistema per il controllo ed il miglioramento continuo della qualità;

g) verifica positiva dell’attività svolta e dei risultati raggiunti.

CAPO IIAUTORIZZAZIONE E VIGILANZA SULLE STRUTTURE SANITARIE PRIVATE

DI DIAGNOSTICA DI LABORATORIO

Art. 119(Strutture sanitarie private che svolgono attività di analisi a scopo diagnostico)

1. Le strutture sanitarie private che svolgono attività di analisi per il pubblico a scopo di accertamento diagnostico,di seguito definite strutture, per le quali è necessario il rilascio dell’autorizzazione all’apertura ed alla gestione, sonodistinte in tre fasce: A, B e C in base alle rispettive caratteristiche tecnico-funzionali.

Art. 120(Strutture di fascia A)

1. Le strutture di «fascia A» effettuano i seguenti esami:

a) VES;

b) Gruppo ABO-Rh;

c) Ematocrito;

d) Emocitometria completa;

e) Formula leucocitaria;

f) Screening della fase vascolare, piastrinica e plasmatica della coagulazione mediante: prove di fragilità capil-lare, conta piastrine, tempo di emorragia, tempo di protrombina (TP), tempo di tromboplastina parziale parziale(aPTT), tempo di trombina, fibrinogeno;

g) Glicemia e glicosuria;

h) Azotemia e azoturia;

i) Bilirubina totale;

j) Potassio;

k) Sodio;

l) Alfa-amilasi;

m) Creatin-fosfochinasi (CPK);

n) Transaminasi glutamminico - ossalacetica (GOT);

o) Transaminasi glutammico-piruvica (GPT);

p) Test immunologico di gravidanza;

q) Esame delle urine;

r) Esame del liquor cefalo-rachiadiano;

s) Sangue occulto (feci);

t) Alcoolemia.

2. Le strutture di «fascia A» devono essere dotate almeno del seguente personale:

un laureato medico o biologo;

un tecnico di laboratorio;

una unità di personale ausiliario.

3. Le strutture di «fascia A» devono essere dotate almeno delle seguenti attrezzature:

a) Agglutinoscopio;

b) Bagnomaria termoregolabile;

c) Centrifuga almeno 15 posti regolabile;

d) Centrifuga da microematocrito;

e) Fotometro a fiamma o ioni selettivi;

f) Frigorifero con freezer;

g) Microscopio binoculare;

h) Spettrofotometro;

i) Contaglobuli (con identificazione delle popolazioni leucocitarie);

j) Coagulometro;

k) Stufa a secco;

l) Cappa di aspirazione;

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m) Banco o banchi da lavoro;

n) Armadi per vetreria e reattivi;

o) Idonea apparecchiatura per lavaggio ed essiccatura della vetreria;

p) Autoclave (salvo completo impiego di materiale a perdere);

q) Inceneritore od altro idoneo sistema per smaltimento dei rifiuti;

r) Idonea attrezzatura per attività amministrativa.

Art. 121(Strutture di «fascia B»)

1. Le strutture di «fascia B» effettuano tutti gli esami previsti per la «fascia A» nonché ogni altro esame ad esclu-sione di quelli previsti dall’articolo 122 per le strutture di «fascia C».

2. Le strutture di «fascia B» devono essere dotate del seguente personale:

a) due laureati in medicina, biologia o chimica di cui uno con funzioni di direttore tecnico;

b) un laureato in medicina o biologia per il settore della batteriologia;

c) due tecnici di laboratorio;

d) una unità di personale ausiliario.

3. Le strutture di «fascia B» devono essere dotate delle seguenti attrezzature:

a) Agglutinoscopio;

b) Apparecchio per emogasanalisi;

c) Bagnomaria termoregolabile (n. 2);

d) Centrifuga almeno 30 posti regolabile fino a 5000 giri;

e) Centrifuga da microematocrito;

f) Coagulimetro;

g) Fotometro a fiamma con standard interno al litio;

h) Frigorifero con freezer o congelatore separato;

i) Microscopio binoculare;

j) Alimentatore a vasche per elettroforesi;

k) Densitometro per letture strisce elettroforetiche;

l) Spettrofotometro;

m) Contaglobuli (con identificazione delle popolazioni leucocitarie)

n) Coagulometro;

o) Stufa a secco;

p) Bilancia analitica;

q) Termostato a 37 gradi C;

r) Microburetta;

s) Agitatore meccanico per microflocculazione;

t) Deionizzatore;

u) Cappa di aspirazione;

v) Banchi di lavoro;

w) Armadi per vetreria;

x) Lavatrice ed essiccatore per vetreria;

y) Autoclave (salvo completo impiego di materiale a perdere);

z) Inceneritore o altro idoneo sistema per lo smaltimento dei rifiuti;

aa) Idonea attrezzatura per attività amministrative.

bb) Batteriologia.

cc) Banco a flusso laminare verticale;

dd) Autoclave con regolazione automatica;

ee) Stufa a secco con regolazione automatica;

ff) Termostato per batteriologia;

gg) Bagnomaria termoregolabile;

hh) Centrifuga da tavolo con testate intercambiabili;

ii) Microscopio in campo oscuro per fluorescenza (anche in comune con il settore della chimico-clinica);

jj) Giara per anaerobiosi;

kk) Agitatore meccanico (ruotante e scuotente);

ll) pHometro per batteriologia (a 1/10);

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mm) Congelatore a -20 gradi C;

nn) Pompa per vuoto;

oo) Filtro Seitz completo di beuta;

pp) Frigorifero;

qq) Idonea attrezzatura per il lavaggio e la decontaminazione del materiale infetto.

4. Per le strutture di «fascia B» qualora nella domanda di autorizzazione vengano escluse tra le attività program-mate la batteriologia e la emogasanalisi, debbono ritenersi escluse le dotazioni obbligatorie di personale, attrezza-ture e locali espressamente previsti dalla presente legge per tali attività.

Art. 122(Strutture di «fascia C»)

1. Le strutture di «fascia C» effettuano attività dirette allo studio di patologie particolari o a bassa incidenza per lequali sia richiesto l’impiego di personale altamente specializzato e/o strumentazione particolarmente complessa.

2. Sono in ogni caso di pertinenza delle strutture di «fascia C» gli esami relativi alla virologia e alla genetica nonchéi seguenti:

a) Dosaggi di particolari elementi chimici in assorbimento atomico;

b) Dosaggi con metodi radioimmunologici;

c) Ricerche cromatografiche su strato sottile e su colonna;

d) Ricerche gas-cromatografiche;

e) Ricerche per lo screening neonatale delle malattie metaboliche;

f) Ricerche per la diagnosi della toxoplasmosi;

g) Ricerche per lo screening di particolari patologie da lavoro;

h) Ricerche per la sterilità coniugale.

3. La dotazione di personale e di attrezzature delle strutture di «fascia C» sarà definita caso per caso dall’organocompetente al rilascio dell’autorizzazione in rapporto alla particolare attività da svolgere ed alla complessità dellastruttura.

Art. 123(Personale impiegato nelle strutture)

1. La direzione tecnica di ciascuna struttura deve essere affidata ad un laureato medico o biologo iscritto nel rela-tivo albo professionale.

2. Il direttore tecnico è responsabile:

a) dell’applicazione del regolamento interno;

b) dello stato igienico dei locali, dello stato delle attrezzature degli impianti, delle scorte e dello stato di conser-vazione dei reattivi del materiale impiegato, del rispetto delle norme di tutela degli operatori contro i rischi derivantidalla specifica attività;

c) della registrazione, trascrizione ed archiviazione dei referti;

d) delle segnalazioni obbligatorie previste dalle vigenti disposizioni di legge.

3. Nel caso in cui la direzione tecnica sia assunta da un biologo dovrà essere assicurata comunque la presenza diun medico per tutti gli atti di specifica competenza.

4. Lo stesso medico o biologo non può assumere la direzione tecnica di più di una struttura.

5. Tutto il personale, ad eccezione di quello amministrativo ed ausiliario, deve essere provvisto del titolo di abilita-zione professionale previsto dalle normative vigenti.

Art. 124(Locali delle strutture)

1. Tutte le strutture devono disporre almeno di:

a) un locale di attesa;

b) un locale per l’accettazione e le attività amministrative;

c) distinti servizi igienici per il personale e per i pazienti;

d) un locale per il prelievo di campioni;

e) uno o più locali per le esecuzioni analitiche;

f) un locale per il lavaggio e la sterilizzazione della vetreria.

2. I locali adibiti ad attività accessorie, indicati alle lettere a) e b) ed i servizi igienici devono essere opportuna-mente dimensionati ed adeguati all’uso al quale sono destinati.

3. La superficie complessiva dei locali utili al lavoro analitico indicati alle lettere d), e), f), non deve essere inferiorea 12 mq per operatore laureato e tecnico.

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4. Le strutture di «fascia B» devono disporre inoltre di:

a) un locale per la batteriologia;

b) un locale per la microscopia da ricomprendere eventualmente nel precedente purché la superficie sia sufficien-temente ampia ed un intero banco sia riservato alla colorazione ed alla lettura dei preparati;

c) un locale per la decontaminazione ed il lavaggio del materiale infetto;

d) un locale per la preparazione e la sterilizzazione della vetreria e dei terreni di coltura.

5. La superficie complessiva dei locali di cui ai punti precedenti non deve essere inferiore a mq 35 e quella di cia-scun locale opportunamente dimensionata all’uso al quale lo stesso è destinato.

6. Per le strutture di «fascia C» il numero, la destinazione e la superficie dei locali è stabilito con le stesse modalitàdi cui all’articolo 122, comma 3.

7. I locali, le attrezzature e tutto quanto necessario al corretto svolgimento dell’attività devono soddisfare le normevigenti in materia di sanità, di prevenzione antincendio, di infortunistica e igiene del lavoro, di tutela della popola-zione contro i rischi da radiazioni ionizzanti, qualora vengano impiegate sostanze radioattive.

8. Il prelievo dei campioni biologici è considerato parte integrante dell’attività delle singole strutture e deve essereeffettuato nelle strutture stesse, al domicilio del paziente o nei punti prelievo autorizzati ai sensi del r.r. 2/2000.

Art. 125(Registrazione e archiviazione dei dati)

1. In tutte le strutture deve essere predisposto un sistema di registrazione che, nel rispetto delle norme che salva-guardano la riservatezza dei dati, consenta di accertare con immediatezza il numero dei prelievi e quello delle deter-minazioni analitiche effettuate giornalmente per ogni tipo di esame, allo scopo di verificare il carico di lavoro di cuiall’articolo 129.

2. I referti delle analisi devono riportare la data di esecuzione, il nome e cognome del paziente, le metodiche adot-tate, i risultati ottenuti con riferimento ai valori «normali» propri del metodo.

3. In ogni caso le strutture devono rispettare, allorché predisposte, le stesse modalità di espressione e referenta-zione dei dati analitici adottati dai servizi pubblici di diagnostica di laboratorio.

4. Le registrazioni e le copie dei referti sono conservate per un periodo non inferiore a cinque anni.

Art. 126(Autorizzazione)

1. Chiunque intenda aprire e gestire, ampliare, trasformare, trasferire in altra sede una struttura privata di diagno-stica di laboratorio, o comunque variare le condizioni esistenti all’atto del rilascio della primitiva autorizzazione,deve inoltrare domanda al competente Servizio regionale secondo quanto previsto dal r.r. 2/2000.

2. La domanda deve contenere:

a) il tipo di struttura che si intende aprire, ampliare, trasformare o trasferire;

b) l’esatta ubicazione della stessa;

c) indicazioni dettagliate sulla progettazione, comprendente la planimetria dei locali su scala 1/100, la destina-zione degli stessi, la descrizione dettagliata del numero e del tipo di attrezzature e di impianti di cui la struttura ver-rebbe dotata;

d) le generalità ed i titoli professionali e di studio del direttore tecnico designato;

e) indicazioni sul numero e sulle qualifiche professionali del restante personale;

f) indicazione dell’orario di apertura al pubblico e dell’orario di attività;

g) copia dell’atto costitutivo e le generalità del legale rappresentante, se il richiedente è persona giuridica.

3. Il competente Servizio regionale concede l’autorizzazione secondo quanto previsto dal r.r. 2/2000.

4. L’autorizzazione è strettamente personale, qualsiasi variazione di titolarità deve essere oggetto di preventiva au-torizzazione.

5. All’atto del rilascio dell’autorizzazione, la dotazione di personale e di attrezzature non deve essere comunque in-feriore agli standards minimi per le rispettive fasce previste dal presente Capo.

Art. 127(Vigilanza)

1. Allo scopo di verificare la rispondenza del funzionamento delle strutture alle disposizioni del presente Capo e ga-rantire il corretto espletamento dell’attività delle stesse, l’Azienda USL territorialmente competente dispone periodi-camente ispezioni.

2. Qualora vengano riscontrate inadempienze alle disposizioni del presente Capo o del provvedimento di autoriz-zazione ovvero la struttura interrompa la propria attività per un periodo superiore ai tre mesi, il Servizio regionalecompetente diffida il titolare a rimuovere le inadempienze riscontrate o a riattivare la struttura fissando un congruotermine, trascorso inutilmente il quale procede alla revoca dell’autorizzazione.

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Art. 128(Obblighi del titolare)

1. Il titolare dell’autorizzazione è tenuto a:

a) trasmette al Servizio regionale competente e all’Azienda USL territorialmente competente le notizie richiestein ordine all’attività svolta, al personale in servizio, nonché, ogni altra notizia richiesta a fini epidemiologici e stati-stici;

b) comunicare tempestivamente all’organo competente ai sensi di quanto indicato dalle presenti norme:

1) le assenze del direttore tecnico e gli impedimenti anche temporanei dello stesso, trasmettendo contestuale di-chiarazione di accettazione provvisoria delle funzioni da parte di un altro idoneo operatore;

2) tutte le sostituzioni ed integrazioni di personale e di attrezzature;

3) i periodi di chiusura per ferie e le interruzioni di attività da qualsiasi causa determinate;

c) assicurare la presenza del direttore tecnico responsabile per un numero giornaliero di ore pari almeno allametà dell’orario di attività della struttura, nonché quello del restante personale laureato e tecnico per l’intero arcodell’orario predetto;

d) aderire ai controlli di qualità predisposti dagli organi competenti per le strutture di diagnostica di laboratorio,pubbliche e private, operanti nel territorio regionale.

Art. 129(Adeguamento dei requisiti)

1. Sulla base del volume del lavoro annualmente accertato per ogni singola struttura con i criteri di cui all’allegato“B” annesso al presente Capo, l’Azienda USL dispone per le strutture per le quali si renda necessario, l’adeguamentodelle dotazioni di personale e attrezzature rispetto a quelle minime iniziali di cui agli artt. 121, 122 e 123 fissando uncongruo termine trascorso inutilmente il quale attiva il procedimento di revoca dell’autorizzazione da parte del Ser-vizio regionale competente.

CAPO IIIRILASCIO DEL NULLA OSTA ALL’IMPIEGO DI SORGENTI DI RADIAZIONI IONIZZANTI

COMPORTANTI ESPOSIZIONI A SCOPO MEDICO

Art. 130(Nulla osta - Domanda e Autorità competente)

1. L’impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti comportanti esposizioni a scopo medico, in attuazione all’articolo29, comma 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 (Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Eura-tom, 96/29/Euratom, 2006/117/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti, 2009/71/Euratom in materia di sicurezzanucleare degli impianti nucleari e 2011/70/Euratom in materia di gestione sicura del combustibile esaurito e dei ri-fiuti radioattivi derivanti da attività civili), è soggetto a nulla osta preventivo, fatte salve le esenzioni previste dallanormativa vigente.

2. L’Autorità competente all’adozione dei provvedimenti previsti dal presente Capo, di seguito denominata “Auto-rità”, è il responsabile del Servizio della Direzione regionale competente cui sono attribuite le relative funzioni.

3. La domanda di nulla osta è presentata alla Direzione regionale competente e contiene i dati e gli elementi relativial tipo di pratica che si intende svolgere, alle caratteristiche delle macchine radiogene e al tipo e alle quantità di ma-terie radioattive che si intendono impiegare, alle modalità di produzione e smaltimento di rifiuti, all’eventuale ricicloo riutilizzazione dei materiali, all’identificazione dei rischi per la popolazione e per i lavoratori ammessi all’eserciziodella pratica.

4. La domanda è corredata dalla documentazione redatta e firmata, per la parte di propria competenza, dal-l’esperto qualificato di cui all’articolo 77 del d.lgs. 230/1995.

5. Le modalità di cui ai commi 3 e 4 si osservano anche per le domande relative alla modifica del nulla osta.

Art. 131(Commissione per la radioprotezione)

1. È istituita, presso la Direzione regionale competente, la Commissione per la radioprotezione, di seguito denomi-nata “Commissione”, organismo tecnico consultivo ai sensi dell’articolo 29, comma 2, del d.lgs. 230/1995, a cui sonoattribuiti i seguenti compiti:

a) esprimere parere tecnico obbligatorio preventivo sulle istanze ai fini del rilascio del nulla osta per le attivitàcomportanti esposizione a radiazioni ionizzanti a scopo medico di categoria B;

b) assicurare il supporto tecnico all’Autorità ai fini del parere per il rilascio del nulla osta di categoria A, ai sensidell’articolo 28 del d.lgs. 230/1995;

c) esprimere parere tecnico sulle istanze per il rilascio del nulla osta di categoria B, per scopi diversi da quellomedico, su eventuale richiesta del Prefetto, ai sensi dell’articolo 29, comma 2 secondo periodo del d.lgs. 230/1995.

2. La Commissione è presieduta dal dirigente del Servizio regionale competente o da un suo delegato, ed è compo-sta da:

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a) un fisico esperto in fisica medica, come definito ai sensi del decreto legislativo 26 maggio 2000, n. 187, articolo2, comma 1, lettera i);

b) un esperto qualificato iscritto all’elenco di cui all’articolo 78 del d.lgs. 230/1995, con abilitazione almeno di se-condo grado;

c) un medico specialista in medicina nucleare o in radioterapia o, in caso di non disponibilità di tali specialisti,in radiodiagnostica;

d) un medico specialista in medicina del lavoro, preferibilmente in possesso della qualifica di medico autorizzatodi cui all’articolo 88 del d.lgs. 230/1995;

e) un rappresentante dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (A.R.P.A.);

f) un rappresentante della Direzione territoriale del lavoro;

g) un rappresentante del Comando provinciale dei vigili del fuoco.

3. La Commissione è integrata da un rappresentante della Prefettura presso la quale è istruita la pratica di cui al-l’articolo 29, comma 2, secondo periodo del d.lgs. 230/1995.

4. La Commissione dura in carica tre anni ed è costituita con decreto del Presidente della Giunta regionale, sullabase delle designazioni effettuate dalla Giunta regionale, con riferimento ai membri di cui alle lettere a), b), c), d) delcomma 2 e dagli organismi previsti dalle lettere e), f), g) del comma 2 e dal comma 3.

5. La Commissione, una volta insediata, approva il regolamento organizzativo che disciplina, in particolare, la pe-riodicità delle riunioni, le modalità di valutazione tecnica delle richieste di parere, il numero minimo di partecipantiai fini della valida espressione dei pareri. La Direzione regionale competente assicura il supporto organizzativo allaCommissione.

6. La disciplina dei compensi ai componenti della Commissione per la radioprotezione, estranei alla Amministra-zione regionale, è stabilita dalla Giunta regionale con proprio atto, nel rispetto della normativa nazionale e regionalevigente.

Art. 132(Rilascio nulla-osta)

1. L’Autorità provvede sulle istanze per il rilascio del nulla osta e relative modifiche, acquisito il parere della Com-missione di cui all’articolo 131, entro novanta giorni dal ricevimento della istanza e comunica immediatamente al-l’interessato l’esito del procedimento. Copia dei provvedimenti viene inviata all’Azienda U.S.L. competente per terri-torio, al Comando provinciale dei vigili del fuoco, alla Direzione territoriale del lavoro, all’A.R.P.A. e all’Agenzia na-zionale per la protezione dell’ambiente (A.N.P.A.).

2. La Commissione esprime il proprio parere entro sessanta giorni dalla data della richiesta da parte della Autorità.Qualora siano necessari ulteriori documenti o elementi conoscitivi, i termini di cui al comma 1 e al presente commasono interrotti per una sola volta e ricominciano a decorrere dall’inizio, a partire dalla data di ricevimento dei docu-menti e/o degli elementi conoscitivi richiesti.

3. Nel caso di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 131, il parere della Commissione deve essere espresso en-tro novanta giorni dalla richiesta e immediatamente comunicato al Prefetto, ferma restando la possibilità di interru-zione del termine di cui al comma 2.

Art. 133(Prescrizioni nel nulla-osta)

1. Nel nulla osta sono inserite eventuali specifiche prescrizioni tecniche relative:

a) alle fasi di costruzione, di prova e di esercizio, alla gestione dei rifiuti radioattivi, al riciclo dei materiali, allacessazione dell’attività e alla disattivazione degli impianti, compresa l’eventuale copertura finanziaria per la disatti-vazione medesima;

b) al valore massimo di dose derivante dall’attività per gli individui dei gruppi di riferimento della popolazione adessa interessata, tenendo conto dell’esposizione esterna e dell’esposizione interna;

c) allo smaltimento di materie radioattive nell’ambiente;

d) agli aspetti della radioprotezione del paziente.

Art. 134(Aggiornamento, variazioni, modifiche)

1. Ogni sette anni, a decorrere dalla data di rilascio, il titolare del nulla osta ha l’obbligo di inoltrare all’Autorità,che la trasmette per il parere alla Commissione, una relazione tecnica, sottoscritta, per la parte di propria compe-tenza, dall’esperto qualificato di cui all’articolo 77 del d.lgs. 230/1995, relativa alla gestione radioprotezionistica del-l’attività con l’aggiornamento della documentazione originariamente prodotta.

2. Le variazioni nello svolgimento dell’attività che non comportino modifiche del provvedimento autorizzativo odelle prescrizioni tecniche in esso contenute sono soggette a preventiva comunicazione all’Autorità. Il titolare delnulla osta può adottare le variazioni qualora, entro sessanta giorni dalla richiesta, l’Autorità non abbia comunicatol’avvio del procedimento di modifica del nulla osta.

3. Il nulla osta può essere modificato dall’Autorità competente nei seguenti casi:a) ove ritenuto necessario, a seguito del parere della Commissione sulla relazione tecnica di cui al comma 1;

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b) su richiesta del titolare del nulla osta, in caso di variazioni che comportino modifiche all’oggetto del provvedi-mento o alle prescrizioni tecniche;

c) su richiesta degli organi di vigilanza individuati al comma 1 del dell’articolo 136.

Art. 135(Cessazione, revoca, sospensione)

1. La comunicazione di cessazione dell’attività oggetto del nulla-osta deve essere trasmessa, almeno trenta giorniprima della data di cessazione, all’Autorità e, in copia, ai soggetti di cui al comma 1 dell’articolo 132.

2. Alla comunicazione deve essere allegata una relazione sottoscritta, per gli aspetti di propria competenza, dal-l’esperto qualificato, di cui all’articolo 77 del d.lgs. 230/1995, che attesti, in particolare, il rispetto delle eventuali pre-scrizioni contenute nel nulla osta, inerenti la disattivazione dell’attività.

3. Al termine delle operazioni di cessazione dell’attività l’esercente trasmette all’Autorità una relazione, sottoscrittadall’esperto qualificato per gli aspetti di propria competenza, che attesti l’assenza di vincoli di natura radiologicanelle installazioni in cui l’attività è stata effettuata.

4. L’Autorità provvede, entro trenta giorni dalla data di ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, sentitoil parere della Commissione, alla revoca del nulla osta, disponendo l’adozione di eventuali ulteriori prescrizioni.

5. L’Autorità procede alla sospensione o alla revoca del nulla osta nei casi e con le modalità previste dall’articolo 35del d.lgs. 230/1995.

6. Copia della revoca e della sospensione del nulla osta è inviata ai soggetti di cui al comma 1 dell’art. 132.

Art. 136(Vigilanza)

1. Le funzioni di vigilanza sul possesso del nulla osta e sul rispetto, da parte del titolare, delle prescrizioni inseritenel nulla osta sono esercitate dagli organismi di cui all’articolo 59, comma 2 del d.lgs. 230/1995 nonché dall’A.R.P.A.,quest’ultima per quanto attiene gli aspetti ambientali. Detti organismi comunicano all’Autorità competente le viola-zioni rilevate, ai fini dell’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 135.

TITOLO XVPROMOZIONE E TUTELA DELLA SALUTE

CAPO IREGOLAMENTAZIONE DEL SERVIZIO DI ASSISTENZA DEI NEFROPATICI CRONICI

Art. 137(Organizzazione dell’assistenza ai nefropatici cronici)

1. La Regione istituisce il servizio dialisi per l’assistenza dei nefropatici cronici per i quali non sia necessario pro-cedere a ricovero ospedaliero secondo le modalità di cui al presente Capo e può concedere, nelle fattispecie e nei li-miti previsti dalla disposizioni vigenti in materia, contributi per trapianti renali.

2. L’assistenza di cui al comma 1 consiste:a) nel trattamento conservativo medico, affidato ai servizi dialisi, fatti salvi gli oneri incombenti sugli enti gestori

dell’assicurazione contro le malattie;b) nella consulenza per il trattamento dietetico, affidato ai servizi dialisi;c) nell’assistenza per l’adeguamento dell’attività lavorativa al grado di invalidità che spetta ai servizi competenti

delle Aziende U.S.L.;d) nei trattamenti dialitici, domiciliari o ambulatoriali ad assistenza limitata secondo le norme di cui agli articoli

138 e 139;e) nella consulenza telefonica per il paziente in trattamento dialitico domiciliare e per il suo assistente, di cui al-

l’articolo 140;f) nel trasporto dal domicilio al servizio di trattamento dialitico;g) nell’addestramento del personale di assistenza al trattamento dialitico secondo le norme previste all’articolo

142.

Art. 138(Dialisi domiciliare)

1. Per trattamento dialitico domiciliare si intende una tecnica affidata, nella sua condotta operativa, direttamenteal paziente, che la effettua senza la presenza di personale sanitario o con l’ausilio di un familiare o terzo da lui desi-gnato, entrambi addestrati dal servizio dialitico ospedaliero.

Art. 139(Dialisi ambulatoriale ed assistenza limitata)

1. Per trattamento dialitico ambulatoriale ad assistenza limitata si intende una tecnica affidata ad un operatore sa-nitario che assiste nell’ambito dei servizi ospedalieri ed extraospedalieri anche più pazienti contemporaneamente.

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Art. 140(Consulenza telefonica)

1. L’Azienda sanitaria organizza presso il servizio dialitico la consulenza telefonica, per il paziente in trattamentodomiciliare e per il suo assistente, nelle ore concordate per l’effettuazione della dialisi.

2. Il paziente ed il suo assistente debbono segnalare qualsiasi situazione che, a loro giudizio, si discosti dal normalesvolgimento del trattamento dialitico e, in caso di incidente, debbono immediatamente collegarsi con il servizio.

3. Attraverso la consulenza telefonica il medico del servizio dialisi consiglia la soluzione più opportuna, assicura,in caso di necessità, il pronto intervento tecnico del servizio stesso e decide il ricovero di urgenza.

4. Il servizio dialisi non risponde alle conseguenze derivanti da irreperibilità o mancata disponibilità nel caso dicollegamenti telefonici per trattamenti dialitici effettuati in orari non concordati.

Art. 141(Responsabilità)

1. I servizi dialisi autorizzati dagli atti di programmazione regionale hanno la responsabilità tecnica dell’assistenzadei pazienti in dialisi domiciliare ed ambulatoriale ad assistenza limitata.

2. Il personale di altri presidi utilizzato per tale assistenza dipende funzionalmente dai servizi dialisi.

3. L’Azienda USL assicura i collegamenti con i servizi dialisi sia per effettuare il trattamento dialitico sia per gli in-terventi conservativi medici e dietetici.

Art. 142 (Corsi di addestramento)

1. Il paziente, il suo assistente e l’operatore di cui all’articolo 139 vengono messi in grado di attendere al tratta-mento dialitico domiciliare e ambulatoriale ad assistenza limitata attraverso la frequenza di corsi appositi autoriz-zati dalla Giunta regionale presso i servizi dialisi ai quali gli interessati sono obbligati a partecipare se intendono av-valersi del servizio.

Art. 143(Contributi spese telefoniche)

1. La Giunta regionale può concedere ai nefropatici non abbienti un contributo per l’installazione dell’apparecchiotelefonico a domicilio.

Art. 144 (Doveri del paziente nell’esercizio della dialisi domiciliare)

1. Le sedute di dialisi devono avvenire nei giorni e nelle ore concordate con il servizio dialisi. Qualsiasi seduta didialisi in ore e giorni diversi da quelli fissati deve essere concordata oppure, in caso di emergenza, tempestivamentesegnalata. Il servizio dialisi non risponde delle conseguenze di una mancata reperibilità degli operatori sanitari se ladialisi viene eseguita in orari non concordati.

2. Il paziente deve condurre il trattamento secondo le regole apprese durante il corso accettando inoltre eventualivariazioni ritenute necessarie dai medici responsabili del programma o imposte dagli sviluppi del programma stesso.Non sono consentite variazioni se non preventivamente concordate con il servizio dialisi.

3. Il paziente deve dare tempestivamente segnalazioni di qualsiasi situazione anormale o di incidente di qualsiasientità al servizio dialisi che impartirà le opportune istruzioni.

Art. 145(Norme di indirizzo per i corsi)

1. La Giunta regionale con proprio regolamento disciplina la durata, il contenuto, lo svolgimento dei corsi e la no-mina dei docenti, stabilisce i requisiti per l’ammissione, la composizione delle commissioni giudicatrici le modalitàrelative alla distribuzione, uso delle apparecchiature e dei materiali, nonché le garanzie assicurative.

CAPO IIISTITUZIONE DEL SERVIZIO DI OSPEDALIZZAZIONE A DOMICILIO

PER PAZIENTI ONCOLOGICI TERMINALI

Art. 146(Programma di ospedalizzazione domiciliare)

1. Al fine di assicurare un’assistenza domiciliare qualificata ai pazienti oncologici terminali, la Giunta regionale,sentite le Aziende sanitarie regionali, predispone un programma di ospedalizzazione domiciliare che ha validità perla durata del Piano sanitario regionale di cui costituisce parte integrante.

2. Il programma contiene l’indicazione delle forme di erogazione dell’assistenza, le modalità per la determinazionedella riduzione effettiva della spesa nella struttura, le procedure per garantire l’intervento domiciliare nella misuradella riduzione della spesa effettivamente conseguita.

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Art. 147(Promozione e coordinamento)

1. La Giunta regionale promuove e coordina il servizio per il trattamento a domicilio dei pazienti colpiti da neopla-sia in fase terminale, nelle Aziende sanitarie regionali, nei casi in cui è possibile la sostituzione delle cure da effet-tuare in costanza di ricovero con cure presso il domicilio.

Art. 148(Richiesta ed autorizzazione)

1. Ciascuna ospedalizzazione domiciliare di pazienti oncologici terminali viene attivata su richiesta del paziente odella famiglia con il parere del medico di medicina generale e previa autorizzazione del presidio ospedaliero pub-blico presso il quale il paziente è in cura.

Art. 149(Trattamento domiciliare)

1. Il trattamento a domicilio ha luogo mediante l’impiego, da parte delle Aziende sanitarie regionali competenti perterritorio, di personale specializzato con particolare riferimento alle specifiche esperienze di terapia del dolore, giàmaturate nelle singole aziende sanitarie.

2. Il programma di ospedalizzazione domiciliare di cui all’art. 146 può essere attuato, su richiesta dei pazienti odelle famiglie, anche presso residenze collettive o case alloggio a favore di quei soggetti affetti da malattia oncologicacon gravi limitazioni dell’autosufficienza o terminali, che non possono essere accolti nell’ambito familiare.

3. Il trattamento domiciliare può essere attuato anche con il concorso di organizzazioni di volontariato, di cui alpresente Testo unico, all’uopo convenzionate.

Art. 150(Convenzioni)

1. La Giunta regionale predispone uno schema di convenzione tipo da stipularsi da parte delle Aziende sanitarie re-gionali con le organizzazioni di volontariato di cui all’art. 149, comma 3.

2. La convenzione disciplina in particolare modalità e termini del concorso delle organizzazioni di volontariato allaoperatività del servizio, le modalità e la misura del contributo pubblico, le forme di controllo delle Aziende sanitarieregionali sulle modalità di eventuale utilizzazione presso il domicilio di farmaci, compresi quelli autorizzati per ilsolo uso ospedaliero, come previsto dal comma 1, dell’art. 6 del d.p.r. 20 ottobre 1992.

CAPO IIINORME PER LA RAZIONALIZZAZIONE DEI SERVIZI TRASFUSIONALI

E LA PROMOZIONE DELLA DONAZIONE DEL SANGUE

Art. 151(Promozione donazione del sangue)

1. Il presente Capo contiene disposizioni per la promozione e la razionalizzazione della attività di donazione volon-taria del sangue, riconoscendo la funzione civica, sociale e solidaristica delle associazioni aventi come fine istituzio-nale tale attività.

Art. 152 (Rinvio al piano sanitario regionale)

1. Il piano sanitario regionale, nel rispetto delle disposizioni statali in materia, determina criteri ed indirizzi perl’organizzazione, il funzionamento e il coordinamento dei servizi inerenti la raccolta, preparazione, conservazionedel sangue umano per uso trasfusionale, prevedendo a tale scopo la creazione di un sistema regionale trasfusionaleunitario (S.T.U.).

Art. 153(Consulta tecnico-scientifica)

1. È istituita, presso la Giunta regionale, la Consulta tecnico-scientifica per il sistema regionale del sangue, con ilcompito, in particolare, di elaborare:

a) i programmi promozionali da attivarsi attraverso i mass-media;

b) gli interventi di educazione sanitaria diretti a particolari fasce di popolazione;

c) le proposte dirette alla migliore tutela dei donatori;

d) le proposte concernenti indicazioni per l’aggiornamento degli operatori sul più razionale impiego delle risorsetrasfusionali.

2. La Consulta, inoltre, verifica le problematiche connesse alla attivazione dei rapporti convenzionali con leAziende sanitarie regionali.

3. La Consulta è composta da:

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a) l’assessore regionale alla sanità o suo delegato, che la presiede;

b) i responsabili dei centri trasfusionali, presenti sul territorio regionale;

c) cinque esperti designati dalle associazioni dei donatori volontari del sangue individuate con atto della Giuntaregionale sulla base della rispettiva rappresentatività;

d) da un funzionario della Direzione regionale competente della Giunta regionale, e da questa designato.

4. La Consulta adotta un proprio regolamento interno.

5. Le funzioni di segretario sono espletate da un funzionario incaricato dalla Giunta regionale.

6. Ai componenti della Consulta spettano i compensi stabiliti dalla normativa e regionale vigente.

Art. 154(Volontariato)

1. La Regione riconosce che l’attività di propaganda e l’organizzazione dei donatori da parte delle associazioni delvolontariato costituiscono momenti fondamentali ed insostituibili per garantire ai presìdi sanitari delle aziende sani-tarie della Regione il soddisfacimento delle esigenze di sangue e dei relativi derivati.

2. Allo scopo di ottenere un incremento delle unità-sangue donate, la Regione eroga contributi all’Associazione Vo-lontari Italiani del Sangue (AVIS) regionale e alle altre associazioni esistenti e costituite nella Regione, ai sensi del-l’articolo 7 della legge 21 ottobre 2005, n. 219 (Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazio-nale degli emoderivati).

3. I contributi di cui al comma precedente sono finalizzati a:

a) attività di propaganda da svolgere in armonia con i programmi di educazione sanitaria svolti dalle aziende sa-nitarie;

b) opera di razionalizzazione, organizzazione e coordinamento dell’attività dei singoli organismi locali del volon-tariato e la programmazione delle donazioni dei donatori abituali;

c) il miglioramento del raccordo operativo tra le associazioni di volontariato ed i presìdi delle aziende sanitarie.

4. La Giunta regionale, con proprio atto, stabilisce i criteri per l’erogazione dei contributi di cui al comma 2. I con-tributi sono erogati dalla Giunta stessa con proprio atto entro il 31 gennaio di ogni anno, sulla base di idoneo pro-gramma di attività da parte dei soggetti di cui al comma 2, da presentare entro il 30 novembre dell’anno precedente.

Art. 155(Convenzioni)

1. Il concorso delle associazioni di volontariato alle attività dei servizi delle aziende sanitarie dell’Umbria per laraccolta, preparazione, conservazione e distribuzione del sangue è regolato, nel rispetto delle disposizioni nazionalie regionali vigenti, mediante convenzione, da stipulare tra ciascuna aziende sanitarie e le associazioni operanti nelterritorio di competenza.

2. La convenzione deve prevedere la costituzione e la disciplina di funzionamento di un Comitato paritetico com-posto di un pari numero di rappresentanti delle aziende sanitarie e delle associazioni, per la verifica dell’attuazionedella stessa e la partecipazione alle sedute del Comitato del responsabile del servizio trasfusionale dell’azienda sani-taria.

CAPO IVNORME HUMAN IMMUNODEFICIENCY VIRUS (H.I.V.) PER LA LIMITAZIONE

DELL’INFEZIONE DA E DEL FENOMENO DELL’ABBANDONO DELLE SIRINGHE USATE

Art. 156(Azioni volte a limitare l’infezione da H.I.V. e altre infezioni virali sangue correlate

e il fenomeno dell’abbandono di siringhe usate)

1. La Regione, al fine del raggiungimento degli obiettivi di tutela della salute dei cittadini e di creazione di un mo-derno ed integrale sistema di sicurezza sociale previsto dall’art. 13 dello Statuto, promuove azioni volte a limitarel’infezione da H.I.V. e altre infezioni virali sangue correlate e il fenomeno dell’abbandono di siringhe usate.

Art. 157(Acquisto ed installazione di distributori)

1. Per il raggiungimento delle finalità di cui all’art. 156, le Aziende USL d’intesa con i Comuni interessati, provve-dono all’acquisto ed alla installazione nel proprio territorio di distributori scambiatori automatici di siringhe mo-nouso e di distributori automatici di profilattici.

2. L’installazione dei distributori di cui al comma 1 è inoltre disposta, d’intesa con le autorità competenti, negli Isti-tuti di prevenzione e pena, nelle Caserme, negli Istituti di scuola media superiore e nelle Università, salvaguardandole esigenze di riservatezza dei soggetti utilizzatori.

3. Per gli interventi programmati nei confronti delle realtà scolastiche, l’intesa di cui al comma 2 dovrà prevederemetodologie, procedure anche finanziarie e di informazione capaci di determinare le più ampie convergenze tra leautorità scolastiche, le famiglie e gli studenti.

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Art. 158(Localizzazione dei siti e gestione dei distributori)

1. I Comuni interessati provvedono alla gestione dei distributori di cui all’art. 157 mediante le farmacie comunali,siano esse associate in aziende che direttamente gestite.

2. I Comuni interessati che non dispongono di farmacie comunali operanti sul territorio, possono convenzionarsicon le altre farmacie aperte al pubblico per garantire il servizio.

3. Nell’espletamento dei compiti di cui al comma 1 i Comuni si avvalgono della collaborazione dei servizi di assi-stenza per la tossicodipendenza presso le Aziende USL di cui all’art. 27 della legge 26 giugno 1990, n. 162 (Aggiorna-mento, modifiche ed integrazioni della L. 22 dicembre 1975, n. 685, recante disciplina degli stupefacenti e sostanzepsicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza).

Art. 159 (Raccolta e distribuzione delle siringhe usate)

1. I Comuni e le Aziende USL usufruiscono delle strutture abilitate allo smaltimento dei rifiuti speciali e/o tossiciper la raccolta e la distribuzione delle siringhe usate.

Art. 160(Conferenza regionale permanente)

1. È istituita la «Conferenza regionale permanente per le tossicodipendenze da droga, sostanze stupefacenti o psi-cotrope», con compiti di informazione, consultazione, studio e raccordo delle attività di prevenzione, cura e recu-pero socio-sanitario, svolte in tutto il territorio della Regione in materia di tossicodipendenza.

2. La Conferenza è presieduta dal Presidente della Giunta regionale o da un suo delegato.

3. La Conferenza si compone:

a) di un rappresentante per ogni Azienda USL;

b) di un rappresentante per ogni Comune con popolazione superiore ai 30.000 abitanti e di tre rappresentanti de-gli altri Comuni, designati dall’A.N.C.I.;

c) di un rappresentante per Provincia;

d) di cinque rappresentanti scelti dalla Giunta regionale, sulla base di oggettivi criteri di rappresentatività conparticolare riguardo alla consistenza ed alla territorialità, fra quelli designati dalle Associazioni di cui all’art. 371;

e) di tre rappresentanti designati dalle Comunità terapeutiche;

f) di dieci rappresentanti, degli studenti eletti negli organismi rappresentativi degli Istituti superiori e universi-tari, designati dai rispettivi organi collegiali e scelti dalla Giunta regionale sulla base di oggettivi criteri di rappresen-tatività con particolare riguardo alla loro consistenza ed alla territorialità.

4. La nomina dei componenti la Conferenza è effettuata con decreto del Presidente della Giunta regionale.

5. Alla Conferenza sono invitati i responsabili dei competenti uffici delle amministrazioni statali interessate allaprevenzione ed al recupero dalle tossicodipendenze.

6. La Conferenza dura in carica cinque anni ed ai componenti non spetta alcun compenso.

7. La Conferenza adotta un regolamento interno con cui disciplina il proprio funzionamento.

Art. 161 (Relazione annuale)

1. La Giunta regionale presenta all’Assemblea Legislativa entro il 30 aprile di ciascun anno, una relazione circa lostato di applicazione del presente Capo.

CAPO VTUTELA SANITARIA DELLE ATTIVITÀ SPORTIVE

Art. 162(Promozione dell’educazione e tutela dei soggetti che praticano attività motorie e sportive)

1. La Regione, nell’ambito della programmazione sanitaria, provvede alla promozione dell’educazione e della tu-tela di coloro che praticano attività motorie e sportive di tipo agonistico e non agonistico quali validi strumenti diprevenzione, di mantenimento e recupero della salute.

Art. 163 (Destinatari degli interventi)

1. Sono sottoposti al controllo sanitario per la certificazione di idoneità all’esercizio delle attività sportive gli atletiche praticano l’attività sportiva in forma agonistica ai sensi del decreto ministeriale 18 febbraio 1982 e per l’attivitàsportiva non agonistica ai sensi del decreto ministeriale 24 aprile 2013.

2. Ai sensi del decreto 24 aprile 2013 del Ministro della sanità, sono sottoposti al controllo sanitario per la certifica-zione di idoneità all’esercizio delle attività sportive in forma non agonistica:

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a) gli alunni che svolgono attività fisico-sportive organizzate dagli organi scolastici nell’ambito delle attività para-scolastiche;

b) coloro che svolgono attività organizzate dal CONI o da società sportive affiliate alle federazioni sportive nazio-nali o dagli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI e che non siano qualificati atleti agonisti ai sensi deldecreto 18 febbraio 1982 del Ministro della sanità;

c) coloro che partecipano ai giochi sportivi studenteschi nelle fasi precedenti a quelle nazionali.

Art. 164 (Funzioni della Regione)

1. La Regione, nella materia regolata dal presente Capo, esercita le funzioni di programmazione, di indirizzo e co-ordinamento, di controllo e di vigilanza previste all’art. 5 ed inoltre:

a) istituisce il libretto sanitario sportivo dell’atleta di cui all’art. 167;b) nomina i componenti della Commissione medica regionale per i ricorsi avverso i giudizi di non idoneità nella

pratica sportiva agonistica di cui all’art. 170.

Art. 165(Funzioni delle Aziende USL)

1. Le Aziende USL nell’esercizio delle competenze loro attribuite dal d.lgs. 502/1992, nell’ambito della programma-zione sanitaria regionale, operano per il perseguimento delle finalità di cui all’articolo 162 assicurando in partico-lare:

a) promozione dell’attività fisica rivolta a tutta la popolazione nelle diverse fasce di età con l’obiettivo di favorireuno stile di vita sano e di migliorare lo stato di salute;

b) l’accertamento anche periodico e la certificazione di idoneità psicofisica alle attività sportive svolte in formaagonistica;

c) l’accertamento, anche periodico, e la certificazione di idoneità generica alle attività sportive svolte in formanon agonistica comprese quelle nell’ambito scolastico;

d) l’attività di supporto clinico strumentale per programmi terapeutico-riabilitativi per la popolazione in gene-rale e, in particolare, in favore delle persone disabili;

e) l’organizzazione dei servizi di pronto soccorso, di assistenza e di controllo medico in occasione di manifesta-zioni o competizioni sportive di particolare rilevanza;

f) lo svolgimento di attività didattiche e di ricerca in campo medico sportivo, in collaborazione con la Federa-zione medici sportivi italiani (F.M.S.I.) e l’Università degli studi di Perugia.

2. Le Aziende USL attuano, mediante i competenti servizi di igiene e prevenzione dei Dipartimenti igiene e preven-zione, i compiti di vigilanza nei confronti dei centri privati e degli specialisti che operano nel campo della medicinasportiva, secondo le direttive della Giunta regionale.

Art. 166(Attuazione degli interventi)

1. Agli accertamenti diagnostici, alle visite mediche di selezione e di controllo periodico, al rilascio della certifica-zione di idoneità all’attività sportiva agonistica provvedono, sulla base di piani annuali preventivi delle prestazioni, iservizi di medicina dello sport pubblici o privati accreditati, ai sensi dell’art. 118.

2. Di norma, si procede all’accreditamento dei soggetti interessati, sia pubblici sia privati, in possesso dei requisitidi legge, nel rispetto del criterio del loro analogo utilizzo.

3. Sono altresì autorizzati al rilascio della certificazione di idoneità all’attività sportiva agonistica specialisti in me-dicina dello sport operanti presso strutture sanitarie non accreditate o ambulatori medici privati ai sensi dell’art.117. La struttura sanitaria o l’ambulatorio medico devono essere, inoltre, in possesso dei requisiti di organizzazione,struttura ed attrezzatura determinati dalla Giunta regionale in riferimento a quelli generali e specifici previsti per lestrutture accreditate che svolgono attività analoghe.

4. Le certificazioni di cui all’art. 163, comma 2, redatte in conformità al decreto 24 aprile 2013 del Ministro dellasanità e successive modificazioni, sono rilasciate anche dai medici di medicina generale e dagli specialisti pediatri dilibera scelta convenzionati con le Aziende USL. In caso di dubbio sull’idoneità del soggetto i medici hanno facoltà distabilire e richiedere interventi di consulenza e/o accertamenti sanitari presso i Servizi di medicina dello sport pub-blici accreditati.

5. Ai soggetti riconosciuti idonei all’attività sportiva agonistica viene rilasciato un certificato di idoneità predispo-sto in triplice copia, conforme agli schemi approvati con decreto ministeriale 18 febbraio 1982, su modello unico re-gionale.

6. Una copia del certificato di idoneità è consegnata all’interessato o alla società, un’altra è inviata alla Azienda USLdi appartenenza dell’utente. Una copia, unitamente alla documentazione sanitaria relativa agli accertamenti effet-tuati, deve essere conservata presso la struttura sanitaria che l’ha rilasciata per almeno cinque anni e tenuta a dispo-sizione per legittima richiesta.

7. Qualora l’interessato richieda il rilascio della certificazione di idoneità all’attività sportiva agonistica ai medicispecialisti autorizzati ai sensi del presente articolo, nessun onere può essere posto a carico del Servizio sanitario re-gionale.

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Art. 167(Libretto sanitario sportivo)

1. La Regione istituisce in collaborazione con il CONI il libretto sanitario sportivo personale, ad uso medico spor-tivo, valevole dieci anni, sul quale il medico certificante l’idoneità alla pratica sportiva agonistica deve annotare:

a) le generalità dell’atleta;

b) lo sport o gli sport praticati;

c) la società sportiva di appartenenza;

d) la data della visita di idoneità;

e) gli accertamenti eseguiti;

f) l’esito finale della visita;

g) le visite di controllo;

h) la data dell’effettuazione dell’ultimo richiamo della vaccinazione antitetanica. Il libretto sanitario sportivo è ri-lasciato dall’Azienda USL competente, secondo un modello approvato dalla Giunta regionale ed è strettamente per-sonale.

2. Le visite per l’idoneità alla pratica sportiva devono essere effettuate previa esibizione del libretto sanitario, da re-stituire al completamento della visita medico-sportiva con le annotazioni contenute nel certificato di cui al comma 6dell’art. 166.

Art. 168 (Tutela sanitaria degli atleti disabili)

1. La richiesta di certificazione per l’espletamento di attività sportive da parte di atleti disabili deve essere corredatada certificazione o cartella clinica che attesti l’eziologia della disabilità.

2. La certificazione di idoneità deve fare riferimento alle attività sportive per gli atleti disabili secondo le norme edi regolamenti della Federazione italiana sport disabili.

3. L’accertamento per gli atleti disabili comporta, ai sensi del decreto 4 marzo 1993 del Ministro della sanità, ungiudizio altamente individualizzato, con analisi ed apprezzamento delle condizioni di invalidità del soggetto e dellecaratteristiche biomeccaniche e di impegno funzionale dell’attività sportiva da svolgere.

Art. 169(Controllo anti-doping)

1. I controlli anti-doping sono svolti dal Servizio sanitario regionale nel rispetto di quanto previsto dalla legge 26ottobre 1971, n. 1099 (Tutela sanitaria delle attività sportive), del decreto 5 luglio 1975 del Ministro della sanità edalla legge 14 dicembre 2000, n. 376 (Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il do-ping).

2. Gli oneri finanziari relativi agli accertamenti sono a carico di chi richiede il controllo.

Art. 170(Commissione medica regionale per i ricorsi)

1. Ai soggetti non riconosciuti idonei all’espletamento dell’attività sportiva agonistica viene rilasciato certificato dinon idoneità in conformità al decreto 18 febbraio 1982 del Ministro della sanità.

2. In caso di esito negativo degli accertamenti sanitari volti a valutare l’idoneità all’attività sportiva agonistica e nonagonistica, gli interessati possono, entro trenta giorni, proporre istanza di revisione alla commissione sanitaria pre-vista dall’art. 6 del decreto 18 febbraio 1982 del Ministro della sanità e nominata dal Presidente della Giunta regio-nale, previa deliberazione della stessa. La commissione dovrà pronunciarsi entro i successivi trenta giorni dal ricevi-mento dell’istanza.

3. La commissione dura in carica cinque anni ed è composta da:

a) un medico specialista in medicina dello sport che svolge anche le funzioni di presidente;

b) un medico specialista in medicina interna o in materie equivalenti;

c) un medico specialista in cardiologia;

d) un medico specialista in ortopedia;

e) un medico specialista in medicina legale e delle assicurazioni. I componenti della commissione possono esserericonfermati.

4. Le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario regionale della Direzione regionale competente.

5. Per ciascun componente effettivo è nominato un supplente che partecipa alle sedute in caso di assenza o impe-dimento del componente effettivo.

6. Le sedute della commissione sono valide con la presenza di tutti i componenti o degli eventuali sostituti.

7. La disciplina dei compensi ai componenti della Commissione medica regionale per i ricorsi, estranei alla Ammi-nistrazione regionale, che grava sul bilancio regionale, è stabilita dalla Giunta regionale con proprio atto, nel rispettodella normativa nazionale e regionale vigente.

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Art. 171 (Adempimenti delle società sportive)

1. Le società sportive sono tenute, sotto la propria responsabilità, a subordinare il tesseramento e la partecipazionedegli atleti alle attività sportive, agonistiche e non, alla presentazione di certificazione di idoneità sportiva previstadel presente capo, conservando agli atti la relativa documentazione e verificandone la scadenza e la validità giuridica.

2. Le Società sportive dilettantistiche e professionistiche si dotano di defibrillatori semi automatici ai sensi delD.M. 24 aprile 2013.

3. Gli enti organizzatori di manifestazioni sportive sono tenuti ad assicurare a proprie spese, per i partecipanti allecompetizioni, i servizi di assistenza, controllo medico e di pronto soccorso previsti dal regolamento delle federazionisportive nazionali ed internazionali. Gli enti organizzatori sono tenuti a comunicare alle Aziende USL il calendariodelle manifestazioni, perché possano essere predisposti eventuali controlli e il supporto assistenziale.

CAPO VIISTITUZIONE NELLE AZIENDE USL DELLA REGIONE DEL SERVIZIO

DI ASSISTENZA ODONTOIATRICA PROTESICA ED ORTESICA

Art. 172(Attivazione di un Servizio di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica)

1. In ogni distretto sanitario delle Aziende USL della Regione è attivato un Servizio di assistenza odontoiatrica,protesica ed ortesica (di seguito denominato Servizio) allo scopo di tutelare e migliorare la salute dei cittadini, dicontenere i costi per gli utenti per prestazioni sanitarie e sociali, dando priorità alle fasce più deboli della popola-zione, individuate con regolamento regionale, al fine di realizzare altresì un effettivo regime di libera scelta tra servi-zio pubblico, anche integrato da strutture odontoiatriche private accreditate, e strutture private nel mantenimento dielevati standards qualitativi.

2. Le strutture odontoiatriche private accreditate di cui all’articolo 173, comma 1, lettera b), garantiscono all’utenteparità di trattamento e di accesso.

Art. 173(Erogazione dell’assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica)

1. Le prestazioni di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica di cui al presente Capo sono erogate nell’ambitodel territorio regionale:

a) dal Servizio attivato nei distretti sanitari delle Aziende USL;

b) dalle strutture odontoiatriche private accreditate, previa stipula di specifici contratti con l’Azienda USL terri-torialmente competente.

2. La Giunta regionale, con direttiva vincolante, assunta ai sensi dell’art. 5, comma 3, indica gli standards organiz-zativi, gestionali e dimensionali cui le Aziende USL devono attenersi per l’attivazione del Servizio.

3. La direttiva di cui al comma 2 dispone, in particolare, che:

a) le dotazioni tecnologiche e le attrezzature dei gabinetti odontoiatrici per l’attivazione del Servizio, sono con-formi a quanto previsto dall’Allegato C al decreto del Presidente della Repubblica del 28 luglio 2000, n. 271 (Regola-mento di esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulato-riali interni);

b) il Servizio è articolato in più gabinetti odontoiatrici nell’ambito del territorio di ciascun distretto sanitario, te-nuto conto delle dimensioni ed articolazioni territoriali del distretto stesso;

c) le Aziende USL, nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 8-quinquies del 502/1992, impiegano medici chi-rurghi dentisti ed odontoiatri dipendenti e specialisti ambulatoriali convenzionati e che le attività infermieristichesono assicurate dal personale dipendente della Azienda USL;

d) le Aziende USL nello stipulare i contratti ai sensi del comma 1, lettera b), prevedono l’applicazione da partedelle strutture odontoiatriche private accreditate del nomenclatore tariffario di cui al comma 4;

e) la gestione finanziaria del Servizio è separata dal Fondo sanitario regionale.

4. La Giunta regionale, con proprio atto, predispone l’elenco di tutte le prestazioni necessarie ad assicurare l’assi-stenza odontoiatrica, protesica ed ortesica ed il relativo tariffario, comprensivo altresì dei costi dei materiali (di se-guito denominato nomenclatore tariffario), tenendo conto anche del tariffario regionale per prestazioni di assistenzaspecialistica ambulatoriale.

Art. 174 (Oneri per gli utenti)

1. È a totale carico degli assistiti la tariffa delle prestazioni previste dalla presente Capo nei limiti delle previsionidel nomenclatore tariffario di cui all’articolo 173, comma 4.

2. Gli assistiti sono tenuti ad anticipare almeno il trenta per cento della spesa risultante da un preventivo apposita-mente predisposto dal Servizio o dalle strutture odontoiatriche private accreditate di cui all’articolo 173, comma 1,lettera b) ed a versare la quota rimanente dopo l’erogazione delle prestazioni.

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3. Restano salvi i diritti degli assistiti esentati dalla spesa sanitaria, ai sensi del decreto del Presidente del Consigliodei ministri 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli essenziali di assistenza) e dei provvedimenti relativi adottatidalla Giunta regionale.

Art. 175 (Gestione finanziaria del Servizio di assistenza odontoiatrica protesica ed ortesica)

1. Gli oneri derivanti alle Aziende USL per il Servizio di cui al presente capo sono finanziati attraverso uno specialeFondo, distinto in spese correnti e spese di investimento, alimentato con le entrate derivanti dalle prestazioni effet-tuate, restando escluso l’utilizzo di risorse del Fondo sanitario regionale.

Art. 176(Contributi per l’attivazione del Servizio di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica)

1. Per lo svolgimento del Servizio di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica la Giunta regionale eroga alleAziende USL contributi sulla base di criteri e modalità stabilite con proprio atto, per attrezzare gabinetti odontoia-trici idonei.

TITOLO XVINORME IN MATERIA DI PREVENZIONE

CAPO IPREVENZIONE E TUTELA DELLA SALUTE NEI LUOGHI DI LAVORO

Art. 177(Campo di applicazione)

1. Il presente capo fissa i principi relativi alla programmazione, organizzazione e gestione delle attività per la pre-venzione e la tutela della salute nei luoghi di lavoro, in conformità a quanto previsto in particolare dagli articoli 14,20 e 21 della legge 833/1978, e dagli articoli 7, 10, 11, 13 del decreto legisaltivo del 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazionedell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123), in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di la-voro), in armonia con la programmazione regionale sanitaria e con le linee di indirizzo nazionali.

2. In relazione a quanto stabilito dall’art. 20, ultimo comma, della legge 833/1978, la Regione e le Aziende USL rea-lizzano per quanto di competenza le attività di prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro condividendo ipiani di attività con le istituzioni e gli enti presenti nel Comitato Regionale di Coordinamento per la Salute e la Sicu-rezza nei Luoghi di Lavoro previsto dal DPCM 21 dicembre 2007.

Art. 178(Compiti della Regione)

1. La Regione promuove la prevenzione e la tutela della salute nei luoghi di lavoro:

a) delineando strategie ed obiettivi programmatici nell’ambito del Piano Regionale della Prevenzione;

b) promuovendo l’integrazione delle politiche volte a tutelare la salute nei luoghi di lavoro attraverso il ComitatoRegionale di Coordinamento per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro di cui all’articolo 7 del d.lgs. 81/2008.

Art. 179(Compiti delle Aziende USL)

1. Presso ciascuna Azienda USL è istituito, in seno alla macro-area della prevenzione nei luoghi di lavoro del Dipar-timento di Prevenzione, il Servizio di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (di seguito Servizio PSAL).

Art. 180(Obiettivi del Servizio PSAL)

1. Al Servizio PSAL compete:

a) garantire le attività di prevenzione e vigilanza in materia di tutela della salute e del benessere dei lavoratori diogni genere e provenienza, in attuazione di quanto previsto dall’art. 9 della legge 20 maggio 1970, n. 300 [Normesulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro enorme sul collocamento (Statuto dei Lavoratori)] e dall’art. 13 del d.lgs. 81/ 2008;

b) garantire lo sviluppo integrato di tutte le attività che competono al Servizio in materia di prevenzione nei luo-ghi di lavoro ed il raggiungimento degli obiettivi definiti in sede di programmazione regionale e di Aziende USL, inbase alla l. 833/1978 ed al d.lgs. 81/2008;

c) fornire alla pubblica amministrazione, alle associazioni imprenditoriali, dei lavoratori e alla società civile sup-porto consultivo in materia di salute e sicurezza del lavoro ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. 81/2008;

d) sostenere l’applicazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, anche attraverso attività diinformazione, assistenza e coordinamento, finalizzate alla prevenzione dei fattori di rischio e alla rimozione deglielementi di nocività in particolare nei confronti della piccola impresa ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. 81/2008;

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e) favorire la partecipazione delle parti sociali e delle loro rappresentanze al processo di prevenzione, attraversola periodica informazione sulle attività svolte e sui risultati ottenuti, anche per il tramite del Comitato Regionale diCoordinamento per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;

f) monitorare i danni da lavoro e le condizioni di rischio lavorativo.

2. Le attività di cui al comma 1 possono essere svolte anche in integrazione con gli altri Servizi del Dipartimento diPrevenzione e della Azienda USL qualora tale modalità di lavoro determini vantaggio per la collettività.

Art. 181(Compiti del Servizio PSAL)

1. Il Servizio PSAL raggiunge gli obiettivi di cui all’art. 180 attraverso le seguenti attività:

a) vigilanza e controllo tecnico e amministrativo, anche in riferimento agli aspetti organizzativi del lavoro;

b) emissione di provvedimenti amministrativi o sanzionatori conseguenti alle inosservanze rilevate in corso di vi-gilanza o finalizzati a prevenire situazioni di rischio per la salute e sicurezza dei lavoratori;

c) effettuazione di accertamenti sanitari sui lavoratori, laddove previsto dalla normativa nazionale vigente;

d) controllo delle condizioni di lavoro anche attraverso interventi di igiene industriale e di valutazione dello statodi salute dei lavoratori;

e) indagine di infortunio sul lavoro e di malattia professionale di iniziativa o su delega dell’autorità giudiziaria;

f) produzione periodica di informazioni sulle attività svolte e sui risultati ottenuti;

g) emissione di pareri tecnico preventivi, laddove previsto dalle disposizioni vigenti o su richiesta degli enti pub-blici territoriali, su progetti di insediamenti destinati alla produzione di beni e servizi o su modifiche degli stessi, suprocessi di lavoro ed attività soggetti ad istruttoria amministrativa o autorizzazione da parte della pubblica ammini-strazione;

h) verifica degli impianti di esclusiva competenza Azienda USL, previsti dalla normativa vigente;

i) raccolta e elaborazione dei dati relativi ai danni correlati al lavoro, provenienti dai sistemi informativi istitu-zionali;

j) realizzazione di interventi di assistenza con il fine di migliorare l’organizzazione del sistema di tutela delleaziende, in particolare nella piccola impresa, anche attraverso iniziative o atti di indirizzo destinati ai datori di la-voro, ai servizi di prevenzione e protezione, ai medici competenti ed ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezzaaziendali, territoriali e di sito produttivo.

Art. 182(Articolazione del Servizio PSAL)

1. Ciascuna Azienda USL organizza all’interno della pianta organica del Dipartimento di Prevenzione il ServizioPSAL, diretto da personale medico con specializzazione in medicina del lavoro o titolo di servizio equiparato, artico-lato in Unità Operative (UO), integrate per lo sviluppo dei programmi di attività del servizio, così definite:

a) UO di medicina del lavoro ed epidemiologia occupazionale;

b) UO di igiene del lavoro e tossicologia industriale;

c) UO di sicurezza dei luoghi di lavoro, degli impianti e delle attrezzature.

Art. 183(Attività di controllo e vigilanza)

1. Le attività di controllo e vigilanza nei luoghi di lavoro vengono esercitate ai sensi dell’art. 21 della legge 833/1978e dell’art. 13 del d.lgs. 81/2008 anche da personale dei Servizi PSAL delle Aziende USL munito di qualifica di Ufficialedi Polizia Giudiziaria acquisita attraverso nomina prefettizia.

2. Il Presidente della Giunta regionale, ai fini della proposta dei nominativi degli operatori cui dovrà essere attri-buita la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria ai sensi dell’ art. 21, terzo comma, della legge 833/1978, si avvaledei criteri formulati con deliberazione della Giunta regionale.

CAPO IINORME IN MATERIA DI CREMAZIONE, DISPERSIONE DELLE CENERI E SERVIZI CIMITERIALI

Art. 184(Cremazione, conservazione e dispersione delle ceneri)

1. Il presente Capo, nel rispetto delle disposizioni contenute nella legge 30 marzo 2001, n. 130 (Disposizioni in ma-teria di cremazione e dispersione delle ceneri) disciplina la pratica della cremazione e dispersione delle ceneri nel ri-spetto delle volontà e dignità del defunto e delle diverse convinzioni religiose e culturali di ogni individuo.

2. L’autorizzazione alla cremazione è concessa nel rispetto dei principi e delle modalità di cui alla legge 130/2001.

3. La dispersione delle ceneri avviene nei luoghi indicati dall’articolo 3, comma 1, lettera c), della legge 130/2001 onel cinerario comune ed è eseguita dal coniuge, da altro familiare o dal personale a tal fine autorizzato dall’avente di-ritto o, in caso di iscrizione del defunto a un’associazione aderente alla Federazione italiana delle società per la cre-mazione, dal rappresentante legale dell’associazione stessa che ne dà comunicazione ai familiari di primo grado.

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4. Nel caso in cui il defunto non abbia manifestato la volontà di far disperdere le sue ceneri, queste vengono ripostein un’urna sigillata, recante i dati anagrafici, per la tumulazione o l’affidamento ai familiari di primo grado.

5. Il coniuge superstite e i figli possono richiedere l’affidamento delle ceneri del defunto già depositate nel cinerariocomune.

6. La consegna dell’urna cineraria è effettuata previa sottoscrizione di un documento nel quale i soggetti di cui alcomma 3 dichiarano la destinazione finale dell’urna o delle ceneri. Tale documento, conservato in copia presso l’im-pianto di cremazione e presso il Comune in cui è avvenuto il decesso, costituisce documento di accompagnamentoobbligatorio nelle fasi di trasporto delle ceneri.

7. In caso di comprovata necessità, l’ufficiale di stato civile autorizza, con il consenso dei familiari di primo grado,la cremazione delle salme inumate da almeno dieci anni e delle salme tumulate da almeno venti anni, secondo le pro-cedure previste per l’autorizzazione alla cremazione.

Art. 185(Attività funebre)

1. I Comuni singoli o associati disciplinano, nel rispetto della legislazione vigente, i servizi cimiteriali e ne infor-mano i cittadini, con particolare riguardo alle differenti forme di sepoltura e ai relativi profili economici.

2. I Comuni assicurano spazi adeguati per lo svolgimento di funerali civili tali da consentire la riunione di personee lo svolgimento delle onoranze funebri nel rispetto della volontà del defunto e dei suoi familiari. Tali spazi possonoessere utilizzati anche per lo svolgimento di riti funebri per culti diversi da quello cattolico.

3. La Giunta regionale, d’intesa con l’ANCI e le associazioni di categoria, emana il codice deontologico delle im-prese, società e consorzi che svolgono attività funebre.

Art. 186(Cimiteri)

1. Il Comune è tenuto a garantire sepoltura ai cadaveri dei propri residenti e delle persone decedute nel territoriodel comune, quale ne fosse la residenza, ai cadaveri di aventi diritto al seppellimento in sepoltura privata esistentenel comune stesso e alle ossa, resti mortali e ceneri derivanti da cadaveri. Le attività cimiteriali sono disciplinate daiComuni sulla base di un regolamento tipo, previa richiesta di parere all’ANCI.

2. Ogni Comune, nell’ambito della pianificazione urbanistica e territoriale, prevede aree cimiteriali in grado di ri-spondere alle necessità di sepoltura nell’arco dei trenta anni successivi all’adozione degli strumenti urbanistici, te-nuto conto degli obblighi di cui al comma 1 e con la finalità di favorire il ricorso alle forme di sepoltura di minor im-patto sull’ambiente.

3. La cremazione e la manutenzione dei cimiteri possono essere affidate a soggetti privati mediante convenzione.

4. L’area cimiteriale deve essere delimitata da idonea recinzione. L’area di rispetto lungo il perimetro cimiterialedeve essere definita considerando:

a) la necessità di dotazione di parcheggi e servizi per i frequentatori;

b) l’eventuale necessità di ampliamento, in relazione alle previsioni di cui al comma 2;

c) l’eventuale presenza di servizi o impianti tecnologici all’interno del cimitero e le conseguenti distanze di tutela;

d) il rispetto delle attività di culto.

5. Il Comune, su richiesta di privati o associazioni o enti morali, può concedere in uso aree all’interno del cimiteroper sepolture private, nel rispetto dei requisiti tecnici ed igienico-sanitari previsti dalla normativa.

6. Il Comune può richiedere al Presidente della Giunta regionale l’autorizzazione alla tumulazione in luoghi al difuori del cimitero, quando ricorrano giustificati motivi di speciali onoranze.

CAPO IIIDISCIPLINA IN MATERIA DI REQUISITI IGIENICO-SANITARI DELLE PISCINE AD USO NATATORIO

Art. 187(Oggetto e definizioni)

1. Il presente Capo detta disposizioni in materia di requisiti igienico-sanitari relativi alla struttura e alla manuten-zione delle piscine ad uso natatorio e alla qualità delle acque e detta disposizioni in materia di vigilanza.

2. Le disposizioni del presente Capo si applicano esclusivamente alle piscine classificate nelle categorie A, classeA/1, A/2, A/3, A/4 e B, classe B/1, di cui all’articolo 188, ed aventi tipologie di vasche a), b), c), d), e) ed f) di cui all’ar-ticolo 189.

3. Sono escluse dalle disposizioni del presente Capo le piscine classificate nella categoria B, classe B/2, e nella cate-goria C di cui all’articolo 188.

4. Si definisce piscina un complesso attrezzato per la balneazione che comporta la presenza di uno o più bacini ar-tificiali utilizzati per attività ricreative, formative, sportive e terapeutiche esercitate nell’acqua contenuta nei bacinistessi.

5. Parti essenziali costituenti il complesso sono:

a) sezione vasche;

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b) sezione servizi;

c) sezione impianti tecnici;

d) sezione pubblico;

e) sezione attività accessorie.

Art. 188(Classificazione delle piscine)

1. Le piscine, ai fini igienico-sanitari, sono classificate in base ai seguenti criteri: destinazione, caratteristiche am-bientali e strutturali, tipo di utilizzazione.

2. Le piscine in base alla loro destinazione si distinguono nelle categorie A, B e C, a loro volta suddivise in classi.

3. Alla categoria A appartengono le piscine pubbliche o private destinate ad una utenza pubblica.

4. La categoria A è suddivisa nelle seguenti classi:

a) A/1 piscine pubbliche o private aperte al pubblico;

b) A/2 piscine ad uso collettivo inserite in strutture ricettive alberghiere, extralberghiere, all’aria aperta e agritu-ristiche, a disposizione esclusiva degli alloggiati, nonché inserite in altre strutture adibite ad uso collettivo quali col-legi, convitti, scuole, università, comunità, palestre, circoli e associazioni, a disposizione dei soli ospiti, studenti,clienti o soci;

c) A/3 impianti finalizzati al gioco acquatico;

d) A/4 strutture complesse comprendenti piscine rientranti in più di una delle classi di cui alle lettere a), b) e c).

5. Alla categoria B appartengono le piscine costituenti parti comuni dell’edificio ai sensi dell’articolo 1117 del co-dice civile e destinate agli abitanti del condominio stesso e le piscine di pertinenza di abitazioni private facenti partedi edificio o complesso residenziale destinate agli abitanti dell’edificio o complesso stessi e non comprese tra quelleclassificate A/2 del comma 4.

6. La categoria B è suddivisa nelle seguenti classi:

a) B/1 piscine facenti parte di condomini o di pertinenza di abitazioni private facenti parte di edificio o com-plesso residenziale costituiti da più di quattro unità abitative;

b) B/2 piscine facenti parte di condomini o di pertinenza di abitazioni private facenti parte di edificio o com-plesso residenziale costituiti da non più di quattro unità abitative.

7. Alla categoria C appartengono le piscine destinate ad usi speciali collocate all’interno di strutture di cura, di ria-bilitazione e termale.

8. In base alle caratteristiche ambientali e strutturali le piscine si distinguono in:

a) scoperte se costituite da complessi con uno o più bacini artificiali non confinati entro strutture chiuse perma-nenti;

b) coperte se costituite da complessi con uno o più bacini artificiali confinati entro strutture chiuse permanenti;

c) di tipo misto se costituite da complessi con uno o più bacini artificiali scoperti e coperti utilizzabili anche con-temporaneamente;

d) di tipo convertibile se costituite da complessi con uno o più bacini artificiali nei quali gli spazi destinati alle at-tività possono essere aperti o chiusi in relazione alle condizioni atmosferiche.

Art. 189(Tipologie di vasche)

1. In base alla loro utilizzazione si individuano nelle categorie di piscine di cui all’articolo 188 i seguenti tipi di va-sche:

a) agonistiche, per nuotatori e di addestramento al nuoto, aventi requisiti che consentono l’esercizio delle attivitànatatorie in conformità al genere ed al livello di prestazioni per le quali è destinata la piscina, nel rispetto delle normedella Federazione Italiana Nuoto (FIN) e della Federation Internationale de Natation Amateur (FINA);

b) per tuffi ed attività subacquee, aventi requisiti che consentono l’esercizio delle attività in conformità al genereed al livello di prestazioni per le quali è destinata la piscina, nel rispetto delle norme della FIN e della FINA;

c) ricreative, aventi requisiti morfologici e funzionali che le rendono idonee per il gioco e la balneazione;

d) per bambini, aventi requisiti morfologici e funzionali, quali la profondità massima di sessanta centimetri, chele rendono idonee per la balneazione dei bambini;

e) polifunzionali, aventi caratteristiche morfologiche e funzionali che consentono l’uso contemporaneo del ba-cino per attività differenti o che posseggono requisiti di convertibilità che le rendono idonee ad usi diversi;

f) ricreative attrezzate, caratterizzate dalla prevalenza di attrezzature accessorie quali acquascivoli, sistemi diformazione di onde, fondi mobili;

g) per usi riabilitativi, aventi requisiti morfologici e funzionali nonché dotazione di attrezzature specifiche perl’esercizio esclusivo di attività riabilitative e rieducative sotto il controllo sanitario specialistico;

h) per usi curativi e termali, nelle quali l’acqua viene utilizzata come mezzo terapeutico in relazione alle sue ca-ratteristiche fisico-chimiche intrinseche e/o alle modalità con cui viene in contatto dei bagnanti e nelle quali l’eserci-zio delle attività di balneazione viene effettuato sotto il controllo sanitario specialistico.

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Art. 190(Utenti)

1. Gli utenti delle piscine si distinguono in:

a) frequentatori: utenti presenti all’interno dell’impianto natatorio;

b) bagnanti: utenti che si trovano all’interno della sezione vasche delimitata sul posto.

2. Il numero massimo di frequentatori e di bagnanti ammissibili è determinato, con le norme regolamentari, in re-lazione alle diverse categorie di piscine.

Art. 191(Parere igienico-sanitario)

1. Per la costruzione di nuovi impianti natatori o per la ristrutturazione e/o ampliamento di impianti esistenti checomportano variazioni distributive e/o funzionali è necessario acquisire il preventivo parere igienico-sanitario del-l’Azienda USL competente.

Art. 192(Inizio attività)

1. L’inizio dell’attività delle piscine di nuova costruzione appartenenti alle classi A/1 ed A/4 è subordinato alla co-municazione alla Azienda USL competente al fine dell’acquisizione del parere igienico-sanitario successivo alla rea-lizzazione dell’impianto.

2. L’inizio dell’attività delle piscine appartenenti alle classi A/2, A/3 e B/1 è subordinato alla comunicazione allaAzienda USL competente.

Art. 193(Comunicazioni periodiche delle attività stagionali)

1. I titolari degli impianti realizzati per le attività stagionali, trenta giorni prima dell’attivazione dell’impianto, co-municano alla Azienda USL competente la riapertura della struttura e le eventuali variazioni degli impianti e/o delresponsabile della piscina, nonché la chiusura della struttura, qualora debba verificarsi l’interruzione dell’attività.

Art. 194(Dotazione di personale)

1. Il titolare dell’impianto nomina il responsabile della piscina o dichiara formalmente di assumerne personal-mente le funzioni al fine di garantire l’igiene, la sicurezza e la funzionalità delle piscine.

2. Il responsabile della piscina assicura:

a) il corretto funzionamento della struttura sotto ogni aspetto gestionale, tecnologico e organizzativo;

b) il rispetto dei requisiti igienico-sanitari e ambientali previsti dall’Accordo del 16 gennaio 2003 tra Ministrodella Salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, di seguito denominato Accordo Stato-Regioni 16gennaio 2003;

c) la corretta esecuzione delle procedure di autocontrollo;

d) le operazioni di pulizia quotidiana.

3. Per le piscine di classe B/1, salvo diversa formale designazione, il responsabile della piscina è l’amministratore;in mancanza di amministratore o di responsabile designato rispondono i proprietari nei modi e limiti stabiliti dalleleggi vigenti in materia.

4. Il responsabile della piscina individua le seguenti figure:

a) assistente bagnanti;

b) addetto agli impianti tecnologici.

5. L’assistente bagnanti di cui al comma 4, lettera a), abilitato alle operazioni di salvataggio e di primo soccorso aisensi della normativa vigente, vigila, ai fini della sicurezza, sulle attività che si svolgono in vasca e negli spazi perime-trali intorno alla vasca. In ogni piscina con bagnanti è assicurata la presenza di assistenti bagnanti durante tuttol’orario di funzionamento della piscina, fatti salvi i casi previsti al comma 6.

6. I responsabili delle piscine classificate A/2 e B/1 possono derogare dall’obbligo della presenza di assistente ba-gnanti secondo le disposizioni previste dalle norme regolamentari di cui all’articolo 205.

7. L’addetto agli impianti tecnologici di cui al comma 4, lettera b) garantisce il corretto funzionamento degli im-pianti ai fini del rispetto dei requisiti igienico-sanitari e ambientali di cui all’Accordo Stato-Regioni 16 gennaio 2003.

Art. 195(Requisiti strutturali)

1. I requisiti strutturali delle parti essenziali del complesso di cui all’articolo 187 comma 5, devono:

a) garantire che la potenzialità degli impianti di trattamento dell’acqua sia proporzionata al volume dell’acquadelle vasche e al carico inquinante dovuto all’utilizzazione delle stesse;

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b) garantire che l’attività natatoria, nelle varie forme previste per le diverse categorie e gruppi di piscine e tipi divasche, possa svolgersi nel rispetto delle esigenze di sicurezza e di sorveglianza degli utenti;

c) garantire che la fruizione da parte degli utenti e la pulizia ordinaria e straordinaria degli spogliatoi, delle doccee dei servizi igienici e di tutte le aree accessorie e di disimpegno possa avvenire in modo regolare e col minimo ri-schio per la sicurezza degli utenti;

d) garantire che la localizzazione e l’installazione degli impianti, nonché la loro gestione, siano tali da assicurarecondizioni di sicurezza e di facile accessibilità;

e) garantire la fruibilità da parte dei portatori di handicap, secondo la normativa vigente.

Art. 196(Documentazione)

1. Il responsabile della piscina tiene a disposizione della Azienda USL competente, incaricata dei controlli esterni,la seguente documentazione:

a) il documento di valutazione del rischio in cui è considerata ogni fase che potrebbe rivelarsi critica nella ge-stione dell’attività. Il documento tiene conto dei seguenti principi:

1) l’analisi dei potenziali pericoli igienico-sanitari per la piscina;

2) l’individuazione dei punti o delle fasi in cui possono verificarsi i pericoli di cui alla lettera a), numero 1) e la de-finizione delle relative misure preventive da adottare;

3) l’individuazione dei punti critici e definizione dei limiti degli stessi;

4) la definizione del sistema di monitoraggio;

5) l’individuazione delle azioni correttive;

6) le verifiche periodiche delle attività di gestione ed autocontrollo ed eventuali aggiornamenti, anche in rela-zione al variare delle condizioni iniziali, delle analisi dei rischi, dei punti critici, e delle procedure in materia di con-trollo e sorveglianza;

b) il registro dei requisiti tecnico-funzionali;

c) il registro dei controlli dell’acqua in vasca;

d) la documentazione relativa alla normativa antinfortunistica;

e) la documentazione relativa alla certificazione degli impianti;

f) la copia dei brevetti degli assistenti bagnanti;

g) l’attestazione di eventuali corsi di aggiornamento e formazione del personale operante presso l’impianto dibalneazione.

2. La documentazione di cui al comma 1 è a disposizione della Azienda USL competente per un periodo di almenodue anni.

Art. 197(Controlli)

1. I controlli per la verifica del corretto funzionamento del complesso sono distinti in controlli interni, eseguiti acura del responsabile della piscina, e controlli esterni di competenza dell’Azienda USL.

2. Per le piscine di proprietà pubblica o privata destinate ad una utenza pubblica di cui alla categoria A dell’articolo188, comma 3, sono fatti salvi i controlli delle commissioni comunali e provinciali di vigilanza sui locali di pubblicospettacolo di cui al regolamento per l’esecuzione del Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza regio-decreto 6maggio 1940, n. 635, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 28 maggio 2001, n. 311.

Art. 198(Controlli interni)

1. Il responsabile della piscina garantisce la corretta gestione sotto il profilo igienico-sanitario di tutti gli elementifunzionali del complesso che concorrono alla sicurezza della piscina.

2. I controlli interni sono eseguiti secondo le norme regolamentari di cui all’art. 205, lettera f), con attività di ge-stione e di auto-controllo indicate nella documentazione di cui all’articolo 196.

3. Il responsabile della piscina, qualora a seguito dei controlli interni riscontri valori dei parametri microbiologicie chimico-fisici non conformi ai valori stabiliti dall’Accordo Stato-Regioni 16 gennaio 2003 provvede al ripristinodelle condizioni ottimali.

4. Il responsabile della piscina comunica alla Azienda USL competente per territorio la non conformità di cui alcomma 3 non risanabile rapidamente; indica altresì i provvedimenti che intende adottare al fine del ripristino dellecondizioni ottimali.

Art. 199(Controlli esterni)

1. I controlli ed i relativi prelievi sono effettuati dalla Azienda USL competente, sulla base di appositi piani di con-trollo e di vigilanza e secondo modalità e frequenza che tengono conto della tipologia degli impianti esistenti all’in-

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terno degli specifici ambiti territoriali, con particolare riferimento ai punti critici evidenziati nel documento di valu-tazione del rischio di cui all’articolo 196, comma 1, lettera a) e di autocontrollo di cui all’articolo 198 predisposti dalresponsabile dell’impianto.

2. L’Azienda USL competente qualora accerti la non conformità dell’impianto ai requisiti prescritti dall’AccordoStato-Regioni 16 gennaio 2003, adotta i necessari provvedimenti finalizzati al ripristino della salubrità.

Art. 200(Corsi di formazione ed aggiornamento)

1. La Regione, tramite le Aziende USL, dispone l’organizzazione di corsi di formazione ed aggiornamento, finaliz-zati all’acquisizione della necessaria conoscenza sanitaria in materia di igiene delle piscine, per i responsabili dellepiscine, per gli assistenti bagnanti e per gli addetti agli impianti tecnologici. I corsi non sostituiscono quelli specificidi qualificazione professionale riconosciuti dalla normativa nazionale.

Art. 201(Primo soccorso)

1. Le piscine sono dotate di un sistema organizzato di primo soccorso di facile accesso per lo svolgimento delle re-lative operazioni.

2. Le piscine appartenenti alla classe A/1, sono dotate di un locale adibito esclusivamente a primo soccorso.

3. Il locale di primo soccorso, di cui al comma 2, è dotato di idonei materiali ed attrezzature di primo soccorso uti-lizzati dall’assistente bagnanti di cui all’articolo 194, comma 4, lettera a), in attesa dell’intervento del personale deiservizi pubblici di emergenza. Il locale è dotato, altresì, di telefono fisso e al suo interno è esposto un elenco conte-nente i numeri telefonici del servizio sanitario di emergenza.

4. Le piscine appartenenti alle classi A/2 e B/1 sono dotate, in un locale di facile accesso, di telefono fisso e elencocontenente i numeri telefonici del servizio sanitario di emergenza.

Art. 202(Regolamento interno)

1. Il responsabile della piscina adotta un regolamento interno per la disciplina del rapporto con gli utenti, in riferi-mento agli aspetti igienico-sanitari. In particolare il regolamento determina elementi comportamentali e di igienepersonale che contribuiscono a mantenere idonee le condizioni nell’impianto natatorio, nonché il numero massimodi frequentatori e di bagnanti.

Art. 203(Requisiti igienico-sanitari e ambientali)

1. Le piscine di cui all’articolo 187, comma 2, rispettano i requisiti igienico-sanitari e ambientali relativi alle carat-teristiche delle acque utilizzate, alle sostanze da impiegare per il trattamento dell’acqua, ai punti di prelievo, ai requi-siti termoigrometrici, di ventilazione, illuminotecnici e acustici stabiliti dalla tabella A all’allegato 1 dell’AccordoStato-Regioni 16 gennaio 2003.

2. I requisiti igienico-sanitari relativi alle caratteristiche delle acque utilizzate, di cui all’allegato 1 e alla tabella Adel citato Accordo Stato-Regioni, sono applicati anche alle piscine classificate B/2.

Art. 204(Sanzioni amministrative)

1. I comuni esercitano le funzioni amministrative relativamente all’applicazione delle sanzioni per le violazionidelle norme di cui al presente Capo, sulla base dell’accertamento delle violazioni effettuato dalla Azienda USL com-petente.

2. La violazione del numero massimo di frequentatori e di bagnanti ammissibili di cui all’articolo 190 comporta lachiusura dell’attività balneare per un massimo di cinque giorni.

3. La violazione delle disposizioni sulle comunicazioni di cui agli articoli 192 ed 193 comporta l’applicazione dellasanzione amministrativa da € 500,00 a € 2.400,00.

4. La violazione delle disposizioni sui compiti del responsabile della piscina di cui all’articolo 194, comma 2, letterea) e d), e comma 4 comporta l’applicazione della sanzione amministrativa da € 300,00 a € 3.000,00.

5. La violazione dei requisiti strutturali di cui all’articolo 195 comporta l’applicazione della sanzione amministra-tiva da € 300,00 a € 3.000,00.

6. La violazione delle disposizioni di cui all’articolo 196 comporta l’applicazione della sanzione amministrativa da€ 800,00 a € 4.000,00.

7. La violazione delle disposizioni di cui all’articolo 198 comporta l’applicazione della sanzione amministrativa da€ 800,00 a € 4.500,00.

8. La violazione delle disposizioni di cui all’articolo 201 comporta l’applicazione della sanzione amministrativa da€ 500,00 a € 3.500,00.

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9. La violazione dei requisiti igienico-sanitari e ambientali, di cui all’articolo 203, comma 1, ove non venga provve-duto tempestivamente al ripristino dei requisiti stessi, comporta l’applicazione della sanzione amministrativa da€ 500,00 a € 5.000,00.

10. La recidiva delle violazioni di cui ai commi 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 comporta la chiusura dell’attività balneare finoal ripristino delle condizioni la cui violazione ha comportato l’applicazione delle sanzioni di cui al presente articolo.

Art. 205(Norme regolamentari)

1. La Regione, al fine di assicurare le esigenze unitarie, stabilisce con norme regolamentari:

a) il numero massimo dei frequentatori e dei bagnanti di cui all’articolo 190;

b) le modalità di comunicazione di inizio delle attività alla Azienda USL competente di cui all’articolo 192;

c) le figure professionali dell’assistente bagnanti e dell’addetto agli impianti tecnologici di cui all’articolo 194,comma 4, nonché eventuali deroghe di cui allo stesso articolo 194, comma 6;

d) i requisiti strutturali di cui all’articolo 195;

e) le modalità ed i criteri per la tenuta della documentazione di cui all’articolo 196;

f) le modalità ed i criteri per i controlli interni di cui all’articolo 198;

g) le modalità ed i criteri per i controlli esterni delle ASL di cui all’articolo 199;

h) i materiali e le attrezzature di primo soccorso di cui all’articolo 201, comma 3;

i) le disposizioni tecniche da inserire nel regolamento interno di cui all’articolo 202.

CAPO IVNORME PER IL BENESSERE E LA TUTELA DEGLI ANIMALI DI AFFEZIONE

Art. 206(Benessere degli animali)

1. Il presente capo tutela le condizioni di vita degli animali di affezione e promuove comportamenti idonei a garan-tire forme di convivenza rispettose del benessere degli animali, delle esigenze ambientali e di quelle sanitarie, sia perla prevenzione e cura delle malattie proprie delle specie tutelate che per quelle trasmissibili agli altri animali ed al-l’uomo.

2. Ai fini del presente capo si intende:

a) animale di affezione ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall’uomo, per compagnia o affezionesenza fini produttivi o alimentari, compresi quelli che svolgono attività utili all’uomo, o a scopo amatoriale ludico-sportivo;

b) allevamento di cani e gatti per attività commerciali, la detenzione di cani e di gatti, anche a fini commerciali;

c) commercio di animali di affezione, qualsiasi attività economica svolta da negozi di vendita di animali o dapensioni per animali, nonché le attività di toelettamento e di addestramento.

3. Allo scopo di garantire il benessere degli animali:

a) è vietato causare dolore o sofferenza agli animali, fatti salvi i casi di intervento terapeutico;

b) sono vietati spettacoli, gare e rappresentazioni pubbliche o private che comportino maltrattamenti agli ani-mali;

c) è vietato abbandonare gli animali di affezione di cui si abbia il possesso o la detenzione a qualunque titolo, ocomunque lasciarli liberi o incustoditi senza le debite cautele;

d) gli animali di affezione senza legittimo proprietario ritrovati, catturati o comunque ospitati presso le strutturedi ricovero individuate ai sensi della presente legge, non possono essere soppressi né destinati alla sperimentazione,salvo quanto previsto dalla legge 14 agosto 1991, n. 281.

Art. 207(Responsabilità del detentore dell’animale)

1. Chiunque detiene un animale di affezione o accetta, a qualunque titolo, di occuparsene è responsabile della suasalute e del suo benessere e provvede a garantirgli ambiente, cure e attenzioni adeguate alla specie ed ai relativi biso-gni fisiologici ed etologici.

2. È vietato detenere animali che non si possono adattare alla cattività.

3. È vietato detenere animali di affezione in numero o in condizioni tali da causare problemi di natura igienica osanitaria, ovvero da recare pregiudizio al benessere degli animali stessi.

Art. 208(Controllo della riproduzione)

1. La Regione e le Aziende USL attraverso i servizi veterinari pubblici anche con la collaborazione dei medici vete-rinari liberi professionisti che operano nel settore e delle associazioni per la protezione degli animali, promuovono laconoscenza e la diffusione dei metodi per il controllo della riproduzione degli animali di affezione.

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2. Il controllo della popolazione dei cani e dei gatti mediante la limitazione delle nascite viene effettuato per mezzodei servizi veterinari delle Aziende USL, degli ambulatori veterinari autorizzati delle società cinofile, delle societàprotettrici degli animali e di privati.

3. I gatti che vivono in libertà sono sterilizzati a cura dei servizi sanitari delle Aziende USL o presso altre struttureconvenzionate.

Art. 209(Soppressione eutanasica)

1. La soppressione di un animale di affezione è eseguita esclusivamente da un medico veterinario ed in modo danon causare sofferenze all’animale.

Art. 210(Anagrafe canina)

1. Presso la Regione è istituita l’anagrafe degli animali da affezione, alla quale è collegata l’anagrafe dei cani isti-tuita presso ogni Azienda USL contenente l’elenco, numerato progressivamente, di tutti i cani presenti nel territorio.

2. Fermo restando il disposto dell’art. 83 del d.p.r. 8 febbraio 1954, n. 320 (Regolamento di polizia veterinaria), ilproprietario deve provvedere entro centoventi giorni dalla nascita o comunque, entro dieci giorni dal possesso, al-l’iscrizione dell’animale all’anagrafe di cui al comma 1 contestualmente all’apposizione del codice di riconoscimento,di cui all’art. 211.

3. Per l’iscrizione viene compilata un’apposita scheda, predisposta dal Dirigente del Servizio competente, che verràutilizzata anche per la registrazione degli interventi di profilassi e di polizia veterinaria eseguiti sull’animale.

Art. 211(Codice di riconoscimento)

1. Il codice di riconoscimento è impresso mediante tatuaggio o con altro metodo comunque indelebile e chiara-mente leggibile. Sul piatto interno della coscia destra o sul padiglione auricolare destro, a cura del Servizio veterina-rio dell’Azienda USL presso le strutture operative territoriali, oppure da veterinari appositamente autorizzati dal-l’Unità sanitaria locale competente, a condizione che gli stessi dispongano di strutture e attrezzature adeguate.

2. Il tatuaggio è valido ai fini dell’iscrizione all’anagrafe di cui all’art. 210.3. La Giunta regionale può riconoscere validi con proprio atto altri tipi di tatuaggio, purché apposti da Enti abili-

tati a livello nazionale; l’animale tatuato deve comunque essere iscritto all’anagrafe canina dell’Unità sanitaria localedi competenza.

4. Il veterinario libero professionista provvede all’apposizione del numero di codice indicato dalla Unità sanitarialocale e comunica tempestivamente alla stessa l’intervento effettuato.

5. Le varie fasi di apposizione del codice di cui sopra devono essere condotte con metodiche tali da non arrecaredanno o sofferenza all’animale.

6. I disabili forniti di idonea certificazione della necessità del cane sono esonerati dal pagamento del concorso allespese per l’apposizione del tatuaggio al proprio cane effettuata dalla struttura pubblica. Sono altresì esonerate dalpagamento le associazioni protezionistiche per i cani abbandonati ospitati nei canili delle stesse e tatuati nella strut-tura pubblica.

Art. 212(Modalità di detenzione dei cani)

1. Al fine di garantire idonee modalità di custodia dei cani che rientrano nella definizione di cui all’articolo 206,comma 2, lettera a), in luoghi e strutture che assicurino adeguate condizioni di sicurezza e di salubrità, sono indivi-duate le seguenti modalità di detenzione:

a) detenzione a scopo amatoriale, ludico e sportivo, senza fini di lucro, di uno o più animali facenti capo ad ununico proprietario o nucleo familiare, ovvero la detenzione nello stesso ricovero di cani di proprietari diversi;

b) detenzione o attività con finalità commerciali, comprendente qualsiasi attività economica svolta da negozi divendita, da pensioni per animali, nonché le attività di allevamento, di addestramento e di toelettatura dei cani;

c) detenzione ai fini della lotta al randagismo, consistente nell’attività di ricovero di cani vaganti catturati sul ter-ritorio da parte dei servizi veterinari delle Aziende Unità sanitarie locali nelle strutture previste all’articolo 216.

2. I ricoveri per la detenzione finalizzata agli scopi di cui alla lettera a), del comma 1, devono essere realizzati conmateriali atti a soddisfare le normative sul benessere degli animali ed essere facilmente disinfettabili, con una super-ficie e una copertura idonee a garantire il benessere degli animali e a creare sufficiente riparo ed ombreggiatura. LaGiunta regionale, per le finalità di cui al presente comma, emana apposite linee guida, con proprio atto.

Art. 213(Trasferimento, scomparsa o morte del cane)

1. Ai sensi del presente Capo, il possessore o detentore del cane deve segnalare all’Azienda USL di competenza lascomparsa dell’animale entro tre giorni dall’evento; analoga segnalazione deve essere fatta entro dieci giorni in casodi trasferimento a qualsiasi titolo o di morte dell’animale.

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2. Nel caso di trasferimento di proprietà del cane l’animale deve essere iscritto all’anagrafe dell’Unità sanitaria lo-cale di destinazione con il codice ad esso già attribuito.

Art. 214(Comitato regionale per la protezione degli animali)

1. È istituito presso la Giunta regionale il Comitato regionale per la protezione degli animali.

2. La partecipazione al Comitato, che è composto come di seguito, è a titolo gratuito:

a) uno zoologo della facoltà di scienze matematiche fisiche e naturali dell’Università degli studi di Perugia;

b) un rappresentante della facoltà di medicina veterinaria dell’Università degli studi di Perugia;

c) un veterinario dei servizi veterinari della Giunta regionale;

d) un funzionario dell’Ufficio zootecnia della Giunta regionale;

e) un funzionario del servizio programmazione faunistica della Giunta regionale;

f) un veterinario dirigente in rappresentanza delle Unità Sanitarie Locali;

g) tre rappresentanti designati dalle Associazioni per la protezione degli animali iscritte all’Albo regionale di cuiall’art. 218;

h) due docenti nominati dai rispettivi Consigli scolastici provinciali.

3. Il Comitato è presieduto dal Presidente della Giunta regionale o da un suo delegato.

4. Il Presidente della Giunta regionale provvede con proprio decreto alla nomina del Comitato che rimane in caricaper la durata della legislatura.

5. I compiti di segretario del Comitato sono svolti da un funzionario appartenente alla Categoria D del compartoRegione Autonomie locali, individuato dalla Giunta regionale.

6. Il Comitato svolge funzioni di consulenza della Giunta regionale in materia di protezione degli animali e può sot-toporre a questo scopo, alla medesima, proposte per la realizzazione di opportune iniziative. Il Comitato svolge, al-tresì, le funzioni di indirizzo e vigilanza in materia di divieto di detenzione ed utilizzazione di esche avvelenate, non-ché compiti tecnico-consultivi in ordine alle problematiche connesse all’avvelenamento degli animali.

7. Il Comitato, su richiesta della Giunta regionale, può esprimere pareri sugli specifici disegni di legge.

8. Qualora il Comitato affronti le problematiche connesse alle materie di cui al comma 6, secondo periodo, lostesso Comitato viene integrato, nella sua composizione:

a) da un rappresentante delle associazioni dei cacciatori designato dall’Unione Nazionale Associazioni VenatorieItaliane (U.N.A.V.I.);

b) da un rappresentante delle associazioni dei tartufai;

c) da un rappresentante dell’Istituto zooprofilattico sperimentale per l’Umbria e le Marche.

CAPO VPREVENZIONE E CONTROLLO DEL FENOMENO DEL RANDAGISMO

Art. 215(Randagismo)

1. I singoli cittadini e le associazioni di volontariato collaborano alla individuazione ed alla segnalazione di animalidi affezione vaganti.

2. Le Aziende USL provvedono alla individuazione e cattura degli animali, anche mediante forme di convenziona-mento con soggetti idonei.

3. I cani vaganti catturati, regolarmente tatuati, devono essere restituiti al proprietario.

4. Le spese di cattura e di custodia sono, in ogni caso, a carico del proprietario.

5. I cani vaganti catturati non tatuati vanno sottoposti a tatuaggio e, previa adeguata profilassi sanitaria, possonoessere affidati in via temporanea a privati che diano garanzie di buon trattamento e ad associazioni protezionisticheiscritte all’albo di cui all’art. 218; se non reclamati entro il termine di sessanta giorni dalla cattura l’assegnazione di-venterà definitiva.

6. Gli animali di affezione non definitivamente assegnati e ricoverati presso le strutture di cui all’art. 10, vengonosterilizzati.

7. Le associazioni di cui al comma 5 possono, a proprie spese, d’intesa con le Aziende USL, avere in gestione le co-lonie di gatti che vivono in libertà assicurandone la cura della salute e le condizioni di sopravvivenza nel rispettodell’igiene pubblica.

Art. 216(Canili e strutture di ricovero per gli animali di affezione)

1. I Comuni, singoli o associati provvedono al risanamento dei canili pubblici esistenti e costruiscono rifugi per glianimali di affezione anche per la custodia temporanea dopo la cattura.

2. I Comuni, singoli o associati provvedono, direttamente o mediante la stipula di apposite convenzioni con gli Entie le associazioni iscritte all’albo regionale di cui all’art. 218, alla gestione delle strutture di cui al comma 1.

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3. I Comuni, singoli o associati, in carenza di strutture pubbliche, possono stipulare convenzioni per l’utilizzo diquelle private esistenti.

4. Le strutture di cui al comma 1 devono prevedere appositi locali per primi interventi di pronto soccorso agli ani-mali di affezione, per l’isolamento e il controllo di eventuali malattie infettive, per la profilassi sanitaria di cui alcomma 5 dell’art. 215.

5. Le strutture di cui al comma 1 devono avere le seguenti caratteristiche generali:

a) conveniente distanza da abitazioni singole ed in particolare da centri abitati;

b) sufficiente approvvigionamento idrico;

c) scarichi conformi alle norme vigenti;

d) ricoveri individuali o per più animali, costituiti da una zona riparata, facilmente lavabile e disinfettabile e daun parcheggio esterno. Le dimensioni delle strutture sono regolate nel piano triennale di cui all’art. 217 sulla basedelle esigenze.

6. Il controllo e l’assistenza sanitaria delle strutture di cui al comma 1 sono assicurate dalle Unità sanitarie localianche mediante forme di convenzione con veterinari liberi professionisti.

7. Nelle strutture di cui al comma 1 possono essere tenuti in custodia a pagamento animali di affezione.

8. La Regione concorre al finanziamento delle opere di cui al comma 1 ed alla relativa gestione, secondo le moda-lità stabilite dal piano triennale di cui all’art. 217.

Art. 217(Piano triennale degli interventi di prevenzione del randagismo)

1. La Giunta regionale propone all’Assemblea Legislativa, un piano triennale degli interventi di prevenzione delrandagismo degli animali di affezione che contenga:

a) gli interventi e le relative priorità per il risanamento, la costruzione e la gestione delle strutture di cui alcomma 1 dell’art. 216, nonché l’individuazione delle strutture cui faranno riferimento i Comuni non provvisti distrutture proprie;

b) gli interventi ed i programmi di informazione e di educazione per favorire la diffusione e l’applicazione deiprincipi contenuti nella presente legge fra quanti sono interessati alla detenzione, all’allevamento, all’addestramento,al commercio, al trasporto ed alla custodia di animali di affezione;

c) le iniziative scolastiche di aggiornamento programmate dai collegi dei docenti finalizzate alla formazione dellasensibilità e della consapevolezza dei giovani ai problemi connessi al rapporto fra l’uomo, gli animali e l’ambiente;

d) corsi di specifico aggiornamento sul benessere animale rivolti ai medici veterinari, al personale di vigilanzadelle Aziende USL ed alle guardie zoofile;

e) la determinazione delle tariffe per le prestazioni previste dalla presente legge;

f) gli indirizzi per l’attuazione del presente Capo.

2. Il piano triennale prevede rispettivamente per gli interventi di cui alla lettera a) fino al 75 per cento delle dispo-nibilità finanziarie e per le lettere b), c), d), fino al 25 per cento.

Art. 218(Albo regionale delle associazioni per la protezione degli animali)

1. Ai fini di quanto previsto dalla presente legge è istituito presso la Giunta regionale l’Albo regionale delle associa-zioni per la protezione degli animali, al quale possono iscriversi le associazioni il cui statuto contenga le finalità pre-viste all’art. 206.

Art. 219(Sanzioni amministrative)

1. In caso di violazione alle norme di cui agli artt. 206, comma 3 e 207, gli animali maltrattati o comunque rica-denti sotto l’ipotesi di cui al comma 2 dell’art. 207 sono posti sotto osservazione sanitaria dal servizio veterinariodella Azienda USL, per assicurare il ripristino delle condizioni di benessere, i costi relativi sono a carico del detentoredell’animale.

2. Chiunque omette di sottoporre a tatuaggio il proprio cane e conseguentemente di iscriverlo all’anagrafe di cui al-l’art. 210 è punito con la sanzione amministrativa da euro 52,00 a euro 310,00.

3. Il detentore di animali di affezione che ne permette il vagabondaggio, salvo che per i casi disciplinati da norma-tive speciali, o li abbandoni anche nell’ambito della propria abitazione è punito con la sanzione amministrativa daeuro 103,00 a euro 620,00.

4. La violazione degli obblighi previsti dall’art. 213 è punita con la sanzione amministrativa da euro 52,00 a euro310,00.

5. Fatta salva l’applicazione delle diverse sanzioni previste dalla normativa vigente, chiunque violi le disposizioni dicui all’articolo 206 è soggetto ad una sanzione amministrativa da euro 103,00 a euro 620,00. Si applicano nei con-fronti degli autori della violazione il sequestro e la confisca previsti dagli articoli 13, 18 e 20 della legge 24 novembre1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale).

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6. In caso di violazione delle disposizioni di cui all’articolo 206 da parte di soggetti titolari di autorizzazioni, licenzeo concessioni regionali o provinciali inerenti attività faunistiche, agro-silvo-pastorali o di raccolta di prodotti sponta-nei del bosco, è prevista la sanzione accessoria della sospensione per un anno dell’autorizzazione, delle stesse; la rei-terazione degli atti vietati dall’articolo 1 dà luogo alla revoca dell’autorizzazione, del tesserino, della licenza o dellaconcessione.

7. Le sanzioni accessorie previste al presente articolo sono obbligatorie.8. Qualora il responsabile delle violazioni delle disposizioni di cui all’art. 206 rivesta la qualifica di guardia partico-

lare giurata o di guardia volontaria, la sanzione amministrativa pecuniaria viene raddoppiata ed è prevista la revocadefinitiva del decreto o della nomina di guardia particolare giurata o di guardia volontaria.

9. All’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede la Provincia nel cui territorio sono avvenutele violazioni, con le modalità di cui alla legge 689/1981. Al fine dell’applicazione delle sanzioni accessorie di cui all’ar-ticolo 207, commi 2 e 3, la Provincia trasmette copia del l’ordinanza - ingiunzione all’ente o all’autorità che ha rila-sciato l’autorizzazione, il tesserino, la licenza, la concessione o che ha emanato l’atto di nomina, entro sessantagiorni dalla data di scadenza del termine per proporre opposizione all’ordinanza - ingiunzione o, se questa è propo-sta, dal passaggio in giudicato della sentenza che decide sull’opposizione stessa. L’ente o l’autorità provvedono, neisuccessivi sessanta giorni, alla sospensione o alla revoca dei relativi provvedimenti.

10. I proventi delle sanzioni amministrative di cui ai commi precedenti sono acquisiti al bilancio regionale con vin-colo di destinazione per gli interventi previsti nel presente Capo e nel Capo IV.

11. Eventuali variazioni delle sanzioni, dovute ad interventi legislativi nazionali, sono aggiornate dal Dirigentecompetente con propria determinazione.

CAPO VIDIVIETO DI DETENZIONE E UTILIZZAZIONE DI ESCHE AVVELENATE

Art. 220(Disposizioni generali)

1. È fatto divieto, ai fini della tutela della salute umana, dell’igiene pubblica e dell’ambiente, fatte salve le disposi-zioni di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il pre-lievo venatorio), di preparare, detenere, utilizzare ed abbandonare esche o bocconi avvelenati contenenti sostanzevelenose o nocive.

2. Il divieto si applica a qualsiasi sostanza ingeribile preparata idonea a causare intossicazioni, lesioni o comunquesofferenze all’animale che la ingerisce, ad esclusione delle attività di derattizzazione di cui all’articolo 221.

Art. 221(Derattizzazione)

1. Le attività di derattizzazione possono essere praticate esclusivamente con prodotti a ciò specificamente destinatied utilizzati tal quali, nel rispetto comunque delle prescrizioni fornite dal produttore.

2. Le attività di derattizzazione riguardanti locali, fabbricati, abitazioni, depositi, opifici e cantieri di lavoro, sonosubordinate a comunicazione al Comune e all’Azienda USL da parte dei proprietari o degli altri aventi diritto almeno15 giorni prima. Nella comunicazione devono essere indicate durata del trattamento, sostanze o principi attivi utiliz-zati nonché le aree interessate.

3. Al di fuori dei luoghi di cui al comma 2, previo parere dell’Azienda USL, il Comune può autorizzare eventuali in-terventi di derattizzazione indicando nell’atto di autorizzazione la durata del trattamento e la sostanza da utilizzare.Le aree interessate da tali attività sono segnalate con apposita tabellazione contenente l’indicazione della presenzadel ratticida e gli elementi identificativi del responsabile del trattamento.

4. I Comuni sono tenuti alla costituzione e alla custodia di un registro dei trattamenti di derattizzazione in corsosul territorio comunale, sia da parte di enti pubblici che di privati. I soggetti responsabili dei trattamenti comunicanopreventivamente al Comune i tempi del trattamento e il principio attivo utilizzato, usando la scheda apposita.

Art. 222(Sanzioni amministrative)

1. Fatta salva l’applicazione delle diverse sanzioni previste dalla normativa vigente, chiunque violi le disposizioni dicui agli articoli 220 e 221 è soggetto ad una sanzione amministrativa da Euro 103,00 ad Euro 620,00. Si applicano neiconfronti degli autori della violazione il sequestro e la confisca previsti dagli articoli 13, 18 e 20 della legge 689/1991.

2. In caso di violazione delle disposizioni di cui all’articolo 220 da parte di soggetti titolari di autorizzazioni, licenzeo concessioni regionali o provinciali inerenti attività faunistiche, agro-silvo-pastorali o di raccolta di prodotti sponta-nei del bosco, è prevista la sanzione accessoria della sospensione per un anno dell’autorizzazione, delle stesse; la rei-terazione degli atti vietati dall’articolo 220 dà luogo alla revoca dell’autorizzazione, del tesserino, della licenza o dellaconcessione. Le sanzioni accessorie previste al presente articolo sono obbligatorie.

3. Qualora il responsabile delle violazioni delle disposizioni di cui all’art. 220 rivesta la qualifica di guardia giuratavolontaria di cui all’articolo 35 della legge regionale 17 maggio 1994, n. 14, (Norme per la protezione della fauna sel-vatica omeoterma e per il prelievo venatorio) o di guardia ecologica volontaria di cui all’art. 7 della legge regionale 22febbraio 1994, n. 4, (Istituzione del Servizio volontario di vigilanza ecologica), la sanzione amministrativa pecuniariaviene raddoppiata ed è prevista la revoca definitiva del decreto o della nomina di guardia particolare giurata o diguardia volontaria.

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Art. 223(Applicazione delle sanzioni amministrative)

1. All’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede la Provincia nel cui territorio sono avvenutele violazioni, con le modalità di cui alla legge 689/1981.

2. Al fine dell’applicazione delle sanzioni accessorie di cui all’articolo 222, commi 2 e 3, la Provincia trasmette copiadell’ordinanza-ingiunzione all’ente o all’autorità che ha rilasciato l’autorizzazione, il tesserino, la licenza, la conces-sione o che ha emanato l’atto di nomina, entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine per proporre oppo-sizione all’ordinanza-ingiunzione o, se questa è proposta, dal passaggio in giudicato della sentenza che decide sul-l’opposizione stessa. L’ente o l’autorità provvedono, nei successivi sessanta giorni, alla sospensione o alla revoca deirelativi provvedimenti.

Art. 224(Compiti del Sindaco e bonifica delle aree)

1. Il sindaco, a seguito di accertamenti di violazioni del divieto di cui all’articolo 220 effettuati dagli organi di vigi-lanza competenti, ovvero sulla base delle denunce o delle segnalazioni degli interessati o dei medici veterinari, aisensi dell’articolo 225 dà immediate disposizioni per l’apertura di un’indagine da effettuare in collaborazione con lealtre Autorità competenti adottando, se necessario, i primi provvedimenti urgenti finalizzati alla prevenzione dell’av-velenamento di ulteriori animali e alla tutela della salute pubblica e dell’ambiente, ai sensi dell’art. 50 del d.lgs.267/2000.

2. Il sindaco provvede, altresì, ad attivare, qualora i risultati delle analisi eseguite dai laboratori dell’Istituto zoo-profilattico sperimentale per l’Umbria e le Marche o da altri istituti competenti, confermino la violazione di cui al-l’art. 220, in collaborazione con l’Azienda Unità Sanitaria Locale territorialmente competente e la polizia provinciale,tutte le iniziative necessarie alla bonifica dell’area interessata.

3. Il sindaco, entro 48 ore dall’accertamento della violazione dell’art. 220, provvede, in particolare, ad individuarele modalità di bonifica del terreno e del luogo interessato dall’avvelenamento, a delimitare l’area perimetrale o deipunti di accesso prevedendone la segnalazione con apposita cartellonistica, nonché ad intensificare i controlli daparte delle Autorità preposte. A tali attività, sotto il coordinamento della polizia provinciale e della polizia comunale,possono collaborare le guardie giurate volontarie di cui all’articolo 35 della legge regionale 14/1994, le guardie ecolo-giche volontarie di cui all’art. 7 della legge regionale 4/1994, nonché i proprietari o conduttori dei fondi interessati.

4. Le attività di bonifica e di delimitazione delle aree o degli accessi non devono comunque comportare l’interru-zione delle attività faunistiche, agro-silvo-pastorali e di raccolta dei prodotti spontanei del bosco.

Art. 225(Compiti del medico veterinario)

1. Il medico veterinario che nell’esercizio delle proprie attività accerti in qualsiasi modo, anche senza l’ausilio dianalisi strumentali, l’avvelenamento di specie animale domestica o selvatica, è tenuto - utilizzando apposita scheda -a darne comunicazione entro ventiquattro ore alla polizia provinciale, all’Azienda USL competente per territorio e alSindaco del Comune dove è stato rinvenuto l’animale.

2. Il medico veterinario, nei casi di cui al comma 1, o direttamente o tramite l’Azienda USL, dovrà altresì inviarel’animale o qualsiasi campione utile per l’identificazione dell’eventuale veleno, alla struttura indicata all’articolo 226,secondo le modalità in questo stabilite.

3. L’inosservanza degli obblighi di cui alla presente disposizione comporta l’applicazione di una sanzione ammini-strativa da euro 26,00 a euro 103,00. In caso di recidiva il Comune invia gli atti all’Ordine dei Medici Veterinari com-petente per l’accertamento di eventuali illeciti disciplinari.

Art. 226(Analisi di laboratorio)

1. La Giunta regionale, per le finalità di cui al presente capo, assicura l’attivazione dei laboratori dell’Istituto zoo-profilattico sperimentale per l’Umbria e le Marche in grado di esaminare i campioni tissutali e di contenuto gastricodegli animali uccisi o eventuali parti di esche con possibilità di ricerca almeno dei seguenti veleni:

a) Stricnina;

b) Fosfuro di zinco;

c) Organofosforici-carbammati;

d) Metaldeide;

e) Anticoagulanti;

f) Arsenico;

g) Cloralosio;

h) Crimidina;

i) Cianuri;

j) Erbicidi triazinici;

k) Clorati;

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l) Paraquat;

m) DNOC;

n) Imidaclopride.

2. Le modalità di accesso a tale servizio da parte dei medici veterinari e delle Aziende Unità Sanitarie Locali, le mo-dalità e i termini delle analisi, gli obblighi di comunicazione alla polizia provinciale, alle Aziende Unità Sanitarie Lo-cali ed al Sindaco, la copertura delle spese, comprese quelle di spedizione, nonché le caratteristiche delle schede dicui all’art. 221, comma 4 e all’art. 225, comma 1, sono individuate dalla Giunta regionale con proprio atto.

Art. 227(Compiti delle Province)

1. Le Province provvedono, entro il 31 gennaio di ogni anno, alla pubblicazione anche mediante apposita cartogra-fia, dei dati relativi agli episodi di avvelenamento accertati nell’anno precedente, precisando numero, localizzazionetemporale e distribuzione geografica.

Art. 228(Lista delle sostanze)

1. La Giunta regionale, con proprio atto, per le finalità di cui all’articolo 220, aggiorna ogni due anni la lista dei pro-dotti velenosi che a causa del loro uso oltre che per la finalità loro propria, anche per la preparazione di esche o boc-coni avvelenati, dovranno devono essere sottoposti a regime controllato mediante utilizzazione di appositi registri.

2. L’aggiornamento di cui al comma 1 viene effettuato sulla base delle variazioni nelle sostanze utilizzate accertatasulla scorta dei reperti tossicologi esaminati.

TITOLO XVIINORME IN MATERIA DI ASSISTENZA FARMACEUTICA

CAPO ICORRETTO USO DEL FARMACO ED ASSISTENZA FARMACEUTICA

Art. 229(Finalità)

1. Il presente capo disciplina l’esercizio delle funzioni da parte delle Aziende sanitarie regionali - e della Regione inmateria di assistenza farmaceutica e vigilanza sulle farmacie ai fini del corretto uso del farmaco, nei limiti dei prin-cipi fissati dalle vigenti leggi statali e con riferimento alle norme sull’organizzazione del Servizio sanitario regionaledi cui al presente Testo unico.

2. Con il presente capo inoltre, la Regione dà attuazione agli adempimenti previsti negli articoli 28, 29, 30, 31 e 32della legge 23 dicembre 1978, n. 833, così come integrati decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 [Attuazione delladirettiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinaliper uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE].

Art. 230(Protocolli, elenchi e repertori farmaceutici per il corretto uso del farmaco)

1. Le Aziende sanitarie regionali allo scopo di assicurare l’uso corretto dei farmaci, curano la diffusione nelle pro-prie strutture e tra i medici dipendenti e convenzionati, di protocolli e repertori farmacoterapeutici, che siano predi-sposti dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).

2. Le Aziende sanitarie regionali per l’impiego dei farmaci e del restante materiale sanitario nei presìdi ospedalieried ambulatoriali a diretta gestione, adottano elenchi e repertori terapeutici predisposti ed aggiornati periodicamentesulla base del prontuario farmaceutico nazionale.

3. È in ogni caso garantito il diritto del medico curante alla piena responsabilità della condotta terapeutica.

Art. 231(Informazioni sui farmaci e vigilanza sulla pubblicità)

1. Le Aziende sanitarie regionali curano l’informazione scientifica degli operatori e la educazione sanitaria dellapopolazione nell’ambito dei programmi e con le modalità previste dall’art. 31, quinto comma della 833/1978 e dal de-creto legislativo 219/2006.

2. A tale scopo la Giunta predispone appositi programmi che costituiscono parte del Piano formativo di cui allalegge regionale 21 ottobre 1981, n. 69 (Norme sul sistema formativo regionale), nei quali sono comprese le iniziativedi qualificazione degli operatori nonché quelle di aggiornamento professionale dei medici, da espletarsi sulla basedegli accordi collettivi nazionali stipulati ai sensi dell’art. 8 del d.lgs. 502/1992.

3. In attuazione delle normative emanate in materia dal Ministero della salute e dall’AIFA, la Giunta regionale dettadisposizioni per la vigilanza sulle attività di informazione svolte dalle imprese farmaceutiche.

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CAPO IISULLE MODALITÀ PER L’EROGAZIONE DELL’ASSISTENZA FARMACEUTICA

Art. 232(Diritto all’assistenza e livelli delle prestazioni)

1. I cittadini iscritti negli elenchi degli assistibili formati presso le Aziende USL, hanno diritto ad usufruire dell’as-sistenza farmaceutica in forma diretta, secondo i livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e senza limitazioni territorialiall’interno della Regione.

2. L’assistenza farmaceutica è erogata nei limiti e secondo le indicazioni fissate dal prontuario farmaceutico nazio-nale. Salvi gli oneri previsti dalle disposizioni statali e regionali in materia di compartecipazione, l’assistenza è ero-gata esclusivamente in forma diretta.

Art. 233(Farmaci non inclusi nel prontuario farmaceutico)

1. Il Servizio sanitario regionale non può corrispondere alcun rimborso per farmaci non inclusi nel Prontuario far-maceutico nazionale o non erogabili presso i presìdi delle Aziende sanitarie regionali.

Art. 234(Erogazione dell’assistenza da parte delle farmacie)

1. Le Aziende USL erogano l’assistenza farmaceutica per mezzo delle farmacie pubbliche e private convenzionatecon le modalità stabilite negli accordi collettivi nazionali stipulati ai sensi dell’art. 8 del d.lgs. 502/1992.

2. I rapporti conseguenti sono regolati nelle forme previste dai citati accordi.3. Le Aziende USL esercitano la vigilanza sulla corretta applicazione della convenzione attraverso la struttura com-

petente, individuata ai sensi dell’articolo 236.

Art. 235(Impiego dei farmaci nelle strutture delle Aziende sanitarie regionali)

1. L’assistenza farmaceutica è garantita inoltre mediante l’impiego diretto dei farmaci nei presìdi ospedalieri edambulatoriali delle Aziende sanitarie regionali, ai sensi dell’art. 28 della L. 833/1978.

2. Impieghi diretti dei farmaci possono essere previsti anche relativamente a terapie di lunga durata e a programmifarmacoterapeutici inclusi nei progetti del Piano sanitario regionale.

CAPO IIIORGANIZZAZIONE DEL SERVIZIO FARMACEUTICO

Art. 236(Organizzazione del servizio farmaceutico)

1. Ciascuna Azienda sanitaria regionale istituisce un servizio cui viene attribuita la responsabilità organizzativadelle attività concernenti l’assistenza farmaceutica che, inoltre, limitatamente alle Aziende USL, effettua la vigilanzasulle farmacie e sulla corretta applicazione dell’accordo nazionale unico per l’assistenza farmaceutica stipulato aisensi dell’art. 8 del d.lgs. 502/1992.

2. A tale servizio viene preposto un farmacista dipendente di livello apicale o di livello immediatamente inferiore.3. Lo stesso servizio predispone gli ordinativi per l’acquisto dei farmaci da parte dell’Azienda sanitaria regionale.4. La conservazione dei farmaci nell’ambito dei reparti di ricovero e cura è affidata al personale infermieristico a

ciò abilitato ai sensi della vigente legislazione statale sotto la vigilanza del direttore della farmacia interna.5. Ugualmente si procederà, di norma, negli altri presìdi, ferme restando le responsabilità del farmacista o, in man-

canza, del medico responsabile del presidio.

Art. 237(Norme per le sostanze stupefacenti)

1. All’emissione degli ordinativi per procedere all’acquisto degli stupefacenti e delle altre sostanze ad azione psico-tropa, nelle forme di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi inmateria di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati ditossicodipendenza), provvede il direttore della farmacia interna di ogni singolo presidio sanitario; per i presidi sprov-visti di farmacia interna provvede il direttore di farmacia di altro presidio della stessa Azienda sanitaria regionale in-dividuato dal Direttore generale.

2. Le funzioni relative alla vigilanza sugli acquisti degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope sono di compe-tenza del responsabile del servizio di cui all’art. 236.

Art. 238(Controlli di qualità)

1. La Regione promuove intese per mettere a disposizione dell’Istituto superiore di sanità i servizi competenti delle

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Aziende sanitarie per l’esecuzione di controlli di qualità sui farmaci, sui prodotti galenici e sul restante materiale sa-nitario, che siano distribuiti presso le farmacie pubbliche e private convenzionate, o che siano impiegati nei presìdia diretta gestione.

CAPO IVNORME INERENTI LE FARMACIE

Art. 239(Pianta organica)

1. La pianta organica delle farmacie è approvata dall’Assemblea Legislativa su proposta della Giunta regionale, nelrispetto dei parametri individuati dalla normativa nazionale.

Art. 240(Concorsi per le farmacie private)

1. Il conferimento delle sedi farmaceutiche vacanti o di nuova istituzione che risultino disponibili per l’esercizioprivato ha luogo mediante concorso regionale da espletarsi nei tempi e con le modalità previsti dalla normativa vi-gente.

Art. 241(Apertura e chiusura delle farmacie e dispensari farmaceutici)

1. L’autorizzazione all’apertura e all’esercizio delle farmacie nonché l’apertura dei dispensari farmaceutici sono di-sposte dall’Azienda USL competente per territorio con l’osservanza delle disposizioni vigenti.

2. Compete ugualmente alle Aziende USL il provvedimento di chiusura temporanea delle farmacie, nonché quellodi decadenza dell’autorizzazione all’esercizio farmaceutico nei casi previsti dalle leggi vigenti.

Art. 242(Orari di servizio e turni)

1. Le Aziende USL con riferimento al territorio complessivo delle medesime, stabiliscono i turni per il regolareesercizio delle farmacie. A tale scopo la Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare adotta unprovvedimento che disciplina le modalità di apertura, di chiusura, le festività e le ferie annuali delle farmacie aperteal pubblico.

Art. 243(Vigilanza)

1. Le funzioni ispettive, di vigilanza e di controllo sul servizio farmaceutico sono esercitate dalle Aziende USL.2. La commissione per le ispezioni ordinarie e straordinarie alle farmacie, di cui all’art. 127 del R.D. 27 luglio 1934,

n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie), è composta da:a) un farmacista dipendente dell’Azienda USL;b) un medico con rapporto di lavoro a tempo pieno, dipendente dell’Azienda USL;c) un farmacista prescelto in una terna fornita dall’Ordine dei farmacisti della Provincia in cui ha sede l’Azienda

USL.3. Svolge le funzioni di segretario un collaboratore amministrativo o un assistente amministrativo, dipendente

dell’Azienda USL.4. La commissione è nominata dal Direttore generale dell’Azienda USL, che individua anche il componente incari-

cato di svolgere le funzioni di Presidente, e dura in carica per 3 anni. Per ogni membro e per il segretario sono nomi-nati i relativi supplenti con gli stessi criteri di nomina dei componenti effettivi.

5. Copia del verbale delle ispezioni effettuate dalla medesima commissione è tempestivamente trasmessa alla strut-tura competente individuata ai sensi dell’articolo 236 che ha l’obbligo di proporre al Direttore generale o al Sindaco,secondo le specifiche competenze, l’adozione dei provvedimenti necessari ad assicurare il corretto esercizio del ser-vizio farmaceutico.

Art. 244(Provvidenze per le farmacie rurali)

1. I provvedimenti relativi alla corresponsione delle indennità dovute ai titolari di farmacie rurali e ai gestori di di-spensari farmaceutici, secondo la vigente normativa, statale e regionale, nonché quelli relativi alle determinazionidell’indennità di avviamento e dell’importo del rilievo degli arredi, provviste e dotazioni di cui all’art. 110 del R.D.1265/1934, sono adottati dalla Azienda USL territorialmente competente.

Art. 245(Interventi a favore delle farmacie rurali particolarmente disagiate)

1. Le Aziende USL erogano una indennità annua lorda per disagiato servizio ai titolari e direttori responsabili difarmacie rurali, ubicate in comuni o frazioni o centri abitati con popolazione inferiore ai 5000 abitanti, il cui volume

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d’affari dell’anno precedente, risultante dalle distinte contabili riepilogative mensili di cui al d.p.r. 8 luglio 1998,n. 371 (Regolamento recante norme concernenti l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con lefarmacie pubbliche e private), non superi l’importo complessivo di euro 154.937,00.

2. L’indennità annua lorda per disagiato servizio di cui al comma 1 è erogata nella seguente misura:a) euro 3.099,00 annui lordi per i titolari e direttori responsabili di farmacie rurali con volume d’affari, risultante

dalle distinte contabili riepilogative dell’anno precedente, compreso tra 51.646,00 e 103.291,00 euro;b) euro 2.066,00 annue lorde per i titolari e direttori responsabili di farmacie rurali con volume d’affari, risul-

tante dalle distinte contabili riepilogative dell’anno precedente, compreso tra 103.291,00 e 129.114,00 euro;c) euro 1.033,00 annue lorde per i titolari e direttori responsabili di farmacie rurali con volume di affari, risul-

tante dalle distinte contabili riepilogative dell’anno precedente, compreso tra 129.114,00. e 154.937,00 euro.3. Le indennità di cui al comma 2 sono concesse ferme restando le provvidenze previste dalla legge 8 marzo 1968,

n. 221 e dalla legge 5 marzo 1973, n. 40 (Norme interpretative dell’articolo 2 della legge 8 marzo 1968, n. 221, recanteprovvedimenti a favore dei farmacisti rurali).

4. Gli aspiranti alle indennità previste dal comma 2 devono presentare all’Azienda USL competente per territorio,entro il 30 giugno di ciascun anno, apposita domanda corredata da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietàe dalla copia del documento di riconoscimento in corso di validità di cui al decreto del Presidente della Repubblica28 dicembre 2000, n. 445 (Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa Testo A) attestantela residenza del titolare e del direttore responsabile della farmacia rurale. La consistenza della popolazione residentenel comune, frazione e centro abitato in cui è ubicata la farmacia, al 31 dicembre dell’anno precedente, viene richie-sta d’ufficio al comune interessato.

5. Le indennità di cui al comma 2 sono erogate dalle Aziende USL nel cui territorio sono ubicate le farmacie ruraliinteressate, entro il 30 settembre di ciascun anno, previa verifica delle distinte contabili riepilogative pagate allestesse farmacie nell’anno precedente. Le indennità sono corrisposte unicamente ai titolari e direttori responsabili difarmacie rurali che siano risultate aperte al pubblico per l’intero anno solare cui il volume di affari si riferisce e sonorivalutate annualmente in base al tasso d’inflazione programmato dal Governo.

Art. 246(Regolamento dei rapporti finanziari)

1. I rapporti tra le Aziende USL e le farmacie convenzionate, pubbliche e private, sono regolati nelle forme e con lemodalità previste dall’accordo nazionale unico di cui all’art. 8, comma 2 del d.lgs. 502/1992.

2. Le Aziende USL della Regione assicurano il servizio di verifica contabile delle distinte secondo le norme dellaconvenzione unica nazionale, e di controllo contabile e tecnico delle ricette mediche.

3. L’ Azienda USL può svolgere il servizio di cui al comma 2 attraverso i propri uffici oppure tramite convenzionecon un’altra Azienda USL che sia dotata delle strutture necessarie per l’effettuazione di tali servizi.

TITOLO XVIIICONTRIBUTI A FAVORE DEI MUTILATI ED INVALIDI DI GUERRA E CATEGORIE ASSIMILATE PER CURE

CLIMATICHE, SOGGIORNI TERAPEUTICI E CURE TERMALI

CAPO ICONTRIBUTI A FAVORE DEI MUTILATI ED INVALIDI DI GUERRA E CATEGORIE

ASSIMILATE PER CURE CLIMATICHE, SOGGIORNI TERAPEUTICI E CURE TERMALI

Art. 247(Contributi a favore dei mutilati ed invalidi di guerra e categorie assimilate per cure climatiche,

soggiorni terapeutici e cure termali)

1. La Regione eroga contributi a favore di mutilati, invalidi di guerra e categorie assimilate finalizzati a favorire lafruizione delle seguenti prestazioni sanitarie:

a) cure climatiche;b) soggiorni terapeutici;c) cure termali.

Art. 248(Definizioni)

1. Per cure climatiche si intendono quelle per le quali il clima rappresenta un fattore terapeutico atto a prevenire lariacutizzazione o le complicanze dell’infermità, nonché le patologie ad essa connesse, in base alla quale è stata rico-nosciuta l’invalidità.

2. Per soggiorni terapeutici si intendono quelli che hanno finalità convalescenziale, in località marine, montane, la-custri e collinari, al fine di consolidare i risultati ottenuti con recenti ricoveri o prolungate cure ambulatoriali, ovverodi prevenire aggravamenti di dette infermità cronicizzati e suscettibili di complicanze per le condizioni climatichesfavorevoli della località di abituale dimora.

3. Per cure termali si intendono quelle che utilizzano acque termali e loro derivati, aventi riconosciuta efficacia te-rapeutica, per la tutela globale della salute nella fase di prevenzione, terapia e riabilitazione delle patologie per il cuitrattamento è assicurata l’erogazione delle cure stesse, a carico del Servizio sanitario nazionale.

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Art. 249(Prestazioni)

1. Le cure climatiche sono concesse su apposita prescrizione di un medico del Servizio sanitario nazionale.

2. I soggiorni terapeutici sono prescritti nell’àmbito di progetti curativi e riabilitativi redatti dalla Azienda U.S.L.competente, che provvede ad attestare l’idoneità delle modalità e delle strutture individuate per il soggiorno stesso.

3. Le cure climatiche e i soggiorni terapeutici sono concessi in regime di assistenza indiretta e per un periodo mas-simo di ventuno giorni per anno.

4. Le cure termali sono erogate con le modalità previste dall’articolo 36 della legge 833/1978.

Art. 250(Beneficiari)

1. Sono ammessi ai benefìci previsti dalla presente legge:

a) i mutilati ed invalidi di guerra, di cui agli articoli 2 e 3 del d.p.r. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico dellenorme in materia di pensioni di guerra) e successive modificazioni ed integrazioni e al d.p.r. 30 dicembre 1981,n. 834 (Definitivo riordinamento delle pensioni di guerra, in attuazione della delega prevista dall’art. 1 della legge 23settembre 1981, n. 533);

b) coloro che sono in possesso di pensione ascrivibile ad una categoria compresa fra la prima, con o senza asse-gni di superinvalidità, e l’ottava, di cui alla tabella A allegata al d.p.r. 915/1978;

c) i mutilati e invalidi per cause di guerra, di cui agli articoli 8 e 9 del d.p.r. n. 915/1978 ed al d.p.r. n. 834/1981;

d) coloro che sono in possesso del verbale di visita della Commissione medica di pensione di guerra, in attesa deldecreto di concessione della pensione, dal quale risulti l’attribuzione di una categoria fra quelle indicate alla letterab) e dal quale risulti che l’infermità è dipendente da causa di servizio o di guerra;

e) i mutilati ed invalidi per servizio, di cui alla legge 26 gennaio 1980, n. 9 (Adeguamento delle pensioni dei mu-tilati ed invalidi per servizio alla nuova normativa prevista per le pensioni di guerra dalla L. 29 novembre 1977, nu-mero 875, e dal d.p.r. 23 dicembre 1978, n. 915);

f) i mutilati ed invalidi per servizio ordinario in possesso di pensione privilegiata ascrivibile ad una categoriacompresa fra la prima, con o senza assegni di superinvalidità, e l’ottava, di cui alla tabella A allegata al d.p.r.915/1978, alla quale si fa riferimento anche per gli invalidi per servizio;

g) coloro che, in attesa di ottenere il decreto di concessione della pensione, sono in possesso del verbale dellaCommissione medico-ospedaliera che ha riconosciuto la dipendenza da causa di servizio di ferite, lesioni od infer-mità, attribuendo una delle categorie di pensione di cui alla tabella A allegata al d.p.r. 915/1978;

h) coloro ai quali è stato riconosciuto l’equo indennizzo per infermità contratta in servizio ascrivibile ad unadelle categorie di cui alla tabella A allegata al d.p.r. 915/1978;

i) gli ex deportati politici nei campi di sterminio nazisti che, ai sensi dell’ articolo 1 della legge 18 novembre 1980,n. 791 (Istituzione di un assegno vitalizio a favore degli ex deportati nei campi di sterminio nazista K.Z.), sono equi-parati agli invalidi di guerra.

Art. 251(Contributi per cure climatiche e soggiorni terapeutici)

1. Agli invalidi ammessi alle cure climatiche ed ai soggiorni terapeutici è concesso, da parte delle Aziende USL, perun periodo non superiore a quello stabilito al comma 3 dell’articolo 249, un contributo giornaliero, comprensivodelle spese di viaggio, di euro 30,99 per ogni giorno di effettiva permanenza nella località di cura.

Art. 252(Contributi per cure termali)

1. Agli invalidi ammessi alle cure termali è concesso da parte delle Aziende USL un contributo, comprensivo dellespese di viaggio e residenza, riferito ad un solo ciclo di cure termali per la durata massima di quindici giorni, nellamisura di euro 30,99 al giorno.

Art. 253(Contributi di accompagnamento)

1. Agli invalidi ammessi alle cure climatiche, ai soggiorni terapeutici ed alle cure termali, di cui agli articoli 251 e252, per i quali risulta comprovata la assoluta incapacità di provvedere alle normali esigenze della vita quotidiana, èconcesso un contributo di accompagnamento nella misura di euro 30,99 al giorno.

Art. 254(Provvedimenti di attuazione)

1. La Giunta regionale, con norme regolamentari disciplina le ulteriori modalità ed i termini per la erogazione deicontributi previsti dal presente Capo.

2. La Regione adegua ogni due anni l’importo giornaliero di cui al comma 1, in base agli indici ISTAT.

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TITOLO XIXTUTELA DELLA SALUTE PSICOFISICA DELLA PERSONA SUL LUOGO DI LAVORO

E PREVENZIONE E CONTRASTO DEI FENOMENI DI MOBBING

CAPO ITUTELA DELLA SALUTE PSICOFISICA DELLA PERSONA SUL LUOGO DI LAVORO

E PREVENZIONE E CONTRASTO DEI FENOMENI DI MOBBING

Art. 255(Finalità)

1. La Regione Umbria, in attuazione degli articoli 1, 2, 3, 4, 32 e 41 della Costituzione italiana, nel rispetto dellanormativa statale vigente e dell’ordinamento comunitario, al fine di tutelare l’integrità psico-fisica della persona sulluogo di lavoro, promuove azioni ed iniziative volte a prevenire e contrastare l’insorgenza e la diffusione di fenomenidi molestie morali, persecuzioni e violenze psicologiche sui luoghi di lavoro, di seguito denominate mobbing.

Art. 256(Compiti della Regione)

1. Per le finalità di cui all’articolo 255 la Regione promuove, in collaborazione con le parti sociali interessate, conl’Osservatorio regionale sul mobbing di cui all’articolo 261 e con le strutture socio-sanitarie locali, azioni di preven-zione, formazione, informazione, ricerca ed assistenza medico-legale e psicologica.

Art. 257(Azioni di formazione)

1. La Regione promuove corsi di formazione professionale sul fenomeno mobbing, rivolti, in particolare, ai se-guenti soggetti:

a) operatori dei Servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (Servizio PSAL) e dei Centri di salutementale;

b) operatori dell’Ispettorato del lavoro;

c) operatori degli Istituti di previdenza;

d) operatori delle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro;

e) operatori degli sportelli anti-mobbing di cui all’articolo 260;

f) responsabili della gestione del personale nel settore pubblico e privato.

Art. 258(Azioni di informazione e ricerca)

1. La Regione promuove:

a) l’elaborazione e diffusione di studi e ricerche sul mobbing, anche attraverso l’Osservatorio regionale sul mob-bing di cui all’articolo 261 e l’Agenzia umbra ricerche (AUR);

b) la realizzazione di strumenti permanenti di documentazione e informazione;

c) l’attivazione di corsi post-laurea nelle materie oggetto del presente Capo.

Art. 259(Azioni di assistenza medico-legale e psicologica)

1. La Regione concede incentivi alla realizzazione di supporti e terapie psicologiche di sostegno e riabilitazione peril lavoratore vittima del mobbing ed i suoi familiari, secondo criteri e modalità da stabiliti con proprio atto dallaGiunta regionale.

Art. 260(Sportelli anti-mobbing)

1. La Regione promuove l’istituzione presso gli uffici comunali di cittadinanza di appositi sportelli anti-mobbingcon il compito di:

a) fornire una prima consulenza in ordine ai diritti del lavoratore;

b) orientare il lavoratore presso gli uffici della Azienda USL competente;

c) segnalare, con il consenso del lavoratore, i casi di presunto mobbing al Servizio PSAL territorialmente compe-tente.

Art. 261(Osservatorio regionale sul mobbing)

1. È istituito l’Osservatorio regionale sul mobbing con sede presso l’Assessorato competente in materia di lavoro.

2. La partecipazione all’Osservatorio è a titolo gratuito. L’Osservatorio è composto da:

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a) l’assessore regionale alle politiche attive del lavoro, o suo delegato, che lo presiede;

b) un membro designato dal Comitato regionale di coordinamento per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavorodi cui all’articolo 7 del d.lgs. 81/2008;

c) il dirigente regionale del Servizio competente della Direzione Salute e Coesione sociale, o suo delegato;

d) un rappresentante designato dalla direzione regionale del lavoro;

e) un rappresentante designato congiuntamente dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori presenti nella Com-missione tripartita ex art. 6 del decreto legislativo 23 Dicembre 1997, n. 469 (Conferimento alle regioni e agli enti lo-cali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell’articolo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59);

f) un rappresentante designato congiuntamente dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro presenti nellacommissione tripartita di cui alla lett. e);

g) la consigliera regionale di parità;

h) un sociologo e uno psicologo individuati dalla Direzione regionale Salute e Coesione sociale, a cura del diret-tore della stessa;

i) un avvocato esperto di diritto del lavoro, da individuare nell’ambito dell’Ufficio legale della Regione.

3. L’Osservatorio è costituito con decreto del Presidente della Giunta regionale e il suo funzionamento è discipli-nato da apposito regolamento interno. Le funzioni di segreteria sono svolte dalla struttura dell’assessorato compe-tente in materia di lavoro.

4. L’Osservatorio svolge i seguenti compiti:

a) formula proposte alla Giunta regionale in ordine alle azioni e interventi di cui al presente Capo;

b) svolge attività di consulenza nei confronti degli organi regionali, nonché degli enti pubblici, delle associazionied enti privati e delle aziende sanitarie che adottino progetti o sviluppino iniziative a sostegno delle finalità del pre-sente Capo, in particolare si raccorda con i comitati paritetici sul fenomeno del mobbing o organismi analoghi even-tualmente previsti dai contratti collettivi di lavoro;

c) realizza il monitoraggio e le analisi del fenomeno del mobbing, anche avvalendosi degli enti strumentali dellaRegione;

d) promuove studi, ricerche, campagne di sensibilizzazione e di informazione in raccordo con i soggetti destina-tari del presente Capo;

e) promuove protocolli d’intesa e collaborazioni con gli organismi di vigilanza al fine di contrastare il fenomenodel mobbing anche nell’ambito dello svolgimento delle loro attività istituzionali.

Art. 262(Attività di controllo)

1. Il Servizio PSAL, sulla base delle segnalazioni ricevute o nell’ambito della sua attività istituzionale, effettua ap-posite ispezioni nel luogo di lavoro per accertare l’esistenza di azioni di mobbing e l’eventuale stato di malattia del la-voratore.

2. Presso ogni Servizio PSAL è istituito un collegio medico con il compito di confermare lo stato di malattia del la-voratore e di accertare la connessione tra stato di malattia ed azioni di mobbing. La partecipazione al collegio è a ti-tolo gratuito.

3. Il collegio è composto da:

a) un medico specialista in medicina del lavoro del Servizio PSAL;

b) un medico specialista in medicina legale;

f) uno psicologo o uno psichiatra.

PARTE IISERVIZI SOCIALI

TITOLO ISISTEMA INTEGRATO DI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI

CAPO IDISCIPLINA PER LA REALIZZAZIONE DEL SISTEMA INTEGRATO DI INTERVENTI

E SERVIZI SOCIALI

Art. 263(Realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali)

1. Il presente titolo, in armonia con i principi della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizza-zione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), nonché con i principi del diritto internazionale e del dirittocomunitario in materia di diritti sociali della persona, disciplina la realizzazione del sistema integrato di interventi eservizi sociali.

2. In particolare il presente titolo disciplina l’esercizio della funzione sociale, la programmazione, l’organizzazionee la gestione delle attività e dei servizi sociali nella Regione in zone territoriali adeguate nonché la loro integrazionecon le politiche ed il sistema dei servizi sanitari e dei servizi educativi, dell’ambiente, dell’avviamento al lavoro e del

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reinserimento nelle attività lavorative, dei servizi del tempo libero, dei trasporti e delle comunicazioni e, in genere,tutte le politiche ed i settori di intervento rilevanti per le politiche sociali. Definisce, altresì, gli indirizzi per l’organiz-zazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali, per l’affermazione dei diritti e dei doveri socialidi cittadinanza e della responsabilità dei soggetti istituzionali e sociali per la costruzione di una comunità solidale.

3. Il sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali è finalizzato a realizzare una rete di opportunità e digaranzie orientate allo sviluppo umano e al benessere della comunità, al sostegno dei progetti di vita delle persone edelle famiglie, all’esercizio di una cittadinanza attiva.

4. L’ordinamento dei servizi sociali si informa, in via prioritaria, ai seguenti principi:

a) universalità degli interventi diretti alla generalità della popolazione ed omogeneità nel territorio dei livelli es-senziali di assistenza sociale di seguito denominati LIVEAS;

b) presa in carico unitaria delle problematiche delle persone e delle famiglie;

c) centralità dell’azione promozionale volta a sviluppare l’autonomia sociale dei singoli e della comunità;

d) preferenza e valorizzazione della scelta della domiciliarità nella risposta ai bisogni e nel rispetto del generalediritto di libera scelta degli utenti;

e) esclusione della monetizzazione dei servizi ove non finalizzata ad una più efficace risposta al bisogno;

f) attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale intesa quale partecipazione dei cittadini e delle loro orga-nizzazioni alla funzione sociale, ai sensi dell’articolo 118, comma 4 della Costituzione;

g) valorizzazione e sostegno delle reti sociali primarie, in primo luogo le famiglie, quale ambito di relazioni signi-ficative per la crescita, lo sviluppo e la cura della persona;

h) promozione delle solidarietà e della coesione sociale;

i) sviluppo delle reti comunicative, quale fattore di integrazione e di autogoverno dei soggetti.

5. I destinatari delle prestazioni sociali sono riconosciuti e sostenuti dalla Regione, dagli enti dalla stessa dipen-denti e dagli enti locali, nell’ambito della funzione sociale, anche quali portatori di risorse ed elementi attivi nellaprogrammazione, progettazione, realizzazione e valutazione del sistema dei servizi e degli interventi sociali.

Art. 264(Destinatari delle prestazioni sociali)

1. Sono destinatarie delle prestazioni sociali di cui al presente titolo tutte le persone residenti o domiciliate o aventistabile dimora nel territorio regionale e le loro famiglie. Le prestazioni sociali si estendono, altresì, alle persone oc-casionalmente o temporaneamente presenti in Umbria allorché si trovino in condizioni di difficoltà tali da non con-sentire l’intervento da parte dei servizi della Regione o dello Stato di appartenenza, salvo rivalsa in base alla norma-tiva vigente.

CAPO IISOGGETTI ISTITUZIONALI

Art. 265(Il comune)

1. Il comune è titolare delle funzioni in materia di politiche sociali e concorre alla formazione degli atti di program-mazione regionale in materia di politiche sociali, promuove sul proprio territorio l’attivazione ed il raccordo delle ri-sorse pubbliche e private, aventi o non aventi finalità di profitto, per la realizzazione di un sistema articolato e flessi-bile di promozione e protezione sociale attraverso interventi, attività e servizi sociali radicati nel territorio e organiz-zati in favore della comunità.

2. Il comune esercita le funzioni amministrative in forma associata tramite gli Ambiti territoriali integrati, di se-guito denominati ATI, istituiti ai sensi della legge regionale 9 luglio 2007, n. 23 (Riforma del sistema amministrativoregionale e locale - Unione europea e relazioni internazionali - Innovazione e semplificazione).

3. L’ATI esercita le funzioni e provvede alla erogazione dei servizi sociali tramite la Zona sociale intesa quale arti-colazione territoriale corrispondente al territorio dei distretti sanitari di cui all’articolo 22.

4. L’integrazione dei servizi di assistenza sociale con quelli sanitari è attuata mediante accordi di programma fral’ATI e l’Azienda USL competente.

Art. 266(Ambito territoriale integrato)

1. Gli ATI di cui all’articolo 265, comma 2 esercitano le funzioni in materia di politiche sociali ai sensi dell’articolo17 della L.R. n. 23/2007 e della eventuale normativa adottata dai comuni.

2. In particolare ciascun ATI esercita le seguenti funzioni:

a) definisce gli obiettivi da perseguire per garantire la gestione secondo criteri di efficienza, efficacia, economi-cità e trasparenza, uniformità e appropriatezza nel sistema di offerta ed equità per l’accesso delle prestazioni e ne ve-rifica il raggiungimento;

b) provvede al riequilibrio dell’offerta di interventi e servizi sociali sul territorio mediante l’assegnazione di appo-site risorse;

Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 71

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c) provvede al rilascio dell’accreditamento e istituisce l’elenco delle strutture accreditate;

d) garantisce l’unitarietà degli interventi e degli adempimenti amministrativi, la territorializzazione di un si-stema di servizi a rete, l’operatività del sistema degli uffici della cittadinanza organizzati nelle Zone sociali.

3. Le funzioni di cui al comma 2 sono esercitate dagli ATI dal momento dell’adozione dei relativi atti di organizza-zione. L’ATI esercita, altresì, le funzioni in materia di politiche sociali già esercitate da enti, consorzi, associazioni,conferenze e organismi comunque denominati.

4. L’ATI trasmette alla Giunta regionale entro il 31 marzo di ciascun anno una relazione sulle attività svolte dalleZone sociali ricomprese nel territorio di competenza.

5. L’ATI definisce con proprio regolamento le modalità e i criteri per il funzionamento delle Zone sociali di cui al-l’articolo 265, comma 3 sulla base degli indirizzi stabiliti dalla Giunta regionale che tengono conto dei principi di dif-ferenziazione ed adeguatezza e della autonomia organizzativa dei comuni.

6. Le attività socio sanitarie integrate, individuate dal Piano attuativo locale (PAL) e dal Programma attuativo ter-ritoriale (PAT) di cui al decreto legislativo 502/1992, sono svolte da personale con adeguate competenze tecnico pro-fessionali in materia sociale a disposizione dell’ATI e da personale dipendente dalle Aziende USL.

7. Gli ATI per l’esercizio delle funzioni di cui al presente Testo unico si avvalgono, ai sensi dell’articolo 17, comma4 della L.R. n. 23/2007, delle risorse umane già a disposizione a qualunque titolo dei soggetti associativi dei comuni,soppressi al momento dell’istituzione dell’ATI. Gli ATI si avvalgono, inoltre, delle risorse umane messe a disposizionedai comuni appartenenti all’ATI stesso previa sottoscrizione di protocolli di intesa e previo accordo con le organizza-zioni sindacali; gli ATI si avvalgono, altresì, delle strutture organizzative dei comuni, al fine di sopperire ad esigenzeorganizzative di carattere unitario. Gli ATI non possono, in ogni caso, procedere a nuove assunzioni di personalesalvo quanto previsto all’articolo 359 comma 6.

8. L’ATI, per l’esercizio delle funzioni, adotta procedure unificate per più comuni appartenenti alla stessa Zona so-ciale o al territorio dell’ATI, anche individuando il comune che attua il relativo procedimento.

Art. 267(La provincia)

1. La provincia esercita le seguenti funzioni:

a) gestisce la formazione professionale secondo i piani per la formazione e l’aggiornamento del personale addettoall’attività sociale secondo le indicazioni del Piano sociale regionale;

b) concorre alla realizzazione del sistema informativo sociale regionale mediante la raccolta di dati con partico-lare riferimento alle aree sociali strettamente connesse con il sistema dei servizi sociali, quali la formazione, l’occu-pazione e l’inserimento lavorativo delle fasce deboli;

c) collabora con la Regione per la implementazione di un sistema di documentazione delle conoscenze e delleesperienze attinenti le attività di cui alle lettere a) e b).

Art. 268(La Regione)

1. La Regione esercita le funzioni di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi sociali, nonchédi verifica dell’attuazione a livello territoriale. Disciplina l’integrazione degli interventi sociali e provvede, in partico-lare, all’integrazione socio sanitaria in coerenza con gli obiettivi del Piano sanitario regionale, nonché al coordina-mento delle politiche dell’istruzione, della formazione, del lavoro e delle politiche sociali abitative.

2. La Regione, in particolare:

a) ripartisce le risorse del Fondo sociale regionale, del Fondo nazionale per le politiche sociali e degli altri Fondinazionali del settore sociale;

b) effettua il controllo delle risorse di cui alla lettera a);

c) vigila sulla effettiva realizzazione dei LIVEAS di cui all’articolo 263, comma 4, lettera a) e di cui al comma 3;

d) verifica l’attuazione del Piano sociale regionale con riferimento agli obiettivi, alle priorità, allo stato dei servizi,alla qualità degli interventi ed ai progetti sperimentali e dei Piani sociali di zona;

e) adotta atti di indirizzo e di coordinamento nella materia oggetto del presente titolo, per salvaguardare esi-genze di carattere unitario nel territorio regionale;

f) riconosce il ruolo delle persone anziane nella comunità sociale e ne promuove la partecipazione alla vita so-ciale, civile, economica e culturale favorendo la costruzione di percorsi per l’autonomia e il benessere nell’ambito deipropri e abituali contesti di vita; valorizza altresì le esperienze formative, cognitive, professionali ed umane accumu-late dalle persone anziane nel corso della vita, nonché il loro patrimonio di relazioni personali;

g) promuove e valorizza l’invecchiamento attivo sostenendo politiche a favore delle persone anziane riconoscen-done il ruolo attivo nella società attraverso un impegno utile e gratificante capace di renderle protagoniste del pro-prio futuro;

h) contrasta i fenomeni di esclusione e di discriminazione sostenendo azioni che garantiscono un invecchia-mento sano e dignitoso e rimuovono gli ostacoli ad una piena inclusione sociale;

i) adotta atti di indirizzo affinché, attraverso la programmazione regionale di settore, si definiscano le azioni a tu-tela della promozione e della valorizzazione dell’invecchiamento attivo.

Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 201572

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3. La Regione definisce, nei limiti delle risorse disponibili, gli ulteriori LIVEAS di cui all’articolo 270, comma 4, let-tera g) rispetto a quelli individuati dalla legislazione statale. Garantisce, comunque, un sistema unitario di offerta diservizi e prestazioni sociali nelle aree di intervento di cui all’articolo 295, comma 2.

4. La Regione promuove periodicamente, e comunque almeno una volta all’anno, incontri partecipativi con i sog-getti sociali che concorrono alla realizzazione delle finalità di cui al presente titolo.

Art. 269(Aziende pubbliche di servizi alla persona)

1. Le Aziende pubbliche di servizi alla persona di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207(Riordino del sistema delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, a norma dell’articolo 10 della L. 8 no-vembre 2000, n. 328) sono inserite nel sistema pubblico di programmazione, progettazione e attuazione dei servizi edegli interventi sociali.

2. Le funzioni delle Aziende pubbliche di servizi alla persona si realizzano, prevalentemente, attraverso la produ-zione e l’offerta dei servizi e interventi sociali e socio sanitari.

CAPO IIIPROGRAMMAZIONE

Art. 270(Piano sociale regionale)

1. Il Piano sociale regionale è lo strumento di governo del sistema dei servizi e delle attività sociali mediante ilquale la Regione definisce gli indirizzi, gli obiettivi, le priorità sociali, la soglia territoriale ottimale per la program-mazione e la gestione degli interventi sociali ed i criteri per la relativa attuazione.

2. Il Piano sociale regionale individua i principali fattori di sviluppo e di rischio come elementi di orientamento pergli interventi di area sociale nelle materie di competenza regionale.

3. Il Piano sociale regionale si integra con il Piano sanitario regionale, in particolare per le prestazioni socio sani-tarie di cui all’articolo 281; esso stabilisce le modalità e gli strumenti per l’integrazione con le altre politiche del wel-fare e con le altre politiche e piani di settore.

4. Il Piano sociale regionale in particolare definisce:

a) la dotazione essenziale ed unitaria del sistema di offerta dei servizi sociali territoriali;

b) le tipologie di servizio con particolare riferimento ai servizi sociali innovativi;

c) gli indirizzi per l’organizzazione del sistema regionale dei servizi sociali;

d) le modalità di verifica sullo stato dei servizi e la qualità degli interventi mediante un apposito sistema di indi-catori;

e) i criteri e le modalità per l’individuazione dei rappresentanti all’interno del Tavolo zonale di concertazione dicui all’articolo 275, comma 1;

f) gli standard di figura e di percorso formativo per gli operatori impegnati nelle attività e nei servizi sociali di cuialla presente legge;

g) gli ulteriori LIVEAS di cui all’articolo 268, comma 3.

5. Il Piano sociale regionale individua il rapporto fra uffici della cittadinanza e popolazione residente che deve es-sere assicurato su tutto il territorio regionale.

6. Il Piano sociale regionale è adottato dalla Giunta regionale previo espletamento delle procedure di concertazionedi cui alla normativa vigente ed è trasmesso all’Assemblea Legislativa per l’approvazione. Eventuali modifiche edadeguamenti del Piano sociale regionale sono adottati dalla Giunta regionale e trasmessi all’Assemblea Legislativa. IlPiano ha validità triennale ed esplica i suoi effetti fino all’approvazione del successivo.

7. Nel Piano sociale di cui al comma 1 è inserita altresì la programmazione degli interventi coordinati a favore dellepersone anziane, negli ambiti della protezione e promozione sociale, della formazione permanente, della cultura edel turismo sociale, dell’impegno civile, del volontariato in ruoli di cittadinanza attiva responsabile e solidale, dellosport e tempo libero per il mantenimento del benessere durante l’invecchiamento, anche attraverso il confronto e lapartecipazione con le forze sociali e del terzo settore. La programmazione degli interventi coordinati si attua anchemediante gli accordi di cui agli articoli 274 e 279.

8. La Giunta regionale adotta atti indirizzo per la definizione delle azioni e degli interventi a favore delle personeanziane affinché, attraverso la programmazione regionale di settore, si definiscano le azioni di cui agli articoli 291,293 e 294.

9. Per persone anziane di cui al comma 7 si intendono coloro che hanno compiuto sessantacinque anni di età e perinvecchiamento attivo, di cui al medesimo comma 7, si intende il processo volto ad ottimizzare le opportunità con-cernenti la salute, la sicurezza e la partecipazione alle attività sociali allo scopo di migliorare la qualità della vita.

Art. 271(Indirizzi per la predisposizione dei Piani sociali di zona)

1. Ciascun ATI, sulla base della rilevazione dei bisogni effettuata dalle Zone sociali, adotta un atto di indirizzo, conparticolare riferimento ai servizi sociali interzonali, contenente indicazioni al fine di garantire la necessaria omoge-

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neità nella definizione dei Piani sociali di zona e nell’offerta dei servizi, equità nella distribuzione territoriale delle ri-sorse e il raccordo con le altre politiche locali. In particolare l’atto di indirizzo tiene conto, ai fini dell’integrazione so-cio sanitaria, del Piano attuativo locale di cui all’articolo 266, comma 6. L’atto di indirizzo ha valenza triennale.

2. Nell’elaborazione dell’atto di indirizzo di cui al comma 1 ciascun ATI tiene anche conto delle previsioni del Pianoattuativo triennale e del Piano regionale integrato per la non autosufficienza (PRINA) previsto all’articolo 326.

Art. 272(Piano sociale di zona)

1. Il Piano sociale di zona è elaborato dall’Ufficio di piano di cui all’articolo 282, comma 2 ed è adottato dalla Con-ferenza di zona di cui all’articolo 283. Il Piano è elaborato in conformità all’atto di indirizzo di cui all’articolo 271.

2. Il Piano sociale di zona ha durata triennale e viene trasmesso entro trenta giorni dalla sua adozione all’ATI com-petente per territorio per la verifica di coerenza con l’atto di indirizzo di cui all’articolo 271 e della relativa coperturaeconomica. L’Assemblea di ambito approva il Piano sociale di zona entro trenta giorni dal ricevimento, trascorsi inu-tilmente i quali lo stesso deve intendersi come approvato. Eventuali osservazioni possono essere effettuate dall’As-semblea di ambito entro trenta giorni dal ricevimento del Piano sociale di zona.

3. Alla predisposizione del Piano sociale di zona partecipano i soggetti di cui all’articolo 275.

4. Il Piano sociale di zona indica, in particolare:

a) lo stato di attuazione del precedente Piano;

b) gli obiettivi da raggiungere nel triennio successivo;

c) le risorse umane, finanziarie e strumentali da utilizzare;

d) la determinazione delle quote di risorse di cui alla lettera c) poste a carico dei singoli comuni tenendo contodel numero degli abitanti, delle caratteristiche di età degli stessi e delle caratteristiche economiche e geomorfologi-che dei territori;

e) le modalità di integrazione e di coordinamento delle attività socio assistenziali con quelle sanitarie, educative,della formazione e con gli altri strumenti di programmazione territoriali. Il Piano sociale di zona, per le attività sociosanitarie integrate, costituisce parte integrante del Programma delle attività territoriali del Distretto sanitario.

Art. 273(Procedimento per l’adozione del Piano sociale di zona)

1. Ai fini della elaborazione del Piano sociale di zona, la Conferenza di zona avvia il procedimento attraverso avvisopubblico da pubblicare all’albo pretorio dei comuni della zona, nel Bollettino ufficiale della Regione Umbria e al-meno in un quotidiano locale; a tale avviso deve essere data la massima diffusione, da parte dei comuni della zona,in tutte le ulteriori forme di comunicazione ritenute opportune.

2. Con l’avviso di cui al comma 1 i soggetti indicati all’articolo 275 sono invitati a partecipare al processo di elabo-razione del Piano sociale di zona.

3. Il Piano sociale di zona elaborato ai sensi del presente articolo è sottoscritto per adesione dai soggetti di cui alcomma 2 che hanno partecipato al Tavolo zonale di concertazione e che ne condividono i contenuti.

4. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 4 della L. 328/2000 che partecipano al Tavolo zonale di concertazione pos-sono sottoscrivere apposito patto con il quale si impegnano a concorrere alla realizzazione del Piano sociale di zona.Il patto ha valore di accordo tra le parti e ad esso si applicano i principi del codice civile.

Art. 274(Attuazione del Piano sociale di zona e coprogettazione)

1. La Conferenza di zona di cui all’articolo 19, successivamente all’approvazione del Piano sociale di zona da partedell’Assemblea di ambito, mediante avviso pubblico da pubblicare con le modalità di cui all’articolo 273, comma 1,invita i soggetti di cui all’articolo 1, commi 4 e 5 della L. 328/2000 a partecipare alla attuazione del Piano sociale dizona.

2. I soggetti di cui all’articolo 1, commi 4 e 5 della L. 328/2000 sono invitati a partecipare alla coprogettazione deiservizi e degli interventi previa sottoscrizione degli accordi procedimentali di cui all’articolo 279, comma 4.

Art. 275(Concertazione)

1. Il Tavolo zonale di concertazione costituisce un organismo partecipativo di cui fanno parte le Aziende USL, glienti pubblici operanti nel territorio con funzioni a rilevanza sociale, le Aziende dei servizi alla persona (ASP), i sog-getti di cui all’articolo 1, comma 4 della L. 328/2000 e le organizzazioni del mondo del lavoro presenti e maggior-mente rappresentative a livello della singola Zona sociale. Il Tavolo zonale di concertazione contribuisce alla defini-zione delle linee fondamentali della programmazione sociale di zona ed alla valutazione della sua realizzazione.

2. I Tavoli zonali di coprogettazione costituiscono organismi partecipativi che consentono la partecipazione, di-retta o attraverso organizzazioni consortili o comunque rappresentative dei soggetti di cui all’articolo 279, comma 2,alla progettazione dei servizi e degli interventi ed alla valutazione della loro realizzazione.

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Art. 276(Piano operativo)

1. La Giunta regionale approva ogni anno, d’intesa con le Zone sociali, di cui all’articolo 282, dopo l’approvazionedella legge finanziaria regionale, un piano operativo che integri le diverse politiche e risorse regionali relative agli in-terventi e ai servizi a tutela della promozione e della valorizzazione dell’invecchiamento attivo che tenga conto sia diquelli aventi rilevanza regionale sia di quelli a rilevanza territoriale, al fine di coordinare e armonizzare le diverseazioni. Il piano operativo viene approvato previo confronto con le istituzioni, le forze sociali e il terzo settore.

CAPO IV PARTECIPAZIONE, PROMOZIONE E VALORIZZAZIONE DEGLI ORGANISMI

AVENTI FUNZIONE SOCIALE, EDUCATIVA E FORMATIVA

Art. 277(Rapporti fra Regione ed enti locali e partecipazione)

1. La Giunta regionale, al fine di garantire un efficace sistema di relazioni istituzionali fra Regione, Province, ATI ecomuni nella elaborazione della programmazione sociale, promuove appositi incontri anche attraverso le loro asso-ciazioni.

2. I comuni, nell’ambito delle proprie attività istituzionali, garantiscono ai minori i diritti di manifestazione delpensiero, adottando le opportune forme di partecipazione delle bambine e dei bambini su questioni che interessanola loro condizione di vita, con particolare riferimento alla organizzazione sociale urbana.

Art. 278(Promozione dell’economia sociale)

1. La Regione, in collaborazione con gli enti locali e con le organizzazioni rappresentative del mondo del lavoro,dell’imprenditoria e dei soggetti non profit operanti nel sistema dei servizi e degli interventi sociali, promuove la co-stituzione di reti locali deputate allo sviluppo dell’economia sociale.

2. Per economia sociale si intendono le azioni e le relazioni di soggetti che svolgono attività imprenditoriali nonprofit e profit operanti sul mercato con l’offerta di beni e servizi relazionali.

3. Per le finalità di cui al comma 1 la Regione può concedere incentivi ed agevolazioni fiscali nel rispetto della nor-mativa vigente; può altresì promuovere e stipulare gli accordi di cui all’articolo 2, comma 203 della legge 23 dicem-bre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) e, in genere, ogni altro accordo pubblico/privatoprevisto dalla normativa vigente.

Art. 279(Organizzazioni di utilità sociale)

1. La Regione riconosce lo svolgimento della pubblica funzione sociale da parte delle cooperative sociali, delle as-sociazioni di promozione sociale, del volontariato e delle altre organizzazioni senza finalità di profitto di cui all’arti-colo 1, comma 4, della L. 328/2000, e promuove la costruzione di un sistema di responsabilità pubbliche, anche nonstatuali, condivise fra soggetti istituzionali e soggetti sociali, comprese le famiglie.

2. Le organizzazioni di cui al comma 1 concorrono alla individuazione dei bisogni, alla programmazione ed allaprogettazione del sistema dei servizi e degli interventi sociali, alla realizzazione degli obiettivi ed alla gestione delleattività sociali. Il concorso di tali organizzazioni avviene in forme differenziate, articolate in armonia alle rispettivespecificità, secondo le modalità stabilite dal Piano sociale regionale.

3. Possono concorrere alla gestione dei servizi e degli interventi di cui alla presente legge anche i soggetti di cui al-l’articolo 1, commi 4 e 5, della L. 328/2000.

4. Gli ATI ai sensi dell’articolo 3, comma 5 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggisull’ordinamento degli enti locali) favoriscono l’impegno dei soggetti di cui all’articolo 1, commi 4 e 5, dellaL. 328/2000 anche mediante gli accordi procedimentali di cui all’articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuovenorme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) attraverso iquali realizzare forme di collaborazione pubblico/privato senza finalità di profitto, nell’esercizio della funzione so-ciale.

Art. 280(Riconoscimento e valorizzazione della funzione sociale,

educativa e formativa delle parrocchie mediante gli oratori)

1. La Regione riconosce e valorizza la funzione sociale, educativa e formativa svolta dalle parrocchie e dagli istitutireligiosi cattolici attraverso gli oratori, nell’ambito del percorso formativo rivolto ai soggetti in età minore, agli ado-lescenti e ai giovani.

2. La Regione riconosce la titolarità delle diocesi dell’Umbria e degli istituti religiosi cattolici che svolgono attivitàoratoriale ad essere consultati nella fase di elaborazione delle linee di programmazione, organizzazione e gestionedel sistema integrato degli interventi e servizi sociali, con particolare riguardo alle tematiche riferite ai soggetti in etàminore, agli adolescenti e ai giovani.

Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 75

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3. Il riconoscimento di cui ai commi l e 2 è esteso alle attività oratoriali o similari svolte da altri enti di culto rico-nosciuti dallo Stato.

4. Per le finalità di cui al presente articolo, le diocesi umbre, gli istituti religiosi cattolici e le organizzazioni che rap-presentano gli altri enti di culto riconosciuti dallo Stato, possono sottoscrivere con i comuni associati nell’ambito ter-ritoriale l’accordo di programma che regola il piano di zona, ai sensi dell’art. 19, commi 2 e 3 della legge 8 novembre2000, n. 328, nel quale vengono individuate le priorità previste al comma 5 e le modalità della loro attuazione.

5. Per il raggiungimento delle finalità di cui al presente articolo, sono finanziabili i progetti previsti nel sistema in-tegrato regionale di interventi e servizi sociali ed educativi, rivolti ai soggetti in età minore, agli adolescenti e ai gio-vani, concernenti:

a) realizzazione di attività di promozione e sostegno per lo svolgimento delle funzioni sociali ed educative;

b) allestimento di centri ricreativi e sportivi, ivi compreso l’acquisto di attrezzature e materiali;

c) realizzazione di percorsi di recupero a favore di soggetti a rischio di emarginazione sociale, di devianza in am-bito minorile, di disabilità;

d) manutenzione straordinaria e riadattamento di immobili adibiti ed utilizzati come luogo di incontro per ado-lescenti e giovani;

e) percorsi di formazione sociale, al fine di valorizzare tutte le risorse e le competenze presenti sul territorio esupportare le attività di oratorio e quelle similari.

TITOLO IIGESTIONE DELLE PRESTAZIONI SOCIALI

CAPO IPRESTAZIONI SOCIO SANITARIE E ZONE SOCIALI

Art. 281(Prestazioni socio sanitarie)

1. Le prestazioni socio sanitarie sono distinte, ai sensi dell’articolo 3-septies del d.lgs. 502/1992 e sue successivemodificazioni e integrazioni, in:

a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, intese quali attività finalizzate alla promozione della salute, alla pre-venzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acqui-site;

b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, ovvero tutte le attività del sistema sociale che hanno l’obiettivo di sup-portare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute;

c) prestazioni socio sanitarie ad elevata integrazione sanitaria che sono caratterizzate da particolare rilevanza te-rapeutica e intensità della componente sanitaria e che attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, an-ziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HumanImmunodeficiency Virus (HIV) e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico de-generative.

2. La Giunta regionale, con proprio atto, predispone un quadro di riferimento per l’integrazione delle attività sociosanitarie provvedendo tra l’altro all’analisi dei costi.

3. I costi relativi alle componenti sanitaria e sociale all’interno delle attività socio sanitarie sono stabiliti dallaGiunta regionale che tiene conto dell’analisi dei costi di cui al comma 2, previa acquisizione del parere obbligatoriodel Consiglio delle Autonomie locali e dei Direttori generali delle Aziende USL. È fatto salvo quanto previsto dallanormativa nazionale in materia dei LIVEAS.

Art. 282(Zone sociali)

1. Il Piano sociale regionale individua, all’interno di ciascun ATI, le Zone sociali di cui all’articolo 265, comma 3.

2. La Zona sociale si dota di una apposita struttura preposta alla pianificazione sociale del territorio, denominata“Ufficio di piano”. La Zona sociale provvede, inoltre, alla gestione associata dei servizi e degli interventi sociali di cuial presente Testo unico, cura le attività di monitoraggio, di verifica e di valutazione delle singole azioni progettualidei servizi e degli interventi nonché la rilevazione dei dati e delle informazioni utili alla pianificazione sociale.

3. Le attività sociali di cui al comma 2 sono svolte da personale messo a disposizione dai comuni ricadenti nellaZona sociale ferma restando la permanenza della titolarità del rapporto di lavoro con il comune di appartenenza. Lefunzioni di responsabilità tecnica e di coordinamento della rete territoriale dei servizi sociali sono assicurate da per-sonale con profilo professionale e competenze tecnico professionali in materia sociale. L’ATI nomina il responsabilesociale di Zona, designato dalla Conferenza di zona, che esercita le proprie funzioni esclusivamente nella struttura dicui al comma 2 ed a tempo pieno.

4. L’ATI con proprio regolamento provvede a definire l’organizzazione della Zona sociale.

Art. 283(Conferenza di zona)

1. La Conferenza di zona costituisce il soggetto di coordinamento politico e istituzionale della Zona sociale.

Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 201576

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2. La Conferenza di zona è composta da tutti i sindaci dei comuni il cui territorio ricade all’interno della Zona so-ciale o dai loro assessori delegati.

3. La Conferenza di zona delibera validamente con la presenza di sindaci o loro assessori delegati che rappresen-tino almeno la maggioranza dei comuni e la maggioranza dei residenti nella zona.

4. Le deliberazioni della Conferenza di zona si intendono approvate se ottengono voti favorevoli che corrispondonoad almeno la metà più uno dei comuni presenti e ad almeno la maggioranza assoluta dei residenti negli stessi. Il co-ordinamento dei lavori della Conferenza di zona è affidato ad un componente individuato dalla Conferenza stessa.

5. La Conferenza di zona svolge, in particolare, i seguenti compiti:

a) propone all’ATI competente l’approvazione dei regolamenti sociali zonali che disciplinano il sistema socialezonale prevedendo l’istituzione in ciascuna Zona sociale del Tavolo zonale di concertazione e del Tavolo zonale di co-progettazione;

b) adotta il Piano sociale di zona di cui all’articolo 272;

c) provvede alla pubblicazione degli avvisi pubblici di cui agli articoli 273 e 274.

6. Il regolamento dell’ATI stabilisce le modalità di organizzazione e funzionamento della Conferenza di zona.

Art. 284 (Uffici della cittadinanza)

1. All’interno della Zona sociale sono istituiti gli uffici della cittadinanza, ai sensi dell’articolo 266, comma 2, letterad) e dell’articolo 270, comma 5, quali uffici territoriali di servizio sociale pubblico ed universalistico finalizzati, in viaesclusiva, a garantire l’accesso al sistema territoriale dei servizi e al contatto con l’utenza. Gli uffici di cittadinanza at-tuano gli interventi mediante la presa in carico delle persone e delle famiglie, con l’impiego di équipe interprofessio-nali territoriali, per soddisfare ogni domanda di intervento e di partecipazione sociale.

TITOLO III AZIONI, INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI

CAPO IAZIONI, INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI

Art. 285(Articolazione delle attività sociali)

1. Le attività sociali si articolano in azioni sociali, interventi e servizi sociali.

2. Le azioni sociali si articolano in:

a) azioni per la promozione e sostegno della sussidiarietà orizzontale;

b) azioni per la qualità;

c) azioni di promozione;

d) azioni di comunicazione;

e) azioni di mutualità.

3. Gli interventi e servizi sociali si articolano in:

a) servizi di prossimità;

b) servizi per le responsabilità familiari;

c) interventi e servizi socio assistenziali;

d) interventi e servizi per la formazione permanente delle persone anziane;

e) interventi e servizi per la cultura ed il benessere durante l’invecchiamento;

f) interventi e servizi per la cultura, il tempo libero, l’impegno e il volontariato civile delle persone anziane;

g) interventi ed azioni per l’implementazione delle nuove tecnologie per favorire l’accesso a servizi e interventi afavore delle persone anziane.

CAPO II AZIONI SOCIALI

Art. 286(Azioni per la promozione ed il sostegno della sussidiarietà orizzontale)

1. I comuni, singoli o in forma associata, svolgono le proprie funzioni sociali favorendo la partecipazione dei citta-dini e delle formazioni sociali ed il loro contributo al sistema locale dei servizi e degli interventi sociali attraverso losvolgimento di attività di interesse generale, anche mediante forme di collaborazione ai sensi della normativa vi-gente.

2. Le funzioni di cui al comma 1 si articolano in azioni finalizzate a favorire l’autonoma iniziativa dei privati e inazioni di sostegno all’impegno dei privati nell’esercizio della funzione sociale.

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3. Le azioni di facilitazione dei privati di cui al comma 2 consistono nella messa a disposizione di informazioni,nella instaurazione di flussi di comunicazione, nel coordinamento dei servizi e degli interventi pubblici con quelliprivati e in ogni altra forma di collaborazione che comunque non comporti l’attribuzione di somme di denaro o di al-tri beni da parte di amministrazioni pubbliche.

4. Le azioni di sostegno di cui al comma 2 sono finalizzate a rendere adeguato l’impegno di soggetti privati senzafinalità di profitto nella funzione sociale e a responsabilizzare tali soggetti nella realizzazione del sistema dei servizialla persona; esse consistono nella messa a disposizione da parte di soggetti pubblici, alle organizzazioni privatesenza finalità di profitto, di benefici economici a fronte del loro impegno a partecipare ai processi di coprogettazionedei servizi e degli interventi e dalla loro realizzazione, nell’ambito della programmazione sociale locale mediante lastipula degli accordi procedimentali di cui all’articolo 279, comma 4 che stabiliscono le modalità di collaborazione ela realizzazione dei servizi e degli interventi di qualità, coprogettati. L’entità dei contributi economici non può supe-rare quanto necessario al fine della compensazione degli oneri che il partner privato assume ai sensi della decisione20/12/2011 n. 2012/21/UE (Decisione della Commissione riguardante l’applicazione delle disposizioni dell’articolo106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti di Stato sotto forma di compensa-zione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di inte-resse economico generale)”.

5. L’individuazione dei soggetti privati senza finalità di profitto, per la stipula degli accordi procedimentali di cui alcomma 4, avviene nel processo di costruzione del Piano sociale di zona, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 1della L. 241/1990 attraverso procedure non competitive ad evidenza pubblica.

6. Dai benefici economici di cui al comma 4 è esclusa la corresponsione, sotto qualsiasi forma, di altre utilità eco-nomiche riconducibili ai corrispettivi per la fornitura di servizi o beni.

7. La Giunta regionale con proprio atto disciplina le modalità per la concessione dei benefici economici di cui alcomma 4.

Art. 287(Azioni per la qualità)

1. I comuni, singoli o in forma associata, promuovono azioni positive, a carattere sociale, educativo e culturale, perricostruire e sviluppare i legami di condivisione e di appartenenza alla comunità.

2. Tali azioni sono dirette:

a) a migliorare la qualità delle relazioni interpersonali e della vita quotidiana anche favorendo lo sviluppo di ar-moniche relazioni intergenerazionali e di genere;

b) a migliorare la qualità dei contesti urbani e di vita quotidiana, anche promuovendo politiche di conciliazione,la cultura ed il tempo libero delle persone e delle famiglie;

c) a sostenere le persone e le famiglie, le competenze, i legami solidali ed affettivi presenti al loro interno adat-tando le politiche sociali alle loro diversità;

d) a ridurre le situazioni di rischio sociale con particolare riferimento ai bambini e alle bambine, agli uomini edalle donne, agli adolescenti e agli anziani.

3. Le finalità di cui al comma 1 sono perseguite mediante l’integrazione progettuale delle risorse formali e infor-mali nonché con programmi intersettoriali diretti alle aree sociali specifiche: infanzia, adolescenti e giovani, famigliee donne, popolazione anziana.

Art. 288(Azioni di promozione)

1. I comuni, singoli o in forma associata, anche con l’apporto delle organizzazioni di utilità sociale, incentivano leattività sociali di promozione. Tali attività comprendono i servizi di comunicazione, di mutualità e di prossimità.

2. Le azioni di comunicazione assolvono a funzioni di promozione della partecipazione attiva dei cittadini e delleloro organizzazioni all’esercizio della funzione sociale nei momenti della programmazione, della progettazione edella realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, oltre che ad una funzione di informazione, conoscenza e so-stegno sociale diretta a far acquisire ai singoli soggetti consapevolezza, autonomia e responsabilità per l’esercizio deidiritti di cittadinanza.

3. Le azioni di mutualità favoriscono lo scambio di prestazioni e di tempo fra persone e gruppi sociali che inten-dono autorganizzarsi per la realizzazione di determinati servizi.. I comuni, singoli o in forma associata, al fine di so-stenere le reti di mutualità fra i cittadini possono promuovere la costituzione di centri di riferimento con il compitodi raccogliere e gestire le disponibilità dirette ad impieghi sociali.

4. I servizi di prossimità sono forniti a livello locale alle persone e alle famiglie e sono orientati alle nuove esigenzederivanti dalla trasformazione delle strutture demografiche, familiari e dei modi di vita. I servizi di prossimità pos-sono essere realizzati con il coinvolgimento attivo dei soggetti sociali, dei cittadini e delle famiglie e si articolano intre aree:

a) servizi alle persone anziane attinenti a bisogni di cura e di socializzazione;

b) servizi di supporto alle famiglie, atti a semplificare la vita quotidiana della famiglia nello svolgimento di propricompiti educativi e di cura;

c) servizi a struttura comunitaria, rivolti a bisogni sociali collettivi e riferiti all’intero ciclo di vita.

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CAPO IIISERVIZI E INTERVENTI SOCIALI

Art. 289(Servizi per le responsabilità familiari)

1. La Regione individua con il Piano sociale regionale i servizi socio educativi di supporto alle responsabilità e aicompiti educativi e di cura della famiglia. La Regione inoltre sostiene e promuove azioni che consentano la pienarealizzazione di una maternità e paternità responsabile. I servizi per le responsabilità familiari si articolano in duearee:

a) servizi socio educativi per l’infanzia, l’adolescenza e i giovani;

b) servizi socio assistenziali per giovani e adulti bisognosi di supporti assistenziali.

Art. 290(Interventi e servizi socio assistenziali)

1. I servizi socio assistenziali hanno natura solidaristica e sono rivolti a persone e famiglie, con particolare riferi-mento ai soggetti vulnerabili e maggiormente esposti a rischio di esclusione. Essi consistono in azioni di sostegno,prestazioni e attività sociali ad integrazione e/o sostituzione delle funzioni della rete sociale primaria.

2. I servizi socio assistenziali, in particolare, comprendono:

a) i servizi domiciliari di supporto familiare;

b) i servizi comunitari;

c) i servizi per l’alloggio;

d) i servizi semi residenziali;

e) i servizi residenziali;

f) i servizi e gli interventi di accoglienza e sostegno sociale;

g) i servizi per la tutela sociale dei minori.

3. La gestione dei servizi di cui al presente articolo è affidata a soggetti pubblici, soggetti privati e soggetti di pri-vato sociale.

Art. 291(Interventi e servizi per la formazione permanente delle persone anziane)

1. La Regione promuove la partecipazione delle persone anziane a processi educativi, alle attività ricreative e allaformazione lungo tutto l’arco della vita, rendendole così protagoniste del proprio futuro. La Regione, in particolare:

a) incentiva la mutua formazione inter e intra generazionale tra appartenenti a culture differenti, riconoscendo epromuovendo il valore della differenza di genere;

b) sostiene le attività delle università della terza età, comunque denominate;

c) valorizza le esperienze professionali acquisite e le metodologie didattiche, nonché il ruolo attivo delle personeanziane nella trasmissione dei saperi alle nuove generazioni durante l’orientamento o i percorsi di prima forma-zione, anche con il concorso delle imprese e delle organizzazioni sindacali.

2. La Regione per le azioni di cui al comma 1 può promuovere e sostenere protocolli operativi con le scuole di ogniordine e grado per la realizzazione di progetti che prevedono la messa a disposizione da parte della persone anzianedel proprio tempo, per tramandare alle giovani generazioni i mestieri, i talenti e le esperienze.

3. La Regione sostiene azioni volte a rendere le persone anziane capaci di affrontare le problematiche e le criticitàconnesse alla modernità e, in particolare, percorsi formativi finalizzati a:

a) progettare un invecchiamento attivo, con particolare attenzione ai temi dell’impegno civile e della cittadinanzaattiva;

b) ridurre il divario nell’accesso reale alle tecnologie - digital divide e la disparità nell’acquisizione di risorse e co-noscenze della rete informatica, nonché delle capacità necessarie a partecipare alla società dell’informazione;

c) promuovere stili di consumo intelligenti ed ecocompatibili e gestire efficacemente il risparmio;

d) perseguire la sicurezza stradale e domestica;

e) facilitare la comprensione del tempo presente in tutti i suoi aspetti attraverso la proposta di occasioni e stru-menti di approfondimento culturale.

Art. 292(Interventi e servizi per la cultura, la prevenzione ed il benessere durante l’invecchiamento)

1. La Regione, al fine di prevenire processi invalidanti fisici e psicologici, promuove azioni tese al mantenimentodel benessere durante l’invecchiamento della persona anziana, sostenendo la diffusione di corretti stili di vita e l’edu-cazione motoria e fisica. A tal fine può promuovere protocolli operativi tra enti locali territoriali, aziende sanitarie lo-cali e associazioni di volontariato e di promozione sociale.

2. La Regione promuove, inoltre, politiche di sostegno alla persona anziana nel suo abituale contesto familiare eterritoriale agevolando una vita di relazione attiva, al fine di prevenire i fenomeni di isolamento sociale e limitare

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l’ospedalizzazione e l’inserimento in strutture assistenziali residenziali. A tale scopo, la Regione sostiene, in un’otticaintergenerazionale e interculturale, la diffusione sul territorio di centri sociali e di spazi e di luoghi di incontro, so-cializzazione e partecipazione.

3. Per il benessere della persona anziana e per contrastare la solitudine sono favoriti gli strumenti di prossimità edi socialità, nonché gli strumenti che garantiscono e facilitano l’acquisizione di informazioni sui servizi presenti nelterritorio regionale, nonché sugli interventi e sulle azioni sociali promossi.

Art. 293(Interventi e servizi per la cultura, il tempo libero, l’impegno e il volontariato civile delle persone anziane)

1. La Regione, riconoscendo il ruolo centrale degli enti locali territoriali e del terzo settore, favorisce la partecipa-zione delle persone anziane ad attività culturali, ricreative e sportive, anche per sviluppare relazioni solidali, positivee continuative tra le persone e senso di appartenenza alla comunità.

2. La Regione, al fine di valorizzare l’impiego delle persone anziane in attività socialmente utili ne favorisce la par-tecipazione alla vita della comunità locale, anche attraverso l’impegno civile nel volontariato e nell’associazionismoo in ruoli di cittadinanza attiva, responsabile e solidale.

3. Il volontariato civile delle persone anziane costituisce una forma di promozione dell’invecchiamento attivo attra-verso la realizzazione di progetti sociali, utili alla comunità.

4. I progetti sociali di cui al comma 3 possono essere promossi dagli enti locali territoriali e sono realizzati dai sog-getti del terzo settore. Tali progetti, sono inseriti nella programmazione sociale territoriale.

5. Alle persone anziane che operano nei progetti di cui al comma 3 può essere riconosciuto, per il tramite delle as-sociazioni di volontariato iscritte nel Registro regionale di cui agli articoli 371 e 388 un rimborso per le spese soste-nute, nonché crediti sociali fruibili in servizi regolati dagli enti locali territoriali promotori dei progetti.

6. La Regione sostiene progetti sperimentali o convenzioni tra enti pubblici e soggetti del terzo settore tesi a svilup-pare il volontariato civile degli anziani.

7. L’impegno civile delle persone anziane si realizza, in particolare, attraverso le seguenti azioni:

a) accompagnamento con mezzi pubblici per l’accesso a prestazioni socio assistenziali e socio sanitarie;

b) supporto nei percorsi formativi di collegamento fra la scuola e il mondo del lavoro, anche in relazione alle ini-ziative promosse dalle imprese e dalle organizzazioni sindacali;

c) attività ausiliari di vigilanza presso scuole e mense;

d) sorveglianza durante mostre e manifestazioni giovanili;

e) animazione, custodia e vigilanza di musei, biblioteche, mostre, sale di ritrovo dei quartieri, aree sportive e cen-tri sociali sportivi, ricreativi e culturali;

f) conduzione di appezzamenti di terreno di proprietà o di uso pubblico;

g) iniziative volte a far conoscere e perpetuare le tradizioni di artigianato locale;

h) assistenza, anche domiciliare, a minori, anziani e disabili a supporto degli operatori dei servizi sociali;

f) assistenza sociale e culturale negli ospedali e nelle carceri;

g) attività di prevenzione del disagio giovanile e delle dipendenze;

h) interventi di carattere ecologico, stagionale o straordinario, nel territorio umbro;

i) campagne e progetti di solidarietà sociale.

8. I comuni possono affidare a persone anziane, singole o associate, la gestione gratuita di terreni comunali neiquali svolgere attività di giardinaggio, orticoltura e in generale la cura dell’ambiente naturale. I soggetti interessati al-l’affidamento si impegnano a gestire gratuitamente terreni comunali nel rispetto delle regole stabilite dal comunecompetente per territorio. I comuni stabiliscono, inoltre, le modalità e i criteri per l’affidamento della gestione di ter-reno pubblico. I comuni possono revocare l’affidamento per sopravvenute esigenze pubbliche e, con adeguato preav-viso, qualora l’assegnatario non rispetti le regole stabilite dal comune stesso.

Art. 294(Interventi ed azioni per l’implementazione delle nuove tecnologie)

1. La Regione, al fine di consentire una fruizione più immediata e una maggiore diffusione dei servizi offerti allepersone anziane, sostiene la diffusione e l’implementazione di strumenti tecnologicamente avanzati, quali card infor-matizzate, portali telematici e piattaforme tecnologiche.

2. La Regione, per le finalità di cui al comma 1, promuove la stipula di accordi e convenzioni con gli enti locali ter-ritoriali e con i soggetti del terzo settore tesi ad agevolare, anche economicamente, l’utilizzo degli strumenti di cui alcomma 1.

Art. 295(Diritti sociali di cittadinanza)

1. I servizi e gli interventi sociali di cui alla presente legge garantiscono il raggiungimento dei LIVEAS stabiliti dallenorme statali mediante:

a) misure di contrasto della povertà e di sostegno al reddito e servizi di accompagnamento, con particolare rife-rimento alle persone senza fissa dimora;

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b) misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a domicilio di persone totalmente dipen-denti o incapaci di compiere gli atti propri della vita quotidiana;

c) interventi a favore di minori in situazioni di disagio tramite il sostegno al nucleo familiare di origine e l’inseri-mento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare e per la promozione dei dirittidell’infanzia e dell’adolescenza;

d) misure per il sostegno delle responsabilità familiari, per favorire l’armonizzazione del tempo di lavoro e dicura familiare;

e) misure di sostegno alle donne in difficoltà per assicurare i benefici disposti dal regio decreto-legge 8 maggio1927, n. 798, convertito dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838 (Norme sull’assistenza degli illegittimi, abbandonati oesposti all’abbandono), del testo unico delle leggi sulla protezione ed assistenza della maternità ed infanzia di cui alR.D. 24 dicembre 1934, n. 2316 e loro successive modificazioni, integrazioni e norme attuative;

f) interventi per la piena integrazione delle persone disabili; realizzazione, per i soggetti di cui all’articolo 3,comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle per-sone handicappate), dei centri socio riabilitativi e delle comunità-alloggio di cui all’articolo 10 della stessaL. 104/1992 e dei servizi di comunità e di accoglienza per quelli privi di sostegno familiare, nonché erogazione delleprestazioni di sostituzione temporanea delle famiglie;

g) interventi per le persone anziane e disabili per favorire la permanenza a domicilio, per l’inserimento presso fa-miglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare, nonché per l’accoglienza e la socializzazionepresso strutture residenziali e semiresidenziali per coloro che, in ragione della elevata fragilità personale o di limita-zione dell’autonomia, non siano assistibili a domicilio, ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazio-nale;

h) prestazioni integrate di tipo socio educativo per contrastare dipendenze da droghe, alcol e farmaci, favorendointerventi di natura preventiva, di recupero e di reinserimento sociale;

i) informazione e consulenza alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi e per promuovere ini-ziative di autoaiuto.

2. Per le finalità di cui al comma 1 e di cui all’articolo 268, comma 3 le strutture competenti garantiscono, tenendoconto anche delle diverse esigenze delle aree urbane e rurali, comunque, l’erogazione delle prestazioni essenziali edunitarie nelle seguenti aree di intervento:

a) welfare leggero;

b) welfare dell’emergenza;

c) welfare domiciliare di supporto familiare;

d) welfare comunitario;

e) welfare residenziale e semiresidenziale.

3. Nella programmazione, progettazione ed erogazione dei servizi e degli interventi di cui ai commi 1 e 2 i sog-getti erogatori si conformano ai seguenti principi:

a) eguaglianza di opportunità a condizioni sociali e stati di bisogno differenti;

b) rispetto della dignità della persona con riferimento alle esigenze di informazione e consensualità, nonché di ri-servatezza delle informazioni che riguardano la sua condizione;

c) diritto ad una maternità e paternità consapevole e responsabile;

d) conoscenza dei percorsi assistenziali e l’informazione sui servizi disponibili;

e) libertà di opzione tra le prestazioni erogabili nell’ambito del sistema dei servizi;

f) accesso e fruibilità delle prestazioni in tempi compatibili con i bisogni.

TITOLO IV POLITICHE PER LE FAMIGLIE

CAPO IRICONOSCIMENTO E VALORIZZAZIONE DELLE FAMIGLIE

Art. 296(Riconoscimento e valorizzazione delle famiglie)

1. La Regione Umbria riconosce la famiglia quale nucleo fondante della società, secondo quanto previsto dalla Di-chiarazione dei diritti dell’uomo, dai Trattati internazionali in materia, dalla Costituzione, dallo Statuto regionale.

2. La Regione Umbria valorizza il nucleo familiare formato da persone unite da vincoli di coniugio, parentela e af-finità, promuove e sostiene la funzione genitoriale nei compiti di cura, educazione e tutela del benessere dei figli.

3. La Regione Umbria, per l’attuazione delle politiche di sostegno alla famiglia, si ispira ai principi di solidarietà,sussidiarietà e reciprocità nelle relazioni familiari, sviluppa e potenzia le politiche sociali regionali mediante azioninell’area della protezione sociale, dell’abitare, della salute, del lavoro, dell’organizzazione degli spazi di vita, del-l’istruzione, della formazione e del credito.

4. La Regione, in attuazione del principio di sussidiarietà di cui all’articolo 118 della Costituzione, della legge regio-nale 4 dicembre 2006, n. 16 (Disciplina dei rapporti tra l’autonoma iniziativa dei cittadini e delle formazioni sociali el’azione di Comuni, Province, Regione, altri Enti Locali e Autonomie funzionali in ordine allo svolgimento di attività

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di interesse generale secondo i principi di sussidiarietà e semplificazione) e degli articoli 16, comma 3, e 17 dello Sta-tuto, riconosce l’associazionismo familiare quale soggetto portatore di risorse e soggetto attivo nella programma-zione regionale.

5. La Regione, nell’ambito della propria attività di indirizzo e programmazione, anche in coerenza con quanto pre-visto dalla normativa nazionale e regionale in materia di sistema integrato dei servizi sociali, con il presente titolo sipropone di:

a) promuovere e garantire il diritto di libera scelta nei confronti dei soggetti erogatori di servizi e le pari oppor-tunità tra donne e uomini;

b) favorire il mantenimento e lo sviluppo di uno stretto rapporto tra le generazioni;

c) implementare specifici interventi in favore di situazioni di particolare disagio causate da problemi economicio dalla presenza di persone prive di autonomia fisica o psichica;

d) favorire la conciliazione delle esigenze familiari con quelle professionali;

e) sostenere il lavoro di cura familiare, quale attività di primaria importanza per la vita della famiglia e della so-cietà.

Art. 297(Strumenti per le politiche di sostegno alle famiglie)

1. La Regione promuove e tutela la famiglia attraverso:

a) il sostegno alle giovani coppie nella formazione di una nuova famiglia e nello svolgimento del ruolo genito-riale, con particolare riferimento ai primi tre anni di vita dei figli;

b) il sostegno alle nuove famiglie mediante interventi che concorrono ad eliminare gli ostacoli di natura econo-mica e sociale che ne impediscono la costituzione e lo sviluppo;

c) la valorizzazione della responsabilità dei genitori nei doveri di cura, educazione ed istruzione dei figli;

d) la promozione, anche in forma integrata, di iniziative pubbliche, di privato sociale e delle reti parentali, so-prattutto con riferimento alle iniziative rivolte agli anziani ed ai minori;

e) la predisposizione di programmi per la famiglia nelle situazioni di vulnerabilità o disagio e per il sostegno aicompiti di cura delle persone disabili, anziane e non autosufficienti;

f) la tutela del benessere dei nuclei familiari, con particolare riguardo alle famiglie numerose, ai nuclei monoge-nitoriali, alle famiglie in crisi, ed a tutte le situazioni in cui siano presenti aspetti di criticità;

g) la garanzia, nel rispetto del principio di uguaglianza e degli altri principi costituzionali, della libertà di sceltae della parità di trattamento tra gli iscritti alle scuole pubbliche, statali e paritarie;

h) il supporto all’inserimento ed al reinserimento nel mondo del lavoro delle persone che si sono dedicate al la-voro di cura familiare;

i) il sostegno e la qualificazione dell’attività di assistenza familiare domiciliare;

j) l’armonizzazione dei tempi di vita personale e professionale, per conciliare gli impegni familiari con l’attivitàlavorativa, anche attraverso lo strumento del telelavoro;

k) la valorizzazione dell’associazionismo familiare attraverso l’attribuzione di un ruolo attivo alle associazioni fa-miliari nella programmazione, progettazione, realizzazione e valutazione del sistema dei servizi alla persona;

l) la promozione del diritto della famiglia a svolgere liberamente le proprie funzioni sociali ed educative, ancheattraverso il coinvolgimento e la partecipazione della stessa alla progettazione dei relativi interventi e servizi.

CAPO II SERVIZI, INTERVENTI E AZIONI PER LE FAMIGLIE

Art. 298(Servizi ed azioni generali e sostegno alla funzione educativa e di cura dei soggetti in età minore)

1. La Regione, per il raggiungimento degli obiettivi di cui al presente titolo, nel definire gli interventi e i servizi a so-stegno della famiglia, provvede:

a) al potenziamento di servizi socio-educativi per la prima infanzia, come previsti e disciplinati dalla legge regio-nale 22 dicembre 2005, n. 30 (Sistema integrato dei servizi socio-educativi per la prima infanzia);

b) al potenziamento delle attività dei consultori familiari per la famiglia, per la valorizzazione della maternità epaternità responsabile, per il sostegno alle gestanti ed alle madri in difficoltà, per la prevenzione dell’abbandono allanascita, per l’ascolto ed il sostegno ai genitori durante la gravidanza, al momento della nascita e nella fase del post-partum, e per la tutela psicofisica delle donne vittime di violenza;

c) allo sviluppo e al potenziamento dei servizi di mediazione familiare quali strumenti di supporto qualificato acoppie in crisi, allo scopo principale di sostenere i genitori nell’individuazione delle decisioni più appropriate, conparticolare riguardo agli interessi dei figli minori.

2. La Regione, nel riconoscere la valenza sociale, educativa e formativa svolta dai genitori, promuove azioni forma-tive e informative di sostegno alla genitorialità, anche all’interno dei servizi socio-educativi e scolastici del territorio,finalizzate a riconoscere, sostenere e sviluppare le competenze dei genitori nel loro ruolo educativo e di cura.

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3. La Regione promuove interventi di sostegno al rapporto genitori e figli, tesi a prevenire situazioni di rischio e di-sagio, mediante azioni di supporto alle relazioni familiari volte al superamento delle eventuali situazioni di crisi e di-sagio comunicativo e relazionale. Tali azioni consistono in:

a) interventi socio-educativi territoriali, all’individuo o al gruppo, volti al contrasto della devianza e dell’esclu-sione sociale, valorizzando le risorse presenti nel tessuto sociale, per favorire processi di autoriconoscimento e di ap-partenenza;

b) interventi socio-educativi domiciliari diretti alle famiglie con bambini che, per diversi motivi, hanno difficoltàad assolvere agli impegni della vita quotidiana;

c) azioni di mediazione fra soggetti a rischio e contesto di riferimento.

4. La Regione promuove la cultura dell’accoglienza verso i minori, nonché opportunità diversificate per fornire ri-sposte efficaci a bisogni di protezione, ospitalità ed affettività.

5. La Regione, nei limiti delle proprie competenze, sostiene l’adozione e l’affidamento familiare, nonché i servizi re-sidenziali e semiresidenziali di tipo familiare o comunitario e gli interventi di prevenzione e contrasto al maltratta-mento.

Art. 299(Assistenza socio-sanitaria e sanitaria alla famiglia)

1. La Regione tutela la maternità e la paternità responsabile nel rispetto dei principi etici di ciascuno, ed attraversole aziende sanitarie regionali e con le strutture ed i servizi sociali del territorio, garantisce continuità assistenzialealla famiglia attraverso:

a) l’assistenza sanitaria e socio-sanitaria per la tutela della maternità e per la procreazione responsabile, anchemedicalmente assistita;

b) l’assistenza sanitaria, psicologica e sociale, anche domiciliare, alle donne e alle famiglie in situazione di ri-schio sanitario e psicosociale, sia antecedente che successiva al parto, anche su segnalazione dei punti nascita, non-ché attraverso la promozione di reti di auto-aiuto;

c) la prevenzione e riduzione delle cause di infertilità e abortività spontanea e lavorativa, nonché delle cause dipotenziale danno per il nascituro, in relazione alle condizioni ambientali, ai luoghi di lavoro e agli stili di vita;

d) le attività informative e di prevenzione tramite prestazioni sanitarie e psicologiche, anche riabilitative e post-traumatiche, alle vittime di violenza sessuale ed ai minori vittime di abuso, di grave trascuratezza e di maltratta-mento;

e) l’assistenza sanitaria e socio-sanitaria a favore di famiglie che si prendono cura di persone con problemi psi-chiatrici, persone non autosufficienti e persone che assumono sostanze che provocano dipendenza.

2. Le Aziende USL garantiscono mediante i propri consultori:

a) l’assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità e alla paternità responsabile e per i pro-blemi della coppia e della famiglia, anche in ordine alla problematica minorile;

b) l’informazione relativa a questioni concernenti la sterilità, l’infertilità e le tecniche di riproduzione medical-mente assistita, nonché l’attività di orientamento verso i centri che praticano quest’ultima e il raccordo operativo congli stessi;

c) la tutela della salute della donna e del concepito;

d) l’assistenza alla gestante, garantendole i necessari accertamenti medici e informandola sui diritti a lei spet-tanti come lavoratrice madre, e sui servizi offerti dalle strutture delle Aziende USL;

e) l’informazione a favore della maternità responsabile.

3. La Regione, le Aziende sanitarie regionali e i Comuni attuano gli interventi di cui ai commi 1 e 2 attraverso glistrumenti previsti dagli atti di programmazione regionale.

Art. 300(Interventi per le famiglie vulnerabili)

1. La Regione promuove forme di sostegno, anche mediante agevolazioni economiche, ai nuclei familiari che, peril combinarsi di più fattori, tra i quali l’elevato numero dei figli, sono vulnerabili e più esposti al disagio e al rischiodi povertà.

2. Per l’attuazione di quanto disposto dal comma 1, la Regione e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive compe-tenze, realizzano i seguenti interventi:

a) erogazione diretta di benefici economici per la fornitura di beni e servizi essenziali per la vita familiare;

b) agevolazioni per i costi di servizi pubblici e di tariffe, nei limiti delle normative vigenti;

c) riduzione di costi di beni o servizi di uso familiare mediante convenzioni con produttori e distributori;

d) integrazione al canone di locazione ed altre agevolazioni per l’accesso all’alloggio in locazione;

e) agevolazioni per spese mediche e sanitarie;

f) prestito sociale d’onore;

g) misure di sostegno all’inserimento e reinserimento nel mondo del lavoro.

3. Con norme regolamentari vengono definiti le modalità, i criteri e le risorse per la realizzazione degli interventi dicui al comma 2, in armonia con quanto previsto dal Piano sociale regionale.

Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 83

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4. Le norme regolamentari di cui al comma 3, in coerenza con la presente legge, definiscono la categoria della vul-nerabilità, tenendo presenti, in ogni caso, le seguenti situazioni di disagio:

a) nascita di un altro figlio o adozione o affido;b) ingresso dei figli nel circuito dell’istruzione;c) decesso, ovvero riduzione o perdita del reddito da lavoro da parte della persona di riferimento del nucleo fami-

liare;d) scomposizione della famiglia;e) insorgenza di una malattia grave o di una dipendenza;f) perdita o difficoltà di accesso all’alloggio;g) presenza o insorgenza in famiglia di una condizione di non autosufficienza;h) inabilità temporanea al lavoro di lavoratore autonomo, qualora sia unico titolare del reddito nell’ambito del

nucleo familiare, per periodi eccedenti la copertura assicurativa o in assenza di garanzie assicurative individuali.

Art. 301(Interventi per la famiglia in condizione di grave disagio)

1. Oltre agli interventi di cui all’articolo 300, la Regione prevede specifiche misure per la famiglia in condizione diparticolare disagio sociale, economico e relazionale.

2. A tal fine la Regione riconosce il valore della permanenza a domicilio di persone prive, anche parzialmente, diautonomia fisica o psichica, e la sostiene adottando apposite misure, in conformità con quanto previsto dagli stru-menti normativi e programmatici regionali.

3. La Regione, inoltre, promuove ogni iniziativa idonea per consentire la modulazione e la flessibilità oraria delleprestazioni lavorative in base alle esigenze derivanti dai compiti di cura.

4. La Regione supporta anche economicamente la costituzione di strutture di tipo familiare per l’accoglienza tem-poranea di donne e bambini vittime di violenza o in condizione di grave disagio.

Art. 302(Interventi per favorire l’accesso alla casa delle famiglie)

1. La Regione promuove politiche abitative per la famiglia, con particolare riferimento ai nuclei familiari meno ab-bienti, mediante l’ampliamento dell’offerta di alloggi a canone contenuto, il sostegno economico per i canoni di loca-zione e l’intervento per l’insorgere di imprevedibili esigenze abitative, secondo quanto previsto dalla legge regionale28 novembre 2003, n. 23 (Norme di riordino in materia di edilizia residenziale pubblica) e in attuazione dell’articolo300.

2. La Regione sostiene le famiglie di nuova formazione e le giovani coppie mediante appropriate forme di supportoda definirsi nel piano triennale per l’edilizia residenziale e nei programmi operativi annuali di cui agli articoli 2 e 3della legge regionale n. 23/2003.

Art. 303(Diritto allo studio)

1. La Regione rispetta e garantisce la libertà di scelta e di educazione dei genitori, nonché la parità di trattamentotra gli utenti di scuole ed università pubbliche, statali e paritarie.

2. La Regione prevede strumenti tesi ad assicurare un effettivo diritto allo studio e la concreta possibilità di bene-ficiare del pluralismo delle offerte educative a partire dalla prima infanzia, ivi compresi contributi diretti alle fami-glie, anche nella forma di buoni scuola, nonché servizi e supporti finalizzati all’abbattimento delle spese sostenuteper la frequenza.

Art. 304(Interventi per l’inserimento e reinserimento lavorativo)

1. La Regione adotta misure per favorire le aziende pubbliche o private che assumono con contratto part time per-sone con figli fino a tre anni di età e sostiene in via prioritaria l’inserimento lavorativo delle stesse.

2. La Regione promuove iniziative volte ad incentivare il reinserimento lavorativo del componente del nucleo fami-liare, che per compiti di assistenza nei confronti di minori o di cura nei confronti di persona non autosufficiente hainterrotto la precedente attività di lavoro.

3. La Regione favorisce inoltre il reinserimento lavorativo dei disoccupati con famiglia a carico.4. Le iniziative di cui ai commi 2 e 3 consistono in:

a) attività sistematica d’informazione delle opportunità occupazionali esistenti tramite i servizi territoriali dedi-cati (Centri per l’impiego e Servizi accompagnamento lavoro);

b) programmi formativi specifici finalizzati al rientro nel mercato del lavoro;c) riconoscimento di riserva significativa di posti, comunque non superiore al 15%, nei percorsi di formazione

professionale nell’ambito delle politiche regionali della formazione.5. La Regione favorisce con interventi economici la realizzazione di asili nido, anche con strutture presso le

aziende, per favorire i genitori nell’attività lavorativa.

Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 201584

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Art. 305(Sostegno all’adozione e all’affidamento familiare)

1. La Regione, nei limiti della propria competenza, al fine di garantire la tutela e la salvaguardia dei minori in Um-bria in situazione di difficoltà o di abbandono e per tutelare il loro diritto alla famiglia, sostiene l’attività dei serviziterritoriali e di tutti gli altri enti interessati negli adempimenti previsti dalle vigenti leggi in materia di adozione diminori e di affidamento familiare.

2. A tali fini la Regione:

a) sostiene i servizi e le équipe territoriali per l’adozione e promuove l’affidamento familiare mediante apposite li-nee guida;

b) promuove la collaborazione tra enti autorizzati e servizi pubblici, ai fini di un migliore inserimento dei minorinelle famiglie e nel contesto sociale, nonché ai fini della prevenzione dei fallimenti adottivi;

c) sostiene ed agevola le adozioni e gli affidamenti familiari di minori di età superiore ai 12 anni, con grave disa-bilità, con handicap accertato ai sensi dell’articolo 4 della legge 104/1992;

d) realizza un sistema di monitoraggio sul numero, sull’andamento e sulla gestione delle adozioni, degli affida-menti e sui minori fuori famiglia accolti in strutture residenziali.

Art. 306(Riconoscimento del lavoro di cura familiare)

1. La Regione riconosce e valorizza il lavoro di cura familiare non retribuito derivante da responsabilità familiari,per l’educazione dei figli o per la cura ed il sostegno dei membri della famiglia in situazione di non autosufficienza.

Art. 307(Sostegno e qualificazione dell’attività di assistenza familiare domiciliare)

1. La Regione, in armonia con la legge n. 328/2000 e con il Piano sanitario regionale, con il Piano sociale regionalee con la programmazione regionale in materia di formazione, favorisce il sostegno e la qualificazione dell’attività diassistenza familiare domiciliare.

2. Per attività di assistenza familiare domiciliare si intende il lavoro di cura e aiuto prestato a domicilio da personesingole, anche straniere, non in rapporto di parentela, a favore di coloro che hanno bisogno di un supporto per svol-gere le attività della vita quotidiana.

3. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1 sono promosse e attuate iniziative di:

a) formazione;

b) promozione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro;

c) informazione, assistenza, supporto e consulenza;

d) sostegno economico;

e) monitoraggio e verifica degli interventi.

Art. 308(Formazione per le persone che prestano attività di assistenza familiare)

1. La Regione promuove la realizzazione di programmi di formazione e aggiornamento del personale addetto al-l’assistenza familiare domiciliare.

2. Le attività di formazione sono rivolte in particolare a fornire competenze nel lavoro di cura e aiuto, igiene ali-mentare, personale ed ambientale, elementi di gerontologia, geriatria, psicologia, problematiche dell’handicap, mi-glioramento del contesto abitativo, indipendenza e sicurezza domestica, capacità di orientamento e interazione conil sistema dei servizi nonché, per le persone straniere, ad assicurare l’apprendimento di base e il miglioramento dellaconoscenza della lingua, della cultura e della tradizione italiana.

3. In esito al percorso formativo è previsto il rilascio di un attestato di frequenza con profitto, secondo la disciplinaprevista dalla Giunta regionale, in merito alla programmazione, gestione, vigilanza e rendicontazione degli inter-venti di formazione e politiche attive del lavoro, in cui vengono rappresentati gli esiti degli apprendimenti maturatinel percorso formativo, in termini di competenze, riconoscibili come crediti formativi. Saranno riconoscibili, inoltre,come crediti formativi in ingresso gli apprendimenti comunque acquisiti dalla persona compresi i titoli conseguiti al-l’estero, attestanti l’acquisizione di competenze nei processi di assistenza alla persona, ai fini dell’iscrizione neglielenchi di cui all’articolo 310, comma 1.

4. La Giunta regionale individua i soggetti attuatori, i destinatari, la durata, le modalità e il contenuto dei pro-grammi di formazione e aggiornamento, gli incentivi per la frequenza, nonché i criteri per il rilascio dell’attestato difrequenza e per il riconoscimento dei crediti formativi.

Art. 309(Selezione del personale straniero che presta attività di assistenza familiare)

1. Nel rispetto della normativa statale in materia, la Regione promuove azioni finalizzate all’inserimento lavorativoin ambito regionale di lavoratori stranieri da impiegare nell’assistenza familiare domiciliare, attraverso percorsi for-mativi da realizzarsi nel Paese d’origine del cittadino extracomunitario.

Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 85

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2. Alle persone individuate ai sensi del comma 1, nel rispetto della normativa statale vigente, è garantito titolo dipreferenza nell’ambito delle quote d’ingresso di lavoratori stranieri extracomunitari assegnate alla Regione.

Art. 310(Promozione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro)

1. Le Province, per garantire un servizio di cura qualificato e regolare nonché per favorire l’incontro tra domandae offerta di lavoro, predispongono elenchi di persone disponibili all’assistenza familiare domiciliare con indicazionespecifica di coloro che sono in possesso dell’attestato di cui all’articolo 308, comma 3 e di eventuali altri titoli di for-mazione nell’area assistenziale.

2. La Giunta regionale, sentite le Province, stabilisce, con proprio atto, i requisiti di iscrizione agli elenchi di cui alcomma 1, gli obblighi degli iscritti, le modalità di tenuta, di aggiornamento e di pubblicazione degli elenchi.

Art. 311(Attività di informazione e assistenza)

1. Le Province e i Comuni, con la collaborazione di soggetti pubblici, privati e del privato sociale, garantiscono l’at-tività di informazione, assistenza e consulenza in favore delle famiglie e del personale addetto all’assistenza familiaredomiciliare.

2. Le attività di cui al comma 1 sono rivolte in particolare a sostenere le persone singole e le famiglie nell’avvio enella gestione del rapporto di lavoro, con riferimento agli aspetti di natura sia amministrativa che relazionale e a ga-rantire al personale addetto all’assistenza familiare domiciliare regolari condizioni di vita e di lavoro.

Art. 312 (Interventi di sostegno economico a favore dei soggetti che si avvalgono

del personale addetto alle attività di assistenza familiare)

1. La Regione sostiene le persone singole e le famiglie che si avvalgono di personale addetto all’assistenza familiaredomiciliare per le finalità di cui all’articolo 307, comma 1, anche attraverso intese tra Comuni, Province, terzo settoree associazionismo sociale, al fine di agevolare l’erogazione di contributi mensili, diretti a ridurre gli oneri derivantidai contratti di lavoro.

2. La Giunta regionale stabilisce con proprio regolamento:

a) i soggetti che possono richiedere il contributo mensile di cui al comma 1;

b) i requisiti necessari ai fini dell’ammissione al contributo con riferimento, in particolare:

1) alla situazione economica del nucleo familiare della persona richiedente, valutata secondo il metodo ISEE;

2) alla condizione di bisogno e di disagio individuale e familiare;

3) alla durata e alle condizioni stabilite nel contratto di lavoro del personale addetto all’assistenza familiare do-miciliare;

c) la commisurazione del contributo mensile rapportata ai requisiti di cui ai numeri 1), 2) e 3) della lettera b) delpresente comma.

3. I soggetti di cui alla lettera a) del comma 2 si impegnano a far partecipare il personale addetto all’assistenza fa-miliare domiciliare ai programmi di formazione e aggiornamento di cui all’articolo 308.

4. Il contributo mensile è erogato dai Comuni sulla base di appositi finanziamenti concessi dalla Regione e ripartitiin relazione alla popolazione ultrasessantacinquenne e alla popolazione diversamente abile residente nell’ambito ter-ritoriale di riferimento di cui al Piano sociale regionale.

5. I contributi sono cumulabili con altre agevolazioni compatibili con leggi regionali.

CAPO IIIFONDO REGIONALE DI EMERGENZA PER LE FAMIGLIE DELLE VITTIME DI INCIDENTI MORTALI DEL LAVORO

Art. 313(Fondo regionale di emergenza per le famiglie delle vittime di incidenti mortali del lavoro)

1. La Regione, nel rispetto dei principi sanciti dallo Statuto regionale, al fine di far fronte all’emergenza delle fami-glie di lavoratrici e lavoratori autonomi e subordinati nonché di soggetti ad essi equiparati, vittime di incidenti mor-tali del lavoro, istituisce il Fondo regionale di emergenza per le famiglie delle vittime di incidenti mortali del lavorodi seguito denominato Fondo. Il Fondo è finalizzato all’erogazione di un contributo in caso di morte del lavoratoreper incidente del lavoro.

2. La Regione con il Fondo di cui al comma 1, promuove, altresì, in collaborazione con altri soggetti istituzionali eorganismi che operano nell’ambito della sicurezza sul lavoro, campagne di informazione e progetti di sensibilizza-zione sul diritto delle lavoratrici e dei lavoratori alla sicurezza nei luoghi di lavoro al fine di assicurare una più effi-cace azione volta alla soluzione del problema della sicurezza nei luoghi di lavoro.

3. Le risorse destinate alle campagne ed ai progetti di cui al comma 2 non possono superare il dieci per cento delfondo.

Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 201586

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4. Il Fondo di cui al comma 1 è alimentato:a) da risorse regionali;b) dalla raccolta effettuata dal Comitato regionale di cui all’articolo 315 dei contributi volontari e solidaristici

versati dai lavoratori, dai datori di lavoro, dagli amministratori, eletti o nominati, della Regione, dei Comuni e delleProvince, dagli amministratori nominati dagli Enti pubblici, dai cittadini singoli o associati e qualunque altro sog-getto pubblico o privato;

c) con i proventi derivanti dalle sanzioni applicate alle imprese che non risultano in regola con le disposizioni re-gionali in materia di regolarità contributiva.

5. Le risorse finanziarie costituenti il Fondo possono essere utilizzate per interventi e prestazioni di assistenza so-ciale a favore dei soggetti di cui all’articolo 314, al fine di garantire agli stessi una quota assistenziale al momentodella perdita del familiare, con le modalità previste nel regolamento di cui all’articolo 316, comma 1, lettera a).

Art. 314(Contributo in caso di morte del lavoratore per incidente sul lavoro)

1. Sono beneficiari del contributo di cui all’articolo 313 il coniuge superstite o, in mancanza i figli, o in mancanzadi questi, gli ascendenti, o in mancanza di questi, i fratelli e le sorelle in rapporto di dipendenza economica, o inmancanza di questi ultimi, il convivente anagraficamente in rapporto di dipendenza economica, secondo le modalitàstabilite dal regolamento di all’articolo 316, comma 1, lettera a).

2. Il contributo è concesso ove il lavoratore deceduto risulti residente in Umbria al momento del decesso, ovveroove l’incidente mortale si sia verificato nel territorio regionale.

3. Il contributo è concesso entro trenta giorni dalla morte del lavoratore per una sola volta. Esso è aggiuntivo ri-spetto ad eventuali emolumenti o indennizzi derivanti da altri obblighi di legge o assicurativi.

Art. 315(Comitato regionale per il Fondo emergenza incidenti del lavoro)

1. È istituito il Comitato per il Fondo emergenza incidenti del lavoro composto da:a) il Presidente della Giunta regionale, o suo delegato, con funzioni di Presidente;b) un componente designato dall’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) e uno designato dall’Unione

province d’Italia associazioni dell’Umbria (UPI);c) tre componenti designati dalle organizzazioni sindacali regionali dei lavoratori maggiormente rappresenta-

tive, Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL), Confederazione italiana sindacati lavoratori (CISL), Unioneitaliana del lavoro (UIL) e Unione generale del lavoro (UGL);

d) un componente designato dalla Confindustria Umbria;e) un componente designato dalla Confederazione italiana della piccola e media industria regionale (CONFAPI);f) un componente designato dalla Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa re-

gionale (CNA);g) un componente designato dalla Associazione provinciale artigiani della provincia di Perugia e della provincia

di Terni;h) un componente designato dalla Confartigiano imprese Umbria;i) un componente designato dalla Unione fra gli artigiani della Regione Umbria (CLAAI);j) un componente designato dalla Confederazione italiana agricoltori dell’Umbria regionale (CIA);k) un componente designato dalla Confagricoltura regionale;l) un componente designato dalla Coldiretti Umbria;m) un componente designato dalla Confcommercio regionale;n) un componente designato dalla Confesercenti regionale;o) un componente designato dalla Confcooperative regionale;p) un rappresentante designato dalla Lega regionale delle cooperative;q) un componente designato dalla Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro (ANMIL) Umbria.

2. Il Comitato può, di volta in volta, invitare alle sedute altri soggetti oltre a quelli individuati al comma 1.3. Il Comitato è nominato dal Presidente della Giunta regionale, resta in carica per la durata della legislatura e

opera presso la Direzione regionale competente in materia di servizi sociali.4. Le funzioni di segreteria e di assistenza del Comitato sono svolte dal servizio regionale competente in materia di

servizi sociali.5. Il Comitato adotta un regolamento interno per il proprio funzionamento. Il regolamento può prevedere l’ade-

sione di altri soggetti.6. Ai componenti del Comitato non spetta alcun compenso e rimborso spese.

Art. 316(Funzioni del Comitato regionale per il Fondo emergenza incidenti del lavoro)

1. Il Comitato svolge le seguenti funzioni:

Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 87

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a) provvede alla gestione del Fondo e alla erogazione del contributo in caso di morte del lavoratore per incidentedel lavoro sulla base delle modalità stabilite dalla Giunta regionale con regolamento, secondo il criterio che il contri-buto si compone di una parte fissa uguale per tutti i beneficiari e di una parte variabile da determinare tenendo contodel reddito complessivo del nucleo familiare e del numero dei suoi componenti. La parte variabile del contributo nonpuò essere superiore al triplo della parte fissa dello stesso;

b) formula proposte alla Giunta regionale in merito alle iniziative dirette a favorire la conoscenza e la sensibiliz-zazione in ordine al rispetto dei diritti dei lavoratori sulla sicurezza nei luoghi di lavoro;

c) propone alla Giunta regionale indagini e studi nelle materie di cui al presente Testo unico.

TITOLO VPOLITICHE PER LE PERSONE A RISCHIO DI ESCLUSIONE SOCIALE

CAPO IFONDO REGIONALE PER LA NON AUTOSUFFICIENZA E DIRITTO ALLE PRESTAZIONI

Art. 317(Fondo regionale per la non autosufficienza)

1. La Regione, nel rispetto dei valori della Costituzione e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,dei principi fondamentali stabiliti dalla legge n. 328/2000 e dalla normativa statale vigente in materia, nonché deiprincipi fissati dallo Statuto regionale, istituisce il Fondo regionale per la non autosufficienza, di seguito denominatoFondo, al fine di incrementare il sistema di protezione sociale e di cura delle persone non autosufficienti e delle rela-tive famiglie, sulla base dei principi generali di universalità nell’accesso alle prestazioni, di integrazione delle politi-che sociali e sanitarie, di presa in carico attraverso una progettualità personalizzata e partecipata.

Art. 318(Diritto alle prestazioni)

1. Possono usufruire delle prestazioni dei servizi, finanziati con il Fondo, le persone non autosufficienti aventi di-ritto all’assistenza sanitaria.

2. Con il termine persone non autosufficienti si intendono quelle persone che hanno subito una perdita perma-nente parziale o totale dell’autonomia delle abilità fisiche, psichiche, sensoriali, cognitive e relazionali, da qualsiasiragione determinata, con conseguente incapacità di compiere gli atti essenziali della vita quotidiana senza l’aiuto ri-levante di altre persone, considerando i fattori ambientali e personali che concorrono a determinare tale incapacitàcoerentemente con quanto previsto dalle indicazioni della Organizzazione mondiale della sanità (O.M.S.) attraversola classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (I.C.F.). La condizione di non auto-sufficienza si articola in diversi livelli di gravità, secondo quanto previsto all’articolo 320, comma 2, lettera b).

Art. 319(Accesso unico alle prestazioni e presa in carico della persona non autosufficiente)

1. L’accesso alle prestazioni dei servizi finanziati con il Fondo è garantito dalla rete territoriale dei servizi socio-sa-nitari attraverso i centri di salute dei distretti socio-sanitari e gli uffici della cittadinanza dei comuni, che assicuranol’uniformità dell’informazione e l’accoglienza, confluendo in un punto unico rappresentato dal distretto socio-sanita-rio.

2. Il distretto socio-sanitario o il comune competenti per territorio provvedono alla presa in carico della personanon autosufficiente ed alla attivazione della unità multidisciplinare di valutazione prevista dalle disposizioni regio-nali in materia.

3. La presa in carico comporta la valutazione multidisciplinare della persona non autosufficiente e la formulazionedi un progetto individuale finalizzato a realizzare la piena inclusione della persona non autosufficiente nell’ambitodella vita familiare e sociale, nonché, nei percorsi dell’istruzione scolastica o professionale e del lavoro in armoniacon quanto stabilito dal Capo III della legge n. 328/2000. All’interno del progetto individuale viene formulato il pro-gramma assistenziale personalizzato come definito dall’articolo 324.

Art. 320(Accertamento e valutazione della non autosufficienza)

1. L’accertamento della condizione di non autosufficienza è effettuato dalle unità multidisciplinari di valutazione,geriatrica e per disabili, previste dalle disposizioni regionali in materia operanti presso i distretti socio-sanitari delleAziende (USL).

2. La Giunta regionale, con proprio atto di indirizzo fissa in maniera omogenea su tutto il territorio:

a) i criteri per definire la composizione delle unità di valutazione di cui al comma 1 e le relative modalità di fun-zionamento;

b) i criteri di classificazione dei casi sottoposti a valutazione per categoria clinica e gravità della condizione.

3. La valutazione della condizione di non autosufficienza avviene tenendo conto delle indicazioni della O.M.S. ed èispirata ai principi generali della I.C.F. di cui all’articolo 318 comma 2.

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4. Alle unità di valutazione di cui al comma 1 partecipano, almeno, il medico di medicina generale, il personale sa-nitario dell’area infermieristica e dell’area riabilitativa della competente struttura della Azienda USL e il personalerelativo alle figure professionali socio-assistenziali dei servizi sociali del comune competente per territorio.

5. Le Aziende USL competenti per territorio provvedono alla nomina e all’insediamento delle unità di valutazionedi cui al comma 1.

Art. 321(Costituzione del Fondo regionale per la non autosufficienza)

1. Il Fondo regionale per la non autosufficienza è alimentato da:

a) risorse provenienti dal riparto del Fondo nazionale per la non autosufficienza;

b) risorse provenienti dal finanziamento di parte corrente del Servizio sanitario regionale specificatamente desti-nate alle finalità della presente legge;

c) risorse proprie del bilancio regionale afferenti anche al Fondo sociale regionale di cui alla legge regionale26/2009;

d) eventuali altre risorse di natura privata.

2. Il Fondo costituisce vincolo di risorse per la realizzazione degli obiettivi previsti di cui all’articolo 317.

3. Alla realizzazione degli obiettivi di cui all’articolo 317 concorrono i Comuni con risorse proprie appositamentedestinate nei bilanci annuali e pluriennali.

4. Il Fondo ha contabilità separata nel bilancio delle Aziende USL.

5. La Giunta regionale, con proprio atto di indirizzo, definisce le modalità di tenuta della contabilità e la relativarendicontazione.

Art. 322(Partecipazione delle formazioni sociali e delle organizzazioni sindacali

nella costruzione e gestione del Fondo regionale per la non autosufficienza)

1. La Regione riconosce il ruolo di rappresentanza sociale delle organizzazioni e delle formazioni sociali che rap-presentano e tutelano i cittadini nella costruzione del sistema integrato di interventi e servizi sociali e assume il con-fronto e la concertazione come metodo di relazione con esse.

2. Nella costruzione e gestione del Fondo assume un ruolo fondamentale il confronto ai vari livelli istituzionali conle organizzazioni sindacali, le espressioni di autorganizzazione della società civile in ambito sociale, con particolareriferimento alle organizzazioni di volontariato, alle associazioni di promozione sociale e del confronto con le rappre-sentanze dei soggetti gestori dei servizi. Il confronto si realizza lungo tutto l’arco della elaborazione degli strumentidi programmazione e si completa nel confronto sulla valutazione degli esiti. A livello degli ambiti territoriali socialitale confronto si svolge attraverso il tavolo alto della concertazione.

3. I principi di cui al presente articolo orientano l’attività della Regione e degli Enti locali a tutti i livelli, preve-dendo momenti di concertazione e confronto per i rispettivi ambiti di competenza.

CAPO IIFONDO PER LE PRESTAZIONI SOCIO-SANITARIE E SOCIALI

Art. 323(Fondo per le prestazioni socio-sanitarie e sociali)

1. Il Fondo per garantire l’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni, in favore delle persone non autosuffi-cienti anziani, adulti e minori, finanzia le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, le prestazionisanitarie a rilevanza sociale e le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria.

2. La Regione assegna direttamente ai Distretti di cui all’art. 38 e alle zone sociali di cui all’articolo 265, comma 3le risorse del fondo per l’erogazione delle prestazioni di cui al comma 1 a rilevanza sociale.

3. Le prestazioni di cui al comma 1, garantite alle persone non autosufficienti secondo criteri di gradualità nell’ero-gazione come previsto dal comma 6, lettera c), sono orientate a favorire la permanenza dell’assistito nel proprio do-micilio ed evitare il ricovero in strutture residenziali. Le prestazioni socio-sanitarie e sociali prevedono interventivolti a mantenere ed accrescere le opportunità di sviluppo psicosociale della persona disabile.

4. Le spese sostenute per l’assistenza alle persone non autosufficienti seguono il criterio della residenza del benefi-ciario e la compensazione finanziaria avviene secondo le disposizioni che regolano la mobilità sanitaria.

5. La Giunta regionale in coerenza con gli obiettivi della programmazione socio-sanitaria, stabilisce con proprioatto:

a) le prestazioni erogabili a domicilio con particolare riguardo all’assistenza tutelare, all’aiuto personale nello svi-luppo delle attività quotidiane, all’assistenza familiare domiciliare, alla promozione di attività di socializzazione,nonché le prestazioni della medesima natura da garantire presso le strutture residenziali e semi residenziali per lepersone non autosufficienti, non assistibili a domicilio, incluse quelle di ospitalità alberghiera;

b) i criteri di erogazione appropriata delle prestazioni, correlati alla natura del bisogno da garantire alle personenon autosufficienti in ambito domiciliare, semi residenziale e residenziale, articolati in base all’intensità complessivae alla durata dell’assistenza;

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c) l’individuazione dei costi posti a carico del Servizio sanitario nazionale per ciascuna prestazione.

6. La Giunta regionale disciplina con regolamento:

a) i criteri e le modalità per l’accesso alle prestazioni;

b) i criteri di compartecipazione al costo delle prestazioni di cui alla presente legge tenendo conto delle condi-zioni economiche del destinatario della prestazione, prevedendo l’esenzione totale, l’esenzione parziale e la non esen-zione;

c) i criteri per garantire la gradualità nell’erogazione delle prestazioni, limitatamente alla fase di progressivo rag-giungimento dei livelli essenziali, in modo proporzionale alle risorse disponibili.

CAPO IIIPROGRAMMA ASSISTENZIALE PERSONALIZZATO

Art. 324(Programma assistenziale personalizzato)

1. Il programma assistenziale personalizzato, di seguito PAP, individua obiettivi ed esiti attesi in termini di mante-nimento e miglioramento delle condizioni di salute, indica le prestazioni da assicurare alla persona non autosuffi-ciente e alla famiglia, fissa i tempi e le modalità di erogazione delle prestazioni, nonché i criteri di verifica in itineredei risultati raggiunti.

2. Alla definizione del PAP partecipano la persona non autosufficiente, o eventualmente chi è stato nominato dalGiudice tutelare, i suoi familiari e conviventi.

3. Il PAP individua il responsabile del programma che deve essere scelto tra gli operatori dell’area sanitaria o del-l’area sociale sulla base del criterio della prevalenza della tipologia delle prestazioni previste dal programma stesso.

4. Il responsabile del PAP di cui al comma 3 garantisce l’attuazione del programma attraverso l’intervento integratodei servizi sanitari e dei servizi sociali, divenendo il referente dei soggetti di cui al comma 2.

Art. 325(Patto per la cura e il benessere)

1. Al fine di assicurare la piena applicazione del PAP la persona non autosufficiente, o eventualmente chi è stato no-minato dal Giudice tutelare, i suoi familiari o conviventi e il responsabile del PAP predispongono e sottoscrivono ilPatto per la cura e il benessere con il quale vengono garantite e coordinate le prestazioni sanitarie e socio-assisten-ziali, integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure economiche.

CAPO IVPIANO REGIONALE INTEGRATO PER LA NON AUTOSUFFICIENZA

Art. 326(Piano regionale integrato per la non autosufficienza)

1. La Giunta regionale adotta, contestualmente al Piano sanitario ed al Piano sociale, il Piano regionale integratoper la non autosufficienza di seguito PRINA e lo trasmette, espletate le procedure di concertazione, all’Assemblea Le-gislativa per l’approvazione.

2. Il PRINA ha durata triennale e definisce:

a) i criteri generali di riparto del Fondo di cui all’articolo 1 e l’assegnazione delle risorse da destinare alle AziendeUSL e alle zone sociali con il vincolo di destinazione per i distretti socio-sanitari e Ambiti territoriali sociali;

b) le aree prioritarie di intervento nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza da garantire alle persone non au-tosufficienti;

c) gli indirizzi per l’organizzazione dei servizi territoriali operanti a livello di Azienda USL e a livello di Comune.

Art. 327(Livelli e strumenti della programmazione)

1. Ai fini della presente legge, in coerenza con gli indirizzi fissati dal PRINA, la programmazione si articola su trelivelli:

a) Regione;

b) Azienda USL e Ambiti territoriali integrati (ATI);

c) distretti socio-sanitari e ambiti territoriali sociali.

2. La Regione approva il PRINA, ne verifica l’attuazione e ne valuta gli esiti.

3. L’Azienda USL e gli ambiti territoriali sociali ricompresi nel suo territorio redigono il Piano attuativo triennaledel PRINA nel rispetto delle indicazioni fornite dagli ATI.

4. Il Piano attuativo triennale del PRINA è articolato per distretti socio-sanitari e ambiti territoriali sociali di suacompetenza e individua i servizi aventi come bacino di utenza l’intero territorio dell’ATI.

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5. Il Piano attuativo triennale del PRINA è approvato dall’Assemblea dell’ATI, entro 30 giorni dalla approvazionedel PRINA, ed acquista efficacia dopo la valutazione di congruità da parte della Giunta regionale, così come previstoper i piani attuativi locali, resa entro 30 giorni.

6. I distretti socio-sanitari e gli ambiti territoriali sociali, definiscono il Programma operativo del PRINA qualeparte integrante del Programma delle attività territoriali del distretto socio-sanitario e del Piano di zona.

7. Il Programma operativo del PRINA viene redatto e approvato nel rispetto delle procedure previste dalle disposi-zioni vigenti per la redazione e approvazione del Programma delle attività territoriali del distretto sociosanitario edel Piano di zona.

8. Il Programma operativo del PRINA è approvato entro 30 giorni dalla deliberazione della Giunta regionale aventead oggetto la valutazione di congruità del Piano attuativo triennale del PRINA.

9. Gli anziani non autosufficienti che beneficiano dell’assegno di cura di cui alla l.r. 24/2004 continuano a percepirel’incentivo economico fino a quando è predisposto e sottoscritto in loro favore il patto per la cura ed il benessere chepuò confermare l’incentivo o prevedere altre misure economiche ai sensi dell’articolo 325.

CAPO VPRESTITO SOCIALE D’ONORE

Art. 328 (Prestito sociale d’onore)

1. Il prestito sociale d’onore, in coerenza con il Piano sociale regionale, è un’agevolazione concessa a favore di sog-getti in possesso dei requisiti di cui all’articolo 330 che versano in situazioni di temporanea difficoltà economica.

2. La difficoltà economica di cui al comma 1 deve essere:

a) momentanea e contingente, legata a problematiche individuali, familiari, abitative, scolastico-formative, lavo-rative, di salute e legali.

b) caratterizzata dalla presenza di concrete opportunità volte al superamento delle difficoltà economiche daparte del soggetto e/o dei suoi familiari.

Art. 329(Fondo per l’accesso al prestito sociale d’onore)

1. La Giunta regionale finanzia il prestito sociale d’onore con un apposito fondo finalizzato a consentire l’accesso almicrocredito da parte dei soggetti di cui all’articolo 330, anche al fine di contrastare fenomeni di usura.

2. Il fondo è ripartito tra le Zone sociali con le modalità stabilite dal regolamento di cui all’articolo 331 comma 6.

3. Il prestito sociale d’onore consiste nell’abbattimento totale degli interessi sui prestiti sociali d’onore erogati daistituti di credito convenzionati con Gepafin S.p.A., da restituirsi in rate periodiche entro un periodo massimo di ses-santa mesi. La restituzione del prestito decorre dal sesto mese dall’erogazione dello stesso. Il prestito sociale d’onoreè garantito da Gepafin S.p.a. sull’importo richiesto, nei limiti della disponibilità del Fondo.

4. Il prestito sociale d’onore ha un importo massimo di euro 5 mila ed è determinato in funzione delle necessità deisoggetti e della loro capacità di rimborso.

5. La gestione amministrativa e contabile del fondo di cui al comma 1, effettuata secondo un criterio di separa-zione tra l’importo per l’abbattimento totale degli interessi derivanti dall’erogazione di prestiti e l’importo a garanziadei prestiti sociali erogati, è attribuita a Gepafin S.p.a. sulla base di una apposita convenzione stipulata tra la stessaGepafin e la Regione.

6. Un nuovo prestito sociale d’onore non può essere concesso al richiedente e/o al proprio nucleo familiare primadi dodici mesi a partire dal termine della restituzione del precedente prestito.

Art. 330(Requisiti per l’accesso)

1. Il soggetto, per ottenere il prestito sociale d’onore deve essere in possesso, alla data di presentazione della do-manda, dei seguenti requisiti:

a) essere cittadino italiano o dell’Unione Europea; qualora cittadino extracomunitario, essere in possesso di cartadi soggiorno o regolare permesso di soggiorno, la cui scadenza deve essere successiva alla restituzione del prestito;

b) esercitare attività di lavoro subordinata o autonoma;

c) avere residenza anagrafica da almeno un anno in uno dei comuni dell’Umbria;

d) avere compiuto i 18 anni di età;

e) avere un reddito familiare complessivo, come determinato da attestazione ISEE, ai sensi dalle vigenti disposi-zioni nazionali e regionali, non superiore a 17 mila euro annui e non inferiore a 5 mila euro annui, calcolato sullabase dell’ultima dichiarazione dei redditi;

f) avere una condizione socio-economica, alla data di presentazione della domanda o conseguibile in un arcotemporale di breve periodo rispetto alla data della domanda stessa, tale da consentire una ragionevole e ponderatacapacità di rimborso entro i termini stabiliti all’articolo 329, comma 3;

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g) non godere di altre agevolazioni della stessa natura erogate da soggetti pubblici e privati, fatte salve le agevo-lazioni di carattere fiscale. Tale requisito deve sussistere fino alla restituzione dell’ultima rata del prestito socialed’onore ottenuto;

h) non avere una situazione debitoria che evidenzia l’assoluta incapacità di rimborso del prestito sociale d’onore.

Art. 331(Modalità per l’erogazione del prestito)

1. Il soggetto, al fine dell’erogazione del prestito sociale d’onore, deve presentare apposita domanda al Comune diresidenza o al Comune capofila di Zona sociale individuato nel Piano sociale regionale. La domanda deve contenerele dichiarazioni sostitutive di certificazione e di atto di notorietà rese ai sensi del DPR 445/2000 relativamente:

a) al possesso dei requisiti di cui all’articolo 330;

b) alla sussistenza delle problematiche di cui all’articolo 328 comma 2 lettera a).

2. La domanda deve altresì contenere l’importo della spesa sostenuta o da sostenere che deve essere dimostrato dapuntuale e adeguata documentazione.

3. Il Comune di cui al comma 1, verifica il possesso dei requisiti di cui all’articolo 330 e trasmette a Gepafin S.P.A.le domande prevenute, con cadenza mensile.

4. Gepafin S.p.A. stila una graduatoria delle domande pervenute, tenendo conto delle priorità determinate con il re-golamento di cui al comma 6 e, entro dieci giorni dal ricevimento della domanda, trasmette agli istituti di creditoconvenzionati di cui all’articolo 329, comma 3, una comunicazione contenente l’indicazione dei soggetti che hanno irequisiti per accedere al prestito sociale d’onore.

5. Gli istituti di credito convenzionati, entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma4, deliberano la concessione del prestito sociale d’onore.

6. La Giunta regionale, con apposito regolamento:

a) stabilisce le specifiche tipologie di difficoltà economica, momentanea e contingente, con l’individuazione dellerelative priorità ai sensi dell’articolo 328 comma 2, lettera a);

b) approva lo schema di avviso pubblico da pubblicarsi presso i Comuni;

c) individua i criteri e le procedure per la ripartizione del fondo di cui all’articolo 329, tra Zone sociali previsti dalPiano sociale regionale.

CAPO VIEROGAZIONE DI CONTRIBUTI A FAVORE DEGLI ENTI DI TUTELA E ASSISTENZA AGLI INVALIDI

Art. 332(Erogazione di contributi)

1. La Regione concede annualmente contributi alle seguenti Associazioni allo scopo di favorirne lo svolgimento deicompiti istituzionali:

a) Associazione nazionale mutilati ed invalidi del lavoro (ANMIL) riconosciuta con d.p.r. 31 marzo 1979;

b) Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili (ANMIC) riconosciuta con d.p.r. 23 dicembre 1978;

c) Associazione nazionale vittime civili di guerra (ANVCG) riconosciuta con d.p.r. 23 dicembre 1978;

d) Unione nazionale mutilati per servizio (UNMS) riconosciuta con d.p.r. 23 dicembre 1978;

e) Unione italiana ciechi (UIC) riconosciuta con d.p.r. 23 dicembre 1978;

f) Associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra (ANMIG) riconosciuta con d.p.r. 23 dicembre 1978;

g) Ente nazionale sordomuti (ENS) riconosciuta con d.p.r. 31 dicembre 1979.

Art. 333(Modalità di erogazione dei contributi)

1. I contributi vengono erogati dalla Giunta regionale sulla base di un programma di riparto adottato dalla Giuntamedesima secondo le seguenti percentuali: il 20 per cento dello stanziamento regionale viene assegnato alla Unioneitaliana ciechi (UIC), il 29 per cento all’ANMIC, il 20 per cento all’ANMIL, il 13 per cento all’ANMIG, il 6 per centoall’ENS, il 6 per cento all’UNMS e il 6 per cento all’ANVCG.

2. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, con proprio atto provvede ogni due anni allarevisione delle aliquote percentuali di cui al comma 1, sulla base del numero degli assistiti di ciascuna associazionee del volume dell’attività svolta, da valutare in base al consuntivo di cui al successivo articolo.

3. Al fine della formazione del piano di riparto di cui al comma 1, gli aventi diritto devono presentare entro il 31 ot-tobre di ogni anno alla Giunta regionale il programma di attività per l’anno successivo ed il relativo piano finanzia-rio. La Giunta regionale provvede alla liquidazione dei contributi previa valutazione dei programmi presentati.

4. Entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello dell’erogazione del contributo, gli aventi diritto presentano allaGiunta regionale il rendiconto delle attività svolte ed i relativi conti consuntivi.

5. Qualora la Giunta regionale riscontri difformità rispetto ai piani di attività e/o ai compiti istituzionali stabilitinegli statuti delle associazioni che hanno beneficiato del contributo, revoca il contributo stesso.

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TITOLO VIMISURE PER FAVORIRE L’INSERIMENTO DI COMUNITÀ A RISCHIO DI EMARGINAZIONE SOCIALE

CAPO IMISURE PER FAVORIRE L’INSERIMENTO DEI NOMADI NELLA SOCIETÀ

E PER LA TUTELA DELLA LORO IDENTITÀ E DEL LORO PATRIMONIO CULTURALE

Art. 334(Misure per l’insediamento dei nomadi nel contesto sociale)

1. La Regione favorisce l’insediamento dei nomadi di cittadinanza italiana nel contesto sociale, garantendo la sal-vaguardia dell’identità e della cultura nomade, riconosce il diritto al nomadismo, ne disciplina la sosta nel territorioregionale, la fruizione dei servizi per l’assistenza sociale e sanitaria e stabilisce provvidenze finalizzate all’inseri-mento della comunità nomade di cittadinanza italiana nel contesto sociale.

2. Possono beneficiare delle previsioni di cui al presente Testo unico anche i nomadi non cittadini italiani, nei li-miti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione statale.

Art. 335(Realizzazione dei campi di sosta e delle aree di transito)

1. I Comuni qualora intendano realizzare i campi di sosta e di transito, provvedono con apposita variante al pro-prio strumento urbanistico generale di previsione alla individuazione delle aree necessarie classificandole: «aree eservizi pubblici», con specifica destinazione.

2. I Comuni entro il 31 gennaio di ogni anno presentano al Presidente della Giunta regionale le domande per la rea-lizzazione dei campi di sosta e delle aree di transito per i nomadi.

3. Alle domande devono essere allegati:

a) i progetti dei campi di sosta e delle aree di transito, le relative relazioni tecniche e preventivi di spesa;

b) i preventivi di spesa relativi alla gestione ed alla manutenzione dei campi e delle aree.

4. Il campo di sosta nel quale è consentito un periodo di permanenza massima di un anno per non più di centoutenti deve avere una superficie non inferiore a mq. 2000 e non superiore a mq. 3000, deve essere dotato di recin-zione, servizi igienici compresi docce, fontana e lavatoio, illuminazione pubblica, impianti di allaccio di energia elet-trica ad uso privato, area di giochi per bambini, telefono pubblico, contenitori per immondizie.

5. L’area riservata al transito consiste in una superficie dove i nomadi possono sostare per un periodo non supe-riore a venti giorni. L’area di transito deve essere dotata di recinzione, impianto di allaccio di energia elettrica, serviziigienici, acqua potabile e di spazi per la sosta delle roulotte.

6. L’ubicazione dei campi di sosta e di transito è individuata in modo da favorire la partecipazione degli utenti allavita sociale e l’accesso ai servizi sanitari e sociali. La vigilanza sulle condizioni igienico-sanitarie è assicurata da partedell’Azienda USL competente.

7. I nomadi accedono ai campi di sosta e di transito previa richiesta al Comune, il quale può disporre il versamentodi un contributo.

8. I Comuni che abbiano realizzato i campi di sosta e le aree di transito possono affidarne, mediante convenzione,la gestione ad associazioni di volontariato, che operino nel settore dei servizi sociali, con le modalità previste dall’ar-ticolo 382.

Art. 336 (Piano annuale ed erogazione dei contributi)

1. La Giunta regionale, sulla base delle domande presentate dai Comuni, approva il piano annuale per la localizza-zione dei campi di sosta e delle aree di transito per i nomadi entro sessanta giorni dal termine di cui all’articolo 335,comma 2 ai fini della ripartizione dei contributi per la realizzazione e la gestione dei campi di sosta e delle aree ditransito, previo parere della competente commissione consiliare.

2. I Comuni, entro sessanta giorni dall’approvazione del piano di cui al comma 1 devono presentare il progetto ese-cutivo delle opere.

3. L’erogazione dei contributi è disposta:

a) per l’acquisto delle aree fino al 30 per cento della spesa ritenuta ammissibile;

b) per la realizzazione dei campi di sosta e delle aree di transito fino al 30 per cento della spesa ritenuta ammis-sibile;

c) per la gestione fino al 30 per cento della spesa ritenuta ammissibile, entro il 30 settembre di ogni anno secondole previsioni del piano di cui al comma 1.

4. I contributi sono erogati dalla Giunta regionale con le modalità previste dalla legge regionale 21 gennaio 2010,n. 3 (Disciplina regionale dei lavori pubblici e norme in materia di regolarità contributiva per i lavori pubblici.)

Art. 337(Inserimento scolastico e professionale)

1. La Regione, al fine di favorire ed agevolare l’inserimento dei minori appartenenti alle Comunità dei nomadi negli

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asili nido, nella scuola materna e dell’obbligo, nel rispetto delle peculiarità della loro cultura, promuove iniziative deiComuni e delle autorità scolastiche locali in accordo con l’Ufficio scolastico regionale.

2. I giovani nomadi che si iscrivono e frequentano gli asili nido, le scuole materne e dell’obbligo, i corsi di forma-zione professionale e le scuole secondarie in Umbria, usufruiscono delle provvidenze di cui alla legislazione regio-nale vigente nei limiti e secondo le modalità previste.

3. I soggetti destinatari della delega in materia di formazione professionale provvedono, nell’ambito dei piani an-nuali di attività, alla programmazione di iniziative specifiche dirette alla qualificazione professionale dei giovani no-madi, con particolare riferimento alle forme di lavoro e artigianato tipiche della loro cultura.

4. È consentita la partecipazione ai corsi annuali programmati per i giovani nomadi in possesso dei necessari re-quisiti culturali e di base adeguatamente accertati.

Art. 338(Promozione delle attività artigiane e delle forme associative tipiche della cultura nomade)

1. La Regione favorisce la realizzazione di iniziative di sostegno del settore dell’artigianato, in particolare di quellotipico della cultura nomade, nel quadro della vigente normativa nazionale e regionale.

2. La Regione favorisce altresì la realizzazione di iniziative volte alla creazione di forme associative o cooperativenei settori di attività tipici dei nomadi.

TITOLO VIIAZIONI REGIONALI PER FAVORIRE LO SCAMBIO

E L’UTILIZZO DI PRESTAZIONI SOCIALI TRA CITTADINI

CAPO IBANCHE DEL TEMPO E ASSOCIAZIONISMO FAMILIARE

Art. 339(Associazioni “Banche del tempo”)

1. Per favorire lo scambio di servizi di vicinato, facilitare l’utilizzo dei servizi, favorire la produzione di beni rela-zionali nella comunità incentivando le iniziative di espressioni organizzate delle persone che intendono scambiareparte del proprio tempo a favore della famiglia per impieghi di reciproca solidarietà e interesse, la Regione favoriscela costituzione di associazioni denominate “Banche del tempo”.

2. Al fine di favorire e sostenere le attività di cui al comma 1, i Comuni possono realizzare e favorire la formazionedi banche del tempo attraverso le seguenti modalità:

a) disponendo l’utilizzo di locali e l’accesso ad eventuali servizi;

b) assicurando o concorrendo all’organizzazione di attività di promozione, formazione e informazione;

c) stipulando convenzioni che prevedano scambi di tempo da destinare a prestazioni di mutuo aiuto in favore digenitori, famiglie e singoli cittadini. Tali prestazioni non devono costituire modalità di esercizio di attività istituzio-nali.

Art. 340(Coordinamento dei tempi della città)

1. I comuni, anche in forma associata, adottano piani territoriali degli orari, al fine di armonizzare i tempi dellecittà con le esigenze delle famiglie.

2. I piani di cui al comma 1 sono strumenti di carattere unitario per finalità e indirizzo, articolati in progetti, anchedi carattere sperimentale, volti al coordinamento e all’armonizzazione degli orari degli esercizi commerciali, dei ser-vizi pubblici, degli uffici periferici delle amministrazioni pubbliche, dei trasporti pubblici, delle attività culturali e dispettacolo, nonché alla promozione del tempo per fini di solidarietà sociale.

Art. 341(Associazionismo familiare)

1. In attuazione di quanto stabilito dall’articolo 296, comma 4, le associazioni familiari concorrono alla formazionedegli strumenti di programmazione nelle forme e nei modi stabiliti dalle disposizioni regionali, nazionali e del-l’Unione europea, secondo quanto previsto dall’articolo 4 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13 (Disciplina ge-nerale della programmazione).

2. La Regione favorisce e promuove le forme di associazionismo e autorganizzazione delle famiglie dirette a:

a) organizzare esperienze di mutualità nel lavoro di cura familiare;

b) realizzare interventi e servizi diretti a semplificare la vita quotidiana della famiglia;

c) realizzare attività informative per la famiglia sui servizi disponibili sul territorio e sulle esperienze di solida-rietà familiare come l’adozione o l’affido, ovvero sugli interventi previsti dal presente Testo unico;

d) realizzare attività di formazione riguardanti le responsabilità familiari;e) svolgere qualunque altra attività conforme alle finalità della presente legge.

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TITOLO VIIIGESTIONE DEI SERVIZI E DEGLI INTERVENTI SOCIALI

CAPO IGESTIONE DEI SERVIZI SOCIALI

Art. 342(Affidamento e gestione dei servizi)

1. L’ATI competente procede all’aggiudicazione dei servizi di cui al presente Testo unico in conformità alle dispo-sizioni statali in materia.

2. L’individuazione dei soggetti affidatari dei servizi avviene, di norma, nel rispetto delle procedure di evidenzapubblica prescritte per gli appalti di servizi elencati nell’allegato II B del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Co-dice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione della direttiva 2004/17/CE e della direttiva2004/18/CE).

3. Oggetto dell’acquisto o dell’affidamento deve essere l’organizzazione complessiva del servizio o della prestazionecon esclusione delle mere prestazioni di manodopera.

4. Nella scelta del contraente si applica il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa tenendo conto, inparticolare, dei seguenti elementi qualitativi:

a) valutazione della qualità del progetto da realizzare;b) modalità adottate per il contenimento del turn over degli operatori;c) formazione, qualificazione ed esperienza degli operatori coinvolti al fine di verificare l’attitudine alla realizza-

zione del progetto;d) esperienza maturata nei settori e nei servizi di riferimento al fine di verificare l’attitudine alla realizzazione del

progetto.5. L’elemento prezzo, di norma, è pari al trenta per cento.6. Nella valutazione dell’offerta economica anche il punteggio assegnato all’elemento prezzo va graduato secondo

criteri di proporzionalità.7. La Giunta regionale con proprio provvedimento individua modalità e criteri per l’attribuzione del punteggio a

ciascun elemento dell’offerta economicamente più vantaggiosa.8. I rapporti di appalto con le cooperative sociali sono regolati dalla normativa nazionale e regionale in materia.

Art. 343(Affidamento e inserimento lavorativo di persone svantaggiate)

1. I Piani sociali di zona prevedono, in conformità agli articoli 2 e 69 del d.lgs. 163/2006, che una quota predefinitadei contratti per l’acquisto di beni e servizi o per l’esecuzione di opere e lavori pubblici, anche di importo superiorealla soglia comunitaria, contengano clausole sociali relative all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. L’of-ferta dei concorrenti è articolata anche nei contenuti afferenti alla clausola sociale; a tal fine è specificata nei capito-lati e nelle disposizioni di gara e valutata ai fini dell’aggiudicazione.

2. La Regione, al fine di favorire l’inserimento di persone svantaggiate nel mondo del lavoro, incentiva la stipula diconvenzioni, da parte dei Comuni, anche in forma associata, con le cooperative che svolgono le attività di cui all’ar-ticolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381 (Disciplina delle cooperative sociali), per la forni-tura di beni e di servizi, diversi da quelli socio-sanitari ed educativi, il cui importo stimato al netto dell’IVA sia infe-riore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, ai sensi e secondo le modalità dicui all’articolo 5, comma 1, della legge 381/1991 e dell’articolo 403.

3. A decorrere dall’anno 2016, la Regione, con l’atto di programmazione del Fondo sociale regionale di cui all’arti-colo 357, destina una quota dello stesso Fondo, compresa tra il tre ed il dieci per cento, per le finalità di cui al comma2. Tale quota è ripartita dalla Regione tra i comuni per i quali risultano affidamenti, anche in forma associata, di for-niture di beni e di servizi a favore delle cooperative di tipo B, secondo quanto previsto al medesimo comma 2, riferi-bili all’anno precedente a quello della ripartizione, in misura percentuale non inferiore al cinque per cento del valorecomplessivo degli importi degli affidamenti di forniture di beni e servizi, operati dagli stessi comuni e riferibili al me-desimo anno precedente la ripartizione, al netto dell’IVA. I comuni per essere ammessi alla ripartizione devono pre-sentare apposita richiesta.

4. La Giunta regionale, con il medesimo atto di programmazione di cui al comma 3, specifica i criteri per la ripar-tizione della quota di cui allo stesso comma 3, anche tenendo conto di elementi di ponderazione socio-demografici,indica procedure, termini e modalità per la presentazione della richiesta da parte dei comuni di cui al comma 3 edindividua le tipologie e le procedure di verifica e di controllo, potendo avvalersi ai fini delle verifiche e dei controlli,anche dell’Osservatorio regionale dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui all’articolo 10 dellalegge regionale 21 gennaio 2010, n. 3 (Disciplina regionale dei lavori pubblici e norme in materia di regolarità contri-butiva per i lavori pubblici).

5. La quota da ripartire tra i comuni di cui al presente articolo non costituisce contributo ai fini dell’articolo 401.

Art. 344(Autorizzazione al funzionamento dei servizi residenziali, semiresidenziali, diurni e domiciliari)

1. I servizi socio assistenziali a carattere residenziale, semiresidenziale, diurno e domiciliare, pubblici e privatisono soggetti ad autorizzazione rilasciata dall’ATI competente.

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2. Il rilascio dell’autorizzazione è subordinato alla verifica del possesso da parte della struttura dei requisiti stabiliticon atto della Giunta regionale sulla base dei seguenti criteri:

a) servizi di tipo familiare o comunitario;

b) bassa intensità assistenziale;

c) bassa capacità di accoglienza;

d) organizzazione modulare;

e) flessibilità di fruizione.

3. La Giunta regionale adotta apposito regolamento con il quale disciplina le modalità per il rilascio dell’autorizza-zione di cui al comma 1 e individua i servizi per i quali è necessario il rilascio dell’autorizzazione stessa.

4. L’ATI competente può sospendere o revocare l’autorizzazione qualora accerti, anche su segnalazione delle Zonesociali o dei comuni, la perdita dei requisiti previsti o gravi irregolarità nella gestione dell’erogazione dei servizi.

Art. 345(Accreditamento)

1. Per accreditamento si intende il riconoscimento del possesso di requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti per ilrilascio dell’autorizzazione.

2. I requisiti di cui al comma 1 sono definiti con il regolamento di cui all’articolo 358 che tiene conto, in particolare:

a) degli aspetti tecnico-professionali e formativi quali espressioni delle conoscenze, competenze e abilità tecni-che e relazionali degli operatori;

b) degli elementi organizzativi caratterizzati da elevata capacità di risposta nei tempi e nelle modalità di eroga-zione dei servizi;

c) delle modalità di rilevazioni della soddisfazione degli utenti e degli operatori.

3. I soggetti che intendono ottenere l’accreditamento devono assicurare ai servizi erogati caratteristiche qualitativedi particolare livello, comunque superiori a quelle richieste per il rilascio dell’autorizzazione.

4. I servizi per i quali non è prevista l’autorizzazione possono richiedere il rilascio dell’accreditamento purché inpossesso dei requisiti di cui al comma 2.

5. L’ATI competente provvede al rilascio dell’accreditamento e istituisce l’elenco degli erogatori delle prestazioniaccreditate prevedendone forme idonee di pubblicità e di aggiornamento. L’elenco è trasmesso annualmente alla Re-gione.

6. Il regolamento di cui al comma 2 stabilisce le modalità per la richiesta ed il rilascio dell’accreditamento.

7. L’ATI competente svolge funzioni di vigilanza e controllo sul mantenimento dei requisiti necessari ai fini dell’ac-creditamento.

Art. 346(Accordi contrattuali)

1. La qualità di soggetto accreditato non comporta l’automatica assunzione di oneri economici da parte degli ATI.Al fine di porre il costo del servizio in tutto o in parte a loro carico gli ATI possono stipulare con i soggetti accreditatispecifici accordi contrattuali aventi la durata minima e massima prevista dal regolamento di cui all’articolo 358.

2. Gli ATI, a seguito della stipula degli accordi contrattuali di cui al comma 1, assumono a proprio carico la diffe-renza fra la tariffa standard e la tariffa ridotta percentualmente sulla base delle norme di riferimento, nei limiti dellerisorse finanziarie disponibili di cui all’articolo 356., assegnate a ciascun ATI. Il servizio sociale pubblico dei comunidella Zona sociale adotta il provvedimento di ammissione degli utenti al servizio.

3. Le modalità di gestione degli accordi contrattuali sono definite nelle norme regolamentari di cui all’articolo 358.

4. Gli ATI concludono gli accordi contrattuali che prevedono un volume di attività ed una spesa comunque non su-periori a quelli previsti dagli atti di programmazione. Per la selezione tra i soggetti accreditati da ammettere all’ac-cordo contrattuale, gli ATI adottano procedure di evidenza pubblica ai sensi della normativa vigente. Tali proceduresono disciplinate in modo tale da garantire, ove possibile, l’effettiva presenza su tutto il territorio di una pluralità dicentri di offerta e l’effettivo esercizio del diritto di scelta da parte dell’utente.

5. È fatto salvo l’esercizio da parte degli utenti del diritto di libera scelta del fornitore del servizio, nell’ambito deiprogetti individualizzati di sostegno, inserimento o reinserimento sociale eventualmente predisposti dal servizio so-ciale.

CAPO II ACCESSO AI SERVIZI SOCIALI

Art. 347(Accesso e compartecipazione al costo dei servizi)

1. L’accesso alle prestazioni del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali prescinde dalle condizionieconomiche e sociali degli utenti.

2. La Regione stabilisce, con proprio atto, la compartecipazione alla copertura del costo degli interventi sociali te-nendo conto delle condizioni economiche degli utenti attraverso l’applicazione dei criteri per la determinazione del-

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l’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) previsti dalle vigenti disposizioni nazionali e regionali edal Piano sociale regionale.

3. La compartecipazione di cui al comma 2 è determinata per le fattispecie di cui al comma 4 tenendo conto dellasituazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione.

4. Limitatamente alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell’ambito di percorsi assistenziali integrati di na-tura socio sanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale continuativo e a ciclo diurno, rivolte alle personecon handicap permanente grave di cui all’articolo 3, comma 3, della L. 104/1992, accertato ai sensi dell’articolo 4della L. 104/1992, nonché a soggetti ultrasessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata ac-certata dalle Aziende unità sanitarie locali. La compartecipazione tiene conto della situazione economica del solo as-sistito con esclusione di rivalsa a qualunque titolo nei confronti di soggetti per i quali le norme vigenti prevedono, aqualsiasi titolo, oneri di partecipazione alla spesa.

5. Per quanto concerne il servizio erogato in regime di residenza continuativa la compartecipazione dell’utente èdeterminata sulla base del reddito personale complessivamente disponibile. Ai soggetti fruitori della prestazione e adaltri soggetti eventualmente a carico è garantita la conservazione di una quota di reddito da utilizzare per esigenze divita secondo le disposizioni della Giunta regionale.

6. L’accesso ai servizi secondo le modalità di cui al presente articolo è subordinato all’ammissione agli stessi daparte del servizio sociale pubblico, secondo le modalità definite dal Piano sociale regionale.

7. L’accesso ai servizi secondo le modalità di cui al presente articolo è subordinato all’ammissione agli stessi daparte del servizio sociale pubblico, secondo le modalità definite dal Piano sociale regionale.

8. Nel caso di servizi di tipo residenziale, gli oneri sono a carico del comune di residenza al momento dell’inizio dierogazione della prestazione. Sono irrilevanti i successivi cambiamenti di residenza e i successivi cambiamenti rela-tivi al luogo di erogazione delle prestazioni.

9. Nel caso di minori, la residenza di riferimento è costituita da quella dei genitori esercenti la potestà genitoriale,ovvero del genitore affidatario nel caso in cui il minore sia affidato ad uno dei genitori, ovvero da quella del tutore an-che nel caso in cui la tutela avvenga dopo l’inizio delle prestazioni. Nel caso di genitori entrambi esercenti la potestàcon residenza in comuni diversi o di genitori separati o divorziati con affidamento congiunto, l’onere è posto a caricodei due comuni nella misura del cinquanta per cento ciascuno.

10. Limitatamente all’applicazione del presente articolo, l’affidamento a famiglie affidatarie è considerato serviziodi tipo residenziale.

CAPO IIIRISORSE UMANE CHE OPERANO NELL’AMBITO DEI SERVIZI E DEGLI INTERVENTI SOCIALI

Art. 348(Valorizzazione delle risorse umane)

1. La Regione riconosce la risorsa umana quale fattore strategico della qualità del sistema dei servizi e degli inter-venti sociali.

2. L’organizzazione dei servizi e degli interventi sociali valorizza, in tutte le sue potenzialità, le risorse umane attra-verso assetti che, da un lato, tengono conto del peculiare rilievo della risorsa umana, quale primario fattore produt-tivo e, dall’altro, sono in grado di valorizzare le capacità e le competenze relazionali e conoscitive utili anche alla pro-grammazione, alla progettazione, alla realizzazione ed alla valutazione dei servizi alla persona.

3. Le figure professionali presenti nel sistema integrato di interventi e servizi sociali della Regione sono articolatein figure di base, figure intermedie di primo e secondo livello e figure manageriali. La definizione dei contesti opera-tivi e delle relative funzioni è demandata al Piano sociale regionale.

Art. 349(Formazione)

1. La Regione individua nella formazione e nella formazione permanente del personale, impegnato nello svolgi-mento delle attività sociali di cui alla presente legge, lo strumento fondamentale di efficienza organizzativa e di effi-cacia qualitativa del sistema dei servizi sociali.

2. Le province, sulla base dei criteri indicati dal Piano sociale regionale e dei fabbisogni formativi individuati an-nualmente dagli ATI, predispongono azioni formative dirette a tutti i soggetti che concorrono alla realizzazione degliinterventi e dei servizi sociali con le modalità previste dalla programmazione regionale.

CAPO IVMONITORAGGIO, VALUTAZIONE E VIGILANZA

DEL SISTEMA REGIONALE DEGLI INTERVENTI E DEI SERVIZI SOCIALI

Art. 350(Conoscenza e valutazione)

1. La qualità del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali è garantita dalla realizzazione di assettiche valorizzino il monitoraggio costante e la valutazione partecipata anche da parte dei soggetti di cui agli articoli274 e 275 nonché dei cittadini delle associazioni sociali e di tutela degli utenti. Attraverso il monitoraggio la Regione

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sottopone a costante e sistematica rilevazione l’andamento dei servizi e degli interventi sociali e, a tal fine, si avvaledel Sistema informativo sociale regionale, di seguito denominato SISO, ai sensi dell’articolo 21, comma 2 dellaL. 328/2000.

2. Il SISO, quale sistema per la raccolta, lo scambio e la diffusione di informazioni atte a rispondere ai fabbisogniinformativi, si pone sia quale strumento strategico per il livello politico e manageriale, sia quale strumento tecnicoper la programmazione, la progettazione, la gestione e la valutazione. A tal fine si configura come sistema di rete re-gionale che ha come comunità territoriale di riferimento la Zona sociale quale interfaccia del livello regionale. IlSISO si integra con il sistema informativo regionale utilizzandone le informazioni ed i canali di comunicazione emettendo a disposizione i propri.

3. Il SISO raccoglie ed elabora informazioni concernenti:

a) il sistema della domanda;

b) il sistema di offerta;

c) il sistema delle risorse;

d) il sistema socio demografico.

4. Ai fini del corretto ed efficace funzionamento del SISO i soggetti gestori, pubblici e privati, che erogano i servizie le prestazioni socio assistenziali, devono trasmettere alla struttura competente della Giunta regionale le informa-zioni di cui al presente articolo secondo le modalità e termini definiti dalla Giunta regionale.

5. Ai fini del corretto ed efficace funzionamento del SISO i soggetti gestori, pubblici e privati, che erogano i servizie le prestazioni socio assistenziali, devono trasmettere alla struttura competente della Giunta regionale le informa-zioni di cui al presente articolo secondo le modalità e termini definiti dalla Giunta regionale.

6. La Giunta regionale definisce con proprio provvedimento le caratteristiche del sistema valutativo di cui alcomma 5 prevedendo la partecipazione al sistema di valutazione dei soggetti di cui agli articoli 274 e 275 nonché deicittadini delle associazioni sociali e di tutela degli utenti.

Art. 351(Ricerca e valutazione per la programmazione sociale)

1. Il compito di acquisire il quadro conoscitivo della realtà regionale a supporto dell’attività di programmazione everifica degli interventi di politica sociale e delle tendenze in atto è affidato all’Agenzia Umbria Ricerche, di seguitodenominata AUR, che espleta la funzione propria di indagine, ricerca e osservazione sociale. A tal fine l’AUR redigeun rapporto regionale pluriennale sull’integrazione sociale in Umbria finalizzato alla programmazione strategica.

2. Il rapporto di cui al comma 1:

a) fornisce una ricognizione ed una interpretazione dello stato e dell’evoluzione dei bisogni sociali della popola-zione regionale, nonché dei processi sociali ad essi sottesi mediante ricerca e indagine;

b) valuta la rispondenza fra risorse impiegate, livelli di attività e grado di soddisfazione dei bisogni;

c) valuta i contenuti sociali e i modelli organizzativi del sistema dei servizi sociali, nel rispetto delle priorità indi-cate dal Piano sociale regionale.

3. L’attività di cui al comma 1 si può organizzare per aree sociali e sezioni di ricerca nel quadro dei fabbisogni dellaprogrammazione sociale pluriennale, anche in raccordo con l’Osservatorio sulle Povertà.

4. L’attività di indagine prevede la collaborazione con i soggetti sociali, gli uffici, gli enti e gli istituti di ricerca e glialtri centri di osservazione delle situazioni e delle politiche sociali, anche partecipati con soggetti privati.

CAPO VORGANISMI OPERANTI IN AMBITO SOCIALE

Art. 352(Osservatorio regionale sulla condizione delle persone con disabilità)

1. È istituito presso la Giunta regionale l’Osservatorio regionale sulla condizione delle persone con disabilità in at-tuazione dei principi sanciti dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata con legge 3marzo 2009, n. 18 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabi-lità, con Protocollo Opzionale fatta a New York il 13 dicembre 2006) per la promozione della piena integrazione dellepersone con disabilità.

2. L’Osservatorio di cui al comma 1 svolge funzioni di promozione e sostegno alle politiche inclusive in materia didisabilità nel rispetto dei principi sanciti in materia a livello nazionale ed europeo, di interlocuzione e concorso nelleazioni interistituzionali sui temi della disabilità, nonché di confronto con le azioni attivate con le altre regioni.

3. L’Osservatorio di cui al comma 1 ha i seguenti compiti:

a) studio e analisi sulla condizione delle persone con disabilità e delle loro famiglie e le conseguenti azioni voltea garantire i diritti sanciti dalla Convenzione ONU;

b) rilevazione dei servizi e degli interventi a favore delle persone con disabilità ed analisi della corrispondenza deimedesimi con la piena soddisfazione dei diritti della Convenzioni ONU;

c) studio e analisi della qualità dei servizi erogati a favore delle persone con disabilità e delle loro famiglie sullabase degli standard definiti;

d) formulazione di pareri e proposte agli organi regionali in materia di disabilità;

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e) promozione della conoscenza dei diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie anche promuovendol’attivazione di forme di collaborazione con il mondo della scuola e del lavoro e azioni di sensibilizzazione della so-cietà civile.

4. L’Osservatorio di cui al comma 1 è costituito con decreto del Presidente della Giunta regionale, dura in carica treanni ed è di riferimento per l’Assessorato competente in materia di servizi sociali. L’Osservatorio è composto da:

a) Presidente della Giunta regionale o suo delegato in qualità di presidente;b) Presidente dell’Unione Province Italiane (UPI) Umbria o suo delegato;c) Presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) Umbria o suo delegato;d) cinque membri in rappresentanza delle associazioni maggiormente rappresentative a livello regionale delle

persone con disabilità e delle loro famiglie;e) un membro in rappresentanza del Forum Terzo Settore - Umbria;f) un membro nominato congiuntamente dalle Aziende USL.

5. Possono essere invitati a partecipare ai lavori dell’Osservatorio soggetti in rappresentanza della sede regionaleINPS e dell’Ufficio scolastico regionale.

6. Ai lavori dell’Osservatorio possono partecipare, su invito del Presidente, referenti tecnici regionali con riferi-mento alle seguenti aree: sociale, sanità, mobilità, istruzione, formazione e lavoro.

7. La Giunta regionale individua le associazioni maggiormente rappresentative a livello regionale di cui al comma4, lettera d).

8. Ai componenti dell’Osservatorio non spetta alcun compenso e rimborso spese.9. La Giunta regionale con proprio atto disciplina il funzionamento dell’Osservatorio e individua la struttura regio-

nale di supporto dello stesso.

Art. 353(Forum regionale welfare)

1. È istituito presso la struttura regionale competente il Forum regionale welfare con funzioni consultive e propo-sitive nelle politiche sociali, con particolare riferimento alla definizione e alla verifica dell’attuazione del Piano so-ciale regionale.

2. Il Forum regionale welfare è convocato dalla Giunta regionale con cadenza biennale.3. La composizione e il funzionamento del Forum regionale welfare sono determinati con atto della Giunta regio-

nale, nel rispetto dei principi di rappresentatività, democraticità e trasparenza.

CAPO VIFUNZIONI DI VIGILANZA E CONTROLLO E POTERE SANZIONATORIO

Art. 354(Vigilanza e controllo)

1. Gli ATI esercitano le funzioni di vigilanza e controllo sui soggetti pubblici e privati che svolgono attività socio as-sistenziali e socio sanitarie. Gli ATI si avvalgono delle proprie strutture zonali e delle Aziende USL per gli aspetti sa-nitari.

2. Le funzioni di vigilanza e controllo consistono nella verifica:a) della rispondenza dei servizi e degli interventi alla normativa concernente i requisiti strutturali, gestionali ed

organizzativi;b) della qualità e dell’appropriatezza;c) del rispetto dei LIVEAS individuati dalla legislazione statale;d) dell’attivazione e del corretto funzionamento degli strumenti e delle procedure per la tutela dei diritti sociali.

3. Gli ATI provvedono alla determinazione, alla irrogazione ed alla riscossione delle sanzioni amministrative previ-ste dal presente testo unico.

Art. 355(Sanzioni amministrative)

1. Chiunque esercita o gestisce i servizi o le strutture socio assistenziali, pubbliche e private di cui all’articolo 265senza la prescritta autorizzazione è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 3.000,00 a euro 10.000,00.

2. Chiunque esercita o gestisce servizi o strutture socio assistenziali, pubbliche e private, attribuendosi il possessodell’accreditamento non rilasciato, previsto all’articolo 345 è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 3.000,00a euro 10.000,00.

3. Chiunque dichiara nella richiesta di autorizzazione o di accreditamento requisiti non posseduti è soggetto allasanzione amministrativa da euro 1.000,00 a euro 3.000,00.

4. Chiunque non dichiara o non comunica nei termini previsti dal regolamento regionale di cui all’articolo 344,comma 3 le modifiche di caratteristiche della struttura o del servizio, o di elementi rilevanti ai fini del rilascio dell’au-torizzazione che fanno venire meno i requisiti per l’esercizio dell’attività stessa, è soggetto alla sanzione amministra-tiva da euro 300,00 a euro 500,00.

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5. Chiunque non dichiara o non comunica nei termini previsti dal regolamento regionale di cui all’articolo 345,comma 2 le modifiche apportate alla struttura o al servizio o di elementi rilevanti ai fini del rilascio dell’accredita-mento, è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 300,00 a euro 500,00.

6. Chiunque non espone o espone in modo non conforme a quanto stabilito dal regolamento regionale di cui all’ar-ticolo 344, comma 3 l’autorizzazione, le tariffe per il servizio, le prestazioni incluse e quelle escluse dalla tariffa e ilrispettivo costo è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 1.000,00 a euro 5.000,00.

7. Chiunque non espone o espone in modo non conforme a quanto stabilito dal regolamento regionale di cui all’ar-ticolo 345, comma 2 l’accreditamento e tutti gli altri elementi che devono essere pubblicizzati, o pubblicizza infor-mazioni non veritiere è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 1.000,00 a euro 5.000,00.

8. Chiunque applica tariffe superiori a quelle esposte o pubblicizzate è soggetto alla sanzione amministrativa daeuro 1.000,00 a euro 5.000,00.

9. Chiunque non effettua nei termini stabiliti dal regolamento regionale di cui all’articolo 344, comma 3 le comuni-cazioni e cambiamenti attinenti al responsabile della struttura è soggetto alla sanzione amministrativa da euro300,00 a euro 500,00.

TITOLO IXIL FINANZIAMENTO DEL SISTEMA

CAPO IRISORSE FINANZIARIE E FONDO SOCIALE REGIONALE

Art. 356(Risorse finanziarie)

1. Le risorse del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali sono costituite dal:a) Fondo nazionale per le politiche sociali di cui alla L. 328/2000;b) Fondo sociale regionale;c) Fondo sociale degli enti locali;d) Fondi sociali di settore.

2. I comuni istituiscono per il finanziamento degli interventi e dei servizi sociali previsti nella presente legge unFondo sociale unico zonale degli enti locali.

Art. 357(Fondo sociale regionale)

1. Il Fondo sociale regionale di cui all’articolo 356, comma 1, lettera b), è finanziato annualmente dalla legge di bi-lancio ed è ripartito con atto di programmazione della Giunta regionale entro il 30 aprile di ogni anno, come segue:

a) almeno l’ottantacinque per cento del Fondo sociale regionale è ripartito in proporzione della popolazione resi-dente e sulla base di elementi di ponderazione individuati dalla Giunta regionale con proprio atto. Inoltre, una per-centuale del Fondo sociale regionale compresa tra il cinque e il dieci per cento è destinata per le finalità di cui all’ar-ticolo 343, commi 2 e 3;

b) una percentuale non superiore al cinque per cento del Fondo sociale regionale è destinata dalla Giunta regio-nale all’attività di programmazione sociale della Regione e all’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 8, comma 3,lettere c), d), e), f) ed m) della L. 328/2000.

2. Nel caso in cui non pervenga alcuna richiesta, da parte dei comuni, ai sensi dell’articolo 343, commi 3 e 4, la per-centuale del Fondo sociale regionale destinata alle finalità di cui all’articolo 343, commi 2 e 3, è ripartita secondo lemodalità di cui al comma 1, lettera a), primo periodo.

3. L’ottantacinque per cento del Fondo sociale regionale cui al comma 1, lettera a), primo periodo, è vincolato alraggiungimento dei LIVEAS.

Art. 358 (Norme regolamentari)

1. La Giunta regionale adotta, le norme regolamentari di cui agli articoli 344, comma 3, 345, commi 2 e 6, 346commi 1 e 3, e 359, comma 5.

Art. 359(Disposizioni fino all’effettivo esercizio dell’ATI)

1. Fino all’effettivo esercizio da parte dell’ATI delle funzioni di cui al presente Testo unico le stesse funzioni sonoesercitate dalle Zone sociali previsti e disciplinati dal vigente Piano sociale regionale.

2. Fino all’effettivo esercizio delle funzioni da parte dell’ATI le dotazioni finanziarie facenti carico ai singoli comunivengono dagli stessi messe a disposizione del comune capofila esistente in ciascuna Zona sociale.

3. Fino all’effettivo esercizio da parte dell’ATI delle funzioni di cui alla presente legge, al fine di garantire la conti-nuità dei servizi e il corretto rapporto con il territorio, le risorse finanziarie messe a disposizione del comune capofilasono destinate all’ambito territoriale sociale di cui al comma 2; le risorse strumentali, organizzative ed umane sonomesse a disposizione dalle Zone sociali.

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4. Le Conferenze di zona esercitano le funzioni in materia sanitaria già esercitate dal Comitato dei Sindaci di Di-stretto di cui all’articolo 29 della l.r. 18/2012 e dai Tavoli degli assessori ai servizi sociali di cui alla deliberazione dellaGiunta regionale 6 marzo 2002, n. 248 (Approvazione dell’atto di indirizzo ai Comuni per la programmazione socialedi territorio condivisa).

5. L’adeguamento delle strutture che erogano i servizi socio assistenziali di cui alla presente legge avviene secondoi termini stabiliti nel regolamento di cui all’articolo 358.

TITOLO XISTITUZIONE DI FIGURE DI GARANZIA IN AMBITO SOCIALE

CAPO IISTITUZIONE DEL GARANTE DELLE PERSONE SOTTOPOSTE A MISURE RESTRITTIVE O LIMITATIVE

DELLA LIBERTÀ PERSONALE E DEL GARANTE REGIONALE PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA

Art. 360(Disposizioni generali)

1. La Regione istituisce il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertàpersonale e il Garante per l’infanzia e l’adolescenza di seguito denominati Garanti.

2. Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale, in armoniacon i principi fondamentali della Costituzione, delle Convenzioni internazionali sui diritti umani ratificate dall’Italia,della normativa statale vigente e nell’ambito delle materie di competenza regionale, contribuisce a garantire i dirittidelle persone:

a) negli istituti penitenziari;

b) in esecuzione penale esterna;

c) sottoposte a misure cautelari personali;

d) in stato di arresto ovvero di fermo;

e) presenti nelle strutture sanitarie in quanto sottoposte a trattamento sanitario obbligatorio.

3. Il Garante per l’infanzia e l’adolescenza assicura la piena attuazione nel territorio regionale dei diritti e degli in-teressi sia individuali che collettivi dei minori, nel rispetto delle competenze degli Enti locali, e garantisce la piena at-tuazione di tutti i diritti riconosciuti ai bambini ed alle bambine, ai ragazzi ed alle ragazze presenti sul territorio re-gionale.

4. Il Garante per l’infanzia e l’adolescenza opera in piena autonomia e indipendenza, non è sottoposto a forme dicontrollo gerarchico o funzionale, collabora con le strutture regionali competenti ed ha pieno accesso agli atti, infor-mazioni e documenti inerenti il suo mandato istituzionale.

5. Al Garante per l’infanzia e l’adolescenza è affidata la promozione, la difesa e la verifica dell’attuazione dei dirittidei minori attraverso azioni positive mirate alla promozione del diritto alla vita, alla famiglia, all’istruzione, all’assi-stenza sociosanitaria, alla sopravvivenza e alla partecipazione alle decisioni che li riguardano, tenendo conto del lorosuperiore interesse.

6. L’azione del Garante per l’infanzia e l’adolescenza viene esercitata nell’ambito dei principi della normativa na-zionale in materia, nonché dei seguenti atti internazionali:

a) Convenzione Internazionale sui Diritti del fanciullo firmata a New York il 20 novembre 1989, ratificata ai sensidella legge 27 maggio 1991, n. 176 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New Yorkil 20 novembre 1989);

b) Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, firmata a Strasburgo il 25 gennaio 1996, ratificataai sensi della legge 20 marzo 2003, n. 77 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sull’esercizio dei dirittidei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996);

c) Risoluzione 48/134 del 20 dicembre 1993 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite relativa alle IstituzioniNazionali per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani.

CAPO II DESIGNAZIONE, NOMINA, INCOMPATIBILITÀ DEI GARANTI

Art. 361(Designazione e nomina dei Garanti)

1. Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale è designatodall’Assemblea Legislativa, mediante elezione a maggioranza dei 2/3 dei Consiglieri regionali assegnati. Se al terminedella terza votazione non si sia raggiunta la maggioranza richiesta dal comma 1, a partire dalla quarta votazione èsufficiente la maggioranza assoluta dei consiglieri regionali assegnati.

2. Il Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza è eletto dall’Assemblea Legislativa a maggioranza assoluta deiconsiglieri regionali assegnati.

3. Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale ed il Garanteper l’infanzia e l’adolescenza sono nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale, durano in carica cin-que anni e non possono essere riconfermati. Alla scadenza del mandato, rimangono in carica fino alla nomina del

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successore e comunque per un tempo non superiore a novanta giorni, entro il quale deve concludersi il procedimentodella nomina del nuovo Garante.

4. Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale è scelto trapersone con comprovata competenza nel campo delle scienze giuridiche, scienze sociali e dei diritti umani e conesperienza in ambito penitenziario, opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e valutazione e, peresperienze acquisite nella tutela dei diritti, deve offrire garanzia di probità, indipendenza, obiettività, competenza ecapacità nell’esercizio delle proprie funzioni.

5. Il Garante per l’infanzia e l’adolescenza è scelto tra persone di comprovata competenza e professionalità conesperienza nel campo delle problematiche concernenti l’età evolutiva e quelle familiari ed educative.

Art. 362(Incompatibilità dei Garanti)

1. Per ricoprire la carica di Garanti di cui all’articolo 360 il soggetto designato non deve incorrere in cause di incon-feribilità e di incompatibilità previste dal d.lgs. 39/2013.

2. La carica di Garanti di cui all’articolo 360 è, inoltre, incompatibile con l’esercizio, durante il mandato, di qual-siasi attività che possa configurare conflitto di interesse con le attribuzioni proprie dell’incarico.

3. Il conferimento degli incarichi di Garante a personale regionale o di altri enti dipendenti o comunque controllatidalla Regione ne determina il collocamento in aspettativa senza assegni e il diritto al mantenimento del posto di la-voro. Il periodo di aspettativa è utile al fine del trattamento di quiescenza e di previdenza e dell’anzianità di servizio.

CAPO IIIFUNZIONI, DECADENZA, REVOCA E TRATTAMENTO ECONOMICO DEI GARANTI

Art. 363(Funzioni del Garante per l’infanzia e l’adolescenza)

1. Il Garante per l’infanzia e l’adolescenza, per le finalità di cui all’articolo 360, comma 5, svolge le seguenti fun-zioni:

a) promuove, in collaborazione con gli enti locali, la scuola e le istituzioni che si occupano di minori, iniziativeper la diffusione di una cultura dell’infanzia e dell’adolescenza, finalizzata al riconoscimento dei bambini e dellebambine come soggetti titolari di diritti;

b) promuove, in accordo con le strutture regionali competenti in materia, iniziative di sensibilizzazione e diffu-sione della cultura dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, anche in occasione della celebrazione della giornata ita-liana per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, istituita dall’articolo 1, comma 6 della legge 23 dicembre 1997,n. 451 (Istituzione della Commissione parlamentare per l’infanzia e dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia) e deld.p.r. 14 maggio 2007, n. 103 (Regolamento recante riordino dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adole-scenza e del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l’infanzia, a norma dell’articolo 29 del d.l. 4 luglio2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248);

c) promuove e sostiene forme di ascolto e di partecipazione dei bambini e delle bambine alla vita delle comunitàlocali, con particolare attenzione al mondo dell’associazionismo e del volontariato;

d) promuove e vigila, con la collaborazione di operatori preposti, affinché sia data applicazione su tutto il territo-rio regionale alla Convenzione internazionale ed alla Convenzione europea di cui all’articolo 360;

e) accoglie segnalazioni in merito a violazioni dei diritti dei minori e sollecita le amministrazioni competenti al-l’adozione di interventi adeguati per rimuovere le cause che ne impediscono la tutela;

f) interviene nei procedimenti amministrativi della Regione, degli enti da essa dipendenti e degli enti locali aisensi dell’articolo 9 della legge 241/1990, ove sussistano fattori di rischio o di danno per le persone di minore età;

g) promuove e collabora alla realizzazione di servizi di informazione destinati all’infanzia e all’adolescenza; vi-gila in collaborazione con il Comitato regionale per le comunicazioni, sulla programmazione televisiva, sulla comu-nicazione a mezzo stampa e sulle altre forme di comunicazione audiovisive e telematiche affinché siano salvaguar-dati e tutelati i bambini e le bambine sia sotto il profilo della percezione infantile che in ordine alla rappresentazionedell’infanzia stessa, allo scopo di segnalare all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ed agli organi competentieventuali trasgressioni commesse, in coerenza con il codice di autoregolamentazione della RAI;

h) promuove, anche in collaborazione con gli enti locali, con la scuola ed altri soggetti, iniziative dirette a rimuo-vere situazioni di pregiudizio in danno di bambini e adolescenti anche in relazione alla prevenzione dell’abuso del-l’infanzia e dell’adolescenza in relazione alle disposizioni della legge 3 agosto 1998, n. 269 (Norme contro lo sfrutta-mento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzionein schiavitù);

i) fornisce attività di consulenza agli operatori dei servizi sociali; istituisce un elenco al quale può attingere ancheil giudice competente per la nomina di tutori o curatori; assicura la consulenza ed il sostegno ai tutori o curatori no-minati;

j) concorre alla verifica delle condizioni e degli interventi volti all’accoglienza ed all’inserimento del minore stra-niero anche non accompagnato;

k) collabora all’attività di raccolta ed elaborazione di tutti i dati relativi alla condizione dell’infanzia e dell’adole-scenza in ambito regionale, ai sensi dell’articolo 1, comma 4 del d.p.r. n. 103/2007;

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l) formula proposte e esprime pareri su atti normativi e di indirizzo riguardanti l’infanzia, l’adolescenza e la fa-miglia, di competenza della Regione, delle province e dei comuni.

2. Il Garante nello svolgimento dei compiti previsti dal presente titolo:a) promuove intese ed accordi con ordini professionali e organismi che si occupano di infanzia e adolescenza;b) intrattiene rapporti di scambio, di studio e di ricerca con organismi pubblici e privati;c) promuove le necessarie azioni di collegamento con le amministrazioni del territorio regionale impegnate nella

tutela dell’infanzia e dell’adolescenza e con le autorità giudiziarie;d) segnala la necessità di interventi sostitutivi in caso di inadempienza o gravi ritardi nell’azione degli enti locali

a tutela dei minori.3. Nei casi di particolare importanza, o comunque meritevoli di urgente considerazione, il Garante può altresì in-

viare in ogni momento relazioni ai Presidenti della Giunta e dell’Assemblea Legislativa. Il Presidente dell’AssembleaLegislativa dispone l’iscrizione delle relazioni all’ordine del giorno dell’Assemblea, affinché la stessa le discuta. La re-lazione annuale e le altre relazioni sono pubblicate nel Bollettino Ufficiale della Regione. Di tali atti è data pubblicitàsu quotidiani, emittenti radiofoniche e televisive a diffusione regionale.

4. Le Commissioni consiliari possono convocare il Garante per avere chiarimenti sull’attività svolta.

Art. 364(Funzioni del Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale)

1. Il Garante per le finalità di cui all’articolo 360 comma 2, nell’ambito delle iniziative di solidarietà sociale e in pre-visione della promozione dei diritti di partecipazione alla vita civile, svolge, in collaborazione con le competenti am-ministrazioni statali e con la magistratura di sorveglianza, le seguenti funzioni:

a) assume iniziative volte ad assicurare che alle persone di cui all’articolo 360, comma 2, siano erogate le presta-zioni inerenti al diritto alla salute, al miglioramento della qualità della vita, all’istruzione e alla formazione professio-nale e ogni altra prestazione finalizzata al recupero, alla reintegrazione sociale e all’inserimento nel mondo del la-voro;

b) segnala eventuali fattori di rischio o di danno per le persone di cui all’articolo 360, comma 1 dei quali venga aconoscenza in qualsiasi forma, su indicazioni sia dei soggetti interessati sia di associazioni o organizzazioni non go-vernative;

c) si attiva, anche nei confronti delle amministrazioni competenti, affinché queste assumano le necessarie inizia-tive volte ad assicurare le prestazioni di cui alla lettera a);

d) si attiva presso le strutture e gli enti regionali competenti in caso di accertate omissioni o inosservanze checompromettano l’erogazione delle prestazioni di cui alla lettera a);

e) propone agli organi regionali titolari della vigilanza, l’adozione delle opportune iniziative o l’esercizio del po-tere sostitutivo, in caso di perdurata assenza di quanto previsto alla lettera d);

f) propone agli organi regionali competenti, l’adozione di atti normativi e amministrativi per contribuire ad assi-curare il pieno rispetto dei diritti delle persone di cui all’articolo 360, comma 1;

g) esprime parere, su richiesta degli organi regionali competenti, relativamente alle materie della presente capo;h) propone iniziative di informazione, di promozione culturale e di sensibilizzazione pubblica sui temi dei diritti

e delle garanzie delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale;i) promuove la sottoscrizione di protocolli d’intesa tra la Regione e le amministrazioni statali competenti volti: 1) ad attivare, all’interno degli istituti penitenziari, strumenti informativi e di supporto ai detenuti in relazione

agli interventi rientranti nelle materie di competenza regionale;2) a prevedere forme di collaborazione volte ad agevolare lo svolgimento delle funzioni del Garante con partico-

lare riguardo alle modalità di accesso negli istituti di pena;l) può acquisire, per le finalità di cui all’articolo 360, comma 2, gli esiti delle decisioni conseguenti alla concerta-

zione della programmazione sociale di territorio e può formulare proposte al tavolo regionale del welfare per le te-matiche inerenti la propria funzione;

m) informa periodicamente la Commissione consiliare competente in materia, sull’attività svolta;n) presenta, entro il mese di marzo di ogni anno una relazione sull’attività svolta nell’anno precedente e sui risul-

tati ottenuti all’Assemblea Legislativa ed alla Giunta regionale. La relazione è pubblicata nel Bollettino Ufficiale dellaRegione. L’Assemblea Legislativa provvede a darne adeguata pubblicità su organi di stampa della Regione o indipen-denti. L’Assemblea Legislativa discute la relazione in una apposita sessione, convocata entro due mesi dalla presen-tazione della stessa.

2. Il Garante è membro dell’Osservatorio regionale sulla condizione penitenziaria e post penitenziaria.3. Le attività del Garante ed i materiali documentali ed informativi connessi alla sua funzione vengono pubblicati

su apposita sezione del sito della Regione.4. Gli organi regionali con competenze attinenti dovranno trasmettere, entro il 31 gennaio di ciascun anno, rela-

zioni riepilogative comprensive di statistiche sintetiche sui servizi o progetti attivati e sui risultati raggiunti.

Art. 365(Trattamento economico dei Garanti, decadenza dall’incarico, sostituzione e revoca)

1. Al Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale è attribuita

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un’indennità mensile determinata dalla Giunta regionale non oltre il venti per cento dell’indennità mensile lordaspettante ai consiglieri regionali.

2. Al Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza è attribuita un’indennità mensile pari al dieci per cento dell’in-dennità mensile lorda spettante ai consiglieri regionali.

3. Ai Garanti di cui ai commi 1 e 2 spetta il trattamento di missione nella misura prevista per i dirigenti regionali,qualora debba recarsi fuori sede per ragioni connesse all’esercizio delle proprie funzioni.

4. Il Presidente dell’Assemblea legislativa, qualora accerti una delle cause di incompatibilità di cui all’articolo 362,sentito l’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea medesima, invita l’interessato a rimuovere tale causa entro quindicigiorni e, se questi non ottempera all’invito, lo dichiara decaduto dall’incarico dandone immediata comunicazioneall’Assemblea legislativa la quale provvede, con le modalità di cui all’articolo 361, alla designazione di un nuovo Ga-rante entro e non oltre novanta giorni.

5. L’Assemblea legislativa, in caso di dimissioni, morte, accertato impedimento fisico o psichico del Garante o nelcaso in cui lo stesso riporti condanna penale definitiva, provvede alla nuova designazione, ai sensi dell’articolo 361.

6. L’Assemblea legislativa può revocare il Garante in caso di gravi violazioni di legge o dei doveri inerenti l’incaricoaffidato. In questo caso l’Assemblea legislativa procede ad una nuova designazione ai sensi dell’articolo 361.

CAPO IVORGANIZZAZIONE DEGLI UFFICI DEI GARANTI

E CONFERENZA REGIONALE PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA

Art. 366(Ufficio dei Garanti e rapporti tra autorità di garanzia)

1. Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale si avvale, perlo svolgimento delle proprie funzioni, delle risorse umane ed infrastrutturali messe a disposizione dalla Giunta regio-nale, sentito il Garante stesso. Il Garante, con proprio atto, disciplina le modalità organizzative interne.

2. Il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale può avvalersi della col-laborazione dell’Osservatorio regionale sulla condizione penitenziaria e post penitenziaria, della Conferenza regio-nale volontariato giustizia, di centri di studio e ricerca, di associazioni di volontariato che si occupano di dirittiumani e di condizioni di detenzione, senza oneri aggiuntivi per il bilancio regionale.

3. L’ufficio del Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza ha sede presso la Giunta regionale e collabora con lestrutture regionali competenti nelle materie riguardanti l’infanzia e l’adolescenza. La Giunta regionale, nell’ambitodello stanziamento annuale previsto per l’attuazione del presente Testo unico, determina le risorse a disposizione perle spese di funzionamento.

4. Il Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza riferisce all’Assemblea Legislativa, almeno una volta all’annosull’attività svolta e trasmette al Presidente dell’Assemblea Legislativa una relazione esplicativa entro il 31 marzo diogni anno. L’Assemblea Legislativa esamina e discute la relazione ed adotta le determinazioni che ritiene opportune,invitando gli organi della Regione previsti dallo Statuto e quelli dei soggetti istituzionali che si interessano di minoriad adottare le ulteriori misure necessarie. La Giunta regionale altresì definisce con regolamento:

a) l’organizzazione degli uffici del Garante per l’infanzia e l’adolescenza assicurandone la funzionalità;

b) i requisiti professionali del personale addetto agli uffici del Garante per l’infanzia e l’adolescenza, promuoven-done la formazione specifica alla trattazione delle questioni relative alla tutela minorile, all’età evolutiva ed alla fami-glia;

c) ulteriori modalità di funzionamento degli uffici del Garante per l’infanzia e l’adolescenza e l’attribuzione di di-verse e specifiche risorse.

5. Il Difensore civico regionale, il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà per-sonale e il Garante per l’infanzia e l’adolescenza si danno reciproca segnalazione di situazioni di interesse comune,coordinando le rispettive attività nell’ambito delle loro competenze.

Art. 367(Conferenza regionale per l’infanzia e l’adolescenza)

1. Al fine di promuovere lo sviluppo di una più diffusa sensibilità sui temi e le problematiche dell’infanzia e del-l’adolescenza, l’Assemblea Legislativa organizza, ogni tre anni, in occasione della celebrazione della giornata italianaper i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, una conferenza regionale sull’infanzia ed adolescenza in collaborazionecon il Garante, con la struttura regionale competente in materia di servizi sociali, con gli enti locali e con tutti i sog-getti interessati alle attività.

Art. 368(Centro per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza)

1. Presso la struttura competente della Giunta regionale è istituito il Centro per la promozione dei diritti dell’infan-zia e dell’adolescenza quale strumento conoscitivo e di supporto alle funzioni di indirizzo, programmazione e coor-dinamento delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali. A talfine il Centro svolge i seguenti compiti:

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a) attività di documentazione delle esperienze e delle buone pratiche, finalizzata ad azioni di promozione cultu-rale, di comunicazione, di socializzazione delle conoscenze e di diffusione delle esperienze progettuali maturate a li-vello territoriale, regionale e nazionale;

b) attività di valorizzazione delle esperienze che si realizzano nei servizi e di promozione dello sviluppo di com-petenze diffuse per la progettualità sociale, rivolta ai minori, in una logica di sistema e di radicamento territorialedelle iniziative;

c) attività di promozione e organizzazione di occasioni di confronto e di scambio sulle modalità di attivazionedegli interventi e servizi rivolti all’infanzia e all’adolescenza, finalizzate alla loro innovazione e qualificazione per ga-rantire la diffusione di metodologie e strumenti adeguati su tutto il territorio regionale.

2. La Giunta regionale con proprio atto, provvede a definire la struttura gestionale ed organizzativa del Centro dicui al comma 1, senza oneri aggiuntivi.

TITOLO XINORME IN MATERIA DI ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO,

ASSOCIAZIONISMO DI PROMOZIONE SOCIALE E COOPERAZIONE SOCIALE

CAPO IPRINCIPI GENERALI

Art. 369(Finalità)

1. La Regione riconosce e valorizza, in attuazione della normativa nazionale vigente, la funzione dell’attività di vo-lontariato e dell’associazionismo come espressione di partecipazione, solidarietà, pluralismo e utilità sociale e nepromuove lo sviluppo, salvaguardandone l’autonomia di organizzazione e di iniziativa, allo scopo di favorire il for-marsi di nuove realtà associative e di consolidare e rafforzare quelle esistenti. La Regione riconosce, altresì, il rile-vante valore e la finalità pubblica della cooperazione sociale nel perseguimento della promozione umana e dell’inte-grazione sociale dei cittadini nell’interesse generale della comunità.

2. La Regione, per le finalità di cui al comma 1, in particolare:

a) favorisce l’apporto originale del volontariato per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile, cul-turale, individuate dalle istituzioni pubbliche e promuove forme di coordinamento e collaborazione tra le organizza-zioni di volontariato, gli enti locali e le istituzioni pubbliche e private, disciplinandone relativi rapporti;

b) disciplina i rapporti tra le istituzioni pubbliche e le associazioni di promozione sociale, il riconoscimento delleassociazioni di promozione sociale, l’incentivazione delle attività delle associazioni di promozione sociale, la pro-grammazione regionale delle attività di promozione sociale, assicurando la partecipazione delle associazioni;

c) istituisce e regolamenta il registro regionale delle organizzazioni di volontariato, il registro regionale delle as-sociazioni di promozione sociale e l’albo regionale delle cooperative sociali;

d) determina le modalità di raccordo ed integrazione con l’attività e la programmazione dei servizi sociali, sani-tari, educativi, di formazione professionale, di turismo a fini sociali per soggetti svantaggiati, di sviluppo dell’occupa-zione e di inserimento lavorativo di persone svantaggiate;

e) fissa i criteri per gli affidamenti dei servizi cui debbono uniformarsi contratti e convenzioni tra cooperative so-ciali, consorzi ed enti ed aziende pubbliche;

f) definisce le misure di promozione, sostegno e sviluppo della cooperazione sociale;

g) istituisce e determina le funzioni della Commissione regionale della cooperazione sociale.

SEZIONE IORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO

Art. 370(Organizzazioni di volontariato)

1. Ai fini del presente testo unico, sono considerate organizzazioni di volontariato gli organismi dotati di autono-mia di organizzazione e di iniziativa, liberamente costituiti al fine di svolgere attività di volontariato in modo perso-nale, spontaneo, gratuito, verso terzi, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro ancheindiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà, nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge 11 agosto 1991, n. 266(Legge quadro sul volontariato).

2. L’attività di volontariato non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario; al volontario pos-sono essere soltanto rimborsate dalla organizzazione di cui fa parte le spese sostenute entro i limiti stabiliti dall’or-ganizzazione stessa.

3. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e conogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l’organizzazione di appartenenza.

4. Ferma restando la prevalenza dell’attività dei soggetti aderenti, l’organizzazione di volontariato può avvalersi diprestazioni comunque retribuite rese da soggetti non aderenti, purché si tratti di prestazioni necessarie ad assicurareil regolare funzionamento dell’organizzazione oppure occorrenti a qualificare e specializzare l’attività da essa svolta.

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5. Le organizzazioni di volontariato hanno l’obbligo di assicurare i propri aderenti, che prestano attività di volon-tariato, contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività stessa, nonché per la responsabilità ci-vile verso terzi.

Art. 371(Registro regionale delle organizzazioni di volontariato)

1. È istituito presso la Giunta regionale il registro regionale delle organizzazioni di volontariato.2. Nel regionale sono iscritte, a domanda, le organizzazioni di volontariato che:

a) abbiano la sede legale in un comune della regione;b) esercitino le attività di cui all’art. 2 della legge 266/1991;c) risultino in possesso dei requisiti previsti all’articolo 372.

3. Possono altresì essere iscritte le organizzazioni aventi sede legale in altra regione purché operanti nel territoriodi uno o più comuni dell’Umbria con proprie autonome sezioni.

4. Il registro regionale è articolato in base alle attività svolte dalle organizzazioni nei seguenti settori:a) attività sociali;b) attività sanitarie;c) attività culturali ed artistiche;d) attività scientifiche;e) attività educative;f) attività sportive, ricreative e del tempo libero;g) attività turistico-naturali;h) attività di salvaguardia del patrimonio storico, culturale, artistico ed ambientale;i) attività di protezione civile.

5. Le organizzazioni sono iscritte in relazione al prevalente settore di intervento o iniziativa.6. Le iscrizioni nel registro regionale sono pubblicate annualmente nel Bollettino Ufficiale della Regione con l’indi-

cazione delle variazioni intervenute nel corso dell’anno.

Art. 372(Requisiti per l’iscrizione nel registro regionale delle organizzazioni di volontariato)

1. Negli accordi degli aderenti, nell’atto costitutivo o nello statuto delle organizzazioni che chiedono l’iscrizione nelregistro regionale debbono essere previsti:

a) l’assenza di fini di lucro;b) il fine dichiarato di solidarietà;c) la democraticità delle strutture;d) l’elettività e la gratuità delle cariche associative;e) la gratuità delle prestazioni degli aderenti, i criteri di ammissione e di esclusione dei soci, nonché i loro obbli-

ghi e diritti;f) l’obbligo di formazione del bilancio dal quale devono risultare i beni, i contributi o i lasciti ricevuti;g) le modalità di approvazione del bilancio da parte dell’assemblea degli aderenti.

Art. 373(Domanda di iscrizione nel registro regionale delle organizzazioni di volontariato)

1. La domanda di iscrizione, sottoscritta dal legale rappresentante dell’organizzazione o sezione autonoma, deveessere presentata alla Regione, unitamente a:

a) copia dell’atto costitutivo o dello statuto o degli accordi degli aderenti;b) una relazione sottoscritta dal legale rappresentante da cui risulti:1) il tipo di attività svolta;2) le eventuali risorse economiche complessive per lo svolgimento dell’attività;3) le eventuali attività commerciali e produttive marginali che l’organizzazione esercita o intende esercitare così

come definite dal decreto del Ministro delle Finanze 25 maggio 1995 (Criteri per l’individuazione delle attività com-merciali e produttive marginali svolte dalle organizzazioni di volontariato).

2. Nella domanda di iscrizione devono essere dichiarati:a) le generalità del legale rappresentante e dei componenti gli organi di amministrazione e di gestione;b) la forma giuridica dell’organizzazione;c) la sede legale;d) la materia di prevalente attività;e) l’assenza di qualsiasi rapporto di lavoro subordinato o autonomo e di forme retributive di qualsiasi genere,

salvo il rimborso delle spese sostenute entro limiti prefissati, tra organizzazioni e volontari aderenti.

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Art. 374(Iscrizione nel registro regionale delle organizzazioni di volontariato)

1. La Regione richiede al Comune ove ha sede l’organizzazione di volontariato di esprimere il parere circa l’iscri-zione al registro regionale delle organizzazioni di volontariato, trasmettendo contestualmente la documentazione dicui all’art. 373, comma 1.

2. Il Comune trasmette il parere di cui al comma 1 entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta. Decorso taletermine, la struttura regionale competente procede indipendentemente dall’espressione del parere.

3. L’iscrizione al registro regionale delle organizzazioni di volontariato è disposta con determinazione del dirigentedella struttura regionale competente entro sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza.

4. Copia del provvedimento di iscrizione è trasmessa al Comune di riferimento e al Comitato di gestione del fondospeciale regionale di cui all’art. 15 della legge n. 266/1991, costituito ai sensi dell’articolo 2, comma 2 del Decreto delMinistero del tesoro 8 ottobre 1997 (Modalità per la costituzione dei fondi speciali per il volontariato presso le re-gioni).

5. L’organizzazione di volontariato deve produrre alla struttura regionale competente e al Comune ove ha sede, en-tro 60 giorni dal ricevimento dell’atto di iscrizione, copia delle polizze assicurative contro gli infortuni e le malattieconnessi allo svolgimento delle attività e per la copertura della responsabilità civile verso terzi stipulate ai sensi delcomma 5 dell’articolo 370. La trasmissione di copia delle polizze deve essere altresì effettuata in caso di rinnovo, en-tro 30 giorni dal rinnovo medesimo.

Art. 375(Variazioni al registro regionale delle organizzazioni di volontariato)

1. Ogni variazione dell’atto costitutivo, dello statuto o dell’accordo degli aderenti, delle generalità del legale rappre-sentante e dei componenti gli organi di amministrazione e di gestione deve essere comunicata, entro trenta giorni dalsuo verificarsi, alla struttura regionale competente e al Comune di riferimento.

2. Qualora la variazione riguardi uno dei requisiti elencati all’articolo 372, la struttura regionale competente ri-chiede al Comune ove ha sede l’organizzazione di esprimere il proprio parere in merito all’eventuale cancellazionedal registro regionale, entro il termine di cui al comma 2 dell’articolo 374. Decorso tale termine l’istruttoria è svoltadalla struttura regionale competente che conclude il procedimento nel rispetto dei termini di cui al comma 3 dell’ar-ticolo 374.

Art. 376(Relazioni annuali)

1. Le organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale sono tenute a trasmettere al Comune ove hannosede, entro e non oltre il 31 gennaio di ogni anno, una relazione illustrativa delle attività svolte nell’anno precedenteed il programma di attività per l’anno successivo.

2. I comuni trasmettono alla regione entro il 31 marzo di ogni anno, la relazione redatta sulla base di quella disci-plinata al comma 1 illustrativa dell’andamento dei rapporti intercorsi con le organizzazioni di volontariato presentinel proprio territorio.

3. La Giunta regionale riferisce annualmente al Consiglio entro il 30 giugno sull’attività delle organizzazioniiscritte al registro regionale, nonché dello stato dei rapporti del volontariato con gli enti locali.

Art. 377(Revisione periodica del registro delle organizzazioni di volontariato)

1. La Giunta regionale procede alla scadenza di ogni legislatura alla revisione del registro regionale garantendo lapartecipazione delle organizzazioni iscritte.

2. La revisione è effettuata dalla struttura regionale competente e dal Comune mediante una verifica generale dellapermanenza dei requisiti di cui all’articolo 372 e dell’effettivo svolgimento dell’attività indicata all’atto di iscrizione,sulla base delle relazioni annuali di cui all’articolo 376 e delle conseguenti verifiche disposte anche mediante ispe-zioni.

Art. 378(Inadempienze, provvedimenti e cancellazione)

1. Qualora le organizzazioni non adempiano alla relazione annuale di cui all’articolo 376, comma 1 il Comunecompetente provvede a:

a) diffidare l’organizzazione affinché questa provveda ai relativi adempimenti, assegnandole un termine di trentagiorni;

b) sospendere ogni eventuale erogazione di contributi, sovvenzioni od ausili comunque denominati disposti a fa-vore dell’organizzazione inadempiente;

c) comunicare tempestivamente il contenuto degli atti di cui alle lett. a) e b) alla struttura regionale competente.

2. Il comune, nei trenta giorni successivi alla scadenza del termine indicato alla lettera a) del comma 1, qualoral’organizzazione non abbia provveduto, invia alla struttura regionale competente il parere circa la cancellazione dalregistro. La struttura regionale competente provvede con proprio atto.

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3. La struttura regionale competente provvede, con determinazione dirigenziale, alla cancellazione dal registro re-gionale di quelle organizzazioni per le quali venga accertata la perdita di uno o più requisiti richiesti ai fini dell’iscri-zione, nonché all’aggiornamento del registro medesimo con tutte le ulteriori variazioni necessarie.

4. La cancellazione dell’organizzazione dal registro regionale comporta il venir meno delle agevolazioni fiscali dicui all’articolo 8 della l. 266/1991, nonché la perdita della qualifica di onlus di diritto di cui all’articolo 10, comma 8del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 (Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delleorganizzazioni non lucrative di utilità sociale) e tutti gli ulteriori benefici previsti dalla normativa vigente e ai qualil’organizzazione ha avuto accesso in conseguenza dell’iscrizione al registro. I benefici finanziari percepiti dalle orga-nizzazioni di volontariato cancellate a seguito dell’accertamento della perdita di uno o più requisiti richiesti perl’iscrizione devono essere rimborsati alla Regione o agli altri enti erogatori.

5. Copia dei provvedimenti di cancellazione è trasmessa al Comitato di gestione, costituito ai sensi dell’articolo 2,comma 2 del decreto del Ministero del tesoro 8 ottobre 1997.

Art. 379(Nomine regionali nel Comitato di gestione del fondo speciale per il volontariato)

1. Il Presidente della Giunta regionale, o suo delegato, partecipa di diritto al Comitato di gestione del fondo spe-ciale regionale di cui al comma 1 dell’art. 15 della legge 266/1991.

2. Il Presidente dell’Assemblea Legislativa nomina nel Comitato di gestione previsto al comma 1, quattro rappre-sentanti di organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali maggiormente presenti con la loro attività nelterritorio regionale; i componenti durano in carica due anni e non sono immediatamente rieleggibili.

Art. 380(Partecipazione del volontariato alla programmazione regionale)

1. Le organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale esprimono parere sugli atti di programmazionedegli interventi regionali, provinciali e comunali relativamente ai settori in cui esse operano.

Art. 381(Conferenze annuali e attività di informazione)

1. La Regione promuove conferenze annuali delle organizzazioni di volontariato al fine di esaminare l’andamentodelle attività e formulare proposte interessanti i campi di intervento delle organizzazioni medesime.

2. La Regione, in collaborazione con gli enti locali, attua iniziative di promozione, studio ed informazione sul feno-meno del volontariato.

Art. 382(Convenzioni con le organizzazioni di volontariato)

1. Le convenzioni con le organizzazioni di volontariato di cui all’art. 7 della legge n. 266/1991, devono indicare inparticolare:

a) il numero degli aderenti all’organizzazione stipulante impegnati nell’attività oggetto della convenzione ed i re-sponsabili operativi, con l’indicazione dei relativi titoli professionali e formativi;

b) il numero degli eventuali lavoratori dipendenti o autonomi per prestazioni di attività specializzate;

c) il numero e l’articolazione delle ore da impegnare nell’esercizio dell’attività convenzionata da parte dei soggettidi cui alle lettere a) e b);

d) il tipo di copertura assicurativa a favore dei soggetti di cui alle lettere a) e b) di tutti i rischi derivanti dalla spe-cifica attività oggetto di convenzione;

e) la durata del rapporto convenzionale;

f) le modalità per la verifica periodica dei risultati conseguiti;

g) il possesso dei requisiti comprovanti la capacità professionale dei volontari impegnati e la continuità delle loroprestazioni;

h) le modalità relative al rimborso delle spese vive sostenute dall’organizzazione, adeguatamente documentate;

i) la quantità di risorse economiche, di personale e di servizi da destinare all’attività oggetto della convenzione.

2. Nella scelta delle organizzazioni con cui stipulare le singole convenzioni, costituisce titolo di priorità il possessodei requisiti inerenti:

a) la specifica competenza, esperienza e professionalità nel settore oggetto di convenzione, valutate anche con ri-ferimento alla qualità degli addetti;

b) la disponibilità da parte dell’organizzazione di strutture e servizi idonei ed adeguati ad assicurare lo svolgi-mento delle attività oggetto della convenzione;

d) la collocazione della sede dell’associazione nel territorio di competenza dell’ente che stipula la convenzione.

3. Titoli di priorità sono inoltre attribuiti secondo i seguenti criteri:

a) continuità nello svolgimento delle attività;

b) quantità delle prestazioni erogate;

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c) qualità delle prestazioni;

d) numero delle convenzioni sottoscritte con gli enti pubblici;

e) distanza delle strutture rispetto all’utenza;

f) ordine di iscrizione nel registro regionale.

4. L’attività convenzionata deve essere svolta direttamente e non può essere oggetto di affidamento a terzi.

5. Le convenzioni di cui al presente articolo sono stipulate sulla base di uno schema tipo approvato dalla Giunta re-gionale con propria deliberazione.

Art. 383(Modalità per lo svolgimento delle prestazioni delle organizzazioni di volontariato)

1. Gli aderenti alle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale possono accedere alle strutture edai servizi pubblici o privati convenzionati con gli enti pubblici operanti nel settore di loro interesse per lo svolgi-mento della loro attività, purché questa sia compatibile con la disciplina interna degli enti. L’eventuale diniego all’ac-cesso deve essere motivato.

2. L’accesso è subordinato ad accordi tra la struttura o il servizio e l’organizzazione di volontariato, concernenti lemodalità di presenza del volontariato ed il rapporto tra i volontari ed il personale della struttura o servizio.

3. Gli accordi debbono prevedere tra l’altro:

a) la riconoscibilità del volontariato e dell’organizzazione di appartenenza;

b) il rispetto da parte del volontariato della disciplina specifica dell’attività svolta e delle norme per l’utilizzo delleattrezzature della struttura o servizio;

c) il rispetto della libertà, dignità personale, diritto, convinzioni e riservatezza degli utenti, compresa la libertà diquesti ultimi di rifiutare l’attività del volontariato.

Art. 384(Sedi e attrezzature)

1. Al fine di dotare le associazioni di volontariato di sedi ed attrezzature necessarie per il conseguimento dei proprifini statutari gli enti locali possono prevedere:

a) la cessione in comodato alle associazioni di sedi o attrezzature proprie, per la durata della convenzione;

b) la concessione di contributi per l’acquisto di attrezzature.

Art. 385(Formazione ed aggiornamento del volontariato)

1. Per le attività formative dei volontari le Province possono avvalersi, nell’ambito del sistema formativo regionaledi cui alla legge regionale 21 ottobre 1981, n. 69 e successive modifiche ed integrazioni, anche delle organizzazioni divolontariato iscritte nel registro.

2. I volontari aderenti alle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale di cui all’articolo 371 pos-sono partecipare ai corsi istituiti dagli enti pubblici di cui all’articolo 8 della legge regionale 69/1981.

3. La Regione, ai sensi dell’articolo 6 della legge regionale 69/1981, realizza direttamente iniziative di formazionedi rilevante interesse che non risultino realizzabili dalle Province.

Art. 386(Volontariato dei singoli cittadini)

1. I cittadini singoli o i nuclei familiari che intendano prestare la propria opera gratuitamente nell’ambito di atti-vità svolte dai pubblici servizi sono iscritti a domanda in apposito elenco istituito presso il comune di residenza esuddiviso per settori di intervento.

2. A tale fine il singolo volontario rivolge domanda al sindaco, indicando il settore in cui intende svolgere la propriaattività volontaria e comprovando la propria idoneità operativa.

3. Il Comune provvede a segnalare agli enti gestori dei pubblici servizi presenti nel territorio i volontari disponibiliad operare nell’ambito delle competenze del singolo ente.

4. L’ente preposto alla gestione di pubblici servizi che intenda ammettere volontari nell’ambito dell’attività di pro-pria competenza può rimborsare al volontario le eventuali spese vive sostenute nell’espletamento della collabora-zione accettata, escludendosi compensi o configurazioni di rapporto di lavoro di alcun genere.

SEZIONE IIASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE

Art. 387(Associazioni di promozione sociale)

1. Ai fini del presente testo unico, nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge 7 dicembre 2000, n. 383 (Disciplinadelle associazioni di promozione sociale), sono considerate associazioni di promozione sociale, le associazioni rico-

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nosciute e non riconosciute, i movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere at-tività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignitàdegli associati, con l’esclusione di quelle indicate ai commi 2 e 3 dell’articolo 2 della legge 383/2000.

Art. 388(Registro regionale delle associazioni di promozione sociale)

1. Presso la Giunta regionale è istituito il registro regionale delle associazioni di promozione sociale, al quale pos-sono iscriversi:

a) le associazioni a carattere regionale;

b) le associazioni a carattere locale;

c) le associazioni a carattere nazionale presenti nel territorio regionale;

d) in apposita sezione, le associazioni ed i circoli affiliati ad associazioni a carattere nazionale e presenti sul ter-ritorio regionale.

2. Per associazioni a carattere regionale si intendono quelle costituite e che svolgono attività in almeno quindici co-muni della Regione.

3. Per associazioni a carattere locale si intendono quelle non ricomprese tra quelle del comma 2.

4. L’iscrizione al registro regionale è condizione per la stipula delle convenzioni di cui all’articolo 395 e per l’ac-cesso agli interventi di sostegno previsti dal presente testo unico da altre leggi regionali nonché per l’accesso ad altribenefici regionali.

5. Nel registro regionale devono risultare l’atto costitutivo, lo statuto, la sede dell’associazione e l’ambito territo-riale di attività. Nel registro devono essere iscritti altresì le modificazioni dell’atto costitutivo e dello statuto, il trasfe-rimento della sede, le deliberazioni di scioglimento.

6. Il registro è pubblicato, entro il 31 marzo di ogni anno, nel Bollettino Ufficiale della Regione Umbria (BURU).

Art. 389(Iscrizione nel registro delle associazioni di promozione sociale)

1. Ai fini dell’iscrizione al registro regionale, le associazioni di promozione sociale regionali e locali debbono:

a) essere costituite con atto scritto, registrato o autenticato, o redatto nella forma di atto pubblico in cui tra l’al-tro deve essere indicata la sede legale;

b) svolgere la loro attività da almeno due anni a partire dalla loro costituzione. Per le associazioni ed i circoli af-filiati ad associazioni a carattere nazionale presenti sul territorio regionale, il termine è ridotto ad un anno.

2. Nello statuto associativo delle associazioni di cui al comma 1 debbono essere espressamente previsti i seguentielementi:

a) la denominazione;

b) l’oggetto sociale;

c) l’attribuzione della rappresentanza legale;

d) l’assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisifra gli associati, anche in forme indirette;

e) l’obbligo di reinvestire l’eventuale avanzo di gestione a favore di attività istituzionali statutariamente previste;

f) le norme sull’ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli asso-ciati, con la previsione delle cariche associative. In relazione alla particolare natura di alcune associazioni, tale di-sposizione può essere derogata, sentito il parere dell’Osservatorio di cui all’articolo 392;

g) i criteri di ammissione e di esclusione dei soci e loro diritti e obblighi;

h) l’obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonché le modalità di approvazione da parte degliorgani statutari;

i) le modalità di scioglimento dell’associazione;

j) l’obbligo di devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento, cessazione o estinzione, dopo la liqui-dazione, a fini di utilità sociale.

3. Ogni variazione che riguarda i requisiti di cui al comma 2 ed ogni modifica all’atto costitutivo e allo statuto de-vono essere comunicate dalle associazioni alla Giunta regionale, entro trenta giorni dal loro verificarsi.

4. La perdita di uno o più requisiti comporta la cancellazione dal registro.

5. L’iscrizione al registro regionale delle associazioni a carattere nazionale avviene su domanda delle stesse e dietrodocumentazione idonea a dimostrare l’iscrizione al registro nazionale ai sensi dell’articolo 7 della legge 383/2000 (Di-sciplina delle associazioni di promozione sociale).

6. La Giunta regionale stabilisce le modalità di iscrizione, cancellazione, revisione nonché i relativi termini del pro-cedimento con deliberazione da pubblicarsi nel Bollettino Ufficiale della Regione.

Art. 390(Incompatibilità)

1. L’iscrizione nel registro regionale delle associazioni di promozione sociale è incompatibile con l’iscrizione al re-

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gistro regionale delle organizzazioni di volontariato di cui all’articolo 371. L’incompatibilità sussiste dal momentodell’emanazione del provvedimento di iscrizione.

Art. 391(Promozione e sostegno alle associazioni di promozione sociale)

1. La Regione promuove e sostiene le associazioni di promozione sociale iscritte al registro regionale attraverso iseguenti interventi:

a) contributi a fondo perduto alle associazioni per specifici progetti previsti da normative regionali;b) organizzazione e finanziamento di attività di qualificazione, aggiornamento e riqualificazione degli operatori

delle associazioni;c) concessione di uso particolare a titolo gratuito dei beni del patrimonio indisponibile;d) comodato a titolo gratuito di beni del patrimonio disponibile;e) erogazione di servizi informativi, di banche dati e di assistenza tecnica;f) accesso agevolato al credito con criteri e modalità stabiliti con provvedimento della Giunta regionale.

2. Gli enti locali hanno facoltà di ridurre i tributi di propria competenza a favore delle associazioni di promozionesociale iscritte nel registro regionale, ai sensi dell’articolo 23 della legge n. 383/2000.

Art. 392(Osservatorio regionale dell’associazionismo)

1. È istituito presso la Giunta regionale l’Osservatorio regionale dell’associazionismo con i seguenti compiti:a) promozione di studi e ricerche sull’associazionismo;b) pubblicazione di un rapporto triennale sull’andamento del fenomeno associativo in Umbria;c) formulazione di pareri e proposte agli organi regionali in materia di associazionismo;d) incentivazione di iniziative di formazione e aggiornamento degli operatori delle associazioni di promozione

sociale;e) formulazione di pareri sugli atti di programmazione di cui all’articolo 394;f) promozione di scambi di conoscenza e di forme di collaborazione fra le associazioni di promozione sociale

umbre, quelle nazionali ed estere e quelle di volontariato.2. Per i componenti dell’Osservatorio non è previsto compenso.3. L’Osservatorio, costituito con decreto del Presidente della Giunta regionale, dura in carica tre anni ed è compo-

sto:a) dal Presidente della Giunta regionale o suo delegato con funzioni di presidente;b) da tre membri designati dalla Giunta regionale, fra esperti del settore;c) da due membri designati dalle organizzazioni territoriali e dai circoli affiliati alle associazioni a carattere na-

zionale iscritte al registro regionale;d) da quattro membri designati dalle associazioni a carattere regionale e locale iscritte al registro regionale;e) da un membro designato dal Forum regionale del terzo settore.

4. La Giunta regionale disciplina le modalità di elezione dei membri dell’Osservatorio di cui alle lettere c) e d).

Art. 393(Conferenza regionale dell’associazionismo)

1. La Giunta regionale indice ogni tre anni la Conferenza regionale dell’associazionismo, avvalendosi dell’Osserva-torio regionale di cui all’articolo 392.

2. La Conferenza:a) promuove il coinvolgimento delle associazioni nella definizione delle politiche regionali per l’associazionismo;b) assicura lo scambio fra le esperienze realizzate nel settore;c) raccoglie valutazioni e proposte in merito alle prospettive di azione locale, nazionale e comunitaria in materia

di associazionismo, anche con riferimento alle organizzazioni di volontariato di cui al presente titolo.

Art. 394(Partecipazione delle associazioni di promozione sociale alla programmazione regionale)

1. Gli indirizzi programmatici inerenti l’associazionismo di promozione sociale sono contenuti nei piani regionalitriennali della programmazione di settore e nel Documento annuale di programmazione (DAP).

2. I soggetti dell’associazionismo concorrono alla individuazione degli indirizzi programmatici, nelle forme stabi-lite dalla Giunta regionale.

Art. 395(Convenzioni)

1. La Regione, gli enti locali e gli altri enti pubblici, nell’ambito dei propri compiti istituzionali, possono stipulare

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convenzioni con le associazioni iscritte per la realizzazione di progetti, anche sperimentali, ai sensi dell’articolo 30della legge 383/2000 e della normativa regionale, e nel rispetto delle indicazioni del piano sociale regionale in materiadi convenzionamento.

Art. 396(Formazione professionale)

1. La Regione e le Province nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 95, 96 e 97 della legge regionale 2 marzo1999, n. 3, assumono, tra gli obiettivi e gli interventi in materia di formazione professionale, progetti di formazionedegli operatori da impiegare per le attività delle associazioni di promozione sociale.

2. La realizzazione degli interventi di cui al comma 1, può essere affidata alle stesse associazioni di promozione so-ciale iscritte al registro regionale o ad enti di loro emanazione, secondo la normativa vigente in materia di forma-zione professionale.

SEZIONE IIICOOPERATIVE SOCIALI

Art. 397(Cooperative sociali)

1. Ai fini del presente testo unico, nel rispetto della legge 8 novembre 1991, n. 381 “Disciplina della cooperazionesociale”, sono considerate cooperative sociali quelle cooperative che hanno lo scopo di perseguire l’interesse generaledella comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso:

a) la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi;

b) lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all’inserimento la-vorativo di persone svantaggiate.

2. Alle cooperative sociali si applicano, in quanto compatibili con i principi della l. 381/91, le norme relative al set-tore in cui le cooperative stesse operano.

3. La denominazione sociale, comunque formata, deve contenere l’indicazione di “cooperativa sociale”.

Art. 398(Albo regionale delle cooperative sociali)

1. È istituito presso la Giunta regionale l’Albo regionale delle cooperative sociali, di seguito denominato Albo.

2. L’Albo si articola nelle seguenti sezioni:

a) sezione A, nella quale sono iscritte le cooperative che gestiscono servizi sociali, sanitari ed educativi;

b) sezione B, nella quale sono iscritte le cooperative che svolgono attività agricole, industriali, commerciali o diservizi, finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate;

c) sezione C, nella quale sono iscritti i consorzi di cui all’articolo 8 della legge 381/1991.

3. Le cooperative di nuova costituzione che richiedono l’iscrizione alla sezione B trasmettono alla Commissione re-gionale di cui all’articolo 399 entro dodici mesi dalla data di iscrizione, la documentazione attestante l’inserimento dialmeno il trenta per cento di lavoratori svantaggiati.

4. Il mancato inserimento della quota di lavoratori svantaggiati di cui al comma 3, comporta la cancellazione dal-l’Albo.

5. La Giunta regionale stabilisce, sentita la Commissione regionale della cooperazione sociale, i requisiti per l’iscri-zione, gli adempimenti ordinari e i provvedimenti di cancellazione dall’Albo con deliberazione da pubblicarsi nelBollettino Ufficiale della Regione Umbria.

Art. 399(Commissione regionale per la cooperazione sociale)

1. È istituita presso la Giunta regionale la Commissione regionale per la cooperazione sociale della quale fannoparte:

a) l’assessore regionale ai servizi sociali che la presiede o un suo delegato;

b) il direttore della direzione sanità e servizi sociali o un suo delegato;

c) un dirigente regionale per ciascuna struttura competente in materia sociale, in materia di sanità, di lavoro eformazione professionale;

d) tre rappresentanti con comprovata esperienza nel settore sociale designati dallo associazioni regionali dellecooperative che risultino aderenti alle associazioni nazionali della cooperazione;

e) tre esperti in materia di cooperazione sociale designati dalla Giunta regionale;

f) tre rappresentanti designati congiuntamente dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori;

g) due rappresentanti delle associazioni degli utenti;h) quattro rappresentanti dei comuni capofila di ambito, indicati dal Consiglio delle autonomie locali;i) il dirigente del settore lavoro delle province di Perugia e Terni.

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2. La nomina dei componenti è effettuata dalla Giunta regionale ed essi restano in carica per la durata della legisla-tura.

3. La Commissione si dota di un regolamento per il suo funzionamento.4. La Commissione si avvale, per l’assolvimento dei compiti e delle funzioni attribuite dalla presente legge, della

struttura regionale competente in materia di politiche sociali e delle strutture territoriali facenti capo agli ambiti dicui alla Delib.C.R. 20 dicembre 1999, n. 759.

5. Ai componenti della Commissione, con esclusione dei dipendenti regionali, spetta una indennità forfettaria perogni giornata di seduta di euro 30,00 nonché il rimborso delle spese previste dalle vigenti disposizioni per il perso-nale regionale di più elevato livello funzionale.

Art. 400(Compiti della Commissione)

1. La Commissione regionale per la cooperazione sociale formula proposte ed esprime pareri alla Giunta regionalenelle materie di cui al presente testo unico ed in particolare:

a) esprime il parere sulle domande di iscrizione e sulle richieste di cancellazione dall’Albo;b) propone indagini ed ispezioni effettuate tramite le strutture di cui all’articolo 399, comma 4;c) propone, in occasione dei rinnovi contrattuali, il tariffario regionale;d) propone sistemi di controllo con particolare riferimento alla qualità degli interventi;e) può effettuare verifiche sulla effettiva operatività delle cooperative sociali iscritte all’Albo;f) attua, in materia di cooperazione sociale, una verifica sull’attuazione del Piano sociale regionale e sui Piani so-

ciali territoriali.

Art. 401(Promozione e sostegno alla cooperazione sociale)

1. La Regione può concedere alle cooperative sociali agevolazioni fiscali su base locale da determinare annual-mente con legge regionale. Per la verifica della corretta destinazione delle agevolazioni, la Giunta regionale può di-sporre ispezioni amministrative e contabili presso i soggetti beneficiari e dispone la revoca e la restituzione dei con-tributi già erogati nel caso in cui la loro utilizzazione risulti non conforme alle disposizioni di cui al presente titolo.

2. La Regione, al fine di sostenere la cooperazione sociale, prevede altresì:a) l’utilizzo degli strumenti di cui alla legge regionale 23 luglio 2003, n. 11(Interventi a sostegno delle politiche at-

tive del lavoro, modificazioni ed integrazioni della legge regionale 25 novembre 1998, n. 41 e disciplina del Fondo re-gionale per l’occupazione dei disabili.) a favore degli effettivi inserimenti lavorativi dei soggetti svantaggiati da partedelle cooperative sociali di tipo B, Tali contributi non sono cumulabili con altri benefici concessi per le medesime fi-nalità e le cooperative facenti parte di un consorzio non ne possono usufruire qualora sul medesimo progetto sia giàstato finanziato il consorzio stesso;

b) la realizzazione, da parte delle cooperative sociali e dei loro consorzi di interventi formativi rivolti alle personesvantaggiate, nel rispetto della normativa comunitaria, nazionale e regionale purché siano compresi nei piani an-nuali di formazione professionale ai sensi della disciplina regionale vigente, ovvero previsti nell’ambito della pro-grammazione regionale del Fondo sociale europeo e dei programmi di iniziativa comunitaria.

c) la promozione, da parte delle cooperative sociali e dei loro consorzi di azioni di inserimento lavorativo di per-sone svantaggiate, in attuazione e in conformità della legislazione nazionale o regionale di riferimento.

d) la promozione, da parte delle cooperative sociali e dei loro consorzi, di accordi tra enti pubblici, società a par-tecipazione pubblica e cooperative sociali di tipo B, ai sensi dell’articolo 5 della legge n. 381/1991.

e) la promozione di uno sviluppo occupazionale che coniughi efficienza, solidarietà e coesione sociale.

Art. 402(Raccordo e integrazione tra la programmazione regionale e la cooperazione sociale)

1. I piani e gli atti di programmazione delle attività sociali, sanitarie ed educative di interesse socio-sanitario e diinserimento lavorativo di persone svantaggiate, prevedono le modalità di specifica correlazione e di apporto dellacooperazione sociale, sulla base dei principi di sussidiarietà e di programmazione condivisa. In particolare il pianosanitario e il piano sociale stabiliscono le modalità di apporto della cooperazione sociale e individuano i settori di in-tervento dello stesso.

2. La Regione, nell’ambito della programmazione annuale e di promozione delle attività di formazione sul lavorodegli operatori professionali, promuove, sentiti le cooperative sociali e i loro consorzi, e l’Ente bilaterale del settore,la individuazione e la definizione del fabbisogno formativo e dei relativi profili professionali.

3. Le cooperative sociali e i loro consorzi possono realizzare autonome attività di formazione sul lavoro dei proprioperatori, nonché iniziative per la formazione manageriale degli amministratori, nel rispetto della normativa regio-nale vigente in materia.

Art. 403(Affidamenti e convenzioni)

1. La Giunta regionale, con deliberazione da pubblicare nel Bollettino Ufficiale della Regione Umbria, sentita la

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Commissione regionale della cooperazione sociale, approva il tariffario regionale e stabilisce, nel rispetto dellenorme vigenti in materia, i criteri e le procedure per l’affidamento dei servizi e gli schemi di convenzione cui deb-bono uniformarsi i contratti tra cooperative sociali, enti pubblici e società a partecipazione pubblica.

2. Le procedure di affidamento di servizi alle cooperative sociali tengono conto di criteri qualitativi, stabiliti conatto della Giunta regionale, sentite le parti sociali, sulla base del Piano sociale regionale, in particolare si terrà contodelle esperienze maturate nel settore, della capacità di rapporto con il territorio, della validità del progetto di inter-vento in relazione agli obiettivi individuati dall’ente, della professionalità e qualificazione degli operatori, della con-tinuità del servizio nel rispetto dei diritti degli utenti, della creazione di occupazione stabile per i soggetti svantag-giati. L’affidamento dei servizi deve rispettare il tariffario regionale di cui al comma 1.

3. Possono partecipare alle procedure di affidamento di cui al comma 1 della presente legge, le cooperative ed iconsorzi iscritti all’Albo di cui all’articolo 398. La cancellazione dall’Albo comporta la risoluzione di diritto dei con-tratti e delle convenzioni in essere.

4. I contratti e le convenzioni relative alla gestione dei servizi, caratterizzate da prestazioni ricorrenti, sono di du-rata triennale e possono essere rinnovati sulla base delle valutazioni qualitative di cui all’articolo 405 comma 1, te-nendo conto anche del grado di soddisfazione dei committenti e utenti.

5. La Giunta regionale definisce annualmente l’importo delle risorse da destinare all’acquisto di beni e servizi dallecooperative sociali di tipo B iscritte all’Albo secondo le modalità previste dall’articolo 5, della legge n. 381/1991 e nepromuove l’inserimento negli appositi accordi di programma tra i soggetti pubblici interessati.

Art. 404(Determinazione dei corrispettivi)

1. I Contratti e le convenzioni sono stipulati ai sensi dell’articolo 403, nonché nel rispetto del tariffario vigente, con-siderato come elemento minimo al fine di garantire da parte delle cooperative sociali la corretta applicazione dei di-sposti contrattuali nazionali e anche di quelli raggiunti in sede di contrattazione decentrata. Il tariffario viene aggior-nato al rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) di settore.

2. Nei contratti o convenzioni in presenza di gestioni a corpo si deve prevedere il rispetto del CCNL di settore, com-preso il rispetto degli accordi raggiunti in sede di contrattazione decentrata. Nell’eventuale affidamento a corpo, to-tale o parziale, di servizi deve essere comunque specificata la quantificazione oraria, inerente le prestazioni alla per-sone ed il corrispettivo onere per la stazione appaltante non può mai essere inferiore al disposto del tariffario regio-nale.

3. Nei contratti o convenzioni aventi per oggetto la fornitura di servizi e/o beni da parte di cooperative sociali ditipo B e non riconducibili alla tipologia del comma 1, deve essere comunque specificata la quantificazione orariadelle prestazioni ed il corrispettivo onere per la stazione appaltante non può mai essere inferiore al disposto del tarif-fario regionale.

Art. 405(Qualità della cooperazione sociale)

1. La Giunta regionale definisce, sentita la Commissione regionale per la cooperazione sociale, i criteri di valuta-zione della qualità dei servizi affidati.

2. Gli enti pubblici e/o loro associazioni che stipulano contratti e convenzioni con le cooperative sociali operano unmonitoraggio sulla qualità ed efficienza dei servizi e sul rispetto dei criteri di affidamento degli stessi, sulle modalitàdi inserimento lavorativo delle persone svantaggiate.

3. I risultati del monitoraggio di cui al comma 2 sono trasmessi annualmente e alla scadenza dei contratti delleconvenzioni alla Giunta regionale, la quale sentita la Commissione regionale della cooperazione sociale, ne valuta lacoerenza con i criteri di cui al comma 1, ai fini dell’implementazione del sistema di qualità.

PARTE IIINORME COMUNI

TITOLO IATTUAZIONE DI LEGGI REGIONALI

CAPO ISANITÀ

Art. 406(Clausola valutativa)

1. La Giunta regionale presenta all’Assemblea Legislativa, entro il primo semestre di ciascun anno, una relazionesullo stato di attuazione e sui risultati conseguiti dall’attività di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica in Um-bria di cui al Capo VI del Titolo XV della Parte I. A tal fine la relazione deve evidenziare i seguenti aspetti:

a) in quanti distretti sanitari è stato attivato il Servizio di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica e in qualidistretti è stato attivato più di un gabinetto odontoiatrico;

b) quante strutture odontoiatriche private accreditate hanno stipulato specifici contratti con l’Azienda USL;

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c) quali sono state le modalità da parte delle strutture odontoiatriche private, di cui alla lettera b), per garantireall’utenza il rispetto della parità di trattamento e di accesso;

d) il tempo medio di attesa per ogni prestazione effettuata dal servizio pubblico e dalle strutture private di cuialla lettera b);

e) entità e tipologia delle prestazioni rese dal servizio pubblico e dalle strutture private di cui alla lettera b);

f) se e in che misura il contenimento dei costi delle prestazioni di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica,ha contribuito a regolare e calmierare i prezzi di mercato.

CAPO IISERVIZI SOCIALI

Art. 407 (Clausole valutative)

1. Con cadenza annuale, la Giunta presenta all’Assemblea Legislativa una relazione sull’attuazione degli interventie dei servizi a tutela della promozione e della valorizzazione dell’invecchiamento attivo ed in particolare degli inter-venti ricompresi nel piano operativo di cui al Capo III del Titolo III - Parte II.

2. La Giunta regionale, con cadenza annuale entro il 30 novembre, informa l’Assemblea Legislativa circa l’attua-zione degli interventi nell’ambito del sostegno e della qualificazione dell’attività di assistenza familiare domiciliare dicui al Capo I, Titolo IV - Parte II, evidenziando i risultati ottenuti nell’ambito.

Per le finalità di cui sopra, la Giunta regionale presenta una relazione fornendo in particolare le seguenti informa-zioni:

a) in che modo e con il coinvolgimento di quali soggetti si è realizzata l’attività di informazione e assistenza ri-volta a sostenere le persone singole e le famiglie;

b) la qualità percepita della formazione erogata da parte dei soggetti che hanno frequentato i corsi formativi ed irisultati ottenuti sul fronte della selezione dei soggetti formati;

c) in che misura le persone singole e le famiglie ritengono accresciuta la qualità della prestazione lavorativa a se-guito della partecipazione ai corsi formativi del personale addetto all’attività di assistenza familiare domiciliare.

La Giunta regionale per le finalità di cui sopra, attiva processi di monitoraggio e verifica avvalendosi dell’Osserva-torio sociale regionale.

3. La Giunta regionale, entro il 30 giugno di ogni anno presenta all’Assemblea Legislativa una relazione in cui sonocontenute le informazioni sull’attuazione degli interventi nell’ambito del Fondo per la non autosufficienza di cui al-l’articolo 317 e precisamente:

a) il dato relativo alle persone non autosufficienti in Umbria di-stinto per tipologia e livelli di gravità;

b) la situazione di ogni zona sociale e distretto che evidenzi le aree di intervento per gruppi di popolazione, tipo-logia di prestazioni e spesa relativa;

c) il tempo medio di attesa intercorso tra il momento della presa in carico della persona non autosufficiente e lasottoscrizione del Patto per la cura e il benessere.

La Giunta regionale con cadenza triennale presenta altresì una relazione all’Assemblea Legislativa per risponderedettagliatamente alle seguenti domande:

a) in che modo le risorse del fondo per la non autosufficienza impiegate:

1) hanno contribuito all’obiettivo del mantenimento a domicilio delle persone non autosufficienti;

2) hanno contribuito ad incrementare il sistema di protezione sociale e di cura delle persone non autosufficientie delle relative famiglie;

3) hanno inciso sulla spesa sanitaria;

4) hanno contribuito a contenere i tempi medi delle liste di accesso alle strutture residenziali;

b) il grado di soddisfacimento dei bisogni delle persone non autosufficienti e dei familiari e conviventi nonché illivello di qualità delle prestazioni rese e degli interventi attuati.

4. La Giunta regionale con cadenza annuale, sulla scorta delle informazioni rese dai soggetti che contribuiscono al-l’attuazione del prestito sociale d’onore di cui al Capo V del Titolo V - Parte II, presenta all’Assemblea Legislativa, unarelazione sull’attuazione del prestito stesso e sui risultati da essa ottenuti nell’agevolare l’accesso al microcreditonella forma del prestito sociale d’onore in favore di cittadini residenti in Umbria in situazione di temporanea diffi-coltà economica. La relazione è presentata alla Commissione consiliare competente in materia e fornisce i seguentidati informativi:

a) numero delle domande presentate ai Comuni suddivise in base alla tipologia di bisogno e in base a quelle am-messe all’erogazione del prestito sociale d’onore;

b) tempi medi per Zona sociale di durata del procedimento dal momento della pubblicazione del bando al mo-mento della erogazione del prestito;

c) dotazione finanziaria assegnata a ciascun Zona sociale in relazione al numero delle domande ammissibili,spesa sostenuta per l’abbattimento degli interessi e verifica della capacità di spesa di ogni Zona sociale.

Decorsi cinque anni dalla data di pubblicazione del primo bando la Giunta regionale fornisce dati informativi sugliimporti relativi al capitale prestato in ciascuna Zona sociale e sulla restituzione dei prestiti concessi. Tutti I soggettiche contribuiscono all’attuazione dell’intervento di cui alla presente legge, pubblici e privati, sono tenuti a fornire le

Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 115

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informazioni necessarie all’espletamento delle attività previste per consentire alla Giunta di predisporre la relazionedi cui al presente comma.

5. L’Assemblea Legislativa esercita il controllo sull’attuazione e valuta gli effetti da essa prodotti nel migliorare lecondizioni di vita delle famiglie e nel prevenire e alleviare situazioni di disagio.

6. La Giunta regionale entro il 31 ottobre di ogni anno, trasmette all’Assemblea Legislativa una relazione sullo statod’attuazione degli interventi per le famiglie, di cui al Capo II, del Titolo IV - Parte II, in particolare la relazione dovràcontenere dati e informazioni dettagliate, relativamente:

a) agli interventi per le famiglie vulnerabili, realizzati;

b) agli interventi per le famiglie in condizione di grave disagio;

c) agli interventi per favorire l’accesso alla casa delle famiglie.

TITOLO IIDISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

CAPO INORMA FINANZIARIA

Art. 408(Norma finanziaria)

1. Agli oneri derivanti dalla applicazione della “Parte I - Sanità” del presente Testo Unico si provvede, per gli eser-cizi finanziari 2015 e successivi, ai sensi dell’articolo 38 del D.Lgs. 118/2011 e s.m.i., con quanto annualmente desti-nato nel bilancio regionale al finanziamento del Servizio sanitario regionale per garantire l’erogazione dei Livelli Es-senziali di Assistenza, come da apposita tabella allegata al bilancio di previsione, oltre a quanto stanziato, sulle se-guenti Unità Previsionali di base (capitoli):

a) Unità Previsionale di base 12.1.006 (capitolo 2283), per il finanziamento con risorse statali dell’indennità diesclusività di cui all’articolo 50, in aggiunta alle risorse destinate al finanziamento dei Livelli Essenziali di Assistenzadi cui al comma 1;

b) Unità Previsionale di base 12.2.002 (capitolo 7217), per il finanziamento degli oneri di cui all’articolo 84 giàprevisti dalla abroganda legge regionale 7/2004;

c) Unità Previsionale di base 12.1.005 (capitolo 2278), per il finanziamento degli oneri di cui all’articolo 86 giàprevisti dalla abroganda legge regionale 7/2004;

d) Unità Previsionale di base 12.1.005 (capitolo 2268), per il finanziamento con risorse statali delle attività di cuiall’articolo 105 commi 1 e 2, in aggiunta alle risorse destinate al finanziamento dei Livelli Essenziali di Assistenza dicui al comma 1;

e) Unità Previsionale di base 12.1.006 (capitoli 2280 e 2284), per il finanziamento con risorse statali delle attivitàdi cui agli articoli 105 comma 3 e 106, commi 1 e 2, in aggiunta alle risorse destinate al finanziamento dei Livelli Es-senziali di Assistenza di cui al comma 1;

f) Unità Previsionale di base 12.1.004 (capitolo 2129), per il finanziamento degli oneri di cui all’articolo 107 giàprevisti dalla abroganda legge regionale 18/2004;

g) Unità Previsionale di base 12.1.011 (capitolo 2157), per il finanziamento degli oneri di cui all’articolo 110, c. 2già previsti dalla abroganda legge regionale 20/2001;

h) Unità Previsionale di base 12.1.004 (capitolo 2541), per il finanziamento degli oneri di cui all’articolo 153 giàprevisti dalla abroganda legge regionale 10/1985;

i) Unità Previsionale di base 12.1.004 (capitolo 2887), per il finanziamento dei contributi di cui all’articolo 154,c.2 già previsti dalla abroganda legge regionale 10/1985;

j) Unità Previsionale di base 12.2.004 (capitolo 7286), per il finanziamento con risorse statali degli interventi dicui all’articolo 157;

k) Unità Previsionale di base 12.2.003 (capitolo 7208), per il finanziamento degli oneri di cui all’articolo 176 giàprevisti dalla abroganda legge regionale 7/2008;

l) Unità Previsionale di base 12.1.010 (capitolo 2199), per il finanziamento, con i proventi delle sanzioni di cui alD. lgs. 81/2008, degli oneri di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181, 182 e 183, in aggiunta alle risorse destinate alfinanziamento dei Livelli Essenziali di Assistenza di cui al comma 1, allocate al capitolo 2176;

m) Unità Previsionale di base 02.1.005 (capitolo 560), per il finanziamento degli oneri di cui all’articolo 214;

n) Unità Previsionale di base 12.2.005 (capitolo 7310), per il finanziamento degli interventi di cui all’articolo 217,comma 1, lettera a) già previsti dalla abroganda legge regionale 19/1994. Al finanziamento di tali interventi concor-rono gli introiti derivanti dalle sanzioni previste all’articolo 219;

o) Unità Previsionale di base 12.1.012 (capitolo 2331), per il finanziamento degli interventi di cui all’articolo 217,comma 1, lettere b), c) e d) già previsti dalla abroganda legge regionale 19/1994. Al finanziamento di tali interventiconcorrono gli introiti derivanti dalle sanzioni previste all’articolo 219;

p) Unità Previsionale di base 02.1.005 (capitolo 560), per il finanziamento degli oneri di cui all’articolo 240;

q) Unità Previsionale di base 12.1.010 (capitolo 2468), per il finanziamento degli interventi di cui agli articoli 252e 253 già previsti dalla abroganda legge regionale 26/2002;

Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015116

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r) Unità Previsionale di base 11.1.001 (capitolo 2923), per il finanziamento degli interventi di cui agli articoli 257,258, 259, 260 e 262 già previsti dalla abroganda legge regionale 18/2005;

s) Unità Previsionale di base 11.1.001 (capitolo 2924), per il finanziamento degli oneri dell’Osservatorio di cuiall’articolo 261 già previsti dalla abroganda legge regionale 18/2005.

2. Agli oneri derivanti dalla applicazione della “Parte II - Servizi Sociali” del presente Testo Unico si provvede, aisensi dell’articolo 38 del D.Lgs. 118/2011 e s.m.i., con quanto stanziato, per gli esercizi finanziari 2015 e successivi,sulle seguenti Unità Previsionali di base (capitoli):

a) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2884) e Unità previsionale di base 13.1.014 (capitolo 2899), per ilfinanziamento degli interventi di cui all’articolo 266 già previsti dalla abroganda legge regionale 26/2009;

b) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2888), per il finanziamento degli interventi di cui all’articolo 268già previsti dalla abroganda legge regionale 26/2009;

c) Unità Previsionale di base 13.1.008 (capitolo 2881), per il finanziamento degli interventi di cui all’articolo 278già previsti dalla abroganda legge regionale 26/2009;

d) Unità Previsionale di base 13.1.004 (capitolo 2859), per il finanziamento degli interventi di cui all’articolo 280già previsti dalla abroganda legge regionale 28/2004;

e) Unità Previsionale di base 13.1.014 (capitolo 2898), per il finanziamento degli interventi di cui agli articoli 291,292, 293 e 294 già previsti dalla abroganda legge regionale 14/2012;

f) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2575), per il finanziamento degli interventi di cui all’articolo 312già previsti dalla abroganda legge regionale 28/2007;

g) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2561), per il finanziamento del fondo di cui all’articolo 313,comma 1 già previsto dalla abroganda legge regionale 1/2008. Al finanziamento di tale fondo concorrono anche icontributi volontari di cui all’articolo 313, comma 4 lettera b) allocati al capitolo 2563 e le sanzioni di cui all’articolo313, comma 4 lettera c) allocate al capitolo 2564 del bilancio regionale;

h) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2562), per il finanziamento degli oneri di cui all’articolo 313,comma 2 già previsti dalla abroganda legge regionale 1/2008;

i) Unità Previsionale di base 12.1.005 (capitolo 2255), per il finanziamento del Fondo per le prestazioni socio-sa-nitarie e sociali di cui all’articolo 323 - Quota del Fondo nazionale per la non autosufficienza;

j) Unità Previsionale di base 12.1.005 (capitolo 2264/5010), per il finanziamento del Fondo per le prestazioni so-cio-sanitarie e sociali di cui all’articolo 323 - Quota parte dello stanziamento relativo al finanziamento di parte cor-rente del Servizio sanitario regionale;

k) Unità Previsionale di base 12.1.005 (capitolo 2256) e Unità Previsionale di base 13.1.005, (capitolo 2578), peril finanziamento del Fondo per le prestazioni socio-sanitarie e sociali di cui all’articolo 323 - Risorse regionali;

l) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2883), per il finanziamento degli interventi di cui all’articolo 329già previsti dalla abroganda legge regionale 25/2007;

m) Unità Previsionale di base 13.1.012 (capitolo 2886), per il finanziamento degli interventi di cui all’articolo 332già previsti dalla abroganda legge regionale 3/1984;

n) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2565), per il finanziamento degli interventi di cui agli articoli 339e 340 già previsti dalla abroganda legge regionale 13/2010;

o) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2566), per il finanziamento degli interventi di cui all’articolo 341già previsto dalla abroganda legge regionale 13/2010;

p) Unità Previsionale di base 13.1.003 (capitolo 2558), per il finanziamento degli interventi di cui agli articoli 363e 365 commi 2 e 3 già previsti dalla abroganda legge regionale 18/2009;

q) Unità Previsionale di base 13.1.001 (capitolo 2712), per il finanziamento degli oneri di cui all’articolo 364,comma 1, lettere h) ed i) già previsti dalla abroganda legge regionale 13/2006;

r) Unità Previsionale di base 13.1.001 (capitolo 2711), per il finanziamento degli oneri di cui all’articolo 365,commi 1 e 3 già previsti dalla abroganda legge regionale 13/2006;

s) Unità Previsionale di base 13.1.008 (capitolo 2626), per il finanziamento degli oneri di cui agli articoli 391,comma 1, lettere a), b) ed f) e 395 già previsti dalla abroganda legge regionale 22/2004;

t) Unità Previsionale di base 13.1.008 (capitolo 2625), per il finanziamento con risorse statali della L. 383/2000degli oneri di cui all’articolo 392;

u) Unità previsionale di base 02.1.005 (capitolo 560), per il finanziamento degli oneri di cui all’articolo 399,comma 5;

v) Unità Previsionale di base 11.2.002 (capitoli 9771 - 9772), per il finanziamento degli interventi di cui all’arti-colo 401, comma 2, lettera a) già previsti dalla abroganda legge regionale 11/2003.

3. Al finanziamento degli interventi di cui agli articoli 298, 299, 300, 301,302, 303, 304, 305 e 306, già previsti dallaabroganda legge regionale 13/2010, si provvede con le risorse già previste dalle specifiche leggi regionali di settore econ le eventuali risorse statali e/o del POR FSE ad essi destinate in materia di servizi sociali, tutela della salute, nonautosufficienza, politiche alloggiative, servizi socio-educativi prima infanzia, formazione, diritto allo studio e pre-stito sociale d’onore.

4. Al finanziamento degli interventi di cui agli articoli 308 e 309, già previsti dalla abroganda legge regionale28/2007, si provvede con le risorse della Programmazione comunitaria e/o statali eventualmente destinate alla forma-zione professionale.

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CAPO IINORME TRANSITORIE E FINALI

Art. 409(Norme transitorie)

1. Le aziende Unità sanitarie locali di cui all’articolo 18 del presente testo unico, già istituite ai sensi dell’articolo 6della l.r. 18/2012, subentrano in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi delle Aziende Unità sanitarie locali istituite aisensi dell’articolo 8 della legge regionale 20 gennaio 1998, n. 3 (Ordinamento del sistema sanitario regionale) ivicompresi quelli inerenti i rapporti di lavoro, assumendone i relativi diritti ed obblighi e proseguendo in tutti i rap-porti, anche processuali, preesistenti.

2. Nelle more della costituzione dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Perugia e dell’Azienda ospedaliero-uni-versitaria di Terni, i rapporti tra il servizio sanitario regionale e l’Università degli Studi di Perugia sono regolati daapposito atto convenzionale.

3. La Giunta regionale, con proprio atto, definisce i criteri e le modalità per il subentro di cui al comma 1, con par-ticolare riguardo:

a) alla gestione delle attività e passività pregresse e tutela dei rapporti contrattuali in essere;

b) al patrimonio disponibile e indisponibile;

c) alla gestione del personale;

d) alla gestione delle attività contrattuali in essere;

e) alla gestione transitoria dei servizi di tesoreria;

f) alla contabilità economico-finanziaria e patrimoniale relativa agli anni precedenti.

4. Con atto della Giunta regionale, i beni patrimoniali immobili, ivi compresi quelli da reddito, nonché i beni mo-bili registrati, delle aziende unità sanitarie locali di cui all’articolo 8 della l.r. 3/1998, previa ricognizione dei mede-simi, sono trasferiti al patrimonio della subentrante azienda unità sanitaria locale di cui all’articolo 18 del presentetesto unico, già istituita ai sensi dell’articolo 6 della l.r. 18/2012. I provvedimenti regionali di trasferimento costitui-scono titolo, ai sensi dell’articolo 5, comma 3 del d.lgs. 502/1992, per le conseguenti trascrizioni, registrazioni e vol-ture e per tutti gli altri atti connessi al trasferimento con esenzione di ogni onere relativo a imposte e tasse.

5. L’incarico dei Direttori generali delle aziende unità sanitarie locali, nominati ai sensi dell’articolo 26, decorre dal1° gennaio 2013.

6. I Direttori generali delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere entro centottanta giorni dalladata di decorrenza dell’incarico, adottano:

a) il piano attuativo;

b) il piano degli investimenti e dei finanziamenti;

c) l’atto aziendale.

7. In sede di prima applicazione le due Conferenze dei Sindaci di cui all’articolo 8 esprimono alla Giunta regionaleil parere di cui all’articolo 18, comma 2, in seduta plenaria, in deroga a quanto previsto dal comma 2 del medesimoarticolo 8. Le Conferenze sono convocate dal Presidente della Giunta regionale o dall’Assessore competente e sonopresiedute dal Sindaco del Comune con maggior numero di abitanti. Il parere è reso entro quindici giorni dal ricevi-mento della richiesta. In caso di inerzia provvede comunque la Giunta regionale.

Art. 410(Abrogazioni)

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente Testo Unico sono e restano abrogate tutte le norme con-trarie o incompatibili con il presente testo. Sono e restano abrogate, in particolare, le seguenti leggi e disposizioni:

a) legge regionale 19 luglio 1972, n. 13 (Esercizio delle funzioni in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera);

b) legge regionale 15 dicembre 1972, n. 27 (Decisione in via amministrativa dei ricorsi in materia di spedalità);

c) legge regionale 22 gennaio 1973, n. 9 (Istituzione di un fondo sanitario regionale per l’assistenza farmaceuticaai lavoratori autonomi);

d) legge regionale 29 marzo 1974, n. 23 (Rifinanziamento della legge regionale 22 gennaio 1973, n. 9, concer-nente: Istituzione di un Fondo sanitario regionale per l’assistenza farmaceutica ai lavoratori autonomi);

e) legge regionale 29 marzo 1974, n. 24 (Designazione medici specializzati in materia di assistenza ai fini della co-stituzione dei Comitati comunali ONMI);

f) legge regionale 6 marzo 1975, n. 13 (Erogazione di un contributo speciale ai Comuni maggiormente colpiti dalsisma del dicembre 1974);

g) legge regionale 21 marzo 1975, n. 15 (Disciplina del diritto di accesso all’assistenza ospedaliera gestita dallaRegione dell’Umbria);

h) legge regionale 2 aprile 1975, n. 19 (Estinzione delle Opere pie e devoluzione del patrimonio all’Ente comunaledi assistenza di Terni);

i) legge regionale 12 maggio 1975, n. 26 (Norme per lo svolgimento dei concorsi in campo sanitario);

j) legge regionale 27 gennaio 1977, n. 8 (Regolamentazione del servizio di assistenza dei neuropatici cronici);

k) legge regionale 26 luglio 1977, n. 35 (Modifica all’art. 2 della legge regionale 27 gennaio 1977, n. 8);

Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015118

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l) legge regionale 9 agosto 1977, n. 42 (Integrazione del fondo sanitario regionale per l’assistenza farmaceutica ailavoratori autonomi previsto dalle leggi regionali 22 gennaio 1973, n. 9 e 29 marzo 1974, n. 23);

m) legge regionale 28 marzo 1978, n. 13 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 12 maggio 1975, n. 26,contenente norme per lo svolgimento dei concorsi in campo sanitario);

n) legge regionale 31 luglio 1978, n. 36 (Soppressione degli Enti comunali di assistenza);

o) legge regionale 19 dicembre 1979, n. 65 (Organizzazione del servizio sanitario regionale);

p) legge regionale 28 dicembre 1979, n. 72 (Disciplina dell’iscrizione nel ruolo nominativo regionale del perso-nale addetto ai presidi, servizi ed uffici delle unità sanitarie locali);

q) legge regionale 27 febbraio 1980, n. 10 (Autorizzazione e vigilanza sulle strutture sanitarie private di diagno-stica di laboratorio);

r) legge regionale 17 maggio 1980, n. 43 (Prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro);

s) legge regionale 17 maggio 1980, n. 46 (Norme sullo scioglimento delle Istituzioni pubbliche di assistenza e be-neficenza ai sensi dell’ art. 25 del d.p.r. 24 luglio 1977, n. 616);

t) legge regionale 16 gennaio 1981, n. 4 (Modificazione all’art. 11 della legge regionale 28 dicembre 1979, n. 72,recante la disciplina della iscrizione nel ruolo nominativo regionale del personale addetto ai presidi, servizi ed ufficidelle Unità sanitarie locali);

u) legge regionale 6 maggio 1981, n. 25 (Modifica ed integrazione dell’art. 5 della legge regionale 21 marzo 1975,n. 15. Disciplina del diritto di accesso all’assistenza ospedaliera gestita dalla Regione Umbria);

v) legge regionale 8 giugno 1981, n. 31 (Interventi a favore delle farmacie rurali particolarmente disagiate);

w) legge regionale 7 aprile 1982, n. 19 (Norme per l’esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblicaveterinaria e polizia veterinaria);

x) legge regionale 14 maggio 1982, n. 24 (Norme per il trasferimento alle Unità sanitarie locali delle funzioni inmateria di igiene e sanità pubblica);

y) legge regionale 13 luglio 1982, n. 45 (Norme per la gestione, l’organizzazione e il funzionamento dei presidi eservizi multizonali);

z) legge regionale 30 agosto 1982, n. 46 (Norme per il corretto uso del farmaco e per l’assistenza farmaceuticanell’ambito del servizio sanitario regionale);

aa) legge regionale 13 luglio 1983, n. 26 (Norme di attuazione del d.p.r. 761/1979 in materia di procedure concor-suali e disciplina del rapporto di impiego del personale delle U.L.S.S.);

bb) legge regionale 13 luglio 1983, n. 27 (Integrazione alla legge regionale 30 agosto 1982, n. 46. Norme per il cor-retto uso del farmaco e per l’assistenza farmaceutica nell’ambito del Servizio sanitario regionale);

cc) legge regionale 17 gennaio 1984, n. 3 (Erogazione di provvidenze a favore degli Enti di tutela e assistenza agliinvalidi);

dd) legge regionale 3 agosto 1984, n. 34 (Integrazione della legge regionale 14 maggio 1982, n. 24. Norme per iltrasferimento alle Unità sanitarie locali delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica);

ee) legge regionale 14 gennaio 1985, n. 1 (Norme per l’esercizio da parte dell’associazione dei comuni, di cui allalegge regionale 19 dicembre 1979, n. 65, delle funzioni amministrative già attribuite o delegate ai consorzi interco-munali costituiti ai sensi delle leggi regionali 3 giugno 1975, n. 40 e 17 agosto 1979, n. 44. Modificazioni alla legge re-gionale 19 dicembre 1979, n. 65);

ff) legge regionale 11 marzo 1985, n. 10 (Norme per la razionalizzazione dei servizi trasfusionali e la promozionedella donazione del sangue);

gg) legge regionale 21 marzo 1985, n. 11 (Piano socio - sanitario regionale per il triennio 1985-87);

hh) legge regionale 14 aprile 1986, n. 16 (Adeguamento della legislazione regionale alle norme sul nuovo assettodegli organi di gestione delle UU.LL.SS.SS.);

ii) legge regionale 21 gennaio 1987, n. 4 (Interpretazione autentica del primo comma dell’art. 22 della legge regio-nale 19 dicembre 1979, n. 65);

jj) legge regionale 17 marzo 1987, n. 17 (Spesa sanitaria consolidata a carico della Regione dell’ Umbria a normadell’ art. 69 - primo comma, lett. b), della legge 23 dicembre 1978, n. 833 relativamente agli anni dal 1981 al 1984. De-finizione rapporti finanziari con lo Stato);

kk) legge regionale 20 maggio 1987, n. 27 (Carta dei diritti degli utenti dei servizi delle Unità locali per i servizisanitari e socio-assistenziali dell’Umbria);

ll) legge regionale 20 gennaio 1988, n. 2 (Compensi ai componenti le commissioni e sottocommissioni esamina-trici dei concorsi e delle selezioni per l’assunzione del personale delle uu.ll.ss.ss dell’Umbria);

mm) legge regionale 12 giugno 1989, n. 16 (Determinazioni per l’attività di soccorso e ricostruzione a favore dellepopolazioni dell’Armenia colpite dal sisma del dicembre 1988);

nn) legge regionale 27 marzo 1990, n. 9 (Piano socio-sanitario regionale per il triennio 89/91 - atto quinquies);

oo) art. 10 della legge regionale 10 aprile 1990, n. 18 (Interventi a favore degli immigrati extracomunitari in Um-bria);

pp) legge regionale 27 aprile 1990, n. 33 (Nuovi interventi a favore delle farmacie rurali particolarmente disa-giate);

qq) legge regionale 27 aprile 1990, n. 32 (Misure per favorire l’inserimento dei nomadi nella società e per la tuteladella loro identità e del loro patrimonio culturale);

Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 119

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rr) legge regionale 15 aprile 1992, n. 8 (Norme regionali per la limitazione dell’infezione da h.i.v. (human immu-nodeficiency virus) e del fenomeno dell’abbandono delle siringhe usate);

ss) legge regionale 25 maggio 1994, n. 15 (Disciplina del volontariato);

tt) legge regionale 25 maggio 1994, n. 15 (Disciplina del volontariato);

uu) comma 1 dell’art. 12 della L.R. 21 giugno 1994, n. 18 (Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 1994 eannesso bilancio pluriennale 1994/1996);

vv) legge regionale 19 luglio 1994, n. 19 (Norme per la tutela degli animali di affezione e per la prevenzione ed ilcontrollo del fenomeno del randagismo);

ww) legge regionale 12 agosto 1994, n. 28 (Modificazioni ed integrazioni della legge regionale 15 aprile 1992, n. 8.Norme regionali per la limitazione dell’infezione da HIV (Human Immunodeficiency Virus) e del fenomeno dell’ab-bandono delle siringhe usate);

xx) legge regionale 2 dicembre 1994, n. 37 (Finanziamento programma straordinario di investimenti della sanità- art. 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67 - Variazioni al bilancio preventivo regionale per l’esercizio finanziario 1994);

yy) legge regionale 30 marzo 1995, n. 17 (Istituzione del servizio di ospedalizzazione a domicilio per pazienti on-cologici terminali);

zz) legge regionale 19 dicembre 1995, n. 51 (Norme in materia di contabilità, di amministrazione dei beni, di at-tività contrattuale e di controllo delle Aziende sanitarie regionali);

aaa) comma 3 dell’ art. 15 bis e articolo 18 della legge regionale 18 aprile 1997, n. 14 (Norme sull’amministra-zione e valorizzazione del patrimonio immobiliare regionale e delle aziende sanitarie locali);

bbb) legge regionale 6 agosto 1997, n. 24 (Provvedimenti diretti alla promozione e allo sviluppo della coopera-zione);

ccc) legge regionale 10 luglio 1998, n. 23 (Tutela sanitaria delle attività sportive);

ddd) legge regionale 30 giugno 1999, n. 20 (Norme per il funzionamento delle commissioni sanitarie di cui allalegge 15 ottobre 1990, n. 295);

eee) legge regionale 19 novembre 1999, n. 31 (Provvidenze a favore di soggetti sottoposti a trapianto di organi);

fff) legge regionale 16 agosto 2001, n. 20 (Trasferimento alle Aziende USL delle funzioni di cui alla legge210/1992. Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioniobbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, nonché a causa di vaccinazione antipoliomilitica nonobbligatoria, di cui all’art. 3, comma 3, della legge 14 ottobre 1999, n. 362);

ggg) legge regionale 22 ottobre 2001, n. 27 (Norme in materia di divieto di detenzione ed utilizzazione di escheavvelenate);

hhh) legge regionale 28 novembre 2001, n. 31 (Modificazioni ed integrazioni della legge regionale 30 giugno1999, n. 20. Norme per il funzionamento delle Commissioni sanitarie di cui alla legge 15 ottobre 1990, n. 295);

iii) legge regionale 17 luglio 2002, n. 13 (Istituzione e disciplina della figura professionale dell’operatore socio-sa-nitario);

jjj) legge regionale 6 dicembre 2002, n. 25 (Norme per il rilascio del nulla osta all’impiego di sorgenti di radia-zioni ionizzanti comportanti esposizioni a scopo medico);

kkk) legge regionale 6 dicembre 2002, n. 26 (Contributi a favore dei mutilati e invalidi di guerra e categorie assi-milate per cure climatiche, soggiorni terapeutici e cure termali);

lll) legge regionale 26 maggio 2004, n. 7 (Disposizioni in materia di finanziamento degli investimenti del Serviziosanitario regionale);

mmm) legge regionale 21 luglio 2004, n. 12 (Norme in materia di cremazione, dispersione delle ceneri e servizicimiteriali);

nnn) legge regionale 6 agosto 2004, n. 18 (Interventi di assistenza sanitaria in favore di paesi extracomunitari ingravi difficoltà assistenziali sanitarie);

ooo) legge regionale 16 novembre 2004, n. 22 (Norme sull’associazionismo di promozione sociale);

ppp) legge regionale 20 dicembre 2004, n. 28 (Riconoscimento e valorizzazione della funzione sociale, educativae formativa svolta dalle parrocchie mediante gli oratori);

qqq) legge regionale 23 dicembre 2004, n. 32 (Integrazione della legge regionale 6 agosto 2004, n. 18 - Interventidi assistenza sanitaria in favore di paesi extracomunitari in gravi difficoltà assistenziali sanitarie);

rrr) legge regionale 28 dicembre 2004, n. 35 (Ambiti territoriali delle Aziende Unità sanitarie locali e ulteriori mo-dificazioni della legge regionale 20 gennaio 1998, n. 3 - Ordinamento del Sistema sanitario regionale);

sss) legge regionale 17 febbraio 2005, n. 9 (Norme sulla cooperazione sociale);

ttt) legge regionale 23 febbraio 2005, n. 15 (Modalità per il conferimento di incarichi di struttura nelle Aziendesanitarie regionali);

uuu) legge regionale 28 febbraio 2005, n. 18 (Tutela della salute psicofisica della persona sul luogo di lavoro eprevenzione e contrasto dei fenomeni di mobbing);

vvv) legge regionale 18 ottobre 2006, n. 13 (Istituzione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive olimitative della libertà personale);

www) legge regionale 22 gennaio 2007, n. 1 (Accesso ai trattamenti terapeutici per i cittadini consumatori di so-stanze psicoattive o in stato di dipendenza);

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xxx) legge regionale 13 febbraio 2007, n. 4 (Disciplina in materia di requisiti igienico-sanitari delle piscine ad usonatatorio);

yyy) art. 1 L.R. 29 marzo 2007, n. 8 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2007 in materia di entrate edi spese);

zzz) legge regionale 24 luglio 2007, n. 25 (Prestito sociale d’onore. Istituzione di un fondo per agevolarne l’ac-cesso);

aaaa) legge regionale 3 ottobre 2007, n. 28 (Interventi per il sostegno e la qualificazione dell’attività di assistenzafamiliare domiciliare);

bbbb) legge regionale 21 febbraio 2008, n. 1 (Istituzione del Fondo di emergenza per le famiglie delle vittime diincidenti mortali del lavoro);

cccc) legge regionale 7 maggio 2008, n. 7 (Istituzione nelle Aziende Unità Sanitarie Locali (USL) della RegioneUmbria del Servizio di assistenza odontoiatrica protesica ed ortesica);

dddd) art. 15, L.R. 4 giugno 2008, n. 9 (Istituzione del Fondo regionale per la non autosufficienza e modalità diaccesso alle prestazioni);

eeee) legge regionale 29 luglio 2009, n. 18 (Istituzione del Garante regionale per l’’infanzia e l’’adolescenza);

ffff) legge regionale 28 dicembre 2009, n. 26 (Disciplina per la realizzazione del Sistema Integrato di Interventi eServizi Sociali);

gggg) legge regionale 16 febbraio 2010, n. 13 (Disciplina dei servizi e degli interventi a favore della famiglia);

hhhh) legge regionale 7 ottobre 2010, n. 21 (Modificazioni ed integrazioni della legge regionale 6 agosto 1997,n. 24 (Provvedimenti diretti alla promozione e allo sviluppo della cooperazione) e modificazione della legge regionale17 febbraio 2005, n. 9);

iiii) legge regionale 10 dicembre 2010, n. 24 (Modificazioni della legge regionale 18 ottobre 2006, n. 13 (Istitu-zione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale), dalla legge regio-nale 29 luglio 2009, n. 18 (Istituzione del Garante regionale per l’’infanzia e l’’adolescenza) e dalla legge regionale 27novembre 2007, n. 30 (Nuova disciplina del Difensore civico regionale. Abrogazione della legge regionale 30 novem-bre 1995, n. 45));

jjjj) legge regionale 20 luglio 2011, n. 6 (Disciplina per l’attribuzione degli incarichi di struttura nelle Aziende sa-nitarie regionali. Ulteriori modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 20 gennaio 1998, n. 3 (Ordinamento delsistema sanitario regionale) e abrogazione della legge regionale 23 febbraio 2005, n. 15);

kkkk) legge regionale 4 novembre 2011, n. 13 (Integrazione della legge regionale 16.02.2010, n. 13 (Disciplina deiservizi e degli interventi a favore della famiglia));

llll) art. 14, comma 1, L.R. 4 aprile 2012, n. 7 Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2012 in materia dientrate e di spese - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali;

mmmm) legge regionale 27 settembre 2012, n. 14 (Norme a tutela della promozione e della valorizzazionedell’’invecchiamento attivo);

nnnn) legge regionale 12 novembre 2012, n. 18 (Ordinamento del servizio sanitario regionale);

oooo) art. 19, comma 1 e art. 21, comma 1, L.R. 9 aprile 2013, n. 8 (Disposizioni collegate alla manovra di bilan-cio 2013 in materia di entrate e di spese - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali);

pppp) artt. 15 e 16 della L.R. 21 giugno 2013, n. 12 (Norme su perequazione, premialità e compensazione in ma-teria di governo del territorio e modificazioni di leggi regionali);

qqqq) legge regionale 26 febbraio 2014, n. 1 Ulteriori integrazioni della legge regionale 18 ottobre 2006, n. 13(Istituzione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale).

2. Dalla data di entrata in vigore del presente Testo unico, tutti i richiami alle leggi e alle norme regionali abrogateai sensi del comma 1, si intendono riferiti al presente Testo unico.

Data a Perugia, 9 aprile 2015

MARINI

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ALLEGATI

ALLEGATO A - Ambiti territoriali delle Unità Sanitarie Locali (all’art. 18, Capo I - Titolo IV della Parte I)

Ambiti territoriali delle Unità Sanitarie Locali: Unità Sanitaria Locale Umbria n. 1:Comuni di: Assisi, Bastia Umbra, Bettona, Cannara, Castiglione del Lago, Citerna, Città della Pieve, Città di Castello, Collazzone, Corciano, Costacciaro, Deruta, Fossato di Vico, Fratta Todina, Gualdo Tadino, Gubbio, Lisciano Niccone, Magione, Marsciano, Massa Martana, Monte Castello di Vibio, Monte Santa Maria Tiberina, Montone, Paciano, Panicale, Passignano sul Trasimeno, Perugia, Piegaro, Pietralunga, San Giustino, San Venanzo, Scheggia e Pascelupo, Sigillo, Todi, Torgiano, Tuoro sul Trasimeno, Umbertide, Valfabbrica. Unità Sanitaria Locale Umbria n. 2: Comuni di: Acquasparta, Allerona, Alviano, Amelia, Arrone, Attigliano, Avigliano Umbro, Baschi, Bevagna, Calvi dell'Umbria, Campello sul Clitunno, Cascia, Castel Giorgio, Castel Ritaldi, Castel Viscardo, Cerreto di Spoleto, Fabro, Ferentillo, Ficulle, Foligno, Giano dell'Umbria, Giove, Gualdo Cattaneo, Guardea, Lugnano in Teverina, Montecastrilli, Montefalco, Montecchio, Montefranco, Montegabbione, Monteleone di Orvieto, Monteleone di Spoleto, Narni, Nocera Umbra, Norcia, Orvieto, Otricoli, Parrano, Penna in Teverina, Poggiodomo, Polino, Porano, Preci, San Gemini, Sant'Anatolia di Narco, Scheggino, Sellano, Spello, Spoleto, Stroncone, Terni, Trevi, Vallo di Nera, Valtopina.

ALLEGATO B. Autorizzazione e vigilanza sulle

strutture sanitarie private di diagnostica di laboratorio

(Capo II - Titolo XIV – Parte I) ALLEGATO 1 - Criteri per la quantificazione del carico - lavoro e la definizione dell' organico

1. - DETERMINAZIONE DEL CARICO - LAVORO. Il carico - lavoro annuo di ciascun servizio di diagnostica di laboratorio è calcolato in base alla

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formula: (N. annuo prelievi X indice peso) - (N. annuo prestazioni analitiche X indice peso) = lavoro annuo in minuti diviso 60 = N. annuo ore di lavoro. La rilevazione quantitativa di ciascun tipo di analisi, la determinazione degli indici peso e le modalità di esecuzione delle stesse costituiscono punti essenziali ed indispensabili di riferimento per il calcolo di cui sopra. a) Rilevazione quantitativa delle analisi. L'unità di conteggio è rappresentata dalla esecuzione analitica che porta al singolo risultato. Unità di conteggio particolari sono da prevedere solo nei casi appresso riportati: Chimica - clinica. Le prove di valutazione funzionale vanno conteggiate sommando le singole voci che le compongono( es. Clearance creatinina = creatinina per 2). Salvo specifiche eccezioni (riportate nelle tabelle relative ai sistemi di carico), vanno conteggiati singolarmente: gli standard, ogni analisi della medesima curva di taratura, le analisi ripetute in doppio ed in triplo, le analisi eseguite con apparecchiature multicanali (esclusi i risultati derivati). Ematologia. Ogni parametro del "profilo ematico" (GR, GB, dosaggio della emoglobina, ematocrito, MCV, MCH, MCHC) va calcolato singolarmente purchè non si tratti di parametri derivati. La formula leucocitaria, ivi compresa la morfologia dei globuli rossi e delle piastrine, costituisce un esame unico e a se stante, anche se richiesto con il profilo ematico. Microbiologia ed immunologia. Le reazioni sierologiche sono conteggiate secondo il numero degli antigeni impiegati. Per le indagini microbiologiche l' unità di conteggio è costituita dalla piastra, dal tubo, dalla bottiglia o dal vetrino impiegati. Urine - essudati - trasudati. I tests di routine simultaneamente eseguiti sullo stesso campione di urine (sangue, urobilina, proteine, zucchero, acetone, ph, peso specifico) vengono conteggiati come un singolo esame; sono calcolati invece come singole determinazioni

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quando eseguiti separatamente. Il sedimento urinario è conteggiato sempre come esame a se stante. Gli esami di routine degli essudati e trasudati (peso specifico, proteine, sangue, sedimento, Rivalta) sono calcolati come esame unico; per esami diversi (cellularità, contenuto batterico) o per diverse valutazioni biochimiche vengono conteggiati tanti esami quanti sono rispettivamente i vetrini impiegati e le esecuzioni analitiche effettuate. Prelievi. Nei servizi analitici a sede ospedaliera il calcolo non terrà conto dei prelievi effettuati per i degenti dal personale di reparto. b) Indici peso delle esecuzioni analitiche. L'indice peso di ciascuna esecuzione analitica è costituito dal tempo medio tecnico (compreso, quello dei laureati), impiegatizio ed ausiliario necessario ed eseguirla, incluso il tempo di raccolta in laboratorio dei campioni, la centrifugazione e la ripartizione intra - laboratorio degli stessi. L' indice peso come sopra determinato non include il tempo del prelievo e della ripartizione dei campioni per l' invio ad altri presidi, da valutare separatamente. I valori di riferimento stabiliti per le varie analisi sono quelli derivati dal "sistema di carico canadese" ed espressi in minuti di lavoro manuale, come da tabella allegata. c) Sistema di lavoro. In rapporto all' attuale stato di evoluzione tecnica, il sistema di lavoro dei servizi di diagnostica di laboratorio può distinguersi in: a) lavoro manuale preparazione e lettura del campione, calcolo e trascrizione dei risultati esclusivamente manuali; b) lavoro quasi manuale preparazione manuale del campione alla lettura, lettura diretta più o meno automatizzata dei risultati in concentrazione, trascrizione manuale o a mezzo stampante: in sierologia preparazione automatica del campione alla lettura, lettura e trascrizione manuali; c) lavoro in semiautomazione preparazione del campione alla lettura, lettura del campione e trascrizione dei risultati completamente automatiche, ma senza trascrizione automatica in scheda - paziente e senza codificazione dei risultati al CED (Centro elettronico elaborazione dati); d) lavoro in automazione semplice preparazione del campione alla lettura, lettura del campione e trascrizione dei risultati completamente

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automatiche in una scheda - paziente, senza codificazione dei risultati al CED; e) lavoro in automazione integrale preparazione del campione alla lettura, lettura del campione e trascrizione dei risultati completamente automatiche, codificazione dei risultati direttamente al CED. Per il lavoro manuale e quasi manuale non è rilevante l' uso di diluitori più o meno automatici se è costante l' intervento dell' operatore. Il sistema di lavoro condiziona l' indice peso in minuti degli esami eseguiti. I valori di riferimento stabiliti nella tabella

allegata sono ad eccezione di quelli relativi ad esami cromatografici e gascromatografici, ridotti rispettivamente: a) del 35 per cento per le analisi eseguite con sistema quasi manuale; b) del 75 per cento per le analisi eseguite in semiautomazione; c) dell' 85 per cento per le analisi eseguite in

automazione semplice; d) del 90 per cento per le analisi eseguite in automazione integrale. 2. - DEFINIZIONE DELL' ORGANICO. Presa a riferimento la media annua del tempo di lavoro contrattuale degli operatori e dividendo per questa il numero annuo di ore di lavoro del servizio, calcolato nel modo di cui al punto precedente, si ottiene il numero complessivo degli operatori necessari ad esplicare in maniera ottimale l' attività richiesta. La quantificazione ottenuta è comprensiva di tutte le componenti che fanno parte dell' organico dei servizi di diagnostica di laboratorio (laureati, tecnici, personale impiegatizio ed ausiliario). La ripartizione dell' organico nelle componenti sopra indicate deve tener conto delle caratteristiche specifiche dei singoli servizi (varietà delle analisi, grado di automazione, ampiezza dei locali da pulire, ecc.). A titolo orientativo è da ipotizzare in linea di massima il seguente rapporto: a) personale laureato e tecnico un laureato ogni due tecnici per i servizi a conduzione tradizionale o con prevalenza del lavoro manuale; un laureato ogni 4- 5 tecnici, a seconda del grado di automazione, per i servizi con lavoro in automazione integrale o semplice; b) personale impiegatizio ed ausiliario due ausiliari e due impiegati ogni sei tecnici di laboratorio.

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DELLE PRESTAZIONI ANALITICHE (Accanto ad ogni prestazione viene indicato il tempo necessario espresso in minuti)

1º Prelievi Prelievo di sangue venoso 8 Prelievo di sangue arterioso 12 Prelievo di sangue capillare (dito, orecchio ecc.) 12 Prelievo midollo osseo 36 Prelievo di materiali per esami microbiologici (per paziente) 6 Prelievo di succo gastrico, intubazione, aspirazione (I prelievo e successivi) 14- 6 Prelievo di campione da drenaggio 6 Prelievo urinario con cateterismo 18 Frazionamento e distribuzione di campioni da inviare ad altro laboratorio (per paziente) 3 2º Urine Esame chimico - fisico completo 5 Esame chimico - fisico parziale per ogni singola analisi 3 Dosaggi quantitativi (vedere corrispondente voce esami chimico - clinici) Sedimento urinario 4 Conta di Addis 32 Prova di concentrazione (3 determinazioni) 9 Prova di diluizione (3 determinazioni) 9 3º Ematologia VES 5 Conteggio leucociti 6 Conteggio eritrociti 6 Emoglobina 6 Conteggio piastrine 14

ALLEGATO 2 - TABELLA DEGLI INDICI PESO

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Conteggio reticolociti 13 Conteggio eosinofili 8 Ematocrito 3 Morfologia ematica (Formula leucocitaria, morfologia GR e piastrine) 11 Indici ematologici derivati (per campione e solo se eseguiti manualmente) 3 Conteggio punteggiati basofili 13 Resistenza globulare 45 Resistenza globulare test rapido (ad esempio con met. Simmel) 18 Ricerca cellule LE 28 Ricerca emazie fetali 18 Ricerca cellule falciformi 14 Curva eritrocitometrica di Prince - Jones 60 Esame midollo osseo (escluso prelievo) 30 Ricerche citochimiche su elementi ematici (ciascuna) 18 Emoglobine anormali (elettroforesi) 46 Emoglobina alcali - resistente (dosaggio) 31 Enzimi eritrocitari (ciascun dosaggio) 13 4º Coagulazione Prove di fragilità capillare (ciascuna prova) 7 Tempo di emorragia 11 Tempo coagulazione sangue in toto 24 Tempo di retrazione del coagulo 4 Valutazione qualitativa e quantitativa della retrazione del coagulo 20 Tempo di protrombina 8 Tempo di tromboplastina parziale 10 Tempo di protrombina residua 12

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Tempo di trombina 8 Dosaggio fattori emocoagulativi (ciascuno) 35 Test di generazione della tromboplastina 120 Tromboelastogramma 30 Test di aggregazione piastrinica 35 Test di adesività piastrinica 20 Capacità di distensione piastrinica 20 Fibrinogeno (dosaggio) 15 Tempo di lisi del coagulo 15 Tempo di lisi euglobulinica 40 Tempo di lisi tromboelastografica 30 Tempo di lisi in piastre di fibrina 90 Attivatori ed inibitori della fibrinolisi (ciascuno) 90 Tolleranza eparinica "in vitro" 50 Dosaggio antitrombina 20 Dosaggio FDP 15 Ricerca delle antitromboplastine 100 Test di paracoagulazione 5 5º Chimica - clinica Acetone 24 Acido lattico 27 Acido piruvico 27 Acido urico 13 Acido vanilmandelico (dosaggio) 60 Albumina 12 Alcool 49 Alcool (dosaggio enzimatico) 13 Aldosterone (metodo chimico) 42

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Aminoacidi (Test di Guthrie per ciascun aminoacido) 3 Aminoacidi (metodo cromatografico) 120 Ammoniaca 39 Amniotico (esame liquido) Bilirubina 24 HB 24 1/ s 36 Anidride carbonica, titolazione bicarbonati 18 Acido ascorbico 25 Acido- 5- idrossi - indolacetico (dosaggio) 22 Barbiturici (dosaggio) 32 Bilirubina totale 12 Bilirubina frazionata 24 Bromosulftaleina (compresa iniezione) 24 Beta - lipoproteina (metodo tirbidimetrico) 19 Calcio 14 Calcio ionizzato 24 Calcoli (analisi) 25 Catecolamine 80 Clearance (soltanto il calcolo) o altri indici chimici derivati) 3 Cloro 10 Colesterolo totale 14 Colesterolo frazionato 30 Corticoidi, cortisolo sangue 22 Corticoidi, cortisolo urine 31 Corticoidi, 11- ossi o 17- idrossi (con due dosaggi creatinina) 54 Creatina 26

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Creatinina 12 Delta - aminolevulinico acido 40 DNA dosaggio fluorimetrico 120 Elettroforesi proteine, lipoproteine, glicoproteine (per ciascun tipo) 30 Elettroforesi proteine urinarie 35 Enzimi (metodi a tempo fisso) 20 Enzimi (metodi in cinetica) 12 Estrogeni urine (metodo chimico) 35 Fenilalanina (dosaggio) 15 Ferro totale 16 Ferro (capacità legante) 24 Fosfato inorganico 18 Fosfolipidi 30 Fenosulftaleina (compresa iniezione) 24 Gastrico succo acidità (per ogni campione) 6 Glucosio (dosaggio) 12 ph, PCO2, PO2 (per ciascun parametro) 6 Grassi acidi liberi( NEFA) 25 17- chetosteroidi totali 30 17- chetosteroidi frazionati 84 Lipidi totali 16 Litio 10 Magnesio 13 Mercurio 40 Metemoglobina 21 Mioglobina 11 Mucopolisaccaridi (dosaggio) 30 Mucopolisaccaridi (identificazione elettroforetica)

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70 Osmolarità 10 PBI 31 Piombo (dosaggio) 40 Prove eucolloidità serica (ciascuna) 10 Porfirine (esame qualitativo) 10 Porfirine () 67 Potassio 12 Pregnandiolo 40 Pregnantriolo 40 Prolina - idrossi (dosaggio) 40 Proteine Bence - Jones (metodo al calore) 18 Proteine, globuline (Pandy) 6 Proteine totali 12 Rame 40 Radiochimica (dosaggi con separazione cromatografia per campione) 30 Radiochimica (dosaggi senza separazione cromatografica) per campione 52 Salicilati 12 Sodio 12 T3- T4 con metodo su colonna (ciascuno) 26 Trigliceridi 21 Urea, azoto ureico 12 Urobilinogeno porfo (dosaggio) 35 Volemia con colorante 60 6º Microbiologia, Parassitologia, Virologia Manualità tecniche preliminari inerenti il materiale da esaminare (per ciascun campione in arrivo) 7,8 Arricchimento per esame microscopico o colturale

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del materiale (per ciascun campione) 3 Esame colturale (per ogni piastra, tubo o bottiglia) 3 Esame colturale rapido con eventuali reazioni biochimiche, su terreni multipli (per ciascun tipo di terreno contenuto nel tubo o piastra) 1 Antibiogramma (per ogni ceppo batterico, per ogni antibiotico, per ogni concentrazione) 1 Ricerca microscopica per batteri o miceti (per ogni vetrino) 2,2 Ricerca microscopica per microbatteri (per ogni vetrino) 6 Ricerca di uova o parassiti fecali (per vetrino) Ricerca parassiti nel sangue (per campione) 22 Identificazione microbiologica con agglutinazione su vetrino o provetta (per ciascuna reazione) 2,2 Identificazione biochimica con ricerche eseguite singolarmente (per ciascuna prova) 2,2 Prova biologica in cavia o altri animali (inoculazione, autopsia, strisci e colture tessuti) per ricerca di bacteri, micobacteri e miceti) 100 Coltura primaria di tessuto (per campione) 120 Coltura di linee cellulari continue in vitro: allestimenti di ogni fiasca, piastra, provetta o fiala 30 Coltura cellulare in vitro: ricambio dei terreni di mantenimento 5 Isolamento dei virus su monostrati cellulari 15 Prova di emoadsmorbimento su colture in vitro 20 Isolamento dei virus su embrione di pollo 30 Isolamento dei virus su animali da laboratorio 30 Titolazione dei virus su coltura cellulare, uova embrionate o animali 30 Identificazione mediante prova di neutralizzazione su coltura cellulare, su uova embrionale e su animali (per ciascuna prova) 30

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Ricerca di anticorpi mediante prova di neutralizzazione in coltura di tessuto, in uova embrionale o animali (per ciascuna ricerca) 30 7º Immunologia Adsorbimento di antigeni ai globuli rossi (per ciascun antigene) 15 Titolazione del complemento (necessaria a ciascuna serie di reazioni di deviazione del complemento) per ciascun antigene e per ogni seduta 30 Allestimento reagenti per FTA, per ciascuna seduta 55 Reazione di precipitazione, di agglutinazione o di lisi (per ciascun antigene e per ciascuna diluizione) 3 Reazione di deviazione del complemento (per ciascun antigene e per ciascuna diluizione) 10 Reazione con metodo di fluorescenza per ciascun antigene o anticorpo e per ciascuna diluizione con metodo diretto 20 Reazione con metodo di fluorescenza per ciascun antigene o anticorpo e per ciascuna diluizione con metodo indiretto 30 Reazioni immunologiche qualitative o quantitative rapide su vetrino (ad es. test di gravidanza, ricerca fattore reumatoide, proteina C, VDRL ecc.) per ciascun antigene e per ciascuna diluizione 3 Ricerca con immunoelettrosineresi (per ciascuna piastra) 40 Ricerca con immunoelettrosineresi (per ciascuna piastra) 30 Immunodiffusione qualitativa (per ciascun antigene o anticorpo) 10 Immunodiffusione qualitativa (per ciascun antigene o anticorpo) 5 Test di immobilizzazione delle spirochete 30 Dye - test 30 Dosaggi radioimmunologici (per ciascun dosaggio) 20

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8º Immunoematologia (esclusa quella di più specifica competenza dei Centri trasfusionali). Ricerca antigeni del sistema ABO, Rh (con agglutinazione diretta su vetrino o in provetta (per ciascun antigene) 2 Adsorbimento anticorpale o sensibilizzazione eritrocitaria (per ciascuna esecuzione) 7 Test di Coombs, esclusa fase di adsorbimento 2 9º Miscellanea Analisi cromatografica su colonna 120 Analisi gascromatografiche 400 Feci, esame chimico - microscopico completo 30 Feci esame parziale (ad es. sangue occulto) (per ogni indagine) 6 Liquido cefalo - rachidiano (esame chimico - microscopico) 36 Liquido cefalo rachidiano (reazioni colloidali) 5 Succo gastrico e duodenale (PH, sangue, pigmenti biliari) per ogni campione 6 Esami trasudati ed essudati (peso specifico, proteine, sangue, sedimento, Rivalta) 15 Latte completo (proteine, grassi, zuccheri) 34 Latte parziale (grassi) 16 Sperma esame completo 25 Cutireazione od intradermoreazione (per tbc, per echinococco) 10 Omogeneizzazione di cellule o tessuti per ricerche biochimiche 60 Cariogramma 420 Ricerca dei ricettori di membrana con rosette E, o immunofluorescenza diretta (per test) 50 Ricerca delle rosette EA (per test) 110 Valutazione della diluizione di lavoro dei coniugati fluorescenti (chess - board) 200 Citofluorescenza midollare per la ricerca dell' immunoglobulinopoiesi (per ciascun antisiero e per ciascuna diluizione) 50

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1

LAVORI PREPARATORI

Preadozione disegno di legge:

– di iniziativa della Giunta regionale su proposta della Presidente Marini, ai sensi dell’articolo 40

dello Statuto regionale e in attuazione della legge regionale 16 settembre 2011, n. 8

(Semplificazione amministrativa e normativa dell’ordinamento regionale e degli Enti locali

territoriali), deliberazione 22 settembre 2014, n. 1166;

– assegnato, ai fini della formulazione del parere vincolante, ai sensi dell’art. 8, comma 1 della l.r.

8/2011, alla III Commissione consiliare permanente “Sanità e servizi sociali” e ai sensi dell’art.

39, comma 5, lett. e) del Regolamento interno dell’Assemblea legislativa al Comitato per la

legislazione, in data 1 ottobre 2014;

– la III Commissione consiliare permanente in data19 gennaio 2015 ha espresso parere

favorevole, formulando osservazioni (parere n. 60).

Disegno di legge:

– di iniziativa della Giunta regionale su proposta della Presidente Marini, deliberazione 23

febbraio 2015, n. 203, con la quale sono state altresì recepite le osservazioni formulate sulla

d.g.r. 1166/2014 dalla III Commissione consiliare permanente, atto consiliare n. 1837 (IX

Legislatura);

– assegnato, per competenza, alla III Commissione consiliare permanente “Sanità e servizi

sociali” e al Comitato per la legislazione, il 16 marzo 2015;

– licenziato dalla III Commissione consiliare permanente in data 19 marzo 2015, con parere e

relazione illustrata oralmente dal consigliere Buconi (Atto n. 1837/BIS);

– approvato dall’Assemblea legislativa nella seduta del 26 marzo 2015, deliberazione n. 411.

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AVVERTENZA – Il testo della legge viene pubblicato con l’aggiunta delle note redatte

dalla Direzione regionale Risorsa Umbria. Federalismo, risorse finanziarie e strumentali

- Servizio Attività generali della Giunta e promulgazione leggi – Sezione Attività

amministrativa per la promulgazione delle leggi e l’emanazione dei decreti e atti del

Presidente, ai sensi dell’art. 4 della legge regionale 26 giugno 2012, n. 9, al solo scopo

di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali è operato il

rinvio. Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi qui trascritti.

NOTE

Note all’art. 1:

La legge regionale 16 aprile 2005, n. 21, recante “Nuovo Statuto della Regione

Umbria” (pubblicata nel B.U.R. 18 aprile 2005, n. 17, E.S.), è stata modificata ed

integrata con leggi regionali 4 gennaio 2010, n. 1 (in S.O. al B.U.R. 5 gennaio 2010,

n. 1), 27 settembre 2013, nn. 21, 22, 23, 24, 25 e 26 (in S.O. n. 1 al B.U.R. 2 ottobre

2013, n. 45) e 19 marzo 2015, n. 5 (in B.U.R. 25 marzo 2015, n. 16).

Il testo dell’art. 40 è il seguente:

«Art. 40Testi unici.

1. L’Assemblea legislativa autorizza con legge la Giunta a redigere, entro un tempo stabilito, progetti di testi unici di riordino e di semplificazione delle disposizioni riguardanti uno o più settori omogenei. La legge determina l’ambito del riordino e della semplificazione e fissa i criteri direttivi, nonché gli adempimenti procedurali a cui la Giunta si deve conformare. 2. Nel termine assegnato dalla legge la Giunta presenta all’Assemblea il progetto di testo unico delle disposizioni di legge. Il progetto è sottoposto all’approvazione finale dell’Assemblea con sole dichiarazioni di voto. 3. Le proposte di legge tendenti a modificare gli atti legislativi oggetto di riordino e di semplificazione e presentate nel periodo prefissato per la predisposizione del progetto di testo unico, sono discusse ed approvate solo sotto forma di proposte di modifica della legge di autorizzazione. 4. Le disposizioni contenute nei testi unici possono essere abrogate solo con previsione espressa; la approvazione di deroghe, di modifiche e di integrazioni deve essere testuale e prevedere, previa verifica del coordinamento formale, l’inserimento delle nuove norme nel testo unico. 5. Nelle materie oggetto del testo unico legislativo, la Giunta, nel rispetto dei criteri di riordino e semplificazione fissati dalla legge e acquisito il parere favorevole della Commissione competente, approva il testo unico delle disposizioni regolamentari di esecuzione di quelle autorizzate e provvede alla redazione di un testo unico compilativo, con l’indicazione per ogni disposizione della relativa fonte, legislativa o regolamentare.».

La legge regionale 16 settembre 2011, n. 8, recante “Semplificazione amministrativa

e normativa dell’ordinamento regionale e degli Enti locali territoriali” è pubblicata

nel S.O. n. 1 al B.U.R. 21 settembre 2011, n. 41.

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Note all’art. 3, comma 1:

La Costituzione della Repubblica italiana, promulgata dal Capo provvisorio dello

Stato il 27 dicembre 1947 (pubblicata nella G.U. 27 dicembre 1947, n. 298, E.S. ed

entrata in vigore il 1° gennaio 1948), è stata modificata dalle leggi costituzionali: 9

febbraio 1963, n. 2 (in G.U. 12 febbraio 1963, n. 40), 27 dicembre 1963, n. 3 (in G.U.

4 gennaio 1964, n. 3), 22 novembre 1967, n. 2 (in G.U. 25 novembre 1967, n. 294),

16 gennaio 1989, n. 1 (in G.U. 17 gennaio 1989, n. 13), 4 novembre 1991, n. 1 (in

G.U. 8 novembre 1991, n. 262), 6 marzo 1992, n. 1 (in G.U. 9 marzo 1992, n. 57), 29

ottobre 1993, n. 3 (in G.U. 30 ottobre 1993, n. 256), 22 novembre 1999, n. 1 (in G.U.

22 dicembre 1999, n. 299), 23 novembre 1999, n. 2 (in G.U. 23 dicembre 1999, n.

300), 17 gennaio 2000, n. 1 (in G.U. 20 gennaio 2000, n. 15), 23 gennaio 2001, n. 1

(in G.U. 24 gennaio 2001, n. 19), 18 ottobre 2001, n. 3 (in G.U. 24 ottobre 2001, n.

248), 30 maggio 2003, n. 1 (in G.U. 12 giugno 2003, n. 134), 2 ottobre 2007, n. 1 (in

G.U. 10 ottobre 2007, n. 236) e 20 aprile 2012, n. 1 (in G.U. 23 aprile 2012, n. 95).

Si riporta il testo dell’art. 32:

«32

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.»

Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante “Riordino della disciplina in

materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421” (pubblicato

nel S.O. alla G.U. 30 dicembre 1992, n. 305), è stato modificato ed integrato con:

decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517 (in G.U. 15 dicembre 1993, n. 293),

decreto legge 30 maggio 1994, n. 325 (in G.U. 1 giugno 1994, n. 126), convertito in

legge, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 467 (in G.U. 28 luglio 1994,

n. 175), decreto legge 27 agosto 1994, n. 512 (in G.U. 29 agosto 1994, n. 201),

convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 1994, n. 590 (in G.U.

26 ottobre 1994, n. 251), legge 23 dicembre 1994, n. 724 (in S.O. alla G.U. 30

dicembre 1994, n. 304), legge 28 dicembre 1995, n. 549 (in S.O. alla G.U. 29

dicembre 1995, n. 302), decreto legge 18 novembre 1996, n. 853 (in G.U. 19

novembre 1996, n. 271), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 17

gennaio 1997, n. 4 (in G.U. 18 gennaio 1997, n. 14), decreto legislativo 15 dicembre

1997, n. 446 (in S.O. alla G.U. 23 dicembre 1997, n. 298), legge 30 novembre 1998,

n. 419 (in G.U. 7 dicembre 1998, n. 286), decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229

(in S.O. alla G.U. 16 luglio 1999, n. 165), decreto legislativo 21 dicembre 1999, n.

517 (in S.O. alla G.U. 12 gennaio 2000, n. 8), decreto legislativo 7 giugno 2000, n.

168 (in G.U. 22 giugno 2000, n. 144), decreto legislativo 28 luglio 2000, n. 254 (in

S.O. alla G.U. 12 settembre 2000, n. 213), decreto del Presidente della Repubblica 13

febbraio 2001, n. 213 (in G.U. 8 giugno 2001, n. 131), legge 6 marzo 2001, n. 52 (in

G.U. 15 marzo 2001, n. 62), decreto legge 18 settembre 2001, n. 347 (in G.U. 19

settembre 2001, n. 218), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 16

novembre 2001, n. 405 (in G.U. 17 novembre 2001, n. 268), decreto legge 7 febbraio

2002, n. 8 (in G.U. 11 febbraio 2002, n. 35), convertito in legge, con modificazioni,

dalla legge 4 aprile 2002, n. 56 (in G.U. 11 aprile 2002, n. 85), legge 27 dicembre

2002, n. 289 (in S.O. alla G.U. 31 dicembre 2002, n. 305), decreto legge 23 aprile

2003, n. 89 (in G.U. 24 aprile 2003, n. 95), convertito in legge, con modificazioni,

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015138

dalla legge 20 giugno 2003, n. 141 (in G.U. 23 giugno 2003, n. 143), decreto legge 29

marzo 2004, n. 81 (in G.U. 31 marzo 2004, n. 76), convertito in legge, con

modificazioni, dalla legge 26 maggio 2004, n. 138 (in G.U. 29 maggio 2004, n. 125),

decreto legge 27 maggio 2005, n. 87 (in G.U. 30 maggio 2005, n. 124), convertito in

legge, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 149 (in G.U. 29 luglio 2005,

n. 175), legge 1 febbraio 2006, n. 43 (in G.U. 17 febbraio 2006, n. 40), decreto

legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (in S.O. alla G.U. 2 maggio 2006, n. 100), decreto

legge 18 maggio 2006, n. 181 (in G.U. 18 maggio 2006, n. 114), convertito in legge,

con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233 (in G.U. 17 luglio 2006, n. 164),

decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 (in G.U. 4 luglio 2006, n. 153), convertito in

legge, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 (in S.O. alla G.U. 11

agosto 2006, n. 186), decreto legge 31 dicembre 2007, n. 248 (in G.U. 31 dicembre

2007, n. 302), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n.

31 (in S.O. alla G.U. 29 febbraio 2008, n. 51), decreto legge 25 giugno 2008, n. 112

(in S.O. alla G.U. 25 giugno 2008, n. 147), convertito in legge, con modificazioni,

dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (in S.O. alla G.U. 21 agosto 2008, n. 195), decreto

legislativo 3 ottobre 2009, n. 153 (in G.U. 4 novembre 2009, n. 257), decreto

legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (in S.O. alla G.U. 8 maggio 2010, n. 106), legge 4

novembre 2010, n. 183 (in S.O. alla G.U. 9 novembre 2010, n. 262), decreto legge 6

luglio 2012, n. 95 (in S.O. alla G.U. 6 luglio 2012, n. 156), convertito in legge, con

modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 (in S.O. alla G.U. 14 agosto 2012, n.

189), decreto legge 13 settembre 2012, n. 158 (in G.U. 13 settembre 2012, n. 214),

convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189 (in S.O.

alla G.U. 10 novembre 2012, n. 263), decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 (in G.U. 24

giugno 2014, n. 144), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11 agosto

2014, n. 114 (in S.O. alla G.U. 18 agosto 2014, n. 190) e legge 23 dicembre 2014, n.

190 (in S.O. alla G.U. 29 dicembre 2014, n. 300).

Il decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, recante “Disciplina dei rapporti fra

Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell’articolo 6 della L. 30

novembre 1998, n. 419” è pubblicato nel S.O. alla G.U. 12 gennaio 2000, n. 8.

Il testo dell’art. 13 della legge regionale 16 aprile 2005, n. 21 (si vedano le note

all’art. 1), è il seguente:

«Art. 13Diritto alla salute.

1. La Regione promuove la salute quale diritto universale e provvede ai compiti di prevenzione, cura e riabilitazione mediante il servizio sanitario regionale, assicurando il coinvolgimento degli utenti, dei cittadini, delle associazioni di volontariato e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale e garantendo la qualità delle prestazioni. 2. La Regione, nell’attuazione delle politiche sanitarie, ispira la propria azione al principio della centralità e della dignità della persona malata. 3. La Regione riconosce nell’attività fisica e sportiva un momento determinante per la salute e la formazione della persona. Tutela e valorizza la diffusione dello sport, favorendo la realizzazione di strutture adeguate. 4. La Regione adotta misure volte a garantire la salubrità dell’ambiente di vita e di lavoro, mediante la prevenzione e la progressiva eliminazione delle cause di inquinamento. 5. La Regione favorisce lo sviluppo di un sistema di sicurezza sociale anche al fine di garantire a tutti una migliore qualità della vita.».

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Nota all’art. 4, comma 3:

La legge regionale 20 novembre 2013, n. 28, recante “Ratifica dell’accordo tra la

Regione Umbria e la Regione Marche concernente il riordino dell’Istituto

zooprofilattico sperimentale dell’Umbria e delle Marche” è pubblicata nel B.U.R. 27

novembre 2013, n. 53.

Nota all’art. 6, comma 2:

La legge regionale 6 marzo 1998, n. 9, recante “Norme sulla istituzione e disciplina

dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (A.R.P.A.)” è pubblicata nel

B.U.R. 12 marzo 1998, n. 20.

Note all’art. 9, comma 1:

La legge regionale 27 marzo 2000, n. 29, recante “Prime disposizioni di recepimento

del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, concernente: «Norme per la

razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell’art. 1 della legge 30

novembre 1999, n. 419», d’integrazione e modificazione del decreto legislativo 30

dicembre 1992, n. 502” è pubblicata nel B.U.R. 7 aprile 2000, n. 21, E.S..

La legge regionale 16 dicembre 2008, n. 20, recante “Disciplina del Consiglio delle

Autonomie locali” è pubblicata nel B.U.R. 24 dicembre 2008, n. 59.

Nota all’art. 10, comma 3:

Per il decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, si vedano le note all’art. 3,

comma 1.

Note all’art. 11, commi 1, 3, 5, lett. b):

Per il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’art. 3,

comma 1.

Si riporta il testo dell’art. 3-quater:

«3-quater. Il distretto.

1. La legge regionale disciplina l’articolazione in distretti dell’unità sanitaria locale. Il distretto è individuato, sulla base dei criteri di cui all’articolo 2, comma 2-sexies, lettera c), dall’atto aziendale di cui all’articolo 3, comma 1-bis, garantendo una popolazione minima di almeno sessantamila abitanti, salvo che la regione, in considerazione delle caratteristiche geomorfologiche del territorio o della bassa densità della popolazione residente, disponga diversamente. 2. Il distretto assicura i servizi di assistenza primaria relativi alle attività sanitarie e sociosanitarie di cui all’articolo 3-quinquies, nonché il coordinamento delle proprie attività con quella dei dipartimenti e dei servizi aziendali, inclusi i presìdi ospedalieri, inserendole organicamente nel Programma delle attività

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territoriali. Al distretto sono attribuite risorse definite in rapporto agli obiettivi di salute della popolazione di riferimento. Nell’ambito delle risorse assegnate, il distretto è dotato di autonomia tecnico-gestionale ed economico-finanziaria, con contabilità separata all’interno del bilancio della unità sanitaria locale.3. Il Programma delle attività territoriali, basato sul principio della intersettorialità degli interventi cui concorrono le diverse strutture operative: a) prevede la localizzazione dei servizi di cui all’articolo 3-quinquies; b) determina le risorse per l’integrazione socio-sanitaria di cui all’articolo 3-septies e le quote rispettivamente a carico dell’unità sanitaria locale e dei comuni, nonché la localizzazione dei presìdi per il territorio di competenza; c) è proposto, sulla base delle risorse assegnate e previo parere del Comitato dei sindaci di distretto, dal direttore di distretto ed è approvato dal direttore generale, d’intesa, limitatamente alle attività sociosanitarie, con il Comitato medesimo e tenuto conto delle priorità stabilite a livello regionale. 4. Il Comitato dei sindaci di distretto, la cui organizzazione e il cui funzionamento sono disciplinati dalla regione, concorre alla verifica del raggiungimento dei risultati di salute definiti dal Programma delle attività territoriali. Nei comuni la cui ampiezza territoriale coincide con quella dell’unità sanitaria locale o la supera il Comitato dei sindaci di distretto è sostituito dal Comitato dei presidenti di circoscrizione.».

La legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13, recante “Disciplina generale della

programmazione, del bilancio, dell’ordinamento contabile e dei controlli interni della

Regione dell’Umbria” (pubblicata nel S.O. al B.U.R. 2 marzo 2000, n. 11), è stata

modificata ed integrata con leggi regionali 9 marzo 2000, n. 18 (in S.S. n. 3 al B.U.R.

15 marzo 2000, n. 14), 16 febbraio 2005, n. 8 (in B.U.R. 4 marzo 2005, n. 10, E.S.), 9

luglio 2007, n. 23 (in S.O. n. 1 al B.U.R. 18 luglio 2007, n. 32), 26 giugno 2009, n.

13 (in B.U.R. 29 giugno 2009, n. 29, E.S.), 12 febbraio 2010, n. 9 (in S.S. n. 3 al

B.U.R. 17 febbraio 2010, n. 8), 30 marzo 2011, n. 4 (in S.S. n. 2 al B.U.R. 31 marzo

2011, n. 15), 19 dicembre 2012, n. 24 (in B.U.R. 27 dicembre 2012, n. 57) e 11 luglio

2014, n. 11 (in B.U.R. 16 luglio 2014, n. 34).

Il testo dell’art. 14 è il seguente:

«Art. 14Documento regionale annuale di programmazione.

1. La Regione stabilisce i contenuti della politica socio-economica nel territorio e delinea gli interventi di finanza regionale mediante DAP. 2. Il DAP tiene conto, per il periodo compreso nel bilancio pluriennale, degli effetti dei programmi comunitari in vigore, delle intese di programma con il Governo e delle valutazioni e degli effetti del documento di programmazione economico-finanziaria per il triennio di riferimento, di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 468 e successive modificazioni e integrazioni, come presentato dal Governo al Parlamento. 3. Il DAP costituisce lo strumento fondamentale di raccordo fra la programmazione generale e la programmazione finanziaria e di bilancio della Regione. Ai fini di tale raccordo, avvalendosi delle risultanze del controllo strategico di cui all’articolo 99, il DAP:a) verifica e aggiorna annualmente le determinazioni programmatiche del PRS e degli strumenti attuativi settoriali e intersettoriali; b) delinea il quadro delle risorse finanziarie regionali necessarie al collegamento fra le determinazioni programmatiche e le scelte e gli effetti di bilancio;

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b-bis) indica gli strumenti di raccordo tra le strategie e le politiche regionali e quelle delineate in sede europea. 4. Il DAP contiene una sintetica descrizione della situazione economica e sociale della Regione e una valutazione degli andamenti dell’economia regionale. Nel DAP sono altresì indicati:a) le tendenze e gli obiettivi macroeconomici, in particolare quelli relativi allo sviluppo del reddito e dell’occupazione nella Regione nel triennio di riferimento; b) gli aggiornamenti e le modificazioni del PRS e degli altri documenti di programmazione nonché le conseguenti variazioni da apportare alla legislazione attuativa e alla strumentazione operativa; c) il limite massimo del ricorso al mercato finanziario per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale; d) le regole di variazione delle entrate e delle spese del bilancio di competenza della Regione per il periodo cui si riferisce il bilancio pluriennale, nonché il livello programmatico di imposizione fiscale; e) gli indirizzi per gli interventi, anche di settore, collegati alla manovra di finanza regionale per il periodo compreso nel bilancio pluriennale, coerenti con i contenuti e le previsioni di cui alla lettera b), nell’ambito delle compatibilità di cui alle lettere c) e d);f) la valutazione di massima dell’effetto economico-finanziario attribuito agli indirizzi e agli interventi di cui alla lettera e) in rapporto all’andamento tendenziale; g) i criteri e i parametri per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione e l’individuazione delle priorità da realizzare.».

Si riporta il testo dell’art. 4, comma 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei

Ministri 14 febbraio 2001, recante “Atto di indirizzo e coordinamento in materia di

prestazioni socio-sanitarie” (pubblicato nella G.U. 6 giugno 2001, n. 129):

«4. Princìpi di programmazione e di organizzazione delle attività.

Omissis.2. Al fine di favorire l’integrazione con i servizi di assistenza primaria e con le altre prestazioni socio-sanitarie, la programmazione dei servizi e delle prestazioni ad elevata integrazione sanitaria rientra nel Programma delle attività territoriali, di cui all’art. 3-quater, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni. I comuni adottano sul piano territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini per consentirne l’esercizio del diritto soggettivo a benefìciare delle suddette prestazioni. Omissis.».

Nota all’art. 12, comma 5, lett. a):

La legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante “Istituzione del servizio sanitario

nazionale” (pubblicato nel S.O. alla G.U. 28 dicembre 1978, n. 360), è stato

modificato ed integrato con: decreto legge 30 dicembre 1979, n. 663 (in G.U. 31

dicembre 1979, n. 355), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 29

febbraio 1980, n. 33 (in G.U. 29 febbraio 1980, n. 59), decreto legge 1 luglio 1980, n.

285 (in G.U. 2 luglio 1980, n. 179), convertito in legge, con modificazioni, dalla

legge 8 agosto 1980, n. 441 (in G.U. 19 agosto 1980, n. 226), legge 23 marzo 1981,

n. 93 (in G.U. 28 marzo 1981, n. 87), legge 23 aprile 1981, n. 155 (in S.O. alla G.U.

27 aprile 1981, n. 114), decreto legge 30 aprile 1981, n. 168 (in G.U. 2 maggio 1981,

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n. 119), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 27 giugno 1981, n. 331 (in

G.U. 30 giugno 1981, n. 177), decreto legge 26 novembre 1981, n. 678 (in G.U. 28

novembre 1981, n. 328), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 26

gennaio 1982, n. 12 (in G.U. 27 gennaio 1981, n. 25), legge 26 aprile 1982, n. 181 (in

S.O. alla G.U. 26 aprile 1982, n. 113), legge 7 agosto 1982, n. 526 (in G.U. 11 agosto

1982, n. 219), decreto legge 12 settembre 1983, n. 463 (in G.U. 12 settembre 1983, n.

250), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638

(in G.U. 11 novembre 1983, n. 310), legge 27 dicembre 1983, n. 730 (in G.U. 28

dicembre 1983, n. 354), legge 22 dicembre 1984, n. 887 (in S.O. alla G.U. 29

dicembre 1984, n. 356), legge 23 ottobre 1985, n. 595 (in G.U. 5 novembre 1985, n.

260), legge 30 dicembre 1991, n. 412 (in G.U. 31 dicembre 1991, n. 305), decreto del

Presidente della Repubblica 5 giugno 1993, n. 177 (in G.U. 5 giugno 1993, n. 130),

decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266 (in S.O. alla G.U. 3 agosto 1993, n. 180),

legge 24 dicembre 1993, n. 537 (in S.O. alla G.U. 28 dicembre 1993, n. 303), decreto

legge 30 maggio 1994, n. 325 (in G.U. 1 giugno 1994, n. 126), convertito in legge,

con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 467 (in G.U. 28 luglio 1994, n. 175),

decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (in S.O. alla G.U. 29 luglio 2003, n. 174) e

decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (in S.O. alla G.U. 8 maggio 2010, n. 106).

Si riporta il testo dell’art. 2:

«Art. 2 (Gli obiettivi)

Il conseguimento delle finalità di cui al precedente articolo è assicurato mediante: 1) la formazione di una moderna coscienza sanitaria sulla base di un’adeguata educazione sanitaria del cittadino e delle comunità;2) la prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambiente di vita e di lavoro; 3) la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali che ne siano le cause, la fenomenologia e la durata; 4) la riabilitazione degli stati di invalidità e di inabilità somatica e psichica; 5) la promozione e la salvaguardia della salubrità e dell’igiene dell’ambiente naturale di vita e di lavoro;6) l’igiene degli alimenti, delle bevande, dei prodotti e avanzi di origine animale per le implicazioni che attengono alla salute dell’uomo, nonché la prevenzione e la difesa sanitaria degli allevamenti animali ed il controllo della loro alimentazione integrata e medicata; 7) una disciplina della sperimentazione, produzione, immissione in commercio e distribuzione dei farmaci e dell’informazione scientifica sugli stessi diretta ad assicurare l’efficacia terapeutica, la non nocività e la economicità del prodotto; 8) la formazione professionale e permanente nonché l’aggiornamento scientifico culturale del personale del servizio sanitario nazionale. Il servizio sanitario nazionale nell’ambito delle sue competenze persegue: a) il superamento degli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del paese; b) la sicurezza del lavoro, con la partecipazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni, per prevenire ed eliminare condizioni pregiudizievoli alla salute e per garantire nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro gli strumenti ed i servizi necessari; c) le scelte responsabili e consapevoli di procreazione e la tutela della maternità e dell’infanzia, per assicurare la riduzione dei fattori di rischio connessi con la gravidanza e con il parto, le migliori condizioni di salute per la madre e la riduzione del tasso di patologia e di mortalità perinatale ed infantile;

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d) la promozione della salute nell’età evolutiva, garantendo l’attuazione dei servizi medico-scolastici negli istituti di istruzione pubblica e privata di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola materna, e favorendo con ogni mezzo l’integrazione dei soggetti handicappati; e) la tutela sanitaria delle attività sportive; f) la tutela della salute degli anziani, anche al fine di prevenire e di rimuovere le condizioni che possono concorrere alla loro emarginazione; g) la tutela della salute mentale, privilegiando il momento preventivo e inserendo i servizi psichiatrici nei servizi sanitari generali in modo da eliminare ogni forma di discriminazione e di segregazione, pur nella specificità delle misure terapeutiche, e da favorire il recupero ed il reinserimento sociale dei disturbati psichici; [h) la identificazione e la eliminazione delle cause degli inquinamenti dell’atmosfera, delle acque e del suolo.].».

Note all’art. 13, commi 3 e 4:

Si riporta il testo dell’art. 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (si

vedano le note all’art. 3, comma 1):

«1. Tutela del diritto alla salute, programmazione sanitaria e definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza.

1. La tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività è garantita, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana, attraverso il Servizio sanitario nazionale, quale complesso delle funzioni e delle attività assistenziali dei Servizi sanitari regionali e delle altre funzioni e attività svolte dagli enti e istituzioni di rilievo nazionale, nell’ambito dei conferimenti previsti dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché delle funzioni conservate allo Stato dal medesimo decreto. 2. Il Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso le risorse finanziarie pubbliche individuate ai sensi del comma 3 e in coerenza con i princìpi e gli obiettivi indicati dagli articoli 1 e 2 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei princìpi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse.3. L’individuazione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza assicurati dal Servizio sanitario nazionale, per il periodo di validità del Piano sanitario nazionale, è effettuata contestualmente all’individuazione delle risorse finanziarie destinate al Servizio sanitario nazionale, nel rispetto delle compatibilità finanziarie definite per l’intero sistema di finanza pubblica nel Documento di programmazione economico-finanziaria. Le prestazioni sanitarie comprese nei livelli essenziali di assistenza sono garantite dal Servizio sanitario nazionale a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa, nelle forme e secondo le modalità previste dalla legislazione vigente. 4. Le regioni, singolarmente o attraverso strumenti di autocoordinamento, elaborano proposte per la predisposizione del Piano sanitario nazionale, con riferimento alle esigenze del livello territoriale considerato e alle funzioni interregionali da assicurare prioritariamente, anche sulla base delle indicazioni del Piano vigente e dei livelli essenziali di assistenza individuati in esso o negli atti che ne costituiscono attuazione. Le regioni trasmettono al Ministro della sanità, entro il 31 marzo di ogni anno, la relazione annuale sullo stato di attuazione del piano

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sanitario regionale, sui risultati di gestione e sulla spesa prevista per l’anno successivo. 5. Il Governo, su proposta del Ministro della sanità, sentite le commissioni parlamentari competenti per la materia, le quali si esprimono entro trenta giorni dalla data di trasmissione dell’atto, nonché le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative, le quali rendono il parere entro venti giorni, predispone il Piano sanitario nazionale, tenendo conto delle proposte trasmesse dalle regioni entro il 31 luglio dell’ultimo anno di vigenza del piano precedente, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 4. Il Governo, ove si discosti dal parere delle commissioni parlamentari, è tenuto a motivare. Il piano è adottato ai sensi dell’articolo 1 della legge 12 gennaio 1991, n. 13, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. 6. I livelli essenziali di assistenza comprendono le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni relativi alle aree di offerta individuate dal Piano sanitario nazionale. Tali livelli comprendono, per il 1998-2000: a) l’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro; b) l’assistenza distrettuale; c) l’assistenza ospedaliera. 7. Sono posti a carico del Servizio sanitario le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate. Sono esclusi dai livelli di assistenza erogati a carico del Servizio sanitario nazionale le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che: a) non rispondono a necessità assistenziali tutelate in base ai princìpi ispiratori del Servizio sanitario nazionale di cui al comma 2;b) non soddisfano il principio dell’efficacia e dell’appropriatezza, ovvero la cui efficacia non è dimostrabile in base alle evidenze scientifiche disponibili o sono utilizzati per soggetti le cui condizioni cliniche non corrispondono alle indicazioni raccomandate; c) in presenza di altre forme di assistenza volte a soddisfare le medesime esigenze, non soddisfano il principio dell’economicità nell’impiego delle risorse, ovvero non garantiscono un uso efficiente delle risorse quanto a modalità di organizzazione ed erogazione dell’assistenza. 8. Le prestazioni innovative per le quali non sono disponibili sufficienti e definitive evidenze scientifiche di efficacia possono essere erogate in strutture sanitarie accreditate dal Servizio sanitario nazionale esclusivamente nell’ambito di appositi programmi di sperimentazione autorizzati dal Ministero della sanità.9. Il Piano sanitario nazionale ha durata triennale ed è adottato dal Governo entro il 30 novembre dell’ultimo anno di vigenza del Piano precedente. Il Piano sanitario nazionale può essere modificato nel corso del triennio con la procedura di cui al comma 5.10. Il Piano sanitario nazionale indica: a) le aree prioritarie di intervento, anche ai fini di una progressiva riduzione delle diseguaglianze sociali e territoriali nei confronti della salute; b) i livelli essenziali di assistenza sanitaria da assicurare per il triennio di validità del Piano; c) la quota capitaria di finanziamento per ciascun anno di validità del Piano e la sua disaggregazione per livelli di assistenza; d) gli indirizzi finalizzati a orientare il Servizio sanitario nazionale verso il miglioramento continuo della qualità dell’assistenza, anche attraverso la realizzazione di progetti di interesse sovra regionale; e) i progetti-obiettivo, da realizzare anche mediante l’integrazione funzionale e operativa dei servizi sanitari e dei servizi socio-assistenziali degli enti locali;

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f) le finalità generali e i settori principali della ricerca biomedica e sanitaria, prevedendo altresì il relativo programma di ricerca; g) le esigenze relative alla formazione di base e gli indirizzi relativi alla formazione continua del personale, nonché al fabbisogno e alla valorizzazione delle risorse umane; h) le linee guida e i relativi percorsi diagnostico-terapeutici allo scopo di favorire, all’interno di ciascuna struttura sanitaria, lo sviluppo di modalità sistematiche di revisione e valutazione della pratica clinica e assistenziale e di assicurare l’applicazione dei livelli essenziali di assistenza; i) i criteri e gli indicatori per la verifica dei livelli di assistenza assicurati in rapporto a quelli previsti. 11. I progetti obiettivo previsti dal Piano sanitario nazionale sono adottati dal Ministro della sanità con decreto di natura non regolamentare, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con gli altri Ministri competenti per materia, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. 12. La Relazione sullo stato sanitario del Paese, predisposta annualmente dal Ministro della sanità: a) illustra le condizioni di salute della popolazione presente sul territorio nazionale; b) descrive le risorse impiegate e le attività svolte dal Servizio sanitario nazionale; c) espone i risultati conseguiti rispetto agli obiettivi fissati dal Piano sanitario nazionale; d) riferisce sui risultati conseguiti dalle regioni in riferimento all’attuazione dei piani sanitari regionali; e) fornisce indicazioni per l’elaborazione delle politiche sanitarie e la programmazione degli interventi. 13. Il piano sanitario regionale rappresenta il piano strategico degli interventi per gli obiettivi di salute e il funzionamento dei servizi per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione regionale anche in riferimento agli obiettivi del Piano sanitario nazionale. Le regioni, entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore del Piano sanitario nazionale, adottano o adeguano i Piani sanitari regionali, prevedendo forme di partecipazione delle autonomie locali, ai sensi dell’articolo 2, comma 2-bis, nonché delle formazioni sociali private non aventi scopo di lucro impegnate nel campo dell’assistenza sociale e sanitaria, delle organizzazioni sindacali degli operatori sanitari pubblici e privati e delle strutture private accreditate dal Servizio sanitario nazionale. 14. Le regioni e le province autonome trasmettono al Ministro della sanità i relativi schemi o progetti di piani sanitari allo scopo di acquisire il parere dello stesso per quanto attiene alla coerenza dei medesimi con gli indirizzi del Piano sanitario nazionale. Il Ministro della sanità esprime il parere entro 30 giorni dalla data di trasmissione dell’atto, sentita l’Agenzia per i servizi sanitari regionali. 15. Il Ministro della sanità, avvalendosi dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali, promuove forme di collaborazione e linee guida comuni in funzione dell’applicazione coordinata del Piano sanitario nazionale e della normativa di settore, salva l’autonoma determinazione regionale in ordine al loro recepimento. 16. La mancanza del Piano sanitario regionale non comporta l’inapplicabilità delle disposizioni del Piano sanitario nazionale. 17. Trascorso un anno dalla data di entrata in vigore del Piano sanitario nazionale senza che la regione abbia adottato il Piano sanitario regionale, alla regione non è consentito l’accreditamento di nuove strutture. Il Ministro della sanità, sentita la regione interessata, fissa un termine non inferiore a tre mesi per provvedervi. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, sentita l’Agenzia per i servizi sanitari regionali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, adotta gli atti necessari per dare attuazione nella regione al Piano sanitario nazionale, anche mediante la nomina di commissari ad acta.

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18. Le istituzioni e gli organismi a scopo non lucrativo concorrono, con le istituzioni pubbliche e quelle equiparate di cui all’articolo 4, comma 12, alla realizzazione dei doveri costituzionali di solidarietà, dando attuazione al pluralismo etico-culturale dei servizi alla persona. Esclusivamente ai fini del presente decreto sono da considerarsi a scopo non lucrativo le istituzioni che svolgono attività nel settore dell’assistenza sanitaria e socio-sanitaria, qualora ottemperino a quanto previsto dalle disposizioni di cui all’articolo 10, comma 1, lettere d), e), f), g), e h), e comma 6 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460; resta fermo quanto disposto dall’articolo 10, comma 7, del medesimo decreto. L’attribuzione della predetta qualifica non comporta il godimento dei benefìci fiscali previsti in favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale dal decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460. Le attività e le funzioni assistenziali delle strutture equiparate di cui al citato articolo 4, comma 12, con oneri a carico del Servizio sanitario nazionale, sono esercitate esclusivamente nei limiti di quanto stabilito negli specifici accordi di cui all’articolo 8-quinquies.».

Il testo dell’art. 5 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13 (si vedano le note

all’art. 11, commi 1, 3, 5, lett. b)), è il seguente:

«Art. 5Concertazione e partenariato istituzionale e sociale.

1. La Giunta regionale promuove le più ampie forme di concertazione-partenariato istituzionale e sociale ai fini della predisposizione delle proposte di atti di programmazione regionale. 2. Il partenariato sociale si attua, anche con riferimento a esperienze nazionali e comunitarie, attraverso l’istituzione di un tavolo di concertazione a cui partecipano i soggetti indicati all’articolo 4, comma 1. Entro tre mesi dall’inizio di ogni legislatura, la Giunta regionale definisce la composizione del tavolo di concertazione e gli ambiti di attività. Le specifiche sessioni di concertazione vengono precisate d’intesa con le rappresentanze economico-sociali all’inizio di ogni anno. La Giunta regionale, nella definizione delle regole di selezione dei partecipanti, si ispira ai criteri del pluralismo delle istanze, della rappresentatività generale dei soggetti, della specifica competenza tecnica rispetto agli strumenti oggetto di esame partenariale. 3. Il partenariato istituzionale si esplica, per quanto concerne gli enti locali, attraverso le apposite conferenze previste dalla legislazione regionale sugli strumenti di pianificazione urbanistica strategica territoriale regionale e attraverso la concertazione con il Consiglio delle Autonomie locali. 4. Gli altri interlocutori regionali, nazionali e comunitari, di cui all’articolo 4, comma 2, possono essere chiamati a partecipare alle sessioni di partenariato sociale ed istituzionale di cui al presente articolo in ragione delle loro competenze di istituto o con riferimento a specifiche normative. 5. La Giunta regionale attua e promuove la più ampia partecipazione alle istanze di concertazione e partenariato promosse dal Governo e dalle istituzioni dell’Unione Europea. Nell’ambito di tale attività, la Giunta regionale cura i collegamenti con le altre Regioni ai fini della proposizione di istanze e programmi comuni.».

Nota all’art. 15, comma 1:

Per il testo dell’art. 3-quater, commi 2 e 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992,

n. 502 si vedano le note all’art. 11, commi 1, 3, 5, lett. b).

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Nota all’art. 16, comma 4:

Per il testo dell’art. 1, comma 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si

vedano le note all’art. 13, commi 3 e 4.

Nota all’art. 18, comma 1:

La legge regionale 12 novembre 2012, n. 18, recante “Ordinamento del Servizio

sanitario regionale” (pubblicata nel B.U.R. 15 novembre 2012, n. 50, E.S.), è stata

modificata ed integrata con leggi regionali 9 aprile 2013, n. 8 (in S.S. n. 3 al B.U.R.

10 aprile 2013, n. 18), 4 aprile 2014, n. 5 (in S.S. n. 2 al B.U.R. 5 aprile 2014, n. 17),

29 aprile 2014, n. 9 (in S.O. n. 1 al B.U.R. 30 aprile 2014, n. 21).

Il testo dell’art. 6 è il seguente:

«Articolo 6 Istituzione delle unità sanitarie locali.

1. In ciascuno degli ambiti territoriali individuati nella tabella Allegato A), che forma parte integrante e sostanziale della presente legge, è istituita una unità sanitaria locale. 2. La sede legale delle aziende unità sanitarie locali è stabilita dalla Giunta regionale con proprio atto, acquisito il parere della competente Conferenza dei sindaci di cui all’articolo 13, entro trenta giorni dal ricevimento, da parte della Conferenza stessa, della proposta della Giunta regionale. In caso di inerzia provvede comunque la Giunta regionale. 3. Le unità sanitarie locali di cui al comma 1 sono costituite in aziende dotate di personalità giuridica pubblica e godono di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale, tecnica ed imprenditoriale. 4. L’organizzazione e il funzionamento delle unità sanitarie locali sono disciplinati con l’atto aziendale di diritto privato di cui all’articolo 10.».

Nota all’art. 19, comma 1, lett. d):

La legge 10 agosto 2000, n. 251, recante “Disciplina delle professioni sanitarie

infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione nonché della

professione ostetrica” è pubblicata nella G.U. 6 settembre 2000, n. 208.

Nota all’art. 20, comma 3, lett. c):

Per legge 10 agosto 2000, n. 251, si veda la nota all’art. 19, comma 1, lett. d).

Nota all’art. 21, commi 1 e 3:

Per il decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, si vedano le note all’art. 3,

comma 1.

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Nota all’art. 22, comma 1:

Si riporta il testo degli artt. 3, 15-bis, comma 1 e 15-ter del decreto legislativo 30

dicembre 1992, n. 502 (si vedano le note all’art. 3, comma 1):

«3. Organizzazione delle unità sanitarie locali.

1. Le regioni, attraverso le unità sanitarie locali, assicurano i livelli essenziali di assistenza di cui all’articolo 1, avvalendosi anche delle aziende di cui all’articolo 4. 1-bis. In funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie locali si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale; la loro organizzazione ed il funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei princìpi e criteri previsti da disposizioni regionali. L’atto aziendale individua le strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale, soggette a rendicontazione analitica. 1-ter. [Le aziende di cui ai commi 1 e 1-bis informano la propria attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità e sono tenute al rispetto del vincolo di bilancio, attraverso l’equilibrio di costi e ricavi, compresi i trasferimenti di risorse finanziarie. Agiscono mediante atti di diritto privato. I contratti di fornitura di beni e servizi, il cui valore sia inferiore a quello stabilito dalla normativa comunitaria in materia, sono appaltati o contrattati direttamente secondo le norme di diritto privato indicate nell’atto aziendale di cui al comma 1-bis]. 1-quater. Sono organi dell’azienda il direttore generale, il collegio di direzione e il collegio sindacale. Il direttore generale adotta l’atto aziendale di cui al comma 1-bis; è responsabile della gestione complessiva e nomina i responsabili delle strutture operative dell’azienda. Il direttore generale è coadiuvato, nell’esercizio delle proprie funzioni, dal direttore amministrativo e dal direttore sanitario. Le regioni disciplinano forme e modalità per la direzione e il coordinamento delle attività socio-sanitarie a elevata integrazione sanitaria. Il direttore generale si avvale del Collegio di direzione di cui all’articolo 17 per le attività ivi indicate. 1-quinquies. Il direttore amministrativo e il direttore sanitario sono nominati dal direttore generale. Essi partecipano, unitamente al direttore generale, che ne ha la responsabilità, alla direzione dell’azienda, assumono diretta responsabilità delle funzioni attribuite alla loro competenza e concorrono, con la formulazione di proposte e di pareri, alla formazione delle decisioni della direzione generale. 2. [L’unità sanitaria locale provvede ad assicurare i livelli di assistenza di cui all’articolo 1 nel proprio ambito territoriale]. 3. L’unità sanitaria locale può assumere la gestione di attività o servizi socio-assistenziali su delega dei singoli enti locali con oneri a totale carico degli stessi, ivi compresi quelli relativi al personale, e con specifica contabilizzazione. L’unità sanitaria locale procede alle erogazioni solo dopo l’effettiva acquisizione delle necessarie disponibilità finanziarie. 4. [Sono organi dell’unità sanitaria locale il direttore generale ed il collegio dei revisori. Il direttore generale è coadiuvato dal direttore amministrativo, dal direttore sanitario e dal consiglio dei sanitari nonché dal coordinatore dei servizi sociali, nel caso previsto dal comma 3 in conformità alla normativa regionale e con oneri a carico degli enti locali di cui allo stesso comma]. 5. Le regioni disciplinano, entro il 31 marzo 1994, nell’ambito della propria competenza le modalità organizzative e di funzionamento delle unità sanitarie locali prevedendo tra l’altro: a) [la riduzione, sentite le province interessate, delle unità sanitarie locali, prevedendo per ciascuna un ambito territoriale coincidente di norma con quello della provincia. In relazione a condizioni territoriali particolari, in specie delle aree montane, ed

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alla densità e distribuzione della popolazione, la regione prevede ambiti territoriali di estensione diversa]; b) [l’articolazione delle unità sanitarie locali in distretti]; c) [i criteri per la definizione dei rapporti attivi e passivi facenti capo alle preesistenti unità sanitarie locali e unità socio-sanitarie locali];d) [il finanziamento delle unità sanitarie locali che tenga conto della natura aziendale delle stesse nonché del bacino d’utenza da servire e delle prestazioni da erogare]; e) [le modalità di vigilanza e controllo sulle unità sanitarie locali]; f) [il divieto alle unità sanitarie locali ed alle aziende ospedaliere di cui all’art. 4 di ricorrere a qualsiasi forma di indebitamento, fatte salve:1) l’anticipazione, da parte del tesoriere, nella misura massima di un dodicesimo dell’ammontare annuo delle entrate previste nel bilancio di competenza, al netto delle partite di giro; 2) la contrazione di mutui o l’accensione di altre forme di credito, di durata non superiore a dieci anni, per il finanziamento di spese di investimento e previa autorizzazione regionale, fino ad un ammontare complessivo delle relative rate, per capitale ed interessi, non superiore al 15 per cento delle entrate proprie correnti previste nel bilancio annuale di competenza, ad esclusione della quota di Fondo sanitario nazionale di parte corrente attribuita alla regione]; g) i criteri per la definizione delle dotazioni organiche e degli uffici dirigenziali delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere nonché i criteri per l’attuazione della mobilità del personale risultato in esubero, ai sensi delle disposizioni di cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni. 6. Tutti i poteri di gestione, nonché la rappresentanza dell’unità sanitaria locale, sono riservati al direttore generale. Al direttore generale compete in particolare, anche attraverso l’istituzione dell’apposito servizio di controllo interno di cui all’art. 20, D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, verificare, mediante valutazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati, la corretta ed economica gestione delle risorse attribuite ed introitate nonché l’imparzialità ed il buon andamento dell’azione amministrativa. I provvedimenti di nomina dei direttori generali delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere sono adottati esclusivamente con riferimento ai requisiti di cui all’articolo 1 del D.L. 27 agosto 1994, n. 512, convertito dalla legge 17 ottobre 1994, n. 590, senza necessità di valutazioni comparative. [Il direttore generale è nominato, previo specifico avviso da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, dalla regione, tra gli iscritti nell’apposito elenco nazionale istituito presso il Ministero della sanità di cui al comma 10]. [La nomina del direttore generale deve essere effettuata nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di vacanza dell’ufficio e, in sede di prima applicazione, dalla data di istituzione dell’unità sanitaria locale e comunque non oltre il 30 aprile 1994]. [Scaduto tale termine, qualora la regione non vi abbia provveduto, la nomina del direttore generale è effettuata previa diffida, dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità]. L’autonomia di cui al comma 1 diviene effettiva con la prima immissione nelle funzioni del direttore generale. [Il rapporto di lavoro del direttore generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario è a tempo pieno, regolato da contratto di diritto privato di durata quinquennale, rinnovabile, e non può comunque protrarsi oltre il settantesimo anno di età]. I contenuti di tale contratto, ivi compresi i criteri per la determinazione degli emolumenti, sono fissati entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri della sanità, del tesoro, del lavoro e della previdenza sociale e per gli affari regionali sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Il direttore generale è tenuto a motivare i provvedimenti assunti in difformità dal parere reso dal direttore

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sanitario, dal direttore amministrativo e dal consiglio dei sanitari. In caso di vacanza dell’ufficio o nei casi di assenza o di impedimento del direttore generale, le relative funzioni sono svolte dal direttore amministrativo o dal direttore sanitario su delega del direttore generale o, in mancanza di delega, dal direttore più anziano per età. Ove l’assenza o l’impedimento si protragga oltre sei mesi si procede alla sostituzione. [Nei casi in cui ricorrano gravi motivi o la gestione presenti una situazione di grave disavanzo o in caso di violazione di leggi o di princìpi di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione, la regione risolve il contratto dichiarandone la decadenza e provvede alla sostituzione del direttore generale]. [In caso di inerzia da parte delle regioni, previo invito ai predetti organi ad adottare le misure adeguate, provvede in via sostitutiva il Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro della sanità]. [Le regioni determinano in via generale i parametri di valutazione dell’attività dei direttori generali delle aziende, avendo riguardo al raggiungimento degli obiettivi assegnati nel quadro della programmazione regionale, con particolare riferimento alla efficienza, efficacia e funzionalità dei servizi sanitari]. 7. [Il direttore amministrativo ed il direttore sanitario sono nominati con provvedimento motivato del direttore generale]. [Al rapporto di lavoro si applica la disciplina di cui al comma 6]. [Essi cessano dall’incarico entro tre mesi dalla data di nomina del nuovo direttore generale e possono essere riconfermati]. [Per gravi motivi, il direttore amministrativo ed il direttore sanitario possono essere sospesi o dichiarati decaduti dal direttore generale con provvedimento motivato]. Il direttore sanitario è un medico [in possesso della idoneità nazionale di cui all’art. 17] che non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbia svolto per almeno cinque anni qualificata attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie, pubbliche o private, di media o grande dimensione. Il direttore sanitario dirige i servizi sanitari ai fini organizzativi ed igienico-sanitari e fornisce parere obbligatorio al direttore generale sugli atti relativi alle materie di competenza. Il direttore amministrativo è un laureato in discipline giuridiche o economiche che non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbia svolto per almeno cinque anni una qualificata attività di direzione tecnica o amministrativa in enti o strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione. Il direttore amministrativo dirige i servizi amministrativi dell’unità sanitaria locale [e fornisce parere obbligatorio al direttore generale sugli atti relativi alle materie di competenza]. [Le regioni disciplinano le funzioni del coordinatore dei servizi sociali in analogia alle disposizioni previste per i direttori sanitario e amministrativo]. Nelle aziende ospedaliere, nelle aziende ospedaliero-universitarie di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, e negli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici, costituiti da un unico presidio, le funzioni e i compiti del direttore sanitario di cui al presente articolo e del dirigente medico di cui all’articolo 4, comma 9, del presidio ospedaliero sono svolti da un unico soggetto avente i requisiti di legge. Sono soppresse le figure del coordinatore amministrativo, del coordinatore sanitario e del sovrintendente sanitario, nonché l’ufficio di direzione. 8. [Per i pubblici dipendenti la nomina a direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario determina il collocamento in aspettativa senza assegni; il periodo di aspettativa è utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza e dell’anzianità di servizio. Le amministrazioni di appartenenza provvedono ad effettuare il versamento dei relativi contributi, comprensivi delle quote a carico del dipendente, nonché dei contributi assistenziali, calcolati sul trattamento stipendiale spettante al medesimo ed a richiedere il rimborso del correlativo onere alle unità sanitarie locali interessate, le quali procedono al recupero delle quote a carico dall’interessato. Qualora il direttore generale, il direttore sanitario ed il direttore amministrativo siano dipendenti privati sono collocati in

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aspettativa senza assegni con diritto al mantenimento del posto].9. [Il direttore generale non è eleggibile a membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, dei consigli e assemblee delle regioni e del Parlamento, salvo che le funzioni esercitate non siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dei periodi di durata dei predetti organi. In caso di scioglimento anticipato dei medesimi, le cause di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data del provvedimento di scioglimento. In ogni caso il direttore generale non è eleggibile nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell’unità sanitaria locale presso la quale abbia esercitato le sue funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura. Il direttore generale che sia stato candidato e non sia stato eletto non può esercitare per un periodo di cinque anni le sue funzioni in unità sanitarie locali comprese, in tutto o in parte, nel collegio elettorale nel cui ambito si sono svolte le elezioni. La carica di direttore generale è incompatibile con quella di membro del consiglio e delle assemblee delle regioni e delle province autonome, di consigliere provinciale, di sindaco, di assessore comunale, di presidente o di assessore di comunità montana, di membro del Parlamento, nonché con l’esistenza di rapporti anche in regime convenzionale con la unità sanitaria locale presso cui sono esercitate le funzioni o di rapporti economici o di consulenza con strutture che svolgono attività concorrenziali con la stessa. La predetta normativa si applica anche ai direttori amministrativi ed ai direttori sanitari. La carica di direttore generale è altresì incompatibile con la sussistenza di un rapporto di lavoro dipendente, ancorché in regime di aspettativa senza assegni, con l’unità sanitaria locale presso cui sono esercitate le funzioni].10. [Il Ministero della sanità cura la tenuta e l’aggiornamento dell’elenco dei soggetti in possesso dei requisiti per lo svolgimento della funzione di direttore generale. L’elenco è predisposto, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, da una commissione nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, e composta da un magistrato del Consiglio di Stato con funzioni di presidente di sezione, che la presiede, dal direttore generale della Direzione generale del Ministero della sanità che cura la tenuta dell’elenco e da altri cinque membri, individuati tra soggetti estranei all’amministrazione statale e regionale in possesso di comprovate competenze ed esperienze nel settore dell’organizzazione e della gestione dei servizi sanitari, rispettivamente uno dal Presidente del Consiglio dei Ministri, uno dal CNEL, uno dal Ministro della sanità e due dal presidente della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Nella provincia autonoma di Bolzano e nella regione Valle d’Aosta i direttori generali sono individuati tra gli iscritti in apposito elenco, rispettivamente provinciale e regionale, predisposto da una commissione nominata dal presidente della provincia autonoma di Bolzano e della regione Valle d’Aosta ed i cui membri sono nominati con le stesse modalità previste per la commissione nazionale. Gli elenchi sono predisposti nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di bilinguismo e, per la provincia autonoma di Bolzano, di riserva proporzionale dei posti nel pubblico impiego. I predetti elenchi provinciale e regionale sono costituiti con l’osservanza dei princìpi e dei criteri fissati per gli elenchi nazionali ed hanno validità limitata ai territori provinciale e regionale. La commissione provvede alla costituzione ed all’aggiornamento dell’elenco secondo princìpi direttivi resi pubblici ed improntati a criteri di verifica dei requisiti. All’elenco possono accedere, a domanda, i candidati che non abbiano compiuto il sessantacinquesimo anno di età, che siano in possesso del diploma di laurea e di specifici e documentati requisiti, coerenti rispetto alle funzioni da svolgere ed attestanti qualificata attività professionale di direzione tecnica o

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amministrativa in enti, strutture pubbliche o private di media o grande dimensione, con esperienza acquisita per almeno cinque anni e comunque non oltre i due anni precedenti a quello dell’iscrizione. Il predetto elenco deve essere altresì integrato ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. 30 giugno 1993, n. 270]. 11. Non possono essere nominati direttori generali, direttori amministrativi o direttori sanitari delle unità sanitarie locali: a) coloro che hanno riportato condanna, anche non definitiva, a pena detentiva non inferiore ad un anno per delitto non colposo ovvero a pena detentiva non inferiore a sei mesi per delitto non colposo commesso nella qualità di pubblico ufficiale o con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione, salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 166 del codice penale; b) coloro che sono sottoposti a procedimento penale per delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza; c) coloro che sono stati sottoposti, anche con provvedimento non definitivo ad una misura di prevenzione, salvi gli effetti della riabilitazione prevista dall’art. 15 della L. 3 agosto 1988, n. 327, e dall’art. 14, L. 19 marzo 1990, n. 55; d) coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza detentiva o a libertà vigilata. 12. Il consiglio dei sanitari è organismo elettivo dell’unità sanitaria locale con funzioni di consulenza tecnico-sanitaria ed è presieduto dal direttore sanitario. Fanno parte del consiglio medici in maggioranza ed altri operatori sanitari laureati - con presenza maggioritaria della componente ospedaliera medica se nell’unità sanitaria locale è presente un presidio ospedaliero - nonché una rappresentanza del personale infermieristico e del personale tecnico sanitario. Nella componente medica è assicurata la presenza del medico veterinario. Il consiglio dei sanitari fornisce parere obbligatorio al direttore generale per le attività tecnico-sanitarie, anche sotto il profilo organizzativo, e per gli investimenti ad esse attinenti. Il consiglio dei sanitari si esprime altresì sulle attività di assistenza sanitaria. Tale parere è da intendersi favorevole ove non formulato entro il termine fissato dalla legge regionale. La regione provvede a definire il numero dei componenti nonché a disciplinare le modalità di elezione e la composizione ed il funzionamento del consiglio. 13. [Il collegio dei revisori dura in carica cinque anni ed è composto da tre membri, di cui uno designato dalla regione, uno designato dal Ministro del tesoro, scelto tra i funzionari della Ragioneria generale dello Stato ed uno designato dal sindaco o dalla conferenza dei sindaci o dai presidenti dei consigli circoscrizionali]. [Il predetto collegio è integrato da altri due membri, dei quali uno designato dalla regione ed uno designato dal Ministro del tesoro scelto tra i funzionari della Ragioneria generale dello Stato, per le unità sanitarie locali il cui bilancio di previsione comporti un volume di spesa di parte corrente superiore a duecento miliardi]. [I revisori, ad eccezione della rappresentanza del Ministero del tesoro, sono scelti tra i revisori contabili iscritti nel registro previsto dall’art. 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88]. Il direttore generale dell’unità sanitaria locale nomina i revisori con specifico provvedimento e li convoca per la prima seduta. Il presidente del collegio viene eletto dai revisori all’atto della prima seduta. Ove a seguito di decadenza, dimissioni o decessi il collegio risultasse mancante di uno o più componenti, il direttore generale provvede ad acquisire le nuove designazioni dalle amministrazioni competenti. In caso di mancanza di più di due componenti dovrà procedersi alla ricostituzione dell’intero collegio. Qualora il direttore generale non proceda alla ricostituzione del collegio entro trenta giorni, la regione provvede a costituirlo in via straordinaria con un funzionario della regione e due designati dal Ministro del tesoro. Il collegio straordinario cessa le proprie funzioni all’atto dell’insediamento del collegio ordinario. L’indennità annua lorda spettante ai componenti del collegio dei revisori è fissata in misura pari al 10 per cento degli emolumenti del direttore generale dell’unità sanitaria locale. Al presidente del collegio compete una

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maggiorazione pari al 20 per cento dell’indennità fissata per gli altri componenti. [Il collegio dei revisori vigila sull’osservanza delle leggi, verifica la regolare tenuta della contabilità e la corrispondenza del rendiconto generale alle risultanze delle scritture contabili, esamina il bilancio di previsione e le relative variazioni ed assestamento]. [Il collegio accerta almeno ogni trimestre la consistenza di cassa e può chiedere notizie al direttore generale sull’andamento dell’unità sanitaria locale]. [I revisori possono, in qualsiasi momento, procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e di controllo]. 14. Nelle unità sanitarie locali il cui ambito territoriale coincide con quello del comune, il sindaco, al fine di corrispondere alle esigenze sanitarie della popolazione, provvede alla definizione, nell’ambito della programmazione regionale, delle linee di indirizzo per l’impostazione programmatica dell’attività, esamina il bilancio pluriennale di previsione ed il bilancio di esercizio e rimette alla regione le relative osservazioni, verifica l’andamento generale dell’attività e contribuisce alla definizione dei piani programmatici trasmettendo le proprie valutazioni e proposte al direttore generale ed alla regione. Nelle unità sanitarie locali il cui ambito territoriale non coincide con il territorio del comune, le funzioni del sindaco sono svolte dalla conferenza dei sindaci o dei presidenti delle circoscrizioni di riferimento territoriale tramite una rappresentanza costituita nel suo seno da non più di cinque componenti nominati dalla stessa conferenza con modalità di esercizio delle funzioni dettate con normativa regionale.

15-bis. Funzioni dei dirigenti responsabili di struttura.

1. L’atto aziendale di cui all’articolo 3, comma 1-bis, disciplina l’attribuzione al direttore amministrativo, al direttore sanitario, nonché ai direttori di presidio, di distretto, di dipartimento e ai dirigenti responsabili di struttura, dei compiti, comprese, per i dirigenti di strutture complesse, le decisioni che impegnano l’azienda verso l’esterno, per l’attuazione degli obiettivi definiti nel piano programmatico e finanziario aziendale. Omissis.

15-ter.Incarichi di natura professionale e di direzione di struttura.

1. Gli incarichi di cui all’articolo 15, comma 4, sono attribuiti, a tempo determinato, dal direttore generale, secondo le modalità definite nella contrattazione collettiva nazionale, compatibilmente con le risorse finanziarie a tale fine disponibili e nei limiti del numero degli incarichi e delle strutture stabiliti nell’atto aziendale di cui all’articolo 3, comma 1-bis, tenendo conto delle valutazioni triennali del collegio tecnico di cui all’articolo 15, comma 5. Gli incarichi hanno durata non inferiore a tre anni e non superiore a sette, con facoltà di rinnovo. Ai predetti incarichi si applica l’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 29 del 1993 e successive modificazioni. Sono definiti contrattualmente, nel rispetto dei parametri indicati dal contratto collettivo nazionale per ciascun incarico, l’oggetto, gli obiettivi da conseguire, la durata dell’incarico, salvo i casi di revoca, nonché il corrispondente trattamento economico. 2. Gli incarichi di struttura complessa hanno durata da cinque a sette anni, con facoltà di rinnovo per lo stesso periodo o per periodo più breve. 3. Gli incarichi di cui ai commi 1 e 2 sono revocati, secondo le procedure previste dalle disposizioni vigenti e dai contratti collettivi nazionali di lavoro, in caso di: inosservanza delle direttive impartite dalla direzione generale o dalla direzione del dipartimento; mancato raggiungimento degli obiettivi assegnati; responsabilità grave e reiterata; in tutti gli altri casi previsti dai contratti di lavoro. Nei casi di maggiore gravità, il direttore generale può recedere dal rapporto di lavoro, secondo le disposizioni del codice civile e dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Il dirigente non confermato alla scadenza dell’incarico di

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direzione di struttura complessa è destinato ad altra funzione con il trattamento economico relativo alla funzione di destinazione previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro; contestualmente viene reso indisponibile un posto di organico del relativo profilo.4. I dirigenti ai quali non sia stata affidata la direzione di strutture svolgono funzioni di natura professionale, anche di alta specializzazione, di consulenza, studio e ricerca nonché funzioni ispettive, di verifica e di controllo. 5. Il dirigente preposto a una struttura complessa è sostituito, in caso di sua assenza o impedimento, da altro dirigente della struttura o del dipartimento individuato dal responsabile della struttura stessa; alle predette mansioni superiori non si applica l’articolo 2103, comma primo, del codice civile.».

Note all’art. 25, commi 2, lett. b), 4 e 5:

Per il testo dell’art. 3, comma 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si

veda la nota all’art. 22, comma 1.

Si riporta il testo dell’art. 14 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (si

vedano le note all’art. 3, comma 1):

«14. Diritti dei cittadini.

1. Al fine di garantire il costante adeguamento delle strutture e delle prestazioni sanitarie alle esigenze dei cittadini utenti del Servizio sanitario nazionale il Ministro della sanità definisce con proprio decreto, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome i contenuti e le modalità di utilizzo degli indicatori di qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie relativamente alla personalizzazione ed umanizzazione dell’assistenza, al diritto all’informazione, alle prestazioni alberghiere, nonché dell’andamento delle attività di prevenzione delle malattie. A tal fine il Ministro della sanità, d’intesa con il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministro degli affari sociali, può avvalersi anche della collaborazione delle università, del Consiglio nazionale delle ricerche, delle organizzazioni rappresentative degli utenti e degli operatori del Servizio sanitario nazionale nonché delle organizzazioni di volontariato e di tutela dei diritti. 2. Le regioni utilizzano il suddetto sistema di indicatori per la verifica, anche sotto il profilo sociologico, dello stato di attuazione dei diritti dei cittadini, per la programmazione regionale, per la definizione degli investimenti di risorse umane, tecniche e finanziarie. Le regioni promuovono inoltre consultazioni con i cittadini e le loro organizzazioni anche sindacali ed in particolare con gli organismi di volontariato e di tutela dei diritti al fine di fornire e raccogliere informazioni sull’organizzazione dei servizi. Tali soggetti dovranno comunque essere sentiti nelle fasi dell’impostazione della programmazione e verifica dei risultati conseguiti e ogniqualvolta siano in discussione provvedimenti su tali materie. Per le finalità del presente articolo, le regioni prevedono forme di partecipazione delle organizzazioni dei cittadini e del volontariato impegnato nella tutela del diritto alla salute nelle attività relative alla programmazione, al controllo e alla valutazione dei servizi sanitari a livello regionale, aziendale e distrettuale. Le regioni determinano altresì le modalità della presenza nelle strutture degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti, anche attraverso la previsione di organismi di consultazione degli stessi presso le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere.

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3. Il Ministro della sanità, in sede di presentazione della relazione sullo stato sanitario del Paese, riferisce in merito alla tutela dei diritti dei cittadini con riferimento all’attuazione degli indicatori di qualità. 4. Al fine di favorire l’orientamento dei cittadini nel Servizio sanitario nazionale, le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere provvedono ad attivare un efficace sistema di informazione sulle prestazioni erogate, sulle tariffe, sulle modalità di accesso ai servizi. Le aziende individuano inoltre modalità di raccolta ed analisi dei segnali di disservizio, in collaborazione con le organizzazioni rappresentative dei cittadini, con le organizzazioni di volontariato e di tutela dei diritti.Il direttore generale dell’unità sanitaria locale ed il direttore generale dell’azienda ospedaliera convocano, almeno una volta l’anno, apposita conferenza dei servizi quale strumento per verificare l’andamento dei servizi anche in relazione all’attuazione degli indicatori di qualità di cui al primo comma, e per individuare ulteriori interventi tesi al miglioramento delle prestazioni. Qualora il direttore generale non provveda, la conferenza viene convocata dalla regione. 5. Il direttore sanitario e il dirigente sanitario del servizio, a richiesta degli assistiti, adottano le misure necessarie per rimuovere i disservizi che incidono sulla qualità dell’assistenza. Al fine di garantire la tutela del cittadino avverso gli atti o comportamenti con i quali si nega o si limita la fruibilità delle prestazioni di assistenza sanitaria, sono ammesse osservazioni, opposizioni, denunce o reclami in via amministrativa, redatti in carta semplice, da presentarsi entro quindici giorni, dal momento in cui l’interessato abbia avuto conoscenza dell’atto o comportamento contro cui intende osservare od opporsi, da parte dell’interessato, dei suoi parenti o affini, degli organismi di volontariato o di tutela dei diritti accreditati presso la regione competente, al direttore generale dell’unità sanitaria locale o dell’azienda che decide in via definitiva o comunque provvede entro quindici giorni, sentito il direttore sanitario. La presentazione delle anzidette osservazioni ed opposizioni non impedisce né preclude la proposizione di impugnative in via giurisdizionale. 6. Al fine di favorire l’esercizio del diritto di libera scelta del medico e del presidio di cura, il Ministero della sanità cura la pubblicazione dell’elenco di tutte le istituzioni pubbliche e private che erogano prestazioni di alta specialità, con l’indicazione delle apparecchiature di alta tecnologia in dotazione nonché delle tariffe praticate per le prestazioni più rilevanti. La prima pubblicazione è effettuata entro il 31 dicembre 1993. 7. È favorita la presenza e l’attività, all’interno delle strutture sanitarie, degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti. A tal fine le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere stipulano con tali organismi, senza oneri a carico del Fondo sanitario regionale, accordi o protocolli che stabiliscano gli ambiti e le modalità della collaborazione, fermo restando il diritto alla riservatezza comunque garantito al cittadino e la non interferenza nelle scelte professionali degli operatori sanitari; le aziende e gli organismi di volontariato e di tutela dei diritti concordano programmi comuni per favorire l’adeguamento delle strutture e delle prestazioni sanitarie alle esigenze dei cittadini. I rapporti tra aziende ed organismi di volontariato che esplicano funzioni di servizio o di assistenza gratuita all’interno delle strutture sono regolati sulla base di quanto previsto dalla legge n. 266/91 e dalle leggi regionali attuative. 8. Le regioni, le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere promuovono iniziative di formazione e di aggiornamento del personale adibito al contatto con il pubblico sui temi inerenti la tutela dei diritti dei cittadini, da realizzare anche con il concorso e la collaborazione delle rappresentanze professionali e sindacali.».

Si riporta il testo dell’art. 46 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 recante

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“Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell’articolo 6 della legge

28 novembre 2005, n. 246” (pubblicato nel S.O. n. 133 alla G.U. 31 maggio 2006, n.

125), modificato dal decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 5 (in G.U. 5 febbraio

2010, n. 29):

«Art. 46. Rapporto sulla situazione del personale(legge 10 aprile 1991, n.

125, articolo 9, commi 1, 2, 3 e 4)

1. Le aziende pubbliche e private che occupano oltre cento dipendenti sono tenute a redigere un rapporto almeno ogni due anni sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo stato di assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell’intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta. 2. Il rapporto di cui al comma 1 è trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali e alla consigliera e al consigliere regionale di parità, che elaborano i relativi risultati trasmettendoli alla consigliera o al consigliere nazionale di parità, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. 3. Il rapporto è redatto in conformità alle indicazioni definite nell’ambito delle specificazioni di cui al comma 1 dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto. 4. Qualora, nei termini prescritti, le aziende di cui al comma 1 non trasmettano il rapporto, la Direzione regionale del lavoro, previa segnalazione dei soggetti di cui al comma 2, invita le aziende stesse a provvedere entro sessanta giorni. In caso di inottemperanza si applicano le sanzioni di cui all’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1955, n. 520. Nei casi più gravi può essere disposta la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall’azienda.».

Note all’art. 26, commi 1, 3, 4, 8 e 9:

Si riporta il testo dell’art. 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (si

vedano le note all’art. 3, comma 1):

«3-bis. Direttore generale, direttore amministrativo

e direttore sanitario.

1. I provvedimenti di nomina dei direttori generali delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere sono adottati esclusivamente con riferimento ai requisiti di cui al comma 3. 2. La nomina del direttore generale deve essere effettuata nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di vacanza dell’ufficio. Scaduto tale termine, si applica l’articolo 2, comma 2-octies.3. La regione provvede alla nomina dei direttori generali delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale, attingendo obbligatoriamente all’elenco regionale di idonei, ovvero agli analoghi elenchi delle altre regioni, costituiti previo avviso pubblico e selezione effettuata, secondo modalità e criteri individuati dalla regione, da parte di una commissione costituita dalla regione medesima in prevalenza tra esperti indicati da qualificate istituzioni scientifiche indipendenti, di cui uno designato dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli elenchi sono aggiornati almeno ogni due anni. Alla selezione si

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accede con il possesso di laurea magistrale e di adeguata esperienza dirigenziale, almeno quinquennale, nel campo delle strutture sanitarie o settennale negli altri settori, con autonomia gestionale e con diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche o finanziarie, nonché di eventuali ulteriori requisiti stabiliti dalla regione. La regione assicura, anche mediante il proprio sito internet, adeguata pubblicità e trasparenza ai bandi, alla procedura di selezione, alle nomine e ai curricula. Resta ferma l’intesa con il rettore per la nomina del direttore generale di aziende ospedaliero-universitarie. 4. I direttori generali nominati devono produrre, entro diciotto mesi dalla nomina, il certificato di frequenza del corso di formazione in materia di sanità pubblica e di organizzazione e gestione sanitaria. I predetti corsi sono organizzati e attivati dalle regioni, anche in ambito interregionale e in collaborazione con le università o altri soggetti pubblici o privati accreditati ai sensi dell’articolo 16-ter, operanti nel campo della formazione manageriale, con periodicità almeno biennale. I contenuti, la metodologia delle attività didattiche, la durata dei corsi, non inferiore a centoventi ore programmate in un periodo non superiore a sei mesi, nonché le modalità di conseguimento della certificazione, sono stabiliti, entro centoventi giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, con decreto del Ministro della sanità, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. I direttori generali in carica alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, producono il certificato di cui al presente comma entro diciotto mesi da tale data. 5. Al fine di assicurare una omogeneità nella valutazione dell’attività dei direttori generali, le regioni concordano, in sede di Conferenza delle regioni e delle province autonome, criteri e sistemi per valutare e verificare tale attività, sulla base di obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi definiti nel quadro della programmazione regionale, con particolare riferimento all’efficienza, all’efficacia, alla sicurezza, all’ottimizzazione dei servizi sanitari e al rispetto degli equilibri economico-finanziari di bilancio concordati, avvalendosi dei dati e degli elementi forniti anche dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. All’atto della nomina di ciascun direttore generale, esse definiscono e assegnano, aggiornandoli periodicamente, gli obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi, con riferimento alle relative risorse, ferma restando la piena autonomia gestionale dei direttori stessi. 6. Trascorsi diciotto mesi dalla nomina di ciascun direttore generale, la regione verifica i risultati aziendali conseguiti e il raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 5 e, sentito il parere del sindaco o della conferenza dei sindaci di cui all’articolo 3, comma 14, ovvero, per le aziende ospedaliere, della Conferenza di cui all’articolo 2, comma 2-bis, procede o meno alla conferma entro i tre mesi successivi alla scadenza del termine. La disposizione si applica in ogni altro procedimento di valutazione dell’operato del direttore generale, salvo quanto disposto dal comma 7. 7. Quando ricorrano gravi motivi o la gestione presenti una situazione di grave disavanzo o in caso di violazione di leggi o del principio di buon andamento e di imparzialità della amministrazione, la regione risolve il contratto dichiarando la decadenza del direttore generale e provvede alla sua sostituzione; in tali casi la regione provvede previo parere della Conferenza di cui all’articolo 2, comma 2-bis, che si esprime nel termine di dieci giorni dalla richiesta, decorsi inutilmente i quali la risoluzione del contratto può avere comunque corso. Si prescinde dal parere nei casi di particolare gravità e urgenza. Il sindaco o la Conferenza dei sindaci di cui all’articolo 3, comma 14, ovvero, per le aziende ospedaliere, la Conferenza di cui all’articolo 2, comma 2-bis, nel caso di manifesta inattuazione nella realizzazione del Piano attuativo locale, possono chiedere alla regione di revocare il direttore generale, o di non disporne la conferma, ove il contratto sia già scaduto. Quando i

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procedimenti di valutazione e di revoca di cui al comma 6 e al presente comma riguardano i direttori generali delle aziende ospedaliere, la Conferenza di cui all’articolo 2, comma 2-bis è integrata con il Sindaco del comune capoluogo della provincia in cui è situata l’azienda. 7-bis. L’accertamento da parte della regione del mancato conseguimento degli obiettivi di salute e assistenziali costituisce per il direttore generale grave inadempimento contrattuale e comporta la decadenza automatica dello stesso. 8. Il rapporto di lavoro del direttore generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario è esclusivo ed è regolato da contratto di diritto privato, di durata non inferiore a tre e non superiore a cinque anni, rinnovabile, stipulato in osservanza delle norme del titolo terzo del libro quinto del codice civile. La regione disciplina le cause di risoluzione del rapporto con il direttore amministrativo e il direttore sanitario. Il trattamento economico del direttore generale, del direttore sanitario e del direttore amministrativo è definito, in sede di revisione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 luglio 1995, n. 502, anche con riferimento ai trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale per le posizioni apicali della dirigenza medica e amministrativa. 9. La regione può stabilire che il conferimento dell’incarico di direttore amministrativo sia subordinato, in analogia a quanto previsto per il direttore sanitario dall’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484, alla frequenza del corso di formazione programmato per il conferimento dell’incarico di direttore generale o del corso di formazione manageriale di cui all’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484, o di altro corso di formazione manageriale appositamente programmato. 10. La carica di direttore generale è incompatibile con la sussistenza di altro rapporto di lavoro, dipendente o autonomo. 11. La nomina a direttore generale, amministrativo e sanitario determina per i lavoratori dipendenti il collocamento in aspettativa senza assegni e il diritto al mantenimento del posto. L’aspettativa è concessa entro sessanta giorni dalla richiesta. Il periodo di aspettativa è utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza. Le amministrazioni di appartenenza provvedono ad effettuare il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali comprensivi delle quote a carico del dipendente, calcolati sul trattamento economico corrisposto per l’incarico conferito nei limiti dei massimali di cui all’articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 181, e a richiedere il rimborso di tutto l’onere da esse complessivamente sostenuto all’unità sanitaria locale o all’azienda ospedaliera interessata, la quale procede al recupero della quota a carico dell’interessato. 12. Per i direttori generali e per coloro che, fuori dei casi di cui al comma 11, siano iscritti all’assicurazione generale obbligatoria e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, la contribuzione dovuta sul trattamento economico corrisposto nei limiti dei massimali previsti dall’articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 181, è versata dall’unità sanitaria locale o dall’azienda ospedaliera di appartenenza, con recupero della quota a carico dell’interessato. 13. In sede di revisione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 luglio 1995, n. 502, si applica il comma 5 del presente articolo.14. Il rapporto di lavoro del personale del Servizio sanitario nazionale è regolato dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni. Per la programmazione delle assunzioni si applica l’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni. 15. In sede di prima applicazione, le regioni possono disporre la proroga dei contratti con i direttori generali in carica all’atto dell’entrata in vigore del presente decreto per un periodo massimo di dodici mesi.».

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Il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, recante “Disposizioni in materia di

inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e

presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50,

della legge 6 novembre 2012, n. 190” è pubblicato nella G.U. 19 aprile 2013, n. 92.

Il codice civile è stato approvato con Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 262,

pubblicato nella G.U. 4 aprile 1942, n. 79, E.S..

La legge regionale 21 marzo 1995, n. 11, recante “Disciplina delle nomine di

competenza regionale e della proroga degli organi amministrativi” è pubblicata nel

B.U.R. 29 marzo 1995, n. 16, E.S..

Nota all’art. 27, comma 2:

Per il testo dell’art. 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si vedano

le note all’art. 26, commi 1, 3, 4, 8 e 9.

Nota all’art. 28, comma 1:

Si riporta il testo dell’art. 2 del decreto legge 18 settembre 2001, n. 347, recante

“Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria” (pubblicato nella G.U. 19 settembre

2001, n. 218), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001,

n. 405 (in G.U. 17 novembre 2001, n. 268), modificato ed integrato dalle leggi 23

dicembre 2000, n. 388 (in S.O. alla G.U. 29 dicembre 2000, n. 302) e 24 dicembre

2003, n. 350 (in S.O. alla G.U. 27 dicembre 2003, n. 299):

«2.Disposizioni in materia di spesa nel settore sanitario.

1. Le regioni adottano le iniziative e le disposizioni necessarie affinché le aziende sanitarie ed ospedaliere, nell’acquisto di beni e servizi, attuino i princìpi di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e all’articolo 59 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ovvero altri strumenti di contenimento della spesa sanitaria approvati dal CIPE, su parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Le regioni, inoltre, prevedono con legge le sanzioni da applicare nei confronti degli amministratori che non si adeguino. Le regioni, in conformità alle direttive tecniche stabilite dal Ministro per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze, adottano le opportune iniziative per favorire lo sviluppo del commercio elettronico e semplificare l’acquisto di beni e servizi in materia sanitaria. 1-bis. [Al fine del contenimento della spesa sanitaria, pur nel rispetto dei parametri di sicurezza previsti dalla vigente normativa in materia di smaltimento di rifiuti sanitari pericolosi, gli stessi possono essere smaltiti attraverso procedimenti di disinfezione mediante prodotti registrati presso il Ministero della salute che assicurino un abbattimento della carica batterica non inferiore al 99,999 per cento e nel pieno rispetto del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, in materia di sicurezza e salute degli operatori. I rifiuti sanitari speciali non tossico-nocivi, dopo un procedimento di disinfezione di una durata non inferiore a 72 ore, o sottoposti a processo di sterilizzazione mediante autoclave dotata di sistemi di monitoraggio e controllo delle fasi di sterilizzazione, possono essere assimilati ai rifiuti urbani].

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2. [Le aziende sanitarie ed ospedaliere possono decidere, con proprio provvedimento, di non aderire alle convenzioni solo per singoli acquisti per i quali sia dimostrata la non convenienza. Tali provvedimenti sono trasmessi al collegio sindacale ed alla regione territorialmente competente per consentire l’esercizio delle funzioni di sorveglianza e di controllo]. 3. Le regioni, attraverso le proprie strutture ed unità di controllo, attivano sistemi informatizzati per la raccolta di dati ed informazioni riguardanti la spesa per beni e servizi, e realizzano, entro il 31 dicembre 2001, l’Osservatorio regionale dei prezzi in materia sanitaria, rendendo disponibili i relativi dati su un apposito sito internet. 4. Nel monitoraggio della spesa sanitaria relativa alle singole regioni si attribuisce separata evidenza: a) agli acquisti effettuati al di fuori delle convenzioni e per importi superiori ai prezzi di riferimento; b) alla spesa complessiva per il personale del comparto sanità, ivi compreso il personale dirigente, superiore al livello registrato nell’anno 2000, fatti salvi gli incrementi previsti dai rinnovi contrattuali. 5. .... 5-bis. Al comma 3 dell’articolo 15-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, sono aggiunte, prima delle parole: «Sono soppressi» le seguenti: «A far data dal 1° febbraio 2002». 6. All’articolo 85, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, sono apportate le seguenti modificazioni: a) le parole: «A decorrere dal 1° gennaio 2002» sono sostituite dalle seguenti: «Dal 1° gennaio 2003»; b) le parole: «dal 1° gennaio 2003» sono sostituite dalle seguenti: «dal 1° gennaio 2004».».

Note all’art. 30, commi 2, 3 e 4:

Per il testo dell’art. 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si veda la nota

all’art. 22, comma 1.

Per il testo dell’art. 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si vedano

le note all’art. 26, commi 1, 3, 4, 8 e 9.

Note all’art. 31:

Per il testo dell’art. 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si vedano

le note all’art. 26, commi 1, 3, 4, 8 e 9.

Si riporta il testo dell’art. 4 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (si

vedano le note all’art. 3, comma 1):

«4.Organi delle aziende.

1. Sono organi delle aziende di cui all’articolo 2: a) il direttore generale; b) il collegio sindacale; c) l’organo di indirizzo. 2. Il direttore generale è nominato dalla regione, acquisita l’intesa con il rettore dell’università. Limitatamente al periodo quadriennale di sperimentazione nelle aziende ospedaliere universitarie integrate con il Servizio sanitario nazionale, il direttore generale è nominato dal rettore dell’università, acquisita l’intesa con la regione. I requisiti per la nomina a

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 161

direttore generale delle aziende di cui all’articolo 2, sono quelli stabiliti nell’articolo 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni; ai direttori generali si applicano gli articoli, 3 e seguenti del medesimo decreto legislativo, ove non derogati dal presente decreto. I protocolli d’intesa tra regioni e università disciplinano i procedimenti di verifica dei risultati dell’attività dei direttori generali e le relative procedure di conferma e revoca, sulla base dei principi di cui all’articolo 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni. 3. Al Collegio sindacale si applicano le disposizioni dell’articolo 3-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni. Il Collegio è composto da cinque membri designati uno dalla regione, uno dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, uno dal Ministro della sanità, uno dal Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica e uno dall’università interessata. 4. L’organo di indirizzo, con riferimento ai dipartimenti ad attività integrata di cui all’articolo 3, ha il compito di proporre iniziative e misure per assicurare la coerenza della programmazione generale dell’attività assistenziale dell’azienda con la programmazione didattica e scientifica delle università e di verificare la corretta attuazione della programmazione. La composizione dell’organo di indirizzo, nel numero massimo di cinque membri, è stabilita nei protocolli d’intesa tra regione e università. L’organo di indirizzo è presieduto da un presidente scelto all’interno del medesimo, nominato dalla regione d’intesa con il rettore. Durante il periodo transitorio, nelle aziende ospedaliere universitarie integrate con il Servizio sanitario nazionale, il presidente è nominato dal rettore d’intesa con la regione. I componenti dell’organo di indirizzo sono scelti tra esperti di riconosciuta competenza in materia di organizzazione e programmazione dei servizi sanitari, durano in carica 4 anni e possono essere confermati. - membro di diritto dell’organo di indirizzo il preside della facoltà di medicina e chirurgia. Non possono far parte dell’organo di indirizzo né i dipendenti dell’Azienda, né altri componenti della facoltà di medicina e chirurgia. Il presidente dell’organo di indirizzo lo convoca, lo presiede e ne fissa l’ordine del giorno. Il direttore generale partecipa ai lavori dell’organo di indirizzo, senza diritto di voto. 5. Il collegio di direzione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni è composto dal direttore sanitario, dal direttore amministrativo, dai direttori dei dipartimenti ad attività integrata e dai direttori dei dipartimenti di cui all’articolo 3, comma 7. 6. Agli organi di cui al presente articolo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 19-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.».

Note all’art. 33, commi 1 e 3:

Si riporta il testo dell’art. 3-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (si

vedano le note all’art. 3, comma 1):

«3-ter.Collegio sindacale.

1. Il collegio sindacale: a) verifica l’amministrazione dell’azienda sotto il profilo economico; b) vigila sull’osservanza della legge; c) accerta la regolare tenuta della contabilità e la conformità del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili, ed effettua periodicamente verifiche di cassa; d) riferisce almeno trimestralmente alla regione, anche su richiesta di quest’ultima, sui risultati del riscontro eseguito,

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015162

denunciando immediatamente i fatti se vi è fondato sospetto di gravi irregolarità; trasmette periodicamente, e comunque con cadenza almeno semestrale, una propria relazione sull’andamento dell’attività dell’unità sanitaria locale o dell’azienda ospedaliera rispettivamente alla Conferenza dei sindaci o al sindaco del comune capoluogo della provincia dove è situata l’azienda stessa. 2. I componenti del collegio sindacale possono procedere ad atti di ispezione e controllo, anche individualmente. 3. Il collegio sindacale dura in carica tre anni ed è composto da tre membri, di cui uno designato dal presidente della giunta regionale, uno dal Ministro dell’economia e delle finanze e uno dal Ministro della salute. I componenti del collegio sindacale sono scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il ministero di Grazia e giustizia, ovvero tra i funzionari del ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica che abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni di revisori dei conti o di componenti dei collegi sindacali. 4. I riferimenti contenuti nella normativa vigente al collegio dei revisori delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere si intendono applicabili al collegio sindacale di cui al presente articolo.».

Per il testo dell’art. 4, comma 3 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, si

vedano le note all’art. 31.

Nota all’art. 35, comma 7:

Per il testo dell’art. 3, comma 12 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si

veda la nota all’art. 22, comma 1.

Note all’art. 36, commi 1, 5 e 6:

Per il testo dell’art. 3, comma 12 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si

veda la nota all’art. 22, comma 1.

Per il testo dell’art. 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si vedano

le note all’art. 26, commi 1, 3, 4, 8 e 9.

Si riporta il testo degli artt. 1 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 10

dicembre 1997, n. 484, recante “Regolamento recante la determinazione dei requisiti

per l’accesso alla direzione sanitaria aziendale e dei requisiti e dei criteri per

l’accesso al secondo livello dirigenziale per il personale del ruolo sanitario del

Servizio sanitario nazionale” (pubblicato nel S.O. alla G.U. 17 gennaio 1998, n. 13:

«1. Requisiti per l’accesso all’incarico di direzione sanitaria

aziendale.

1. L’incarico di direzione sanitaria aziendale è riservato ai medici di qualifica dirigenziale che abbiano svolto per almeno cinque anni attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie, pubbliche o private, di media o grande dimensione e che abbiano conseguito l’attestato di formazione manageriale di cui all’articolo 7 previsto per l’area di sanità pubblica. Costituisce titolo preferenziale il possesso della specializzazione in una delle discipline dell’area di sanità pubblica. 2. Per gli effetti di cui al comma 1, la direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie deve aver comportato la diretta

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responsabilità delle risorse umane e strumentali affidate al dirigente. 3. L’attività quinquennale di direzione tecnico-sanitaria per il conferimento dell’incarico di direzione sanitaria aziendale deve essere stata svolta nei sette anni precedenti il conferimento dell’incarico. 4. L’accertamento del possesso dei requisiti di cui al comma 1 è effettuato dal direttore generale dell’azienda sanitaria prima del conferimento dell’incarico. 5. I corsi di formazione manageriale si svolgono con le modalità di cui all’articolo 7. I corsi sono riservati ai medici con una anzianità di servizio di almeno tre anni nella direzione tecnico-sanitaria in enti e strutture sanitarie, pubbliche o private di media o grande dimensione ovvero ai medici con una anzianità di servizio di almeno dieci anni. 6. Con decreto del Ministro della sanità, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale, sono costituiti ed aggiornati gli elenchi dei medici che hanno frequentato, con esito positivo, i corsi di formazione manageriale per la direzione sanitaria aziendale.

7.Corsi di formazione manageriale.

1. L’attestato di formazione manageriale si consegue con la frequenza ed il superamento dei corsi disciplinati dal presente regolamento. L’attestato ha una validità di sette anni dalla data di rilascio. 2. I corsi sono riservati al personale dirigente del ruolo sanitario delle unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, degli istituti ed enti di cui all’articolo 4, commi 12 e 13, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 , e successive modificazioni e degli istituti zooprofilattici sperimentali; il personale deve possedere una anzianità di servizio, alla data del bando, di almeno cinque anni. 3. I corsi sono finalizzati alla formazione manageriale, capacità gestionale, organizzativa e di direzione, del personale della dirigenza del ruolo sanitario e sono articolati in attività didattiche teoriche e pratiche e nella partecipazione attiva a seminari. 4. I contenuti, con particolare riferimento all’organizzazione e gestione dei servizi sanitari, ai criteri di finanziamento ed ai bilanci, alla gestione delle risorse umane ed all’organizzazione del lavoro, agli indicatori di qualità dei servizi e delle prestazioni, la metodologia delle attività didattiche teoriche, pratiche e seminariali di ogni corso nonché la durata, non inferiore a 100 ore, dei corsi stessi sono fissati con decreto ministeriale, sentito il Consiglio superiore di sanità. Un numero di ore, non inferiore a 10, di attività didattica di ciascun corso è dedicato alla sanità pubblica; la relativa attività didattica è svolta a cura dell’Istituto superiore di sanità. 5. I corsi sono indetti con periodicità almeno biennale, dal Ministero della sanità, previa programmazione nazionale sulla base delle indicazioni delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. 6. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano previo accordo con il Ministero della sanità ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , organizzano e attivano i corsi. Con lo stesso accordo l’Istituto superiore di sanità organizza ed attiva i corsi dell’area di sanità pubblica. 7. I corsi sono attivati a livello nazionale, interregionale o regionale, in una o più sessioni e sedi, a seconda del numero dei candidati al corso e delle capacità ricettive delle strutture sanitarie ove si svolge l’attività didattica. 8. Il bando indica l’articolazione del corso, la durata, i contenuti, la metodologia delle attività didattiche, le sessioni, nonché le modalità di ammissione e assegnazione, il periodo di svolgimento, i posti e le sedi del corso. Nelle domande i candidati devono specificare, a pena di decadenza, la sessione e la sede preferita. Per motivate esigenze organizzative o in caso di domande superiori alla capacità delle strutture didattiche

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il candidato può essere assegnato ad una sessione o sede diversa da quella prescelta, o alla sessione successiva. L’assegnazione è disposta in base al criterio della precedenza in relazione all’età. 9. In ogni sessione di corsi si può presentare domanda di ammissione per un solo corso. 10. La mancata frequenza, per qualsiasi motivo, delle attività didattiche teoriche, pratiche o seminariali per un numero di ore superiore ad un quinto di quelle globalmente previste per il corso comporta l’esclusione dalla partecipazione al corso. Il periodo di formazione può essere sospeso per servizio militare, gravidanza e puerperio e malattia, fermo restando che l’intera sua durata non può essere ridotta e che il periodo di assenza deve essere recuperato nell’ambito di altro corso anche di altra sessione.11. Al termine del periodo di formazione i partecipanti al corso devono sostenere un colloquio davanti ad una commissione composta dai docenti del corso. Ai candidati che sostengono, con esito positivo, il colloquio è rilasciato, in un unico esemplare, un attestato di formazione manageriale. In caso di più sessioni dello stesso corso, l’attestato viene rilasciato contestualmente a tutti i candidati al termine dell’ultima sessione.12. Per la realizzazione dei corsi il Ministero della sanità, le regioni e l’Istituto superiore di sanità si avvalgono delle unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, dei policlinici universitari, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, degli istituti ed enti di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 , e successive modificazioni, degli istituti zooprofilattici sperimentali, nonché di altri soggetti pubblici e privati accreditati e di associazioni e società scientifiche accreditate, ai fini della formazione, dal Ministero della sanità, sentita la commissione di cui all’articolo 9, comma 6, in relazione alla documentata rappresentanza e alla diffusione della struttura organizzativa in tutto il territorio nazionale.».

Note all’art. 37, commi 3 e 4:

Si riporta il testo dell’art. 17-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (si

vedano le note all’art. 3, comma 1):

«17-bis. Dipartimenti.

1. L’organizzazione dipartimentale è il modello ordinario di gestione operativa di tutte le attività delle Aziende sanitarie. 2. Il direttore di dipartimento è nominato dal direttore generale fra i dirigenti con incarico di direzione delle strutture complesse aggregate nel dipartimento; il direttore di dipartimento rimane titolare della struttura complessa cui è preposto. La preposizione ai dipartimenti strutturali, sia ospedalieri che territoriali e di prevenzione, comporta l’attribuzione sia di responsabilità professionali in materia clinico-organizzativa e della prevenzione sia di responsabilità di tipo gestionale in ordine alla razionale e corretta programmazione e gestione della risorse assegnate per la realizzazione degli obiettivi attribuiti. A tal fine il direttore di dipartimento predispone annualmente il piano delle attività e dell’utilizzazione delle risorse disponibili, negoziato con la direzione generale nell’ambito della programmazione aziendale. La programmazione delle attività dipartimentali, la loro realizzazione e le funzioni di monitoraggio e di verifica sono assicurate con la partecipazione attiva degli altri dirigenti e degli operatori assegnati al dipartimento. 3. La regione disciplina la composizione e le funzioni del Comitato di dipartimento nonché le modalità di partecipazione dello stesso alla individuazione dei direttori di dipartimento.».

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Per il decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, si vedano le note all’art. 3,

comma 1.

Nota all’art. 39, comma 1:

Si riporta il testo dell’art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (si

vedano le note all’art. 3, comma 1):

«8.Disciplina dei rapporti per l’erogazione delle prestazioni

assistenziali.

1. Il rapporto tra il Servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta è disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati, ai sensi dell’articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale. La rappresentatività delle organizzazioni sindacali è basata sulla consistenza associativa. Detti accordi devono tenere conto dei seguenti princìpi: 0a) prevedere che le attività e le funzioni disciplinate dall’accordo collettivo nazionale siano individuate tra quelle previste nei livelli essenziali di assistenza di cui all’articolo 1, comma 2, nei limiti delle disponibilità finanziarie complessive del Servizio sanitario nazionale, fatto salvo quanto previsto dalle singole regioni con riguardo ai livelli di assistenza ed alla relativa copertura economica a carico del bilancio regionale; a) prevedere che la scelta del medico è liberamente effettuata dall’assistito, nel rispetto di un limite massimo di assistiti per medico, ha validità annuale ed è tacitamente rinnovata; b) regolamentare la possibilità di revoca della scelta da parte dell’assistito nel corso dell’anno nonché la ricusazione della scelta da parte del medico, qualora ricorrano eccezionali e accertati motivi di incompatibilità; b-bis) nell’ambito dell’organizzazione distrettuale del servizio, garantire l’attività assistenziale per l’intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana, nonché un’offerta integrata delle prestazioni dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta, della guardia medica, della medicina dei servizi e degli specialisti ambulatoriali, adottando forme organizzative monoprofessionali, denominate aggregazioni funzionali territoriali, che condividono, in forma strutturata, obiettivi e percorsi assistenziali, strumenti di valutazione della qualità assistenziale, linee guida, audit e strumenti analoghi, nonché forme organizzative multiprofessionali, denominate unità complesse di cure primarie, che erogano prestazioni assistenziali tramite il coordinamento e l’integrazione dei professionisti delle cure primarie e del sociale a rilevanza sanitaria tenuto conto della peculiarità delle aree territoriali quali aree metropolitane, aree a popolazione sparsa e isole minori; b-ter) prevedere che per le forme organizzative multiprofessionali le aziende sanitarie possano adottare, anche per il tramite del distretto sanitario, forme di finanziamento a budget; b-quater) definire i compiti, le funzioni ed i criteri di selezione del referente o del coordinatore delle forme organizzative previste alla lettera b-bis); b-quinquies) disciplinare le condizioni, i requisiti e le modalità con cui le regioni provvedono alla dotazione strutturale, strumentale e di servizi delle forme organizzative di cui alla lettera b-bis) sulla base di accordi regionali o aziendali; b-sexies) prevedere le modalità attraverso le quali le aziende sanitarie locali, sulla base della programmazione regionale e

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nell’ambito degli indirizzi nazionali, individuano gli obiettivi e concordano i programmi di attività delle forme aggregative di cui alla lettera b-bis) e definiscono i conseguenti livelli di spesa programmati, in coerenza con gli obiettivi e i programmi di attività del distretto, anche avvalendosi di quanto previsto nella lettera b-ter); b-septies) prevedere che le convenzioni nazionali definiscano standard relativi all’erogazione delle prestazioni assistenziali, all’accessibilità ed alla continuità delle cure, demandando agli accordi integrativi regionali la definizione di indicatori e di percorsi applicativi; c) disciplinare gli ambiti e le modalità di esercizio della libera professione prevedendo che: il tempo complessivamente dedicato alle attività in libera professione non rechi pregiudizio al corretto e puntuale svolgimento degli obblighi del medico, nello studio medico e al domicilio del paziente; le prestazioni offerte in attività libero-professionale siano definite nell’ambito della convenzione, anche al fine di escludere la coincidenza tra queste e le prestazioni incentivanti di cui alla lettera d); il medico sia tenuto a comunicare all’azienda unità sanitaria locale l’avvio dell’attività in libera professione, indicandone sede ed orario di svolgimento, al fine di consentire gli opportuni controlli; sia prevista una preferenza nell’accesso a tutte le attività incentivate previste dagli accordi integrativi in favore dei medici che non esercitano attività libero-professionale strutturata nei confronti dei propri assistiti. Fino alla stipula della nuova convenzione sono fatti salvi i rapporti professionali in atto con le aziende termali. In ogni caso, il non dovuto pagamento, anche parziale, di prestazioni da parte dell’assistito o l’esercizio di attività libero-professionale al di fuori delle modalità e dei limiti previsti dalla convenzione comportano l’immediata cessazione del rapporto convenzionale con il Servizio sanitario nazionale; d) ridefinire la struttura del compenso spettante al medico, prevedendo una quota fissa per ciascun soggetto iscritto alla sua lista, corrisposta su base annuale in rapporto alle funzioni definite in convenzione; una quota variabile in considerazione del raggiungimento degli obiettivi previsti dai programmi di attività e del rispetto dei conseguenti livelli di spesa programmati di cui alla lettera f); una quota variabile in considerazione dei compensi per le prestazioni e le attività previste negli accordi nazionali e regionali, in quanto funzionali allo sviluppo dei programmi di cui alla lettera f); e) [garantire l’attività assistenziale per l’intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana attraverso il coordinamento operativo e l’integrazione professionale, nel rispetto degli obblighi individuali derivanti dalle specifiche convenzioni, fra l’attività dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta, della guardia medica e della medicina dei servizi, attraverso lo sviluppo di forme di associazionismo professionale e la organizzazione distrettuale del servizio]; f) [prevedere le modalità attraverso le quali le unità sanitarie locali, sulla base della programmazione regionale e nell’ambito degli indirizzi nazionali, individuano gli obiettivi, concordano i programmi di attività e definiscono i conseguenti livelli di spesa programmati dei medici singoli o associati, in coerenza con gli obiettivi e i programmi di attività del distretto]; f-bis) prevedere la possibilità per le aziende sanitarie di stipulare accordi per l’erogazione di specifiche attività assistenziali, con particolare riguardo ai pazienti affetti da patologia cronica, secondo modalità e in funzione di obiettivi definiti in ambito regionale; g) disciplinare le modalità di partecipazione dei medici alla definizione degli obiettivi e dei programmi di attività del distretto e alla verifica del loro raggiungimento; h) prevedere che l’accesso al ruolo unico per le funzioni di medico di medicina generale del Servizio sanitario nazionale avvenga attraverso una graduatoria unica per titoli, predisposta annualmente a livello regionale e secondo un rapporto ottimale definito nell’ambito degli accordi regionali, in modo che l’accesso medesimo sia consentito ai medici forniti dell’attestato

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o del diploma di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, e a quelli in possesso di titolo equipollente, ai sensi dell’articolo 30 del medesimo decreto. Ai medici forniti dell’attestato o del diploma è comunque riservata una percentuale prevalente di posti in sede di copertura delle zone carenti, con l’attribuzione di un adeguato punteggio, che tenga conto anche dello specifico impegno richiesto per il conseguimento dell’attestato o del diploma; h-bis) prevedere che l’accesso alle funzioni di pediatra di libera scelta del Servizio sanitario nazionale avvenga attraverso una graduatoria per titoli predisposta annualmente a livello regionale e secondo un rapporto ottimale definito nell’ambito degli accordi regionali; h-ter) disciplinare l’accesso alle funzioni di specialista ambulatoriale del Servizio sanitario nazionale secondo graduatorie provinciali alle quali sia consentito l’accesso esclusivamente al professionista fornito del titolo di specializzazione inerente alla branca d’interesse; i) regolare la partecipazione dei medici convenzionati a società, anche cooperative, anche al fine di prevenire l’emergere di conflitti di interesse con le funzioni attribuite agli stessi medici dai rapporti convenzionali in atto; l) prevedere la possibilità di stabilire specifici accordi con i medici già titolari di convenzione operanti in forma associata, secondo modalità e in funzione di specifici obiettivi definiti in ambito convenzionale; m) prevedere le modalità con cui la convenzione possa essere sospesa, qualora nell’ambito della integrazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta nella organizzazione distrettuale, le unità sanitarie locali attribuiscano a tali medici l’incarico di direttore di distretto o altri incarichi temporanei ritenuti inconciliabili con il mantenimento della convenzione; m-bis) promuovere la collaborazione interprofessionale dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta con i farmacisti delle farmacie pubbliche e private operanti in convenzione con il Servizio sanitario nazionale, in riferimento alle disposizioni di cui all’articolo 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69, e al relativo decreto legislativo di attuazione; m-ter) prevedere l’adesione obbligatoria dei medici all’assetto organizzativo e al sistema informativo definiti da ciascuna regione, al Sistema informativo nazionale, compresi gli aspetti relativi al sistema della tessera sanitaria, secondo quanto stabilito dall’articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni, nonché la partecipazione attiva all’applicazione delle procedure di trasmissione telematica delle ricette mediche. 1-bis. Le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere, in deroga a quanto previsto dal comma 1, utilizzano, a esaurimento, nell’ambito del numero delle ore di incarico svolte alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, i medici addetti alla stessa data alle attività di guardia medica e di medicina dei servizi. Per costoro valgono le convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, le regioni possono individuare aree di attività della emergenza territoriale e della medicina dei servizi, che, al fine del miglioramento dei servizi, richiedono l’instaurarsi di un rapporto d’impiego. A questi fini, i medici in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, addetti a tali attività, i quali al 31 dicembre 1998 risultavano titolari di un incarico a tempo indeterminato da almeno cinque anni, o comunque al compimento del quinto anno di incarico a tempo indeterminato, sono inquadrati a domanda nel ruolo sanitario, nei limiti dei posti delle dotazioni organiche definite e approvate nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e previo giudizio di idoneità secondo le procedure di cui al decreto del Presidente

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del Consiglio dei Ministri 12 dicembre 1997, n. 502. Nelle more del passaggio alla dipendenza, le regioni possono prevedere adeguate forme di integrazione dei medici convenzionati addetti alla emergenza sanitaria territoriale con l’attività dei servizi del sistema di emergenza-urgenza secondo criteri di flessibilità operativa, incluse forme di mobilità interaziendale. 2. Il rapporto con le farmacie pubbliche e private è disciplinato da convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati a norma dell’art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale. Detti accordi devono tener conto dei seguenti princìpi: a) le farmacie pubbliche e private erogano l’assistenza farmaceutica per conto delle unità sanitarie locali del territorio regionale dispensando, su presentazione della ricetta del medico, specialità medicinali, preparati galenici, prodotti dietetici, presidi medico-chirurgici e altri prodotti sanitari erogabili dal Servizio sanitario nazionale e svolgendo, nel rispetto di quanto previsto dai Piani socio-sanitari regionali e previa adesione del titolare della farmacia, da esprimere secondo le modalità stabilite dalle singole Regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, le ulteriori funzioni di cui alla lettera b-bis), fermo restando che l’adesione delle farmacie pubbliche è subordinata all’osservanza dei criteri fissati con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro dell’interno, in base ai quali garantire il rispetto delle norme vigenti in materia di patto di stabilità dirette agli enti locali, senza maggiori oneri per la finanza pubblica e senza incrementi di personale nei limiti previsti dai livelli di assistenza; b) per la dispensazione dei prodotti di cui alla lettera a) l’unità sanitaria locale corrisponde alla farmacia il prezzo del prodotto erogato, al netto della eventuale quota di partecipazione alla spesa dovuta dall’assistito. Ai fini della liquidazione la farmacia è tenuta alla presentazione della ricetta corredata del bollino o di altra documentazione comprovante l’avvenuta consegna all’assistito. Per il pagamento del dovuto oltre il termine fissato dagli accordi regionali di cui alla successiva lettera c) non possono essere riconosciuti interessi superiore a quelli legali; b-bis) provvedere a disciplinare: 1) la partecipazione delle farmacie pubbliche e private operanti in convenzione con il Servizio sanitario nazionale, di seguito denominate farmacie, al servizio di assistenza domiciliare integrata a favore dei pazienti residenti o domiciliati nel territorio della sede di pertinenza di ciascuna farmacia, a supporto delle attività del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta. L’azienda unità sanitaria locale individua la farmacia competente all’erogazione del servizio per i pazienti che risiedono o hanno il proprio domicilio nel territorio in cui sussiste condizione di promiscuità tra più sedi farmaceutiche, sulla base del criterio della farmacia più vicina, per la via pedonale, all’abitazione del paziente; nel caso in cui una farmacia decida di non partecipare all’erogazione del servizio di assistenza domiciliare integrata, per i pazienti residenti o domiciliati nella relativa sede, l’azienda unità sanitaria locale individua la farmacia competente sulla base del criterio di cui al precedente periodo. La partecipazione al servizio può prevedere: 1.1) la dispensazione e la consegna domiciliare di farmaci e dispositivi medici necessari; 1.2) la preparazione, nonché la dispensazione al domicilio delle miscele per la nutrizione artificiale e dei medicinali antidolorifici, nel rispetto delle relative norme di buona preparazione e di buona pratica di distribuzione dei medicinali e nel rispetto delle prescrizioni e delle limitazioni stabilite dalla vigente normativa; 1.3) la dispensazione per conto delle strutture sanitarie dei farmaci a distribuzione diretta; 1.4) la messa a disposizione di operatori socio-sanitari, di infermieri e di fisioterapisti, per la effettuazione, a domicilio, di specifiche prestazioni professionali richieste dal medico di famiglia o dal pediatra di libera scelta, fermo restando che le

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prestazioni infermieristiche o fisioterapiche che possono essere svolte presso la farmacia, sono limitate a quelle di cui al numero 4) e alle ulteriori prestazioni, necessarie allo svolgimento dei nuovi compiti delle farmacie, individuate con decreto del Ministro dei lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; 2) la collaborazione delle farmacie alle iniziative finalizzate a garantire il corretto utilizzo dei medicinali prescritti e il relativo monitoraggio; a favorire l’aderenza dei malati alle terapie mediche, anche attraverso la partecipazione a specifici programmi di farmacovigilanza. Tale collaborazione avviene previa partecipazione dei farmacisti che vi operano ad appositi programmi di formazione; 3) la definizione di servizi di primo livello, attraverso i quali le farmacie partecipano alla realizzazione dei programmi di educazione sanitaria e di campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale, rivolti alla popolazione generale ed ai gruppi a rischio e realizzati a livello nazionale e regionale, ricorrendo a modalità di informazione adeguate al tipo di struttura e, ove necessario, previa formazione dei farmacisti che vi operano; 4) la definizione di servizi di secondo livello rivolti ai singoli assistiti, in coerenza con le linee guida ed i percorsi diagnostico-terapeutici previsti per le specifiche patologie, su prescrizione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, anche avvalendosi di personale infermieristico. Gli accordi regionali definiscono le condizioni e le modalità di partecipazione delle farmacie ai predetti servizi di secondo livello; la partecipazione alle campagne di prevenzione può prevedere l’inserimento delle farmacie tra i punti forniti di defibrillatori semiautomatici; 5) l’effettuazione, presso le farmacie, nell’ambito dei servizi di secondo livello di cui al numero 4, di prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell’ambito dell’autocontrollo, nei limiti e alle condizioni stabiliti con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, restando in ogni caso esclusa l’attività di prescrizione e diagnosi, nonché il prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe o dispositivi equivalenti; 6) le modalità con cui nelle farmacie gli assistiti possano prenotare prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, e provvedere al pagamento delle relative quote di partecipazione alla spesa a carico del cittadino, nonché ritirare i referti relativi a prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale effettuate presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate; le modalità per il ritiro dei referti sono fissate, nel rispetto delle previsioni contenute nel decreto legislativo 23 giugno 2003, n. 196, recante il codice in materia di protezione dei dati personali e in base a modalità, regole tecniche e misure di sicurezza, con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentito il Garante per la protezione dei dati personali; 7) i requisiti richiesti alle farmacie per la partecipazione alle attività di cui alla presente lettera; 8) la promozione della collaborazione interprofessionale dei farmacisti delle farmacie pubbliche e private operanti in convenzione con il Servizio sanitario nazionale con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, in riferimento alle attività di cui alla presente lettera; c) demandare ad accordi di livello regionale la disciplina delle modalità di presentazione delle ricette e i tempi dei pagamenti dei corrispettivi nonché l’individuazione di modalità differenziate di erogazione delle prestazioni finalizzate al miglioramento

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dell’assistenza definendo le relative condizioni economiche anche in deroga a quanto previsto alla precedente lettera b); c-bis) l’accordo collettivo nazionale definisce i principi e i criteri per la remunerazione, da parte del Servizio sanitario nazionale, delle prestazioni e delle funzioni assistenziali di cui all’articolo 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69, e al relativo decreto legislativo di attuazione, fissando il relativo tetto di spesa, a livello nazionale, entro il limite dell’accertata diminuzione degli oneri derivante, per il medesimo Servizio sanitario nazionale, per le regioni e per gli enti locali, dallo svolgimento delle suddette attività da parte delle farmacie, e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; all’accertamento della predetta diminuzione degli oneri provvedono congiuntamente, sulla base di certificazioni prodotte dalle singole regioni, il Comitato e il Tavolo di cui agli articoli 9 e 12 dell’Intesa stipulata il 23 marzo 2005 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; c-ter) fermi restando i limiti di spesa fissati dall’accordo nazionale ed entro un limite di spesa relativo alla singola regione di importo non superiore a quello accertato dai citati Comitato e Tavolo ai sensi della lettera c-bis), gli accordi di livello regionale disciplinano le modalità e i tempi dei pagamenti per la remunerazione delle prestazioni e delle funzioni assistenziali di cui alla lettera c-bis); gli accordi regionali definiscono, altresì, le caratteristiche strutturali e organizzative e le dotazioni tecnologiche minime in base alle quali individuare le farmacie con le quali stipulare accordi contrattuali finalizzati alla fornitura dei servizi di secondo livello, entro il medesimo limite di spesa; eventuali prestazioni e funzioni assistenziali al di fuori dei limiti di spesa indicati dagli accordi regionali sono a carico del cittadino che le ha richieste. 2-bis. Con atto di indirizzo e coordinamento, emanato ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono individuati i criteri per la valutazione: a) del servizio prestato in regime convenzionale dagli specialisti ambulatoriali medici e delle altre professionalità sanitarie, al fine dell’attribuzione del trattamento giuridico ed economico ai soggetti inquadrati in ruolo ai sensi dell’articolo 34 della legge 27 dicembre 1997, n. 449; b) per lo stesso fine, del servizio prestato in regime convenzionale dai medici della guardia medica, della emergenza territoriale e della medicina dei servizi nel caso le regioni abbiano proceduto o procedano ad instaurare il rapporto di impiego ai sensi del comma 1-bis del presente articolo sia nel testo modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, sia nel testo introdotto dal decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229; a tali medici è data facoltà di optare per il mantenimento della posizione assicurativa già costituita presso l’Ente nazionale previdenza ed assistenza medici (ENPAM); tale opzione deve essere esercitata al momento dell’inquadramento in ruolo. Il servizio di cui al presente comma è valutato con riferimento all’orario settimanale svolto rapportato a quello dei medici e delle altre professionalità sanitarie dipendenti dalla azienda sanitaria. 2-ter. Con decreto del Ministro della sanità è istituita, senza oneri a carico dello Stato, una commissione composta da rappresentanti dei Ministeri della sanità, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e del lavoro e della previdenza sociale e da rappresentanti regionali designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, al fine di individuare modalità idonee ad assicurare che l’estensione al personale a rapporto convenzionale, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, dei limiti di età previsti dal comma 1 dell’articolo 15-nonies dello stesso decreto avvenga senza oneri per il personale medesimo. L’efficacia della disposizione di cui all’articolo 15-nonies, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come introdotto

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dall’articolo 13 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, è sospesa fino alla attuazione dei provvedimenti collegati alle determinazioni della Commissione di cui al presente comma. 3. Gli Ordini ed i Collegi professionali sono tenuti a valutare sotto il profilo deontologico i comportamenti degli iscritti agli Albi ed ai Collegi professionali che si siano resi inadempienti agli obblighi convenzionali. I ricorsi avverso le sanzioni comminate dagli Ordini o dai Collegi sono decisi dalla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie. 4. Ferma restando la competenza delle regioni in materia di autorizzazione e vigilanza sulle istituzioni sanitarie private, a norma dell’art. 43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, con atto di indirizzo e coordinamento, emanato d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentito il Consiglio superiore di sanità, sono definiti i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi richiesti per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private e la periodicità dei controlli sulla permanenza dei requisiti stessi. L’atto di indirizzo e coordinamento è emanato entro il 31 dicembre 1993 nel rispetto dei seguenti criteri e princìpi direttivi: a) garantire il perseguimento degli obiettivi fondamentali di prevenzione, cura e riabilitazione definiti dal Piano sanitario nazionale; b) garantire il perseguimento degli obiettivi che ciascuna delle fondamentali funzioni assistenziali del Servizio sanitario nazionale deve conseguire, giusta quanto disposto dal decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1992, concernente la «Definizione dei livelli uniformi di assistenza sanitaria» ovvero dal Piano sanitario nazionale, ai sensi del precedente art. 1, comma 4, lettera b);c) assicurare l’adeguamento delle strutture e delle attrezzature al progresso scientifico e tecnologico; d) assicurare l’applicazione delle disposizioni comunitarie in materia;e) garantire l’osservanza delle norme nazionali in materia di: protezione antisismica, protezione antincendio, protezione acustica, sicurezza elettrica, continuità elettrica, sicurezza antinfortunistica, igiene dei luoghi di lavoro, protezione dalle radiazioni ionizzanti, eliminazione delle barriere architettoniche, smaltimento dei rifiuti, condizioni microclimatiche, impianti di distribuzione dei gas, materiali esplodenti, anche al fine di assicurare condizioni di sicurezza agli operatori e agli utenti del servizio;f) prevedere l’articolazione delle strutture sanitarie in classi differenziate in relazione alla tipologia delle prestazioni erogabili; g) prevedere l’obbligo di controllo della qualità delle prestazioni erogate; h) definire i termini per l’adeguamento delle strutture e dei presìdi già autorizzati e per l’aggiornamento dei requisiti minimi, al fine di garantire un adeguato livello di qualità delle prestazioni compatibilmente con le risorse a disposizione. 5. [L’unità sanitaria locale assicura ai cittadini la erogazione delle prestazioni specialistiche, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio ed ospedaliere contemplate dai livelli di assistenza secondo gli indirizzi della programmazione e le disposizioni regionali. Allo scopo si avvale dei propri presìdi, nonché delle aziende e degli istituti ed enti di cui all’art. 4, delle istituzioni sanitarie pubbliche, ivi compresi gli ospedali militari, o private, e dei professionisti. Con tali soggetti l’unità sanitaria locale intrattiene appositi rapporti fondati sulla corresponsione di un corrispettivo predeterminato a fronte della prestazione resa, con l’eccezione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. Ferma restando la facoltà di libera scelta delle suddette strutture o dei professionisti eroganti da parte dell’assistito, l’erogazione delle prestazioni di cui al presente comma è subordinata all’apposita prescrizione, proposta o richiesta compilata sul modulario del Servizio sanitario nazionale dal medico di fiducia dell’interessato. Nell’attuazione delle previsioni di cui al presente comma sono

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tenute presenti le specificità degli organismi di volontariato e di privato sociale non a scopo di lucro]. 6. [Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Ministro della sanità, sentita la Federazione nazionale degli ordini dei medici e degli odontoiatri e degli altri ordini e collegi competenti, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome sono stabiliti i criteri generali per la fissazione delle tariffe delle prestazioni di cui al comma 5 erogate in forma diretta nonché di quelle erogate in forma indiretta, ai sensi dell’art. 25, ultimo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Ove l’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e province autonome non intervenga entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta, il Ministro della sanità provvede direttamente con atto motivato].7. [Fermo restando quanto previsto dall’art. 4, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, da attuare secondo programmi coerenti con i princìpi di cui al comma 5, entro il 30 giugno 1994 le regioni e le unità sanitarie locali per quanto di propria competenza adottano i provvedimenti necessari per la instaurazione dei nuovi rapporti previsti dal presente decreto fondati sul criterio dell’accreditamento delle istituzioni, sulla modalità di pagamento a prestazione e sull’adozione del sistema di verifica e revisione della qualità delle attività svolte e delle prestazioni erogate. I rapporti vigenti secondo la disciplina di cui agli accordi convenzionali in atto, ivi compresi quelli operanti in regime di proroga, cessano comunque entro un triennio dalla data di entrata in vigore del presente decreto]. 8. Le unità sanitarie locali, in deroga a quanto previsto dai precedenti commi 5 e 7, utilizzano il personale sanitario in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, ai sensi dei decreti del Presidente della Repubblica 28 settembre 1990, n. 316, 13 marzo 1992, n. 261, 13 marzo 1992, n. 262, e 18 giugno 1988, n. 255. Esclusivamente per il suddetto personale valgono le convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e dell’art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412. Entro il triennio indicato al comma 7 le regioni possono inoltre individuare aree di attività specialistica che, ai fini del miglioramento del servizio richiedano l’instaurarsi di un rapporto d’impiego. A questi fini i medici specialistici ambulatoriali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1990, n. 316, che alla data del 31 dicembre 1992 svolgevano esclusivamente attività ambulatoriale da almeno cinque anni con incarico orario non inferiore a ventinove ore settimanali e che alla medesima data non avevano altro tipo di rapporto convenzionale con il Servizio sanitario nazionale o con altre istituzioni pubbliche o private, sono inquadrati, a domanda, previo giudizio di idoneità, nel primo livello dirigenziale del ruolo medico in soprannumero. Con regolamento da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, ai sensi dell’art. 17, L. 23 agosto 1988, n. 400, dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità di concerto con i Ministri del tesoro e della funzione pubblica sono determinati i tempi, le procedure e le modalità per lo svolgimento dei giudizi di idoneità. In sede di revisione dei rapporti convenzionali in atto, l’accordo collettivo nazionale disciplina l’adeguamento dei rapporti medesimi alle esigenze di flessibilità operativa, incluse la riorganizzazione degli orari e le forme di mobilità interaziendale, nonché i criteri di integrazione dello specialista ambulatoriale nella assistenza distrettuale. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 34 della legge 27 dicembre 1997, n. 449. 8-bis. I medici che frequentano il secondo anno del corso biennale di formazione specifica in medicina generale possono presentare, nei termini stabiliti, domanda per l’inclusione nella graduatoria regionale dei medici aspiranti alla assegnazione degli incarichi di medicina generale, autocertificando la frequenza al corso, qualora il corso non sia concluso e il relativo

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attestato non sia stato rilasciato entro il 31 dicembre dell’anno stesso, a causa del ritardo degli adempimenti regionali. L’attestato di superamento del corso biennale è prodotto dall’interessato, durante il periodo di validità della graduatoria regionale, unitamente alla domanda di assegnazione delle zone carenti. Il mancato conseguimento dell’attestato comporta la cancellazione dalla graduatoria regionale. 9. [Le disposizioni di cui all’art. 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, relative al divieto di esercizio di attività libero-professionali comunque prestate in strutture private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, si estendono alle attività prestate nelle istituzioni e strutture private con le quali l’unità sanitaria locale intrattiene i rapporti di cui al precedente comma 5] .

Nota all’art. 41, comma 4:

Si riporta il testo dell’art. 4, comma 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.

502 (si vedano le note all’art. 3, comma 1):

«4. Aziende ospedaliere e presìdi ospedalieri.

Omissis. 9. Gli ospedali che non siano costituiti in azienda ospedaliera conservano la natura di presìdi dell’unità sanitaria locale. Nelle unità sanitarie locali nelle quali sono presenti più ospedali, questi possono essere accorpati ai fini funzionali. Nei presìdi ospedalieri dell’unità sanitaria locale è previsto un dirigente medico in possesso dell’idoneità di cui all’art. 17, come responsabile delle funzioni igienico-organizzative, ed un dirigente amministrativo per l’esercizio delle funzioni di coordinamento amministrativo. Il dirigente medico ed il dirigente amministrativo concorrono, secondo le rispettive competenze, al conseguimento degli obiettivi fissati dal direttore generale. A tutti i presìdi di cui al presente comma è attribuita autonomia economico-finanziaria con contabilità separata all’interno del bilancio dell’unità sanitaria locale, con l’introduzione delle disposizioni previste per le aziende ospedaliere, in quanto applicabili. Omissis.».

Note all’art. 42, commi 1, 12 e 13:

Si riporta il testo dell’art. 7-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

(si vedano le note all’art. 3, comma 1):

«7-quater. Organizzazione del dipartimento di prevenzione.

1. Il dipartimento di prevenzione opera nell’ambito del Piano attuativo locale, ha autonomia organizzativa e contabile ed è organizzato in centri di costo e di responsabilità. Il direttore del dipartimento è scelto dal direttore generale tra i direttori di struttura complessa del dipartimento con almeno cinque anni di anzianità di funzione e risponde alla direzione aziendale del perseguimento degli obiettivi aziendali, dell’assetto organizzativo e della gestione, in relazione alle risorse assegnate. 2. Le regioni disciplinano l’articolazione delle aree dipartimentali di sanità pubblica, della tutela della salute negli ambienti di lavoro e della sanità pubblica veterinaria, prevedendo strutture organizzative specificamente dedicate a:

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a) igiene e sanità pubblica; b) igiene degli alimenti e della nutrizione; c) prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro; d) sanità animale; e) igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale e loro derivati; f) igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche. 3. Le strutture organizzative si distinguono in servizi o in unità operative, in rapporto all’omogeneità della disciplina di riferimento e alle funzioni attribuite, nonché alle caratteristiche e alle dimensioni del bacino di utenza. 4. Le strutture organizzative dell’area di sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare operano quali centri di responsabilità, dotati di autonomia tecnico-funzionale e organizzativa nell’ambito della struttura dipartimentale, e rispondono del perseguimento degli obiettivi dipartimentali e aziendali, dell’attuazione delle disposizioni normative e regolamentari regionali, nazionali e internazionali, nonché della gestione delle risorse economiche attribuite. 4-bis. L’articolazione delle aree dipartimentali nelle strutture organizzative di cui al comma 2 rappresenta il livello di organizzazione che le regioni assicurano per garantire l’esercizio delle funzioni comprese nei livelli essenziali di assistenza, nonché l’osservanza degli obblighi previsti dall’ordinamento dell’Unione europea. 4-ter. Le regioni assicurano che le strutture organizzative di cui alle lettere b), d), e) e f) del comma 2 siano dotate di personale adeguato, per numero e qualifica, a garantire le finalità di cui al comma 4-bis, nonché l’adempimento degli obblighi derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea in materia di controlli ufficiali, previsti dal regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004. 4-quater. Le strutture organizzative di cui al comma 2 sono possibilmente individuate quali strutture complesse. 5. Nella regolamentazione del dipartimento di prevenzione, le regioni possono prevedere, secondo le articolazioni organizzative adottate, la disciplina delle funzioni di medicina legale e necroscopica ovvero di altre funzioni di prevenzione comprese nei livelli essenziali di assistenza.».

Si riporta il testo dell’art. 10 del decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 106 recante

“Riorganizzazione degli enti vigilati dal Ministero della salute, a norma dell’articolo

2 della legge 4 novembre 2010, n. 183” (pubblicato nella G.U. 23 luglio 2012, n. 170:

«Art. 10 Principi per l’esercizio delle competenze regionali

1. Le regioni disciplinano le modalità gestionali, organizzative e di funzionamento degli Istituti, nonché l’esercizio delle funzioni di sorveglianza amministrativa, di indirizzo e verifica sugli Istituti, fatta in ogni caso salva la competenza esclusiva dello Stato, ed adottano criteri di valutazione dei costi, dei rendimenti e di verifica dell’utilizzazione delle risorse, nel rispetto dei principi di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, e dei seguenti principi fondamentali: a) semplificazione e snellimento dell’organizzazione e della struttura amministrativa, adeguandole ai principi di efficacia, efficienza ed economicità dell’attività amministrativa; b) razionalizzazione ed ottimizzazione delle spese e dei costi di funzionamento, previa riorganizzazione dei relativi centri di spesa e mediante adeguamento dell’organizzazione e della struttura amministrativa degli Istituti attraverso: 1) la riorganizzazione degli uffici dirigenziali, procedendo alla loro riduzione in misura pari o inferiore a quelli determinati in applicazione dell’articolo 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e dell’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni,

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dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, nonché alla eliminazione delle duplicazioni organizzative esistenti; 2) la gestione unitaria del personale e dei servizi comuni anche mediante strumenti di innovazione amministrativa e tecnologica; 3) la riorganizzazione degli uffici con funzioni ispettive e di controllo; 4) la riduzione degli organismi di analisi, consulenza e studio di elevata specializzazione; 5) la razionalizzazione delle dotazioni organiche in modo da assicurare che il personale utilizzato per funzioni relative alla gestione delle risorse umane, ai sistemi informativi, ai servizi manutentivi e logistici, agli affari generali, provveditorati e contabilità non ecceda comunque il 15 per cento delle risorse umane complessivamente utilizzate. (4) 2. Nel caso di istituti interregionali, le Regioni provvedono di concerto. 3. Il piano sanitario regionale di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, definisce gli obiettivi e l’indirizzo per l’attività degli Istituti. La programmazione regionale prevede le modalità di raccordo tra gli Istituti zooprofilattici sperimentali e i dipartimenti di prevenzione.».

Il testo dell’art. 4 della legge regionale 6 marzo 1998, n. 9 (si veda la nota all’art. 6,

comma 2), è il seguente:

«Art. 4Convenzioni con le Unità sanitarie locali

e coordinamento delle attività.

1. L’A.R.P.A. e le Unità sanitarie locali esercitano le funzioni e le attività di protezione e controllo ambientale e di prevenzione collettiva di rispettiva competenza, secondo il riparto di cui all’allegato A della presente legge. 2. Le Unità sanitarie locali si avvalgono dell’A.R.P.A. per il supporto e la consulenza in materia ambientale, nonché per le prestazioni analitiche-laboratoristiche finalizzate all’espletamento delle attività connesse con le funzioni di prevenzione collettiva. 3. L’A.R.P.A., per le prestazioni di cui al comma 2, stipula con le Unità sanitarie locali apposite convenzioni, sulla base dello schema approvato dalla Giunta regionale. 4. L’integrazione ed il coordinamento delle attività proprie dell’A.R.P.A. e delle Unità sanitarie locali, per le aree di intervento che rivestono valenza sia ambientale che sanitaria, sono assicurate dal comitato tecnico di cui all’articolo 11, nonché mediante il reciproco e regolare scambio di informazioni e conoscenze derivanti dalle attività di rispettiva competenza.».

Nota all’art. 43, comma 1:

Per il testo dell’art. 7-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si

vedano le note all’art. 42, commi 1, 12 e 13.

Nota all’art. 45, comma 1:

Il decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, recante “Stato

giuridico del personale delle unità sanitarie locali” è pubblicato nel S.O. alla G.U. 15

febbraio 1980, n. 45.

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Nota all’art. 48:

Si riporta il testo dell’art. 15, commi 7, 7-bis, 7-ter, 7-quater, 7-quinquies del decreto

legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (si vedano le note all’art. 3, comma 1):

«15. Disciplina della dirigenza medica e delle professioni sanitarie.

Omissis. 7. Alla dirigenza sanitaria si accede mediante concorso pubblico per titoli ed esami, disciplinato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483 ivi compresa la possibilità di accesso con una specializzazione in disciplina affine. Gli incarichi di direzione di struttura complessa sono attribuiti a coloro che siano in possesso dei requisiti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484. 7-bis. Le regioni, nei limiti delle risorse finanziarie ordinarie, e nei limiti del numero delle strutture complesse previste dall’atto aziendale di cui all’articolo 3, comma 1-bis, tenuto conto delle norme in materia stabilite dalla contrattazione collettiva, disciplinano i criteri e le procedure per il conferimento degli incarichi di direzione di struttura complessa, previo avviso cui l’azienda è tenuta a dare adeguata pubblicità, sulla base dei seguenti principi: a) la selezione viene effettuata da una commissione composta dal direttore sanitario dell’azienda interessata e da tre direttori di struttura complessa nella medesima disciplina dell’incarico da conferire, individuati tramite sorteggio da un elenco nazionale nominativo costituito dall’insieme degli elenchi regionali dei direttori di struttura complessa appartenenti ai ruoli regionali del Servizio sanitario nazionale. Qualora fossero sorteggiati tre direttori di struttura complessa della medesima regione ove ha sede l’azienda interessata alla copertura del posto, non si procede alla nomina del terzo sorteggiato e si prosegue nel sorteggio fino ad individuare almeno un componente della commissione direttore di struttura complessa in regione diversa da quella ove ha sede la predetta azienda. La commissione elegge un presidente tra i tre componenti sorteggiati; in caso di parità di voti è eletto il componente più anziano. In caso di parità nelle deliberazioni della commissione prevale il voto del presidente; b) la commissione riceve dall’azienda il profilo professionale del dirigente da incaricare. Sulla base dell’analisi comparativa dei curricula, dei titoli professionali posseduti, avuto anche riguardo alle necessarie competenze organizzative e gestionali, dei volumi dell’attività svolta, dell’aderenza al profilo ricercato e degli esiti di un colloquio, la commissione presenta al direttore generale una terna di candidati idonei formata sulla base dei migliori punteggi attribuiti. Il direttore generale individua il candidato da nominare nell’ambito della terna predisposta dalla commissione; ove intenda nominare uno dei due candidati che non hanno conseguito il migliore punteggio, deve motivare analiticamente la scelta. L’azienda sanitaria interessata può preventivamente stabilire che, nei due anni successivi alla data del conferimento dell’incarico, nel caso in cui il dirigente a cui è stato conferito l’incarico dovesse dimettersi o decadere, si procede alla sostituzione conferendo l’incarico ad uno dei due professionisti facenti parte della terna iniziale; c) la nomina dei responsabili di unità operativa complessa a direzione universitaria è effettuata dal direttore generale d’intesa con il rettore, sentito il dipartimento universitario competente, ovvero, laddove costituita, la competente struttura di raccordo interdipartimentale, sulla base del curriculum scientifico e professionale del responsabile da nominare; d) il profilo professionale del dirigente da incaricare, i curricula dei candidati, la relazione della commissione sono pubblicati sul sito internet dell’azienda prima della nomina. Sono altresì

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pubblicate sul medesimo sito le motivazioni della scelta da parte del direttore generale di cui alla lettera b), terzo periodo. I curricula dei candidati e l’atto motivato di nomina sono pubblicati sul sito dell’ateneo e dell’azienda ospedaliero-universitaria interessati. 7-ter. L’incarico di direttore di struttura complessa è soggetto a conferma al termine di un periodo di prova di sei mesi, prorogabile di altri sei, a decorrere dalla data di nomina a detto incarico, sulla base della valutazione di cui al comma 5. 7-quater. L’incarico di responsabile di struttura semplice, intesa come articolazione interna di una struttura complessa, è attribuito dal direttore generale, su proposta del direttore della struttura complessa di afferenza, a un dirigente con un’anzianità di servizio di almeno cinque anni nella disciplina oggetto dell’incarico. L’incarico di responsabile di struttura semplice, intesa come articolazione interna di un dipartimento, è attribuito dal direttore generale, sentiti i direttori delle strutture complesse di afferenza al dipartimento, su proposta del direttore di dipartimento, a un dirigente con un’anzianità di servizio di almeno cinque anni nella disciplina oggetto dell’incarico. Gli incarichi hanno durata non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni, con possibilità di rinnovo. L’oggetto, gli obiettivi da conseguire, la durata, salvo i casi di revoca, nonché il corrispondente trattamento economico degli incarichi sono definiti dalla contrattazione collettiva nazionale. 7-quinquies. Per il conferimento dell’incarico di struttura complessa non possono essere utilizzati contratti a tempo determinato di cui all’articolo 15-septies. Omissis.».

Note all’art. 49:

Si riporta il testo dell’art. 15-quater, comma 4 e 15-quinques, comma 5 del decreto

legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (si vedano le note all’art. 3, comma 1):

«15-quater. Esclusività del rapporto di lavoro dei dirigenti del ruolo sanitario.

Omissis. 4. I soggetti di cui ai commi 1, 2 e 3 possono optare, su richiesta da presentare entro il 30 novembre di ciascun anno, per il rapporto di lavoro non esclusivo, con effetto dal 1° gennaio dell’anno successivo. Le regioni hanno la facoltà di stabilire una cadenza temporale più breve. Il rapporto di lavoro esclusivo può essere ripristinato secondo le modalità di cui al comma 2. Coloro che mantengono l’esclusività del rapporto non perdono i benefici economici di cui al comma 5, trattandosi di indennità di esclusività e non di indennità di irreversibilità. La non esclusività del rapporto di lavoro non preclude la direzione di strutture semplici e complesse. Omissis.

15-quinquies. Caratteristiche del rapporto di lavoro esclusivo dei dirigenti

sanitari.

Omissis.5. Gli incarichi di direzione di struttura, semplice o complessa, implicano il rapporto di lavoro esclusivo. Per struttura ai fini del presente decreto, si intende l’articolazione organizzativa per la quale è prevista, dall’atto aziendale di cui all’articolo 3, comma 1-bis, responsabilità di gestione di risorse umane, tecniche o finanziarie. Omissis.».

Si riporta il testo dell’art. 5, comma 4 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n.

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517 (si vedano le note all’art. 3, comma 1):

«5.Norme in materia di personale.

Omissis. 4. Ai professori di prima fascia ai quali non sia stato possibile conferire un incarico di direzione di struttura semplice o complessa, il direttore generale, sentito il rettore, affida, comunque la responsabilità e la gestione di programmi, infra o interdipartimentali finalizzati alla integrazione delle attività assistenziali, didattiche e di ricerca, con particolare riguardo alle innovazioni tecnologiche ed assistenziali, nonché al coordinamento delle attività sistematiche di revisione e valutazione della pratica clinica ed assistenziale. La responsabilità e la gestione di analoghi programmi può essere affidata, in relazione alla minore complessità e rilevanza degli stessi, anche ai professori di seconda fascia ai quali non sia stato conferito un incarico di direzione semplice o complessa. Gli incarichi sono assimilati, a tutti gli effetti, agli incarichi di responsabilità rispettivamente di struttura complessa e di struttura semplice. I professori di prima fascia che non accettano gli incarichi di responsabilità e di gestione dei programmi di cui al primo periodo del presente comma non possono svolgere funzioni di direzione nell’àmbito delle disposizioni attuative del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, limitatamente alle scuole di specializzazione. Omissis.».

Note all’art. 52, comma 3:

Si riporta il testo dell’art. 5 della legge 21 dicembre 1978, n. 845 recante “Legge-

quadro in materia di formazione professionale” (pubblicata nella G.U. 30 dicembre

1978, n. 362):

«5. Organizzazione delle attività.

Le regioni, in conformità a quanto previsto dai programmi regionali di sviluppo, predispongono programmi pluriennali e piani annuali di attuazione per le attività di formazione professionale. L’attuazione dei programmi e dei piani così predisposti è realizzata:a) direttamente nelle strutture pubbliche, che devono essere interamente utilizzate, anche operando, ove sia necessario, il loro adeguamento strutturale e funzionale agli obiettivi del piano; b) mediante convenzione, nelle strutture di enti che siano emanazione o delle organizzazioni democratiche e nazionali dei lavoratori dipendenti, dei lavoratori autonomi, degli imprenditori o di associazioni con finalità formative e sociali, o di imprese e loro consorzi, o del movimento cooperativo. Gli enti di cui alla lettera b) del comma precedente devono possedere, per essere ammessi al finanziamento, i seguenti requisiti: 1) avere come fine la formazione professionale; 2) disporre di strutture, capacità organizzativa e attrezzature idonee; 3) non perseguire scopi di lucro; 4) garantire il controllo sociale delle attività; 5) applicare per il personale il contratto nazionale di lavoro di categoria; 6) rendere pubblico il bilancio annuale per ciascun centro di attività;

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7) accettare il controllo della regione, che può effettuarsi anche mediante ispezioni, sul corretto utilizzo dei finanziamenti erogati. Le regioni possono altresì stipulare convenzioni con imprese o loro consorzi per la realizzazione di corsi di formazione, aggiornamento riqualificazione e riconversione, nel rispetto di quanto stabilito ai numeri 2) e 7) del comma precedente. Le convenzioni di cui al presente articolo sono esenti da ogni tipo di imposta o tassa. Fino all’entrata in vigore del nuovo ordinamento degli enti locali, le convenzioni di cui al presente articolo sono stipulate dalle regioni.».

Per il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’art. 3,

comma 1.

La legge regionale 21 ottobre 1981, n. 69, recante “Norme sul sistema formativo

regionale” (pubblicata nel B.U.R. 26 ottobre 1981, n. 58), è stata modificata e

integrata con leggi regionali 11 agosto 1983, n. 30 (in B.U.R. 18 agosto 1983, n. 54),

12 marzo 1984, n. 16 (in B.U.R. 14 marzo 1984, n. 21), 26 aprile 1985, n. 33 (in

B.U.R. 2 maggio 1985, n. 46, E.S.), 28 maggio 1991, n. 14 (in B.U.R. 5 giugno 1991,

n. 28), 2 marzo 1999, n. 3 (in B.U.R. 10 marzo 1999, n. 15), 17 settembre 2013, n. 17

(in B.U.R. 25 settembre 2013, n. 43) e 4 aprile 2014, n. 5 (in S.S. n. 2 al B.U.R. 5

aprile 2014, n. 17).

Nota all’art. 55, comma 4:

Si riporta il testo dell’art. 1, comma 8 del decreto legge 12 novembre 2001, n. 402,

recante “Disposizioni urgenti in materia di personale sanitario” (pubblicato nella

G.U. 12 novembre 2001, n. 263), convertito in legge con modificazioni, dalla legge 8

gennaio 2002, n. 1 (in G.U. 10 gennaio 2002, n. 8):

«1.Prestazioni aggiuntive programmabili da parte degli infermieri

dipendenti ed emergenza infermieristica.

Omissis. 8. Fino a quando non si procederà ai sensi del comma 7, per l’operatore socio-sanitario restano confermate le disposizioni di cui all’accordo intervenuto il 22 febbraio 2001 in sede di Conferenza Stato-regioni tra il Ministro della salute, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Con la stessa procedura è disciplinata, per l’operatore socio-sanitario la formazione complementare in assistenza sanitaria che consente a detto operatore di collaborare con l’infermiere o con l’ostetrica e di svolgere alcune attività assistenziali in base all’organizzazione dell’unità funzionale di appartenenza e conformemente alle direttive del responsabile dell’assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione. Omissis.».

Note all’art. 61:

Il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante “Disposizioni in materia di

armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli

enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio

2009, n. 42” (pubblicato nella G.U. 26 luglio 2011, n. 172), è stato modificato ed

integrato con: legge 24 dicembre 2012, n. 228 (in S.O. alla G.U. 29 dicembre 2012, n.

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302), decreto legge 31 agosto 2013, n. 102 (in S.O. alla G.U. 31 agosto 2013, n. 204),

convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124 (in S.O.

alla G.U. 29 ottobre 2013, n. 254), decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126 (in S.O.

alla G.U. 28 agosto 2014, n. 199) e legge 23 dicembre 2014, n. 190 (in S.O. alla G.U.

29 dicembre 2014, n. 300).

Per il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’art. 3,

comma 1.

Note all’art. 64, commi 2, 3 e 4:

Si riporta il testo dell’art. 25 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (si vedano

le note all’art. 61):

«Art. 25 Bilancio preventivo economico annuale

1. Gli enti di cui all’articolo 19, comma 2, lettera b), punto i), ove ricorrano le condizioni ivi previste, e lettera c) predispongono un bilancio preventivo economico annuale, in coerenza con la programmazione sanitaria e con la programmazione economico-finanziaria della regione. 1-bis. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano devono garantire una programmabilità degli investimenti da effettuare nel proprio ambito territoriale, attraverso la predisposizione di piani annuali di investimento accompagnati da un’adeguata analisi dei fabbisogni e della relativa sostenibilità economico-finanziaria complessiva, da attuare anche in sede di predisposizione del previsto piano dei flussi di cassa prospettici di cui al comma 2. 2. Il bilancio preventivo economico annuale include un conto economico preventivo e un piano dei flussi di cassa prospettici, redatti secondo gli schemi di conto economico e di rendiconto finanziario previsti dall’articolo 26. Al conto economico preventivo è allegato il conto economico dettagliato, secondo lo schema CE di cui al decreto ministeriale 13 novembre 2007 e successive modificazioni ed integrazioni. 3. Il bilancio preventivo economico annuale è corredato da una nota illustrativa, dal piano degli investimenti e da una relazione redatta dal direttore generale per gli enti di cui alla lettera c) del comma 2 dell’articolo 19 e dal responsabile della gestione sanitaria accentrata presso la regione per gli enti di cui all’articolo 19, comma 2, lettera b), punto i), ove ricorrano le condizioni ivi previste. La nota illustrativa esplicita i criteri impiegati nell’elaborazione del bilancio preventivo economico annuale; la relazione del direttore generale o del responsabile della gestione sanitaria accentrata evidenzia i collegamenti con gli altri atti di programmazione aziendali e regionali; il piano degli investimenti definisce gli investimenti da effettuare nel triennio e le relative modalità di finanziamento. Il bilancio preventivo economico annuale degli enti di cui all’articolo 19, comma 2, lettera c) e lettera b), punto i), ove ricorrano le condizioni ivi previste, deve essere corredato dalla relazione del collegio sindacale. 4. Gli enti di cui alla lettera d), del comma 2 dell’articolo 19 predispongono un bilancio preventivo economico annuale, corredato da una nota illustrativa che espliciti i criteri impiegati nell’elaborazione dello stesso, nonché da un piano degli investimenti che definisca gli investimenti da effettuare nel triennio e le relative modalità di finanziamento. Il bilancio preventivo economico annuale deve essere corredato dalla relazione del collegio dei revisori. Con delibera del direttore generale, il bilancio preventivo economico annuale, corredato dalla nota illustrativa, dal piano triennale degli investimenti e

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dalla relazione del collegio dei revisori, viene sottoposto al Consiglio di amministrazione dell’ente per l’approvazione.».

Il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante “Codice dei contratti pubblici

relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e

2004/18/CE” (pubblicato nel S.O. alla G.U. 2 maggio 2006, n. 100), è stato

modificato con: decreto legge 12 maggio 2006, n. 173 (in G.U. 13 maggio 2006, n.

110), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2006, n. 228 (in

G.U. 12 luglio 2006, n. 160), legge 27 dicembre 2006, n. 296 (in S.O. alla G.U. 27

dicembre 2006, n. 299), decreto legislativo 26 gennaio 2007, n. 6 (in G.U. 31

gennaio 2007, n. 25), decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90

(in S.O. alla G.U. 10 luglio 2007, n. 158), decreto legislativo 31 luglio 2007, n. 113

(in S.O. alla G.U. 31 luglio 2007, n. 176), legge 3 agosto 2007, n. 123 (in G.U. 10

agosto 2007, n. 185), legge 3 agosto 2007, n. 124 (in G.U. 13 agosto 2007, n. 187),

decreto legislativo 11 settembre 2008, n. 152 (in S.O. alla G.U. 2 ottobre 2008, n.

231), legge 24 dicembre 2007, n. 244 (in S.O. alla G.U. 28 dicembre 2007, n. 300),

decreto legge 23 ottobre 2008, n. 162 (in G.U. 23 ottobre 2008, n. 249), convertito in

legge, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201 (in G.U. 22 dicembre

2008, n. 298), decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207 (in G.U. 31 dicembre 2008, n.

304), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14 (in

S.O. alla G.U. 28 febbraio 2009, n. 49), legge 18 giugno 2009, n. 69 (in S.O. alla

G.U. 19 giugno 2009, n. 140), decreto legge 1 luglio 2009, n. 78 (in G.U. 1 luglio

2009, n. 150), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n.

102 (in S.O. alla G.U. 4 agosto 2009, n. 179), legge 15 luglio 2009, n. 94 (in S.O.

alla G.U. 24 luglio 2009, n. 170), legge 23 luglio 2009, n. 99 (in S.O. alla G.U. 31

luglio 2009, n. 176), decreto legge 25 settembre 2009, n. 135 (in G.U. 25 settembre

2009, n. 223), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009,

n. 166 (in S.O. alla G.U. 24 novembre 2009, n. 274), decreto legislativo 20 marzo

2010, n. 53 (in G.U. 12 aprile 2010, n. 84), decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104

(in S.O. alla G.U. 7 luglio 2010, n. 156), decreto legislativo 31 marzo 2011, n. 58 (in

G.U. 29 aprile 2011, n. 98), decreto legge 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. 13 maggio

2011, n. 110), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n.

106 (in G.U. 12 luglio 2011, n. 160), legge 11 novembre 2011, n. 180 (in S.O. alla

G.U. 14 novembre 2011, n. 265), decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 195 (in

G.U. 23 novembre 2011, n. 273), decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 208 (in

G.U. 16 dicembre 2011, n. 292), decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 (in S.O. alla

G.U. 6 dicembre 2011, n. 284), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 22

dicembre 2011, n. 214 (in S.O. alla G.U. 27 dicembre 2011, n. 300), decreto legge 24

gennaio 2012, n. 1 (in S.O. alla G.U. 24 gennaio 2012, n. 19), convertito in legge,

con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 (in S.O. alla G.U. 24 marzo

2012, n. 71), decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5 (in S.O. alla G.U. 9 febbraio 2012,

n. 33), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35 (in

S.O. alla G.U. 6 aprile 2012, n. 82), decreto legge 2 marzo 2012, n. 16 (in G.U. 2

marzo 2012, n. 52), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 aprile

2012, n. 44 (in S.O. alla G.U. 28 aprile 2012, n. 99), decreto legge 7 maggio 2012, n.

52 (in G.U. 8 maggio 2012, n. 106), convertito in legge, con modificazioni, dalla

legge 6 luglio 2012, n. 94 (in G.U. 6 luglio 2012, n. 156), decreto legge 22 giugno

2012, n. 83 (in S.O. alla G.U. 26 giugno 2012, n. 147), convertito in legge, con

modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (in S.O. alla G.U. 11 agosto 2012, n.

187), decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 (in S.O. alla G.U. 6 luglio 2012, n. 156),

convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 (in S.O. alla

G.U. 14 agosto 2012, n. 189), decreto legislativo 19 settembre 2012, n. 169 (in G.U.

2 ottobre 2012, n. 230), decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179 (in S.O. alla G.U. 19

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015182

ottobre 2012, n. 245), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre

2012, n. 221 (in S.O. alla G.U. 18 dicembre 2012, n. 294), legge 6 novembre 2012, n.

190 (in G.U. 13 novembre 2012, n. 265), decreto legge 8 aprile 2013, n. 35 (in G.U.

8 aprile 2013, n. 82), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 giugno

2013, n. 64 (in G.U. 7 giugno 2013, n. 132), decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 (in

S.O. alla G.U. 21 giugno 2013, n. 144), convertito in legge, con modificazioni, dalla

legge 9 agosto 2013, n. 98 (in S.O. alla G.U. 20 agosto 2013, n. 194), decreto legge

31 agosto 2013, n. 101 (in G.U. 31 agosto 2013, n. 204), convertito in legge, con

modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 (in G.U. 30 ottobre 2013, n. 255),

decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145 (in G.U. 23 dicembre 2013, n. 300),

convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9 (in G.U. 21

febbraio 2014, n. 43), legge 27 dicembre 2013, n. 147 (in S.O. alla G.U. 27 dicembre

2013, n. 302), decreto legge 30 dicembre 2013, n. 150 (in G.U. 30 dicembre 2013, n.

304), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15 (in

G.U. 28 febbraio 2014, n. 49), decreto legge 28 marzo 2014, n. 47 (in G.U. 28 marzo

2014, n. 73), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n.

80 (in G.U. 27 maggio 2014, n. 121), decreto legge 24 aprile 2014, n. 66 (in G.U. 24

aprile 2014, n. 95), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 23 giugno

2014, n. 89 (in G.U. 23 giugno 2014, n. 143), decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 (in

G.U. 24 giugno 2014, n. 144), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11

agosto 2014, n. 114 (in S.O. alla G.U. 18 agosto 2014, n. 190), decreto legge 12

settembre 2014, n. 133 (in G.U. 12 settembre 2014, n. 212), convertito in legge, con

modificazioni, legge 11 novembre 2014, n. 164 (in S.O. alla G.U. 11 novembre 2014,

n. 262) e decreto legge 31 dicembre 2014, n. 192 (in G.U. 31 dicembre 2014, n. 302),

convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11 (in G.U.

28 febbraio 2015, n. 49).

Si riporta il testo dell’art. 128:

«Art. 128. Programmazione dei lavori pubblici (art. 14, legge n. 109/1994)

1. L’attività di realizzazione dei lavori di cui al presente codice di singolo importo superiore a 100.000 euro si svolge sulla base di un programma triennale e di suoi aggiornamenti annuali che le amministrazioni aggiudicatrici predispongono e approvano, nel rispetto dei documenti programmatori, già previsti dalla normativa vigente, e della normativa urbanistica, unitamente all’elenco dei lavori da realizzare nell’anno stesso. 2. Il programma triennale costituisce momento attuativo di studi di fattibilità e di identificazione e quantificazione dei propri bisogni che le amministrazioni aggiudicatrici predispongono nell’esercizio delle loro autonome competenze e, quando esplicitamente previsto, di concerto con altri soggetti, in conformità agli obiettivi assunti come prioritari. Gli studi individuano i lavori strumentali al soddisfacimento dei predetti bisogni, indicano le caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali ed economico-finanziarie degli stessi e contengono l’analisi dello stato di fatto di ogni intervento nelle sue eventuali componenti storico-artistiche, architettoniche, paesaggistiche, e nelle sue componenti di sostenibilità ambientale, socio-economiche, amministrative e tecniche. In particolare le amministrazioni aggiudicatrici individuano con priorità i bisogni che possono essere soddisfatti tramite la realizzazione di lavori finanziabili con capitali privati, in quanto suscettibili di gestione economica. Lo schema di programma triennale e i suoi aggiornamenti annuali sono resi pubblici, prima della loro approvazione, mediante affissione nella sede delle amministrazioni aggiudicatrici per almeno sessanta giorni consecutivi ed eventualmente mediante pubblicazione sul profilo di committente della stazione appaltante.

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3. Il programma triennale deve prevedere un ordine di priorità. Nell’ambito di tale ordine sono da ritenere comunque prioritari i lavori di manutenzione, di recupero del patrimonio esistente, di completamento dei lavori già iniziati, i progetti esecutivi approvati, nonché gli interventi per i quali ricorra la possibilità di finanziamento con capitale privato maggioritario. 4. Nel programma triennale sono altresì indicati i beni immobili pubblici che, al fine di quanto previsto dall’articolo 53, comma 6, possono essere oggetto di diretta alienazione anche del solo diritto di superficie, previo esperimento di una gara; tali beni sono classificati e valutati anche rispetto ad eventuali caratteri di rilevanza storico-artistica, architettonica, paesaggistica e ambientale e ne viene acquisita la documentazione catastale e ipotecaria. 5. Le amministrazioni aggiudicatrici nel dare attuazione ai lavori previsti dal programma triennale devono rispettare le priorità ivi indicate. Sono fatti salvi gli interventi imposti da eventi imprevedibili o calamitosi, nonché le modifiche dipendenti da sopravvenute disposizioni di legge o regolamentari ovvero da altri atti amministrativi adottati a livello statale o regionale. 6. L’inclusione di un lavoro nell’elenco annuale è subordinata, per i lavori di importo inferiore a 1.000.000 di euro, alla previa approvazione almeno di uno studio di fattibilità e, per i lavori di importo pari o superiore a 1.000.000 di euro, alla previa approvazione almeno della progettazione preliminare, redatta ai sensi dell’articolo 93, salvo che per i lavori di manutenzione, per i quali è sufficiente l’indicazione degli interventi accompagnata dalla stima sommaria dei costi, nonché per i lavori di cui all’articolo 153 per i quali è sufficiente lo studio di fattibilità. 7. Un lavoro può essere inserito nell’elenco annuale, limitatamente ad uno o più lotti, purché con riferimento all’intero lavoro sia stata elaborata la progettazione almeno preliminare e siano state quantificate le complessive risorse finanziarie necessarie per la realizzazione dell’intero lavoro. In ogni caso l’amministrazione aggiudicatrice nomina, nell’ambito del personale ad essa addetto, un soggetto idoneo a certificare la funzionalità, fruibilità e fattibilità di ciascun lotto. 8. I progetti dei lavori degli enti locali ricompresi nell’elenco annuale devono essere conformi agli strumenti urbanistici vigenti o adottati. Ove gli enti locali siano sprovvisti di tali strumenti urbanistici, decorso inutilmente un anno dal termine ultimo previsto dalla normativa vigente per la loro adozione, e fino all’adozione medesima, gli enti stessi sono esclusi da qualsiasi contributo o agevolazione dello Stato in materia di lavori pubblici. Resta ferma l’applicabilità delle disposizioni di cui agli articoli 9, 10, 11 e 19 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 e di cui all’articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. 9. L’elenco annuale predisposto dalle amministrazioni aggiudicatrici deve essere approvato unitamente al bilancio preventivo, di cui costituisce parte integrante, e deve contenere l’indicazione dei mezzi finanziari stanziati sullo stato di previsione o sul proprio bilancio, ovvero disponibili in base a contributi o risorse dello Stato, delle regioni a statuto ordinario o di altri enti pubblici, già stanziati nei rispettivi stati di previsione o bilanci, nonché acquisibili ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 31 ottobre 1990, n. 310, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 1990, n. 403, e successive modificazioni. Un lavoro non inserito nell’elenco annuale può essere realizzato solo sulla base di un autonomo piano finanziario che non utilizzi risorse già previste tra i mezzi finanziari dell’amministrazione al momento della formazione dell’elenco, fatta eccezione per le risorse resesi disponibili a seguito di ribassi d’asta o di economie. Agli enti locali si applicano le disposizioni previste dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. 10. I lavori non ricompresi nell’elenco annuale o non ricadenti nelle ipotesi di cui al comma 5, secondo periodo, non possono ricevere alcuna forma di finanziamento da parte di pubbliche amministrazioni.

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11. Le amministrazioni aggiudicatrici sono tenute ad adottare il programma triennale e gli elenchi annuali dei lavori sulla base degli schemi tipo, che sono definiti con decreto del Ministro delle infrastrutture; i programmi triennali e gli elenchi annuali dei lavori sono pubblicati sul sito informatico del Ministero delle infrastrutture di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 6 aprile 2001, n. 20 e per estremi sul sito informatico presso l’Osservatorio. 12. I programmi triennali e gli aggiornamenti annuali, fatta eccezione per quelli predisposti dagli enti e da amministrazioni locali e loro associazioni e consorzi, sono altresì trasmessi al CIPE, entro trenta giorni dall’approvazione per la verifica della loro compatibilità con i documenti programmatori vigenti.».

Il decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, recante “Disposizioni urgenti in materia di

finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore

delle zone terremotate nel maggio 2012” (pubblicato nella G.U. 10 ottobre 2012, n.

237), è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213 (in

S.O. n. 206 alla G.U. 7 dicembre 2012, n. 286).

Nota all’art. 66:

Per il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 si vedano le note all’art. 61.

Si riporta il testo dell’art. 27:

«Art. 27 Piano dei conti

1. Al fine di soddisfare le esigenze di standardizzazione delle procedure contabili e dei debiti informativi previsti dalla normativa vigente, ciascuna voce del piano dei conti degli enti di cui all’articolo 19, comma 2, lettera c) e lettera b), punto i), ove ricorrano le condizioni ivi previste, deve essere univocamente riconducibile ad una sola voce dei modelli di rilevazione SP o CE di cui al decreto ministeriale 13 novembre 2007 e successive modificazioni ed integrazioni. 2. Gli enti di cui al comma 1 possono dettagliare il proprio piano dei conti inserendo ulteriori sottovoci, rispetto a quelle di cui ai modelli di rilevazione SP e CE di cui al decreto ministeriale 13 novembre 2007 e successive modificazioni ed integrazioni, secondo le proprie esigenze informative.».

Note all’art. 69:

Si riporta il testo degli artt. dal 2214 al 2220 del codice civile (si vedano le note

all’art. 26, commi 1, 3, 4, 8 e 9):

«2214. Libri obbligatori e altre scritture contabili.

L’imprenditore che esercita un’attività commerciale [c.c. 2195, 2205] deve tenere il libro giornale [c.c. 2215, 2216] e il libro degli inventari [c.c. 2217; disp. att. c.c. 200]. Deve altresì tenere le altre scritture [c.c. 1760, n. 3, 2312] che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa e conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite [c.c. 2220, 2560, 2709, 2711]. Le disposizioni di questo paragrafo non si applicano ai piccoli imprenditori [c.c. 2083, 2221].

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2414-bis. Costituzione delle garanzie.

La deliberazione di emissione di obbligazioni che preveda la costituzione di garanzie reali a favore dei sottoscrittori deve designare un notaio che, per conto dei sottoscrittori, compia le formalità necessarie per la costituzione delle garanzie medesime [c.c. 2414, n. 5, 2831]. Qualora un azionista pubblico garantisca i titoli obbligazionari si applica il numero 5) dell’articolo 2414. Le garanzie, reali e personali e di qualunque altra natura e le cessioni di credito in garanzia, che assistono i titoli obbligazionari possono essere costituite in favore dei sottoscrittori delle obbligazioni o anche di un loro rappresentante che sarà legittimato a esercitare in nome e per conto dei sottoscrittori tutti i diritti, sostanziali e processuali, relativi alle garanzie medesime.

2215. Modalità di tenuta delle scritture contabili.

I libri contabili, prima di essere messi in uso, devono essere numerati progressivamente in ogni pagina e, qualora sia previsto l’obbligo della bollatura o della vidimazione, devono essere bollati in ogni foglio dall’ufficio del registro delle imprese o da un notaio secondo le disposizioni delle leggi speciali. L’ufficio del registro o il notaio deve dichiarare nell’ultima pagina dei libri il numero dei fogli che li compongono. Il libro giornale [c.c. 2214] e il libro degli inventari devono essere numerati progressivamente e non sono soggetti a bollatura né a vidimazione .

2216. Contenuto del libro giornale.

Il libro giornale [c.c. 2214] deve indicare giorno per giorno le operazioni relative all’esercizio dell’impresa .

2217. Redazione dell’inventario

L’inventario [c.c. 365, 2214] deve redigersi all’inizio dell’esercizio dell’impresa [c.c. 2196] e successivamente ogni anno [c.c. 2364], e deve contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all’impresa, nonché delle attività e delle passività dell’imprenditore estranee alla medesima. L’inventario si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite il quale deve dimostrare con evidenza e verità gli utili conseguiti o le perdite subite [c.c. 2423]. Nelle valutazioni di bilancio l’imprenditore deve attenersi ai criteri stabiliti per i bilanci delle società per azioni, in quanto applicabili [c.c. 2425]. L’inventario deve essere sottoscritto dall’imprenditore entro tre mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte dirette [c.c. 2214].

2218. Bollatura facoltativa.

L’imprenditore può far bollare nei modi indicati nell’articolo 2215 gli altri libri da lui tenuti [c.c. 2710].

2219. Tenuta della contabilità.

Tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di un’ordinata contabilità, senza spazi in bianco, senza interlinee e senza trasporti in margine. Non vi si possono fare abrasioni e,

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se è necessaria qualche cancellazione, questa deve eseguirsi in modo che le parole cancellate siano leggibili [c.c. 2710].

2220. Conservazione delle scritture contabili.

Le scritture devono essere conservate per dieci anni dalla data dell’ultima registrazione [c.c. 2312, 2457]. Per lo stesso periodo devono conservarsi le fatture, le lettere e i telegrammi ricevuti e le copie delle fatture, delle lettere e dei telegrammi spediti [c.c. 2214]. Le scritture e documenti di cui al presente articolo possono essere conservati sotto forma di registrazioni su supporti di immagini, sempre che le registrazioni corrispondano ai documenti e possano in ogni momento essere rese leggibili con mezzi messi a disposizione dal soggetto che utilizza detti supporti.».

Il decreto del Ministro della salute 1 marzo 2013, recante “Definizione dei Percorsi

Attuativi della Certificabilità”, è pubblicato nella G.U. 26 marzo 2013, n. 72.

Nota all’art. 70, comma 3:

Si riporta il testo dell’art. 3, commi da 16 a 21 della legge 27 dicembre 2003, n. 350,

recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato

(legge finanziaria 2004)” (pubblicata nel S.O. alla G.U. 27 dicembre 2003, n. 299):

«3. Disposizioni in materia di oneri sociali e di personale e per il

funzionamento di amministrazioni ed enti pubblici.

Omissis. 16. Ai sensi dell’articolo 119, sesto comma, della Costituzione, le regioni a statuto ordinario, gli enti locali, le aziende e gli organismi di cui agli articoli 2, 29 e 172, comma 1, lettera b), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ad eccezione delle società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici, possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento. Le regioni a statuto ordinario possono, con propria legge, disciplinare l’indebitamento delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere e degli enti e organismi di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76, solo per finanziare spese di investimento. 17. Per gli enti di cui al comma 16, costituiscono indebitamento, agli effetti dell’art. 119, sesto comma, della Costituzione, l’assunzione di mutui, l’emissione di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni relative a flussi futuri di entrata, a crediti e a attività finanziarie e non finanziarie, l’eventuale somma incassata al momento del perfezionamento delle operazioni derivate di swap (cosiddetto upfront), le operazioni di leasing finanziario stipulate dal 1° gennaio 2015, il residuo debito garantito dall’ente a seguito della definitiva escussione della garanzia. Inoltre, costituisce indebitamento il residuo debito garantito a seguito dell’escussione della garanzia per tre annualità consecutive, fermo restando il diritto di rivalsa nei confronti del debitore originario. Dal 2015, gli enti di cui al comma 16 rilasciano garanzie solo a favore dei soggetti che possono essere destinatari di contributi agli investimenti finanziati da debito e per le finalità definite dal comma 18. Non costituiscono indebitamento, agli effetti del citato art. 119, le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di effettuare spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio.

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18. Ai fini di cui all’articolo 119, sesto comma, della Costituzione, costituiscono investimenti: a) l’acquisto, la costruzione, la ristrutturazione e la manutenzione straordinaria di beni immobili, costituiti da fabbricati sia residenziali che non residenziali; b) la costruzione, la demolizione, la ristrutturazione, il recupero e la manutenzione straordinaria di opere e impianti; c) l’acquisto di impianti, macchinari, attrezzature tecnico-scientifiche, mezzi di trasporto e altri beni mobili ad utilizzo pluriennale; d) gli oneri per beni immateriali ad utilizzo pluriennale; e) l’acquisizione di aree, espropri e servitù onerose; f) le partecipazioni azionarie e i conferimenti di capitale, nei limiti della facoltà di partecipazione concessa ai singoli enti mutuatari dai rispettivi ordinamenti; g) i contributi agli investimenti e i trasferimenti in conto capitale a seguito di escussione delle garanzie destinati specificamente alla realizzazione degli investimenti a cura di un altro ente od organismo appartenente al settore delle pubbliche amministrazioni; h) i contributi agli investimenti e i trasferimenti in conto capitale a seguito di escussione delle garanzie in favore di soggetti concessionari di lavori pubblici o di proprietari o gestori di impianti, di reti o di dotazioni funzionali all’erogazione di servizi pubblici o di soggetti che erogano servizi pubblici, le cui concessioni o contratti di servizio prevedono la retrocessione degli investimenti agli enti committenti alla loro scadenza, anche anticipata. In tale fattispecie rientra l’intervento finanziario a favore del concessionario di cui al comma 2 dell’articolo 19 della legge 11 febbraio 1994, n. 109; i) gli interventi contenuti in programmi generali relativi a piani urbanistici attuativi, esecutivi, dichiarati di preminente interesse regionale aventi finalità pubblica volti al recupero e alla valorizzazione del territorio. 19. Gli enti e gli organismi di cui al comma 16 non possono ricorrere all’indebitamento per il finanziamento di conferimenti rivolti alla ricapitalizzazione di aziende o società finalizzata al ripiano di perdite. A tale fine l’istituto finanziatore, in sede istruttoria, è tenuto ad acquisire dall’ente l’esplicazione specifica sull’investimento da finanziare e l’indicazione che il bilancio dell’azienda o della società partecipata, per la quale si effettua l’operazione, relativo all’esercizio finanziario precedente l’operazione di conferimento di capitale, non presenta una perdita di esercizio. 20. Le modifiche alle tipologie di cui ai commi 17 e 18 sono disposte con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito l’ISTAT. 21. Ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica e nel quadro del coordinamento della finanza pubblica di cui agli articoli 119 e 120 della Costituzione, le disposizioni dei commi da 16 a 20 si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché agli enti e agli organismi individuati nel comma 16 siti nei loro territori. Omissis.».

Nota all’art. 74:

Per il testo dell’art. 27 decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 si veda la nota

all’art. 66.

Nota all’art. 75, commi 1 e 2:

Per il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 si vedano le note all’art. 61.

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Note all’art. 76:

Si riporta il testo degli artt. dal 2423 al 2428 del codice civile (si vedano le note

all’art. 26, commi 1, 3, 4, 8 e 9):

«2423. Redazione del bilancio.

Gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio, costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa [disp. att. c.c. 200]. Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio. Se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo. Se, in casi eccezionali, l’applicazione di una disposizione degli articoli seguenti è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere applicata. La nota integrativa deve motivare la deroga e deve indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico. Gli eventuali utili derivanti dalla deroga devono essere iscritti in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato. Il bilancio deve essere redatto in unità di euro, senza cifre decimali, ad eccezione della nota integrativa che può essere redatta in migliaia di euro.

2423-bis. Princìpi di redazione del bilancio.

Nella redazione del bilancio devono essere osservati i seguenti princìpi: 1) la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività, nonché tenendo conto della funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato; 2) si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio; 3) si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento; 4) si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo; 5) gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci devono essere valutati separatamente; 6) i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro. Deroghe al principio enunciato nel numero 6) del comma precedente sono consentite in casi eccezionali. La nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico .

2423-ter. Struttura dello stato patrimoniale e del conto economico.

Salve le disposizioni di leggi speciali per le società che esercitano particolari attività, nello stato patrimoniale e nel conto economico devono essere iscritte separatamente, e nell’ordine indicato, le voci previste negli articoli 2424 e 2425. Le voci precedute da numeri arabi possono essere ulteriormente suddivise, senza eliminazione della voce

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complessiva e dell’importo corrispondente; esse possono essere raggruppate soltanto quando il raggruppamento, a causa del loro importo, è irrilevante ai fini indicati nel secondo comma dell’articolo 2423 o quando esso favorisce la chiarezza del bilancio. In questo secondo caso la nota integrativa deve contenere distintamente le voci oggetto di raggruppamento. Devono essere aggiunte altre voci qualora il loro contenuto non sia compreso in alcuna di quelle previste dagli articoli 2424 e 2425. Le voci precedute da numeri arabi devono essere adattate quando lo esige la natura dell’attività esercitata. Per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico deve essere indicato l’importo della voce corrispondente dell’esercizio precedente. Se le voci non sono comparabili, quelle relative all’esercizio precedente devono essere adattate; la non comparabilità e l’adattamento o l’impossibilità di questo devono essere segnalati e commentati nella nota integrativa. Sono vietati i compensi di partite.

2424. Contenuto dello stato patrimoniale.

Lo stato patrimoniale deve essere redatto in conformità al seguente schema. Attivo:A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte già richiamata. B) Immobilizzazioni, con separata indicazione di quelle concesse in locazione finanziaria: I - Immobilizzazioni immateriali: 1) costi di impianto e di ampliamento; 2) costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità; 3) diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno; 4) concessioni, licenze, marchi e diritti simili; 5) avviamento; 6) immobilizzazioni in corso e acconti; 7) altre. Totale. II - Immobilizzazioni materiali: 1) terreni e fabbricati; 2) impianti e macchinario; 3) attrezzature industriali e commerciali; 4) altri beni; 5) immobilizzazioni in corso e acconti. Totale. III - Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per ciascuna voce dei crediti, degli importi esigibili entro l’esercizio successivo: 1) partecipazioni in: a) imprese controllate; b) imprese collegate; c) imprese controllanti; d) altre imprese; 2) crediti: a) verso imprese controllate; b) verso imprese collegate; c) verso controllanti; d) verso altri; 3) altri titoli; 4) azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale complessivo. Totale. Totale immobilizzazioni (B); C) Attivo circolante: I - Rimanenze: 1) materie prime, sussidiarie e di consumo; 2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati; 3) lavori in corso su ordinazione; 4) prodotti finiti e merci;

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5) acconti. Totale. II - Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo: 1) verso clienti; 2) verso imprese controllate; 3) verso imprese collegate; 4) verso controllanti; 4-bis) crediti tributari; 4-ter) imposte anticipate; 5) verso altri. Totale. III - Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni: 1) partecipazioni in imprese controllate; 2) partecipazioni in imprese collegate; 3) partecipazioni in imprese controllanti; 4) altre partecipazioni; 5) azioni proprie, con indicazioni anche del valore nominale complessivo; 6) altri titoli. Totale. IV - Disponibilità liquide: 1) depositi bancari e postali; 2) assegni; 3) danaro e valori in cassa. Totale. Totale attivo circolante (C). D) Ratei e risconti, con separata indicazione del disaggio su prestiti.Passivo: A) Patrimonio netto: I - Capitale. II - Riserva da soprapprezzo delle azioni. III - Riserve di rivalutazione. IV - Riserva legale. V - Riserve statutarie. VI - Riserva per azioni proprie in portafoglio. VII - Altre riserve, distintamente indicate. VIII - Utili (perdite) portati a nuovo. IX - Utile (perdita) dell’esercizio. Totale. B) Fondi per rischi e oneri: 1) per trattamento di quiescenza e obblighi simili; 2) per imposte, anche differite; 3) altri. Totale. C) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato. D) Debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo: 1) obbligazioni; 2) obbligazioni convertibili; 3) debiti verso soci per finanziamenti; 4) debiti verso banche; 5) debiti verso altri finanziatori; 6) acconti; 7) debiti verso fornitori; 8) debiti rappresentati da titoli di credito; 9) debiti verso imprese controllate; 10) debiti verso imprese collegate; 11) debiti verso controllanti; 12) debiti tributari; 13) debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale; 14) altri debiti. Totale. E) Ratei e risconti, con separata indicazione dell’aggio su prestiti.Se un elemento dell’attivo o del passivo ricade sotto più voci dello schema, nella nota integrativa deve annotarsi, qualora ciò sia necessario ai fini della comprensione del bilancio, la sua

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appartenenza anche a voci diverse da quella nella quale è iscritto.In calce allo stato patrimoniale devono risultare le garanzie prestate direttamente o indirettamente, distinguendosi fra fideiussioni, avalli, altre garanzie personali e garanzie reali, ed indicando separatamente, per ciascun tipo, le garanzie prestate a favore di imprese controllate e collegate, nonché di controllanti e di imprese sottoposte al controllo di queste ultime; devono inoltre risultare gli altri conti d’ordine. È fatto salvo quanto disposto dall’articolo 2447-septies con riferimento ai beni e rapporti giuridici compresi nei patrimoni destinati ad uno specifico affare ai sensi della lettera a) del primo comma dell’articolo 2447-bis.

2424-bis. Disposizioni relative a singole voci dello stato patrimoniale.

Gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti tra le immobilizzazioni. Le partecipazioni in altre imprese in misura non inferiore a quelle stabilite dal terzo comma dell’articolo 2359 si presumono immobilizzazioni. Gli accantonamenti per rischi ed oneri sono destinati soltanto a coprire perdite o debiti di natura determinata, di esistenza certa o probabile, dei quali tuttavia alla chiusura dell’esercizio sono indeterminati o l’ammontare o la data di sopravvenienza. Nella voce: «trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato» deve essere indicato l’importo calcolato a norma dell’articolo 2120. Le attività oggetto di contratti di compravendita con obbligo di retrocessione a termine devono essere iscritte nello stato patrimoniale del venditore. Nella voce ratei e risconti attivi devono essere iscritti i proventi di competenza dell’esercizio esigibili in esercizi successivi, e i costi sostenuti entro la chiusura dell’esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Nella voce ratei e risconti passivi devono essere iscritti i costi di competenza dell’esercizio esigibili in esercizi successivi e i proventi percepiti entro la chiusura dell’esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Possono essere iscritte in tali voci soltanto quote di costi e proventi, comuni a due o più esercizi, l’entità dei quali vari in ragione del tempo.

2425. Contenuto del conto economico.

Il conto economico deve essere redatto in conformità al seguente schema: A) Valore della produzione: 1) ricavi delle vendite e delle prestazioni; 2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti; 3) variazioni dei lavori in corso su ordinazione; 4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni; 5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio. Totale. B) Costi della produzione: 6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci; 7) per servizi; 8) per godimento di beni di terzi; 9) per il personale: a) salari e stipendi; b) oneri sociali; c) trattamento di fine rapporto; d) trattamento di quiescenza e simili; e) altri costi; 10) ammortamenti e svalutazioni: a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali; b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali;

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c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni; d) svalutazioni dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle disponibilità liquide; 11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci; 12) accantonamenti per rischi; 13) altri accantonamenti; 14) oneri diversi di gestione. Totale. Differenza tra valore e costi della produzione (A - B). C) Proventi e oneri finanziari: 15) proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi ad imprese controllate e collegate; 16) altri proventi finanziari: a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e di quelli da controllanti; b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni; c) da titoli iscritti nell’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni; d) proventi diversi dai precedenti, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e di quelli da controllanti; 17) interessi e altri oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso imprese controllate e collegate e verso controllanti; 17-bis) utili e perdite su cambi. Totale (15 + 16 - 17+ - 17 bis). D) Rettifiche di valore di attività finanziarie: 18) rivalutazioni: a) di partecipazioni; b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni; c) di titoli iscritti all’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni; 19) svalutazioni: a) di partecipazioni; b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni; c) di titoli iscritti nell’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni. Totale delle rettifiche (18 - 19). E) Proventi e oneri straordinari: 20) proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni i cui ricavi non sono iscrivibili al n. 5); 21) oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da alienazioni, i cui effetti contabili non sono iscrivibili al n. 14), e delle imposte relative a esercizi precedenti. Totale delle partite straordinarie (20-21). Risultato prima delle imposte (A - B + - C + - D + - E); 22) imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite e anticipate; 23) utile (perdite) dell’esercizio.

2425-bis. Iscrizione dei ricavi, proventi, costi ed oneri.

I ricavi e i proventi, i costi e gli oneri devono essere indicati al netto dei resi, degli sconti, abbuoni e premi, nonché delle imposte direttamente connesse con la vendita dei prodotti e la prestazione dei servizi. I ricavi e i proventi, i costi e gli oneri relativi ad operazioni in valuta devono essere determinati al cambio corrente alla data nella quale la relativa operazione è compiuta. I proventi e gli oneri relativi ad operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione a termine, ivi compresa la differenza tra prezzo a termine e prezzo a pronti, devono essere iscritti per le quote di competenza dell’esercizio . Le plusvalenze derivanti da operazioni di compravendita con locazione finanziaria al venditore sono ripartite in funzione della durata del contratto di locazione.

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2426. Criteri di valutazioni.

Nelle valutazioni devono essere osservati i seguenti criteri: 1) le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di produzione. Nel costo di acquisto si computano anche i costi accessori. Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto. Può comprendere anche altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato; con gli stessi criteri possono essere aggiunti gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi; 2) il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione. Eventuali modifiche dei criteri di ammortamento e dei coefficienti applicati devono essere motivate nella nota integrativa; 3) l’immobilizzazione che, alla data della chiusura dell’esercizio, risulti durevolmente di valore inferiore a quello determinato secondo i numeri 1) e 2) deve essere iscritta a tale minore valore; questo non può essere mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti meno i motivi della rettifica effettuata. Per le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate che risultino iscritte per un valore superiore a quello derivante dall’applicazione del criterio di valutazione previsto dal successivo numero 4) o, se non vi sia obbligo di redigere il bilancio consolidato, al valore corrispondente alla frazione di patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio dell’impresa partecipata, la differenza dovrà essere motivata nella nota integrativa; 4) le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate possono essere valutate, con riferimento ad una o più tra dette imprese, anziché secondo il criterio indicato al numero 1), per un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio delle imprese medesime, detratti i dividendi ed operate le rettifiche richieste dai princìpi di redazione del bilancio consolidato nonché quelle necessarie per il rispetto dei princìpi indicati negli articoli 2423 e 2423-bis. Quando la partecipazione è iscritta per la prima volta in base al metodo del patrimonio netto, il costo di acquisto superiore al valore corrispondente del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio dell’impresa controllata o collegata può essere iscritto nell’attivo, purché ne siano indicate le ragioni nella nota integrativa. La differenza, per la parte attribuibile a beni ammortizzabili o all’avviamento, deve essere ammortizzata. Negli esercizi successivi le plusvalenze, derivanti dall’applicazione del metodo del patrimonio netto, rispetto al valore indicato nel bilancio dell’esercizio precedente sono iscritte in una riserva non distribuibile; 5) i costi di impianto e di ampliamento, i costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi utilità pluriennale possono essere iscritti nell’attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale e devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni. Fino a che l’ammortamento non è completato possono essere distribuiti dividendi solo se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare dei costi non ammortizzati; 6) l’avviamento può essere iscritto nell’attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale, se acquisito a titolo oneroso, nei limiti del costo per esso sostenuto e deve essere ammortizzato entro un periodo di cinque anni. È tuttavia consentito ammortizzare sistematicamente l’avviamento in un periodo limitato di durata superiore, purché esso non superi la durata per l’utilizzazione di questo attivo e ne sia data adeguata motivazione nella nota integrativa;

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7) il disaggio su prestiti deve essere iscritto nell’attivo e ammortizzato in ogni esercizio per il periodo di durata del prestito; 8) i crediti devono essere iscritti secondo il valore presumibile di realizzazione; 8-bis) le attività e le passività in valuta, ad eccezione delle immobilizzazioni, devono essere iscritte al tasso di cambio a pronti alla data di chiusura dell’esercizio ed i relativi utili e perdite su cambi devono essere imputati al conto economico e l’eventuale utile netto deve essere accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al realizzo. Le immobilizzazioni materiali, immateriali e quelle finanziarie, costituite da partecipazioni, rilevate al costo in valuta devono essere iscritte al tasso di cambio al momento del loro acquisto o a quello inferiore alla data di chiusura dell’esercizio se la riduzione debba giudicarsi durevole; 9) le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritti al costo di acquisto o di produzione, calcolato secondo il numero 1), ovvero al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I costi di distribuzione non possono essere computati nel costo di produzione; 10) il costo dei beni fungibili può essere calcolato col metodo della media ponderata o con quelli: «primo entrato, primo uscito» o: «ultimo entrato, primo uscito»; se il valore così ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell’esercizio, la differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa; 11) i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza; 12) le attrezzature industriali e commerciali, le materie prime, sussidiarie e di consumo, possono essere iscritte nell’attivo ad un valore costante qualora siano costantemente rinnovate, e complessivamente di scarsa importanza in rapporto all’attivo di bilancio, sempreché non si abbiano variazioni sensibili nella loro entità, valore e composizione.

2427. Contenuto della nota integrativa.

La nota integrativa deve indicare, oltre a quanto stabilito da altre disposizioni: 1) i criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio, nelle rettifiche di valore e nella conversione dei valori non espressi all’origine in moneta avente corso legale nello Stato; 2) i movimenti delle immobilizzazioni, specificando per ciascuna voce: il costo; le precedenti rivalutazioni, ammortamenti e svalutazioni; le acquisizioni, gli spostamenti da una ad altra voce, le alienazioni avvenuti nell’esercizio; le rivalutazioni, gli ammortamenti e le svalutazioni effettuati nell’esercizio; il totale delle rivalutazioni riguardanti le immobilizzazioni esistenti alla chiusura dell’esercizio; 3) la composizione delle voci: «costi di impianto e di ampliamento» e: «costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità» nonché le ragioni della iscrizione ed i rispettivi criteri di ammortamento;3-bis) la misura e le motivazioni delle riduzioni di valore applicate alle immobilizzazioni materiali e immateriali, facendo a tal fine esplicito riferimento al loro concorso alla futura produzione di risultati economici, alla loro prevedibile durata utile e, per quanto rilevante, al loro valore di mercato, segnalando altresì le differenze rispetto a quelle operate negli esercizi precedenti ed evidenziando la loro influenza sui risultati economici dell’esercizio; 4) le variazioni intervenute nella consistenza delle altre voci dell’attivo e del passivo; in particolare, per le voci del patrimonio

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netto, per i fondi e per il trattamento di fine rapporto, la formazione e le utilizzazioni; 5) l’elenco delle partecipazioni, possedute direttamente o per tramite di società fiduciaria o per interposta persona, in imprese controllate e collegate, indicando per ciascuna la denominazione, la sede, il capitale, l’importo del patrimonio netto, l’utile o la perdita dell’ultimo esercizio, la quota posseduta e il valore attribuito in bilancio o il corrispondente credito; 6) distintamente per ciascuna voce, l’ammontare dei crediti e dei debiti di durata residua superiore a cinque anni, e dei debiti assistiti da garanzie reali su beni sociali, con specifica indicazione della natura delle garanzie e con specifica ripartizione secondo le aree geografiche; 6-bis) eventuali effetti significativi delle variazioni nei cambi valutari verificatesi successivamente alla chiusura dell’esercizio; 6-ter) distintamente per ciascuna voce, l’ammontare dei crediti e dei debiti relativi ad operazioni che prevedono l’obbligo per l’acquirente di retrocessione a termine; 7) la composizione delle voci «ratei e risconti attivi» e «ratei e risconti passivi» e della voce «altri fondi» dello stato patrimoniale, quando il loro ammontare sia apprezzabile, nonché la composizione della voce «altre riserve»; 7-bis) le voci di patrimonio netto devono essere analiticamente indicate, con specificazione in appositi prospetti della loro origine, possibilità di utilizzazione e distribuibilità, nonché della loro avvenuta utilizzazione nei precedenti esercizi; 8) l’ammontare degli oneri finanziari imputati nell’esercizio ai valori iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale, distintamente per ogni voce; 9) gli impegni non risultanti dallo stato patrimoniale; le notizie sulla composizione e natura di tali impegni e dei conti d’ordine, la cui conoscenza sia utile per valutare la situazione patrimoniale e finanziaria della società, specificando quelli relativi a imprese controllate, collegate, controllanti e a imprese sottoposte al controllo di queste ultime; 10) se significativa, la ripartizione dei ricavi delle vendite e delle prestazioni secondo categorie di attività e secondo aree geografiche; 11) l’ammontare dei proventi da partecipazioni, indicati nell’articolo 2425, numero 15), diversi dai dividendi; 12) la suddivisione degli interessi ed altri oneri finanziari, indicati nell’articolo 2425, n. 17), relativi a prestiti obbligazionari, a debiti verso banche, e altri; 13) la composizione delle voci: «proventi straordinari» e: «oneri straordinari» del conto economico, quando il loro ammontare sia apprezzabile; 14) un apposito prospetto contenente: a) la descrizione delle differenze temporanee che hanno comportato la rilevazione di imposte differite e anticipate, specificando l’aliquota applicata e le variazioni rispetto all’esercizio precedente, gli importi accreditati o addebitati a conto economico oppure a patrimonio netto, le voci escluse dal computo e le relative motivazioni; b) l’ammontare delle imposte anticipate contabilizzato in bilancio attinenti a perdite dell’esercizio o di esercizi precedenti e le motivazioni dell’iscrizione, l’ammontare non ancora contabilizzato e le motivazioni della mancata iscrizione; 15) il numero medio dei dipendenti, ripartito per categoria; 16) l’ammontare dei compensi spettanti agli amministratori ed ai sindaci, cumulativamente per ciascuna categoria; 16-bis) salvo che la società sia inclusa in un ambito di consolidamento e le informazioni siano contenute nella nota integrativa del relativo bilancio consolidato, l’importo totale dei corrispettivi spettanti al revisore legale o alla società di revisione legale per la revisione legale dei conti annuali, l’importo totale dei corrispettivi di competenza per gli altri servizi di verifica svolti, l’importo totale dei corrispettivi di competenza per i servizi di consulenza fiscale e l’importo totale dei corrispettivi di competenza per altri servizi diversi dalla revisione contabile;

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17) il numero e il valore nominale di ciascuna categoria di azioni della società e il numero e il valore nominale delle nuove azioni della società sottoscritte durante l’esercizio; 18) le azioni di godimento, le obbligazioni convertibili in azioni e i titoli o valori simili emessi dalla società, specificando il loro numero e i diritti che essi attribuiscono; 19) il numero e le caratteristiche degli altri strumenti finanziari emessi dalla società, con l’indicazione dei diritti patrimoniali e partecipativi che conferiscono e delle principali caratteristiche delle operazioni relative; 19-bis) i finanziamenti effettuati dai soci alla società, ripartiti per scadenze e con la separata indicazione di quelli con clausola di postergazione rispetto agli altri creditori; 20) i dati richiesti dal terzo comma dell’articolo 2447-septies con riferimento ai patrimoni destinati ad uno specifico affare ai sensi della lettera a) del primo comma dell’articolo 2447-bis; 21) i dati richiesti dall’articolo 2447-decies, ottavo comma; 22) le operazioni di locazione finanziaria che comportano il trasferimento al locatario della parte prevalente dei rischi e dei benefìci inerenti ai beni che ne costituiscono oggetto, sulla base di un apposito prospetto dal quale risulti il valore attuale delle rate di canone non scadute quale determinato utilizzando tassi di interesse pari all’onere finanziario effettivo inerenti i singoli contratti, l’onere finanziario effettivo attribuibile ad essi e riferibile all’esercizio, l’ammontare complessivo al quale i beni oggetto di locazione sarebbero stati iscritti alla data di chiusura dell’esercizio qualora fossero stati considerati immobilizzazioni, con separata indicazione di ammortamenti, rettifiche e riprese di valore che sarebbero stati inerenti all’esercizio; 22-bis) le operazioni realizzate con parti correlate, precisando l’importo, la natura del rapporto e ogni altra informazione necessaria per la comprensione del bilancio relativa a tali operazioni, qualora le stesse siano rilevanti e non siano state concluse a normali condizioni di mercato. Le informazioni relative alle singole operazioni possono essere aggregate secondo la loro natura, salvo quando la loro separata evidenziazione sia necessaria per comprendere gli effetti delle operazioni medesime sulla situazione patrimoniale e finanziaria e sul risultato economico della società; 22-ter) la natura e l’obiettivo economico di accordi non risultanti dallo stato patrimoniale, con indicazione del loro effetto patrimoniale, finanziario ed economico, a condizione che i rischi e i benefici da essi derivanti siano significativi e l’indicazione degli stessi sia necessaria per valutare la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico della società. Ai fini dell’applicazione del primo comma, numeri 22-bis) e 22-ter), e degli articoli 2427-bis e 2428, terzo comma, numero 6-bis), per le definizioni di «strumento finanziario», «strumento finanziario derivato», «fair value», «parte correlata» e «modello e tecnica di valutazione generalmente accettato» si fa riferimento ai principi contabili internazionali adottati dall’Unione europea.

2427-bis. Informazioni relative al valore equo «fair value» degli strumenti

finanziari.

1. Nella nota integrativa sono indicati: 1) per ciascuna categoria di strumenti finanziari derivati: a) il loro fair value; b) informazioni sulla loro entità e sulla loro natura; 2) per le immobilizzazioni finanziarie iscritte a un valore superiore al loro fair value, con esclusione delle partecipazioni in società controllate e collegate ai sensi dell’articolo 2359 e delle partecipazioni in joint venture: a) il valore contabile e il fair value delle singole attività, o di appropriati raggruppamenti di tali attività; b) i motivi per i quali il valore contabile non è stato ridotto, inclusa la natura degli elementi sostanziali sui quali si basa il convincimento che tale valore possa essere recuperato.

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2. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del comma 1, sono considerati strumenti finanziari derivati anche quelli collegati a merci che conferiscono all’una o all’altra parte contraente il diritto di procedere alla liquidazione del contratto per contanti o mediante altri strumenti finanziari, ad eccezione del caso in cui si verifichino contemporaneamente le seguenti condizioni: a) il contratto sia stato concluso e sia mantenuto per soddisfare le esigenze previste dalla società che redige il bilancio di acquisto, di vendita o di utilizzo delle merci; b) il contratto sia stato destinato a tale scopo fin dalla sua conclusione; c) si prevede che il contratto sia eseguito mediante consegna della merce. 3. Il fair value è determinato con riferimento: a) al valore di mercato, per gli strumenti finanziari per i quali è possibile individuare facilmente un mercato attivo; qualora il valore di mercato non sia facilmente individuabile per uno strumento, ma possa essere individuato per i suoi componenti o per uno strumento analogo, il valore di mercato può essere derivato da quello dei componenti o dello strumento analogo; b) al valore che risulta da modelli e tecniche di valutazione generalmente accettati, per gli strumenti per i quali non sia possibile individuare facilmente un mercato attivo; tali modelli e tecniche di valutazione devono assicurare una ragionevole approssimazione al valore di mercato. 4. Il fair value non è determinato se l’applicazione dei criteri indicati al comma precedente non dà un risultato attendibile. [5. Ai fini dell’applicazione del presente articolo e dell’articolo 2428, comma 2, numero 6-bis) per la definizione di strumento finanziario, di strumento finanziario derivato, di fair value e di modello e tecnica di valutazione generalmente accettato, si fa riferimento ai princìpi contabili riconosciuti in àmbito internazionale e compatibili con la disciplina in materia dell’Unione europea.]

2428. Relazione sulla gestione.

Il bilancio deve essere corredato da una relazione degli amministratori contenente un’analisi fedele, equilibrata ed esauriente della situazione della società e dell’andamento e del risultato della gestione, nel suo complesso e nei vari settori in cui essa ha operato, anche attraverso imprese controllate, con particolare riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimenti, nonchè una descrizione dei principali rischi e incertezze cui la società è esposta. L’analisi di cui al primo comma è coerente con l’entità e la complessità degli affari della società e contiene, nella misura necessaria alla comprensione della situazione della società e dell’andamento e del risultato della sua gestione, gli indicatori di risultato finanziari e, se del caso, quelli non finanziari pertinenti all’attività specifica della società, comprese le informazioni attinenti all’ambiente e al personale. L’analisi contiene, ove opportuno, riferimenti agli importi riportati nel bilancio e chiarimenti aggiuntivi su di essi. Dalla relazione devono in ogni caso risultare: 1) le attività di ricerca e di sviluppo; 2) i rapporti con imprese controllate, collegate, controllanti e imprese sottoposte al controllo di queste ultime; 3) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società controllanti possedute dalla società, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona, con l’indicazione della parte di capitale corrispondente; 4) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società controllanti acquistate o alienate dalla società, nel corso dell’esercizio, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona, con l’indicazione della corrispondente parte di capitale, dei corrispettivi e dei motivi degli acquisti e delle alienazioni; 5) i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio;

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6) l’evoluzione prevedibile della gestione; 6-bis) in relazione all’uso da parte della società di strumenti finanziari e se rilevanti per la valutazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio: a) gli obiettivi e le politiche della società in materia di gestione del rischio finanziario, compresa la politica di copertura per ciascuna principale categoria di operazioni previste; b) l’esposizione della società al rischio di prezzo, al rischio di credito, al rischio di liquidità e al rischio di variazione dei flussi finanziari. [ Entro tre mesi dalla fine del primo semestre dell’esercizio gli amministratori delle società con azioni quotate in mercati regolamentati devono trasmettere al collegio sindacale una relazione sull’andamento della gestione, redatta secondo i criteri stabiliti dalla Commissione nazionale per le società e la borsa con regolamento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. La relazione deve essere pubblicata nei modi e nei termini stabiliti dalla Commissione stessa con il regolamento anzidetto.] Dalla relazione deve inoltre risultare l’elenco delle sedi secondarie della società.».

Per il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 si vedano le note all’art. 61.

Nota all’art. 77:

Si riporta il testo dell’art. 30 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (si vedano

le note all’art. 61):

«Art. 30 Destinazione del risultato d’esercizio degli enti del SSN

1. L’eventuale risultato positivo di esercizio degli enti di cui alle lettere b), punto i), c) e d) del comma 2 dell’articolo 19 è portato a ripiano delle eventuali perdite di esercizi precedenti. L’eventuale eccedenza è accantonata a riserva ovvero, limitatamente agli enti di cui alle lettere b) punto i), e c) del comma 2 dell’articolo 19, è reso disponibile per il ripiano delle perdite del servizio sanitario regionale. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 2, comma 80, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, eventuali risparmi nella gestione del Servizio sanitario nazionale effettuati dalle regioni rimangono nella disponibilità delle regioni stesse per finalità sanitarie.».

Note all’art. 86, commi 1, 6 e 7:

Si riporta il testo dell’art. 4, comma 8 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, recante

“Disposizioni in materia di finanza pubblica” (pubblicata nella G.U. 31 dicembre

1991, n. 305):

«4. Assistenza sanitaria.

Omissis.8. È abolito il controllo dei comitati regionali di controllo sugli atti delle unità sanitarie locali e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonché degli enti di cui all’articolo 41, secondo comma, L. 23 dicembre 1978, n. 833 e degli enti ospedalieri di cui all’articolo 1, comma 13, del D.L. 6 febbraio 1991, n. 35 , convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 1991, n. 111. Limitatamente agli atti delle unità sanitarie locali e dei sopracitati enti ospedalieri riguardanti il bilancio di previsione, le

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variazioni di bilancio e il conto consuntivo, la determinazione della consistenza qualitativa e quantitativa complessiva del personale, la deliberazione di programmi di spese pluriennali e i provvedimenti che disciplinano l’attuazione dei contratti e delle convenzioni, il controllo preventivo è assicurato direttamente dalla regione, che è tenuta a pronunciarsi, anche in forma di silenzio-assenso, entro quaranta giorni dal ricevimento dell’atto. I provvedimenti come sopra approvati diventano definitivi. Per gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, il controllo di cui agli articoli 16, 17 e 18 del D.P.R. 31 luglio 1980, n. 617 , è esteso anche ai provvedimenti riguardanti i programmi di spesa pluriennali e quelli per la disciplina e l’attribuzione dei contratti e delle convenzioni. Il termine di trenta giorni previsto dall’articolo 18, D.P.R. 31 luglio 1980, n. 617, è modificato in quaranta giorni. Omissis.».

La legge 26 aprile 1982, n. 181, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio

annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1982)” è pubblicata nel S.O. alla

G.U. 26 aprile 1982, n. 113.

Il regolamento regionale 17 gennaio 2006, n. 1, recante “Modalità di esercizio del

controllo regionale sugli atti delle aziende sanitarie” è pubblicato nel B.U.R. 1

febbraio 2006, n. 6.

Per la legge regionale 20 novembre 2013, n. 28 si veda la nota all’art. 4, comma 3.

Nota all’art. 85, comma 1:

Si riporta il testo dell’art. 29, comma 1, lett. c) del decreto legislativo 23 giugno

2011, n. 118 (si vedano le note all’art. 61):

«Art. 29 Principi di valutazione specifici del settore sanitario

1. Al fine di soddisfare il principio generale di chiarezza e di rappresentazione veritiera e corretta, nonché di garantire l’omogeneità, la confrontabilità ed il consolidamento dei bilanci dei servizi sanitari regionali, sono individuate le modalità di rappresentazione, da parte degli enti di cui all’articolo 19, comma 2, lettera c) e lettera b), punto i), ove ricorrano le condizioni ivi previste, delle seguenti fattispecie: Omissis. c) i contributi in conto capitale da regione sono rilevati sulla base del provvedimento di assegnazione. I contributi sono iscritti in un’apposita voce di patrimonio netto, con contestuale rilevazione di un credito verso regione. Laddove siano impiegati per l’acquisizione di cespiti ammortizzabili, i contributi vengono successivamente stornati a proventi con un criterio sistematico, commisurato all’ammortamento dei cespiti cui si riferiscono, producendo la sterilizzazione dell’ammortamento stesso. Nel caso di cessione di beni acquisiti tramite contributi in conto capitale con generazione di minusvalenza, viene stornata a provento una quota di contributo commisurata alla minusvalenza. La quota di contributo residua resta iscritta nell’apposita voce di patrimonio netto ed è utilizzata per sterilizzare l’ammortamento dei beni acquisiti con le disponibilità generate dalla dismissione. Nel caso di cessione di beni acquisiti tramite contributi in conto capitale con generazione di plusvalenza, la plusvalenza viene direttamente iscritta in una riserva del patrimonio netto, senza influenzare il risultato economico dell’esercizio. La quota di contributo residua resta iscritta nell’apposita voce di patrimonio netto ed è utilizzata,

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015200

unitamente alla riserva derivante dalla plusvalenza, per sterilizzare l’ammortamento dei beni acquisiti con le disponibilità generate dalla dismissione. Le presenti disposizioni si applicano anche ai contributi in conto capitale dallo Stato e da altri enti pubblici, a lasciti e donazioni vincolati all’acquisto di immobilizzazioni, nonché a conferimenti, lasciti e donazioni di immobilizzazioni da parte dello Stato, della regione, di altri soggetti pubblici o privati; Omissis.».

Nota all’art. 86, comma 2:

Per il testo dell’art. 29, comma 1, lett. c) del decreto legislativo 23 giugno 2011, n.

118 si veda al nota all’art. 85, comma 1.

Nota all’art. 87, comma 2:

Per la legge 23 dicembre 1978, n. 833 si veda al nota all’art. 12, comma 5, lett. a).

Nota all’art. 92, comma 1:

Si riporta il testo degli artt. 8-quater e 8 quinquies del decreto legislativo 30 dicembre

1992, n. 502 (si vedano le note all’art. 3, comma 1):

«8-quater. Accreditamento istituzionale.

1. L’accreditamento istituzionale è rilasciato dalla regione alle strutture autorizzate, pubbliche o private e ai professionisti che ne facciano richiesta, subordinatamente alla loro rispondenza ai requisiti ulteriori di qualificazione, alla loro funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale e alla verifica positiva dell’attività svolta e dei risultati raggiunti. Al fine di individuare i criteri per la verifica della funzionalità rispetto alla programmazione nazionale e regionale, la regione definisce il fabbisogno di assistenza secondo le funzioni sanitarie individuate dal Piano sanitario regionale per garantire i livelli essenziali e uniformi di assistenza, nonché gli eventuali livelli integrativi locali e le esigenze connesse all’assistenza integrativa di cui all’articolo 9. La regione provvede al rilascio dell’accreditamento ai professionisti, nonché a tutte le strutture pubbliche ed equiparate che soddisfano le condizioni di cui al primo periodo del presente comma, alle strutture private non lucrative di cui all’articolo 1, comma 18, e alle strutture private lucrative. 2. La qualità di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori degli accordi contrattuali di cui all’articolo 8-quinquies. I requisiti ulteriori costituiscono presupposto per l’accreditamento e vincolo per la definizione delle prestazioni previste nei programmi di attività delle strutture accreditate, così come definiti dall’articolo 8-quinquies. 3. Con atto di indirizzo e coordinamento emanato, ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, sentiti l’Agenzia per i servizi sanitari regionali, il Consiglio superiore di sanità, e, limitatamente all’accreditamento dei professionisti, la Federazione nazionale dell’ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri, sono definiti i criteri generali uniformi per:

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a) la definizione dei requisiti ulteriori per l’esercizio delle attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale da parte delle strutture sanitarie e dei professionisti, nonché la verifica periodica di tali attività;b) la valutazione della rispondenza delle strutture al fabbisogno, tenendo conto anche del criterio della soglia minima di efficienza che, compatibilmente con le risorse regionali disponibili, deve esser conseguita da parte delle singole strutture sanitarie, e alla funzionalità della programmazione regionale, inclusa la determinazione dei limiti entro i quali sia possibile accreditare quantità di prestazioni in eccesso rispetto al fabbisogno programmato, in modo da assicurare un’efficace competizione tra le strutture accreditate; c) le procedure e i termini per l’accreditamento delle strutture che ne facciano richiesta, ivi compresa la possibilità di un riesame dell’istanza, in caso di esito negativo e di prescrizioni contestate dal soggetto richiedente nonché la verifica periodica dei requisiti ulteriori e le procedure da adottarsi in caso di verifica negativa. 4. L’atto di indirizzo e coordinamento è emanato nel rispetto dei seguenti criteri e princìpi direttivi: a) garantire l’eguaglianza fra tutte le strutture relativamente ai requisiti ulteriori richiesti per il rilascio dell’accreditamento e per la sua verifica periodica; b) garantire il rispetto delle condizioni di incompatibilità previste dalla vigente normativa nel rapporto di lavoro con il personale comunque impegnato in tutte le strutture; c) assicurare che tutte le strutture accreditate garantiscano dotazioni strumentali e tecnologiche appropriate per quantità, qualità e funzionalità in relazione alla tipologia delle prestazioni erogabili e alle necessità assistenziali degli utilizzatori dei servizi;d) garantire che tutte le strutture accreditate assicurino adeguate condizioni di organizzazione interna, con specifico riferimento alla dotazione quantitativa e alla qualificazione professionale del personale effettivamente impiegato; e) prevedere la partecipazione della struttura a programmi di accreditamento professionale tra pari; f) prevedere la partecipazione degli operatori a programmi di valutazione sistematica e continuativa dell’appropriatezza delle prestazioni erogate e della loro qualità, interni alla struttura e interaziendali; g) prevedere l’accettazione del sistema di controlli esterni sulla appropriatezza e sulla qualità delle prestazioni erogate, definito dalla regione ai sensi dell’articolo 8-octies; h) prevedere forme di partecipazione dei cittadini e degli utilizzatori dei servizi alla verifica dell’attività svolta e alla formulazione di proposte rispetto all’accessibilità dei servizi offerti, nonché l’adozione e l’utilizzazione sistematica della carta dei servizi per la comunicazione con i cittadini, inclusa la diffusione degli esiti dei programmi di valutazione di cui alle lettere e) ed f);i) disciplinare l’esternalizzazione dei servizi sanitari direttamente connessi all’assistenza al paziente, prevedendola esclusivamente verso soggetti accreditati in applicazione dei medesimi criteri o di criteri comunque equivalenti a quelli adottati per i servizi interni alla struttura, secondo quanto previsto dal medesimo atto di indirizzo e coordinamento; l) indicare i requisiti specifici per l’accreditamento di funzioni di particolare rilevanza, in relazione alla complessità organizzativa e funzionale della struttura, alla competenza e alla esperienza del personale richieste, alle dotazioni tecnologiche necessarie o in relazione all’attuazione degli obiettivi prioritari definiti dalla programmazione nazionale; m) definire criteri per la selezione degli indicatori relativi all’attività svolta e ai suoi risultati finali dalle strutture e dalle funzioni accreditate, in base alle evidenze scientifiche disponibili;

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n) definire i termini per l’adozione dei provvedimenti attuativi regionali e per l’adeguamento organizzativo delle strutture già autorizzate; o) indicare i requisiti per l’accreditamento istituzionale dei professionisti, anche in relazione alla specifica esperienza professionale maturata e ai crediti formativi acquisiti nell’ambito del programma di formazione continua di cui all’articolo 16-ter; p) individuare l’organizzazione dipartimentale minima e le unità operative e le altre strutture complesse delle aziende di cui agli articoli 3 e 4, in base alla consistenza delle risorse umane, tecnologiche e finanziarie, al grado di autonomia finanziaria e alla complessità dell’organizzazione interna; q) prevedere l’estensione delle norme di cui al presente comma alle attività e alle strutture sociosanitarie, ove compatibili. 5. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore dell’atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, le regioni definiscono, in conformità ai criteri generali uniformi ivi previsti, i requisiti per l’accreditamento, nonché il procedimento per la loro verifica, prevedendo, per quanto riguarda l’accreditamento dei professionisti, adeguate forme di partecipazione degli Ordini e dei Collegi professionali interessati. 6. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore dell’atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, le regioni avviano il processo di accreditamento delle strutture temporaneamente accreditate ai sensi dell’articolo 6, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e delle altre già operanti. 7. Nel caso di richiesta di accreditamento da parte di nuove strutture o per l’avvio di nuove attività in strutture preesistenti, l’accreditamento può essere concesso, in via provvisoria, per il tempo necessario alla verifica del volume di attività svolto e della qualità dei suoi risultati. L’eventuale verifica negativa comporta la sospensione automatica dell’accreditamento temporaneamente concesso. 8. In presenza di una capacità produttiva superiore al fabbisogno determinato in base ai criteri di cui al comma 3, lettera b), le regioni e le unità sanitarie locali attraverso gli accordi contrattuali di cui all’articolo 8-quinquies, sono tenute a porre a carico del Servizio sanitario nazionale un volume di attività comunque non superiore a quello previsto dagli indirizzi della programmazione nazionale. In caso di superamento di tale limite, e in assenza di uno specifico e adeguato intervento integrativo ai sensi dell’articolo 13, si procede, con le modalità di cui all’articolo 28, commi 9 e seguenti della legge 23 dicembre 1998, n. 448, alla revoca dell’accreditamento della capacità produttiva in eccesso, in misura proporzionale al concorso a tale superamento apportato dalle strutture pubbliche ed equiparate, dalle strutture private non lucrative e dalle strutture private lucrative.

8-quinquies. Accordi contrattuali.

1. Le regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, definiscono l’ambito di applicazione degli accordi contrattuali e individuano i soggetti interessati, con specifico riferimento ai seguenti aspetti: a) individuazione delle responsabilità riservate alla regione e di quelle attribuite alle unità sanitarie locali nella definizione degli accordi contrattuali e nella verifica del loro rispetto; b) indirizzi per la formulazione dei programmi di attività delle strutture interessate, con l’indicazione delle funzioni e delle attività da potenziare e da depotenziare, secondo le linee della programmazione regionale e nel rispetto delle priorità indicate dal Piano sanitario nazionale; c) determinazione del piano delle attività relative alle alte specialità e alla rete dei servizi di emergenza; d) criteri per la determinazione della remunerazione delle strutture ove queste abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato, tenuto conto del

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volume complessivo di attività e del concorso allo stesso da parte di ciascuna struttura. 2. In attuazione di quanto previsto dal comma 1, la regione e le unità sanitarie locali, anche attraverso valutazioni comparative della qualità e dei costi, definiscono accordi con le strutture pubbliche ed equiparate, comprese le aziende ospedaliero-universitarie, e stipulano contratti con quelle private e con i professionisti accreditati, anche mediante intese con le loro organizzazioni rappresentative a livello regionale, che indicano: a) gli obiettivi di salute e i programmi di integrazione dei servizi; b) il volume massimo di prestazioni che le strutture presenti nell’ambito territoriale della medesima unità sanitaria locale, si impegnano ad assicurare, distinto per tipologia e per modalità di assistenza. Le regioni possono individuare prestazioni o gruppi di prestazioni per i quali stabilire la preventiva autorizzazione, da parte dell’azienda sanitaria locale competente, alla fruizione presso le strutture o i professionisti accreditati; c) i requisiti del servizio da rendere, con particolare riguardo ad accessibilità, appropriatezza clinica e organizzativa, tempi di attesa e continuità assistenziale; d) il corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate, globalmente risultante dalla applicazione dei valori tariffari e della remunerazione extra-tariffaria delle funzioni incluse nell’accordo, da verificare a consuntivo sulla base dei risultati raggiunti e delle attività effettivamente svolte secondo le indicazioni regionali di cui al comma 1, lettera d); e) il debito informativo delle strutture erogatrici per il monitoraggio degli accordi pattuiti e le procedure che dovranno essere seguite per il controllo esterno della appropriatezza e della qualità della assistenza prestata e delle prestazioni rese, secondo quanto previsto dall’articolo 8-octies; e-bis) la modalità con cui viene comunque garantito il rispetto del limite di remunerazione delle strutture correlato ai volumi di prestazioni, concordato ai sensi della lettera d), prevedendo che in caso di incremento a seguito di modificazioni, comunque intervenute nel corso dell’anno, dei valori unitari dei tariffari regionali per la remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera, delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, nonché delle altre prestazioni comunque remunerate a tariffa, il volume massimo di prestazioni remunerate, di cui alla lettera b), si intende rideterminato nella misura necessaria al mantenimento dei limiti indicati alla lettera d), fatta salva la possibile stipula di accordi integrativi, nel rispetto dell’equilibrio economico-finanziario programmato. 2-bis. [Con decreto del Ministro della sanità e del Ministro della difesa, ai fini di cui al comma 2-ter, sono individuate le categorie destinatarie e le tipologie delle prestazioni erogate dalle strutture sanitarie militari]. 2-ter. [Con decreto del Ministro della sanità e del Ministro della difesa, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sono individuate, nel rispetto delle indicazioni degli strumenti di programmazione regionale e tenendo conto della localizzazione e della disponibilità di risorse delle altre strutture sanitarie pubbliche esistenti, le strutture sanitarie militari accreditabili, nonché le specifiche categorie destinatarie e le prestazioni ai fini della stipula degli accordi contrattuali previsti dal presente articolo. Gli accordi contrattuali sono stipulati tra le predette strutture sanitarie militari e le regioni nel rispetto della reciproca autonomia]. 2-quater. Le regioni stipulano accordi con le fondazioni istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e con gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e contratti con gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico privati, che sono definiti con le modalità di cui all’articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288. Le regioni stipulano altresì accordi con gli istituti, enti ed ospedali di cui agli articoli 41 e 43, secondo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni, che prevedano che l’attività assistenziale, attuata in coerenza con la programmazione

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sanitaria regionale, sia finanziata a prestazione in base ai tetti di spesa ed ai volumi di attività predeterminati annualmente dalla programmazione regionale nel rispetto dei vincoli di bilancio, nonché sulla base di funzioni riconosciute dalle regioni, tenendo conto nella remunerazione di eventuali risorse già attribuite per spese di investimento, ai sensi dell’articolo 4, comma 15, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 e successive modificazioni ed integrazioni. Ai predetti accordi e ai predetti contratti si applicano le disposizioni di cui al comma 2, lettere a), b), c), e) ed e-bis). 2-quinquies. In caso di mancata stipula degli accordi di cui al presente articolo, l’accreditamento istituzionale di cui all’articolo 8-quater delle strutture e dei professionisti eroganti prestazioni per conto del Servizio sanitario nazionale interessati è sospeso.».

Note all’art. 94, comma 2, lett. c):

Il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante “Codice in materia di

protezione dei dati personali” è pubblicato nel S.O. alla G.U. 29 luglio 2003, n. 174.

Il regolamento regionale 12 maggio 2006, n. 4, recante “Trattamento dei dati

personali, sensibili e giudiziari di competenza della Giunta regionale, delle aziende

sanitarie, degli enti ed agenzie regionali e degli enti vigilati dalla Regione” è

pubblicato nel S.O. n. 1 al B.U.R. 15 maggio 2006, n. 23.

Note all’art. 96, commi 1 e 2:

Per il testo dell’art. 14 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si vedano le

note all’art. 25, commi 2, lett. b), 4 e 5.

Per il testo dell’art. 5 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13 si vedano le note

all’art. 13, commi 3 e 4.

Nota all’art. 99, commi 1 e 2:

La legge regionale 27 novembre 2007, n. 30, recante “Nuova disciplina del Difensore

civico regionale. Abrogazione della legge regionale 30 novembre 1995, n. 45” è

pubblicato nel B.U.R. 29 novembre 2007, n. 52, E.S..

Nota all’art. 101, comma 3:

Per il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 si vedano le note all’art. 94, comma

2, lett. c).

Nota all’art. 102, commi 1, 3 e 4:

Si riporta il testo degli artt. 3, 20 e 154, comma 1, lett. g) del decreto legislativo 30

giugno 2003, n. 196 (si vedano le note all’art. 94, comma 2, lett. c)):

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 205

«Art. 3 (Principio di necessità nel trattamento dei dati)

1. I sistemi informativi e i programmi informatici sono configurati riducendo al minimo l’utilizzazione di dati personali e di dati identificativi, in modo da escluderne il trattamento quando le finalità perseguite nei singoli casi possono essere realizzate mediante, rispettivamente, dati anonimi od opportune modalità che permettano di identificare l’interessato solo in caso di necessità.

Art. 20 (Principi applicabili al trattamento di dati sensibili)

1. Il trattamento dei dati sensibili da parte di soggetti pubblici è consentito solo se autorizzato da espressa disposizione di legge nella quale sono specificati i tipi di dati che possono essere trattati e di operazioni eseguibili e le finalità di rilevante interesse pubblico perseguite. 2. Nei casi in cui una disposizione di legge specifica la finalità di rilevante interesse pubblico, ma non i tipi di dati sensibili e di operazioni eseguibili, il trattamento è consentito solo in riferimento ai tipi di dati e di operazioni identificati e resi pubblici a cura dei soggetti che ne effettuano il trattamento, in relazione alle specifiche finalità perseguite nei singoli casi e nel rispetto dei principi di cui all’articolo 22, con atto di natura regolamentare adottato in conformità al parere espresso dal Garante ai sensi dell’articolo 154, comma 1, lettera g), anche su schemi tipo. 3. Se il trattamento non è previsto espressamente da una disposizione di legge i soggetti pubblici possono richiedere al Garante l’individuazione delle attività, tra quelle demandate ai medesimi soggetti dalla legge, che perseguono finalità di rilevante interesse pubblico e per le quali è conseguentemente autorizzato, ai sensi dell’articolo 26, comma 2, il trattamento dei dati sensibili. Il trattamento è consentito solo se il soggetto pubblico provvede altresì a identificare e rendere pubblici i tipi di dati e di operazioni nei modi di cui al comma 2. 4. L’identificazione dei tipi di dati e di operazioni di cui ai commi 2 e 3 è aggiornata e integrata periodicamente.

Art. 154 (Compiti)

1. Oltre a quanto previsto da specifiche disposizioni, il Garante, anche avvalendosi dell’Ufficio e in conformità al presente codice, ha il compito di: Omissis. g) esprimere pareri nei casi previsti; Omissis.».

Nota all’art. 104, comma 4, lett. a):

Per il testo dell’art. 1, comma 18 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si

vedano le note all’art. 13, commi 3 e 4.

Nota all’art. 105, comma 3:

Si riporta il testo dell’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno

1977, n. 409, recante “Regolamento di esecuzione della L. 2 dicembre 1975, n. 644,

recante la disciplina dei prelievi di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico”

(pubblicato nella G.U. 23 luglio 1977, n. 201):

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015206

«11.

Il centro regionale o interregionale di riferimento è costituito con provvedimento della regione o delle regioni interessate sulla base della convenzione tra gli enti indicati all’articolo 13 della legge 2 dicembre 1975, n. 644. Il centro è gestito da un comitato composto dai rappresentanti degli enti convenzionati scelti fra i sanitari che svolgono la propria attività nel campo del trapianto d’organo, integrato da un direttore sanitario e da un funzionario amministrativo ospedalieri designati dalle regioni interessate.».

Nota all’art. 107, comma 2, lett. c):

Si riporta il testo dell’art. 32, comma 15 della legge 27 dicembre 1997, n. 449,

recante “Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica” (pubblicata nel S.O.

alla G.U. 30 dicembre 1997, n. 302):

«32. Interventi di razionalizzazione della spesa.

Omissis. 15. Le regioni, nell’ambito della quota del Fondo sanitario nazionale ad esse destinata, autorizzano, d’intesa con il Ministero della sanità, le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere ad erogare prestazioni che rientrino in programmi assistenziali, approvati dalle regioni stesse, per alta specializzazione a favore di: a) cittadini provenienti da Paesi extracomunitari nei quali non esistono o non sono facilmente accessibili competenze medico-specialistiche per il trattamento di specifiche gravi patologie e non sono in vigore accordi di reciprocità relativi all’assistenza sanitaria; b) cittadini di Paesi la cui particolare situazione contingente non rende attuabili, per ragioni politiche, militari o di altra natura, gli accordi eventualmente esistenti con il Servizio sanitario nazionale per l’assistenza sanitaria. Omissis.».

Note all’art. 108, commi 1 e 3:

Per testo dell’art. 13 della legge regionale 16 aprile 2005, n. 21, si vedano le note

all’art. 3, comma 1.

Il decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, recante “Testo

unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,

prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza” è pubblicato

nel S.O. alla G.U. 31 ottobre 1990, n. 255.

Note all’art. 109, comma 1:

La legge 15 ottobre 1990, n. 295, recante “Modifiche ed integrazioni all’articolo 3 del

D.L. 30 maggio 1988, n. 173, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 luglio 1988,

n. 291, e successive modificazioni, in materia di revisione delle categorie delle

minorazioni e malattie invalidanti” è pubblicata nella G.U. 20 ottobre 1990, n. 246.

La legge 5 febbraio 1992, n. 104, recante “Legge-quadro per l’assistenza,

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 207

l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” (pubblicata nel S.O. alla

G.U. 17 febbraio 1992, n. 39), è stata modificata ed integrata con: decreto legge 31

maggio 1994, n. 330 (in G.U. 1 giugno 1994, n. 126), convertito in legge, con

modificazioni, dalla legge 27 luglio 1994, n. 473 (in G.U. 30 luglio 1994, n. 177),

legge 15 febbraio 1996, n. 66 (in G.U. 20 febbraio 1996, n. 42), legge 21 maggio

1998, n. 162 (in G.U. 29 maggio 1998, n. 123), legge 28 gennaio 1999, n. 17 (in G.U.

2 febbraio 1999, n. 26), legge 3 marzo 2009, n. 18 (in G.U. 14 marzo 2009, n. 61),

legge 30 aprile 1999, n. 136 (in S.O. alla G.U. 18 maggio 1999, n. 114), legge 8

marzo 2000, n. 53 (in G.U. 13 marzo 2000, n. 60), decreto legislativo 26 marzo 2001,

n. 151 (in S.O. alla G.U. 26 aprile 2001, n. 96), legge 15 luglio 2009, n. 91 (in S.O.

alla G.U. 24 luglio 2009, n. 170), legge 4 novembre 2010, n. 183 (in S.O. alla G.U. 9

novembre 2010, n. 262), decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119 (in G.U. 27 luglio

2011, n. 173), decreto legge 12 settembre 2013, n. 104 (in G.U. 12 settembre 2013, n.

214), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128 (in

G.U. 11 novembre 2013, n. 264) e decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 (in G.U. 24

giugno 2014, n. 144), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11 agosto

2014, n. 114 (in S.O. alla G.U. 18 agosto 2014, n. 190).

Note all’art. 110:

Si riporta il testo dell’art. 11 della legge 25 dicembre 1993, n. 537, recante “Interventi

correttivi di finanza pubblica” (pubblicata nel S.O. alla G.U. 28 dicembre 1993, n.

303):

«Art. 11 (Previdenza e assistenza)

1. Con regolamento, da emanare ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel termine di novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, si provvede al riordinamento dei procedimenti in materia di invalidità civile, cecità civile e sordomutismo, sulla base dei seguenti criteri: a) semplificazione dei procedimenti; b) distinzione del procedimento di accertamento sanitario dal procedimento per la concessione delle provvidenze, con attribuzione della rispettiva competenza alle commissioni mediche di cui alla legge 15 ottobre 1990, n. 295, e ai prefetti; c) soppressione dei comitati provinciali di assistenza e beneficenza pubblica e devoluzione delle funzioni concernenti le provvidenze in favore dei minorati civili ai prefetti; d) previsione della facoltà dell’invalido convocato per accertamenti sanitari di motivare la propria impossibilità a rispondere e di indicare la data in cui può effettuarsi visita domiciliare. 2. L’abrogazione delle vigenti norme di legge incompatibili con il regolamento di cui al comma 1 ha effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento stesso. 3. In attesa di una organica revisione della materia, le unità sanitarie locali competenti, entro il 30 giugno 1994, informano il prefetto in ordine alla consistenza numerica e allo stato delle domande ancora giacenti per l’ottenimento delle provvidenze di cui al comma 1 e indicano i tempi presuntivi e le misure straordinarie per lo smaltimento dell’arretrato. In caso di inottemperanza il prefetto nomina apposito funzionario. Il prefetto, entro il 30 settembre 1994, invia al Ministero dell’interno apposita relazione riassuntiva circa lo stato amministrativo delle pratiche inerenti l’erogazione delle provvidenze. [4. La Direzione generale dei servizi vari e delle pensioni di guerra del Ministero del tesoro procede a verifiche

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programmate, da effettuare anche senza preavviso, con riferimento privilegiato alle zone a più alta densità di beneficiari di pensioni, assegni e indennità. Nel caso di accertata insussistenza dei requisiti prescritti per il godimento dei benefici, e se il beneficiario non rinuncia a goderne dalla data dell’accertamento, sono assoggettati a ripetizione tutti i ratei versati nell’ultimo anno precedente la data stessa. In tale ultimo caso, ove in ragione o sulla base dei requisiti insussistenti il beneficiario sia stato assunto presso pubbliche amministrazioni o enti e imprese private, il rapporto di lavoro è risolto di diritto a decorrere dall’accertamento di insussistenza.] 5. Con decorrenza dal 1° gennaio 1994, ferma restando la vigente disciplina in materia di perequazione automatica delle pensioni previdenziali ed assistenziali, spetta, per quelle di importo pari o inferiore a lire 1.000.000 lorde mensili, un ulteriore aumento corrispondente allo scostamento tra il valore di 3,5 punti percentuali di cui all’art. 2, comma 1-bis, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, e il valore accertato della variazione dell’indice medio annuo dei prezzi al consumo delle famiglie di operai e impiegati calcolato dall’ISTAT per l’anno 1993 rispetto all’anno precedente. Le pensioni il cui ammontare risulti compreso tra lire 1.000.000 lorde mensili e tale importo maggiorato del predetto aumento sono aumentate fino a raggiungere l’importo maggiorato. Con decorrenza dalla predetta data del 1° gennaio 1994 è corrispondentemente aumentato l’importo mensile del trattamento minimo di pensione. Per l’anno 1994, a decorrere dal 1° luglio, sono attribuiti gli aumenti dei trattamenti pensionistici di cui all’art. 1, comma 9-quater, del decreto-legge 22 dicembre 1990, n. 409, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1991, n. 59. 6. La disposizione di cui all’art. 3, comma 4, del decreto-legge 22 dicembre 1990, n. 409, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1991, n. 59, va interpretata nel senso che anche per le pensioni ivi previste, ai fini del mantenimento del maggiore trattamento in godimento, si applica lo stesso criterio stabilito per le pensioni del regime generale dall’art. 1, comma 8, del predetto decreto-legge, n. 409 del 1990. 7. Salvo quanto disposto al comma 5, ultimo periodo, la decorrenza degli aumenti dei trattamenti pensionistici stabilita dall’anno 1994, ai sensi degli articoli 1, comma 9, 9-bis, 9-ter e 9-quater; 2-bis, comma 3; e 3, comma 3, del decreto-legge 22 dicembre 1990, n. 409, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1991, n. 59, è differita all’anno 1995. Conseguentemente, i termini del 1° gennaio 1994 e del 31 dicembre 1993, di cui, rispettivamente, ai commi 3 e 4 dell’art. 5 del predetto decreto-legge, n. 409 del 1990, sono differiti al 1° gennaio 1995 e al 31 dicembre 1994. 8. I termini del 1° maggio e del 1° novembre, di cui all’art. 1, comma 2-bis, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, sono rispettivamente fissati al 1° luglio ed al 1° gennaio dell’anno successivo, fatta esclusione per i lavoratori che hanno maturato i requisiti per il diritto alla pensione di anzianità nel corso del 1993 e ne ottengono il trattamento con decorrenza entro il 1994, per i quali continuano ad operare i termini previsti dal predetto art. 1, comma 2-bis. 9. Il comma 6 dell’art. 10 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, è sostituito dai seguenti: “6. Le pensioni di anzianità a carico dell’assicurazione generale dei lavoratori dipendenti e delle forme di essa sostitutive, nonché i trattamenti anticipati di anzianità delle forme esclusive con esclusione delle eccezioni di cui all’art. 10 del decreto-legge 28 febbraio 1986, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 1986, n. 120, in relazione alle quali trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi 1, 3 e 4 del presente articolo, non sono cumulabili con redditi da lavoro dipendente nella loro interezza, e con i redditi da lavoro autonomo nella misura per essi prevista al comma 1 ed il loro conseguimento è

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subordinato alla risoluzione del rapporto di lavoro. 6-bis. Le quote delle pensioni di anzianità a carico delle gestioni previdenziali degli artigiani, degli esercenti attività commerciali e dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, eccedenti l’ammontare corrispondente al trattamento minimo vigente nelle rispettive gestioni, non sono cumulabili con il reddito da lavoro autonomo nella misura del 50 per cento fino a concorrenza del reddito stesso, senza obbligo di cancellazione dagli elenchi previdenziali ed assistenziali. Le predette pensioni sono incumulabili nella loro interezza con i redditi da lavoro dipendente”. 10. Il comma 8 dell’art. 10 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, è sostituito dal seguente: “8. Ai lavoratori che alla data del 31 dicembre 1994 sono titolari di pensione, ovvero hanno raggiunto i requisiti contributivi minimi per la liquidazione della pensione di vecchiaia o di anzianità, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla previgente normativa, se più favorevole”. [11. A far data dal 1° gennaio 1994, i lavoratori che svolgono le attività di cui all’articolo 49, commi 1 e 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ad eccezione dei titolari di pensione diretta e dei percettori di borse di studio, sono iscritti, ai fini dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, in una gestione separata, nell’ambito della gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali e nel rispetto delle disposizioni previste per quest’ultima gestione, fatta esclusione del livello minimo imponibile ai fini contributivi, di cui all’articolo 1, comma 3, della L. 2 agosto 1990, n. 233.] [12. Qualora al compimento del sessantacinquesimo anno di età i lavoratori di cui al comma 11 non abbiano raggiunto il periodo minimo contributivo per il trattamento pensionistico, possono integrare il periodo mancante mediante il versamento di contributi volontari, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.] [13. Le disposizioni del comma 11 non si applicano nei confronti dei lavoratori che svolgono attività lavorative per le quali operano forme pensionistiche obbligatorie.] [14. In fase di prima applicazione, alla gestione separata di cui al comma 11 sovraintende il comitato amministratore della gestione per i contributi e le prestazioni degli esercenti attività commerciali.][15. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, sono definite, tenuto conto delle peculiarità relative alla specifica forma assicurativa, le modalità di applicazione delle disposizioni di cui ai commi 11, 13 e 14 ivi compresi i termini e le modalità di versamento dei contributi, nonché i criteri per la determinazione dei periodi assicurativi da accreditarsi in relazione all’ammontare dei versamenti contributivi effettuati nell’anno.] 16. Con effetto dal 1° gennaio 1994, fermi restando i requisiti concessivi prescritti dalla vigente normativa in materia di pensionamento anticipato rispetto all’età stabilita per la cessazione dal servizio ovvero per il collocamento a riposo d’ufficio, nei confronti di coloro che conseguono il diritto a pensione anticipata con un’anzianità contributiva inferiore a trentacinque anni, escluse le cause di cessazione dal servizio per invalidità, l’importo del relativo trattamento pensionistico, ivi compresa l’indennità integrativa speciale, è ridotto in proporzione agli anni mancanti al raggiungimento del predetto requisito contributivo, secondo le percentuali di cui alla allegata Tabella A. 17. Per il 1994 il termine del 1° settembre, di cui all’articolo 1, comma 2-ter, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, è fissato a tutti gli effetti al 24 dicembre. Per il personale

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ispettivo, direttivo, docente e amministrativo tecnico ausiliario (A.T.A.) della scuola il predetto termine rimane immutato, mentre per il personale delle accademie di belle arti e d’arte drammatica e per i conservatori di musica il termine stesso è fissato al 1° novembre e per quello dell’Accademia nazionale di danza al 1° ottobre. 18. Le disposizioni di cui al comma 16 si applicano ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, iscritti alle forme di previdenza esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, nonché alle altre categorie di dipendenti iscritte alle predette forme di previdenza, esclusi i soggetti la cui domanda di pensionamento sia stata accolta prima del 15 ottobre 1993 dalle competenti amministrazioni. 19. E’ fatta salva, per coloro che abbiano presentato domanda di collocamento in pensione successivamente al 31 dicembre 1992 e che ne facciano domanda entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la possibilità di revocarla ovvero, qualora cessati dal servizio, di essere riammessi con la qualifica e con l’anzianità di servizio maturata all’atto del collocamento a riposo, con facoltà di riscattare il periodo scoperto ai fini della previdenza e della quiescenza secondo aggiornati criteri attuariali. 20. I competenti organi dell’Amministrazione devono deliberare sulle domande di revoca delle dimissioni ovvero sulle domande di riassunzione entro trenta giorni dalla loro presentazione da parte degli interessati. 21. I dipendenti di enti pubblici iscritti a fondi esclusivi utilizzati per distacchi sindacali non retribuiti hanno facoltà di mantenere l’iscrizione a detti fondi con onere contributivo a carico dell’assicurato anche per la parte di competenza dell’ente qualora questo sia tenuto alla contribuzione. 22. L’art. 6, commi 5, 6 e 7, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, si interpreta nel senso che nel caso di concorso di due o più pensioni integrate al trattamento minimo, liquidate con decorrenza anteriore alla data di entrata in vigore del predetto decreto-legge, il trattamento minimo spetta su una sola delle pensioni, come individuata secondo i criteri previsti al comma 3 dello stesso articolo, mentre l’altra o le altre pensioni spettano nell’importo a calcolo senza alcuna integrazione. 23. La disposizione dell’art. 7, comma 4, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160 e successive modificazioni, si interpreta nel senso che ai lavoratori agricoli aventi diritto ai trattamenti speciali di disoccupazione di cui agli articoli 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457, e 7 della legge 16 febbraio 1977, n. 37, l’indennità ordinaria di disoccupazione per le giornate eccedenti quelle di trattamento speciale è dovuta nella misura fissa di lire 800 giornaliere. A decorrere dal 1° gennaio 1993, ai lavoratori agricoli aventi diritto ai trattamenti speciali di disoccupazione non è dovuta l’indennità ordinaria di disoccupazione per le giornate eccedenti le novanta di trattamento speciale. Per i predetti lavoratori le giornate accreditabili ai fini pensionistici sono calcolate sulla base della vigente disciplina ancorché si tratti di giornate non lavorate nè indennizzate. 24. Nel comma 1 dell’art. 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, alla fine del primo periodo, sono inserite le seguenti parole: “, entro determinati tetti stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro”. 25. Ai fini dell’applicazione dell’art. 1 del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, il periodo di preavviso previsto alla lettera c) del comma 2 del predetto art. 1, per le domande di cessazione dal servizio presentate anteriormente al 19 settembre 1992, inizia a decorrere dalla data di presentazione delle domande stesse.

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26. La disposizione contenuta nel comma 1 dell’art. 32 della legge 12 aprile 1991, n. 136, deve essere interpretata nel senso che l’iscrizione all’Ente nazionale di previdenza e assistenza per i veterinari (ENPAV) non è più obbligatoria soltanto per i veterinari che si iscrivono per la prima volta agli albi professionali successivamente alla data di entrata in vigore della predetta legge e che si trovano nelle condizioni previste dal comma 2 dell’art. 24 della medesima; i provvedimenti di cancellazione adottati dall’Ente nei confronti di veterinari, già obbligatoriamente iscritti all’Ente stesso in forza della precedente normativa, sono nulli di diritto. Gli obblighi relativi al pagamento dei contributi e alla comunicazione di cui all’art. 19 della citata legge n. 136 del 1991, dovuti per il periodo successivo al provvedimento di cancellazione debbono essere adempiuti, salvo il caso di scadenza posteriore, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Fino al medesimo termine, per i contributi e le comunicazioni relative al predetto periodo non si applicano le sanzioni, le maggiorazioni e gli interessi di mora di cui agli articoli 19 e 20 della citata legge n. 136 del 1991. 27. In attesa di un’organica revisione del sistema di finanziamento della previdenza sociale in agricoltura e del sistema delle agevolazioni contributive per le imprese agricole, il comma 5 dell’art. 9 della legge 11 marzo 1988, n. 67 e successive modificazioni, è sostituito dai seguenti: “5. I premi ed i contributi relativi alle gestioni previdenziali ed assistenziali, dovuti dai datori di lavoro agricolo per il proprio personale dipendente, occupato a tempo indeterminato e a tempo determinato nei territori montani di cui all’art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, sono fissati nella misura del 20 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1994, del 25 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1995 e del 30 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1996. I predetti premi e contributi dovuti dai datori di lavoro agricolo operanti nelle zone agricole svantaggiate, delimitate ai sensi dell’art. 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984, sono fissati nella misura del 30 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1994, del 40 per cento a decorrere dal 15 ottobre 1995, del 60 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1996. 5-bis. Le agevolazioni di cui al comma 5 non spettano ai datori di lavoro agricolo per i lavoratori occupati in violazione delle norme sul collocamento. 5-ter. Le agevolazioni di cui al comma 5 si applicano soltanto sulla quota a carico del datore di lavoro”. 28. La riduzione contributiva di cui all’art. 14, comma 1, della legge 1° marzo 1984, n. 64, come sostituito dal comma 5 dell’art. 1 del decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1988, n. 48, fermi restando i limiti di durata ivi previsti, è fissata nella misura del 40 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1994, del 30 per cento a decorrere dal 15 ottobre 1995 e del 20 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1996. Alla riduzione contributiva si applicano le disposizioni di cui all’art. 6, commi 9 e 13, del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389 e successive modificazioni e integrazioni. Gli oneri di cui al comma 5 dell’art. 9 della legge 11 marzo 1988, n. 67, come sostituito dal comma 27 del presente articolo, e gli oneri di cui al presente comma sono posti a carico dell’autorizzazione di spesa di cui al comma 30. 29. Sono abrogati gli articoli 17 e 18 del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375. 30. Le maggiori agevolazioni e le riduzioni contributive di cui ai commi 27 e 28 sono poste a carico delle autorizzazioni di spesa di cui all’art. 1 del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488. 31. Per fronteggiare l’emergenza occupazionale è istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale un fondo per l’occupazione, con una dotazione di lire 580 miliardi

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per il 1994 e di lire 330 miliardi a decorrere dal 1995. Il fondo è destinato agli interventi da definirsi con decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro; gli interventi possono riguardare anche le finalità di cui al decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44 e successive modificazioni, il cui ambito di applicazione è esteso a tutte le aree depresse. Al relativo onere si provvede mediante utilizzo dei proventi assicurati dal comma 34 del presente articolo. 32. La somma di lire 580 miliardi, prevista al comma 31 è integrata di lire 50 miliardi, destinati ad incentivi alle assunzioni di giovani dai diciotto ai trentadue anni di età da parte di piccole imprese ed imprese artigiane, ubicate nei territori di cui all’obiettivo 1 del regolamento (CEE) n. 2052/88 del Consiglio, del 24 giugno 1988. 33. L’autorizzazione di spesa recata dall’art. 38 della legge 24 aprile 1980, n. 146, è ridotta, per l’anno 1994, di lire 50 miliardi. 34. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro delle finanze determina i criteri e le modalità di effettuazione di ogni lotteria nazionale ad estrazione istantanea, sulla base delle disposizioni contenute nella legge 26 marzo 1990, n. 62, e del regolamento adottato con decreto del Ministro delle finanze 12 febbraio 1991, n. 183. 35. Al comma 1 dell’art. 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, è aggiunto in fine, il seguente periodo: “Le stesse sanzioni si applicano a chiunque venda sul territorio nazionale, senza autorizzazione dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, biglietti di lotterie o di analoghe manifestazioni di sorte di Stati esteri, nonché a chiunque partecipi a tali operazioni mediante la raccolta di prenotazione di giocate e l’accreditamento delle relative vincite”. 36. Il comma 2 dell’art. 6 della legge 26 marzo 1990, n. 62, è sostituito dal seguente: “2. Per la distribuzione e la vendita dei biglietti delle lotterie nazionali ad estrazione istantanea si applicano le norme vigenti in materia di distribuzione e di vendita dei biglietti delle lotterie nazionali tradizionali”. 37. Il periodo temporale di durata del Fondo speciale per gli interventi a salvaguardia dei livelli di occupazione, istituito con l’art. 17 della legge 27 febbraio 1985, n. 49 e successive modificazioni, è prorogato sino al completo impiego delle risorse disponibili nel Fondo stesso. 38. All’art. 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, capoverso 1, lettera b), è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Per i lavoratori andati in pensione successivamente al 31 dicembre 1993 e fino al 31 dicembre 1994, il predetto limite di reddito è elevato a cinque volte il trattamento minimo”; b) al comma 2, le parole: “31 dicembre 1992” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 1993”. 39. Le pensioni a carico dell’Istituto nazionale di previdenza per i dirigenti di aziende industriali (INPDAI), su proposta del suddetto Istituto, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative della categoria interessata, saranno rivalutate, con effetto dal 1° luglio 1994, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Tale rivalutazione dovrà essere effettuata in base a criteri compatibili con l’equilibrio finanziario dell’Istituto, quale risulta una volta detratti gli importi di cui all’art. 12, comma 1, del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 243. I relativi oneri saranno posti ad esclusivo carico della gestione INPDAI.

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Tabella A (132)

(articolo 11, comma 16) Pensionamento anticipato

Anni mancanti al raggiungimento del

requisito contributo di 35 anni

Percentuale di riduzione per il calcolo della pensione anticipata

1 1

2 3

3 5

4 7

5 9

6 11

7 13

8 15

9 17

10 20

11 23

12 26

13 29

14 32

15 35

.».

La legge 25 febbraio 1992, n. 210, recante “Indennizzo a favore dei soggetti

danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie,

trasfusioni e somministrazione di emoderivati” è pubblicata nella G.U. 6 marzo 1992,

n. 55.

Si riporta il testo dell’art. 3, comma 3 della legge 14 ottobre 1999, n. 362, recante

“Disposizioni urgenti in materia sanitaria” (pubblicata nella G.U. 20 ottobre 1999, n.

247):

«3. Interventi per la prevenzione e cura della fibrosi cistica, per gli

indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni, trasfusioni ed emoderivati e per la proroga del programma cooperativo italo-

americano sulla terapia dei tumori.

Omissis. 3. L’indennizzo di cui al comma 1 dell’articolo 1 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, spetta, alle condizioni ivi stabilite, anche a coloro che si siano sottoposti a vaccinazione antipoliomelitica non obbligatoria nel periodo di vigenza della legge 30 luglio 1959, n.695. I soggetti danneggiati devono presentare la domanda alla azienda unità sanitaria locale competente, entro il termine perentorio di quattro anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Omissis.».

Note all’art. 111, commi 2, lett. a) e b) e 3:

La legge 27 maggio 1970, n. 382, recante “Disposizioni in materia di assistenza ai

ciechi civili” (pubblicata nella G.U. 23 giugno 1970, n. 156) è stata modificata e

integrata con: legge 8 maggio 1971, n. 303 (in G.U. 5 giugno 1971, n. 142), decreto

legge 2 marzo 1974, n. 30 (in G.U. 4 marzo 1974, n. 59), convertito in legge, con

modificazioni, dalla legge 16 aprile 1974, n. 114 (in G.U. 2 maggio 1974, n. 113),

legge 26 maggio 1975, n. 165 (in G.U. 5 7 giugno 1975, n. 148) e legge 8 novembre

2000, n. 328 (in S.O. alla G.U. 13 novembre 2000, n. 265).

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015214

La legge 26 maggio 1970, n. 381, recante “Aumento del contributo ordinario dello

Stato a favore dell’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza ai sordomuti e delle

misure dell’assegno di assistenza ai sordomuti” (pubblicata nella G.U. 23 giugno

1970, n. 156) è stata modificata e integrata con: decreto legge 23 dicembre 1976, n.

850 (in G.U. 24 dicembre 1976, n. 342), convertito in legge, con modificazioni, dalla

legge 21 febbraio 1977, n. 29 (in G.U. 22 febbraio 1977, n. 49), legge 20 febbraio

2006, n. 95 (in G.U. 16 marzo 2006, n. 63), e legge 8 novembre 2000, n. 328 (in S.O.

alla G.U. 13 novembre 2000, n. 265).

Si riporta il testo dell’art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (si vedano le note

all’art. 109, comma 1):

«Art. 3 (Soggetti aventi diritto)

1. E’ persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. 2. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative. 3. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici. 4. La presente legge si applica anche agli stranieri e agli apolidi, residenti, domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio nazionale. Le relative prestazioni sono corrisposte nei limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione o da accordi internazionali.».

Note all’art. 112, commi 3 e 9:

Si riporta il testo dell’art. 1, comma 3 della legge 15 ottobre 1990, n. 295 (si vedano

le note all’art. 109, comma 1):

1.

Omissis. 3. Le commissioni di cui al comma 2 sono di volta in volta integrate con un sanitario in rappresentanza, rispettivamente, dell’Associazione nazionale dei mutilati ed invalidi civili, dell’Unione italiana ciechi, dell’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza ai sordomuti e dell’Associazione nazionale delle famiglie dei fanciulli ed adulti subnormali, ogni qualvolta devono pronunciarsi su invalidi appartenenti alle rispettive categorie. Omissis.».

Si riporta il testo dell’art. 20 del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, recante

“Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini” (pubblicato nella G.U. 1 luglio

2009, n. 150), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n.

102 (in S.O. alla G.U. 4 agosto 2009, n. 179), modificato ed integrato dala legge 23

dicembre 2009, n. 191 (in S.O. alla G.U. 30 dicembre 2009, n. 302) e dal decreto

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 215

legge 31 maggio 2010, n. 78 (in S.O. alla G.U. 31 maggio 2010, n. 125) convertito in

legge, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 (in S.O. alla G.U. 30

luglio 2010, n. 176):

«Art. 20. Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile

1. A decorrere dal 1° gennaio 2010 ai fini degli accertamenti sanitari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità le Commissioni mediche delle Aziende sanitarie locali sono integrate da un medico dell’INPS quale componente effettivo. In ogni caso l’accertamento definitivo è effettuato dall’INPS. Ai fini dell’attuazione del presente articolo l’INPS medesimo si avvale delle proprie risorse umane, finanziarie e strumentali, anche attraverso una razionalizzazione delle stesse, come integrate ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 marzo 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 121 del 26 maggio 2007, concernente il trasferimento delle competenze residue dal Ministero dell’economia e delle finanze all’INPS. 2. L’INPS accerta altresì la permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei titolari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità. In caso di comprovata insussistenza dei prescritti requisiti sanitari, si applica l’articolo 5, comma 5 del Regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 1994, n. 698. Per il triennio 2010-2012 l’INPS effettua, con le risorse umane e finanziarie previste a legislazione vigente, in via aggiuntiva all’ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, un programma di 100.000 verifiche per l’anno 2010 e di 250.000 verifiche annue per ciascuno degli anni 2011 e 2012 nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile. 3. A decorrere dal 1° gennaio 2010 le domande volte ad ottenere i benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, complete della certificazione medica attestante la natura delle infermità invalidanti, sono presentate all’INPS, secondo modalità stabilite dall’ente medesimo. L’Istituto trasmette, in tempo reale e in via telematica, le domande alle Aziende Sanitarie Locali. 4. Con accordo quadro tra il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da concludere entro e non oltre novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono disciplinate le modalità attraverso le quali sono affidate all’INPS le attività relative all’esercizio delle funzioni concessorie nei procedimenti di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità. Nei sessanta giorni successivi, le regioni stipulano con l’INPS apposita convenzione che regola gli aspetti tecnico-procedurali dei flussi informativi necessari per la gestione del procedimento per l’erogazione dei trattamenti connessi allo stato di invalidità civile. 5. All’articolo 10, comma 6, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, sono apportate le seguenti modificazioni: a) nel primo periodo è soppressa la parola «anche»; b) nel secondo periodo sono soppresse le parole «sia presso gli uffici dell’Avvocatura dello Stato, ai sensi dell’articolo 11 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, sia»; c) nel terzo periodo sono soppresse le parole «è litisconsorte necessario ai sensi dell’articolo 102 del codice di procedura civile e».5-bis. Dopo il comma 6 dell’ articolo 10 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, come modificato dal comma 5 del presente articolo, è inserito il seguente: «6-bis. Nei procedimenti giurisdizionali civili relativi a prestazioni sanitarie previdenziali ed assistenziali, nel caso in cui il giudice

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nomini un consulente tecnico d’ufficio, alle indagini assiste un medico legale dell’ente, su richiesta, formulata, a pena di nullità, del consulente nominato dal giudice, il quale provvede ad inviare apposita comunicazione al direttore della sede provinciale dell’INPS competente. Al predetto componente competono le facoltà indicate nel secondo comma dell’articolo 194 del codice di procedura civile. Nell’ipotesi di sentenze di condanna relative a ricorsi depositati a far data dal 1° aprile 2007 a carico del Ministero dell’Economia e delle Finanze o del medesimo in solido con l’INPS, all’onere delle spese legali, di consulenza tecnica o del beneficio assistenziale provvede comunque l’INPS.». 6. Entro trenta giorni dall’entrata in vigore delle presenti disposizioni, è nominata dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze una Commissione con il compito di aggiornare le tabelle indicative delle percentuali dell’invalidità civile, già approvate con decreto del Ministro della sanità 5 febbraio 1992, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 1992, e successive modificazioni. Lo schema di decreto che apporta le eventuali modifiche alle tabelle in attuazione del presente comma è trasmesso alle Camere per il parere delle Commissioni competenti per materia. Dalla attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.».

Nota all’art. 115, comma 1:

Per il testo dell’art. 20 del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, si vedano le note all’art.

112, commi 3 e 9.

Nota all’art. 116:

Si riporta il testo dell’art. 130, comma 2 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.

112, recante “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle

regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”

(pubblicato nel S.O. alla G.U. 21 aprile 1998, n. 92):

«Art. 130. Trasferimenti di competenze relative agli invalidi civili

Omissis. 2. Le funzioni di concessione dei nuovi trattamenti economici a favore degli invalidi civili sono trasferite alle regioni, che, secondo il criterio di integrale copertura, provvedono con risorse proprie alla eventuale concessione di benefici aggiuntivi rispetto a quelli determinati con legge dello Stato, per tutto il territorio nazionale. Omissis.».

Note all’art. 117, commi 1, 2 e 3:

Si riporta il testo dell’art. 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (si

vedano le note all’art. 3, comma 1):

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«8-ter.Autorizzazioni alla realizzazione di strutture e all’esercizio di

attività sanitarie e sociosanitarie.

1. La realizzazione di strutture e l’esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie sono subordinate ad autorizzazione. Tali autorizzazioni si applicano alla costruzione di nuove strutture, all’adattamento di strutture già esistenti e alla loro diversa utilizzazione, all’ampliamento o alla trasformazione nonché al trasferimento in altra sede di strutture già autorizzate, con riferimento alle seguenti tipologie: a) strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo o diurno per acuti; b) strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio; c) strutture sanitarie e sociosanitarie che erogano prestazioni in regime residenziale, a ciclo continuativo o diurno. 2. L’autorizzazione all’esercizio di attività sanitarie è, altresì, richiesta per gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente, individuati ai sensi del comma 4, nonché per le strutture esclusivamente dedicate ad attività diagnostiche, svolte anche a favore di soggetti terzi. 3. Per la realizzazione di strutture sanitarie e sociosanitarie il comune acquisisce, nell’esercizio delle proprie competenze in materia di autorizzazioni e concessioni di cui all’art. 4 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493 e successive modificazioni, la verifica di compatibilità del progetto da parte della regione. Tale verifica è effettuata in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l’accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture. 4. L’esercizio delle attività sanitarie e sociosanitarie da parte di strutture pubbliche e private presuppone il possesso dei requisiti minimi, strutturali, tecnologici e organizzativi stabiliti con atto di indirizzo e coordinamento ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sulla base dei princìpi e criteri direttivi previsti dall’articolo 8, comma 4, del presente decreto. In sede di modificazione del medesimo atto di indirizzo e coordinamento si individuano gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie di cui al comma 2, nonché i relativi requisiti minimi. 5. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, le regioni determinano: a) le modalità e i termini per la richiesta e l’eventuale rilascio della autorizzazione alla realizzazione di strutture e della autorizzazione all’esercizio di attività sanitaria e sociosanitaria, prevedendo la possibilità del riesame dell’istanza, in caso di esito negativo o di prescrizioni contestate dal soggetto richiedente; b) gli ambiti territoriali in cui si riscontrano carenze di strutture o di capacità produttiva, definendo idonee procedure per selezionare i nuovi soggetti eventualmente interessati.».

Il decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997, recante “Approvazione

dell’atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento

e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi

per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private” è

pubblicato nel S.O. alla G.U. 20 febbraio 1997, n. 42.

Il regolamento regionale 25 febbraio 2000, n. 2, recante “Disciplina

dell’autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio di strutture sanitarie e socio-

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sanitarie” è pubblicato nel BU.R. 2 marzo 2000, n. 11.

Note all’art. 118, commi 1 e 2:

Per il testo dell’art. 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si

vedano le note all’art. 92, comma 1.

Il regolamento regionale 31 luglio 2002, n. 3, recante “Disciplina in materia di

accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie e socio-sanitarie” è pubblicato

nel BU.R. 14 agosto 2002, n. 36.

Nota all’art. 124, comma 8:

Per il regolamento regionale 25 febbraio 2000, n. 2 si vedano le note all’art. 117,

commi 1, 2 e 3.

Nota all’art. 126, commi 1 e 3:

Per il regolamento regionale 25 febbraio 2000, n. 2 si vedano le note all’art. 117,

commi 1, 2 e 3.

Nota all’art. 130, commi 1 e 4:

Il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, recante “Attuazione delle direttive

89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 2006/117/Euratom in materia di

radiazioni ionizzanti, 2009/71/Euratom in materia di sicurezza nucleare degli

impianti nucleari e 2011/70/Euratom in materia di gestione sicura del combustibile

esaurito e dei rifiuti radioattivi derivanti da attività civili” (pubblicato nel S.O. alla

G.U. 13 giugno 1995, n. 136), è stato modificato ed integrato con: decreto legislativo

26 maggio 2000, n. 187 (in S.O. alla G.U. 7 luglio 2000, n. 157), decreto legislativo

26 maggio 2000, n. 241 (in S.O. alla G.U. 31 agosto 2000, n. 203), comunicato 22

marzo 2001 (in G.U. 22 marzo 2001, n. 68), decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 96

(in S.O. alla G.U. 26 aprile 2001, n. 96), decreto legislativo 9 maggio 2001, n. 257 (in

G.U. 4 luglio 2001, n. 153), legge 1 marzo 2002, n. 39 (in S.O. alla G.U. 26 marzo

2002, n. 72), decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 52 (in G.U. 24 aprile 2007, n.

95), decreto legislativo 20 febbraio 2009, n. 23 (in G.U. 23 marzo 2009, n. 68),

decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31 (in S.O. alla G.U. 8 marzo 2010, n. 55),

decreto legislativo 23 marzo 2011, n. 41 (in G.U. 13 aprile 2011, n. 85), decreto legge

31 marzo 2011, n. 34 (in G.U. 31 marzo 2011, n. 74) convertito in legge, con

modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75 (in G.U. 27 maggio 2011, n. 122),

decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 100 (in G.U. 7 luglio 2011, n. 156), decreto

legislativo 19 ottobre 2011, n. 185 (in G.U. 15 novembre 2011, n. 266), e decreto

legislativo 4 marzo 2014, n. 45 (in G.U. 26 marzo 2014, n. 71).

Si riporta il testo degli artt. 29, comma 2 e 77:

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«29. Impiego di categoria B.

1. L’impiego di categoria B è soggetto a nulla osta preventivo in relazione all’idoneità dell’ubicazione dei locali, dei mezzi di radioprotezione, delle modalità di esercizio, delle attrezzature e della qualificazione del personale addetto, alle conseguenze di eventuali incidenti nonché delle modalità dell’eventuale allontanamento o smaltimento nell’ambiente di rifiuti radioattivi. 2. Con leggi delle regioni e delle province autonome, da emanarsi entro centottanta giorni dall’entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 27, sono stabilite le autorità competenti per il rilascio del nulla osta di cui al comma 1, per le attività comportanti esposizioni a scopo medico, nonché le modalità per il rilascio medesimo, e sono individuati o costituiti gli organismi tecnici da consultare ai fini del rilascio di detto nulla osta; in tali organismi debbono essere rappresentate le competenze necessarie, inclusa quella del Comando provinciale dei vigili del fuoco. Negli altri casi il nulla osta è rilasciato dal prefetto, sentiti i competenti organismi tecnici, tra i quali il Comando provinciale dei vigili del fuoco. Copia del nulla osta viene inviata all’ANPA. 3. Nel nulla osta, rilasciato sulla base della documentazione tecnica presentata, possono essere stabilite particolari prescrizioni, per le prove e per l’esercizio.

77.Esperti qualificati.

1. Il datore di lavoro deve assicurare la sorveglianza fisica per mezzo di esperti qualificati. 2. Il datore di lavoro deve comunicare all’Ispettorato provinciale del lavoro competente per territorio e, per le attività estrattive, anche all’ingegnere capo dell’ufficio periferico competente per territorio, i nominativi degli esperti qualificati prescelti, allegando altresì la dichiarazione di accettazione dell’incarico. 3. È consentito che mansioni strettamente esecutive, inerenti alla sorveglianza fisica della protezione contro le radiazioni, siano affidate dal datore di lavoro a personale non provvisto dell’abilitazione di cui all’articolo 78, scelto d’intesa con l’esperto qualificato e che operi secondo le direttive e sotto la responsabilità dell’esperto qualificato stesso. 4. Il datore di lavoro è tenuto a fornire i mezzi e le informazioni, nonché ad assicurare le condizioni necessarie all’esperto qualificato per lo svolgimento dei suoi compiti. 5. Le funzioni di esperto qualificato non possono essere assolte dalla persona fisica del datore di lavoro né dai dirigenti che eserciscono e dirigono l’attività disciplinata, né dai preposti che ad essa sovrintendono, né dagli addetti alla vigilanza di cui all’articolo 59, comma 2.».

Note all’art. 131, commi 1, 2 e 3:

Per il testo dell’art. 29, comma 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, si

veda la nota all’art. 130, commi 1 e 4.

Si riporta il testo degli artt. 28, 78 e 88 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230

(si veda la nota all’art. 130, commi 1 e 4):

«28. Impiego di categoria A.

1. L’impiego di categoria A è soggetto a nulla osta preventivo da parte del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato di concerto con i Ministeri dell’ambiente, dell’interno, del lavoro e della previdenza sociale, della sanità,

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015220

sentite l’ANPA e le regioni territorialmente competenti, in relazione all’ubicazione delle installazioni, all’idoneità dei locali, delle strutture di radioprotezione, delle modalità di esercizio, delle attrezzature e della qualificazione del personale addetto, alle conseguenze di eventuali incidenti nonché delle modalità dell’eventuale allontanamento o smaltimento nell’ambiente dei rifiuti radioattivi. Copia del nulla osta è inviata dal Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato ai ministeri concertanti, al presidente della regione o provincia autonoma interessata, al sindaco, al prefetto, al comando provinciale dei vigili del fuoco competenti per territorio e all’ANPA. 2. Nel nulla osta possono essere stabilite particolari prescrizioni per gli aspetti connessi alla costruzione, per le prove e per l’esercizio, nonché per l’eventuale disattivazione degli impianti.

78. Abilitazione degli esperti qualificati: elenco nominativo.

1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, è istituito, presso l’Ispettorato medico centrale del lavoro, un elenco nominativo degli esperti qualificati, ripartito secondo i seguenti gradi di abilitazione: a) abilitazione di primo grado, per la sorveglianza fisica delle sorgenti costituite da apparecchi radiologici che accelerano elettroni con tensione massima, applicata al tubo, inferiore a 400 KeV; b) abilitazione di secondo grado, per la sorveglianza fisica delle sorgenti costituite da macchine radiogene con energia degli elettroni accelerati compresa tra 400 keV e 10 MeV, o da materie radioattive, incluse le sorgenti di neutroni la cui produzione media nel tempo, su tutto l’angolo solido, sia non superiore a 104 neutroni al secondo; c) abilitazione di terzo grado, per la sorveglianza fisica degli impianti come definiti all’articolo 7 del capo II del presente decreto e delle altre sorgenti di radiazioni diverse da quelle di cui alle lettere a) e b). 2. L’abilitazione di grado superiore comprende quelle di grado inferiore. 3. Con lo stesso decreto di cui al comma 1, sentita l’ANPA, sono stabiliti i titoli di studio e la qualificazione professionale, nonché le modalità per la formazione professionale, per l’accertamento della capacità tecnica e professionale richiesta per l’iscrizione nell’elenco di cui al comma 1 e per l’eventuale sospensione o cancellazione dal medesimo, fermo restando quanto stabilito all’articolo 93 per i casi di inosservanza dei compiti.

88. Elenco dei medici autorizzati.

1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, istituito, presso l’Ispettorato medico centrale del lavoro, un elenco nominativo dei medici autorizzati. 2. All’elenco possono essere iscritti, su domanda, i medici competenti ai sensi dell’articolo 2 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 che abbiano i requisiti stabiliti ai sensi del comma 3 e che dimostrino di essere in possesso della capacità tecnica e professionale necessaria per lo svolgimento dei compiti inerenti alla sorveglianza medica della protezione dei lavoratori di categoria A. 3. Con lo stesso decreto di cui al comma 1, sentita l’ANPA, sono stabiliti i requisiti per l’iscrizione all’elenco e le modalità per la formazione professionale, per l’accertamento della capacità tecnica e professionale e per l’iscrizione all’elenco stesso, nonché per l’eventuale sospensione o cancellazione da esso, fermo restando quanto stabilito all’articolo 93 per i casi di inosservanza dei compiti.».

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Si riporta il testo dell’art. 2 comma 1, lett. i) del decreto legislativo 26 maggio 2000,

n. 187, recante “Attuazione della direttiva 97/43/Euratom in materia di protezione

sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse ad

esposizioni mediche” (pubblicato nel S.O. alla G.U. 7 luglio 2000, n. 157):

«2.Definizioni.

1. Ai fini del presente decreto si intende per: Omissis. i) esperto in fisica medica: una persona esperta nella fisica o nella tecnologia delle radiazioni applicata alle esposizioni che rientrano nel campo di applicazione del presente decreto legislativo, con una formazione ai sensi dell’articolo 7, comma 5, e che, se del caso, agisce o consiglia sulla dosimetria dei pazienti, sullo sviluppo e l’impiego di tecniche e attrezzature complesse, sull’ottimizzazione, sulla garanzia di qualità, compreso il controllo della qualità, e su altri problemi riguardanti la radioprotezione relativa alle esposizioni che rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva; Omissis.».

Nota all’art. 134, comma 1:

Per il testo dell’art. 77 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, si veda la nota

all’art. 130, commi 1 e 4.

Note all’art. 135, commi 2 e 5:

Per il testo dell’art. 77 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, si veda la nota

all’art. 130, commi 1 e 4.

Si riporta il testo dell’art. 35 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 (si veda la

nota all’art. 130, commi 1 e 4):

«35. Sospensione e revoca dei provvedimenti autorizzativi.

1. Fatti salvi i provvedimenti cautelari ed urgenti a tutela della salute pubblica, dei lavoratori o dell’ambiente, le amministrazioni titolari del potere di emanare i provvedimenti autorizzativi di cui al presente capo, quando siano riscontrate violazioni gravi o reiterate delle disposizioni del presente decreto o delle prescrizioni autorizzatorie, possono disporre la sospensione dell’attività per un periodo di tempo non superiore a sei mesi ovvero, nei casi di particolare gravità, possono disporre la revoca del provvedimento autorizzativo. 2. Ai fini della sospensione o della revoca di cui al comma precedente, le amministrazioni incaricate della vigilanza comunicano alle amministrazioni titolari del potere autorizzativo le violazioni gravi o ripetute risultanti dalla vigilanza stessa. 3. Le amministrazioni di cui al comma 1, prima di disporre i provvedimenti di sospensione o di revoca, contestano all’esercente le violazioni rilevate e gli assegnano un termine di sessanta giorni per produrre le proprie giustificazioni. 4. In ordine all’adozione dei predetti provvedimenti di sospensione o di revoca, per quanto attiene alla fondatezza delle giustificazioni prodotte, deve essere acquisito il parere degli organi tecnici intervenuti in fase di emanazione dei provvedimenti autorizzativi.

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5. I provvedimenti di sospensione o di revoca non possono essere adottati decorsi sei mesi dalla presentazione delle giustificazioni da parte dell’esercente.».

Nota all’art. 136:

Si riporta il testo dell’art. 59, comma 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230

(si veda la nota all’art. 130, commi 1 e 4):

«59. Attività disciplinate - Vigilanza.

1. Le norme del presente capo si applicano alle attività di cui all’articolo 1 alle quali siano addetti lavoratori subordinati o ad essi equiparati ai sensi dell’articolo 60, ivi comprese le attività esercitate dallo Stato, dagli enti pubblici, territoriali e non territoriali, dagli organi del servizio sanitario nazionale, dagli istituti di istruzione, dalle università e dai laboratori di ricerca. 2. La vigilanza per la tutela dai rischi da radiazioni dei lavoratori addetti alle attività di cui al comma 1 è affidata, oltre che all’ANPA, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che la esercita a mezzo dell’Ispettorato del lavoro e, nel caso di macchine radiogene, agli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio.3. È fatta salva l’apposita disciplina prevista per le attività di cui al capo IV. 4. Il rispetto delle norme del presente capo non esaurisce gli obblighi cui sono tenuti i datori di lavoro, i dirigenti, i preposti, i lavoratori e i medici competenti, ai sensi del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per il quale restano altresì ferme le attribuzioni in ordine alle funzioni di vigilanza stabilite ai sensi dello stesso decreto.».

Nota all’art. 150, comma 2:

Si riporta il testo dell’art. 6 comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 20

ottobre 1992, recante “Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per l’attivazione

dei posti di assistenza a ciclo diurno negli ospedali” (pubblicato nella G.U. 22 ottobre

1992, n. 249):

«6. Prestazioni specialistiche e farmaci.

1. In relazione alla sostanziale equivalenza delle attività prestate nei posti letto di assistenza ospedaliera diurna con le attività di ricovero ordinario e avuto riguardo alle connessioni esistenti tra i trattamenti praticati nei due regimi, le prestazioni specialistiche di diagnostica strumentale e di laboratorio e le somministrazioni di farmaci nell’assistenza ospedaliera diurna non sono soggette alla partecipazione alla spesa da parte dell’assistito. Nell’ambito dei cicli di cura programmati, possono essere concessi dall’ospedale anche eventuali farmaci che l’assistito debba assumere al proprio domicilio, ivi compresi quelli autorizzati per il solo uso ospedaliero. Omissis.».

Nota all’art. 154, comma 2:

Si riporta il testo dell’art. 7 del decreto della legge 21 ottobre 2005, n. 219, recante

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“Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli

emoderivati” (pubblicata nella G.U. 27 ottobre 2005, n. 251):

«7. Associazioni e federazioni di donatori.

1. Lo Stato riconosce la funzione civica e sociale ed i valori umani e solidaristici che si esprimono nella donazione volontaria, periodica, responsabile, anonima e gratuita del sangue e dei suoi componenti. 2. Le associazioni di donatori volontari di sangue e le relative federazioni concorrono ai fini istituzionali del Servizio sanitario nazionale attraverso la promozione e lo sviluppo della donazione organizzata di sangue e la tutela dei donatori. 3. Rientrano tra le associazioni e le federazioni di cui al comma 2 quelle il cui statuto corrisponde alle finalità della presente legge, secondo le indicazioni fissate dal Ministro della salute con proprio decreto, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Consulta. 4. Le associazioni di donatori di cui al presente articolo, convenzionate ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera b), possono organizzare e gestire singolarmente, o in forma aggregata, unità di raccolta previa autorizzazione della regione competente e in conformità alle esigenze indicate dalla programmazione sanitaria regionale. 5. La chiamata alla donazione è attuata dalle associazioni di donatori volontari di sangue e dalle relative federazioni, convenzionate ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera b), secondo una programmazione definita di intesa con la struttura trasfusionale territorialmente competente. 6. Qualora le regioni non abbiano provveduto alla stipula delle convenzioni di cui all’articolo 6, comma 1, lettera b), entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 3, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, sentita la Consulta, previa diffida alle regioni inadempienti a provvedere entro tre mesi, attiva i poteri sostitutivi, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione di cui all’articolo 120, secondo comma, della Costituzione. 7. Le associazioni di donatori volontari di sangue e le relative federazioni sono tenute a comunicare alle strutture trasfusionali competenti gli elenchi dei propri donatori iscritti. 8. Le strutture trasfusionali sono obbligate alla corretta tenuta e all’aggiornamento degli schedari dei donatori afferenti.».

Nota all’art. 156:

Per testo dell’art. 13 della legge regionale 16 aprile 2005, n. 21, si vedano le note

all’art. 3, comma 1.

Nota all’art. 158, comma 3:

Si riporta il testo dell’art. 27 della legge 26 giugno 1990, n. 162, recante

“Aggiornamento, modifiche ed integrazioni della legge 22 dicembre 1975, n. 685,

recante disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e

riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza” (pubblicata nel S.O. n. 45 alla

G.U. 26 giugno 1990, n. 147):

«Art. 27.

1. In attesa di un riordino della normativa riguardante i servizi sociali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della

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presente legge il Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per gli affari sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, determina con proprio decreto l’organico e le caratteristiche organizzative e funzionali dei servizi per le tossicodipendenze da istituire presso ogni unità sanitaria locale. 2. Il decreto dovrà uniformarsi ai seguenti criteri direttivi: a) l’organico dei servizi deve prevedere le figure professionali del medico, dello psicologo, dell’assistente sociale, dell’infermiere, dell’educatore professionale e di comunità in numero necessario a svolgere attività di prevenzione, di cura e di riabilitazione, anche domiciliari e ambulatoriali; b) il servizio deve svolgere un’attività nell’arco completo delle ventiquattro ore e deve coordinare gli interventi relativi al trattamento della sieropositività nei tossicodipendenti, anche in relazione alle problematiche della sessualità, della procreazione e della gravidanza, operando anche in collegamento con i consultori familiari, con particolare riguardo alla trasmissione madre-figlio della infezione da HIV. 3. Entro sessanta giorni dall’emanazione del decreto di cui al comma 1, in ogni unità sanitaria locale e’ istituito almeno un servizio per le tossicodipendenze in conformità alle disposizioni del citato decreto. Qualora le unità sanitarie locali non provvedano entro il termine indicato, il presidente della giunta regionale nomina un commissario ad acta il quale istituisce il servizio reperendo il personale necessario anche in droga alle normative vigenti sulle assunzioni, sui trasferimenti e sugli inquadramenti. Qualora entro i successivi trenta giorni dal termine di cui al primo periodo il presidente della giunta regionale non abbia ancora nominato il commissario ad acta, quest’ultimo e’ nominato con decreto del Ministro della sanità. 4. Per il finanziamento del potenziamento dei servizi pubblici per le tossicodipendenze, valutato per la fase di avvio in lire 30 miliardi per l’anno 1990 e in lire 240 miliardi a 600 milioni per ciascuno degli anni 1991 e 1992, si provvede: a) per l’anno 1990, mediante l’utilizzo del corrispondente importo a valere sul Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga di cui all’articolo 106 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, come sostituito dall’articolo 32 della presente legge; b) per ciascuno degli anni 1991 e 1992, mediante corrispondenti quote del Fondo sanitario nazionale vincolate allo scopo ai sensi dell’articolo 17 della legge 22 dicembre 1984, n. 887.».

Note all’art. 163:

Il decreto del Ministero della sanità 18 febbraio 1982, recante “Norme per la tutela

sanitaria dell’attività sportiva agonistica” è pubblicato nella G.U. 5 marzo 1982, n.

63.

Il decreto del Ministero della sanità 24 aprile 2013, recante “Disciplina della

certificazione dell’attività sportiva non agonistica e amatoriale e linee guida sulla

dotazione e l’utilizzo di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi

salvavita” è pubblicato nella G.U. 20 luglio 2013, n. 169.

Nota all’art. 165, comma 1:

Per il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’art. 3,

comma 1.

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Note all’art. 166, commi 4 e 5:

Per il decreto del Ministero della sanità 24 aprile 2013, recante “Disciplina della

certificazione dell’attività sportiva non agonistica e amatoriale e linee guida sulla

dotazione e l’utilizzo di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi

salvavita” si vedano le note all’art. 163.

Per il decreto del Ministero della sanità 18 febbraio 1982, recante “Norme per la

tutela sanitaria dell’attività sportiva agonistica” si vedano le note all’art. 163.

Nota all’art. 168, comma 3:

Il decreto del Ministero della sanità 4 marzo 1993, recante “Determinazione dei

protocolli per la concessione dell’idoneità alla pratica sportiva agonistica alle persone

handicappate” è pubblicato nella G.U. 18 marzo 1993, n. 64.

Note all’art. 169, comma 1:

La legge 26 ottobre 1971, n. 1099, recante “Tutela sanitaria delle attività sportive” è

pubblicata nella G.U. 23 dicembre 1971, n. 324.

Il decreto del Ministero della sanità 5 luglio 1975, recante “Disciplina dell’accesso

alle singole attività sportive (età, sesso, visite obbligatorie)” è pubblicato nel S.O. alla

G.U. 29 settembre 1975, n. 259.

La legge 14 dicembre 2000, n. 376, recante “Disciplina della tutela sanitaria delle

attività sportive e della lotta contro il doping” è pubblicata nella G.U. 18 dicembre

2000, n. 294.

Nota all’art. 170, commi 1 e 2:

Per il decreto del Ministero della sanità 18 febbraio 1982, recante “Norme per la

tutela sanitaria dell’attività sportiva agonistica” si vedano le note all’art. 163.

Si riporta il testo dell’art. 6:

«6.

Qualora a seguito degli accertamenti sanitari di cui all’art. 3 risulti la non idoneità alla pratica agonistica di un determinato sport, l’esito negativo con l’indicazione della diagnosi posta a base del giudizio (allegato 4) viene comunicato, entro cinque giorni, all’interessato ed al competente ufficio regionale. Alla società sportiva di appartenenza viene comunicato il solo esito negativo. Avverso il giudizio negativo l’interessato può, nel termine di trenta giorni, proporre ricorso dinanzi alla commissione regionale composta da: un medico specialista o docente in medicina dello sport che svolge anche le funzioni di presidente; un medico specialista o docente in medicina interna o in materie equivalenti;

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un medico specialista o docente in cardiologia; un medico specialista o docente in ortopedia; un medico specialista o docente in medicina legale e delle assicurazioni. La commissione può, in relazione ai singoli casi da esaminare, avvalersi della consulenza di sanitari in possesso della specializzazione inerente al caso specifico.».

Nota all’art. 171, comma 2:

Per il decreto del Ministero della sanità 24 aprile 2013, recante “Disciplina della

certificazione dell’attività sportiva non agonistica e amatoriale e linee guida sulla

dotazione e l’utilizzo di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi

salvavita” si vedano le note all’art. 163.

Note all’art. 173, comma 3, lett. a) e c):

Il decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 2000, n. 271 recante

“Regolamento di esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei

rapporti con i medici specialisti ambulatoriali interni” è pubblicato nel S.O. alla G.U.

2 ottobre 2000, n. 230.

Per il testo dell’art. 8 quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si

vedano le note all’art. 92, comma 1.

Nota all’art. 174, comma 3:

Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, recante

“Definizione dei livelli essenziali di assistenza” è pubblicato nel S.O. alla G.U. 8

febbraio 2002, n. 33.

Note all’art. 177:

Si riporta il testo degli artt. 14, 20 e 21 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (si veda

al nota all’art. 12, comma 5, lett. a)):

«Art. 14 (Unità sanitarie locali)

L’ambito territoriale di attività di ciascuna unità sanitaria locale è delimitato in base a gruppi di popolazione di regola compresi tra 50.000 e 200.000 abitanti, tenuto conto delle caratteristiche geomorfologiche e socio-economiche della zona. Nel caso di aree a popolazione particolarmente concentrata o sparsa e anche al fine di consentire la coincidenza con un territorio comunale adeguato, sono consentiti limiti più elevati o, in casi particolari, più ristretti. Nell’ambito delle proprie competenze, l’unità sanitaria locale provvede in particolare: a) all’educazione sanitaria; [b) all’igiene dell’ambiente;] c) alla prevenzione individuale e collettiva delle malattie fisiche e psichiche;

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d) alla protezione sanitaria materno-infantile, all’assistenza pediatrica e alla tutela del diritto alla procreazione cosciente e responsabile;e) all’igiene e medicina scolastica negli istituti di istruzione pubblica e privata di ogni ordine e grado; f) all’igiene e medicina del lavoro, nonché alla prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali; g) alla medicina dello sport e alla tutela sanitaria delle attività sportive;h) all’assistenza medico-generica e infermieristica, domiciliare e ambulatoriale; i) all’assistenza medico-specialistica e infermieristica, ambulatoriale e domiciliare, per le malattie fisiche e psichiche; l) all’assistenza ospedaliera per le malattie fisiche e psichiche; m) alla riabilitazione; n) all’assistenza farmaceutica e alla vigilanza sulle farmacie; o) all’igiene della produzione, lavorazione, distribuzione e commercio degli alimenti e delle bevande; p) alla profilassi e alla polizia veterinaria; alla ispezione e alla vigilanza veterinaria sugli animali destinati ad alimentazione umana, sugli impianti di macellazione e di trasformazione, sugli alimenti di origine animale, sull’alimentazione zootecnica e sulle malattie trasmissibili dagli animali all’uomo, sulla riproduzione, allevamento e sanità animale, sui farmaci di uso veterinario; q) agli accertamenti, alle certificazioni ed a ogni altra prestazione medico-legale spettanti al servizio sanitario nazionale, con esclusione di quelle relative ai servizi di cui alla lettera z) dell’articolo 6 .

Art. 20 (Attività di prevenzione)

Le attività di prevenzione comprendono: a) la individuazione, l’accertamento ed il controllo dei fattori di nocività, di pericolosità e di deterioramento negli ambienti di lavoro, in applicazione delle norme di legge vigenti in materia e al fine di garantire il rispetto dei limiti massimi inderogabili di cui all’ultimo comma dell’articolo 4, nonché al fine della tenuta dei registri di cui al penultimo comma dell’articolo 27; i predetti compiti sono realizzati anche mediante collaudi e verifiche di macchine, impianti e mezzi di protezione prodotti, installati o utilizzati nel territorio dell’unità sanitaria locale in attuazione delle funzioni definite dall’articolo 14;b) la comunicazione dei dati accertati e la diffusione della loro conoscenza, anche a livello di luogo di lavoro e di ambiente di residenza, sia direttamente che tramite gli organi del decentramento comunale, ai fini anche di una corretta gestione degli strumenti informativi di cui al successivo articolo 27, e le rappresentanze sindacali; c) la indicazione delle misure idonee all’eliminazione dei fattori di rischio ed al risanamento di ambienti di lavoro, in applicazione delle norme di legge vigenti in materia, e l’esercizio delle attività delegate ai sensi del primo comma, lettere a), b), c), d) ed e) dell’articolo 7;d) la formulazione di mappe di rischio con l’obbligo per le aziende di comunicare le sostanze presenti nel ciclo produttivo e le loro caratteristiche tossicologiche ed i possibili effetti sull’uomo e sull’ambiente; e) la profilassi degli eventi morbosi, attraverso l’adozione delle misure idonee a prevenirne l’insorgenza; f) la verifica, secondo le modalità previste dalle leggi e dai regolamenti, della compatibilità dei piani urbanistici e dei progetti di insediamenti industriali e di attività produttive in genere con le esigenze di tutela dell’ambiente sotto il profilo igienico-sanitario e di difesa della salute della popolazione e dei lavoratori interessati. Nell’esercizio delle funzioni ad esse attribuite per l’attività di prevenzione le unità sanitarie locali, garantendo per quanto alla lettera d) del precedente comma la tutela del segreto industriale, si avvalgono degli operatori sia dei propri servizi di igiene, sia

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dei presidi specialistici multizonali di cui al successivo articolo22, sia degli operatori che, nell’ambito delle loro competenze tecniche e funzionali, erogano le prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione. Gli interventi di prevenzione all’interno degli ambienti di lavoro, concernenti la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di misure necessarie ed idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori, connesse alla particolarità del lavoro e non previste da specifiche norme di legge, sono effettuati sulla base di esigenze verificate congiuntamente con le rappresentanze sindacali ed il datore di lavoro, secondo le modalità previste dai contratti o accordi collettivi applicati nell’unità produttiva.

Art. 21 (Organizzazione dei servizi di prevenzione)

In relazione agli standards fissati in sede nazionale, all’unità sanitaria locale sono attribuiti, con decorrenza 1° gennaio 1980, i compiti attualmente svolti dall’Ispettorato del lavoro in materia di prevenzione, di igiene e di controllo sullo stato di salute dei lavoratori, in applicazione di quanto disposto dall’articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616. Per la tutela della salute dei lavoratori le unità sanitarie locali organizzano propri servizi di medicina del lavoro anche prevedendo, ove essi non esistano, presidi all’interno delle unità produttive. In applicazione di quanto disposto nell’ultimo comma dell’articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, spetta al prefetto stabilire, su proposta del presidente della regione, quali addetti ai servizi di ciascuna unità sanitaria locale, nonché ai presidi e servizi di cui al successivo articolo 22 assumano ai sensi delle leggi vigenti la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, in relazione alle funzioni ispettive e di controllo da essi esercitate relativamente all’applicazione della legislazione sulla sicurezza del lavoro. Al personale di cui al comma precedente è esteso il potere d’accesso attribuito agli ispettori del lavoro dall’articolo 8, secondo comma, nonché la facoltà di diffida prevista dall’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1955, n. 520. Contro i provvedimenti adottati dal personale ispettivo, nell’esercizio delle funzioni di cui al terzo comma, è ammesso ricorso al presidente della giunta regionale che decide, sentite le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro. Il presidente della giunta può sospendere l’esecuzione dell’atto impugnato.».

Il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della

legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei

luoghi di lavoro” (pubblicato nel S.O. alla G.U. 30 aprile 2008, n. 101) è stato

modificato e integrato con: decreto legge 3 giugno 2008, n. 97 (in G.U. 3 giugno

2008, n. 128), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n.

129 (in G.U. 2 agosto 2008, n. 180), decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 (in S.O.

alla G.U. 25 giugno 2008, n. 147), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge

6 agosto 2008, n. 133 (in S.O. alla G.U. 21 agosto 2008, n. 195), decreto legge 30

dicembre 2008, n. 207 (in G.U. 31 dicembre 2008, n. 304), convertito in legge, con

modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14 (in S.O. alla G.U. 28 febbraio

2009, n. 49), legge 18 giugno 2009, n. 69 (in S.O. alla G.U. 19 giugno 2009, n. 140),

legge 7 luglio 2009, n. 88 (in S.O. alla G.U. 14 luglio 2009, n. 161), decreto

legislativo 3 agosto 2009, n. 106 (in S.O. alla G.U. 5 agosto 2009, n. 180), decreto

legge 30 dicembre 2009, n. 194 (in G.U. 30 dicembre 2009, n. 302), convertito in

legge, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25 (in S.O. alla G.U. 27

febbraio 2010, n. 48), legge 4 giugno 2010, n. 96 (in S.O. alla G.U. 25 giugno 2010,

n. 146), decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225 (in G.U. 29 dicembre 2010, n. 303),

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 229

convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10 (in S.O.

alla G.U. 26 febbraio 2011, n. 47), decreto legge 12 maggio 2012, n. 57 (in G.U. 14

maggio 2012, n. 111), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 12 luglio

2012, n. 101 (in G.U. 13 luglio 2012, n. 162), decreto legge 28 giugno 2012, n. 89 (in

G.U. 28 giugno 2012, n. 149), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 7

agosto 2012, n. 132 (in G.U. 10 agosto 2012, n. 186), legge 1 ottobre 2012, n. 177 (in

G.U. 18 ottobre 2012, n. 244), decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 32 (in G.U. 5

aprile 2013, n. 80), decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 (in S.O. alla G.U. 21 giugno

2013, n. 144), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98

(in S.O. alla G.U. 20 agosto 2013, n. 194), decreto legge 28 giugno 2013, n. 76 (in

G.U. 28 giugno 2013, n. 150), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 9

agosto 2013, n. 99 (in G.U. 22 agosto 2013, n. 196), decreto legge 14 agosto 2013, n.

93 (in G.U. 16 agosto 2013, n. 191), convertito in legge, con modificazioni, dalla

legge 15 ottobre 2013, n. 119 (in G.U. 15 ottobre 2013, n. 242), decreto legge 31

agosto 2013, n. 101 (in G.U. 31 agosto 2013, n. 204), convertito in legge, con

modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 (in G.U. 30 ottobre 2013, n. 255),

decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145 (in G.U. 23 dicembre 2013, n. 300),

convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9 (in G.U. 21

febbraio 2014, n. 43) e decreto legislativo 19 febbraio 2014, n. 19 (in G.U. 10 marzo

2014, n. 57).

Si riporta il testo degli artt. 7, 10, 11 e 13:

«Art. 7. Comitati regionali di coordinamento

1. Al fine di realizzare una programmazione coordinata di interventi, nonché uniformità degli stessi ed il necessario raccordo con il Comitato di cui all’articolo 5 e con la Commissione di cui all’articolo 6, presso ogni regione e provincia autonoma opera il comitato regionale di coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 21 dicembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 6 febbraio 2008.

Art. 10. Informazione e assistenza in materia di salute

e sicurezza nei luoghi di lavoro

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, tramite le AA.SS.LL. del SSN, il Ministero dell’interno tramite le strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (ISPESL), il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il Ministero dello sviluppo economico per il settore estrattivo, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), l’Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA), gli organismi paritetici e gli enti di patronato svolgono, anche mediante convenzioni, attività di informazione, assistenza, consulenza, formazione, promozione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle imprese artigiane, delle imprese agricole e delle piccole e medie imprese e delle rispettive associazioni dei datori di lavoro.

Art. 11. Attività promozionali

1. Nell’ambito della Commissione consultiva di cui all’articolo 6 sono definite, in coerenza con gli indirizzi individuati dal Comitato di cui all’articolo 5, le attività promozionali della cultura e delle azioni di prevenzione con riguardo in particolare a: a) finanziamento, da parte dell’INAIL e previo trasferimento delle necessarie risorse da parte del Ministero del lavoro, della

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salute e delle politiche sociali, di progetti di investimento in materia di salute e sicurezza sul lavoro da parte delle piccole, medie e micro imprese; per l’accesso a tali finanziamenti deve essere garantita la semplicità delle procedure; b) finanziamento, da parte dell’INAIL e delle Regioni, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di progetti formativi specificamente dedicati alle piccole, medie e micro imprese, ivi compresi quelli di cui all’articolo 52, comma 1, lettera b); c) finanziamento, da parte del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, delle attività degli istituti scolastici, universitari e di formazione professionale finalizzata all’inserimento in ogni attività scolastica ed universitaria, nelle istituzioni dell’alta formazione artistica e coreutica e nei percorsi di istruzione e formazione professionale di specifici percorsi formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche volti a favorire la conoscenza delle tematiche della salute e della sicurezza nel rispetto delle autonomie didattiche. 2. Ai finanziamenti di cui al comma 1 si provvede con oneri a carico delle risorse di cui all’articolo 1, comma 7-bis, della legge 3 agosto 2007, n. 123, come introdotto dall’articolo 2, comma 533, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, dell’istruzione e dell’università e della ricerca, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede al riparto annuale delle risorse tra le attività di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 e dell’articolo 52, comma 2, lettera d).3. Le amministrazioni centrali e le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto delle proprie competenze, concorrono alla programmazione e realizzazione di progetti formativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, attraverso modalità operative da definirsi in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Alla realizzazione e allo sviluppo di quanto previsto nel periodo precedente possono altresì concorrere le parti sociali, anche mediante i fondi interprofessionali. 3-bis. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto delle proprie competenze e con l’utilizzo appropriato di risorse già disponibili, finanziano progetti diretti a favorire la diffusione di soluzioni tecnologiche o organizzative avanzate in materia di salute e sicurezza sul lavoro, sulla base di specifici protocolli di intesa tra le parti sociali, o gli enti bilaterali, e l’INAIL. Ai fini della riduzione del tasso dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di cui all’ articolo 3, del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, ferma restando la verifica dei criteri di cui al comma 1 del predetto articolo 3, si tiene anche conto dell’adozione, da parte delle imprese, delle soluzioni tecnologiche o organizzative di cui al precedente periodo, verificate dall’INAIL.4. Ai fini della promozione e divulgazione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro è facoltà degli istituti scolastici, universitari e di formazione professionale inserire in ogni attività scolastica ed universitaria nelle istituzioni dell’alta formazione artistica e coreutica e nei percorsi di istruzione e formazione professionale, percorsi formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche ulteriori rispetto a quelli disciplinati dal comma 1, lettera c) e volti alle medesime finalità. Tale attività è svolta nell’ambito e nei limiti delle risorse disponibili degli istituti. 5. L’INAIL finanzia con risorse proprie, anche nell’ambito della bilateralità e di protocolli con le parti sociali e le associazioni nazionali di tutela degli invalidi del lavoro, finanzia progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul

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lavoro rivolti in particolare alle piccole, medie e micro imprese e progetti volti a sperimentare soluzioni innovative e strumenti di natura organizzativa e gestionale ispirati ai principi di responsabilità sociale delle imprese. Costituisce criterio di priorità per l’accesso al finanziamento l’adozione da parte delle imprese delle buone prassi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera v). L’INAIL svolge tali compiti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. 5-bis. Al fine di garantire il diritto degli infortunati e tecnopatici a tutte le cure necessarie ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni, l’INAIL può provvedere utilizzando servizi pubblici e privati, d’intesa con le regioni interessate. L’INAIL svolge tali compiti con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza incremento di oneri per le imprese. 6. Nell’ambito dei rispettivi compiti istituzionali, le amministrazioni pubbliche promuovono attività specificamente destinate ai lavoratori immigrati o alle lavoratrici, finalizzate a migliorare i livelli di tutela dei medesimi negli ambienti di lavoro. 7. In sede di prima applicazione, per il primo anno dall’entrata in vigore del presente decreto, le risorse di cui all’articolo 1, comma 7-bis, della legge 3 agosto 2007, n. 123, come introdotto dall’articolo 2, comma 533, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono utilizzate, secondo le priorità, ivi compresa una campagna straordinaria di formazione, stabilite, entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente decreto, con accordo adottato, previa consultazione delle parti sociali, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano .

Art. 13. Vigilanza

1. La vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è svolta dalla azienda sanitaria locale competente per territorio e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché per il settore minerario, fino all’effettiva attuazione del trasferimento di competenze da adottarsi ai sensi del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, dal Ministero dello sviluppo economico, e per le industrie estrattive di seconda categoria e le acque minerali e termali dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità del presente articolo, nell’ambito delle proprie competenze, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti. 1-bis. Nei luoghi di lavoro delle Forze armate, delle Forze di polizia e dei vigili del fuoco la vigilanza sulla applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro è svolta esclusivamente dai servizi sanitari e tecnici istituiti presso le predette amministrazioni. 2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente al personale ispettivo del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, ivi compresa quella in materia di salute e sicurezza dei lavoratori di cui all’ articolo 35 della legge 26 aprile 1974, n. 191, lo stesso personale esercita l’attività di vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nelle seguenti attività, nel quadro del coordinamento territoriale di cui all’ articolo 7: a) attività nel settore delle costruzioni edili o di genio civile e più in particolare lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione e risanamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura e in cemento armato, opere stradali, ferroviarie, idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati; lavori in sotterraneo e gallerie, anche comportanti l’impiego di esplosivi; b) lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei;

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c) ulteriori attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, adottato sentito il comitato di cui all’articolo 5 e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in relazione alle quali il personale ispettivo del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali svolge attività di vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, informandone preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell’Azienda sanitaria locale competente per territorio.3. In attesa del complessivo riordino delle competenze in tema di vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, restano ferme le competenze in materia di salute e sicurezza dei lavoratori attribuite alle autorità marittime a bordo delle navi ed in ambito portuale, agli uffici di sanità aerea e marittima, alle autorità portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale nonché ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le Forze di polizia e per i Vigili del fuoco; i predetti servizi sono competenti altresì per le aree riservate o operative e per quelle che presentano analoghe esigenze da individuarsi, anche per quel che riguarda le modalità di attuazione, con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. L’Amministrazione della giustizia può avvalersi dei servizi istituiti per le Forze armate e di polizia, anche mediante convenzione con i rispettivi Ministeri, nonché dei servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie. 4. La vigilanza di cui al presente articolo è esercitata nel rispetto del coordinamento di cui agli articoli 5 e 7. 5. Il personale delle pubbliche amministrazioni, assegnato agli uffici che svolgono attività di vigilanza, non può prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attività di consulenza. 6. L’importo delle somme che l’ASL, in qualità di organo di vigilanza, ammette a pagare in sede amministrativa ai sensi dell’articolo 21, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, integra l’apposito capitolo regionale per finanziare l’attività di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dai dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL. 7. E’ fatto salvo quanto previsto dall’articolo 64 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, con riferimento agli organi di vigilanza competenti, come individuati dal presente decreto.».

Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 2007, recante

“Coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di salute e

sicurezza sul lavoro” è pubblicato nella G.U. 6 febbraio 2008, n. 31.

Nota all’art. 178, comma 1, lett. b):

Per il testo dell’art. 7 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, si vedano le note

all’art. 177.

Note all’art. 180, comma 1, lett. a), b), c) e d):

Si riporta il testo dell’art. 9 della legge 20 maggio 1970, n. 300, recante “Norme sulla

tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività

sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento” (pubblicato nella G.U. 27

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maggio 1970, n. 131):

«Art. 9 (Tutela della salute e dell’integrità fisica)

I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica.».

Per il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e il testo degli artt. 10, e 13, si vedano le

note all’art. 177.

Per la legge 23 dicembre 1978, n. 833 si veda al nota all’art. 12, comma 5, lett. a).

Note all’art. 183:

Per il testo dell’art. 21 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, si vedano le note all’art.

177.

Per il testo dell’art. 13 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, si vedano le note

all’art. 177.

Nota all’art. 184, commi 1, 2 e 3:

La legge 30 marzo 2001, n. 130, recante “Disposizioni in materia di cremazione e

dispersione delle ceneri”, è pubblicata nella G.U. 19 aprile 2001, n. 91.

Si riporta il testo dell’art. 3, comma 1, lett. c):

«3. Modifiche al regolamento di polizia mortuaria,

approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285.

1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro della sanità, sentiti il Ministro dell’interno e il Ministro della giustizia, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, si provvede alla modifica del regolamento di polizia mortuaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, sulla base dei seguenti princìpi: Omissis. c) la dispersione delle ceneri è consentita, nel rispetto della volontà del defunto, unicamente in aree a ciò appositamente destinate all’interno dei cimiteri o in natura o in aree private; la dispersione in aree private deve avvenire all’aperto e con il consenso dei proprietari, e non può comunque dare luogo ad attività aventi fini di lucro; la dispersione delle ceneri è in ogni caso vietata nei centri abitati, come definiti dall’articolo 3, comma 1, numero 8), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada); la dispersione in mare, nei laghi e nei fiumi è consentita nei tratti liberi da natanti e da manufatti;Omissis.».

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Nota all’art. 194, commi 2, lett. b) e 7:

L’Accordo Stato-Regioni del 16 gennaio 2003, recante “Accordo tra il Ministro della

salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sugli aspetti igienico-

sanitari per la costruzione, la manutenzione e la vigilanza delle piscine a uso

natatorio”, è pubblicato nella G.U. 3 marzo 2003, n. 51.

Note all’art. 197, comma 2:

Il regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, recante “Approvazione del regolamento per

l’esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica

sicurezza”, è pubblicato nel S.O. alla G.U. 26 giugno 1940, n. 149.

Il decreto del Presidente della Repubblica 28 maggio 2001, n. 311, recante

“Regolamento per la semplificazione dei procedimenti relativi ad autorizzazioni per

lo svolgimento di attività disciplinate dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza

nonché al riconoscimento della qualifica di agente di pubblica sicurezza (numeri 77,

78 e 108, allegato 1 della L. n. 59/1997 e numeri 18, 19, 20 e 35, allegato 1 della L. n.

50/1999)”, è pubblicato nella G.U. 2 agosto 2001, n. 178.

Nota all’art. 198, comma 3:

Per l’Accordo Stato-Regioni del 16 gennaio 2003, si veda la nota all’art. 194, commi

2, lett. b) e 7.

Nota all’art. 199, comma 2:

Per l’Accordo Stato-Regioni del 16 gennaio 2003, si veda la nota all’art. 194, commi

2, lett. b) e 7.

Nota all’art. 203:

Si riporta il testo dell’allegato 1 all’Accordo Stato-Regioni del 16 gennaio 2003 (si

veda la nota all’art. 194, commi 2, lett. b) e 7):

«Allegato 1

1. REQUISITI IGIENICO-AMBIENTALI. I requisiti igienico-ambientali si riferiscono alle caratteristiche delle acque utilizzate nell’impianto di piscina, alle condizioni termo-igrometriche e di ventilazione, illuminotecniche ed acustiche. 1.1 CLASSIFICAZIONE E REQUISITI DELLE ACQUE UTILIZZATE. Le acque utilizzate nell’impianto piscina vengono classificate come segue:acqua di approvvigionamento: è quella utilizzata per l’alimentazione delle vasche (riempimento e reintegro) e quella destinata agli usi igienico-sanitari; acqua di immissione in vasca: è quella costituita sia dall’acqua di ricircolo che da quella di reintegro opportunamente trattate per assicurare i necessari requisiti;

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acqua contenuta in vasca: è quella presente nel bacino natatorio e pertanto a diretto contatto con i bagnanti. 1.2 REQUISITI DELL’ACQUA DI APPROVVIGIONAMENTO. L’acqua di approvvigionamento deve possedere tutti i requisiti di potabilità previsti dalle vigenti normative fatta eccezione per la temperatura. Nel caso l’acqua di approvvigionamento non provenga da pubblico acquedotto, sull’acqua stessa dovranno essere effettuati controlli di potabilità con frequenza almeno annua o semestrale, per i parametri indicati nel giudizio di idoneità dell’acqua destinata al consumo umano, previsti dalla vigente normativa.1.3 REQUISITI DELL’ACQUA DI IMMISSIONE IN VASCA E DELL’ACQUA CONTENUTA IN VASCA. L’acqua di immissione e quella contenuta in vasca devono possedere i requisiti di cui alla seguente tabella A. I requisiti di qualità dell’acqua in vasca devono essere raggiunti in qualsiasi punto. Il controllo all’acqua di immissione sarà effettuato ogni qualvolta se ne manifesti la necessità per verifiche interne di gestione o sopraggiunti inconvenienti. Funghi, lieviti e trialometani saranno verificati su richiesta dell’Azienda Unità Sanitaria Locale. I trialometani vengono accertati secondo criteri e parametri fissati dal Ministero della salute.Per i metodi di analisi si utilizzano quelli previsti per le acque destinate al consumo umano. Il Ministero della salute individuerà ulteriori metodi di analisi. L’acqua delle vasche deve essere completamente rinnovata, previo svuotamento, almeno una volta l’anno e comunque ad ogni inizio di apertura stagionale. 1.4 SOSTANZE DA UTILIZZARE PER IL TRATTAMENTO DELL’ACQUA. Per il trattamento dell’acqua in immissione in vasca è consentito l’uso delle seguenti sostanze elencate come disinfettanti, flocculanti e correttori di PH.1. Disinfettanti: ozono; cloro liquido; ipoclorito di sodio; ipoclorito di calcio;dicloroisocianurato sodico anidro; dicloroisocianurato sodico biidrato; acido tricloroisocianurico. 2. Flocculanti: solfato di alluminio (solido); solfato di alluminio (soluzione); cloruro ferrico; clorosolfato ferrico; polidrossicloruro di alluminio; polidrossiclorosolfato di alluminio; alluminato di sodio (solido); alluminato di sodio (soluzione). 3. Correttori di ph: acido cloridico; acido solforico; sodio idrossido; sodio bisolfato; sodio bicarbonato. Per disinfettanti, flocculanti e correttori di Ph si adotta lo stesso grado di purezza previsto per le sostanze da utilizzare per la produzione di acqua per consumo umano. Le sostanze antialghe che possono essere utilizzate sono: N-alchil-dimetil-benzilammonio cloruro; Poli(idrossietilene(dimetiliminio)etilene(dimetiliminio)metilene dicloruro); Poli(ossietilene(dimetiliminio)etilene(dimetiliminio)etilene dicloruro); L’impiego di sostanze non incluse in questi elenchi deve essere previamente autorizzato dal Ministero della salute.

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1.5 PUNTI DI PRELIEVO.

Acqua di approvvigionamento campione da prelevarsi da apposito rubinetto posto su tubo di adduzione

Acqua di immissione in vasca campione da prelevarsi da rubinetto

posto sulle tubazioni di mandata alle singole vasche a valle degli impianti di trattamento

Acqua in vasca campione da prelevarsi in qualsiasi

punto in vasca

1.6 REQUISITI TERMOIGROMETRICI E DI VENTILAZIONE. Per le piscine coperte, nella sezione delle attività natatorie e di balneazione, la temperatura dell’aria dovrà risultare non inferiore alla temperatura dell’acqua in vasca. L’umidità relativa dell’aria non dovrà superare in nessun caso il valore limite del 70%. La velocità dell’aria in corrispondenza delle zone utilizzate dai frequentatori non dovrà risultare superiore a 0,10 m/s e dovrà assicurarsi un ricambio di aria esterna di almeno 20 m3/h per metro quadrato di vasca. Nelle altre zone destinate ai frequentatori (spogliatoi, servizi igienici, pronto soccorso) il ricambio dell’aria dovrà risultare non inferiore a 4 volumi/h, la temperatura dell’aria dovrà risultare non inferiore a 20°C. 1.7 REQUISITI ILLUMINOTECNICI. Nelle sezioni delle attività natatorie e di balneazione l’illuminazione artificiale dovrà assicurare condizioni di visibilità tali da garantire la sicurezza dei frequentatori ed il controllo da parte del personale. Comunque il livello di illuminamento sul piano del calpestio e sullo specchio d’acqua non deve essere in nessun punto inferiore a 150 lux. Nelle altre zone destinate ai frequentatori (spogliatoi, servizi igienici, etc) l’illuminazione artificiale dovrà assicurare un livello medio di almeno 100 lux negli spogliatoi e di 80 lux nei servizi igienici. In tutti gli ambienti illuminati naturalmente dovrà essere assicurato un fattore medio di luce diurna non inferiore al 2%. Deve essere previsto, per possibili sospensioni di erogazione di energia elettrica, l’impianto di illuminazione di emergenza. 1.8 REQUISITI ACUSTICI. Nella sezione delle attività natatorie e di balneazione delle piscine coperte, il tempo di riverberazione non dovrà in nessun punto essere superiore a 1,6 sec. I requisiti acustici passivi ed il rumore generato dall’attività devono far riferimento alla normativa vigente in materia.

Tabella A

Requisiti - dell’acqua in immissione e contenuta in vasca

PARAMETRO ACQUA DI IMMISSIONE

ACQUA DI VASCA

Requisiti fisici

Temperatura: - Vasche coperte in genere - Vasche coperte bambini - Vasche scoperte

24°C-32°C 26°C-35°C 18°C-30°C

24°C-30°C 26°C-32°C 18°C-30°C

PH Per disinfezione a base di cloro.

Ove si utilizzino disinfettanti diversi il pH dovrà essere opportunamente fissato al valore ottimale per l’azione disinfettante.

6.5-7.5 6.5-7.5

Torbidità in Si O2 2 mg/l SiO2 (o unità equivalenti di formazina)

4 mg/l SiO2 (o unità equivalenti di formazina)

Solidi grossolani Assenti Assenti

Solidi sospesi

2 mg/l (filtrazione su membrana da 0,45 m)

4 mg/l (filtrazione su membrana da 0,45 m)

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Colore

Valore dell’acqua potabile

5 mg/l Pt/Co oltre quello dell’acqua di approvvigionamento

Requisiti chimici

Cloro attivo libero 0,6÷1,8 mg/l Cl2 0,7÷1,5 mg/l Cl2

Cloro attivo combinato 0,2 mg/l Cl2 0,4 mg/l Cl2

Impiego combinato Ozono: Cloro Cloro attivo libero Cloro attivo combinato Ozono

0,4÷1,6 mg Cl2 0,4÷1,0 mg/l Cl2

0,05 mg/l Cl2 0,2 mg/l Cl2

0,01 mg/l O3 0,01 mg/l O3

Acido isocianurico 75 mg/l 75 mg/l

Sostanze organiche (analisi al permanganato)

2 mg/l di O2 oltre l’acqua di approvvigionamento

2 mg/l di O2 oltre l’acqua di immissione

Nitrati Valore dell’acqua potabile

20 mg/l NO3 oltre l’acqua di approvvigionamento

Flocculanti 0,2 mg/l in Al o Fe (rispetto al flocculante impiegato)

0,2 mg/l in Al o Fe (rispetto al flocculante impiegato)

Requisiti microbiologici

Conta batterica a 22° 100 ufc/1 ml 200 ufc/1 ml

Conta batterica a 36° 10 ufc/1 ml 100 ufc/1 ml

Eschericchia coli 0 ufc/100 ml 0 ufc/100 ml

Enterococchi 0 ufc/100 ml 0 ufc/100 ml

Staphylococcus aureus

0 ufc/100 ml 1 ufc/100 ml

Pseudomonas aeruginosa

0 ufc/100 ml 1 ufc/100 ml

.».

Nota all’art. 206, comma 3, lett. d):

La legge 14 agosto 1991, n. 281, recante “Legge quadro in materia di animali di

affezione e prevenzione del randagismo”, è pubblicata nella G.U. 30 agosto 1991, n.

203.

Nota all’art. 210, comma 2:

Si riporta il testo dell’art. 83 del decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio

1954, n. 320, recante “Regolamento di polizia veterinaria”, (pubblicato nel S.O. alla

G.U. 24 giugno 1954, n. 142):

«Articolo 83

Il sindaco deve provvedere alla profilassi della rabbia prescrivendo: a) la regolare notifica, da parte dei possessori, di tutti i cani esistenti nel territorio comunale per la registrazione ai fini della vigilanza sanitaria e per la applicazione della tassa cani. A tale scopo deve essere riportato nel registro, oltre alle generalità del possessore, anche lo stato segnaletico degli animali rilevato dal veterinario comunale;b) l’applicazione al collare di ciascun cane di una speciale piastrina che deve essere consegnata ai possessori all’atto della denuncia; c) l’obbligo di idonea museruola per i cani non condotti al guinzaglio quando si trovano nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico; d) l’obbligo della museruola e del guinzaglio per i cani condotti nei locali pubblici e nei pubblici mezzi di trasporto. Possono essere tenuti senza guinzaglio e senza museruola i cani da guardia, soltanto entro i limiti dei luoghi da sorvegliare purché non aperti al pubblico; i cani da pastore e quelli da caccia, quando vengono rispettivamente utilizzati per la guardia

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015238

delle greggi e per la caccia, nonché i cani delle forze armate e delle forze di polizia quando sono utilizzati per servizio.».

Nota all’art. 219, commi 5 e 9:

La legge 24 novembre 1981, n. 689, recante “Modifiche al sistema penale”,

(pubblicata nel S.O. alla G.U. 30 novembre 1981, n. 329), è stata modificata e

integrata da: decreto legge 2 dicembre 1985, n. 688 (in G.U. 2 dicembre 1985, n.

283), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 31 gennaio 1986, n. 11 (in

G.U. 31 gennaio 1986, n. 25), decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo

1988, n. 148 (in S.O. alla G.U. 10 maggio 1988, n. 108), decreto legislativo 28 luglio

1989, n. 271 (in S.O. alla G.U. 5 agosto 1989, n. 182), decreto legge 14 giugno 1993,

n. 187 (in G.U. 14 giugno 1993, n. 137), convertito in legge, con modificazioni, dalla

legge 12 agosto 1993, n. 296 (in G.U. 12 agosto 1993, n. 188), decreto legislativo 13

luglio 1994, n. 480 (in G.U. 4 agosto 1994, n. 181), decreto legislativo 30 aprile

1992, n. 285 (in S.O. alla G.U. 18 maggio 1992, n. 114), legge 28 dicembre 1993, n.

562 (in G.U. 31 dicembre 1993, n. 306), decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472

(in S.O. alla G.U. 8 gennaio 1998, n. 5), decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213

(in S.O. alla G.U. 8 luglio 1998, n. 157), legge 23 dicembre 1998, n. 448 (in S.O. alla

G.U. 29 dicembre 1998, n. 302), decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (in S.O.

alla G.U. 5 marzo 1999, n. 53), legge 3 agosto 1999, n. 265 (in S.O. alla G.U. 6

agosto 1999, n. 183), decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (in S.O. alla G.U.

31 dicembre 1999, n. 306), legge 23 dicembre 2000, n. 388 (in S.O. alla G.U. 29

dicembre 2000, n. 302), decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002,

n. 313 (in S.O. alla G.U. 13 febbraio 2003, n. 36), legge 12 giugno 2003, n. 134 (in

G.U. 14 giugno 2003, n. 136), decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (in S.O. alla

G.U. 29 luglio 2003, n. 174), decreto legge 30 dicembre 2005, n. 272 (in G.U. 30

dicembre 2005, n. 303), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 21

febbraio 2006, n. 49 (in S.O. alla G.U. 27 febbraio 2006, n. 48,), decreto legislativo 2

febbraio 2006, n. 40 (in S.O. alla G.U. 15 febbraio 2006, n. 38),.legge 3 agosto 2007,

n. 123 (in G.U. 10 agosto 2007, n. 185), decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231

(in S.O. alla G.U. 14 dicembre 2007, n. 290), decreto legge 23 maggio 2008, n. 92 (in

G.U. 26 maggio 2008, n. 122), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24

luglio 2008, n. 125 (in G.U. 25 luglio 2008, n. 173), legge 18 giugno 2009, n. 69 (in

S.O. alla G.U. 19 giugno 2009, n. 140), legge 15 luglio 2009, n. 94 (in S.O. alla G.U.

24 luglio 2009, n. 170), decreto legge 12 novembre 2010, n. 187 (in G.U. 12

novembre 2010, n. 265), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 17

dicembre 2010, n. 217 (in G.U. 18 dicembre 2010, n. 295) e decreto legislativo 1

settembre 2011, n. 150 (in G.U. 21 settembre 2011, n. 220).

Si riporta il testo degli artt. 13, 18 e 20:

«Art. 13 (Atti di accertamento)

Gli organi addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono, per l’accertamento delle violazioni di rispettiva competenza, assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica. Possono altresì procedere al sequestro cautelare delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa, nei modi e con i limiti con cui il codice di procedura penale consente il sequestro alla polizia giudiziaria.

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E’ sempre disposto il sequestro del veicolo a motore o del natante posto in circolazione senza essere coperto dall’assicurazione obbligatoria e del veicolo posto in circolazione senza che per lo stesso sia stato rilasciato il documento di circolazione. All’accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, i quali, oltre che esercitare i poteri indicati nei precedenti commi, possono procedere, quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora, previa autorizzazione motivata del pretore del luogo ove le perquisizioni stesse dovranno essere effettuate. Si applicano le disposizioni del primo comma dell’art. 333 e del primo e secondo comma dell’art. 334 del codice di procedura penale. E’ fatto salvo l’esercizio degli specifici poteri di accertamento previsti dalle leggi vigenti.

Art. 18 (Ordinanza-ingiunzione)

Entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all’autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell’art. 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità. L’autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l’accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all’autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente; altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all’organo che ha redatto il rapporto. Con l’ordinanza-ingiunzione deve essere disposta la restituzione, previo pagamento delle spese di custodia, delle cose sequestrate, che non siano confiscate con lo stesso provvedimento. La restituzione delle cose sequestrate è altresì disposta con l’ordinanza di archiviazione, quando non ne sia obbligatoria la confisca. Il pagamento è effettuato all’ufficio del registro o al diverso ufficio indicato nella ordinanza-ingiunzione, entro il termine di trenta giorni dalla notificazione di detto provvedimento, eseguita nelle forme previste dall’art. 14; del pagamento è data comunicazione, entro il trentesimo giorno, a cura dell’ufficio che lo ha ricevuto, all’autorità che ha emesso l’ordinanza. Il termine per il pagamento è di sessanta giorni se l’interessato risiede all’estero. La notificazione dell’ordinanza-ingiunzione può essere eseguita dall’ufficio che adotta l’atto, secondo le modalità di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890. L’ordinanza-ingiunzione costituisce titolo esecutivo. Tuttavia l’ordinanza che dispone la confisca diventa esecutiva dopo il decorso del termine per proporre opposizione, o, nel caso in cui l’opposizione è proposta, con il passaggio in giudicato della sentenza con la quale si rigetta l’opposizione, o quando l’ordinanza con la quale viene dichiarata inammissibile l’opposizione o convalidato il provvedimento opposto diviene inoppugnabile o è dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la stessa.

Art. 20 (Sanzioni amministrative accessorie)

L’autorità amministrativa con l’ordinanza-ingiunzione o il giudice penale con la sentenza di condanna nel caso previsto dall’art.24, può applicare, come sanzioni amministrative, quelle previste dalle leggi vigenti, per le singole violazioni, come sanzioni penali

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accessorie, quando esse consistono nella privazione o sospensione di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell’amministrazione. Le sanzioni amministrative accessorie non sono applicabili fino a che è pendente il giudizio di opposizione contro il provvedimento di condanna o, nel caso di connessione di cui all’art. 24, fino a che il provvedimento stesso non sia divenuto esecutivo. Le autorità stesse possono disporre la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e debbono disporre la confisca delle cose che ne sono il prodotto, sempre che le cose suddette appartengano a una delle persone cui è ingiunto il pagamento. In presenza di violazioni gravi o reiterate, in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro, è sempre disposta la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e delle cose che ne sono il prodotto, anche se non venga emessa l’ordinanza - ingiunzione di pagamento. La disposizione non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa ovvero quando in relazione ad essa è consentita la messa a norma e quest’ultima risulta effettuata secondo le disposizioni vigenti. E’ sempre disposta la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, anche se non venga emessa l’ordinanza-ingiunzione di pagamento. La disposizione indicata nel comma precedente non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.».

Nota all’art. 220, comma 1:

La legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante “Norme per la protezione della fauna

selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, è pubblicata nella G.U. 25 febbraio

1992, n. 46.

Note all’art. 222, commi 1 e 3:

Per il testo degli artt. 13, 18 e 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689, si veda la

nota all’art. 219, commi 5 e 6.

Il testo dell’art. 35 della legge regionale 17 maggio 1994, n. 14, recante “Norme per

la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” (pubblicata

nel S.O. al B.U.R. 25 maggio 1994, n. 22), modificato dalla legge regionale 13

maggio 2002, n. 7 (in B.U.R. 22 maggio 2002, n. 23), è il seguente:

«Art. 35Vigilanza venatoria volontaria.

1. L’abilitazione di cui al comma 4 dell’art. 27 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, è rilasciata dalle commissioni per l’abilitazione all’esercizio venatorio nominate dalle province, integrate con un rappresentante delle associazioni venatorie riconosciute, un rappresentante delle associazioni agricole e un rappresentante delle associazioni ambientaliste, maggiormente rappresentative a livello regionale, presenti nella Consulta faunistico venatoria regionale di cui all’art. 8.

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 241

2. Ai fini dell’abilitazione di cui al comma 1, la prova di esame prevista per l’abilitazione all’esercizio venatorio è adeguatamente integrata con le materie connesse con le funzioni di vigilanza venatoria. 3. Coloro che alla data dell’entrata in vigore della presente legge siano già in possesso del decreto di guardia venatoria volontaria sono esonerati dall’esame finale purché frequentino uno dei corsi previsti dall’art. 36. 4. Il coordinamento dell’attività volontaria di vigilanza è esercitato dalle Province che ne definiscono i compiti ai sensi del comma 7 dell’art. 27, della legge 11 febbraio 1992, n. 157.».

Il testo dell’art. 7 della legge regionale 22 febbraio 1994, n. 4, recante “Istituzione del

Servizio volontario di vigilanza ecologica” (pubblicata nel B.U.R. 2 marzo 1994, n.

9.), è il seguente:

«Art. 7Incarico di guardia ecologica volontaria.

1. L’incarico di guardia ecologica volontaria è attribuito alle guardie giurate con decreto del Presidente della Giunta regionale, nel quale è indicato l’oggetto del potere di accertamento e l’ambito territoriale in cui ciascuna guardia deve operare. 2. La guardia ecologica volontaria è ammessa all’esercizio delle sue funzioni dopo aver prestato il giuramento innanzi al Pretore, ai sensi dell’art. 250 del R.D. 6 maggio 1940, n. 635. 3. La guardia ecologica volontaria è agente di polizia amministrativa e titolare dei poteri di cui all’art. 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689. 4. La guardia ecologica volontaria è dotata di un tesserino di riconoscimento e di un distintivo, conformi al modello approvato dalla Giunta regionale e dal Prefetto, ai sensi dell’art. 254 del R.D. 6 maggio 1940, n. 635.».

Nota all’art. 223, comma 1:

Per la legge 24 novembre 1981, n. 689, si veda la nota all’art. 219, commi 5 e 6.

Note all’art. 224, commi 1 e 3:

Si riporta il testo dell’art. 50 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante

“Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” (pubblicato nel S.O. alla

G.U. 28 settembre 2000, n. 227):

«Articolo 50 Competenze del sindaco e del presidente della provincia

1. Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili dell’amministrazione del comune e della provincia. 2. Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l’ente, convocano e presiedono la giunta, nonché il consiglio quando non è previsto il presidente del consiglio, e sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti. 3. Salvo quanto previsto dall’articolo 107 essi esercitano le funzioni loro attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti e sovrintendono altresì all’espletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate al comune e alla provincia. 4. Il sindaco esercita altresì le altre funzioni attribuitegli quale autorità locale nelle materie previste da specifiche disposizioni di legge.

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5. In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Negli altri casi l’adozione dei provvedimenti d’urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali. 6. In caso di emergenza che interessi il territorio di più comuni, ogni sindaco adotta le misure necessarie fino a quando non intervengano i soggetti competenti ai sensi del precedente comma.7. Il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l’espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti. 8. Sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il sindaco e il presidente della provincia provvedono alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni. 9. Tutte le nomine e le designazioni debbono essere effettuate entro quarantacinque giorni dall’insediamento ovvero entro i termini di scadenza del precedente incarico. In mancanza, il comitato regionale di controllo adotta i provvedimenti sostitutivi ai sensi dell’articolo 136. 10. Il sindaco e il presidente della provincia nominano i responsabili degli uffici e dei servizi, attribuiscono e definiscono gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna secondo le modalità ed i criteri stabiliti dagli articoli 109 e 110, nonché dai rispettivi statuti e regolamenti comunali e provinciali. 11. Il sindaco e il presidente della provincia prestano davanti al consiglio, nella seduta di insediamento, il giuramento di osservare lealmente la Costituzione italiana. 12. Distintivo del sindaco è la fascia tricolore con lo stemma della Repubblica e lo stemma del comune, da portarsi a tracolla. Distintivo del presidente della provincia è una fascia di colore azzurro con lo stemma della Repubblica e lo stemma della propria provincia, da portare a tracolla.».

Per il testo dell’art. 35 della legge regionale 17 maggio 1994, n. 14, si vedano le note

all’art. 222, commi 1 e 3.

Per il testo dell’art. 7 della legge regionale 22 febbraio 1994, n. 4, si vedano le note

all’art. 222, commi 1 e 3.

Note all’art. 229, comma 2:

Si riporta il testo degli artt. 28, 29, 30, 31 e 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833

(si veda al nota all’art. 12, comma 5, lett. a)):

«Art. 28 (Assistenza farmaceutica)

L’unità sanitaria locale eroga l’assistenza farmaceutica attraverso le farmacie di cui sono titolari enti pubblici e le farmacie di cui sono titolari i privati, tutte convenzionate secondo i criteri e le modalità di cui agli articoli 43 e 48. Gli assistiti possono ottenere dalle farmacie di cui al precedente comma, su presentazione di ricetta compilata dal medico

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curante, la fornitura di preparati galenici e di specialità medicinali compresi nel prontuario terapeutico del servizio sanitario nazionale. L’unità sanitaria locale, i suoi presidi e servizi, compresi quelli di cui all’articolo 18, e gli istituti ed enti convenzionati di cui ai successivi articoli 41, 42, 43, possono acquistare direttamente le preparazioni farmaceutiche di cui al secondo comma per la distribuzione agli assistiti nelle farmacie di cui sono titolari enti pubblici e per l’impiego negli ospedali, negli ambulatori e in tutti gli altri presidi sanitari. La legge regionale disciplina l’acquisto di detti medicinali e del restante materiale sanitario da parte delle unità sanitarie locali e dei loro presidi e servizi, nonché il coordinamento dell’attività delle farmacie comunali con i servizi dell’unità sanitaria locale.

Art. 29 (Disciplina dei farmaci)

La produzione e la distribuzione dei farmaci devono essere regolate secondo criteri coerenti con gli obiettivi del servizio sanitario nazionale, con la funzione sociale del farmaco e con la prevalente finalità pubblica della produzione. Con legge dello Stato sono dettate norme: a) per la disciplina dell’autorizzazione alla produzione e alla immissione in commercio dei farmaci, per i controlli di qualità e per indirizzare la produzione farmaceutica alle finalità del servizio sanitario nazionale; b) per la revisione programmata delle autorizzazioni già concesse per le specialità medicinali in armonia con le norme a tal fine previste dalle direttive della Comunità economica europea; c) per la disciplina dei prezzi dei farmaci, mediante una corretta metodologia per la valutazione dei costi; d) per la individuazione dei presidi autorizzati e per la definizione delle modalità della sperimentazione clinica precedente l’autorizzazione alla immissione in commercio; e) per la brevettabilità dei farmaci; f) per definire le caratteristiche e disciplinare la immissione in commercio dei farmaci da banco; g) per la regolamentazione del servizio d’informazione scientifica sui farmaci e dell’attività degli informatori scientifici; h) per la revisione e la pubblicazione periodica della farmocopea ufficiale della Repubblica italiana, in armonia con le norme previste dalla farmocopea europea di cui alla legge del 22 ottobre 1973, n. 752.

Art. 30 (Prontuario farmaceutico)

Il Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, approva con proprio decreto il prontuario terapeutico del servizio sanitario nazionale, previa proposta di un comitato composto: dal Ministro della sanità, che lo presiede; dal direttore generale del servizio farmaceutico del Ministero della sanità; dal direttore dell’Istituto superiore di sanità; dai direttori dei laboratori di farmacologia e di chimica del farmaco dell’Istituto superiore di sanità; da sette esperti designati dal Ministro della sanità, scelti fra docenti universitari di farmacologia, di chimica farmaceutica o materie affini, di patologia o clinica medica e fra medici e farmacisti dipendenti o convenzionati con le strutture del servizio sanitario nazionale; da un rappresentante del Ministero dell’industria, commercio e artigianato; da due esperti di economia sanitaria designati dal Ministro della sanità, su proposta del Consiglio nazionale delle ricerche; da cinque esperti della materia designati dalle regioni. Essi vengono scelti dal Presidente del Consiglio dei Ministri tra gli esperti designati uno ciascuno dalle regioni, e per quanto

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concerne la regione Trentino-Alto Adige, uno dalla provincia di Trento e uno dalla provincia di Bolzano. Il comitato di cui al precedente comma è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, ed è rinnovato ogni tre anni. Il prontuario terapeutico del servizio sanitario nazionale deve uniformarsi ai principi dell’efficacia terapeutica, dell’economicità del prodotto, della semplicità e chiarezza nella classificazione dell’esclusione dei prodotti da banco. Il Ministro della sanità provvede entro il 31 dicembre di ogni anno ad aggiornare il prontuario terapeutico con la procedura di cui al primo comma. Fino all’approvazione del prontuario terapeutico del servizio sanitario nazionale di cui al presente articolo, resta in vigore il prontuario di cui all’articolo 9 del decreto-legge 8 luglio 1974, n. 264, convertito, con modificazioni, nella legge 17 agosto 1974, n. 386.

Art. 31 (Pubblicità ed informazione scientifica sui farmaci)

Al servizio sanitario nazionale spettano compiti di informazione scientifica sui farmaci e di controllo sull’attività di informazione scientifica delle imprese titolari delle autorizzazioni alla immissione in commercio di farmaci. E’ vietata ogni forma di propaganda e di pubblicità presso il pubblico dei farmaci sottoposti all’obbligo della presentazione di ricetta medica e comunque di quelli contenuti nel prontuario terapeutico approvato ai sensi dell’articolo 30.Sino all’entrata in vigore della nuova disciplina generale dei farmaci di cui all’articolo 29, il Ministro della sanità determina con proprio decreto i limiti e le modalità per la propaganda e la pubblicità presso il pubblico dei farmaci diversi da quelli indicati nel precedente comma, tenuto conto degli obiettivi di educazione sanitaria di cui al comma successivo e delle direttive in materia della Comunità economica europea. Il Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, viste le proposte delle regioni, tenuto conto delle direttive comunitarie e valutate le osservazioni e proposte che perverranno dall’Istituto superiore di sanità e dagli istituti universitari e di ricerca, nonché dall’industria farmaceutica, predispone un programma pluriennale per l’informazione scientifica sui farmaci, finalizzato anche ad iniziative di educazione sanitaria e detta norme per la regolamentazione del predetto servizio e dell’attività degli informatori scientifici. Nell’ambito del programma di cui al precedente comma, le unità sanitarie locali e le imprese di cui al primo comma, nel rispetto delle proprie competenze, svolgono informazione scientifica sotto il controllo del Ministero della sanità. Il programma per l’informazione scientifica deve, altresì, prevedere i limiti e le modalità per la fornitura ai medici chirurghi di campioni gratuiti di farmaci.

Art. 32 (Funzioni di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria)

Il Ministro della sanità può emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all’intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni. La legge regionale stabilisce norme per l’esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria, ivi comprese quelle già esercitate dagli uffici del medico provinciale e del veterinario provinciale e dagli ufficiali sanitari e veterinari comunali o consortili, e disciplina il trasferimento dei beni e del personale relativi. Nelle medesime materie sono emesse dal presidente della giunta regionale e dal sindaco ordinanze di carattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 245

parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale. [Sono fatte salve in materia di ordinanze, di accertamenti preventivi, di istruttoria o di esecuzione dei relativi provvedimenti le attività di istituto delle forze armate che, nel quadro delle suddette misure sanitarie, ricadono sotto la responsabilità delle competenti autorità.] Sono altresì fatti salvi i poteri degli organi dello Stato preposti in base alle leggi vigenti alla tutela dell’ordine pubblico.».

Il decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, recante “Attuazione della direttiva

2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario

concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE”, è

pubblicato nel S.O. alla G.U. 21 giugno 2006, n. 142.

Note all’art. 231, commi 1 e 2:

Per il testo dell’art. 31, quinto comma della legge 23 dicembre 1978, n. 833 si vedano

le note all’art. 229, comma 2.

Per il decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 si vedano le note all’art. 229, comma

2.

La legge regionale 21 ottobre 1981, n. 69, recante “Norme sul sistema formativo

regionale” è pubblicata nel B.U.R. 26 ottobre 1981, n. 58.

Per il testo dell’art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si la nota

all’art. 39, comma 1.

Nota all’art. 234, comma 1:

Per il testo dell’art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si la nota

all’art. 39, comma 1

Nota all’art. 235, comma 1:

Per il testo dell’art. 28 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 si vedano le note all’art.

229, comma 2.

Nota all’art. 236, comma 1:

Per il testo dell’art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si la nota

all’art. 39, comma 1.

Nota all’art. 237, comma 1:

Per il decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, si vedano le

note all’art. 108, commi 1 e 3.

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015246

Nota all’art. 243, comma 2:

Si riporta il testo dell’art. 127 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, recante

“Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie” (pubblicato nel S.O. alla G.U. 9

agosto 1934, n. 186):

«Art. 127

Nel corso di ciascun biennio tutte le farmacie debbono essere ispezionate dal medico provinciale che può anche compiere ispezioni straordinarie. Nelle dette ispezioni il medico provinciale è assistito di regola da un farmacologo o da un dottore in chimica e farmacia o da un dottore in farmacia designato dal prefetto. Se il risultato dell’ispezione non sia stato soddisfacente, il titolare autorizzato è diffidato a mettersi in regola entro un termine perentorio, decorso il quale infruttuosamente, il prefetto pronuncia la decadenza dall’autorizzazione.».

Nota all’art. 244:

Si riporta il testo dell’art. 110 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (si veda la

nota all’art. 243, comma 2):

«Art. 110

L’autorizzazione all’esercizio di una farmacia, che non sia di nuova istituzione, importa l’obbligo nel concessionario di rilevare dal precedente titolare o dagli eredi di esso gli arredi, le provviste e le dotazioni attinenti all’esercizio farmaceutico, contenuti nella farmacia e nei locali annessi, nonché di corrispondere allo stesso titolare o ai suoi eredi un’indennità di avviamento in misura corrispondente a tre annate del reddito medio imponibile della farmacia, accertato agli effetti dell’applicazione dell’imposta di ricchezza mobile nell’ultimo quinquennio. La commissione indicata nell’art. 105 accerta la somma che deve essere corrisposta a titolo di indennità di avviamento e, in mancanza di accordo tra le parti interessate, determina, in base a perizia, con decisione inappellabile, l’importo del rilievo degli arredi, provviste e dotazioni.».

Note all’art. 245, commi 1, 3 e 4:

Il decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 1998, n. 371, recante

“Regolamento recante norme concernenti l’accordo collettivo nazionale per la

disciplina dei rapporti con le farmacie pubbliche e private” è pubblicato nella G.U. 27

ottobre 1998, n. 251.

La legge 8 marzo 1968, n. 221, recante “Provvidenze a favore dei farmacisti rurali” è

pubblicata nella G.U. 27 marzo 1968, n. 80.

La legge 5 marzo 1973, n. 40, recante “Norme interpretative dell’art. 2 della legge 8

marzo 1968, n. 221, recante provvedimenti a favore dei farmacisti rurali” è pubblicata

nella G.U. 26 marzo 1973,n. 78.

Il decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, recante “Testo

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unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione

amministrativa (Testo A)” è pubblicato nel S.O. alla G.U. 20 febbraio 2001, n. 42.

Nota all’art. 246, comma 1:

Per il testo dell’art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si la nota

all’art. 39, comma 1.

Nota all’art. 249, comma 4:

Si riporta il testo dell’art. 36 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (si veda al nota

all’art. 12, comma 5, lett. a)):

«Art. 36 (Termalismo terapeutico)

Le prestazioni idrotermali, limitate al solo aspetto terapeutico, da erogarsi presso gli appositi presidi di servizi di cui al presente articolo, nonché presso aziende termali di enti pubblici e privati, riconosciute ai sensi dell’art. 6, lett. t), e convenzionate ai sensi dell’art. 44 sono garantite nei limiti previsti dal piano sanitario nazionale di cui all’art. 53 e nelle forme stabilite con le modalità di cui al secondo comma dell’art. 3. La legge regionale promuove la integrazione e la qualificazione sanitaria degli stabilimenti termali pubblici, in particolare nel settore della riabilitazione, e favorisce altresì la valorizzazione sotto il profilo sanitario delle altre aziende termali. [Gli stabilimenti termali gestiti dall’INPS ai sensi dell’art. 83 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito con modificazioni, nella legge 6 aprile 1936, n. 1155, per la cura e la prevenzione della invalidità pensionabile in base agli articoli 45 e 81 del citato regio decreto-legge, sono costituiti in presidi e servizi sanitari delle unità sanitarie locali in cui sono ubicati e sono disciplinati a norma dell’art. 18.] Le aziende termali già facenti capo all’EAGT e che saranno assegnate alle regioni, per l’ulteriore destinazione agli enti locali, in base alla procedura prevista dall’art. 113 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e dall’art. 1-quinquies della L. 21 ottobre 1978, n. 641, sono dichiarate presidi e servizi multizonali delle unità sanitarie locali nel cui territorio sono ubicate. La destinazione agli enti locali delle attività, patrimoni, pertinenze e personale delle suddette aziende dovrà avvenire entro il 31 dicembre 1979, adottando, in quanto applicabili, le disposizioni di cui ai successivi articoli 65 e67.».

Note all’art. 250, comma 1, lett. a), b). c), e), f), g), h) e i):

Il decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, recante “Testo

unico delle norme in materia di pensioni di guerra” (pubblicato nella G.U. 29 gennaio

1979, n. 28), è stato modificato e integrato con: decreto del Presidente della

Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834 (in S.O. alla G.U. 18 gennaio 1982, n. 16),

legge 6 giugno 1986, n. 656 (in G.U. 15 ottobre 1986, n. 240), legge 8 agosto 1978,

n. 261 (in G.U. 19 agosto 1991, n. 193), legge 23 dicembre 1998, n. 448 (in S.O. alla

G.U. 29 dicembre 1998, n. 302), decreto del Presidente della Repubblica 30

settembre 1999, n. 377 (in G.U. 28 ottobre 1999, n. 254), legge 18 agosto 2000, n.

236 (in G.U. 29 agosto 2000, n. 201) e legge 27 dicembre 2002, n. 288 (in G.U. 31

dicembre 2002, n. 305).

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Si riporta il testo degli artt. 2, 3, 8, 9 e tabella A:

«2.Soggetti militari o ad essi equiparati.

Ai militari delle forze armate, agli appartenenti ai corpi o servizi ausiliari, alle infermiere volontarie della Croce rossa italiana, a coloro i quali, ai sensi del regio decreto-legge 30 marzo 1943, n. 123, assumono di diritto la qualità di militarizzato, che abbiano in guerra riportato ferite o lesioni o contratto infermità, da cui sia derivata perdita o menomazione della capacità lavorativa generica, e ai loro congiunti, quando dalle predette ferite, lesioni o infermità sia derivata la morte, sono conferite pensioni, assegni o indennità di guerra, alle condizioni, nei modi stabiliti e secondo l’ordine previsto dalle norme del presente testo unico. Spetta la pensione, l’assegno o l’indennità di guerra, quando sussistano le altre condizioni necessarie, anche ai militari dei corpi o servizi operanti in Paesi esteri o in Paesi militarmente occupati o nelle ex colonie, e, in caso di morte, ai loro congiunti. La pensione, assegno o indennità di guerra spetta, altresì, agli appartenenti a reparti militari o a corpi o servizi ausiliari impiegati, per conto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, nelle zone di intervento di cui alla legge 11 dicembre 1962, n. 1746, e, in caso di morte, ai loro congiunti.

3.Categorie speciali di soggetti militari e ad essi equiparati.

Hanno diritto a pensione, assegno o indennità di guerra allo stesso titolo e alle stesse condizioni dei soggetti previsti nel primo comma dell’art. 2: a) gli ex militari dell’Esercito e della Marina del cessato impero austro-ungarico, e, in caso di morte, i loro congiunti, pertinenti ai territori annessi all’Italia dopo la guerra 1915-18, purché divenuti cittadini italiani in accoglimento di domande presentate a termini dei trattati di pace;b) i militari, anche volontari, del Corpo di occupazione che tenne la città di Fiume dal 12 settembre 1919 al 31 dicembre 1920 e, in caso di morte, i loro congiunti, nonché i volontari che, anche successivamente e fino al 31 marzo 1922, parteciparono, nella città, e nel territorio di Fiume ed in Dalmazia, a conflitti armati per la causa nazionale e, in caso di morte, i loro congiunti; c) i partigiani combattenti per la lotta di liberazione; i cittadini italiani che, per l’attività svolta in qualità di patrioti, abbiano ottenuto il riconoscimento delle campagne di guerra; i cittadini italiani che, successivamente all’8 settembre 1943, hanno partecipato ad operazioni della guerra di liberazione nelle formazioni non regolari dipendenti dalle Forze armate italiane o alleate; i cittadini italiani che hanno partecipato, dopo la predetta data, alla guerra di liberazione anche in territorio estero, sempreché tali partecipazioni risultino da attestazioni dei comandi delle Forze armate nelle quali o al seguito delle quali gli stessi operarono e, in caso di morte, i loro congiunti; d) i militari che hanno prestato servizio nelle Forze armate della sedicente repubblica sociale italiana e, in caso di morte, i loro congiunti, nonché le appartenenti al Corpo delle ausiliarie che abbiano riportato ferite o lesioni o contratto infermità invalidanti durante il servizio al seguito dei reparti operanti e, in caso di morte, i loro congiunti; e) i cittadini italiani che, dopo l’8 settembre 1943, hanno prestato servizio nelle formazioni militari organizzate dalle Forze armate tedesche nelle province di Trieste, Gorizia, Udine, Belluno, Bolzano, Trento, Fiume, Pola e Zara e, in caso di morte, i loro congiunti; f) gli alto atesini e le persone residenti prima del 1° gennaio 1940 nelle zone mistilingui di Cortina d’Ampezzo e di Tarvisio o nei comuni di Sant’Orsola e Luserna i quali hanno fatto parte durante la guerra 1940-45, delle Forze armate germaniche o di formazioni armate da esse dipendenti e, in caso di morte, i loro

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 249

congiunti, sempre che colui che chiede la pensione abbia conservato la cittadinanza italiana o l’abbia riacquistata prima della data di entrata in vigore del presente testo unico ovvero la riacquisti entro tre mesi dalla predetta data o abbia prodotto domanda a tal fine entro l’indicato termine di tre mesi. I soggetti di cui alle lettere d), e), ed f), non hanno diritto a pensione, assegno o indennità ed, in ogni caso, ne decadono dal diritto qualora risulti che essi abbiano partecipato ad azioni, anche isolate, di terrorismo o di sevizie o qualora siano stati cancellati dai ruoli delle Forze armate dello Stato per il comportamento tenuto negli avvenimenti successivi all’armistizio dell’8 settembre 1943; g) gli appartenenti all’amministrazione della pubblica sicurezza, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, all’Unione nazionale protezione antiaerea ed alla Croce rossa italiana e, in caso di morte, i loro congiunti, purché la loro partecipazione alle operazioni di guerra sia comprovata da dichiarazione, rilasciata dai rispettivi competenti Dicasteri, dalla quale risulti che siano stati effettivamente impiegati in zone ove si siano svolte operazioni di guerra o siano state effettuate incursioni aeree o navali nemiche. Per ognuna delle incursioni aeree o navali non potrà essere computato, come servizio di guerra, un periodo di tempo superiore a quindici giorni; h) gli appartenenti alla disciolta milizia volontaria sicurezza nazionale che abbiano riportato ferite o lesioni, o contratto infermità invalidanti in dipendenza dell’intervento nella guerra civile di Spagna e, in caso di morte, i loro congiunti. Gli invalidi di cui alla presente lettera decadono dal diritto qualora risulti, indipendentemente dalle annotazioni inserite nei fogli matricolari, la loro volontaria partecipazione al conflitto. La disposizione non si applica ai soggetti la cui invalidità sia ascrivibile alla prima categoria; i) i cittadini italiani appartenenti a formazioni militari repubblicane in Spagna nel periodo dal 18 luglio 1936 al 31 marzo 1939, e, in caso di morte, i loro congiunti; l) i militari delle Forze armate dello Stato che abbiano riportato ferite o lesioni, o contratto infermità invalidanti durante il servizio prestato in Estremo Oriente successivamente al 6 luglio 1937 nel conflitto cino-giapponese, e, in caso di morte, i loro congiunti; m) i militari già appartenenti ai reparti indigeni dei cessati governi coloniali, e, in caso di morte, i loro congiunti, purché trasferitisi in Italia e divenuti cittadini italiani;n) i cittadini che, non verificandosi nei loro confronti le condizioni per la militarizzazione di diritto, siano stati militarizzati, con apposito provvedimento, dalla competente autorità e, in caso di morte, i loro congiunti. I soggetti di cui alla presente lettera possono conseguire pensione, assegno o indennità di guerra soltanto quando l’invalidità o la morte derivino da azioni belliche.

8.Soggetti civili.

Sono liquidate pensioni, assegni o indennità di guerra ai cittadini italiani divenuti invalidi ed a congiunti dei cittadini italiani morti per qualsiasi fatto di guerra che sia stato la causa violenta, diretta e immediata dell’invalidità o del suo aggravamento, o della morte. Sono considerati fatti di guerra, agli effetti del presente testo unico, i fatti ovunque avvenuti, ad opera di Forze armate nazionali od estere, sia alleate che nemiche, e coordinati alla preparazione ed alle operazioni di guerra o che, pur non essendo coordinati alla preparazione e alle operazioni belliche, siano stati occasionati dalle stesse. Sono considerate dipendenti da fatti di guerra anche la morte o l’invalidità determinate da ferite o lesioni riportate in occasione di azioni belliche nel tentativo di sottrarsi all’offesa nemica. È sempre presunta la dipendenza da fatto di guerra quando l’invalidità o la morte derivino da lesioni da arma da fuoco di origine bellica o da esplosione di un ordigno bellico provocata

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015250

da un minorenne, nonché da lesioni da arma da fuoco di origine bellica o da scoppi di ordigni bellici provocati da terzi, salvo il diritto di rivalsa dello Stato verso i responsabili. Sono liquidate pensioni, assegni o indennità di guerra anche nei casi di morte o di invalidità derivanti da privazioni, sevizie o maltrattamenti, subiti durante l’internamento in Paese estero o comunque ad opera di forze nemiche. Sono liquidate, altresì, pensioni, assegni o indennità di guerra ai personali addetti alle operazioni di bonifica dei campi minati o di rastrellamento di ordigni esplosivi bellici, svolte alle dipendenze o per conto dell’autorità statale, che abbiano riportato, a causa dello scoppio di tali ordigni, ferite o lesioni e, in caso di morte, ai loro congiunti, salvo che vi sia stato dolo o colpa grave.

9.Categorie speciali di civili.

Hanno diritto a pensione, assegno o indennità di guerra allo stesso titolo ed alle stesse condizioni dei soggetti previsti nel primo comma dell’art. 8: a) i cittadini italiani e fiumani divenuti mutilati od invalidi per fatti di guerra avvenuti nella città e nel territorio di Fiume e in Dalmazia dal 12 settembre 1919 al 31 marzo 1922 e, in caso di morte, i loro congiunti; b) i cittadini italiani divenuti mutilati od invalidi per fatti ovunque avvenuti, dal 1° settembre 1939 al 10 giugno 1940, ad opera di Forze armate nazionali od estere e coordinati alla preparazione ed alle operazioni di guerra o che, pur non essendo coordinati alla preparazione ed alle operazioni belliche, siano stati occasionati dalle stesse e, in caso di morte, i loro congiunti; c) i cittadini italiani divenuti invalidi a causa di privazioni, sevizie o maltrattamenti comunque subiti all’estero, dal 1° settembre 1939 al 10 giugno 1940, in occasione di guerra e, in caso di morte, i loro congiunti; d) i cittadini italiani divenuti mutilati od invalidi per ferite o lesioni riportate in azioni aventi movente politico, singole o collettive, nei territori delle ex colonie italiane, dalla data di occupazione straniera di ciascuna di esse fino alla data stabilita con decreto del Presidente della Repubblica, in esecuzione della L. 24 luglio 1951, n. 660, e i loro congiunti nel caso che da tali ferite o lesioni sia derivata la morte; e) i cittadini italiani divenuti mutilati od invalidi per ferite o lesioni riportate, nelle province di confine con la Jugoslavia o nei territori soggetti a detto Stato, ad opera di elementi slavi in occasione di azioni, singole o collettive, aventi movente politico dalla data del 10 giugno 1940 fino alla data del 31 dicembre 1954 e i loro congiunti quando da tali ferite o lesioni sia derivata la morte;f) i cittadini italiani divenuti mutilati od invalidi per ferite o lesioni riportate in occasione dei fatti di Trieste del 4, 5 e 6 novembre 1953 e i congiunti dei cittadini deceduti in occasione o in conseguenza dei fatti medesimi; g) i cittadini italiani perseguitati politici o razziali, divenuti invalidi per lesioni o infermità contratte in conseguenza delle persecuzioni o in relazione alla necessità di sfuggire alle persecuzioni stesse e i congiunti di tali cittadini deceduti in conseguenza dei medesimi fatti. A detti cittadini si applicano le norme della legge 10 marzo 1955, n. 96 e successive modificazioni ed integrazioni, in quanto non incompatibili con il presente testo unico; h) i cittadini italiani divenuti mutilati od invalidi per ferite o lesioni riportate in occasione di operazioni di bonifica di mine o di rastrellamento o brillamento di ordigni esplosivi diversi dalle mine nelle quali, dalla data di liberazione delle singole province fin alla data del 24 maggio 1946, siano stati impiegati direttamente da autorità civili o per conto di autorità alleate ovvero da privati su immobili di loro proprietà e i congiunti dei cittadini deceduti per tali ferite o lesioni;

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i) i cittadini italiani divenuti mutilati od invalidi per ferite, lesioni o infermità riportate nelle circostanze previste dalla legge 28 maggio 1973, n. 296 , e, in caso di morte, i loro congiunti.

Tabella A

Lesioni ed infermità che danno diritto a pensione vitalizia o ad assegno temporaneo Prima categoria: 1) La perdita dei quattro arti fino al limite della perdita totale delle due mani e dei due piedi insieme. 2) La perdita di tre arti fino al limite della perdita delle due mani e di un piede insieme. 3) La perdita di ambo gli arti superiori fino al limite della perdita totale delle due mani. 4) La perdita di due arti, superiore ed inferiore (disarticolazione o amputazione del braccio e della coscia). 5) La perdita totale di una mano e dei due piedi. 6) La perdita totale di una mano e di un piede. 7) La disarticolazione di un’anca; l’anchilosi completa della stessa, se unita a grave alterazione funzionale del ginocchio corrispondente. 8) La disarticolazione di un braccio o l’amputazione di esso all’altezza del collo chirurgico dell’omero. 9) L’amputazione di coscia o gamba a qualunque altezza, con moncone residuo improtesizzabile in modo assoluto e permanente. 10) La perdita di una coscia a qualunque altezza con moncone protesizzabile, ma con grave artrosi dell’anca o del ginocchio dell’arto superstite. 11) La perdita di ambo gli arti inferiori sino al limite della perdita totale dei piedi. 12) La perdita totale di tutte le dita delle mani ovvero la perdita totale dei, due politici e di altre sette o sei dita. 13) La perdita totale di un pollice e di altre otto dita delle mani, ovvero la perdita totale delle cinque dita di una mano e delle prime due dell’altra. 14) La perdita totale di sei dita delle mani compresi i pollici e gli indici o la perdita totale di otto dita delle mani compreso o non uno dei pollici. 15) Le distruzioni di ossa della faccia, specie dei mascellari e tutti gli altri esiti di lesioni grave della faccia e della bocca tali da determinare grave ostacolo alla masticazione e alla deglutizione si da costringere a speciale alimentazione. 16) L’anchilosi temporo-mandibolare completa e permanente. 17) L’immobilità completa permanente del capo in flessione o in estensione, oppure la rigidita totale e permanente del rachide con notevole incurvamento. 18) Le alterazioni polmonari ed extra polmonari di natura tubercolare e tutte le altre infermità organiche e funzionali permanenti e gravi al punto da determinare una assoluta incapacità al lavoro proficuo. 19) Fibrosi polmonare diffusa con enfisema bolloso o stato bronchiectasico e cuore polmonare grave. 20) Cardiopatie organiche in stato di permanente scompenso o con grave e permanente insufficienza coronarica ecg. accertata. 21) Gli aneurismi dei grossi vasi arteriosi del collo e del tronco, quando, per sede, volume o grado di evoluzione determinano assoluta incapacità lavorativa. 22) Tumori maligni a rapida evoluzione. 23) La fistola gastrica, intestinale, epatica, pancreatica, splenica, rettovescica ribelle ad ogni cura e l’ano preternaturale. 24) Incontinenza delle feci grave e permanente da lesione organica. 25) Il diabete mellito ed il diabete insipido entrambi di notevole gravità. 26) Esiti di nefrectomia con grave compromissione permanente del rene superstite (iperazotemia, ipertensione e complicazioni cardiache) o tali da necessitare trattamento emodialitico protratto nel tempo.

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27) Castrazione e perdita pressoché totale del pene. 28) Tutte le alterazioni delle facoltà mentali (sindrome schizofrenica, demenza paralitica, demenze traumatiche, demenza epilettica, distimie gravi, ecc.) che rendano l’individuo incapace a qualsiasi attività. 29) Le lesioni del sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale) con conseguenze gravi e permanenti di grado tale da apportare profondi e irreparabili perturbamenti alle funzioni più necessarie alla vita organica e sociale o da determinare incapacità a lavoro proficuo. 30) Sordità bilaterale organica assoluta e permanente accertata con esame audiometrico. 31) Sordità bilaterale organica assoluta e permanente quando si accompagni alla perdita o a disturbi gravi e permanenti della favella o a disturbi della sfera psichica e dell’equilibrio statico-dinamico.32) Esiti di laringectomia totale. 33) Le alterazioni organiche ed irreparabili di ambo gli occhi che abbiano prodotto cecità bilaterale assoluta e permanente. 34) Le alterazioni organiche ed irreparabili di ambo gli occhi tali da ridurre l’acutezza visiva binoculare da 1/100 a meno di 1/50. 35) Le alterazioni organiche ed irreparabili di un occhio, che ne abbiano prodotto cecità assoluta e permanente con l’acutezza visiva dell’altro ridotta tra 1/50 e 3/50 della normale (vedansi avvertenze alle tabelle A e B-c). Seconda categoria 1) Le distruzioni di ossa della faccia, specie dei mascellari e tutti gli altri esiti di lesione grave della faccia stessa e della bocca tali da menomare notevolmente la masticazione, la deglutizione o la favella oppure da apportare evidenti deformità, nonostante la protesi. 2) L’anchilosi temporo-mandibolare incompleta, ma grave e permanente con notevole riduzione della funzione masticatoria. 3) L’artrite cronica che, per la molteplicità e l’importanza delle articolazioni colpite, abbia menomato gravemente la funzione di due o più arti. 4) La perdita di un braccio o avambraccio sopra il terzo inferiore. 5) La perdita totale delle cinque dita di una mano e di due delle ultime quattro dita dell’altra. 6) La perdita di una coscia a qualunque altezza. 7) L’amputazione medio tarsica o la sotto astragalica dei due piedi. 8) Anchilosi completa dell’anca o quella in flessione del ginocchio.9) Le affezioni polmonari ed extra polmonari di natura tubercolare che per la loro gravità non siano tali da ascrivere alla prima categoria. 10) Le lesioni gravi e permanenti dell’apparato respiratorio o di altri apparati organici determinate dall’azione di gas nocivi. 11) Bronchite cronica diffusa con bronchiestasie ed enfisema di notevole grado. 12) Tutte le altre lesioni od affezioni organiche della laringe, della trachea che arrechino grave e permanente dissesto alla funzione respiratoria. 13) Cardiopatie con sintomi di scompenso di entità tali da non essere ascrivibili alla prima categoria. 14) Gli aneurismi dei grossi vasi arteriosi del tronco e del collo, quando per la loro gravità non debbano ascriversi alla prima categoria. 15) Le affezioni gastro-enteriche e delle ghiandole annesse con grave e permanente deperimento organico. 16) Stenosi esofagee di alto grado, con deperimento organico. 17) La perdita della lingua. 18) Le lesioni o affezioni gravi e permanenti dell’apparato urinario salvo, che per la loro entità, non siano ascrivibili alla categoria superiore. 19) Le affezioni gravi e permanenti degli organi emopoietici. 20) Ipoacusia bilaterale superiore al 90% con voce di conversazione gridata ad concham senza affezioni purulente dell’orecchio medio.

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21) Le alterazioni organiche ed irreparabili di ambo gli occhi tali da ridurre l’acutezza visiva binoculare tra i 1/50 e 3/50 della normale.22) Castrazione o perdita pressoché totale del pene. 23) Le paralisi permanenti sia di origine centrale che periferica interessanti i muscoli o gruppi muscolari che presiedono a funzioni essenziali della vita e che, per i caratteri e la durata, si giudichino inguaribili. Terza categoria: 1) La perdita totale di una mano o delle sue cinque dita, ovvero la perdita totale di cinque dita tra le mani compresi i due pollici. 2) La perdita totale del pollice e dell’indice delle due mani. 3) La perdita totale di ambo gli indici e di altre cinque dita fra le mani che non siano i pollici. 4) La perdita totale di un pollice insieme con quella di un indice e di altre quattro dita fra le mani con integrità dell’altro pollice. 5) La perdita di una gamba sopra il terzo inferiore. 6) L’amputazione tarso-metatarsica dei due piedi. 7) L’anchilosi totale di una spalla in posizione viziata e non parallela all’asse del corpo. 8) Labirintiti e labirintosi con stato vertiginoso grave e permanente. 9) La perdita o i disturbi gravi della favella. 10) L’epilessia con manifestazioni frequenti. 11) Le alterazioni organiche e irreparabili di un occhio, che abbiano prodotto cecità assoluta e permanente, con l’acutezza visiva dell’altro ridotta tra 4/50 e 1/10 della normale. Quarta categoria:1) L’anchilosi totale di una spalla in posizione parallela all’asse del corpo. 2) La perdita totale delle ultime quattro dita di una mano o delle prime tre dita di essa. 3) La perdita totale di tre dita tra le due mani compresi ambo i pollici. 4) La perdita totale di un pollice e dei due indici. 5) La perdita totale di uno dei pollici e di altre quattro dita fra le due mani esclusi gli indici e l’altro pollice. 6) La perdita totale di un indice e di altre sei o cinque dita fra le due mani che noti siano i pollici. 7) La perdita di una gamba al terzo inferiore. 8) La lussazione irriducibile di una delle grandi articolazioni, ovvero gli esiti permanenti delle fratture di ossa principali (pseudo artrosi, calli molto deformi, ecc.) che ledario notevolmente le funzioni di un arto. 9) Le malattie di cuore senza sintomi di scompenso evidenti, ma con stato di latente insufficienza del miocardio. 10) Calcolosi renale e bilaterale con accessi dolorosi frequenti e con persistente compromissione della funzione emuntoria. 11) L’epilessia ammenoché per la frequenza e la gravità delle sue manifestazioni non sia da ascriversi a categorie superiori. 12) Psico-nevrosi gravi (fobie persistenti). 13) Le paralisi periferiche che comportino disturbi notevoli della zona innervata. 14) Pansinusiti purulente croniche bilaterali con nevralgia del trigemino. 15) Otite media purulenta cronica bilaterale con voce di conversazione percepita ad concham. 16) Otite media purulenta cronica bilaterale con complicazioni (carie degli ossicini, esclusa quella limitata al manico del martello, coesteatomi, granulazioni). 17) Labirintiti e labirintosi con stato vertiginoso di media gravità. 18) Le alterazioni organiche e irreparabili di ambo gli occhi tali da ridurre l’acutezza visiva binoculare tra 4/50 e 1/10 della normale.19) Le alterazioni organiche e irreparabili di un occhio che rie abbiano prodotto cecità assoluta e permanente, con l’acutezza visiva dell’altro ridotta tra 2/10 e 3/10 della normale. 20) Le alterazioni irreparabili della visione periferica sotto forma di emianopsia bilaterale.

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21) Le alterazioni organiche ed irreparabili di un occhio che ne abbiano prodotto cecità assoluta e permanente, con alterazioni pure irreversibili della visione periferica dell’altro, sotto forma di restringimento concentrico del campo visivo di tale grado da lasciarne libera soltanto la zona centrale o le zone più prossime al centro, oppure sotto forma di lacune di tale ampiezza da occupare una metà del campo visivo stesso o settori equivalenti. Quinta categoria:1) L’anchilosi totale di un gomito in estensione completa o quasi. 2) La perdita totale del pollice e dell’indice di una mano. 3) La perdita totale di ambo i pollici. 4) La perdita totale di uno dei pollici e di altre tre dita tra le mani che non siano gli indici e l’altro pollice. 5) La perdita totale di uno degli indici e di altre quattro dita fra le mani che non siano il pollice e l’altro indice. 6) La perdita di due falangi di otto e sette dita fra le mani che non siano quelle dei pollici. 7) La perdita della falange ungueale di otto dita compresa quella dei pollici. 8) La perdita di un piede ovvero l’amputazione unilaterale medio-tarsica o la sotto astragalica. 9) La perdita totale delle dita dei piedi o di nove od otto dita compresi gli alluci. 10) La tubercolosi polmonare allo stato di esiti estesi, ma clinicamente stabilizzati, sempre previo accertamento stratigrafico, quando essi per la loro entità non determinino grave dissesto alla funzione respiratoria. 11) Gli esiti di affezione tubercolare extra polmonare, quando per la loro entità e localizzazione non comportino assegnazioni a categoria superiore o inferiore. 12) Le malattie organiche di cuore senza segno di scompenso. 13) L’arteriosclerosi diffusa e manifesta. 14) Gli aneurismi arteriosi o arterovenosi degli arti che ne ostacolano notevolmente la funzione. 15) Le nefriti o le nefrosi croniche. 16) Diabete mellito o insipido di media gravità. 17) L’ernia viscerale molto voluminosa o che, a prescindere dal suo volume, sia accompagnata da gravi e permanenti complicazioni. 18) Otite media purulenta cronica bilaterale senza complicazioni con voce di conversazione percepita a 50 cm accertata con esame audiometrico. Otite media e cronica unilaterale con complicazioni (carie degli ossicini, esclusa quella limitata al manico del martello, colesteatoma, granulazioni). 19) La diminuzione bilaterale permanente dell’udito non accompagnata da affezioni purulente dell’orecchio medio, quando l’audizione della voce di conversazione sia ridotta ad concham. 20) Le alterazioni organiche ed irreparabili di ambo gli occhi tali da ridurre l’acutezza visiva binoculare, tra 2/10 e 3/10 della normale.21) Le alterazioni organiche ed irreparabili di un occhio, che ne abbiano prodotto cecità assoluta e permanente, con l’acutezza visiva dell’altro ridotta tra 4/10 e 7/10 della normale. 22) La perdita anatomica di un bulbo oculare, non protesizzabile, essendo l’altro integro. 23) Le alterazioni organiche ed irreparabili della visione periferica di entrambi gli occhi, sotto forma di restringimento concentrico del campo visivo di tale grado da lasciarne libera soltanto la zona centrale, o le zone più prossime al centro, oppure sotto forma di lacune di tale ampiezza da occupare una metà del campo visivo stesso o settori equivalenti. Sesta categoria:1) Le cicatrici estese e profonde del cranio con perdita di sostanza delle ossa in tutto il loro spessore, senza disturbi funzionali del cervello. 2) L’anchilosi totale di un gomito in flessione completa o quasi.

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3) La perdita totale di un pollice insieme con quella del corrispondente metacarpo ovvero insieme con la perdita totale di una delle ultime tre dita della stessa mano. 4) La perdita totale di uno degli indici e di altre tre dita fra le mani, che non siano i pollici e l’altro indice. 5) La perdita totale di cinque dita fra le mani che siano le ultime tre dell’una e due delle ultime tre dell’altra. 6) La perdita totale di uno dei pollici insieme con quella di altre due dita fra le mani esclusi gli indici e l’altro pollice. 7) La perdita totale delle tre ultime dita di una mano. 8) La perdita delle due ultime falangi delle ultime quattro dita di una mano, ovvero la perdita delle due ultime falangi di sei o cinque dita fra le mani, che non siano quelle dei pollici. 9) La perdita della falange ungueale di sette o sei dita fra le mani, compresa quella dei due pollici, oppure la perdita della falange ungueale di otto dita fra le mani compresa quella di uno dei due pollici. 10) L’amputazione tarso-metatarsica di un solo piede. 11) La perdita totale di sette o sei dita dei piedi compresi i due alluci. 12) La perdita totale di nove od otto dita dei piedi compreso un alluce. 13) La perdita totale dei due alluci e dei corrispondenti metatarsi.14) Ulcera gastrica o duodenale, radiologicamente accertata, o gli esiti di gastroenterostomia con neostoma ben funzionale. 15) Morbo di Basedow che per la sua entità non sia da scrivere a categoria superiore. 16) Nefrectomia con integrità del rene superstite. 17) Psico-nevrosi di media entità. 18) Le nevriti ed i loro esiti permanenti. 19) Sinusiti purulente croniche o vegetanti con nevralgia. 20) La diminuzione bilaterale permanente dell’udito, non accompagnata da affezioni purulente dell’orecchio medio, quando l’audizione della voce di conversazione sia ridotta alla distanza di 50 cm. 21) Le alterazioni organiche ed irreparabili di un occhio che ne abbiano prodotto una riduzione dell’acutezza visiva al di sotto di 1/50, con l’acutezza visiva dell’altro normale, o ridotta fino a 7/10 della normale. Settima categoria:1) Le cicatrici della faccia che costituiscono notevole deformità. Le cicatrici di qualsiasi altra parte del corpo estese e dolorose o aderenti o retratte che siano facili ad ulcerarsi o comportino apprezzabili disturbi funzionali, ammenoché per la loro gravità non siano da equipararsi ad infermità di cui alle categorie precedenti. 2) L’anchilosi completa dell’articolazione radiocarpica. 3) La perdita totale di quattro dita fra le mani, che non siano i pollici né gli indici.4) La perdita totale dei due indici. 5) La perdita totale di un pollice. 6) La perdita totale di uno degli indici e di due altre dita fra le mani che non siano i pollici o l’altro indice. 7) La perdita delle due falangi dell’indice e di quelle di altre tre dita fra le mani che non siano quelle dei pollici. 8) La perdita della falange ungueale di tutte le dita di una mano, oppure la perdita della falange ungueale di sette o sei dita tra le mani compresa quella di un pollice. 9) La perdita della falange ungueale di cinque, quattro o tre dita delle mani compresa quella dei due pollici. 10) La perdita della falange ungueale di otto o sette dita fra le mani che non sia quella dei pollici. 11) La perdita totale da cinque a tre dita dei piedi, compresi gli alluci. 12) La perdita totale di sette o sei dita tra i piedi, compreso un alluce, oppure di tutte o delle prime quattro dita di un piede. 13) La perdita totale di otto o sette dita tra i piedi, che non siano gli alluci.

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14) La perdita delle due falangi o di quella ungueale dei due alluci insieme con la perdita della falange ungueale di altre dita comprese fra otto e cinque. 15) L’anchilosi completa dei piedi (tibio-tarsica) senza deviazione e senza notevole disturbo della deambulazione. 16) L’anchilosi in estensione del ginocchio. 17) Bronchite cronica diffusa con modico enfisema. 18) Esiti di pleurite basale bilaterale, oppure esiti estesi di pleurite monolaterale di sospetta natura tbc. 19) Nevrosi cardiaca grave e persistente. 20) Le varici molto voluminose con molteplici grossi nodi ed i loro esiti, nonché i reliquati delle flebiti dimostratisi ribelli alle cure.21) Le emorroidi voluminose e ulcerate con prolasso rettale; le fistole anali secernenti. 22) Laparocele voluminoso. 23) Gastroduodenite cronica. 24) Esiti di resezione gastrica. 25) Colecistite cronica con disfunzione epatica persistente. 26) Calcolosi renale senza compromissione della funzione emuntoria. 27) Isteronevrosi di media gravità. 28) Perdita totale di due padiglioni auricolari. 29) La diminuzione bilaterale permanente dell’udito non accompagnata da affezioni purulente dell’orecchio medio, quando l’audizione della voce di conversazione sia ridotta ad un metro, accertata con esame audiometrico. 30) Esito di intervento radicale (antroatticotomia) con voce di conversazione percepita a non meno di un metro. 31) Le alterazioni organiche ed irreparabili di un occhio, essendo l’altro integro, che ne riducano l’acutezza visiva fra 1/50 e 3/50 della normale. 32) Le alterazioni organiche ed irreparabili della visione periferica di un occhio (avendo l’altro occhio visione centrale o periferica normale), sotto forma di restringimento concentrico del campo visivo di tale grado da lasciarne libera soltanto la zona centrale, o le zone più prossime al centro, oppure sotto forma di lacune di tale ampiezza da occupare una metà del capo visivo stesso, o settori equivalenti. Ottava categoria:1) Gli esiti delle lesioni boccali che producano disturbi della masticazione, della deglutizione o della parola, congiuntamente o separatamente che per la loro entità non siano da ascrivere a categorie superiori. 2) La perdita della maggior parte dei denti oppure la perdita di tutti i denti della arcata inferiore. La paradentosi diffusa, ribelle alle cure associata a parziale perdita dentaria. 3) La perdita della falange ungueale dei due pollici. 4) La perdita totale di tre dita fra le mani che non siano i pollici né gli indici. 5) La perdita totale di uno degli indici e di un dito della stessa mano escluso il pollice. 6) La perdita di due falangi dell’indice insieme a quella delle ultime falangi di altre due dita della stessa mano escluso il pollice. 7) La perdita della falange ungueale delle prime tre dita di una mano. 8) La perdita totale di cinque o quattro dita fra i piedi compreso un alluce o delle ultime quattro dita di un solo piede. 9) La perdita totale di sei o cinque dita fra i piedi che non siano gli alluci. 10) La perdita di un alluce o della falange ungueale di esso, insieme con la perdita della falange di altre dita dei piedi comprese fra otto o sei.11) La perdita di un alluce e del corrispondente metatarso. 12) L’anchilosi tibio-tarsica di un solo piede senza deviazione di esso e senza notevole disturbo della deambulazione. 13) L’accorciamento non minore di tre centimetri di un arto inferiore, a meno che non apporti disturbi tali nella statica o nella deambulazione da essere compreso nelle categorie precedenti.

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14) Bronchite cronica. 15) Gli esiti di pleurite basale o apicale monolaterali di sospetta natura tubercolare. 16) Gli esiti di empiema non tubercolare. 17) Disturbi funzionali cardiaci persistenti (nevrosi, tachicardia, extra sistolia). 18) Gastrite cronica.19) Colite catarrale cronica o colite spastica postamebica. 20) Varici degli arti inferiori nodose e diffuse. 21) Emorroidi voluminose procidenti. 22) Colecistite cronica o esiti di colecistectomia con persistente disepatismo. 23) Cistite cronica.24) Sindromi nevrosiche lievi, ma persistenti. 25) Ritenzione parenchimale o endocavitaria di proiettile o di schegge senza fatti reattivi apprezzabili. 26) Ernie viscerali non contenibili. 27) Emicastrazione. 28) Perdita totale di un padiglione auricolare. 29) Sordità unilaterale assoluta e permanente o ipoacusia unilaterale con perdita uditiva superiore al 90% (voce gridata ad concham) accertata con esame audiometrico. 30) La diminuzione bilaterale permanente dell’udito, non accompagnata da affezione purulenta dell’orecchio medio, quando l’audizione della voce di conversazione sia ridotta a due metri, accertata con esame audiometrico. 31) Otite media purulenta cronica semplice. 32) Stenosi bilaterale del naso di notevole grado. 33) Le alterazioni organiche ed irreparibli di un occhio, essendo l’altro integro, che ne riducano l’acutezza visiva tra 4/50 e 3/10 della normale. 34) Dacriocistite purulenta cronica. 35) Congiuntiviti manifestamente croniche. 36) Le cicatrici delle palpebre congiuntivali, provocanti disturbi oculari di rilievo (ectropion, entropion, simblefaron, lagoftalmo).».

Il decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834, recante

“Definitivo riordinamento delle pensioni di guerra, in attuazione della delega prevista

dall’art. 1 della legge 23 settembre 1981, n. 533” è pubblicato nel S.O. alla G.U. 18

gennaio 1982, n. 16.

La legge 26 gennaio 1980, n. 9, recante “Adeguamento delle pensioni dei mutilati ed

invalidi per servizio alla nuova normativa prevista per le pensioni di guerra dalla L.

29 novembre 1977, numero 875, e dal D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915” è pubblicata

nella G.U. 31 gennaio 1980, n. 30.

Si riporta il testo dell’art. 1 della legge 18 novembre 1980, n. 791, recante

“Istituzione di un assegno vitalizio a favore degli ex deportati nei campi di sterminio

nazista K.Z.” (pubblicata nella G.U. 1 dicembre 1980, n. 329):

«1.

Ai cittadini italiani che, per ragioni di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 6 ottobre 1963, n. 2043 , siano stati deportati nei campi di sterminio nazisti K.Z., è assicurato il diritto al collocamento al lavoro ed al godimento dell’assistenza medica, farmaceutica, climatica ed ospedaliera al pari dei mutilati ed invalidi di guerra e, se hanno compiuto gli anni 50, se donne, o gli anni 55, se uomini, verrà concesso un assegno vitalizio pari al minimo della pensione contributiva della previdenza sociale. La concessione del vitalizio, di cui al precedente comma, è estesa anche ai cittadini italiani ristretti, per le medesime ragioni di cui al primo comma, nella Risiera di S. Sabba di Trieste.».

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Nota all’art. 255:

Si riporta il testo degli artt. 1, 2, 3, 4 e 41 della Costituzione della Repubblica italiana,

(si vedano le note all’art. 3, comma 1):

«1.

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

2.

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

3.

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

4.

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

41. L’iniziativa economica privata è libera.

Non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.».

Per il testo dell’art. 32 della Costituzione della Repubblica italiana, si vedano le note

all’art. 3, comma 1.

Note all’art. 261, comma 2, lett. b) ed e):

Per il testo dell’art. 7 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, si vedano le note

all’art. 177.

Si riporta il testo dell’art. 6 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, recante

“Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di

mercato del lavoro, a norma dell’articolo 1 della L. 15 marzo 1997, n. 59”

(pubblicato nella G.U. 8 gennaio 1998, n. 5), come modificato dalla legge 12 marzo

1999, n. 68 (in S.O. alla G.U. 23 marzo 1999, n. 68):

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«6. Soppressione di organi collegiali.

1. La provincia, entro i sei mesi successivi dalla data di entrata in vigore della legge regionale di cui all’articolo 4, comma 1, istituisce un’unica commissione a livello provinciale per le politiche del lavoro, quale organo tripartito permanente di concertazione e di consultazione delle parti sociali in relazione alle attività e alle funzioni attribuite alla provincia ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera a), nonché in relazione alle attività e funzioni già di competenza degli organi collegiali di cui al comma 2 del presente articolo secondo i seguenti princìpi e criteri:a) la composizione della commissione deve essere tale da permettere la pariteticità delle posizioni delle parti sociali; b) presidenza della commissione al presidente dell’amministrazione provinciale; c) inserimento del consigliere di parità; d) possibilità di costituzione di sottocomitati, nel rispetto dei criteri di cui alla lettera a), anche a carattere tematico.2. Con effetto dalla costituzione della commissione provinciale di cui al comma 1, i seguenti organi collegiali sono soppressi e le relative funzioni e competenze sono trasferite alla provincia: a) commissione provinciale per l’impiego; b) commissione circoscrizionale per l’impiego; c) commissione regionale per il lavoro a domicilio; d) commissione provinciale per il lavoro a domicilio; e) commissione comunale per il lavoro a domicilio; f) commissione provinciale per il lavoro domestico; g) commissione provinciale per la manodopera agricola; h) commissione circoscrizionale per la manodopera agricola; i) commissione provinciale per il collocamento obbligatorio. 3. La provincia, nell’attribuire le funzioni e le competenze già svolte dalla commissione di cui al comma 2, lettera i), garantisce all’interno del competente organismo, la presenza di rappresentanti designati dalle categorie interessate, di rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, designati rispettivamente dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative e di un ispettore medico del lavoro. Nell’ambito di tale organismo è previsto un comitato tecnico composto da funzionari ed esperti del settore sociale e medico-legale e degli organismi individuati dalle regioni ai sensi dell’articolo 4 del presente decreto, con particolare riferimento alla materia delle inabilità, con compiti relativi alla valutazione delle residue capacità lavorative, alla definizione degli strumenti e delle prestazioni atti all’inserimento e alla predisposizione dei controlli periodici sulla permanenza delle condizioni di inabilità. Agli oneri per il funzionamento del comitato tecnico si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa per il funzionamento della commissione di cui al comma 1.».

Nota all’art. 263, comma 1:

La legge 8 novembre 2000, n. 328, recante “Legge quadro per la realizzazione del

sistema integrato di interventi e servizi sociali” è pubblicata nel S.O. alla G.U. 13

novembre 2000, n. 265.

Nota all’art. 265, comma 2:

La legge regionale 9 luglio 2007, n. 23, recante “Riforma del sistema amministrativo

regionale e locale - Unione europea e relazioni internazionali - Innovazione e

semplificazione” è pubblicata nel S.O. n. 1 al B.U.R. 18 luglio 2007, n. 32.

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Nota all’art. 266, commi 1 e 7:

Il testo dell’art. 17 della legge regionale 9 luglio 2007, n. 23 (si veda la nota all’art.

265, comma 2), come abrogato dalla legge regionale 17 maggio 2013, n. 11 (in S.O.

n. 1 al B.U.R. 22 maggio 2013, n. 24), è il seguente:

«Art. 17 Ambiti territoriali ottimali per la programmazione

e gestione integrata di funzioni e servizi di livello sovracomunale.

[1. Le funzioni di più enti, consorzi, associazioni, conferenze e/o organismi comunque denominati composti dai Comuni e/o partecipati dagli enti locali, ovvero ai quali partecipano di diritto i Sindaci, istituiti in ambito provinciale o sub-provinciale sulla base di leggi regionali in particolare in materia di sanità, politiche sociali, gestione dei rifiuti, ciclo idrico integrato, turismo, sono unificate in capo ad un unico organismo, nel rispetto di quanto previsto dalla presente legge, denominato Ambito Territoriale Integrato, di seguito A.T.I. 2. Al fine di procedere alla semplificazione istituzionale di cui al comma 1, il Consiglio regionale, sentiti gli enti locali interessati ed acquisito il parere obbligatorio del Consiglio delle autonomie locali, procede entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge alla rideterminazione degli ambiti ottimali previsti da leggi regionali per la gestione di funzioni e servizi di livello sovracomunale ed in ogni caso di quelli riferiti alle seguenti materie: a) sanità; b) integrazione socio-sanitaria; c) rifiuti; d) ciclo idrico integrato; e) turismo, assumendo come riferimento gli ambiti territoriali delle aziende sanitarie locali di cui alla legge regionale 20 gennaio 1998, n. 3, così come modificata dalla legge regionale 28 dicembre 2004, n. 35. 3. Agli A.T.I. di cui al comma 1 vengono conferite le funzioni già esercitate dagli enti, consorzi, associazioni, conferenze e/o organismi comunque denominati, unificati secondo i principi, i termini e le modalità di cui ai commi 1 e 2. Gli stessi sono soppressi dalla data di effettivo conferimento delle funzioni agli A.T.I.. 4. Le strutture e/o risorse umane, finanziarie e strumentali dei soggetti soppressi, di cui al comma 3, sono assunte in capo agli A.T.I.. 5. Gli A.T.I. assolvono a tutte le funzioni previste dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale” e successive modificazioni ed integrazioni, in materia di risorse idriche e rifiuti, in particolare a quelle di autorità di ambito].

Nota all’art. 269, comma 1:

Si riporta il testo dell’art. 5 del decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207, recante

“Riordino del sistema delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, a norma

dell’articolo 10 della L. 8 novembre 2000, n. 328” (pubblicato nella G.U. 1 giugno

2001, n. 126):

«5.Aziende pubbliche di servizi alla persona.

1. Le istituzioni che svolgono direttamente attività di erogazione di servizi assistenziali sono tenute a trasformarsi in aziende

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pubbliche di servizi alla persona e ad adeguare i propri statuti alle previsioni del presente capo entro due anni dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo. Sono escluse da tale obbligo le istituzioni nei confronti delle quali siano accertate le caratteristiche di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 febbraio 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio 1990, recante: «Direttiva alle regioni in materia di riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza a carattere regionale e infraregionale», o per le quali ricorrano le altre ipotesi previste dal presente decreto legislativo. 2. La trasformazione in azienda pubblica di servizi alla persona è esclusa: a) nel caso in cui le dimensioni dell’istituzione non giustifichino il mantenimento della personalità giuridica di diritto pubblico; b) nel caso in cui l’entità del patrimonio e il volume del bilancio siano insufficienti per la realizzazione delle finalità e dei servizi previsti dallo statuto; c) nel caso di verificata inattività nel campo sociale da almeno due anni; d) nel caso risultino esaurite o non siano più conseguibili le finalità previste nelle tavole di fondazione o negli statuti. 3. Le ipotesi di cui al comma 2 sono definite dalle regioni sulla base di criteri generali previamente determinati con atto di intesa da adottarsi in sede di Conferenza unificata, acquisito il parere delle associazioni o rappresentanze delle aziende pubbliche di servizi alla persona e delle IPAB, tenendo comunque conto del territorio servito dall’istituzione, della tipologia dei servizi e della complessità delle attività svolte, del numero e della tipologia degli utenti e di ogni altro elemento necessario per la classificazione delle istituzioni. 4. Nei casi di cui al comma 2, lettere b) e c), l’istituzione può comunicare alla Regione, nel termine di due anni dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo, un piano di risanamento, anche mediante fusione con altre istituzioni, tale da consentire la ripresa dell’attività nel campo sociale e il mantenimento della personalità giuridica di diritto pubblico. In tal caso la Regione, ove nell’ulteriore termine di centottanta giorni il piano non abbia avuto attuazione, promuove lo scioglimento dell’istituzione prevedendo la destinazione del patrimonio nel rispetto delle tavole di fondazione o, in mancanza di disposizioni specifiche, prioritariamente in favore di altre istituzioni del territorio o dei comuni territorialmente competenti, possibilmente aventi finalità identiche o analoghe. 5. Nel caso di cui al comma 2, lettera d), la istituzione, ove disponga di risorse adeguate alla gestione di attività e servizi in misura tale da giustificare il mantenimento della personalità giuridica di diritto pubblico, nel termine di due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo può deliberare la modifica delle finalità statutarie in altre finalità il più possibile simili a quelle previste nelle tavole di fondazione, eventualmente prevedendo anche la fusione con altre istituzioni del territorio e presentando alla Regione il relativo piano. Ove nell’ulteriore termine di centottanta giorni il piano non abbia avuto attuazione la regione promuove lo scioglimento dell’istituzione provvedendo a destinarne il patrimonio con le modalità di cui al comma 4.6. Con l’atto d’intesa di cui al comma 3 le Regioni provvedono altresì a dettare criteri omogenei per la determinazione dei compensi degli amministratori e dei direttori, in proporzione alle dimensioni e alle tipologie di attività delle aziende. Detti criteri sono aggiornati ogni tre anni. 7. I procedimenti per la trasformazione delle istituzioni sono disciplinati dalle Regioni con modalità e termini che ne consentano la conclusione entro il termine di trenta mesi dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo. 8. Alle istituzioni riordinate in aziende di servizi si applicano le disposizioni fiscali di cui all’articolo 88, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e delle disposizioni, anche amministrative, di attuazione.».

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Nota all’art. 273, comma 4:

Si riporta il testo dell’art. 1 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (si veda la nota

all’art. 263, comma 1):

«1.Princìpi generali e finalità.

1. La Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza, previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione. 2. Ai sensi della presente legge, per «interventi e servizi sociali» si intendono tutte le attività previste dall’articolo 128 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. 3. La programmazione e l’organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle regioni ed allo Stato ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e della presente legge, secondo i princìpi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali. 4. Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell’àmbito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. 5. Alla gestione ed all’offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha tra gli scopi anche la promozione della solidarietà sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità e della solidarietà organizzata. 6. La presente legge promuove la partecipazione attiva dei cittadini, il contributo delle organizzazioni sindacali, delle associazioni sociali e di tutela degli utenti per il raggiungimento dei fini istituzionali di cui al comma 1.7. Le disposizioni della presente legge costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, nell’àmbito delle competenze loro attribuite, ad adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni contenute nella presente legge, secondo quanto previsto dai rispettivi statuti.».

Nota all’art. 274:

Per il testo dell’art. 1, commi 4 e 5 della legge 8 novembre 2000, n. 328, si veda la

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nota all’art. 273, comma 4.

Nota all’art. 275, comma 1:

Per il testo dell’art. 1, commi 4 della legge 8 novembre 2000, n. 328, si veda la nota

all’art. 273, comma 4.

Nota all’art. 278, comma 3:

Si riporta il testo dell’art. 2, comma 203 della legge 23 dicembre 1996, n. 662,

recante “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica” (pubblicata nel S.O. alla

G.U. 28 dicembre 1996, n. 303), come modificato ed integrato dai decreti legge 30

gennaio 1998, n. 6 (in G.U. 30 gennaio 1998, n. 24), convertito in legge, con

modificazioni, dalla legge 30 marzo 1998, n. 61 (in G.U. 31 marzo 1998, n. 75) e 22

giugno 2012, n. 83 (in S.O. alla G.U. 26 giugno 2012, n. 147), convertito in legge,

con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (in S.O. alla G.U. 11 agosto

2012, n. 187):

«2.

Omissis. 203. Gli interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati ed implicano decisioni istituzionali e risorse finanziarie a carico delle amministrazioni statali, regionali e delle province autonome nonché degli enti locali possono essere regolati sulla base di accordi così definiti: a) «Programmazione negoziata», come tale intendendosi la regolamentazione concordata tra soggetti pubblici o tra il soggetto pubblico competente e la parte o le parti pubbliche o private per l’attuazione di interventi diversi, riferiti ad un’unica finalità di sviluppo, che richiedono una valutazione complessiva delle attività di competenza; b) «Intesa istituzionale di programma», come tale intendendosi l’accordo tra amministrazione centrale, regionale o delle province autonome con cui tali soggetti si impegnano a collaborare sulla base di una ricognizione programmatica delle risorse finanziarie disponibili, dei soggetti interessati e delle procedure amministrative occorrenti, per la realizzazione di un piano pluriennale di interventi d’interesse comune o funzionalmente collegati. La gestione finanziaria degli interventi per i quali sia necessario il concorso di più amministrazioni dello Stato, nonché di queste ed altre amministrazioni, enti ed organismi pubblici, anche operanti in regime privatistico, può attuarsi secondo le procedure e le modalità previste dall’articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 367; c) «Accordo di programma quadro», come tale intendendosi l’accordo con enti locali ed altri soggetti pubblici e privati promosso dagli organismi di cui alla lettera b), in attuazione di una intesa istituzionale di programma per la definizione di un programma esecutivo di interventi di interesse comune o funzionalmente collegati. L’accordo di programma quadro indica in particolare: 1) le attività e gli interventi da realizzare, con i relativi tempi e modalità di attuazione e con i termini ridotti per gli adempimenti procedimentali; 2) i soggetti responsabili dell’attuazione delle singole attività ed interventi; 3) gli eventuali accordi di programma ai sensi dell’articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142; 4) le eventuali conferenze di servizi o convenzioni necessarie per l’attuazione dell’accordo; 5) gli impegni di ciascun soggetto, nonché del soggetto cui competono poteri sostitutivi in caso di inerzie, ritardi o

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inadempienze; 6) i procedimenti di conciliazione o definizione di conflitti tra i soggetti partecipanti all’accordo; 7) le risorse finanziarie occorrenti per le diverse tipologie di intervento, a valere sugli stanziamenti pubblici o anche reperite tramite finanziamenti privati; 8) le procedure ed i soggetti responsabili per il monitoraggio e la verifica dei risultati. L’accordo di programma quadro è vincolante per tutti i soggetti che vi partecipano. I controlli sugli atti e sulle attività posti in essere in attuazione dell’accordo di programma quadro sono in ogni caso successivi. Limitatamente alle aree di cui alla lettera f), gli atti di esecuzione dell’accordo di programma quadro possono derogare alle norme ordinarie di amministrazione e contabilità, salve restando le esigenze di concorrenzialità e trasparenza e nel rispetto della normativa comunitaria in materia di appalti, di ambiente e di valutazione di impatto ambientale. Limitatamente alle predette aree di cui alla lettera f), determinazioni congiunte adottate dai soggetti pubblici interessati territorialmente e per competenza istituzionale in materia urbanistica possono comportare gli effetti di variazione degli strumenti urbanistici già previsti dall’articolo 27, commi 4 e 5, della legge 8 giugno 1990, n. 142;d) «Patto territoriale», come tale intendendosi l’accordo, promosso da enti locali, parti sociali, o da altri soggetti pubblici o privati con i contenuti di cui alla lettera c), relativo all’attuazione di un programma di interventi caratterizzato da specifici obiettivi di promozione dello sviluppo locale; e) [«Contratto di programma», come tale intendendosi il contratto stipulato tra l’amministrazione statale competente, grandi imprese, consorzi di medie e piccole imprese e rappresentanze di distretti industriali per la realizzazione di interventi oggetto di programmazione negoziata]; f) [«Contratto di area», come tale intendendosi lo strumento operativo, concordato tra amministrazioni, anche locali, rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché eventuali altri soggetti interessati, per la realizzazione delle azioni finalizzate ad accelerare lo sviluppo e la creazione di una nuova occupazione in territori circoscritti, nell’ambito delle aree di crisi indicate dal Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero del bilancio e della programmazione economica e sentito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si pronunciano entro quindici giorni dalla richiesta, e delle aree di sviluppo industriale e dei nuclei di industrializzazione situati nei territori di cui all’obiettivo 1 del Regolamento CEE n. 2052/88, nonché delle aree industrializzate realizzate a norma dell’art. 32 della L. 14 maggio 1981, n. 219, che presentino requisiti di più rapida attivazione di investimenti di disponibilità di aree attrezzate e di risorse private o derivanti da interventi normativi. Anche nell’ambito dei contratti d’area dovranno essere garantiti ai lavoratori i trattamenti retributivi previsti dall’articolo 6, comma 9, lettera c), del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 dicembre 1989, n. 389]. Omissis.».

Note all’art. 279, commi 1, 3 e 4:

Per il testo dell’art. 1, commi 4 e 5 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (si veda la

nota all’art. 273, comma 4).

Si riporta il testo dell’art. 3, comma 5 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,

recante “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” (pubblicato nel

S.O. alla G.U. 28 settembre 2000, n. 227:

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«Articolo 3 Autonomia dei comuni e delle province

Omissis. 5. I comuni e le province sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della regione, secondo il principio di sussidiarietà. I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali.».

La legge 7 agosto 1990, n. 241, recante “Nuove norme in materia di procedimento

amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” (pubblicata nella

G.U. 18 agosto 1990, n. 192), è stata modificata ed integrata con: legge 24 dicembre

1993, n. 537 (in S.O. alla G.U. 28 dicembre 1993, n. 303), decreto legge 12 maggio

1995, n. 163 (in G.U. 12 maggio 1995, n. 109), convertito in legge, con

modificazioni, dalla legge 11 luglio 1995, n. 273 (in G.U. 11 luglio 1995, n. 160),

legge 15 maggio 1997, n. 127 (in S.O. alla G.U. 17 maggio 1997, n. 113), legge 16

giugno 1998, n. 191 (in S.O. alla G.U. 20 giugno 1998, n. 142), legge 3 agosto

1999, n. 265 (in S.O. alla G.U. 6 agosto 1999, n. 183), legge 24 novembre 2000, n.

340 (in G.U. 24 novembre 2000, n. 275), legge 13 febbraio 2001, n. 45 (in S.O. alla

G.U. 10 marzo 2001, n. 58), decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (in S.O. alla

G.U. 29 luglio 2003, n. 174), legge 11 febbraio 2005, n. 15 (in G.U. 21 febbraio

2005, n. 42), decreto legge 14 marzo 2005, n. 35 (in G.U. 16 marzo 2005, n. 62),

convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80 (in S.O.

alla G.U. 14 maggio 2005, n. 111), decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7 (in G.U. 1

febbraio 2007, n. 26), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 aprile

2007, n. 40 (in S.O. alla G.U. 2 aprile 2007, n. 77), decreto Presidente della

Repubblica 2 agosto 2007, n. 157 (in G.U. 21 settembre 2007, n. 220), decreto legge

25 giugno 2008, n. 112 (in S.O. alla G.U. 25 giugno 2008, n. 147), convertito in

legge, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (in S.O. alla G.U. 21

agosto 2008, n. 195), legge 18 giugno 2009, n. 69 (in S.O. alla G.U. 19 giugno

2009, n. 140), decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (in S.O. alla G.U. 23 aprile

2010, n. 94), decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (in S.O. alla G.U. 31 maggio

2010, n. 125), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.

122 (in S.O. alla G.U. 30 luglio 2010, n. 176), decreto legislativo 2 luglio 2010, n.

104 (in S.O. alla G.U. 7 luglio 2010, n. 156), decreto legge 5 agosto 2010, n. 125 (in

G.U. 6 agosto 2010, n. 182), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 1

ottobre 2010, n. 163 (in G.U. 5 ottobre 2010, n. 233), decreto legge 13 maggio 2011,

n. 70 (in G.U. 13 maggio 2011, n. 110), convertito in legge, con modificazioni, dalla

legge 12 luglio 2011, n. 106 (in G.U. 12 luglio 2011, n. 160), decreto legge 13

agosto 2011, n. 138 (in G.U. 13 agosto 2011, n. 188), convertito in legge, con

modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. 16 settembre 2011, n.

216), legge 11 novembre 2011, n. 180 (in G.U. 14 novembre 2011, n. 265), decreto

legislativo 15 novembre 2011, n. 195 (in G.U. 23 novembre 2011, n. 273), decreto

legge 9 febbraio 2012, n. 5 (in S.O. alla G.U. 9 febbraio 2012, n. 339), convertito in

legge, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35 (in S.O. alla G.U. 6 aprile

2012, n. 82), decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 (in S.O. alla G.U. 26 giugno 2012,

n. 147), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (in

S.O. alla G.U. 11 agosto 2012, n. 187), decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179 (in

S.O. alla G.U. 19 ottobre 2012, n. 245), convertito in legge, con modificazioni, dalla

legge 17 dicembre 2012, n. 221 (in S.O. alla G.U. 18 dicembre 2012, n. 294), legge

6 novembre 2012, n. 190 (in G.U. 13 novembre 2012, n. 265), decreto legislativo 14

marzo 2013, n. 33 (in G.U. 5 aprile 2013, n. 80), decreto legge 21 giugno 2013, n.

69 (in S.O. alla G.U. 21 giugno 2013, n. 144), convertito in legge, con

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015266

modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 ( in S.O. alla G.U. 20 agosto 2013, n.

194), decreto legge 12 settembre 2013, n. 104 (in G.U. 12 settembre 2013, n. 214),

convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128 (in G.U.

11 novembre 2013, n. 264), decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145 (in G.U. 23

dicembre 2013, n. 300), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 21

febbraio 2014, n. 9 (in G.U. 21 febbraio 2014, n. 43), decreto legge 24 giugno 2014,

n. 91 (in G.U. 24 giugno 2014, n. 144), convertito in legge, con modificazioni, dalla

legge 11 agosto 2014, n. 116 (in S.O. alla G.U. 20 agosto 2014, n. 192) e decreto

legge 12 settembre 2014, n. 133, (in G.U. 12 settembre 2014, n. 212), convertito in

legge, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164 (in S.O. alla G.U.

11 novembre 2014, n. 262).

Si riporta il testo dell’art. 11:

«Art. 11 Accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento

1. In accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell’articolo 10, l’amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo. 1-bis. Al fine di favorire la conclusione degli accordi di cui al comma 1, il responsabile del procedimento può predisporre un calendario di incontri cui invita, separatamente o contestualmente, il destinatario del provvedimento ed eventuali controinteressati. 2. Gli accordi di cui al presente articolo debbono essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto, salvo che la legge disponga altrimenti. Ad essi si applicano, ove non diversamente previsto, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili. Gli accordi di cui al presente articolo devono essere motivati ai sensi dell’articolo 3. 3. Gli accordi sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai medesimi controlli previsti per questi ultimi. 4. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l’amministrazione recede unilateralmente dall’accordo, salvo l’obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato. 4-bis. A garanzia dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa, in tutti i casi in cui una pubblica amministrazione conclude accordi nelle ipotesi previste al comma 1, la stipulazione dell’accordo è preceduta da una determinazione dell’organo che sarebbe competente per l’adozione del provvedimento. [5. Le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi di cui al presente articolo sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.].».

Nota all’art. 280, comma 4:

Si riporta il testo dell’art. 19, commi 2 e 3 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (si

veda la nota all’art. 263, comma 1):

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«19. Piano di zona.

Omissis. 2. Il piano di zona, di norma adottato attraverso accordo di programma, ai sensi dell’articolo 27 della legge 8 giugno l990, n. 142, e successive modificazioni, è volto a: a) favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi; b) qualificare la spesa, attivando risorse, anche finanziarie, derivate dalle forme di concertazione di cui al comma 1, lettera g);c) definire criteri di ripartizione della spesa a carico di ciascun comune, delle aziende unità sanitarie locali e degli altri soggetti firmatari dell’accordo, prevedendo anche risorse vincolate per il raggiungimento di particolari obiettivi; d) prevedere iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi. 3. All’accordo di programma di cui al comma 2, per assicurare l’adeguato coordinamento delle risorse umane e finanziarie, partecipano i soggetti pubblici di cui al comma 1 nonché i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4, e all’articolo 10, che attraverso l’accreditamento o specifiche forme di concertazione concorrono, anche con proprie risorse, alla realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali previsto nel piano.».

Nota all’art. 281, comma 1:

Si riporta il testo dell’art. 3-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

(si vedano le note all’art. 3, comma 1):

«3-septies. Integrazione sociosanitaria.

1. Si definiscono prestazioni sociosanitarie tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione. 2. Le prestazioni sociosanitarie comprendono: a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite; b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività del sistema sociale che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute. 3. L’atto di indirizzo e coordinamento di cui all’articolo 2, comma 1, lettera n), della legge 30 novembre 1998, n. 419, da emanarsi, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro della sanità e del Ministro per la solidarietà sociale, individua, sulla base dei princìpi e criteri direttivi di cui al presente articolo, le prestazioni da ricondurre alle tipologie di cui al comma 2, lettere a) e b), precisando i criteri di finanziamento delle stesse per quanto compete alle unità sanitarie locali e ai comuni. Con il medesimo atto sono individuate le prestazioni sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria di cui al comma 4 e alle quali si applica il comma 5, e definiti i livelli uniformi di assistenza per le prestazioni sociali a rilievo sanitario.

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4. Le prestazioni sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria sono caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria e attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative. 5. Le prestazioni sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria sono assicurate dalle aziende sanitarie e comprese nei livelli essenziali di assistenza sanitaria, secondo le modalità individuate dalla vigente normativa e dai piani nazionali e regionali, nonché dai progetti-obiettivo nazionali e regionali. 6. Le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria sono di competenza dei Comuni che provvedono al loro finanziamento negli ambiti previsti dalla legge regionale ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. La regione determina, sulla base dei criteri posti dall’atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, il finanziamento per le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, sulla base di quote capitarie correlate ai livelli essenziali di assistenza. 7. Con decreto interministeriale, di concerto tra il Ministro della sanità, il Ministro per la solidarietà sociale e il Ministro per la funzione pubblica, è individuata all’interno della Carta dei servizi una sezione dedicata agli interventi e ai servizi sociosanitari. 8. Fermo restando quanto previsto dal comma 5 e dall’articolo 3-quinquies, comma 1, lettera c), le regioni disciplinano i criteri e le modalità mediante i quali comuni e aziende sanitarie garantiscono l’integrazione, su base distrettuale, delle prestazioni sociosanitarie di rispettiva competenza, individuando gli strumenti e gli atti per garantire la gestione integrata dei processi assistenziali sociosanitari.».

Note all’art. 286, commi 4 e 5:

La decisione della Commissione 20 dicembre 2011, n. 2012/21/UE, recante

“Decisione della Commissione riguardante l’applicazione delle disposizioni

dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli

aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico,

concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse

economico generale [notificata con il numero C(2011) 9380] (Testo rilevante ai fini

del SEE)” è pubblicata nella G.U.U.E. 11 gennaio 2012, n. L 7.

Si riporta il testo dell’art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (si vedano le note

all’art. 279, commi 1, 3 e 4)

«Art. 1 Principi generali dell’attività amministrativa

1. L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario. 1-bis. La pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente. 1-ter. I soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei criteri e dei principi di cui al comma 1, con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche amministrazioni in forza delle disposizioni di cui alla presente legge.

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2. La pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria.».

Note all’art. 295, comma 1, lett. e) ed f):

Il regio decreto-legge 8 maggio 1927, n. 798, recante “Norme sull’assistenza degli

illegittimi, abbandonati o esposti all’abbandono” (pubblicato nella G.U. 1 giugno

1927, n. 126), è stato convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 dicembre

1928, n. 2838 (in G.U. 28 dicembre 1928, n. 301).

Il regio decreto 24 dicembre 1934, n. 2316, recante “Testo unico delle leggi sulla

protezione ed assistenza della maternità ed infanzia” è pubblicato nella G.U. 25

febbraio 1935, n. 47.

Per il testo dell’art. 3, comma 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si vedano le note

all’art. 111, commi 2, lett. a) e b) e 3.

Si riporta il testo dell’art. 10 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (si vedano le note

all’art. 109, comma 1):

«Art. 10 (Interventi a favore di persone con handicap

in situazione di gravità)

1. I comuni, anche consorziati tra loro o con le province, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali, nell’ambito delle competenze in materia di servizi sociali loro attribuite dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, possono realizzare con le proprie ordinarie risorse di bilancio, assicurando comunque il diritto alla integrazione sociale e scolastica secondo le modalità stabilite dalla presente legge e nel rispetto delle priorità degli interventi di cui alla legge 4 maggio 1983 n. 184, comunità alloggio e centri socio-riabilitativi per persone con handicap in situazione di gravità. 1-bis. Gli enti di cui al comma 1 possono organizzare servizi e prestazioni per la tutela e l’integrazione sociale dei soggetti di cui al presente articolo per i quali venga meno il sostegno del nucleo familiare. 2. Le strutture di cui alla lettera l) e le attività di cui alla lettera m) del comma 1 dell’articolo 8 sono realizzate d’intesa con il gruppo di lavoro per l’integrazione scolastica di cui all’articolo 15 e con gli organi collegiali della scuola. 3. Gli enti di cui al comma 1 possono contribuire, mediante appositi finanziamenti, previo parere della regione sulla congruità dell’iniziativa rispetto ai programmi regionali, alla realizzazione e al sostegno di comunità-alloggio e centri socio-riabilitativi per persone handicappate in situazione di gravità, promossi da enti, associazioni, fondazioni, Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (IPAB), società cooperative e organizzazioni di volontariato iscritte negli albi regionali. 4. Gli interventi di cui ai commi 1 e 3 del presente articolo possono essere realizzati anche mediante le convenzioni di cui all’articolo 38. 5. Per la collocazione topografica, l’organizzazione e il funzionamento, le comunità-alloggio e i centri socio-riabilitativi devono essere idonei a perseguire una costante socializzazione dei soggetti ospiti, anche mediante iniziative dirette a coinvolgere i servizi pubblici e il volontariato. 6. L’approvazione dei progetti edilizi presentati da soggetti pubblici o privati concernenti immobili da destinare alle comunità alloggio ed ai centri socio-riabilitativi di cui ai commi 1 e 3, con

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vincolo di destinazione almeno ventennale all’uso effettivo dell’immobile per gli scopi di cui alla presente legge, ove localizzati in aree vincolate o a diversa specifica destinazione, fatte salve le norme previste dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497, e successive modificazioni, e dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, costituisce variante del piano regolatore. Il venir meno dell’uso effettivo per gli scopi di cui alla presente legge prima del ventesimo anno comporta il ripristino della originaria destinazione urbanistica dell’area.».

Note all’art. 296, comma 4:

Si riporta il testo dell’art. 118 della Costituzione della Repubblica italiana (si vedano

le note all’art. 3, comma 1):

«118.

Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell’articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.».

La legge regionale 4 dicembre 2006, n. 16, recante “Disciplina dei rapporti tra

l’autonoma iniziativa dei cittadini e delle formazioni sociali e l’azione di Comuni,

Province, Regione, altri Enti Locali e Autonomie funzionali in ordine allo

svolgimento di attività di interesse generale secondo i principi di sussidiarietà e

semplificazione”, è pubblicata nel B.U.R. 13 dicembre 2006, n. 57.

Il testo degli artt. 16 e 17 della legge regionale 16 aprile 2005, n. 21 (si vedano le

note all’art. 1), è il seguente:

«Art. 16 Sussidiarietà.

1. La sussidiarietà è principio dell’azione politica e amministrativa della Regione. 2. La Regione, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, conferisce funzioni amministrative, nelle materie di propria competenza, ai Comuni singoli o associati, ed alle Province, in modo da realizzare livelli ottimali di esercizio ed assicurare la leale collaborazione tra le diverse istituzioni. 3. La Regione favorisce l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati e delle formazioni sociali per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. A tal fine incentiva la diffusione dell’associazionismo ed in particolare la formazione e l’attività delle associazioni di volontariato.

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Art. 17Autonomie funzionali.

1. La Regione valorizza il ruolo delle autonomie funzionali anche per lo svolgimento di attività di interesse generale.».

Nota all’art. 298, comma 1, lett. a):

La legge regionale 22 dicembre 2005, n. 30, recante “Sistema integrato dei servizi

socio-educativi per la prima infanzia”, è pubblicata nel S.O. n. 1 al B.U.R. 4 gennaio

2006, n. 1.

Nota all’art. 302:

La legge regionale 28 novembre 2003, n. 23, recante “Norme di riordino in materia di

edilizia residenziale sociale” (pubblicata nel S.O. n. 1 al B.U.R. 10 dicembre 2003, n.

52), è stata modificata ed integrata con leggi regionali: 3 novembre 2004, n. 21 (in

B.U.R. 8 novembre 2004, n. 47), 10 luglio 2008, n. 12 (in S.O. n. 1 al B.U.R. 16

luglio 2008, n. 33), 11 novembre 2009, n. 22 (in S.S. al B.U.R. 12 novembre 2009, n.

51), 5 ottobre 2012, n. 15 (in S.O. n. 1 al B.U.R. 10 ottobre 2012, n. 44), 21 giugno

2013, n. 12 (in S.O. n. 1 al B.U.R. 26 giugno 2013, n. 29), 4 aprile 2014, n. 5 (in S.S.

n. 2 al B.U.R. 5 aprile 2014, n. 17) e 29 dicembre 2014, n. 29 (in B.U.R. 30 dicembre

2014, n. 61).

Il testo degli artt. 2 e 3 è il seguente:

«Art. 2Programmazione regionale.

1. Gli indirizzi ed i criteri programmatici di carattere strategico finalizzati alla realizzazione delle politiche abitative previste nell’articolo 1 sono contenuti nel piano triennale per l’edilizia residenziale, che si attua attraverso programmi operativi annuali. 2. Con il piano triennale viene quantificata la dotazione del fondo di cui all’articolo 4 nel periodo di riferimento è con successive leggi annuali di bilancio vengono rese disponibili le risorse per dare attuazione alle varie categorie di intervento previste nel piano. 3. Il piano triennale, secondo gli indirizzi definiti dal DAP, in armonia con la programmazione regionale di settore e con il Piano urbanistico strategico territoriale, tiene conto delle finalità di cui all’articolo 1 e dei fabbisogni primari, espressi anche da particolari categorie sociali. In particolare:a) stabilisce gli obiettivi generali nel triennio e indica le azioni in cui si articola la politica abitativa regionale, in relazione alle disponibilità delle risorse finanziarie; b) ripartisce i finanziamenti per le categorie di intervento ritenute prioritarie, ivi compresi i progetti di autocostruzione di cui all’articolo 1-ter, comma 2, lettera c), ed eventualmente per ambiti territoriali, in relazione anche alla disponibilità di aree edificabili, di edifici da recuperare e di programmi organici di intervento dei Comuni;c) tiene conto prioritariamente della necessità di recuperare, a fini abitativi, il patrimonio edilizio esistente nei centri urbani per limitare ulteriori fenomeni di espansione delle città, promuovendo politiche integrate di riqualificazione urbana e del sistema delle infrastrutture, di miglioramento dei servizi e della accessibilità dei centri storici; d) indica i finanziamenti da destinare a specifiche categorie di utenti, tra i quali portatori di handicap, anziani, giovani, studenti universitari, cittadini extracomunitari;

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e) fissa l’entità dei contributi che possono essere assegnati per ciascuna categoria d’intervento entro i limiti massimi stabiliti dagli articoli 7, 8, 8-bis, 9, 10, 11, 12 e 14; f) indica i requisiti generali di ammissibilità al finanziamento delle proposte, con riferimento alla qualità dei progetti ed alla capacità degli operatori pubblici e privati di realizzare e gestire, ove richiesto, gli immobili; g) riserva una quota di risorse per gli interventi a carattere sperimentale di cui all’articolo 17; h) individua il sistema di premialità a favore dei comuni che maggiormente si impegnano, con proprie risorse o con agevolazioni fiscali o urbanistiche, a raggiungere gli obiettivi di cui alla presente legge. 4. La Giunta regionale, con proprio atto, disciplina le procedure per la valutazione dell’efficacia e dell’efficienza degli interventi, identificando i parametri di riferimento. A tal fine sono considerati prioritari, insieme ad altri da individuare, i seguenti indicatori:a) la durata delle diverse fasi in cui si articola il processo di attuazione del piano, con l’obiettivo di perseguire l’ottimizzazione dei tempi e la semplificazione delle procedure; b) il rapporto tra le risorse impegnate e l’incremento della disponibilità di alloggi sociali realizzati; c) il grado di soddisfacimento dell’utenza degli interventi delle politiche abitative. 5. Il piano triennale è approvato dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, previa concertazione e partenariato istituzionale e sociale ai sensi dell’articolo 5 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13. 6. Il piano triennale può essere aggiornato con la procedura adottata per la sua approvazione.

Art. 3 Programmi operativi annuali.

1. Gli obiettivi generali del piano triennale sono attuati mediante programmi operativi annuali, di seguito denominati POA, approvati dalla Giunta regionale. 2. Il POA, inteso come programma processo alla cui formazione concorre una pluralità di soggetti, consta di un documento preliminare contenente le linee-guida, di una fase partecipativa sul documento preliminare, della raccolta di proposte mediante la convocazione del Comitato permanente per l’edilizia residenziale, di cui all’articolo 5, e di un documento definitivo, che, sulla base di criteri predeterminati dal Piano triennale e delle proposte degli Enti locali, seleziona definitivamente gli interventi da finanziare.3. Con il documento preliminare la Giunta regionale, in relazione ai contenuti del piano triennale ed alle risorse definite annualmente con legge di bilancio, fissa i tempi e le procedure per la raccolta delle proposte dei Comuni, la localizzazione degli interventi degli operatori pubblici e privati e le modalità per la loro ammissione nel POA definitivo. 4. L’insieme delle proposte formulate dai Comuni relative anche agli interventi di operatori privati è valutato ai fini del loro inserimento nel POA definitivo. 5. Il POA indica, per ciascuna categoria di intervento, l’operatore pubblico o privato scelto per la realizzazione, l’area o l’immobile su cui intervenire ed inoltre: a) l’attestazione comunale della conformità dell’intervento alla normativa urbanistica per assicurarne la rapida cantierabilità; b) la fonte di finanziamento; c) il contributo regionale assegnato; d) le procedure e le modalità di controllo dell’attuazione del piano e di rendicontazione delle spese sostenute, nel caso di interventi pubblici; e) le prescrizioni tecniche ed i tempi per le realizzazioni degli interventi;f) [i requisiti che devono essere posseduti dai beneficiari dei contributi e degli alloggi].

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6. Il POA elenca gli interventi ammissibili al finanziamento che non trovano capienza nella disponibilità del programma. Tali interventi possono essere finanziati nel caso in cui, nel corso dell’attuazione, si verifichino rinunce o revoche. 7. In sede di approvazione del POA la Giunta regionale individua il responsabile tecnico della sua attuazione. 8. Il responsabile dell’attuazione assicura il costante monitoraggio dell’avanzamento degli interventi e relaziona ogni sei mesi alla Giunta regionale. Lo stesso propone alla Giunta regionale la revoca dei finanziamenti per quegli interventi che non rispettano le scadenze prefissate dal POA. 9. In deroga a quanto previsto dall’articolo 2 e dal presente articolo, la Giunta regionale può: a) dare attuazione ad interventi straordinari promossi a livello nazionale o comunitario che richiedono una programmazione delle risorse incompatibile, nei tempi, con le procedure ordinarie previste dalla presente legge; b) disporre, in carenza di risorse pubbliche, sentita la Commissione consiliare competente per materia, la realizzazione di interventi ritenuti urgenti e prioritari per il soddisfacimento di particolari esigenze abitative, nell’ambito dei principi e delle finalità di cui alla presente legge. 10. La Giunta regionale riferisce annualmente al Consiglio regionale sullo stato di avanzamento del POA.».

Nota all’art. 305, comma 2, lett. c):

Si riporta il testo dell’art. 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (si vedano le note

all’art. 109, comma 1):

«Art. 4 (Accertamento dell’handicap)

1. Gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell’intervento assistenziale permanente e alla capacità complessiva individuale residua, di cui all’articolo 3, sono effettuati dalle unità sanitarie locali mediante le commissioni mediche di cui all’articolo 1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295, che sono integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le unità sanitarie locali.».

Note all’art. 317:

Per la legge 8 novembre 2000, n. 328, si veda la nota all’art. 263, comma 1.

Per la legge regionale 16 aprile 2005, n. 21, si vedano le note all’art. 1.

Nota all’art. 319, comma 3:

Per la legge 8 novembre 2000, n. 328, si veda la nota all’art. 263, comma 1.

Nota all’art. 321, comma 1, lett. c):

La legge regionale 28 dicembre 2009, n. 26, recante “Disciplina per la realizzazione

del Sistema Integrato di Interventi e Servizi Sociali”, è pubblicata nel S.O. n. 1 al

B.U.R. 30 dicembre 2009, n. 58.

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Nota all’art. 327, comma 9:

La legge regionale 22 novembre 2004, n. 24, recante “Assegno di cura per

l’assistenza a domicilio di anziani gravemente non autosufficienti”, è pubblicata nel

B.U.R. 1 dicembre 2004, n. 51.

Nota all’art. 331, comma 1:

Per il decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 si vedano le

note all’art. 245, commi 1, 3 e 4.

Note all’art. 332:

Il decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1979, recante “Perdita della

personalità giuridica di diritto pubblico dell’Associazione nazionale fra mutilati ed

invalidi del lavoro”, è pubblicato nel B.U.R. 9 maggio 1979, n. 125.

Per il decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, si vedano le

note all’art. 250, comma 1, lett. a), b). c), e), f), g), h) e i).

Nota all’art. 336, comma 3:

La legge regionale 21 gennaio 2010, n. 3, recante “Disciplina regionale dei lavori

pubblici e norme in materia di regolarità contributiva per i lavori pubblici”, è

pubblicata nel S.O. n. 1 al B.U.R. 27 gennaio 2010, n. 5.

Nota all’art. 341, comma 1:

Il testo dell’art. 4 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13 (si vedano le note

all’art. 11, commi 1, 3, 5, lett. b)), è il seguente:

«Art. 4Soggetti della programmazione regionale.

1. Gli Enti locali, le associazioni rappresentative delle varie forme e settori di impresa, le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti e autonomi, gli organismi rappresentativi degli interessi sociali, professionali, ambientali, culturali, del terzo settore e delle pari opportunità concorrono alla formazione degli strumenti di programmazione nelle forme e nei modi stabiliti dalle disposizioni regionali, nazionali e dell’Unione Europea. 2. Sono interlocutori ordinari della Regione nella definizione degli strumenti della programmazione, le istituzioni, gli organi e le strutture dell’Unione Europea, il Governo nazionale, le amministrazioni centrali dello Stato e i loro organi decentrati, le autonomie funzionali, le grandi agenzie di ricerca, le altre Regioni, il complesso degli enti pubblici.».

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Nota all’art. 342, comma 2:

Si riporta il testo dell’allegato II B del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (si

vedano le note all’art. 64, commi 2, 3 e 4):

«Allegato II B

Elenco dei servizi di cui agli articoli 20 e 21

Categorie Denominazione Numero di riferimento CPC

Numero di riferimento CPV

17

Servizi alberghieri e di ristorazione

64

da 55000000-0 a 55524000-9, e da 93400000-2 a 93411000-2

18 Servizi di trasporto per ferrovia

711 60111000-9, e da 60121000-2 a 60121600-8

19 Servizi di trasporto per via d’acqua

72 da 61000000-5 a 61530000-9, e da 63370000-3 a 63372000-7

20

Servizi di supporto e sussidiari per il settore dei trasporti

74

62400000-6, 62440000-8, 62441000-5, 62450000-1, da 63000000-9 a 63600000-5 (eccetto 63370000-3, 63371000-0, 63372000-7), e 74322000-2, 93610000-7

21 Servizi legali 861 da 74110000-3 a 74114000-1

22

Servizi di collocamento e reperimento di personale [1]

872

da 74500000-4 a 74540000-6 (eccetto 74511000-4), e da 50000000-2 a 95140000-5

23

Servizi di investigazione e di sicurezza, eccettuati i servizi con furgoni blindati

873 (tranne 87304)

da 74600000-5 a 74620000-1

24 Servizi relativi all’istruzione, anche professionale

92 da 80100000-5 a 80430000-7

25 Servizi sanitari e sociali 93 74511000-4, e da 85000000-9 a 85323000-9 (eccetto 85321000-5 e 85322000-2)

26 Servizi ricreativi, culturali e sportivi

96 da 74875000-3 a 74875200-5, e

da 92000000-1 a 92622000-7 (eccetto 92230000-2)

27 Altri servizi

[1] Esclusi i contratti di lavoro.

.».

Note all’art. 343, commi 1, 2, 3 e 4:

Si riporta il testo degli artt. 2 e 69 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (si

vedano le note all’art. 64, commi 2, 3 e 4):

«Art. 2. Principi (art. 2, direttiva 2004/18; art. 10, direttiva 2004/17; art. 1, legge n. 241/1990; art. 1, co. 1, legge n. 109/1994; Corte di

giustizia, 7 dicembre 2000, C - 324/1998; Corte di giustizia CE, 3 dicembre 2001, C. 59/2000)

1. L’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, ai sensi del presente codice, deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza; l’affidamento deve altresì rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché quello di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice. 1-bis. Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, al fine di favorire l’accesso delle piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti devono, ove possibile ed economicamente conveniente, suddividere gli appalti in lotti funzionali. Nella determina a contrarre le stazioni appaltanti indicano la motivazione circa la mancata suddivisione dell’appalto in lotti. I criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le piccole e medie imprese.

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1-ter. La realizzazione delle grandi infrastrutture, ivi comprese quelle disciplinate dalla parte II, titolo III, capo IV, nonché delle connesse opere integrative o compensative, deve garantire modalità di coinvolgimento delle piccole e medie imprese. 2. Il principio di economicità può essere subordinato, entro i limiti in cui sia espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti dal bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute e dell’ambiente e alla promozione dello sviluppo sostenibile. 3. Per quanto non espressamente previsto nel presente codice, le procedure di affidamento e le altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si espletano nel rispetto delle disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. 4. Per quanto non espressamente previsto nel presente codice, l’attività contrattuale dei soggetti di cui all’articolo 1 si svolge nel rispetto, altresì, delle disposizioni stabilite dal codice civile.

Art. 69. Condizioni particolari di esecuzione del contratto prescritte

nel bando o nell’invito (art. 26, direttiva 2004/18; art. 38, direttiva 2004/17)

1. Le stazioni appaltanti possono esigere condizioni particolari per l’esecuzione del contratto, purché siano compatibili con il diritto comunitario e, tra l’altro, con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, e purché siano precisate nel bando di gara, o nell’invito in caso di procedure senza bando, o nel capitolato d’oneri. 2. Dette condizioni possono attenere, in particolare, a esigenze sociali o ambientali. 3. La stazione appaltante che prevede tali condizioni particolari può comunicarle all’Autorità, che si pronuncia entro trenta giorni sulla compatibilità con il diritto comunitario. Decorso tale termine, il bando può essere pubblicato e gli inviti possono essere spediti. 4. In sede di offerta gli operatori economici dichiarano di accettare le condizioni particolari, per l’ipotesi in cui risulteranno aggiudicatari.».

La legge 8 novembre 1991, n. 381, recante “Disciplina delle cooperative sociali”

(pubblicata nella G.U. 3 dicembre 1991, n. 283), è stata modificata ed integrata dalle

leggi 26 febbraio 1996, n. 52 (in S.O. alla G.U. 10 febbraio 1996, n. 34), 22 giugno

2000, n. 193 (in G.U. 13 luglio 2000, n. 162) e 23 dicembre 2014, n. 190 (in S.O. alla

G.U. 29 dicembre 2014, n. 300).

Si riporta il testo degli artt. 1, comma 1, lett. b) e 5:

«1.Definizione.

1. Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso: Omissis. b) lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Omissis.

5.Convenzioni.

1. Gli enti pubblici, compresi quelli economici, e le società di capitali a partecipazione pubblica, anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione, possono stipulare convenzioni con le cooperative che svolgono le attività di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), ovvero con

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analoghi organismi aventi sede negli altri Stati membri della Comunità europea, per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi il cui importo stimato al netto dell’IVA sia inferiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, purché tali convenzioni siano finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate di cui all’articolo 4, comma 1. Le convenzioni di cui al presente comma sono stipulate previo svolgimento di procedure di selezione idonee ad assicurare il rispetto dei princìpi di trasparenza, di non discriminazione e di efficienza. 2. Per la stipula delle convenzioni di cui al comma 1 le cooperative sociali debbono risultare iscritte all’albo regionale di cui all’articolo 9, comma 1. Gli analoghi organismi aventi sede negli altri Stati membri della Comunità europea debbono essere in possesso di requisiti equivalenti a quelli richiesti per l’iscrizione a tale albo e risultare iscritti nelle liste regionali di cui al comma 3, ovvero dare dimostrazione con idonea documentazione del possesso dei requisiti stessi. 3. Le regioni rendono noti annualmente, attraverso la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, i requisiti e le condizioni richiesti per la stipula delle convenzioni ai sensi del comma 1, nonché le liste regionali degli organismi che ne abbiano dimostrato il possesso alle competenti autorità regionali. 4. Per le forniture di beni o servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi, il cui importo stimato al netto dell’IVA sia pari o superiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, gli enti pubblici compresi quelli economici, nonché le società di capitali a partecipazione pubblica, nei bandi di gara di appalto e nei capitolati d’onere possono inserire, fra le condizioni di esecuzione, l’obbligo di eseguire il contratto con l’impiego delle persone svantaggiate di cui all’articolo 4, comma 1, e con l’adozione di specifici programmi di recupero e inserimento lavorativo. La verifica della capacità di adempiere agli obblighi suddetti, da condursi in base alla presente legge, non può intervenire nel corso delle procedure di gara e comunque prima dell’aggiudicazione dell’appalto.».

Il testo dell’art. 10 della legge regionale 21 gennaio 2010, n. 3 (si veda la nota all’art.

336, comma 3), è il seguente:

«Art. 10 Osservatorio regionale dei contratti pubblici relativi a lavori,

servizi e forniture.

1. È istituito, nell’ambito della Direzione regionale competente in materia di lavori pubblici, l’Osservatorio regionale dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di seguito denominato Osservatorio regionale. 2. Al fine di garantire massima trasparenza nelle procedure di affidamento dei lavori, fermi gli obblighi in materia di comunicazioni all’Osservatorio regionale previsti dalla normativa statale e nel rispetto di quanto disposto dal Protocollo generale d’intesa sottoscritto tra l’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, nonché dal Protocollo stipulato tra la medesima Autorità di vigilanza e la Regione Umbria, i soggetti aggiudicatori di cui all’articolo 2, comma 2, lettera b) ed il responsabile unico del procedimento per gli aspetti di relativa competenza, rilevano i dati e le informazioni riguardanti l’intero ciclo degli appalti e degli affidamenti e li comunicano all’Osservatorio regionale per lo svolgimento dei compiti di cui all’articolo 11. 3. Con regolamento attuativo la Giunta regionale definisce i dati, le informazioni, i tempi e le modalità procedurali di trasmissione da parte dei soggetti aggiudicatori e del responsabile unico del

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procedimento di cui al comma 2, nel rispetto dei principi di economicità e proporzionalità. 4. La Giunta regionale con propria deliberazione definisce l’organizzazione dell’Osservatorio regionale e la sua articolazione in sezioni.».

Note all’art. 347, comma 4:

Per il testo dell’art. 3, comma 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si vedano le note

all’art. 111, commi 2, lett. a) e b) e 3.

Per il testo dell’art. 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si vedano le note all’art.

all’art. 305, comma 2, lett. c).

Note all’art. 350, comma 1:

Si riporta il testo dell’art. 21, comma 2 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (si veda

la nota all’art. 263, comma 1):

«21. Sistema informativo dei servizi sociali.

Omissis. 2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge è nominata, con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, una commissione tecnica, composta da sei esperti di comprovata esperienza nel settore sociale ed in campo informativo, di cui due designati dal Ministro stesso, due dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, due dalla Conferenza Stato-città e autonomie locali. La commissione ha il compito di formulare proposte in ordine ai contenuti, al modello ed agli strumenti attraverso i quali dare attuazione ai diversi livelli operativi del sistema informativo dei servizi sociali. La commissione è presieduta da uno degli esperti designati dal Ministro per la solidarietà sociale. I componenti della commissione durano in carica due anni. Gli oneri derivanti dall’applicazione del presente comma, nel limite massimo di lire 250 milioni annue, sono a carico del Fondo nazionale per le politiche sociali. Omissis.».

Nota all’art. 352, comma 1:

La legge 3 marzo 2009, n. 18, recante “Ratifica ed esecuzione della Convenzione

delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale,

fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla

condizione delle persone con disabilità” è pubblicata nella G.U. 14 marzo 2009, n.

61.

Nota all’art. 356:

Per la legge 8 novembre 2000, n. 328, si veda la nota all’art. 263, comma 1.

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Nota all’art. 357, comma 1, lett. b):

Si riporta il testo dell’art. 8, comma 3, lett. c), d), e), f) e m) della legge 8 novembre

2000, n. 328 (si veda la nota all’art. 263, comma 1):

«8.Funzioni delle regioni.

Omissis. 3. Alle regioni, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, spetta in particolare l’esercizio delle seguenti funzioni: Omissis. c) promozione e coordinamento delle azioni di assistenza tecnica per la istituzione e la gestione degli interventi sociali da parte degli enti locali; d) promozione della sperimentazione di modelli innovativi di servizi in grado di coordinare le risorse umane e finanziarie presenti a livello locale e di collegarsi altresì alle esperienze effettuate a livello europeo; e) promozione di metodi e strumenti per il controllo di gestione atti a valutare l’efficacia e l’efficienza dei servizi ed i risultati delle azioni previste; f) definizione, sulla base dei requisiti minimi fissati dallo Stato, dei criteri per l’autorizzazione, l’accreditamento e la vigilanza delle strutture e dei servizi a gestione pubblica o dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 4 e 5; Omissis. m) predisposizione e finanziamento dei piani per la formazione e l’aggiornamento del personale addetto alle attività sociali; Omissis.».

Note all’art. 359, comma 4:

Il testo dell’art. 29 della legge regionale 12 novembre 2012, n. 18 (si veda la nota

all’art. 18, comma 1), è il seguente:

«Articolo 29 Comitato dei sindaci di distretto.

1. A livello distrettuale è istituito il Comitato dei sindaci di distretto composto da tutti i sindaci dei comuni facenti parte del distretto.2. Il Comitato dei sindaci di distretto concorre al processo di programmazione e verifica del raggiungimento dei risultati di salute definiti dal PAT di cui all’articolo 38, anche mediante il coinvolgimento delle organizzazioni dei cittadini e dei soggetti impegnati in ambito socio-sanitario.».

La deliberazione della Giunta regionale 6 marzo 2002, n. 248, recante “Approvazione

dell’atto di indirizzo ai Comuni per la programmazione sociale di territorio

condivisa” è pubblicata nel S.O. n. 2 al B.U.R. 3 aprile 2002, n. 15.

Note all’art. 360, comma 6:

La legge 27 maggio 1991, n. 176, recante “Ratifica ed esecuzione della convenzione

sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989” è pubblicata nel S.O.

alla G.U. 11 giugno 1991, n. 135.

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La legge 20 marzo 2003, n. 77, recante “Ratifica ed esecuzione della Convenzione

europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996” è

pubblicata nel S.O. alla G.U. 18 aprile 2003, n. 91.

Nota all’art. 362, comma 1:

Il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, recante “Disposizioni in materia di

inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e

presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50,

della legge 6 novembre 2012, n. 190” è pubblicato nella G.U. 19 aprile 2013, n. 92.

Note all’art. 363, comma 1, lett. b), f), h) e k):

Si riporta il testo dell’art. 1, comma 6 della legge 23 dicembre 1997, n. 451, recante

“Istituzione della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza e

dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia” (pubblicata nella G.U. 30 dicembre 1997,

n. 302):

«1. Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza.

Omissis. 6. È istituita la giornata italiana per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, da celebrare il 20 novembre di ogni anno, nella ricorrenza della firma della citata Convenzione di New York. Il Governo, d’intesa con la Commissione, determina le modalità di svolgimento della giornata, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.».

Il decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 103, recante

“Regolamento recante riordino dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e

l’adolescenza e del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l’infanzia, a

norma dell’articolo 29 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni,

dalla L. 4 agosto 2006, n. 248” è pubblicato nella G.U. 23 luglio 2007, n. 169.

Si riporta il testo dell’art. 1, comma 4:

«1. Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza.

Omissis. 4. Le regioni, in accordo con le amministrazioni provinciali e le province autonome di Trento e di Bolzano, adottano idonee misure di coordinamento degli interventi locali di raccolta e di elaborazione di tutti i dati relativi alla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in ambito regionale. In particolare, entro il 30 aprile di ciascun anno, sono acquisiti i dati relativi a: a) la condizione sociale, culturale, economica, sanitaria e psicologica dell’infanzia e dell’adolescenza; b) le risorse finanziarie e la loro destinazione per aree di intervento nel settore; c) la mappa dei servizi territoriali e le risorse attivate dai privati. Omissis.».

Si riporta il testo dell’art. 9 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (si vedano le note

all’art. 279, commi 1, 3 e 4):

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«Art. 9 Intervento nel procedimento

1. Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento.».

La legge 3 agosto 1998, n. 269, recante “Norme contro lo sfruttamento della

prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove

forme di riduzione in schiavitù” è pubblicata nella G.U. 10 agosto 1998, n. 185.

Nota all’art. 370, comma 1:

La legge 11 agosto 1991, n. 266, recante “Legge-quadro sul volontariato” (pubblicata

nella G.U. 22 agosto 1991, n. 196), è stata modificata ed integrata con il decreto

legge 29 aprile 1994, n. 260 (in G.U. Uff. 30 aprile 1994, n. 99), convertito in legge,

con modificazioni, dalla legge 27 giugno 1994, n. 413 (in G.U. 29 giugno 1994, n.

150) e il decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (in S.O. alla G.U. 7 luglio 2010, n.

156).

Nota all’art. 371, comma 1, lett. b):

Si riporta il testo dell’art. 2 della legge 11 agosto 1991, n. 266 (si veda la nota all’art.

370, comma 1):

«2. Attività di volontariato.

1. Ai fini della presente legge per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.2. L’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse. 3. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l’organizzazione di cui fa parte.».

Note all’art. 373, comma 1, lett. b), punto 3):

Il decreto del Ministero delle Finanze 25 maggio 1995, recante “Criteri per

l’individuazione delle attività commerciali e produttive marginali svolte dalle

organizzazioni di volontariato” è pubblicato nella G.U. 10 giugno 1995, n. 134.

Note all’art. 374, comma 4:

Si riporta il testo dell’art. 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266 (si veda la nota

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all’art. 370, comma 1):

«15. Fondi speciali presso le regioni.

1. Gli enti di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356 , devono prevedere nei propri statuti che una quota non inferiore ad un quindicesimo dei propri proventi, al netto delle spese di funzionamento e dell’accantonamento di cui alla lettera d) del comma 1 dello stesso articolo 12, venga destinata alla costituzione di fondi speciali presso le regioni al fine di istituire, per il tramite degli enti locali, centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato, e da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l’attività. 2. Le casse di risparmio, fino a quando non abbiano proceduto alle operazioni di ristrutturazione di cui all’articolo 1 del citato decreto legislativo n. 356 del 1990, devono destinare alle medesime finalità di cui al comma 1 del presente articolo una quota pari ad un decimo delle somme destinate ad opere di beneficenza e di pubblica utilità ai sensi dell’articolo 35, terzo comma, del regio decreto 25 aprile 1929, n. 967 , e successive modificazioni. 3. Le modalità di attuazione delle norme di cui ai commi 1 e 2, saranno stabilite con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro per gli affari sociali, entro tre mesi dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.».

Si riporta il testo dell’art. 2, comma 2 del decreto del Ministero del tesoro 8 ottobre

1997, recante “Modalità per la costituzione dei fondi speciali per il volontariato

presso le regioni” (pubblicato nella G.U. 15 ottobre 1997, n. 241):

«2. Fondo speciale presso ogni regione.

Omissis. 2. Ogni fondo speciale è amministrato da un comitato di gestione composto: a) da un membro in rappresentanza della regione competente, designato secondo le previsioni delle disposizioni regionali in materia;b) da quattro rappresentanti delle organizzazioni di volontariato - iscritte nei registri regionali - maggiormente presenti nel territorio regionale, nominati secondo le previsioni delle disposizioni regionali in materia; c) da un membro nominato dal Ministro per la solidarietà sociale;d) da sette membri nominati dagli enti e dalle casse di cui all’art. 1, comma 1, del presente decreto secondo le modalità di cui al successivo comma 7; e) da un membro nominato dall’Associazione fra le casse di risparmio italiane secondo le modalità di cui al successivo comma 8;f) da un membro in rappresentanza degli enti locali della regione, nominato secondo le previsioni delle disposizioni regionali in materia. Omissis.».

Note all’art. 378, comma 4:

Si riporta il testo dell’art. 8 della legge 11 agosto 1991, n. 266 (si veda la nota all’art.

370, comma 1):

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 283

«Art. 8. Agevolazioni fiscali

1. Gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato di cui all’articolo 3, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, e quelli connessi allo svolgimento delle loro attività sono esenti dall’imposta di bollo e dall’imposta di registro. 2. Le operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato di cui all’articolo 3, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, non si considerano cessioni di beni ne’ prestazioni di servizi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto; le donazioni e le attribuzioni di eredità o di legato sono esenti da ogni imposta a carico delle organizzazioni che perseguono esclusivamente i fini suindicati. 3. All’articolo 17 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, come modificato dall’articolo 1 della legge 25 marzo 1991, n. 102, dopo il comma 1-bis e’ aggiunto il seguente: “1-ter. Con i decreti legislativi di cui al comma 1, e secondo i medesimi principi e criteri direttivi, saranno introdotte misure volte a favorire le erogazioni liberali in denaro a favore delle organizzazioni di volontariato costituite esclusivamente ai fini di solidarietà, purché le attività siano destinate a finalità di volontariato, riconosciute idonee in base alla normativa vigente in materia e che risultano iscritte senza interruzione da almeno due anni negli appositi registri. A tal fine, in deroga alla disposizione di cui alla lettera a) del comma 1, dovrà essere prevista la deducibilità delle predette erogazioni, ai sensi degli articoli 10, 65 e 110 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni e integrazioni, per un ammontare non superiore a lire 2 milioni ovvero, ai fini del reddito di impresa, nella misura del 50 per cento della somma erogata entro il limite del 2 per cento degli utili dichiarati e fino ad un massimo di lire 100 milioni”. 4. I proventi derivanti da attività commerciali e produttive marginali non costituiscono redditi imponibili ai fini dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) e dell’imposta locale sui redditi (ILOR), qualora sia documentato il loro totale impiego per i fini istituzionali dell’organizzazione di volontariato. ((I criteri relativi al concetto di marginalità di cui al periodo precedente, sono fissati dal Ministro delle finanze con proprio decreto, di concerto con il Ministro degli affari sociali.)).».

Si riporta il testo dell’art. 10, comma 8 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n.

460, recante “Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle

organizzazioni non lucrative di utilità sociale” (pubblicato nel S.O. alla G.U. 2

gennaio 1998, n. 1), come modificato dal decreto legislativo 19 novembre 1998, n.

422 (in G.U. 9 dicembre 1998, n. 287):

«10. Organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

Omissis. 8. Sono in ogni caso considerati ONLUS, nel rispetto della loro struttura e delle loro finalità, gli organismi di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266 , iscritti nei registri istituiti dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49 , e le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381 , nonché i consorzi di cui all’articolo 8 della predetta legge n. 381 del 1991 che abbiano la base sociale formata per il cento per cento da cooperative sociali. Sono fatte salve le previsioni di maggior favore relative agli organismi di volontariato, alle organizzazioni non governative e alle cooperative sociali di cui, rispettivamente, alle citate leggi n. 266 del 1991 , n. 49 del 1987 e n. 381 del 1991.

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Omissis.».

Per il testo dell’art. 2, comma 2 del decreto del Ministero del tesoro 8 ottobre 1997, si

vedano le note all’art. 374, comma 4.

Note all’art. 379, comma 1:

Per il testo dell’art. 15, comma 1 della legge 11 agosto 1991, n. 266, si veda la nota

all’art. 374, comma 4.

Note all’art. 382, comma 1:

Si riporta il testo dell’art. 7 della legge 11 agosto 1991, n. 266 (si veda la nota all’art.

370, comma 1):

«7. Convenzioni.

1. Lo Stato, le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli altri enti pubblici possono stipulare convenzioni con le organizzazioni di volontariato iscritte da almeno sei mesi nei registri di cui all’articolo 6 e che dimostrino attitudine e capacità operativa. 2. Le convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire l’esistenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità le attività oggetto della convenzione, nonché il rispetto dei diritti e della dignità degli utenti. Devono inoltre prevedere forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità nonché le modalità di rimborso delle spese. 3. La copertura assicurativa di cui all’articolo 4 è elemento essenziale della convenzione e gli oneri relativi sono a carico dell’ente con il quale viene stipulata la convenzione medesima.».

Nota all’art. 385:

Per la legge regionale 21 ottobre 1981, n. 69 si vedano le note all’art. 52, comma 3.

Si riporta il testo degli artt. 6 e 8:

«Art. 6Competenze della Regione.

Sono di competenza della Regione tutti gli adempimenti ad essa riferiti dalla normativa comunitaria e statale, ed in particolare le funzioni concernenti: a) i rapporti con i competenti Organi centrali e periferici dello Stato;b) la presentazione e l’autorizzazione alla presentazione agli Organi della CEE, tramite i competenti Ministeri, dei progetti di formazione per i quali sia previsto il contributo o l’integrazione dei fondi comunitari;c) la vigilanza e il controllo a campione sulla realizzazione dei piani attuativi annuali. In questo ambito le Province collaborano con la Regione nell’espletamento dell’attività di vigilanza sui soggetti con esse convenzionati e su tutta l’attività formativa espletata nell’ambito del territorio di competenza. La Regione può realizzare direttamente, anche in collaborazione con altri soggetti pubblici e privati, iniziative di rilevante interesse che non risultino realizzabili da parte degli

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 285

Enti delegati, nonché attività e servizi di documentazione, studio, progettazione, sperimentazione e aggiornamento finalizzati al coordinamento degli interventi di cui all’art. 2 della presente legge. La Giunta regionale, in stretto raccordo con gli enti delegati, promuove, nell’ambito del programma pluriennale, attività sperimentali tese alla migliore definizione organizzativa e didattica da realizzare attraverso la istituzione di nuove strutture formative o l’adeguamento di quelle esistenti, ed al perseguimento di forme di integrazione tra il sistema formativo, l’attività scolastica e le imprese, nel rispetto degli artt. 10 e 11 della legge 21 dicembre 1978, n. 845.

Art. 8 Modalità di attuazione delle attività

di formazione professionale.

L’attuazione delle attività di formazione professionale comprese nel piano attuativo annuale, spetta alla Regione o alle Province, secondo le rispettive competenze.Ai fini di cui al primo comma la Regione e le Province possono avvalersi, mediante convenzione, del concorso dell’Università, delle Scuole statali, degli Enti regionali o di altri Enti od Istituti specializzati, possono prendere altresì accordi e stipulare convenzioni con imprese e loro consorzi per assicurarsi le prestazioni di personale particolarmente specializzato, nonché per la realizzazione, mediante loro attrezzature e servizi, di periodi di tirocinio pratico o di specifiche esperienze operative, purché non finalizzati a scopi di produzione aziendale o alla commercializzazione degli eventuali manufatti. Per la realizzazione delle attività formative, i soggetti di cui al primo comma, utilizzano le strutture pubbliche esistenti ed operano, ove necessario, il loro adeguamento strutturale e funzionale. Per le esigenze non soddisfatte, si avvalgono mediante convenzione, delle strutture di enti, associazioni e centri privati, con particolare riguardo a quelli che siano emanazione delle organizzazioni maggiormente rappresentative, sul piano nazionale, dei lavoratori dipendenti o autonomi, degli imprenditori ovvero dei movimenti associativi di carattere cooperativo o con finalità formative e sociali, ed i quali concorrono alla realizzazione delle finalità della programmazione regionale in materia di formazione professionale. Per essere ammessi alla stipula delle convenzioni, i soggetti privati di cui al precedente comma devono possedere i seguenti requisiti e rispondere alle seguenti condizioni: 1) avere come fine la formazione professionale; 2) disporre di strutture, capacità organizzative e attrezzature idonee; 3) non perseguire scopi di lucro; 4) garantire il controllo sociale delle attività; 5) applicare per il personale il contratto nazionale di lavoro di categoria, avvalendosi ove possibile, di quello ricompreso nelle graduatorie di cui all’art. 19-Quinquies; 6) rendere pubblico il bilancio annuale per ciascun centro di attività;7) accettare il controllo della Regione anche mediante ispezioni sul corretto utilizzo dei finanziamenti erogati e sull’applicazione della convenzione; 8) garantire i diritti degli allievi ai sensi del successivo art. 15. I soggetti di cui al primo comma, possono stipulare convenzioni con imprese o loro consorzi, ai sensi dell’art. 5, quarto comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845. Nell’ambito dell’attuazione degli interventi formativi, i soggetti privati, d’intesa con la Regione, potranno accedere mediante convenzione alle strutture, ai servizi e alle attrezzature dell’Università, di scuole, di Enti od Istituti specializzati, ovvero di imprese e loro consorzi.».

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015286

Nota all’art. 387:

La legge 7 dicembre 2000, n. 383, recante “Disciplina delle associazioni di

promozione sociale” (pubblicata nella G.U. 27 dicembre 2000, n. 300), è stata

modificata dal decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (in S.O. alla G.U. 7 luglio

2010, n. 156).

Si riporta il testo dell’art. 2, commi 2 e 3:

«2.Associazioni di promozione sociale.

Omissis. 2. Non sono considerate associazioni di promozione sociale, ai fini e per gli effetti della presente legge, i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni dei datori di lavoro, le associazioni professionali e di categoria e tutte le associazioni che hanno come finalità la tutela esclusiva di interessi economici degli associati. 3. Non costituiscono altresì associazioni di promozione sociale i circoli privati e le associazioni comunque denominate che dispongono limitazioni con riferimento alle condizioni economiche e discriminazioni di qualsiasi natura in relazione all’ammissione degli associati o prevedono il diritto di trasferimento, a qualsiasi titolo, della quota associativa o che, infine, collegano, in qualsiasi forma, la partecipazione sociale alla titolarità di azioni o quote di natura patrimoniale.».

Nota all’art. 389, comma 5:

Si riporta il testo dell’art. 7 della legge 7 dicembre 2000, n. 383 (si veda la nota

all’art. 387):

«7.Registri.

1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali è istituito un registro nazionale al quale possono iscriversi, ai fini dell’applicazione della presente legge, le associazioni di promozione sociale a carattere nazionale in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2, costituite ed operanti da almeno un anno. Alla tenuta del registro si provvede con le ordinarie risorse finanziarie, umane e strumentali del Dipartimento per gli affari sociali. 2. Per associazioni di promozione sociale a carattere nazionale si intendono quelle che svolgono attività in almeno cinque regioni ed in almeno venti province del territorio nazionale. 3. L’iscrizione nel registro nazionale delle associazioni a carattere nazionale comporta il diritto di automatica iscrizione nel registro medesimo dei relativi livelli di organizzazione territoriale e dei circoli affiliati, mantenendo a tali soggetti i benefìci connessi alla iscrizione nei registri di cui al comma 4. 4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono, rispettivamente, registri su scala regionale e provinciale, cui possono iscriversi tutte le associazioni in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2, che svolgono attività, rispettivamente, in àmbito regionale o provinciale.».

Nota all’art. 391, comma 2:

Si riporta il testo dell’art. 23 della legge 7 dicembre 2000, n. 383 (si veda la nota

all’art. 387):

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 287

«23. Tributi locali.

1. Gli enti locali possono deliberare riduzioni sui tributi di propria competenza per le associazioni di promozione sociale, qualora non si trovino in situazioni di dissesto ai sensi del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, e successive modificazioni.».

Nota all’art. 395:

Si riporta il testo dell’art. 30 della legge 7 dicembre 2000, n. 383 (si veda la nota

all’art. 387):

«30. Convenzioni.

1. Lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni e gli altri enti pubblici possono stipulare convenzioni con le associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno sei mesi nei registri di cui all’articolo 7, per lo svolgimento delle attività previste dallo statuto verso terzi. 2. Le convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire l’esistenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità le attività stabilite dalle convenzioni stesse. Devono inoltre prevedere forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità nonché le modalità di rimborso delle spese. 3. Le associazioni di promozione sociale che svolgono attività mediante convenzioni devono assicurare i propri aderenti che prestano tale attività contro gli infortuni e le malattie connessi con lo svolgimento dell’attività stessa, nonché per la responsabilità civile verso terzi. 4. Con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati meccanismi assicurativi semplificati con polizze anche numeriche o collettive e sono disciplinati i relativi controlli. 5. La copertura assicurativa di cui al comma 3 è elemento essenziale della convenzione e gli oneri relativi sono a carico dell’ente con il quale viene stipulata la convenzione medesima. 6. Le prescrizioni di cui al presente articolo si applicano alle convenzioni stipulate o rinnovate successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.».

Nota all’art. 396, comma 1:

Si riporta il testo degli artt. 95, 96 e 97 della legge regionale 2 marzo 1999, n. 3,

recante “Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi del sistema regionale e

locale delle Autonomie dell’Umbria in attuazione della L. 15 marzo 1997, n. 59 e del

D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112” (pubblicata nel B.U.R. 10 marzo 1999, n. 15):

«Art. 95 Funzioni e compiti riservati alla Regione.

1. Sono riservate alla Regione le funzioni e i compiti amministrativi relativi: a) alla programmazione pluriennale ed annuale della formazione professionale, compresa quella del personale del servizio sanitario nazionale, dell’orientamento professionale e della promozione educativa ed educazione permanente;

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015288

b) agli adempimenti, avvalendosi anche delle province, connessi all’attività di alta formazione di interesse interregionale o che richiedano una gestione unitaria a livello regionale; c) agli adempimenti connessi ai rapporti con l’Unione europea e alla attuazione e controllo della realizzazione dei programmi comunitari, con particolare riferimento al monitoraggio, al controllo di gestione, alla valutazione dell’efficacia, agli adempimenti finalizzati ai saldi contabili, ai certificati di esecuzione e alla rendicontazione e ad ogni altro adempimento ad essi connesso; d) alla programmazione, in raccordo con le province, delle iniziative volte a realizzare l’integrazione tra i sistemi educativi-formativi e quello produttivo;e) all’osservazione del mercato del lavoro e delle professioni per il miglioramento delle politiche del lavoro e all’indicazione alle province sulle tendenze del mercato del lavoro e dei relativi fabbisogni formativi; f) alla formazione professionale e all’aggiornamento del personale della Regione e degli enti, agenzie e istituti regionali; g) alla formazione professionale del personale del servizio sanitario, che richiede una gestione unitaria a livello regionale.

Art. 96Funzioni e compiti conferiti alle province.

1. Sono trasferite alle province le funzioni in materia di formazione, orientamento professionale ed educazione permanente, ivi comprese quelle di cui all’articolo 144, comma 1 del decreto legislativo n. 112 del 1998. 2. Sono trasferite alle province le funzioni amministrative già delegate dall’articolo 5, comma 1 della L.R. 21 ottobre 1981, n. 69 e successive modificazioni ed integrazioni. 3. Le province organizzano ed attuano i servizi di orientamento professionale, collocati all’interno dei centri per l’impiego di cui all’articolo 4, comma 1, lettera f) del D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, in forma integrata agli altri servizi per le politiche del lavoro ed in raccordo con gli altri enti locali.

Art. 97Modificazioni della legge regionale n. 69 del 1981, relativa al

sistema formativo regionale.

1. La rubrica dell’articolo 5, della L.R. 21 ottobre 1981, n. 69, è modificata come segue: «Trasferimento delle funzioni amministrative.» Al comma 1 dello stesso articolo la parola «delegate» è sostituita dalla parola: «trasferite».».

Nota all’art. 397, commi 1 e 2:

Per la legge 8 novembre 1991, n. 381 si vedano le note all’art. 343, commi 1, 2, 3, e

5.

Nota all’art. 398, comma 2, lett. c):

Si riporta il testo dell’art. 8 della legge 8 novembre 1991, n. 381 (si vedano le note

all’art. 343, commi 1, 2, 3, e 5):

«8. Consorzi.

1. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano ai consorzi costituiti come società cooperative aventi la base

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sociale formata in misura non inferiore al settanta per cento da cooperative sociali.».

Note all’art. 401, comma 2, lett. a) e d):

La legge regionale 23 luglio 2003, n. 11, recante “Interventi a sostegno delle politiche

attive del lavoro, modificazioni ed integrazioni della legge regionale 25 novembre

1998, n. 41 e disciplina del Fondo regionale per l’occupazione dei disabili”, è

pubblicata nel B.U.R. 6 agosto 2003, n. 32.

Per il testo dell’art. 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381, si vedano le note all’art.

343, commi 1, 2, 3 e 4.

Nota all’art. 403, comma 5:

Per il testo dell’art. 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381, si vedano le note all’art.

343, commi 1, 2, 3 e 4.

Note all’art. 408, comma 1:

Si riporta il testo dell’art. 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (si vedano

le note all’art. 61):

«Art. 38 Leggi regionali di spesa e relativa copertura finanziaria

1. Le leggi regionali che prevedono spese a carattere continuativo quantificano l’onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione e indicano l’onere a regime ovvero, nel caso in cui non si tratti di spese obbligatorie, possono rinviare le quantificazioni dell’onere annuo alla legge di bilancio. 2. Le leggi regionali che dispongono spese a carattere pluriennale indicano l’ammontare complessivo della spesa, nonché la quota eventualmente a carico del bilancio in corso e degli esercizi successivi. La legge di stabilità regionale può annualmente rimodulare le quote previste per ciascuno degli anni considerati nel bilancio di previsione e per gli esercizi successivi, nei limiti dell’autorizzazione complessiva di spesa.».

La legge regionale 26 maggio 2004, n. 7, recante “Disposizioni in materia di

finanziamento degli investimenti del Servizio sanitario regionale”, è pubblicata nel

B.U.R. 9 giugno 2004, n. 24.

La legge regionale 6 agosto 2004, n. 18, recante “Interventi di assistenza sanitaria in

favore di Paesi extracomunitari in gravi difficoltà assistenziali”, è pubblicata nel

B.U.R. 18 agosto 2004, n. 34.

La legge regionale 16 agosto 2001, n. 20, recante “Trasferimento alle Aziende USL

delle funzioni di cui alla legge n. 210/1992 - Indennizzo a favore dei soggetti

danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie,

trasfusioni e somministrazione di emoderivati, nonché a causa di vaccinazione

antipoliomielitica non obbligatoria, di cui all’art. 3, comma 3, della legge 14 ottobre

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015290

1999, n. 362”, è pubblicata nel B.U.R. 29 agosto 2001, n. 41.

La legge regionale 10 marzo 1985, n. 10, recante “Norme per la razionalizzazione dei

servizi trasfusionali e la promozione della donazione del sangue”, è pubblicata nel

B.U.R. 19 marzo 1985, n. 28.

La legge regionale 7 maggio 2008, n. 7, recante “Istituzione nelle Aziende Unità

Sanitarie Locali (USL) della Regione Umbria del Servizio di assistenza odontoiatrica

protesica ed ortesica”, è pubblicata nel B.U.R. 14 maggio 2008, n. 23.

Per il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e il testo degli artt. 10, e 13, si vedano le

note all’art. 177.

La legge regionale 19 luglio 1994, n. 19, recante “Norme per la tutela degli animali di

affezione e per la prevenzione ed il controllo del fenomeno del randagismo”, è

pubblicata nel B.U.R. 27 luglio 1994, n. 32.

La legge regionale 6 dicembre 2002, n. 26, recante “Contributi a favore dei mutilati

ed invalidi di guerra e categorie assimilate per cure climatiche, soggiorni terapeutici e

cure termali”, è pubblicata nel B.U.R. 18 dicembre 2002, n. 57.

La legge regionale 28 febbraio 2005, n. 18, recante “Tutela della salute psicofisica

della persona sul luogo di lavoro e prevenzione e contrasto dei fenomeni di

mobbing”, è pubblicata nel B.U.R. 16 marzo 2005, n. 12.

Per la legge regionale 28 dicembre 2009, n. 26, si veda la nota all’art. 321, comma 1,

lett. c).

La legge regionale 20 dicembre 2004, n. 28, recante “Riconoscimento e

valorizzazione della funzione sociale, educativa e formativa svolta dalle parrocchie

mediante gli oratori”, è pubblicata nel B.U.R. 29 dicembre 2004, n. 56.

La legge regionale 27 settembre 2012, n. 14, recante “Norme a tutela della

promozione e della valorizzazione dell’invecchiamento attivo”, è pubblicata nel

B.U.R. 3 ottobre 2012, n. 43.

La legge regionale 3 ottobre 2007, n. 28, recante “Interventi per il sostegno e la

qualificazione dell’attività di assistenza familiare domiciliare”, è pubblicata nel

B.U.R. 10 ottobre 2007, n. 44.

La legge regionale 21 febbraio 2008, n. 1, recante “Istituzione del Fondo di

emergenza per le famiglie delle vittime di incidenti mortali del lavoro”, è pubblicata

nel B.U.R. 27 febbraio 2008, n. 9.

La legge regionale 24 luglio 2007, n. 25, recante “Prestito sociale d’onore. Istituzione

di un fondo per agevolarne l’accesso”, è pubblicata nel B.U.R. 1 agosto 2007, n. 34.

La legge regionale 27 gennaio 1984, n. 3, recante “Erogazione di provvidenze a

favore degli Enti di tutela e assistenza agli invalidi”, è pubblicata nel B.U.R. 20

gennaio 1984, n. 6.

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 291

La legge regionale 16 febbraio 2010, n. 13, recante “Disciplina dei servizi e degli

interventi a favore della famiglia”, è pubblicata nel B.U.R. 24 febbraio 2010, n. 9.

La legge regionale 29 luglio 2009, n. 18, recante “Istituzione del Garante regionale

per l’infanzia e l’adolescenza”, è pubblicata nel B.U.R. 5 agosto 2009, n. 35.

La legge regionale 18 ottobre 2006, n. 13, recante “Istituzione del Garante delle

persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale”, è

pubblicata nel B.U.R. 31 ottobre 2006, n. 50.

La legge regionale 16 novembre 2004, n. 22, recante “Norme sull’associazionismo di

promozione sociale”, è pubblicata nel B.U.R. 24 novembre 2004, n. 50.

Per la legge 7 dicembre 2000, n. 383, si veda la nota all’art. 387.

Per la legge regionale 23 luglio 2003, n. 11, si vedano le note all’art. 401, comma 2,

lett. a) e d).

Note all’art. 409, commi 1 e 4:

Per il testo dell’art. 6 della legge regionale 12 novembre 2012, n. 18, si veda la nota

all’art. 18, comma 1.

Il testo dell’art. 8 della legge regionale 20 gennaio 1998, n. 3, recante “Ordinamento

del sistema sanitario regionale” (pubblicata nel S.O. n. 1 al B.U.R. 28 gennaio 1998,

n. 7), modificato, integrato ed abrogato dalle leggi regionali 20 luglio 2011, n. 6 (in

S.O. n. 1 al B.U.R. 27 luglio 2011, n. 32) e 12 novembre 2012, n. 18 (in B.U.R. 15

novembre 2012, n. 50. E.S.), è il seguente:

«Art. 8Istituzione delle Unità sanitarie locali.

[1. In ciascuno degli ambiti territoriali individuati nella tabella allegata alla presente legge è istituita una Unità sanitaria locale. 2. La sede legale delle Unità sanitarie locali è stabilita dalla Giunta regionale, su proposta delle competenti Conferenze dei sindaci, da formularsi nella prima seduta utile delle stesse; in caso di inerzia provvede comunque la Giunta regionale. 2-bis. Le unità sanitarie locali di cui al comma 1 sono costituite in aziende dotate di personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale. 2-ter. L’organizzazione e il funzionamento delle aziende sanitarie sono disciplinati con l’atto aziendale di diritto privato di cui all’articolo 4 della legge regionale 27 marzo 2000, n. 29 (Prime disposizioni di recepimento del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, concernente: “Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell’art. 1 della legge 30 novembre 1999, n. 419”, d’integrazione e modificazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502)].».

Si riporta il testo dell’art. 5, comma 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.

502 (si vedano le note all’art. 3, comma 1):

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015292

«5. Patrimonio e contabilità.

Omissis. 3. Le leggi e i provvedimenti di cui al comma 1 costituiscono titolo per la trascrizione, la quale è esente da ogni onere relativo a imposte e tasse. Omissis.».

Note all’art. 410:

La legge regionale 19 luglio 1972, n. 13, recante “Esercizio delle funzioni in materia

di assistenza sanitaria ed ospedaliera”, è pubblicata nel B.U.R. 20 luglio 1972, n. 20.

La legge regionale 15 dicembre 1972, n. 27, recante “Decisione in via amministrativa

dei ricorsi in materia di spedalità”, è pubblicata nel B.U.R. 20 dicembre 1972, n. 36.

La legge regionale 22 gennaio 1973, n. 9, recante “Istituzione di un Fondo sanitario

regionale per l’assistenza farmaceutica ai lavoratori autonomi”, è pubblicata nel

B.U.R. 30 gennaio 1973, n. 3.

La legge regionale 29 marzo 1974, n. 23, recante “Rifinanziamento della legge

regionale 22 gennaio 1973, n. 9, concernente: Istituzione di un fondo sanitario

regionale per l’assistenza farmaceutica ai lavoratori autonomi”, è pubblicata nel

B.U.R. 2 aprile 1974, n. 12.

La legge regionale 29 marzo 1974, n. 24, recante “Designazione medici specializzati

in materia di assistenza ai fini della costituzione dei Comitati comunali O.N.M.I.”, è

pubblicata nel B.U.R. 2 aprile 1974, n. 12.

La legge regionale 6 marzo 1975, n. 13, recante “Erogazione di un contributo

speciale ai comuni maggiormente colpiti dal sisma del dicembre 1974”, è pubblicata

nel B.U.R. 12 marzo 1975, n. 11.

La legge regionale 21 marzo 1975, n. 15, recante “Disciplina del diritto di accesso

all’assistenza ospedaliera gestita dalla Regione dell’Umbria”, è pubblicata nel B.U.R.

26 marzo 1975, n. 13.

La legge regionale 2 aprile 1975, n. 19, recante “Estinzione delle Opere pie e

devoluzione del patrimonio all’Ente comunale di assistenza di Terni”, è pubblicata

nel B.U.R. 9 aprile 1975, n. 15.

La legge regionale 12 maggio 1975, n. 26, recante “Norme per lo sviluppo dei

concorsi in campo sanitario”, è pubblicata nel B.U.R. 19 maggio 1975, n. 21, E.S..

La legge regionale 27 gennaio 1977, n. 8, recante “Regolamentazione del servizio di

assistenza dei nefropatici cronici”, è pubblicata nel B.U.R. 2 febbraio 1977, n. 5.

La legge regionale 26 luglio 1977, n. 35, recante “Modifica all’art. 2 della legge

regionale 27 gennaio 1977, n. 8”, è pubblicata nel B.U.R. 3 agosto 1977, n. 34.

La legge regionale 9 agosto 1977, n. 42, recante “Integrazione del fondo sanitario

regionale per l’assistenza farmaceutica ai lavoratori autonomi previsto dalle L.R. 22

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 293

gennaio 1973, n. 9 e L.R. 29 marzo 1974, n. 23”, è pubblicata nel B.U.R. 17 agosto

1977, n. 37.

La legge regionale 28 marzo 1978, n. 13, recante “Modifiche ed integrazioni alla

legge regionale 12 maggio 1975, n. 26, contenente norme per lo svolgimento dei

concorsi in campo sanitario”, è pubblicata nel B.U.R. 29 marzo 1978, n. 3.

La legge regionale 31 luglio 1978, n. 36, recante “Soppressione degli enti comunali

di assistenza”, è pubblicata nel B.U.R. 2 agosto 1978, n. 31.

La legge regionale 19 dicembre 1979, n. 65, recante “Organizzazione del servizio

sanitario regionale”, è pubblicata nel B.U.R. 20 dicembre 1979, n. 63.

La legge regionale 28 dicembre 1979, n. 72, recante “Disciplina dell’iscrizione nel

ruolo nominativo regionale del personale addetto ai presidi, servizi ed uffici delle

unità sanitarie locali”, è pubblicata nel B.U.R. 2 gennaio 1980, n. 1.

La legge regionale 27 febbraio 1980, n. 10, recante “Autorizzazione e vigilanza sulle

strutture sanitarie private di diagnostica di laboratorio”, è pubblicata nel B.U.R. 5

marzo 1980, n. 13.

La legge regionale 17 maggio 1980, n. 43, recante “Prevenzione e tutela della salute

nei luoghi di lavoro”, è pubblicata nel B.U.R. 22 maggio 1980, n. 33, E.S..

La legge regionale 17 maggio 1980, n. 46, recante “Norme sullo scioglimento delle

istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza ai sensi dell’art. 25 del D.P.R. 24

luglio 1977, n. 616”, è pubblicata nel B.U.R. 22 maggio 1980, n. 33, E.S..

La legge regionale 16 gennaio 1981, n. 4, recante “Modificazione all’art. 11 della

legge regionale 28 dicembre 1979, n. 72, recante la disciplina della iscrizione nel

ruolo nominativo regionale del personale addetto ai prestiti, servizi ed uffici delle

Unità sanitarie locali”, è pubblicata nel B.U.R. 21 gennaio 1981, n. 4.

La legge regionale 6 maggio 1981, n. 25, recante “Modifica ed integrazione dell’art.

5 della legge regionale 21 marzo 1975, n. 15. Disciplina del diritto di accesso

all’assistenza ospedaliera gestita dalla Regione Umbria”, è pubblicata nel B.U.R. 13

maggio 1981, n. 26.

La legge regionale 8 giugno 1981, n. 31, recante “Interventi a favore delle farmacie

rurali particolarmente disagiate”, è pubblicata nel B.U.R. 10 giugno 1981, n. 31.

La legge regionale 7 aprile 1982, n. 19, recante “Norme per l’esercizio delle funzioni

in materia di igiene e sanità pubblica veterinaria e polizia veterinaria”, è pubblicata

nel B.U.R. 14 aprile 1982, n. 21.

La legge regionale 14 maggio 1982, n. 24, recante “Norme per il trasferimento alle

Unità sanitarie locali delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica”, è

pubblicata nel B.U.R. 19 maggio 1982, n. 28.

La legge regionale 13 luglio 1982, n. 45, recante “Norme per la gestione,

l’organizzazione e il funzionamento dei presidi e servizi multizonali”, è pubblicata

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015294

nel B.U.R. 6 settembre 1982, n. 52.

La legge regionale 30 agosto 1982, n. 46, recante “Norme per il corretto uso del

farmaco e per l’assistenza farmaceutica nell’ambito del servizio sanitario regionale”,

è pubblicata nel B.U.R. 6 settembre 1982, n. 52.

La legge regionale 13 luglio 1983, n. 26, recante “Norme di attuazione del D.P.R. n.

761/1979 in materia di procedure concorsuali e disciplina del rapporto di impiego del

personale delle U.L.S.S.”, è pubblicata nel B.U.R. 20 luglio 1983, n. 47.

La legge regionale 13 luglio 1983, n. 27, recante “Integrazione alla legge regionale

30 agosto 1982, n. 46. Norme per il corretto uso del farmaco e per l’assistenza

farmaceutica nell’ambito del servizio sanitario regionale”, è pubblicata nel B.U.R. 20

luglio 1983, n. 47.

La legge regionale 17 gennaio 1984, n. 3, recante “Erogazione di provvidenze a

favore degli Enti di tutela e assistenza agli invalidi”, è pubblicata nel B.U.R. 20

gennaio 1984, n. 6.

La legge regionale 3 agosto 1984, n. 34, recante “Integrazione della legge regionale

14 maggio 1982, n. 24. Norme per il trasferimento alle unità sanitarie locali delle

funzioni in materia di igiene e sanità pubblica”, è pubblicata nel B.U.R. 14 agosto

1984, n. 60.

La legge regionale 14 gennaio 1985, n. 1, recante “Norme per l’esercizio da parte

dell’associazione dei Comuni di cui alla legge regionale 19 dicembre 1979, n. 65

delle funzioni amministrative già attribuite o delegate ai consorzi intercomunali

costituiti ai sensi della legge regionale 3 giugno 1975, n. 40 e della legge regionale 17

agosto 1979, n. 44. Modificazioni alla legge regionale 19 dicembre 1979, n. 65”, è

pubblicata nel B.U.R. 17 gennaio 1985, n. 5.

La legge regionale 11 marzo 1985, n. 10, recante “Norme per la razionalizzazione dei

servizi trasfusionali e la promozione della donazione del sangue”, è pubblicata nel

B.U.R. 19 marzo 1985, n. 28.

La legge regionale 21 marzo 1985, n. 11, recante “Piano socio-sanitario regionale per

il triennio 1985-1987”, è pubblicata nel S.O. al B.U.R. 3 aprile 1985, n. 34.

La legge regionale 14 aprile 1986, n. 16, recante “Adeguamento della legislazione

regionale alle norme sul nuovo assetto degli organi di gestione delle UU.LL.SS.SS.”,

è pubblicata nel B.U.R. 18 aprile 1986, n 29.

La legge regionale 21 gennaio 1987, n. 4, recante “Interpretazione autentica del

primo comma dell’art. 22 della legge regionale 19 dicembre 1979, n. 65”, è

pubblicata nel B.U.R. 23 gennaio 1987, n 6.

La legge regionale 17 marzo 1987, n. 17, recante “Spesa sanitaria consolidata a

carico della regione Umbria a norma dell’art. 69, primo comma, lettera b), della legge

23 dicembre 1978, n. 833 relativamente agli anni dal 1981 al 1984. Definizione

rapporti finanziari con lo Stato”, è pubblicata nel B.U.R. 25 marzo 1987, n. 22.

La legge regionale 20 maggio 1987, n. 27, recante “Carta dei diritti degli utenti dei

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servizi delle Unità locali per i servizi sanitari e socio-assistenziali dell’Umbria”, è

pubblicata nel B.U.R. 22 maggio 1987, n 37.

La legge regionale 20 gennaio 1988, n. 2, recante “Compensi ai componenti le

commissioni e sottocommissioni esaminatrici dei concorsi e delle selezioni per

l’assunzione del personale delle UU.LL.SS.SS. dell’Umbria”, è pubblicata nel B.U.R.

22 gennaio 1988, n. 5.

La legge regionale 12 giugno 1989, n. 16, recante “Determinazioni per l’attività di

soccorso e ricostruzione a favore delle popolazioni dell’Armenia colpite dal sisma del

dicembre 1988”, è pubblicata nel B.U.R. 21 giugno 1989, n. 25.

La legge regionale 27 marzo 1990, n. 9, recante “Piano socio-sanitario regionale per

il triennio 1989-91”, è pubblicata nel S.O. al B.U.R. 4 aprile 1990, n. 14.

Il testo dell’art. 10 della legge regionale 10 aprile 1990, n. 18, recante “Interventi a

favore degli immigrati extracomunitari” (pubblicata nel B.U.R. 18 aprile 1990, n. 16),

è il seguente:

«Art. 10Servizi sanitari.

1. La Regione, nell’ambito ed in attuazione della normativa statale e regionale in materia, assicura ai cittadini provenienti da Paesi extracomunitari l’accesso ai servizi sanitari. 2. Al fine di consentire per una fascia di popolazione il pieno diritto alla tutela ed al controllo sanitario, le Unità locali per i servizi sanitari e socio assistenziali inseriscono tra i destinatari delle campagne di prevenzione collettiva i cittadini provenienti da Paesi extracomunitari dimoranti nel territorio regionale. 3. Allo stesso scopo di cui al secondo comma le ULSS garantiscono anche ai cittadini provenienti da Paesi extracomunitari, residenti o dimoranti in Umbria, i seguenti servizi:a) screening e monitoraggio clinico-sierologico delle patologie infettive e trattamento delle stesse; b) indagini epidemiologiche su specifiche patologie infettive; c) educazione sanitaria a fini preventivi. 4. Le modalità per l’attuazione di quanto disposto dal terzo comma sono indicate dalla Regione nell’ambito della propria attività di indirizzo e coordinamento con particolare riguardo alle esigenze delle ULSS maggiormente interessate dai flussi migratori, anche per il coinvolgimento delle competenti strutture dell’Università degli studi di Perugia. 5. La Regione favorisce iniziative rivolte ai cittadini provenienti da Paesi extracomunitari tendenti a colmare carenze dei servizi sanitari. In particolare, in considerazione dei problemi e dei rischi di sofferenza psicologica legati alle trasformazioni della nostra società in senso multiculturale, nell’ambito dell’attività dell’Osservatorio epidemiologico regionale umbro, la Giunta regionale è autorizzata a stipulare apposita convenzione con l’Istituto italiano di igiene mentale transculturale, allo scopo di promuovere: a) ricerche cliniche epidemiologiche sulla morbilità psichiatrica in ambito multiculturale;b) la formazione professionale di operatori; c) la promozione di specifici programmi di intervento; d) l’informazione e l’aggiornamento sui problemi di una società multiculturale.».

La legge regionale 27 aprile 1990, n. 33, recante “Nuovi interventi a favore delle

farmacie rurali particolarmente disagiate”, è pubblicata nel B.U.R. 2 maggio 1990, n.

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015296

19.

La legge regionale 27 aprile 1990, n. 32, recante “Misure per favorire l’inserimento

dei nomadi nella società e per la tutela della loro identità e del loro patrimonio

culturale”, è pubblicata nel B.U.R. 2 maggio 1990, n. 19.

La legge regionale 15 aprile 1992, n. 8, recante “Norme regionali per la limitazione

dell’infezione da H.I.V. (Human Immunodeficiency Virus) e del fenomeno

dell’abbandono delle siringhe usate”, è pubblicata nel B.U.R. 22 aprile 1992, n. 17.

La legge regionale 25 maggio 1994, n. 15, recante “Disciplina del volontariato”, è

pubblicata nel B.U.R. 1 giugno 1994, n. 23.

Il testo vigente dell’art. 12 della legge regionale 21 giugno 1994, n. 18, recante

“Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 1994 e annesso bilancio pluriennale

1994/1996” (pubblicata nel S.S. al B.U.R. 22 giugno 1994, n. 27), come modificato

dalla presente legge, è il seguente:

«Art. 12 Autorizzazione alla stipulazione di mutui.

[1. Per conseguire il pareggio finanziario del bilancio preventivo regionale dell’esercizio 1994 ai sensi dell’art. 11 della L.R. 3 maggio 1978, n. 23, la Giunta regionale è autorizzata ad assumere, a norma dell’art. 31 della medesima legge, uno o più mutui fino all’importo complessivo di L. 50.274.800.000 per una durata massima di anni 20 ed entro il limite di spesa di L. 1.300.000.000 per l’anno 1994, e L. 7.900.000.000 per ciascuno degli anni successivi.]. Abrogato. 2. Al conseguente onere relativo agli anni 1994 e successivi si farà fronte con quota degli stanziamenti appositamente previsti ai capp. 6080 e 9790 di cui al programma 7.03.2.06 del bilancio pluriennale 1994-1996 allegato (appendice n. 1). 3. L’autorizzazione di cui al precedente comma 1 è subordinata, a norma dell’art. 31 della legge regionale 3 maggio 1978, n. 23, legge regionale di contabilità all’approvazione del rendiconto relativo all’esercizio finanziario 1992. 4. Per gli effetti di cui all’art. 10, primo comma, della legge 16 maggio 1970, n. 281, il mutuo suddetto è diretto al finanziamento delle spese indicate nella Tabella Q), allegata alla presente legge. 5. Per far fronte al disavanzo finanziario alla chiusura dell’esercizio 1991, determinato dalla mancata stipulazione dei mutui autorizzati con l’art. 11 della legge regionale 21 luglio 1993, n. 5, è rinnovata l’autorizzazione alla Giunta regionale ed assumere, a norma dell’art. 31 della legge regionale 3 maggio 1978, n. 23, legge regionale di contabilità uno o più mutui fino all’importo complessivo di L. 123.450.022.355, per una durata massima di anni 20 ed entro il limite di spesa di L. 6.300.000.000, per l’anno 1994 e L. 20.000.000.000, per ciascuno degli anni successivi. 6. Al conseguente onere relativo agli anni 1994 e successivi si farà fronte con quota degli stanziamenti appositamente previsti ai capp. 6080 e 9790 del programma 7.03.2.06 del bilancio pluriennale 1994/1996 allegato (appendice n. 1). 7. Per gli effetti di cui all’art. 10, primo comma, della legge 16 maggio 1970, n. 281, il mutuo suddetto è diretto al finanziamento delle spese indicate nella Tabella R).».

Per la legge regionale 19 luglio 1994, n. 19, si vedano le note all’art. 408, comma 1.

La legge regionale 12 agosto 1994, n. 28, recante “Modificazioni ed integrazioni

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della L.R. 15 aprile 1992, n. 8. Norme regionali per la limitazione dell’infezione da

H.I.V. (Human Immunodeficiency Virus) e del fenomeno dell’abbandono delle

siringhe usate”, è pubblicata nel B.U.R. 25 agosto 1994, n. 38, E.S..

La legge regionale 2 dicembre 1994, n. 37, recante “Finanziamento programma

straordinario di investimenti della sanità - art. 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67 -

Variazioni al bilancio preventivo regionale per l’esercizio finanziario 1994”, è

pubblicata nel B.U.R. 7 dicembre 1994, n. 55.

La legge regionale 30 marzo 1995, n. 17, recante “Istituzione del servizio di

ospedalizzazione a domicilio per pazienti oncologici terminali”, è pubblicata nel

B.U.R. 10 aprile 1995, n. 19, E.S..

La legge regionale 19 dicembre 1995, n. 51, recante “Norme in materia di contabilità,

di amministrazione dei beni, di attività contrattuale e di controllo delle Aziende

sanitarie regionali”, è pubblicata nel S.O. n. 1 al B.U.R. 27 dicembre 1995, n. 64.

Il testo vigente dell’art. 15 bis e il testo dell’art. 18 della legge regionale 18 aprile

1997, n. 14, recante “Norme sull’amministrazione e valorizzazione del patrimonio

immobiliare regionale e delle aziende sanitarie locali”, (pubblicata nel B.U.R. 23

aprile 1997, n. 20), come modificato e abrogato dalla presente legge, è il seguente:

Art. 15-bisTrasferimento di beni.

1. I beni del patrimonio regionale stabilmente destinati all’esercizio di funzioni delle province e dei comuni possono essere trasferiti agli stessi a titolo gratuito.2. Il trasferimento dei beni di cui al comma 1, è disposto con Decreto del Presidente della Giunta regionale, ai sensi dei commi 3 e 4 dell’articolo 17 della legge regionale 14 ottobre 1998, n. 34. [3. I beni di cui all’articolo 18, comma 1, lettera e), già facenti parte del patrimonio dei comuni, con vincolo di destinazione sanitaria ai sensi della legge 23 dicembre 1978, n. 833, ed aventi interesse storico o culturale, ovvero caratterizzati da un ruolo strategico nell’ambito degli strumenti urbanistici, possono essere ceduti direttamente al comune in cui gli stessi insistono, al valore di stima del bene, quando lo stesso ne faccia formale richiesta, entro sei mesi dall’approvazione del Piano di cui al comma 3 dell’articolo 18.]

[Art. 18 Piano del patrimonio delle aziende sanitarie.

1. Le aziende sanitarie redigono il Piano triennale del patrimonio, nel quale individuano: a) i beni destinati o da destinare all’erogazione di servizi e a sede degli uffici; b) i beni utilizzati per finalità di pubblico interesse da enti pubblici o privati senza scopo di lucro, in virtù di accordi di programma o convenzioni; c) i beni destinati o da destinare alla produzione di reddito con l’indicazione dei proventi conseguiti o conseguibili nonché delle azioni che si intendono intraprendere per ottimizzare la redditività degli stessi; d) i beni di cui alla lettera a), destinati a sede di uffici o servizi, dei quali si prevede la dismissione dall’uso, nel triennio, con la indicazione delle ipotesi di riutilizzo; e) i beni che si intendono alienare nel triennio, ivi compresi quelli destinati a sede di uffici o servizi, di cui si prevede la

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dismissione dall’uso, indicando i tempi di alienazione e la destinazione dei proventi. 2. Il Piano di cui al comma 1, adottato dall’organo aziendale competente, è trasmesso entro trenta giorni alla Giunta regionale, che può formulare osservazioni. Il Piano è definitivamente approvato dall’organo aziendale competente adeguandosi alle eventuali osservazioni e rilievi formulati dalla Giunta regionale entro sessanta giorni dal ricevimento degli stessi.3. Il Piano, definitivamente approvato, viene trasmesso alla Giunta regionale e diventa efficace con la comunicazione da parte della stessa, della avvenuta presa d’atto. 4. La Giunta regionale comunica tempestivamente al Consiglio regionale il piano corredato della relativa presa d’atto. 5. Il Piano viene aggiornato con cadenza almeno triennale ed in ogni caso entro sei mesi dalla nomina del Direttore generale.].».

La legge regionale 6 agosto 1997, n. 24, recante “Provvedimenti diretti alla

promozione e allo sviluppo della cooperazione”, è pubblicata nel B.U.R. 13 agosto

1997, n. 38.

La legge regionale 10 luglio 1998, n. 23, recante “Tutela sanitaria delle attività

sportive”, è pubblicata nel B.U.R. 15 luglio 1998, n. 44.

La legge regionale 30 giugno 1999, n. 20, recante “Norme per il funzionamento delle

commissioni sanitarie di cui alla legge 15 ottobre 1990, n. 295”, è pubblicata nel

B.U.R. 7 luglio 1999, n. 38.

La legge regionale 19 novembre 1999, n. 31, recante “Provvidenze a favore di

soggetti sottoposti a trapianto di organi”, è pubblicata nel B.U.R. 1 dicembre 1999, n.

62.

Per la legge regionale 16 agosto 2001, n. 20 si vedano le note all’art. 408, comma 1:.

La legge regionale 22 ottobre 2001, n. 27, recante “Norme in materia di divieto di

detenzione ed utilizzazione di esche avvelenate”, è pubblicata nel B.U.R. 26 ottobre

2001, n. 53, E.S..

La legge regionale 28 novembre 2001, n. 31, recante “Modificazioni ed integrazioni

della legge regionale 30 giugno 1999, n. 20 - Norme per il funzionamento delle

Commissioni sanitarie di cui alla legge 15 ottobre 1990, n. 295”, è pubblicata nel

B.U.R. 3 dicembre 2001, n. 59, E.S..

La legge regionale 17 luglio 2002, n. 13, recante “Istituzione e disciplina della figura

professionale dell’Operatore socio-sanitario”, è pubblicata nel B.U.R. 31 luglio 2002,

n. 33.

La legge regionale 6 dicembre 2002, n. 25, recante “Norme per il rilascio del nulla

osta all’impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti comportanti esposizioni a scopo

medico”, è pubblicata nel B.U.R. 18 dicembre 2002, n. 57.

Per la legge regionale 6 dicembre 2002, n. 26, si vedano le note all’art. 408, comma

1.

Per la legge regionale 26 maggio 2004, n. 7, si vedano le note all’art. 408, comma 1.

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Supplemento ordinario n. 1 al «Bollettino Ufficiale» - Serie Generale - n. 21 del 15 aprile 2015 299

La legge regionale 21 luglio 2004, n. 12, recante “Norme in materia di cremazione,

dispersione delle ceneri e servizi cimiteriali”, è pubblicata nel B.U.R. 4 agosto 2004,

n. 32.

Per la legge regionale 6 agosto 2004, n. 18, si vedano le note all’art. 408, comma 1.

Per la legge regionale 16 novembre 2004, n. 22, si vedano le note all’art. 408, comma

1.

Per la legge regionale 20 dicembre 2004, n. 28, si vedano le note all’art. 408, comma

1.

La legge regionale 23 dicembre 2004, n. 32, recante “Integrazione della legge

regionale 6 agosto 2004, n. 18 - Interventi di assistenza sanitaria in favore di paesi

extracomunitari in gravi difficoltà assistenziali sanitarie”, è pubblicata nel B.U.R. 31

dicembre 2004, n. 57.

La legge regionale 28 dicembre 2004, n. 35, recante “Ambiti territoriali delle Aziende

Unità sanitarie locali e ulteriori modificazioni della legge regionale 20 gennaio 1998,

n. 3 - Ordinamento del Sistema sanitario regionale”, è pubblicata nel B.U.R. 31

dicembre 2004, n. 57.

La legge regionale 17 febbraio 2005, n. 9, recante “Norme sulla cooperazione

sociale”, è pubblicata nel B.U.R. 4 marzo 2005, n. 10, E.S..

La legge regionale 23 febbraio 2005, n. 15, recante “Modalità per il conferimento di

incarichi di struttura nelle Aziende sanitarie regionali”, è pubblicata nel S.O. n. 1 al

B.U.R. 16 marzo 2005, n. 12.

Per la legge regionale 28 febbraio 2005, n. 18, si vedano le note all’art. 408, comma

1.

Per la legge regionale 18 ottobre 2006, n. 13, si vedano le note all’art. 408, comma 1.

La legge regionale 22 gennaio 2007, n. 1, recante “Accesso ai trattamenti terapeutici

per i cittadini consumatori di sostanze psicoattive o in stato di dipendenza”, è

pubblicata nel B.U.R. 31 gennaio 2007, n. 5.

La legge regionale 13 febbraio 2007, n. 4, recante “Disciplina in materia di requisiti

igienico-sanitari delle piscine ad uso natatorio”, è pubblicata nel B.U.R. 21 febbraio

2007, n. 8.

La legge regionale 29 marzo 2007, n. 8, recante “Disposizioni collegate alla manovra

di bilancio 2007 in materia di entrate e di spese”, è pubblicata nel S.S. n. 2 al B.U.R.

30 marzo 2007, n. 14.

Per la legge regionale 24 luglio 2007, n. 25, si vedano le note all’art. 408, comma 1.

Per la legge regionale 3 ottobre 2007, n. 28, si vedano le note all’art. 408, comma 1.

Per la legge regionale 21 febbraio 2008, n. 1, si vedano le note all’art. 408, comma 1.

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Per la legge regionale 7 maggio 2008, n. 7, si vedano le note all’art. 408, comma 1.

La legge regionale 4 giugno 2008, n. 9, recante “Istituzione del Fondo regionale per

la non autosufficienza e modalità di accesso alle prestazioni”, è pubblicata nel S.O. n.

1 al B.U.R. 11 giugno 2008, n. 27.

Per la legge regionale 29 luglio 2009, n. 18, si vedano le note all’art. 408, comma 1.

Per la legge regionale 28 dicembre 2009, n. 26, si veda la nota all’art. 321, comma 1,

lett. c).

Per la legge regionale 16 febbraio 2010, n. 13, si vedano le note all’art. 408, comma

1.

La legge regionale 7 ottobre 2010, n. 21, recante “Modificazioni ed integrazioni della

legge regionale 6 agosto 1997, n. 24 (Provvedimenti diretti alla promozione e allo

sviluppo della cooperazione) e modificazione della legge regionale 17 febbraio 2005,

n. 9 (Norme sulla cooperazione sociale)”, è pubblicata nel B.U.R. 13 ottobre 2010, n.

48.

La legge regionale 10 dicembre 2010, n. 24, recante “Modificazioni della legge

regionale 18 ottobre 2006, n. 13 (Istituzione del Garante delle persone sottoposte a

misure restrittive o limitative della libertà personale), dalla legge regionale 29 luglio

2009, n. 18 (Istituzione del Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza) e dalla

legge regionale 27 novembre 2007, n. 30 (Nuova disciplina del Difensore civico

regionale. Abrogazione della legge regionale 30 novembre 1995, n. 45)”, è pubblicata

nel S.O. n. 1 al B.U.R. 15 dicembre 2010, n. 59.

La legge regionale 20 luglio 2011, n. 6, recante “Disciplina per l’attribuzione degli

incarichi di struttura nelle Aziende sanitarie regionali. Ulteriori modificazioni ed

integrazioni alla legge regionale 20 gennaio 1998, n. 3 (Ordinamento del sistema

sanitario regionale) e abrogazione della legge regionale 23 febbraio 2005, n. 15”, è

pubblicata nel S.O. n. 1 al B.U.R. 27 luglio 2011, n. 32.

La legge regionale 4 novembre 2011, n. 13, recante “Integrazione della legge

regionale 16 febbraio 2010, n. 13 (Disciplina dei servizi e degli interventi a favore

della famiglia)”, è pubblicata nel B.U.R. 9 novembre 2011, n. 49.

La legge regionale 4 aprile 2012, n. 7, recante “Disposizioni collegate alla manovra

di bilancio 2012 in materia di entrate e di spese - Modificazioni ed integrazioni di

leggi regionali”, è pubblicata nel S.S. n. 2 al B.U.R. 5 aprile 2012, n. 15.

Per la legge regionale 27 settembre 2012, n. 14, si vedano le note all’art. 408, comma

1.

Per la legge regionale 12 novembre 2012, n. 18, si veda la nota all’art. 18, comma 1.

Il testo vigente degli artt. 19 e 21 della legge regionale 9 aprile 2013, n. 8, recante

“Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2013 in materia di entrate e di spese

- Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali” (pubblicata nel S.S. n. 3 al B.U.R.

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10 aprile 2013, n. 18), come modificato dalla presente legge, è il seguente:

«Art. 19 Modificazioni alla legge regionale 20 luglio 2011, n. 6.

[1. L’articolo 1 della legge regionale 20 luglio 2011, n. 6 (Disciplina per l’attribuzione degli incarichi di struttura nelle Aziende sanitarie regionali. Ulteriori modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 20 gennaio 1998, n. 3 (Ordinamento del sistema sanitario regionale) e abrogazione della legge regionale 23 febbraio 2005, n. 15) è sostituito dal seguente: “Art.1(Oggetto)1. La Giunta regionale, con proprio atto, disciplina i criteri e le procedure per l’attribuzione degli incarichi di direzione di struttura semplice o di struttura complessa nel rispetto dei principi fissati dall’articolo 15, commi 7, 7-bis, 7-ter, 7-quater, 7-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421), nonché delle disposizioni della contrattazione collettiva, tenendo conto delle linee di indirizzo definite in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.”]. Abrogato.2. Gli articoli 4, 5, 6 e 12 della L.R. n. 6/2011 sono abrogati.

Art. 21 Modificazioni alla legge regionale 17 luglio 2002, n. 13.

[1. All’articolo 8 della legge regionale 17 luglio 2002, n. 13 (Istituzione e disciplina della figura professionale dell’Operatore socio-sanitario) è aggiunto il seguente comma: “1-bis). Ai fini della quantificazione del credito formativo ai sensi del comma 1, continuano ad applicarsi fino al 31 dicembre 2013 i criteri e le modalità previste dall’articolo 8 del Reg. reg. 4 marzo 2003, n. 4 (Modalità per l’acquisizione della qualifica di Operatore socio-sanitario), come modificato dal Reg. reg. 21 dicembre 2006, n. 14.”]. Abrograto.».

La legge regionale 21 giugno 2013, n. 12, recante “Norme su perequazione,

premialità e compensazione in materia di governo del territorio e modificazioni di

leggi regionali”, è pubblicata nel S.O. n. 1 al B.U.R. 26 giugno 2013, n. 29.

La legge regionale 26 febbraio 2014, n. 1, recante “Ulteriori integrazioni della legge

regionale 18 ottobre 2006, n. 13 (Istituzione del Garante delle persone sottoposte a

misure restrittive o limitative della libertà personale)”, è pubblicata nel B.U.R. 5

marzo 2014, n. 10.