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Federico Ghibaudo
9/5/80 - 9/1/95
Liceo Scientifico
Gerardiana Basket
Monza
"Frisi" -1 G - a.s.94/95a
LiceoScientifico
"Frisi"Monza
PremioLetterario
"Federico
Ghibaudo"
anno 2006
12 edizionea
Premio Letterario "Federico Ghibaudo" anno 2006 - 12a edizione
“L’INDICE”
1° premio poesia Armando Petrella 2a - C pag. 5
2° premio poesia Andrea Guadagnino 5a - B pag. 7
1° premio prosa Veronica Merlo 4a - G pag. 9
2° premio prosa Gabriele Bambina 4a - F pag. 10
Premi giuria Giacomo Delledonne 3a - E pag. 13
“ Valeria Noseda 5a - C pag. 14
“ Niccolò Riva 5a - D pag. 15
“ Greta Tettamanzi 4a - C pag. 16
“ Davide Papasidero 5a - F pag. 17
altri componimenti
in ordine di presentazione:
Giacomo Delledonne 3a - E pag. 18
Gabriele Bambina 4a - F pag. 19
Claudio Rendina 2a - B pag. 22
Andrea Galtieri 4a - F pag. 24
Giona Casiraghi 2a - H pag. 25
Valeria Noseda 5a - C pag. 26
Andrea Besana 3a - I pag. 27
Marta Cassina 2a - C pag. 28
Aurora Coatti 3a - B pag. 29
Davide Galbiati 2a - H pag. 34
Roberta Motter 4a - G pag. 35
Valentina Begani 5a - D pag. 36
Guido Pasini 3a - B pag. 37
Riccardo Cosenza 3a - E pag. 38
Paolo Marchiori 3a - F pag. 39
Federico Fumagalli 5a - F pag. 40
Davide Papasidero 5a - F pag. 42
Premio Letterario "Federico Ghibaudo" anno 2006 - 12a edizione
“ELENCO FINALISTI PRECEDENTI EDIZIONI”
1995 1°Class. Alexandra Bonfanti 2a F
2° Loredana Lunadei 2a G
3° Arianna Ferrario 1a G
1996 1°Class. Martino Redaelli 4a A
2° Elena Cattaneo 4a G
3° Marika Pignatelli 3a C
1997 1°Class. Niccolò Manzolini 4a A
2° Matteo Pozzi 3a I
3° Elena Cattaneo 5a G
1998 1°Class. Lorenzo Piccolo 4a A
2° Matteo Pozzi 4a I
3° Lucia Gardenal 2a I
1999 1°Class. Dacia dalla Libera 3a E
2° Lorenzo Piccolo 5a D
3° Vincenzo Calvaruso 3a H
2000 1°Class. Giulia Pezzi 4a G
2° Dacia dalla Libera 4a E
3° Cristina Sanvito 4a D
2001 1°Class. Tiziano Erriquez 4a D
2° Giorgia di Tolle 4a D
3° Chiara Grumelli 4a A
2002 1°Class. poesia Alessandro Sala 4a H
2° Federica Archieri 5a L
1°Class. prosa Caterina Cenci 4a H
2° Alessandro Dulbecco 3a C
2003 1°Class. poesia Alesssandro Farsi 5a E
2° Cristina Pozzi 3a D
1°Class. prosa Alessandro Dulbecco 4a C
2° Pietro Spinelli 4a B
2004 1°Class. poesia Margherita Corradi 2a L
2° Riccardo Tremolada 2a L
1°Class. prosa Paola Molteni 5a F
2° Pietro Spinelli 5a B
2005 1°Class. poesia Margherita Corradi 3a G
2° Paolo Marchiori 2a F
1°Class. prosa Roberta Motter 3a G
2° Veronica Merlo 3a G
Concorso Letterario "Federico Ghibaudo" anno 2006 - 12a edizione
“LA GIURIA”
Riccardo Galli 2a - F
Alberto Martinelli 2a - H
Luca Scotti 2a - D
Alice Caprotti 3a - H
Valentino Tucci 3a - D
Margherita Corradi 4a - G
Alessio Menagia 4a - C
Carlotta Gentile Latino 5a - E
Valentina Rosolen 5a - B
Sergio Sauco 5a - A
“IL CONCORSO”
Il concorso è riservato agli studenti del Liceo “Frisi” ed ha
un grosso difetto, i vincitori ufficiali sono pochi, mentre ogni
partecipante, che ha messo nero su bianco le sue idee, le sue
esperienze, la sua fantasia, la sua anima, per farle conoscere
agli altri, ogni partecipante, è un vincitore.
Ma le regole consolidate per i concorsi, che sono poi le
stesse che spingono a partecipare, richiedono una classifica
che, per le innumerevoli varianti in campo, non potrà che
essere imperfetta.
I componimenti sono quelli originali, non è stato previsto
nessun intervento sugli stessi da parte di nessuno, con
l’obiettivo di non creare interferenze di nessun genere sulla
spontaneità degli elaborati.
Invitiamo pertanto ogni singolo lettore a trovare il SUO
componimento preferito e a far suo lo stile ed il messaggio in
esso contenuto. Questo concorso vuole infatti proporsi come
punto di ritrovo, come un punto di confronto, una palestra
per idee, sentimenti ed emozioni.
“INTERNET”
I testi di tutti i concorsi, dal primo fino all’attuale
si possono trovare su internet al seguente indirizzo:
http://www.premio-liceofrisi.it
Concorso Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“LA BIBLIOTECA”
in biblioteca sono disponibili
per la consultazione,
i fascicoli delle precedenti edizioni del Concorso...
...oltre una copia dei seguenti libri premio:
1996 L’Alchimista - Paulo Coelho - Bompiani
1997 Messaggio per un’aquila che si crede un pollo
Istruzione di volo per aquile e polli
Antony de Mello - Piemme
1998 Il viaggio di Theo Catherine Clèment
Longanesi
1999 Abbiate coraggio Francesco - Alberoni
2000 Perchè credo in Colui che ha creato il mondo
Antonio Zichicci - il Saggatore
2001 Il mondo di Sofia - Jostein Gaarder
Longanesi
2002 Il tao della fisica - Fritjof Capra
Adelphi
2003 L’universo in un guscio di noce
Stephen Hawking - Mondadori
2004 Storia della Filosofia Moderna
da Cartesio a Kant
L.De Crescenzo – Mondadori
2005 Che cosa sappiamo della mente
Vilayanur S.Ramachandran
Mondadori
2006 Menti curiose
di John Brockman
Codice Edizioni
5
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
Primo Classificato sez. poesia
“ASPETTANDO CHE SI SCONGELINO LE ACCIUGHE” di Armando Petrella - 2a C
Notte.
Stella.
Luna.
Svegliato da un brulicar verace
Felpato, mi porto in cucina
Lontana è ancora la luce del mattino
Apro il frigo che ahimè langue
Pupazzo di neve lasciato inerme
Esangue
Nessuno ha provveduto a lo riempir
Giace solitario un vasetto d’acciughe
Posto fra l’abisso e la luce
A tenergli compagnia
Qualche uovo e formaggio di fattoria
Veloce lo afferro lo guardo lo stappo
Annuso
Solida è la patina
La forchetta è fermata
Lascio intristito il vasetto
Mi avvicino alla finestra
La falce splende nel cielo
La gente dorme.
Mi lascio sfiorare
Memore del detto.
Nella luce della notte ci sguazzo
Come diceva il grande vecchio nero
La vita della notte
Non è una bella vita
Ma è la mia vita.
E allora luna
Non sparire questa sera
Lasciati contendere fra innamorati e lupi
Fra canzoni e sussurri
Luna non farti oscurare dal sole
6
Sciogli queste acciughe
Resta meta irraggiungibile
Luna non tramontare
Domani c’è la versione.
Piove.
7
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
Secondo Classificato sez. poesia
Andrea Guadagnino - 5a B
“…PENSIERI NOTTURNI…”
“Forse perché
della fatal quiete
tu sei l’imago a me sì cara vieni
o Sera!”
Ugo Foscolo
“Amo la notte”
Edgard Allan Poe
“PENSIERO DI UN BARBONE PARIGINO”
Ondeggiamo nell’aria notturna,
il buio scortese contagia il nostro cuore.
Allora, perduti, inseguiamo la luce di uno sguardo,
il calore di un abbraccio, la dolcezza di una voce.
Miseri soli in una notte nera rischiarano come intime albe.
E sorgono per noi.
Il cuore mitigato da una luce leggera dimentica il dolore del giorno.
Il giorno è troppo luminoso; non si coglie il bagliore di un’alba.
“INVOCAZIONE ANTICA”
Notte che tiranna ci avvolgi, ci penetri, ci possiedi.
Notte in cui tutto si intensifica, s’esalta.
Notte che trasformi l’attimo in eternità.
Notte senza luce per rischiarare il nostro aspetto composto.
Notte che scateni le anime.
Notte di pianti e di lacrime.
Notte di abbracci sensuali.
Notte di attese silenziose.
Notte, via sacra per il nostro cuore.
Tu, Giorno, altro non sei che una maschera luminosa.
Sorgi Notte, ostello degli uomini.
8
“DI NOTTE…”
Sul vetro il ticchettio della pioggia,
sogni e sospiri saltellano tra due cuori abbracciati
e alimentati da una linfa sconosciuta,
guardano la notte del mondo.
Non hanno paura del buio.
Morranno presto, questo è il loro destino, oscurati
dal primo raggio di luce; morranno allo schiudersi delle palpebre;
morranno.
9
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
Primo Classificato sez. prosa
“OCCHI” di Veronica Merlo - 4a G
Alzo gli occhi verso un cielo nero liquido. L’aria ha un odore strano e
particolare. Se non fosse scontato, direi che è il profumo della notte, un
misto di malinconia e speranza; speranza per il domani che verrà, ormai
fin troppo vicino. I fari delle automobili illuminano per un attimo i cumuli
di neve gelata ai lati della strada, pronti a catturare anche la più piccola
luce. I lampi che hanno creato svogliatamente spariscono veloci. Corrono
chissà dove; a bordo riesco a intravedere passeggeri sorridenti: si
affrettano verso una serata che sperano di delizie. La mia notte invece è
vicina al capolinea e gli ultimi istanti stanno scorrendo veloci tra le mie
dita intirizzite. Anche i lampioni mandano luce, ma è un bagliore cauto e
costante, che si riflette negli occhi della persona che ho davanti. Lì si
colora di riflessi ambrati e conosce un calore fino a poco prima estraneo
nell'aria fredda. Le sue parole sembrano giungere da molto lontano, ma
rompono in un istante il silenzio che si era creato, un misto di imbarazzo e
di stupore. Sono parole leggere e dolci, che lasciano intendere promesse
delicate, eppure vere e forti. Promesse che verranno mantenute. La
certezza di ciò emerge in modo semplice e disarmante eppure rimane
difficile da credere: è così vicino il ricordo di peluche inzuppati di lacrime
calde, quando non andava in questo modo e il telefono rimaneva zitto,
nonostante gli chiedessi con lo sguardo e con la voce di emettere il più
semplice dei suoni. La rabbia sembra riesplodere, accompagnata dal
dolore. Una fitta acuta prende la pancia, risvegliata dai ricordi, dalle
immagini. Una collana, passata tra dita sorprese di trovarla così fredda e
di scoprirsi incapaci di scaldarla. Mi sembra di avere ancora tra le mani
quelle perle metalliche, ma è solo un'impressione fugace. Momentanea.
Difficile da allontanare, è vero, ma quegli occhi e quella domanda appena
sussurrata sembrano prendermi per mano e riportarmi alla realtà, al
presente di notte in declino. Ma quanto è bella questa notte: giro gli occhi
verso le panchine vuote, le case illuminate piene di gente e di chiacchiere
famigliari, la strada e poi di nuovo verso il cielo; le stelle mi guardano,
forse incuriosite, ma non mi vogliono aiutare, consigliare. La scelta spetta
solo a me... e in attimo me la trovo davanti e mi chiedo come ho fatto a
dubitarne anche per un solo istante... Abbasso finalmente gli occhi,
finalmente certa. Pronta e decisa. E un sorriso rompe l'equilibrio di questo
cielo nero.
10
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
Secondo Classificato sez. prosa
“CAVALIERI NELLA NOTTE” di Gabriele Bambina - 4a F
Il testo è stato rimosso su richiesta dell'autore
11
12
13
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
Premio Speciale Giuria
“NOTTE” di Giacomo Delledonne - 3a E
Guarda le stelle
così tranquille
nel loro ammiccare
allo spazio infinito:
rivelano all’anima
la geometrica bellezza
di misteriose costellazioni.
Una stella cadente
nella notte di S.Lorenzo
è un’ombra di luce
che richiama la memoria di un nome
di un ragazzo come me
che studiava un tempo nel nostro liceo
che forse ricorda ancora il profumo delle rose
la luce magica della luna
e le notti di primavera
che fanno palpitare il cuore.
Lo spazio rivela alla notte
tutto il suo splendore
e un lumino acceso in un cimitero di provincia
è quel che resta di una stella che non brilla più
in una notte che geme
nel ricordo di una vita che vive
adesso
in un tempo senza età.
14
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
Premio Speciale Giuria
Valeria Noseda - 5a C
Sogno sogni insonni
insanie nenie e
ninne nanne
Sogno sonni inconsistenti
lamenti
spaventi
Sogno notti ottenebrate
infinite
castigate
infestate di fantasmi
che si celano dal mondo
codardi
insinuati solamente
tra i sospiri di chi
sente ma non vede.
Buio, scuro, cupo,
denso, fitto, grave ...
abbraccio universale
traditore che accoglie
ma non consola.
Notte oscura
notte ombrosa
ombra profonda
affonda
sprofonda
nelle viscere del nero
intimo grembo
dove ristagna l’angoscia
e cresce.
Lotta, si batte,
scalcia, scalfisce
le quattro mura
che la soffocano
ansante Ansimante
IMPellente FURENTE
sfinita ...
sussurro
sopita ...
silenzio
soltanto
risveglio
15
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
Premio Speciale Giuria
“LA NOTTE DENTRO” di Niccolò Riva - 5a D
La notte dentro non è una notte reale,
non è fatta di luna e di stelle,
è una notte che può calare anche quando
fuori splende il giorno.
La notte dentro è una sensazione
dolorosa, oppressiva, soffocante,
è un peso che ti senti dentro, nei polmoni
e che ti impedisce di volare.
La notte dentro è l'assenza di speranza,
è quando ti senti intrappolato,
è quando i sogni, abitanti della notte,
i tuoi sogni, sono più lontani.
La notte dentro è un deserto,
perché si è soli in questa notte
perché è senza orizzonti questa notte
perché sei come morto in questa notte.
16
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
Premio Speciale Giuria
“LA NOTTE” di Greta Tettamanzi - 4a C
Il silenzio
solitario
delle parole
il rifugio
geloso
dei segreti
il ricordo
dimenticato
della giornata.
Una lampada
accende
il percorso
della
notte,
tesoro
per gli innamorati
luce
per i ciechi;
l’incubo
sognante
rapisce
l’alba
invidiosa.
17
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
Premio Speciale Giuria
“DELIRIO SUSSURRATO DI UN SONNAMBULO INDECISO” di Davide Papasidero - 5a F
Dolce, Eterea, Sconfinata,
sempre la stessa, sempre diversa...
Luminosa e indefinita culli
il mio destino.
Tetra, Immobile e Vietata
sempre la stessa, sempre diversa.
Buia e circoscritta spaventi
il mio cammino.
Dimora dei miei sogni
bellissimi
di gioia impossibile,
finalmente persi nel tuo tempo,
limitato ma infinito oblio.
Ascolti il mio segreto passo.
Incontri il pianto.
Consoli tempestoso animo,
irrequieto mare.
Assecondi pallido vegliar dormiente.
Astuta seduttrice
VINCI,
la mia fioca opposizione,
inutile fiamma,
e mi porti in quel gioioso
oltretomba
d’emozione.
E mentre
volano sognando lenti
i miei pensieri,
lucciole sfuggenti,
urla di Vita di un popolo che
rinnegando
“il buio sole adora
la TUA LUCE”...
...Vivo in te,
Terra di lupi e incubi e neon.
Vivi in me,
Sogno d’incredibile emozione,
NOTTE.
18
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“LA NOTTE” di Giacomo Delledonne - 3a E
In una quiete notte di primavera guardo la luna che illumina coi
suoi raggi velati le fronde degli alberi e la mia anima avvampa
d’amore per il profumo dei fiori che si mischia a quello dell’erba
tagliata.
La bellezza del firmamento, che racchiude nel suo scrigno infinito
palpitanti luci azzurrognole, limita il mio respiro e mi ispira
dolcissimi sogni.
Ricordo alcune notti in cui ero bambino, momenti che mi sono
rimasti nel cuore, che vorrei restassero per sempre nei luoghi dove
giocavo con gli amici più cari.
Io so che ciò che ora vedo ed ascolto passerà ma verranno giorni in
cui vedrò ed ascolterò cose nuove ed altrettanto belle di quello che
sto ora ammirando.
Coperto dalla vastità celeste, con il pensiero ora rivolto al futuro
penso a chi, nascosto nel buio profondo della notte, era tormentato
da sogni senza speranza. Avrei voluto con la mia armonica suonare
una musica allegra, affinché dimenticasse ogni male ed ogni
pensiero molesto ma il suo destino era stato scritto sull’acqua di un
ruscello che scorreva troppo velocemente a valle.
19
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“Una bianca torre all’estremo confine del mare” di Gabriele Bambina - 4a F
Il testo è stato rimosso su richiesta dell'autore
20
21
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“LA FIERA DEL SOLE INVISIBILE” di Gabriele Bambina - 4a F
Il testo è stato rimosso su richiesta dell'autore
22
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“I DONI DELLA NOTTE” di Claudio Rendina - 2a B
La notte scende
E si spengono le luci,
tacciono i rumori;
ecco, chi tarda s’affretta:
ormai il Fuoco non brucia più
rimane la cenere, ultimo ricordo delle fiamme,
che brilla nel cielo
nel grande braciere celeste.
La notte è scesa
I sogni regnano sovrani
Cullano tutti
Con il loro canto soave
Come le sirene del mare,
i sogni cantano per te,
ti trascinano, ti urtano, ti sbattono,
ti abbracciano
con candore semplice
con gioia irrefrenabile.
Il sogno è di tutti
E tutti sognano, sognano
Sognano lontano, dove
non c'è risveglio
dove il sonno è eterno.
La notte scenderà
Sempre.
Nera e brillante
Con sogni nuovi e vecchi da regalare
Ma, ora è mattina:
si schiudono gli occhi, come petali di rose
il giorno ritorna sovrano
e la notte fugge, inafferrabile
con un sorriso malizioso, con seducente sguardo.
Ma tornerà,
torna sempre!
23
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“LA SPIAGGIA DEI SOGNI” di Claudio Rendina - 2a B
Vorrei tanto
chiudere gli occhi
Ancora una volta.
Dormire, sognare, sperare
Ancora una volta.
Stare nel buio
ad occhi chiusi
e luci spente.
Voglio la notte
pigra e silente
Come un mare nero
calmo
che si infrange dolcemente
sulla spiaggia
sulle conchiglie
e venir cullato
dal suo sciabordio,
sentirmi coccolato
nelle coperte
con respiro velato
…la notte ...
e chiuder gli occhi ...
Ancora…
e ancora…
…
dormi:
Chiudi gli occhi
... e guarda!
24
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“LA NOTTE” di Andrea Galtieri - 4a F
Silenzio
un’insana lucidità or m’appartiene
vedendo d’un colpo il mondo mio tutto cambiare.
Spaesato, solo e spaventato
trovo pian piano l’armonia
tanto sognata, agognata, sperata.
Le voci dei pensieri ora si placano,
la notte m’ha salvato.
Ancora una volta.
25
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
Giona Casiraghi - 2a H
La Notte
Vago
per mondi nuovi,
di luce.
Senza una meta.
E mi perdo
tra i colori del buio.
La mia mente,
invasa da mostri sgargianti,
inconsapevoli pellegrini
nel mio universo,
si desta.
E tornan
le tenebre
26
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
Valeria Noseda - 5a C
spento l'interruttore dei mondo...
Le cose parlano una lingua nuova
suoni mai uditi
nuovi sapori
profumi soffiati
da altrovi lontani
ti apri a quel mondo
a cui il giorno è cieco
Ti accucci in te stesso
Sprofondi lì dentro
Nel buio
soltanto
ti ascolti
27
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“NOTTE” di Andrea Besana - 3a I
Padrona di emozioni,
spia il cuore del mondo
ruba pensieri dolorosi
di anime inquiete
consola la vita affannata
di bambini stanchi
si immerge violenta
nel caos del sole
per rubargli un attimo di fama
portatrice dei sogni
di adolescenti smarriti
spettatrice
di immoralità e violenza
muore, poi,
spaventata dagli incubi del mondo
28
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“NOTTE D’ESTATE” di Marta Cassina - 2a C
Danza di luce
di lucciole e stelle
Un tacito battito d’ali…
Sono gabbiani i miei pensieri…
Volano…
Graffiano appena il blu del cielo
sfiorano appena il blu del mare
non hanno il nido
non hanno pace
inquieti si rincorrono al ritmo
dell’onda
Capriole d’ali
bianco accecante bagliore
di schegge di luna
Sospinti da una carezza d’amore
sfrecciano oltre la montagna
Li perdo in una lacrima
29
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“ADDORMENTARSI” di Aurora Coatti - 3a B
Grida gioiose in lontananza
L’erba umida solletica i miei piedi
Le voci urlano
Non posso vederti ma so che mi sorridi
La tua carne è liscia
La tua pelle è dolce
Parli sottovoce
Il suono grave rimbomba dentro di me
Il prato profuma di freddo
Sopra di me tanti punti luminosi
La tua mano calda nella mia
Ogni suono si interrompe
Il nero della notte è sempre più denso
Ogni pensiero abbandona la mia ragione
30
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“LA FINE” di Aurora Coatti - 3a B
Nero
Nero sulle pareti
Nero attorno a me
Il sole scuro non splende
Il silenzio è agghiacciante
Sto scivolando
Cado sempre più in basso
Tutto ciò che tocco si spezza
Il rumore è sordo
Non posso urlare
Nessuno accorrerebbe
Il nero scivola con me
L’odore è di fine
Il colore è il nero
L’aria fredda punge
Rallento
E tocco piano il fondo
So che non vedrò mai altro
Solo quel familiare nero attorno a me
31
Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“NEL BUIO” di Aurora Coatti - 3a B
Questo è il racconto di un sogno che simboleggia la ricerca di se stessi, un tentativo di essere
felici e di sentirsi completi. Per questo l’immaginazione crea una figura, un personaggio irreale
che possa soddisfare la richiesta di un compimento. La notte è buia, non puoi vederci
attraverso, però puoi sentire i rumori e soprattutto i corpi che ti sei costruita intorno a te in
questo sogno. Le sensazioni che provi sulla tua pelle colmano il desiderio di felicità e ti fanno
scoprire te stessa. La stessa figura che crei nella tua mente è uno specchio di te, di quello che
vuoi, di tutto ciò di cui hai bisogno. Raggiungendo e ottenendo questa figura conquisti te
stessa.
La notte e la situazione che ti inventi, adatta per darti la giusta forza di cercarti.
L’unico scorcio di mare visibile dal suo cortile era una minuscola striscia blu, distinguibile dal
cielo soltanto grazie a un’ottima vista e una grande attenzione. Tutto il resto era roccia. Grigia
e scoscesa. Era notte allora. Arturo, il grande pastore maremmano, era scappato verso il mare:
era suo compito cercarlo e riportarlo a casa. Non era la prima volta che accadeva, ma
solitamente si allontanava dal cortile in pieno giorno: in quel momento il sole era calato da
parecchio tempo e anche gli ultimi raggi iniziavano a diradarsi sempre di più, in pochi minuti
l’unica luce sarebbe stata quella dell’enorme luna rossa. Medea non si lamentò. Uscì di casa
con un mantello pesante e molto largo. Giunta in riva al mare, dopo aver sceso numerosi
sentieri ripidi e sassosi si accorse di un improvviso vento caldo che soffiava verso di lei dal
mare. Una volta scalza immerse i piedi nell’acqua tiepida e si diresse verso la spiaggia più
larga. Distava solo 10 minuti a piedi da quella piccola baia. E solitamente era lì che ritrovava
Arturo, in visita a Regina, una graziosa cagnolina della sua stessa razza. Era già qualche mese
che le girava intorno: da quando era arrivata al paese. Medea si diresse verso la sua capanna
quasi istintivamente, per abitudine. Il buio divenne più fitto che mai e fu allora che sentì
alcune voci poco lontano da lei. Ma la notte non le faceva vedere molto lontano e non distinse
le tre forme fino alla distanza di poco più di due metri. Erano tre uomini. Le tre figure erano
molto alte e imponenti. Soltanto due erano adulti: il terzo aveva circa l’età di Medea o
qualche anno in più, odoravano di pesce. La fermarono per chiedere alcune informazioni
riguardo al centro del paese, lei indicò la strada da cui arrivavano e un piccolo sentiero che
risaliva la scogliera verso l’interno. Si salutarono presto, senza molte chiacchiere. Medea entrò
nella capanna-sgabuzzino dei pescatori del posto, mal illuminata da una mezza dozzina di
candele appese alle pareti scure. Riconobbe il suo cane pastore di un bianco oscurato dal buio
del luogo, che le si avvicinò scodinzolando. Poco dopo arrivò anche un altro cane, dello stesso
colore e della stessa forma, soltanto le dimensioni erano leggermente minori.
La ragazza e il suo animale uscirono insieme attraverso la fragile porticina di travi di legno.
Appena fuori riconobbe il ragazzo che aveva incontrato poco prima in compagnia dei due
uomini. Gli si avvicinò, chiedendosi se aveva bisogno di un suo aiuto, se poteva fare qualcosa
per lui. Questo si girò verso di lei e le sorrise: sembrava avesse aspettato soltanto questo
momento. Si presentò col nome di Jago. La sua figura era più imponente da vicino, le spalle
erano larghe e il corpo muscoloso. Aveva i capelli neri e ancora sulla pelle lo stesso odore di
mare. Chiacchierarono a lungo, passeggiando lungo la riva del mare. Si raccontarono le storie
più fantastiche della memoria dei due. Aveva intuito bene, nonostante il buio della notte, che
sembrava ancora più denso del solito: il ragazzo aveva da poco compiuto diciotto anni,
soltanto un anno più grande di lei. Le raccontò di aver avuto una discussione con i suoi fratelli
poco prima di incontrarla per la seconda volta, per questo si allontanò da loro per aspettarla.
Quando arrivarono nel punto in cui si erano visti la prima volta lui le prese la mano con la
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sua, una mano calda, ruvida e grande quasi il doppio di quella di Medea. Lo fece però soltanto
quando lei perse l’equilibrio nella sabbia discontinua. Però non gliela lasciò. Si lasciò tirare a
terra e rimasero seduti assieme sulla sabbia, il cane al loro fianco. Con la scusa che nessuno si
sarebbe accorto dell’assenza della fanciulla poiché‚ a quell’ora tutta la sua famiglia stava
dormendo, decisero di passare la notte insieme per fare conoscenza. Lui il giorno dopo
sarebbe tornato alla sua città e al suo mare. Per tutta la notte scherzarono sullo scappare
insieme o sul nascondersi dai fratelli di Jago. Era come se si conoscessero da una vita. Era
l’effetto della notte su di loro, e del mare. Erano due giovani pieni di vita e di voglia di vivere
che stavano sdraiati in riva al mare, luogo a loro tanto familiare, in una notte molto luminosa,
rischiarata dal desiderio di vedervi qualcosa, di vedersi in faccia e dalla gioia dei loro cuori.
La notte passò più velocemente del solito, i due giovani non avevano mai smesso di
raccontarsi i più nascosti segreti o i particolari più dettagliati di ogni singolo momento della
loro vita. La luce si stava alzando dalla scogliera e stava illuminando il mare che rifletteva
l’azzurro del cielo. Jago rivelò agli occhi di Medea i folti capelli scuri e la pelle abbronzata dal
sole estivo. Insieme al cielo e al mare i suoi occhi brillavano di un azzurro intenso che
contrastava con tutto il resto del suo viso e del suo corpo come un faro acceso in una notte
densa come quella appena trascorsa: Medea si stupì di non averli visti brillare anche durante
la notte talmente le apparivano brillanti ora, ma concluse che, come accadeva al mare, lo
splendore deve essere illuminato dal sole per poter luccicare insieme a questo. I pensieri di
Medea furono interrotti dalla visione di due uomini robusti incredibilmente simili a Jago che
si avvicinavano a loro, distesi sulla sabbia asciutta. Subito li riconobbe come i suoi fratelli, cosi
si alzò sorridente e si presentò. Ma loro aspettarono soltanto che il ragazzo si fosse scrollato
gli ultimi granelli di sabbia e si avviarono verso il sentiero da cui era arrivata Medea la sera
prima. La ragazza rimase senza parole, non capiva che la mattina, che le era sembrata tanto
lontana durante tutta la notte, era arrivata e, in quell’istante, stava perdendo forse per sempre
la prima persona in tutta la sua vita che aveva condiviso con lei i propri sentimenti e le
proprie emozioni e, cosa ancora più importante, gliene aveva regalate, e molte. Le aveva
suscitato come una sensazione di chiusura perenne allo stomaco, una sazietà permanente,
sapeva di avere già tutto quello che le bastava: lui.
Per un momento vide quella figura alta e scura davanti a lei e si accorse della sua
indescrivibile bellezza: cosa che il buio della notte non le aveva permesso di notare. Ed era
proprio quella notte che rimpiangeva, quella notte che stava scivolando via come la sabbia tra
le dita dei suoi piedi mentre correndo gli si avvicinava per un saluto d’addio.
Lui si girò verso di lei e poi ancora verso i suoi fratelli ma non riuscì a dire niente, la strinse
forte tra le sue braccia possenti e la baciò leggermente sulla fronte. Dopodiché fu costretto a
ricominciare la salita, quella salita scoscesa, troppo familiare per Medea.
Non lo rivide più, e mentre guardava fuori da quella finestra verso quella striscia minuscola di
mare che si distingueva a fatica dall’oceano azzurro che è il cielo, in mezzo a quella triste
roccia grigia, sulla quale un anno prima aveva salutato per l’ultima volta il suo caro Jago, notò
una macchia bianca che splendeva al sole rosso poggiante tranquillo su un mare arancione.
Mise a fuoco la figura: era di nuovo quel cagnaccio, stava scappando per l’ennesima volta
verso la capanna dei pescatori. Come lo vide si precipitò fuori casa per raggiungerlo e
riportarlo nel cortile.
Scese il familiare sentiero verso la baia e seguì Arturo oltre la porticina marrone lucidata da
poco. Qui vi trovò i due animali ormai della stessa grandezza, come era sua abitudine portò il
maschio con sé al di fuori, verso il mare e si avviò ancora una volta verso casa. Risalì
tristemente la strada, delusa di non aver incontrato il suo uomo neppure questa volta, e fu
proprio allora che sentì gridare il proprio nome alle spalle, proprio dove il sole scendeva pian
piano. Si girò di scatto al suono di quella voce, sembrava adatta soltanto a un angelo. E lo
vide lì, che correva lungo la riva circa cinquanta metri da lei. Il suo sorriso si aprì all’istante e
corse alla sua velocità massima verso quella visione angelica. E poco dopo si ritrovò stretta
forte tra le sue enormi braccia scure e avvolta dai suoi lunghi capelli che ancora una volta
portavano un forte odore di mare. I due si guardarono a lungo, gli occhi celesti di lui
brillavano alla poca luce rimasta. Jago non era cambiato molto, era soltanto leggermente più
muscoloso e mostrava una collezione fin troppo ricca di cicatrici su molte parti del corpo. Lo
rendevano più grande e più maturo. Le sue mani erano ancora calde, come se non si fossero
mai raffreddate nella speranza di poter ancora scaldare il corpo di Medea. Questa volta era
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solo, non era stato accompagnato dai suoi fratelli. Raccontò che era stato obbligato dai
genitori ad arruolarsi nell’esercito della sua città con l’unica speranza di non dover mai partire
per la guerra. Non aveva mai smesso di pescare, era la sua passione più grande, e per questo
viveva ancora vicino al mare. Mentre Medea veniva a scoprire tutte queste cose la notte era
calata da un pezzo e i due non riconoscevano più molto i contorni dell’altro, o forse questo era
solo un pretesto per avvicinarsi e potersi accarezzare. E fu così che Medea scopri il suo
profumo, il rumore delle onde sulla riva, la sapidità della sua pelle, la sua schiena muscolosa.
Si baciavano e si raccontavano le novità accadute durante l’anno in cui non si erano mai visti.
Lui le svelò dopo molte ore che era stato chiamato per la guerra proprio la mattinata
precedente, ma che scappò dalla città per poter rivedere Medea, almeno un’ultima volta prima
di partire per sempre. Il buio della notte stava facendo di nuovo su di loro il suo effetto e i due
si abbandonarono sulla sabbia. I soldati lo stavano cercando ovunque per la mancata
presenza, Jago era deciso a non farsi trovare. Voleva almeno amare l’unica donna che aveva
mai avuto. Iniziò a spogliarla senza alcun lamento in risposta, passarono alcuni momenti ad
accarezzarsi, sdraiati in un angolo della piccola spiaggia. La notte non faceva loro paura,
erano abituati a stare insieme al buio, erano ormai capaci di amarsi completamente per ore
anche senza alcuna luce che li illuminava.
Da lì a poco arrivarono una dozzina di uomini armati che correvano verso di loro e urlavano a
gran voce il nome di Jago e quello che probabilmente era il suo cognome. La forza della notte
ormai si era del tutto impossessata di loro, e come avevano fantasticato durante i loro pochi
incontri i due giovani si alzarono prontamente e iniziarono a correre su per la salita scoscesa.
Entrarono in un bosco per nascondersi, ma furono raggiunti dai soldati che li rincorrevano.
Spinti più verso il dirupo, si ritrovarono in trappola: Jago poteva scegliere tra il donarsi a una
morte in solitudine in guerra, o la morte insieme alla donna amata, con la rispettiva
previsione di una vita eterna insieme a lei. E poiché‚ non aveva avuto la possibilità di stare con
lei in vita si decise e comunicò con uno sguardo la sua scelta a Medea, che capì all’istante,
quasi gliel’avesse consigliato proprio lei. Si girarono verso il fondo del promontorio, si presero
per mano e insieme si avviarono verso il dirupo, verso il mare, la loro vera casa. Medea lasciò
la presa poco prima di saltare, i piedi saldi sulla fredda roccia liscia, lui svanì nell’aria. Lei non
ne senti mai la mancanza. Ormai era felice, era Medea.
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Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“LA NOTTE” di Davide Galbiati - 2a H
Cammino,
Una strada non più verde
Sotto di me geme.
Guardo,
Ombre senza volto
Barcollano verso una meta ignota.
Ascolto,
Stralci di parole
Emesse da involucri senza più un’anima.
Penso,
Siamo solo stelle fioche
In questa interminabile notte.
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Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“GUARDANDO QUELLE STELLE…” di Roberta Motter - 4a G
Sono entrato nel teatrino buio che erano le due e mezza.
Fuori c’era un gran sole che illuminava tutto quanto tranne me.
... Da un po’ di tempo camminavo al buio, in una notte stregata, dove non c’era la bianca luce
della luna a illuminare il sentiero; e quel teatro era come il bosco fitto: devi entrarci, per
affrontare le tue paure prima di uscire a guardare le stelle...
Ero troppo tesa per pensare a qualsiasi cosa se non a quello che mi avrebbero fatto dire... ce la
potevo fare.
In fondo era solo un colloquio e ci saremmo stati io e al massimo altri 3 esaminatori... e cosa
vuoi che sia.
Passa mezz’ora.
Altri ragazzi come me riempiono la sala, alcuni si conoscono e parlano fra loro, ridono per
scaricare la tensione, altri scrivono messaggi col cellulare.
Io non penso a niente.
Mi ripeto nella mente, come quella canzone che ti entra in testa la mattina e ti accompagna
fino a darti la buona notte, che non ho nulla da perdere.
Io ci ho provato ad allargare i miei orizzonti e a navigare in mare aperto e se va male nessuno
mi biasimerà, se invece va in porto posso tuffarmi in questa nuova sfida piena di sorrisi...
Dopo una breve presentazione della società ecco la sorpresa... devi presentarti davanti a tutti:
il colloquio è più una riunione fra colleghi... con tanto d’applauso finale.
L’ordine non è alfabetico.... Mi chiamano... la tensione arriva alle stelle...
Mi alzo in piedi, un po’ tremante... mi avvicino al palco e dico tutto quello che mi passa per la
mente, sono la più piccola neanche diciotto anni contro tutti i giganti, un po’ come Davide e
Golia, ma spero che questo non influenzerà la loro scelta.
Quando ho finito sono molto più rilassata, ormai è andata e posso dirmi soddisfatta.
Guardo con più serenità i miei avversari affrontare questa sfida, facendo previsioni su chi
verrà preso e chi scartato.
Dopo due ore abbiamo finito e i formatori si rinchiudono in una stanzetta per consultarsi e
decidere chi saranno i vincitori e chi i vinti.
Arrivano dopo una mezz’ora di tempo infinito.
Siamo tutti speranzosi, preoccupati, abbagliati da un sogno che potrebbe diventare realtà se
solo...
Io lo voglio questo lavoro, lo voglio per me stessa, per andare via, perché Milano è troppo
limitata anche se grande e non voglio passare un’altra estate sotto questo cielo afoso.
“Ora diremo i nomi di che è stato scelto, gli altri possono andare” sento il mio cognome, tanto
odiato da piccola perché lo storpiavano facilmente e non l’ho mai amato tanto quanto ora...
Dopo che ci hanno congedati esco dal teatro diretta a casa.
E’ scesa la notte, è buio ma non c’è mai stata tanta luce nella mia vita, nei miei occhi.
Sembra che Qualcuno abbia guardato in basso e abbia visto che avevo bisogno di speranza
dopo che avevo toccato il fondo.
Sembro uno pazza, sorrido mentre ascolto il mio lettore cantare canzoni di ricordi che mi
rendono felice, guardando quelle stelle finalmente sorridenti...
Non mi interessa cosa pensano gli altri.
La notte e il giorno si sono invertiti e l’unica cosa importante è che io sono sempre la stessa
Luna.
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Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“ALLA NOTTE” di Valentina Begani - 5a D
Stesse tenebre gravano sui miei salici,
Stesse tenebre avvolgono le alte palme.
Silenzioso, qui e in ogni dove, aspetti piano la fine di ogni pianto,
Ascolti attenta il lento respiro di chi lieto sogna.
Ma sempiterni calli io vago e sento il tuo tacito sguardo che segue i miei passi:
cammino senza compagnia, (dolce notte)
solo.
Ora dimmi:
Per quanto ancora sarò ramingo tra i miei pensieri?
Per quanto ancora sarò zimbello di un ricordo?
Volgi lontano il tuo sguardo
e raccontami i suoi occhi di brace
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Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“NOTTE” di Guido Pasini - 3a B
Crollano le tenebre, accecanti
gli abbagli del rimorso
il peso del giorno trascorso.
Notte sveglia, ove gridano i santi.
Fissando il nulla tutto sento
odo e scorgo, passato e futuro
il mio presente ormai spento,
è marmo tra pioggia e vento.
Così alla fine il mio fato sarà
sincero nero e senza fato.
Non il presente; è sentenziato
e in esso è il passato, dato a chi vivrà.
Ma oggi giorno, ogni giorno ritorno
finché non sarà più giorno.
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Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“CERTEZZA E DUBBIO” di Riccardo Cosenza - 3a E
Cos’è la notte senza riposo,
guadagnato grazie al bramato perdono?
Cos’è il giorno senza destino,
che porterà ognuno, forse, al divino?
Per quanto l’individuo cerchi il fine
della propria esistenza, non troverà altro
se non l’insicurezza del giorno;
Per quanto l’individuo cerchi la pace
con gli altri, con Dio, con se stesso, non troverà altro
se non la consapevolezza della notte;
La notte certa è nel luogo
dove si giacerà in eterno.
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Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
Paolo Marchiori - 3a F
Era una fresca notte d’inizio estate.
Una leggera brezza spirava dal mare verso gli altipiani di quelle terre quasi abbandonate…
E si poteva sentire il fruscio degli arbusti morti...
Lungo la spiaggia si alzava ogni tanto qualche vortice di sabbia; l’oscurità rendeva tutto
ancora più bello e magico... ...Quel vento aveva spezzato le nuvole, ormai lontane, e portato
via con sè quell’odore di pioggia estiva.
Piccoli granchi si muovevano scaltri e veloci sotto la tenue luce lunare.
Amavo passeggiare sul bagnasciuga delle spiagge argentate della costa ovest del paese... E di
notte la sabbia s’illuminava e sembrava risplendere. In quel luogo non c'era più nessuno da
parecchi anni ormai. Nulla era cambiato. E forse era per questo che passavo proprio di li quel
giorno… Un vento di emozioni e di ricordi mi ci aveva portato senza che me ne fossi accorto.
In quel luogo di passioni... Dove per la prima volta imparai ad amare...
Negli istanti più lunghi ed emozionanti; quando uno sguardo creava complicità ed una
carezza sprigionava sentimenti unici, e preziosi. Il gioco di movimenti e sorrisi, mentre visi
raggianti di gioia si sfioravano e le labbra cantavano poesie, semplicemente unendosi.
I nostri respiri su tutto il corpo…
Voglio apprendere da quest'arte, mia dolce fata.
E la magia scoppiava nel mio cuore, quando i suoi baci sapevano di sale e nei miei capelli
restava il suo profumo. E la sabbia; di notti passate ad amarla… Amarla come ho amato il
vento, come il vento lei mi sapeva incantare. Come il vento lei mi sussurrava nelle
orecchie… Un brivido mi risvegliava e la stavo abbracciando. Rotolavamo sulla spiaggia.
Amavo la vita come quel cielo stellato e quel continuo fruscio di onde.
Piccoli granchi leggeri lasciavano le loro scie di zampette intorno a noi.
Spero che dio esista per poter vedere tutto questo.
Tenere gli occhi aperti non contava; i sensi svanivano di fronte a quell'anima che avevo
stretta tra le mie braccia…
Ed in quel momento me ne accorsi.
E che le stelle cadenti esaudissero i desideri di altri. Io non ne avevo.
Passavo di lì per colpa del destino, o per quel mio malinconico vizio di amare le belle storie ed
ogni volta cercare di riviverle. Sempre le stesse mie belle storie.
Ripassavo di lì, con un po’ di nostalgia nel cuore, cercando la ragazza che mi aveva dipinto la
vita e, di colpo, m’aveva abbandonato dietro le dune con il suo profumo ancora nella testa.
Passavo di lì perché ero ancora innamorato di quel vento che mi scompigliava i capelli e mi
sfiorava il viso… E di quella dolce creatura del mio sogno.
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Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“VIANDANTE” di Federico Fumagalli - 5a F
Danza, canta, suona, racconta
storie di viaggi e paesi lontani,
barcolla il tuo cuore e i tuoi occhi
ebbri di amore e di ambrosia,
scorre il mondo sotto i tuoi
piedi scalzi, e viaggi
lungo strade infinite
senza meta né partenza
allietato è l’animo
mio che ti osserva
mentre la mendace
oscurità ti stringe a sè.
Stella senza nome,
chi bada a te
che rendi meno
scura la notte?
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Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“UN MONDO PERFETTO” di Federico Fumagalli - 5a F
Vi capita mai di pensare? Non dico pensare ai vostri problemi o ai
problemi del mondo, questo lo fanno quasi tutti. Intendo pensare a
tutto e al niente, stare un attimo fermo immobile, far scorrere libere
le idee nel proprio cervello.
Mi succede a volte di essere sdraiato a letto nel cuore della notte,
con i piedi al caldo sotto le coperte, e il volto rivolto verso l'alto a osservare le stelle. Non giudicate male, non è che dormo all’aperto; so
che tra me e le stelle ci sono il soffitto, le nuvole, tutta l’atmosfera e
qualche anno luce di spazio cosmico. Io mi creo nella mente
l’immagine di tutte le stelle, e per qualche secondo mi ritrovo a
pensare.
Un bisogno mi avvolge e sento un desiderio inesauribile di fuggire.
Mi alzo senza far rumore, mi vesto e scendo le scale. Anche il mio
cane è sveglio, prendo il guinzaglio e insieme al mio fedele amico
mi tuffo nelle tenebre.
Mi trovo così a vagare nella notte per il mio paese, con le luci dei
lampioni a illuminare il mio cammino. Anche se sei all’aperto, non
è facile vedere le stelle. Così invece di guardare verso l’alto, osservo
il mio percorso, le ombre che si inseguono sotto ai miei piedi e si
fondono tra di loro. Rimango affascinato da queste ombre,
indistinguibili, capaci di unirsi e creare una nuova ombra, senza
memoria del passato e senza la speranza e l’incertezza del futuro, e
ancora una volta penso.
Mi siedo da qualche parte, e fisso il mio compagno a quattro zampe.
Non so perché, ma sento l’istinto di sorridere...
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Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“INCUBO (nightmare)” di Davide Papasidero - 5a F
Non nasce, defunto, il giorno...
Nell’abisso, dormo imperitura/eterna
notte, sogni d’oltretomba.
Sogni, nere di pece emozioni e bollenti...
Spiriti del nulla...
Passato nulla, solida roccia
esistente e perduta, lontana, inesistente?
Vita di un DEMONE...
Incarnazione della dannazione...
Ed insieme dannazione e dannato.
Curioso gioco, destino, caso.
Scherzo di chi, chi l'ha deciso?
“E se la sofferenza continua
per cercarti laddove già:
TI HO TROVATA...
... non mi resta che piangere,
lacrimando fuoco.”
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Premio Letterario “Federico Ghibaudo” anno 2006 - 12a edizione
“SOLO DI NOTTE” di Davide Papasidero - 5a F
Ormai era buio. Era notte. La notte tra un martedì e un mercoledì qualunque, persa nei sogni
di gioventù qualunque, di un inverno qualunque. L’indomani c’era la scuola, da cui poche ore
mi separavano. Interrogazione di italiano, quella materia che finalmente iniziavo ad
apprezzare, nella quale finalmente riuscivo ad immergermi, finalmente teatro, dall’Ottocento
in poi, di pensieri e sentimenti degli uomini, senza essere pura formalità.
Avevo studiato per una giornata intera, ed ora mi godevo un momento di tranquillità, con la
Mia musica nelle orecchie
- “Come… as yuo are… as you were… as I want you to be… as a FRIEND… as a friend…
as an old ENEMY… ”-
-
Sarebbe finita così quella notte, immerso nei Nirvana (o alla ricerca di qualche forma di
Nirvana?), in quel sound deciso ma un po’ triste, in quel giro di basso come pochi, in quella
voce che sa penetrare nell’anima… poi dormire… poi un nuovo giorno…
E invece non fu così…
- “Bzzzzzzzzzz… bzzzzzzzzz…” Naaa! Cosa ci fa il cellulare ancora acceso? E chi diavolo
è a quest’ora?!?-
Era una chiamata. Da una persona dalla quale proprio non me lo sarei aspettato. Lei. Una
ragazza troppo bella, troppo intelligente, troppo viva, insomma, “troppo”… Mi piaceva. Tanto.
E da tanto, tanto tempo. Sì, la conoscevo, ma avrei voluto, forse potuto costruire qualcosa di
importante con lei, qualcosa che ora non c’era… ma per qualche motivo non ci riuscivo, non
c’era stato tempo, occasioni, coraggio. Cosa diavolo voleva da me a quell’ora della notte?
Ciao… Ciao… Silenzio… Beh, mi chiami a quest’ora per dirmi ciao?
No, beh, in realtà… volevo sapere come stai… Ah, beh, certo, volevi sapere come sto… ma sei matta?
In realtà sono qua sotto… sotto casa tua, al portone… puoi scendere?
Dovevo scendere? Cosa potevo fare… alla fine non ci avrei perso nulla… e poi lei mi
piaceva… magari ora sarebbe stata l’occasione giusta…
Misi il cappotto… la notte era fredda lì fuori. Scesi.
Una notte profonda ma limpida mi stava aspettando insieme a lei di sotto… Uno spicchio di
luna che diffondeva un poco di pallida luce. Qualche stella.
Beh, allora? Che ci fai qui?
Sai stavo pensando una cosa da tanto tempo… cioè… vuoi magari… forse… Ma ti muovi? Fa freddo!
Vuoi uscire domani? E a quest’ora me lo chiedi?
Si, beh… stasera non riuscivo a dormire… pensavo. Pensavo…
Pensavo anche io in quel momento… al troppo tempo passato a pensare a lei… a cercare di
fare qualcosa senza riuscirci… ecco a cosa pensavo.
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E dopo che io ho sofferto, pianto per te per tre mesi ora dovrei pure accoglierti a braccia aperte,
e accettare così?
Come “hai pianto per me”? Io che ne sapevo? Ma scusa, che ho fatto… no… forse
dovevo dirtelo… Io ho cercato di fartelo capire in tutti i modi… i miei atteggiamenti, le
mie parole quando potevo… Tu niente… qualcosa di peggio del rifiuto… indifferenza… Mio Dio… non me ne ero accorto…
Ma allora sei ritardato! Ahahaaha…
Non ci potevo credere. Lei, lì sotto, con quel freddo, in piena notte, venuta per dirmi quelle
cose…
Ci facemmo una risata… due stupidi imbranati, forse troppo timidi, di sicuro troppo presi dal
mondo per accorgersi l’uno dell’altra, troppo immersi in quel muro di indifferenza, che è il
mondo, che ci lascia troppo spesso soli e indifesi, che lasciamo troppo spesso solo e indifeso.
Ma quella notte tutto fu diverso… qualcosa, quelle parole, il buio desolato intorno a noi, il
chiarore della luna, quella luna non piena, poi un soffio di vento che ci avvolgeva… Il mondo
aveva cambiato volto. Magia notturna.
Ma forse aravamo ancora troppo impacciati e la cosa stava per finire con un semplice saluto…
Beh, allora a domani… Si…
La vidi allontanarsi pian piano lungo la via… l’indomani sarebbe stato diverso… pian piano,
magari… no.
No. Non doveva andare così. Dovevo fare qualcosa… sì, correre. E mi misi a correre, correre,
correre. La raggiunsi, e l’istante fu magico, Bacio. Un bacio così bello, il più bello che mi
ricordi, perché era con lei, per quell’atmosfera fantastica, per quella situazione irreale. Due
anime della notte, che si sfioravano, danzavano ad un lento ritmo, il ritmo di un bacio
infinito, come il tempo, come il cielo.
Finché ognuno sparì col sorriso verso la propria tana, convito che il mondo era più bello,
finalmente, e che l’amore era riuscito a vincere, una volta tanto.
Io e lei, lei ed io, due amanti riusciti a trovarsi in una giungla di indifferenza ed odio.
Qualcosa che normalmente non accade, o non accade per davvero, o accade dopo mille
tentativi buttati, accade una sola volta nella vita. E non è un caso che ci fosse di mezzo la
flebile e dolce notte, notte di un freddo inverno, questa volta riscaldata dal battere dei nostri
cuori. Certe cose accadono solo di notte.
Solo di notte.