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L’implementazione della sicurezza nella progettazione: spunti per la redazione del PSC dott. ing. Giuseppe - Semeraro 1/7 Reggio Emilia 6 giugno 2005 Relazione: L’implementazione della sicurezza nella progettazione Spunti per la redazione del PSC di Giuseppe Semeraro Indice Introduzione................................................................................................................................... 1 Il livello di maturazione professionale del coordinatore ................................................................. 2 Le incertezze legislative ................................................................................................................ 3 La reale possibilità d’interazione del coordinatore con il progettista ............................................. 5 Il ruolo del committente ................................................................................................................. 6 Conclusioni .................................................................................................................................... 6 Introduzione Tempo fa (21/12/2004) ho ricevuto una e-mail da un Coordinatore per la sicurezza che voleva un confronto (forse, più appropriatamente, un conforto) su quanto accadutogli in un cantiere. L’episodio, in sintesi, è il seguente. In seguito ad un’ispezione da parte dell’organo di vigilanza e controllo del luogo in un cantiere in cui lui era coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione, l’ispettore non rilevava infrazioni nel cantiere ma impartiva una prescrizione al coordinatore per “genericità” del piano di sicurezza e coordinamento (PSC). Tengo a precisare – riferiva l’interessato – che non sono abituato a produrre documenti fotocopia o a “copiare meccanicamente i dati d’archivio e, difatti, a mio avviso, i riferimenti al cantiere in oggetto erano rilevabili in numerose parti, oltre a quelle dei dati anagrafici, a quelli sulle interferenze, al diagramma di Gantt”. Alla e-mail ho tempestivamente risposto facendo presente che il PSC pur dovendo essere conforme ai contenuti minimi stabiliti dal DPR 222/2003, la parziale difformità (o presunta tale) non era sanzionabile con l’articolo 4, c. 1, lett. a), del DLgs. 494/96 e s.m., che si riferisce: - alla mancata redazione del PSC; - ovvero, e questa è già un’interpretazione, ad una redazione del PSC talmente generica (e non era il caso dell’interessato per le stesse inconsapevoli ammissioni dell’ispettore, rilevabile nel verbale di prescrizione) e non attinente i lavori a cui si riferisce tanto da farlo considerare “nella sostanza” inesistente. Ciò detto ho consigliato di contestare la prescrizione dell’ispettore (affrontare il procedimento giudiziario). Alcuni mesi più tardi (16 marzo 2005) ho ricevuto una nuova e-mail con la quale il coordinatore bistrattato mi informava sulla conclusione della vicenda. Gentile ing. Semeraro – esordiva l’e-mail – rispondo alla sua e-mail con molto ritardo perché sono stato veramente in dubbio sulla strada che avrei dovuto intraprendere. Alla fine ho deciso di pagare la sanzione per evitare un procedimento che sarebbe stato probabilmente lungo. Ho confrontato quanto esposto nel verbale anche con altri funzionari ASL (non la stessa) che mi hanno praticamente ribadito quanto da lei espresso. … In conclusione, questa sanzione che sento comunque di non aver meritato, mi ha insegnato che lavorando in maniera seria si può far fronte a comportamenti del genere da parte dell’ispettore di turno”. Detto ciò, dobbiamo anche constatare che la difformità di vedute da parte dei funzionari degli organi di vigilanza nei cantieri corrisponde almeno in misura proporzionale ad un modo di operare dei coordinatori per la progettazione che definire “alquanto vario” è un eufemismo. È possibile affermare, con poche possibilità di smentite, che l’implementazione della sicurezza nella progettazione è un obiettivo ancora da raggiungere. A giustificazione di ciò si possono indicare almeno quattro attenuanti: - il livello di maturazione professionale del coordinatore per la sicurezza; - le incertezze legislative;

L.implementazione della sicurezza nella progettazione · L’implementazione della sicurezza nella progettazione: ... garantire con le sue prescrizioni la sicurezza in cantiere. È

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L’implementazione della sicurezza nella progettazione: spunti per la redazione del PSC dott. ing. Giuseppe - Semeraro

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Reggio Emilia 6 giugno 2005

Relazione: L’implementazione della sicurezza nella progettazione

Spunti per la redazione del PSC di Giuseppe Semeraro

Indice

Introduzione................................................................................................................................... 1 Il livello di maturazione professionale del coordinatore................................................................. 2 Le incertezze legislative ................................................................................................................ 3 La reale possibilità d’interazione del coordinatore con il progettista ............................................. 5 Il ruolo del committente ................................................................................................................. 6 Conclusioni.................................................................................................................................... 6

Introduzione Tempo fa (21/12/2004) ho ricevuto una e-mail da un Coordinatore per la sicurezza che voleva un confronto (forse, più appropriatamente, un conforto) su quanto accadutogli in un cantiere. L’episodio, in sintesi, è il seguente. In seguito ad un’ispezione da parte dell’organo di vigilanza e controllo del luogo in un cantiere in cui lui era coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione, l’ispettore non rilevava infrazioni nel cantiere ma impartiva una prescrizione al coordinatore per “genericità” del piano di sicurezza e coordinamento (PSC). “Tengo a precisare – riferiva l’interessato – che non sono abituato a produrre documenti fotocopia o a “copiare meccanicamente i dati d’archivio e, difatti, a mio avviso, i riferimenti al cantiere in oggetto erano rilevabili in numerose parti, oltre a quelle dei dati anagrafici, a quelli sulle interferenze, al diagramma di Gantt”. Alla e-mail ho tempestivamente risposto facendo presente che il PSC pur dovendo essere conforme ai contenuti minimi stabiliti dal DPR 222/2003, la parziale difformità (o presunta tale) non era sanzionabile con l’articolo 4, c. 1, lett. a), del DLgs. 494/96 e s.m., che si riferisce:

- alla mancata redazione del PSC; - ovvero, e questa è già un’interpretazione, ad una redazione del PSC talmente generica (e

non era il caso dell’interessato per le stesse inconsapevoli ammissioni dell’ispettore, rilevabile nel verbale di prescrizione) e non attinente i lavori a cui si riferisce tanto da farlo considerare “nella sostanza” inesistente.

Ciò detto ho consigliato di contestare la prescrizione dell’ispettore (affrontare il procedimento giudiziario). Alcuni mesi più tardi (16 marzo 2005) ho ricevuto una nuova e-mail con la quale il coordinatore bistrattato mi informava sulla conclusione della vicenda. “Gentile ing. Semeraro – esordiva l’e-mail – rispondo alla sua e-mail con molto ritardo perché sono stato veramente in dubbio sulla strada che avrei dovuto intraprendere. Alla fine ho deciso di pagare la sanzione per evitare un procedimento che sarebbe stato probabilmente lungo. Ho confrontato quanto esposto nel verbale anche con altri funzionari ASL (non la stessa) che mi hanno praticamente ribadito quanto da lei espresso. … In conclusione, questa sanzione che sento comunque di non aver meritato, mi ha insegnato che lavorando in maniera seria si può far fronte a comportamenti del genere da parte dell’ispettore di turno”. Detto ciò, dobbiamo anche constatare che la difformità di vedute da parte dei funzionari degli organi di vigilanza nei cantieri corrisponde almeno in misura proporzionale ad un modo di operare dei coordinatori per la progettazione che definire “alquanto vario” è un eufemismo. È possibile affermare, con poche possibilità di smentite, che l’implementazione della sicurezza nella progettazione è un obiettivo ancora da raggiungere. A giustificazione di ciò si possono indicare almeno quattro attenuanti:

- il livello di maturazione professionale del coordinatore per la sicurezza; - le incertezze legislative;

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- la reale possibilità d’interazione del coordinatore con il progettista; - l’ingerenza ovvero, al contrario, l’assenza totale del ruolo del committente o responsabile

dei lavori.

Il livello di maturazione professionale del coordinatore Innanzitutto c’è da chiedersi preliminarmente (ironicamente) chi sono i coordinatori per la sicurezza. Al quesito si risponde dicendo che sono tecnici, con esperienza professionale e formazione specifica. In Francia, la formazione dei coordinatori per la sicurezza passa attraverso due tappe:

- prima tappa, formazione dei formatori (accreditamento dei formatori); - seconda tappa, formazione dei coordinatori con abilitazione su tre livelli distinti, in relazione

all’esperienza maturata nei vari settori lavorativi (il I° livello è quello più elevato che consente di coordinare cantieri di qualsiasi natura ed entità, II° e III° sono livelli via via inferiori). I coordinatori abilitati al livello III° e II° possono ambire ai livelli superiori acquisendo l’esperienza professionale richiesta e completando la formazione professionale.

In Italia, invece, va considerato che la formazione professionale dei coordinatori è sinora avvenuta attraverso la frequenza, più o meno interessata e proficua, ad un corso “specifico”, organizzato da “chiunque”, senza che vi fosse una verifica finale, che abilita i soggetti a qualsiasi tipologia di coordinamento. Personalmente, avrei diverse difficoltà ad affrontare il coordinamento di lavori riguardanti grandi opere di ingegneria civile, in quanto non ho maturato sufficiente esperienza a riguardo. È necessario rispolverare, finché non è troppo tardi, il decreto sulla formazione professionale e i livelli di competenza dei coordinatori, non solo sui titoli professionali posseduti ma anche in base all’esperienza professionale maturata, introducendo l’obbligo dell’aggiornamento continuo (almeno quinquennale). È gioco forza che tutto ciò si riversi negativamente sull’attività dei coordinatori per la progettazione e per l’esecuzione, ciò sulla redazione del PSC e del fascicolo degli interventi ulteriori. Mi piace rammentare, per rimarcare tale aspetto, rammentando un’esemplificazione del significato del piano di sicurezza fatta dall’ingegner Serafino Arcangeli, diversi “lustri” fa ma tuttora pienamente valida, che più o meno era così formulata:

“il piano di sicurezza è il documento con il quale si precisa, per esempio, se per piantare un chiodo su di un pilastro è sufficiente adoperare una scala a mano a pioli o è necessario utilizzare un trabattello o è preferibile piantare il chiodo prima di innalzare il pilastro”.

In effetti, nei nostri piani di sicurezza e coordinamento non devono trovare luogo termini come: “durante l’esecuzione dei lavori si adopereranno idonee opere provvisionali” oppure “gli operai dovranno indossare adeguate imbracature di sicurezza”. Se ciò fosse sufficiente non avrebbe significato alcuno il PSC, in quanto tutto ciò è già prescritto dalle norme. A conclusione di ogni elaborazione del PSC il coordinatore dovrebbe porsi la seguente domanda:

“il mio PSC è la dimostrazione scritta e documentata che il lavori cui si riferisce sono realizzabili in sicurezza?”.

Se ciò non fosse o permanesse anche qualche dubbio a riguardo, è necessario rivedere il proprio lavoro ed a volte intervenire sulla progettazione, naturalmente, quando ciò ci è possibile (concesso). Il PSC, infatti, deve porsi l’obiettivo primario del risultato: garantire con le sue prescrizioni la sicurezza in cantiere. È necessario prendere coscienza che il DLgs. n. 494/96, come la stragrande normativa di recepimento delle direttive comunitarie, non è una norma di tipo prescrittivo, come i decreti degli anni cinquanta, ma è una normativa di risultato. Ciò richiede da parte del coordinatore un approccio differente, tipico della progettazione, mirato a ricercare soluzioni non sempre omologate e presenti sul mercato. Il PSC è a tutti gli effetti un progetto, a volte complesso. È costituito da relazioni tecniche specialistiche, elaborati grafici e computi metrici estimativi, proprio come i progetti dei lavori.

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Le incertezze legislative Con ciò introduciamo il secondo punto critico sull’efficacia del PSC: la non sempre chiara legislazione di riferimento. Non agevola il compito del coordinatore per la progettazione le numerose incertezze rilevabili nel corpo legislativo in materia di prevenzione infortuni. Per esempio, riferendoci al decreto legislativo n. 235/2003, per rimanere nel tema della prevenzione e protezione dalle cadute dall’alto, il coordinatore per la progettazione è chiamato a pronunciarsi, a mio parere, con assunzione personale di responsabilità, su due questioni scottanti, nelle quali deve garantire comunque livelli di sicurezza accettabile. Mi riferisco ai casi in cui il CP, ai sensi degli art. 5, commi 3 e 41, del DLgs. n. 235/2003, potrà consentire:

1. l’utilizzo della “scala a mano a pioli” quale posto di lavoro, in deroga all’art. 16 del DPR 164/562, che impone l’adozione di particolari precauzioni idonee ad eliminare i pericoli di caduta dall’alto, qualora valuti che l’uso di altre attrezzature di lavoro considerate più sicure non è giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve durata d’impiego o delle caratteristiche esistenti dei siti che non può modificare;

2. l’uso di sistemi d’imbracatura del lavoratore, in deroga all’articolo 10 del DPR n. 164/56, che subordina l’uso della cintura di sicurezza3 nei lavori in quota alla non possibilità di disporre impalcati di protezione o parapetti, qualora valuti che il lavoro può essere effettuato in condizioni di sicurezza e l’impiego di un’altra attrezzatura di lavoro considerata più sicura non è giustificato a causa della breve durata d’impiego e delle caratteristiche esistenti dei siti che non può modificare.

Nel primo caso, il CP dovrà valutare se sussistano le circostanze che legittimano il lavoro su scala a mano, in altre parole:

- limitato livello di rischio di caduta dall’alto; - breve durata del lavoro su scala; - ovvero, a causa delle caratteristiche esistenti dei siti che non può modificare.

Le predette valutazioni sono solo apparentemente di facile attuazione. Si consideri a riguardo Il lavoro su scala eseguito all’interno degli edifici. Lavoro che, secondo l’orientamento giurisprudenziale sinora consolidato, essendo svolto ad altezza superiore a due metri, richiede l’adozione di “adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta” (D.P.R. 164/56, art. 16).

1 Art. 5, commi 3 e 4, del DLgs. n. 235/2003 3. Il datore di lavoro dispone affinché sia utilizzata una scala a pioli quale posto di lavoro in quota solo nei casi in cui l'uso di altre attrezzature di lavoro considerate più sicure non e' giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure delle caratteristiche esistenti dei siti che non può modificare. 4. Il datore di lavoro dispone affinché siano impiegati sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi alle quali il lavoratore e' direttamente sostenuto, soltanto in circostanze in cui, a seguito della valutazione dei rischi, risulta che il lavoro può essere effettuato in condizioni di sicurezza e l'impiego di un'altra attrezzatura di lavoro considerata più sicura non e' giustificato a causa della breve durata di impiego e delle caratteristiche esistenti dei siti che non può modificare. Lo stesso datore di lavoro prevede l'impiego di un sedile munito di appositi accessori in funzione dell'esito della valutazione dei rischi ed, in particolare, della durata dei lavori e dei vincoli di carattere ergonomico. 2 DPR 164/56 art. 16. Ponteggi ed opere provvisionali. Nei lavori che sono eseguiti ad un'altezza superiore ai m. 2, devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose. 3 DPR 164/56 art. 10. Cinture di sicurezza. Nei lavori presso gronde e cornicioni, sui tetti, sui ponti sviluppabili a forbice e simili, su muri in demolizione e nei lavori analoghi che comunque espongano a rischi di caduta dall'alto o entro cavità, quando non sia possibile disporre impalcati di protezione o parapetti, gli operai addetti devono far uso di idonea cintura di sicurezza con bretelle collegate a fune di trattenuta.

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Con il DLgs. n. 235/2003, in virtù dell’art. 5, comma 3, la scala a mano pioli è da ritenersi idonea opera provvisionale o precauzione atta ad impedire la caduta dall’alto? Inoltre, abbiamo imparato a nostre spese, direttamente o indirettamente in sede giudiziaria, che qualora in condizioni del genere, basso rischio e lavoro di breve durata, si dovesse verificare un infortunio di entità non trascurabile, l’evento stesso è testimonianza che il rischio ipotizzato basso in realtà non lo era.

Nel secondo caso, il CP dovrà valutare se sussistano tre circostanze contemporaneamente:

- il sistema di imbracatura consente l’effettuazione del lavoro insicurezza; - breve durata del lavoro che non giustifica (evidentemente in termini economici) l’adozione

di altra attrezzatura di lavoro considerata più sicura (un dispositivo di protezione collettiva quale il ponteggio, parapetto o altra opera provvisionale);

- caratteristiche esistenti dei siti che non può modificare. Queste condizioni ci potranno consentire di adottare come prescrizione contro la caduta dall’alto nei lavori eseguiti sui tetti di breve durata il sistema di imbracatura degli operai?

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Un altro esempio di problematica applicazione di un norma può essere formulato sull’argomento della stima dei costi della sicurezza. Quante ricette, più o meno legittime, sono state fornite a riguardo. La legislazione certo non è chiara. Alcuni interrogativi ancora insoluti sono:

- i costi della sicurezza sono solo quelli indicati all’articolo 7 del DPR 222/2003? - i ponteggi sono sempre un costo per la sicurezza? - i costi della sicurezza sono sempre compresi nell’importo di progetto? - i costi della sicurezza si calcolano con computo metrico estimativo? - i costi della sicurezza di tipo generale, compresi nelle spese generali d’impresa, possono

essere stimati con sistemi non analitici?

La reale possibilità d’interazione del coordinatore con il progettista La corretta interazione con il progettista è condizione necessaria per intervenire per tempo sulla progettazione, prima che i suoi risultati siano definitivi (o meglio, esecutivi), quando le cautele possibili con il PSC non sono ritenute sufficienti a garantire livelli soddisfacenti di sicurezza nei cantiere. Tale opportunità è fondamentale per adempiere all’obbligo primario di eliminare il rischio alla fonte (in edilizia non esiste fonte maggiore della progettazione) ed opportuna sotto il profilo economico. Infatti, un’oculata progettazione può consentire il risparmio di alti oneri economici, sia durante l’esecuzione dei lavori che durante la vita dell’opera, per l’allestimento di protezioni posticce o di ripiego. È grande oggi il contenzioso, che una volta era imperniato esclusivamente sui risultati delle lavorazioni e non sulle modalità di esecuzione delle stesse, per integrare i patti contrattuali degli oneri necessari all’allestimento di apprestamenti non previsti nel PSC. A quanti coordinatori è capitato di provvedere all’elaborazione posticcia del piano di sicurezza e coordinamento? A quanti coordinatori è capitato di redigere il PSC alcuni giorni prima dell’inizio dei lavori o a lavori in corso d’opera? A molti sicuramente. Tale prerogativa, si badi bene, non è un’esclusività dei cosiddetti “lavori privati”, ma è una consuetudine anche nei “lavori pubblici”. E non o non solo per scarsa attenzione della committenza quanto per vuoto legislativo. Analizziamo l’aspetto. Mi riferisco alla legislazione speciale in materia di appalto di lavori pubblici. Tale corpo legislativo, nato all’indomani degli scandali sugli appalti di lavori pubblici ed ancora in corso di assestamento, attribuisce grande valore al progetto. Per tale motivo la progettazione è suddivisa in tre fasi - progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva - o meglio in quattro fasi se si aggiunge la

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metaprogettazione costituita dal “documento preliminare alla progettazione”, elaborato dal responsabile unico del procedimento, a conclusione di ognuna delle quali è prevista una fase intermedia di verifica o validazione dei risultati. Orbene, al legislatore non è sembrato necessario riservare al PSC lo stesso trattamento (così come al “piano di manutenzione”, mentre non conosce per niente il “fascicolo degli interventi ulteriori”). Se si eccettua la verifica del documento definito “prime indicazioni e disposizioni per la stesura del PSC” riportato nel progetto preliminare, nel progetto definitivo non compare alcun elaborato riguardante la progettazione della sicurezza in cantiere, mentre il PSC è richiesto soltanto in fase di progettazione esecutiva, condizione che di fatto consente la sua elaborazione a progettazione conclusa. Entrare nello specifico delle scelte progettuali è una prerogativa del coordinatore per la progettazione. Il DPR 222/2003, all’art. 2, comma 1, lett. d), richiede che il PSC contenga “le scelte progettuali ed organizzative, le procedure, le misure preventive e protettive, in riferimento:

1. all’area di cantiere, ai sensi dell’articolo 3, commi 1 e 4; 2. all’organizzazione del cantiere, ai sensi dell’articolo 3, commi 2 e 4;

alle lavorazioni, ai sensi dell’articolo 3, commi 3 e 4.” Ed ancora, all’art. 3, comma 4, il decreto aggiunge: Per ogni elemento dell’analisi di cui ai commi 1, 2 e 3 (ambiente, organizzazione, lavorazioni), il PSC contiene:

a) le scelte progettuali ed organizzative, le procedure, le misure preventive e protettive richieste per eliminare o ridurre al minimo i rischi di lavoro; ove necessario, vanno prodotte tavole e disegni tecnici esplicativi.”

Il ruolo del committente Con ciò introduciamo il quarto ostacolo sul cammino dei coordinatori per la progettazione verso la corretta progettazione della sicurezza: il committente o responsabile dei lavori. Nel privato è una figura ancora pressoché assente e nel pubblico forse non è ancora matura. Anche perché la legislazione non favorisce certamente l’auspicata crescita culturale del committente pubblico, in quanto, esiste un’iniqua norma, che gli consente, senza alcuna motivazione di sorta, di scaricarsi di ogni possibile responsabilità inerente la sua posizione, attraverso la designazione del responsabile dei lavori (ruolo da attribuire esclusivamente al responsabile unico del procedimento). È necessario operare per formare la coscienza della committenza: il committente è una figura ancora da costruire. Se da un lato i coordinatori si sono formati, con tutti i limiti indicati in precedenza, i committenti e buona parte delle imprese non hanno subito il processo di apprendimento di norme (direttiva 92/57/CEE) che ormai non possono più nemmeno definirsi nuove e al primo impatto con la realtà.

Conclusioni A nove anni dall’emanazione del DLgs. n. 494/96 non è ancora possibile affermare che l’occasione per l’Italia di dare un nuovo impulso alla prevenzione infortuni nei cantieri sia stata pienamente colta. Il modello prevenzionale proposto dalla direttiva 92/57/CEE, esemplificato in figura, sembra solo apparentemente di semplice attuazione. I dati infortunistici a partire dal 1997, anno di entrata in viogore del decreto, al 2003 non sembrano dare motivi di soddisfazione. Il 2004 sembra essere ancora più negativo sotto il profilo degli infortuni mortali. Sicuramente molto c’è ancora da fare. Non solo da parte dei coordinatori per la sicurezza.

INFORTUNI (RICONOSCIUTI DALL’INAIL) SETTORE DI ATTIVITA' ECONOMICA

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

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F Costruzioni 99 18899 238102 328 100 036103 261 105 748 103 237

INFORTUNI MORTALI (RICONOSCIUTI DALL’INAIL) SETTORE

DI ATTIVITA' ECONOMICA 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

F Costruzioni 269 296 259 236 319 298 293

ASURASUR DPLDPL

INAIL, INPSINAIL, INPS ……

progettista CP

CEL

committente

impresalavoratore autonomo