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LINEE GUIDA PER LA DEFINIZIONE E ATTUAZIONE DI UNA STRATEGIA DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI GAS SERRA DA PARTE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI luglio 2011
2
Gruppo di Lavoro per la redazione delle Linee Guida
Enrico Cancila, Alessandro Bosso, Fabrizio Tollari, Astrid Franceschetti (ERVET)
Fabio Iraldo (IEFE Università Bocconi e Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa)
Sabrina Melandri, Tania Molteni, Andrea Fontanella, Alessia De Stefani (IEFE - Università
Bocconi)
Michela Gallo, Adriana Del Borghi, Felice Alfieri (CESISP – Centro Interuniversitario per lo
Sviluppo della Sostenibilità dei Prodotti)
Rodolfo Pasinetti, Chiara Lazzari (Ambiente Italia – istituto di ricerche)
Supporto per la realizzazione
Il documento è stato elaborato nell’ambito del CTS – Comitato Tecnico-Scientifico della
Rete CARTESIO (Cluster, Aree Territoriali e Sistemi d’Impresa Omogenei) ed ha usufruito del
contributo tecnico e finanziario delle Regioni componenti la Rete e del Comune di
Milano.
3
Indice
INTRODUZIONE ................................................................................................................................................................ 4
1. INVENTARIO TERRITORIALE ..................................................................................................................................... 11
2. SCENARIO DI BASE (BUSINESS AS USUAL, BAU) E OBIETTIVI STRATEGICI .................................................... 25
3. PIANIFICAZIONE ....................................................................................................................................................... 34
4. DEFINIZIONE DEI PROGETTI .................................................................................................................................... 44
5. VALUTAZIONE DEI COSTI E DEI BENEFICI ECONOMICI, AMBIENTALI E SOCIALI DELLE MISURE DI
RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI GHG ...................................................................................................................... 50
6. MONITORAGGIO ..................................................................................................................................................... 56
7. VALIDAZIONE E VERIFICA DEI PROGETTI, RICONOSCIMENTO DELLE “QUOTE DI RIDUZIONE” E
VALORIZZAZIONE ECONOMICA ............................................................................................................................... 66
8. GLOSSARIO ............................................................................................................................................................... 79
9. APPENDICI ................................................................................................................................................................. 81
4
INTRODUZIONE
Proporre un approccio metodologico per impostare efficacemente le strategie regionali
e locali per la riduzione delle emissioni di gas serra, risulta oggi non solo utile per molti
attori delle politiche ambientali e territoriali, ma urgente per rispondere tempestivamente
ad alcuni indirizzi comunitari innovativi. Temi quali la valutazione degli effetti integrati delle
scelte di programmazione e pianificazione sul cambiamento climatico, dei possibili
strumenti idonei per il supporto alle decisioni (inventari, piani clima, indicatori per la
valutazione), della valutazione e rendicontazione dell’efficacia delle politiche e della
valorizzazione (anche economica) dei progetti di riduzione delle emissioni di gas
climalteranti sono oggi in cima alle agende della politica territoriale e della ricerca.
La proposta contenuta nelle presenti Linee Guida mira ad offrire alle pubbliche
amministrazioni e agli enti locali una “via praticabile” per rispondere operativamente ai
più recenti indirizzi emanati a livello comunitario in tema di lotta ai cambiamenti climatici,
anticipandone le inevitabili ripercussioni di più lungo periodo sul modo di “fare” le
politiche locali per il clima.
Il cosiddetto Pacchetto Clima 20-20-20 della Commissione Europea fornisce precise
indicazioni agli stati membri, che a loro volta necessitano del contributo attivo di Regioni
ed Enti Locali per raggiungere pienamente gli obiettivi nazionali.
Nel 2009 due atti comunitari hanno affrontato il tema dei cambiamenti climatici fornendo
indicazioni sul possibile ruolo della pubblica amministrazione:
- la Comunicazione della Commissione Europea n. 147 del 1 aprile 2009 “Libro
Bianco sull’adattamento ai cambiamenti climatici: verso un quadro d'azione
europeo”
- la Direttiva CE n. 29 del 23 aprile 2009 che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di
perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di
emissione di gas a effetto serra
Il libro bianco sottolinea l’importanza di affrontare le questioni climatiche nell'ambito di
ciascuna politica settoriale (es. energia, urbanistica, rifiuti, ecc.) e dell’opportunità che le
misure settoriali interagiscano tra loro.
Inoltre evidenzia l’importanza della valutazione degli impatti climatici, auspicandone
l’applicazione sia nelle procedure di VAS e di VIA che in fase di valutazione degli
investimenti pubblici e privati.
Con la Direttiva 29/2009/CE l’Unione Europea ha esplicitamente consentito “l’adozione di
misure di attuazione per il rilascio di quote o crediti riguardanti progetti gestiti dagli Stati
membri e finalizzati a ridurre le emissioni di gas a effetto serra non disciplinate dal sistema
comunitario”, suggerendo di fatto lo sviluppo di sistemi “interni” di scambio e
valorizzazione di quote di riduzione volontaria non riconducibili all’ambito di applicazione
dell’ETS (Emissioni Trading Scheme). Oltre a ciò, la stessa Direttiva ha previsto la possibilità
che, nella logica del burden sharing sugli obiettivi di riduzione, vengano definiti da parte
di “entità sub-federali o regionali sistemi obbligatori di scambio delle emissioni di gas a
effetto serra”, rispetto ai quali si ritiene opportuno “garantire il coordinamento
amministrativo e tecnico riguardo alle quote di emissione del sistema comunitario”.
La Comunicazione “Europa 2020. Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e
inclusiva” del 3 marzo 2010 ribadisce gli obiettivi di riduzione delle emissioni serra del 20%
al 2020 a livello comunitario e suggerisce che i traguardi dell'UE siano tradotti in obiettivi e
percorsi nazionali onde rispecchiare la situazione attuale di ciascuno Stato membro e il
livello di ambizione che è in grado di raggiungere nell'ambito di uno sforzo globale su
scala UE per conseguire questi traguardi.
5
Inoltre viene posta enfasi sul fatto che la lotta al cambiamento climatico riguarda tutti i
comparti dell'economia, non solo quelli ad alta intensità di emissioni.
Esprime l’importanza di potenziare il quadro per l'uso degli strumenti basati sul mercato
(scambio di quote di emissione, revisione della fiscalità energetica, quadro per gli aiuti di
Stato, promozione di un maggiore uso degli appalti pubblici verdi, ecc.).
Si suggerisce di utilizzare il contributo delle politiche comunitarie, quali quelle di coesione,
agricola, di sviluppo rurale e marittima, per affrontare il cambiamento climatico.
Agli Stati membri viene chiesto di utilizzare strumenti basati sul mercato, come incentivi
fiscali e appalti, per adeguare i metodi di produzione e di consumo.
Alla luce delle considerazioni appena esposte, e con un’ottica più ampia rispetto agli
obiettivi comunitari, si ritiene di poter suggerire la lettura di queste Linee Guida come
proposta di strumenti operativi utili all’attuazione di un approccio territoriale e strategico
per la lotta ai cambiamenti climatici.
E’ opportuno sottolineare che le presenti Linee Guida sono mirate alla costruzione di una
strategia locale per la riduzione delle emissioni serra, vale a dire che sono rivolte a fornire
indicazioni operative per l’attuazione di politiche di mitigazione, mentre non affrontano il
tema delle politiche di adattamento. Le strategie di adattamento rappresentano misure
complementari alle strategie di riduzione e, ragionevolmente, vanno elaborate nella fase
di pianificazione (cap. 3) in maniera coordinata.
La costruzione di una strategia di riduzione delle emissioni serra è evidentemente
collegata alle politiche energetiche locali. Pertanto le presenti linee guida possono
costituire un utile riferimento anche per i comuni che avendo sottoscritto il “Patto dei
sindaci” (iniziativa promossa dalla Commissione Europea)1 sono chiamati a predisporre un
Piano di Azione per l’Energia Sostenibile (PAES).
Gli operatori delle pubbliche amministrazioni e degli enti locali coinvolti nell’applicazione
delle politiche per il clima sono invitati ad utilizzare le presenti Linee Guida e a
sperimentare l’approccio proposto. Il documento è liberamente accessibile a tutti gli
interessati; l’utilizzo della metodologia proposta nell’ambito di progetti ed esperienze
locali può essere segnalato menzionando il presente documento e indicando la fonte di
riferimento (ad es.: riportando il sito web su cui sono disponibili: www.retecartesio.it).
Va infine tenuto presente che le presenti Linee Guida costituiscono un documento “vivo”,
ovvero ambiscono ad essere un riferimento metodologico per quanto possibile condiviso
e applicato dai possibili destinatari. Per questa ragione i redattori, in nome e per conto
della Rete CARTESIO, si impegnano ad arricchire ed integrare il documento sulla base
delle osservazioni e delle proposte che i lettori interessati e gli sperimentatori
dell’approccio sono invitati a trasmettere al seguente indirizzo mail: [email protected].
Allo stesso indirizzo mail si prega di comunicare la decisione di adottare la metodologia
nell’ambito di progetti o esperienze operative.
1 L’iniziativa viene descritta più in dettaglio nel paragrafo conclusivo di questo capitolo introduttivo.
6
Obiettivi e approccio delle Linee Guida
L’elaborazione del presente documento, e le conseguenti azioni per la sua diffusione e
promozione presso gli enti locali e le pubbliche amministrazioni interessate, hanno i
seguenti obiettivi:
a) Offrire un supporto per la definizione di una strategia complessiva da parte di
pubbliche amministrazioni di diverso livello, al fine di attuare efficacemente
iniziative di riduzione delle emissioni GHG, in coerenza con il proprio ruolo e ambito
di governance territoriale e in modo tale da poter garantire un impegno
complessivo e credibile in questo ambito;
b) Fornire esemplificazioni e idee sulla possibile impostazione della strategia, in modo
che questa possa fare affidamento su una fotografia iniziale della situazione delle
emissioni GHG sul territorio e seguirne le evoluzioni migliorative, raggiunte grazie alle
iniziative intraprese;
c) Definire le modalità di attuazione delle strategie adottate attraverso la
realizzazione di piani, programmi e progetti e la costituzione dei corrispondenti
strumenti di supporto.
d) Costruire scenari credibili, condivisi e praticabili sulla possibile valorizzazione
economica delle riduzioni effettivamente conseguite nelle emissioni GHG,
supportando gli operatori delle politiche climatiche (nazionali, regionali e locali)
nella definizione e nella scelta fra le opportunità a disposizione (o da creare) sulla
base di voci di costo e beneficio ipotizzabili e da trasferire nell’ambito specifico di
azione della pubblica amministrazione o dell’ente interessato.
Sotto il profilo metodologico, è importante premettere che le Linee guida si basano sui
seguenti criteri operativi:
a) valorizzazione delle soluzioni e degli strumenti già esistenti e disponibili (ad esempio
metodi di contabilizzazione delle emissioni GHG, standard di validazione dei crediti,
metodi di valutazione ambientale strategica), sfruttando le sinergie possibili e
fornendo indicazioni su come integrarli in una strategia complessiva;
b) integrazione degli strumenti e delle soluzioni già disponibili al fine di renderle
maggiormente coerenti fra loro (e quindi integrabili) e colmare gap metodologici
e di applicazione pratica degli strumenti e soluzioni, soprattutto con suggerimenti
relativi a fonti informative complementari, approcci correttivi o modalità
alternative praticabili;
c) approccio “graduale” e progressivamente estendibile, che consenta alle
pubbliche amministrazioni ed enti pubblici interessati di muovere con la propria
strategia da un settore di attività (es.: mobilità, politiche dell’edilizia pubblica,
ecc.), concentrando su questo l’applicazione del percorso suggerito dalle Linee
Guida, per poi trasferire lo stesso approccio ad altri settori di potenziale interesse;
d) approccio “modulare”, che consenta alle pubbliche amministrazioni o enti
destinatari delle Linee guida di avvalersi dei suggerimenti metodologici e delle
indicazioni operative fornite “step by step” e poter decidere di concentrarsi sulla
realizzazione di alcuni degli step previsti, laddove ciò non vada a discapito della
coerenza e della credibilità della strategia stessa (es.: realizzazione del solo
inventario territoriale del piano clima, nel caso si disponga già di un quadro
emissivo sufficientemente aggiornato). Unica eccezione è rappresentata dal
riconoscimento delle quote di riduzione di gas serra (proposta nel cap. 6), che
7
richiede la realizzazione a monte dell’intero processo (analisi, pianificazione,
progettazione e monitoraggio);
e) approccio “trasversale”, necessario a garantire che i contenuti delle Linee Guida
siano applicabili da diversi tipologie di amministrazioni ed enti, ciascuno secondo il
proprio ruolo istituzionale e le proprie specificità (es.: Comuni, Province, Regioni),
favorendo l’integrazione delle politiche di riduzione delle emissioni serra ai diversi
livelli territoriali;
f) attenzione specifica alle opportunità di valorizzazione economica delle quote di
riduzione dei gas serra, unendo alle possibilità attualmente già accessibili (es.:
mercato dei crediti di tipo VER, Voluntary Emission Reduction, trattati in appendice)
uno scenario di valorizzazione prospettabile per il futuro (si veda l’intero cap. 6), nel
tentativo di offrire ai destinatari delle Linee Guida un ventaglio di soluzioni oggi
percorribili e suggerire future iniziative di “architettura istituzionale” anche a livello
nazionale (es.: proposta di un sistema di scambio dei crediti fra Regioni o fra
operatori pubblici, ipotesi di integrazione e mutuo riconoscimento con il mercato
ETS, ecc);
g) interpretazione del concetto di “valorizzazione economica” in senso esteso,
includendovi la necessità di fornire ai destinatari delle Linee Guida dei riferimenti
metodologici in grado di supportarli nella stima dei benefici (nonché del possibile
payback) legati alla realizzazione di una strategia di riduzione delle emissioni GHG.
8
Struttura delle Linee Guida
Le presenti Linee Guida adottano la logica espositiva del ciclo di Deming: plan – do –
check – act, arricchito da un’ulteriore sezione dedicata alla “valorizzazione” dei risultati
ottenuti. L’ordine dei capitoli segue la logica delle fasi che consentono la costruzione di
una strategia di riduzione delle emissioni di gas serra. Di seguito si riportano i contenuti
generali:
- Inventario territoriale delle emissioni serra
Costruzione di inventari regionali o locali sviluppati partendo da metodologie consolidate.
- Scenario Business as Usual e definizione degli obiettivi strategici
Costruzione dello scenario di riferimento rispetto al quale definire gli obiettivi da perseguire
per la riduzione dei gas climalteranti
Questi primi due passaggi sono fondamentali per la definizione in un ambito territoriale di
specifici obiettivi di riduzione basati su una fotografia degli elementi informativi “certi”
relativi al territorio e al suo sviluppo prospettico.
- Pianificazione
Inserimento degli obiettivi in apposito piano clima e/o in piani settoriali, fornendo indirizzi
per la costruzione di scenari previsionali, collegati agli obiettivi.
- Definizione dei progetti da sviluppare
Sviluppo delle misure dei piani e dei progetti di riduzione dei gas climalteranti (e
attuazione di tali misure), con indicazioni sulle regole per la definizione delle baseline di
progetto e sui requisiti degli stessi progetti, anche ai fini di una possibile valorizzazione
economica.
Questi due passaggi sottolineano gli elementi di pianificazione suddividendoli idealmente
in due gradi di dettaglio. Da un lato le “misure” dei piani, più generali ed ampie, dall’altro
i “progetti”(più tesi ad una definizione puntuale e tecnica degli interventi che si desidera
attuare).
- Monitoraggio
Valutazione ex ante di tutte le misure, nonché in itinere, dei progetti di riduzione e dei loro
risultati rispetto alla baseline, e valutazione ex-post dell’efficacia delle misure dei piani.
Il monitoraggio avviene sulla base dei due livelli descritti, con il livello più specifico “di
progetto“ che è essenziale per la verifica dell’attendibilità delle stime più grossolane.
- Sistema di verifica
Verifica e proposta di un eventuale sistema di validazione dei risultati conseguiti dai
progetti di riduzione delle emissioni, ai fini della rendicontazione o della possibile
valorizzazione (anche in chiave di ritorno economico, diretto o indiretto).
- Valorizzazione dei risultati
Riconoscimento di “quote di riduzione” delle emissioni ai fini della rendicontazione dei
progetti, a fini di ottenimento privilegiato di finanziamenti pubblici o, infine, ai fini di un
eventuale ritorno economico su un mercato attivabile su scala nazionale.
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Il Patto dei Sindaci
Il Patto dei Sindaci (Covenant of Mayors) è un'iniziativa della Commissione europea,
lanciata nel gennaio 2008 nell’ambito della Settimana europea dell’energia sostenibile,
che assegna un ruolo chiave alle città nella lotta al cambiamento climatico tramite
l'attuazione di politiche locali in materia di energia.
L’iniziativa è su base volontaria e le città che vi aderiscono si impegnano a raggiungere
gli obiettivi della politica energetica comunitaria in termini di riduzione delle emissioni dei
gas serra. Gli obiettivi dell'UE sono delineati nel pacchetto comunitario sul clima e
sull'energia che impegna gli Stati membri a tagliare le proprie emissioni di CO2 di almeno il
20% entro il 2020. I sindaci firmatari contribuiscono a raggiungere questo traguardo
attraverso la sottoscrizione di un vincolo formale che prevede la predisposizione e
l'attuazione di specifici Piani d'Azione per l'Energia Sostenibile, che traducono “l’impegno
formale” in misure e progetti concreti.
Le città aderenti accettano di elaborare un inventario delle proprie emissioni e di
preparare regolarmente delle relazioni sullo stato di attuazione dei propri Piani d'azione,
accettano inoltre l'esclusione dal Patto nel caso in cui non riescano a conformarsi alle sue
disposizioni. Si impegnano altresì ad assegnare risorse umane sufficienti alle azioni previste,
a incoraggiare le comunità del proprio territorio a partecipare all'attuazione del Piano
d'azione, a organizzare giornate locali per l'energia e a svolgere attività di networking con
altre città.
Attualmente in Italia hanno sottoscritto l’impegno 571 Comuni2.
I Piani d'Azione per l'Energia Sostenibile (PAES)
I comuni che sottoscrivono il Patto dei Sindaci si impegnano ad inviare il proprio Piano
d'Azione per l'Energia Sostenibile entro l'anno successivo alla data di adesione formale.
Tale Piano rappresenta il documento volto a dimostrare in che modo l'amministrazione
comunale intende raggiungere gli obiettivi di riduzione della CO2 entro il 2020.
I Piani d'azione includono iniziative nei seguenti settori:
edilizia (sia nuove costruzioni che ristrutturazioni)
infrastrutture urbane, essenzialmente per la distribuzione dell’energia
(teleriscaldamento, illuminazione pubblica, reti elettriche intelligenti ecc.)
pianificazione urbana e territoriale
fonti di energia rinnovabile
politiche per il trasporto pubblico e privato e mobilità urbana
acquisti/forniture pubblici
coinvolgimento dei cittadini e, più in generale, partecipazione della società civile
comportamenti sostenibili in fatto di energia da parte di cittadini, consumatori e
aziende.
Un requisito richiesto dal Patto è quello della condivisione dei PAES con gli stakeholder,
per assicurare maggiori possibilità di continuità nel lungo periodo, ed aumentare le
probabilità di successo delle azioni previste e quindi il raggiungimento degli obiettivi
stabiliti.
La Commissione Europea non fornisce metodologie uniche o vincolanti per l’attuazione di
quanto richiesto dal Patto (il Joint Research Centre – JRC ha predisposto un Guidebook 2 Situazione aggiornata a giugno 2010
10
“How to develop a Sustainable Energy Action Plan (SEAP)” che costituisce un riferimento,
ma non si propone come esclusivo), pertanto le Amministrazioni Comunali hanno la
possibilità seguire altri approcci. Le Linee Guida Cartesio possono costituire un idoneo
strumento di supporto, dal momento che la definizione di una strategia locale per il clima
rappresenta un approccio metodologico coerente con lo sviluppo delle attività previste
dal Covenant.
I Piani d'Azione per l'Energia Sostenibile e i Piani Clima
I Piani d'Azione per l'Energia Sostenibile (PAES) e i Piani Clima sono due strumenti di
pianificazione che presentano delle differenze, ma non sono in antitesi anzi risultano
pienamente compatibili e integrabili. Le principali differenze consistono nei settori emissivi
considerati, nelle frequenze dell’aggiornamento, nell’attività di reporting, Le differenze
non sono dunque sostanziali: si tratta essenzialmente di alcune attività specifiche o
supplementari rispetto ad un normale iter di pianificazione e programmazione. La
completa integrazione dei due strumenti si raggiunge facilmente prevedendo a priori, nel
percorso di elaborazione di un Piano Clima, quanto richiesto dall’adesione al Patto.
Vista la valenza e la diffusione dell’iniziativa, per facilitare l’integrazione dei due strumenti,
le Linee Guida Cartesio illustrano, attraverso dei riquadri specifici posti alla fine di ogni
capitolo di riferimento, le indicazioni per una corretta implementazione di quanto previsto
dal Covenant3.
3 Lle indicazioni fanno riferimento a quanto riportato nelle Parti I (The SEAP process, stp-by-step towards the – 20% target by
2020) e II (Baseline emission inventory) del Guidebook sviluppato dal Joint Research Centre. Nei box esplicativi le Linee
Guida Cartesio vengono indicate con “LLGG Cartesio” e il Guidebook del JRC con “LLGG JRC”.
11
1. INVENTARIO TERRITORIALE
Un inventario territoriale delle emissioni in atmosfera è definito come “una serie
organizzata di dati relativi alla quantità di inquinanti introdotti in atmosfera da sorgenti
naturali e/o attività antropiche”, così come specificato nel DM del 20/05/91 “Criteri per
l’elaborazione dei piani regionali per il risanamento e la tutela della qualità dell’aria.
La realizzazione dei primi inventari di emissioni in atmosfera risale agli anni ’70, ad opera
dell’Environmental Protection Agency (EPA) degli Stati Uniti. In ambito europeo, nel 1985 è
stato lanciato il progetto CORINAIR (CoORdination-Information-AIR), finalizzato
all'armonizzazione, alla raccolta e all'organizzazione delle informazioni coerenti sulle
emissioni di inquinanti in atmosfera nella comunità europea. L’obiettivo del progetto era
quello di realizzare un prototipo di inventario delle emissioni in atmosfera di SOx (ossidi di
zolfo), NOx (ossidi di azoto) e COV (composti organici volativi), a cui sono poi stati aggiunti
NH3 (ammoniaca) e CO (monossido di carbonio), nella versione del ’90, e PM10 (polveri
inquinanti minori di 10 micron), HM (metalli pesanti) e POP (inquinanti organici persistenti),
nella versione del ’94.
Una delle criticità del metodo CORINAR, così come di altre metodologie che si sono
sviluppate in seguito, è che sono nate principalmente per analizzare inquinanti di tipo
locale. Benché oggi CORINAIR tenga in considerazione inquinanti globali quali CO2, CH4
e N2O, la metodologia mantiene una struttura più adatta alla gestione di inquinanti locali.
Il presente documento è rivolto agli Enti Locali che intendono definire una strategia al fine
di attuare efficacemente iniziative di riduzione delle emissioni di GHG. Come inventario
territoriale si intende dunque “una serie organizzata di dati relativi alle emissioni di gas ad
effetto serra (CO2, CH4, N2O) prodotte e rimosse annualmente, all’interno dell’ambito
territoriale di riferimento, da attività non soggette alla direttiva dell’Emission Trading
(2003/87/CE), ovvero ricomprese nei seguenti settori:
Trasporti;
Edilizia;
Servizi;
Agricoltura;
Gestione rifiuti;
Piccoli impianti industriali.
L’esclusione dall’inventario dei settori industriali soggetti alla Direttiva ETS (termoelettrico,
raffinazione, produzione di cemento, acciaio, carta, ceramica e vetro) deriva dalla
necessità di evitare una doppia contabilizzazione delle emissioni o riduzioni in quegli
ambiti già regolamentati da una direttiva europea.
La realizzazione di un inventario delle emissioni può rivelarsi utile sotto molteplici punti di
vista:
fini conoscitivi un inventario fornisce un dettagliato quadro conoscitivo del territorio
di cui l’amministrazione locale è responsabile;
fini valutativi l’inventario permette di valutare:
1. le criticità del territorio;
2. la situazione dell’area oggetto dell’inventario, in termini di inquinamento da GHG,
rispetto ad altre realtà territoriali;
3. l’efficacia di piani o progetti nel ridurre le emissioni;
12
fini informativi l’inventario è uno strumento di comunicazione verso gli stakeholder
dell’amministrazione locale relativamente all’inquinamento da emissioni in atmosfera;
supporto alle decisioni l’inventario, definendo il contesto emissivo di una specifica
realtà territoriale, è propedeutico alla definizione di scenari di evoluzione delle emissioni
e dunque alla pianificazione di strategie di riduzione di queste.
Un inventario deve perciò contenere informazioni riguardo a:
1. Quadro di riferimento dell’inventario:
- confini territoriali/di responsabilità dell’Ente Locale;
- anno di riferimento;
- metodologia utilizzata;
2. Inquadramento geografico dell’area oggetto dell’inventario;
3. Inquadramento socio-economico del territorio;
4. Inquinanti trattati (CO2, CH4 e N2O);
5. Ambiti settoriali inclusi;
6. Fonti di emissione presenti sul territorio;
7. Misurazioni e/o stima delle emissioni per ciascuna fonte;
8. Emissioni totali e bilancio dei gas serra.
Nel presente lavoro, indirizzato ad Enti Locali Italiani, si tiene come riferimento la
metodologia per la compilazione di inventari di emissione sviluppata all'interno del
progetto CORINAIR, essendo ad oggi la più utilizzata nel nostro Paese soprattutto a livello
regionale, come emerge dalla raccolta dati della rete SINA (Sistema Informativo
Nazionale Ambientale).
Preparazione alla realizzazione di un inventario
Ancora prima di procedere alla realizzazione dell’inventario è necessario conoscere e/o
stabilire:
Obiettivo dell’inventario e risultati attesi;
Scadenza temporale di realizzazione;
Risorse economiche disponibili;
Materiale ed informazioni esistenti;
Competenze esistenti e/o richieste;
Solo avendo ben definiti questi elementi è possibile pianificare l’inventario. L’impegno
richiesto in termini di risorse economiche, tempo, personale sarà tanto maggiore quanto
più dettagliate saranno le informazioni che si vorranno ottenere, e viceversa. Tutto questo
senza scordare tempi e risorse effettivamente disponibili, che condizioneranno la scelta
verso certi approcci metodologici, piuttosto che altri.
Calcolo/stima delle emissioni
A livello ideale, una metodologia di realizzazione di un inventario prevedrebbe una
specifica quantificazione, tramite misurazioni dirette, di tutte le emissioni delle diverse
tipologie di sorgenti per l’area e il periodo di interesse. Questo è possibile in casi
particolari, ad esempio per impianti industriali che dispongano di sistemi di misurazione in
continuo delle emissioni in atmosfera e che comunicano i dati periodicamente agli enti
competenti. Tuttavia nella pratica questo approccio è poco utilizzabile, in quanto gli
inventari generalmente riguardano territori estremamente vasti (ad esempio un’intera
provincia) e alcune tipologie di emissioni (ad esempio emissioni di attività agricole) che
13
per loro stessa natura sono difficilmente quantificabili attraverso dati puntuali rilevati con
misurazioni sul campo o basati su dataset esistenti.
Dove non è possibile effettuare una quantificazione diretta delle emissioni è dunque
necessario ricorrere ad un approccio che effettui la stima delle emissioni, sulla base di una
relazione fra l’attività della sorgente e l’emissione. A livello generale la relazione può
essere ricondotta alla seguente formula:
Ei = A * FEi
dove:
o Ei = emissione dell’inquinante “i” (ton/anno), ovvero la quantità di sostanza
inquinante “i” (espressa in ton) generata ed immessa in atmosfera a seguito di una
determina attività;
o A = indicatore dell’attività, ovvero il parametro che meglio descrive l’attività che
genera un’emissione, a cui è associabile un inquinante, rapportato all’unità di
tempo (generalmente l’anno). Si può ad esempio trattare di unità di prodotto per il
settore industriale ed agricolo, così come di combustibile utilizzato in caso di
generazione di elettricità (quantità prodotta /anno, consumo di
combustibile/anno, ecc);
o FEi = fattore di emissione dell’inquinante i (g/unità di prodotto, g/unità di
combustibile consumato,ecc), ovvero la quantità di sostanza inquinante immessa
in atmosfera per ogni unità di indicatore d’attività.
Fonti di emissione
Per una corretta gestione delle informazioni e dei dati che andranno a comporre
l’inventario, è utile innanzitutto procedere ad una classificazione delle tipologie di
emissione. Questa può essere fatta sulla base di tre criteri:
Posizione geografica rispetto ai confini di responsabilità dell’Ente;
Capacità di gestione ed influenza da parte dell’Ente responsabile dell’emissione;
Esempio 1: Stima delle emissioni di CO2 da produzione di energia elettrica da centrale termoelettrica a gas naturale A= 1.088.420 TJ FECO2= 56,1 t/TJ (valore IPCC, 2006) ECO2= 1.088.420 TJ * 56,1 t/TJ = 61.060 Gg CO2 Esempio 2: Stima delle emissioni di gas serra da consumo di energia elettrica importata A= 114.887 MWh FECO2 eq.= 0,42 tCO2 eq./MWh (valore mix energetico nazionale, 2006) ECO2 eq.= 114.887 MWh * 0,42 tCO2 eq./MWh = 54.944 t CO2 eq.
(fonte: Progetto REGES, Progetto per la Verifica e la Certificazione della Riduzione delle Emissioni di Gas ad Effetto Serra per il Territorio della Provincia di Siena
14
Forma fisica della fonte di emissione.
Ciò che più interessa ai fini dell’inventario territoriale è la classificazione delle fonti sulla
base della loro localizzazione geografica in:
interne, cioè emesse da tutti gli attori territoriali all’interno dei confini che identificano
l’area di responsabilità dell’Ente Locale;
esterne, cioè imputabili alle attività degli attori territoriali (es:comunità di cittadini,
imprese, ecc.) le cui fonti di emissione risulta esterna ai confini territoriali (esempi:
energia importata per consumi interni, smaltimento dei rifiuti prodotti internamente ma
smaltiti esternamente).
Questa suddivisione corrisponde in parte a quella proposta dall’ICLEI per la Community-
Scale, ovvero le emissioni prodotte dall’intera comunità che insiste sul territorio di cui l’Ente
Locale è responsabile.
LINEE GUIDA CARTESIO PROTOCOLLO ICLEI
Emissioni Interne Community-Scale – Scope 1
Emissioni Esterne Community-Scale – Scope 2 and 3
emissions
La seconda tipologia di classificazione delle fonti, sulla base della capacità di gestione ed
influenza, può essere effettuata solo su quelle emissioni che sono direttamente o
indirettamente legate alle attività svolte dall’Ente Locale. Queste, benché importanti,
possono tuttavia essere considerate una sottocategoria delle emissioni interne ed esterne.
Una classificazione delle emissioni sulla base della capacità di gestione dell’Ente non è
dunque da considerarsi prioritaria nella realizzazione di un inventario, ma può rivelarsi utile
per effettuare un focus sulle performace dell’amministrazione locale. Una possibile
classificazione, rifacendosi alla definizione della Norma ISO 14064, è la seguente:
emissioni dirette, ovvero da sorgenti di proprietà o controllate dall’organizzazione (nel
nostro caso l’amministrazione locale), e sui cui questo può dunque esercitare un
controllo diretto (ad es: emissioni prodotte da personale dell’Ente nell’ambito dello
svolgimento delle proprie attività lavorative);
emissioni indirette da consumo energetico: Emissioni di GHG derivanti dalla produzione
di elettricità, calore o vapore importati e consumati dall’organizzazione (ad es:
consumo energetico per l’illuminazione, il riscaldamento degli uffici e la produzione di
acqua calda sanitaria);
altre emissioni indirette: emissioni, diverse dalle emissioni indirette da consumo
energetico, che sono conseguenza delle attività di un’organizzazione, ma che
scaturisce da sorgenti di gas serra di proprietà o controllate da altre organizzazioni (ad
es: emissione prodotte dal servizio di trasporto rifiuti gestito da terzi).
La classificazione ISO 14064 corrisponde a quella prevista dall’International Local
Government GHG Emissions Analysis Protocol dell’ICLEI (International Council for Local
Environmental Initiatives) per le emissioni legate alle Government Operations., ovvero le
attività dell’amministrazione locale.
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ISO 14064 PROTOCOLLO ICLEI
Emissioni Dirette Government Operations – Scope 1
emissions
Emissioni Indirette da Consumo
Energetico
Government Operations – Scope 2
emissions
Altre Emissioni Indirette Government Operations – Scope 3
emissions
Infine, sulla base della forma fisica della fonte di emissione, queste possono essere
suddivise nelle seguenti categorie:
diffuse, ovvero distribuite sul territorio;
puntuali, ossia fonti di inquinamento localizzabili geograficamente;
lineari, ovvero assimilabili a linee in cui si concentrano le fonti emissive, come ad
esempio le strade;
Anche quest’ultima definizione, benché valida, risulta di utile solo ad una migliore
qualificazione delle fonti ricomprese in un inventario territoriale delle emissioni di gas serra.
La maggior parte di queste (ricordando che le emissioni del settore industriale ed
energetico sono per lo più comprese nel sistema ETS, e quindi da non considerarsi)
derivano dal settore civile e dal traffico veicolare, responsabili di un inquinamento di tipo
diffuso. Considerando inoltre che i gas serra sono inquinanti globali, la posizione
geografica e la forma fisica sono informazioni accessorie, ma ancora una volta preme
sottolineare che, ai fini dell’inventario, ciò che interessa e che la fonte sia interna od
esterna ai confini di competenza dell’Ente Locale.
Ambiti settoriali
Al fine della realizzazione di un inventario può risultare efficace suddividere le emissioni in
ambiti settoriali, che raggruppino fonti di emissioni simili tra loro per origine.
Nell’ambito del progetto CORINAIR è stata sviluppata la nomenclatura SNAP (Selected
Nomenclature for Air Pollution) per le sorgenti emissive, giunta alla versione riferita all'anno
1997, che individua 11 macrosettori:
centrali elettriche pubbliche, cogenerazione e teleriscaldamento;
impianti di combustione non industriali (commercio, residenziale, agricoltura);
combustione nell'industria;
processi produttivi;
estrazione e distribuzione di combustibili fossili;
uso di solventi;
trasporto su strada;
altre sorgenti mobili e macchinari;
trattamento e smaltimento rifiuti;
agricoltura;
altre sorgenti e assorbimenti.
Tuttavia non sempre questa classificazione risulta adatta per strutturare successivamente
un Piano Clima o progetti specifici di riduzione, in particolare per alcune tipologie di dati.
In alcuni casi risulta essere troppo dettagliata, in altri non ha disaggregazioni utili alla
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realtà in esame (es. non ci sono emissioni riferibili a TPL, tipologia autobus inserita nel
settore dei veicoli pesanti, nessuna specifica per bus pubblici o privati, ecc), il che
impedisce una successiva identificazione e monitoraggio di specifici obiettivi e misure di
riduzione.
Per realizzare un inventario di emissioni di GHG, a livello indicativo i principali ambiti
settoriali da individuare possono essere:
consumi energetici di edifici ad uso residenziale;
consumi energetici di edifici ad uso commerciale;
consumi energetici di edifici ad uso industriale;
emissioni da uso del suolo (agricoltura e/o zootecnia);
assorbimenti da uso del suolo;
trasporti (pubblici, privati);
gestione dello smaltimento rifiuti;
produzione di energia elettrica e/o termica non compresa nel sistema ETS.
Altri ambiti settoriali specifici, legati a peculiarità del territorio, dovranno essere
eventualmente identificati da chi realizza l’inventario, in modo da ottenere un quadro per
quanto possibile esaustivo.
La suddivisione delle emissioni di ambiti settoriali ha lo scopo di identificare le key
categories (come raccomandato anche nella metodologia IPCC), ovvero quelle
categorie di fonti di emissione che hanno un’influenza significativa sull’inventario del
territorio in esame, sul totale delle emissioni generate. Aver individuato le key categories
per l’amministrazione locale significa:
potere scegliere l’approccio migliore da utilizzare in fase di realizzazione
dell’inventario (approcci top-down e bottom-up, descritti nel paragrafo seguente);
focalizzare le possibili aree di miglioramento, e dunque decidere come agire per
ridurne gli impatti in termini di emissioni di GHG.
Approcci top-down e bottom-up
Per la stima delle emissioni sono spesso utilizzati due differenti approcci, uno denominato
“top-down”, l’altro “bottom-up”. La stima "top-down" è una metodologia che parte dai
valori di emissioni annue calcolati a livello nazionale, spesso all’interno del progetto
europeo CORINAIR, e dettagliate in diverse attività secondo i specifici codici SNAP 97, per
disaggregarli a livello spaziale e temporale. L’approccio "bottom-up" parte da dati locali
a livello comunale o, dove possibile, dall’oggetto specifico dell’emissione (quale può
essere il tracciato della strada o la locazione dell’industria) e con queste informazioni e gli
specifici fattori di emissione stima le emissioni orarie direttamente a livello locale.
Proponiamo di seguito una descrizione dei due possibili approcci alla stima delle emissioni.
L’inventario strutturato secondo l’approccio top-down
Il problema fondamentale di strutturare un inventario secondo un approccio top-down è
quello della disponibilità dei dati. Spesso ci si trova nella condizione di non disporre di
informazioni sulle fonti di emissione oppure di disporne, ma riferite ad ambiti territoriali più
vasti, a scale temporali differenti o ad anni diversi da quello preso a riferimento per
l’inventario. La difficoltà consiste dunque nel rapportare i dati disponibili, tra loro
disomogenei, alla situazione territoriale e spaziale dell’inventario, secondo opportuni criteri
di proporzionalità e coerenza.
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La situazione più comune è quella in cui gli unici dati reperibili sono i totali nazionali (a
volte sono disponibili anche informazioni a livello regionale o provinciale, ma raramente a
livello comunale) e dunque si rende necessario individuare opportune variabili che
consentano di relazionare l’area di cui si dispone di informazioni con l’area oggetto
dell’inventario per poter disaggregare i dati alla scala territoriale di interesse. A titolo
esemplificativo, possibili variabili per la disaggregazione dei valori di emissione sono:
Emissioni da consumi energetici di edifici/Produzione energia Combustibile
utilizzato;
Emissioni da produzione industriale Quantità di prodotto/settore;
Numero di addetti per tipologia merceologica di
aziende;
Emissioni da trasporto Percentuale di tratti stradali appartenenti al territorio;
Popolazione residente;
Consumo di combustibile;
Emissioni da attività di trattamento rifiuti Popolazione residente;
capacità impianti di combustione (ton
combuste/anno);
ton rifiuti stoccati in discarica;
Emissioni da attività agricole Quantità di prodotto agricolo;
Superficie coltivata;
quantità fertilizzati utilizzata;
Disponendo dei valori di emissione (E) di un’area vasta e delle variabili per la
disaggregazione (V), è possibile stimare le emissioni nell’area di interesse mediante la
formula:
Ek = Vk/Vt * Et
Dove:
Ek = valore emissivo della sorgente in esame nell’area k, oggetto dell’inventario
Et = valore emissivo totale noto nell’area più vasta t
Vk = valore della variabile che caratterizza il territorio a livello dell’area k
Vt = valore della variabile che caratterizza il territorio a livello dell’area vasta t
Per quanto riguarda il caso italiano, un utile guida per la disaggregazione delle emissioni
secondo un approccio top-down è “La disaggregazione a livello provinciale
dell’inventario nazionale delle emissioni”, pubblicato da APAT nel 2004, che illustrata
l’attività svolta per disaggregare su base provinciale le emissioni di inquinanti e dei gas
serra stimati nell’inventario CORINAIR su base nazionale
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Nel caso invece in cui si disponga di dati di emissione riferiti a scale temporali differenti da
quella di interesse, l’approccio più semplice per considerare questa variazione utilizza
semplici coefficienti (24 per l’emissione oraria, 7 per la variazione giornaliera in una
settimana, 12 per la modulazione mensile) che consentono facilmente di ricavare
l’emissione annua partendo da quella oraria, giornaliera o mensile e viceversa.
Sicuramente la criticità dell’approccio top-down risiede nell’affidabilità delle stime di
emissione così ottenute, dipendente in primo luogo dalla variabile scelta per la
disaggregazione delle emissioni, che deve essere quanto più rappresentativa della
sorgente emissiva, così da consentire una giusta ripartizione delle emissioni.
Inoltre non è da sottovalutare il grado di precisione degli inventari cui si fa riferimento, che
tende inevitabilmente a diminuire all’aumentare dell’estensione dell’area ricompresa
nell’inventario. Può dunque accadere che sorgenti emissive particolarmente significative
per la realtà in esame non lo siano ad esempio per un inventario nazionale, da cui si
attinge il dato da disaggregare, e che quindi in questo non siano state correttamente
stimate. Questo vale essenzialmente per sorgenti emissive puntuali o lineari, che in linea
generale vanno identificate e misurate caso per caso.
L’approccio top-down per la stima delle emissioni può dunque essere così schematizzato:
1. Identificazione delle fonti di emissione presenti all’interno dell’ambito territoriale di
competenza dell’Ente Locale;
2. Ricerca dei dati emissivi disponibili sulle fonti di emissione individuate, spesso reperibili
su scala spaziale più ampia o su scala temporale differente;
3. Scelta dei criteri di disaggregazione che meglio rappresentano la sorgente emissiva e
che meglio correlano le realtà da relazionare;
4. Stima delle emissioni, mediante le opportune variabili di disaggregazione, da utilizzarsi
con le dovute cautele a seconda del grado di affidabilità dei dati.
Laddove non sia possibile reperire dati su fonti di emissioni particolarmente significative
per il territorio, o nel caso in cui mediante il processo di disaggregazione il dato finale risulti
Esempio: Calcolo dell’emissione di N2O dall’uso di fertilizzanti su terreni con arature nel Comune di Dovera (CR) dati: k = area in esame = Comune di Dovera t = area vasta = Provincia di Cremona V = variabile per la disaggregazione = superficie terreni con arature (ettati) ECR, N2O = 263 kg/anno VCR = 162.897 ettari VDovera = 1.059 ettari EDovera, N2O = VDovera / VCR * ECR, N2O = 1.059 / 162.897 * 263 = 1,71 kg/anno (Fonte: Inventario INEMAR, Regione Lombardia)
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poco preciso ed affidabile, si rende necessario procede con un approccio di tipo
bottom-up, come descritto nel seguente paragrafo.
L’inventario strutturato secondo l’approccio bottom-up e misto
L’approccio bottom-up, quando e se possibile, rappresenta la scelta ideale nella
realizzazione di un inventario perché permette di ottenere informazioni estremamente
dettagliate e precise relativamente al territorio in esame. La teoria prevede infatti che si
parta dalla fonte specifica dell’emissione per giungere al dato complessivo territoriale,
ovvero esattamente l’opposto di quanto avviene operando mediante un approccio top-
down.
Le diverse tipologie di emissioni possono essere quantificate, sulla base della loro natura,
mediante:
misurazioni dirette;
stime da dati raccolti tramite appositi censimenti;
stime attraverso opportuni indicatori e fattori di emissione.
Nella pratica, nella maggior parte dei casi non si effettuano misurazioni dirette presso le
singole fonti puntuali di emissione, ma si opererà mediante stime e/o dati complessivi di
attività (consumi di carburante, km percorsi, ton di rifiuti, ecc. ) riferiti ai diversi ambiti
settoriali identificati, e da questi si calcolano le emissioni mediante gli opportuni fattori di
emissioni (secondo la formula riportata a pagina 11).
I limiti di questo approccio risiedono in primo luogo negli alti costi e tempi di realizzazione,
legati all’elevata mole di dati ed informazioni da raccogliere ed analizzare. Inoltre non
meno importante è il problema legato alla non comparabilità dei dati. Essendo i valori di
emissione calcolati direttamente dall’Ente, mediante una propria metodologia e
partendo dalle specifiche sorgenti emissive, questi saranno difficilmente confrontabili con
dati di emissione riferiti ad altri ambiti territoriali. Inoltre l’Ente dovrà provvedere
annualmente a tenere aggiornati i dati mediante l’utilizzo della stessa metodologia, per
assicurare che i dati sia confrontabili nel tempo.
Nella realtà, strutturare totalmente un inventario secondo l’approccio bottom-up può
risultare estremamente dispendioso in termini di risorse e tempi di realizzo. D’altro canto,
utilizzare unicamente l’approccio top-down significa realizzare un inventario troppo poco
preciso e affidabile nella rappresentazione di una piccola realtà territoriale, e dunque di
scarsa utilità quale punto di partenza per la pianificazione a livello locale di interventi di
riduzione delle emissioni.
La scelta ideale risiede nel ricorrere ad un approccio misto, procedere mediante
l’approccio bottom-up per i settori di particolare rilevanza per l’area in esame, lasciando
l’approccio top-down per i restanti settori.
Raccolta dati
L’inquadramento dei dati utili al fine della compilazione di un inventario e la loro raccolta
è spesso una fase complessa, considerata la numerosità di informazioni richieste e dei
soggetti che detengo le informazioni, nonché i tempi tecnici necessari alla loro raccolta o
misurazione diretta.
Per prima cosa è opportuno delineare lo scenario di applicazione dell’inventario, ovvero
definire:
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l’area di responsabilità dell’Ente Locale;
l’anno di riferimento dell’inventario;
le attività da includere/escludere: nell’inventario vanno tenute in considerazioni solo le
emissioni generate nei settori non soggetti alla direttiva dell’Emission Trading (settori
non-ETS);
tipologia di approccio per la stima delle emissioni: top-down, bottom-up o misto;
disponibilità o meno di software specifici per il calcolo delle emissioni
A questo punto è possibile procedere alla raccolta dei dati necessari alla stesura
dell’inventario, ovvero:
localizzazione delle fonti di emissione;
fattori di emissione (FE) – per approccio bottom-up;
indicatori di attività (A) – per approccio bottom-up;
emissioni da disaggregare – per approccio top-down;
variabili per la disaggregazione spaziale e temporale delle emissioni – per approccio
top-down.
Il censimento delle fonti di emissione è propedeutico alla realizzazione di un inventario e
consiste nell’attività di raccolta di dati, stime o misure, relativi alla quantità di inquinante
introdotto in atmosfera da ciascuna fonte di emissione, al fine di identificare le sorgenti
presenti sul territorio.
Il primo problema che ci si trova ad affrontare è dove reperire le informazioni.
É importante precisare che per garantire la riproducibilità dei calcoli e la coerenza dei
dati in inventari realizzati o da realizzarsi in serie storica, è necessario porre attenzione alla
scelta delle fonti dei dati di attività, dei fattori di emissione e della metodologia di stima
scelta, così che siano trasparenti e facilmente aggiornabili.
Per quanto concerne le emissioni dirette ed indirette, l’Ente Locale deve intraprendere un
precorso simile a quello previsto per la realizzazione di un’analisi ambientale iniziale o di
una relazione sullo stato dell’ambiente, ovvero individuare quelle che sono le fonti di
emissioni connesse allo svolgimento delle proprie attività e di organizzazione che operano
per essa. Per fare questo è necessario indagare tutti gli ambiti connessi all’attività svolta
ed i servizi forniti, raccogliendo informazioni presso le proprie strutture e i fornitori di beni e
servizi.
Risulta sicuramente più complesso il processo di raccolta dati su tutte le emissioni interne
ed esterne, ovvero quelle riferite all’intera area di responsabilità dell’Ente. Come primo
passo è necessario individuare se esistono documenti che già raccolgono, almeno in
parte, le informazioni di cui si necessita, ed i soggetti che possono detenerle. Possibili fonti
solo:
Relazione sullo Stato dell’Ambiente (RSA);
Studi condotti dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ARPA);
Pubblicazioni sul tema ambientale da parte di istituti di ricerca;
Studi e pubblicazioni delle associazioni imprenditoriali e camere di commercio;
Dati ISTAT;
Dati “registro delle imprese” e “albo artigiani”
Autorizzazioni alle emissioni (settore processi industriali)
Autorizzazione Integrata Ambientale (settore processi industriali)
Gestore rifiuti di ATO
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Corpo Forestale
Camera di commercio
Pubblicazioni “Unione Petrolifera”
“Bilancio Energetico Nazionale”, Ministero dello Sviluppo Economico
“Bollettino Petrolifero”, Ministero dello Sviluppo Economico,
Pubblicazioni “SNAM Rete Gas”
Gestore Trasporti Pubblici
Ambiti Settoriali Fonti Informative
Consumi/produzioni
energetiche da uso
residenziale, commerciale
ed industriale
Relazione sullo stato dell’Ambiente (RSA)
Studi ARPA
Dati ISTAT
Piani Energetici
Autorizzazioni alle emissioni
Pubblicazioni “SNAM Reta Gas”
Pubblicazioni “Unione Petrolifera”
Bilancio Energetico Nazionale, Ministero dello Sviluppo
Economico
Bollettino Petrolifero, Ministero dello Sviluppo Economico
Consumi da uso del suolo Relazione sullo stato dell’Ambiente (RSA)
Studi ARPA
Corpo Forestale
Trasporti Relazione sullo stato dell’Ambiente (RSA)
Studi ARPA
Dati ISTAT
Agenzia Trasporti Pubblici
Gestione smaltimento rifiuti Relazione sullo stato dell’Ambiente (RSA)
Studi ARPA
Dati ISTAT
Gestore Rifiuti
Indicatori di attività
Anche gli indicatori di attività, come i fattori di emissione, possono rappresentare un
elemento di criticità, soprattutto nella realizzazione di inventari a scala locale dove spesso
mancano dati disaggregati territorialmente. O si procede ad una misurazione diretta
degli indicatori o è necessario ricorrere ad una disaggregazione di dati disponibili, che
inevitabilmente porta all’introduzione di un errore.
A titolo esemplificativo, alcuni indicatori di attività sono:
22
Emissione da processi di combustione consumo di combustibile;
Processi produttivi quantità di bene prodotto;
Agricoltura quantità di fertilizzate utilizzato
superficie per tipo coltivazione (reperibile da censimento decennale
ISTAT);
Allevamento quantità di capi (reperibile presso le Regione se non, quasi sempre, a
livello Comunale);
Trattamento rifiuti quantità rifiuti incenerita, trattata o depositata in discarica
(reperibili presso Regioni o Provincie);
Per alcuni settori, come ad esempio il traffico veicolare, la presenza di un elevato numero
di parametri che influenzano le emissioni (tipologia di veicolo, combustibile impiegato,
anno di immatricolazione) comporta l’adozione di algoritmi di calcolo abbastanza
complessi, generalmente implementati all’interno di modelli matematici specifici, come
ad esempio la metodologia COPERT.
Fattori di Emissione
La scelta dei fattori di emissione rappresenta una delle criticità maggiori nella stima delle
emissioni.
La condizione ottimale sarebbe quella di disporre di fattori di emissione specifici per la
realtà locale in esame. Laddove questi non siano disponibili per la mancanza di studi di
settore a livello di interesse (Regionale, Provinciale o Comunale), si attinge alla
documentazione internazionale o nazionale disponibile:
EMEP/CORINAIR Emission Inventory Guidebook (EEA, 2007)
Compilation of Air Pollutant Emission Factors (1995 e successivi aggiornamenti, EPA)
Guidelines for National Greenhouse Gas Inventories (IPCC, 2006)
Manuale dei fattori di Emissione Nazionali (ANPA, 2002)
Per quanto concerne l’Italia, è disponibile on-line all’indirizzo
http://www.inventaria.sinanet.apat.it/ un database che raccoglie i fattori di emissione
selezionati per l’inventario delle emissioni nazionale, utilizzabili anche per la stima delle
emissioni negli inventari locali, organizzati secondo l’impostazione SNAP97 delle sorgenti
emissive.
I fattori di emissione si possono spesso trovare già inseriti all’interno di software o strumenti
di calcolo che consentono di ottenere con relativa semplicità i livelli di emissione degli
inquinanti, disponendo unicamente degli indicatori di attività. Vanno tuttavia usate
cautele nell’utilizzo di tali software, relative soprattutto alla necessità di garantire la
trasparenza degli algoritmi utilizzati, l’adeguatezza e l’aggiornamento dei fattori di
emissione, la corretta specificità geografica e temporale degli indicatori, ecc.
Alcuni di questi software sono:
- SIRENA (Sistema Informativo Regionale ENergia e Ambiente), realizzato dalla
regione Lombardia quale strumento per raccogliere le informazioni relative al
sistema energetico regionale;
- INEMAR (INventario EMissioni ARia), è un database progettato per realizzare
l'inventario delle emissioni in atmosfera, ovvero stimare le emissioni a livello
comunale dei diversi inquinanti, per ogni attività della classificazione Corinair e tipo
di combustibile;
23
- FIRE (Factor Information Retrieval) Data System, programma che contine i fattori di
emission stimati dall EPA (Environmental Protection Angency);
- ECO2-RegioIT, strumento per il calcolo delle emissioni territoriali di CO2 in fase di
sviluppo da parte di “Alleanza per il Clima Italia” assieme ad un gruppo di enti
locali e territoriali (Comuni di Bolzano, Gubbio, Jesi, Modena, Reggio Emilia, Schio e
le Province di Ancona e Roma). Lo strumento si basa sul software online messo a
punto da Ecospeed, spin-off dell’università di Zurigo (www.climatealliance.it).
- AIRES: Un modello per l’Analisi Integrata per la Riduzione dell’Effetto Serra (1998),
Ambiente Italia – Ministero dell’Ambiente.
In caso di adesione al Patto dei Sindaci
Gli Enti che hanno sottoscritto il Patto sono tenuti ad elaborare un inventario base delle emissioni (BEI) entro l’anno successivo all’adesione. Nell’inventario devono essere conteggiate obbligatoriamente le emissioni derivanti dall’uso e consumo di energia (consumo di energia degli edifici, delle infrastrutture di servizio pubblico, delle attività
economiche, dei trasporti, e degli impianti di produzione /trasformazione di energia) e volontariamente le emissioni originate da altre attività. È obbligatorio il calcolo delle emissioni di CO2 e volontario quello di CH4 e N2O. In questo caso le LLGG Cartesio sono più inclusive rispetto a quanto previsto dal Covenant, non sono quindi necessari particolari adattamenti. Entrambi gli strumenti escludono le attività soggette ad ETS, ed includono nell’inventario tutte le fonti emissive (interne ed esterne) che dipendono dalle attività svolte nel territorio di competenza dell’Autorità locale.
Le LLGG del JRC per la stima delle emissioni presentano due metodologie: quella Standard dell’IPCC, basata sul contenuto di carbonio di ciascuna fonte emissiva e quella basata sulla valutazione del ciclo di vita così come proposto dall’European Reference Life Cycle Database (ELCD). L’autorità locale può comunque scegliere altri approcci e strumenti che considera appropriati, ma che devono comunque risultare conciliabili con le indicazioni delle LLGG JRC. In questo caso è possibile orientarsi, senza particolari problemi, sulle indicazioni delle LLGG Cartesio in quanto la metodologia consigliata CORINAIR / INEMAR è perfettamente compatibile con quanto previsto dall’IPCC. È necessario scegliere come anno base di riferimento il 1990, o comunque il primo anno più vicino al ’90 per il quale
siano disponibili dati completi e affidabili. L’approccio consigliato per le stime e quello bottom-up, poiché dovendo esaminare le emissioni a livello comunale le stime basate sulle medie nazionali non sono considerate appropriate, in particolare nel monitoraggio delle emissioni gli andamenti non farebbero emergere i contributi del singolo comune. Le stime possono essere calcolate con le formule proposte dalle LLGG Cartesio; per quanto riguarda i fattori di emissione è consigliabile utilzzare quelli dell’IPCC, o meglio ancora, se disponibili, dei fattori emissivi locali che
risultino comunque in linea con quanto definito dall’IPCC. Riguardo le modalità di raccolta dei dati è possibile seguire le indicazioni delle presenti linee guida. Il processo di raccolta e le fonti dei dati devono essere ben documentati e resi disponibili pubblicamente, affinché l’elaborazione dell’inventario sia trasparente e chiara a tutti gli stakeholder. L’aggiornamento dell’inventario è raccomandato ogni anno e obbligatorio almeno ogni 4 anni. Se si aderisce al Patto occorre altresì compilare il modulo (template) fornito con il Guidebook JRC, con i dati relativi alle emissioni.
Modulo da compilare con i dati sulle emissioni
1) Anno di inventario
2) Fattori di emissione
Barrare la casella corrispondente:
Unità di misura delle emissioni
Barrare la casella corrispondente:
3) Risultati principali dell'inventario di base delle emissioni
Legenda dei colori e dei simboli:
le celle verdi sono campi obbligatori
Gas naturale Gas liquido
Olio da
riscaldamen
to
Diesel Benzina Lignite Carbone
Altri
combustibili
fossili
Oli vegetali BiocarburantiAltre
biomasse
Energia
solare
termica
Energia
geotermica
EDIFICI, ATTREZZATURE/IMPIANTI E INDUSTRIEEdifici, attrezzature/impianti comunali 0Edifici, attrezzature/impianti terziari (non comunali) 0
Edifici residenziali 0
Illuminazione pubblica comunale 0
Industrie (escluse le industrie contemplate nel Sistema europeo di
scambio delle quote di emissione – ETS)0
Totale parziale edifici, attrezzature/impianti e industrie 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0TRASPORTIParco auto comunale 0Trasporti pubblici 0
Trasporti privati e commerciali 0
Totale parziale trasporti 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Totale 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
(Eventuali) acquisti di elettricità verde certificata da parte del comune
[MWh]:
Fattore di emissione di CO2 per gli acquisti di elettricità verde
certificata (approccio LCA):
Istruzioni
Si segnala che per la separazione dei decimali si usa il punto [.]. Non è consentito l'uso di separatori per le migliaia.
i campi grigi non sono modificabili
INVENTARIO DI BASE DELLE EMISSIONI
Modulo SEAP (Piano d'azione per l'energia sostenibile)
Fattori di emissione
I firmatari del patto che calcolano le emissioni di CO2 pro capite devono indicare qui il numero di abitanti nell'anno di inventario:
Categoria
CONSUMO ENERGETICO FINALE [MWh]
Elettricità
Combustibili fossili Energie rinnovabili
Totale
Fattori di emissione standard in linea con i principi IPCC
Fattori LCA (valutazione del ciclo di vita)
Emissioni di CO2
Emissioni equivalenti di CO2
A. Consumo energetico finale
Calore/freddo
?
?
24
LLGG JRC raccomandano inoltre di redigere un Rapporto per ogni aggiornamento dell’inventario includendo le
seguenti informazioni:
i confini geografici dell’ente
la scelta dell’approccio dei fattori di emissione
l’unità scelta per il monitoraggio (CO2 o CO2 equivalente)
le scelte fatte riguardo l’inclusione di sorgenti emissive e settori volontari
l’idenficazione degli impianti locali di produzione di energia elettrica
l’idenficazione degli impianti locali di riscaldamento/raffrescamento
i metodi di raccolta dei dati
i fattori di emissioni utilizzati e le loro fonti
le considerazioni effettuate
i riferimenti utilizzati
le informazioni realtive a qualsiasi cambiamento fatto riguardo gli approcci, le metodologie, le fonti dei dati, etc, rispetto all’inventario precdente
eventuali spiegazioni che possano aiutare a capire ed interpretare l’inventario
nomi e contatti delle persone che hanno fornito informazioni per l’inventario.
25
2. SCENARIO DI BASE (Business As Usual, BAU) E OBIETTIVI STRATEGICI
La costruzione dello scenario di riferimento rappresenta un esercizio di previsione
finalizzato a stimare l'evoluzione nel tempo delle emissioni di gas serra in assenza di
politiche locali di mitigazione dei cambiamenti climatici, dati il contesto socio-
economico, territoriale e ambientale dell’area di responsabilità dell’Amministrazione
Locale.
Lo scenario BAU serve, infatti, sia come fonte informativa relativamente alle emissioni totali
di GHG di una specifica realtà territoriale, sia come riferimento per il calcolo delle riduzioni
di emissione associate ad un intervento dell’Amministrazione Locale, che devono
dimostrare di essere addizionali rispetto a quelle che sarebbero avvenute in assenza di
specifici piani, misure o progetti di riduzione. Il criterio dell‘addizionalità, uno dei requisiti
fondamentali dei progetti di riduzione previsti nell’ambito del Protocollo di Kyoto, prevede
che si dimostri che le emissioni reali associate ad un intervento di riduzione siano minori di
quelle che si sarebbe avute in assenza dell’intervento stesso, ovvero in una situazione di
business-as-usual.
E’ importante precisare che può non essere facile definire cosa includere o meno nello
scenario BAU. Non sempre infatti è possibile valutare in che misura azioni di riduzione delle
emissioni intraprese prima o contemporaneamente all’approvazione di un Piano Clima (o
di piani settoriali con specifici obiettivi di riduzione) sarebbero state effettivamente
implementate in assenza di una politica dell’Ente con precisi obiettivi di riduzione
dell’inquinamento da GHG.
Una possibilità è quella di escludere dallo scenario BAU (e dunque includere nel Piano
Clima) tutte quelle misure, anche attivate in precedenza, ma che sono state
specificamente intraprese per perseguire obiettivi ambientali di riduzione delle emissioni, o
che comunque contengono forti implicazioni ambientali.
In ogni caso va tenuto presente che, quale che sia la suddivisione delle azioni di riduzione
tra scenario BAU e scenario previsionale di Piano che si sceglie di adottare, in linea di
principio questa non ha comunque effetti sull’entità dell’obiettivo generale di riduzione.
Escludere dal BAU le azioni di riduzione già intraprese risulterà in un maggiore impegno di
riduzione da parte dell’Ente il quale, per far fronte a questo, potrà però contare sulle
azioni già intraprese che rientreranno nel Piano Clima. Viceversa, includere le azioni già
intraprese nello scenario BAU, alleggerisce gli impegni di riduzione da parte dell’Ente.
In linea generale, uno scenario BAU deve essere stabilito:
o in riferimento all’intera realtà territoriale di competenza dell’Ente Locale, o
relativamente ad un settore cui un piano, misura o progetto fa riferimento;
o in modo trasparente rispetto alla scelta degli approcci, assunzioni, metodologie,
parametri, fonti dei dati;
o tenendo in considerazione le politiche settoriali e/o regionali e nazionali rilevanti in
materia di cambiamenti climatici;
o considerando opportuni fattori di incertezza ed utilizzando assunzioni conservative.
La prima cosa da fare nel realizzare uno scenario BAU è delimitare il sistema da studiare e
definire lo stato dell’ambiente che verrà considerato come punto di partenza per
l’elaborazione dello scenario. È dunque necessario definire un “anno zero” rispetto al
quale valutare l’evoluzione temporale dello scenario. Questo potrà coincidere con anni
di riferimento indicati a livello internazionale (es: 1990 per il Protocollo di Kyoto, 2005 per la
Direttiva 20-20-20) oppure con l’anno di elaborazione dell’inventario, e dunque dello
26
scenario. Quest’ultima alternativa è preferibile perché assicura la totale disponibilità dei
dati emissivi, cosa che può risultare più difficile nel caso si scelga un “anno zero” passato.
Oltre all’anno zero, è importante definire l’orizzonte temporale dello scenario di
riferimento, scelta delicata per diversi motivi, tra cui:
o orizzonti temporali molto lontani conferiscono alla previsione livelli assai elevati di
incertezza;
o orizzonti temporali troppo vicini potrebbero non coprire la durate delle misure di
riduzione previste in Piani Clima o Piani settoriali;
o non tutti gli attuali strumenti di pianificazione hanno un orizzonte di vita
predeterminato;
o il contesto economico e tecnologico varia in modo molto rapido e introduce
fattori di incertezza sempre nuovi.
La scelta ottimale è dunque quella di definire scenari con orizzonti temporali compresi tra i
10-15 anni ed eventualmente svolgere una verifica intermedia sull’andamento reale delle
variabili utilizzate per stimare le emissioni. Una simile verifica sarebbe particolarmente
opportuna nel caso in cui dovessero verificarsi, nel corso dell’implementazione del Piano
Clima, eventi o condizioni non prevedibili al momento della definizione dello scenario BAU
e suscettibili di influenzare in modo significativo il trend emissivo: una modifica sostanziale
nell’andamento atteso delle emissioni potrebbe, infatti, incidere sui potenziali di riduzione
stimati per le misure del Piano e potrebbe quindi rendere necessaria una revisione delle
stesse misure, per consentire di ottenere riduzioni coerenti con l’obiettivo del Piano.
Stabiliti dunque i confini spazio-temporali dello scenario e disponendo di informazioni sui
livelli di emissione, già contenuti nell’inventario territoriale, il passo successivo è quello di
studiare i comportamenti del sistema e analizzarne l’evoluzione passata, così da poterne
prevedere quella futura. A grandi linee si può dire che la dinamica delle emissioni di CO2
è determinata principalmente dal volume delle attività umane, intese come tutte le
attività afferenti alla vita quotidiana dei cittadini: abitare, muoversi, lavorare, divertirsi,
consumare. Al crescere del numero di abitanti che necessitano di determinati servizi
energetici, quali il riscaldamento in casa e negli uffici, il trasporto pubblico o privato, l’uso
di elettricità per lo svago, la gestione domestica o il lavoro, aumenta la pressione
esercitata sul consumo di determinate risorse. Il consumo crescente di energia, elettrica e
termica, implica la combustione di fonti fossili e dunque il rilascio in atmosfera di anidride
carbonica.
Tutti questi fattori di origine antropica che sono cause primarie delle emissioni, e dunque
ne terminano i trend, sono le driving force territoriali:
o andamento della popolazione (abitanti);
o andamento dei consumi energetici (kWh per finalità d’uso quali residenziale,
commerciale, ecc);
o domanda di mobilità (km percorsi per tipologia di veicolo);
o produzione dei rifiuti (tonnellate per abitante prodotte, riciclate, smaltite, ecc);
o andamento del settore industriale (ton di prodotto per settore, n. di addetti per
tipologia attività);
o andamento del settore terziario (n addetti per settore o tipologia di attività)
o andamento del settore agricolo (superficie coltivata per prodotto tipico).
27
A seconda delle informazioni a disposizione dell’Ente, è possibile scomporre le driving
forces in una o più variabili, per raggiungere un livello di dettaglio dell’informazione
adeguato allo scopo. Ovviamente il livello di dettaglio sarà minore nel caso di uno
scenario relativo ad un intero ambito territoriale, maggiore se si affronta la costruzione di
uno scenario per uno specifico settore.
A titolo esemplificativo, possibili variabili della driving force “produzione di rifiuti” saranno:
o rifiuti prodotti pro capite;
o quantitativo rifiuti recuperati da riciclaggio;
o quantitativo rifiuti smaltiti in discarica;
o quantitativo rifiuti termovalorizzati.
Per la driving force “consumi energetici” le variabili saranno:
o consumi energetici pro capite;
o produzione di energia elettrica da fonti fossili:
petrolio;
carbone;
gas naturale;
o produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili;
o produzione di energia termica da fonti fossili:
metano;
gasolio;
o produzione di energia termica da fonti rinnovabili;
o domanda di energia per attività produttive (suddivisa per combustibile);
o domanda di energia per usi civili (suddivisa per combustibile);
o domanda di energia per trasporti (suddivisa per veicolo):
Benzina;
Gasolio;
GPL, metano, altro.
Essendo difficile sviluppare modelli previsionali che tengano conto di tutte le variabili che
condizionano i trend emissivi, per ogni ambito territoriale o settore sarà opportuno
individuare quelle driving force e rispettive variabili che maggiormente influenzano le
emissioni GHG, o di cui comunque si dispone di informazioni in serie storica.
Una volta individuate le driving force e le rispettive variabili è necessario fare delle
previsioni sulla loro evoluzione nel tempo, per poter valutare le emissioni di CO2 ad esse
associate. Per fare ciò vanno prese in considerazione politiche, leggi, indirizzi e nuove
tecnologie che hanno (ed avranno nell’orizzonte temporale dello scenario) un’influenza
significativa sull’andamento delle driving force.
A titolo esemplificativo alcuni riferimenti da tenere in considerazione sono:
o normativa in campo ambientale e di cambiamenti climatici;
o Piano di Governo del Territorio (PGT);
o Pianificazione ambientale di settore (es. aria, acqua, rifiuti, ecc.);
o Piano Energetico;
o Piano della Mobilità;
o pianificazione/programmazione di altri enti con competenze sul medesimo
territorio (Comunità Montane, Autorità di Bacino, Parchi, ecc.);
o Programmi di sviluppo socio-economico delle aree;
28
o politiche e orientamenti finanziari;
Piani e Programmi dovranno essere quelli prodotti dall’Ente responsabile dell’area in
esame, così come quelli prodotti ad un livello sovraordinato (andando dal livello
comunale fino a quello nazionale).
In alcuni di questi documenti è possibile che, oltre ad informazioni in merito
all’andamento delle driving force, siano disponibili scenari di riferimento già sviluppati a
livello di specifici settori o variabili.
Per fare dunque una previsione dell’andamento futuro delle driving force è per prima
cosa necessario disporre di informazioni in serie storica da cui calcolare il trend passato di
crescita della variabile, che verosimilmente non si discosterà molto dal trend di crescita
futura in una situazione business-as-usual. Sulla base di un trend passato è infatti possibile,
mediante una semplice interpolazione lineare, ottenere una stima degli andamenti futuri
della variabile considerata. Questo trend andrà tuttavia corretto tenendo conto di
politiche, normative e piani vigenti o già pianificati che vanno o andranno ad incidere in
modo significativo sulle driving force delle emissioni.
È importante ricordare che lo scenario di riferimento considera l'andamento più probabile
delle principali variabili individuate in assenza di politiche locali di mitigazione. Nel caso
l’Amministrazione Locale lo ritenga opportuno al fine di tener conto dell'incertezza delle
previsioni, può essere utile stimare per le variabili considerate, non solo l'andamento più
probabile nel tempo, ma anche i massimi scostamenti possibili da tale andamento. Gli
scostamenti possono essere di segno negativo o di segno positivo rispetto all'andamento
più probabile e assumono il significato, per la variabile considerata, di indicatori di uno
scenario ottimista e di uno scenario pessimista. Rispetto a tali scostamenti dovrà essere
effettuata, nella valutazione di piani e misure, l'analisi di sensitività. Questa analisi consiste
dunque del verificare, mediante il modello realizzato per costruire lo scenario BAU, se
l'assunzione degli andamenti ottimistici o pessimistici della variabile modifica
sostanzialmente o meno i risultati di riduzione attesi. Nel caso una o più variabili risultino
particolarmente significative nel determinare il trend emissivo, e l’incertezza ad essa
associata risulti elevata, è consigliabile operare in modo conservativo nella scelta dei dati
da utilizzare nella realizzazione dello scenario BAU.
Nell’Appendice A delle presenti Linee Guida sono riportati esempi di costruzione di
Scenario BAU in un Piano Clima di un Comune rappresentativo di una città europea e nel
Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti della Provincia di Bologna.
Tutto il materiale raccolto e consultato per la realizzazione delle Scenario BAU può rivelarsi
utile anche in fasi successive della strategia di riduzione delle emissioni di gas serra, quali il
monitoraggio, il reporting sul livello di attuazione delle politiche di riduzione e la
realizzazione di baseline di progetto per la valutazione dell’addizionalità (vedi cap. 4).
Può dunque essere utile provvedere ad una sistematizzazione organica della
documentazione raccolta tramite la realizzazione di una banca dati specifica relativa alle
politiche mirate alla riduzione dei gas serra che interessano il territorio di competenza
dell’Amministrazione Locale.
La documentazione includerà come minimo:
o Principale normativa relativa ai gas serra, quale: il Protocollo di Kyoto, gli accordi
internazionali Post-Kyoto, il Pacchetto Clima Energia, la legislazione comunitaria,
nazionale e regionale, ecc;
29
o I Piani di Settore che possono avere rilevanza relativamente alle emissioni
climalteranti: Piano Clima, piani energetici, piani mobilità e trasporti, piani territoriali
ed urbanistici, piani di gestione dei rifiuti, piani di sviluppo rurale, piani forestali, piani
delle opere pubbliche, piani per le attività estrattive, programmi operativi dei fondi
strutturali europei piani per il commercio e l’artigianato;
o Progetti avviati o finanziati dall’Ente Locale sul proprio territorio; progetti avviati
all’interno del territorio di competenza tramite Programmi Europei e di
Cooperazione Internazionale in cui vi è il contributo dell’Ente Locale; progetti
realizzati nel territorio regionale derivanti dall’attuazione di programmi nazionali.
La documentazione può essere classificata in base a diversi parametri, che possono poi
essere utilizzati come criteri di ricerca all’interno della stessa banca dati:
o tipologia: norme, piani/programmi, misure, interventi, progetti;
o ambito di riferimento: internazionale, europeo, nazionale, regionale, provinciale o
comunale;
o natura degli obiettivi: cogenti, volontari, di indirizzo, di agevolazione economica,
fiscale, ecc..
o tempi di attuazione/realizzazione;
o localizzazione territoriale;
o inquadramento settoriale/tematico;
Sarebbe opportuno che ogni documento venisse corredato da una specifica scheda
che riepilogasse le caratteristiche del documento sopra elencate ed una descrizione
sintetica che focalizzi i principali contenuti ed aspetti rilevanti, così da facilitare
l’immediata interpretazione delle finalità del documento da parte degli utilizzatori.
Disponendo del database realizzato e con l’ausilio di una cartografia del territorio in
ambiente GIS potrebbe rivelarsi utile effettuare una georeferenziazione di norme, piani
misure e progetti che insistono sul territorio.
Questo, aggiunto alla classificazione secondo i criteri sopra elencati, consentirebbe di
effettuare, con opportuni filtri, una ricerca di normativa esistente e progetti attivi in
specifici ambiti settoriali e aree geografiche, cosa che ad esempio potrebbe rivelarsi
particolarmente utile in fase di realizzazione una baseline di progetto.
È importante tener presente che, benché in precedenza si sia detto che includere o
meno azioni nello scenario BAU o nel Piano Clima non comporti differenze significative al
fine dell’obiettivo generale di riduzione, questa suddivisione di azioni tra scenario o piano
può invece risultare di notevole importanza se l’Amministrazione Locale mira ad una
valorizzazione economica delle azioni di riduzione. Tutte le misure e azioni inserite nel
Piano Clima sono potenzialmente valorizzabili, secondo le modalità descritte
successivamente (Cap. 6), ed è dunque opportuno valutare con attenzione caso per
caso gli obiettivi alla base delle azioni già intraprese, e la loro contemporaneità o meno
con la decisione dell’Amministrazione Locale di inserire obiettivi di riduzione nella propria
politica.
A tal proposito, sempre nell’ottica di una valorizzazione economica delle azioni previste
nel piano, può essere consigliato realizzare un BAU con un maggior dettaglio e precisione
nelle misure e stime, rispetto a quanto si farebbe altrimenti, così che questo possa essere
un utile fonte di informazioni in fase di realizzazione delle baseline per i progetti
valorizzabili.
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Obiettivi strategici
Una volta completato lo scenario BAU, l’Amministrazione Locale ha tutti gli elementi per
definire le proprie priorità e, dunque, una strategia di riduzione delle emissioni, sia a livello
settoriale che a livello di Piano Clima. Per fare ciò è necessario definire un obiettivo
strategico, ovvero identificare in maniera quantitativa (numero/percentuale di riduzione)
il target che l’Ente Locale si pone di raggiungere nel medio/lungo periodo.
La definizione degli obiettivi strategici può avvenire:
o quale risposta alle criticità evidenziate nell’inventario territoriale;
o quale recepimento o imposizione a scala locale di obiettivi sovraordinati
(comunitari, nazionali, regionali).
Nel primo caso gli obiettivi strategici vengono individuati a seguito della definizione
dall’inventario territoriale e della realizzazione di uno scenario BAU, e valutate le reali
potenzialità di riduzioni delle emissioni del territorio. Nel secondo caso l’Ente, una volta
elaborati l’inventario e lo scenario BAU, valuterà le effettive potenzialità di riduzione
rispetto all’obiettivo strategico.
A titolo di esempio, nel caso del Comune di Milano, la città ha recepito come obiettivo di
riduzione quanto stabilito dalla Covenant of Mayors, ovvero una riduzione delle emissioni
al 2020 del 20%, rispetto ai valori 2005, attraverso un Piano di Azione per l’Energia
Sostenibile, che nel caso di Milano sarà parte integrante del Piano Clima.
L’impegno preso dal Comune di Milano è molto ambizioso e superiore a quanto richiesto
dalla Commissione Europea all’Italia del 2020, che consiste in un obiettivo di riduzione del
20% riferito alle emissioni del 1990 e non del 2005.
In questo caso la definizione dell’obiettivo di riduzione è avvenuta quale recepimento di
un obiettivo sovraordinato, e la realizzazione dell’inventario territoriale e dello scenario
BAU sono stati step successivi, propedeutici alla definizione di un Piano Clima che
consentisse di capire dove e come agire per raggiungere l’obiettivo posto.
Una situazione diversa è, ad esempio, quella del Comune di Modena. Nell’ambito del
Piano Energetico Comunale, sono state quantificate le emissioni di gas serra nel Comune
secondo un principio di responsabilità, ovvero contabilizzando nel bilancio le emissioni
derivanti dagli usi finali dell’energia attribuibili ad attività localizzate nell’area di
responsabilità dell’Amministrazione Locale, sia che siano state prodotte all’interno
dell’area stessa, sia oltre i suoi confini. A fronte di un aumento netto al 2000 dell’8,8%
complessivo (settori energetico, trasporti, zootecnico, rifiuti, verde e forestazione urbana)
delle emissioni, rispetto al 1990, l’Amministrazione ha ritenuto ambizioso un obiettivo di
riduzione dell’1% al 2010 delle emissioni di gas serra rispetto al valore 1990, da raggiungere
tramite interventi di risparmio energetico e produzione di energia e/o servizi attraverso
tecnologie e sistemi alternativi a minore impatto ambientale.
Quale che sia il metodo di definizione dell’obiettivo, questo deve essere coerente con
tutti i livelli di pianificazione dell’ente e normative vigenti e le strategie previste per
raggiungerlo devono essere considerate nella pianificazione successiva ad esse.
In ogni caso, a livello generale, gli obiettivi strategici dovrebbero:
o essere quantificati e, dove possibile, tradotti in traguardi, ovvero in obiettivi
particolareggiati e/o step intermedi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi
stessi: la quantificazione e l’articolazione in traguardi consentono, da un lato, di
avere indicatori misurabili dei risultati conseguiti e, dall’altro, di avere riferimenti per
31
verificare lo stato di avanzamento delle azioni intraprese al fine di ridurre le
emissioni di GHG;
o essere realistici, ovvero coerenti con i risultati dell’inventario e dello scenario, e ne
deve essere valutata la fattibilità tecnico-economica;
o essere quantificabili, misurabili e verificabili;
o essere coerenti con la politica dell’Ente ed eventuali obiettivi già esistenti ad un
livello sovraordinato.
o essere declinati per settore, dove possibile.
A questo livello è sufficiente che gli obiettivi facciano riferimento solo al totale delle
emissioni da ridurre a livello di ambito territoriale ed, eventualmente, essere scomposti per
le principali driving force individuate. La definizione di obiettivi per driving force e rispettive
variabili di dettaglio dovrà essere invece sicuramente presente ed articolata dei Piani
Settoriali e nel Piano Clima, che conterranno indicazioni sulle misure settoriali necessarie a
conseguire l’obiettivo strategico.
Nel caso in cui non sia possibile (o non sia ritenuta una soluzione idonea) sviluppare un
Piano Clima, gli obiettivi di riduzione delle emissioni serra andranno inseriti all’interno dei
pertinenti Piani di Settore. In questo caso, evidentemente, gli obiettivi di riduzione delle
emissioni dovranno essere coerenti con gli obiettivi settoriali (ad es. legati alla riduzione
della produzione di rifiuti, alla riqualificazione e la conservazione del patrimonio forestale o
al miglioramento della qualità delle urbanizzazioni) e potranno contribuire parzialmente
agli obiettivi complessivi della strategia locale per la lotta ai cambiamenti climatici. In
questo scenario, dovrà essere l’insieme dei piani settoriali a perseguire l’obiettivo
sovraordinato (quale ad esempio l’obiettivo Kyoto o l’obiettivo 20-20-20), a differenza di
quanto accade con un Piano Clima che può recepire al suo interno l’obiettivo
complessivo.
Non tutti i settori avranno lo spesso peso nel contribuire al raggiungimento dell’obiettivo di
riduzione complessivo: Piani Settoriali quali quello Energetico, della Mobilità o Edilizio
avranno sicuramente un peso più rilevante rispetto ad altri Piani, vista la potenzialità dei
settori nel contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra.
Un modo di declinare gli obiettivi sui GHG nei piani di settore può consistere, ad esempio,
nel recepire gli obiettivi di sostenibilità contenuti nella VAS collegati a misure di riduzione
delle emissioni serra.
Gli obiettivi di riduzione, per essere realmente efficaci, devono trovare una coerenza
anche negli strumenti attuativi dei piani nei quali vengono stabiliti.
E’ altrettanto evidente che, nel caso di Piani Clima o di piani del medesimo settore
articolati ad una diversa scala territoriale (regionale, provinciale, comunale), è importante
garantire una coerenza nei diversi obiettivi di riduzione adottati. Come detto, lo strumento
di supporto a questo tipo di processo può essere la stessa analisi di coerenza prevista
nell’ambito della Valutazione Ambientale Strategica del piano.
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Esempio 1: Gli Obiettivi nel Piano Forestale della Regione Sardegna
Primo macro-obiettivo: tutela dell’ambiente
Obiettivo: Lotta ai cambiamenti climatici ed energia rinnovabile
L’obiettivo è finalizzato, attraverso l’accrescimento del patrimonio boschivo e la gestione selvicolturale attiva, ad aumentare il livello di carbonio fissato dalle piante e l’utilizzo di biomassa legnosa per scopi energetici.
L’uso del legno quale fonte energetica può avere significative ripercussioni sulla politica ambientale ed energetica della regione in un’ottica di potenziamento della produzione di energia rinnovabile (energia elettrica, energia termica). Secondo gli obiettivi del Piano Energetico Regionale la produzione energetica da biomassa legnosa dovrà crescere significativamente fino raggiungere nel 2010 quota 135 MWe (tra il 6.7% e il 7.5% della produzione energetica regionale) attraverso il contributo della gestione forestale dei boschi esistenti (40 MWe) e la biomassa relativa a nuove colture agricole arboree ed erbacee (95 MWe).
La prospettiva di potenziare la produzione energetica attraverso l’utilizzo di biomasse dovrà basarsi su una sempre più stretta strategia unitaria negli indirizzi delle politiche ambientale, forestale, agricola ed energetica, attraverso la definizione di un programma regionale per le biomasse che valuti l’effettiva disponibilità di materiale e la reale possibilità del suo impiego ai fini della produzione energetica.
Per quanto concerne l’accrescimento dei livelli di fissazione del carbonio, in linea con quanto previsto dagli artt. 3.3 e 3.4 del Protocollo di Kyoto, le misure propongono la previsione di rimboschimenti dedicati e l’opportuna gestione selvicolturale dei boschi esistenti.
(Fonte: Piano Forestale Ambientale Regionale – Regione Sardegna)
Esempio 2: Gli Obiettivi nel Piano della Mobilità della Provincia di Bologna OBIETTIVI GENERALI PMP: Reinternalizzare i costi del trasporto Favorire la diversione modale e l’intermodalità Perseguire una mobilità ambientalmente e paesaggisticamente sostenibile Garantire l’accessibilità al territorio e la mobilità dei cittadini Perseguire la fattibilità degli interventi previsti: OBIETTIVI DI SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE E TERRITORIALE Obiettivi generali di carattere ambientale: Riduzione delle emissioni dei gas serra del 6,5% rispetto al 1990, nel periodo tra il 2008 e il 2012 Obiettivi specifici: Riduzione dei consumi energetici nel settore dei trasporti mediante: · Potenziamento delle alternative alla mobilità privata; · Diffusione di autoveicoli a basso consumo; · Adozione delle celle a combustibile per l’autotrazione elettrica; · Trasferimento trasporto passeggeri e merci da strada a ferrovia/cabotaggio Analisi di coerenza
(Fonte: Piano della Mobilità Provinciale, Relazione Illustrativa e Valsat – Provincia di Bologna)
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Nell’Appendice B delle presenti Linee Guida è riportato inoltre l’esempio degli obiettivi
strategici definti nel Piano Energetico della Regione Emilia Romagna.
Un elemento essenziale nella definizione e nel perseguimento degli obiettivi strategici è il
coinvolgimento della direzione dell’Amministrazione Locale. L’impegno di chi dirige è
essenziale perché siano forniti mezzi adeguati e siano assegnati responsabilità e poteri
ben definiti per il raggiungimento degli obiettivi.
É ovviamente importante la condivisione e la diffusione degli obiettivi anche a livello del
personale e, soprattutto, di quei dipendenti per i quali è previsto un coinvolgimento
diretto nell’implementazione della strategia di riduzione delle emissioni.
A livello generale, la diffusione degli obiettivi a tutte le funzioni dell’Ente è essenziale
perché è necessario che essi siano coerenti con tutte le attività dell’Ente,
indipendentemente che gli obiettivi vengano recepiti a livello settoriale o a livello di Piano
Clima.
Una volta definito l’inventario, lo scenario BAU e l’obiettivo strategico si dispone di tutti gli
elementi per l’elaborazione di un Piano Clima o di misure di riduzione delle emissioni da
integrare nei Piani si settore.
In caso di adesione al Patto dei Sindaci
Gli Enti che hanno sottoscritto il Patto sono tenuti a fare una autovalutazione della loro condizione di partenza (Baseline review) che illustri la situazione in ambito energetico e di emissioni GHG allo “stato zero”. La Baseline review fa una ricognizione di tutte le più importanti normative e politiche, dei piani e degli strumenti vigenti che influiscono sulla gestione energetica. Analizza e confronta, tra gli altri, i dati dell’inventario, i dati sui consumi dei vari settori e le relative cause, i dati sulla gestione dell’energia, le informazioni sulle iniziative attuate e sulla capacità di gestione di queste problematiche da parte dell’autorità locale. Stabilisce inoltre gli indicatori per il monitoraggio. Le Amministrazioni che predispongono lo Scenario di base, così come raccomandato dalle LLGG Cartesio, valutano già tutti i dati sopraelencati, per cui devono solamente esplicitare le informazioni aggiuntive richieste dalla Baseline review, in particolare quelle relative alla gestione dell’energia, alle iniziative già intraprese e alla attuale capacità gestionale dell’Ente. Per analizzare la capacità di gestione delle questioni riguardanti energia e clima, le LLGG JRC consigliano la conduzione di una analisi SWOT della Baseline review. Tale analisi è ritenuta importante e di aiuto anche nella fase di
scelta delle azioni e delle misure da intraprendere. In questo caso i risultati dello scenario BaU possono essere utilizzati per la valutazione delle effettive potenzialità dell’Ente nel ridurre le emissioni del territorio. Il percorso delineato dalle LLGG Cartesio prevede in più la costruzione di scenari previsionali, che per la Baseline
review viene solamente suggerita.
Per quanto riguarda la visione strategica l’autorità locale deve stabilire una visione di lungo periodo per un futuro di energia sostenibile, che preveda come minino di ridurre del 20% la CO2 al 2020 rispetto al 1990 . Una volta decisa la visione, si devono stabilire gli obiettivi e i target specifici per raggiungerla. Gli obiettivi/target devono essere SMART Specific, Measurable, Achievable, Realistic, and Time-bound (specifici, misurabili, raggiungibili, realistici e con un limite temporale), e collegati agli indicatori. Le LLGG JRC raccomandano che siano definiti obiettivi al 2020 per i diversi settori considerati, ma che siano definiti altresì deigli target intermedi almeno ogni 4 anni. I target possono essere sia in termini assoluti che pro-capite.
Anche in questo caso c’è corrispondenza fra i due percorsi, le uniche differenze consistono nel prefissare la riduzione delle emissioni GHG (almeno il 20% entro il 2020), e nello stabilire tempi precisi per i target intermedi (almeno ogni 4 anni).
34
3. PIANIFICAZIONE
La pianificazione rappresenta il cuore del processo di elaborazione ed attuazione di una
strategia locale per la lotta ai cambiamenti climatici, dal momento che delinea soluzioni
ritagliate per il contesto locale, individuando specifici settori di intervento, idonei strumenti
e soggetti attuatori/responsabili.
Una buona pratica consiste nella costruzione di una strategia locale sulle emissioni serra
da parte degli Enti, che può trovare attuazione tramite diversi strumenti: dal Piano Clima
all’inserimento di obiettivi di riduzione nei piani di settore.
Il Piano Clima è un piano trasversale alle diverse politiche di un ente locale che propone
misure e progetti mirati sia alla riduzione delle emissioni climalteranti nel territorio
amministrato sia alle soluzioni di adattamento ai cambiamenti climatici.
I Piani settoriali sono numerosi e non tutti hanno riflessi evidenti in termini di contributo ai
cambiamenti climatici.
Ai fini della presente Linea Guida, per Piani di settore si intendono quei piani che possono
avere rilevanza relativamente alle emissioni climalteranti e riguardanti i seguenti temi:
- piani energetici;
- piani mobilità e trasporti;
- piani territoriali ed urbanistici;
- piani di gestione dei rifiuti;
- piani di sviluppo rurale;
- piani forestali;
- piani delle opere pubbliche;
- piani per le attività estrattive;
- programmi operativi dei fondi strutturali europei;
- piani per il commercio e l’artigianato.
Sia il Piano Clima che i Piani settoriali possono essere definiti a scale territoriali diverse:
regionale, provinciale, comunale.
La medesima tipologia di piano presenta caratteristiche differenti a seconda della scala
alla quale viene applicato, in virtù sia delle dimensioni del cluster (e pertanto del territorio
di riferimento e dei soggetti coinvolti) sia delle competenze della pertinente
Amministrazione Pubblica.
Il Piano Clima e i Piani di Settore non rappresentano un’alternativa, ma strumenti
complementari per l’applicazione di una strategia locale per la riduzione delle emissioni di
gas serra. Entrambe le soluzioni (procedere tramite un piano clima oppure per piani di
settore) possono risultare efficaci. La preferenza dipende dalle condizioni locali e dalle
possibilità dell’amministrazione.
In tutti e due gli approcci esistono punti di forza e di debolezza.
Nel caso del Piano Clima, le principali difficoltà risiedono nel fatto che (a differenza dei
piani di settore) si tratta di un piano di carattere volontario e che, agendo in maniera
trasversale, richiede un forte commitment. Esso infatti dovrà prevedere misure che si
attueranno tramite politiche settoriali. Per contro, l’esistenza di un piano generale
garantisce l’integrazione delle misure.
L’approccio per piani settoriali, invece, richiede un grosso sforzo in termini di
coordinamento e di consenso, oltre al fatto che i piani vengono redatti in tempi diversi
(improbabile il caso in cui tutti i piani settoriali siano da aggiornare
contemporaneamente). L’elemento forte è dato dal fatto che il piano di settore è
strumento vincolante e consolidato.
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Struttura del Piano
Sia che si tratti di un piano clima sia che si tratti di un piano di settore, gli elementi di base
necessari alla pianificazione di azioni mirate alla riduzione dell’effetto serra sono i
seguenti:
- Stato del clima locale;
- Quadro emissivo di riferimento (rif. Cap. 1);
- Costruzione dello scenario BAU relativo alle emissioni territoriali di GHG (rif. Cap. 2);
- Determinazione degli obiettivi (rif. Cap. 2);
- Elaborazione di scenari strategici previsionali, aventi come riferimento l’obiettivo
strategico o la distanza da esso;
- Dettaglio delle misure e dei progetti individuati per il perseguimento dell’obiettivo
strategico (rif. Cap. 4);
- Monitoraggio delle azioni di piano e del raggiungimento degli obiettivi (rif. Cap. 5);
Questi elementi devono essere contenuti all’interno dei documenti che compongono un
piano, che possono essere diversi da Regione a Regione (es. Relazione di Piano, Norme di
Attuazione, Valutazione Ambientale Strategica).
Il Piano Clima può essere realizzato a scala regionale, provinciale o comunale, mentre i
piani settoriali possono essere diversi a seconda del cluster considerato.
Nella tabella seguente si riportano i piani di settore pertinenti le diverse scale:
Regione Provincia Comune
Piano territoriale Piano territoriale di
coordinamento Piano urbanistico
Piano energetico Piano energetico Piano energetico
Piano forestale Piano di gestione dei rifiuti Piano urbano del traffico
Piano trasporti Piano della mobilità Piano delle opere pubbliche
Piano paesistico Piano di gestione della
qualità dell’aria Piano del verde pubblico
Piano di sviluppo rurale Piano delle attività estrattive
Piano di tutela delle acque Piano di assestamento
forestale
Piano del commercio e
dell’artigianato
Piano del commercio e
dell’artigianato
Programma operativo fondi
FESR
Programma attuativo fondi
FAS
Documento unitario di
programmazione
Piano di azione ambientale
La maggioranza dei piani di settore non prevedono l’allocazione di risorse economiche
(anche se esistono eccezioni), che viceversa sono generalmente individuate nei
programmi. Nel caso dei programmi regionali per l’assegnazione dei fondi strutturali
europei, ad esempio, la destinazione di risorse finanziarie costituisce il focus del
programma, mentre un piano territoriale di coordinamento provinciale definisce le linee
di sviluppo (conservazione e trasformazione) di un territorio, ma senza trattare gli aspetti
economici.
Il Piano Clima potrebbe contenere anche indicazioni di natura economica.
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E’ opportuno che il Piano Clima (o le misure facenti capo ad una strategia di mitigazione
dei cambiamenti climatici inserite nei piani settoriali) sia costruito anche attraverso un
processo che prevede il coinvolgimento dei soggetti esterni all’amministrazione che
operano sul territorio. Si tratta:
- sia dei soggetti le cui attività influenzano la produzione di emissioni di gas serra (o delle
relative organizzazioni di rappresentanza) e che quindi devono poter collaborare
all’attuazione delle misure connesse con il proprio ruolo o il proprio impatto ambientale
per permettere il raggiungimento dei risultati attesi. Ad esempio: produttori e distributori
di energia, aziende di trasporto pubblico e privato, utilities, imprese industriali e/o
connesse associazioni di settore, agenzie di sviluppo o per l’energia, istituti di credito,
ecc., ma anche i singoli cittadini.
- sia dei soggetti che sono interessati agli effetti delle politiche di mitigazione, in primo
luogo la comunità locale di riferimento, nei cui confronti la pubblica amministrazione
potrà sviluppare opportune forme di informazione sul piano clima.
Il Piano potrà quindi essere costruito in modo più o meno partecipato. La partecipazione
potrà essere realizzata con diversi possibili scopi: dal coinvolgimento dei soggetti a titolo
informativo (ed eventualmente formativo) a quello con finalità consultive (i cui risultati
vengono tenuti in considerazione per l’identificazione delle misure da introdurre nel
piano), fino ad arrivare a strumenti tendenzialmente permanenti di dialogo, confronto e
monitoraggio con i soggetti coinvolti direttamente nelle azioni. Quest’ultima ipotesi,
seppur impegnativa, fornisce la possibilità di un fattivo coinvolgimento degli attori e il
mantenimento di una utile attività di “animazione” del piano clima.
Stato del clima locale
Un Piano Clima contiene un’analisi dello stato del clima locale, che comprende una serie
storica delle condizioni di piovosità (e nevosità) e di temperatura, con approfondimenti
sui dati medi e sugli eventi eccezionali.
Tale analisi consente di individuare le modificazioni climatiche in atto e la previsione di
scenari futuri. Contestualmente alle modifiche sul clima possono essere previsti gli effetti di
tali modifiche, vale a dire gli impatti sull’uomo e sull’ambiente (es. aumento dei periodi
siccitosi, aumento della temperatura, aumento dell’intensità dei fenomeni piovosi e quindi
delle alluvioni, aumento delle temperature, regressione dei ghiacciai).
Trattandosi di un’analisi del clima, la scala di osservazione può ragionevolmente non
corrispondere al cluster di riferimento per il piano. O meglio, se ne discosta spostandosi
dalla scala regionale a quella comunale, dal momento che non ha senso parlare di
condizioni climatiche a livello di singolo comune, o comunque di un territorio troppo
piccolo. In questo caso l’analisi dello stato del clima va estesa ad un territorio più ampio
rispetto al campo di applicazione del piano.
La descrizione delle condizioni climatiche locali difficilmente trova spazio nei piani di
settore, ma la “valutazione dell’impatto climatico” (vale a dire la stima degli effetti sul
clima delle scelte di piano) può costituire una parte della Valutazione Ambientale
Strategica, per lo meno per i piani maggiormente impattanti in termini di emissioni di gas
serra (es. piani energetici).
L’analisi dello stato del clima locale e la previsione dei futuri cambiamenti rappresenta un
riferimento indispensabile per la definizione delle politiche di adattamento.
37
Costruzione del quadro di riferimento
A seconda della struttura del piano, il quadro emissivo può rientrare in diversi documenti
che lo compongono. L’analisi di contesto, infatti, può essere contenuta all’interno della
Relazione di piano, in un Quadro conoscitivo (che è un documento separato) oppure nel
Rapporto ambientale della VAS. Questo dipende dal tipo di piano e dalla Regione
considerata.
Nel Piano clima, ad esempio, il quadro territoriale delle emissioni fa parte integrante del
piano stesso.
I piani e programmi industriali e finanziari, generalmente, non sono corredati da analisi
territoriali approfondite (l’analisi di contesto è focalizzata su un inquadramento di tipo
socio-economico).
Piani urbanistici e ambientali sono di solito accompagnati da quadri conoscitivi corposi.
Elemento di omogeneità tra tutti gli strumenti di pianificazione e omogeneizzazione, a
livello nazionale, può essere rappresentato, pur con qualche differenza da regione a
regione (sostanzialmente di processo ma non di sostanza), dalla Valutazione Ambientale
Strategica, a cui tutti i piani citati sono soggetti.
Un modo per contestualizzare le specificità del piano di settore al tema dei gas serra può
essere ben rappresentato proprio dalla VAS.
Nel Rapporto Ambientale occorre riportare il quadro emissivo legato all’analisi di contesto
(es. emissioni da biogas nelle discariche o da termovalorizzatori nel caso di un piano rifiuti
o le emissioni da spandimento fanghi in agricoltura in un piano di sviluppo rurale).
Nella costruzione del quadro di riferimento trova spazio anche l’individuazione dei piani
sovraordinati o di pari livello che influenzano il piano in esame anche sotto il profilo delle
emissioni serra.
Occorre quindi individuare l’elenco di tali piani e programmi, enucleandone gli obiettivi.
Questa attività rappresenta il presupposto per un’analisi di coerenza esterna.
L’analisi di coerenza (che va estesa alle misure e non limitata ai soli obiettivi) costituisce
uno strumento di supporto:
- all’integrazione nel caso dei piani settoriali;
- al coordinamento nel caso del Piano Clima.
Gli obiettivi del piano
Gli obiettivi strategici, rappresentano e quantificano le finalità della strategia locale per la
lotta ai cambiamenti climatici.
Come già esposto nel cap. 2 (cui si rimanda), mentre un Piano Clima può recepire
interamente un obiettivo sovraordinato, ad esempio, mutuandolo da obiettivi nazionali o
comunitari, nel caso di Piani Settoriali questi potranno perseguire un obiettivo complessivo
solo nel loro insieme, individuando quali sono le riduzioni conseguibili in ogni settore come
parziale contributo a tale obiettivo.
Gli scenari di piano
Gli scenari previsionali di un Piano Clima descrivono uno sviluppo nel tempo delle
emissioni serra del territorio, sulla base dell’attuazione delle misure del Piano. Gli scenari
possono essere complessivi (es. emissioni di CO2 nel territorio) o (preferibilmente)
differenziati per settore (es. emissioni derivanti da rifiuti, attività produttive, agricoltura,
produzione di energia, etc.).
38
Generalmente vengono costruiti prendendo come riferimento gli obiettivi previsti dal
piano (es. -6,5% al 2012 o -20% al 2020) e dimensionando poi le misure e i progetti per
consentire la prestazione necessaria a raggiungere tali obiettivi.
La prestazione ambientale è rappresentata dal gap di emissioni serra rispetto allo scenario
BAU.
Nel caso dei piani di settore, gli scenari previsionali vengono costruiti in maniera analoga,
avendo come riferimento i pertinenti obiettivi tematici.
La Valutazione Ambientale Strategica costituisce strumento di supporto dal momento che
valuta gli effetti ambientali derivanti da scelte di piano connesse a scenari alternativi.
E’ pertanto possibile dedicare i necessari approfondimenti agli effetti di piano che
incidono sulla CO2.
Gli scenari previsionali, generalmente, sono almeno tre (compreso lo scenario BaU).
Contestualmente alla costruzione degli scenari si procede alla valutazione ex ante (cap.
5) degli effetti di piano. In sostanza, la stima delle emissioni serra pertinenti i diversi scenari
va fatta utilizzando i medesimi indicatori che costituiranno il sistema di monitoraggio in
itinere ed ex post.
Per alcuni esempi di definizione di scenario previsionali si veda l’Appendice C del
presente documento.
Come per lo scenario BAU, anche per gli scenari previsionali assume particolare rilievo la
dimensione temporale del piano, anche in considerazione di possibili aggiornamenti e,
soprattutto, varianti. Nella costruzione degli scenari previsionali occorre che l’anno zero e
l’orizzonte temporale coincidano con quelli definiti per lo scenario BAU del piano cui
fanno riferimento.
Come detto nel capitolo precente, la scelta ottimale è definire scenari con orizzonti
temporali compresi tra i 10-15 anni. Tale orizzonte, generalmente, supera quello di validità
di un Piano di settore. Quindi, per Piani Settoriali che prevedono orizzonti temporali
superiori al loro periodo di validità, è opportuno mantenere lo stesso “tempo zero” anche
nelle versioni successive del Piano (aggiornamenti, varianti, ecc.) nell’arco temporale cui
ci si è prefissati un obiettivo di riduzione.
Le azioni di piano
Una volta definiti gli scenari previsionali e la stima delle emissioni serra collegate,
l’amministrazione locale procede alla selezione di uno scenario e alla definizione del
pacchetto di azioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi strategici.
Un Piano Clima è generalmente composto da politiche di mitigazione, che si
concretizzano in misure per la riduzione delle emissioni serra, e politiche di adattamento,
che si concretizzano in misure che tengono conto dei cambiamenti climatici in corso.
Come anticipato nell’introduzione, le presenti Linee Guida non approfondiscono il tema
dell’adattamento, ma si concentrano sulle politiche di riduzione, maggiormente connesse
con i meccanismi e le opportunità di valorizzazione economica dei risultati.
Il Piano Clima e i piani di settore forniscono strategie che si sviluppano su un periodo
medio-lungo e, nella maggioranza dei casi, si rifanno a programmi attuativi delle misure e
dei progetti.
Per misura si intende “una categoria di progetti finalizzati al raggiungimento di uno
specifico obiettivo” e per progetto “l’insieme delle attività di tipo strutturale, tecnico o
gestionale mirate al raggiungimento degli obiettivi delle misure del piano”.
39
Le misure vanno definite sulla base degli obiettivi strategici del piano. Esse possono
affrontare singoli tematismi (es. riduzione delle emissioni serra derivanti da traffico
veicolare), e quindi direttamente “esportabili” all’approccio dei piani di settore, oppure
essere di tipo trasversale (es. riduzione delle emissioni serra nel settore industriale, che
possono essere ottenute agendo sulle tecnologie a basso consumo energetico nei
processi produttivi, sull’utilizzo di impianti termici alimentati da fonti rinnovabili,
sull’adozione di tecniche costruttive mirate all’eco-efficienza dell’involucro edilizio), nel
qual caso occorre una sorta di “spacchettamento” per ottenere il medesimo risultato
tramite l’approccio settoriale.
Per ogni misura è possibile stimare il potenziale di riduzione complessivo (nel caso di misure
trasversali il potenziale di riduzione sarà una sommatoria di singole riduzioni). Ogni misura
quindi contribuirà in parte al raggiungimento dell’obiettivo strategico.
Secondo l’approccio proposto nelle presenti Linee Guida le misure possono essere
declinate in progetti riconducibili primariamente a due livelli di intervento, secondo le
seguenti definizioni:
“progetti specifici”, ovvero quei progetti che riguardano interventi di natura tecnica
o tecnologica e che si configurano come realizzazione di strutture, infrastrutture o
impianti che comportano la riduzione delle emissioni di GHG rispetto alle tecniche e
tecnologie in uso precedentemente (es.: impianti di produzione di energia da fonti
rinnovabili)
“progetti quadro”, ovvero insiemi di interventi di natura tecnica, gestionale od
organizzativa, che possono comprendere progetti specifici di diversa natura e sono
concepiti come misure di policy o atti di pianificazione che regolamentano le azioni
e le scelte di altri soggetti (es.: i cittadini, gli esercizi commerciali, i gestori delle linee
di trasporto urbano, ecc.) a cui viene richiesto di adottare comportamenti o di
realizzare iniziative che portino alla riduzione delle emissioni di GHG rispetto al
passato (es.: regolamenti edilizi, misure di regolazione della viabilità, programmi
innovativi di raccolta, trattamento e recupero dei rifiuti, ecc.). In questa categoria
rientrano anche i macro-progetti derivanti dall’aggregazione coordinata di diversi
progetti “specifici” (nella terminologia internazionale talora definiti “bundle
projects”).
E’ a livello delle misure che, nel caso di sovrapposizione territoriale (regionale, provinciale,
comunale) di Piani Clima o di Piani del medesimo settore, occorre un approccio integrato
e sinergico da parte delle amministrazioni procedenti. Nel caso di piani differiti
temporalmente l’analisi di coerenza della VAS può costituire un utile supporto, mentre nel
caso di aggiornamento o elaborazione contemporanei, sarebbe opportuno un confronto
tra i diversi enti, al fine di coordinare sforzi e risorse.
Alle misure e ai progetti vanno associate:
- responsabilità;
- tempi;
- risorse;
- traguardi;
- indicatori di monitoraggio.
Una buona pratica è rappresentata dalla redazione, per ogni progetto, di una scheda
descrittiva. Tale scheda viene spesso chiamata “scheda di azione”.
Un esempio di scheda può contenere i seguenti campi:
40
- nome del progetto/azione;
- analisi del contesto di riferimento;
- obiettivo strategico;
- obiettivo operativo;
- descrizione (modalità attuative);
- soggetti attuatori;
- cronoprogramma;
- azioni di piano collegate (sinergiche per il raggiungimento dell’obiettivo).
In particolare, le schede di un Piano Clima dovrebbero essere articolate secondo i
seguenti campi:
descrizione della misura;
calcolo del potenziale di riduzione associato alla misura;
eventuali sovrapposizioni con altre misure;
ipotesi di implementazione (indicazioni generali di tempistica, di risorse e di
responsabilità);
analisi dei costi e dei benefici economici, ambientali e sociali che comprendano
valutazioni quantitative e qualitative;
indicatori di monitoraggio.
Esempio 1: Scheda sulla “REVISIONE DEL REGOLAMENTO URBANISTICO EDILIZIO” del Piano Energetico del Comune di Modena
Titolo Azione n°1: Revisione del Regolamento Urbanistico Edilizio (RUE)
Soggetto promotore Comune di Modena
Obiettivo specifico Revisionare l’attuale RUE la fine di introdurre criteri per il contenimento dei consumi energetici nei processi di programmazione e progettazione urbanistica ed edilizia.
Target Il complesso del processo urbanistico ed edilizio nel territorio comunale (operatori, professionisti, organizzazioni, utenti…)
Azioni previste Definizione di criteri per il contenimento dei consumi energetici nei processi di nuova costruzione e ristrutturazione edilizia e urbanistica.
Trasformazione di alcuni requisiti connessi al risparmio energetico da raccomandati a cogenti
Inserimento nel RUE dei requisiti volontari in sostituzione di quelli raccomandati.
Ridefinizione dei valori prestazionali degli edifici in tema di risparmio energetico per le nuove costruzioni e per le ristrutturazioni significative degli edifici
Strumenti attuativi Revisione dell’attuale regolamento urbanistico edilizio
Partners coinvolti Tecnici di settore, imprese edili, società e/o studi di progettazione, ordini professionali, HERA, Promo, Bioecolab,
Indicatori dei risultati ottenuti
Numero di requisiti cogenti e volontari introdotti all’interno del RUE
(Fonte: Piano Energetico Comunale – Comune di Modena)
Nell’Appendice D delle presenti Linee Guida sono riportate gli esempi delle schede di
azione del Piano energetico della Regione Friuli Venezia Giulia, dello schema di Piano
Clima della Regione Marche e del Piano energetico della Provincia di Forlì-Cesena.
41
Il monitoraggio
Durante l’elaborazione delle misure e dei progetti è necessario individuare appositi
indicatori di monitoraggio (cap. 5).
Il sistema di monitoraggio dovrà comprendere:
- indicatori di obiettivo (che consentono la valutazione del raggiungimento degli
obiettivi strategici);
- indicatori di risultato (connessi alla realizzazione dell’azione e che consentano la
valutazione dell’obiettivo operativo);
Il set di indicatori selezionati dovrà contenere gli indicatori utilizzati per la valutazione ex
ante e la costruzione degli scenari di piano.
Di seguito si riporta uno schema riassuntivo di come le diverse fasi della Valutazione
Ambientale Strategica possano supportare la declinazione della strategia locale per il
clima all’interno dei piani.
Inventario territoriale
emissioni serra
Scenario BaU e scenari
previsionali
Obiettivi strategici e
scenario di piano
Piano di monitoraggio
Piano clima/di settore
Analisi di contesto
Analisi delle alternative
Analisi di coerenza (tra
settori e livelli territoriali)
Valutazione ex ante effetti
ambientali scelte di piano
Indicatori per il
monitoraggio ambientale
Rapporto Ambientale VAS
Stima emissioni CO2
connesse alle misure
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In caso di adesione al Patto dei Sindaci
I comuni che hanno sottoscritto il Patto devono predisporre un Piano d’azione per l’energia sostenibile (PAES) entro un anno dalla formale ratifica . Il Piano deve essere obbligatoriamente approvato dal Consiglio comunale. Al fine di concretizzare gli impegni del Covenant, i firmatari devono assegnare ai settori competenti sufficienti risorse finanziarie ed umane. Le Amministrazioni dovrebbero allocare le necessarie risorse finanziare nel bilancio annuale, e quando possibile impegnarsi ad assegnare le dovute risorse nei futuri bilanci (da 3 a 5 anni).
Il PAES può essere considerato una parte di un eventuale Piano Clima o comunque della Strategia d’azione per la riduzione dei GHG di cui l’Amminstrazione si vuole dotare. I contenuti e la struttura dei due strumenti sono comparabili. È comunque da prevedere l’approvazione dei Piani da parte del Consiglio e l’allocazione annuale delle risorse finanziarie necessarie.
Durante il processo di sviluppo (redazione e attuazione) del Piano d’azione è previsto il coinvolgimento degli stakeholder. La fase “partecipativa” è uno degli impegni sottoscritti nel Patto: il coinvolgimento di tutti gli attori
interessati è considerato essenziale per il successo del Piano. È raccomandata anche la realizzazione di una campagna di comunicazione.
È dunque necessario programmare un’attività di convolgimento delle parti interessate, almeno per le azioni riguardanti gli aspetti energetici.
La priorità del PAES è la riduzione del consumo finale di energia i settori target sono quindi l’edilizia, l’utilizzo di apparecchiature e di impianti e il trasporto in particolar modo quello pubblico.
Nelle LLGG Cartesio vengono considerati tutti i settori emissivi, non ci sono quindi particolari indicazioni, si raccomanda solamente un particolare focus sul settore energetico.
Per quanto riguarda la scelta delle azioni/misure le LLGG del JRC raccomandano di:
identificare tutte le buone pratiche di successo già esistenti;
fare una lista di tutte le possibili azioni realizzabili che possono contribuire al raggiungimento di un dato obiettivo;
stabilire le priorità fissando dei criteri di scelta (es. investimento richiesto, risparmio intermini di energia, benefic in termini di occupazione, etc), dando dei pesi ad ogni criterio e valutando ogni criterio, misura per misura, in modo da ottenere un punteggio per ciascuna misura;
effettuare una analisi costi e benefici sia quantitativi che qualitativi;
effettuare una analisi di rischio su ogni singola azione, in modo da identificare le possibili cause di fallimento in fase di realizzazione. I rischi possono essere
- legati al progetto (superamento dei costi o dei tempi previsti, dispute contrattuali, ritardi dovuti a procedure di appalto …)
- procedurali e gestionali (approvazione di budget inadeguati, ritardi per l’oettnimeto dei permessi, cambiamenti normativi, mancanza di controllo del progetto …)
- tecnici (progettazione inadeguata, prestazioni ninori di quelle previste, costi più elevati di quelli attesi …)
- legati al contraente/appaltatore (stime inadeguate, problemi finanziari, ritardi, difficoltà di controllo dei subappaltatori…)
- legati al mercato (aumenti di salario, carenza di personale tecnico, mancanza di materiali e di equipaggiamento…)
Le azioni possono essere a breve termine (3-5 anni) e a lungo termine (al 2020).
Le azioni dovrebbero avere il più largo consenso politico e degli stakeholder, in modo da non compromettere (anche in caso di cambio di leadership politica), la loro realizzazione.
Per ogni singola azione/misura occorre specificare:
il traguardo
la tempistica (data d’inizio e di conclusione)
il settore dell’ente e le persone responsabili della realizzazione
il budget e le modalità di finanziamento
le modalità di monitoraggio.
Le politiche energetiche che possono essere adottate e le azioni che possono essere attuate da un ente locale riguardano i seguenti settori:
- Edilizia
- Trasporto
- Risorse d’energia rinnovabili e distribuzione dell’energia
43
- Acquisti/forniture pubblici
- Pianificazione urbanistica
- Tecnologie per l’informazione e la comunicazione.
La scelta e la programmazione delle azioni, così come delineate dalle presenti lineee guida, sono comparabili con quanto raccomandato dal JRC.
Il PAES deve essere revisionato ogni due anni, con monitoraggi regolari sulle singole azioni. La revisione segue il principio del Plan, Do, Check, Act.
I firmatari del Patto sono tenuti a redigere almeno ogni due anni, alternativamente:
- un “Action Report” senza inventario (dopo 2, 6, 10, … anni), con una analisi sullo stato d’attuazione del PAES e informazioni su eventuali misure correttive o preventive;
- un “Implementation Report” con inventario di monitoraggio delle emissioni aggiornato (dopo 4, 8, 12, … anni), con informazioni anche quantitative sulle misure attuate e i loro impatti sul consumo di energia e sulle emissioni di CO2, una analisi sullo stato d’attuazione del PAES e sulle eventuali misure correttive o preventive.
I due rapporti devono essere stilati secondo i modelli forniti dalla Commissione Europea.
Nel programmare il percorso di realizzazione del Piano clima o della Strategia d’azione per la riduzione dei GHG, l’Ammnistrazione dovrà prevedere la redazione e l’aggiornamento dei suddetti report.
44
4. DEFINIZIONE DEI PROGETTI
Nel più ampio ambito della pianificazione, le pubbliche amministrazioni hanno la
possibilità di fissare specifici obiettivi di abbattimento delle emissioni di gas serra in diversi
settori di attività quali i trasporti, la gestione dei rifiuti, la gestione delle foreste, il consumo
e la produzione di energia. Il raggiungimento di questi obiettivi passa quindi anche
attraverso la realizzazione di progetti, cioè di una serie di attività di tipo strutturale, tecnico
e gestionale finalizzata al raggiungimento degli obiettivi stessi.
Come vedremo, alla realizzazione di questi progetti e al conseguimento dei relativi
obiettivi in termini di riduzione delle emissioni di GHG sono legate le opportunità di
valorizzazione economica proposte dalle presenti Linee Guida.
Al fine di poter accedere ai benefici economici descritti nel successivo capitolo 7, oltre ad
una corretta ed efficace pianificazione, le amministrazioni pubbliche sono chiamate alla
definizione di progetti che, in linea di principio, devono poter:
- portare a riduzioni reali, misurabili, verificabili e permanenti delle emissioni di gas
serra;
- contribuire effettivamente alle riduzioni delle emissioni rispetto allo scenario di
riferimento ottenute attraverso la realizzazione di un Piano Clima (o di altri atti di
pianificazione in grado di perseguire tali riduzioni).
Secondo quanto proposto nell’approccio delle presenti Linee Guida, i “progetti” possono
riguardare sia attività interne che esterne alle strutture fisiche in cui operano i dipendenti
dell’amministrazione e alla sfera di attività sotto il controllo gestionale diretto
dell’amministrazione stessa. Le pubbliche amministrazioni hanno infatti la possibilità di
incidere sia sulle “emissioni dirette”, sostituendo, per esempio, le caldaie presenti nei propri
immobili con altre più efficienti o regolando temperature e tempi di funzionamento;
installando, invece, impianti di produzione di energia rinnovabile possono agire sulle
emissioni “indirette da consumo elettrico”; possono inoltre ridurre le “emissioni indirette”,
introducendo, ad esempio, attraverso i regolamenti edilizi, standard che impongano una
maggiore efficienza energetica.
Il progetto rappresenta dunque l’ultimo livello del processo di pianificazione descritto nel
capitolo precedente, in cui vengono definite in maniera dettagliata tutte le attività che
verranno realizzate per poter conseguire gli obiettivi generali del piano e incidere in modo
efficace sui livelli di emissione quantificati e valutati attraverso l’inventario territoriale.
Come precedentemente chiarito, i piani si compongono di misure, le quali sono
composte a loro volta da “progetti quadro” e “progetti specifici” già definiti nel capitolo
3.
Entrambe queste tipologie di “progetti” possono candidarsi al riconoscimento delle quote
di riduzione secondo quanto previsto nel capitolo 7.
Va chiarito fin da ora che, sebbene tutti i piani si tradurranno in misure e tutte le misure,
inevitabilmente, dovranno tradursi in attività operative che ne consentano l’effettiva
realizzazione, non tutti queste attività potranno però avere le caratteristiche necessarie ad
ottenere la valorizzazione economica proposta dalle presenti Linee Guida. Si è ritenuto,
infatti, che per poter essere convalidati come “progetti” (sia “quadro” che “specifici”)
che consentono la reale riduzione di emissioni di gas serra, i progetti debbano sottostare
ad alcuni requisiti vincolanti relativi alla misurabilità, concretezza, trasparenza e
45
“robustezza metodologica” delle modalità con cui vengono attuati e dei risultati che
possono raggiungere.
Di seguito vengono quindi specificati i requisiti che i “progetti” debbono possedere per
poter essere considerati nell’ambito delle azioni di valorizzazione economica descritte nel
successivo capitolo 7.
Nel momento in cui una pubblica amministrazione attiva uno o più progetti per i quali
intende ottenere il riconoscimento delle corrispondenti “quote di riduzione”, essa deve
definire i dettagli tecnici, le risorse economiche, i tempi e le responsabilità correlate alla
loro realizzazione.
Tutte queste informazioni devono essere incluse in un “Documento di Progetto”, che
includerà come minimo:
- una descrizione dettagliata dello scenario di baseline del progetto stesso;
- una spiegazione dell’azione di progetto, ovvero l’intervento che avrà come
risultato l’abbattimento delle emissioni di gas serra, ed un inquadramento
nell’ambito del Piano Clima (o di altro atto di pianificazione) alla cui attuazione il
progetto e’ funzionale;
- una descrizione dettagliata delle attività tecniche del progetto, che comprenda
una valutazione preventiva delle riduzioni realizzabili;
- il piano di monitoraggio delle emissioni, nonché le relative modalità di
monitoraggio e reporting del progetto;
- le risorse economiche destinate alla realizzazione del progetto e le fonti di
finanziamento da cui esso attinge;
- le responsabilità correlati alla fase di realizzazione e gli attori coinvolti;
- la tempistica di progetto, ovvero la data d’inizio del progetto, la sua vita utile, la
durata dell’eventuale fase di allestimento, la frequenza delle attività di
monitoraggio;
- metodologie, strumenti e standard valutativi: definizione degli strumenti utilizzati per
l’attuazione del progetto; definizione degli standard di stima e valutazione delle
emissioni, ex-ante ed ex-post; definizione degli standard di stima dell’impatto
ambientale del progetto (leakage); definizione delle metodologie di calcolo della
baseline di progetto;
- impatto ambientale, o Leakage: il documento di progetto deve chiarire se, e in
che misura, l’implementazione del progetto stesso avrà un impatto ambientale (in
termini di emissioni di gas serra, ad esempio). Il Leakage va sottratto al valore del
progetto, in termini di abbattimento delle emissioni.
- Modalità di coinvolgimento degli stakeholder: infine, occorre indicare in che modo
il progetto, la sua realizzazione e i suoi effetti sono stati condivisi a livello locale con
gli stakeholder interessati (anche ai fini dell’accettabilità del progetto stesso), con
quali procedure sono stati raccolti i commenti e le esigenze in merito, e in quali
termini questi ultimi elementi sono stati presi in considerazione .
L’Appendice E delle presenti Linee Guida contiene un esempio di possibile format
utilizzabile per la compilazione di un Documento di Progetto (DDP) in linea con
l’approccio proposto.
Nell’Appendice F sono contenuti esempi di Progetti per la riduzione delle emissioni di gas
serra realizzabili da un’Ente Locale per abbattere le proprie emissioni di gas serra e
compilati in accordo con il format di DDP proposto.
46
L’amministrazione interessata ad ottenere il riconoscimento delle “quote di riduzione”
delle emissioni legate ad uno o più progetti dovrà inoltre dotarsi di opportune procedure
o modalità operative che permettano di valutare e dimostrare la validità tecnica del
progetto e la correttezza del calcolo delle riduzioni realizzabili.
Particolare attenzione merita la cosiddetta “baseline” del progetto, che deve essere
considerata un elemento essenziale per valutare le reali riduzioni attuate e spesso risulta
più difficile da valutare rispetto alle stesse emissioni di progetto. Essa rappresenta, in
termini di emissioni, quello che sarebbe accaduto in termini di evoluzione dello scenario
futuro, in assenza del progetto stesso, ovvero in un possibile scenario di progetto “opzione
zero”, nel caso in cui si fosse deciso di non realizzare le azioni e gli interventi previsti dal
progetto e di continuare con le modalità precedenti (es.: di produzione energetica, di
gestione della mobilità, ecc.). Le riduzioni realizzate attraverso i progetti devono essere
calcolate come differenza tra emissioni di baseline ed il livello di emissioni conseguibile
attraverso la realizzazione del progetto.
Altro elemento essenziale è il sistema di monitoraggio e le relative procedure, descritte nel
Documento di Progetto, che devono permettere di acquisire, registrare e conservare i
dati utili a valutare le progressive riduzioni di emissioni nel tempo, secondo quanto stabilito
dal progetto stesso. Il sistema di monitoraggio utilizzato durante il progetto deve essere
coerente con quello descritto preventivamente nel Documento di Progetto.
Periodicamente, secondo intervalli di tempo stabiliti internamente, la pubblica
amministrazione dovrà verificare lo stato di avanzamento del progetto e le riduzioni di
emissioni realizzate rispetto alla baseline nel periodo di riferimento scelto.
Le caratteristiche descritte finora sono comuni a tutte le tipologie di progetti per la
riduzione delle emissioni di gas serra, ivi inclusi i progetti che possono dare luogo
all’acquisizione di crediti volontari, secondo quanto previsto da standard volontari
internazionali.
Nell’ambito delle presenti Linee Guida, si è deciso di stabilire alcuni requisiti specifici a
fondamento della possibile convalida e riconoscimento delle riduzioni di emissioni
effettivamente conseguite da una pubblica amministrazione, nella prospettiva di
rendicontarle correttamente e in modo omogeneo al livello governativo nazionale e di
accedere ad opportunità di valorizzazione economica.
I requisiti rappresentano una rielaborazione di alcuni dei più noti standard internazionali,
letti nella logica dell’adeguamento alle esigenze di un sistema italiano di convalida e
riconoscimento delle quote di emissione. Questi requisiti costituiscono una sorta di
“minimo comune denominatore” fra i diversi standard, dei quali possono costituire un
primo livello di conformità, da cui muovere per orientarsi all’acquisizione di crediti
volontari spendibili sui mercati internazionali.
I requisiti delineati nel seguito rappresentano pertanto le “regole del gioco” su cui basare
un sistema di rendicontazione, verifica, riconoscimento e valorizzazione economica delle
quote di riduzione volontarie delle emissioni GHG per le pubbliche amministrazioni a livello
nazionale, che verrà descritto nel capitolo 7.
Al fine di poter essere riconosciute come quote di riduzione (quali contributi al
perseguimento degli obiettivi nazionali) nell’ambito del sistema proposto dalle presenti
47
Linee Guida, i progetti di riduzione delle emissioni di gas serra proposti dagli Enti Locali e
dalle Amministrazioni pubbliche italiane devono soddisfare alcuni criteri di eleggibilità.
Tali requisiti devono essere considerati come un criterio minimo di accesso al sistema di
riconoscimento e, conseguentemente, ai registri regionali a cui le quote di riduzione
potranno avere ufficialmente accesso.
E’ essenziale specificare che non verranno attribuite “quote di riduzione” delle emissioni ai
progetti di riduzione indiretta o ai progetti di compensazione delle stesse (quali ad
esempio progetti CDM condotti nei PVS o simili).
I requisiti proposti sono concepiti per assicurare che tutti i progetti di abbattimento delle
emissioni diano luogo a “quote di riduzione” riconosciute ed inserite in opportuni registri
regionali (si veda oltre) abbiano caratteristiche tali da garantire la certezza e credibilità
dei risultati ottenuti, ovvero siano:
Reali
Definizione: una riduzione delle emissioni è reale se i suoi benefici in termini ambientali
sono quantificabili e verificabili.
Requisiti: si richiede che la riduzione delle emissioni sia concreta, misurabile e
verificabile, e sia precedente al riconoscimento delle “quote di riduzione”. Non
verranno riconosciute e registrate quote sulla base della sola previsione di
abbattimento delle emissioni.
Permanenti:
Definizione: il beneficio ambientale derivante dal progetto deve poter perdurare per
tutta la vita utile del progetto.
Requisiti: gli effetti in termini di riduzione delle emissioni di gas serra non devono essere
temporanei o transitori, non devono essere reversibili e non devono essere annullati da
altre emissioni legate al mantenimento delle pratiche o alla manutenzione delle
tecnologie previste dal progetto nel tempo.
Attribuibili:
Definizione: le quote di riduzione delle emissioni riconosciute al progetto devono essere
riconducibili senza ambiguità al promotore (o ai promotori) del progetto stesso.
Requisiti: il riconoscimento di quote di riduzione al progetto richiede adeguata
documentazione a supporto del fatto che il progetto sia stato realizzato con le risorse
economiche del promotore (o con il co-finanzimento di altri promotori che potranno
essere titolari di una percentuale delle quote di riduzione proporzionale al proprio
contributo) ovvero (quando il progetto non richiede un finanziamento ad hoc o vi è
un’oggettiva difficoltà nell’individuare soggetti finanziatori o quantificare il
finanziamento ex-ante) che il progetto sia inequivocabilmente determinato
dall’emanazione di una norma o di un atto di regolamentazione da parte del
soggetto titolare e vada oltre la legislazione vigente. Ciò vale soprattutto nel caso di
“progetti quadro”, quali ad esempio azioni di policy o atti di regolamentazione che si
rivolgono alla collettività o a macro-categorie di cittadini (per approfondimenti si veda
il paragrafo 6).
Addizionali
Definizione: i test di addizionalità sono condotti per assicurare che il progetto sia ‘in
aggiunta’ alle riduzioni e/o abbattimenti delle emissioni che avrebbero comunque
avuto luogo in assenza del progetto e/o senza l’incentivo economico dovuto al
sistema di riconoscimento e valorizzazione economica delle “quote” proposto.
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Requisiti: le presenti Linee Guida richiedono che ogni progetto che non usi già uno
standard di certificazione approvato superi due test di addizionalità:
Surplus legislativo: non deve esistere legge, regolamento, statuto o altra forma
di vincolo legale, in vigore al momento presente o in procinto di essere
implementato, che preveda o richieda l’abbattimento delle emissioni proposto
dal progetto. Non vengono considerati vincolanti a questi fini altri accordi
volontari eventualmente sottoscritti.
Ostacoli all’implementazione: il progetto deve consentire di superare tali
ostacoli. Si definisce ostacolo al progetto ogni fattore, o considerazione, che
renda difficoltosa l’implementazione della pratica o attività proposta o
l’adozione della tecnologia prevista dal progetto. E’ richiesta la presenza di
almeno uno tra i seguenti fattori di vincolo, perché il progetto possa essere
considerato “addizionale”.
1) Vincolo Finanziario: Il progetto deve fronteggiare delle restrizioni di capitale di
rischio o di credito, che l’incentivo economico dovuto al riconoscimento delle
“quote di riduzione” potrebbe alleviare; ovvero ci si può ragionevolmente
attendere che il sistema delle quote sia il principale motore
dell’implementazione del progetto; ovvero che il sistema delle quote sia un
elemento fondamentale per la continuazione del progetto successiva alla sua
implementazione.
2) Vincolo Tecnologico: La motivazione principale per l’implementazione della
tecnologia in questione è la sua capacità di ridurre le emissioni di gas serra, o
comunque di migliorare la performance ambientale dell’Ente o
dell’Amministrazione. Inoltre uno degli obiettivi del progetto, alla data di avvio,
deve essere esplicitamente l’abbattimento delle emissioni.
3) Vincolo Istituzionale: L’abbattimento delle emissioni in questione deve affrontare
significativi ostacoli di natura culturale, sociale, od organizzativa. Il progetto
dovrà favorire la rimozione di tali vincoli.
4) Vincolo dell’Innovazione: Il progetto in esame (es.: pratica o tecnologia
prevista) deve avere carattere di innovatività e quindi contribuire in misura
rilevante a rimuovere ostacoli al miglioramento delle pratiche diffuse nel settore
o territorio di riferimento. In pratica, il progetto non deve avere ampia diffusione
all’interno dello stesso ambito settoriale o territoriale. Il livello diffusione è
determinato dal tasso di incidenza della pratica/tecnologia proposta dal
progetto nel settore o in una specifica area geografica. Il grado di
penetrazione della tecnologia in un’area o in un settore sarà tanto più basso,
quanto più ci saranno tecnologie/metodologie alternative già disponibili
all’interno della stessa area geografica.
Se il progetto soddisfa i criteri di eleggibilità del Surplus Legislativo, ed inoltre dimostra di
superare almeno uno dei test sugli Ostacoli all’Implementazione (Vincoli Finanziari,
Tecnologici, Istituzionali e dell’Innovazione) allora esso è da considerarsi addizionale.
Dal punto di vista metodologico, lo sviluppo di un progetto secondo l’approccio proposto
dalle presenti Linee Guida segue i principi generali dettati dalla norma ISO 14064 e si
articola in due fasi, una progettuale e una realizzativa, a loro volta suddivise in diverse
attività.
49
Fase progettuale
Attività 1 - Idea progettuale e valutazione
Il primo passo necessario per la realizzazione di un progetto riguarda la valutazione
dell'idea progettuale. È necessario verificare se l'idea di progetto può, in linea di principio,
rispettare i requisiti fondamentali richiesti dal Protocollo di Kyoto. Durante la
progettazione, una volta scelto l’ambito di intervento e sviluppata l’idea progettuale, è
necessario controllare che esistano gli elementi di eleggibilità per il progetto (ovvero i
requisiti sopra riportati).
Attività 2 - Documento di progetto
L’amministrazione promotrice prepara il documento di progetto, secondo le modalità e
riportando i contenuti sopra indicati).
Per la definizione della baseline ed il piano di monitoraggio si può utilizzare una delle
metodologie semplificate sviluppate dall’UNFCCC per i progetti di piccole dimensioni,
detti small-scale projects (http://cdm.unfccc.int/methodologies/SSCmethodologies/
approved.html), oppure si può proporre una nuova metodologia.
Una volta terminata la Fase Progettuale, lo sviluppo del progetto prosegue con
l’attuazione della Fase Realizzativa.
Fase realizzativa:
Attività 1- Realizzazione progetto
Il proponente mette in opera il progetto in accordo con quanto dichiarato nel
documento di progetto, realizzando le strutture e gli interventi previsti, acquisendo i
macchinari e le tecnologie adatti allo scopo, implementando i sistemi di monitoraggio e
misura validati in fase progettuale.
Il sistema di monitoraggio e le relative procedure, adottate in fase di realizzazione del
progetto, devono permettere di acquisire, registrare e conservare i dati utili in accordo
con la metodologia di monitoraggio prescelta e precedentemente validata. Per un
approfondimento delle modalità di monitoraggio dei progetti si rimanda al successivo
paragrafo 5, specificamente dedicato a questo tema.
50
5. VALUTAZIONE DEI COSTI E DEI BENEFICI ECONOMICI, AMBIENTALI E SOCIALI DELLE MISURE
DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI GHG
Introduzione
Questo capitolo ha lo scopo di fornire alcune indicazioni per valutare i costi e i benefici, a
livello economico ma non solo, delle misure e dei progetti di riduzione delle emissioni di
gas ad effetto serra.
L’approccio proposto muove dalla considerazione dei cosiddetti “co-effetti” di tali misure
e progetti, ovvero gli effetti non circoscrivibili ai soli benefici ambientali diretti della
riduzione delle emissioni, ma legati in senso più esteso, da un lato, alle ripercussioni
economiche di tali misure (ad es. in termini di costi di adattamento evitati) e, dall’altro,
alle conseguenze indotte su altri media ambientali (es.: inquinanti locali), che a propria
volta possono generare benefici (monetizzabili o meno) per la collettività.
Considerare i “co-effetti” delle misure di mitigazione previste nell’ambito di una strategia
consente di integrare le considerazioni sui costi delle politiche di mitigazione ed avere una
visione completa delle implicazioni di tali politiche a livello locale. A titolo di esempio, la
quantificazione economica dei benefici ambientali e sanitari legati all’inquinamento
dell’aria costituisce oggetto di numerose analisi e mostra che tali benefici coprono una
percentuale significativa dei costi diretti delle politiche di mitigazione (Hallegatte, citando
IPCC, 2007). Una visione integrata fondata sull’approccio dei co-effetti (declinati in co-
benefici e co-costi), consente inoltre di definire, ed implementare, in modo congiunto
politiche locali attinenti a diverse finalità, per ottimizzarne gli effetti fin dalla fase di loro
pianificazione.
Una valutazione accurata dei costi e dei benefici economici a livello locale, che
comprenda anche l’analisi delle componenti ambientali e sociali, necessiterebbe
l’applicazione di un modello dedicato, quale ad esempio il modello tecnico-economico
MARKAL, utilizzato dall’ENEA per il sistema energetico italiano (Gargiulo e Gracceva,
2009). Le applicazioni di tali modelli alla realtà delle amministrazioni locali di governo del
territorio sono ancora ridotte e suscettibili di livelli di incertezza elevata.
In assenza di un modello dedicato, si può adottare un approccio di analisi costi-benefici
secondo la prospettiva locale, coerente con la metodologia utilizzata dall’Agenzia
internazionale per l’energia e dalla società di consulenza McKinsey per il livello globale e
nazionale. La stessa metodologia consente di costruire delle “curve di abbattimento”,
volte a quantificare i costi (al netto dei benefici) di una serie di “leve di riduzione” di gas
serra.
Tale approccio si basa sulla quantificazione degli “extra-costi” associati
all’implementazione di ogni misura/progetto. In questo approccio, infatti, i costi
addizionali generati dalle singole azioni di abbattimento sono espressi come costi
marginali rispetto allo scenario BaU (si può considerare l’ipotesi di includere o meno
eventuali incentivi erogati a livello nazionale, regionale o locale), e sono inoltre espressi al
netto dei benefici conseguibili dall’azione, ad esempio in termini di risparmio di energia, di
miglioramento della qualità della vita, ecc.
A seconda dei costi e dei benefici che vengono considerati nel calcolo, la curva di
abbattimento si potrà riferire alla comunità interessata nel suo complesso
(amministrazione comunale, commercianti, privati cittadini, aziende di trasporto, ecc)
oppure alla singola amministrazione locale.
51
L’approccio degli “extra-costi (di cui viene proposto un esempio nel seguito) può tuttavia
rivelarsi limitativa nei casi in cui un’amministrazione di governo del territorio voglia
quantificare anche i costi e i benefici sociali, ovvero originati per l’intera collettività.
In questi casi, particolarmente avanzati nello scenario nazionale, l’amministrazione può
trarre spunto da alcuni approcci ormai consolidati in letteratura mirati alla valutazione
monetaria dei costi e dei benefici “esterni” (le cosiddette “esternalità ambientali”).
Sebbene lo scopo di queste linee guida non sia quello di esporre in modo esauriente la
teoria economica sulla valutazione economica delle esternalità ambientali, è possibile
fornire al lettore interessato alcuni elementi di orientamento sull’impostazione
metodologica che si può utilizzare.
Un approfondimento sulla valutazione delle esternalità ambientali
Per poter quantificare i costi e i benefici ambientali “esterni” è necessario attribuire un
valore economico ai beni o ai servizi ambientali e sociali, in quanto ad essi spesso non
sono associati prezzi di mercato. La teoria economica ha sviluppato alcune tecniche in
base alle quali possono essere quantificati tali valori.
Prima di tutto, è bene tenere in considerazione che non è possibile stimare il valore
“primario” (o intrinseco) di un determinato bene ambientale, in quanto normalmente non
si hanno sufficienti informazioni per poter valorizzare l’esistenza di quel bene. Per questo
motivo la teoria economica si è concentrata nella stima del solo valore “secondario” di
tale bene, cioè del beneficio o del costo che il bene ambientale (o sociale) genera in
quanto “fornitore di un servizio” per i bisogni umani. E’ quindi opportuno tenere in
considerazione che la stima del valore economico di un bene ambientale è
inevitabilmente una sottostima del valore intrinseco. L’approccio dei “servizi” forniti dagli
ecosistemi costituisce una priorità per la Commissione Europea, che ne sta promuovendo
lo sviluppo come strumento di supporto al policy making, soprattutto a livello locale.
Va inoltre sottolineato che, nelle principali metodologie in uso, si fa normalmente
riferimento al valore economico di un bene riferendosi solo alla generazione di individui
che la utilizza (o non la utilizza) attualmente. Quindi, sebbene un aspetto particolarmente
rilevante dei costi e benefici ambientali sia quello di trasferirsi spesso alle generazioni
future, nella valutazione economica di cui parla la teoria economica le generazioni future
non vengono considerate.
Deve essere inoltre chiaro che in aggiunta a queste limitazioni, la valutazione economica
monetaria dei beni ambientali che non hanno un mercato può essere più o meno
imperfetta, a seconda del bene in questione e del contesto ambientale ed economico
cui esso si riferisce; ciò nonostante, una valutazione formulata in maniera esplicita a
beneficio dei decisori pubblici è sempre meglio della “ipotesi nulla”, ovvero quella di non
compiere alcuna valutazione e, quindi, attribuire al bene ambientale valore nullo o
completamente arbitrario.
Non c’è un'unica terminologia per la classificazione del Valore Economico Totale (VET) di
un bene ambientale che può essere migliorato o compromesso da politiche pubbliche.
Gli economisti convergono sulla definizione di VET sulla base dell’interazione che esiste tra
soggetto umano e bene ambientale che deve essere valutato. Si distinguono inizialmente
i valori d’uso dai valori che non si riferiscono all’uso. I primi sono quelli che fanno
riferimento all’effettivo utilizzo dell’ambiente. Essi si suddividono a loro volta in valori d’uso
indiretto, valore d’opzione d’uso, valore ereditario (tale valore si può riferire sia al valore
52
d’uso sia ai valori non d’uso delle generazioni future). I valori non d’uso si riferiscono a
valori non strumentali che appartengono alla natura reale delle cose, ma che non sono
associati ad un uso effettivo o all’opzione di usare un bene. I valori non d’uso sono il
riflesso delle preferenze individuali che includono la preoccupazione, l’attenzione e il
rispetto per l’esistenza delle specie non umane. Essi si differenziano in valori ereditari e
valori di esistenza. La somma dei valori d’uso e quelli di non uso risulta essere il valore
secondario di un dato bene ambientale e quindi nell’interpretazione della maggior parte
degli economisti essa risulta coincidere con il VET.
Ma come si può procedere ad assegnare ad un bene ambientale un valore monetario?
Uno dei modi per procedere alla valutazione monetaria dell’ambiente si basa sulla
distinzione tra approcci che valutano un bene mediante una curva di domanda
(approcci delle curve di domanda) e quelli che non utilizzano tali concetti (approcci
senza curve di domanda).
Considerando gli approcci senza curva di domanda si possono distinguere almeno tre
metodi diversi:
Metodo della risposta alla dose: tale approccio richiede di conoscere dati che
colleghino le reazioni fisiologiche umane, animali e vegetali a determinate
condizioni ambientali (tipico esempio è il danno sulla salute dovuto
all’inquinamento, oppure i danni alle colture). In molti casi è possibile stimare i
danni in termini di prezzo di mercato, se varia una produzione agricola, o di prezzi
ombra. Questo metodo può essere utilizzato per stimare, ad esempio, i benefici
che possono indirettamente derivare al settore agricolo da misure e progetti che
favoriscano la diffusione di fonti energetiche rinnovabili che siano in grado di
diminuire l’impatto ambientale anche sul contesto locale o che contribuiscano alla
risoluzione di problemi ambientali del settore agricolo (si pensi all’abbattimento dei
costi sociali dello smaltimento di scarti agricoli nel caso della realizzazione di un
impianto a biomasse che si alimenti di tali scarti). All’opposto, si potrebbero
considerare i costi legati allo sviluppo di fonti rinnovabili laddove queste
comportino usi contesi del territorio rispetto alla destinazione agricola (sottrazione
di terreni per il fotovoltaico a terra o coltivazione di biomasse per la produzione di
energia). L’utilizzo di questo metodo diventa più complesso se è necessario stimare
i danni sanitari sugli esseri umani, anche se spesso si ricorre alla quantificazione del
valore di incremento del rischio di malattia o di morte delle persone colpite.
Tecnica del costo di sostituzione: considera il costo del ripristino di un bene
danneggiato e utilizza questo costo come misura del beneficio del ripristino.
Questa metodologia non risulta particolarmente difficile da applicare, anche
perché presuppone che il lavoro di ripristino debba essere svolto perché imposto
da altri vincoli (esempio in presenza di uno standard di qualità dell’acqua), i costi di
raggiungimento di tali standard costituiscono il valore economico del beneficio
associati alla realizzazione dell’obiettivo. Questo metodo, anche se non complesso,
non risulta particolarmente adatto alle esigenze di stima delle politiche di riduzione
dei gas serra, di rado connesse a tali vincoli.
Metodo del costo opportunità: vengono stimati i benefici delle attività che
provocano il degrado ambientale per stabile quanto dovrebbero essere elevati i
benefici ambientali per rendere lo sviluppo di tali attività non conveniente. Anche
questa metodologia non risulta adatta alla nostra applicazione.
Per quanto riguarda, invece, gli approcci con curva di domanda, si possono citare i
metodi delle preferenze espresse che comprendono ad esempio la cosiddetta
53
“valutazione del costo contingente”, oppure i metodi delle “preferenze rivelate” (non
direttamente ma attraverso acquisti individuali di beni di mercato). Di questa ultima
categoria fanno parte:
Il metodo del costo di viaggio: essenzialmente considera i costi che si affrontano
per andare a visitare luoghi di ricreazione e quindi darne un valore in base ai costi
del carburante o del biglietto di un mezzo di trasporto pubblico. Anche questo
metodo poco si adatta all’applicazione a misure di mitigazione in ambito urbano.
Il metodo di valutazione edonica: tenta di valutare i servizi ambientali la cui
presenza influisce direttamente su determinati prezzi di mercato (in particolare ci si
riferisce al mercato immobiliare). Questo tipo di metodo potrebbe essere utilizzato
per alcune misure di mitigazione in ambito urbanistico, anche se non è facile
calcolare la giusta correlazione tra prezzo di un’abitazione e qualità dell’ambiente
circostante separando l’effetto di altri fattori che esercitano influenza sul prezzo,
quali: la dimensione, l’accessibilità, ecc.
Il metodo di valutazione contingente (MVC) si basa invece su una richiesta ben precisa ai
singoli individui di attribuire un valore ai beni ambientali tramite interviste ad hoc. Ad ogni
individuo viene chiesta la propria disponibilità a pagare (DAP) per la salvaguardia di quel
bene. Una volta ottenute le risposte da un campione significativo di individui si può
procedere a calcolare la DAP media degli individui e moltiplicare per il numero totale di
persone che beneficerebbero di quel dato bene. Il metodo MVC risulta essere diretto ed
ha il vantaggio di poter essere applicato a qualsiasi bene o servizio ambientale, ma
presenta numerose problematiche relative alla veridicità delle preferenze espresse dal
campione intervistato. Le preferenze espresse dipendono da numerosi fattori, tra cui gli
impliciti suggerimenti degli intervistatori quali cifre iniziali da cui partire, oppure la
differenza di richiesta tra “Quanto siete disposti a pagare (DAP) per ricevere questo bene
ambientale?” e “Quanto siete disposti ad accettare (DAA) per rinunciare a questo bene
ambientale?” che può indicare valori molto diversi (di solito DAA è molto più alta di DAP).
Senza addentrarsi nelle specifiche problematiche è bene tenere conto che questo tipo di
valutazione, pur consentendo una grande flessibilità e completezza dei dati risulta all’atto
pratico abbastanza onerosa da poter svolgere ad hoc per un Piano Clima, anche se
potrebbe essere un metodo da utilizzare durante il coinvolgimento degli stakeholder per
la definizione del Piano stesso.
L’applicazione del metodo della quantificazione
A prescindere dallo spettro di costi che si intende considerare, il percorso metodologico
da seguire nell’identificazione dei costi (e quindi, specularmente, dei potenziali risparmi)
per poi procedere alla valutazione è del tutto analoga.
Le voci di costo potranno comprendere:
- costi e benefici diretti: sono quelli più facilmente individuabili e calcolabili (i.e. costi
di investimento e di esercizio necessari alla realizzazione di infrastrutture, tecnologie
o tecniche utili alla misura/progetto di riduzione delle emissioni, risparmi di costi
energetici: elettricità, acqua, carburanti);
- costi e benefici indiretti: sono quelli più complessi da individuare e da quantificare.
Questi ultimi comprendono a loro volta:
costi e benefici ambientali: sono quelli che incidono sui comparti ambientali
tipici dell’ambiente urbano; alcuni sono facilmente quantificabili (i.e.
peggioramento/miglioramento di alcune componenti ambientali, quali aria,
54
acqua, suolo, dovuto alla misura/progetto), altri necessitano una stima tramite
l’utilizzo di metodi di valutazione monetaria esposti in precedenza;
costi e benefici sociali: sono quelli che sono dovuti agli impatti ambientali
delle misure/progetti che hanno conseguenze sulla salute e sulla qualità della
vita dei cittadini, anche in questo caso è necessario ricorrere ai metodi di
valutazione monetaria precedentemente esposti .
In una prospettiva di costi del solo ente locale saranno selezionati solo i costi e i benefici a
carico dell’ente locale per misure che vadano ad incidere solo sul patrimonio e sui servizi
gestiti dall’ente stesso.
Nelle curve di abbattimento (sia per la prospettiva della comunità che per quella
dell’ente locale), Il costo medio di abbattimento per tonnellata di emissione (€/tCO2) è
rappresentato dal costo differenziale dell’azione e lo scenario BAU, rapportato al
potenziale di abbattimento delle emissioni identificato per quella misura. Un’indicazione di
costo medio di abbattimento negativo identifica quindi un’azione che consente di
ottenere risparmi annuali superiori agli extra-costi di implementazione.
E’ quindi possibile ottenere un ranking delle misure di abbattimento in ordine crescente di
costi per facilitare le scelte di policy dell’ente locale su quali misure/progetti
implementare o no e in quali tempi e con quali risorse.
Non sempre è possibile quantificare e monetizzare tutti gli effetti, siano essi positivi o
negativi, ma risulta comunque necessario all’ente locale conoscere anche solo in termini
qualitativi tutti i possibili effetti di una misura e stimare anche se con un elevato livello di
incertezza se questi effetti hanno un’incidenza rilevante o meno sulla comunità.
Nel riquadro finale viene riportato un esempio di calcolo riferito al caso del Comune di
Milano.
R2 - Nuove abitazioni con interventi di efficienza energetica Azione identificata: interventi infrastrutturali per isolamento delle superfici esterne – nuovi edifici Potenziale di abbattimento: 97 ktCO2 Costo medio di abbattimento: - 89 €/tCO2 Il costo associato all’edificazione di nuove abitazioni con elevati criteri di efficienza energetica è stato stimato a partire dai dati contenuti nello studio svolto da ARPA Lombardia (Zabot, 2004), facendo riferimento in particolare alla tipologia edilizia “edificio a torre”4. Gli edifici residenziali presenti nel Comune di Milano si situano in media in una classe di efficienza energetica di tipo F. Nell’ambito della misura R2, il Piano clima prevede che 51.000 nuove abitazioni proposte nel PGT vengano edificate secondo criteri corrispondenti alla classe B (come già esposto nella scheda misure R2). Nello studio ARPA si stima che gli extra-costi legati alla costruzione di un edificio in classe di efficienza energetica B rispetto ad una classe di efficienza E ammontino a circa 0,9% dei costi di costruzione. Ritenendo che l’extra-costo necessario per costruire un edificio in classe E rispetto alla classe F sia analogo all’extra-costo necessario per il passaggio da un’edificazione in classe E in classe D (0,1% del costo di costruzione), si è valutato così il costo complessivo per il passaggio dalla classe F alla classe B pari all’1% del costo di costruzione. Per scelta conserva tiva, si è considerato un costo base di costruzione più elevato rispetto al rapporto ARPA (1.200 €/m2 in luogo di 1.000 €/m2) e di ipotizzare un extra costo del 2%, stimando l’extra costo pari a circa 24 €/m2. Il risparmio energetico conseguibile da un’abitazione edificata in classe B rispetto alla classe E è stimato nel rapporto pari a 3,74 €/m2 anno, che con ipotesi analoga ai costi, è stato calcolato pari a circa 4,50€/m2 all’anno per l’edificazione
4 Lo studio stima gli extra-costi di costruzione di edifici residenziali in classi energetiche elevate per quattro tipologie:
edificio a torre, edificio in linea, villetta a schiera, villetta. Si è ritenuto che la tipologia a torre sia la più rappresentativa
della maggior parte delle future edificazioni che verranno realizzate nel territorio comunale milanese.
55
in classe B rispetto alla classe F. Il costo per unità abitativa al netto di tale risparmio è stato calcolato in base alla superficie media delle abitazioni a Milano (80 m2) e moltiplicato per il numero target di abitazioni oggetto della misura nel periodo 2010-2020. Si veda Tabella 6-8 per i calcoli. Rapportando la differenza tra costi e benefici al potenziale di riduzione stimato per questa misura si ottiene un costo medio di abbattimento pari a -89 €/tCO2. Tabella 0-1: Quantificazione dei benefici e dei costi della misura R2 Fonte: Elaborazioni IEFE-Avanzi
Per quanto riguarda la compatibilità con i requisiti previsti dalla linee guida JRC per il
Patto dei Sindaci, si fa riferimento alle considerazioni riportate nel Capitolo 3
relativamente all’analisi costi-benefici in sede di scelta delle azioni/misure.
Costo costruzione al m2 (€) 1.200
Extra-costo passaggio classe F - B (%) 2
Extra-costo passaggio classe F - B (€/m2) 24
Risparmio gas metano pass. F - B (€/m2 anno) 4,5
Superficie media abitazioni Milano (m2) 80
Extra costo intervento - 1 abitazione - annualizzato 10 anni (€) 192
Risparmio annuo - 1 abitazione (€) 361
Costi annui - 51.000 nuove abitazioni (€) 9.792.000
Benefici annui - 51.000 nuove abitazioni (€) 18.400.800
56
6. MONITORAGGIO
Il processo di monitoraggio è necessario per seguire i progressi verso i target definiti, a
partire dalla situazione presente.
In particolare, il monitoraggio è necessario per:
precisare gli obiettivi quantitativi che rappresentano i risultati di miglioramento
verso la riduzione delle emissioni, in quanto tali obiettivi devono rappresentare una
situazione realistica e raggiungibile in un ben determinato periodo di tempo;
seguire i progressi verso i suddetti obiettivi, a iniziare dalla situazione presente, in
modo da stabilire la proporzione delle azioni pianificate e capire lo stato reale
delle emissioni; apportare le dovute correzioni nel caso in cui la realtà non si muova
secondo quanto desiderato.
Come si è visto nel processo di piano, si devono specificare dei campi di intervento e dei
target quantitativi da raggiungere nell’ambito della strategia.
Ad ogni campo di intervento e target associato, possono corrispondere sia progetti
(progetti quadro e progetti specifici), sia strumenti necessari per la loro implementazione.
Il processo di monitoraggio deve considerare sia i progetti che gli strumenti.
I progetti sono descritti rispetto a parametri quantitativi, mentre gli strumenti sono descritti
considerando le loro fasi di sviluppo.
Il sistema di monitoraggio è fondato su:
1) una valutazione preventiva o ex ante realizzata a livello di misure (di fatto, contestuale
e propedeutica alla costruzione degli scenari di piano);
2) una valutazione in itinere collegata all’attuazione dei progetti di riduzione delle
emissioni serra;
3) una valutazione consuntiva o ex post realizzata a livello di misure.
25
La valutazione ex ante risulta fortemente correlata alla costruzione degli scenari
previsionali di piano.
La valutazione dei soli progetti di riduzione, ovviamente, non consente di monitorare il
quadro complessivo delle emissioni collegate all’attuazione dei piani; occorre, pertanto,
attivare un sistema di feedback tra pianificatori e attuatori mirato al monitoraggio delle
emissioni serra derivanti dall’attuazione delle misure. Risulta quindi necessario prevedere
anche un aggiornamento periodico dell’inventario territoriale, che consente un’analisi
comparata con i risultati del monitoraggio dei piani.
In questo modo si procede ad una valutazione prestazionale preventiva dell’attuazione
del piano, che dovrà essere collegata alla valutazione a consuntivo.
Di seguito si riporta uno schema esemplificativo del sistema di monitoraggio descritto.
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Predisposizione del piano di monitoraggio
Per poter implementare un Piano Clima o i piani settoriali descritti nella parte di
pianificazione, il sistema di monitoraggio deve essere delineato contestualmente alla
pianificazione delle misure di riduzione. A questo scopo deve essere prodotto un piano di
monitoraggio che conterrà i dettagli della metodologia che l’Ente utilizzerà per
monitorare lo stato di attuazione del proprio piano clima (e dei corrispondenti piani
settoriali) e dei propri specifici progetti.
La procedura di monitoraggio deve prendere in considerazione:
che cosa monitorare;
come monitorare;
quando monitorare.
Il monitoraggio deve essere correlato al processo di definizione dell’inventario delle
emissioni, che può essere considerato un monitoraggio al “tempo zero”.
Come regola generale, si deve lavorare sui seguenti due step:
- Monitoraggio dei singoli progetti e strumenti;
- Monitoraggio del bilancio delle emissioni dell’intera area.
Il monitoraggio di progetti e strumenti deve essere realizzato attraverso la definizione e lo
sviluppo di indicatori specifici (qualitativi e quantitativi).
PIANO CLIMA
MISURA 1 MONITORAGGIO
MISURA 2
------
------
MISURA 3
------
------
MISURA X
------
-----
Valutazione Ex-Ante
(misurazione della
CO2 evitata con
ampi margini di
errore focalizzata
sugli obiettivi e
determinata sulla
base di assunzioni
tecniche da definire
a seconda delle
azioni previste dalla
misura)
progetto 1
progetto 2
progetto i-esimo
progetto
monitoraggio della
CO2 evitata dei
progetti effettuata
basandosi su
baseline e
documenti di
progetto
Valutazione Ex-Post
(misurazione con
margini di errore
moderati costruita da
un funzionale pesato
dei progetti)
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La frequenza del monitoraggio dipenderà dai progetti che si intendono sviluppare
(durata, complessità, ecc.).
Il monitoraggio deve essere appropriato alle necessità dell’Ente e deve facilitare l’analisi
delle emissioni, le loro variazioni nel tempo, il raggiungimento dei target, ecc.. Questo
significa che le emissioni devono essere verificate e valutate con una frequenza tale da
consentire di rilevare, analizzare e rettificare eventuali deviazioni rispetto a quanto atteso.
L’Ente dovrà quindi tenere traccia di tutte le deviazioni delle emissioni rispetto a quanto
previsto, includendo cause e correzioni.
Il Piano di monitoraggio dovrà inoltre definire ruoli e responsabilità nell’esecuzione del
monitoraggio stesso.
Il Piano di monitoraggio dovrà essere verificato da un ente terzo unitamente alla verifica
dell’inventario dell’anno di riferimento, della predisposizione dello scenario BAU e della
pianificazione delle misure previste per raggiungere l’obiettivo di riduzione, qualora si
intenda usufruire della valorizzazione economica delle quote di riduzione.
Monitoraggio dei progetti
Nell’ottica dei piani e programmi descritti precedentemente, le misure sono costituite da
progetti quadro oppure da progetti specifici.
Ricordiamo che fanno parte della prima categoria quei progetti per i quali le emissioni in
gioco hanno una rilevanza quantitativa prevalentemente relazionata alla loro numerosità
e diffusione, più che al valore associabile ad ogni progetto singolo. Può trattarsi, ad
esempio, della ristrutturazione, in chiave energetica, di tutti gli edifici scolastici, oppure del
passaggio dalla mobilità privata verso quella pubblica per una certa categoria di
persone.
Viceversa, fanno parte della seconda categoria iniziative progettuali con caratteristiche
proprie ben definite ed, eventualmente, con rilevanti caratteristiche quantitative in termini
di emissioni in gioco. Può trattarsi, ad esempio, della realizzazione di un impianto
multimegawatt di produzione di energia da fonti rinnovabili, oppure di una nuova linea di
trasporto pubblico.
In alcuni casi le tecnologie messe in campo e gli effetti di queste possono essere gli stessi.
Ad esempio si può realizzare un unico impianto fotovoltaico da un megawatt oppure
realizzarne diffusamente una notevole quantità per raggiungere lo stesso valore
complessivo di potenza installata.
Il monitoraggio di un progetto viene effettuato una volta che il progetto stesso è stato
realizzato ed è divenuto pienamente operativo.
Una volta realizzato il progetto, quindi, è necessario attuare il piano di monitoraggio delle
emissioni, monitorando la riduzione delle emissioni effettivamente ottenuta e gli eventuali
indicatori di sviluppo sostenibile. Nel caso in cui si voglia usufruire, per un determinato
progetto, della valorizzazione economica delle quote di riduzione, il monitoraggio deve
essere effettuato continuativamente durante tutto il “crediting period”, ovvero l’arco
temporale approvato in fase di validazione del progetto, durante il quale si suppone di
poter dare origine alle quote di riduzione.
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I principali aspetti del monitoraggio consistono nelle seguenti attività:
garantire che i sistemi di monitoraggio e le procedure adottate siano conformi ai
sistemi di monitoraggio e alle procedure descritte nel piano di monitoraggio
precedentemente definito;
fornire tutti i dati a supporto dell’effettiva e dimostrabile riduzione delle emissioni di gas
serra;
assicurare che i dati relativi alle emissioni di gas ad effetto serra siano sufficientemente
supportati da evidenze, quali ad esempio le registrazioni di monitoraggio;
garantire la rispondenza alla metodologia di monitoraggio applicata al progetto
validato;
dare evidenza che il progetto sia in atto e sia completamente funzionante, che tutti
gli eventuali sistemi di misura e acquisizione dati siano operativi, che tutta la
strumentazione sia funzionante e sottoposta alla necessaria manutenzione e taratura;
assicurare che tutte le responsabilità siano definite e che tutti i soggetti coinvolti nel
monitoraggio siano stati individuati e formati;
tenere conto dei rilievi ed eventuali non conformità dei rapporti di validazione e/o di
verifica precedenti.
Se il monitoraggio dei progetti specifici va eseguito singolarmente per ogni progetto, per
quanto riguarda i progetti quadro, data la loro numerosità, risulterebbe alquanto
complesso e oneroso procedere alla valutazione dei singoli progetti che li compongono e
può quindi essere più efficace procedere ad un monitoraggio su base statistica attraverso
la definizione e l’analisi di opportuni indicatori.
Definizione degli indicatori
Le modalità di monitoraggio di piani e programmi si attuano attraverso l’adozione di
appositi indicatori in grado di misurare gli effetti derivanti dalle scelte di piano in termini di
emissioni di CO2 (evitate o causate).
E’ opportuno prevedere l’adozione degli stessi indicatori utilizzati nel predisporre le misure,
ma si può valutare l’ipotesi di introdurre ulteriori dati o indicatori che ne dettaglino con
maggior precisione le emissioni.
La selezione degli indicatori dovrebbe derivare da un compromesso tra un approccio
rigoroso dal punto di vista tecnico e la misurabilità dei dati, in particolare tenendo conto
della scala di azione del piano (regionale, locale) e dei passaggi intermedi che regolano
l’attuazione delle misure.
Un possibile approccio è rappresentato dal ricondurre a valori quantitativi di CO2 altri
indicatori maggiormente collegati alla specificità del piano.
A livello generale, le misure che influenzano le emissioni climalteranti possono essere
ricondotti alle seguenti categorie:
- misure che riguardano le urbanizzazioni e disciplinano l’edilizia;
- misure che riguardano la realizzazione di infrastrutture viarie;
- misure che riguardano la mobilità e il trasporto pubblico;
- misure che interessano la produzione e l’uso di energia (compreso il risparmio
energetico e le fonti rinnovabili);
- misure che disciplinano l’uso del suolo in agricoltura;
- misure di forestazione.
60
Un Piano Clima, ad esempio, prevederà misure volte a:
- promuovere la produzione di energia da fonti rinnovabili;
- promuovere l’uso di autoveicoli alimentati da combustibili a minore/assente
contenuto in carbonio;
- adottare soluzioni tecniche (es. edilizia, impianti) che aumentino l’efficienza
energetica e riducano i consumi (di energia termica ed elettrica);
- creazione di carbon sink.
Esempio: FABBISOGNI TERMICI DELL’EDILIZIA RESIDENZIALE ESISTENTE
Il settore dell’edilizia residenziale esistente è chiaramente tra quelli che più influenzano le emissioni a livello locale e sul
quale è prioritaria l’azione dello stesso Ente locale, anche in considerazione delle notevoli possibilità di risparmio
energetico collegate agli interventi sulle strutture edilizie.
Le possibilità di maggiori efficienze negli edifici esistenti fanno riferimento a scenari di intervento nell’ambito dei quali si
prospetti la riqualificazione energetica di parte del patrimonio edilizio.
In generale si possono identificare tre tipologie di intervento: involucro edilizio, impianti termici e shift di vettore
energetico.
Gli indicatori di monitoraggio sono essenzialmente di due tipi:
numero di interventi nella direzione indicata
caratteristiche prestazionali dell’intervento
Si possono ipotizzare due livelli di dettaglio nella definizione delle previsioni di consumo/emissioni.
Il primo livello fa riferimento all’identificazione di un indicatore quale il consumo per unità di superficie riscaldata
(kWh/m2).
Tale valore può essere ottenuto rapportando i consumi energetici complessivi nel settore residenziale (da bilancio
energetico) con il numero totale di abitazioni e la loro superficie media (dati ISTAT o di altra fonte comunale).
Il secondo livello di dettaglio consiste nel prevedere interventi sulle singole componenti edilizie (coperture, pareti
opache, strutture vetrate, basamenti), caratterizzate da determinati valori di trasmittanza come indicatori.
In forza di tali interventi, si giungerà a una riduzione del consumo specifico precedentemente definito. La relazione tra gli
interventi sulle trasmittanze dei singoli elementi e i consumi dipende dalla geometria dell’edificato ed è quindi necessario
realizzare un modello di questo.
L’intervento può fare riferimento a una percentuale annuale x di abitazioni convolte nei diversi interventi passando da
valori iniziali di trasmittanza a nuovi valori (inferiori) di trasmittanza. In base a queste percentuali e alla tipologia degli
edifici interessati, si risale al nuovo consumo specifico, tornando al caso anteriore.
Per quanto riguarda gli impianti termici, è possibile individuare una percentuale annua x di abitazioni per le quali si ha un
rinnovo degli impianti aventi una efficienza superiore all’efficienza media degli impianti presenti. In base alla nuova
efficienza complessiva, si arriverà ad una riduzione complessiva dei consumi e, quindi, delle emissioni.
Riguardo allo spostamento dei vettori energetici, vi è una differenza delle emissioni in riferimento alle emissioni specifiche
dei diversi vettori.
Esempio: FABBISOGNO TERMICO NEI COMPLESSI RESIDENZIALI DI NUOVA COSTRUZIONE
Nel caso dell’edilizia di nuova edificazione, l’indicatore principale può essere sicuramente identificato nel consumo per
unità di superficie riscaldata (kWh/m2).
Tale indice è ormai il riferimento per le norme nazionali e regionali riguardanti le prestazioni edilizie (ex d.lgs. 192/05) e la
certificazione energetica.
Quindi, una volta definito il valore prestazionale a cui devono sottostare gli edifici di nuova costruzione, le emissioni
specifiche possono essere determinate in base a quanto definito nell’esempio precedente e il valore complessivo delle
emissioni sarà determinato dal prodotto di tale valore per il numero di metri quadrati realizzati con tali specifiche
costruttive.
61
Analisi degli indicatori
L’attività di monitoraggio dei progetti quadro si concretizza nel tenere traccia
dell’evoluzione temporale degli indicatori precedentemente definiti e di quantificare,
attraverso questi, le emissioni di gas climalteranti coinvolte. E’ opportuno che la
registrazione della suddetta evoluzione temporale avvenga in forma continua,
intervallata da resoconti finali in dipendenza dell’orizzonte temporale della particolare
azione.
Il monitoraggio degli interventi è caratteristico delle possibilità dell’ente locale di tenere
sotto controllo gli interventi stessi.
Calcolo delle emissioni attraverso gli indicatori
Il passaggio dagli indicatori alle emissioni avviene applicando opportuni coefficienti di
emissione, analogamente a quanto fatto per la stima delle emissioni nell’inventario
territoriale.
Accuratezza delle misure
Un’ulteriore riflessione va fatta riguardo all’accuratezza e completezza dei dati a
disposizione per la realizzazione del monitoraggio.
Esempio: FABBISOGNO DI COMBUSTIBILI PER TRASPORTO
Nel caso dei trasporti privati, l’indicatore principale può essere identificato nel consumo di carburante del veicolo per
chilometro percorso.
E’ possibile orientare l’acquisto di veicoli a minor consumo energetico mediante un programma di differenziazione
tariffaria per le soste o per gli accessi.
Monitorando le nuove immatricolazioni è possibile stimare il numero di veicoli acquistati aventi consumi inferiori rispetto ai
consumi dei veicoli mediamente immatricolati negli anni precedenti.
Esempio: PROGRAMMA DI INSTALLAZIONE DI PANNELLI SOLARI TERMICI
Si ipotizzi la realizzazione di un programma di installazione di 1000 metri quadrati all’anno di collettori solari termici nel
settore residenziale con i quali si prevede la riduzione di un determinato quantitativo di tonnellate di CO2. E’ necessario,
prima di tutto, tenere traccia di tali installazioni per valutare se, in termini numerici, ciò che era stato previsto corrisponde
all’evoluzione reale. Successivamente si stima la riduzione delle emissioni prevista.
Esempio: INTERVENTI SULL’EDIFICATO ESISTENTE
L’intervento può fare riferimento alla percentuale annuale x di abitazioni sulle quali si interviene passando da un valore
iniziale di consumo specifico a un nuovo valore (inferiore) di consumo specifico.
Utilizzando il consumo specifico come indicatore (kWh/m2), il passaggio alle emissioni avviene considerando che questo
corrisponde a 203 g di CO2 nel caso in cui il combustibile sia il metano e a 270 g di CO2 nel caso in cui il combustibile sia
il gasolio.
Il valore finale delle emissioni all’anno t corrispondente all’intero edificato residenziale, sarà quindi stimato considerando
la media pesata tra la percentuale (tx) di abitazioni sulle quali si è intervenuto e la percentuale (100-tx) di abitazioni che
non hanno subito modifiche.
62
E’ d’altra parte evidente che la misurabilità dell’effetto dei progetti attuati è direttamente
proporzionale alla portata, in termini quantitativi, dei progetti stessi.
Monitoraggio degli strumenti
Uno dei fattori che influenzano i risultati reali derivanti dall’attuazione dei diversi progetti
riguarda gli strumenti messi in atto al fine di realizzare i progetti stessi. In effetti i progetti,
soprattutto i progetti quadro caratterizzati da ampia diffusione sul territorio, devono essere
supportati da opportuni strumenti che ne consentano la fattibilità. Questri strumenti
possono essere di diversa natura: di tipo premiale (incentivi economici), regolamentare,
organizzativo, ecc. E’ quindi evidente che il monitoraggio dei risultati derivanti dai
progetti, deve essere accompagnato dal monitoraggio degli strumenti messi in atto con
lo stesso fine, per valutare le fasi della loro evoluzione e gli eventuali fattori che ne hanno
impedito il corretto sviluppo.
Rapporti di monitoraggio e comunicazione
I rapporti di monitoraggio dovrebbero contenere, come minimo, le seguenti informazioni:
• identificazione del responsabile del progetto;
• ubicazione e caratteristiche del/i sito/i coinvolto/i nel progetto;
• descrizione del progetto;
• indicazione della metodologia di riferimento che è stata utilizzata nel progetto;
• scala dimensionale del progetto in termini di emissioni;
• sistema e procedure di monitoraggio utilizzati;
• periodo (data inizio e data fine) a cui si riferisce il monitoraggio e nel quale,
eventualmente, si presuppone siano stati maturati i crediti per i quali si richiede il rilascio
corrispondente, in accordo con la data di inizio del periodo di credito (crediting period)
prescelto e validato.
E’ necessario garantire che le riduzioni delle emissioni così raggiunte e monitorate, siano
riportate in una maniera completa ed accurata.
Nel caso di richiesta di valorizzazione economica delle quote maturate, le emissioni
dovranno essere verificate e certificate da una parte terza indipendente; si dovranno
quindi fornire a supporto tutte le evidenze oggettive necessarie, quali ad esempio le
registrazioni legate alle attività di monitoraggio. Conseguenti alla fase di realizzazione e
monitoraggio del progetto infatti, vi sono anche la verifica della corretta realizzazione del
progetto in accordo con quanto precedentemente definito nel Documento di Progetto
validato e la certificazione ed il rilascio delle quote corrispondenti all’effettiva riduzione
delle emissioni, come descritte nei paragrafi seguenti.
Le attività di monitoraggio devono essere accompagnate da un processo di
comunicazione finalizzato alla condivisione dei progressi nell’implementazione dei piani.
La comunicazione potrà vedere come destinatari sia gli attori eventualmente coinvolti in
modo diretto nella realizzazione del piano, sia la comunità locale di riferimento, soprattutto
se coinvolta in fase di consultazione per la costruzione del piano o l’elaborazione dei
progetti.
Verifica della riduzione delle emissioni
63
I progetti attuati ad un certo anno ti contribuiscono alla determinazione delle variazioni
delle emissioni rispetto all’anno di riferimento t0.
All’anno ti, le emissioni totali evitate, i, dalla messa in atto dei diversi progetti corrispondo
alla somma delle emissioni evitate, allo stesso anno, da parte di ogni singolo progetto n,
in:
i = n in
Attraverso tale calcolo è possibile quantificare il contributo di ogni singolo progetto alla
riduzione complessiva e valutare, quindi, l’eventuale ammontare delle quote di riduzione
valorizzabili economicamente, %_i, rispetto al totale delle riduzioni effettuate.
Risulta a questo punto importante confrontare il valore delle riduzioni i, verificate all’anno
ti, con le previsioni di riduzione 0, fatte nell’anno di riferimento t0.
Il valore delle emissioni complessive del territorio all’anno ti potrà essere calcolato, in
prima approssimazione, sottraendo dalle previsioni delle emissioni dello scenario BAU la
quota i.
E’ evidente, però, che lo scenario BAU previsto all’anno t0. potrebbe essere differente da
ciò che è realmente successo all’anno ti. Può quindi risultare utile aggiornare lo scenario
BAU con le stesse modalità con cui era stato costruito originariamente (si veda capitolo
2), ma utilizzando indici anch’essi aggiornati.
Avendo a disposizione, all’anno ti, la riduzione delle emissioni, i, derivanti dall’attuazione
di determinati progetti e le emissioni derivanti dal nuovo scenario BAU, EBAU_i, è possibile
stimare le emissioni complessive Ei:
Ei = EBAU_i - i
Revisione degli obiettivi del Piano Clima
La necessità di monitorare gli effetti dei progetti inseriti in determinati piani o programmi
deriva dal fatto che quanto indicato nelle previsioni di piano deve trovare una
corrispondenza nella realtà.
Nel caso in cui vi sia discordanza è doveroso analizzarne le cause. Queste possono essere
essenzialmente di due tipi. Da un lato possono derivare da una errata stima del numero di
iniziative previste (es. numero di metri quadrati di pannelli solari, numero di abitazioni che
riducono i propri consumi energetici), dall’altro possono derivare da una errata stima
delle riduzioni specifiche di CO2 (ad esempio riduzione delle emissioni per metro quadrato
di abitazione ristrutturata).
E’ quindi importante:
identificare e analizzare i fattori che possono bloccare o rallentare la realizzazione
delle azioni;
identificare gli strumenti adatti a superare le barriere;
verificare la disponibilità dei suddetti strumenti e le procedure necessarie alla loro
attivazione.
In base alla verifica riguardante la riduzione delle emissioni, potrà essere quindi necessario
rivedere gli obiettivi che ci si era posti.
64
Nei grafici seguenti si visualizzano i principali elementi descritti.
In particolare, il primo grafico mette in evidenza le emissioni corrispondenti allo scenario
BAU e allo scenario obiettivo come previsti nell’anno di riferimento t0. A queste si
aggiungono le ipotesi di riduzione previste a seguito dell’attuazione di determinati
progetti all’anno ti e l’indicazione della percentuale eventualmente valorizzabile
economicamente.
Il secondo grafico, viceversa, mette in evidenza le emissioni corrispondenti allo scenario
BAU e allo scenario obiettivo aggiornati all’anno ti. A queste si aggiungono le riduzioni
delle emissioni verificate allo stesso anno ti a seguito dell’attuazione di determinati
progetti e l’indicazione della percentuale eventualmente valorizzabile economicamente.
t0 ti tf
Estorico
0
t0 ti tf
EBAU_0
Eobiettivo_0
Estorico
%_0
EBAU_0
i %_i Eobiettivo_0
EBAU_i
Eobiettivo_i
E
E
65
In caso di adesione al Patto dei Sindaci
I comuni che hanno sottoscritto il Patto devono sottoporre il PAES ad un regolare monitoraggio, secondo un
processo di miglioramento continuo e quindi con l’eventuale necessità di adeguamenti. Vengono suggeriti alcuni indicatori di monitoraggio per valutare i progressi e le prestazioni del Piano nei vari settori:
Trasporti
n° di passeggeri del trasporto pubblico all’anno
Km di piste ciclabili
Km di strade pedonali/Km di strade comunali
N° di veicoli che passano in un determinato punto (scegliendo una strada rappresentativa del traffico) all’anno/al mese
Consumo di energia del parco mezzi dell’amministrazione
Consumo di energia derivante da combustibili rinnovabili dei parchi mezzi pubblici
% di popolazione che vive entro i 400 m dal servizio degli autobus
Media dei Km di code da traffico
Tonnellate di combustibili fossili e biocombustibili vendute in alcune stazioni di servizio (selezionate per rappresentatività)
Edilizia
% di abitazioni con etichetta energetica A/B/C
Consumo totale di energia negli edifici pubblici
Supercie totale di collettori solari
Consumo totale di energia elettrica nell’edilizia residenziale
Consumo totale di gas nell’edilizia residenziale
Produzione locale di energia
Energia elettrica prodotta da impianti locali
Coinvolgimento del settore privato
N° di aziende che si occupano di servizi energetici, efficienza energetica e energie rinnovabili
Coinvolgimento dei cittadini
N° di cittadini che partecipano ad eventi sull’efficienza energetica e sulle fonti di energia rinnovabili.
Anche per il monitoraggio è prevista la redazione di documenti specifici.
L’attività di monitoraggio, così come prevista dalle Linee Guida Cartesio, è esaustiva di quanto richiesto dall’adesione al Patto dei Sindaci. Occorre solamente adeguarsi alla attività di reporting richiesta. È possibile utilizzare gli indicatori suggeriti dal JRC per il monitoraggio degli obiettivi operativi del Piano.
66
7. VALIDAZIONE E VERIFICA DEI PROGETTI, RICONOSCIMENTO DELLE “QUOTE DI RIDUZIONE”
E VALORIZZAZIONE ECONOMICA
Il percorso di definizione e attuazione di politiche e iniziative a favore della riduzione delle
emissioni di gas serra da parte delle amministrazioni pubbliche, delineato nelle presenti
Linee Guida, si conclude con la proposta di un sistema di riconoscimento e di
valorizzazione economica di “quote di riduzione”, acquisite come risultato delle politiche
attuate.
Il sistema di riconoscimento si basa sulla possibilità di premiare le amministrazioni che siano
in grado di dimostrare il raggiungimento degli obiettivi prefissati nella riduzione delle
emissioni sul territorio governato, sia attraverso un riconoscimento ufficiale delle quote di
emissioni che sono state effettivamente ridotte, sia attraverso la proposta di alcuni possibili
meccanismi per la valorizzazione economica dell’impegno sostenuto dagli enti e dalle
amministrazioni eccellenti.
Il sistema si articola su due livelli di verifica e di riconoscimento, a cui le amministrazioni
possono decidere di sottoporsi nella misura in cui vogliano avere accesso alle opportunità
appena menzionate:
la valutazione e verifica del livello di attuazione e del progressivo sviluppo nel
raggiungimento degli obiettivi della pianificazione;
la convalida delle quote di riduzione di emissioni attraverso la realizzazione di progetti
nell’ambito dei piani definiti dall’amministrazione per la riduzione delle emissioni.
Verifica della pianificazione
Il primo livello di verifica è funzionale a garantire l’accesso al secondo livello e determina
la misura in cui l’amministrazione può godere dei benefici economici legati alle “quote di
riduzione”.
Si ritiene, infatti, che per poter fruire di benefici economici un ente o un’amministrazione
pubblica debba in primo luogo dimostrare di essere in grado di attuare effettivamente i
piani (i.e.: Piano Clima o piani settoriali orientati alla riduzione dei GHG) e di raggiungere
progressivamente gli obiettivi generali che si era prefissata nell’ambito della
pianificazione.
E’ pertanto condizione necessaria per poter valorizzare le “quote di riduzione” assegnate
ai progetti (con apposita procedura descritta al punto successivo), che l’ente o
l’amministrazione dimostri di:
aver realizzato azioni, interventi, atti normativi e/o investimenti adeguati ad una
efficace attuazione del piano, così come definito e approvato dallo stesso ente o
amministrazione, e delle misure in esso previste;
avere effettivamente perseguito gli obiettivi generali di riduzione fissati nel Piano ed
essere in linea con il loro progressivo raggiungimento.
La verifica del conseguimento dei risultati sopra indicati avviene a cura dello stesso
verificatore che verrà chiamato a convalidare le “quote di riduzione” emergenti dai
singoli progetti dell’amministrazione, che dovrà considerare l’esito positivo di tale verifica
come un pre-requisito per poter procedere all’ulteriore verifica sui progetti.
67
Questa verifica, ad opera del verificatore selezionato dall’amministrazione (o ente)
interessato, dovrà basarsi sui seguenti elementi di giudizio:
corretta effettuazione dell’inventario territoriale rispetto alle indicazioni
metodologiche delle presenti Linee Guida;
corretta ed efficace misurazione ed aggiornamento periodico di indicatori “chiave”
relativi alle principali grandezze identificate nell’ambito dell’inventario, monitorate
periodicamente per valutare lo svilupparsi dello scenario di riferimento e la sua
verosimiglianza;
corretta applicazione delle modalità di monitoraggio dei Piani e dei programmi
definiti e in corso di attuazione da parte dell’ente o dell’amministrazione per il
perseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra sul territorio di
competenza.
Sulla base dei precedenti elementi di giudizio, il verificatore dovrà quindi accertarsi che
l’ente stia progressivamente conseguendo i risultati attesi in termini di:
perseguimento di obiettivi territoriali di riduzione delle emissioni, misurato ad esempio
attraverso la comparazione degli indicatori “chiave” dell’inventario territoriale e i
valori da essi assunti nel corso dello sviluppo del piano (es.: differenza fra i valori
emissivi dell’inventario e quelli registrati nel corso di una sua periodica revisione,
ovvero: miglioramento del livello delle emissioni di gas serra misurato da indicatori
“chiave” periodicamente calcolati dall’ente);
livello di attuazione delle misure previste nel piano e nei programmi oggetto della
verifica, attraverso l’esame di documentazione rilevante al fine di comprovare lo
stato di avanzamento degli stessi (es.: esiti del piano di monitoraggio, percentuali di
spese e investimenti effettivamente attuati dall’ente, relazioni alla giunta o ad altri
organi dell’ente sull’avanzamento dei lavori o degli interventi pianificati, ecc.).
Soltanto gli enti e le amministrazioni che riusciranno a dimostrare di aver attuato il piano in
misura coerente con quanto originariamente previsto (e in una logica di implementazione
graduale, per quanto il piano stesso ha stabilito nel periodo in esame), e di essere in linea
con il perseguimento dei relativi obiettivi, potranno ottenere la possibilità di immettere su
un mercato nazionale creato ad hoc le “quote di riduzione” legate ai progetti realizzati.
Ciascun ente o amministrazione che sarà in grado di superare con successo questa prima
fase di verifica sui piani / programmi, potrà valorizzare su tale mercato le quote di
riduzione che verranno riconosciute ai propri progetti “specifici” e progetti “quadro”,
secondo la procedura descritta nel seguito.
Per quanto riguarda l’entità delle quote di riduzione acquisite che potranno essere
effettivamente cedute sul mercato da parte dell’ente o dell’amministrazione che le avrà
maturate, in cambio di un controvalore economico, le presenti Linee Guida considerano
due scenari:
SCENARIO 1: si ipotizza che il Governo Nazionale, anche su sollecitazione degli
organismi internazionali che richiedono una rendicontazione credibile e documentata
del raggiungimento di obiettivi di policy (es.: obiettivi relativi alla quota di domestic
measures prevista dalle negoziazioni sul protocollo di Kyoto, ovvero raggiungimento
degli obiettivi di copertura del 20% del fabbisogno energetico da fonti rinnovabili
previsto dal cosiddetto Pacchetto 20-20-20 della Commissione Europea), proceda ad
una ripartizione degli impegni (burden sharing), assegnando alle Regioni obiettivi
68
specifici, sulla base di criteri da definire. Si ipotizza altresì che le Regioni possano
decidere, a propria volta, di calare “a cascata” questi obiettivi sugli enti territoriali
sotto-ordinati (Province, Comuni, Circondari, Comunità Montane, ecc.), applicando gli
stessi criteri. In alternativa, in assenza di una ripartizione condotta a livello governativo,
la rete delle regioni aderenti provvede a condividere principi e criteri con cui definire
gli obiettivi di riduzione delle singole regioni, generando e sottoscrivendo in questo
modo un burden sharing interregionale cui poter fare riferimento.
SCENARIO 2: si ipotizza che non si addivenga in tempi ragionevolmente brevi
all’attuazione di un burden sharing, così come prefigurato nello scenario precedente,
e che gli enti locali e le pubbliche amministrazioni procedano quindi volontariamente
alla fissazione di propri obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra.
Le quote di riduzione che verranno riconosciute agli enti e alle amministrazioni su progetti
“specifici” e progetti “quadro” potranno quindi essere vendute dai titolari sul mercato
nazionale proposto dalle presenti Linee Guida, in misura diversa nei due scenari previsti:
nello scenario 1, potranno essere vendute soltanto le quote (riconosciute secondo
quanto previsto dal paragrafo successivo) che eccederanno l’obiettivo che doveva
essere raggiunto secondo quanto previsto dal burden sharing. A titolo esemplificativo:
si supponga che un ente avesse come obiettivo la riduzione delle emissioni di gas serra
di 10.500 t di CO2 equivalenti rispetto ai livelli dell’anno base. Se l’ente ha raggiunto
una riduzione di 12.650 t di CO2 eq, potrà immettere (e vendere) sul mercato nazionale
soltanto 2.150 “quote” (corrispondenti a 2.150 t di CO2 eq eccedenti l’obiettivo di
riduzione previsto dal burden sharing), appurato naturalmente che lo stesso ente sia
titolare di 2.150 quote su progetti “quadro” o “specifici” opportunamente validati e
verificati.
Nello scenario 2, potrà essere venduta soltanto una percentuale predefinita delle
emissioni ridotte complessivamente sul territorio e dimostrabili attraverso il monitoraggio
(e grazie al calcolo degli indicatori che l’ente adotta a questo fine). A titolo
esemplificativo si supponga che un ente abbia ridotto le emissioni di gas serra di 10.500
t di CO2 equivalenti rispetto ai livelli dell’anno base. Se si decidesse di consentire agli
enti di vendere il 50% delle riduzioni ottenute su base complessiva, l’ente potrebbe
immettere sul mercato nazionale delle “quote di riduzione” 5.250 quote. Anche in
questo caso, per poter procedere alla vendita, l’ente dovrebbe dimostrare di aver
acquisito la titolarità di 5.250 quote su progetti “quadro” o “specifici” opportunamente
validati e verificati, secondo quanto indicato di seguito.
In conclusione, si riporta nella figura seguente una schematizzazione del processo di
validazione e verifica che verrebbe seguito a seconda dello scenario che si svilupperà su
scala nazionale.
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BURDEN SHARING
REGIONALE
MECCANISMO
VOLONTARIO
IMPLEMENTAZIONE
VALIDAZIONE:
Propedeutica alla valorizzazione.
Registrazione dei progetti
ammissibili.
Obiettivi:
Fissati a priori da un Ente
Sovraordinato
Obiettivi:
Decisi su base volontaria dall’Ente.
Strumenti:
Piani; misure; progetti quadro;
progetti specifici.
Strumenti:
Piani; misure; progetti quadro;
progetti specifici.
VALORIZZAZIONE:
Si possono vendere le quote di
riduzione che:
Siano documentate da
progetti verificati.
Siano in eccesso rispetto
agli obiettivi fissati dal
Burden Sharing.
VALORIZZAZIONE:
Si possono vendere le quote di
riduzione che:
Siano documentate da
progetti verificati .
Nei limiti del 50% del
totale delle riduzioni
ottenute
dall’implementazione del
piano.
VERIFICA:
Certificazione degli obiettivi
raggiunti.
IMPLEMENTAZIONE
VERIFICA:
Certificazione degli obiettivi
raggiunti.
VALIDAZIONE:
Propedeutica alla valorizzazione.
Registrazione dei progetti
ammissibili.
70
Verifica dei progetti e riconoscimento delle “quote di riduzione”
Una volta accertata la capacità da parte dell’ente di superare la prima fase di
valutazione, relativa all’efficacia della pianificazione, sarà possibile valorizzare sotto il
profilo economico le eventuali “quote di riduzione” acquisite grazie alla realizzazione di
progetti.
Va innanzitutto specificato che gli enti e le amministrazioni interessate potranno in ogni
caso (a prescindere dall’attuazione del piano) sottoporsi a verifica e far convalidare e
riconoscere le “quote di riduzione” ottenute dai propri progetti “specifici” e “quadro”. Gli
enti e le amministrazioni potranno però vendere sul mercato nazionale soltanto le quote
corrispondenti alle tonnellate ridotte se rispetteranno le condizioni nei due scenari
delineati al punto precedente.
Le presenti Linee Guida prevedono un sistema di riconoscimento che venga istituito e
gestito da un organismo composto dal Ministero dell’Ambiente e da un network di
Regioni interessate a partecipare al mercato di scambio delle “quote di riduzione” (d’ora
in avanti denominato “soggetto gestore”).
Il soggetto gestore del sistema riceve da parte degli enti e amministrazioni interessate le
domande di registrazione delle “quote di riduzione” che hanno ottenuto il riconoscimento
secondo le modalità di seguito indicate in un registro nazionale (composto dall’unione di
registri regionali detenuti e gestiti dalle Regioni che aderiscono al sistema e fanno parte
dello stesso “soggetto gestore”).
Per ottenere il riconoscimento e l’inserimento nel registro delle “quote di riduzione”, un
ente deve procedere secondo i passaggi seguenti.
Se l’ente ha definito uno o più progetti secondo le indicazioni contenute nel capitolo 4
delle presenti Linee Guida e conformi ai requisiti di ammissibilità ivi previsti, può sottoporsi
ad un processo valutativo per ottenere il riconoscimento delle corrispondenti “quote di
riduzione”.
Il processo si compone di due momenti:
la validazione del progetto si prefigge di accrescere la certezza che il progetto
produrrà la quantità stimata di riduzione delle emissioni, attraverso una successiva
verifica del progetto stesso;
la verifica si prefigge di valutare i risultati relativi alla realizzazione del processo.
In particolare devono essere validate tutte le asserzioni presenti nel Documento di
Progetto e periodicamente devono essere verificate le riduzioni di emissioni realizzate.
Nell’Appendice G delle presenti LLGG sono contenute, a titolo esemplificativo, le verifiche
dei Progetti (contenuti in Appendice F) rispetto ai criteri fissati nel Capitolo 4, al fine di
assicurarne la certezza e credibilità dei risultati.
Una volta completata la Fase Progettuale e redatto il Documento di Progetto, questo
deve quindi essere sottoposto a Validazione.
Il sistema proposto dalle presenti Linee Guida prevede che il Validatore sia una Terza
Parte Indipendente. La scelta della tipologia di Terze Parti Indipendenti da accreditare
71
come validatori e verificatori dello schema proposto potrà essere compiuta dal Soggetto
Gestore. In questa sede ci limitiamo a notare che la scelta comporterà alcune
implicazioni in termini di credibilità e di costi per il sistema e, in particolare, per gli enti e le
amministrazioni che vorranno accedere al sistema. A questo fine, accanto all’utilizzo di
validatori già riconosciuti a livello internazionale (quali ad esempio un ente accreditato
come DOE - Designated Operational Entity dall’UNFCCC o un ente indipendente
accreditato come AIE - Accredited Independent Entity per le attività rilevanti
dell’UNFCCC) potrebbe essere previsto un accreditamento di soggetti senza fini di lucro
cui sia connaturata la “terziarietà” rispetto ai soggetti sopra indicati (ad es.: centri di
ricerca, agenzie di sviluppo, università, NGOs). In questo caso il sistema di
accreditamento dovrà prevedere una qualifica di questi enti sulla base della
dimostrazione della propria competenza in questo ambito.
Sarà il Soggetto Gestore a farsi carico dell’accreditamento e della sorveglianza dei
Validatori.
I progetti vengono validati rispetto ai requisiti essenziali definiti nel capitolo 4 e il Validatore
rende pubblico il proprio giudizio attraverso un Report di Validazione.
Gli enti proponenti di progetto nel richiedere la validazione del proprio progetto ad un
Validatore, forniscono tutti le informazioni relative al progetto, quali ad esempio:
Identificazione di tutti i soggetti partecipanti al progetto;
ubicazione e indirizzo del/i sito/i coinvolto/i nel progetto;
descrizione dell’attività di progetto;
descrizione della metodologia applicata, delle procedure di calcolo utilizzate,
della baseline presa a riferimento, della dimostrazione dei criteri di addizionalità;
quantificazione della riduzione delle emissioni o dello stoccaggio di anidride
carbonica prodotto dal progetto;
scala dimensionale del progetto in termini di CO2eq.
Gli enti proponenti di progetto devono rendere disponibile al validatore la seguente
documentazione:
copia del documento di progetto;
informazioni riguardanti la consultazione pubblica del Progetto e il finanziamento
pubblico, ove applicabile;
copia della Valutazione di Impatto Ambientale, ove applicabile;
copia del piano di monitoraggio
procedure di controllo gestionale, attribuzione di responsabilità, acquisizione dati e
gestione degli strumenti di misura, archiviazione delle registrazioni;
elenco delle leggi e standard normativi applicabili al progetto proposto;
evidenza di ogni certificazione applicabile al Sistema di Gestione dell’attività di
progetto, ove applicabile.
Come supporto al processo di validazione possono essere utilizzati strumenti di valutazione
quali, ad esempio, la checklist riportata nell’Appendice H del presente documento.
Il Validatore notifica la valutazione positiva al Soggetto Gestore per permettere la
registrazione formale del progetto nel Registro della Regione nel cui territorio l’ente è
localizzato e, automaticamente, nel Registro Nazionale che assembla tutti i registri delle
72
regioni aderenti al sistema di riconoscimento proposto, corredato del Report di
validazione che viene reso pubblico.
Una volta completata la Fase Realizzativa del progetto, è necessario che questo sia
sottoposto periodicamente a Verifica e Certificazione. La procedura di verifica consiste in
una autonoma revisione periodica, da parte dei una Terza Parte Indipendente (il
Verificatore di cui sopra), della riduzione delle emissioni effettivamente generata dal
progetto durante il periodo che si vuole sottoporre a verifica.
Lo scopo del processo di verifica è:
verificare che i sistemi di monitoraggio e le procedure attuate siano conformi ai
sistemi di monitoraggio e alle procedure descritte nel piano di monitoraggio, già
approvato in fase di validazione del progetto;
valutare i risultati in termini di riduzione delle emissioni di gas serra, formulando una
conclusione con un alto, anche se non assoluto, livello di assicurazione, che tali dati
riguardanti le riduzioni di emissioni di gas serra siano liberi da errori significativi;
verificare che i dati sulle emissioni di gas serra siano sufficientemente supportati da
evidenze oggettive, quali ad esempio le registrazioni relative al monitoraggio.
Il Verificatore indipendente redige una relazione di verifica e certifica che le riduzioni di
emissioni ottenute sono reali e misurabili. Una volta effettuata la verifica periodica, il
Report di Verifica e Certificazione potranno essere resi pubblici sull’apposito Registro.
Il Report di Verifica e Certificazione costituisce il documento necessario alla formale
richiesta al Soggetto Gestore del riconoscimento delle “quote di riduzione” delle emissioni.
A seguito di ogni Verifica periodica e dopo il pagamento di eventuali tariffe di
registrazione, ove previste, il Soggetto Gestore provvederà a far riconoscere le quote di
riduzione a favore dell’ente proponente del progetto.
Lo schema proposto dalle presenti Linee Guida prevede che la titolarità delle “quote di
riduzione” sia acquisibile soltanto da soggetti che siano in grado di compiere per intero il
percorso proposto (con riferimento soprattutto alla pianificazione) e, quindi, siano enti
territoriali o pubbliche amministrazioni dotate di poteri di indirizzo e di governo del
territorio.
La titolarità delle “quote di riduzione” sarà pertanto conferita all’ente proponente del
progetto, fatto salvo che riesca a dimostrare che esse siano a sé “attribuibili” secondo i
requisiti previsti nel capitolo 4. L’ente o l’amministrazione che si vedrà attribuita la titolarità
di quote di riduzione su progetti da essa sviluppati, potrà quindi inserirle nel registro
regionale e nazionale e cederle su una piattaforma di scambio, secondo le modalità
proposte nel seguito, ricavandone un controvalore economico.
Ai fini dell’applicazione delle presenti Linee Guida si prevede, in particolare, che la
titolarità possa essere stabilita e dimostrata secondo due criteri, a seconda delle tipologie
di progetti a cui ci si riferisce:
1) nel caso in cui il progetto è stato realizzato con le risorse economiche dell’ente
promotore (o con il co-finanziamento di altri promotori) occorre dimostrare che le
risorse sono state effettivamente stanziate e poi impiegate dall’ente. Nel caso di co-
finanziatori, le quote potranno essere suddivise proporzionalmente al loro contributo,
oppure l’ente proponente dovrà aver cura di ottenere dai co-finanziatori una
liberatoria (ad esempio sotto forma di dichiarazione del loro legale rappresentante)
che attesti che essi rinunciano a valorizzare economicamente le quote o a
73
rendicontarle nell’ambito di altri schemi di crediti volontari; ciò vale soprattutto nel
caso di “progetti specifici”, spesso legati alla realizzazione di impianti di generazione o
di soluzioni per l’efficienza energetica;
2) quando il progetto non richiede un finanziamento ad hoc, vi è un finanziamento
parcellizzato e diffuso (in caso ad esempio di interventi richiesti ai cittadini) o vi è
un’oggettiva difficoltà nell’individuare soggetti finanziatori e/o a quantificare il
finanziamento ex-ante, l’ente proponente deve dimostrare che il progetto sia
inequivocabilmente determinato dall’emanazione di una norma o di un atto di
regolamentazione da parte sua. Ciò vale soprattutto nel caso di “progetti quadro”,
quali ad esempio azioni di policy o atti di regolamentazione che si rivolgono alla
collettività o a macro-categorie di cittadini.
Le “quote” di riduzione delle emissioni, una volta riconosciute, rimarranno valide finché
non saranno definitivamente ritirate dal Registro, oppure finché non saranno utilizzati
come “crediti” in un altro programma di riduzione delle emissioni (quali ad esempio gli
schemi VER+, VCS o Gold Standard. Per un approfondimento su questi standard volontari
di riconoscimenti delle riduzioni di emissioni si veda l’appendice I). Ciò al fine di evitare
distorsioni derivanti dal cosiddetto “double counting”, ovvero il fenomeno tale per cui
vengono rendicontate (e, peggio, valorizzate economicamente) più volte le stesse quote
di riduzione. Nella stessa logica, va da sé naturalmente che non saranno validate e
riconosciute dal verificatore quote di riduzione se queste saranno riconducibili a interventi
o impianti che ricadono nel campo di applicazione dell’Emission Trading Scheme della
Commissione Europea, e quindi potrebbero essere compravendute come quote ETS (si
pensi ad esempio ad interventi su impianti di produzione di energia elettrica nell’ambito di
un “progetto quadro” sulle fonti rinnovabili attuato da un Comune sul proprio territorio).
La Validazione e Verifica di una Terza Parte Indipendente e la presenza di un registro sono
requisiti fondamentali perché le “quote di riduzione” siano effettivamente contrattabili su
un mercato di tipo volontario e permettono pertanto a soggetti, non sottoposti per vincoli
legislativi a limiti di emissione, di compensare le loro emissioni attraverso l’acquisto di tali
crediti.
Nel sistema proposto dalle presenti Linee Guida, il Registro nazionale (e le sezioni regionali
che lo compongono) funge anche da “piattaforma di scambio” delle quote di riduzione,
per consentire l’acquisto da parte degli enti interessati, ovvero dalle Regioni o dagli
organismi nazionali che debbano rispondere a esigenze di rendicontazione credibile e
certificata relativa al raggiungimento di obiettivi di riduzione delle emissioni di GHG.
Un esempio di come potrebbe essere strutturato il registro Registro Nazionale è contenuto
nell’Appendice L.
La piattaforma di scambio delle “quote di riduzione” potrebbe essere utilizzata, ad
esempio, dal Governo nazionale per fondare la propria rendicontazione relativa alla
percentuale di obiettivi stabiliti dal Protocollo di Kyoto da raggiungere attraverso le
cosiddette “misure nazionali” (“domestic measures”, ad integrazione delle riduzioni da
garantire attraverso l’applicazione dell’Emission Trading Scheme e dei progetti CDM e JI),
oppure nel caso di burden sharing fra le Regioni italiane per il raggiungimento degli
obiettivi definiti per il nostro Paese dagli accordi internazionali e dalle prescrizioni
dell’Unione Europea.
74
La piattaforma, in ogni caso, può essere utilizzata in modo più ampio e generale per
trasferire le riduzioni di emissioni di GHG attraverso un mercato nazionale ad aziende ed
altri enti che abbiano bisogno (o volontà) di compensare le proprie emissioni (o produrne
una riduzione netta) e di dimostrare in modo credibile tale risultato, attraverso un sistema
di verifica e riconoscimento che opera sotto l’egida istituzionale.
Il gestore del sistema si riserva di verificare la coerenza del comportamento e degli
impegni complessivi nei confronti delle emissioni serra da parte dell’acquirente, nonché
l’assenza di eventuali conflitti di interesse.
Come anticipato, nell’ambito del Registro nazionale, e quindi della piattaforma di
scambio ad esso correlata, una “quota di riduzione” corrisponde ad una tonnellata di
GHG di emissioni evitate espressa in unità di CO2 equivalente.
Il Registro nazionale, pertanto, prevedrà una modalità di “attivazione” delle quote
registrate, che le rende effettivamente compravendibili sulla piattaforma di scambio.
Le quote possono essere “attivate” (e quindi rese disponibili) soltanto quando il
Verificatore le “certifica” secondo le modalità sopra descritte, che ne garantiscono la
conformità ai requisiti relativi ai “progetti quadro” e ai “progetti specifici”.
Inoltre, come abbiamo visto nel paragrafo 6.1, il verificatore dovrà validare in un
momento iniziale anche il percorso compiuto dall’ente richiedente per quanto concerne
l’effettuazione dell’inventario territoriale, l’elaborazione dello scenario BAU rispetto al
quale fissare gli obiettivi di riduzione su scala territoriale e la definizione del piano e delle
misure finalizzate a conseguirli. Il verificatore, inoltre, tutte le volte che sarà chiamato a
certificare nuove quote (maturate da progetti in corso) o a validare nuovi progetti,
verificherà che l’ente stia attuando il piano in linea con le tempistiche, le modalità e le
risorse previste e che l’ente stia efficacemente effettuando il monitoraggio come
descritto nel capitolo 6.
Come sintesi conclusiva, se si considera il tempo t0 come l’inizio del percorso da parte
dell’ente (con l’effettuazione dell’inventario territoriale), si può vedere nello schema sotto
riportato come a ciascuno dei “tempi successivi” l’ente sviluppi le attività ulteriori previste
dalla metodologia (definizione dello scenario BAU e fissazione degli obiettivi al tempo t1,
elaborazione del Piano Clima o del piano settoriale al tempo t2, ecc.) fino ad arrivare al
punto in cui può essere avviata l’implementazione dei piani, delle misure e dei progetti).
A questo punto, l’ente può chiamare un verificatore che “validi” il percorso effettuato fino
al tempo t , compresi i progetti definiti e approvati dall’ente fino ad allora (di cui è fornito
al verificatore un opportuno Documento di Progetto). Se il percorso e i progetti “quadro”
e “specifici” superano il test del verificatore e vengono validati, l’ente può attivare
l’implementazione del piano, delle misure e dei progetti riconosciuti.
Una volta avviata l’implementazione, il verificatore potrà essere chiamato
periodicamente per verificare l’effettiva maturazione dei progetti (e quindi le quote di
emissioni realmente ridotte) e validare eventuali nuovi progetti che l’ente decidesse di
attivare. In occasione di queste verifiche periodiche (in seguito alle quali viene consentita
la registrazione delle quote), il verificatore procede anche ad una verifica del
monitoraggio e delle eventuali “ritarature” o aggiornamenti dell’inventario e dello
scenario BAU, a cui l’ente ritiene di aver elementi sufficienti e motivazioni giustificate per
poter (o dover) procedere.
Il processo di verifica periodica continua (con cadenza decisa dall’ente a seconda dei
ritmi di riduzione delle quote e della definizione di nuovi progetti) fino al completamento
del piano interessato.
Altre forme di valorizzazione economica delle “quote di riduzione”
Al fine di rafforzare la diffusione di piani, misure e progetti per la riduzione delle emissioni di
GHG da parte degli enti territoriali e delle amministrazioni locali, nonché di potenziare lo
sviluppo del sistema di riconoscimento delle “quote di riduzione” illustrato nei paragrafi
precedenti, il percorso proposto dalle presenti Linee Guida si arricchisce di possibili
proposte integrative, legate a meccanismi premiali nell’assegnazione dei fondi pubblici o
nell’introduzione di misure di flessibilità nel rispetto dei vincoli di bilancio (ad esempio in
ottemperanza al patto di stabilità interno). Tali proposte prevedono di utilizzare le “quote
di riduzione” come strumento di incentivo alla realizzazione di progetti di riduzione
(opportunamente collegati ai relativi processi di pianificazione e monitoraggio, come
modellizzato dalle presenti linee guida) e possono essere sviluppate a livello di rete
regionale e a livello nazionale, in quanto condivise con il governo centrale.
I meccanismi premiali così prefigurati possono assumere due diverse modalità di
funzionamento:
1) Valorizzazione delle quote ottenute da progetti di riduzione realizzati: in questo caso le
quote validate e iscritte nel registro regionale costituiscono elemento di ammissibilità o
valutazione per l’accesso ai meccanismi premiali.
Nel caso dei programmi di finanziamento pubblici, la soluzione può fare riferimento:
Ai programmi di finanziamento di matrice comunitaria gestiti dal livello nazionale e
dalle amministrazioni regionali, di cui possono beneficiare enti di governo del territorio
per interventi strutturali e di pianificazione territoriale e, più in generale, per programmi
con finalità di politica pubblica (es.: Fondi Strutturali Europei, Fondo Sociale Europeo,
ecc.).
Ai programmi di finanziamento o ai fondi nazionali atti a finanziare o concedere
agevolazioni finanziarie per la realizzazione di progetti connessi con la riduzione delle
emissioni serra
Ai programmi regionali che prevedono bandi di finanziamento o supporto finanziario
agli enti locali (ad esempio il piano regionale di azione ambientale può assumere
diverse denominazioni, ma ha la caratteristica comune nelle diverse regioni di poter
essere attuato con risorse finanziarie direttamente disponibili, a partire dalle quali
costruire bandi di finanziamento o erogare fondi agli enti locali). Per tali programmi la
capacità dell’ente di utilizzare quote di riduzione già ottenute e iscritte in registro può
essere un requisito richiesto per l’ammissione ai bandi di finanziamento o per la
valutazione dei progetti presentati.
Nel caso di vincoli di bilancio degli enti locali, il meccanismo incentivante potrebbe
invece prevedere l’utilizzo delle quote già acquisite per poter escludere secondo un
calcolo proporzionale le spese di investimento relative a nuovi progetti di riduzione delle
emissioni dal calcolo del saldo finanziario di bilancio. Le regole e le proporzioni potranno
essere stabilite a livello del governo nazionale. Sempre a livello governativo potrà essere
stabilito se applicare il meccanismo premiante a tutti gli enti locali o solo a quelli che
risulteranno essere in regola con il patto di stabilità all’anno di riferimento (che è ad
esempio il 2007 per il triennio 2009-2011).
2) Valorizzazione dei progetti di riduzione realizzabili tramite il riconoscimento delle quote
ad essi associate: in questo caso l’elemento di ammissibilità o valutazione per l’accesso ai
meccanismi premiali è costituito dalle quote di riduzione, opportunamente calcolate
77
tramite le metodologie di calcolo riconosciute, che potranno essere ottenute dagli stessi
progetti di cui si propone l’attuazione.
Nel caso dei programmi di finanziamento pubblici, negli stessi casi sopra riportati
(comunitari, nazionali o regionali) un criterio di valutazione comune per i progetti
potrebbe essere legato alle quote di riduzione assicurate dal progetto stesso. Una regola
comune stabilita a livello di rete regionale e/o condivisa con il livello governativo
potrebbe prevedere un peso di tale di criterio non inferiore al 10% sul processo
complessivo di ammissibilità e/o valutazione previsto per i bandi di finanziamento. Lo
stesso criterio potrebbe essere applicato anche a livello di programma, ovvero sul
complesso dei progetti che costituiscono un programma attuativo a livello locale degli
obiettivi previsti, ad esempio, da un fondo europeo (FESR, FAS, ecc.) o regionale (Piano
del commercio e dell’artigianato) , ed essere calibrato tra un punteggio minimo ed uno
massimo, dove al massimo corrisponde la compensazione complessiva del 100% delle
maggiori emissioni legate all’attuazione del piano tramite i progetti di riduzione le cui
“quote” sono state calcolate.
Nel caso dei vincoli di bilancio, la dimostrazione preventiva delle quote di riduzione
collegate al progetto o ai progetti potrà servire per determinare, alle condizioni già sopra
citate, la possibilità di escludere in via totale o parziale (e per un eventuale massimo
stabilito) le spese relative ai progetti dal calcolo del saldo finanziario. Anche in questo
caso a livello governativo potrà essere stabilito se applicare il meccanismo premiante a
tutti gli enti locali o solo a quelli che risulteranno essere in regola con il patto di stabilità .
Di seguito si riporta un esempio di bando a scala regionale che, pur non prevedendo una
valorizzazione delle quote di riduzione, propone un approccio analogo per programmi di
qualificazione energetica.
78
Un analogo bando potrebbe co-finanziare programmi di qualificazione energetica,
composti da singoli interventi, con obiettivo minimo stabilito in termini di “quote di
riduzione” ottenute annualmente, richiedendo di presentare in allegato alla domanda
apposita documentazione tecnica predisposta con metodologie di calcolo consolidate e
forme di convalida stabilite a priori. Condizione aggiuntiva, e di livello superiore, sarebbe
la coerenza della pianificazione di competenza rispetto agli obiettivi di riduzione del
territorio. Il bando potrebbe prevedere il monitoraggio del programma e la progressiva
iscrizione nel registro regionale delle quote di riduzione man mano realizzate.
La titolarità delle quote di riduzione realmente ottenute nel corso del tempo potrebbe
essere della Regione nella misura della quota co-finanziata e dell’ente locale titolare del
programma per la quota rimanente
Esempio: Il bando “500 TEP” della regione Emilia-Romagna Uno specifico bando della Regione Emilia-Romagna concede contributi agli enti locali per la realizzazione di programmi di qualificazione energetica in attuazione delle misure 1.1, 1.2, 1.3, 2.1 e 2.2 del piano triennale di intervento del Piano Energetico Regionale. Vi partecipano i comuni (in forma singola o associata) e le province che redigono un programma di qualificazione energetica, che può contenere interventi per il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici pubblici o dell’illuminazione pubblica, per la costruzione di impianti di generazione da fonti rinnovabili, sistemi di cogenerazione e rigenerazione, reti di teleriscaldamento e teleraffrescamento. Viene identificato il soggetto titolare del programma, responsabile delle pratiche amministrative che con la Regione e del coordinamento dei soggetti attuatori. Ai fini dell’accesso ai contributi regionali il programma deve conseguire un obiettivo di risparmio di energia pari ad almeno 500 tep/a. Il raggiungimento dei requisiti minimi prestazionali previsti deve essere adeguatamente comprovato e illustrato nella relazione tecnica da allegare alla domanda. Uno stesso intervento non può essere contenuto in più programmi pena la decadenza del diritto ad accedere ai contributi regionali. Ulteriori condizioni per l’ammissibilità sono che gli enti locali interessati si impegnino formalmente, per quanto rientrante nelle proprie competenze, all’adeguamento degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica nell’ottica della promozione degli interventi previsti dal programma e nella semplificazione delle procedure amministrative connesse con l’attivazione degli impianti previsti dal programma. La graduatoria per la concessione dei co-finanziamenti viene stilata utilizzando, tra gli altri criteri, l’indice dell’Indicatore Prestazionale di Sintesi (IPS), che tiene conto dell’energia primaria risparmiata all’anno rapportata all’investimento e del numero delle utenze servite Il bando prevede quindi requisiti di ammissibilità e valutazione legati alle prestazioni del programma di qualificazione e pone una serie di condizioni del tutto coerenti con quanto esposto nelle presenti linee guida.
79
8. GLOSSARIO
Addizionalità: Un progetto per ottenere crediti di emissioni deve essere addizionale. Un
progetto è addizionale quando soddisfa il criterio di eleggibilità del Surplus Legislativo, ed
inoltre dimostra di superare almeno uno dei test sugli Ostacoli all’Implementazione (Vincoli
Finanziari, Tecnologici, Istituzionali e dell’Innovazione.
Analisi costi-benefici: insieme di tecniche di valutazione dei costi e dei benefici diretti ed
indiretti (di tipo economico, sociale ed ambientale) associati ad una misura o progetto;
può prevedere l'applicazione di metodi di valutazione monetaria per la stima di costi e
benefici relativi a beni o servizi a cui non sono associati prezzi di mercato (es. effetti sulla
salute). Nel caso di Piani di riduzione di emissioni promossi da enti pubblici, l'analisi può
riguardare i costi e i benefici ricadenti sull'intera comunità ricompresa nell'ambito
territoriale di competenza dell'ente locale o essere focalizzata su costi e benefici a carico
del singolo ente locale.
Baseline: Scenario di riferimento che ragionevolmente rappresenta le emissioni di gas
serra che si sarebbero avute in assenza dell'attività progettuale proposta ("business-as-
usual scenario"). La stima di questo scenario deve essere fatta secondo un approccio
conservativo, il che significa scegliere tra più opzioni di calcolo quella che porta a minori
riduzioni di emissioni.
CER: sono i crediti di emissione maturati tramite la realizzazione di progetti CDM (Clean
Develpment Mechanism); meccanismo che consiste nell’implementazione di progetti per
la riduzione della CO2 nei paesi non indicati nell’allegato I al protocollo di Kyoto.
Credito di emissione: I crediti di emissione sono misurati in tonnellate di CO2eq (1 credito =
1 tonnellata di CO2eq). Sono scientificamente dimostrati e sono verificati da enti
indipendenti.
ERU: sono i crediti maturati tramite la realizzazione di progetti JI (Joint Implementation).
Questo meccanismo consiste nell’implementazione di progetti per la riduzione della CO2
nei paesi indicati nell’allegato I al protocollo di Kyoto.
Inventario territoriale: strumento che definisce i criteri necessari ad identificare sorgenti e
“pozzi” (puntuali, diffuse, lineari) di gas serra presenti nell’ambito territoriale di riferimento e
che contabilizza le emissioni prodotte e rimosse dall’atmosfera in un determinato lasso
temporale (in genere l’anno). I dati necessari per stimare le emissioni prodotte e rimosse
annualmente sono raccolti ed organizzati per macrosettori, settori ed attività, secondo
criteri ed assunzioni che vengono resi espliciti. Le emissioni sono di solito espresse in
tonCO2eq (che comprendono le emissioni di CO2, CH4, N2O).
Le informazioni così raccolte possono costituire la base per fissare obiettivi di riduzione
delle emissioni di gas serra a livello territoriale.
80
Misura: categoria di progetti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo che
compone un piano/programma.
Piano: strumento (territoriale o di settore) utilizzato dagli enti locali mirato a definire
l’assetto di un ambito spaziale vasto o limitato - a seconda del territorio di pertinenza - nel
medio lungo periodo tramite la definizione di obiettivi specifici. E’ costituito da norme di
attuazione o prescrizioni, può imporre vincoli, classificare il territorio (zonizzazione),
prevedere interventi. Generalmente non include la copertura economica per la sua
attuazione.
Programma: strumento operativo di supporto ai governi o alle autorità locali le cui finalità
consistono nell’allocazione di risorse economiche per il perseguimento di obiettivi
strategici di sviluppo. Il programma può essere attuativo di un piano.
Progetto: insieme delle attività di tipo strutturale, tecnico o gestionale mirate al
raggiungimento degli obiettivi delle misure del piano/programma. I progetti di riduzione
delle emissioni serra includono una quantificazione del miglioramento rispetto alla
baseline, le responsabilità e i tempi di attuazione.
Scenario BAU territoriale: Ipotesi di evoluzione sul medio-lungo periodo delle emissioni di
GHG prodotte e rimosse nell’ambito territoriale di interesse, in assenza di variazioni nelle
politiche locali di mitigazione dei cambiamenti climatici (scenario Business As Usual). La
stima delle emissioni future si basa sulla fotografia del contesto emissivo territoriale definito
tramite l’inventario per un determinato anno di riferimento e su assunzioni in merito
all’andamento futuro delle principali “driving forces” delle emissioni a livello territoriale.
Esempi di “driving forces” considerate sono: l’andamento della popolazione e di
conseguenza l’andamento dei consumi energetici, della domanda di mobilità e della
produzione dei rifiuti.
Scenario previsionale: Ipotesi di evoluzione sul medio lungo periodo delle emissioni di GHG
prodotte e rimosse nell’ambito territoriale di interesse risultante dall’implementazione delle
misure di riduzioni previste dal Piano Clima o da singoli piani settoriali.
VER: è l’acronimo di Verified Emission Reduction. Sono unità di riduzione di emissioni di CO2
derivanti da progetti non ricompresi nei meccanismi flessibili del protocollo di Kyoto e,
quindi, non utilizzabili ai fini dell'EU ETS. Sono generalmente contrattati da quei soggetti
(privati o pubblici) che intendono ridurre o compensare le proprie emissioni di CO2 anche
se non sono inseriti all'interno dell'EU ETS.
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9. APPENDICI
Appendice A – Esempi di Costruzione dello Scenario BAU
Esempio 1: Lo scenario BaU nel Piano Clima di una Grande Città Europea (1.500.000 circa)
Le emissioni di CO2 di medio-lungo periodo sono strettamente legate all’evoluzione della
domanda di servizi energetici nei diversi settori. In assenza di un modello previsionale in
grado di tenere conto complessivamente di tutte le possibili variabili che condizionano il
sistema energetico e delle loro interazioni, per la costruzione dello scenario emissivo
tendenziale (BAU) del Piano Clima è stato adottato un approccio di stima per singole
componenti. Per ogni settore considerato nello scenario BaU sono stati individuati dei
driver per i quali risultassero disponibili informazioni in serie storica oppure sui quali fosse
possibile effettuare stime, a partire dalle informazioni contenute nei Piani Settoriali esistenti.
Le variabili che sono alla base delle previsioni delle emissioni sono la popolazione e le
nuove edificazioni per il settore civile, la domanda elettrica per il settore energia, la
domanda di mobilità per il settore trasporti. Di seguito sono presentate le principali
assunzioni e ipotesi di calcolo adottate nei diversi settori ed i risultati in termini di proiezione
delle emissioni nell’orizzonte di Piano (2020).
Settore civile
La stima dell’evoluzione della popolazione residente e delle nuove edificazioni si è basata
sulle previsioni di sviluppo insediativo contenute nel Piano regolatore del Comune. Lo
sviluppo insediativo risulta particolarmente rilevante in termini di Slp (Superficie lorda di
pavimento) previste per le nuove edificazioni, con conseguenti incrementi significativi nel
numero di residenti (+10%) e di edifici a scopo abitativo e non abitativo.
Slp relative ai nuovi insediamenti previsti al 2015 nel PGT
slp (mq)
già definiti 6230000*
ulteriori 4.359.000
totale 12.261.000
di cui residenza 6.190.347
di cui altro 6.070.653 Fonte: Piano regolatore o equivalente documento di pianificazione dell’ipotetico Comune
(*) insediamenti con procedimento di definizione e approvazione già avviato
Tenendo conto delle stime di sviluppo insediativo, le emissioni del settore civile sono state
calcolate in base al consumo di gas naturale e gasolio necessario al riscaldamento degli
ambienti e agli altri usi domestici (produzione di acqua calda sanitaria e cottura cibi), sia
nelle abitazioni che negli edifici non residenziali.
In primo luogo è stata ricostruita la suddivisione, in termini di Slp, delle abitazioni e degli
edifici a destinazione diversa tra i vari combustibili, distinta fra unità esistenti al 2003 e unità
aggiuntive rispetto al 2003. Per effettuare questa stima è stata formulata l’ipotesi che le
abitazioni al 2003 fossero ripartite fra i diversi combustibili con le stesse percentuali presenti
nel bilancio energetico comunale, così come riportato nella seguente tabella:
Ripartizione percentuale degli impianti per combustibile in termini di energia primaria (anno 2003)
centr.gas centr.gasolio autonomo gas tlr altro
48,9% 35% 10,8% 1,7% 3,5% Fonte: Relazione sullo Stato dell’Ambiente o equivalente documento dell’ipotetico Comune
82
Inoltre, al fine di ricostruire la serie storica delle Slp ripartite per combustibile, sono stati
ipotizzati gli stessi ratei di sviluppo riscontrati nel periodo 2003-2005 per il gasolio e gli altri
combustibili.
Ratei di sviluppo utilizzati per la costruzione della serie storica delle Slp
-0,048
-0,230
0,076 fino al 2007
slp a gasolio
slp altro
slp teleriscaldamento Fonte: Relazione sullo Stato dell’Ambiente o equivalente documento dell’ipotetico Comune
Per quanto riguarda lo sviluppo del teleriscaldamento, sono stati considerati gli impianti di
TLR giunti ad un livello avanzato dell’iter autorizzativo, a servizio dei nuovi insediamenti.
Inoltre sono stati considerati gli interventi di ampliamento degli impianti esistenti e gli
ulteriori allacciamenti realizzabili grazie alla saturazione della potenza già disponibile nelle
centrali esistenti. Si è ipotizzato che nel periodo 2007-2020 l’incremento delle abitazioni
totali allacciate al teleriscaldamento sia direttamente proporzionale all’incremento della
potenza nello stesso periodo, dovuto sia a tutti gli ampliamenti previsti per gli impianti
esistenti, sia alla costruzione di una parte dei nuovi impianti.
Di seguito si riporta la ripartizione delle Slp di superfici abitative e non abitative per
combustibile utilizzato e le previsioni di ripartizione al 2020.
Stima della previsione di superfici abitative ripartite per combustibile utilizzato
Slp Abitazioni
a gasolio
slp abitazini a
metano
slp abitazioni altro slp Abitazioni
tlr
slp abitazioni
totali
2001
2002
2003 21.056.629 35.868.186 2.116.197 1.024.405 60.065.416
2004 20.057.755 37.488.489 1.622.259 1.102.785 60.271.287
2005 19.055.558 39.053.299 1.127.966 1.181.010 60.417.832
2006 18.148.308 40.343.019 864.532 1.271.141 60.627.000
2007 17.284.253 41.754.142 662.622 1.368.151 61.069.167
2008 16.461.336 43.001.383 507.868 1.540.748 61.511.335
2009 15.677.599 44.173.302 389.257 1.713.345 61.953.503
2010 14.931.176 45.280.205 298.347 1.885.943 62.395.670
2011 14.220.291 46.330.338 228.668 2.058.540 62.837.838
2012 13.543.252 47.330.353 175.263 2.231.138 63.280.006
2013 12.898.447 48.285.660 134.331 2.403.735 63.722.173
2014 12.284.341 49.200.708 102.958 2.576.333 64.164.341
2015 11.699.474 50.079.191 78.913 2.748.930 64.606.508
2016 11.142.453 50.924.213 60.483 2.921.528 65.048.676
2017 10.611.952 51.738.409 46.357 3.094.125 65.490.844
2018 10.106.709 52.524.050 35.530 3.266.722 65.933.011
2019 9.625.520 53.283.106 27.232 3.439.320 66.375.179
2020 9.167.242 54.017.315 20.872 3.611.917 66.817.347 Fonte: Piano Clima o Piano settoriale elaborato dall’ipotetico Comune
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Stima della previsione di superfici non residenziali ripartite per combustibile utilizzato Slp Edifici
non_resid
gasolio
slp edifici
non_resid
metano
slp edifici
non_resid
altro
slp non_resid
tlr
slp edifici
totale
2001
2002
2003 10.162.922 17.311.678 1.021.376 494.426 28.990.402
2004 9.679.057 18.188.600 782.836 532.159 29.182.652
2005 9.195.192 19.051.090 544.296 569.892 29.360.470
2006 8.757.402 19.879.297 417.177 613.385 29.667.260
2007 8.340.455 20.780.481 319.746 660.196 30.100.878
2008 7.943.360 21.602.584 245.070 743.483 30.534.496
2009 7.565.170 22.388.341 187.834 826.769 30.968.114
2010 7.204.986 23.142.725 143.966 910.055 31.401.732
2011 6.861.951 23.869.715 110.343 993.341 31.835.351
2012 6.535.248 24.572.520 84.573 1.076.628 32.268.969
2013 6.224.100 25.253.752 64.821 1.159.914 32.702.587
2014 5.927.766 25.915.557 49.682 1.243.200 33.136.205
2015 5.645.540 26.559.717 38.079 1.326.487 33.569.823
2016 5.376.752 27.187.731 29.186 1.409.773 34.003.441
2017 5.120.760 27.800.870 22.369 1.493.059 34.437.059
2018 4.876.957 28.400.230 17.145 1.576.345 34.870.677
2019 4.644.761 28.986.762 13.141 1.659.632 35.304.295
2020 4.423.620 29.561.303 10.072 1.742.918 35.737.913 Fonte: Piano Clima o Piano settoriale elaborato dall’ipotetico Comune
Infine, è stata calcolata la domanda energetica per unità di superficie al 2005,
assumendo costante il fabbisogno medio per appartamento ed escludendo dalle
previsioni interventi di efficienza su impianti in dismissione.
Il consumo energetico per i diversi combustibili è stato calcolato come il prodotto tra la
superficie complessiva (appartamenti + edifici) e il fabbisogno energetico per mq di
superficie. I dati così stimati sono stati moltiplicati per i coefficienti emissivi, ottenendo le
emissioni totali da riscaldamento al 2020. Le emissioni del TLR sono state incluse nel settore
“Produzione di energia” e “Rifiuti”, pertanto non sono conteggiate nelle emissioni
complessive del settore civile.
Sono state inoltre calcolate e aggiunte alle emissioni complessive del settore civile le
emissioni da altri usi domestici, ipotizzando un consumo domestico pro-capite costante
fino al 2020 e pari a 2,8083 GJ/abitante.
84
Stima della serie storica dei consumi e delle emissioni di CO2 per combustibile nel settore del riscaldamento relativa allo
scenario BaU Consumo
gas (TJ)
Consumo
gasolio (TJ)
Consumo
altri (TJ)
Consumo
tlr (TJ)
ktCO2 gas
naturale
ktCO2 gasolio ktCO2 altri ktCO2 tlr ktCO2 totale
55 73 70 55 kg/Gj
2001
2002
2003 26078 15321 1540 765 1434 1118 108 42 2660
2004 0 0 0 0 0
2005 29249 14211 862 947 1609 1037 60 52 2707
2006 30315 13535 645 984 1667 988 45 54 2701
2007 31479 12890 494 1059 1731 941 27 58 2700
2008 32521 12277 379 1193 1789 896 21 66 2706
2009 33507 11692 290 1327 1843 854 16 73 2712
2010 34444 11136 223 1460 1894 813 12 80 2720
2011 35338 10605 171 1594 1944 774 9 88 2727
2012 36195 10100 131 1728 1991 737 7 95 2735
2013 37019 9620 100 1861 2036 702 6 102 2744
2014 37813 9162 77 1995 2080 669 4 110 2753
2015 38579 8725 59 2129 2122 637 3 117 2762
2016 39321 8310 45 2262 2163 607 2 124 2772
2017 40039 7914 35 2396 2202 578 2 132 2782
2018 40737 7537 27 2529 2241 550 1 139 2792
2019 41414 7179 20 2663 2278 524 1 146 2803
2020 42073 6837 16 2797 2314 499 1 154 2814 Fonte: Piano Clima o Piano settoriale elaborato dall’ipotetico Comune
In conclusione, lo scenario emissivo BAU per il settore civile evidenzia un aumento di circa
il 4% delle emissioni nel periodo 2005-2020, più contenuto rispetto al consistente aumento
della popolazione, anche per effetto della metanizzazione degli edifici riscaldati a
gasolio. Per il periodo considerato si stima, infatti, un aumento dei consumi di gas naturale
pari al 44% e una riduzione dei consumi di gasolio pari al 52%.
Settore energia
La dinamica della domanda elettrica è stata utilizzata come variabile fondamentale per
stimare il trend futuro delle emissioni nel settore energia. Le previsioni relative alla
domanda elettrica sono state effettuate a partire da dati previsionali ufficiali a livello
nazionale e regionale, che sono state applicate alla domanda elettrica attuale del
Comune in oggetto.
Sulla base di previsioni relative al tasso di crescita del PIL pari a 0,9% in media annua fino
al 2012 e di 1,4% al 2018, si stima un’evoluzione con tasso medio annuo dell’1% della
domanda elettrica nello scenario base. In particolare si prevede un tasso medio annuo di
sviluppo nel periodo 2007–2012 pari a +0,8%, e di 1,2% per gli anni 2012–2018. Per la stima
della domanda elettrica in ambito comunale sono stati applicati gli stessi tassi di crescita,
ipotizzando anche per gli ultimi due anni non inclusi nel modello una crescita dell’1,2%.
Si è assunta l’ipotesi che nel periodo 2005-2020 rimanga costante la ripartizione della
copertura del fabbisogno annuo di energia elettrica tra importazione e produzione
interna. In particolare, la quota coperta da produzione interna è stata stimata pari al
6,3%.
I consumi di energia primaria per l’autoproduzione sono stati stimati al 2020 pari a 3.766 TJ,
sulla base delle ipotesi di sviluppo del teleriscaldamento, che determinano un rateo
annuale pari a 163 TJ. Sull’energia importata, al netto della quota prodotta, è stata
applicata una percentuale fissa del 4% di perdite di rete. Si è inoltre considerato che
l’elettricità prodotta esternamente continui ad essere fornita solo dall’attuale fornitore
anche al 2020. La stima della serie storica delle emissioni di CO2 relative alla produzione di
85
energia esterna ai confini comunali è stata quindi effettuata utilizzando il Fattore di
Emissione medio degli impianti dell’attuale fornitore, pari a circa 311 gCO2/kWh.
Le emissioni di CO2 da termovalorizzazione di rifiuti sono state stimate a partire dalla
produzione pro capite di rifiuti. In particolare, la media dei valori pro-capite registrati nel
periodo 1998-2006, pari a 0,57 t/abitante/annuo, è stata moltiplicata per il numero di
residenti previsti al 2020. Nello scenario BAU, la quota di RSU che viene termovalorizzata
cresce progressivamente, in accordo con le ipotesi di sviluppo del teleriscaldamento,
generando un aumento delle emissioni da rifiuti.
Stima delle emissioni da rifiuti relativa allo scenario BAU
Residenti Produzione
RSU
Emissioni da
rifiuti (fossile)
t/anno 439 kgCO2/ton
2001 1284246 773591 195
2002 1278051 751895 190
2003 1271396 729285 184
2004 1299448 729343 184
2005 1308981 745255 188
2006 1310240 748702 191
2007 1311901 757913 194
2008 1303000 752771 197
2009 1313583 758885 200
2010 1324167 764999 203
2011 1334750 771114 206
2012 1345333 777228 210
2013 1355917 783342 213
2014 1366500 789456 216
2015 1377083 795570 220
2016 1387667 801685 223
2017 1398250 807799 226
2018 1408833 813913 230
2019 1419417 820027 234
2020 1430000 826142 235 Fonte: Piano Clima o Piano settoriale elaborato dall’ipotetico Comune
I nuovi impianti che serviranno la rete di TLR a partire dal 2010 saranno tutti di potenza
superiore ai 20 MW e per questo motivo le emissioni da produzione interna aggiuntiva
rientreranno nel conteggio delle emissioni di energia da impianti di produzione ETS.
In sintesi, lo scenario BAU per il settore energia evidenzia un aumento di emissioni pari al
26% rispetto al 2005.
86
Scenario BAU 2005-2020 delle emissioni dal settore Produzione di energia Consumo
energia usi finali
(TJ)
Autoproduzione (TJ) Energia
importata lorda
CO2 EE
importata
(emissioni
ombra)
CO2 energia
autoprodotta
CO2 energia
autoprodotta
ETS
CO2 energia
autoprodotta
non ETS
2005 25793 1757 24998 2161 97 90 6,4
2006 26091 1629 25417 2188 82 76 5,4
2007 27392 1734 26684 2295 91 85 6,0
2008 27612 1748 26898 2313 100 93 6,6
2009 27832 1762 27113 2332 109 101 7,2
2010 28055 1776 27330 2351 117 110 7,2
2011 28280 1790 27549 2369 126 119 7,2
2012 28619 1812 27879 2398 135 128 7,2
2013 28962 1834 28214 2427 144 137 7,2
2014 29310 1856 28552 2456 153 146 7,2
2015 29662 1878 28895 2485 162 155 7,2
2016 30018 1900 29242 2515 171 164 7,2
2017 30378 1923 29593 2545 180 173 7,2
2018 30742 1946 29948 2576 189 182 7,2
2019 31111 1970 30307 2607 198 191 7,2
2020 31485 1993 30671 2638 207 200 7,2 Fonte: Piano Clima o Piano settoriale elaborato dall’ipotetico Comune
Settore trasporti
Per stimare la domanda di mobilità in ambito comunale, sono stati reperiti dati sugli
spostamenti e le percorrenze medie giornaliere interne ai confini comunali e di scambio
tra comune e hinterland. Tramite il proprio modello di simulazione della mobilità, che
utilizza dati sull’origine e la destinazione degli spostamenti nonché dati sui passaggi
misurati in numerose arterie stradali cittadine, è stato ricostruito lo scenario della mobilità
al 2005.
Tenendo conto delle principali trasformazioni urbanistiche in atto, o comunque
riconducibili a proposte già approvate, nonché delle ipotesi di sviluppo abitativo presente
nel Piano regolatore del Comune è stato inoltre ricostruito lo scenario tendenziale della
mobilità all’anno 2020, prevedendo un’offerta invariata di trasporto pubblico. Questo
scenario, che si basa sulla previsione di crescita del numero di residenti già descritta per il
settore civile, nonché della loro localizzazione, considera un’evoluzione della mobilità non
bilanciata da significativi interventi sul trasporto pubblico e sul trasporto privato, ed è stato
assunto come base di riferimento per l’anno 2020. La seguente tabella riporta i tassi di
crescita degli spostamenti giornalieri in un giorno feriale, per le diverse tipologie di
domanda, sia per il trasporto privato (auto-moto-bicicletta) che per il trasporto pubblico,
utilizzati per stimare l’evoluzione della domanda di mobilità.
Previsioni domanda di mobilità ambito urbano
SCENARIO
ATTUALE
SCENARIO
TENDENZIALE 2020
A OFFERTA
INVARIATA
incremento
nel periodo
incremento
annuo
(in 15 anni)
Ripartizione modale N° spostamenti N° spostamenti (%) (%)
In auto 2.588.500 3.043.900 18% 1,2%
Moto 306.200 325.400 6% 0,4%
Pubblico 1.716.000 2.109.000 23% 1,5%
Bicicletta + Piedi 666.700 748.100 12% 0,8%
Totale 5.277.400 6.226.400 18% 1,2% Fonte: Piano Clima o Piano settoriale elaborato dall’ipotetico Comune
87
Sulla base dall’evoluzione della domanda di mobilità per tipologia di mezzo, della
lunghezza media degli spostamenti ipotizzati per ogni modalità di trasporto e dei fattori di
espansione giorno-anno, sono state stimate le percorrenze annue al 2020. Le proiezioni
effettuate mostrano una netta crescita della domanda di trasporto sia privato che
pubblico nella città, crescita derivante da un forte aumento degli spostamenti
complessivi.
Lunghezza media degli spostamenti e fattori di espansione giorno – anno
Lunghezza media
spostamenti
(km/giorno)
Fattori di
espansione giorno--
>anno
Auto 6,5 320
Moto 4,4 320
Pubblico 7,0 300
Bicicletta 3,5 320
Piedi 1,2 320 Fonte: Piano Clima o Piano settoriale elaborato dall’ipotetico Comune
Spostamenti e percorrenze annue per modo di trasporto nello scenario attuale e nello scenario BAU (in milioni)
Ripartizione modale N° spostamenti km percorsi N° spostamenti km percorsi
In auto 828 5.384 974 6.331
Moto 98 435 104 462
Pubblico 515 3.604 633 4.429
Bicicletta + Piedi 213 363 239 407
Totale 1.654 9.785 1950 11.629
SCENARIO ATTUALESCENARIO TENDENZIALE 2020
A OFFERTA INVARIATA
Fonte: Piano Clima o Piano settoriale elaborato dall’ipotetico Comune
Utilizzando i fattori di emissione medi di CO2 per tipologia di mezzo (in grCO2/km), è stato
stimato l’andamento delle emissioni di CO2 nello scenario BAU 2005-2020. I fattori di
emissioni medi considerati nello scenario BaU per l’anno 2020 corrispondono ai valori del
2005; si è scelto di stimare le riduzioni delle emissioni dovute al miglioramento del fattore di
emissione di CO2 degli autoveicoli come effetto delle misure del Piano Clima, in quanto si
tratta di riduzioni derivanti da politiche decise per ridurre le emissioni di gas serra, seppur a
livello europeo e non solo del Comune.
In sintesi, per il settore dei trasporti si evidenzia un aumento delle emissioni pari al 15% nel
periodo 2005-2020. La figura seguente riporta l’andamento temporale delle emissioni di
CO2 nel settore trasporti, distinto per combustibile.
88
Emissioni di CO2 da trasporti per combustibile
-
100
200
300
400
500
600
700
800
900
KtC
O2
CO2 Gasolio 728 735 742 750 757 765 773 781 789 797 805 813 822 830 839 847
CO2 Benzina 661 665 670 675 680 686 691 696 701 706 712 717 722 728 733 739
CO2 GPL/metano/altri 11 12 12 12 12 12 12 12 12 13 13 13 13 13 13 13
2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020
Fonte: Piano Clima o Piano settoriale elaborato dall’ipotetico Comune
BAU - quadro riassuntivo
Dalle stime effettuate settore per settore nella costruzione dello scenario BaU emerge un
andamento decisamente crescente delle emissioni di CO2 del Comune al 2020. Le
emissioni dirette crescono da 4.795 ktCO2 nel 2005 a 5.196 ktCO2 nel 2020 (+8,3%). Le
emissioni complessive di CO2, comprensive delle emissioni indirette, aumentano del 14%,
da 7.046 ktCO2/anno nel 2005 a 8.034 ktCO2/anno nel 2020.
Scenario emissivo BAU al 2020 EE importata
ETS
Energia prodotta
EU-ETSTotale indirette
Energia prodotta
NON EU-ETS Civile Usi di processo TrasportiTotale dirette
TOTALE
a b c=a+b d e f g h=d+e+f+g i=h+c
2005 2161 90 2251 194 3035 134 1432 4795 7046
2006 2186 76 2262 196 3029 135 1445 4804 7067
2007 2295 85 2380 200 3028 136 1458 4822 7201
2008 2313 93 2406 204 3033 137 1471 4844 7251
2009 2332 101 2433 207 3041 139 1484 4871 7304
2010 2351 110 2461 210 3050 140 1497 4898 7359
2011 2369 119 2489 214 3059 141 1511 4925 7414
2012 2398 128 2526 217 3069 143 1525 4953 7479
2013 2427 137 2564 220 3079 144 1538 4982 7545
2014 2456 146 2602 223 3090 145 1552 5011 7613
2015 2485 155 2640 227 3101 147 1567 5041 7681
2016 2515 164 2679 230 3112 148 1581 5071 7750
2017 2545 173 2718 234 3124 149 1595 5102 7820
2018 2576 182 2758 237 3136 151 1610 5134 7891
2019 2607 191 2798 241 3148 152 1625 5166 7963
2020 2638 200 2838 242 3161 153 1640 5196 8034 Fonte: Piano Clima o Piano settoriale elaborato dall’ipotetico Comune
89
Esempio 2: Lo scenario BAU nel Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti della Provincia di
Bologna*
Lo scenario Business As Usual viene sviluppato senza interventi strategici specifici rispetto al
Piano vigente e consiste in uno scenario tendenziale che segue l’attuale trend di
produzione e gestione dei rifiuti.
Si presentano di seguito le ipotesi elaborate, per quanto riguarda la produzione e la
raccolta differenziata. Il trend relativo alla produzione totale di rifiuti è stato calcolato
combinando il trend di aumento della popolazione derivante dall’andamento del
periodo 2001-2006 (pari allo 0,65 % annuo) con quello relativo alla produzione pro-capite
nello stesso periodo (pari all’1 %). Il trend previsto viene sintetizzato nella Tabella seguente. Scenario tendenziale: produzione totale prevista per area omogenea in provincia di Bologna
Produzione totale (t/anno)
2007 2009 2011 2013 2015 2017
Comune di Bologna 222.682 230.121 237.808 245.752 253.961 262.444
Comuni dell'area bolognese 171.313 177.036 182.949 189.061 195.376 201.902
Comuni dell'area imolese 74.065 76.539 79.096 81.738 84.468 87.290
Comuni della Pianura nord-occidentale 66.161 68.371 70.655 73.015 75.454 77.975
Comuni della Montagna 41.754 43.149 44.590 46.080 47.619 49.210
Totale 575.975 595.215 615.098 635.645 656.878 678.821
…
Scenario tendenziale: trend della percentuale di RD prevista per area omogenea.
Da questo scenario relativo alla produzione e raccolta di rifiuti si procede alla stima delle
emissioni di CO2 collegate.
STIMA DELLE EMISSIONI DEL CICLO DI GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI
Al fine di determinare il livello di emissioni in relazione agli scenari considerati sono stati
presi a riferimento una serie di modelli di calcolo e di valori unitari di emissioni derivanti da
analisi diretta di fonti bibliografiche o da elaborazioni specifiche.
90
L’analisi delle emissioni è stata condotta seguendo le diverse fasi di gestione dei Rifiuti
Urbani e nello specifico:
- Raccolta. In questa fase sono state prese in considerazione le emissioni relative al transito
dei veicoli sul territorio per la raccolta dei rifiuti, separandola dalla successiva fase di
trasporto dei rifiuti raccolti agli impianti di trattamento;
- Trasporto. In questa fase sono state prese in considerazione le emissioni relative al transito
dei veicoli per il trasporto dei rifiuti successivamente alla loro raccolta verso gli impianti di
trattamento;
- Trattamento. In questa fase sono state prese in considerazione le emissioni specifiche
delle diverse tipologie di impianti di trattamento.
Per quanto riguarda le emissioni climalteranti la fase di trattamento ha preso in
considerazione sia gli effetti diretti di emissione delle diverse tipologie impiantistiche che
gli effetti indiretti, tenendo conto quindi dei potenziali benefici o incrementi nelle emissioni
derivanti ad esempio dalla produzione di energia e/o calore (da incenerimento, da
combustione del biogas in discarica) e dai risparmi energetici derivanti dalla fase di
riciclaggio rispetto alla produzione diretta da materie prime.
La stima delle emissioni dalla fase di raccolta si è resa necessaria considerando le direttive
di piano in merito alle modalità di gestione di questa fase, tali da orientare la
trasformazione del sistema da un modello preminentemente stradale ad uno basato sulla
raccolta domiciliare o “porta a porta”.
Per il calcolo delle emissioni della fase di raccolta e trasporto sono stati ricavati valori
unitari (espressi in g/km) per gli inquinanti considerati utilizzando la metodologia COPERT
IV per i gas climalteranti (CO2, CH4 e N2O). Come ipotesi generale è stata considerata
una pendenza dei percorsi uguale a zero e viaggi sempre a pieno carico su strade
extraurbane.
Per tutti i mezzi si è ipotizzata una motorizzazione diesel EURO III.
Scenario tendenziale (0): emissioni totali dalla fase di raccolta
2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017
CO2
equivalente 4.448 4.517 4.586 4.656 4.727 4.798 4.870 4.942 5.015 5.088
Emissioni della fase di trasporto – sintesi (tonnellate)
Fase di trasporto 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017
CO2 scenario tendenziale 0
TRASPORTO primario 2.449 2.545 2.644 2.745 2.838 2.925 3.013 3.103 3.195 3.289
TRASPORTO secondario 546 540 534 527 437 439 440 441 442 442
TRASPORTO totale 2.994 3.085 3.178 3.272 3.275 3.363 3.453 3.544 3.637 3.731
Il conferimento di rifiuti in discarica produce significative quantità di metano (CH4). Oltre al
metano vengono prodotte anche emissioni di anidride carbonica di origine biogenica
(CO2) e altri composti organici volatili cosi come piccoli quantitativi di protossido di azoto
(N2O) e monossido di carbonio (CO).
Nella determinazione delle emissioni derivanti dallo smaltimento dei rifiuti in discarica ci si
e avvalsi del modello di calcolo predisposto dall’Intergovernmental Panel on Cilmate
Change.
E’ fondamentale premettere che il modello IPCC non include le emissioni di CO2 derivanti
dalla decomposizione di biomasse in quanto di origine biogenica e per il quale viene
ipotizzato un sostanziale pareggio nelle emissioni considerando che in tempi
91
sufficientemente lunghi questa CO2 venga nuovamente incorporata in biomasse e quindi
sottratta dall’atmosfera.
I flussi di rifiuti che sono stati valuti in questa fase riguardano:
1. Rifiuti avviati in discarica direttamente o non trattati in altre tipologie di impianto per
fermi impiantistici;
2. Rifiuti avviati a discarica come scarti del processo di Trattamento Meccanico Biologico
(l’intero quantitativo di sopravaglio generato dagli attuali impianti di separazione
meccanica o lo scarto derivante da ulteriori lavorazioni per la produzione di CDR);
3. Rifiuti avviati a discarica come FOS (Frazione Organica Stabilizzata) generata dal
processo di biostabilizzazione successivo al trattamento meccanico attuale o al processo
di produzione di CDR previsto.
Principali parametri di funzionamento del modello di calcolo IPCC per le emissioni da discarica
Contenuto di Carbonio organico per le principali frazioni di rifiuto (percentuale sul peso umido)
FORSU 0,095
Verde 0,245
Carta e cartone 0,397
Legno 0,425
Tessili 0,450
Pannolini 0,490
Percentuale di metano nel gas prodotto 0,5
Tipologia di discarica considerata Managed - anaerobic
Recupero di metano- percentuale 0,2
I risultati in termini di emissioni, forniti dal modello di calcolo per il CH4, sono stati trasformati
in CO2 equivalente utilizzando un fattore di conversione CH4 > CO2 pari a 21.
Per il calcolo delle emissioni indirette (evitate con la produzione di energia elettrica dalla
combustione del biogas prodotto) sono stati ricavati i quantitativi di metano recuperato
come output del modello di calcolo utilizzato. Sono stati inoltre ipotizzati i seguenti
parametri per definire il risparmi di emissioni espresse in termini di tonnellate di CO2
equivalente:
- Potere calorifico del metano: 55 MJ/kg CH4;
- Trasformazione in KW: KW = MJ/3,6
- Valori unitari di emissione da fonti fossili sostituite e mix energetico nazionale
- Efficienza elettrica di trasformazione del biogas: 33%.
Emissioni di CO2 da conferimento in discarica (dirette + indirette) nello scenario tendenziale (0) – tonnellate
2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017
TOTALE 123.630 122.634 121.519 120.285 119.593 120.406 121.159 121.853 122.486 123.057
Discarica
diretto 61.578 61.247 60.862 60.423 60.400 61.016 61.607 62.173 62.713 63.228
Discarica post-
TMB 69.003 68.314 67.556 66.727 66.062 66.323 66.547 66.734 66.884 66.994
Discarica (FOS) 8.216 8.117 8.010 7.893 7.803 7.835 7.864 7.887 7.905 7.918
Mancate
emissioni -15.167 - 15.045 - 14.909 - 14.758 - 14.671 - 14.768 - 14.858 - 14.941 - 15.016 - 15.084
Per il calcolo delle emissioni climalteranti dirette derivanti dal trattamento termico dei
rifiuti è stata presa a riferimento la metodologia riportata in un recente studio dell’ETC
RWM17. In particolare il calcolo è stato basato sulla composizione del rifiuto in ingresso
(derivante dalle assunzioni di piano sulla composizione merceologica del rifiuto in ingresso
92
combinate con le ipotesi di intercettazione tramite raccolta differenziata) e sul bilancio di
massa del carbonio secondo la seguente formula:
kgCO2 = kgRUR ad incenerimento * fattore di ossidazione del carbonio in inceneritore
(0,98) * fattore di conversione da C a CO2 (3,67) * Σ(frazionei (in %) * contenuto in materia
seccai * contenuto di carbonioi (g/g di materia secca))
I fattori di emissione utilizzati sono riportati nella successiva Tabella. Tabella – Fattori di emissioni utilizzati nel calcolo delle emissioni da incenerimento
FRAZIONE CONTENUTO DI MATERIA SECCA CONTENUTO DI CARBONIO (gC/g di materia
secca)
FORSU 0,25 0,38
Verde 0,50 0,49
Carta e cartone 0,86 0,46
Plastica 1,00 0,75
Legno 0,85 0,50
Tessile 0,90 0,50
Pannolini 0,70 0,70
Inerti e altro 0,90 0,00
Il Piano procede inoltre alla stima delle emissioni di CO2 equivalente per le emissioni
indirette e quelle relative a altre tipologie di trattamento, differenziate tipologia di
materiale.
Di seguito si riporta un quadro riassuntivo delle emissioni previste dallo scenario BAU. Sintesi delle emissioni di CO2 nello scenario tendenziale (0) – tonnellate
Fase di gestione 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 TOTALE
INCENERIMENTO RUR 152.358 152.520 152.683 152.848 152.518 151.973 151.412 150.834 150.240 149.629 1.517.015
emissioni 208.303 208.465 208.629 208.793 208.464 207.918 207.357 206.780 206.186 205.574 2.076.469
Mancate emissioni -55.945 -55.945 -55.945 -55.945 -55.945 -55.945 -55.945 -55.945 -55.945 -55.945 -559.454
TRATTAMENTO RUR 2.504 2.478 2.451 2.420 2.396 2.404 2.410 2.415 2.419 2.421 24.320
INCENERIMENTO CDR
emissioni
Mancate emissioni
DISCARICA 123.630 122.634 121.519 120.285 119.593 120.406 121.159 121.853 122.486 123.057 1.216.622
Diretto senza pre-
trattamento 61.578 61.247 60.862 60.423 60.400 61.016 61.607 62.173 62.713 63.228 615.246
Post TMB 69.003 68.314 67.556 66.727 66.062 66.323 66.547 66.734 66.884 66.994 671.145
FOS 8.216 8.117 8.010 7.893 7.803 7.835 7.864 7.887 7.905 7.918 79.448
Mancate emissioni -15.167 -15.045 -14.909 -14.758 -14.671 -14.768 -14.858 -14.941 -15.016 -15.084 -149.217
TRATTAMENTO
RICICLABILI -63.918 -68.412 -73.020 -77.750 -82.597 -84.990 -87.434 -89.926 -92.468 -95.061 -815.576
TRATTAMENTO
ORGANICO 1.743 1.863 1.986 2.113 2.242 2.375 2.511 2.651 2.794 2.941 23.221
RACCOLTA 4.448 4.517 4.586 4.656 4.727 4.798 4.870 4.942 5.015 5.088 47.647
TRASPORTO 2.449 2.545 2.644 2.745 2.838 2.925 3.013 3.103 3.195 3.289 28.746
TRASPORTO scarti RUR 546 540 534 527 437 439 440 441 442 442 4.787
TOTALE 223.759 218.685 213.383 207.843 202.155 200.329 198.382 196.314 194.123 191.807 2.046.781
(Fonte: Piano del Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti - Documento Preliminare, Rapporto
ambientale VAS - Provincia di Bologna)
93
Appendice B – Esempi di definizione degli obiettivi strategici
Gli Obiettivi nel Piano Energetico della Regione Emilia Romagna
OBIETTIVI GENERALI DEL PER
assumere gli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni secondo quanto stabilito
dalle Direttive europee 1999/30/CE e 2000/69/CE recepite dallo Stato italiano e di gas
ad effetto serra posti dal protocollo di Kyoto del 1998 sui cambiamenti climatici come
fondamento della programmazione energetica regionale al fine di contribuire al
raggiungimento degli stessi.
assumere gli obiettivi della Commissione Europea di limitazione delle emissioni, di
risparmio energetico, di diffusione delle fonti rinnovabili come fondamento della
programmazione energetica regionale, a partire dalle Direttive emesse, al fine di
contribuire al raggiungimento degli stessi;
promuovere interventi atti a raggiungere il superamento degli obiettivi stabiliti nel
Protocollo di Kyoto, secondo quanto indicato dall’Unione Europea, dai rapporti IPCC
(International Panel on Climate Change) sui cambiamenti climatici e mitigazioni, e
dalla comunità scientifica in genere, allo scopo di prevenire almeno in parte i futuri
cambiamenti del sistema climatico terrestre e di ridurre le conseguenze sanitarie delle
emissioni inquinanti sulla popolazione.
PIANO ENERGETICO REGIONALE: OBIETTIVI AL 2010 E AL 2015
Obiettivi di risparmio energetico al 2010: Risparmio energetico per
settore
Risparmio di energia
(Mtep/a)
Riduzione
emissioni(tCO2/a)
Investimenti (milioni di
euro)
Civile 0,55 1.400.000 3.250
Industria 0,40 1.120.000 900
Agricoltura 0,05 120.000 140
Trasporti 0,68 2.150.000 1.200
Totale 1,68 4.790.000 5.490
Obiettivi di valorizzazione delle fonti rinnovabili al 2010 rispetto al 2000
Fonte Rinnovabile
Potenza totale
aggiuntiva
(MW)
Energia producibile
(GWh/a)
Riduzione emissioni
(tCO2/a)
Investimenti
(milioni di euro)
Idroelettrico 16 80-90 50.000 30
Eolico 15-20 40-50 23.000 30
Biomasse 300 1.400 350.000 450
Geotermia 9-12 25 40.000 30
Solare termico 90.000 m2 55-65 21.000 60
Fotovoltaico 20 25-30 15.000 150
Totale circa 400 circa 2.000 circa 500.000 750
Complessivamente si delinea un piano di investimenti per oltre 6 miliardi di € in grado di
produrre al 2010, rispetto allo scenario evolutivo spontaneo del sistema, un risparmio
energetico pari a circa 1,9 Mtep/a e una riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra
pari a oltre 5 milioni di tonnellate all’anno.
La possibile modulazione temporale degli obiettivi di risparmio energetico e valorizzazione
delle fonti rinnovabili al 2010 è rappresentata nel seguito in termini di riduzione del
consumo di fonti convenzionali.
94
Modulazione temporale degli obiettivi di riduzione del consumo di fonti convenzionali
Obiettivi di qualificazione del sistema elettrico regionale al 2010/2015
Per quanto riguarda il sistema elettrico regionale, gli obiettivi al 2010 sono riferiti a:
1. l’uso razionale dell’energia elettrica. Il risultato atteso rispetto all’evoluzione
tendenziale spontanea è pari ad un risparmio di 1500 GWh/a con minori emissioni pari
a circa 350.000 tCO2/a;
2. la valorizzazione delle fonti rinnovabili, per una potenza aggiuntiva da installare pari a
circa 400 MW e minori emissioni di CO2 pari a 380.000 t/a;
3. lo sviluppo della cogenerazione con pieno utilizzo locale dell’energia termica
prodotta, sia per il calore invernale che per il raffrescamento (trigenerazione) per una
potenza aggiuntiva fino a 600 MW e una conseguente riduzione delle emissioni di CO2
pari a 350.000 t/a, con particolare riferimento all’autoproduzione dei sistemi industriali
e del sistema civile (cogenerazione di quartieri e/o condomini);
4. la riqualificazione e il ripotenziamento del parco termoelettrico esistente con un
risultato atteso di 5.800 MW di impianti a gas ad alta efficienza ed una riduzione delle
emissioni di CO2 pari a circa 1.000.000 t/a.
(Fonte: Piano Energetico Regionale – Regione Emilia-Romagna)
95
Appendice C – Esempi di definizione di scenari previsionali
Esempio 1: Lo scenario previsionale nel Piano Energetico della Regione Marche
Per la valutazione dei fabbisogni di energia e delle possibili coperture da oggi al 2015 si
sono utilizzati due scenari che verosimilmente accolgono all’interno della loro forbice ogni
possibile evoluzione del quadro energetico marchigiano.
Il primo scenario, “inerziale”, è in buona sostanza la prosecuzione dell’andamento
tendenziale del quadro relativo al decennio scorso. Il secondo scenario, che si definirà
“virtuoso”, ha come presupposto l’ottenimento di tutte le misure di contenimento dei
consumi ampiamente descritte nel documento sul governo della domanda di energia.
Lo scenario “inerziale” prende a riferimento un andamento del contesto economico,
sociale e tecnologico analogo a quello vissuto negli anni ’90, da “business as usual”, e
tiene conto delle seguenti variabili per definire i tassi di variazione attesi per i consumi finali
relativi alle singoli fonti ed ai singoli settori di utilizzo:
consumi energetici per fonte e per impiego nel decennio precedente;
parametri macroeconomici nazionali e regionali;
parametri demografici;
dati strutturali (edilizia, trasporti, etc.);
intensità energetiche per settore e per fonte e consumi specifici.
La metodologia usata ricalca quella impiegata dall’ENEA per analoghe proiezioni.
Proiezione dei consumi finali regionali al 2015 scenario “inerziale” ( i delta sono annuali)
Lo scenario “virtuoso” è essenzialmente basato sull’analisi della domanda di energia e dei
possibili interventi per il suo governo.
Riepilogo dei possibili risparmi energetici al 2015 Energia termica Energia elettrica
tep ktep GWh
Agricoltura e pesca - 2,4 27,9
Industria 31,9 56,8 660,5
Trasporti 256,8 4,1 47,7
Civile 139,9 64,3 747,7
Interventi in edilizia 66,2
TOTALE 494,8 127,6 1.483,8
96
Proiezione dei consumi finali regionali al 2015 scenario “virtuoso” ( i delta sono annuali)
Valutando i delta annuali dello scenario “virtuoso” rispetto allo scenario “inerziale” si vede
che gli interventi proposti provocano un calo del consumo di energia all’incirca pari
all’1% annuo.
Proiezione dei consumi elettrici finali regionali al 2015 scenari “inerziale” e “virtuoso”
STIMA DELLE EMISSIONI SERRA
Per studiare le emissioni di origine antropica di gas serra è stata applicata la metodologia
Corinair.
Si è cercato di valutare l’andamento tendenziale delle emissioni di gas serra al 2015 nel
caso che nessuno degli interventi proposti nel PEAR venga attuato. Per il calcolo si parte
dalle emissioni al 2002. Le voci riguardanti le emissioni da impieghi energetici vengono
incrementate di un fattore annuo che riprende l’incremento annuo previsto nello scenario
“inerziale” dei consumi finali regionali. Per tutti gli altri settori il delta considerato è lo stesso
usato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, il quale stima che le
emissioni nazionali passeranno dalle 546.8 Mton CO2eq/anno del 2000 alle 579.7 Mton
CO2eq/anno del 2010, con un incremento medio annuo dello 0,6%.
Stima delle emissioni di gas serra nelle Marche al 2015 secondo lo scenario “inerziale”
97
La tabella che segue riporta la sintesi del confronto tra scenario tendenziale e scenario
obiettivo.
Riduzione delle emissioni di gas serra nelle Marche per il rispetto dell’obiettivo nazionale di Kyoto (-
6,5% rispetto al 1990) 1990 2002 2015
Inerziale
Scenario Obiettivo
(-6,5% rispetto al 1990)
Emissione gas serra [kton CO2eq/anno] 12000 13200 16500 11200
Riduzione da conseguire [kton
CO2eq/anno] 5300
Per tutti i macrosettori (Corinair) sui quali il PEAR dà un apporto più significativo, vengono
stimate le emissioni di CO2eq.
Es. Macrosettore 1 - Produzione di energia Riduzione delle emissioni rispetto allo scenario tendenziale per effetto delle misure previste nel
PEAR
Es. Macrosettore 2 - Combustione non industriale Riduzione delle emissioni per effetto delle misure di risparmio energetico previste nel PEAR
Riduzione delle emissioni per effetto delle misure di promozione delle biomasse e del biodiesel
98
Riepilogo della riduzione di emissioni di gas climalteranti al 2015 risultante dalle azioni proposte nel
PEAR
A fronte di un obiettivo di riduzione di 5,3 milioni di tonnellate all’anno di CO2 equivalente
le azioni proposte (se opportunamente messe in atto) consentiranno di ridurre le emissioni
di una quantità pari a circa 3,5 milioni di tonnellate, la differenza verrà realizzata
attraverso il Piano Regionale di Gestione di Rifiuti.
(Fonte:PEAR Regione Marche)
99
Esempio 2: Scenari previsionali e di valutazione ex ante nel Piano Provinciale di Gestione
dei Rifiuti della Provincia di Bologna
Definiti gli obiettivi e le principali linee strategiche, il Piano analizza la situazione di
partenza (“Stato di fatto”) e l’evoluzione attesa del sistema durante l’orizzonte di
pianificazione. Nota l’evoluzione attesa dei quantitativi di rifiuti e le caratteristiche del
sistema impiantistico esistente, il Piano analizza tre possibili scenari di sviluppo futuro,
ipotizzando diversi livelli raggiungibili di raccolta differenziata e recupero di materia ed
energia ed individuando, per ciascun livello, la necessaria dotazione del territorio
provinciale in termini di impianti di recupero/trattamento.
Il primo scenario ipotizza il mantenimento dell’attuale sistema di gestione rifiuti
(“alternativa zero” cioè senza un nuovo Piano ovvero “alternativa Business As Usual”)
mirando a valutarne l’evoluzione qualora non fosse prevista alcuna modifica delle
pratiche di raccolta e smaltimento in atto.
Il secondo scenario ipotizza di procedere gradualmente, a partire dalle attuali modalità di
raccolta, fino al raggiungimento di una percentuale del 56 % di raccolta differenziata
all’anno 2017.
Il terzo scenario mira alla massimizzazione del recupero di materia passando attraverso la
graduale sostituzione dell’attuale sistema di raccolta con cassonetti stradali con un
servizio “porta a porta” di raccolta delle varie frazioni, per raggiungere percentuali di
raccolta differenziata in linea con gli obiettivi della normativa nazionale, e con
un’ottimizzazione fino a raggiungere una percentuale di raccolta differenziata pari al 68 %
al 2017.
Il Piano, nella sua fase preliminare, procede a modellizzare l’andamento delle principali
emissioni climalteranti in funzione delle scelte logistiche, assumendo come invarianti
quelle collegate agli scenari impiantistici.
Il modello si basa su una serie di ipotesi valide per tutti tre gli scenari:
- viene analizzata la fase di trasporto del rifiuto dalla zona di raccolta agli impianti di
trattamento smaltimento;
- si ipotizza di utilizzare mezzi superiori alle 16 t (di categoria euro 1) considerando una
portata utile media di 7 t; nel caso di modalità di raccolta differenziata
domiciliarizzata:
- distanza media dagli impianti: 30 km (strade urbane: 20%; strade extra-urbane: 75%
autostrada: 5%);
Modalità di calcolo:
a. peso totale di rifiuto prodotto in un dato anno (come da scenari 1, 2, 3)
b. n° totale di “viaggi” necessari al trasporto (peso totale/portata utile)
c. sulla base della distanza media dagli impianti valutazione delle emissioni
(kg/km*viaggio)
100
emissioni
tot (kg) 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017
SCENARIO 1 tendenziale
CO2 (ton) 2.791,2 2.837,5 2.884,5 2.932,2 2.980,8 3.030,2 3.080,4 3.131,4 3.183,3 3.236,0 3.289,6
SCENARIO 2
CO2 (ton) 2.791,2 2.834,6 2.875,9 2.914,8 2.951,4 2.985,4 3.016,9 3.045,6 3.071,5 3.094,6 3.114,7
SCENARIO 3
CO2 (ton) 2.791,2 2.753,2 2.715,6 2.678,6 2.642,1 2.606,1 2.623,0 2.640,1 2.657,3 2.674,5 2.691,9
Nel Piano adottato, lo scenario selezionato è una versione modificata dello scenario 2,
nominata nel seguito 1A.
Gli obiettivi di riduzione della produzione di rifiuti previsti dal Piano sono stati misurati sulla
produzione procapite dei rifiuti urbani, valutando poi l’effetto sui flussi complessivi
combinando questo dato con le proiezioni relative all’andamento demografico. Gli
obiettivi sono inoltre stati definiti in modo differenziato a seconda delle aree omogenee di
raccolta in cui è stato suddiviso il territorio provinciale, definite da Provincia ed ATO nel
2003 e descritte nel quadro conoscitivo.
Il calcolo della riduzione del flusso di rifiuti prodotto è stato quindi eseguito considerando
la variazione della produzione pro-capite nel periodo 2007-2017.
Al fine di determinare il livello di emissioni in relazione agli scenari considerati (scenario di
piano e scenario tendenziale) sono stati presi a riferimento una serie di modelli di calcolo
e di valori unitari di emissioni derivanti da analisi diretta di fonti bibliografiche o da
elaborazioni specifiche.
L’analisi delle emissioni è stata condotta seguendo le diverse fasi di gestione dei Rifiuti
Urbani e nello specifico:
- Raccolta. In questa fase sono state prese in considerazione le emissioni relative al transito
dei veicoli sul territorio per la raccolta dei rifiuti, separandola dalla successiva fase di
trasporto dei rifiuti raccolti agli impianti di trattamento.;
- Trasporto. In questa fase sono state prese in considerazione le emissioni relative al transito
dei veicoli per il trasporto dei rifiuti successivamente alla loro raccolta verso gli impianti di
trattamento;
101
- Trattamento. In questa fase sono state prese in considerazione le emissioni specifiche
delle diverse tipologie di impianti di trattamento.
Per il calcolo delle emissioni sono stati ricavati valori unitari (espressi in g/km) per gli
inquinanti considerati utilizzando la metodologia COPERTIV per i gas climalteranti (CO2,
CH4 e N2O). Come ipotesi generale è stata considerata una pendenza dei percorsi
uguale a zero e viaggi sempre a pieno carico su strade extraurbane. Per tutti i mezzi si è
ipotizzata una motorizzazione diesel EURO III.
Nel passaggio alla stima delle emissioni complessive a livello provinciale, è stata ipotizzata
un’evoluzione delle modalità di raccolta nello scenario di piano verso una gestione
dell’intero territorio provinciale con modalità di raccolta domiciliare entro l’anno 2012, nel
quale si prevede il raggiungimento degli obiettivi di piano per quanto riguarda la raccolta
differenziata. Per lo scenario tendenziale è stato ipotizzato invece di mantenere per tutto
l’orizzonte di piano una ripartizione delle modalità di raccolta analoga a quella per l’anno
2008 nella Tabella 2.9
Tabella 2.9 – Evoluzione delle modalità di raccolta nello scenario di piano, % di RU raccolti per
modalità di raccolta Modalità di raccolta 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017
domiciliare 4% 28% 52% 76% 100% 100% 100% 100% 100% 100%
stradale 96% 72% 48% 24% 0% 0% 0% 0% 0% 0%
La Tabella 2.10 e la Tabella 2.11 riportano le stime sulle emissioni complessive per tipologia
di emissione considerata previste nello scenario di piano e in quello tendenziale, mentre i
grafici successivi evidenziano
Tabella 2.10 – Scenario di piano: emissioni totali dalla fase di raccolta 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017
CO2 equivalente 4.447 5.231 5.968 6.663 7.350 7.306 7.354 7.401 7.449 7.496
Tabella 2.11 - Scenario tendenziale: emissioni totali dalla fase di raccolta 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017
CO2 equivalente 4.448 4.517 4.586 4.656 4.727 4.798 4.870 4.942 5.015 5.088
Andamento delle emissioni delle fase di raccolta: confronto tra lo scenario di piano (1A) e lo
scenario tendenziale (0)
Dalla stima effettuata emerge chiaramente un aumento di tutte le emissioni considerate
in funzione della tipologia di raccolta e le variazioni tra uno scenario e l’altro sono per CO2
+ 47,3%.
102
Emissioni della fase di trasporto – sintesi (tonnellate) Fase di trasporto 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017
CO2 scenario di piano
TRASPORTO primario 2.584 3.010 3.408 3.736 3.954 3.921 3.945 3.969 3.993 4.016
TRASPORTO secondario 525 405 275 233 204 659 664 669 674 679
TRASPORTO totale 3.109 3.415 3.684 3.969 4.158 4.580 4.609 4.638 4.667 4.696
CO2 scenario tendenziale
TRASPORTO primario 2.449 2.545 2.644 2.745 2.838 2.925 3.013 3.103 3.195 3.289
TRASPORTO secondario 546 540 534 527 437 439 440 441 442 442
TRASPORTO totale 2.994 3.085 3.178 3.272 3.275 3.363 3.453 3.544 3.637 3.731
Vengono stimate le emissioni per ogni singola fase della gestione dei rifiuti, sia per lo
scenario di piano che per lo scenario tendenziale.
Di seguito si riporta il confronto tra lo scenario di piano e lo scenario BAU.
Variazione delle emissioni nel periodo 2008-2017, confronto tra scenario di piano (1A) e scenario
tendenziale (0) CO2 equivalente
Fase di gestione Scenario 1A Scenario 1A normalizzato Scenario 0
RACCOLTA 68,6% 89,0% 14,4%
TRASPORTO 51,0% 69,3% 24,6%
TRATTAMENTO -78,2% -75,5% -15,4%
TOTALE -73,2% -70,0% -14,3%
(Fonte: Piano del Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti - Documento Preliminare, Valsat
Preliminare, Rapporto ambientale VAS - Provincia di Bologna)
103
Appendice D – Esempi di Schede d’Azione
Esempio 1: Scheda per la “PREDISPOSIZIONE DI PROGRAMMI OPERATIVI E RELATIVE
PREVISIONI DI FINANZIAMENTI PER L’ATTUAZIONE DELLE MISURE DI RISPARMIO ENERGETICO
NEL SETTORE DELLA DOMANDA DELL’INDUSTRIA” del Piano Energetico della Regione Friuli
Venezia Giulia
SCHEDA di PROGRAMMA OPERATIVO N. 29
Direzione centrale e
Servizio competenti
Direzione centrale attività produttive
Obiettivo strategico B (Il PER si prefigge di aumentare l’efficienza del sistema energetico
del Friuli Venezia Giulia riducendo l’assorbimento per unità di servizio
mediante l’incremento diffuso dell’innovazione tecnologica e
gestionale, e di favorire la riduzione dei consumi energetici e l’uso
razionale dell’energia nei settori trasporti, produttivo, civile e terziario.)
Obiettivo operativo B.6 (Promuovere la riduzione dei consumi energetici presso gli
utilizzatori finali dell’1% annuo anche in relazione agli specifici settori di
intervento di risparmio energetico indicati dal PER e di cui ai due
Decreti ministeriali del 20 luglio 2004.)
AZIONE B.6.2 predisposizione di programmi operativi e relative previsioni di
finanziamenti per l’attuazione delle misure di risparmio energetico nel
settore della domanda dell’industria fuori dai casi di cui ad azione
B61
Specificazioni Interventi di risparmio energetico nell’industria (fuori dai casi di cui ai
due decreti ministeriali sul risparmio e l’efficienza negli usi finali)
Tipo di azione azione da scenario desiderato
Organizzazione interna
(altre strutture regionali
coinvolte)
Sub-azioni e misure
(eventuale suddivisione
dell’azione in fasi
successive da collegarsi
al cronogramma)
Partenariato esterno
(eventuale
coinvolgimento di enti
locali e operatori
esterni)
CC.CC.I.A.A potranno -in base alle nuove direttive giuntali- trasferire
risorse finanziarie dai settori economici, che presentano eccedenze, a
favore di quelle in deficit, al fine di ottimizzare l’utilizzo delle risorse
medesime.
Cronogramma Effettivo Stima previsionale
2007- Meuro
1,047(Reg)+1,264(altri)
2007 - Meuro 6.000.000
2008 - 2008 -
2009 - 2009 -
2010 - 2010 -
Totale Meuro 2,3 Totale Meuro 6,0
104
Risorse massime assegnabili decise dalla GR
2007 -
2008 -
2009 -
2010 -
Totale
Impegno finanziario a
carico della Regione
L.R. 15/2/1999 n.4, art..8 comma 33 – L.R. 9/3/2005 n.4, art.42 comma
1 lett. n) € 461.456,55 cap.7650 competenza derivata. L. 448/1998, art.
8, comma 10, lettera f) €249.390,53 cap.7666. DOCUP Obiettivo 2
2000-2006 Asse 2 Misura 2.6 Azione 2.6.2 Stanziamenti: Meuro 1,6 (di
cui 0,336 a carico Regione)
Quantificazione degli
obiettivi da conseguire
(kTep risparmiati e/o MW
installati, altro)
Nell’anno 2001 sono stati risparmiati 2 Ktep. Risulta difficile
quantificare gli obiettivi (kTep risparmiati) da conseguire, poiché si
rende necessaria una quantificazione delle domande contributive
presentate sia ai sensi della nuova disciplina regolamentare, disposta
con DPREG 7/11/2006 n. 345/Pres., che dai nuovi possibili canali
contributivi previsti dalla L.448/1998, art.8, comma 10, lettera f) e dal
DOCUP Obiettivo 2 2000- 2006-Asse 2-Misura 2.6-Azione 2.6.2.
Note della Direzione
interessata
Vi è il regolamento, di cui a L.R. 4/99, art.8, di cui a DPREG 7/11/2006
n. 345/Pres., (B.U.R. n.48 del 29/11/2006). Dal 1° gennaio 2006
l’intervento è delegato alle C.C.I.A.A., ( L.R. 9/3/2005 n.4). Le risorse a
disposizione serviranno a soddisfare una domanda giacente e non
finanziata entro il 2005. Per quanto riguarda la L. 448/98, art.8, comma
10 lettera f) deve essere verificato l’interesse generale ed
eventualmente rivisto il Regolamento di attuazione. Per il DOCUP
Obiettivo 2 2000-2006-Asse 2-Azione 2.6.2 è stato predisposto un
bando che, dopo il vaglio della Commissione Europea, sarà
sottoposto all’approvazione della GR, sentita la Direzione centrale
relazioni internazionali. Circa il “Cronogramma”, e circa la “Stima
previsionale” i dati forniti dalle CC per il risp. energ nell’industria, viste
le domande finora presentate nei primi 3 mesi del 2007 si stima lo
stanziamento di circa € 1.500.000,00, per cui si stimano € 6.000.000 al
2007. Per i nuovi possibili canali contributivi L.448/98, art.8, comma 10
lettera f) e DOCUP Obiettivo 2 2000-2006-Asse 2-Azione 2.6.2 – risulta
difficile una stima di stanziamento (sarebbe necessaria una
quantificazione delle domande contributive eventualmente
presentate e una verifica dell’interesse da parte delle imprese).
(Fonte: Piano Energetico – Regione Friuli Venezia Giulia)
105
Esempio 2: Scheda per i “Controbuti per l’adesione alla certificazione energetico-
ambientale degli edifici” dello Schema di Piano Clima della Regione Marche
SCHEDA DI INTERVENTO N.13 – Contributi per l’adesione alla certificazione energetico - ambientale degli
edifici
SEZIONE I – QUADRO DI RIFERIMENTO: attuazione STRAS (Strategia regionale d’azione ambientale per la
sostenibilità) 2006/2010
Parte I Cambiamenti climatici ed effetto serra
Macrobiettivi Riduzione delle emissioni dei gas climalteranti
Obiettivo specifico 1. perseguire il risparmio energetico
2. perseguire l’ecoefficienza energetica
Azione Revisione delle modalità costruttive in edilizia con l’adozione di tecniche di
risparmio ed efficienza energetica e di edilizia bioclimatica (ristrutturazione
energetica degli edifici, impiego di energie rinnovabili nel patrimonio edilizio e
utilizzo di apparecchiature moderne con basso consumo energetico)
SEZIONE II – DECSRIZIONE
Finalità Promuovere il miglioramento del rendimento energetico e della sostenibilità
ambientale degli edifici attraverso il sistema della certificazione fornendo così
al mercato uno strumento di valutazione delle prestazioni energetico-
ambientali degli edifici. Il sistema valuta non solo il consumo energetico
dell’edificio, ma anche la sostenibilità dei materiali utilizzati secondo parametri
sviluppati nell’ambito del gruppo di lavoro ITACA.
Interventi Contributi ai Comuni / costruttori edili / cittadini per l’adesione alla
certificazione energetico ambientale degli edifici
Localizzazione Territorio Regione Marche
Beneficiari diretti /
Destinatari Imprese del settore edile e cittadini
Struttura responsabile
dell’attuazione
Servizio Ambiente e Paesaggio – P. F. Aree Protette, Protocollo di Kyoto e
Riqualificazione Urbana.
Servizio Governo del Territorio Mobilità e Infrastrutture - P. F. Edilizia Scolastica e
Universitaria, Espropriazione e Sicurezza
Soggetti coinvolti nella
concertazione
Sezione III – monitoraggio
Cronoprogramma Fasi
2008 2009
1° sem 2° sem 1° sem 2° sem
Iindicatori Tipologia indicatore Target
n. edifici certificati
Sezione IV – quadro finanziario
Fonte di finanziamento
(Risorse €)
UE
Stato
Regione
Altri
TOTALE
Sinergie con altri fondi
(Fonte: Schema di Piano Clima, Regione Marche)
106
Esempio 3: Scheda per il “Miglioramento dell’uso energetico nei processi produttivi” del
Piano Energetico della Provincia di Forlì-Cesena
SCHEDA 9
MIGLIORAMENTO DELL’USO ENERGETICO NEI PROCESSI PRODUTTIVI
Analisi Le aziende possono innalzare l'efficienza energetica realizzando interventi quali:
l’adozione di nuove tecnologie produttive a più alta efficienza;
l'adozione di apparecchiature e sistemi di regolazione atti a conseguire
risparmi in campo illuminotecnico;
l'adozione di apparecchiature efficienti, appartenenti alla classe A per gli
apparecchi elettrici ed alla classe 4 stelle per i sistemi di combustione;
applicazione di sistemi di regolazione e di telecontrollo degli impianti, e di
sistemi di contabilizzazione;
interventi di miglioramento dell'involucro edilizio degli edifici.
applicazione di sistemi di cogenerazione, utilizzo di recuperi termici e di
energia termica.
Obiettivi Costruire dei modelli di azione per poter attuare il risparmio a partire dal 2009.
Informazione, comunicazione e coinvolgimento dei Comuni, delle Associazioni
di Categoria e delle imprese (soprattutto il terziario). Diffondere la cultura
dell’efficienza energetica sul territorio.
Strumenti applicativi Creazione di una ESCO provinciale che coordini un Gruppo d’interesse sulle fonti
di energia rinnovabile e impiego di impianti efficienti, col compito di ricerca e
diffusione dei risultati.
Supporto alle industrie.
Valutazione, all’interno delle procedure di AIA, delle efficienze energetiche delle
aziende, e applicazione delle migliori tecnologia disponibili.
Strumenti di sussidio Ricorso a meccanismi di finanziamenti tramite terzi (meccanismo delle ESCO:
Energy Service COmpanies).
Accordi con le banche per concedere prestiti a condizioni agevolate.
Benefici attesi Adozione di nuove tecnologie produttive ad alta efficienza. Adozione di sistemi
atti a conseguire risparmi in campo illuminotecnico. Adozione di apparecchi
utilizzatori ad alta efficienza (classe A, 4 stelle). Interventi di miglioramento
dell’involucro edilizio degli edi-fici. Applicazione di sistemi di cogenerazione.
Applicazione di sistemi di regolazione e telecontrollo degli impianti.
Riduzione consumi (TEP) 7.683
Soggetti Attuatori Provincia
Amministrazioni comunali
Aziende
Imprese di categoria
Agess
Modalità attuative
Informazione -
Educazione
Azioni correlate del
PGQA
Piano di Risanamento per zona A e Piano di Mantenimento per zona B:
C. Azione 10 Contenimento dei consumi energetici del sistema produttivo
Piano di Risanamento per zona A:
C. Azione 11 Aree ecologicamente attrezzate
E. Azione 5 - Comunicazione per favorire uno sviluppo sostenibile delle attività
produttive
B. Azione 8 – Realizzazione di reti di teleriscaldamento
(Fonte: Piano Energetico Ambientale, Relazione generale – Provincia Forlì - Cesena)
107
Appendice E – Formato del Documento di Progetto
RETE CARTESIO
FORMATO DEL DOCUMENTO DI PROGETTO (DDP) Versione 01 - in vigore dal …
CONTENUTI 1. Descrizione generale delle attività di progetto 2. Baseline e monitoraggio 3. Durata del progetto / crediting period 4. Impatti ambientali generati dal Progetto 5. Commenti degli stakeholders coinvolti ALLEGATI Allegato 1: Contatti relativi ai partecipanti al progetto Allegato 2: Informazioni riguardanti le risorse economiche destinate al progetto Allegato 3: Informazioni sulla baseline
Allegato 4: Informazioni sul monitoraggio
108
Sezione 1 – Descrizione generale dell’attività di Progetto
1.1 Titolo del Progetto
1.2 Descrizione del Progetto
1.3 Partecipanti al Progetto
1.4 Descrizione tecnica:
1.4.1 Localizzazione geografica;
1.4.2 Tipologia e tecnologie di progetto;
1.4.3 Quantità stimata di emissioni di CO2 ridotte, titolarità delle quote di riduzione
e crediting period
1.4.4 Fondi da Finanziamenti Regionali a sostegno del progetto;
1.5 Contributo del Progetto al raggiungimento degli obiettivi di riduzione definiti nel
Piano Clima/Piano settoriale
Sezione 2 – Baseline e Monitoraggio
2.1 Descrizione dei confini del progetto;
2.2 Definizione della Baseline;
2.3 Emissioni ridotte dal progetto:
2.3.1 Metodologia di calcolo utilizzata;
2.3.2 Calcolo ex-ante delle emissioni ridotte;
2.4 Metodologia di monitoraggio e principali indicatori di prestazione.
2.5 Valutazione e dimostrazione dell’addizionalità
Sezione 3 – Durata del Progetto/Crediting Period
3.1 Durata del Progetto (Data di inizio attività e tempo di vita del progetto)
3.2 Crediting Period scelto
Sezione 4 – Impatti Ambientali generati dal Progetto
Sezione 5 – Coinvolgimento degli Stakeholders
109
Allegato 1
CONTATTI RELATIVI AI PARTECIPANTI AL PROGETTO
Pubblica
Amministrazione:
Indirizzo
Telefono:
FAX:
E-Mail:
Representata da:
Titolo:
Cognome:
Nome:
Dipartimento:
Cellulare:
FAX:
Telefono:
E-Mail:
Allegato 2
INFORMAZIONI RIGUARDANTI LE RISORSE ECONOMICHE DESTINATE AL PROGETTO
Allegato 3
INFORMAZIONI SULLA BASELINE
Allegato 4
INFORMAZIONI SUL MONITORAGGIO
110
Appendice F – Esempi Progetti di Riduzione
Esempio 1: Progetto Specifico “Campagna per la diffusione dell’utilizzo di lampade ad
efficienza energetica in ambito domestico”
CONTENUTI
1. Descrizione generale delle attività di progetto
2. Baseline e monitoraggio
3. Durata del progetto / crediting period
4. Impatti ambientali generati dal Progetto
5. Commenti degli stakeholder coinvolti
ALLEGATI
Allegato 1: Contatti relativi ai partecipanti al progetto
Allegato 2: Informazioni riguardanti le risorse economiche destinate al progetto
Allegato 3: Informazioni sulla baseline
Allegato 4: Informazioni sul monitoraggio
111
Sezione 1 – Descrizione generale dell’attività di Progetto
1.1 Titolo del Progetto:
“Campagna per la diffusione dell’utilizzo di lampade ad efficienza energetica in ambito
domestico”
1.2 Descrizione del Progetto
Il progetto prevede la distribuzione di 1 milione di lampadine ad efficienza energetica
all’interno del Comune di XXX. Le lampadine ad efficienza energetica saranno disponibili
per uno scambio con un equivalente numero di lampadine ad incandescenza, presso un
elevato numero di punti di distribuzione all’interno del Comune.
Il processo di distribuzione sarà accompagnato da una campagna di educazione per
assicurarsi che i cittadini siano a conoscenza dell’iniziativa e dei benefici derivanti dai una
maggiore efficienza energetica nell’illuminazione domestica.
La sostituzione delle lampadine avrà luogo presso i negozi AAA, BBB, CCC, i cui saranno
presenti stand con 2 impiegati, che effettueranno la registrazione del cliente su un
database, la sostituzione delle lampadine (max 4 per cittadino) e la raccolta delle
lampadine ad incandescenza, che saranno poi inviate ad un centro riciclaggio.
La sostituzione delle lampadine sarà possibile per un periodo di 30 giorni a partire dal
01/01/2010.
1.3 Partecipanti al Progetto
Comune di XXX
Rivenditori AAA, BBB, CCC
1.4 Descrizione tecnica:
1.4.1 Localizzazione geografica
Comune di XXX
1.4.2 Tipologia e tecnologie di progetto;
Il progetto prevede la sostituzione di lampadine ad incandescenza con lampadine ad
alta efficienza energetica.
Le lampade ad incandescenza più diffuse nell’ambito dell’illuminazione civile sono
caratterizzate da una bassissima efficienza (circa 12 lumen/watt) ed hanno una durata di
vita media pari a circa 1.000 ore. Le lampadine che verranno distribuite nell’ambito del
progetto sono lampade fluorescenti compatte con un’efficienza luminosa di 60
lumen/watt a seconda del tipo (consentono di ridurre di circa il 70% i consumi d’energia
elettrica rispetto alle lampade ad incandescenza di equivalente flusso luminoso) e una
vita media di 10.000 ore.
112
1.4.3 Quantità stimata di emissioni di CO2 ridotte, titolarità delle quote di riduzione e
creditig period
Anni Stima della riduzione annuale delle
emissioni
(t CO2)
2010 20.000
2011 20.000
2012 20.000
2013 20.000
2014 20.000
Riduzioni totali stimate 100.000
Crediting Period 5 anni
Media annua delle riduzioni delle
emissioni stimante lungo il crediting
period (tCO2)
20.000
Titolarità delle Quote di Riduzione Comune di XXX
1.4.4 Fondi da Finanziamenti Regionali a sostegno del progetto;
Non sono previsti finanziamenti Regionali a sostegno del progetto.
1.5 Contributo del Progetto al raggiungimento degli obiettivi di riduzioni definiti nel
Piano Clima/Piano settoriale
Il progetto rientra nelle azioni previste dalla misura del Piano Clima: “Riduzione dei
consumi energetici da edifici ad uso residenziale”.
Sezione 2 – Baseline e Monitoraggio
2.1 Descrizione dei confini del progetto;
Abitazioni ad uso residenziale all’interno dei confini del Comune di XXX, presso cui
verranno distribuite un totale di 1 milione di lampadine ad efficienza energetica
2.2 Definizione della Baseline;
La baseline del progetto è definita dalle emissioni di gas serra connesso all’uso di
lampadine ad incandescenza, ovvero è definita come il prodotto del consumo
energetico di queste lampadine moltiplicato per il fattore di emissioni dell’energia
elettrica fornita dalla rete.
EBy = EBL,y * EFCO2, ELEC,y
EBL,y = Σi(ni . pi . oi)
113
Dove:
EBy : Emissioni della baseline nell’anno y (tCO2e);
EBL ,y : Consumo di energia nella baseline nell’anno y (kWh);
EFCO2,ELEC,y : fattore di emissione dell’energia elettrica per l’anno y (tCO2e /MWh);
Σi : sommatoria per il gruppo di “i” lampadine sostituite;
ni : numero di lampadine sostituite;
pi : potenza elettrica delle lampadine sostituite;
oi : ore annuali medie di funzionamento delle lampadine sostituite.
[...]
Emissioni di baseline/anno: 30.000 tCO2/anno
2.3 Emissioni ridotte dal progetto:
2.3.1 Metodologia di calcolo utilizzata;
Per il calcolo delle emissioni associate al progetto si è utilizzata una metodologia analoga
a quella utilizzata per il calcolo della baseline. Le emissioni di gas serra connesso all’uso di
lampadine ad efficienza energetica è definita come il prodotto del consumo energetico
di queste lampadine moltiplicato per il fattore di emissioni dell’energia elettrica fornita
dalla rete.
EPy = EPL,y * EFCO2, ELEC,y
EP,y = Σi(ni . pi . oi)
Dove:
EPy : Emissioni di progetto nell’anno y (tCO2e);
EP ,y : Consumo di energia del progetto nell’anno y (kWh);
EFCO2,ELEC,y : fattore di emissione dell’energia elettrica per l’anno y (tCO2e /MWh);
Σi : sommatoria per il gruppo di “i” lampadine ad efficienza energica distribuite;
ni : numero di lampadine ad efficienza energica distribuite;
pi : potenza elettrica delle lampadine ad efficienza energica distribuite;
oi : ore annuali medie di funzionamento delle lampadine ad efficienza energica
distribuite.
[...]
Emissioni di progetto/anno: 10.000 tCO2/anno
114
2.3.2 Calcolo ex-ante delle emissioni ridotte;
Emissioni ridotte dal progetto/anno = Emissioni di baseline/anno – Emissioni di
progetto/anno = 30.000 – 10.000= 20.000 tCO2/anno
Emissioni totali ridotte dal progetto = 20.000 tCO2/anno * 5 anni = 100.000 tCO2
2.4 Metodologia di monitoraggio e principali indicatori di prestazione.
Il monitoraggio del progetto verrà eseguito sia in fase di sostituzione delle lampadine, sia
in fase di utilizzo di queste da parte dei cittadini.
Nella prima fase sono previsti controlli a campione presso i punti di sostituzione delle
lampadine per verificare che:
- il progetto venga portato avanti dagli addetti;
- il numero di cittadini registrati sul database per aver effettuato la sostituzione
corrisponda con le lampadine effettivamente distribuite e ritirate;
- le lampadine ad incandescenza ritirate vengano correttamente portate ad il
centro di recupero/smaltimento previsto.
La parte di monitoraggio dell’efficacia del progetto nei 5 anni di vita prevede invece
l’individuazione di un gruppo campione presso cui verrà installato un dispositivo che misuri
le ore di funzionamento delle lampade ad efficienza energetica, così da poter calcolare
le effettive emissioni ridotte.
2.5 Valutazione e dimostrazione dell’addizionalità
Il progetto risulta essere addizionale secondo quelli che sono i requisiti stabiliti dalle Linee
Guida Cartesio.
Il criterio del “Surplus Legislativo” è rispettato, non esistendo ad oggi legge, regolamento o
statuto che obblighi l’Amministrazione Locale o i cittadini a provvedere ad una
sostituzione delle lampadine ad incandescenza con lampade ad efficienza energetica
Inoltre, come “ostacolo all’implementazione”, è presente il “vincolo tecnologico”, ovvero
l’obiettivo del progetto è esplicitamente quello di abbattere le emissioni di gas serra da
consumi energetici di edifici ad uso residenziale.
Sezione 3 – Durata del Progetto/Crediting Period
3.1 Durata del Progetto (Data d’inizio attività e tempo di vita del progetto)
Il progetto avrà avvio il 01/01/2010, e la sostituzione delle lampadine presso i punti
predisposti sarà possibile per un periodo di 30 giorni dalla data di avvio.
Si considera un’accensione media giornaliera delle lampadine di 5 ore. Avendo le
lampadine una vita media di 10.000 ore, si ritiene che la vita del progetto sia di poco
superiore ai 5 anni.
5h * 365g/anno = 1825h/anno
115
10.000h / 1865h/anno = 5,3 anni
3.2 Crediting Period scelto
In accordo con quella che è la vita stimata del progetto, si è scelto un crediting period di
5 anni.
Sezione 4 – Impatti Ambientali generati dal Progetto
L’impatto ambientale del progetto è generato dallo smaltimento delle lampadine ad
efficienza energetica raccolte dal Comune in seguito alle sostituzioni effettuate. Tale
impatto non è da ritenersi significativo, così come emerge dall’analisi ambientale
contenuta nell’allegato X.
Sezione 5 – Coinvolgimento degli Stakeholdes
Il Comune XXX ha condotto la prima consultazione con gli stakeholder durante un
convegno di presentazione del progetto tenutosi in data ...
Sono stati invitati i seguenti stakeholder: ...
A tutti i partecipanti è stato chiesto di esprimere un parere sugli impatti sociali ed
ambientali del progetto. Un report che riassume i commenti ricevuti e come questi sono
stati considerati nella stesura nella definizione del progetto è stato pubblicato 2 settimane
dopo.
Tutti i documenti di progetto sono stati resi disponibili alla pubblica consultazione degli
stakeholder per 60 giorni. Tutti i commenti ricevuti durante il periodo di consultazione sono
stati valutati e tenuti in considerazione, quando ritenuti rilevanti, nel documento di
progetto finale.
Tutti i commenti ricevuti, e come questi sono stati tenuti in conto nella fase di definizione
del progetto, sono riportati nell’Allegato Y
116
Allegato 1
CONTATTI RELATIVI AI PARTECIPANTI AL PROGETTO
Allegato 2
INFORMAZIONI RIGUARDANTI LE RISORSE ECONOMICHE
DESTINATE AL PROGETTO
Allegato 3
INFORMAZIONI SULLA BASELINE
Allegato 4
INFORMAZIONI SUL MONITORAGGIO
Allegato X
Analisi Ambientale
Allegato Y
Commenti degli Stakeholder
117
Esempio 2: Progetto Specifico “Fornitura di pannelli fotovoltaici da 3kWp per edifici
comunali
CONTENUTI
1. Descrizione generale delle attività di progetto
2. Baseline e monitoraggio
3. Durata del progetto / crediting period
4. Impatti ambientali generati dal Progetto
5. Commenti degli stakeholders coinvolti
ALLEGATI
Allegato 1: Contatti relativi ai partecipanti al progetto
Allegato 2: Informazioni riguardanti le risorse economiche destinate al progetto
Allegato 3: Informazioni sulla baseline
Allegato 4: Informazioni sul monitoraggio
118
Sezione 1 – Descrizione generale dell’attività di Progetto
1.1 Titolo del Progetto
Fornitura di pannelli fotovoltaici da 3kWp per edifici comunali
1.2 Descrizione del progetto
Il progetto prevede che vengano installati 500 pannelli fotovoltaici con potenza media di
3 kWp per edifici di proprietà del Comune di XXX. I benefici in termini di riduzione delle
emissioni di gas serra ottenibili dall'adozione di sistemi fotovoltaici sono proporzionali alla
quantità di energia prodotta, in quanto questa va a sostituire dell'energia altrimenti fornita
da fonti convenzionali.
Il progetto è in linea con le normative vigenti, e con le politiche di sviluppo sostenibile
locali e/o nazionali.
Il progetto, oltre ai benefici in termini di riduzioni di gas serra, crea un beneficio sociale,
avendo tra gli scopi anche una più generale sensibilizzazione dell'opinione pubblica nei
confronti delle tematiche ambientali.
1.3 Partecipanti al progetto
Comune di XXX
1.4 Descrizione tecnica.
1.4.1 Localizzazione geografica
I pannelli fotovoltaici verranno installati sul territorio di Regione AAA, Provincia BBB,
Comune XXX, con una distribuzione variabile sul territorio comunale. Di seguito la mappa
che identifica gli edifici interessati dal progetto:
“mappa”
1.4.2 Tipologia e tecnologie di progetto
Il progetto rientra nell'ampia categoria di implementazione di tecnologia relativa alle fonti
rinnovabili; i pannelli fotovoltaici installati sono in silicio amorfo, la tensione prodotta da
ogni singolo modulo fotovoltaico è di 24 - 40 Volt […] (Specificare la tecnologia del
progetto includendo anche i dettagli tecnici e costruttivi).
119
1.4.3 Quantità stimata di emissioni di CO2 ridotte, titolarità delle quote di riduzione
e creditig period
Anni Stima della riduzione annuale delle
emissioni
(t CO2)
2010 1.750,50
2011 1.750,50
2012 1.750,50
2013 1.750,50
2014 1.750,50
2015 1.750,50
2016 1.750,50
2017 1.750,50
2018 1.750,50
2019 1.750,50
Riduzioni totali stimate 17.505
Crediting Period 10
Media annua delle riduzioni delle
emissioni stimante lungo il crediting
period (tCO2)
1.750,50
Titolarità delle Quote di Riduzione 7.002 Quote di riduzione: Regione AAA
(40%)
10.503 Quote di Riduzione: Comune di XXX
(60%)
Al valore delle riduzioni stimate, dovrà essere sottratto il valore del leakage, secondo le
modalità previste dal punto 2.3.2 e dalla sezione 4.
1.4.4 Fondi da finanziamenti Regionali a sostegno del progetto
Il progetto è finanziato dalla Regione XXX nella misura del 40% delle spese necessarie alla
sua implementazione tramite Bando YYY
1.4.4 Contributo del Progetto al raggiugimento degli obiettivi di riduzioni definiti
nel Piano Clima/Piano settoriale
Il progetto contribuisce al raggiungimento degli obiettivi previsti dal Piano Clima della
Regione XXX nella misura dell'X% delle quote di implementazione di energie rinnovabili
previste e per l'Y% delle quote di riduzione delle emissioni.
Sezione 2 – Baseline e Monitoraggio
2.1 Descrizione dei confini del progetto
La baseline ed il monitoraggio sono stati definiti facendo riferimento alla sola energia
prodotta dai pannelli fotovoltaici. L'installazione dei pannelli avrà luogo negli edifici x, y, z
120
situati in via... Comune di........ Di seguito la mappa del territorio interessato:
2.2 Definizione della Baseline
La baseline è lo scenario di emissioni di gas serra che si avrebbe in assenza del progetto,
ovvero il consumo di combustibile della tecnologia in uso o che sarebbe stata utilizzata in
assenza del progetto per generare l’equivalente quantità di energia.
Per il presente progetto, la baseline è rappresentata dall’energia prodotta da reti elettrica
che, in assenza dei panelli fotovoltaici, avrebbe servito gli edifici oggetto del progetto.
Per il calcolo della baseline si è utilizzata la seguente metodologia:
BECO2,y = EBL,y * EFCO2
dove:
BECO2,y = Emissioni di baseline nell’anno y (t di CO2);
EBL,y = Energia media di baseline nell’anno y (kWh);
EFCO2 = Fattore di emissione (t di CO2 / kWh);
Il calcolo dell’energia media annuale di baseline (EBL,y) è stato effettuato nel modo che
segue:
EBL,y = ∑i EGi,y / (1- l)
dove:
EBL,y = energia media di baseline nell’anno y (kWh);
∑i = somma delle i tecnologie di energia rinnovabile implementate con il progetto;
EGi,y = stima dell’energia fornita dalle i tecnologie di energia rinnovabile implementate
con il progetto (kWh);
l = perdita media di corrente elettrica;
[...]
BECO2,y = 1.750,50 tCO2
2.3 Emissioni ridotte dal progetto
2.3.1 Metodologia di calcolo utilizzata
Per calcolare la riduzione delle emissioni, viene utilizzata la formula generale in cui le
riduzioni di emissioni annuali sono state calcolate come differenza tra emissioni di baseline
ed emissioni di progetto:
ERy = BEy - PEy - LEy
Dove:
ERy = riduzione delle emissioni nell’anno y (tCO2)
BEy = emissioni di baseline nell’anno y (tCO2)
PEy = emissioni di progetto nell’anno y (tCO2)
121
LEy = emissioni di leakage nell’anno y (tCO2)
2.3.2 Calcolo ex-ante delle emissioni ridotte
Nel caso del progetto in esame quindi, il valore ex-ante delle emissioni ridotte sarà
calcolato sottraendo alle emissioni di baseline il valore del Leakage nell’anno y (la
modalità di calcolo di tale valore è specificata nella sezione 4), secondo la seguente
espressione:
ERy= BEy - LEy
La tabella seguente esplicita i valori di riduzione delle emissioni anno per anno:
Anni Stima delle
Emissioni di
Progetto
(t
CO2e/anno)
Emissioni di
Baseline totali
(t
CO2e/anno)
Stima dei
Leakage
(t
CO2e/anno)
Stima della
Riduzione delle
Emissioni
(t CO2e/anno)
2010 0 1.750,50 L/10 1.750,50-L/10
2011 0 1.750,50 L/10 1.750,50-L/10
2012 0 1.750,50 L/10 1.750,50-L/10
2013 0 1.750,50 L/10 1.750,50-L/10
2014 0 1.750,50 L/10 1.750,50-L/10
2015 0 1.750,50 L/10 1.750,50-L/10
2016 0 1.750,50 L/10 1.750,50-L/10
2017 0 1.750,50 L/10 1.750,50-L/10
2018 0 1.750,50 L/10 1.750,50-L/10
2019 0 1.750,50 L/10 1.750,50-L/10
Totale (t
CO2e)
0 17.505 L 17.505-L
Tabella 2: Stima della riduzione delle emissioni per il crediting period
2.4 Metodologia di monitoraggio e principali indicatori di prestazione.
Il piano di monitoraggio si costituirà di due parti.
1. Controllo sulla realizzazione del progetto: Informazioni e dati sulla realizzazione del
progetto saranno rendicontati mensilmente dall’azienda incaricata
dell’installazione dei pannelli fotovoltaici;
2. Controllo sul funzionamento operativo dei pannelli fotovoltaici: Informazioni e dati
sul funzionamento dei pannelli fotovoltaici, in particolare dell’energia prodotta,
saranno rendicontati dal titolare del progetto ogni quattro mesi.
Inoltre l'archiviazione dei dati rilevanti sarà effettuata dall'Ente X, titolare del progetto;
Di seguito la descrizione dei parametri fondamentali di monitoraggio:
122
Dato /
Parametro
Energia prodotta da un pannello fotovoltaico con potenza
massima installata di 3 kWp nel Comune di XXX nell’anno y (EGy)
Unità di
Misura:
kWh
Descrizione: Energia fornita dagli impianti fotovoltaici per unità abitativa
Fonte del
dato:
Contatore elettrico
Valore del
dato:
--
Descrizion
dei metodi
di misura e
delle
procedure
applicate:
Informazioni e dati sul funzionamento dei pannelli fotovoltaici, in
particolare dell’energia prodotta, saranno rendicontati dal titolare
del progetto ogni quattro mesi.
Procedure
di QA/QC:
Il contatore elettrico verrà sottoposto a calibrazione periodica da
parte di ditte autorizzate.
Eventuali
commenti:
Il dato raccolto durante tutto il crediting period sarà archiviato per
un periodo di ulteriori 5 anni.
2.5 Valutazione e dimostrazione dell'addizionalità
Il progetto soddisfa il test di Surplus Legislativo, in quanto l'implementazione dello stesso
non è mandatoria ai fini leggi, norme o direttive vigenti (a livello dell'Ente stesso e/o di un
Ente sovraordinato). Inoltre il progetto non si sovrappone alle direttive ETS.
Nel caso del progetto proposto può essere individuato il seguente ostacolo all'
implementazione:
Vincolo finanziario
Le voci che costituiscono il costo di un sistema fotovoltaico sono: costi di investimento,
costi d'esercizio (manutenzione e personale) e altri costi (assicurazioni e tasse). Il costo
d'investimento è in prima approssimazione diviso al 50% tra i moduli ed il resto del sistema.
Nel corso degli ultimi due decenni il prezzo dei moduli è notevolmente diminuito al
crescere del mercato. Tuttavia, il prezzo del kWp installato è ancora tale da rendere
questa tecnologia non competitiva dal punto di vista economico con altri sistemi
energetici, se non in particolari nicchie di mercato o in presenza di meccanismi di
incentivazione.
Il progetto soddisfa quindi i criteri di eleggibilità del Surplus Legislativo, ed inoltre dimostra
di superare uno dei test sugli Ostacoli all’Implementazione (Vincoli Finanziari). Esso quindi è
da considerarsi addizionale ai fini delle LLGG Cartesio.
Sezione 3 – Durata del Progetto/Crediting Period
3.1 Durata del Progetto
15 anni, a partire dal 1/01/2010.
123
3.2 Crediting period scelto
10 anni e 0 mesi, con data d'inizio 1/01/2010.
Sezione 4 – Impatti Ambientali generati dal Progetto
La valutazione di tipo ambientale sul progetto riguarda l'impatto ambientale derivante
dalla costruzione e dall'implementazione dei pannelli, con annessi costi di trasporto.
I pannelli utilizzati sono prodotti dall'azienda X. L'impatto ambientale derivante dalla
costruzione del singolo pannello, come certificato dal costruttore, è quantificabile in N
tonnellate di CO2. Il leakage totale derivante dalla costruzione dei pannelli sarà dunque
di
C= 500* N (CO2 ton)
Il trasporto dei pannelli dalla sede di costruzione al luogo di installazione è quantificabile in
TR tonnellate di CO2 .
Il leakage totale derivante dall'implementazione della tecnologia prescelta sarà dunque
di
Leakage= TR+C= xxx ton CO2
Il valore di tale stima viene sottratto dal valore delle riduzioni di gas serra, tramite una
procedura di ammortamento che distribuisce il leakage in egual misura su tutti gli anni di
vita utile del progetto.
Pertanto, al calcolo ex-ante delle emissioni ridotte si sottrarrà il valore del leakage diviso
per gli anni di durata del progetto (come visibile al punto 2.3.2):
Leakage/10= L/10
Sezione 5 – Coinvolgimento degli Stakeholders
Il Comune XXX ha presentato il progetto in esame durante il convegno…. tenuto in
data…
Sono stati invitati i seguenti stakeholders:
Rappresentanti dei consigli di zona dei quartieri interessati dal progetto;
...
...
Sono stati ricevuti i seguenti commenti:
...
124
ALLEGATO 1
CONTATTI RELATIVI AI PARTECIPANTI AL PROGETTO
ALLEGATO 2
INFORMAZIONI RIGUARDANTI LE RISORSE ECONOMICHE
DESTINATE AL PROGETTO
ALLEGATO 3
INFORMAZIONI SULLA BASELINE
ALLEGATO 4
INFORMAZIONI SUL MONITORAGGIO
125
Esempio 3: Progetto Quadro: “Implementazione di un sistema di Car Sharing nel Comune
di XXX”
CONTENUTI
1. Descrizione generale delle attività di progetto
2. Baseline e monitoraggio
3. Durata del progetto / crediting period
4. Impatti ambientali generati dal Progetto
5. Commenti degli stakeholders coinvolti
ALLEGATI
Allegato 1: Contatti relativi ai partecipanti al progetto
Allegato 2: Informazioni riguardanti le risorse economiche destinate al progetto
Allegato 3: Informazioni sulla baseline
Allegato 4: Informazioni sul monitoraggio
126
Sezione 1 – Descrizione generale dell’attività di Progetto
1.6 Titolo del Progetto
Progetto Quadro: “Implementazione di un sistema di Car Sharing nel Comune di XXX”
1.7 Descrizione del Progetto
Il Progetto si inserisce nella più ampia serie di misure definite dal Comune di XXX per
sostenere l’utilizzo di modalità di trasporto alternative ai mezzi privati motorizzati per la
circolazione nel proprio territorio. In particolare, si riferisce all’implementazione di un
sistema di Car Sharing, modalità di noleggio di auto da un parco veicoli in condivisione
tra gli utenti abbonati al servizio. Gli autoveicoli sono dislocati in parcheggi convenzionati
e possono essere prelevati dagli abbonati dietro pagamento di una quota annuale e
delle tariffe relative all’effettivo utilizzo del veicolo (tariffa oraria, tariffa per chilometro),
che coprono i costi di assicurazione, carburante e manutenzione del mezzo. Il servizio si
costituisce quindi come un’alternativa al possesso di un’auto propria e consente, da un
lato, di diminuire il numero di autoveicoli di proprietà in circolazione ed in sosta nel
territorio comunale e, dall’altro, contribuisce al trasferimento modale di una parte degli
spostamenti verso il trasporto pubblico.
1.8 Partecipanti al Progetto
Comune XXX; Azienda di gestione dei parcheggi YYY; Società Car Sharing ZZZ.
1.9 Descrizione tecnica:
1.9.1 Localizzazione geografica;
Il Progetto prevede la definizione di una rete di parcheggi convenzionati con il servizio
Car Sharing all’interno del territorio comunale e ne prevede il rifornimento con veicoli
dedicati al Car Sharing. Prevede inoltre l’attuazione di ulteriori misure sul territorio
comunale per incentivare i cittadini ad utilizzare il servizio, ad esempio l’individuazione di
aree per la sosta gratuite per gli abbonati Car Sharing nelle zone del territorio comunale
che attualmente prevedono il pagamento di un pedaggio per la sosta (es. centro storico
e zone adiacenti).
1.9.2 Tipologia e tecnologie di progetto;
Tipologia di progetto: Progetto Quadro
Il Progetto è costituito da una componente informatica, dedicata alla gestione degli
abbonamenti e delle prenotazioni dei veicoli, e di una componente infrastrutturale,
127
relativa al parco auto in condivisione. In particolare, il parco auto è formato da veicoli a
basse emissioni, quali veicoli alimentati a GPL, metano, ibridi ed elettrici.
1.9.3 Quantità stimata di emissioni di CO2 ridotte, titolarità delle quote di riduzione e
creditig period
Il funzionamento del sistema di Car Sharing comporterà una riduzione di emissioni pari a 7
ktonCO2/anno.
Dal momento che il parco veicolare è sottoposto ad un continuo processo di ricambio e
di efficientamento in termini emissivi, si è ritenuto corretto scegliere un crediting period di 5
anni, rinnovabile per successivi periodi di 5 anni previa verifica dei parametri necessari alla
stima delle emissioni (si veda paragrafo 2.4 del presente DDP).
La titolarità delle quote di riduzione generate risulta essere al XX% del Comune XXX, dal
momento che l’Azienda YYY e la Società ZZZ hanno sottoscritto lettera formale di cessione
delle quote di loro titolarità al Comune, e al XX% del Ministero dell’Ambiente, in quanto
co-finanziatore dell’iniziativa (si veda paragrafo 1.4.4. del presente DDP).
1.9.4 Fondi da Finanziamenti Regionali a sostegno del progetto;
Non sono previsti Finanziamenti Regionali a sostegno del Progetto. E’ previsto un
finanziamento ministeriale dell’ammontare di x.xxx.xxx€. Per ulteriori informazioni sulle
risorse economiche destinate al Progetto, si veda l’Allegato 2.
1.10 Contributo del Progetto al raggiungimento degli obiettivi di riduzioni definiti
nel Piano Clima/Piano settoriale
Il Progetto Quadro contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di riduzione definiti nel
Piano Clima in quanto attuazione della misura “Interventi a sostegno della modalità di
trasporto alternative”.
La riduzione delle emissioni ottenuta dal Progetto deriva dall’insieme di due effetti: gli
utenti Car Sharing effettuano mediamente percorrenze annue inferiori rispetto agli
utilizzatori di un’automobile di proprietà; le auto disponibili tramite il servizio Car Sharing
hanno una migliore efficienza, in termini di emissioni, rispetto all’efficienza media del
parco veicolare di proprietà.
128
Sezione 2 – Baseline e Monitoraggio
2.6 Descrizione dei confini del progetto;
Al fine del calcolo delle emissioni di gas climalteranti evitate dal Progetto si considerano
gli spostamenti motorizzati privati evitati nel Comune di XXX dal funzionamento del sistema
di Car Sharing nel periodo 2010-2020.
2.7 Definizione della Baseline;
Ipotizzando l’attivazione del servizio di Car Sharing nel corso del 2010, si prevede che
l’effetto sarà distribuito su circa 10 anni e porterà all’iscrizione di 10.000 utenti.
Come baseline si considerano le percorrenze annuali che i 10.000 utenti effettuerebbero,
nel caso in cui possedessero un autoveicolo di proprietà.
La stima delle emissioni di baseline (Eb) si basa sulla relazione:
Eb= P * U * FE
Dove:
P = Percorrenze medie annue effettuate con veicolo di proprietà (km/utente/anno)
U = n. di utenti di autoveicoli in proprietà considerati
FE = Fattore di emissione
Da dati di letteratura, emerge che i servizi Car Sharing sono convenienti per gli utenti che
utilizzano l’automobile per percorrenze inferiori agli 8.000 km/anno. Come scelta
conservativa, si ipotizza che i possessori di autoveicoli, che nello scenario di progetto
decidono di rinunciare alla propria auto o all’acquisto di un nuovo veicolo e di rivolgersi in
alternativa al servizio Car Sharing, effettuino mediamente con il loro veicolo di proprietà
circa 4.000 km/anno. E’ plausibile che gli utenti più propensi a passare al Car Sharing
utilizzino già in maniera sostenuta il sistema di trasporto pubblico cittadino: le percorrenze
annuali relativamente basse che sono state ipotizzate, se confrontate alle percorrenze di
un automobilista medio italiano (circa 16.000 km/anno, secondo ACI) sono quindi
giustificate dall’ipotesi che parte degli spostamenti di questi utenti sia soddisfatta tramite
trasporto pubblico. Questa assunzione è inoltre supportata dai dati dell’indagine svolta tra
gli utenti del servizio Car Sharing.
Il Fattore di Emissione medio in ciclo urbano nel Comune di XXX è stato stimato dall’Ufficio
JJJ dell’Assessorato alla Mobilità e al Traffico, ed è pari a 212gCO2/km.
129
2.8 Emissioni ridotte dal progetto:
2.8.1 Metodologia di calcolo utilizzata
Per calcolare la riduzione delle emissioni viene utilizzata la seguente formula generale, in
cui le riduzioni di emissioni annuali corrispondono alla differenza tra emissioni di baseline
(associate alle percorrenze effettuate con veicoli in proprietà) ed emissioni di progetto
(associate alle percorrenze effettuate con veicoli del servizio Car Sharing).
Er = Ep – Eb
Dove:
Er = emissioni ridotte;
Ep= emissioni di progetto;
Eb = emissioni di baseline.
2.8.2 Calcolo ex-ante delle emissioni ridotte
Per calcolare le emissioni connesse all’implementazione del Progetto, ovvero l’utilizzo del
servizio Car Sharing da parte di 10.000 utenti/anno al 2020, ci si è basati sulla seguente
relazione:
Ep= Pcs * Ucs * FEcs
Dove:
Pcs = Percorrenze medie annue effettuate da un utente Car Sharing (km/utente/anno)
Ucs= n. di utenti Car Sharing considerati
FEcs = Fattore di Emissione medio del parco veicolare disponibile tramite servizio Car
Sharing
Dagli esiti delle sperimentazioni di servizi Car Sharing in altre città italiane, nell’ambito
dell’iniziativa ICS del Ministero, risulta che gli utenti Car Sharing effettuano mediamente
83,5 km/utente/mese, pari a circa 1.000 km/utente anno (dato: Comune di WWW).
Dalla valutazione del Fattore di Emissione medio dei veicoli destinati a comporre il parco
auto del servizio Car Sharing, presentati in dettaglio nell’Allegato X, scaturisce un valore di
FEcs pari a 135 gCO2/km.
L’applicazione della metodologia porta ad una stima di emissioni evitate pari a circa 7
ktonCO2/anno.
130
Calcolo delle emissioni ridotte dal Progetto Quadro “Implementazione di un servizio Car
Sharing” Emissioni di baseline
Eb = P * U * FE
P 4.000
U 10.000
FE 212
Eb (ktCO2) 8,48
Emissioni di progetto
Ep = Pcs * Ucs * FEcs
Pcs 1.000
Ucs 10.000
FEcs 135
Ep (ktCO2) 1,35
Emissioni ridotte
Er = Ep - Eb
Er (ktCO2) -7,13
2.9 Metodologia di monitoraggio e principali indicatori di prestazione.
Il Progetto prevede che vengano eseguite indagini periodiche di monitoraggio del
servizio Car Sharing, al fine di rilevare i parametri necessari a stimare con dettaglio le
emissioni effettivamente abbattute. Le indagini saranno svolte a campione tramite
questionari da sottoporre agli utenti del servizio e avranno come obiettivo la verifica delle
percorrenze medie mensili effettuate ed altri aspetti connessi all’utilizzo del Car Sharing
(i.a. verifica delle percorrenze effettuate in ambito esclusivamente urbano; verifica del
grado di integrazione del servizio con il sistema di trasporto pubblico). Sarà inoltre
necessario valutare periodicamente il fattore di emissione medio del parco veicolare
disponibile tramite Car Sharing e del parco veicolare effettivamente circolante, al fine di
poter valutare il rilascio di quote di riduzione nei periodi successivi allo scadere del primo
crediting period.
Al termine di ogni anno, verranno prodotti report specifici nei quali saranno riportate le
quantità di anidride carbonica effettivamente ridotte dal funzionamento del servizio.
2.10 Valutazione e dimostrazione dell’addizionalità
Il progetto soddisfa il test di Surplus Legislativo, non esistono leggi, norme o direttive vigenti
(a livello dell'Ente stesso e/o di un Ente sovraordinato) che impongano agli Enti Locali di
attivare servizi di Car Sharing nel proprio territorio.
Inoltre, il Progetto rispetta il Vincolo dell’Innovazione, in quanto costituisce una pratica di
mobilità urbana sostenibile particolarmente innovativa e diffusa in Italia solo a livello
131
sperimentale.
Sezione 3 – Durata del Progetto/Crediting Period
3.3 Durata del Progetto (Data di inzio attività e tempo di vita del progetto)
10 anni, a partire dal 01/01/2010
3.4 Crediting Period scelto
5 anni
Sezione 4 – Impatti Ambientali generati dal Progetto
Il Progetto non genera impatti ambientali ulteriori rispetto a quanto si avrebbe per esito
del prevedibile ricambio di parte del parco veicolare esistente con veicoli alimentati
tramite fonti alternative. Potrebbero rendersi necessari approfondimenti sugli impatti
ambientali legati alla predisposizione dell’infrastruttura necessaria all’alimentazione di
veicoli Car Sharing elettrici, ove inclusi nel progetto (per maggiori dettagli sulla
composizione del parco veicolare del servizio Car Sharing e sulla possibile introduzione di
veicoli elettrici, si veda l’Allegato X).
Sezione 5 – Coinvolgimento degli Stakeholders
[...]
132
ALLEGATO 1
CONTATTI RELATIVI AI PARTECIPANTI AL PROGETTO
ALLEGATO 2
INFORMAZIONI RIGUARDANTI LE RISORSE ECONOMICHE
DESTINATE AL PROGETTO
ALLEGATO 3
INFORMAZIONI SULLA BASELINE
ALLEGATO 4
INFORMAZIONI SUL MONITORAGGIO
133
Esempio 4: Progetto Quadro “Interventi di Efficienza Energetica negli Edifici di Nuova
Costruzione nel Comune di XXX”
CONTENUTI
1. Descrizione generale delle attività di progetto
2. Baseline e monitoraggio
3. Durata del progetto / crediting period
4. Impatti ambientali generati dal Progetto
5. Commenti degli stakeholders coinvolti
ALLEGATI
Allegato 1: Contatti relativi ai partecipanti al progetto
Allegato 2: Informazioni riguardanti le risorse economiche destinate al progetto
Allegato 3: Informazioni sulla baseline
Allegato 4: Informazioni sul monitoraggio
134
Sezione 1 – Descrizione generale dell’attività di Progetto
1.11 Titolo del Progetto
Progetto Quadro: “Interventi di Efficienza Energetica negli Edifici di Nuova Costruzione nel
Comune di XXX”
1.12 Descrizione del Progetto
Il Progetto prevede la definizione da parte del Comune XXX di misure che promuovano
l’efficienza energetica negli edifici di nuova costruzione, conseguente diminuzione dei
consumi energetici per il riscaldamento invernale. In particolare, il Comune, intende
incentivare la realizzazione di interventi di miglioramento dell’efficienza energetica
mediante:
riduzione degli oneri d’urbanizzazione per gli interventi finalizzati al risparmio
energetico. Tale riduzione viene calcolata sulla base dell’indice di prestazione
energetica per la climatizzazione invernale, fino ad un massimo del 30%, e si
applica nel caso di nuove costruzioni, ampliamento di edifici esistenti e
ristrutturazione edilizia.
I requisiti per l’ottenimento della riduzione sono:
- per gli interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione con demolizione e
ricostruzione:
- adozione di sistemi di riscaldamento centralizzato negli edifici con più di 5
unità abitative;
- adozione di sistemi di contabilizzazione del calore per singola unità
immobiliare;
- adozione di sistemi di registrazione dei consumi con obbligo di disponibilità
all’accesso in lettura remota da parte dell’Amministrazione comunale, ai fini
del sistema di controllo e di monitoraggio;
- per gli interventi di recupero dei sottotetti: obbligo di realizzazione di copertura
ventilata.
Inserimento di elevati standard di efficienza energetica nei nuovi PII, nei bandi
relativi al nuovo Programma di Edilizia residenziale pubblica;
integrazione nel nuovo regolamento edilizio standard minimi di efficienza
energetica per le nuove abitazioni, più restrittivi rispetto alla legge regionale in
vigore.
Inoltre, per la promozione dell’efficienza energetica nel settore residenziale privato, il
Piano generale di sviluppo del Comune di XXX prevede la predisposizione di un piano di
attuazione della certificazione energetica degli edifici.
1.13 Partecipanti al Progetto
Comune XXX
135
1.14 Descrizione tecnica:
1.14.1 Localizzazione geografica;
Il Progetto si rivolge agli interventi di efficienza energetica operati in edifici di nuova
costruzione all’interno dei confini Comunali.
1.14.2 Tipologia e tecnologie di progetto;
Tipologia di progetto: Progetto Quadro
Nel Progetto non si fa riferimento a specifiche tecnologie di efficienza energetica, ma si
considerano nel loro complesso tutti i possibili interventi che consentono, per edifici di
nuova costruzione, il passaggio dall’attuale classe F rispetto cui vengono costruti gli edifici
(consumi compresi fra 145 e 175 kWh/m2/anno) alla classe B (che prevede consumi
compresi fra 29 e 58 kWh/m2/anno.)
1.14.3 Quantità stimata di emissioni di CO2 ridotte, titolarità delle quote di riduzione
e creditig period
Gli interventi di efficientamento energetico su edifici di nuova costruzione comporteranno
una riduzione di emissioni pari a 97 ktonCO2/anno.
Si è ritenuto corretto scegliere un crediting period di 10 anni. Per quanto, infatti, un edificio
con prestazioni energetiche particolarmente efficienti consenta di conseguire risparmi
energetici rispetto alla media del parco edilizio costruito per un lasso di tempo superiore ai
10 anni, si ritiene che il periodo utile per generare i crediti debba essere necessariamente
ricompreso all’interno dell’orizzonte temporale del Piano Clima (i.e. 2020). Inoltre, trascorso
il primo crediting period, è plausibile che la regolamentazione sui requisiti prestazionali
energetici dei nuovi edifici venga modificata e diventi più stringente.
La titolarità delle quote di riduzione generate risulta essere al 100% del Comune XXX.
1.14.4 Fondi da Finanziamenti Regionali a sostegno del progetto;
Non sono previsti Finanziamenti Regionali a sostegno del Progetto.
1.15 Contributo del Progetto al raggiungimento degli obiettivi di riduzioni definiti
nel Piano Clima/Piano settoriale
Il Progetto Quadro contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di riduzione definiti nel
Piano Clima in quanto attuazione della misura “Nuove abitazioni con interventi di
efficienza energetica”
136
Sezione 2 – Baseline e Monitoraggio
2.11 Descrizione dei confini del progetto;
Al fine del calcolo delle emissioni di gas climalteranti evitate dal Progetto si considerano
interventi sul patrimonio edilizio in nuova costruzione nel Comune XXX nel periodo 2010-
2020, stimati nella misura di 51.000 nuove abitazioni.
2.12 Definizione della Baseline;
Ipotizzando l’entrata in vigore del nuovo regolamento edilizio nel 2010, si prevede che
l’effetto sarà distribuito su 10 anni e porterà al miglioramento dell’efficienza energetica di
circa 51.000 nuove abitazioni previste dalla proposta di PGT nel periodo 2010-2020.
Come baseline si considera l’edificazione di 51.000 edifici con caratteristiche simili a quelli
esistenti (classe F, con consumi compresi fra 145 e 175 kWh/m2/anno), considerando una
superficie media di 80 m2/abitazione.
La stima delle emissioni di baseline (Eb) si basa sulla relazione:
Eb= C * A * FE
Dove:
C = Consumo energetico totale annuo (kWh/appartamento/anno)
A = n. di nuovi appartamenti costruiti con classe di efficienza energetica Z
FE = Fattore di emissione
La stima del fattore di emissione è avvenuta sulla base della metodologia illustrata nella
seguente tabella. Il fattore di emissione del gasolio e del metano è calcolato come
media pesata sui consumi di combustibili del Comune di XXX.
Calcolo del fattore di emissione per le emissioni evitate grazie al miglioramento
dell’efficienza energetica nelle abitazioni
a 60 gCO2/MJ FE medio metano + gasolio
b 0,277 kWh/MJ fattore di conversione
c=a/b 217 gCO2/kWh FE medio abitazioni
[...]
2.13 Emissioni ridotte dal progetto:
2.13.1 Metodologia di calcolo utilizzata
Per calcolare la riduzione delle emissioni, viene utilizzata la formula generale in cui le
riduzioni di emissioni annuali sono state calcolate come differenza tra emissioni di baseline
(edifici costruiti in classe energetica Z) ed emissioni di progetto (edifici costruiti in classe
energetica B).
137
Er = Ep – Eb
Dove:
Er = emissioni ridotte;
Ep= emissioni di progetto;
Eb = emissioni di baseline.
2.13.2 Calcolo ex-ante delle emissioni ridotte
Per calcolare le emissioni connesse all’implementazione del Progetto, ovvero
l’edificazione di 51.000 edifici (con una superficie media di 80 m2/abitazione) in classe B
(che prevede consumi compresi fra 29 e 58 kWh/m2/anno) ci si è basati sulla seguente
relazione:
Ep= C * A * FE
Dove:
C = Consumo energetico totale annuo (kWh/appartamento/anno)
B= n. di nuovi appartamenti costruiti con classe di efficienza energetica B
FE = Fattore di emissione
[...]
L’applicazione della metodologia porta ad una stima di emissioni evitate pari a 97
ktonCO2/anno.
2.14 Metodologia di monitoraggio e principali indicatori di prestazione.
Il Progetto prevede che vengano eseguite adeguate verifiche in corso d’opera ed anche
a lavori ultimati.
Verifiche da parte dell’Amministrazione Comunale sono inoltre previste anche negli anni
successivi l’entrata in funzione dell’edificio, al fine di accertare il mantenimento dei
requisiti prestazionali dichiarati. In particolare verranno eseguiti controlli ex-post su un
campione almeno del 20 per cento degli interventi realizzati, sia su edifici esistenti che su
edifici di nuova costruzione.
A tal fine, l’Amministrazione prevede di utilizzare i dati dei consumi reali dell’edificio e le
temperature registrate mediante apposizione di specifici rilevatori interni ed esterni
all’edificio stesso (moduli per la rilevazione termica indoor e outdoor con sistema wireless).
Al termine di ogni anno, verranno prodotti report specifici nei quali saranno riportate le
quantità di anidride carbonica effettivamente ridotte grazie agli interventi realizzati.
2.15 Valutazione e dimostrazione dell’addizionalità
Il progetto soddisfa il test di Surplus Legislativo, non esistono leggi, norme o direttive vigenti
(a livello dell'Ente stesso e/o di un Ente sovraordinato) che impongano che gli edifici di
nuova costruzione rientrino in classe energetica B, o comunque rispettino vincoli di
consumo energetico equivalenti.
Inoltre il Progetto rispetta quanto previsto dal Vincolo Tecnologico, ovvero la motivazione
principale per l’implementazione del progetto in questione è la sua capacità di ridurre le
138
emissioni di gas serra all’interno dei confini di compentenza dell’Ente promotore.
Sezione 3 – Durata del Progetto/Crediting Period
3.5 Durata del Progetto (Data di inizio attività e tempo di vita del progetto)
10 anni, a partire dal 01/01/2010
3.6 Crediting Period scelto
10 anni
Sezione 4 – Impatti Ambientali generati dal Progetto
Il Progetto non genera impatti ambientali, in quanto consiste della definizione di misure ed
incentivi per la costruzione di edifici con alte prestazioni energetiche. Il Progetto di per se
non identifica specifiche tecniche e tecnologie edili da utilizzare per ottenere l’efficienza
energetica richiesta, che comunque si ritiene non abbiano impatti ambientali differenti
da quelle che verrebbero utilizzate in uno scenario di baseline per costruire edifici in classe
energetica Z.
Sezione 5 – Coinvolgimento degli Stakeholders
139
ALLEGATO 1
CONTATTI RELATIVI AI PARTECIPANTI AL PROGETTO
ALLEGATO 2
INFORMAZIONI RIGUARDANTI LE RISORSE ECONOMICHE
DESTINATE AL PROGETTO
ALLEGATO 3
INFORMAZIONI SULLA BASELINE
ALLEGATO 4
INFORMAZIONI SUL MONITORAGGIO
140
Appendice G – Verifica dei Progetti contenuti in allegato F, secondo i criteri fissati nelle
Linee Guida
Esempio 1: Verifica della certezza e credibilità dei risultati ottenuti dal Progetto: “Fornitura
di pannelli fotovoltaici da 3kWp per edifici comunali”
Il progetto presenta i requisiti di ammissibilità al sistema di registrazione e valorizzazione
economica secondo le LLGG Cartesio in quanto i benefici che ne derivano sono:
Reali: il progetto determina una reale riduzione delle emissioni, nelle quantità stimate
e certificate secondo le modalità previste dal DDP. La riduzione delle emissioni è infatti
misurabile essendo stata correttamente definita la baseline, le emissioni associate al
progetto durante la propria vita utile (pari a 0 tonCO2) e le emissioni generate in fase
di costruzione ed installazione degli impianti. Il monitoraggio delle emissioni realmente
ridotte verrà effettuato sulla base dei kWh generati annualmente dai pannelli
fotovoltaici.
Permanenti: gli effetti in termini di riduzione delle emissioni perdureranno per tutta la
vita utile del progetto, e non sono temporanei, transitori o reversibili. Le emissioni
generate in fase di costruzione, imstallazione e manutenzione dei pannelli non
annullano gli effetti del progetto in termini di abbattimento delle emissioni, essendo le
prime poco significative rispetto alle 17.505 ton CO2 di riduzione totali stimate in 10
anni (in realtà nella concreta applicazione di una verifica su progetto le ton CO2
connesse alle fasi citate andrebbero calcolate o stimate e comparate con la
riduzione attesa).
Attribuibili: Le quote di riduzione riconsciute al progetto sono chiaramente attirbuibili
al Comune XXX (promotore del progetto e finanziatore nella misura del 60%) e alla
Regione YYY (finanziatrice del progetto per il 40%). Le quote di riduzione sono dunque
cosi ripartite:
- Comune XXX: 10.503 quote di riduzione;
- Regione AAA: 7.002 quote di riduzione.
Addizionali: il progetto in questione supera il criterio di Surplus Legislativo, in quanto
nessuna legge, norma o statuto Comunale, Regionale, Nazionale o Comunitario
prevede l'attuazione delle misure previste dal progetto; inoltre, come Ostacoli
all’Implementazione, il progetto presenta i fattori di Vincolo dell'Innovazione, in
quanto rappresenta l'introduzione di una tecnologia innovativa, in rapporto alla
situazione nel territorio di riferimento (si supponga che i pannelli fotovoltaici
rappresentino solo il 3% degli investimenti in energia rinnovabile nella Provincia di XXX)
e di Vincolo Tecnologico, essendo l’obiettivo principale del Progetto quello di
migliorare significativamente le performance ambientali delle strutture del Comune
XXX. Pertanto il progetto è da ritenersi addizionale ai fini delle Linee Guida.
141
Esempio 2: Verifica della certezza e credibilità dei risultati ottenuti dal Progetto:
“Campagna per la diffusione dell’utilizzo di lampade ad efficienza energetica in ambito
domestico”
Le riduzioni di emissioni prodotte dal Progetto sono:
Reali: il progetto determina una reale riduzione delle emissioni, nelle quantità stimate
e certificate secondo le modalità previste dal DDP. La riduzione delle emissioni è infatti
misurabile essendo stata correttamente definita la baseline (sulla base del consumo
energetico delle lampadine ad incandescenza) e le emissioni associabili al Progetto
(calcolate sulla base del consumo energetico della lampadine ad alta efficienza). La
misura del quantitativo reale di emissioni abbattute dal Progetto viene effettuato sulla
base delle lampadine sostituite e sulle ore di funzionamento delle lampadine presso
un gruppo campione di individui.
Permanenti: gli effetti in termini di riduzione delle emissioni perdureranno per tutta la
vita utile del progetto e non sono reversibili. Si suppone inoltre che i cittadini a cui
verranno consegnate le lampadine ad efficienza energetica opteranno per questo
tipo di lampadine anche nel momento in cui dovranno acquistarne di nuove, visti i
vantaggi che ne derivano dall’utilizzo in termini di risparmio energetico.
Attribuibili: Le quote di riduzione riconsciute al progetto sono chiaramente attribuibili
al Comune XXX, in quanto unico promotore e finanziatore del Progetto
Addizionali: il progetto in questione supera il criterio di Surplus Legislativo, in quanto
nessuna legge, attualmente recepita nella legislazione vigente prevede l'attuazione
delle misure previste dal progetto; inoltre, come Ostacoli all’Implementazione, il
progetto presenta i fattori di Vincolo dell'Innovazione, in quanto promuove la
diffusione di una soluzione innovativa, in rapporto alla situazione nel territorio di
riferimento (si supponga che non siano mai stati attuate iniziative mirate a
promuovere la sostituzione delle lampadine ad incandescenza). Pertanto il progetto è
da ritenersi addizionale ai fini delle Linee Guida.
A fini esemplificativi, supponiamo invece che l’Italia abbia recepito prima della
definizione e validazione del progetto la direttiva europea sull’Ecodesign o direttiva
EUP (Energy Using Products) 2005/32/EC che impone dal 1° settembre 2009 la
progressiva dismissione delle lampadine a incandescenza. Si parte con quelle da 100
watt, a seguire: dal 1° settembre 2010 sarà vietata la vendita delle lampade ad
incandescenza di potenza superiore ai 75 watt. Dal 1° settembre 2011 il divieto si
estenderà alle lampade da 60 watt. Dal 1° settembre 2012 sarà la volta delle
lampade di potenza compresa tra i 25 e i 40 watt, mentre dal 1° settembre 2016 il
divieto sarà esteso alle lampade alogene a bassa efficienza
NON Addizionali: il progetto in questione in questo caso non supera il criterio di Surplus
Legislativo, in quanto la normativa europera 2005/32/EC (che nel presente esempio si
suppone essere stata recepita in Italia) impone dal 1° settembre 2009 la progressiva
dismissione delle lampadine a incandescenza, con chiari obiettivi di abbattimento dei
consumi energeteci e delle emissioni di CO2. Benchè la normativa non imponga la
sostituzione delle lampadine ad incandescienza con lampadine ad efficienza
energetica, ma ne vieti solo la vendita, la progressiva sostituzione delle lampadine è
142
una diretta conseguenza di quanto imposto dalla normativa. Le lampadine ad
incandescenza infatti non potranno più venire fornite ai punti vendita da parte
dell’industria del settore, partendo da quelle da 100 Watt nel settembre 2009.
143
Esempio 3: Verifica della certezza e credibilità dei risultati ottenuti dal Progetto Quadro:
“Implementazione di un sistema di Car Sharing nel Comune di XXX”
Il progetto presenta i requisiti di ammissibilità al sistema di registrazione e valorizzazione
economica secondo le LLGG Cartesio in quanto i benefici che ne derivano sono:
Reali: il progetto determina una reale riduzione delle emissioni, nelle quantità stimate
e certificate secondo le modalità previste dal DDP. La riduzione delle emissioni è infatti
misurabile essendo state correttamente definite la baseline e le emissioni associate al
progetto durante la propria vita utile. La riduzione di emissioni stimata è pari a 7
ktonCO2/anno. Le emissioni effettivamente abbattute verranno valutate mediante
indagini periodiche di monitoraggio del servizio Car Sharing. Le indagini saranno
svolte a campione tramite questionari agli utenti del servizio e avranno come
obiettivo la verifica delle percorrenze medie mensili effettuate. Verrà inoltre valutato
periodicamente il fattore di emissione medio del parco veicolare disponibile tramite
Car Sharing e del parco veicolare effettivamente circolante.
Permanenti: gli effetti in termini di riduzione delle emissioni perdureranno per tutta la
vita utile del progetto, e non sono temporanei e reversibili. Si suppone inoltre che i
cittadini che decideranno di usufruire del servizio di Car Sharing continueranno ad
utilizzarlo anche oltre quello che è il periodo di generazione di quote di riduzione del
Progetto, data la convenienza economica di un’auto in car sharing, rispetto al
possesso di un’auto propria, per chi la utilizza per percorrenze inferiori ad 8.000
km/anno.
Attribuibili: Le quote di riduzione generate dal Progetto sono chiaramente attribuibili in
parte al Comune XXX nella misura del TOT %, dal momento che l’Azienda YYY e la
Società ZZZ hanno sottoscritto lettera formale di cessione delle quote di loro titolarità
al Comune e in parte al Ministero nella misura del TOT % in ragione del finanziamento
concesso.
Addizionali: Il progetto soddisfa il test di Surplus Legislativo, in quanto non esistono
leggi, norme o direttive vigenti (a livello dell'Ente stesso e/o di un Ente sovraordinato)
che impongano agli Enti Locali di attivare servizi di Car Sharing nel proprio territorio.
Inoltre il Progetto rispetta quanto previsto dal Vincolo dell’Innovazione, in quanto
costituisce una pratica di mobilità urbana sostenibile particolarmente innovativa e
diffusa in Italia solo a livello sperimentale.
144
Esempio 4: Verifica della certezza e credibilità dei risultati ottenuti dal Progetto Quadro:
“Interventi di Efficienza Energetica negli Edifici di Nuova Costruzione nel Comune di XXX”
Il progetto presenta i requisiti di ammissibilità al sistema di registrazione e valorizzazione
economica secondo le LLGG Cartesio in quanto i benefici che ne derivano sono:
Reali: il progetto determina una reale riduzione delle emissioni, nelle quantità stimate
e certificate secondo le modalità previste dal DDP. La riduzione delle emissioni è infatti
misurabile essendo state correttamente definite la baseline e le emissioni associate al
progetto durante la propria vita utile. La riduzione di emissioni stimata è pari a 97
ktonCO2/anno. Il monitoraggio delle emissioni realmente ridotte anno per anno verrà
effettuato tramite adeguate verifiche in corso d’opera ed anche a lavori ultimati.
Inoltre sono previste da parte dell’Amministrazione Comunale verifiche anche negli
anni successivi l’entrata in funzione dell’edificio, al fine di accertare il mantenimento
dei requisiti prestazionali dichiarati.
Permanenti: gli effetti in termini di riduzione delle emissioni perdureranno per tutta la
vita utile del progetto, e non sono temporanei, transitori o reversibili in quanto generati
da interventi di tipo strutturale su edifici di nuova costruzione.
Attribuibili: Le quote di riduzione riconsciute al progetto sono chiaramente attirbuibili
al Comune XXX nella miura del 100% , in quanto promotore delle misure volte ad
incentivare l’efficienza energetica nel settore residenziale privato.
Addizionali: Il progetto soddisfa il test di Surplus Legislativo, in quanto non esistono
leggi, norme o direttive vigenti (a livello dell'Ente stesso e/o di un Ente sovraordinato)
che impongano che gli edifici di nuova costruzioni rientrino in classe energetica B, o
comunque rispettino vincoli di consumo energetico equivalenti.
Inoltre il Progetto rispetta quanto previsto dal Vincolo Tecnologico, ovvero la
motivazione principale per l’implementazione del progetto in questione è la sua
capacità di ridurre le emissioni di gas serra all’interno dei confini di compentenza
dell’Ente promotore.
145
Appendice H – Checklist per la validazione di Progetti secondo lo standard definito dalle
Linee Guida Cartesio
DOMANDE COMMENTI
Descrizione Generale dell’attività di Progetto
1 Il progetto è conforme alla normativa cogente applicabile?
2 Sono individuati i piani e le misure in riferimento ai quali si colloca
il progetto?
3 Sono individuati tutti i soggetti (pubblici e privati) coinvolti nel
progetto, in particolare i soggetti attuatori e finanziatori?
4 Sono individuati gli eventuali atti di regolamentazione o strumenti
di pianificazione che originano il progetto?
5 La localizzazione del progetto è definita in modo chiaro?
6 È’ specificata la tipologia e tecnologia di progetto?
Baseline, calcolo delle riduzioni di emissioni e Monitoraggio
7 E’ stata definita una baseline di riferimento per il progetto?
8 I confini spaziali e temporali del progetto sono definiti con
chiarezza?
9 Lo scenario della baseline tiene in sufficiente considerazione
politiche nazionali, locali e/o settoriali, orientamenti e programmi
politici?
10 I rischi più rilevanti della baseline sono stati identificati? Le
incertezze nelle stime delle emissioni di GHG sono state analizzate
in maniera appropriata?
11 La baseline è stata determinata utilizzando, dove possibile, ipotesi
conservative?
12 E’ stato definito il crediting period del progetto?
13 La data di inizio dell’attività di progetto (implementazione,
costruzione o azione reale) e il tempo di vita sono chiaramente
definiti?
14 Il crediting period scelto risulta congruente con il tempo
operativo del progetto?
15 Viene stimato il quantitativo di riduzione delle emissioni (valori
finali e intermedi) nel crediting period scelto?
16 La metodologia di calcolo delle riduzioni di emissioni è basata su
criteri oggettivi e riconosciuti?
17 E’ stato definito un sistema di monitoraggio per l’attuazione del
progetto e le riduzioni di emissioni ottenute? E’ coerente con il
monitoraggio in itinere previsto dal piano collegato?
18 Sono stati correttamente individuati gli indicatori per il
monitoraggio?
146
19 Sono fornite informazioni specifiche su come vengono raccolti i
dati da monitorare durante il monitoraggio del progetto?
Criteri di eleggibilità del progetto
20 Le modalità previste per il monitoraggio del progetto permettono
di garantire che le riduzioni ottenibili durante il crediting period
siano effettive e reali?
21 Le riduzioni di emissioni di gas serra ottenute tramite il progetto
permangono durante tutta la vita utile del progetto stesso e
danno benefici a lungo termine alla mitigazione dei cambiamenti
climatici?
22 Le quote di riduzione che possono derivare dal progetto sono
chiaramente attribuibili in base al criterio finanziario e/o di potere
regolamentare?
23 Le riduzioni di emissioni ottenibili dal progetto risultano addizionali,
in base ai requisiti di surplus legislativo e di ostacolo
all’implementazione (vincolo finanziario, tecnologico, istituzionale
e/o all’innovazione)?
Impatti Ambientali generati dal Progetto
24 Sono stati correttamente identificati gli eventuali impatti
ambientali associati alle attività di progetto?
25 Gli impatti ambientali identificati sono stati individuati nella
stesura del progetto e sono state previste misure di mitigazione?
26 Se applicabile, la VIA è stata approvata?
27 Il progetto è in regola con la legislazione ambientale e le
autorizzazioni collegate?
Coinvolgimento degli stakeholder
28 Le principali parti interessate sono state consultate richiedendo
loro dei commenti?
29 In caso di eventuali commenti ricevuti dalle parti interessate, sono
stati tenuti in considerazione e come?
147
Appendice I – La valorizzazione dei crediti di emissione sui mercati internazionali
Le pubbliche amministrazioni che vogliono realizzare progetti di riduzione di particolare
valenza ambientale e tecnologica hanno la possibilità di finanziare e valorizzare tali
progetti anche attraverso la generazione di crediti VERs (Verified Emission Reductions).
In generale, i progetti per essere “promossi” a progetti VER, devono essere realizzati in
accordo ad alcuni standard internazionali. Come anticipato, il sistema di riconoscimento
proposto dalle presenti Linee Guida è basato su un approccio che costituisce una sorta di
“minimo comune denominatore” fra diversi standard volontari internazionali, e quindi ben
si presta ad essere utilizzato come base comune, da cui gli enti possono eventualmente
muovere per ottenere la certificazione volontaria delle proprie “quote di riduzione” come
crediti di emissioni commercializzabili sui mercati internazionali. Naturalmente, nel
momento in cui le “quote di riduzione” riconosciute ai sensi del sistema proposto a livello
nazionale diventassero “crediti VER”, sarebbero immediatamente ritirate dal Registro
nazionale.
Un requisito di cruciale importanza per i progetti VER, comune a tutti i principali Standard
Internazionali e che permette l’effettivo riconoscimento dei crediti di emissione, è
l’addizionalità. Il requisito di addizionalità in alcuni standard internazionali ha
un’accezione che differisce leggermente da quello proposto nell’ambito del sistema di
ricnoscimento precedentemente proposto per il livello nazionale. E’ quindi opportuno
specificare che, per soddisfare i criteri di addizionalità degli standard internazionali, i
proponenti del progetto devono dimostrare che:
il progetto non avrebbe avuto corso se non avesse prodotto crediti di emissione:
tale dimostrazione solitamente si attua prendendo in considerazioni barriere di tipo
finanziario, politico o tecnico che evidenzino la non convenienza ad attuare il
progetto, se privo del riconoscimento dei crediti di emissioni prodotti;
la realizzazione del progetto non deve essere equivalente a quella prevista da un
possibile “business as usual scenario” comunemente definito come baseline di
riferimento: in pratica è necessario dimostrare che le attività intraprese non
sarebbero avvenute comunque per oggettive necessità imposte ad esempio da
vincoli normativi, dall’applicazioni di standard di riferimento, dalla necessità di
adeguamento tecnologico, dalla riqualificazione e/o sostituzione di strutture ed
apparecchiature comunque obsolete, rientrando quindi in interventi comunque
pianificati nella normale gestione e non chiaramente finalizzati alla riduzione delle
emissioni di gas serra;
le emissioni di gas ad effetto serra devono risultare inferiori rispetto a quelle che si
avrebbero avute in assenza di progetto, oppure;
l’assorbimento delle emissioni di anidride carbonica deve risultare maggiore di
quella che si avrebbe avuta in assenza di progetto.
I progetti possono essere definiti come “Progetti VER” nel momento in cui le “Emission
Reductions” vengono verificate in accordo ad uno Standard da una Terza Parte
Indipendente. Nella scelta dello Standard si deve perseguire la massima credibilità e
trasparenza, e contemporaneamente la massima semplicità dei processi di validazione e
verifica in modo da non comportare un forte aumento costi di realizzazione,
problematica che si potrebbe presentare soprattutto per i progetti di piccola taglia, i
cosiddetti small-scale.
148
Quando un Ente Locale decide di realizzare un progetto di riduzione delle emissioni serra,
deve anche decidere a quale standard affidarsi per la validazione dei risultati conseguiti.
Di seguito si propongono alcuni elementi di attenzione che possono supportare una
pubblica amministrazione nella scelta:
- Promotori dello standard, ovvero gli stakeholder associati allo schema che ne
promuovono sviluppo e diffusione. La natura degli stakeholder promotori si riflette negli
obiettivi insiti nello standard e nella sua diffusione.
- Quota di mercato, ovvero grado di diffusione dello standard, cui sono legate
riconoscibilità, utilizzabilità e importanza dello standard in quanto tale.
- Requisiti di addizionalità previsti (ovvero maggiore o minore rigorosità di applicazione
del requisito di addizionalità rispetto al benchmark - CDM), da valutare anche alla
luce della soggettività di cui ha dimostrato di soffrire il requisito (addizionalità rispetto
ad una baseline di progetto data dalle politiche e dai progetti già
pianificati/programmati) e del previsto sviluppo da parte di alcuni standard (es. VCS e
VER+) di un meccanismo di addizionalità basati sulla prestazione ambientale ottenuta
(c.d. benchmark tool).
- Verifica di terza parte, che assicura maggiore credibilità alle verifiche condotte.
- Separazione tra processi di verifica e approvazione dei progetti, ovvero esistenza o
meno di un organismo promotore che ha la funzione di ulteriore verifica tecnica e di
approvazione ultima del progetto, successivamente alla verifica di terza parte
condotta da un ente accreditato. Alcuni standard non prevedono tale ruolo di
approvazione ma solo una verifica da parte di un soggetto indipendente, dando
luogo alla possibilità di conflitti di interesse (chi convalida i crediti ottenuti viene
pagato direttamente da chi realizza il progetto).
- Funzionamento di un registro relativo ai crediti convalidati tramite lo standard,
elemento molto importante sia per garantire l’assenza di doppie contabilizzazioni sia
per fornire certezza sul soggetto titolare dei crediti validati (specie nel caso in cui
diversi stakeholder siano coinvolti nel/nei progetto/i).
- Tipologie di progetti certificabili: ogni standard ha un proprio campo di applicazione,
dato dalle tipologie di progetti cui è applicabile.
- Esclusione di progetti con impatti ambientali/sociali negativi: alcuni progetti di
riduzione delle emissioni possono avere impatti di tipo ambientale o sociale negativi
(ad es. progetti di piantumazione o di sviluppo di monoculture suscettibili di modificare
la biodiversità di un habitat). Alcuni standard individuano ed escludono per questo
motivo alcune tipologie di progetti dal proprio campo di applicazione.
- Esistenza di requisiti relativi all’ottenimento di benefici congiunti (ambientali,
economici, di equità sociale), ovvero relativi al contributo del progetto allo sviluppo
sostenibile dell’economica locale. Alcuni standard di certificazione dei crediti volontari
includono requisiti di questo tipo e possono essere strumentali rispetto al più ampio
sviluppo di politiche o al coinvolgimento nei mercati volontari di soggetti altrimenti
tendenzialmente inattivi.
- Prezzo di mercato del credito certificato. Utilizzabile soprattutto per una lettura
comparata del grado con cui i mercati riconoscono il valore di una maggiore
rigorosità e/o credibilità.
Attualmente, in un panorama che contempla circa una ventina di standard volontari
realizzati a livello internazionale, i principali standards solitamente più utilizzati in ambito
volontario sono i seguenti:
149
VER+ Standard, introdotto dall’ente di Certificazione TÜV SÜD ha, utilizza criteri in
linea con quelli dei meccanismi flessibili introdotti dal Protocollo di Kyoto (CDM e JI),
inclusa la richiesta dell’addizionalità del progetto che deve provare di non
appartenere ad uno scenario business as usual. La differenza principale rispetto al
CDM e al JI risiede nel fatto che questi progetti non portano ad una registrazione
con l’UNFCCC e quindi non vengono contati nei bilanci dei Paesi dell’Allegato I.
Gold Standard, nato da una iniziativa del WWF ed è stato sviluppato da una serie di
NGOs, aziende e organizzazioni governative. Risulta più restrittivo del CDM ed è
caratterizzato dalla necessità, per gli sviluppatori di progetto, di eseguire uno studio
approfondito sul contributo dei progetti allo sviluppo sostenibile. Mentre lo standard
è stato originariamente creato per supportare i progetti CDM, esso è attualmente
utilizzato anche per la realizzazione di progetti volontari con uno standard costruito
ad hoc. I crediti generati dall’implementazione di progetti secondo tale standard
sono definiti Gold Standard Voluntary Emission Reductions (GS VERs) e sono
contabilizzati in un apposito registro. Tale standard include solamente progetti di
efficienza energetica ed energia rinnovabile e che contribuiscano
significativamente allo sviluppo sostenibile. Lo standard esclude progetti sull’uso dei
suoli e sulle foreste.
Voluntary Carbon Standard (VCS), sviluppato dallo IETA (International Emission
Trading Association), si focalizza solo sulle riduzioni di emissioni mentre non richiede
requisiti raggiuntivi in termini benefici sociali o ambientali. Per quanto riguarda
l’analisi dell’addizionalità e il calcolo della baseline il VCS si basa sulle metodologie
sviluppate dall’UNFCCC per il CDM. Al VCS sono affiliati diversi registri dove sono
contabilizzati i crediti generati secondo lo standard, denominati Voluntary Carbon
Units (VCUs).
Una valutazione dei criteri citati applicata a questi 3 standard, per esempio, può essere
riassunta in forma tabellare.
150
Sta
ndar
d
Pro
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Quo
ta d
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M)
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zzo
di m
erca
to
(indi
cativ
o) €
CDM UNFCCC Ampia = Sì Sì Sì Tutte tranne REDD, HFC, nucleare
No = 14-30
Gold Standard
NGOs ambientali (tra cui WWF)
Piccola ma in crescita
=/+5 Sì Sì Previsto
Solo progetti per Efficienza Energetica e sviluppo di Fonti Energetiche Rinnovabili
Sì + 10-20 (CER +10)
VCS 2007
Organizzazioni del mercato ETS (es. IETA)
Standard recente, prevista ampia
=6 Sì No Previsto Tutte tranne HFC
No - 5-15
VER+
Organizzazioni del mercato ETS (es. TÜV SÜD)
Piccola ma in crescita
= Sì No Sì
Tipologie CDM tranne grandi impianti idroelettrici
Sì - 5-15
Il VCS è lo standard che si presume possa avere la futura maggior diffusione, in quanto
risponde in maniera efficace alle necessità di credibilità e semplicità, facendo chiaro
riferimento ai requisiti previsti dagli standard ISO di riferimento per la gestione e verifica di
progetti di riduzione delle emissioni di gas serra (ISO 14064). Il VCS è stato ideato ed è
gestito dallo IETA (International Emission Trading Association), Organizzazione non
Governativa che ne assicura criteri di indipendenza. In particolare, la conformità della
validazione, monitoraggio e verifica del progetto ai requisiti della ISO 14064-3:2006
assicurano l’utilizzo di metodologie internazionalmente accettate. Lo standard inoltre
ammette tutte le tipologie di progetti, a patto che per le riduzioni o le rimozioni di emissioni
realizzate non si verifichi un doppio conteggio dei crediti generati e non impone nessuna
restrizione in riferimento alla localizzazione dei progetti (esempio paesi Annex I e non
Annex I del Protocollo di Kyoto).
Per quanto riguarda la Verifica da Terza Parte Indipendente è solitamente appropriato
che la scelta ricada sui DOE (Designated Operation Entity), enti di certificazione preposti,
le cui competenze in materia di gas serra sono state verificate e accreditate dalle Nazioni
Unite.
5 Per progetti di grande dimensione il requisito di addizionalità è lo stesso previsto dal CDM. Diversamente dal CDM, il GS prevede
l’addizionalità anche per i progetti di piccola scala. 6 Requisiti di addizionalità e relativi strumenti di verifica sono attualmente previsti, ma non ancora operativi
151
I volumi di scambio dei mercati volontari, se confrontati con quelli dei mercati cogenti
(es.: mercato EU ETS), sono oggi decisamente minori, ma in crescita esponenziale7. Nel
mercato volontario la crescita della domanda dipende solamente dalla volontà di
compensare le proprie emissioni, mentre in un mercato cogente la domanda dipende
essenzialmente dalla necessità di essere conforme a dei limiti stabiliti da un regolamento.
Le possibilità di sviluppo del mercato volontario riguardano spesso progetti di
riforestazione, nei quali vengono certificati progetti di ampliamento del patrimonio
forestale di un dato territorio comunale, provinciale o regionale, quantificando la CO2
che un'area boschiva è in grado di attuare tramite sequestro e fissazione. L'abbattimento
dei gas serra può essere ottenuta grazie alla riforestazione e la corretta gestione delle
foreste e delle terre agricole, con il coinvolgimento attivo delle imprese agricole presenti
sul territorio. Analoga diffusione riscontrano i progetti tecnologici, nei quali viene
certificata la riduzione delle emissioni dovuta alla realizzazione di progetti a tecnologia
pulita intrapresi sul territorio. La realizzazione di tali progetti su base volontaria può
permettere agli Enti locali la realizzazione di obiettivi specifici, quali calcolare e certificare
il contributo all'effetto serra di una ben delimitata area territoriale (es.: Provincia, distretto
industriale,…) e garantire la diminuzione delle emissioni tramite azioni opportune,
legittimando la propria credibilità e trasparenza verso i fruitori del territorio e i singoli
cittadini.
Relativamente ai contributi locali alla mitigazione dei cambiamenti climatici, infine,
possono essere avviati e finanziati sul territorio progetti di vasta portata da parte delle
Pubbliche Amministrazioni, in grado di offrire un contributo significativo al contenimento
dei gas serra.
7 Hamilton K., Sjardin M., Marcello T., Xu G. “Forging A Frontier: State of the Voluntary Carbon Markets 2008.” (2008) Washington, DC;
London, UK: The EcoSystem Marketplace, New Carbon Finance
152
Appendice L – Esempio di struttura del Registro Nazionale dei Progetti di Riduzione
1. PROCESSI DEL REGISTRO
Descrizione
Il registro nazionale, riguardante i progetti di riduzione delle emissioni realizzate sul territorio
in accordo con quanto definito dalle LLGG Cartesio, potrebbe essere realizzato come
un’applicazione web che consenta l’effettuazione dei seguenti processi:
iscrizione ed abilitazione degli utenti del registro (Account Holder): l’iscrizione al
registro porterebbe alla creazione di un account;
gestione degli account;
registrazione di progetti validati (da parte di un Validatore di Terza Parte) che
generano quote di riduzione (QDR);
registrazione delle quote di riduzione relative ai singoli progetti validati ogni qual
volta il titolare del progetto richieda la verifica da parte di Verificatori di Terza Parte
abilitati;
gestione delle quote di riduzione:
o trasferimento delle QDR tra attori iscritti al registro, mediante operazioni di
acquisto e di vendita;
o ritiro permanente delle QDR dal registro, per:
trasferimento di quote ad attori non iscritti al registro, che intendano
utilizzarle per neutralizzare le emissioni connesse alla propria attività.
trasformazione delle QDR in crediti volontari nell’ambito di altri sistemi
volontari internazionali (al fine di evitare double counting);
annullamento per compliance, ovvero ritiro delle QDR nel caso queste
vengano utilizzate dal titolare per provare il raggiungimento di un
obiettivo di riduzione imposto da un’Ente Sovraordinato (valido solo in
caso di burden sharing) ;
double counting a seguito di riscontro di doppia registrazione di
riduzioni delle emissioni in sistemi diversi
emissione di report e statistiche;
Utenti del registro (Account Holder)
Le tipologie di attori iscritti al registro potrebbero essere:
amministratore/i del registro = funzioni di gestore del sistema incaricate di gestire il
registro; abilitate a:
o visualizzare tutta la documentazione (anche quella non pubblica) per tutti i
progetti;
o confermare la iscrizione e pubblicazione di nuovi progetti;
153
o iscrivere le QDR relative al progetto, a seguito dell’attestato fornito dal
verificatore di parte terza;
o emettere un attestato di trasferimento ad altri sistemi o ritiro permanente di
QDR, richiesti dal titolare delle quote;
o in generale, gestire i contenuti pubblici e privati del registro: news,
documentazione, modulistica, faq…;
Enti aderenti al sistema proposto nelle LLGG, nella forma di:
titolari di progetto = Enti che presentano progetti di riduzione delle emissioni;
titolari delle quote di riduzione = soggetti aventi diritti di titolarità sulle quote di
riduzione perchè generate dal progetto da loro implementato (secondo i
requisiti fissati dal capitolo 4 delle presenti Linee Guida) o perchè acquistate
sulla piattaforma di scambio.
Soggetti pubblici o privati, non aderenti al sistema proposto nelle LLGG, in qualità di
acquirenti di quote di riduzione. Tali soggetti dispongono di uno specifico account
che consente unicamente operazioni di acquisto.
Va sottolineato che il Registro Nazionale si comporrà di sezioni relative alle Regioni che
progressivamente decideranno di applicare il sistema proposto e si uniranno al sistema di
rendicontazione e di valorizzazione delle QDR delineato nelle presenti Linee Guida. Le
sezioni regionali del Registro Nazionale saranno strutturate in modo omogeneo e
compatibile, in modo da garantire l’aggiornamento automatico e l’interconnettività fra le
diverse sezioni.
2. SITO PUBBLICO
Proponiamo di seguito alcune esemplificazioni relative all’impostazione dei contenuti e
alla struttura grafica del Registro.
Contenuti
Il sito web dovrebbe essere costituito almeno dalle seguenti sezioni:
HOME PAGE
AREA PUBBLICA: quest’area fornisce le informazioni principali (localizzazione
geografica, promotore, DDP, QDR previste e/o generate) in merito ai Progetti
promossi dagli Enti Locali, siano essi registrati, in registrazione, sotto revisione o
terminati
AREA RISERVATA: area del registro su cui potranno accedere esclusivamente i
soggetti in possesso di apposito account, in cui sono disponibili, oltre le informazioni
presenti nell’Area Pubblica, il dettaglio di QDR previste, generate, trasferite, vendute
NEWS
DOCUMENTAZIONE
LINK
154
Esempi di visualizzazione
AREA PUBBLICA
AREA RISERVATA
Log out
HOME
INVENTARIO NAZIONALE Area Pubblica
AREA RISERVATA Log In
Progetti in registrazione Progetti registrati Progetti terminati Progetti in revisione Progetti terminati
DOCUMENTAZIONE
LINK
Comune XX Provincia YY Regione ZZ Comune AA Comune BB
120.000
PROGETTI REGISTRATI
Progetto Titolare Tipologia Progetto
QDR maturate
Documentazione
Progetto 01 Progetto 02 Progetto 03 Progetto 04 Progetto 05
30.000 20.000 50.000 10.000 25.000
EE ER MS ER EE
Anno
2010 2010 2011 2012 2011
AREA PUBBLICA
EE = Efficienza Energetica ER= Energia Rinnovabile MS = Mobilità Sostenibile ... RE EE mobilità sost.
DDP Certificato Report di Validazione Report di Monitoraggio Report di Verifica
Accedi ai Documenti Accedi ai Documenti Accedi ai Documenti Accedi ai Documenti Accedi ai Documenti
COMUNE XXXX
Log out
Account: XX-0001
HOME
AREA PUBBLICA
Benvenuto nella tua area riservata.
I tuoi progetti registrati sono: Progetto 01 Progetto 02 Progetto 03
QDR totali disponibili: 37.000 tCO2
INVENTARIO NAZIONALE Area Riservata
AREA RISERVATA Progetti in registrazione Progetti registrati Progetti terminati Progetti in revisione Progetti terminati
DOCUMENTAZIONE
LINK
Vedi dettaglio
Vai alla scheda progetto
Vai alla scheda progetto
Vai alla scheda progetto
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Quadro riassuntivo delle QDR
155
AREA RISERVATA: SCHEDA PROGETTO 01
AREA RISERVATA: QUADRO RIASSUNTIVO QDR
COMUNE XXXX
Log out
Account: XX-0001 HOME
AREA PUBBLICA
INVENTARIO NAZIONALE Area Riservata
AREA RISERVATA
Log In
Progetti in registrazione Progetti registrati Progetti terminati Progetti in revisione Progetti terminati
DOCUMENTAZIONE
LINK
50.000 40.000 20.000 10.000
120.000
QUADRO RIASSUNTIVO QDR
Progetto QDR maturate
QDR vendibili
QDR vendute
QDR annullate
QDR disponibili
Progetto 01 Progetto 02 Progetto 03 Progetto 04
25.000 20.000 10.000 5.000
60.000
20.000 10.000 1.000
0
31.000
0 0
2.000 0
2.000
5.000 10.000 7.000 5.000
10.000 37.000
Anno di validazione
2010 2010 2011 2012
QDR acquistate
TOTALE
COMUNE XXXX
Log out
Account: XX-0001 HOME
AREA PUBBLICA DDP Certificato Report di Validazione Report di Monitoraggio Report di Verifica
INVENTARIO NAZIONALE Area Riservata
AREA RISERVATA
Log In
Progetti in registrazione Progetti registrati - Progetto 01 Progetti terminati Progetti in revisione Progetti terminati
DOCUMENTAZIONE
LINK
Progetto 01
PROGETTO 01 - DETTAGLIO DELLE QDR
Anno QDR maturate
QDR vendibili
QDR vendute
QDR annullate
QDR disponibili
2010 2011 2012 2013
10.000 10.000 10.000 10.000
5.000 5.000 5.000 5.000
5.000 3.000
0 0
0 0
1.000 0
0 2.000 4.000 5.000
Quadro riassuntivo delle QDR
Quadro riassuntivo delle QDR