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DENTAL CADMOS | 9/2014 Corso ECM MODULO 4 Salute orale e odontoiatria restaurativa Macchie bianche o leucoplachia? Quando preoccuparsi? White lesions or leukoplakia? When to worry? E. Varoni, S. Decani, R. Franchini, E. Baruzzi, G. Lodi CONOSCENZE DI BASE 1. Fisiopatologia della mucosa orale. 2. Medicina orale. 3. Principi di anatomia patologica. OBIETTIVI 1. Descrivere l’eziologia, gli aspetti clinici e le caratteristiche istopatologiche della leucoplachia. 2. Proporre un algoritmo decisionale utile alla diagnosi diffe- renziale nel paziente che presenta lesioni bianche a livello della cavità orale. 3. Fornire elementi utili per la gestione del paziente affetto da leucoplachia. PUNTI CHIAVE 1. Il termine leucoplachia viene utilizzato per identificare una lesione prevalentemente bianca del cavo orale che pone il paziente a un variabile grado di rischio di ammalarsi di cancro orale e la cui diagnosi può essere posta solo dopo aver escluso tutte le altre patologie o condizioni che si ma- nifestano con lesioni orali di colore bianco. 2. Secondo le recenti evidenze scientifiche il paziente affetto da leucoplachia presenta un rischio maggiore di ammalarsi di cancro non solo in corrispondenza della lesione stessa, ma in ogni sede della cavità orale. 3. Numerose malattie possono manifestarsi a livello della ca- vità orale come macchie bianche. Una diagnosi provvisoria di leucoplachia può essere proposta solo dopo aver scarta- to tutte le possibili condizioni di natura definita. MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE AL CORSO L’iscrizione dovrà avvenire tramite compilazione della scheda di adesione disponibile sul nostro portale www.Odontoiatria33.it, che permetterà al provider di fornire via e-mail all’utente uno username e una password. Per maggiori informazioni www.Odontoiatria33.it 4. La diagnosi definitiva di leucoplachia può essere ottenuta unicamente in seguito all’integrazione del dato clinico con quello istopatologico. 5. Clinicamente la leucoplachia appare come una macchia o placca bianca, generalmente asintomatica e localizzabile in qualsiasi sede della cavità orale. Sulla base dell’aspetto macroscopico è possibile classificare queste lesioni in due tipi: “leucoplachie omogenee” e “leucoplachie non omo- genee”. 6. È importante interpretare la leucoplachia come una lesio- ne dinamica, in virtù delle modificazioni che possono ma- nifestarsi durante il decorso clinico di questa condizione. La frequenza di evoluzione della leucoplachia in cancro orale riportata nella letteratura scientifica risulta estrema- mente variabile. 7. Gli studi in letteratura che hanno analizzato le implica- zioni pratiche degli strumenti ausiliari alla diagnosi delle lesioni orali, da utilizzare negli studi odontoiatrici, de- notano una mancanza di efficacia di questi sistemi. At- tualmente, il protocollo consigliato è un accurato esame clinico delle mucose orali svolto alla poltrona, seguito da eventuale consulto con lo specialista in Medicina orale che provvederà, se necessario, a effettuare il prelievo bioptico. 8. L’adeguata comunicazione e la corretta informazione sono elementi fondamentali per stabilire un’alleanza te- rapeutica con il paziente, indispensabile nella gestione di pazienti affetti da condizioni per le quali non esistono trat- tamenti di provata efficacia, come la leucoplachia.

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MODULO 4Salute orale e odontoiatria restaurativa

Macchie bianche o leucoplachia? Quando preoccuparsi?White lesions or leukoplakia? When to worry?E. Varoni, S. Decani, R. Franchini, E. Baruzzi, G. Lodi

COnOsCenze Di base1. Fisiopatologia della mucosa orale.2. Medicina orale.3. Principi di anatomia patologica.

Obiettivi1. Descrivere l’eziologia, gli aspetti clinici e le caratteristiche

istopatologiche della leucoplachia.2. Proporre un algoritmo decisionale utile alla diagnosi diffe-

renziale nel paziente che presenta lesioni bianche a livello della cavità orale.

3. Fornire elementi utili per la gestione del paziente affetto da leucoplachia.

PUnti Chiave1. Il termine leucoplachia viene utilizzato per identificare una

lesione prevalentemente bianca del cavo orale che pone il paziente a un variabile grado di rischio di ammalarsi di cancro orale e la cui diagnosi può essere posta solo dopo aver escluso tutte le altre patologie o condizioni che si ma-nifestano con lesioni orali di colore bianco.

2. Secondo le recenti evidenze scientifiche il paziente affetto da leucoplachia presenta un rischio maggiore di ammalarsi di cancro non solo in corrispondenza della lesione stessa, ma in ogni sede della cavità orale.

3. Numerose malattie possono manifestarsi a livello della ca-vità orale come macchie bianche. Una diagnosi provvisoria di leucoplachia può essere proposta solo dopo aver scarta-to tutte le possibili condizioni di natura definita.

MODaLità Di ParteCiPaziOne aL COrsOL’iscrizione dovrà avvenire tramite compilazione della scheda di adesione disponibile sul nostro portale www.Odontoiatria33.it, che permetterà al provider di fornire via e-mail all’utente uno username e una password.Per maggiori informazioni www.Odontoiatria33.it

4. La diagnosi definitiva di leucoplachia può essere ottenuta unicamente in seguito all’integrazione del dato clinico con quello istopatologico.

5. Clinicamente la leucoplachia appare come una macchia o placca bianca, generalmente asintomatica e localizzabile in qualsiasi sede della cavità orale. Sulla base dell’aspetto macroscopico è possibile classificare queste lesioni in due tipi: “leucoplachie omogenee” e “leucoplachie non omo-genee”.

6. È importante interpretare la leucoplachia come una lesio-ne dinamica, in virtù delle modificazioni che possono ma-nifestarsi durante il decorso clinico di questa condizione. La frequenza di evoluzione della leucoplachia in cancro orale riportata nella letteratura scientifica risulta estrema-mente variabile.

7. Gli studi in letteratura che hanno analizzato le implica-zioni pratiche degli strumenti ausiliari alla diagnosi delle lesioni orali, da utilizzare negli studi odontoiatrici, de-notano una mancanza di efficacia di questi sistemi. At-tualmente, il protocollo consigliato è un accurato esame clinico delle mucose orali svolto alla poltrona, seguito da eventuale consulto con lo specialista in Medicina orale che provvederà, se necessario, a effettuare il prelievo bioptico.

8. L’adeguata comunicazione e la corretta informazione sono elementi fondamentali per stabilire un’alleanza te-rapeutica con il paziente, indispensabile nella gestione di pazienti affetti da condizioni per le quali non esistono trat-tamenti di provata efficacia, come la leucoplachia.

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Ricevuto il 5 giugno 2014Accettato il 28 agosto 2014

*Autore di riferimentoRoberto Franchini

[email protected]

© 2014 EDRA LSWR SpA. Tutti i diritti riservati

Macchie bianche o leucoplachia? Quando preoccuparsi?White lesions or leukoplakia? When to worry?E. Varoni, S. Decani, R. Franchini*, E. Baruzzi, G. LodiUniversità degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche e Odontoiatriche

RIASSUNTOObiettivi. La leucoplachia orale è una lesione delle mucose orali piuttosto frequente e per questo di comune riscontro anche negli ambulatori odontoiatrici non specialistici. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha incluso questa condizione nel gruppo dei disordini del cavo orale potenzialmente maligni, quelli cioè che espongono il paziente che ne sia affetto a un rischio significativo di ammalarsi di cancro orale. Lo scopo di questa monografia è fornire al clinico gli strumenti necessari alla corretta diagnosi e al trattamento del paziente affetto da leucoplachia. Materiali e metodi. Sono state consultate le principali banche dati internazionali (PubMed, Embase e Scopus) per cercare articoli rilevanti sull’argomento. Risultati e conclusioni. Sono numerose le condizioni che possono presentarsi a livello del cavo orale con l’aspetto di lesioni bianche senza che per questo siano da considerarsi potenzialmente maligne. È quindi importante che l’odontoiatra sia in grado di formulare un’adeguata diagnosi differenziale e di gestire nel modo più corretto il paziente affetto da leucoplachia orale: riferendo allo specialista di Medicina orale i casi più complessi e spiegando al paziente la natura delle lesioni, nonché le diverse opzioni terapeutiche di una patologia che attualmente divide ancora la comunità scientifica internazionale.

Parole chiave: Leucoplachia | Lesioni orali | Lesioni bianche | Cancro orale | Medicina orale

ABSTRACTObjectives. Oral leukoplakia is a quite frequent lesion of the oral mucosa, easily detectable during dental practice. The World Health Organization includes this condition among potentially malignant disorders, exposing patients to a significant risk of developing oral cancer. The purpose of the present monograph is to provide the dentist with the necessary tools for proper diagnosis and management of patients affected by leukoplakia. Materials and methods. Three main international databases (PubMed, Embase and Scopus) were consulted to retrieve relevant articles on this issue. Results and conclusions. Several oral conditions may appear as “white lesions” on oral mucosa, without necessarily being referred to leukoplakia, nor associated to a higher risk of malignant transformation. Clinicians are therefore expected to formulate appropriate differential diagnoses as well as to manage these patients. The most complex cases will be referred to oral medicine specialists and explanations will be given as to the nature of leukoplakia and the relevant treatment options, currently still under debate in the international scientific community.

Key words: Leukoplakia | Oral lesions | White lesions | Oral cancer | Oral medicine

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ale 1. Introduzione

1.1 DefinizioneIl termine “leucoplachia” è stato usato per la prima volta dal dermatologo ungherese Schwimmer nel 1887, riferendosi a quelle lesioni bianche del cavo orale, spesso correlate all’uso di tabacco e dal significato precanceroso, che alcuni anni prima Paget aveva definito “leucocheratosi” [1,2]. Nel 1936 McCarthy ne ha descritto per la prima volta gli aspetti istologici, classificandoli in quattro stadi di cui il peggiore in ter-mini di gravità era caratterizzato da evidenze microscopiche di displasia o di primarie modificazioni in senso maligno [3]. Nel 1978 la World Health Organization (WHO) ha fornito la pri-ma definizione di leucoplachia orale: “Macchia o placca bianca che non può essere definita né clinicamente né istologicamen-te come altra condizione” [4]. Nei 35 anni seguenti la definizione ha subito alcuni rimaneggia-menti volti a metterne in luce il potenziale maligno e a fornire dettagli utili a differenziarla da condizioni di altra natura che possono comunque manifestarsi a livello del cavo orale con l’aspetto di lesioni bianche [5]. Attualmente la comunità scientifica internazionale utilizza il termine leucoplachia per identificare una lesione prevalente-mente bianca del cavo orale che pone il paziente a un variabile grado di rischio di ammalarsi di cancro orale e la cui diagnosi può essere posta solo dopo aver escluso tutte le altre patolo-gie o condizioni che si manifestano con lesioni orali di colore bianco [6].Dal 2005 la leucoplachia appartiene, secondo la classificazione della WHO, ai “disordini potenzialmente maligni”, categoria in cui sono state raggruppate sia le “lesioni potenzialmente ma-ligne” (leucoplachia, eritroplachia) sia le “condizioni potenzial-mente maligne” (fibrosi sottomucosa, cheratosi attinica, lichen planus orale e lupus eritematoso discoide) storicamente sud-divise dalla WHO nel 1978. La distinzione si basava sul fatto che l’eventuale trasformazio-ne maligna di una “lesione” potenzialmente maligna sarebbe avvenuta nella sede interessata dalla stessa, mentre nel caso di una “condizione” potenzialmente maligna la cancerizzazione sarebbe potuta avvenire in una qualsiasi zona del cavo orale. Oggi tale suddivisione non è più ritenuta valida, in quanto è noto che anche aree di mucosa clinicamente sana di un pa-ziente con una lesione potenzialmente maligna possono pre-sentare alterazioni displastiche ed essere quindi a rischio di evoluzione [7].

1.2 Eziopatogenesi L’eziologia della leucoplachia non è ancora ben conosciuta e numerosi fattori di rischio (fumo, alcol, traumatismo cronico, infezioni orali da Candida o Papillomavirus umano) sono stati indagati al fine di stabilirne eventuali correlazioni con la com-parsa di tali lesioni all’interno della cavità orale. Il fumo di tabacco è il fattore eziologico maggiormente studiato e riconosciuto come più importante per lo sviluppo della leucopla-chia orale, come sembra dimostrare l’elevata frequenza con cui questa malattia viene diagnosticata tra i fumatori. Studi europei condotti tra il 1958 e il 1991 hanno riscontrato fra i pazienti con leucoplachia orale una quota di soggetti fumatori compresa tra il 25,5% e il 100% [8]. La relazione causale tra tabacco e leuco-plachia, tuttavia, rimane principalmente deduttiva e basata sulle descrizioni di casistiche anziché su solide prove scientifiche [9]. La stretta relazione tra l’abitudine al fumo e la comparsa di leuco-plachia orale è stata ulteriormente supportata dalla localizzazione anatomica delle lesioni nei soggetti fumatori e dall’elevata percen-tuale di remissione (43,2-60% in 1-10 anni) o riduzione dimen-sionale dei segni di malattia in coloro che sospendono l’uso del tabacco [8]. Mancano, inoltre, studi clinici che dimostrino come la sospensione del fumo possa avere un effetto su queste lesioni, come riportato da una revisione sistematica Cochrane [10].Diversamente dalla ben definita associazione fra uso di alcol e carcinoma del cavo orale, nel caso della leucoplachia orale rimane poco chiara l’influenza degli alcolici [9]. A oggi non sono disponibili studi in cui sia stato valutato il ruolo dell’alcol come singolo fattore di rischio e che abbiano indagato gli effetti della sospensione di tale abitudine voluttuaria sulle lesioni orali [11]. Uno studio prospettico del 2006 comprendente più di 40.000 soggetti ha osservato come nei bevitori, sia fumatori sia non fumatori, aumentasse considerevolmente il rischio di riscontro clinico di lesioni premaligne [12]. Come nel caso del tabacco, tuttavia, la mancanza di studi disegnati al preciso fine di espli-care l’eventuale relazione causale non permette di accertare il ruolo eziologico dell’alcol [9]. Infine, il ruolo eziologico dell’infezione da Human Papilloma Vi-rus (HPV) resta ancora dibattuto in letteratura [13]. Una meta-nalisi del 2011 riporta una frequenza di infezione da HPV 3,87 volte superiore nelle mucose di pazienti con lesioni premaligne e 3,98 volte superiore in campioni prelevati da carcinomi squa-mocellulari orali, rispetto a epiteli sani. Tuttavia gli studi presi in esame mostrano caratteristiche non sovrapponibili tra loro in termini di qualità e metodo. Si tratta pertanto di dati che non possono provare l’eventuale ruolo eziologico di HPV [14].

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e 1.3 EpidemiologiaRisulta molto complesso ottenere un dato di prevalenza indi-cativo di questa condizione, soprattutto a causa della difficoltà a porre una corretta diagnosi di leucoplachia in assenza di pre-cisi criteri clinici e istologici, fondamentali per un idoneo inqua-dramento diagnostico delle lesioni e conseguentemente per la costruzione di solidi studi epidemiologici. Una revisione sistematica del 2003, analizzando dati di preva-lenza provenienti da 17 diversi studi svolti nei 15 anni prece-denti, ha identificato una prevalenza globale di leucoplachia orale compresa tra l’1,7% e il 2,7% [15], nonostante questo dato sia in realtà caratterizzato da una più ampia variabilità in relazione all’area geografica e al gruppo demografico presi in esame [16].

1.4 DiagnosiA dimostrazione dell’oggettiva difficoltà di porre diagnosi di questa condizione, uno studio del 2013 [11] ha incluso nella propria analisi 275 pazienti con diagnosi “provvisoria” di leu-coplachia orale, intendendo con questo termine il riscontro clinico di una lesione bianca non chiaramente diagnosticabile come altra condizione. Un’analisi più accurata del campione ha permesso di esclude-re 99 lesioni non correttamente diagnosticate in fase iniziale. Solamente 176 lesioni bianche, corrispondenti al 64% del cam-pione esaminato, hanno potuto ricevere un inquadramento definitivo di leucoplachia orale [11]. Proprio per questo motivo, è importante che la gestione diagnostica successiva all’identi-ficazione della lesione sia affidata allo specialista in Medicina orale.Una diagnosi provvisoria di leucoplachia può essere posta dopo aver scartato ogni possibile condizione di natura defini-ta che si possa manifestare come una macchia bianca (box 1, figg. 1-6). Un periodo di 2-4 settimane è considerato un cor-retto arco temporale da far trascorrere per valutare eventuali regressioni delle lesioni, dopo l’eliminazione dei possibili fattori associati alla comparsa delle stesse, come per esempio le com-ponenti traumatizzanti di elementi dentari o restauri e, se pos-sibile, del fumo. In caso di persistenza della lesione è necessa-rio abbinare all’osservazione clinica un’analisi microscopica del tessuto. Attualmente, il gold standard per la corretta valuta-zione di questo tipo di lesioni rimane la biopsia incisionale, se-guita dall’analisi istopatologica del campione prelevato. Lesioni disomogenee o particolarmente “sospette”, a discrezione del clinico, potranno essere sottoposte a biopsie multiple al fine di

avere un preciso inquadramento della/e lesione/i intera/e [17].Non possedendo caratteristiche cliniche né istologiche speci-fiche, la diagnosi definitiva di leucoplachia può essere posta unicamente dopo la valutazione di entrambi questi aspetti.Solo l’integrazione delle informazioni ottenute da anamnesi (età e sesso del paziente, abitudini voluttuarie), esame obietti-vo (sede, dimensioni e aspetto della lesione) ed esame micro-scopico (presenza o assenza di displasia) permette al clinico una corretta gestione del singolo paziente affetto da leucopla-chia, discutendo eventuali trattamenti e programmando un adeguato programma di follow-up (fig. 7) [6,18,19].

1.5 Aspetti cliniciClinicamente la leucoplachia appare come una lesione princi-palmente bianca, di dimensioni variabili, localizzabile in qualsia-si area del cavo orale e generalmente asintomatica. Numerose condizioni possono presentarsi all’interno della cavità orale con l’aspetto di macchie o placche bianche (box 1, figg 1-6), alcune riferibili a manifestazioni orali di disordini sistemici, al-tre differenziabili dalla leucoplachia per aspetto clinico, carat-teristiche istologiche o per la possibilità di identificare il fattore eziologico alla base della comparsa della lesione, prime fra tut-te le lesioni di natura traumatica (figg. 5 e 6), frequentemente riscontrabili a livello delle mucose geniene in prossimità della linea occlusale o in corrispondenza di selle edentule e ritenute prive di qualsiasi potenziale maligno.Sulla base delle caratteristiche morfologiche evidenziabili all’esame obiettivo (superficie, spessore e colore) è possibile distinguere due differenti forme di leucoplachia, definite “omo-genea” e “non omogenea”. La leucoplachia omogenea si presenta come una lesione

bianca, piana e uniforme o con fissurazioni e introflessioni superficiali poco profonde (fig. 8).

La leucoplachia non omogenea mostra invece una più ampia variabilità clinica. A quest’ultimo gruppo appartengono le lesioni con componenti miste rosse e bianche e quelle con aspetto nodulare o verrucoso [6] (figg. 9 e 10). Tra le leuco-plachie non omogenee, le forme di confine tra lesioni rosse e lesioni bianche, definibili come eritroleucoplachie, quelle con aspetti verrucosi e proliferativi e le forme associate a infezioni micotiche sono qui indicate come “leucoplachie speciali” (box 2, figg. 11-14) al fine di rendere più semplice la comprensione del lavoro al lettore.

Le sedi più frequentemente coinvolte dalla leucoplachia sono le mucose geniene, la gengiva, il pavimento orale, i margini

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Box 1 Condizioni cliniche diverse dalla leucoplachia che si manifestano a livello del cavo orale come macchie bianche e che pertanto possono essere confuse con essa

Che cosa non è leucoplachia

Condizioni orali Descrizione Criteri distintivi

Ipercheratosi frizionale Placca o macchia bianca, asintomatica, causata da un traumatismo cronico che agisce come stimolo per la produzione di cheratina [52]

n Esame obiettivo (rapporto topografico con elementi traumatizzanti, interessamento di selle edentule, risoluzione parziale o completa in seguito all’allontanamento del trauma)

Candidosi pseudomembranosa (fig. 1)

Placche bianche soffici, leggermente rilevate, occasionalmente sintomatiche, causate dal deposito di ife fungine a seguito della sovrainfezione di funghi opportunisti (generalmente Candida albicans, ma anche altre specie di Candida)

n Esame obiettivo (rimozione delle pseudomembrane mediante l’utilizzo di una garza o di una spatola)

Ustioni mucose Ulcerazioni ricoperte da uno strato di fibrina che conferisce alle lesioni il tipico aspetto biancastro. Possono essere conseguenti a ustioni chimiche, termiche o elettriche [53,54]

n Dato anamnestico (assunzione di sostanze caustiche, sedute odontoiatriche in concomitanza con la comparsa della lesione, assunzione di cibi o bevande bollenti)

n Rapida risoluzioneLeucoedema Macchia bianco-grigiastra presente generalmente a livello delle mucose

geniene, spesso bilateralmente, che viene attualmente considerata come una variante anatomica. Il leucoedema è più facilmente riscontrabile negli individui di origine africana [55]

n Esame obiettivo (parziale scomparsa della lesione in seguito alla distensione della mucosa)

Lichen planus (fig. 2)

Malattia mucocutanea infiammatoria cronica su base autoimmunitaria. Tra le varianti cliniche di questa patologia, la forma a placca si può presentare con lesioni di aspetto molto simile alla leucoplachia [56]

n Esame obiettivo (simmetria e bilateralità delle lesioni, concomitante presenza di più forme nello stesso paziente)

n Esame istopatologicoLupus eritematoso sistemico (LES)

Patologia cronica di natura autoimmune che interessa diversi organi e distretti corporei. A livello del cavo orale si può manifestare con macchie o placche bianche, generalmente con porzione centrale ulcerata o erosa e strie ipercheratosiche che si irradiano a raggiera dai margini della lesione [56]

n Esami ematochimici (profilo immunologico) n Esame istopatologico

Graft versus host disease (GVHD)

Complicanza del trapianto di cellule staminali ematopoietiche, causata dall’attivazione dei linfociti T del donatore nei confronti dell’organismo del ricevente. È una malattia infiammatoria sistemica che può coinvolgere anche il cavo orale, dove si manifesta con strie o placche bianche [56]

n Dato anamnestico (trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche)

Lesioni lichenoidi Lesioni che interessano le mucose della cavità orale con caratteristiche cliniche e istologiche simili al lichen planus orale [56]

n Dato anamnestico (terapie mediche)n Esame obiettivo (rapporto topografico con materiali

dentari)n Esame istopatologico

Nevo bianco spongioso (fig. 3)

Placche bianche asintomatiche, spesse, di consistenza spugnosa, più o meno fissurate. Il nevo bianco spongioso è una condizione ereditaria a trasmissione autosomica dominante, senza predilezione di sesso o razza [57]

n Dato anamnestico (familiarità, comparsa nei primi anni di vita)

n Esame obiettivo (generalmente bilaterale)

Leucoplachia capelluta(hairy leukoplakia) (fig. 4)

Placca bianca leggermente rilevata e generalmente asintomatica, causata da un’infezione opportunistica da parte del virus di Epstein-Barr (EBV). Tipicamente interessa mono o bilateralmente i margini linguali [58]

n Dato anamnestico (generalmente presente nei soggetti immunocompromessi)

n Presenza di infezione da EBVn Esame obiettivo (placca corrugata sul margine

linguale)Morsicatio buccarum (fig. 5)

Papule o placche bianche, asintomatiche, non ben delineate, facilmente separabili dalla mucosa sana sottostante. Le sedi interessate sono quelle a contatto con gli elementi dentari: mucose geniene, mucose labiali e margini linguali [59]

n Esame obiettivo (aspetto clinico)

Stomatite nicotinica Macchia bianco-grigiastra punteggiata di rosso, localizzata a livello del palato. È una forma di cheratosi tabacco-correlata. Il calore e le sostanze cancerogene contenute nel tabacco inducono ipercheratosi del tessuto e infiammazione degli sbocchi delle piccole ghiandole salivari [60]

n Dato anamnestico (abitudine al fumo)n Esame obiettivo (localizzazione palatale e lesioni

rosse puntiformi, che rappresentano gli sbocchi delle ghiandole salivari minori)

Linea alba (fig. 6) Linea bianca, più o meno estesa, leggermente rilevata, che attraversa le mucose geniene, spesso bilateralmente, in corrispondenza della linea occlusale, causata dal traumatismo degli elementi dentari

n Esame obiettivo (localizzazione in corrispondenza della linea occlusale)

linguali e le commissure labiali, mentre il palato duro, il pala-to molle e la mucosa labiale sono interessati più raramente [13,20,21]. È stato ipotizzato che la sede della lesione possa avere una rilevanza sull’entità del rischio di trasformazione. Al-

cuni studi sostengono che le leucoplachie del pavimento orale e della lingua abbiano un potenziale maligno più elevato, tuttavia non è ancora stata identificata un’associazione tra precise lo-calizzazioni intraorali e maggior rischio di trasformazione [20],

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Fig. 1 Candidosi pseudomembranosa estesa al dorso linguale e alla mucosa geniena destra

Fig. 3 Manifestazione clinica di nevo bianco spongioso, localizzato bilateralmente in corrispondenza di mucose geniene e margini linguali

Fig. 2 Paziente affetto da lichen planus orale: lesioni “a placca” sul dorso linguale

Fig. 4 Margine linguale sinistro interessato da leucoplachia capelluta (“hairy leucoplachia”), lesione maggiormente rappresentata nella metà anteriore del margine linguale

Fig. 5 Lesioni traumatiche da morsicatio buccarum a livello della mucosa geniena sinistra

Fig. 6 Lesione lineare, bianca e rilevata sulla mucosa geniena sinistra, in prossimità della linea occlusale, ascrivibile alla diagnosi clinica di linea alba

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ale Fig. 7

Rappresentazione schematica dei passaggi per giungere alla diagnosi definitiva di leucoplachia orale. Fonte: algoritmo diagnostico modificato da Warnakulasuriya et al. [6]

Fig. 8 Estesa leucoplachia omogenea in corrispondenza del margine linguale destro e del ventre linguale omolaterale. Diagnosi istopatologica: frammento di mucosa orale con iperplasia epiteliale e ipercheratosi orto/paracheratosica

Paziente conmacchia bianca di

natura non definita

Assenza di fattori irritativi

Esclusione lesioniidentificabili (box 1)Diagnosi provvisoria

di leucoplachia

Diagnosi clinica di leucoplachia

Diagnosi istologica:“quadro istologico compatibile con

leucoplachia”

Eliminazione di possibili fattori

irritativi

Guarigione

Lesione identificabile (ipercheratosi

frizionale)

Nessuna guarigione

Biopsia incisionale

Diagnosi clinicadi “non” leucoplachia

“Diagnosi istologica: quadro istologico riferibile ad altra

malattia nota”

Presenza di displasia

Trattamento se possibile

(dim. <2-3 cm)Follow-up 3-6 mesi

Trattamento se possibile

(dim. <2-3 cm)Follow-up 6-12 mesi

Assenza di displasia

Follow-up 3-6 mesi Follow-up 6-12 mesi

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Fig. 10 Leucoplachia non omogenea del ventre linguale sinistro, contraddistinta da colore disomogeneo. Diagnosi istopatologica: frammento di mucosa orale con displasia epiteliale di basso grado

Fig. 9 Leucoplachia non omogenea del ventre linguale destro, caratterizzata da aree di maggior ispessimento degli strati superficiali e piccole ulcerazioni. Diagnosi istopatologica: frammento di mucosa orale con iperplasia epiteliale verrucosa cui si associano focolai di displasia epiteliale di basso grado

poiché anche questo dato è fortemente influenzato dal gruppo demografico preso in considerazione [11].

1.6 Aspetti istologiciNel caso in cui venga riscontrata, a livello del cavo orale, una lesione compatibile con la diagnosi di leucoplachia l’esecuzione

di una biopsia è indispensabile, in quanto l’aspetto istologico di questo tipo di lesioni può mostrare quadri tra loro molto diversi; è importante, inoltre, ricordare che carcinomi microin-vasivi possono presentarsi con aspetto clinico sovrapponibile a quello della leucoplachia.Microscopicamente, la maggior parte delle leucoplachie ap-

Box 2 Varianti cliniche della leucoplachia

Leucoplachie “speciali”

Lesione Descrizione

Eritroplachia (fig. 11)

L’eritroplachia è definita “una macchia rosso vivo che non può essere caratterizzata clinicamente o istologicamente come altra malattia”. L’aspetto clinico è solitamente quello di una macchia rossa, piana o lievemente depressa, con una superficie liscia, vellutata o granuleggiante. I margini della lesione si presentano netti e ben definiti rispetto alla mucosa sana circostante. Alla palpazione risulta soffice; la presenza di eventuali aumenti di consistenza o netti indurimenti deve essere considerata un campanello d’allarme. Può interessare tutte le sedi della cavità orale, senza predilezione di sesso e con un picco di frequenza nei pazienti adulti e anziani. Istologicamente, la maggior parte delle eritroplachie presenta importanti alterazioni displasiche o quadri di carcinoma invasivo o in situ. Quando si manifesta con concomitante presenza di aree bianche e rosse si parla di eritroleucoplachia (fig. 12) (appartenente al gruppo delle leucoplachie non omogenee) [18,61]

Leucoplachia verrucosa proliferativa (fig. 13)

Leucoplachia verrucosa proliferativa è una definizione introdotta da Hansen nel 1985 per descrivere una particolare forma di leucoplachia. Clinicamente esordisce come una macchia bianca, meno frequentemente rossa o rosea, che tende ad acquisire un aspetto rilevato e verrucoso. La progressione di questa condizione porta alla comparsa di lesioni multifocali, con un lento e graduale aumento dimensionale delle stesse, motivo per il quale la diagnosi è generalmente retrospettiva. L’eziologia è sconosciuta; è stato discusso un possibile ruolo causale dell’infezione da Human Papilloma Virus, che non ha portato ad alcuna evidenza scientifica. È una condizione più comune nelle donne anziane, caratterizzata da una forte tendenza a recidivare in seguito a trattamento e da un elevato rischio di trasformazione maligna [62-64]

Candidosi cronica iperplastica (fig. 14)

La candidosi cronica iperplastica o leucoplachia da Candida è una lesione delle mucose orali che si presenta clinicamente come una macchia o una placca biancastra, spesso associata a componente eritematosa. A differenza della candidosi pseudomembranosa, le aree biancastre non sono asportabili tramite sfregamento, in quanto corrispondono a una risposta iperplastica del tessuto e non a un deposito di pseudomembrane. La localizzazione tipica è costituita dalle mucose geniene, bilateralmente, in corrispondenza dell’area retrocommissurale. Meno frequentemente interessati sono lingua e palato. È una lesione fortemente associata al fumo, con un potenziale rischio di trasformazione maligna e spesso caratterizzata da quadri istologici di displasia [65]

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Fig. 12 Eritroleucoplachia della porzione anteriore del ventre linguale sinistro: la lesione si presenta come una macchia non omogenea con componente mista rosso-bianca. Diagnosi istopatologica: frammento di mucosa orale con displasia di basso grado, focalmente di alto grado

Fig. 14 Candidosi cronica iperplastica di tipo nodulare in corrispondenza dell’area retrocommissurale destra. Diagnosi istopatologica: iperplasia epiteliale verrucosa. Presenza di ife e spore fungine ricercate con colorazione speciale PAS (Periodic Acid Schiff)

Fig. 13 Leucoplachia verrucosa proliferativa estesa a livello di palato molle, palato duro, cresta edentula e mucosa geniena sinistra. Diagnosi istopatologica: iperplasia epiteliale verrucosa con displasia epiteliale di basso grado e ipercheratosi orto/paracheratosica

Fig. 11 Lesione rossa, lievemente depressa e con superficie liscia: eritroplachia del margine linguale sinistro. Diagnosi istopatologica: frammento di mucosa orale con displasia epiteliale di basso grado

pare come un’area di ispessimento degli strati superficiali, con o senza conservazione dei nuclei cellulari (ortocheratosi o paracheratosi), accompagnata da un aumentato numero di elementi cellulari (iperplasia epiteliale) e un certo grado di infiammazione (flogosi). Tuttavia, in una percentuale variabile di casi, all’esame istologico si possono riscontrare veri e pro-

pri disordini dell’architettura e della struttura dell’epitelio, con anomalie cellulari di forma e dimensione (displasia di basso, medio o alto grado) o alterazioni riferibili a un carcinoma in situ o invasivo [6,13,22,23]. Secondo la WHO le lesioni leucoplasi-che che istologicamente manifestano alterazioni displastiche sono più del 16% [3].

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e 1.7 EvoluzioneDefinito il percorso per giungere a una diagnosi di leucopla-chia, è fondamentale cercare di capire quali siano i possibili comportamenti di tale lesione, e in particolare quanto grande sia il rischio che il paziente si ammali di cancro orale.La leucoplachia deve essere intesa come una lesione dina-mica, anziché statica, in virtù delle modificazioni che possono manifestarsi nel decorso clinico di questa condizione. Infatti, nonostante la maggior parte delle leucoplachie orali abbia un decorso benigno, altre sono caratterizzate da modificazioni di-splasiche, o le sviluppano, arrivando in alcuni casi a evolvere in carcinoma squamocellulare [9]. È importante sottolineare che, proprio per la sua natura dina-mica, le variazioni cliniche e istologiche di questo tipo di lesione non sono unidirezionali, ma possono esitare anche in miglio-ramenti. La storia naturale delle leucoplachie risulta quindi caratterizza-ta da tre possibili decorsi: scomparsa della lesione; riduzione/aumento di dimensioni e/o modifica dell’aspetto

clinico/istologico della lesione; evoluzione in carcinoma orale.

Essendo nella stragrande maggioranza dei casi entità asinto-matiche, senza implicazioni di natura estetica e/o funzionale per il paziente, risulta intuitivo come il trattamento di un sog-getto con leucoplachia debba concentrarsi sull’unica, grave im-plicazione: il rischio di carcinoma orale.Il tasso di trasformazione maligna della leucoplachia risulta estremamente variabile nei diversi studi pubblicati, variando dallo 0,13% al 36,4% in relazione alle differenti caratteristiche di popolazioni, aree geografiche, criteri diagnostici e lesioni in esame [3,20,23]. Un modello epidemiologico basato su dati eu-ropei di prevalenza della leucoplachia e incidenza del cancro orale ha stimato un tasso annuale di trasformazione maligna non superiore all’1% [24].

Analizzando il problema da un’altra prospettiva, un importante dato a supporto del carattere premaligno della leucoplachia è la frequenza dei carcinomi della bocca preceduti da tali lesioni. Una ricerca dello Hospital General Universitario di Valencia [25] ha osservato, in un arco di tempo compreso tra ottobre 1997 e luglio 1999, che 1 su 5 pazienti affetti da carcinoma squamocel-lulare orale mostrava segni che suggerivano la presenza di una lesione leucoplasica precedente all’insorgenza del cancro.Inoltre, numerosi lavori hanno evidenziato come esistano fat-tori che influiscono sulla valutazione del rischio da parte del clinico: caratteri maggiormente riscontrabili nelle leucoplachie che subiscono un’evoluzione maligna rispetto a quelle che invece non andranno incontro a tale destino. Tali parametri possono essere distinti in fattori associati alle caratteristiche del paziente e fattori associati alle caratteristiche della lesione (tab. I). Circa i fattori paziente-correlati sono numerosi gli studi in cui si è notata una maggiore percentuale di trasformazioni maligne nel genere femminile [21]. Può invece sorprendere che lesioni in soggetti con l’abitudine al fumo, principale fattore di rischio per i tumori della bocca, risultino a minor rischio di trasforma-zione maligna [8,26,27]. A proposito delle caratteristiche correlabili a un diversificato rischio di trasformazione delle lesioni, appare piuttosto eviden-te che quanto maggiore è il tempo intercorso dalla diagnosi, tanto maggiore è il rischio di evoluzione in cancro [18].Anche la specifica localizzazione all’interno della cavità orale, come detto, è stata suggerita essere un fattore capace di in-fluenzare significativamente il rischio di trasformazione. Lesio-ni localizzate in particolare su lingua, pavimento orale, palato molle e trigono retromolare sembrerebbero essere maggior-mente suscettibili di trasformazione maligna [28]. A oggi non è ancora stata identificata, tuttavia, un’associazione precisa dal momento che i risultati variavano in relazione al gruppo demo-grafico considerato.

Tab. I Fattori in grado di influire sul rischio del paziente affetto da leucoplachia orale di sviluppare cancro della bocca

Maggior rischio di trasformazione

n Fattori associati al paziente

Sesso femminile Non fumatore

n Fattori associati alla lesione

Lesione di lunga durata Grandi dimensioni(> 200 mm2)

Localizzazione su lingua, pavimento orale, trigono retromolare, palato molle

Aspetto clinico disomogeneo

Presenza di displasia epiteliale

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da considerarsi a maggior rischio rispetto alle forme omoge-nee [18]. Anche l’aspetto verrucoso rappresenta un fattore di rischio, sebbene questo dato possa dipendere dall’inclusione, in alcune casistiche, di soggetti con leucoplachia verrucosa proliferativa (LVP), forma particolarmente predisposta a evol-vere in cancro [29]. Anche le dimensioni possono fornire in-dicazioni di tipo prognostico: sembra infatti dimostrata una relazione tra dimensioni estese (generalmente come valore di demarcazione si assumono i 200 mm2) e aumentata possibilità di trasformazione maligna [28]. È emersa, a tal proposito, una relazione positiva anche con la multifocalità, ponendo pure qui un problema di diagnosi differenziale con la LVP. Infine, la presenza di displasia epiteliale risulta essere attual-mente l’indicatore prognostico più affidabile a disposizione del clinico nella gestione dei pazienti, in quanto considerato quello maggiormente correlato con il rischio di evoluzione neoplastica [18]. Tale aspetto richiede un breve approfondi-mento sul metodo attraverso cui si ottiene una diagnosi di displasia epiteliale su un prelievo bioptico. Quando si decide di eseguire un prelievo bioptico per la valutazione istopatolo-gica di una lesione bianca è bene incominciare con uno o più prelievi nelle zone clinicamente sospette (biopsia incisionale), mentre l’escissione in toto e il successivo esame istopatolo-gico dell’intera lesione (biopsia escissionale) risultano forte-mente sconsigliati in quanto macchie clinicamente definibili come leucoplachia potrebbero essere già carcinomi, la cui escissione, senza i caratteri di radicalità e una valutazione on-cologica preliminare del paziente, risulterebbe un trattamen-to subottimale, che inoltre renderebbe complesso il successi-vo reintervento chirurgico, a causa della perdita di riferimenti topografici e anatomici.D’altra parte la scelta clinica di prelevare solo alcune parti della lesione bianca determina inevitabilmente l’impossibilità di ave-re il quadro istologico della lesione intera, situazione che po-trebbe sottostimare il quadro istologico di una lesione, come mostrato da alcuni studi in cui una biopsia escissionale di poco successiva a una incisionale evidenziava nel 35% dei casi una sottostima del quadro istologico e in alcuni casi la presenza di un carcinoma precedentemente non diagnosticato [30]. Affinché il risultato dell’analisi istologica venga correttamente incorporato nella valutazione complessiva del caso, è inoltre fondamentale che il clinico conosca il significato che l’anato-mopatologo con cui lavora assegna ai diversi gradi di displasia. La diagnosi di displasia non è il risultato di un test oggettivo

e ripetibile, come dimostrato da studi che hanno evidenziato un’impressionante discordanza tra diversi anatomopatologi e anche tra giudizi di uno stesso anatomopatologo espressi in tempi diversi [31]. La diagnosi di displasia e soprattutto il gra-ding a essa associato – ossia la valutazione della sua gravità come lieve, moderata, severa – sono quindi afflitti da una signi-ficativa componente di soggettività, di cui il clinico deve essere a conoscenza.Il rischio di cui il clinico dovrà discutere con il paziente rappre-senta solo una stima probabilistica e piuttosto approssimativa della possibilità che insorga un cancro e su tale stima dovrà basarsi la decisione consensuale di come affrontare non una malattia in atto, bensì una lesione potenzialmente maligna, ge-neralmente asintomatica, non dannosa per estetica e funzione e che potrebbe anche non evolvere mai in carcinoma orale.

2. Strumenti diagnostici ausiliari

2.1 L’esame obiettivo delle mucose orali come migliore strumento clinico per la diagnosiPer quanto scritto nei paragrafi precedenti, in presenza di un paziente con macchia bianca sulla mucosa orale il clinico è chiamato a evitare comportamenti che potrebbero, in qual-che modo, ritardare un corretto inquadramento diagnostico.La figura 7 mostra l’algoritmo diagnostico presentato da un gruppo di esperti nel 2007 e successivamente sottoposto ad alcune modifiche minori [6,18,19].Nonostante l’esame obiettivo delle mucose orali eseguito alla luce del riunito sia un mezzo privo di costi, semplice, non inva-sivo e veloce (si stima una durata di 90 secondi circa) sono an-cora una minoranza gli odontoiatri che lo eseguono di routine su tutti i pazienti [32].Mentre uno scrupoloso esame delle superfici mucose intra-orali – effettuato ogni volta che, per qualsiasi motivo, si visita un paziente – è da considerarsi uno strumento irrinunciabi-le nella diagnosi delle lesioni del cavo orale, lo stesso non si può dire degli strumenti proposti a operatori non esperti per distinguere tra condizioni benigne, disordini potenzialmente maligni e lesioni francamente neoplastiche: strumenti intro-dotti in virtù di caratteristiche quali minore invasività rispetto alla biopsia tradizionale, capacità di fornire un inquadramen-to dell’intera lesione, velocità, basso costo e affidabilità. Gli studi oggi disponibili mostrano però valori non soddisfacenti di sensibilità, specificità e valori predittivi sconsigliando al cli-nico l’impiego di tali strumenti [33], che potrebbe addirittura

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e portare a una scorretta gestione del paziente anziché miglio-rarne diagnosi, prognosi e trattamento. Una revisione siste-matica del 2008 [34] si è preoccupata di riassumere i dati di utilità clinica e accuratezza a supporto delle tecnologie dispo-nibili, dati che si basano sui valori predittivi e il cui significato è riassunto in tabella II.La maggior parte degli studi presenti in letteratura, peraltro di modesta qualità, riguarda l’impiego del blu di toluidina (o clo-ruro di tolonio), un colorante del tessuto vitale in grado di dare una colorazione metacromatica in seguito al legame preferen-ziale con tessuti in rapida divisione cellulare, quadri infiamma-tori, rigenerativi o neoplastici, siti associati a lesioni premali-gne orali. Secondo la revisione citata [34] il valore predittivo positivo (VPP) di questo colorante vitale nell’identificazione del cancro orale è compreso nel range 36-78%, mentre il valore predittivo negativo (VPN) nel range 71-90%, non accettabili in termini diagnostici.Altri strumenti diagnostici, ausiliari alla visita odontoiatrica, tro-vano il loro razionale nell’assunto secondo cui i tessuti muco-si che vanno incontro a cambiamenti strutturali e metabolici mostrano pure profili di assorbanza e riflettanza alterati, se esposti a speciali sorgenti luminose, a diversa energia. Sono stati testati sistemi di rilevazione della luce riflessa di tipo che-miluminescente, fluorescente o a diodi (LED) anche in combi-nazione con il blu di toluidina. Per nessuno di tali strumenti i VPP e i VPN mostravano risultati soddisfacenti e riproducibili, in particolare se riferiti al corretto inquadramento diagnostico di lesioni premaligne [34,35].

Un terzo gruppo di strumenti ausiliari utilizza la citopatologia, ossia lo studio al microscopio di campioni cellulari raccolti da superfici mucose con tecniche di striscio, brushing o lavaggio, oppure tramite agoaspirato. In ambito orale, accanto alla classi-ca citopatologia esfoliativa, è stato proposto un metodo in gra-do di analizzare i campioni cellulari – raccolti mediante brushing e colorati su vetrino con test di Papanicolaou modificato – sfrut-tando un sistema di analisi dell’immagine computerizzato ca-pace di “classificare” le cellule in base al grado di anormalità morfologica [36]. Un citopatologo interpreta, poi, i risultati del test: l’esito di positività comprende casi di displasia epiteliale, carcinoma e anomalie cellulari di significato diagnostico incerto. Ancora una volta i valori predittivi, positivo e negativo, riferiti alla possibilità di essere affetti da cancro orale o da lesione premali-gna, mostrano performance non all’altezza dell’impiego propo-sto (VPP dal 38% all’88%, VPN dal 60% al 100%) [34]. Uno degli svantaggi maggiori della citopatologia è legato all’ina-deguatezza del campione e alla possibilità di analizzare singole cellule e non una porzione di tessuto; per tale motivo negli ul-timi anni è stata proposta la “microbiopsia”, in cui il tessuto su-perficiale viene prelevato tramite scraping e, dopo colorazione con ematossilina/eosina, viene analizzato dall’anatomopatolo-go [37,38]. È possibile che questa tecnica venga ulteriormente perfezionata e studiata allo scopo di migliorarne accuratezza e utilità clinica.Al di là dei potenziali conflitti di interesse, del coinvolgimento nello studio di singoli centri e del piccolo campione in esame, esistono limitazioni relative alla trasferibilità dei risultati degli

Tab. II Descrizione delle più importanti misure di accuratezza di un test diagnostico*

Indice di accuratezza Definizione Interpretazione Significato clinico

Valore predittivo positivo Probabilità che un soggetto con test positivo risulti davvero malato, come confermato dal test di riferimento Risponde alla domanda del paziente: “Se ho un test positivo, che probabilità ho di essere davvero malato?”

Più è lontano dal 100% più elevata è l’eventualità che il paziente risulti positivo al test per carcinoma orale pur non essendone affetto (falso positivo)

I falsi positivi sono associati ai rischi di: n produrre nel paziente stesso

(e nel clinico) inutili stati di ansia e preoccupazione

n incrementare il numero di pazienti con “sospette” lesioni tumorali suggerite “falsamente” dal test, portando a un rallentamento delle diagnosi relative ai malati veri

Valore predittivo negativo Probabilità che un soggetto con test negativo risulti davvero non malato, come confermato dal test di riferimentoRisponde alla domanda del paziente: “Se ho un test negativo, che probabilità ho di essere davvero non malato?”

Più è lontano dal 100% più elevata è l’eventualità che il paziente risulti negativo al test per carcinoma orale pur essendone affetto (falso negativo)

I falsi negativi potrebbero portare a significativi ritardi diagnostici, qualora il clinico e il paziente, basandosi sul test falso negativo, non reputassero necessari ulteriori approfondimenti

* I valori riportati sono da riferirsi allo strumento diagnostico in esame paragonato a un test “gold standard” o di riferimento. Nel caso il test sia volto alla corretta identificazione dei casi di carcinoma orale, il gold standard rimane la biopsia incisionale della lesione.

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ale studi presenti in letteratura alla normale pratica clinica dell’o-

dontoiatra generico, per il quale vengono invece proposti. I due limiti principali risiedono nella scelta della popolazione in studio e degli operatori coinvolti per testare gli strumenti [33,34]. Infatti i pazienti arruolati negli studi presenti in lettera-tura sono da considerarsi ad alto rischio, con una prevalenza di carcinoma orale senza dubbio superiore a quella che ci si può aspettare tra i pazienti di un normale ambulatorio odon-toiatrico; applicando lo stesso test a una popolazione a basso rischio la probabilità di falsi positivi si eleva significativamente, riducendo altrettanto significativamente il VPP. Inoltre il coin-volgimento di operatori esperti e di centri di secondo livello, quindi differenti dai soggetti ai quali lo strumento diagnostico è diretto (odontoiatra generico), rendono i risultati della ricerca difficilmente trasferibili [33,34].Recentemente sono stati presi in considerazione due ulterio-ri strumenti ausiliari [32]: una tecnologia a immagine, a fibre ottiche, che combina fluorescenza e microscopia confocale in modo da analizzare con precisione l’intera lesione; test saliva-ri per l’analisi dei biomarcatori associati a carcinoma. Gli studi disponibili tuttavia non permettono ancora di suggerirne l’im-piego nel decision making clinico.

2.2 Arrivare alla diagnosi nel minor tempo possibile Sulla base di questi dati appare chiara la centralità di un ade-guato e accurato esame clinico delle lesioni orali, eventualmen-te completato dal parere di uno specialista in Medicina orale e dall’analisi istologica.L’esame obiettivo deve essere meticoloso e prestare particola-re attenzione alle mucose dei vestiboli labiali, alle zone retro-commissurali, alle gengive aderenti, alle mucose geniene e al palato duro e molle. La lingua va osservata scrupolosamente, utilizzando una garzina per esaminarne i margini, sede predi-sposta alle lesioni neoplastiche. Infine il pavimento orale, altro sito a rischio della bocca, deve essere controllato con preci-sione chiedendo al paziente di posizionare l’apice linguale sul palato duro [39]. Si consiglia poi al clinico di riferire il paziente allo specialista in Medicina orale nei casi in cui reputi di non possedere le competenze o l’esperienza sufficienti a seguire il soggetto durante le fasi di diagnosi e follow-up, qualora non si senta in grado di compiere correttamente i prelievi bioptici o, ancora, quando non abbia la possibilità di collaborare con un anatomopatologo specialista in malattie delle mucose orali per la lettura del vetrino [34].

La presenza di un sospetto clinico di leucoplachia prevede quin-di un esame istologico tramite biopsia incisionale, test a oggi non sostituibile per l’inquadramento diagnostico di tali lesioni. Il prelievo, effettuato mediante bisturi circolari (punch) o lame tradizionali, dovrebbe comprendere tessuto affetto dalla lesio-ne e tessuto sano. Nonostante sia un intervento tecnicamente semplice e alla portata di qualsiasi odontoiatra, il prelievo pre-senta alcuni aspetti problematici. Primo fra tutti la scelta del punto esatto in cui effettuarlo, per lo più basata sull’esperienza del clinico e spesso resa complessa dall’aspetto non omoge-neo della lesione. Se procedere a biopsie multiple può essere l’approccio più corretto al fine di aumentare la probabilità di comporre un quadro rappresentativo e affidabile della lesione [17], è possibile che la selezione dei siti di prelievo, basata solo sull’“occhio clinico”, non risulti sempre attendibile. L’impiego del blu di toluidina è stato proposto anche come guida alla biopsia, per localizzare le aree a maggior rischio e quindi da sottoporre a esame istologico; si tratta però di una tecnica tutt’altro che semplice e da riservare alle mani di operatori esperti, in centri di secondo livello [34,40]. Un altro aspetto problematico riguarda la valutazione istopatologica, il cui esito dipende dalla qualità e localizzazione del prelievo stesso, dalla sua estensione e pro-fondità e – come già discusso – dalla variabilità di lettura sia tra i diversi anatomopatologi sia per lo stesso anatomopatologo, in particolare nel differenziare i gradi di displasia e nel determina-re i primi stadi di invasività dei carcinomi microinfiltranti [41].

3. Gestione del paziente con leucoplachiaDopo che gli accertamenti clinici e istologici hanno portato alla diagnosi di “leucoplachia”, il passo successivo che il clinico deve affrontare è la comunicazione al paziente, passaggio essenzia-le nello stabilire un’alleanza terapeutica così importante nella gestione di una condizione, come quella della leucoplachia, che espone il paziente al rischio di ammalarsi di cancro e per la quale non esistono trattamenti di provata efficacia.La corretta informazione (box 3) deve basarsi sui dati della ri-cerca e prevede di affrontare con il paziente gli aspetti salien-ti connessi alla prognosi e al trattamento della leucoplachia. Compito non facile, anche alla luce delle poche certezze che la ricerca offre. Infatti, come già visto, la prognosi di tali lesio-ni non è definibile con precisione e si fonda sulla valutazione, spesso soggettiva, delle caratteristiche del paziente e della lesione stessa. Inoltre, per quanto riguarda il trattamento in senso lato, ovvero la gestione del paziente con leucoplachia, la letteratura non offre soluzioni di provata efficacia.

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3.1 Riduzione dei fattori predisponenti e irritativiAlcuni studi mostrano come l’astensione dal fumo possa favo-rire la regressione e/o la scomparsa della leucoplachia. Due lavori, in particolare, anche se molto datati, riportano un mi-glioramento delle lesioni fino alla loro scomparsa in seguito all’astensione completa dal fumo: il primo, uno studio danese, riporta il 56% a 3 mesi e il 78% a un anno [42]; il secondo, ca-liforniano, riporta la scomparsa delle lesioni nel 44% dei casi [43]. Nessun dato è disponibile sugli effetti della sospensione dell’alcol.Consigliare la sospensione del fumo e del consumo eccessivo di alcol è comunque fondamentale, anche e soprattutto al fine di ridurre l’esposizione ai due principali fattori di rischio per carcinoma orale e, più in generale, per la salute del paziente.In ultimo, la presenza di fattori irritativi locali quali traumatismi (da basi protesiche, da errato spazzolamento o da cuspidi den-tali taglienti) e/o sovrainfezioni micotiche potrebbe confondere il quadro, sia clinico sia istologico. Si raccomanda quindi la loro rimozione prima di effettuare l’approfondimento bioptico.

3.2 La leucoplachia come lesione “dinamica”Non è sempre facile spiegare in modo chiaro al paziente que-sta caratteristica intrinseca della lesione, ma su di essa si base-rà l’esortazione efficace ai follow-up periodici, anche nei casi di miglioramento o scomparsa della lesione.

3.3 Rischio di carcinoma orale nel paziente con leucoplachiaDiscutere con il paziente il concetto di disordine potenzialmen-te maligno è compito tutt’altro che facile, perché i fraintendi-menti sono all’ordine del giorno, soprattutto quelli per cui la leucoplachia diventa una forma iniziale di cancro o il cancro una sua scontata conseguenza. L’approccio più semplice e comprensibile è forse quello di guardare a tale lesione come a un fattore di rischio per carcino-ma orale (di tutta la bocca e non solo della sede della lesione) e, nei fumatori, come a un segno di sofferenza delle mucose nei confronti della continua esposizione agli agenti tossici del fumo.

3.4 Mancanza di trattamento efficaceIl trattamento delle leucoplachie, per la maggior parte asinto-matiche, è legato soprattutto a due obiettivi: quello primario di evitarne la trasformazione maligna e quello secondario di rimuovere la lesione, spesso in risposta a una precisa richiesta del paziente. Sfortunatamente, per nessuno dei trattamenti finora proposti è stata dimostrata la capacità di incidere sull’in-sorgenza del carcinoma orale [10]. Questo probabilmente in conseguenza dell’effettiva inefficacia di alcuni di essi, ma anche per la difficoltà di disegnare trial clinici randomizzati ad hoc, vista la relativamente bassa incidenza e frequenza di trasfor-mazione maligna delle leucoplachie, nonché la necessità di un lungo monitoraggio per intercettare le possibili evoluzioni neoplastiche e la mancanza di fattori predittivi affidabili per se-lezionare soggetti ad alto rischio [44,45]. Su queste premesse il clinico è chiamato a spiegare in modo esauriente e chiaro le alternative terapeutiche percorribili (e le relative probabilità di successo). Inoltre se alcuni trattamenti si sono mostrati, in taluni casi, efficaci nel rimuovere le lesioni, risulta elevata la possibilità di recidive ed effetti avversi a essi correlati [10]. Le opzioni terapeutiche per il trattamento del paziente affetto da leucoplachia sono tre [45].

> Trattamento chirurgicoSebbene la chirurgia sia considerata l’approccio di prima scelta dalla maggior parte degli specialisti, l’ipotesi che la rimozione di una leucoplachia possa prevenire la comparsa di carcinoma del cavo orale rimane non provata. Il rischio di sviluppare carcino-ma sembrerebbe infatti invariato rispetto a quello di un pazien-te cui non viene rimossa la lesione, mentre la percentuale di

Box 3 Qualità dell’informazione reperibile sul web in tema di leucoplachia orale

Leucoplachia orale e internet: i “pericoli” del web

La corretta informazione incomincia proprio dai dati che la ricerca offre e prevede di affrontare con il paziente gli aspetti salienti legati alla diagnosi di leucoplachia: la presenza di fattori predisponenti, la possibilità di modifiche morfologiche della lesione nel corso del tempo, la possibilità di trasformazione maligna, la mancanza di una terapia risolutiva che ne annulli il rischio. A questi aspetti, talvolta ostici da far comprendere appieno al paziente, si aggiunge la “cattiva” informazione che, negli ultimi decenni, ha preso piede tramite il web. Se da un lato internet fornisce un’enorme opportunità per una pronta e capillare educazione sanitaria ai pazienti, dall’altro lato esiste il rischio concreto di disseminazione di informazioni inaccurate, obsolete o addirittura ingannatrici e pericolose. Uno studio ha valutato la qualità dall’informazione disponibile in internet relativamente alla “leucoplachia orale”, impiegando tre fra i più comuni motori di ricerca (Google, Yahoo e MSN) [66]. I primi 100 siti sono stati visitati dagli autori e valutati tramite standard di qualità validati dalla ricerca internazionale. Su migliaia di siti richiamati, solo 4 su Google, 2 su Yahoo e 5 su MSN rispondevano in modo soddisfacente a criteri di qualità, con un 60-70% dei siti che presentavano serie lacune. I risultati hanno indotto gli autori a concludere che la qualità dell’informazione sulla leucoplachia orale, disponibile negli ultimi decenni in internet, è molto scarsa.

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ale recidiva delle lesioni stesse varia dal 7% al 38% a seconda degli

studi [45]. Questo però non significa che la rimozione chirurgi-ca non abbia alcuna utilità, in particolare in termini diagnosti-ci, dal momento che l’escissione della lesione permette un più completo inquadramento istologico della stessa, perché basato non su una porzione di tessuto ma sull’intera lesione; si evita così il rischio, riportato da alcuni studi, di una sottostima della gravità delle alterazioni istologiche e, in alcuni casi, della man-cata individuazione di tessuto francamente neoplastico [46,47].Accanto alla chirurgia tradizionale tramite bisturi è stata pro-posta la chirurgia laser, anch’essa priva di prove di efficacia nei riguardi del rischio di trasformazione maligna [45]. Inoltre, l’impiego del laser per la rimozione della leucoplachia o per la semplice esecuzione dei prelievi bioptici di lesioni sospette non è esente da svantaggi: i margini del tessuto, in particolare, possono subire alterazioni causate dal danno termico, capaci di simulare atipie citologiche (ipercromatismo, pleomorfismo, elongazione nucleare e degenerazione vacuolare) e di forni-re quadri di epitelio “pseudodisplastico” [48]. Questi artefatti non sono rari con l’impiego dei laser CO2 e coinvolgono spesso proprio lo strato epiteliale basale e soprabasale, rendendo dif-ficoltosa l’interpretazione da parte dell’anatomopatologo [49]. Un recente studio pilota ha suggerito come il laser Er,Cr:YSGG (Erbium, Chromium: Yttrium-Scandium-Gallium-Garnet) pos-sa causare meno artefatti, interferendo in minima parte con i margini della lesione [50].

> Trattamento medicoSecondo l’aggiornamento del 2006 della revisione Cochrane sul trattamento della leucoplachia [10], dei pochi trial clinici randomizzati che avevano testato una terapia medico-farma-cologica, solo quelli su betacarotene, licopene, retinoidi e vita-mina A, tutti per via sistemica, sembravano in grado di ridurre le dimensioni della lesione o addirittura eliminarla. Tutti i trat-tamenti risultavano però gravati da una frequenza molto alta di recidive (20-64%) ed effetti indesiderati (fino al 100%). Inoltre solo due studi, che avevano testato bleomicina, vitami-na A e betacarotene, riportavano la frequenza di evoluzione neoplastica delle leucoplachie, ma senza evidenziare differen-ze significative rispetto al placebo.Gli autori della revisione concludevano che nessuno dei trat-tamenti fino ad allora proposti era in grado di ridurre la pro-babilità di sviluppo di neoplasie o di indurre una risoluzione clinica completa delle lesioni, a lungo termine e (soprattutto) in assenza di effetti indesiderati.

> “Wait and see”Un terzo, possibile approccio consiste nel tenere sotto osser-vazione il paziente da un punto di vista sia clinico sia istolo-gico [45]. Non si interviene attivamente sulla lesione, ma si programma un regolare follow-up con visite di controllo che, nell’eventualità di cambiamenti clinicamente rilevabili del tes-suto, prevedano anche approfondimenti bioptici. L’obiettivo è intercettare eventuali trasformazioni maligne il più precoce-mente possibile, in modo da trattare i quadri neoplastici allo stadio iniziale: ciò significa interventi di chirurgia oncologica meno invasivi e una prognosi migliore.Uno studio osservazionale retrospettivo ha confrontato l’in-cidenza del carcinoma orale in due gruppi [51]: uno in cui i pazienti con leucoplachia erano sottoposti a terapia, indipen-dentemente dalla natura della stessa (medica e/o chirurgica); l’altro in cui venivano solamente controllati a intervalli regolari. Ebbene, non si è evidenziata alcuna differenza tra i due gruppi in termini di sviluppo del tumore. Lo studio, essendo osserva-zionale, non può essere considerato scientificamente robusto perché è possibile che lesioni clinicamente e istologicamente considerate ad alto rischio abbiano ricevuto più facilmente un trattamento, e che le leucoplachie meno preoccupanti fosse-ro invece tenute sotto semplice osservazione, sovrastimando quindi la trasformazione neoplastica delle lesioni trattate e sottostimando quella delle non trattate. Sulla base di questi e simili dati è stato comunque suggerito che la storia naturale della leucoplachia (o del paziente con leucoplachia) possa es-sere indipendente dal trattamento e che esistano lesioni (o pa-zienti) destinati allo sviluppo neoplastico al di là dell’approccio utilizzato dal clinico nella loro gestione [45].

3.5 Necessità del follow-up periodicoQuale che sia l’approccio terapeutico deciso con il paziente, le visite di controllo sono da considerarsi un elemento irrinuncia-bile, anche quando si sia ottenuta una risoluzione della lesio-ne (per via chirurgica o medica), dal momento che questa non azzera il rischio di cancro orale, pure nei casi in cui la mucosa del paziente risulti indenne da nuove lesioni durante i primi controlli. A tal proposito è necessario ribadire come l’inclusio-ne delle leucoplachie tra i disordini potenzialmente maligni le delinei non solo come lesioni a rischio di evoluzione, ma anche come indicatori di rischio in zone di mucosa orale distanti dalla localizzazione originaria, richiedendo quindi una valutazione di tutta la cavità orale a ogni visita [6].Più complessa è la decisione riguardante frequenza e moda-

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e lità dei controlli periodici. Come si è detto, la valutazione pro-gnostica di una lesione leucoplasica attualmente si basa su un’analisi complementare di tutti i fattori capaci di influenzare il rischio di trasformazione. La stima di tutti questi fattori de-terminerà principalmente gli intervalli di follow-up che una leu-coplachia richiede. Il clinico programmerà un follow-up tanto più frequente quanto più numerosi sono i fattori di rischio: da un minimo di una visita l’anno fino ad arrivare a visite anche molto frequenti (3-4 mesi) durante le quali ripetere il prelievo bioptico, se il quadro clinico lo suggerisce [19]. Non meno im-portante sarà preparare il paziente all’eventualità che, in base all’aspetto clinico, si decida di ripetere gli accertamenti bioptici seguendo l’evoluzione della lesione nel tempo.

4. ConclusioniNella consapevolezza delle numerosi condizioni che posso-no manifestarsi come aree bianche all’interno del cavo orale [18,52-65] si pone, per il clinico, il problema di un’accurata diagnosi differenziale, tenendo presente che le stesse saran-no più comunemente ascrivibili a quadri clinici parafisiologici o francamente traumatici anziché a vere e proprie leucoplachie. La diagnosi di queste ultime presuppone l’approfondimento istopatologico, come integrazione al dato clinico. A oggi nessun trattamento è risultato efficace nel ridurre il ri-schio, per un paziente affetto da leucoplachia, di ammalarsi di carcinoma orale. Pertanto, un follow-up continuativo e modu-lato in relazione a ogni singolo caso risulta imprescindibile per la corretta gestione del paziente. Il percorso diagnostico, così come la successiva gestione del soggetto con leucoplachia mo-strano aspetti problematici [66] e di difficile discussione con il paziente, per far fronte ai quali è consigliabile richiedere l’inter-vento di specialisti in Medicina orale.

CONFLITTO DI INTERESSIGli autori dichiarano di non avere alcun conflitto di interessi.

FINANZIAMENTI ALLO STUDIOGli autori dichiarano di non aver ricevuto finanziamenti per il presente studio.

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MODULO 4C

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MTest di valutazione

Ogni quesito può avere una sola risposta esatta

1. SECONDO LA DEFINIZIONE DELLA WORLD HEALTH

ORGANIZATION (WHO) DEL 1978, LA LEUCOPLACHIA È qualsiasi lesione di colore bianco che interessa le mucose

della lingua una macchia o placca bianca che non può essere definita

né clinicamente né istologicamente come altra condizione una macchia o placca bianca e rilevata, di aspetto non omogeneo una malattia delle mucose orali caratterizzata istologicamente

da ipercheratosi una qualsiasi lesione bianca che può evolvere in cancro

2. OLTRE ALLA LEUCOPLACHIA, LA CLASSIFICAZIONE

DELLA WHO INCLUDEVA TRA I DISORDINI POTENZIALMENTE MALIGNI ANCHE

eritroplachia fibrosi sottomucosa lichen planus orale lupus eritematoso discoide tutte queste condizioni

3. QUALE TRA LE SEGUENTI AFFERMAZIONI SUL RAPPORTO

TRA LEUCOPLACHIA E FUMO NON È VERA il fumo è un importante fattore causale della leucoplachia la relazione causale tra fumo e leucoplachia è sostanzialmente

di tipo deduttivo nelle casistiche di soggetti con leucoplachia, la proporzione

di fumatori può raggiungere il 100% smettere di fumare può portare alla risoluzione o al miglioramento

delle leucoplachie solo il fumo di pipa è fortemente associato alla leucoplachia

4. QUALE GRUPPO DI VIRUS È PRESENTE CON MAGGIORE

FREQUENZA NELLA MUCOSA ORALE INTERESSATA DA LESIONI PREMALIGNE, RISPETTO ALLA MUCOSA SANA?

Adenovirus Cadmovirus Human herpes virus Human papillomavirus Picornavirus

Giovanni LodiOdontoiatra.Ricercatore presso l’Unità di Patologia e Medicina Orale del Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria dell’Università degli Studi di Milano

Lucia ZanniniPedagogista.Professore associato in Metodologie di formazione del personale medico e infermieristico, Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano

5. SECONDO UNA REVISIONE SISTEMATICA DEL 2003

CHE HA ANALIZZATO I DATI DI 17 STUDI, LA PREVALENZA GLOBALE DELLA LEUCOPLACHIA ORALE

è compresa tra l’1,7 e il 2,7% è in continua crescita è inferiore allo 0,5% non è misurabile supera il 5%

6. LA DIAGNOSI DI LEUCOPLACHIA

deve essere basata su test strumentali che includano un esame citologico

può basarsi sui soli caratteri clinici può essere considerata solo dopo aver scartato ogni possibile

condizione di natura definita che si possa manifestare come una macchia bianca

richiede una valutazione istologica solo in presenza di un sospetto di displasia o cancro

si basa su specifici criteri clinici e istologici

7. IL LEUCHEDEMA È CONSIDERATO

una cheratosi da fumo una forma localizzata di lichen planus una manifestazione orale di lupus una variante anatomica una leucoplachia speciale

8. QUALE LESIONE È LOCALIZZATA IN MANIERA

CARATTERISTICA ALLA MUCOSA RETROCOMMISSURALE?

candidosi cronica iperplastica eritroleucoplachia leucoplachia verrucosa proliferativa linea alba stomatite nicotinica

Macchie bianche o leucoplachia? Quando preoccuparsi?

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9. CON QUALE FREQUENZA, SECONDO LA WHO,

LE LEUCOPLACHIE PRESENTANO SEGNI DI DISPLASIA?

circa il 16% la metà circa la quasi totalità oltre 1/3 1 su 1.000

10. IL VIRUS DI EPSTEIN-BARR È L’AGENTE EZIOLOGICO

DI QUALE LESIONE BIANCA DEL CAVO ORALE?

graft versus host disease leucoplachia capelluta lichen planus morsicatio buccarum nevo bianco spongioso

11. UN SOGGETTO AFFETTO DA LEUCOPLACHIA

HA UN RISCHIO SIGNIFICATIVAMENTE AUMENTATO DI AMMALARSI DI

adenocarcinoma carcinoma squamocellulare fibrosarcoma linfoma di Hodgkin melanoma

12. OLTRE QUALI DIMENSIONI UNA LEUCOPLACHIA

È CONSIDERATA A MAGGIOR RISCHIO DI TRASFORMAZIONE MALIGNA?

le dimensioni non sono da considerarsi un fattore capace di influenzare tale rischio

quando è più spessa di 2 mm quando l’asse maggiore supera i 5 mm quando ha una superficie superiore a 200 mm2

quando interessa più di una superficie mucosa (per esempio lingua e palato)

13. QUALE TRA QUESTI NON È UN FATTORE DI RISCHIO PER

LA TRASFORMAZIONE MALIGNA DI UNA LEUCOPLACHIA?

aspetto clinico disomogeneo localizzazione alla lingua lunga durata della lesione paziente portatore di protesi rimovibili presenza di displasia epiteliale

14. PER QUALE MOTIVO NON È CONSIGLIABILE L’ESCISSIONE

DELL’INTERA LEUCOPLACHIA PRIMA DI AVER EFFETTUATO UNA BIOPSIA INCISIONALE DIAGNOSTICA?

perché è raccomandabile conoscere lo spessore dello strato cheratinizzato prima di intervenire

perché la presenza di displasia è una controindicazione assoluta all’escissione

perché ne aumenta il rischio di recidiva perché può risultare troppo dolorosa in presenza di infezione

micotica perché un cancro può avere l’aspetto clinico di una leucoplachia

15. QUALE COLORANTE VITALE È FREQUENTEMENTE IMPIEGATO

NELLA DIAGNOSI DELLA LEUCOPLACHIA?

blu di metilene blu di toluidina rosa Bengala rosso Congo verde Janus

16. QUALE TRA QUESTI ESAMI È DA CONSIDERARSI

IRRINUNCIABILE NELLA DIAGNOSI DELLA LEUCOPLACHIA?

esame citologico esame della chemiluminescenza nessuno di questi test con luce a diodi test con sorgenti fluorescenti

17. QUALE ASPETTO DELLA BIOPSIA INCISIONALE DI UNA

LEUCOPLACHIA PUÒ PRESENTARE LE MAGGIORI DIFFICOLTÀ PER UN OPERATORE NON ESPERTO?

il controllo del sanguinamento l’infiltrazione di anestetico l’utilizzo di bisturi circolari la scelta della zona in cui effettuare il prelievo la sutura

18. L’ESCISSIONE CHIRURGICA DI UNA LEUCOPLACHIA

è detta anche biopsia escissionale non modifica il rischio che il paziente si ammali di cancro permette un più completo inquadramento istologico rappresenta l’approccio di prima scelta per la maggior parte

degli specialisti tutte le risposte sono corrette

19. L’IMPIEGO DEL LASER NELLA CHIRURGIA DELLE

LEUCOPLACHIE, IN PARTICOLARE QUELLO A CO2,

è associato a frequenti episodi di abbondante sanguinamento non è indicato per lesioni con una superficie superiore a 100 mm2

non permette alcuna valutazione istologica del pezzo operatorio può determinare alterazioni da danno termico al tessuto prelevato,

capaci di simulare alterazioni citologiche e/o istologiche richiede sempre il ricorso all’anestesia totale

20. QUALE TRATTAMENTO MEDICO PER LA LEUCOPLACHIA

È STATO SOTTOPOSTO A VERIFICA MEDIANTE UNO STUDIO RANDOMIZZATO?

betacarotene licopene retinoidi tutti i trattamenti elencati vitamina A