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La struttura del nucleone 90% del materiale dai proff. Ragusa e Mandelli
Lezione 4
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
Scattering elettrone-nucleone Capitolo 8: “The Structure of the Nucleon”
• Negli anni ‘50 con la formulazione del modello a quark (statico) si poteva dare una classificazione degli adroni.
• Non era però possibile andare a studiare la struttura degli adroni in esperimenti di collisioni adroniche: – Interazioni forti: non è applicabile un’analisi perturbativa
• Si costruiscono così i primi esperimenti per studiare lo scattering elettrone-nucleone: – Interazione elettromagnetica; – Informazioni sulla struttura del nucleone possono essere ottenute
anche solo osservando l’elettrone.
• All’aumentare del momento trasferito si osserva uno spettro sempre più complesso di fenomeni: – Scattering elastico – Formazione di risonanze e sistemi adronici complessi – Scattering profondamente inelastico: “osservazione” dei quark
DIPARTIMENTO DI FISICA 2
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
Scattering elastico
• Primi studi sulla struttura interna del nucleone effettuati con esperimenti di scattering elastico.
• Stanford Linear Accelerator: acceleratore lineare di elettroni
• Serie di esperimenti con elettroni di energia 150-550 e diversi tipi di bersaglio.
• McAllister e Hofstadter, Phys. Rev. 102 851 (1956) – Articolo 8.1 del testo
• Premio Nobel nel 1961
DIPARTIMENTO DI FISICA 3
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
Cinematica
• Consideriamo un elettrone incidente su un nucleo a riposo. – Per fissare le idee definiamo l’asse
z come la direzione del moto. – Possiamo trascurare la massa
dell’elettrone. – mN massa del nucleo.
• L’elettrone scambia un fotone con il nucleo, trasferendogli un tetramomento q. – W massa dello stato adronico
finale:
DIPARTIMENTO DI FISICA 4
k = E 0 0 E( )!k = !E !E sinθ 0 !E cosθ( )p = mN 0 0 0( )q = E − "E − "E sinθ 0 E − "E cosθ( )
W 2 = p+ q( )2 =mN2 + 2 pq( )+ q2
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
Cinematica: Invarianti relativistiche
• Ci sono tre tetraverttori indipendenti: p, k, k’ – Possono venire combinate a dare tre quantità scalari
• Energia nel centro di massa • Due a scelta tra:
– Momento trasferito – Per comodità si definisce Q2 come quantità positiva:
– Frazione di energia trasferita
– xB
• Caso elastico: – un vincolo aggiuntivo
DIPARTIMENTO DI FISICA 5
s = p+ k( )2 =mN2 + 2mNE
q2 = k − "k( )2 = −2 k "k( ) = −2E "E (1− cosθ ) = −4E "E sin2 12θQ2 = −q2
y =2 pq( )2 pk( )
=E − "EE
0 < y <1
x = Q2
2 pq( )0 < x <1
W 2 =mN2
W 2 = p+ q( )2 =mN2 + 2 pq( )+ q2 ⇒ mN
2 =mN2 + 2 pq( )+ q2 ⇒ x = −q2
2 pq( )=1
2E !E (1− cosθ )2mN E − !E( )
=1⇒"EE=
11+ E /mN( )(1− cosθ )
=1
1+ 2E /mN( )sin2 12θ
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
Cinematica: sezione d’urto
• La formula usuale della sezione d’urto è: dove dΦadroni è lo spazio delle fasi del sistema adronico.
• Trascurando la massa dell’elettrone:
• Nel caso elastico: – Il termine di spazio fasi diventa – L’integrazione su dE’ è immediata:
DIPARTIMENTO DI FISICA 6
dσ =M 2
4 (kp)2 −mN2me
22π( )4δ k + p− "k − "p( ) d3k
2π( )3 2 "EdΦadroni
dσ =M 2
16mNE2π( )δ (4) k + p− "k − "p( ) "E d "E dΩdΦadroni
dΦadroni =d3 "p
2π( )3 2(mN +E − "E )
dσdΩ
=M 2
64π 2mN2
1
1+ 2EmN
sin2 12θ=
M 2
64π 2mN2
"EE
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
L’elemento di matrice
• L’elemento di matrice è dato dall’interazione delle correnti elettronica ed adronica:
• Per il quadrato dell’elemento di matrice abbiamo i tensori:
• Il tensore leptonico è sempre il solito:
• Bisogna determinare la forma di Wµν.
DIPARTIMENTO DI FISICA 7
M = (−ie)Jeµ −igµνq2
(−ie)Jhν
M = ie2JeµJh,µq2
M 2=e4
q4LµνWµν
Lµν = Je*µJe
ν W µν = Jh*µJh
ν
Jeµ =12
ue !k( )γ µue k( )spin∑ Le
µν = 4 k µ !k ν + kν !k µ − (k !k )gµν( )
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
Eercizio 4.1
Sezione d’urto di Rutherford
• Nel caso di particelle scalari puntiformi, le correnti sarebbero:
• Verificare che, nel limite mN>>E si ottiene la sezione d’urto di Rutherford:
DIPARTIMENTO DI FISICA 8
Jeµ = k + !k( )
µ
J hµ = p+ !p( )
µ
dσdΩ
=α 2
4E 2 sin4 12θ
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
Il tensore adronico
• Il tensore adronico può dipendere solo da p e q: – Funzioni scalari dipendenti solo da Q2
– Tensori combinazione di componenti di p e q
• La forma più generale è data da:
• Imponendo la conservazione della corrente si possono esprimere W4 e W5 in funzione di W1 e W2 (con x=1):
• Ottenendo
DIPARTIMENTO DI FISICA 9
W µν =W1 Q2( ) −gµν( )+
W2 Q2( )
mN2 pµ pν +
W4 Q2( )
mN2 qµqν +
W5 Q2( )
mN2 (pµqν + pνqµ )
qµWµν = 0
W4 =mN
2
q2 W1 +14W2, W5 =
12W2
W µν =W1 Q2( ) −gµν + q
µqν
q2"
#$
%
&'+
W2 Q2( )
mN2 pµ + 1
2 qµ( ) pν + 1
2 qν( )
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
Sezione d’urto di Mott
• Nel caso in cui il protone fosse uno scalare puntiforme:
• Si ottiene la sezione d’urto di Mott:
DIPARTIMENTO DI FISICA 10
W1 Q2( ) = 0, W2 Q
2( ) = 4M 2
W µν = pµ + !p µ( ) pν + !p ν( )
dσdΩ
=α 2 cos2 12θ4E 2 sin4 12θ
"EE
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
Protone di Dirac
• Se il protone fosse una particella di Dirac:
• Che equivale a
• Ed alla sezione d’urto:
DIPARTIMENTO DI FISICA 11
J hµ =12
up !p( )γ µup p( )spin∑ Wh
µν = 2 pµ !p ν + pν !p µ − ( p !p −mN2 )gµν( )
W1 Q2( ) = 2( p !p −mN
2 ) =Q2 W2 Q2( ) = 4mN2
dσdΩ
=α 2 cos2 12θ4E 2 sin4 12θ
"EE1+ Q2
2mN2 tan
2 12θ
#
$%
&
'(
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
Formula di Rosenbluth
• Nel caso generale:
• Solitamente le funzioni W sono espresse in termine dei fattori adimensionali F1 ed F2.
• Che si possono interpretare come i termini che definiscono il contributo della carica e del momento magnetico anomalo κ alla corrente del protone:
DIPARTIMENTO DI FISICA 12
dσdΩ
=α 2 cos2 12θ4E 2 sin4 12θ
"EE
W2 Q2( )
4mN2 +
W1 Q2( )
2mN2 tan2 12θ
#
$%%
&
'((
W1 Q2( ) =Q2 F1(q
2 )+κF2 (q2 )( )
2W2 Q
2( ) = 4mN2 F12 (q2 )+ κ2Q2
4mN2F22 (q2 )
!
"##
$
%&&
J hµ = up !p( ) F1 q2( )γ µ + i qνσ
µνκ
2mNF2 q
2( )!
"##
$
%&&up p( )
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
Interpretazione dei fattori di forma
• Se il processo di scattering avviene non in un punto, ma su una distribuzione di densità compare un contributo dovuto alla propagazione delle onde piane corrispondenti alle funzioni d’onda della particelle incidente e di quella diffusa:
• A basso momento trasferito, la densità può venire approssimata da una δ ed il fattore di forma è quello di una particella puntiforme:
• Sviluppando l’integrale si ottiene una serie di potenze in q:
• Assumento ρ a simmetria sferica:
DIPARTIMENTO DI FISICA 13
F(q2 ) = dre−i "k ⋅rρ(r)eik⋅r∫ = dreiq⋅rρ(r)∫
F(0) =1
F(q2 ) = dreiq⋅rρ(r) =∫ drρ(r) 1+ iq ⋅ r− 12q ⋅ r( )2 +...
$
%&'
()=∫
drρ(r) =1∫drρ(r)iq ⋅ r =∫ 0
−12
drρ(r) q ⋅ r( )2 =∫ −16q2 r2
Primo termine dello sviluppo: 0ggetto della misura di Hofstadter
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
La struttura del nucleone (Hofstadter)
• Il grafico mostra la sezione d'urto in funzione dell'angolo per lo scattering di elettroni di 188 MeV su bersaglio di idrogeno
• Notare che – il grafico comincia da 30o
– l'asse verticale è logaritmico – fino ad angoli ~50o l'accordo è
buono – solo ad angoli grandi (alto Q2)
ci sono discrepanze
Evidenza di deviazioni dal comportamento di particella di
Dirac
DIPARTIMENTO DI FISICA 14
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
L'apparato da 190 MeV
• La figura mostra uno schema semplificato dell'apparato da 190 MeV utilizzato da Hofstadter
• Gli elettroni dell'acceleratore Mark III arrivano da sinistra
• Vengono deflessi dal magnete C • Vengono selezionati dal collimatore Slit • Sono ulteriormente deflessi dal magnete R
dal quale sono finalmente focalizzati nella camera di scattering
• Lo scopo dei magneti C e R è di – selezionare elettroni di energia ben
definita: ΔE = 2 MeV a 188 MeV – di eliminare l'enorme numero di
fotoni e neutroni che accompagnano il fascio di elettroni
• L'acceleratore fornisce pacchetti di elet-troni (impulsi): circa 60 al secondo
• Un impulso durava circa 0.5 µs • Nel normale funzionamento dell'accelera-
tore arrivavano alla camera di scattering circa 2-3 × 109 elettroni per impulso
• La frequenza istantanea è estremamente elevata 4-6 × 1015 elettroni al secondo
• Tecniche di conteggio con scintillatori e coincidenza non si possono utilizzare – occorre misurare con precisione
l'intensità del fascio per misurare la sezione d'urto
DIPARTIMENTO DI FISICA 15
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
• La figura mostra uno schema semplificato della camera di scattering
• Gli elettroni normalmente attraversano la camera di scattering senza interagire con il bersaglio e vengono misurati dal rivelatore monitor che permette così di misurare il numero di elettroni di ogni impulso
La camera di scattering
• Occasionalmente gli elettroni interagiscono nel bersaglio
• Se l'angolo di deflessione è uguale all'angolo a cui è posto il rivelatore allora gli elettroni che hanno interagito entrano nel rivelatore
• Per lo studio della struttura del nucleone il bersaglio era costituito da idrogeno, deuterio o elio ad alta pressione – per aumentare la densità
DIPARTIMENTO DI FISICA 16
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
L'apparato sperimentale
• Dati del bersaglio – bersaglio di idrogeno a 2000 PSI = 136 atm – lunghezza 3 1/8 inches = 7.94 cm
• La figura mostra un schema semplificato del rivelatore e del bersaglio
• gli elettroni arrivano nella direzione indicata dalla freccia
• se sono deflessi all'angolo corretto colpiscono il rivelatore
• il rivelatore è costituito da uno spettrometro magnetico
• se gli elettroni hanno l'energia su cui è regolata la corrente del magnete, il campo magnetico, perpendicolare alla pagina deflette gli elettroni e li focalizza su un contatore Cherenkov
• I motivi per realizzare un rivelatore relativamente complicato sono – potere misurare con precisione
l'energia dell'elettrone deflesso – eliminare gli eventi in cui lo scat-
tering non è elastico – poter posizionare il rivelatore vero
e proprio (il contatore Cherenkov) in una zona con basso fondo
• La scelta di un contatore Cherenkov è anch'essa dettata dalla richiesta di diminuire il fondo: – dà un segnale solo quando la
velocità della particella supera un valore di soglia (β>1/n)
DIPARTIMENTO DI FISICA 17
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
L'apparato sperimentale
• Il rivelatore può ruotare rispetto alla camera di scattering per potere selezio-nare l'angolo di scattering
• La misura contemporanea di E' e di θ permette di eliminare gli eventi di fondo
DIPARTIMENTO DI FISICA 18
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
Risultati sperimentali
• Innanzitutto il funzionamento dell’apparato • Per lo scattering elastico l'energia dello
elettrone deflesso è fissata dall'angolo di scattering:
• I dati sperimentali sono ottenuti posizionando lo spettrometro ad un dato angolo
• Si misura l'energia dell'elettrone variando il campo magnetico
• Separazione del picco elastico dal fondo.
DIPARTIMENTO DI FISICA 19
!EE=
1
1+ 2 EmN
1− cosθ( )
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
Esercizio 4.2
Effetto del materiale nell’esperimento di Hofstadter • Gli elettroni prima di arrivare al rivelatore
attraversano del materiale: – 250 µm di acciaio nella parete frontale – 460 µm / sinθ di acciaio nella parete laterale
• Calcolare la perdita di energia per elettroni diffusi a 40°, 90° e 140°.
• Calcolare θrms dovuto allo scattering multiplo. – Calcolare il conseguente allargamento
del picco elastico.
DIPARTIMENTO DI FISICA 20
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
Risultati per idrogeno
a) Sezione d’urto di Mott
b) Particella di Dirac
c) Sezione d’urto di Rosenbluth per protone puntiforme
La curva sperimentale indica una correzione: con
DIPARTIMENTO DI FISICA 21
F1 Q2( ) = F2 Q2( ) =1−Q
2
6rp2
rp2 = 0.74± 0.24fm
F1 Q2( ) = F2 Q2( ) =1
dσdΩ
=α 2
4E 2 sin4 12θ"EEcos2 12θ F1
2 +κ 2Q2
4mp2 F2
2#
$%%
&
'((+
Q2
2MF1 +κF2( )
2tan2 12θ
)
*++
,
-..
dσdΩ
=α 2
4E 2 sin4 12θ"EEcos2 12θ
dσdΩ
=α 2
4E 2 sin4 12θ"EEcos2 12θ 1+
Q2
2Mtan2 12θ
#
$%
&
'(
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
Risultati per particelle α
• Siccome il nucleo di He ha spin 0, il confronto viene fatto con la formula di Mott
– Scalata per Z2
• Anche in questo caso accordo con un fattore di forma:
DIPARTIMENTO DI FISICA 22
F1 Q2( ) =1−Q
2
6rHe2
rHe2 =1.60± 0.10fm
dσdΩ
=Z 2α 2
4E 2 sin4 12θ* cos
2 12θ
*F12 Q2( )
Lezione 4 Fisica delle Particelle 3 – A. Andreazza – a.a. 2011/12
Esercizio 4.3
Analisi dell’esperimento di Hofstadter • Verificare che la sezione d’urto osservata a 90° è quella attesa
dall’interazione coulombiana? • Usando i dati delle dispense e del testo, stimare che tasso di
eventi è atteso nel rivelatore.
DIPARTIMENTO DI FISICA 23