15
Schede sinottiche Musei Museo del Cinema Concepito come un “recinto magico” consente un viaggio conoscitivo e sentimentale nella Settima Arte ed una esperienza di immersione emotiva nel Cinema. Museo d’Autore, strumento di qualificato recupero dell’identità culturale del territorio, il Museo del Cinema espone le foto dei set durante le riprese di film che intrattengono una relazione profonda con l’Isola e con la letteratura siciliana contemporanea: sono film di Rossellini, Visconti, Bolognini, Antonioni, Germi, Rosi, Pasolini ed altri ancora. Museo dello Sbarco in Sicilia del ‘43 Dedicato all'avvenimento storico, durante la seconda guerra mondiale, che avviò la Sicilia e l'Italia tutta verso la liberazione dall'occupazione tedesca, il Museo ripercorre le tappe degli scontri di guerra che si svolsero soprattutto nella Sicilia occidentale come Gela, Augusta, Agira, Floridia, Troina, Ponte di Primo Sole, Catania, Messina. Testimonianza viva e concreta di ciò che avvenne in Sicilia, è stato ideato e voluto per non dimenticare ciò che è stato e per riflettere su ciò che vogliamo per il futuro. Mostra permanente delle Antiche carte geografiche della Sicilia (Collezione La Gumina) La collezione cartografica raccoglie 143 carte geografiche della Sicilia prodotte tra il XV e il XIX secolo, consentendo al visitatore una lettura dell'immagine del territorio siciliano nelle sue connotazioni storiche e religiose, oltre che strettamente geografiche. Mostra permanente delle Radio d’epoca (Collezione Romeo) In esposizione 440 radio, prestigiosi esemplari trovati in Italia e all’estero dal collezionista in oltre quaranta anni di appassionata ricerca all’insegna della nostalgia per i bei “mobili parlanti” di un tempo. Un percorso nella memoria e nell’evoluzione tecnologica e stilistica della radio, con modelli quali “Radio Rurale”, “Radio Balilla”, “Radio Roma”.

L'invenzione di Kuta - provincia.ct.it · Sicilia, è stato ideato e voluto per non dimenticare ciò che è stato e per riflettere su ciò che ... della storia in ... e la forza di

Embed Size (px)

Citation preview

Schede sinottiche

Musei 

Museo del Cinema 

Concepito come un “recinto magico” consente un viaggio conoscitivo e sentimentale nella Settima Arte ed una esperienza di immersione emotiva nel Cinema. Museo d’Autore, strumento di qualificato recupero dell’identità culturale del territorio, il Museo del Cinema espone le foto dei set durante le riprese di film che intrattengono una relazione profonda con l’Isola e con la letteratura siciliana contemporanea: sono film di Rossellini, Visconti, Bolognini, Antonioni, Germi, Rosi, Pasolini ed altri ancora.  

Museo dello Sbarco in Sicilia del ‘43 

Dedicato all'avvenimento storico, durante la seconda guerra mondiale, che avviò la Sicilia e l'Italia tutta verso la liberazione dall'occupazione tedesca,  il Museo ripercorre le tappe degli scontri di guerra che si svolsero soprattutto nella Sicilia occidentale come Gela, Augusta, Agira, Floridia, Troina, Ponte di Primo Sole, Catania, Messina. Testimonianza viva e concreta di ciò che avvenne in Sicilia, è stato ideato e voluto per non dimenticare ciò che è stato e per riflettere su ciò che vogliamo per il futuro. 

 Mostra permanente delle Antiche carte geografiche della Sicilia (Collezione La Gumina) 

La collezione cartografica raccoglie 143 carte geografiche della Sicilia prodotte tra il XV e il XIX secolo, consentendo al visitatore una lettura dell'immagine del territorio siciliano nelle sue connotazioni storiche e religiose, oltre che strettamente geografiche.  

 Mostra permanente delle Radio d’epoca (Collezione Romeo)  In esposizione 440 radio, prestigiosi esemplari trovati in Italia e all’estero dal collezionista in oltre quaranta anni di appassionata ricerca all’insegna della nostalgia per i bei “mobili parlanti” di un tempo. Un percorso nella memoria e nell’evoluzione tecnologica e stilistica della radio, con modelli quali “Radio Rurale”, “Radio Balilla”, “Radio Roma”.  

Mostre 

Premi Nobel per la Pace di Monika Hafner, a cura della Fondazione Metropolitan di Milano  

  Sono qui presentati tutti coloro che ebbero il pregio e la sorte di meritare nel corso dell’ultimo secolo e all’inizio del nuovo millennio i premi Nobel per la Pace. Si tratta di uomini e di donne straordinarie, che hanno segnato in qualche modo il destino stesso del mondo ‐ in alcuni casi illuminando la propria esistenza con avvenimenti appariscenti; in altri casi influendo con la loro tenace perseveranza sui propri tempi e sul corso stesso della storia in maniera più nascosta, agendo come tessitori instancabili di idee e di iniziative, sempre volte al benessere dell’umanità e dei popoli: personalità in cui si univano la continuità dell’azione e il merito dell’esempio. In mostra sono esposti 94 ritratti a china e carboncino realizzati dall’artista ungherese Monika Hafner che dal 2003  si dedica a questo progetto aggiornandolo di anno in anno, affinché rimanga una mostra che continua a vivere e a trasmettere speranza. Tra i più noti: Madre Teresa di Calcutta, Albert Schweitzer, il Dalai Lama Tenzin Gyatso, Willy Brandt, Martin Luther King, Kofi Annan, Andrej Sacharov, Theodore Roosevelt, Woodrow Wilson, Nelson Mandela, Rigoberta Menchù, Desmond Tutu, Elie Wiesel, Michail Gorbaciov, Yitzhak Rabin, Jimmy Carter, Fridtjof Nansen, Aung San Suu Kyi, Muhammad Yunus (inventore del microcredito), Lech Walesa, Yasser Arafat,  Shimon Peres, Bertha von Sutter (che ispirò i Premi Nobel), Henry Dunant (fondatore della Croce Rossa e primo Premio Nobel per la Pace, nel 1901), e  quello dello stesso Alfred Nobel.  Pittrice e scultrice,  Monika Hafner è nata a Budapest nel 1968, ha frequentato il Liceo per le Belle Arti e per l’Arte Applicata di Budapest e l’Accademia delle Belle Arti di Brera. Oltre a una decina di mostre personali, effettuate per lo più a Budapest (in Italia a Modena e Bologna), ha partecipato a numerosissime mostre collettive. Nel 2000 ha ottenuto al Salon di Brera il primo premio per la scultura, e a Budapest il Gran Premio della rivista Cosmopolitan "Tu sei la migliore". 

Pinocchio mangia Pinocchio, di Paolo Tesi, a cura della Fondazione Collodi.  

  Una mostra dell’artista pistoiese Paolo Tesi, dedicata al burattino più famoso del mondo.  In esposizione, fino al 2 maggio, una cinquantina di pezzi, che spaziano dal disegno su carta, all’olio su tela, al collage, all’inchiostro di grandi dimensioni (fino a 3 metri x 150 cm) realizzato su supporti alternativi, come la carta per manifesti pubblicitari. In mostra anche un centinaio di pubblicazioni su Pinocchio, editati nel corso degli anni, ed una trentina di giocattoli antichi.  Paolo Tesi è pittore ma anche illustratore, grafico e critico d’arte. Da anni è impegnato nella didattica del disegno per adulti. Dal 1990 pubblica “Ombrone”, una rivista di arte e letteratura.  Ha esposto a Roma, Firenze, Napoli, Verona, Lugano, Urbino, Oristano, Montecatini, Senlis (Francia).  

Letteratura   

Fabio Volo Il tempo che vorrei  ‐ Mondadori, 2009 

  Un padre, un figlio e un viaggio in treno. E l’occasione per il ragazzo di pensare alla sua infanzia... e all’amore finito, di riflettere su temi come l’amicizia e il lavoro. E soprattutto sul rapporto con la persona che gli è seduta di fronte, suo padre. "Amo mio padre. Lo amo con tutto me stesso. Amo quest’uomo quest’ uomo che quando ero piccolo non sapeva mai quanti anni avevo. Amo quest’uomo che ancora oggi non riesce ad abbracciarmi a dirmi "Ti voglio bene". In questo siamo uguali. Ho imparato da lui. Neanche io riesco a farlo".  "I'll trade all my tomorrows for a single yesterday: cambierei tutti i miei domani per un solo ieri, come canta Janis Joplin." È forse proprio questo il tempo che vorrei.   Lorenzo non sa amare, o semplicemente non sa dimostrarlo. Per questo motivo si trova di fronte a due amori difficili da riconquistare, da ricostruire: con un padre che forse non c'è mai stato e con una lei che se n'è andata. Forse diventare grandi significa imparare ad amare e a perdonare, fare un lungo viaggio alla ricerca del tempo che abbiamo perso e che non abbiamo più.  È il percorso che compie Lorenzo, un viaggio alla ricerca di se stesso e dei suoi sentimenti, quelli più autentici, quelli più profondi.  Il nuovo libro di Fabio Volo è anche il più sentito, il più vero, e la forza di questa sincerità viene fuori in ogni pagina. Ci si ritrova spesso a ridere in momenti di travolgente ironia. Ma soprattutto ci si ritrova emozionati, magari commossi, e stupiti di quanto la vita di Lorenzo assomigli a quella di ciascuno di noi.  Fabio Volo è nato nel 1972. Voce del programma di Radio Deejay "Il Volo del mattino", è stato uno dei presentatori del programma televisivo "Le Iene", e ha condotto 'Ca' Volo' su MTV.  Ha scritto Esco a fare due passi (Mondadori 2001), È una vita che ti aspetto (Mondadori 2003), Un posto nel mondo (Mondadori 2006) e Il giorno in più (Mondadori 2007).    

 

 

 

 

 

 

Roberto Alajmo L'arte di annacarsi – Un viaggio in Sicilia – laterza, 2009 

 

 ‘Annacare/annacarsi’ è  in dialetto siciliano un verbo  insidioso, difficilmente  traducibile  in  italiano. Quel  che  più  si  avvicina  è  ‘cullare/cullarsi’, ma  non  è  proprio  la  stessa  cosa. L’arte  di  annacarsi prevede il muoversi il massimo per spostarsi il minimo. Una immagine che descrive bene lo spirito dell’isola  e  più  ancora  la  disposizione  d’animo  dei  siciliani  tessuta  di  diffidenza. Ogni  viaggio  in Sicilia, anche quello intrapreso in questo libro, diventa una specie di  ‘danza immobile’. attorno alla geografia  e  alla  filosofia,  alla  storia,  al  folklore  e  alla  gastronomia,  scoprendo  che  fra  le  diverse discipline  esistono  continui  rimandi  a  una  trama  inestricabile.”‘Pur  restando  immobile,  l’Isola  si muove. Non è uno di quei posti dove si va a cercare la conferma delle proprie conoscenze. È invece un  teatro  dove  le  cose  succedono  da  un momento  all’altro.  È  un  susseguirsi  di  scatti  prolungati, pause per rifiatare e ancora fughe in avanti”. Come l’Isola, Alajmo procede a zig‐zag in un itinerario non  lineare,  senza  vincoli  di  percorso  né  di  tempo,  da  un  capo  all’altro,  sulla  base  di  pure suggestioni, guidato dalla bellezza, accompagnato da un lucido pessimismo. Come un atto d’amore che non si nasconde nessuna vergogna dell’oggetto amato: capita di innamorarsi di una canaglia. E anche se lo sai, che puoi farci? 

«Enorme – davvero: enorme, e unica, e inspiegabile – è l'ossessione meteorologica dei siciliani. Se c'è brutto tempo si sentono in colpa, si giustificano, come se avessero invitato qualcuno a casa propria facendogli trovare la tovaglia macchiata di sugo». Una stravaganza, ma non l'unica. Se andate a Scicli troverete, per esempio, un'insolita raffigurazione della Grande Madre: in tutto il Mediterraneo è una figura archetipica soavemente benigna, mentre qui si trasforma nella Madonna delle Milizie, armata e a cavallo, parecchio minacciosa. Ma è tutta la Sicilia a essere, oltre che se stessa, anche il contrario di sé, capace di amori smisurati, che si esprimono nella fisicità degli incontri: è il tatto a prevalere fra i cinque sensi. I siciliani toccano. Ti toccano un braccio mentre cercano di capire di cosa hai bisogno e  anche  di  cosa  non  sai  ancora  di  avere  bisogno.  La  sensazione  di  essere  toccati  può  rivelarsi sgradevole, per  il viaggiatore, ma anche  lui a poco a poco si abitua, e alla  fine qualcuno persino si dispiace quando poi nessuno lo tocca più. Apparenti contraddizioni e immobili mutamenti rendono lo spirito di una terra piena di angoli insospettabili.   Indice ‐ Sommario 

Premessa. Le mani avanti ‐ 1. Marsala e Calatafimi. Visto che da qualche parte bisogna cominciare – 2. Palermo. Teoria e tecniche dell'annacamento – 3. Ustica. L'isola che mette in scena la rappresentazione di se stessa – 4. Lampedusa. L'evoluzione non esclude che gli uomini possano comportarsi come certe       razze animali, e segnatamente le testuggini – 5. Mazara del Vallo. In attesa del meglio, forse conviene accontentarsi del meno peggio – 6. Portopalo. La ubris non era un'invenzione dei tragici greci – 7. La Scala dei Turchi. Ogni popolo ha il suo scheletro nell'armadio – 8. San Vito Lo Capo. Il destino di trovarsi accanto al posto più bello del mondo  – 9. Intermezzo. Vita sentimentale e vicissitudini postume di Federico II 

– 10. Favignana. Forse il cubismo esisteva già in natura – 11. Selinunte. Certi posti si capiscono meglio andando da un'altra parte – 12. Segesta. Il malinteso teatro, i teatri malintesi – 13. Agrigento. Elementi di pirandellismo applicati all'idraulica e alla meteorologia – 14. Sciacca. Ogni testa è tribunale – 15. Polizzi Generosa. Sfortuna è scoprire la propria felicità quando è troppo tardi – 16. Intermezzo. Don Chisciotte e gli altri – 17. L'habitat ideale dei personaggi romanzeschi – 18. Pantelleria. L'invenzione dell'invenzione – 19. Gibellina. Le buone intenzioni quasi mai riescono a bastare – 20. Noto e Avola. Esistono città cicala e città formica, e di solito non vanno per niente d'accordo fra loro – 21. Siracusa. La variante siciliana della madre ebrea – 22. Scicli. La Madonna bellicosa e suo figlio che manco scherza – 23. Tindari. Del resto chi l'ha detto che una Madonna non possa essere suscettibile? – 24. Intermezzo. A una festa non bisogna chiedere troppa coerenza, né politica né religiosa – 25. Enna, Nicosia, Niscemi, Caltagirone, Palazzo Adriano. C'è sempre un cuore che batte al centro – 26. Castelbuono. Un'eccezione che conferma le peggiori regole – 27. Intermezzo. Il viaggio in Sicilia come genere artistico a sé stante – 28. Catania. A un certo punto qualcuno deve aver dato il segnale di immersione rapida – 29. Le Gole dell'Alcantara. Non è che bellezza e perversione siano incompatibili, anzi – 30. Le Eolie. Persino la bellezza più pacificata nasconde un'inquietudine latente – 31. Mozia. Bisogna sì volare alto, ma certe volte la bellezza si trova in un dettaglio 

– 32. Castel di Tusa. Antonio Presti, ovvero la strategia del dono – 33. Mineo. I sogni fatti in Sicilia non durano mai troppo – 34. Cefalù. L'osmosi della somiglianza prende il sopravvento – 35. Intermezzo. Breve storia del vino siciliano, dove si capisce che la fortuna conosce solo strade tortuose – 36. Taormina. Elogio delle strade traverse e del vivere nascostamente – 37. Trapani. I sensi sono cinque, ma certe popolazioni ne sviluppano alcuni meglio di altri – 38. Erice. Nella lotta dell'uomo contro l'omologazione il fronte passa dal sonno pomeridiano – 39. Modica. Il vantaggio di trovarsi lontano da ovunque – 40. Ragusa. Un'isola nell'isola nell'isola – 41. Messina. Prima o poi, in un modo o nell'altro, i viaggi trovano comunque una conclusione possibile  

                     

Donatella Marazziti, La natura dell’amore – Rizzoli, 2006 

Capire i meccanismi dei sentimenti per liberarsi dalla sofferenza

Qual è l'origine del "mal d'amore"? Perché l'amore è così spesso causa di sofferenza? Perché ci sono persone che non riescono ad amare, e persone che passano da un'infatuazione all'altra? Perché alcuni si attaccano ossessivamente alla persona amata, mentre altri non sanno andare oltre un legame superficiale? Questi comportamenti dipendono dall'ambiente o dalla storia psicologica di ciascuno, oppure esistono cause biologiche, che vanno ricercate nella fisiologia del cervello? In questo libro l'autrice guida il lettore attraverso le ultime scoperte delle neuroscienze per illustrare la biologia dell'amore e mostrare i meccanismi molecolari nelle varie parti del cervello che sono coinvolti nei nostri sentimenti. Per questo il libro è un manuale per guarire l'amore malato. Nella nostra società, l'amore è il sentimento principe, la pietra angolare delle relazioni affettive, il fulcro della nostra esistenza. Non è sempre stato così: il ruolo attuale dell'amore è il risultato di un lungo processo storico e culturale, e idee che ci sembrano scontate - per esempio, che l'amore sia il presupposto fondamentale del matrimonio - sono in realtà molto recenti. Ma anche se la nostra vita amorosa - sentimentale e sessuale - è molto più libera e meno soggetta ai condizionamenti sociali, siamo per questo più felici che in passato? Le nostre unioni sono più durature? È più facile sfuggire alle pene d'amore? Soprattutto, siamo sicuri di sapere davvero che cos'è l'amore? Il saggio innovativo e riccamente documentato di Donatella Marazziti nasce proprio dall'esigenza di fare il punto sulle conoscenze attuali sull'amore, e in particolare sui processi biologici che stanno alla base dell'attrazione e dell'attaccamento, che illuminano i vari tipi di amore, che spiegano i diversi atteggiamenti di uomini e donne. Studiare la biologia dell'amore non significa degradare i sentimenti: significa esaminare dall'interno gli affascinanti meccanismi molecolari ad essi associati, e in questo modo proporre nuove risposte ad antichi interrogativi. Siamo liberi di innamorarci? Qual è il rapporto, nelle scelte d'amore, fra "ragione" e "sentimento"? Perché alcuni si attaccano ossessivamente alla persona amata, o si rifiutano di accettare la fine di una relazione, mentre altri non sanno andare oltre un legame superficiale? Questi comportamenti dipendono dall'ambiente o dalla storia psicologica di ciascuno, oppure esistono cause biologiche, che vanno ricercate nella fisiologia del cervello? L'"amore malato" può essere curato, così come si curano la depressione o i disturbi della personalità? Osservare l'universo dell'amore dalla prospettiva delle neuroscienze - che nell'ultimo mezzo secolo hanno rivoluzionato le nostre concezioni non solo del cervello, ma della natura stessa della mente - significa intraprendere un cammino di conoscenza che potrà aiutarci a vivere meglio. Professore Associato di Psichiatria dell’Università di Pisa. è membro membro fondatore del Collegio Internazionale per disturbo ossessivo‐compulsivo; fa parte del Comitato esecutivo dell European College of Neuropharmacology e del Comitato per le attività educative del Collegium Internationale Psychopharmacologicum.   Ha svolto numerose ricerche sul ruolo del sistema serotoninergico nei disturbi psichiatrici ed contribuito significativamente a chiarire alcuni aspetti della sua anatomia nel cervello umano. Attualmente si occupa di dopamina, ossitocina e dei correlati biologici della passione amorosa, della gelosia, dell'ansia di separazione e attaccamento.  Ha oltre 350 pubblicazioni, perlopiù in riviste internazionali, e 7 monografie su temi psichiatrici, in particolare sugli aspetti biologici dei disturbi dell'umore, d'ansia e dell'innamoramento.  

Miette Mineo La bambola graffiata ‐ 10 storie sui diritti violati dei minori – Prampolini, 2009 

 …Ma Salima non lo sapeva. Non sapeva che un giorno avrebbe lasciato tutto questo. E che i suoni, gli umori, i colori della sua terra sarebbero a poco a poco diventati un inutile balbettio, sempre più fioco e lontano. Com’era diversa la sua vita in Africa!  I gesti, le parole, le abitudini, così lontane dalle sue che a volte non riusciva più a ricostruire quale fosse la vera realtà: se quella vissuta lì, ora, in quella dimensione così asettica, ma rassicurante, o in quegli sprazzi caotici e umorali che ogni tanto emergevano galleggiando in una zona indeterminata della sua coscienza…  Miette Mineo è nata a Catania dove insegna Lettere in una scuola media. Il suo nome è un diminutivo frutto di un “capriccio” letterario. Ha cominciato a scrivere racconti per caso, ma si è tanto appassionata da non poterne più  fare  a meno;  le  piace  inventare  situazioni,  personaggi,  ambienti  sempre  diversi  in  linguaggi  e  registri linguistici dei più vari…Uno dei suoi racconti: “Una tazza di caffè” è stato pubblicato nella rivista “Margini” edita a Palermo. Ha lavorato per diversi anni ad Amnesty International dove ha ricoperto incarichi di responsabilità, e da questo le derivano l’interesse e l’amore per i casi umani . 

 Antonio Aniante Mezz'uomo. Il mercato dei miracoli – Il Girasole, 2009   

    Il volume porta alla luce due titoli teatrali di Antonio Aniante, rintracciati da Rita Verdirame, fino ad oggi non soltanto inediti, ma addirittura conosciuti solo per sporadiche citazioni e scarne notizie non sempre attendibili: Il Mercato dei Miracoli, prima commedia dell’autore di Viagrande, redatta in due versioni, l’una italiana l’altra dialettale, databile negli anni a cavallo tra il primo ed il secondo decennio del Novecento; e l’atto unico Mezz’uomo. Due opere che ora appaiono a stampa per la prima volta.      

Giuseppina Torregrossa,  L'Assaggiatrice – Rubbettino, 2010

Gaetano, il marito, sparisce all'improvviso. Anciluzza, la moglie resta a Tummìna con due picciriddre a carico. Da matura casalinga laureata, Anciluzza si fa commerciante suo malgrado, e per guadagnarsi la vita apre una putìa di prodotti tipici siciliani. Nel retrobottega la donna cuoce zuppa di pesce, impasta cascatelle di ricotta, addensa biancomangiare alle mandorle, frigge melanzane per la caponata, conza cubetti di zucca in agrodolce, e ama. Senza risparmio. La putìa di Anciluzza accoglie corpi e li sfama, in ogni senso. Così, davanti e dietro al suo bancone, l'appassionata commerciante troverà il gusto dell'amore gioioso e fugace, e quello della carne morbida e felice di sé. L'Assaggiatrice è un racconto goloso e lieve, dolce di fichi e fresco di menta. La scrittura affascina e ammalia il lettore riportandolo alle situazioni e alle atmosfere di Vitaliano Brancati. Ogni capitolo è preceduto da una ricetta che sarà al centro del racconto successivo.  Giuseppina Torregrossa nasce a Palermo nel 1956. Vive prevalentemente a Roma, dove svolge l'attività di Ginecologa, in strutture pubbliche come la II Clinica Ostetrica della Facoltà di Medicina all'università degli Studi di Roma "La Sapienza", ed è consulente ginecologa presso varie istituzioni pubbliche della città di Roma. Dedica il suo lavoro di volontariato presso numerose associazioni romane che si occupano delle donne operate al seno. Collabora a diverse testate giornalistiche. Ha scritto "Vagina" spettacolo teatrale per la prevenzione del cancro del collo dell'utero;  ed i racconti: "Maria Consolazione", "Agosto, l'idraulico che non arriva, la mamma è sola..." "Hamman" "Salvatore" "Santina" "Nervi". "L'assaggiatrice" (Ediz. Iride ‐ Rubettino, 2007) è il suo primo romanzo, ristampato nella nuova versione allungata.  

L'invenzione di Kuta. La scrittura e la storia del libro manoscritto ‐ Carthusia, 2009 di Adriana Paolini e Roberto Piumini.  

Otto capitoli storici con differenti approfondimenti tematici, tutti dedicati alla storia dei manoscritti e al valore della scrittura, a cura di Adriana Paolini, sono illustrati da otto racconti di Roberto Piumini. Un modo suggestivo e coinvolgente per accompagnare i più piccoli alla scoperta di una delle invenzioni che più ha influenzato lo sviluppo dell'umanità: la scrittura.  Perché scriviamo? Cos'è la scrittura? Chi l'ha inventata? Chi fu il primo a scrivere? Chi scriveva, e come, nei tempi antichi? Come si è scritto, e perché, lungo i secoli passati? "L'Invenzione di Kuta" risponde a queste domande con informazioni su luoghi, modi, fatti, materiali della scrittura. Ma anche attraverso otto racconti che parlano della scrittura, mostrandola come è stata sempre e ancora è, cioè come una cosa emozionante, varia, avventurosa e molto importante per la nostra libertà.  Il  libro  è  realizzato  in  collaborazione  con  il  Ministero  per  i  Beni  e  le  Attività  Culturali  e  la Soprintendenza ai Beni Librari, Archivistici e Archeologici della Provincia autonoma di Trento. Le illustrazioni sono di Monica Zani, le storie le ha pensate Roberto Piumini, alla parte più tecnica ci ha pensato Adriana Paolini che insegna codicologia all’Università di Trento e ha esperienza di didattica del libro e della scrittura anche con le scuole.  

 

 

 

 

Margherita Badalà e Fabio Tricomi  U  Ballettu.  Memorie  e  riflessioni  sul  ballo  tradizionale  agropastorale  della  Sicilia  – Cavallotto, 2009 

  Per molti secoli è stato ballato al suono di ciaramedde e tambureddi, gli strumenti tradizionali, ed ha animato le feste religiose e pagane, accompagnando i tanti momenti della vita popolare. Gli autori di questo libro ne descrivono gli aspetti coreutici e musicali così come i significati rituali. Ampio spazio è stato lasciato sulla pagina scritta e nel dvd‐documentario che accompagna il libro».  

  Sicily black  ‐ Bonanno, 2009  Con testi di: Alberto Giovanni Biuso, Sebastiano Burgaretta, Ottavio Cappellani, Giovanni Caviezel, Gian Mauro Costa, Alessandro De Filippo, Antonino Di Giovanni, Giacomo Alessandro Fangano, Antonio Ferrero, Anita Tania  Giuga,  Silvana  Grasso,  Biagio  Guerrera,  Monika  Lustig,  Sebastiano  Mangiameli,  Santo  Piazzese, Francesco Pira, Antonio Presti, Arianna Rotondo, Rosaria Sardo, Gaetano Savatteri, Elvira Seminara, Domenico Seminerio, Chiara Tinnirello, Giuseppe Traina, Domenico Trischitta.   Con  immagini  di:  Nicola  Bolla,  Davide  Bramante,  Canecapovolto,  Rocco  Dubbini,  Francesco  Di  Giovanni, Zoltan Fazekas, Claudia Gambadoro, Nunzia Giammona, Francesco Insinga, Filippo Leonardi, Loredana Longo, Federico Lupo, Santo Mangiameli, Carmelo Nicosia. 

Se ogni isola è un archetipo, abitato da Calibani e Arieli comandati da bacchette di Prospero, le sembianze di tale archetipo sono relative rispetto all’importanza dei suoi tratti distintivi: mito, approdi e partenze, tana o trappola, favole d’identità. Sono proprio questi i titoli scelti per organizzare trama e ordito del volume. Pensieri, parole, opere e omissioni in esso raccolti formano inevitabilmente un reticolo fitto. Da ogni nodo si diramano fili che conducono ad altri nodi e ad altri fili e l’occhio del lettore è sollecitato in più direzioni. La parola, si sa, non è mai innocente, l’immagine neppure.   

Cinema  Azur e Asmar è un film d'animazione del 2006, diretto da Michel Ocelot.  

E' un film d'animazione del 2006, diretto da Michel Ocelot. Presentato nella sezione  Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 2006 e nella sezione per ragazzi "Alice nella città" della Festa del Cinema di Roma 2006.  Trama:  In Europa (dai vestiti presubilmente in Francia e nel periodo storico del tardo medioevo), una donna araba si prende cura di un bambino ricco, biondo e con gli occhi azzurri Azur facendogli da nutrice. Assieme a lei suo figlio della stessa età moro e con gli occhi scuri Asmar. I bambini crescono insieme, litigano spesso ma si vogliono anche bene e si aiutano. Il padre però li separa e scaccia la donna araba con il figlio. Da adulto Azur andrà in Africa per cercare la fata dei jin, la protagonista della favola che gli veniva raccontata dalla nutrice da piccolo, essa è prigioniera in attesa di un coraggioso cavaliere che riuscirà a liberarla superando molti ostacoli. Nel Magreb, appena arrivato, dopo aver incontrato alcuni abitanti, scopre che è considerato maledetto per via dei suoi occhi azzurri, quindi, per continuare il suo viaggio, si finge cieco, mentre continua il suo viaggio incontra un gobbo, chiamato Rospu, che gli propone di portarlo sulle spalle in cambio di guidarlo alla città più vicina, durante il percorso Azur e Rospu si fermano davanti a un piccolo tempio, dove Rospu dice che vi si trovi un oggetto indispensabile per trovare la fata dei jin,poco dopo Azur lo trova, si tratta di un piccolo manufatto di metallo,poco dopo arrivano alla città dove erano diretti, li Azur e Rospu trovano un secondo tempio simile a quello precedente, dove troveranno un secondo manufatto. Azur, dopo alcune disavventure dovute alla sua finta cecità, ritroverà la sua nutrice che è diventata una ricca mercante e Asmar che inizialmente non lo accoglie bene. Dopo gli iniziali dissapori con il fratello ritoverà la collaborazione e l'amicizia di una volta. Una storia che ha il palese intento di riconciliare le due culture contrapposte anche ai nostri tempi, la cultura araba e quella occidentale e di valutare le differenze come fattori positivi. Azur e Asmar si aiuteranno a vicenda nelle difficoltà.  A cura dell’Associazione Grammagiò di Catania

Water di  Deepa Mehta (India, 2005) 

  Con questo film la regista indiana Deepa Mehta completa la trilogia sugli elementi iniziata con Fire (1996) e proseguita con Heart (1998). Il film è stato Patrocinato da Amnesty Inernational e  inserito nella campagna "Mai più violenza sulle Donne". Un film denuncia che non rinuncia a un tono quasi da commedia. Ci troviamo in India nel 1938 e la piccola Chuya (la bravissima Sarala), rimasta vedova all'età di otto anni, viene rinchiusa in una casa per vedove dove dovrà fare penitenza per tutta la vita secondo le regole della religione indù.  La piccola è ribelle, simpatica, convinta che un giorno o l'altro sua madre verrà a riprenderla. Nella casa  la  sua giovinezza  si  scontra con  il bigottismo delle altre vedove  in particolare con Madumati (Manorama): una vecchia senza scrupoli che arriva anche a prostituire  le vedove. La vita nella casa può tranquillamente essere paragonata alla vita  in una prigione, con  la sola differenza che nessuna delle  vedove  è  veramente  costretta  uno  rimanere  lì. Tutti  i  giorni  si  recano  al mercato  e  in  altri luoghi per comprare cibo e tutto quello che serve per sopravvivere, e tutte le volte fanno ritorno alla casa. La piccola Chuya porta scompiglio nella Casa delle Vedove. Lì conosce Kalyani (Lisa Ray), una ragazza molto bella vedova, abbastanza plagiata dalle tradizioni indù, che si innamorerà di Narayan (John Abraham), un giovane idealista sostenitore di Gandhi (una figura semisconosciuta per l'Italia di allora). Ed è proprio Gandhi a chiudere  il  film,  in una  scena  intensa e un po' a  sorpresa:  "Lui è  il simbolo della nostra  liberazione – sostiene  la regista  ‐ per questo ho deciso di  farlo apparire  in un film  come  il mio.  Che  non  vuole mostrare  solo  le  discriminazioni  delle  vedove, ma  denunciare qualsiasi oppressione  contro gli  esseri umani:  in nome della  tradizione, della  religione, del  colore della pelle". La regista spiega che "Il cuore del film è il conflitto tra coscienza e fede: se non si ascolta la propria coscienza, ma si obbedisce pedissequamente alla fede, si rischiano cose disumane". Acclamato  al  festival  di  Toronto,  candidato  agli  Oscar  del  Canada,  è  un  film  molto  amato  da personaggi celebri, come lo scrittore Salman Rushdie che ha detto: E’ un'opera magnifica che tocca irrimediabilmente il nostro cuore".  

         

La rassegna “Travelling Africa” – organizzata dal COPE  Keita, l'heritage du griot di Dani Kouyatè (Burkina Faso, 1995), sulla tradizione orale    Si  tratta  di  un  pomeriggio  normale  per  i  giovani  Mabo  Keita,  a  casa,  in  Burkina  Faso  (Africa occidentale). Mentre i genitori stanno facendo un pisolino e loro stanno leggendo un libro scolastico sotto  il portico, appare per una visita  inaspettata uno  sconosciuto, un uomo anziano, portando  la propria  amaca.  Si  scopre  che  il  vecchio  è  un  griot,  un musicista/intrattenitore  occidentale  le  cui prestazioni  si  basano  su  storie  e  genealogie  tribali.  Il  griot  annuncia  che  lui  è  in missione  ed  è arrivato per insegnare ai giovani Mabo la sua storia. Mabo è curioso e desideroso di conoscere il suo passato, e ben presto  il suo  interesse per  il  lavoro scolastico diminuisce. Di conseguenza nasce un disaccordo fra i genitori. Mabo madre pensa che il lavoro di un griot non è più importante. Lei e il suo maestro non vogliono che le lezioni del griot interferiscano con l’attività scolastica. D'altra parte, il padre del ragazzo non vuole negare al figlio la tradizione di lezioni del griot, dopo tutto sono stati una  parte  importante  della  sua  famiglia  da  generazioni. Vi  è  un  conflitto  tra  le  idee moderne  e tradizionali. Scrittore e regista, Dani Kouyaté proviene da una lunga serie di griot nella sua famiglia. Suo padre, Sotigui Kouyaté, un griot  reale, gioca a  fare  il griot nel  film. Forse, per questo motivo, Kouyaté è riuscito a trasferire l'arte della narrazione orale per lo schermo cinematografico.  E' una storia avvincente ricca di realismo magico. Le lezioni di Keita: L'eredità del griot  vale non solo per la cultura africana, ma per tutte le culture. "E' un mondo vecchio e il futuro emerge dal passato", dice il griot Mabo.   En attendant les hommes  (Aspettando gli uomini) di Katy Lane Ndiaye (Senegal, 2007).  Alle porte del deserto della Mauritania, nella città rossa di Oualata, vivono tre donne artiste che decorano con arte mirabile le mura delle case della città con l'argilla rossa. Il film alterna le interviste, realizzate per la maggior parte all'interno, durante la loro vita quotidiana: la regista le osserva, le segue, le interroga, ma non invade i loro spazi, non forza loro azioni, nè i commenti che fanno.  “Io sono donna forte, molto più forte di tanti uomini” dice una di loro.  La regista già nel suo film d'esordio, Tracce, empreintes de femmes (Tracce, impronte di donne, 2003), si era interessata al mondo delle Arti al femminile, raccontando l'esperienza delle pitture realizzate dalle donne Kassena in Burkina Faso.  En attendant les hommes cattura per i contrasti di colore, il rosso, il colore sabbia e il bianco, che ci immergono nell'ambiente di Oualata, affascina per l'attenzione con cui la regista segue le donne, stupita per l'amore e la cura che mettono nel realizzare le loro opere d'Arte, dove il vento, il sole, la natura tutta, si fondono e diventano pura armonia, e la città diventa piacevolmente accogliente. La Ndiaye indaga con delicatezza gli universi sconosciuti e nascosti delle città ai margini, scoprendo la consapevolezza e la Libertà con cui le donne di Oualata percepiscono il rapporto sorprendente tra uomo e donna. Promosso dalle Nazioni Unite, ha vinto il Premio FNAC come Miglior Documentario Africano 

Ruse par ruse (Furbizia per Furbizia) di Mongi Sancho (Tunisia, 2006 ). E’ un film d´animazione che si ispira ai colori e alle decorazioni astratte della tradizione araba. Ambientato ai tempi dei sultani, il film racconta una storia di gelosia e di invidia in cui sono coinvolti il sultano, il wazir, il cadi e una bella danzatrice del ventre.     

Cousines (Cugine) di Lyes Salem (Algeria, 2003),   

Driss torna ogni anno ad Algeri in vacanza. Il calore e la spontaneità del ritrovarsi con i genitori e i parenti lo rendono felice ed emozionato. Ogni volta però ha modo di misurare la propria distanza da una cultura di cui non riesce più a condividere i presupposti. I suoi coetanei maschi, in particolare il cugino, si comportano in modo, per lui che vive a Parigi, del tutto inspiegabile. Al contrario Driss ha tutta la simpatia delle cugine che lo sentono più aperto e sensibile ai loro problemi. Nel suo ultimo viaggio l'uomo comprende che la linea che divide il mondo degli uomini da quello delle donne si è fatta ancora più netta in città con la minaccia integralista. L'assassinio brutale di una ragazzina del quartiere che non portava il velo lascia tutti senza parole. Le donne della famiglia vogliono scendere in piazza per manifestare contro la violazione dei diritti, ma gli uomini glielo impediscono. Driss si rende conto che deve prendere posizione e si scontra con il cugino Amrane. 

La  giuria  di  giovani  studenti  del  14°  Festival  del Cinema Africano,  d’Asia  e  d’America  Latina,  ha assegnato  al  film  il  premio  Cem Mondialità  per  i  seguenti  motivi:  “Per  l'intento  sociale  che  fa emergere  la determinazione,  la voglia di libertà, l'indipendenza e la forza della ribellione al femminile nell'Algeria di oggi, nonché  l'ottimismo  e  il  senso di  speranza di cui  sono portatori  i giovani. Per  la rappresentazione non stereotipata dei personaggi che rivelano una psicologia complessa e uno sviluppo interiore dando al racconto un carattere realistico e un'efficacia comunicativa. Per l'utilizzo singolare e interessante della colonna sonora che riesce a coniugare Mozart con il rap algerino, metafora riuscita di una convivenza possibile e pacifica tra tradizione e innovazione.”   Lyes Salem è nato nel 1973 in Algeria. Attore teatrale, televisivo e cinematografico, studia Lettere Moderne alla Sorbona, all’Ecole du Theatre National de Chaillot e al Conservatoire National d’Art Dramatique. Recita in alcuni film, Jean Farès è il cortometraggio con cui debutta alla regia.   

Lahana  Lalhih (Une place au soleil)di Rachid Boutounes (Marocco, 2007),   Un uomo sulla sessantina che vive in Francia dal 1965, dopo anni di lavoro al servizio della nettezza urbana, va in pensione, ricevendo un medaglia al lavoro dal Comune di Parigi. E’ arrivato il momento di tornare al paese? Per ora si siede a “prendere” il sole con gli altri pensionati …   Durante il 15° Festival del Cinema Africano, d’Asia e d’America Latina di Milano, la giuria studentesca ha assegnato il premio CEM – Mondialità/COE il miglior cortometraggio per i seguenti motivi: “Il film affronta tematiche importanti quali l’immigrazione e l’integrazione, la solitudine e l’identità di una persona che, come il protagonista del film, vive in bilico tra due paesi senza sentirsi a casa in nessuno dei due. La giuria studentesca apprezza in modo particolare l’intensità e la poesia del linguaggio cinematografico, essenziale ed al completo servizio della storia raccontata.”   Rachid Boutounes nasce in Marocco nel 1970. Sceneggiatore e regista, esordisce nel 1994 con il cortometraggio Noces en sursis, vincitore del Primo Premio alla Biennale des cinémas arabes di Parigi. La sua intensa attività cinematografica ‐ un film all’anno o come regista o come sceneggiatore ‐, alterna il genere del documentario a quello della fiction.         

Musica e  Teatro 

Il Jazz Lab Ensemble, dell’Orchestra Giovanile Bellini, diretto dal maestro Salvatore Torrisi, è una classica big band formata da 19 elementi. Per l’occasione esegue un repertorio che ripercorre gli anni più significativi del jazz, con brani arrangiati dalle firme più prestigiose della musica afro‐americana, tra cui Sammy Nestico e Michael Sweeny.   

 

Gran varietà futurista, di Marinetti, Petrolini e Maldacea, regia di Gianni Salvo.   Uno spettacolo rapido d'esilaranti sintesi linguistiche e circenzi modellate sulle ardite istanze dei Manifesti marinettiani. Gianni Salvo è riuscito a mettere in scena quasi due ore di pura arte surrealista e irriverente, con uno spettacolo che spazia dalla prosa al varietà, dalla lirica al balletto, senza mai smettere di coinvolgere lo spettatore avvolto nel ritmo incalzante della rappresentazione. Già il titolo 

dell’opera, “Gran Varietà Futurista”, è paradigmatico. Poi, con rapide sequenze accompagnate dalle musiche di Giuseppe Arezzo, si alternano scenette basate sul senso del ridicolo e sull’ironia, sottolineando l’imbecillità e la stupidaggine umana, scatenando spesso l’ilarità del pubblico. Anche Marinetti si sarebbe divertito non poco   Duello tra Orlando e Rinaldo (Vantamento)  della Compagnia Macrì di Acireale                  

  Tratto dalla Storia dei Paladini di Francia, il tema dominante di questo episodio è l´odio che il traditore Gano di Magonza, cognato dell´imperatore Carlo Magno, porta al principe Rinaldo di Montalbano.  Il vile Gano, per mettere in ridicolo Rinaldo, consiglia Carlo Magno a tenere un vantamento, nel Tempio di S. Dionigi, alla presenza di tutti i regnanti di corona sottoposti alla Francia. Nell´occasione ogni suddito dovrà vantarsi di quanto può offrire a Carlo, sia in oro che in uomini armati, in caso di guerra. Gano sa che Rinaldo è il più povero dei Paladini di Francia e vuole che ne esca umiliato. Viene il giorno del Vantamento. Il Tempio di S. Dionigi è stracolmo di monarchi. Durante il Vantamento Gano offende Rinaldo il quale si ribella e viene da Carlo bandito da tutte le terre cristiane. Rinaldo uccide molti maganzesi e si rifugia nel suo castello di Montalbano.  Carlo Magno, sempre su consiglio di Gano, con numeroso esercito, assedia Montalbano. Ed è qui che avviene il tremendo duello tra Orlando e Rinaldo. Il duello è all´ultimo sangue, i due paladini si scambiano terribili colpi. Rinaldo viene ferito gravemente ma, alla fine, i due Paladini fanno pace.