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L’obbligo di denuncia di danni erariali
di
Antonio Ciaramella
Sommario: 1 – La nuova nota interpretativa della Procura generale sull’obbligo di denuncia di
danni erariali ai Procuratori regionali presso le sezioni giurisdizionali della Corte dei conti. 2 –
Tipizzazione normativa dei soggetti tenuti al relativo obbligo e conseguenze della sua violazione. 3
- Presupposti delle denunce. 4 - Contenuto delle denunce. 5- Rapporti del P.M. contabile con altre
Autorità giudiziarie. 6 - Obbligo di denuncia ed Organi di controllo.
1 – La nuova nota interpretativa della Procura generale sull’obbligo di
denuncia di danni erariali ai Procuratori regionali presso le sezioni
giurisdizionali della Corte dei conti.
Tra le fonti di conoscenza per il P.M. presso il giudice contabile di possibili
danni erariali quelle provenienti dalla stessa amministrazione danneggiata
possono assumere un particolare valore sia perché il contatto diretto con la
fattispecie dannosa può conferire alle stesse un più significativo valore
almeno indiziario( anche per la possibilità di una maggiore completezza nella
descrizione del fatto) sia perché le stesse hanno un indiretto valore di
deterrenza.
Nel 2007 è stata diramata dalla Procura generale una nuova nota
interpretativa( n. 9434/2007P del 2 agosto 2007) in materia di obbligo di
denuncia di danno erariale ai Procuratori regionali presso le sezioni
giurisdizionali della Corte.
Le ragioni giustificative di tale nuovo intervento della Procura generale sono
state:
• L’ampliamento dei confini della giurisdizione contabile, a seguito delle note pronunce della
Corte di cassazione in merito alla sussistenza della cognizione del giudice contabile sulla
responsabilità di amministratori o dipendenti per danni causati ad enti pubblici economici ed
a società a partecipazione pubblica e di recenti interventi legislativi( in materia di danno
ambientale, si veda ad es. l’art. 313, comma 6, del d.lg.vo n. 152 del 3 aprile 2006);
• le modifiche alla legge n. 241 del 1990, operate dalla legge n. 15 del 2005, per quanto
attiene alle funzioni del dirigente delle unità organizzative e del responsabile del
procedimento amministrativo, che ha comportato la possibilità di una più facile
individuazione dei soggetti che gestiscono o controllano concretamente i vari procedimenti
amministrativi o le loro varie fasi, indipendentemente dalla qualifica formale rivestita dagli
stessi all’interno delle varie strutture;
• gli spazi di potestà di regolamentazione, in materia di disciplina dei procedimenti
amministrativi e di organizzazione interna, riconosciuti alle Regioni ed agli enti locali dal
nuovo titolo V della Costituzione e quindi anche nell’individuazione dei soggetti tenuti ad
effettuare le denunce di danni erariali. Infatti, com’è noto, l’art. 117 della Costituzione
prevede in materia di organizzazione interna una potestà regolamentare in capo agli enti
locali ed alle regioni;
• l’espressa previsione normativa dell’obbligo di denuncia a carico di ulteriori soggetti
pubblici e la sopravvenuta modifica di alcune norme richiamate nell’indirizzo;
• nuovo raccordo fra il P.M. presso il giudice contabile e le autorità giudiziarie ordinarie
attraverso l’obbligo di trasmissione delle sentenze di condanna per delitti commessi da
pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, previsto dagli art.li 6 e 7 della legge
n. 97 del 2001;
L’obiettivo di tale nota è stato, in primo luogo, quello di ottenere il massimo
della collaborazione nella denuncia di possibili danni erariali, da parte dei
soggetti tenuti al relativo obbligo, in modo da consentire al Pubblico Ministero
di attivarsi con tempestività, disponendo di ogni utile elemento di valutazione,
nei confronti dei presunti responsabili, anche attraverso l’utilizzo di tutte le
azioni a tutela delle ragioni del creditore, compresi i mezzi di conservazione
della garanzia patrimoniale previsti dal codice civile, così come prevede l’art.
1, comma 174, della legge n. 266 del 2005.
In proposito, occorre dire che la Suprema Corte ha già riconosciuto la
sussistenza della giurisdizione contabile sull’esercizio di un’azione
revocatoria da parte del P.M.( Cass. sez. un. ord. n. 22059 del 2007).
Tale decisione è particolarmente rilevante in quanto riconosce
espressamente la circostanza che la suddetta disposizione è da considerare
una vera e propria interpositio legislatoris, idonea ad ampliare l’àmbito di
giurisdizione del giudice contabile. Infatti, il Giudice di legittimità ha
testualmente affermato che “la conclusione della devoluzione alla
giurisdizione del giudice contabile delle controversie in argomento, oltre che
imposta dalla lettera della legge è anche coerente con il suo scopo,
esplicitato nel fine di realizzare una più efficace tutela dei crediti erariali:
tutela che indubitabilmente compete alla Corte dei conti apprestare, per le
azioni di accertamento e di condanna, e che egualmente deve ritenersi
esserle stata affidata per quelle “a tutela delle ragioni del creditore” e per “i
mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale”, in quanto rispetto alle
prime hanno carattere accessorio e strumentale”.
In disparte il già disciplinato sequestro conservativo, la novella sembra
consentire, perciò, un ampliamento dei procedimenti cautelari di cui, su
iniziativa del P.M., può conoscere il giudice contabile, con particolare riguardo
a quelli diretti a provvedimenti d’urgenza atipici ex art. 700 c.p.c., in modo da
evitare al pubblico erario, in attesa della definizione di un giudizio di merito, il
prodursi di pregiudizi che pur non essendo attuali sono però imminenti ed
irreparabili( si pensi ad es. alla possibilità di richiedere la sospensione degli
effetti di inquadramenti illeciti o della corresponsione di compensi non dovuti
da parte delle pubbliche amministrazioni).
Inoltre, dovrebbe ammettersi, sulla base della suddetta norma, il potere del
P.M. di esercitare, ex art. 2900 c.c., i diritti e le azioni verso terzi, in
surrogazione del presunto responsabile, al fine di conservazione della
garanzia patrimoniale. Le suddette azioni andrebbero esercitate dal P.M., in
sostituzione del presunto responsabile, presso i giudici forniti di giurisdizione,
in base alla natura e finalità delle stesse.
Inoltre, la suddetta nuova previsione potrebbe essere l’occasione anche per
una riflessione circa l’ammissibilità di un ricorso per decreto ingiuntivo da
parte del P.M. nei casi di responsabilità caratterizzate da mancata
restituzione di somme o di beni da parte di un agente contabile. In tal caso la
denuncia del fatto con l’invio della prova scritta del credito, rappresentata dal
documento con il quale è stato affidato il carico al contabile costituisce un
elemento indispensabile per consentire il ricorso. Si ricorda che, ai sensi
dell’art. 635 c.p.c
il libro degli inventari ed giornale di cassa costituiscono, ai sensi dell’art. 635
c.p.c., prove idonee di crediti dello Stato se provvisti di adeguata attestazione
di regolarità da parte di un funzionario autorizzato.
Occorre, evidenziare, poi, l’importanza dell’invio sia da parte delle
amministrazioni che del giudice penale delle sentenze (anche non definitive)
di condanna per delitti di pubblici ufficiali commessi a fini patrimoniali contro
la P.A., in modo da consentire al procuratore generale accertamenti
patrimoniali a carico dei condannati, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 97 del
2001. Accertamenti che verranno, poi, posti a disposizione del Procuratore
regionale competente per le iniziative che vorrà adottare, anche di natura
cautelare.
Inoltre, al fine di consentire, nei termini di legge, al Requirente la
prosecuzione del giudizio presso il giudice contabile competente, in
applicazione dei principi della c.d. translatio iudiccii, affermati dalle recenti
sentenze n. 77 della Corte Costituzionale e n. 4109 della Corte di cassazione,
entrambe del 2007, si segnala l’importanza dell’invio da parte delle
amministrazioni pubbliche al P.M. contabile delle sentenze del giudice del
merito o della Suprema Corte dichiarative della giurisdizione del giudice
contabile relativamente ad una fattispecie di responsabilità azionata
dall’amministrazione danneggiata presso il giudice civile.
E’ ovvia, infine, la decisiva rilevanza che assumono le informazioni,
provenienti dall’amministrazione creditrice, circa l’esecuzione delle sentenze
di condanna definitive a titolo di responsabilità amministrativa. Ciò non solo
per una generica funzione di vigilanza o di repressione di eventuali inerzie
che dovessero manifestarsi in materia all’interno dell’amministrazione
danneggiata, ma anche perché il citato art. 1, comma 174 della legge
finanziaria per il 2006, ha riaperto il problema del riconoscimento
dell’esercizio dell’azione esecutiva da parte del P.M. innanzi al giudice
contabile( o a quello ordinario). Riconoscimento che, attraverso una maggiore
effettività nel concreto soddisfacimento dei crediti erariali derivati da accertate
responsabilità amministrative, completerebbe il sistema delle garanzie degli
interessi di cui il Requirente presso il giudice contabile si fa portatore.
In definitiva, la tempestività e completezza delle denunce di danno erariale da
parte dei soggetti obbligati che operano all’interno delle amministrazioni
pubbliche danneggiate o vigilanti gli enti danneggiati, è necessaria non solo
per una proficua attivazione, da parte del P.M., del procedimento diretto ad
una citazione in giudizio nei termini di prescrizione dell’azione, ma, altresì,
per consentire eventualmente al Requirente di esercitare le nuove azioni che
ha oggi a disposizione, dirette anch’esse a rendere effettiva la tutela
giurisdizionale dei crediti erariali derivanti da responsabilità amministrative.
Infine, sempre nell’ottica della possibilità di concedere al P.M. l’utilizzo di misure prodromiche o
consequenziali rispetto a quelle dirette ad una citazione in giudizio, si evidenzia la necessità
dell’invio da parte degli organi straordinario di liquidazione (v. art. 252 del d.lgs. n. 267 del 2000)
della documentazione relativa ad eventuali dissesti finanziari di regioni ed enti locali al fine di far
applicare le misure interdittive, previste dall’art. 248 co. V del t.u. enti locali( di cui al decreto
legislativo n. 267 del 2000)che possono essere disposte dalle sezioni giurisdizionali della Corte dei
conti a carico di amministratori dei suddetti enti che hanno contribuito, con comportamenti
riconosciuti causa di danno per questi ultimi, al dissesto finanziario degli stessi.
2 – Tipizzazione normativa dei soggetti tenuti al relativo obbligo e
conseguenze della sua violazione.
A) Individuazione dei soggetti obbligati.
Uno dei primi problemi che si sono posti in sede di redazione della suddetta nuova nota
interpretativa è stato quello se l’individuazione dei soggetti obbligati alle denunce al P.M. contabile
di possibili danni erariali presupponesse un’espressa previsione normativa o se un obbligo di tal
genere fosse contenuto nel rapporto di servizio, tra quelli che potremmo definire, mutuando il
termine dal diritto civile, doveri impliciti di salvaguardia e protezione degli interessi delle
amministrazioni pubbliche.
La precedente nota in materia individuava una sorta di principio di chiusura obbligando, in ogni
caso, il superiore gerarchico del soggetto presumibilmente responsabile del danno.
La soluzione prescelta, nella suddetta nuova nota interpretativa, è stata quella della necessaria
tipizzazione normativa dei destinatari dell’obbligo in discorso.
Ciò per tre ordini di considerazioni.
1) Fin dalla legge di contabilità generale dello Stato( r.d. n. 2440 del 1923 art. 83 II comma) e dal
testo unico sulla Corte dei conti( r.d. n. 1214 del 1934, art. 53 III comma), il legislatore si è
incaricato di indicare espressamente i soggetti obbligati( nelle suddette norme i direttori generali ed
i capi servizio). Successivamente lo ha fatto anche relativamente a settori pubblici non statali.
Evidentemente non ha senso un’indicazione espressa dei soggetti obbligati, se un dovere di tal
genere fosse implicito del rapporto di servizio.
2) Dalla violazione dell’obbligo in discorso consegue una forma di responsabilità amministrativa di
natura omissiva. Infatti, l’art. 1, comma 3, della legge n. 20 del 1994 chiama a rispondere del
danno erariale coloro che, con l’aver “omesso o ritardato la denuncia”, abbiano determinato la
prescrizione del relativo diritto al risarcimento. Applicando analogicamente il principio di cui al
secondo comma dell’art. 40 c.p. per il quale com’è noto un comportamento omissivo può essere
causa di un evento, solo in presenza di un obbligo giuridico di impedirlo, ne consegue che il dovere
in discorso richiede una norma giuridica espressa sulla quale fondarlo, anche se, eventualmente,
interpretabile in modo estensivo.
3) Per evidenti motivi di garanzia, in quanto il soggetto obbligato non potrebbe essere individuato
solo ex post, in sede di eventuale contestazione della responsabilità connessa ad una omessa o
tardiva denuncia.
D’altra parte, anche applicando il principio in discorso non sembrano sussistere nell’ordinamento
spazi giuridici vuoti riguardo alle varie amministrazioni pubbliche o soggetti equiparati che non
potrebbero essere riempiti attraverso l’interpretazione delle norme vigenti.
Infatti, riguardo ai dipendenti statali, il tutt’ora vigente art. 20 del d.P.R. n. 3 del 1957 individua
quali soggetti obbligati a tale denuncia non solo il direttore generale o il capo servizio, ma anche il
Ministro se il fatto dannoso sia imputabile al primo o al capo di un servizio posto alle sue dirette
dipendenze. Il suddetto articolo prevede, poi, un analogo dovere a carico dei funzionari con compiti
ispettivi.
Tale norma, viene, altresì, in rilievo, nei casi in cui il legislatore rinvia, nel delineare l’àmbito della
giurisdizione della Corte dei conti, alla disciplina vigente in materia di responsabilità degli
impiegati civili dello Stato (è il caso, ad es., degli amministratori e dipendenti delle strutture
sanitarie pubbliche per i quali si veda l’art. 28 del d.P.R. n. 761 del 1979).
E’ evidente che la terminologia usata in passato dal legislatore (ad es. l’uso dei termini direttore
generale, capo servizio o ispettore generale, di cui all’art. 20 del d.P.R. n. 3 del 1957), va
interpretata alla luce dell’evoluzione della legislazione, della contrattazione collettiva e
dell’esercizio dell’autonomia organizzativa, da parte dei vari enti ed amministrazioni, circa le
denominazioni delle qualifiche e le funzioni esercitate sia dai vertici generali delle strutture
burocratiche (che possono essere, oggi, ad es., capi compartimento, dirigenti generali, segretari
generali) che dai soggetti preposti ai singoli settori (dirigenti, vice dirigenti o soggetti aventi
funzioni di coordinamento).
Volendo citare le norme più recenti, in materia, si ricorda che l’art. 313, comma 6, del d.lgs n. 152
del 3 aprile 2006, recante norme in materia ambientale, prevede che il Ministro dell’ambiente, a
seguito dell’avvenuto accertamento di un danno ambientale, provocato da soggetti sottoposti alla
giurisdizione della Corte dei conti, anziché emanare l’ordinanza ingiunzione di pagamento, prevista
dal precedente comma 2 dello stesso articolo, invia un rapporto all’Ufficio del P.M. presso il
giudice contabile competente per territorio.
Per gli amministratori ed i dipendenti delle regioni ordinarie, trova applicazione l’art. 33 del d.lgs n.
76 del 2000 che rinvia agli istituti valevoli, in materia, per i dipendenti delle amministrazioni statali;
per la Regione Siciliana si vedano gli art.li 54 l. rg. n. 7 del 1971 e 9, comma 9, l. rg. n. 2 del 2007;
per i revisori, gli amministratori ed i dipendenti degli enti locali si vedano gli articoli 93 e 239 del
d.lgs. n. 267 del 2000; nel caso di danni accertati in sede di procedura di risanamento, a seguito di
dissesto finanziario di enti locali, la denuncia spetta all’organo straordinario di liquidazione (v. art.
252 del d.lgs. n. 267 del 2000); per i vertici amministrativi degli enti pubblici di cui alla legge n. 70
del 1975, si veda l’art. 90 del d.P.R. n. 97 del 2003. Riguardo agli obblighi, in materia, degli
amministratori e dei revisori dei conti delle camere di commercio si vedano gli art.li 33 e 34 del
d.P.R. n. 254 del 2005.
Vi sono, inoltre, previsioni normative riferite ad ulteriori categorie di pubblici dipendenti (per gli
appartenenti all’Esercito si vedano gli art.li 7 ed 8 del d.P.R. n. 167 del 2006; per gli appartenenti al
Corpo della Guardia di Finanza gli art.li 56-64 del D.M. n. 292 del 2005). Specifici obblighi di
denuncia sono contenuti nell’art. 10, comma II, della legge n. 724 del 1994 (in materia sanitaria) e
nell’art. 6 del d.lgs n. 163 del 2006, a carico dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture.
Si rammenta, altresì, che l’art. 23, comma 5, della legge n. 289 del 2002, stabilisce che i
provvedimenti di riconoscimento del debito, posti in essere dalle amministrazioni pubbliche di cui
all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, devono essere trasmessi alla competente
Procura regionale presso il giudice contabile.
Non sono però privi di sanzione i comportamenti di altri soggetti operanti all’intero delle pubbliche
amministrazioni, non formalmente obbligati a tale denuncia che essendo a conoscenza di possibili
fatti dannosi non denuncino gli stessi ai propri superiori gerarchici, in quanto tali omissioni
potrebbero comunque avere un rilievo almeno disciplinare.
E’ noto che, a seguito di ripetuti interventi del Giudice regolatore della giurisdizione (si vedano,
recentemente, Cass. sez. un. ord. n. 4511 del 2006 e sent. n. 15458 del 2007), è, oggi, pacifica la
sussistenza del potere di cognizione del giudice contabile sulla responsabilità di amministratori o
dipendenti per danni causati ad enti pubblici economici ed a società a partecipazione pubblica. Tale
circostanza ha posto la necessità di individuare coloro che, all’interno di tali soggetti, sono tenuti
all’obbligo in esame.
La citata nota interpretativa, riguardo alle società a partecipazione pubblica regolate dal sistema
tradizionale di amministrazione e controllo (art.li 2380 bis – 2409 septies del codice civile), ha
espresso l’avviso che sia tenuto all’obbligo in discorso, in primo luogo, il consiglio di
amministrazione, in quanto si tratta dell’organo al quale spetta, di regola, in via esclusiva e con
metodo collegiale, la gestione dell’impresa, salvo deleghe. In tale evenienza, il soggetto delegato è
tenuto, ai sensi dell’art. 2381, quinto comma, c.c., a riferire al consiglio almeno ogni 6 mesi
sull’andamento della gestione e, perciò, anche riguardo a possibili fatti dannosi per la società.
Circa la fonte normativa di tale obbligo, viene in rilievo l’art. 2392, II comma, c.c., che afferma la
responsabilità degli amministratori “se essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli non hanno fatto
quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose”.
Si è escluso, nella citata nota, che possa ritenersi obbligato il presidente del consiglio di
amministrazione in quanto, salvo deleghe, non ha poteri deliberativi gestionali, ma compiti connessi
all’efficiente funzionamento dell’organo collegiale( art. 2381 I comma c.c.) ovvero i singoli
componenti del consiglio, in quanto tali, perchè pur potendo chiedere informazioni agli organi
delegati, non possono prendere da soli i conseguenti provvedimenti, che rimangono collegiali.
Bisogna, poi, tener conto che in merito all’analoga problematica della denuncia all’autorità
giudiziaria di fatti penalmente rilevanti commessi da funzionari infedeli si ritiene in dottrina e
giurisprudenza che la stessa spetti al consiglio e non a singoli amministratori( Galgano, “ il nuovo
diritto societario”, Padova, 2003, Monelli “gli amministratori di s.p.a”, Milano, 2004).
Un analogo obbligo di denuncia è da ritenere che spetti al collegio sindacale, visti i doveri e poteri
di vigilanza (artt. 2403 e 2403 bis c.c.) e le connesse responsabilità. Si veda, in proposito, l’art.
2407, II comma, c.c., che dispone nel senso che i sindaci “sono responsabili solidalmente con gli
amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi
avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica”). Un obbligo del genere spetta,
altresì, ai soggetti tenuti al controllo contabile (2409 bis c.c.), considerato il rinvio al regime della
responsabilità dei sindaci (art. 2409 sexies c.c.).
Nelle società rette dal sistema c.d. dualistico o da quello monistico l’obbligo in questione è da
considerarsi intestato agli analoghi organi di vertice che esercitano funzioni di amministrazione e
controllo( consiglio di gestione, consiglio di sorveglianza, consiglio di amministrazione, comitato
per il controllo sulla gestione, soggetti tenuti al controllo contabile), sempre in virtù delle norme
civilistiche che ne delineano le funzioni, anche attraverso un rinvio alla disciplina degli organi delle
società rette dal sistema tradizionale.
Il fatto che l’obbligo in questione è proprio, secondo l’impostazione seguita dalla suddetta nota, di
organi collegiali comporta la precisazione che lo stesso fa capo all’organo, in sé considerato, e,
perciò, a tutti i suoi componenti, nei casi in cui si decide con metodo collegiale. Invece, il dovere in
discorso è proprio dei singoli componenti dell’organo collegiale, quando gli stessi operano
individualmente nell’adempimento di specifiche attività, senza riferire al collegio. Occorre tener
presente, in proposito, che gli amministratori delegati sono, come detto, tenuti ai sensi dell’art.
2381, quinto comma, c.c., a riferire al consiglio almeno ogni 6 mesi sull’andamento della gestione
e, perciò, anche riguardo a possibili fatti dannosi per la società. E’ evidente che se non riferiscono e
non provvedono a denunciare personalmente i fatti dannosi al P.M. contabile, sono personalmente
soggetti alla responsabilità omissiva in discorso.
Si ricorda, infine, che in merito alla responsabilità amministrativa degli appartenenti agli organi
collegiali, e, quindi, anche con riferimento alla particolare tipologia di responsabilità per omessa
denuncia di danno erariale, opera l’art. 1, comma 1-ter, della legge n. 20 del 1994 che rende,
eventualmente, imputabili solo coloro che hanno espresso voto favorevole alla decisione produttiva
del danno.
Riguardo agli enti pubblici economici, l’obbligo di denuncia in questione, deve ritenersi faccia capo
ai titolari degli organi che, secondo i rispettivi ordinamenti, esercitano funzioni di amministrazione
e controllo. Ciò in quanto è implicito nel rapporto che lega i titolari degli stessi all’ente il dovere di
questi ultimi (desumibile dall’art. 2104 c.c.) di agire per eliminare o attenuare gli effetti di
comportamenti dannosi subìti dal soggetto nel cui interesse operano.
Quanto detto vale anche per i titolari degli organi di amministrazione e controllo delle aziende
speciali ed istituzioni che fanno capo alle regioni ed agli enti autonomi locali.
Le denunce di danno provenienti dall’interno di tali enti privati danneggiati( soprattutto da parte
degli organi di controllo) ovvero dall’ente pubblico controllante possono, come accennato, avere, in
via tendenziale, per il P.M. presso il giudice contabile, una maggiore utilità, oltre che per le
considerazioni dette all’inizio anche perché riguardo a quelle provenienti da fonti non tecniche( ad
es. giornalistiche, di rappresentanti politici o di gruppi esponenziali di altri interessi di settore) può
essere maggiore il rischio che le stesse si soffermino soprattutto sull’opportunità di scelte
discrezionali di natura imprenditoriale, elemento che com’è noto non è sindacabile dal giudice
contabile, considerato il divieto posto dall’art. 1, comma 1, della legge n. 20 del 1994,
dell’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali1.
1 Per la Corte di Cassazione quest’ultimo riguarda i limiti esterni della giurisdizione contabile e, perciò, è verificabile
A proposito di tale divieto, la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che “Il giudice contabile
non può sostituire, senza una ragionevole motivazione, le sue scelte a quelle dell’amministrazione
nell’esercizio del potere discrezionale ad essa istituzionalmente devoluto, con una valutazione ex
post e senza adeguata comparazione fra i costi sostenuti ed i risultati perseguiti e/o conseguiti”(
Cass. sez. un., sent. n. 6851 del 20 febbraio2003) e che il giudice contabile, pur potendo verificare
la conformità a legge dell’attività amministrativa, compresa la compatibilità delle scelte
amministrative con i fini pubblici dell’ente, può valutare “la non adeguatezza dei mezzi prescelti dal
pubblico amministratore solo nell’ipotesi di assoluta ed incontrovertibile estraneità dei mezzi stessi
rispetto ai fini”(Cass. sez. un. sent.ze n. 33 del 2001; n. 1378 del 2006; n. 8096 del 2007).
Tali principi, espressi con riferimento al tradizionale àmbito di giurisdizione del giudice contabile,
non sembrano, sostanzialmente, contrastare con quelli formulati dalla giurisprudenza del giudice
ordinario in merito alla responsabilità, per violazione dell’obbligo generico di diligenza, degli
amministratori delle società di capitali nei confronti di queste ultime, anche alla luce della nuova
formulazione dell’art. 2392 c.c..
Infatti, i giudici ordinari di merito( si vedano, ad es., Trib. Milano 18 maggio 1992, 14 settembre
1992 e 2 marzo 1995; App. Milano, 5 febbraio 1994; App. Genova 5 luglio 1988) e la stessa Corte
di cassazione( si vedano ad es. Cass. civ. sent.ze nn. 2359 del 1965, 280 del 1982, 6278 del 1990, e,
soprattutto, 3652 e 2934 del 1997) hanno, più volte, affermato l’insindacabilità dell’opportunità
delle scelte di gestione effettuate dagli amministratori delle suddette società, mettendo in evidenza,
innanzitutto, come il risultato, anche negativo, della gestione può essere irrilevante, dipendendo
dallo svolgersi delle diverse variabili economiche, così come il successo o l’insuccesso di
un’operazione.
dal Giudice di legittimità, ai sensi dell’art. 111, III co., della Cost. e 360 n. 1 c.p.c.
Con la sentenza n. 5718 del 2004, la Suprema Corte ha riassunto tali posizioni, specificato che il
giudice può controllare il percorso attraverso il quale una scelta è stata preferita, il modo con il
quale la stessa è stata compiuta, anche con l’ausilio di specialisti interni o esterni alla società, in
quanto l’art. 2381 c.c. stabilisce l’obbligo degli amministratori di agire in modo informato.
In sostanza, un indizio per una responsabilità degli amministratori di società, sarebbe costituito
dall’omissione di verifiche e informazioni preventive normalmente richieste prima di procedere al
tipo di scelta considerato2.
Applicando i suesposti criteri, potrebbe essere sindacata dal giudice contabile
una scelta imprenditoriale di amministratori di società a partecipazione
pubblica, presumibilmente dannosa, esclusivamente con valutazione ex ante(
e non ex post in base al risultato ottenuto), attraverso l’esame, secondo le
regole tecniche applicabili alla fattispecie, della congruità dell’istruttoria
utilizzata per addivenire alla stessa.
B) Condizioni per una responsabilità da omessa denuncia.
Si è visto che l’art. 1, comma 3, della legge n. 20 del 1994 legge fa conseguire dalla mancata o
tempestiva denuncia, a carico dei soggetti obbligati alla stessa, se è intervenuta la prescrizione del
diritto al risarcimento del danno erariale, uno specifico titolo di responsabilità amministrativa di
natura omissiva. Invece, sia l’art. 83 della legge di contabilità generale dello Stato che l’art. 53 del
t.u. sulla Corte dei conti prevedevano, nell’ipotesi in discorso, una forma di responsabilità
concorrente dei soggetti che avevano violato l’obbligo in discorso con gli autori dell’illecito.
2 Le posizioni del giudice civile in materia avvicinano il nostro sistema a quello statunitense, in cui l’applicazione della
business judgment rule è subordinata all’acquisizione, da parte degli amministratori, delle informazioni che appaiono
necessarie in relazione alle circostanze del caso concreto.
Veniva sanzionata l’omessa denuncia in sé del danno erariale, indipendentemente dalla
verificazione della prescrizione del credito. Tale forma di responsabilità, seppure non formalmente
abrogata, deve ritenersi incompatibile con il carattere “personale” della responsabilità
amministrativa( si finirebbe infatti per rispondere per un fatto altrui) e con il divieto di
responsabilità c.d. formali, cioè conseguenti alla sola violazione di un precetto normativo, a
prescindere dalla causazione di un danno concreto.
In definitiva, per ipotizzarsi una responsabilità amministrativa per omessa o tardiva denuncia di
danno erariale non basta la violazione dell’obbligo, ma occorrono, secondo i principi, sia la
concretizzazione di un danno, costituito, in tali ipotesi, dall’intervenuta prescrizione dell’azione
intestata al P.M. che l’elemento soggettivo, del dolo o della colpa grave. E’ necessario, poi, un
ulteriore circostanza, cioè l’esistenza, da valutarsi in via incidentale dal giudice, di un illecito
contabile “a monte”( si vedano, sez. Liguria n. 1155 del 1999, sez. Toscana n. 1115 del 1999, sez.
Emilia n. 716 del 1999, sez. Veneto n. 1010 del 2005, sez. I n. 266 del 2005).
Perciò, per valorizzare il fatto che la violazione del dovere in discorso non genera una responsabilità
oggettiva o di “posizione”, la nota in discorso ha precisato che lo stesso è legato alla conoscenza o
alla possibilità di conoscenza dei presunti fatti dannosi, attraverso l’uso dell’ordinaria diligenza
professionale, che può essere pretesa dal soggetto obbligato, in considerazione della qualifica e
delle funzioni concretamente espletate.
3 - Presupposti delle denunce
Il presupposto perché sorga l’obbligo di denuncia è il verificarsi di un fatto dannoso per la finanza
pubblica.
Per l’individuazione del momento di completamento della fattispecie dannosa, e,
conseguentemente, del momento in cui sorge l’obbligo in questione, la nota interpretativa in esame
ha richiamato la giurisprudenza contabile in merito al concetto di “verificazione del fatto dannoso”
che costituisce, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge n. 20 del 1994, il dies a quo della
decorrenza della prescrizione nelle ipotesi di responsabilità amministrativa, non caratterizzate da
doloso occultamento del danno. In tali ipotesi, la giurisprudenza consolidata ritiene che il fatto
dannoso non sia costituito dal solo comportamento illecito, ma sia comprensivo dell’evento e
coincida con l’effettivo pregiudizio del patrimonio dell’amministrazione, sotto il profilo del danno
emergente o del lucro cessante, ovvero, con la lesione del bene immagine di cui è titolare
l’amministrazione danneggiata, nel caso di danno non patrimoniale.
A proposito dei danni c.d. all’immagine di enti pubblici, le possibili denunce
riguardanti tale tipologia di danno, che com’è noto può anche prescindere
dalla commissione di reati e dalla verificazione di un parallelo danno
patrimoniale, sono suscettibili di essere influenzate da considerazioni ed
opinioni molto soggettive, perciò potrebbe essere utile tener conto della
giurisprudenza contabile e della stessa Corte di cassazione che hanno avuto
modo di affermare che la sussistenza di un danno all’immagine di un ente
pubblico, rientrante nella giurisdizione del giudice contabile, richiede,
comunque, l’accertamento di condotte gravemente trasgressive dei più
elementari doveri di fedeltà di ogni pubblico agente( in tal senso, ad es, Cass.
sez. un. sent. 20886 del 6 aprile 2006).
Nel caso, poi, di doloso occultamento del danno da parte del presunto responsabile, l’obbligo di
denuncia, come la decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento del danno (ai sensi
dell’art. 1, comma 2, della legge n. 20 del 1994), nasce dal momento in cui il soggetto obbligato è
venuto a conoscenza dello stesso.
4 - Contenuto delle denunce
A proposito del contenuto delle denunce in questione, l’art. 20 del d.P.R. n. 3 del 1957, prescrive
che le stesse devono comprendere “tutti gli elementi raccolti per l'accertamento della responsabilità
e la determinazione dei danni”.
La denuncia, pertanto, con riguardo alla documentazione ad essa allegata, deve contenere:
- l’indicazione del fatto dannoso, nel senso di descrizione del comportamento dannoso e/o del
procedimento amministrativo seguito. Tale indicazione deve, altresì, evidenziare le illegittimità o le
diseconomie gestionali originate da tali comportamenti o procedimenti;
- l’importo del presunto danno subito dall'erario, ove ciò risulti da fatti conosciuti, ovvero, se tale
elemento non sia determinabile esattamente nel suo ammontare, i dati in base ai quali emerga
l’esistenza dello stesso, benché ne sia incerta la quantificazione. A questo fine, vanno indicati, ove
esistano, gli elementi che, sulla base dei dati dell’esperienza amministrativa nel settore, possano
servire alla quantificazione dello stesso, oppure offrire, se in condizione, parametri per la
determinazione in via equitativa del danno medesimo (ex art. 1226, c.c.).
E’ stato ritenuto, nella nota in discorso, solo facoltativa l’indicazione nominativa di coloro cui possa
essere presuntivamente imputato l’evento lesivo, così come motivate valutazioni circa la
colpevolezza di questi ultimi.
Occorre evidenziare in proposito che le denunce di danno erariale anche se provenienti dall’interno
dell’amministrazione ovvero da organi particolarmente qualificati( come ad es. la Guardia di
Finanza) non possono, ovviamente, essere considerate, come una sorta di citazioni anticipate, anche
perché non sono scevre dal rischio di far discendere, in modo automatico, danni ed eventuali
responsabilità dalla sola illegittimità delle condotte.
Perciò, nonostante il possibile carattere dettagliato delle denunce di danno, ha carattere centrale
l’istruttoria autonomamente svolta dal P.M., con l’utilizzo dei vari strumenti previsti dalla legge,
quali le richieste ed il sequestro di documenti, le ispezioni ed accertamenti diretti anche tramite la
Guardia di finanza, le deleghe di adempimenti istruttori, le perizie e consulenze. Assumono
particolare rilevanza istruttoria le audizioni personali e gli inviti a dedurre, che consentono un
contatto diretto con i presunti responsabili.
Perciò vista la rilevanza del caso concreto ai fini dell’addebito e della graduazione delle
responsabilità, occorrerebbe diffidare dall’utilizzo di una modulistica standard per le richieste
istruttorie, così come andrebbe evitata la predisposizione di schemi di citazioni uniformi per
materie.
5- Rapporti del P.M. contabile con altre Autorità giudiziarie.
Nella nota in discorso si è evidenziato il fondamentale raccordo che deve sussistere fra il P.M.
presso il giudice penale e quello presso il giudice contabile, attraverso l’informativa, prevista
dall’art. 129, comma 3, delle norme di attuazione del c.p.p., in merito all’esercizio dell’azione
penale, nel caso di reati che hanno cagionato un danno all’erario. A tal proposito, anche se l’attuale
formulazione della legge stabilisce il suddetto obbligo di informativa solo nei casi di esercizio
dell’azione, si sono invitati gli Uffici del P.M. presso il giudice penale a comunicare anche le
richieste di archiviazioni, relative a fatti che, pur non costituenti reati, potrebbero, però,
concretizzare ipotesi di responsabilità amministrativa.
Ma i rapporti con altre autorità giudiziarie non si esauriscono in tale adempimento. Infatti, ai sensi
dell’art. 74 del r.d. n. 1214 del 1934 il P.M. contabile può chiedere, oltre che alle amministrazioni
pubbliche, alle autorità giudiziarie atti e documenti. Tale termine è indicato in modo generico(
perciò dovrebbe comprendere oltre agli Uffici del P.M. anche i giudici ordinari e gli altri giudici
speciali); inoltre non viene posta alcuna limitazione quanto alla tipologia di atti o documenti che
possono essere richiesti, salvo limitazioni derivanti da espresse disposizioni normative.
Perciò, salvo che non vi siano le condizioni di legge per una segretazione degli atti, possono essere
richiesti al P.M. presso il giudice penale atti acquisiti in sede di indagini preliminari, ovvero
consulenze tecniche.
E’ da aggiungere, sempre sui rapporti fra P.M. contabile ed autorità giudiziarie, che gli articoli 6 e 7
della legge n. 97 del 2001 non prevedono, in modo espresso, l’ufficio giudiziario tenuto a
comunicare al Procuratore regionale le sentenze di condanna per reati commessi da pubblici
ufficiali contro la pubblica amministrazione.
La Procura generale, in proposito, aveva prospettato la possibilità di intestare anche tale obbligo,
per motivi di semplificazione del sistema, in capo al P.M. presso il giudice penale che ha emesso la
sentenza. Ciò attraverso una possibile interpretazione analogica dell’art. 129, comma III, delle
norme di attuazione del c.p.p., ovvero estensiva dell’art. 662 c.p.p., nella parte in cui, quest’ultima
norma, prevede che il pubblico ministero trasmette al giudice civile competente l’estratto delle
sentenze nei casi previsti dagli articoli 32 e 34 del codice penale.
Però, dal momento che il ministero della giustizia con circolare del 26 ottobre 2006 ha ritenuto che
vada applicato l’art. 665 c.p.p., con intestazione, perciò, dell’obbligo di comunicare le sentenze in
questione in capo al giudice dell’esecuzione, per evitare incertezze nell’applicazione delle norme si
è ritenuto, nella nota, di concordare con tale posizione.
Nell’ipotesi, poi, di cui all’art.6, comma 2, della legge n. 97 del 2001, è venuto in evidenza un
ulteriore problema. Com’è noto, tale norma prevede la trasmissione di sentenze di condanna per
reati contro la pubblica amministrazione, commessi a fini patrimoniali, al Procuratore generale( e
non come previsto dall’art. 7 della stessa legge al procuratore regionale competente), al fine di
procedere ad accertamenti patrimoniali nei confronti del condannato. Dal momento che anche gli
accertamenti patrimoniali sono comunque finalizzati ad attività proprie delle Procure regionali, si è
previsto nella nota l’invio di una doppia copia delle sentenze in discorso anche a queste ultime.
6 - Obbligo di denuncia ed Organi di controllo.
Dal descritto sistema normativo si evince come l’obbligo in discorso non può non gravare, vista la
funzione esercitata (che è non solo eventualmente correttiva, ma anche di collaborazione con organi
esterni al soggetto controllato) su soggetti che esercitano funzioni di controllo(si veda, in proposito,
l’art. 20, II comma, del d.P.R. n. 3 del 1957).
In particolare, l’obbligo in discorso riguarda gli organi di controllo interno, di cui all’art. 2 del d.lgs.
n. 286 del 1999, competenti al riscontro della regolarità amministrativa e contabile dell’azione
amministrativa.
L’Ispettorato per la funzione pubblica, di cui all’art. 60, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del
2001 (come modificato dall’art. 10 bis della legge n. 248 del 2005), è obbligato a denunciare al
P.M. presso il competente giudice contabile, anche a seguito di segnalazioni di privati cittadini o
pubblici dipendenti, irregolarità, ritardi o inadempienze delle amministrazioni pubbliche dalle quali
possano derivare danni alle stesse.
L’Alto Commissario per la prevenzione ed il contrasto della corruzione e delle altre forme di
illecito all’interno della pubblica amministrazione, istituito con la legge n. 3 del 2003, è tenuto a
denunciare al P.M. presso il competente giudice contabile le ipotesi di responsabilità
amministrativa, che potrebbero evidenziarsi a seguito di accertamenti diretti o delegati presso le
amministrazioni pubbliche, di monitoraggio su procedure contrattuali e di spesa o grazie alla
collaborazione dei servizi di controllo interno.
Sono esentati dall’obbligo in questione, ai sensi dell’art. 1, comma 6, del decreto legislativo n. 286
del 1999, gli addetti alle strutture che, all’interno delle amministrazioni pubbliche, effettuano il
controllo di gestione, la valutazione dei dirigenti ed il controllo strategico.
Ciò non esclude, in presenza dei relativi presupposti, la sussistenza di un obbligo di denuncia di
eventuali danni erariali, in capo ai titolari degli uffici o organi (tenuti all’obbligo in discorso)
destinatari delle relazioni degli addetti alle suddette tipologie di controllo.
E’ da sottolineare, infine, l’importanza delle segnalazioni di possibili danni erariali, effettuate dalle
articolazioni regionali e centrali della Corte dei conti addette a funzioni di controllo, pur in assenza
di un espresso obbligo giuridico in tal senso.
Però, bisogna, in ogni caso, tenere conto delle diverse finalità e dei differenti parametri di giudizio
propri delle funzioni di controllo e di quelle requirenti e giurisdizionali intestate alla Corte.
Conseguentemente, non sussiste un automatismo fra esito del controllo della Corte dei conti e
denuncia di danno erariale così come, a maggior ragione, fra gli stessi ed una responsabilità
amministrativa.
Infatti, con riguardo ad un eventuale esito negativo di un controllo preventivo di legittimità. si è
visto come la denuncia presuppone la sussistenza almeno di un ragionevole fumus di una concreta
ed attuale lesione patrimoniale o non patrimoniale, circostanza che, come detto, non può collegarsi,
di per sé solo, alla illegittimità di un atto o di un procedimento ovvero ad una sua illegittima
omissione. Tali evenienze possono essere, eventualmente, rilevanti al fine della qualificazione
dell’elemento soggettivo di un illecito amministrativo.
Relativamente, poi, ai controlli sulla gestione, sia l’oggetto delle indagini che riguarda, di solito,
un’azione amministrativa complessivamente intesa sia la decisione finale della Corte, che attiene
all’efficacia o all’efficienza della stessa, escludono che dall’esito da un controllo di tal tipo possano
rilevarsi, automaticamente, danni erariali specifici e, soprattutto, soggettivamente imputabili. Anche
eventuali valutazioni circa l’economicità dell’azione pubblica sono di solito effettuate dalla Corte in
modo complessivo come rapporto di congruità fra costi e risultati finali.
E’ necessario, perciò, al fine di una denuncia al P.M. degli esiti di un’attività di controllo, una
preventiva verifica, sia pure di carattere sommario ed ampiamente presuntivo, della sussistenza di
un danno legato ad una specifica fattispecie ed almeno in astratto imputabile a determinati soggetti,
utilizzando, a tal fine, le regole minime atte ad evidenziare la sussistenza di una responsabilità
amministrativa. E’ ovvio poi che il materiale acquisito in sede di controllo è soggetto alle normali
regole dell’onere della prova e del contraddittorio in sede di eventuale giudizio di responsabilità
amministrativa.
In tal senso dovrebbe, verosimilmente, interpretarsi la limitazione, posta dalla Corte Costituzionale
nella sentenza n. 29 del 1995, all’utilizzo delle risultanze istruttorie strumentali al controllo sulla
gestione nella distinta in sede processuale.