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Lo Stato jugoslavo nasce nel
1918 e nel 1945, in seguito
alla guerra di liberazione dal
nazifascismo guidata dal
comunista Josip Broz, 'Tito',
diviene una Repubblica
federale formata dalle sei
repubbliche di Serbia,
Montenegro, Slovenia,
Bosnia-Erzegovina, Croazia
e Macedonia, oltre alle
province autonome del
Kosovo e della Vojvodina.
Le popolazioni di questi
stati erano molto diverse fra
loro per ideologia, religione,
cultura e livello economico
e per questo nascevano
spesso scontri e tensioni
che venivano brutalmente
repressi dal regime
comunista di Tito.
Soprattutto la Croazia e la
Slovenia, che erano
economicamente più
avanzate, chiedevano a gran
voce l'indipendenza dal
resto delle confederate.
Nel 1980 muore il presidente Jugoslavo Tito che aveva guidato la guerra di liberazione dei nazifascisti e per circa 40 anni aveva garantito la coesione pacifica di una realtà fortemente eterogenea dal punto di vista etnico, politico, religioso e culturale, si apre una fase di instabilità determinata da un'inflazione crescente, da un forte indebitamento estero e da un farraginoso sistema decisionale legato alla rappresentanza etnica.
Nel 1990 si dissolve la Lega dei comunisti, il partito unico, dal
1945 punto di riferimento della Federazione. Da allora
cominciano a manifestarsi interessi economici divergenti,
contrasti politici e forti spinte nazionaliste.
Nel 1992 la Slovenia e la Croazia
dichiarano la loro indipendenza
mentre la minoranza serba presente
nella Croazia si dichiara a sua volta
indipendente con l'appoggio militare
della Serbia, scatenando il conflitto
serbo-croato (1991-92), che vede il
cessate il fuoco grazie a un intervento
dei caschi blu dell'ONU nel febbraio
1992. La Serbia, alla guida del
comunista-nazionalista Milosevic, è lo
Stato più potente dell'area, difende le
sue prerogative politico-economiche e,
con l'obiettivo di una 'Grande Serbia',
vuole tutelare i 2 milioni di serbi che
vivono al di fuori della repubblica.
La guerra civile in Jugoslavia
scoppia con la dichiarazione di
indipendenza di Slovenia e
Croazia nel 1991. Riconosciute
da Germania e Unione Europea
i nuovi stati sono aggrediti
militarmente dall'esercito
federale jugoslavo, in realtà
divenuto esercito della
repubblica serba. Vengono
riscritti i libri di storia;
reinventata la lingua….la
propaganda nazionale diventa
un unico inno all'odio etnico .
L'escalation del fanatismo
panslavo induce la Bosnia a
proclamare l'indipendenza
(1992). Il 6 aprile dello stesso
anno inizia il cannoneggiamento
di Sarajevo e l'assedio della
capitale della Repubblica della
Bosnia Erzegovina.
Nel 1992 il fronte si sposta in Bosnia-Erzegovina (con la
popolazione per il 44% musulmana, per il 31% serba, per il 17%
croata) dove i serbi si oppongono all'indipendenza voluta dai
musulmani e dai croati. I serbo-bosniaci e l'esercito federale
occupano il 70% della Bosnia, bombardano la capitale Sarajevo,
effettuano operazioni di pulizia etnica e religiosa, stuprano le
donne bosniache.
Vukovar e Sarajevo saranno distrutte perché erano le uniche 2 città in cui tutte le etnie
convivevano in pace e ciò era una forte contraddizione al concetto etnico di Stato-
Nazione.
A Sarajevo da 500 anni convivevano assieme in una mescolanza di comunità: serbi-
ortodossi, croati di religione cristiana, musulmani ed ebrei. La "Pulizia
Etnica" consisteva inizialmente, nell'espellere dai territori, che secondo i serbi
facevano parte della Repubblica serba di Bosnia e Croazia, la popolazione musulmana
e Croata.
Il 5 aprile del 1992 i cecchini cominciarono a sparare sui cittadini inermi di
Sarajevo. Fu il più lungo assedio dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Dodicimila i morti lasciati sul campo, tra i quali moltissimi bambini. Un
eccidio alle porte dell'Europa
Due stragi al Mercato di Markale: nel 1994, 67 morti e 142 feriti e nell'agosto
del 1995 con la morte di 37 civili e il ferimento di 90.
La manipolazione politica della seconda strage di Markale è cominciata lo
stesso giorno del massacro. Il governo bosniaco, dopo la strage, richiese un
intervento militare della NATO. Le autorità serbe negarono ogni
responsabilità, accusando il governo bosniaco di aver bombardato la propria
gente, per suscitare lo sdegno internazionale e il possibile intervento NATO.
Il comandante delle Nazioni
Unite d‟allora, dichiarò che
“non si sapeva chi avesse
causato il massacro di
Markale 2“.
L‟ex presidente della Serbia
Radovan Karadžić, affermò
che a Markale “è stato tutto
una messa in scena e una
frode“. Il giorno dopo il
massacro, Karadžić inviò una
lettera ai presidenti di Russia
e Stati Uniti, Eltsin e Clinton,
affermando: “Dalle immagini
TV si vede chiaramente che i
cadaveri sono stati
manipolati, e che tra i
„cadaveri‟ ci sono anche
pupazzi di stoffa e plastica”.
Lo spettacolo del giornalista serbo bosniaco Risto Džiogo rappresentò un ulteriore
scempio. Nello studio della televisione di Pale, Džiogo aveva messo per terra dei
pupazzi di plastica e di stoffa sdraiandovisi accanto e fingendo di essere uno dei serbi
morti che sarebbero stati utilizzati nella messa in scena a Markale. Nei giorni
successivi alla strage, il regime di Slobodan Milošević e i media serbi hanno cominciato
a produrre “spiegazioni” e “retroscena” del massacro, a promuovere teorie del
complotto per spiegare il crimine.
Il pianto di una
madre per il figlio
ucciso dai cecchini a
Sarajevo in una foto
senza data.
L'assedio di Sarajevo è stato il
più lungo assedio nella storia
bellica moderna, protrattosi dal
5 aprile 1992 al 29 febbraio 1996.
Vide scontrarsi le forze del
governo bosniaco, che aveva
dichiarato l'indipendenza dalla
Jugoslavia, contro l'Armata
Popolare Jugoslava (JNA) e le
forze serbo-bosniache (VRS),
che miravano a distruggere il
neo-indipendente stato della
Bosnia ed Erzegovina e a creare
la Repubblica Serba di Bosnia
ed Erzegovina. La sede del parlamento della Bosnia ed
Erzegovina che brucia dopo essere stata colpita
dalle bombe dei serbo-bosniaci (1992)
Leyla, 12 anni, colpita da una granata nel
cortile di casa a Sarajevo viene portata in
ospedale il 12 luglio 1995
I rapporti indicano
una media di circa 329
bombardamenti al
giorno durante il
corso dell'assedio, con
un massimo di 3.777
bombe sganciate il 22
luglio 1993.
Si stima che durante l'assedio le vittime siano state più di 12.000, i feriti oltre
50.000, l'85% dei quali tra i civili. A causa dell'elevato numero di morti e della
migrazione forzata, nel 1995 la popolazione si ridusse a 334.664 unità, il 64%
della popolazione pre-bellica.
La comunità internazionale dimostra sostanzialmente la sua impotenza di
fronte al conflitto che è terminato nel 1995 grazie all'imponente intervento
armato della Nato, con un bilancio di 250.000 morti ed oltre 2 milioni di
profughi. Gli accordi di Dayton (Usa) firmati il 21 novembre 1995 da Milosevic
per i serbi, da Tudjman per i croati e da Izetbegovic per i bosniaci stabiliscono
che la Bosnia è un unico stato composto però da due diverse entità: una
Federazione musulmano-croata ed una repubblica serbo-bosniaca.
La Bosnia Erzegovina,
che non può attribuirsi il
titolo di repubblica, è
costituita da due entità:
la Federazione BH
(croato musulmana), 51%
del territorio, e la
'Republika Srpska'
(Repubblica Serba), 49%
del territorio. Inoltre, dal
1998 la città di Brcko, nel
nord-est del paese, è stata
dichiarata da un arbitrato
internazionale distretto
autonomo ed ha un
supervisore
internazionale.
La Serbia e la Croazia sono state responsabili degli orrori di questi ultimi anni,
e hanno scacciato le minoranze con l‟appoggio di altri stati e dei mass-media
internazionali.
Il Papa ha mostrato indulgenza nei confronti della Croazia cattolica,
concedendo la beatificazione dell‟arcivescovo di Zagabria, che aveva nascosto
crimini contro l‟umanità.
Tutti i “mediatori” hanno trattato solo con i capi delle bande armate, e hanno
ignorato la popolazione.
Lo stesso Milosevic si era opposto agli Stati Uniti e all‟Europa capitalistica,
ma in realtà negli ultimi anni aveva mantenuto buoni rapporti sia con
l‟America sia con l‟Europa.
Il primo ministro serbo Zoran Đinđić consegna Milosevic al Tribunale Penale
Internazionale per i Crimini nella Ex-Jugoslavia (l'Aia) il 28 giugno 2001,
nonostante la contrarietà di Koštunica e di parte dell'opinione pubblica serba.
Milošević non riconosce la validità legale del tribunale, facendo appello alle
leggi del diritto internazionale.
L'ex uomo forte di Belgrado dovrà rispondere dei crimini contro l'umanità
compiuti dai serbi in Croazia tra il 1991 e il 1992, di genocidio per la pulizia
etnica in Bosnia del 1992-1995 e di crimini contro l'umanità in Kosovo nel 1999.
Milošević è stato trovato
morto nel carcere dell'Aia
la mattina dell'11 marzo
2006. La morte dell'ex
presidente serbo segue di
pochi giorni quella -
avvenuta nello stesso
carcere - di Milan Babić,
ex-leader dei serbi di
Krajina (Croazia),
suicidatosi il 5 marzo 2006
impiccandosi nella cella
dove scontava una
condanna patteggiata a 13
anni, e quella del serbo-
croato Slavko Dokmanović,
uccisosi in carcere all'Aia
nel giugno 1998.
Il massacro di Srebrenica è stato un atto di genocidio e crimine di guerra avvenuto
durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina.
Migliaia di musulmani bosniaci furono uccisi l'11 luglio 1995 da parte delle truppe
serbo-bosniache guidate dal generale Ratko Mladić, con l'appoggio dei gruppi
paramilitari guidati da Željko Ražnatović, nella zona protetta di Srebrenica che si
trovava al momento sotto la tutela delle Nazioni Unite.
A Srebrenica sono sepolti i resti di 5.317 musulmani bosniaci tra gli 11 e i 68
anni. Ogni anno si aggiungono 600-800 bare, appartenenti a corpi identificati
con i test del dna e restituiti alle famiglie. Radovan Karadzic e Ratko Mladic,
insieme a Slobodan Milosevic pianificarono le epurazioni di
Srebrenica, Bratunac, Vlasenica, Zvornik, Rogatica, Visegrad.
Milosevic è morto, Karazdic e Mladic sotto processo all‟Aja. Insistono nel
dichiararsi innocenti.