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Mantova fortezza Un percorso tra arte e guerra GUIDA

Mantova fortezza - Provincia di Mantovaturismo.mantova.it/uploads/file/175fdd5cd628c5b10f87637678d9f801.pdf · Ma fu in particolare la città di Mantova che per la sua peculiar e

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Mantova fortezzaUn percorso tra arte e guerra

GUIDA

Il Mantovano fu spesso teatro di scontri ed eventi bellici chenel corso dei secoli sconvolsero l’Italia settentrionale. Dasempre caratterizzato da un fragile equilibrio tra terra e acquaquesto territorio entrò, infatti, a far parte di sistemi fortificatimessi a punto nel tempo da differenti entità statali in base arinnovate esigenze difensive e in relazione alle costantievoluzioni dell’arte della guerra.Ma fu in particolare la città di Mantova che per la sua peculiareconformazione geografica assunse un significativo valorestrategico-militare. A lungo protetta da una semplice cintamuraria solo sporadicamente munita di torri e baluardi, lacittà fin dalle origini, così come ancora oggi, era infatti circondatadalle acque del fiume Mincio, quelle acque che nei secoli neavrebbero potenziato la difesa assicurandole l’inespugnabilitàe procurandole fama di città invincibile.Per circa quattro secoli capitale dello stato gonzaghesco, furono

proprio i Gonzaga che a più riprese si preoccuparono dipotenziarne in modo sistematico le difese. Fu però all’iniziodel XVIII secolo che il valore difensivo e strategico-militare,da sempre riconosciuto e attribuito alla città, assunse unsignificato del tutto inedito. Con la definitiva annessioneall’impero asburgico, sancita dalla Dieta di Ratisbona nel 1708,Mantova cessò, di fatto, improvvisamente e definitivamente,di essere la capitale di un ducato per essere trasformata in uncapoluogo di provincia e, proprio per la sua singolareconformazione geografica, le fu immediatamente riconosciutoe attribuito il ruolo di principale fortezza per la difesa deiterritori imperiali dell’Italia settentrionale. Un ruolo e unafunzione che proiettarono il Mantovano nella realtà delleprincipali vicende collegate alle guerre di successione checaratterizzarono tutta la prima metà del XVIII secolo e,successivamente, delle campagne napoleoniche e delle guerrerisorgimentali.Prese così avvio quel processo di ampia e diffusa militarizzazioneche caratterizzò la storia di questo territorio e che determinòla progressiva conversione di Mantova in una città-fortezza.Una trasformazione attuata mediante la progettazione e la

realizzazione, per mano di ingegneri militari francesi ed asburgici,di importanti e significative opere quali bastioni, forti, lunette,terrapieni, trinceramenti, componenti di un sistema fortificatoche trasformò la città in un’efficace macchina difensiva, il cuifunzionamento non dipese unicamente dal semplice controllodel territorio ma in larga parte anche da una corretta modalitàdi governo delle acque.Se il definitivo assetto difensivo della fortezza di Mantova risaleagli inizi del XIX secolo per opera dei francesi di Napoleone,che sotto la guida del generale e ingegnere militare François deChasseloup-Laubat progettarono e in parte attuarono gliinterventi che conferirono alla città l’assetto di una grandepiazzaforte fluviale, nel corso del XIX secolo, con il ritorno degliaustriaci, Mantova divenne parte integrante del ‘Quadrilatero’,uno dei maggiori sistemi difensivi su scala territoriale dell’epocamoderna, nato dall’intuizione del feldmaresciallo Josef Radetzky,

che coniugava le potenzialità delle linee fluviali del Mincio edell’Adige con quelle delle fortezze di Peschiera, Mantova,Verona e Legnago. Un’importanza militare, quella attribuitaalla città di Mantova e al suo territorio, confermata anche dopol’annessione al Regno d’Italia, almeno fino alla Prima guerramondiale, anche se in un ruolo di seconda linea e su disegnidifensivi differenti, per poi esaurirsi negli anni immediatamentesuccessivi con la conseguente dismissione e lo smantellamentodi molte delle opere realizzate.Nelle architetture che ancora oggi si conservano sul territorio,se da un lato è possibile leggere i caratteri propri dei modellipiù perfezionati e architettonicamente compiuti dell’evoluzionefortificatoria, così come la capacità e il talento degli ingegnerimilitari di trasferire nella definizione del carattere stilistic odelle opere le locali tradizioni costruttive, dall’altro si ritrovanoluoghi e monumenti simbolo di un passato talvolta ormaiindistinto, componenti essenziali del disegno del paesaggio esilenziosi testimoni della storia militare della città e del suoterritorio, che tramandano ancora l’eco e la memoria di scontrie battaglie che hanno scritto importanti pagine della storiaeuropea.

Mantova fortezza

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Cittadella di Porto

Parco “Andreas Hofer”

Lunetta Fossamana

Rocchetta di Sparafucile

Monumento aPietro Fortunato Calvi

Lunetta Frassino

Ponte di San Giorgio

Area dell’ex cimiteromilitare

Ex area militaredi San Nicolò

Cinta muraria

Lapide a ricordo delcomandante della fortezzaOtto von Wallsegg

Trinceramento delMigliaretto

Campo trincerato

Valle del Paiolo

Monumento ai “martiri”di Belfiore

Cippo ai “martiri” di Belfiore

Ponte-diga dei Mulini

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a Mantova...

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a Virgilio...

Forte di Pietole18.

deviazione 2 (1.9 km)

partenza e arrivo (21.4 km)

deviazione 1 (1.0 km)

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Tratti di cortina muraria, ilbastione della Madonna, PortaGiulia, la darsena del circolosportivo Canottieri Mincio e lavicina polveriera sonoframmenti dell’antica Cittadelladi Porto. Realizzata tra il XVIe il XVII secolo qualeavamposto fortificato,complementare alla città,isolato o isolabile, la fortezza diPorto costituì a lungo la difesadel ponte-diga dei Mulini, cheoltre a consentire l’accesso allacittà costituiva un’operaidraulica fondamentale per il

sistema di regolamentazionedei laghi (fig. 1). Dal 1529 lacostruzione della Cittadellaassorbì la maggior parte dellerisorse finanziarie dello statogonzaghesco. Un primoprogetto fu presentato daLorenzo Leonbruno,anche se, fin da principio, laresponsabilità del cantiere fuaffidata a Capino de Capo, a cuisubentrò l’ingegnere CarloNuvoloni che sovrinteseall’opera per circa un ventennio

e a cui si attribuisce laconcezione dell’intera fortezza.Nel 1538 il cantiere siinterruppe ma nel 1542 ilcardinale Ercole Gonzaga eMargherita Paleologa deciserodi ultimare la fortezza che,contrariamente a quantocomunemente ritenuto, nel1569 non era ancoracompletata. A documentarnel’impianto pentagonaleirregolare con baluardi a cuneorimane oggi in particolare,all’interno del circolo sportivoCanottieri Mincio, il baluardo

della Madonna (fig. 2).Tra il 1542 e il 1549 nellacortina orientale, su disegno diGiulio Romano, fu inserita lanuova Porta Giulia, la cuidenominazione parrebbederivare dalla prossimità dellascomparsa chiesa di SantaGiulia. Tale costruzione, cheprende a modello gli antichiarchi trionfali e che riecheggiale forme di Palazzo Te, ancoraoggi stupisce per l’inconsuetagrande aula interna in forme

Cittadella di Porto

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tova

Fig. 1 - Veduta di Mantova e dellaCittadella di Porto del 1849 (ANV,Raccolta Balzanelli, F1 III, 56).

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classicheggianti con coperturaa volta e pareti modulate dauna sequenza di paraste, arcatee finte porte architravate.All’inizio del XVIII secolo,non appena gli austriaciebbero preso possesso diMantova, per la Cittadella diPorto furono predispostiinterventi di ricostruzione epotenziamento mediantel’aggiunta di opere esterne.Nuovi lavori furono eseguitianche negli anni Cinquanta delsecolo sotto la direzionedell’ingegnere Nicolò

Baschiera: il bacino interno futrasformato in darsenamilitare, collegamento fluvialecon la città di fondamentaleimportanza in caso d’assedio,e nelle sue vicinanze furealizzata una nuova polverierache oggi rimane un esempiodell’arte e della tecnica degliingegneri militari asburgici.La Cittadella di Porto assolsela propria funzione fino al 1866,quando l’annessione della cittàal Regno d’Italia segnò ilprogressivo esaurimento delruolo strategico-militare a

lungo riconosciuto e attribuitoa Mantova. Successivamentel’espansione e le esigenzedella città moderna assiemeai bombardamenti dellaSeconda guerra mondialecontribuirono a cancellarebuona parte di questaimponente opera difensiva.

Fig. 2 - Cittadella di Porto,particolare del baluardo dellaMadonna.

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Parco “Andreas Hofer”

Fig. 3 - Andreas Hofer, ritratto(da Wikimedia).

Il piccolo parco realizzato neipressi di Porta Giulia ricorda illuogo del sacrificio del patriotatirolese Andreas Hofer (fig. 3).Nato il 22 novembre 1767 a SanLeonardo in val Passiria, Hoferguidò l’insorgenza tiroleseantibavarese del 1809,divenendo il comandantesupremo del Tirolo. Dopo lapace di Schönbrunn fucostretto a fuggire. Tradito, fuarrestato il 28 gennaio 1810 econdotto a Mantova per esseregiudicato davanti a un tribunalemilitare.

Era la sera del 5 febbraio 1810quando egli giunse a Mantovaassieme al suo compagnoKajetan Sweth; passati sottol’arco di Porta Giulia, essi furonorinchiusi nella cella numero 1al primo piano della Torre delVaso. I mantovani, commossidal coraggio e dal rigore moraledimostrato, organizzaronospontaneamente una collettaraccogliendo 5.000 scudi offertiin cambio delle loro vite.Napoleone Bonaparte aveva

però ordinato al figlio adottivoEugenio, viceré d’Italia, dicondurre Hofer davanti a una‘commissione militare’ pergiudicarlo e farlo fucilare.Il processo si svolse il 19febbraio nel palazzo del conted’Arco; a Hofer fu assegnatoun avvocato d’ufficio,Gioacchino Basevi, ma non cifu nessun interrogatorio,soltanto la lettura di alcunirapporti firmati da diversicomandanti militari e l’accusadi essere stato preso con le armiin mano dopo il decreto

d’amnistia del 12 novembre1809 che lo vietava.Come richiesto da Napoleone,la sentenza doveva essereeseguita entro leventiquattrore, così lafucilazione fu fissata per ilgiorno successivo. La mattinadel 20 febbraio 1810 AndreasHofer fu condotto sul luogo delsupplizio; chiese di essererivolto verso il Tirolo e inginocchio ricevette labenedizione da un frate

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Fig. 4 - Parco “Andreas Hofer”,particolare dell’ingresso.

cappuccino; rifiutò il drapposugli occhi e stando in piedi abraccia aperte comandò eglistesso ai granatieri di farefuoco. Gli spari non lo fecerocadere del tutto fino a quandoun caporale con un ultimocolpo pose fine alla sua vita.Erano le 10,45 e una follasilenziosa e commossa avevaassistito all’esecuzione.La salma di Andreas Hofer fusepolta nel piccolo cimiteroadiacente alla scomparsa chiesadi San Michele nella Cittadelladi Porto e nel 1823 traslata

nell’Hofkirche di Innsbruck.Due lapidi successive sono oggiconservate all’ingresso dellapolveriera di Cittadella e già nel1850 sul luogo della fucilazionefu posata una lastra in marmorecante nella parte superiore leiniziali di Hofer, la datadell’esecuzione e 13 foricorrispondenti al numero deiproiettili sparati dal plotoned’esecuzione. Danneggiato,questo primo monumento(oggi conservato a Innsbruck)fu più volte sostituito e nel1984, in occasione del 175°

anniversario dell’insurrezionedel Tirolo, fu inaugurato ilparco “Andreas Hofer” (fig. 4).In questo luogo, il 20 febbraiodi ogni anno, unacommemorazione organizzatadal Comune di Mantova e dadelegazioni di Schützen rendeonore alla memoria dell’eroe.

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Nel corso del XIX secoloMantova divenne parteintegrante di uno dei maggiorisistemi difensivi su scalaterritoriale dell’epoca moderna,il ‘Quadrilatero’, uno scacchierepredisposto per la difesa deiterritori imperiali dell’Italiasettentrionale che coniugava lepotenzialità delle linee fluvialidel Mincio e dell’Adige conquelle delle fortezze diPeschiera, Mantova, Verona eLegnago.Un ruolo e un’importanza chedeterminarono un ulteriore

rafforzamento del sistemadifensivo che caratterizzava lacittà. Tra il 1859 e il 1866,infatti, gli ingegneri militariaustriaci realizzarono opereesterne e forti necessari per ilpotenziamento dellapiazzaforte, il cui definitivoassetto fortificatorio, giàimpostato dai francesi diNapoleone all’inizio del secolo,era modellato secondo loschema ad opere staccate, nellaspecifica situazione mantovana,

chiavi di un grandioso impiantoidraulico che conferiva alla cittài connotati di una imponentepiazzaforte fluviale.In particolare tra il 1859 e il1860 sul fronte orientale, giàprotetto dalla lunetta di SanGiorgio, realizzata dai francesidopo aver abbattuto l’omonimoborgo, furono realizzate lelunette Frassino e Fossamana,mentre a difesa del fronteoccidentale, fuori portaPradella a meridionedella lunetta di Belfiore, fucostruita la lunetta Pompilio.

Le lunette Fossamana eFrassino, le uniche opere oggiconservate, progettate e inbreve tempo realizzate comeopere di fiancheggiamentodell’esistente lunetta di SanGiorgio, sono opere staccate,ad impianto poligonale su basepentagonale, modellate eadattate alla morfologia delterreno secondo puntualicalcoli balistici, caratterizzateda caponiere semplici sugliangoli di spalla e sul fronte di

Lunette Fossamana e Frassino

Fig. 5 – Lunetta Fossamana,particolare del fronte di gola.

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gola rettilineo e in muratura.Sui terrapieni, rafforzatiesternamente da palizzate eprotetti da un fossato secco,erano previste le postazioni peril tiro in barbetta; nel piazzaleinterno sorge il ridotto,caratterizzato da un impiantotrilobato, sviluppato su di unsolo livello, con fronti ordinatiper il tiro di armi leggere e concopertura in travi e terra. Sottoi terrapieni erano sistemati ilocali logistici e il magazzinodelle polveri (figg. 5, 6).Caratteri ancora oggi ben

leggibili nella lunettaFrassino più facilmenteaccessibile e meglio conservata.Subito dopo la realizzazione,l’efficacia difensiva di tali operefu però messa in dubbio perchègiudicate troppo vicine al corpodi piazza; rimasero comunqueoperative e furono rinforzatecon l’innalzamento deiterrapieni e degli spalti,ulteriormente modificati con ilavori per la messa in stato didifesa del 1866 che prevedevanola messa in opera di traverse diprotezione nelle postazioni di

artiglieria e la copertura in terradi tutti i lati del ridotto centraleche risultavano esposti alnemico. L’armamento previstoera rispettivamente di 11 e 9pezzi d’artiglieria di differentecalibro; per entrambe era infinerichiesta una guarnigione di120 uomini.

Fig. 6 - Lunetta Frassino,particolare del ridotto interno.

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LunettaOpera avanzata esterna costituita daangoli sporgenti e da due fianchi.

CaponieraElemento difensivo posto all’internodel fossato, armato di fucili e cannoni.

GolaParte posteriore di un’opera fortificata,opposta al fronte nemico.

TerrapienoMassa di terreno di riporto con funzionedi riparo se posta all’esterno delle murao di rinforzo se posta all’interno.

RidottoStruttura fortificata edificata all’internodi un’opera più grande, utilizzata perla difesa delle truppe all’interno dei fortimilitari.

SpaltoTerrapieno che si eleva davanti alfossato con la funzione di coprire lafortificazione alla vista del nemico.

Il complesso, in origine notocome “rocchetta di SanGiorgio” e solo dalla fine delXIX secolo detto “diSparafucile”, è quanto restadelle fortificazioni del borgo diSan Giorgio che un temposorgeva all’estremità orientaledell’omonimo ponte.L’esistenza dell’antico borgo èdocumentata già a partire dal1116, ma fu nella seconda metàdel XIV secolo che Ludovico IGonzaga, nell’ambito degliinterventi tesi al rafforzamentoe potenziamento delle difese

del suo stato, fece cingere dimura l’abitato dotandoloprobabilmente di una rocca confunzione di avvistamento.Lavori di rafforzamento allemura e ai terrapieni del borgofurono compiuti, nel XV secolo,anche su indicazionidell’ingegnere Giovanni daPadova e alla metà delQuattrocento risaleprobabilmente l’aggiunta ditorri quadrangolari allaprimaria cerchia di mura

protetta da fossato.La struttura rimasesostanzialmente inalterata finoalla fine del XVIII secolo,quando, in epoca napoleonica,davanti alle tre aperturepresenti nella cintagonzaghesca furono posti, al dilà del fossato, altrettantilunettoni in terra a difesa dellecortine murarie. Nel 1801nell’ambito del piano dipotenziamento delle difesedell’intera fortezza fu peròordinata la demolizionedell’antico borgo, considerato

insufficiente in relazione allenuove esigenze difensive, adeccezione della rocchetta chevenne inglobata nella nuovalunetta posta a difesa del pontedi San Giorgio e che solo nel1914 cessò definitivamente lapropria funzione difensiva inseguito alla radiazione dalnovero delle fortificazioni e allacessazione delle servitù militari(fig. 7). Nel periodo successivoalla Prima guerra mondiale,l’amministrazione comunale

Rocchetta di Sparafucile

Fig. 7 - Particolare della piantadel borgo di San Giorgio edell’omonima lunetta tratto dauna mappa dell’inizio del XIXsecolo (Raccolta privata).

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promosse lo smantellamentodelle opere difensive perconsentire lo sviluppo dellacittà. Nell’ambito di questiinterventi, si colloca lademolizione della lunetta di SanGiorgio ad eccezione ancorauna volta del complesso dellarocchetta (fig. 8).Dopo una lunga fase diabbandono negli anni Settantadel Novecento, la Provincia diMantova si occupò del recuperoe della valorizzazione delcomplesso che fu destinato adOstello della Gioventù.

Nuovamente abbandonatonegli anni Novanta, è statoparzialmente restaurato nel2010.La rocchetta, così come oggi sipresenta composta da tre corpidi fabbrica di diversa altezza,la vetusta e massiccia torre apianta rettangolare con finestree feritoie nelle facciate e i dueedifici merlati, è il risultato diuna lunga stratificazione diinterventi e di molteplicitrasformazioni, tra cuil’innalzamento della torre di unpiano, l’apertura di nuove

finestre ricavate in rottura dimuro e la “regolarizzazione” oampliamento di altre esistenti,che ne hanno alterato l’aspettooriginario.

Fig. 8 - Rocchetta di San Giorgiodetta anche di Sparafucile primadei lavori di restauro degli anniSettanta del Novecento (Raccoltaprivata).

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Poco distante dalla rocchettadi Sparafucile, quasi a ridossodel lago di Mezzo, di fronte alCastello di San Giorgio, si trovail cippo commemorativo erettoalla memoria del patriota PietroFortunato Calvi.Nato il 15 febbraio 1817 aBriana presso Noale, alloraprovincia di Padova, dopo avercompiuti i primi studi presso ilginnasio di Padova, Calviproseguì la sua formazionepresso l’I.R. AccademiaMilitare degli Ingegneri inVienna da cui uscì con il grado

di alfiere. Sembrava destinatoad una brillante carrieraquando a Venezia, durante unperiodo di servizio nella cittàlagunare, entrò in contatto concircoli patriottici maturandol’idea di sostenere la causaitaliana.Nell’aprile del 1848 si dimisedall’esercito (nel frattempo erastato promosso primo tenente)e da Graz raggiunse Veneziadove il popolo era insortocontro gli austriaci ed era stata

proclamata la repubblica. Dopoessersi messo a disposizionedel governo provvisorio, fuinviato in Cadore col grado dicapitano e chiamato adorganizzare e dirigere laresistenza armata. Nell’arco dipochi giorni riuscì a costituireun esercito di circa 4.600volontari. La difesa cadorina,priva però di mezzi masoprattutto di collegamentiesterni, difficilmente avrebbepotuto resistere a lungo e, difronte ad un massiccio attaccodel nemico sul versante carnico,

Calvi, giudicando vanaqualsiasi resistenza, congedò ivolontari e si diresse a Venezia.Esule, dopo una breveparentesi a Patrasso, si rifugiòa Torino dove si legò ai circolimazziniani. Minacciato diespulsione dagli Stati Sardi perla sua presunta collaborazioneal tentativo insurrezionale diMilano del 6 febbraio 1853,dovette rifugiarsi in Svizzera,prima a Ginevra e poi a Zurigo,dove, con il consenso di

Monumento a Pietro Fortunato Calvi

Fig. 9 - Ritratto di PietroFortunato Calvi sul monumentoai “martiri” di Belfiore (daWikimedia - Massimo Telò).

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Mazzini, riprese a promuoverel’insurrezione armata delCadore e del Friuli. Impazientedi passare all’azione, munito dipassaporto falso, varcò ilconfine svizzero e penetrò inTirolo dove, a metà settembre,trovato in possesso di carteggiassai compromettenti, fuarrestato a Cogolo di Pejo. Fucondotto prima a Trento, poi aInnsbruck, quindi a Verona einfine a Mantova dove fuprocessato prima da untribunale militare poi da unocivile.

Giudicato colpevole di altotradimento fu condannato allapena capitale.Durante la lunga detenzione,Calvi mantenne unatteggiamento di coraggiosadignità e fermezza, accettandoserenamente la sentenza erifiutando di chiedere la grazia.La condanna fu eseguita il 4luglio 1855 sugli spalti dellalunetta di San Giorgio.Nel 1881, in occasione del 26°anniversario della sua morte,sul luogo dell’esecuzione grazieall’iniziativa dei cittadini

mantovani fu inaugurato ilcippo che ancora oggi ricordail sacrificio (figg. 9-10).

Fig. 10 - Monumento a PietroFortunato Calvi.

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Costruito in legno all’inizio delXII secolo per unire il borgo diSan Giorgio alla città, il ponte fusuccessivamente ricostruito inmuratura e lo specchio d’acquaa valle del ponte dei Mulini fudefinitivamente diviso nei laghidi Mezzo e Inferiore.Restaurato e coperto all’inizio delXV secolo dal capitano FrancescoI Gonzaga, dopo la conclusionedei lavori di fortificazione delborgo di San Giorgio, che sorgevasulla riva opposta del lago diMezzo, il ponte di San Giorgioassunse un importante ruolo nelcomplesso sistema difensivo di

Mantova dove l’acquarappresentava un insostituibilemezzo di difesa.Nel 1634 fu rimossa la coperturadel ponte danneggiata in piùpunti dalle artiglierie durantel’assedio dei Lanzichenecchi del1630 e nel 1685 il ducaFerdinando Carlo ordinò ilrestauro delle struttureammalorate dall’azioneaggressiva delle acque. Nel 1690,per ragioni strategiche, furealizzato il taglio del ponte inprossimità dell’ingresso in

Mantova, con la demolizionedella testata e la successivacostruzione di una strutturaleggera in legno che, nel 1731, fusmantellata e riedificata inmuratura.Durante l’assedio della città del1796-97 , il ponte e il borgofurono teatro della battaglia diSan Giorgio del 15 settembre 1796(fig. 11).L’attuale struttura è il risultatodi interventi attuati nel corso delNovecento. Tra il 1919 e il 1922furono, infatti, parzialmentedemolite le 33 arcate checostituivano il ponte di origine

medioevale, successivamentericoperte da un terrapieno, e fucostruita la campata ad arco incemento armato. Proprioquest’ultima, demolita nel 1945dalle truppe tedesche in ritirata,fu ricostruita nel 1946 su progettodell’ingegnere Uberti, con ilfinanziamento degli alleati. Laciclabile e il ponte ciclopedonaleiniziati a metà anni Ottantafurono ultimati nel 1995.

Ponte di San Giorgio

Fig. 11 - Veduta della città diMantova dalla parte del ponte diSan Giorgio cinta d’assediodall’armata francese nel 1796 edifesa dalla guarnigioneaustriaca (ANV, RaccoltaBalzanelli, F1 II, 30).

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All’interno di una fortezza ai soldatidi presidio era necessario potergarantire anche una degnasepoltura. Questione che tra ilXVIII e il XIX secolo assunseparticolare rilievo considerata l’altapercentuale di mortalità che siregistrava tra le truppe a causa dimalattie febbrili legate allecondizioni climatiche e ambientalidella città. Le carte d’archivioraccontano come a metà del XVIIIsecolo i soldati venisseroabitualmente sepolti fuori cittàpresso il borgo di San Giorgio, ma,a causa della distanza che rendevadisagevole il trasporto delle salme,

si iniziò ben presto ad inumare sulramparo a ridosso dell’attualepiazza Virgiliana. Le rimostranzedella popolazione, esasperata dalleesalazioni provenienti dallenumerose sepolture, indusseroperò le autorità competenti aripristinare l’uso di seppellire isoldati presso il borgo di SanGiorgio, ricercando al contempoall’interno della città un luogoadeguato che potesse esseredestinato a cimitero militare. Dopoattenti sopralluoghi e adeguatevalutazioni fu scelto un terreno diproprietà privata, posto nella zona

sud-orientale della città nellevicinanze di Porto Catena (fig. 12)con clausola di revoca qualora fossesorto il cimitero generale per lacittà di Mantova ad uso civile emilitare. Nel 1786 le disposizionigiuseppine, finalizzate almiglioramento delle condizionisanitarie dei centri dellaLombardia austriaca, decretaronol’allontanamento incondizionatodai centri abitati di tutti i luoghi disepoltura e nel 1790, dopo unlungo carteggio fra le autoritàcompetenti, nel borgo di SanGiorgio, in vicinanza delmonastero di San Vito, fu aperto

il primo cimitero pubblicoextraurbano, che in una porzionelaterale comprendeva anche ilcimitero militare.Pochi giorni dopo l’apertura delnuovo cimitero il comando militarericonsegnava il cimitero vicino aPorto Catena. Si trattava però diuna soluzione provvisoria; nel1797, secondo le nuove disposizionivarate dal governo francese, ilcimitero di San Vito fu, infatti,chiuso e trasferito fuori portaPradella.

Fig. 12 - Pianta della proprietàdegli eredi Boccasanta destinataa cimitero militare, rilevata daCarlo Brunelli il 23 giugno 1770(Archivio di Stato di Milano,autorizzazione alla pubblicazionen. 01/2013).

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Area dell’ex cimitero militare

Quella che fino ad alcunidecenni fa costituiva un’ampiaarea militare, posta al marginesud-orientale della città versoil lago Inferiore, purtroppo oggiancora inaccessibile, è una zonaricca di storia ed avvenimenti.All’inizio del XV secolo aridosso di questa area ilmarchese Gianfrancesco Gonzagaconcesse agli ebrei una “pezza diterra” per erigere un lorocimitero. Questo primo luogodi sepoltura si rivelò però benpresto insufficiente per i bisognidi una comunità che andava

acquisendo sempre maggioreimportanza. Nel corso delmedesimo secolo i massaridella comunità ebraicaacquisirono, infatti, ad uso dicimitero una nuova proprietàpoco distante dalla precedente,che, per effetto del divieto diriesumazione imposto dal ritoebraico nei decenni successivi,fu ampliata e cinta da mura.All’inizio del XVIII secolo, ilruolo di fortezza, attribuito allacittà di Mantova già

all’indomani della suaannessione all’impero,determinò un’incondizionatarequisizione di molte proprietàe la loro conseguenteconversione ad usi militari. Unprocesso che non risparmiòneppure l’Università degliebrei. Nel 1739, infatti, ildemanio militare acquistò daimassari della comunità ebraicauna piccola casa conappezzamento di terrenoattigua al cimitero, incorrispondenza del luogo dovein parte si era già costruito il

nuovo magazzino delle polveri,detto di San Nicolò, poicompletato e oggi ancoraperfettamente conservatoall’interno dell’ampia areademaniale.Negli anni immediatamentesuccessivi, nell’ambito deilavori di potenziamento dellafortezza, il tratto di muracittadine che cingeva la zonaverso il lago fu dotato di unnuovo baluardo e il cimiteroebraico del Gradaro rimase in

Ex area militare di San Nicolò

Fig. 13 – Ex area militare di SanNicolò, l’esterno da vicolo Maestro.

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funzione fino alla fine deglianni Ottanta del XVIII secolo,quando in base alla disposizionigiuseppine, che in tema disalute pubblica prevedevanoper la Lombardia austriacal’allontanamento dai centriabitati di tutti i cimiteri senzadistinzione di religione, futrasferito fuori città, nel borgodi San Giorgio, poco lontanodal cimitero cristiano di SanVito. L’area dell’antico cimiteroebraico del Gradaro rimasetuttavia proprietà della localecomunità ebraica.

Nel corso del XIX secolo nuovilavori riguardarono il tratto dimura verso il lago: furonoeseguiti interventi diricostruzione assieme allarealizzazione di nuoviterrapieni e nel 1852, a causadelle crescenti necessità dellafortezza, la comunità ebraicafu costretta a vendere aldemanio militare l’intera areadell’antico cimitero delGradaro. Nell’atto di cessione,nel rispetto delle regole dellatradizione ebraica, fu peròconcordato il mantenimento

del terreno a prato, laconservazione delle lapidi e ildiritto per i membri dellacomunità di accedere all’areaper rendere omaggio ai defunti(fig. 13).Quest’area divenuta dipertinenza della caserma delGradaro e che vide lacostruzione dei capannoni diSan Nicolò che ospitarono gliartiglieri del 4° Reggimentocontraerei e i relativiarmamenti, nel 1943, dopo laviolenta irruzione dei carritedeschi della divisione

granatieri corazzatiLeibstandarte SS A. Hitler, fuadibita a campo diconcentramento e smistamentoper militari italiani(sottoufficiali e truppa)catturati sui vari fronti (fig. 14).Fig. 14 - Ex area militare di

San Nicolò, particolare di unodegli ingressi.

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Mantova che nelle acque delfiume Mincio ebbe fin dalleorigini la sua principale difesa,nel corso dei secoli fu peròanche protetta da una cintamuraria.Lo sviluppo della città è, infatti,connesso ad un’espansioneavvenuta in tre fasi successive.Una prima cerchia muraria,d’età medioevale, fu eretta inepoca imprecisataprobabilmente dopo l’annoMille in seguito a quel processogeneralizzato che s’individua inEuropa come rinascita della

città. A partire dal 1190,parallelamente agli interventidi regolamentazione delsistema idrico del Mincio,firmati dall’ingegnerebergamasco Alberto Pitentino,la città conobbe una fase diespansione che portò allacostruzione di una secondacinta muraria che comprese iterreni già abitati ed edificati,posti a sud-ovest fino al canaleartificiale Rio. Infine nel 1401Francesco I Gonzaga attuò una

nuova divisione della città inquartieri includendo anchetutta l’area situata oltre il Rio;il nucleo urbano si estese cosìa tutta l’area insulare definendoi limiti della terza cerchiamuraria che per secoli delineòl’immagine della città stessa.Dall’inizio del Cinquecento gliinterventi per il rafforzamentoe potenziamento delle muraurbane si susseguirononumerosi. Le innovazioniapportate dall’introduzionedelle armi da fuoco indussero,infatti, già il marchese

Francesco II a pensare ad unprogetto di ricostruzione dellacinta esistente, progetto inparte poi attuato dal figlioFederico. Nel 1521 i lavoriprocedevano sotto la direzionedell’ingegnere e uomo d’armeAlessio Beccaguto ma, nel 1528,furono bruscamente interrottia causa della sua morte. Si eramesso mano al solo trattocompreso fra il convento diSanta Maria del Gradaro eporta Pusterla dove si erano

Cinta muraria

Fig. 15 - La cinta muraria nellaveduta di Mantova disegnata daGabriele Bertazzolo nel 1628(Biblioteca Comunale Teresiana,stampe, rotolo 1).

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realizzati due bastioni a piantacircolare: la rondella di Gradaro(l’unica oggi conservata, sitaall’interno del recintodell’impianto idrovoroValsecchi del Consorzio SudOvest di Mantova) e la rondellaposta di fronte all’isola del Te.I lavori ripresero sotto ladirezione dell’uomo d’armeCapino de Capo che seppeintrodurre le più aggiornateconcezioni dell’architetturamilitare e che nel 1531 eraintento a ultimare il baluardopoligonale dell’angolo

sud-ovest, intitolato, in onoredel protettore del suopredecessore, a Sant’Alessio.Nuovi interventi sonodocumentati anche nel corsodel XVII secolo per adeguarsidi volta in volta a mutateesigenze militari e per integrareun sistema difensivo cheandava progressivamenteestendendosi attraversol’aggiunta di opere esterne(fig. 15).Nel XVIII secolo la cittàassunse un fondamentale ruolostrategico-militare per la difesa

dei territori imperiali dell’Italiasettentrionale e la cintamagistrale fu ulteriormentepotenziata secondo un pianoche riguardava l’intero sistemadifensivo della piazzaforte. Nelcorso del XIX secolo la cintamuraria racchiudeva ancora ilcosiddetto “corpo di piazza”, ilnucleo più interno della cittàtrasformata ora in unapiazzaforte parte del più ampiosistema difensivo del‘Quadrilatero’. Nel 1866l’annessione al Regno d’Italiasegnò progressivamente la fine

del ruolo strategico-militarericonosciuto alla città con laconseguente dismissione edemolizione di molte delleopere difensive. Assieme allascomparsa delle opere e deiforti esterni si assistette anchealla demolizione di buona partedelle mura che per secoliavevano definito l’immaginedella città chiusa, compatta eimpenetrabile: la città fortezza(fig. 16).

Fig. 16 - Particolare del tratto dimura ancora esistente lungo viaLuca Fancelli.

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All’interno del recintodell’impianto idrovoro Valsecchidel Consorzio Sud Ovest diMantova (che regola l’immissionenel lago Inferiore delle acque dellaFossa Magistrale, oggi interrata,ma che un tempo correva aridosso delle mura cittadine) sitrova una lapide posta a ricordodi sua eccellenza il generaled’artiglieria Otto von Wallsegg,infissa nel tratto di cortinamuraria che si conserva assiemealla rondella di Gradaro.Subentrato al generale Lionardode’ Stenks al comando dellafortezza di Mantova nel dicembre

1741, von Wallsegg fece costruireun nuovo baluardo lungo il trattodi mura dove si trovava l’anticocimitero ebraico, ovvero compresofra le due chiese di San Nicolò eSanta Maria del Gradaro, e allostesso modo fece erigere un arginein terra mediante il quale sipotesse dalla città avere una piùbreve comunicazione con lefortificazioni esteriori delMigliaretto. Completato da unachiavica in legno, l’argineconsentiva anche di sostenere le

acque della inondazione previstafra il trinceramento stesso e lemura cittadine. Questo contribuìa migliorare considerevolmentela difesa ma anche la salubritàdell’intera zona salvaguardandolada eventuali inondazioni.Si trattò d’interventi che ottenneroun consenso tale che fu deciso diaffidarne la memoria ai posteri. Icittadini, infatti, volendo ricordarel’opera e il suo ideatore poserouna lapide marmorea che riportala seguente iscrizione: AD AERISSALUBRITATEM / ETOPPORTUNIOREMDEFENSAM / ITA PERACTUM

/ AB ECC.mo D D GEN. C.WALLSEGG / ANNO SAL.MDCCXXXXII (Per la salubritàdell’aria e una più opportunadifesa così fu fattodall’eccellentissimo Signore,Signor Generale C. Wallsegg.Anno Salvezza 1742) (fig. 17). Lacomunità mantovana volendoricordare la meritoria figura diquest’ufficiale austriaco gli intitolòla valletta prospiciente le opereda lui realizzate, italianizzando ilsuo nome in Valsecchi.

Lapide a ricordo del comandantedella fortezza Otto von Wallsegg

Fig. 17 - Lapide dedicata algenerale Otto von Wallsegg.

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Dopo il sacco di Mantova del 1630l’organizzazione e la difesa militaredella città furono affidate, per unaccordo fra Francia e Impero, a unpresidio militare della Repubblica diVenezia che rimase insediato dal1631 al 1663. Di fronte alla necessitàdi potenziare il sistema difensivo inatto furono completati i lavori dirinforzo già intrapresi dal duca CarloI Gonzaga Nevers e furono progettatenuove opere come l’opera a cornoposta a difesa di porta Pradella e iltrinceramento a due tenaglie delMigliaretto, ricavato a cavaliere dellerovine dei conventi di San Matteo eSanta Chiara. Alla fine del XVIIsecolo sono documentati lavori di

sistemazione; i francesi infatti,rimosso il presidio veneziano,inviarono alcuni loro ingegneri perstudiare il sistema difensivo dellacittà, per restaurare e ripristinare leopere esistenti e per realizzarne dinuove. Nell’ultimo decennio delsecolo l’ingegnere Du Plessis eraimpegnato nella sistemazione deltrinceramento del Te e di quello delMigliaretto. Quest’ultimo, nodo digrande importanza strategica per ladifesa del fronte sud-orientale dellacittà, tra la fine del XVIII e l’iniziodel XIX secolo, fu oggetto diconsistenti interventi di

ampliamento e potenziamento.Al tracciato esistente fu infattidapprima aggiunta una stradacoperta avanzata con lunettaantistante, in modo da formare unasorta di opera a corona, esuccessivamente nuove opereavanzate. In età napoleonica con ilpiano generale di difesa elaboratoper il potenziamento della fortezzadal generale francese François deChasseloup-Laubat, a coronamentodelle opere fortificate del Te e delMigliaretto, fu posto il campotrincerato. Per tutto il XIX secolo iltrinceramento del Migliaretto,sistema a linea bastionata con opereaddizionali esterne a lunetta munite

di strada coperta, rimase unelemento fondamentale dell’assettodifensivo del fronte sud-orientaledella fortezza (fig. 18). Nel piano perla messa in stato di difesa per l’anno1866 fu previsto il rafforzamento deiterrapieni con sterpaglie ed ostacolivegetali. L’annessione al Regnod’Italia e il progressivo esaurimentodel ruolo strategico-militare a lungoriconosciuto e attribuito alla cittàsegnarono la cancellazione anche diqueste opere, di cui oggi rimanetraccia soltanto in alcuni tratti neidislivelli e nella geometria delterreno.

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Trinceramento del Migliaretto

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Fig. 18 – Particolare del trinceramentodel Migliaretto tratto dalla piantatopografica della città di Mantovapubblicata a Firenze nel 1844 (ANV,Raccolta Balzanelli, F1 IV, 79).

In età napoleonica il piano generaledi difesa elaborato per ilpotenziamento della fortezza diMantova dal generale franceseFrançois de Chasseloup-Laubat,conferì alla città il definitivo assettofortificatorio secondo uno schemaa forti staccati, ovvero opere posteoltre la cinta muraria bastionata, chemanteneva la funzione di linea diresistenza secondaria o addiritturadi sicurezza. Nel caso specifico taliopere costituivano le chiavi di ungrandioso impianto idraulico cheintendeva conferire alla città iconnotati di un’imponentepiazzaforte fluviale.

Ancora una volta l’acquarappresentava l’elemento essenzialedella difesa e fondamentale eraovviamente il suo controllo.Inevitabilmente le chiuse e le dighe,che costituivano il complessosistema idraulico che caratterizzavala città, divennero punti nevralgicifondamentali da difendere epotenziare assieme alle opere postea difesa dei principali accessi allacittà. Furono progettate e realizzatenuove opere come la lunetta diBelfiore e di San Giorgio, la grandeinondazione del Paiolo, sostenutadalle dighe di Pradella e Pietole, e

sul fronte meridionale, oltre itrinceramenti del Te e delMigliaretto, il cosiddetto “campotrincerato”, un’ampia area racchiusada terrapieni e da tre nuovi bastioniperimetrali, spianata perché se nepotessero ricavare terreni agricoli eun campo di Marte, ampia areadestinata alle esercitazioni militari(fig. 19) .Nel 1812 i tre bastioni e le cortineerano completati e si programmò lachiusura dei fronti di gola deibastioni con torri dotate dipiattaforma, interventi che nel 1814,quando i francesi furono costretti alasciare la città, dovevano però

ancora essere eseguiti. Il grandiosodisegno di trasformare Mantova inuna grande piazzaforte fluviale fuquindi interrotto, ma ripreso dagliaustriaci che in parte lo modificaronoe successivamente lo ampliarono. Ilcampo trincerato, posto acoronamanto delle opere fortificatedel Te e del Migliaretto, già definitonel suo impianto, di cui oggirimangono tracce di terrapieni e deibastioni, rimase per tutto il XIXsecolo un elemento fondamentaledell’assetto difensivo del fronte sud-orientale della fortezza di Mantova.

Campo trincerato

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Fig. 19 – Particolare del campotrincerato tratto dalla piantatopografica della città diMantova disegnata da LuigiMarini nel 1880 (BibliotecaComunale Teresiana, rotolo 25).

Le acque del fiume Mincio,regolamentate sin dalla fine del XIIsecolo, hanno sempre assunto unruolo unico e significativo per ladifesa della città di Mantova.Circondando il nucleo urbano danord-ovest a nord-est formavanoallora come oggi i laghi Superiore,di Mezzo, Inferiore, e sul frontemeridionale il lago Paiolo, oggiscomparso. I lavori per la bonificadel lago Paiolo e la realizzazione delcanale Paiolo Basso, che ancora oggiscorre fluendo dal lago Superiore,ebbero inizio a partire dalla fine delXVIII secolo. Fu, infatti, tra il 1775 eil 1780 che gli austriaci intrapreserola bonifica del lago riservandosi però

la possibilità di poter allagarenuovamente l’intera zona persopraggiunte necessità difensive.Certo è che, all’inizio del XIX secolo,quando Napoleone ordinò larealizzazione di nuove fortificazioniattorno alla città, furono eseguitigrandi scavi e movimenti di terrache andarono ad influire sullecondizioni idrauliche ed igienichedella valletta Paiolo. Oltre ai lavoridi riparazione ai trinceramenti delTe e del Migliaretto, fu perfezionatoil sistema di chiuse che regolavanoe manovravano le acque che in casodi necessità consentivano di crearela grande inondazione del Paiolo e

all’estremità di questa, verso il lagoInferiore, fu realizzata una nuovadiga, alla cui difesa fu posto il fortedenominato di Pietole. Le esigenzemilitari rimasero prioritarie fino al1866 quando la città fu annessa alRegno d’Italia. Nel 1872, in seguitoalla grande inondazione che colpì ilterritorio mantovano, si avviò unanimato dibattito per salvare ilcapoluogo dalle piene del Mincio.Nel 1901, il Ministero dei LavoriPubblici, programmò una bonificameccanica di tutta la valle Paiolo. Lasuperficie totale prevista nel progettoera di 2080,42 ettari, di cui 716,17costituivano la parte bassa delcomprensorio, ossia le terre

veramente paludose. Nel febbraio1920 fu sancita la costituzione delConsorzio Speciale di Bonifica delTerritorio Sud di Mantova e nel 1922fu deciso che il bacino Paiolo-Mantova, comprendente i canaliPaiolo Alto e Basso, dovesserimanere idraulicamente separatoper sostanziali differenze con ilrestante territorio di bonifica. Fuinoltre approvata la costruzionedell’impianto di sollevamento delforte di Pietole.La valle del Paiolo, costituisce oggiun’ampia zona umida di particolareinteresse naturalistico (fig. 20).

Fig. 20 - Veduta della valledel Paiolo.

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Valle del Paiolo

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Ai patrioti risorgimentali,giustiziati tra il 1851 e il 1855in prossimità degli spalti dellalunetta di Belfiore, sulla rivameridionale del lago Superiore(allora territorio del Comunedi Curtatone), Mantova hadedicato un monumento e uncippo commemorativo, operedello scultore PasqualeMiglioretti (Ostiglia, 1822-Milano 1881).Il monumento, posto oggi sulluogo del martirio, fuinizialmente collocato, inposizione rialzata, al centro di

piazza Sordello e solennementeinaugurato il 7 dicembre 1872.All’ubicazione si giunseforzosamente dopo laboriose econtrastate trattative tra ilComune di Mantova, ilcomitato promotore e ilMiglioretti in seguito allamancata concessione dellalocalità extraurbana cui l’operaera originariamente destinata:il luogo stesso dell’esecuzione,lo spalto di Belfiore, chiamatooggi come allora valletta di

Belfiore.L’opera, che racchiudeva lespoglie dei “martiri”, fuconcepita dall’artista “in stilecomposito” e modellataattraverso la collocazione dielementi eterogenei: la statuadel Genio dell’Umanitàsoprastante, un sarcofago confunzione di basamento,raccordato alla statua medianteun elemento di formapiramidale, la figura del leonee serti di alloro; i volti dei“martiri” ai lati del sarcofagoin forma di medaglioni .

Già all’indomanidell’inaugurazione, pesanticritiche furono però mosse allasoluzione adottata per ilbasamento che stimolarono unampio dibattito e l’elaborazionedi alcune varianti.Qualche tempo dopo ilmonumento fu profanato daignoti e nuovamenteinaugurato il 5 giugno 1887 (fig.21). Nel 1930 fu rimosso dallacollocazione iniziale conl’intento di riportare piazza

Monumento ai “martiri” di Belfiore

Fig. 21 - Cerimonia della “nuova”inaugurazione del monumentoavvenuta il 5 giugno 1887 dopoi lavori di rifacimento deimedaglioni e la posa della lapidein memoria di Giuseppe Finzi(ASCMn, Raccolta fotografica,cartella 15, fasc. 6).

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Sordello allo stato originario.Le reliquie dei “martiri” furonotrasferite nella chiesa di SanSebastiano, trasformata inFamedio dei caduti mantovani,dove fu ricostruita la parteinferiore del monumento, ilsarcofago. La statuaraffigurante il Geniodell’Umanità fu posta invecenel cortile d’onore di PalazzoDucale assieme a numeroselapidi già poste sul monumentoper ricordare condannatipolitici e compagni dellacongiura di Belfiore.

Infine le forche furonotrasferite nel Museo delRisorgimento.Nel 2002, in occasione del 150°anniversario, l’opera delMiglioretti fu restaurata ericomposta all’ingresso deigiardini della valletta diBelfiore, il luogo del sacrificioe il luogo della memoria per ilquale fu pensato e progettato.Il 20 novembre dello stessoanno fu solennementeinaugurato dal Presidente dellaRepubblica Carlo AzeglioCiampi (fig. 22).

Le spoglie dei “martiri” sonooggi ancora custodite nelFamedio dei caduti mantovani,nell’ex chiesa di SanSebastiano, come pure leforche.

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Fig. 22 - Il monumento ai“martiri” di Belfiore.

Quando nel 1866 i capomastriPacifico e Pietro Andreani,impegnati in alcuni lavori discavo alla lunetta di Belfiore,rinvennero le spoglie dei“martiri” qui giustiziati e sepoltitra il 1851 e il 1855, parve ovvioe doveroso proporre in quelluogo l’erezione di unmonumento che potessetramandare ai posteri ilsacrificio dei patrioti italiani.Trattandosi però di unaporzione di terreno soggetta aservitù militare, il progetto siscontrò col parere delle

competenti autorità militariche, non potendo garantire lasalvaguardia del monumentoin caso di eventi bellici,espressero parere negativo.Una volta deciso di collocare ilmonumento in piazza Sordello,per ricordare anche dove sierano svolti i tragici fatti, sulluogo del ritrovamento dellespoglie fu disposto di collocareun tumulo marmoreo sempread opera dello scultorePasquale Miglioretti.

Quando il 7 dicembre 1872 unlungo corteo di popolo eautorità mosse dal cimiterodegli Angeli, dove avevanotrovato temporanea custodia lespoglie dei patrioti, perproseguire verso piazzaSordello per l’inaugurazione delmonumento, durante una sostain questo luogo furono depostecorone e ghirlande (fig. 23).Già nel 1898 il sindaco diMantova rimproverava quellodi Curtatone per lo stato didegrado e abbandono in cuil’opera versava.

Questioni di competenza fracomuni ritardarono peròqualsiasi intervento fino al1908, quando, sul quotidianola “Provincia di Brescia”, furonopubblicate, sottoscritte dalMuseo del Risorgimentobresciano, pesanti denunce chedeterminarono l’affidamentodi un progetto di sistemazioneall’architetto torinese GiuseppeRoda. Presentato nel 1909, ilprogetto, considerata la limitataaltezza del cippo, definiva

Cippo ai “martiri” di Belfiore

Fig. 23 - Valletta di Belfiore,cippo ai “martiri” di Belfiore inuna fotografia dello StudioAmilcare Sangalli della fine XIX-inizio XX secolo (ASCMn,Archivio ex Museo delRisorgimento e della ResistenzaRenato Giusti, Fotografie, n. 74).

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fondamentale la realizzazionedi una scena ad orizzonte in cuiil piccolo monumento potesseessere l’elemento principale. Lalocalità fu delimitata dapiantagioni in modo daformare lo sfondo e limitare lavisuale, e furono modificati ilivelli del terreno al quale fuconferito un disegno che conl’ausilio di leggi prospettichepotesse allontanare nellacomposizione il monumento inmodo “che la sua limitataaltezza figuri derivare dallalontananza”.

Nel 1930, con losmantellamento delmonumento di piazza Sordello,marmi e parti dell’opera delMiglioretti, che non potevanotrovare una giusta collocazione,furono interrati nel giardinoantistante il cippo.Nel 1952 in occasione delCentenario, con la visita delPresidente della RepubblicaLuigi Einaudi, una grandeiniziativa giovanile si tennepresso il cippo nella valletta diBelfiore, alla quale negli stessianni un concorso nazionale di

architettura conferiva l’assettoe la sistemazione che ancoraoggi la caratterizzano (fig. 24).Il 6 dicembre 2011 un altroPresidente della Repubblica,Giorgio Napolitano, feceomaggio a questo luogoricordando il sacrificio di chi vifu immolato per i propri idealipatriottici.

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Fig. 24 - Cippo ai “martiri” diBelfiore.

Il ponte-diga dei Mulini,costruito tra il 1188 ed il 1190nell’ambito della sistemazioneidrografica di Mantova adopera dell’ingegnerebergamasco Alberto Pitentino,costituisce ancora oggi unelemento fondamentale delsistema di regolamentazionedelle acque che da semprecircondano la città e che a lungone hanno assicurato la difesaprocurandole la fama difortezza invincibile.Gabriele Bertazzolo scrive: “ilPitentino (…) s’imaginò di

fare un fortissimo argine diterra, e di muro benissimofondato, qual incominciassedalla porta del Cepetto, eandasse ad attaccarsi al borgodi Porto; appresso al quale vilasciorno un sorattore,acciochè l’acque del Minciopotessero haver esito al tempodelle cressenze, e che il lagonon venisse a tant’altezza, chesormontasse quest’argine,l’altezza del quale s’imaginò,che servisse per dar dicaduta

all’acqua di dodici molini, edaltri edifitij utili alla città. (...)Fu determinato che tal fabricasi facesse di pietra (…) ondeesso Alberto Pitentino fecequesta opera così segnalata,coprendola, e riducendola informa di ponte, e di portico,che però fu detta Ponte delliMolini, fortificandola ancorabenissimo dalla partesuperiore, col gittarvi infinitaquantità di terra, qual formauna grandissima spiaggia; siche l’acqua non può darecarico alcuno a detta fabrica”.

I lavori al ponte sembra sianostati conclusi solo nel 1230;trascorso nemmeno untrentennio, il ponte furestaurato e allo scadere delXIV secolo fu gravementedanneggiato in occasione dellaguerra combattuta traFrancesco Gonzaga e GianGaleazzo Visconti. L’esercitoinvasore, nel tentativo diprosciugare i laghi attorno allacittà, costruì a Valeggio unadiga attraverso il Mincio al fine

Fig. 25 - Il ponte dei Mulini inuno scatto della fine del XIXsecolo (ASCMn, Raccoltafotografica, cartella 16, fasc. 4/2,fotografia 1).

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Ponte-diga dei Mulini

Fig. 26 - Ponte dei Mulini duranteil bombardamento del luglio 1944(ASCMn, Archivio ex Museo delRisorgimento e della ResistenzaRenato Giusti, Fotografie, n. 113).

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di deviarne il corso.L’operazione non riuscì: losbarramento cedetteriversando nell’alveo del fiumeuna quantità tale d’acqua darompere il ponte dei Mulininella mezzeria. Al danno si poserimedio due anni dopo conl’argine ricurvo che, ancora nelXX secolo, era detto “dellarotta”. Nel 1514, sotto ilmarchese Francesco Gonzaga,furono ultimati i lavorinecessari perporre rimedio ai dissesti dellastruttura e dal 1544 il già citato

sorattore, che regolava ildeflusso delle acque del Minciodal lago Superiore a quello diMezzo, fu fortificato mediantela costruzione di un mastio,ricostruito nel 1743 e demolitonel 1854. Lavori di restaurosono documentati anche nelcorso del XVII e XVIII secolo(fig. 25).Nel 1851 fu completata laferrovia Verona-Mantova constazione terminale aSant’Antonio e fra il 1871 e il1873 la Verona-Mantova-Modena, per la cui

realizzazione si rese necessarioaprire un varco nelle mura dellaCittadella di Porto e gettare dueponti ferroviari sul lagoSuperiore.Con l’inizio del nuovo secolo siaffrontò il problema dellabonifica dei laghi in quantostrettamente legati alla grandesistemazione idraulica studiataper l’Adige, il Garda, il Mincio,il Tartaro ed il Canal Bianco.La guerra interruppe peròl’esecuzione di qualsiasiprogetto; nel luglio 1944 ilponte-diga dei Mulini fu

distrutto durante ibombardamenti aerei alleati ericostruito nel dopoguerra informa di semplice terrapieno(fig. 26).

SorattoreSfioratore, opera idraulica avente loscopo di scaricare da un serbatoio oda un canale l’acqua eccedente unlimite prefissato.

La costruzione dell’imponenteforte di Pietole, oggi avvoltodalla vegetazione delle spondedel Mincio, si inserisceall’interno del piano generaleper il potenziamento dellafortezza di Mantova studiatoall’inizio del XIX secolo dalgenerale francese François deChasseloup-Laubat e checonferì alla città i caratteri diuna moderna fortezza a fortistaccati posta al centro di unesteso e complesso sistemaidraulico. In particolare per ilpotenziamento del fronte

meridionale, oltre a lavori aitrinceramenti del Te e delMigliaretto, fu previsto ilperfezionamento del sistema dichiuse che avrebberoconsentito, in caso di necessità,di regolare le acque per lacreazione della grandeinondazione del Paiolo, alla cuiestremità verso il lago Inferiore,sulla strada che conduceva alborgo di Pietole, fu prevista unanuova diga con chiavica e a suadifesa il grandioso forte di

Pietole.Articolato su un tracciato acorona asimmetrico, compostoda una piazza d’armi centraleseparata da numerose opereesterne attraverso un fossato,il forte di Pietole veniva acostituire la testa di ponte adifesa della nuova diga maanche un presidio in difesa dellato sud della piazzaforte diMantova.Per la sua realizzazione siricorda che delle primeincombenze tecniche locali fuincaricato l’ingegnere camerale

Pietro Cremonesi e, nonostantel’immediato inizio dei lavori el’impiego di molti operai, nel1813 il forte non era ancoraterminato.I lavori furono ripresi dagliaustriaci dopo il Congresso diVienna: nel 1835 furonocompletate le volte murate deicunicoli di contromina e furonocostruiti i possenti muri discarpa dei bastioni; dal 1840 al1845 furono costruite lecasamatte nei fianchi dei

Forte di Pietole

Fig. 27 - Forte di Pietole, vedutaesterna del bastione IV.

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Fig. 28 - Forte di Pietole,particolare del portaled’ingresso.

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bastioni e nel 1845 furonocompiute le due porte di sortitacon ponte levatoio sulle cortine.Infine tra il 1862 e 1863 furealizzata la grande polverieraposta a tergo del bastionecentrale.Dopo l’annessione di Mantovaal Regno d’Italia e il progressivosmantellamento degli apparatidifensivi, il forte fu inizialmenteincluso nella lista delle opereda radiare dal novero dellefortificazioni e successivamenteriammesso come deposito dimateriali e munizioni.

Destinazione che nel 1917 fucausa del grande incendiosviluppatosi tra il 28 aprile e il1° maggio e che portò alloscoppio e alla conseguentedistruzione della grandepolveriera austriaca checonteneva 280 quintali dipolvere nera. L’incendiodanneggiò enormemente lastruttura del forte: i bastioni I,II e III subirono gravi lesioni,la volta della strada copertacedette in diversi punti. Agliinterventi di recupero fu peròpreferita la costruzione di nuovi

capannoni e l’intera strutturadel forte fu definitivamentedismessa nel 1983 (figg. 27, 28).

CasamattaAmbiente difensivo coperto, ricavatodietro e dentro le mura, utilizzato perla difesa radente.

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Ricerca e testi di Claudia Bonora Previdi

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