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L'esofago, per la sua collocazione in un territorio che è rimasto al di fuori del campo di operatività chirurgica fino alla prima metà del novecento, non risulta molto presente nei libri di tecnica chirurgica pubblicati nei secoli scorsi. La conoscenza anatomica su questo organo era peraltro abbastanza precisa, come si può vedere nelle cere anatomiche di Clemente Susini conservate presso l’ Università di Cagliari, che evidentemente derivano a un attento studio anatomopatologico sul cadavere. Gli studi anatomopatologici in Italia erano quasi tutti concentrati presso la Università di Padova, pensiamo a Giambattista Morgagni, perché la tutela della Repubblica Serenissima di Venezia consentiva lo sviluppo delle scienze, quello sviluppo che era invece frenato nelle università collocate sotto la influenza della Chiesa cattolica. In esse gli studenti non potevano praticare la dissezione del cadavere, come a Padova, e dovevano studiare su modelli di cera come questi, la cui precisione è tuttora oggetto di ammirazione. Le prime malattie dell'esofago affrontate in Italia furono le ferite a livello cervicale ed i corpi estranei. In questo testo di tecnica chirurgica di Bertrandi, pubblicato a Venezia nel settecento, si parla dei corpi estranei e della tecnica del sondaggio dell'esofago con un gambo di porro o con una stecca di balena per spingerli nello stomaco. Fin qui nulla di eccitante, ma mi pare molto interessante la descrizione nelle Cera anatomica di Clemente Susini Università di Cagliari

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L'esofago, per la sua collocazione in un territorio che è rimasto al di fuori

del campo di operatività chirurgica fino alla prima metà del novecento, non

risulta molto presente nei libri di tecnica chirurgica pubblicati nei secoli scorsi.

La conoscenza anatomica su questo organo era peraltro abbastanza

precisa, come si può vedere nelle cere anatomiche di Clemente Susini

conservate presso l’ Università di Cagliari, che evidentemente derivano a un

attento studio anatomopatologico sul cadavere.

Gli studi anatomopatologici in

Italia erano quasi tutti concentrati presso

la Università di Padova, pensiamo a

Giambattista Morgagni, perché la tutela

della Repubblica Serenissima di Venezia

consentiva lo sviluppo delle scienze,

quello sviluppo che era invece frenato

nelle università collocate sotto la

influenza della Chiesa cattolica. In esse gli studenti non potevano praticare la

dissezione del cadavere, come a Padova, e dovevano studiare su modelli di

cera come questi, la cui precisione è tuttora oggetto di ammirazione.

Le prime malattie dell'esofago affrontate in Italia furono le ferite a livello

cervicale ed i corpi estranei.

In questo testo di tecnica chirurgica di Bertrandi, pubblicato a

Venezia nel settecento, si parla dei corpi estranei e della tecnica

del sondaggio dell'esofago con un gambo di porro o con una

stecca di balena per spingerli nello stomaco. Fin qui nulla di

eccitante, ma mi pare molto interessante la descrizione nelle

Cera anatomica di Clemente Susini Università di Cagliari

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pagine successive di un primitivo cestello di Dormia con anelli fissati al vertice

di una stecca di balena e di un primitivo catetere di Fogarty, con una spugna

fissata e compressa al terminale della sonda e poi lasciata gonfiare al di sotto

del corpo estraneo. Con questi strumenti si potevano estrarre dall'esofago i

corpi estranei incapaci di progredire verso lo stomaco.

Bisogna arrivare al primo novecento per vedere descritta la prima

esofagectomia con sopravvivenza del malato eseguita da Torek nel 1913 con

anestesia endotracheale. Ma furono la camera a pressione e poi la anestesia

con respirazione a pressione positiva che consentiranno di entrare nell'era della

chirurgia esofagea.

Quando e da chi tale tecnica sia stata applicata in Italia non sono riuscito a

trovarlo e spero che qualcuno presente nell'uditorio mi possa aiutare a colmare

tale mancanza.

Certo non mancavano in Italia grandi chirurghi e non vi è dubbio che essi

abbiano praticato interventi sull'esofago, ma non avevano l'abitudine di scrivere

molto ed è difficile trovare traccia della loro attività.

Nella letteratura medica si trova traccia di un approccio sistematico alla

chirurgia esofagea nei lavori di Pettinari, di Lanzara, che per primo affrontò

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studio e pubblicò i temi di fisiopatologia di questo organo , di Valdoni, Dogliotti,

ed altri ne starò dimenticando.

Negli anni 60 alcuni gruppi in Italia si dedicarono alla chirurgia esofagea,

ma in generale i grandi chirurghi non erano particolarmente interessati

all'esofago. Tutti oggi conoscono l'esperienza del centro di chirurgia esofagea di

Padova, ma pochi sanno la verità sulla sua origine.

Nell'anno accademico 66 / 67 Pezzuoli era stato chiamato a Padova ed il

suo primo aiuto era un rampante Alberto Peracchia, che io ed altri giovani

medici e studenti avevamo scelto come leader. Ci eravamo dedicati allo studio

sperimentale dei trapianti di rene e di cuore nel ratto usando raffinate tecniche di

microchirurgia. Eravamo quelli che, secondo Pezzuoli, si dedicavano a

catetererizzare i grilli. In realtà volevamo fare il trapianti sull'uomo, ma una sera,

mentre tutti assieme mangiavamo una pasta e fagioli in un'osteria padovana,

dopo la ennesima seduta extra orario di chirurgia sperimentale, iniziammo a

parlare del nostro futuro. Ci rendemmo conto che, dato il disinteresse dei capi

per il trapianto di rene la possibilità di procedere in campo clinico era quasi

nulla. Con la reattività dei giovani, io ero il più vecchio è davvero 29 anni,

decidemmo di cambiare settore di studio. Passammo in rassegna tutto il corpo

umano alla ricerca di un campo libero, ma, cuore, polmone, fegato, arterie,

pancreas tutto era già occupato da altri più anziani ed aggressivi chirurghi. Solo

l'esofago era libero.. Nessuno si interessava a Padova di patologia esofagea.

Così di punto in bianco decidemmo di occupare quello spazio vuoto e non

sapevamo neppure che nelle tre Venezie la incidenza di cancro esofageo era la

più alta d'Italia ed una delle più alte d'Europa. Audaces fortuna Juvat. Nel 1972

Peracchia poteva parlare al congresso della società italiana di chirurgia toracica

su 129 casi di cancro esofageo e, nei primi anni 70 per l'intuito del grande

clinico otorinolaringoiatra Arslan e la capacità tecnica del suo aiuto Gastone

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Pesavento iniziò la nostra esperienza nella ricostruzione dell'esofago con colon

plastica e poi della sostituzione segmentaria dell'esofago cervicale con

autotrapianto di ansa intestinale, anastomizzando i vasi digiunali ai vasi tiroidei.

Tornava buona tutta la esperienza di microchirurgia sperimentale.

A Pugnochiuso il cast della sessione era rappresentativo della chirurgia

esofagea italiana a cavallo tra gli anni 60 e 70. Presiedeva il professor Valdoni

con Pezzuoli e Stefanini come moderatori. Il professor Valdoni aveva in apertura

dichiarato che la esofagocolonplastica doveva essere eseguita con il colon

destro e l'ultima ansa ileale. Altri

relatori e in particolare Ribotta

avevano proposto invece del colon

di sinistra, che si avviava a diventare

ormai il segmento di scelta per le

minori varianze anatomiche della

vascolarizzazione. Chiesi la parola e

mi feci avanti dal fondo della sala

verso il podio, ero vestito

praticamente da spiaggia con gli zoccoli e gli occhiali scuri, e Valdoni chiese

Pezzuoli “chi è questo?”.

Pezzuoli mi guardò, mi riconobbe e disse a

Valdoni “ io non lo conosco”. Con l'idea di

provocare una discussione tra Stefanini e Valdoni

chiesi a Stefanini cosa pensasse della

affermazione di Valdoni che il segmento di scelta era il

colon destro. Valdoni si agitò e mi disse “Le

assicuro che l’ileocolon arriva fino a qui!” e si

Paride Stefanini e Pietro Valdoni

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toccava l’apice del cranio; Stefanini girò immediatamente la domanda a Ribotta

e questi, in quella occasione mi dette una delle più importanti lezioni di vita

accademica. Egli prese il microfono e mi disse: “ Caro Ancona le devo dire che

io sono totalmente d'accordo con il professor Valdoni, a questo punto questi

dette segni di contentezza, sono d'accordo con il professor Valdoni che vada

sempre usato il colon sinistro concluse Ribotta, affermando cioè esattamente il

contrario di quello che aveva sostenuto il grande Valdoni.

Fu poi negli anni settanta che la chirurgia esofagea italiana si affacciò

Negli anni 70 alcuni gruppi chirurgici italiani si affacciarono alla ribalta

internazionale ottenendo lusinghieri riconoscimenti per la qualità della chirurgia

esofagea eseguita.

Per il nostro gruppo fu,

come già ricordato,

l'autotrapianto di ansia

intestinale in sede cervicale,

pubblicata nel 1976 per la

prima volta a dare ad Alberto

Peracchia e a tutti noi una

visibilità scientifica sulla base

di una serie di 20

autotrapianti eseguiti in pochi

anni, con fortissima riduzione della mortalità rispetto ai precedenti interventi di

faringocolonplastica.

In Italia fu applicata anche la tecnica della esofagectomia a torace chiuso,

da noi e dal gruppo di Verona, e fu pubblicata per la prima volta dal gruppo di

Cordiano.

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Ma gli anni 70 meritano di essere ricordati per due importanti progressi

tecnologici: il primo fu lo sviluppo della fibroendoscopia (Oselladore, Montori,

Viceconte e chissà quanti ne sto dimenticando) che portò a un grande

miglioramento diagnostico, ma anche alla introduzione di tecniche operative

endoscopiche, come la dilatazione pneumatica per acalasia esofagea, la

collocazione endoscopica di protesi endoesofagee e, ai primi anni 80, alla

scleroterapia delle varici esofagee. Questa tecnica endoscopica fece divenire

rapidamente obsoleta la chirurgia di derivazione porto cavale praticata fino ad

allora in Italia dei più importanti chirurghi.

Un altro miglioramento tecnologico fu lo sviluppo delle suturatrici

meccaniche che, partendo dal primo strumento russo qui raffigurato, che veniva

caricato a mano prima di ogni applicazione,

vide la introduzione del mercato delle

nuove suturatrici americane, della Ethicon e

dell'Autosuture, che consentirono un

drammatico abbattimento del tasso di

fistole anastomotica e della mortalità ad esse correlata.

Le suturatrici meccaniche circolari consentirono anche di eseguire

agevolmente l'intervento di Sujura che interrompe il flusso ematico verso le

varici esofagee, mediante transezione dell'esofago subito sopra al cardia, senza

provocare causare la encefalopatia da derivazione portocavale.

Negli anni 80 la chirurgia resettiva esofagea italiana raggiunse un'ottimo

standard in termini di complicanze e mortalità soprattutto nei centri che ad essa

si erano specificamente dedicati: Padova, Verona, Milano, Torino, Bologna,

Roma, Napoli, nel meridione d'Italia le esperienze nella chirurgia del cancro

esofageo erano e sono tuttora minori in virtù della bassa incidenza di questa

malattia in quelle regioni, probabilmente in virtù della dieta mediterranea. Ma nei

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più importanti ospedali del sud si sviluppò particolarmente lo studio

fisiopatologico dell'esofago è la chirurgia per patologia benigna, in primo luogo

per ernia iatale. Penso all’influsso di Lanzara e poi di Del Genio.

Sempre negli anni 80 iniziò un lungo e faticoso percorso di avvicinamento

tra la chirurgia, la radio terapia e la oncologia medica per migliorare gli scarsi

risultati che si ottenevano nella cura del cancro esofageo con l’uso singolo di

una di queste metodiche. Tale

approccio pluridisciplinare divenne

stabile in molte sedi negli anni 90 ed

ora rappresenta una condizione sine

qua non per la cura dei pazienti

neoplastici. Non si può non ricordare

il ruolo svolto da Alberto Peracchia

tra gli anni 80 e 90 nelle varie società

scientifiche internazionali che

culminò con la consensus conference di Milano che definì molti parametri

valutativi e molte linee guida sulla chirurgia resettiva per cancro esofageo.

Gli anni 90 furono gli anni della esplosione della chirurgia mini invasiva

anche per le malattie esofagee. La laparoscopia e la toracoscopia furono

estesamente sperimentate e poi standardizzate per la cura di molte malattie

benigne. Possiamo dire che alla fine degli anni 90 La laparoscopia era ormai

divenuta la via di accesso preferenziale per la cura della acalasia esofagea e

della patologia da reflusso gastrico esofageo. La toracoscopia fu largamente

Alberto Peracchia and his wife at his 80 years dinner

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adottata con successo per la asportazione

dei leiomiomi di piccole e medie dimensioni.

Anche interventi più complessi, come

l'allungamento dell'esofago corto con la

tecnica di Collis-Nissen furono praticati in

laparoscopia e in toracoscopia.

Dal 2000 siamo entrati ormai nella

epoca attuale. Le capacità tecniche nella

chirurgia mini invasiva si sono talmente

diffuse in Italia che oggi è impossibile nominare tutti i centri nei quali vengono

eseguite le più frequenti tecniche chirurgiche esofagee, ma deve comunque

essere tenuto presente che ai pazienti deve essere sempre riservata una

accurata selezione, parlo evidentemente per la patologia benigna, per poter

ottenere buoni risultati.

Per la acalasia esofagea la palliazione della disfagia deve essere ottenuta

almeno nel 90% dei casi. Per la patologia da reflusso vedete come anche in un

centro dedicato come il nostro le sequele come la disfagia, il dislocamento in

mediastino della plastica, il telescoping, il disfacimento della plastica siano

evenienze non rare. Se guardiamo la nostra esperienza si vede che la chirurgia

laparoscopica da noi eseguita per malattia da reflusso vede ogni anno una

percentuale del 15 al 20% di reinterventi. Alcuni per insuccessi registrati in casa

e molti per insuccessi riferiti da altri centri. Probabilmente anche alcuni dei nostri

insuccessi andranno altrove per essere rioperati.

È certo che la qualità delle ottiche e degli strumenti che sono state i posti a

nostra disposizione hanno reso la chirurgia del giunto esofago gastrico molto più

precisa di quella che veniva praticata ad addome aperto.

Negli anni 90 la chirurgia mininvasiva trova nell esofago alcune elettive applicazioni

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Sul reale vantaggio offerto dalla chirurgia robotica credo sia troppo presto

per esprimersi e penso anche che sia necessario un attento studio del rapporto

costo beneficio; tuttavia ritengo che i centri, oggi soprattutto ospedalieri, che

hanno sviluppato le tecniche robotiche debbano proseguire e sviluppare la loro

esperienza in questo settore, perché non è la prima volta che tecniche

considerate inizialmente costose e fuori portata siano poi divenute tecniche di

routine.

Ma in chiusura voglio tornare al cancro dell'esofago, certamente una delle

malattie più letali che esistono in oncologia.

Una maggior attenzione all'esofago di Barrett ed una maggior diffusione della

esofagogastroscopia fa sì che oggi siano spesso riscontrate neoplasie iniziali,

limitate alla mucosa e sottomucosa esofagea. In questi casi la chirurgia

endoscopica si era fatta prepotentemente avanti con proposte tecniche che

superano la tradizionale è discussa laser

terapia. Parlo della mucosectomia e della

termo ablazione con radio frequenza.

C'è evidenza in letteratura, supportata

anche da un nostro studio, che nei tumori

intramucosi dell'esofago le metastasi

linfonodali tendono al valore zero. Quando

sia infiltrato il primo strato della sottomucosa

la prognosi è altrettanto benigna mentre se il tumore invade i due strati

sottostanti della sottomucosa la percentuale della invasione linfonodale è

notevole. La ecoendoscopia si è affermata negli ultimi tempi come metodo

utilissimo a discriminare le neoplasie con infiltrazione della sottomucosa e

ritengo pertanto che la mucosectomia possa essere considerata una tecnica

potenzialmente curativa e sicuramente diagnostica e sicura, poiché consente di

Nella HGD mucosectomia o radiofrequenza ?

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programmare una eventuale resezione esofagea sulla base di un esame

istopatologico definitivo. La resezione è infatti un intervento tuttora gravato da

complicanze potenzialmente letali.

Anche la chirurgia per cancro esofageo si è diffusa e periferizzata , oggi,

ad esempio, nel Veneto il 70% delle esofagectomia viene eseguito al di fuori dei

centri di Padova e di Verona che sono specializzati in questo settore.

Specializzati vuol dire che la sinergia tra chemioterapia, radio terapia e chirurgia

deve essere valutata caso per caso per dare ai pazienti le migliori possibilità di

sopravvivenza; vuol dire che nuovi protocolli devono essere testati con studi

prospettici; vuol dire che ai pazienti deve essere offerto il miglior risultato in

termini di complicanza e di mortalità ospedaliera. Non sono le mani pur

esercitate del chirurgo che garantiscono questo ultimo aspetto. È la particolare

specializzazione della equipe, comprensiva di infermieri, nutrizionisti,

anestesisti, rianimatori e di tutti i chirurghi sia operatori sia medici di sala e di

guardia, assieme alla competenza di tutti i servizi ospedalieri connessi a

minimizzare i rischi di una chirurgia così impegnativa. Ad Abano in un

congresso dedicato all'esofago di Barrett Cordiano presentò una relazione dal

titolo obiettivo mortalità zero.

Lo zero non esiste e non può

esistere in chirurgia ma in questa

diapositiva potete vedere i

risultati che possono essere

offerti ai pazienti, ogni stadio

tumorale, in tutti i centri

specificamente dedicati alla

chirurgia del cancro esofageo.

1978 esophagectomies for Cancer of the thoracic esophagus & EG-J - postoperative deaths (i.e. no intra-operative deaths) -

0

2

4

6

8

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1980-1987 1988-1995 1996-2004

%

1.4% (7/495) after

gastric pull-up

64/785 8.2%

42/659 6.4%

14/534 2.6%

in-hospital deaths p < 0.0001

Centro di Alta Specializzazione della Regione Veneto per le Malattie dell Esofago

Padova, Italy (1980-2004) - Ruol et al. Arch Surg 2009;144(3):247-54

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È per sottolineare ancora l'importanza che i pazienti siano inseriti in studi

pluridisciplinare potete osservare come la sopravvivenza stessa a distanza sia

fortemente migliorata da quando,

negli ultimi tempi, questo tipo di

approccio al tumore esofageo è

divenuto prassi presso il Centro

Veneto Malattie Esofago.

In conclusione la scuola chirurgica

Italiana non è stata e non è seconda a

nessuna altra nelle capacità tecniche

e nelle potenzialità terapeutiche nel settore della chirurgia esofagea. Ribadisco

però la importanza della corretta indicazione nelle malattie funzionali e della

necessità di un approccio pluridisciplinare nelle malattie neoplastiche, non per

pretendere una concentrazione dei malati nei pochi Centri specializzati, ma per

garantire ai pazienti i migliori risultati terapeutici.

Ermanno Ancona

0

25

50

75

100

12 24 36 48 60

1980-1987 (n=785) 1988-1995 (n=659) 1996-2004 (n=534)

Survival curves after resection surgery (R0-2), including postop. deaths

months

%

p<0.0001

1978 esophagectomies for cancer of the thoracic esophagus & EG-J type I-II

43%

19% 23%

Centro di Alta Specializzazione della Regione Veneto per le Malattie dell Esofago

University of Padova – Italy (1980-2004) Ruol et al. Arch Surg 2009;144(3):247-54