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1 MANUALE FALEGNAMERIE: COME LAVORARE IN SICUREZZA. 1994

MANUALE FALEGNAMERIE · A2 - Fattori di rischio chimico pag. 8 A3 - Rischio di esplosione ed incendio pag. 11 A4 - Rischio infortuni pag. 12 B) ATTREZZATURE E IMPIANTI B1 - Macchinari

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MANUALE

FALEGNAMERIE: COME LAVORARE IN SICUREZZA.

1994

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Il testo è stato elaborato da:

-- U.S.L. n°3 "VERSILIA"

Servizio di Prevenzione, Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (S.P.I.S.L.L.) -- Catelani p.i. Enrico Galileo -- Lastrucci Dr. Lamberto -- Saccardi p.i. Paolo

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INDICE PREMESSA pag. 3 FASI TECNOLOGICHE (schema) pag. 4 A) PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO

A1 - Fattori di rischio fisico pag. 5

A2 - Fattori di rischio chimico pag. 8

A3 - Rischio di esplosione ed incendio pag. 11

A4 - Rischio infortuni pag. 12 B) ATTREZZATURE E IMPIANTI

B1 - Macchinari Norme generali pag. 13

B2 - " Norme particolari pag. 19

B3 - Impianto elettrico pag. 49

B4 - Impianto di ventilazione pag. 56

B5 - Servizi igienici ed assistenziali pag. 63

B6 - Ambiente di lavoro pag. 65

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C) DISPOSIZIONI GENERALI

C1 - Prevenzione incendi pag. 67

C2 - Segnaletica di sicurezza pag. 69

C3 - Mezzi di protezione individuale pag. 71

C4 - D. L.vo n° 277/91 - Rumore - pag. 75

C5 - Nuovi insediamenti produttivi - GONIP - pag. 81

C6 - Accertamenti sanitari periodici pag. 83

C7 - Apprendistato, tutela dei minori pag. 86

C8 - Infortuni sul lavoro e malattie professionali. pag. 88 D) RUOLO DEGLI ENTI PREPOSTI AL CONTROLLO VERIFICHE ED OMOLOGAZIONI Premessa pag. 91

D1 - ISPESL pag. 92

D2 - USL Servizio Multizonale di Prevenzione pag. 93

D3 - USL Servizio S.P.T.A. pag. 94

D4 - USL Servizio P.I.S.L.L. pag. 95

D5 - Comando VV FF pag. 97

D6 - Ispettorato del lavoro pag. 98

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PREMESSA Il presente manuale nasce, in attesa del recepimento da parte del Governo Italiano della normativa CEE 392/89 (Direttiva che concerne il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine), dall'esigenza di dare agli operatori delle falegnamerie una guida breve ed essenziale sulle attuali norme di legge inerenti la sicurezza e l'igiene dei luoghi di lavoro. Particolare attenzione è stata data alle norme di sicurezza inerenti i macchinari utilizzati nelle falegnamerie, data l'alta incidenza degli infortuni sul lavoro conseguenti all'uso scorretto dei macchinari stessi.

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A. I PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO Esamineremo ora i fattori di rischio presenti nel ciclo lavorativo del legno dividendoli nei seguenti gruppi:

A.1 Fattori di rischio fisici;

A.2 Fattori di rischio chimici;

A.3 Rischio di esplosione ed incendio;

A.4 Rischio infortuni. . A.1 Fattori di rischio fisici Si tratta principalmente di: rumore, vibrazioni, campi elettromagnetici, illuminazione non idonea. A.1.1 Rumore Questo rischio è molto diffuso nelle falegnamerie, in quanto le macchine utilizzate raggiungono livelli sonori assai elevati. Da varie indagini effettuate, è stato rilevato che sotto i 90 decibel A (dBA) (decibel: unità di misura del rumore) si collocano solamente le sfogliatrici, le cucitrici, le levigatrici, le taglierine; tra i 90 ed i 95 dBA la maggior parte delle macchine (multilame, sega a nastro, sega circolare, trancia, pialla a filo, pialla a spessore, fresatrice verticale o toupie, bucatrice, cavatrice, ecc); superano i 95 dBA le squadratrici. Più del 70% delle macchine ha rumorosità uguale o superiore ai 90 dBA. A questa rumorosità si aggiunge spesso quella degli impianti di aspirazione e ventilazione.

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Si consideri che adesso, con l'entrata in vigore del Decreto Legislativo n°277 del 15/08/91, sono sorti alcuni obblighi ben precisi sia per il datore di lavoro, sia per il medico, sia per i lavoratori: si rimanda però alla lettura di quanto riportato nel capitolo specifico. Oltre agli infortuni l'ipoacusia da rumore rappresenta la patologia professionale più diffusa nel comparto del legno. E' stato rilevato che, dopo 20 anni di lavoro, il 75% dei falegnami presenta danni uditivi. Ma, oltre ai danni uditivi, il rumore causa disturbi a carico di vari organi e apparati: a carico del sistema nervoso (disturbi del sonno, ansia, mal di testa, ecc.); a carico dell'apparato cardiocircolatorio (aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, ecc.); a carico dell'apparato digerente (aumento dell'acidità gastrica, azione spastica sulla muscolatura liscia), ecc. A.1.2 Vibrazioni Si tratta di vibrazioni trasmesse al segmento mano-braccio-spalla causate da utensili per levigare, carteggiare, ecc. I danni, dipendenti dal tipo di utensile, dal suo peso, dalle caratteristiche delle vibrazioni trasmesse, dalle modalità d'uso, possono essere: - disturbi circolatori e neurosensitivi delle dita della mano (pallore, formicolii, disturbi della sensibilità, ecc.) - alterazioni osteo-articolari delle spalle, dei gomiti, dei polsi (dolore, limitazione dei movimenti). A.1.3 Campi elettromagnetici Si usano per l'incollaggio e la sagomatura del legno. L'azione lesiva sull'organismo è dovuta principalmente all'azione di riscaldamento che le onde elettromagnetiche

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esercitano profondamente sui tessuti nei quali penetrano, senza provocare sensazione di caldo a livello della cute e quindi senza che l'individuo esposto se ne accorga. Alcuni studi attribuiscono all'esposizione a campi elettromagnetici vari effetti biologici: - sul sistema endocrino; - sul sistema nervoso centrale; - sul testicolo (spermatogenesi); - sul sistema emopoietico ; - oltre ad una interferenza sulla funzione degli stimolatori cardiaci (pace-maker) A.1.4 Illuminazione E' un parametro importante da considerare nelle falegnamerie, sia per i danni che un'illuminazione non idonea può comportare alla vista, sia per la sua importanza nel campo dell'antinfortunistica (una scarsa illuminazione aumenta notevolmente il rischio di infortunio alle macchine utensili). Se l'illuminazione è eccessiva o mal diretta può provocare abbagliamento, se è scarsa causa affaticamento visivo; se è disomogenea con zone di forte illuminazione e zone di illuminazione carente richiede un continuo sforzo del meccanismo di accomodazione visivo che porta ad affaticamento e a mal di testa.

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A.2 Fattori di rischio chimico Si tratta essenzialmente di: polveri di legno (mescolate alle sostanze con cui il legno è stato trattato in tutte le fasi del suo ciclo) e di composti chimici fra cui i più nocivi sono: solventi, isocianati e formaldeide. A.2.1 Polveri di legno Contrariamente a quanto si ritiene, le polveri di legno non sono inerti, ma possono essere assai nocive per l'organismo. In particolare quelle dei legni duri paiono essere più nocive di quelle dei legni teneri (infatti il TLV-TWA per l'anno '93/'94 proposto dagli igienisti industriali americani è di 1 mg/m3 per le prime e di 5 mg/m3 per le seconde). Le polveri, insieme alle sostanze con cui il legno è stato trattato, possono svolgere: 1) azione tossica (rara); 2) azione irritante (cute , prime vie respiratorie); 3) azione sensibilizzante (asma, dermatidi da contatto

allergiche) Negli addetti alla fabbricazione di mobili numerosi lavori epidemiologici hanno evidenziato una elevata mortalità per adenocarcinoma delle cavità nasali e dei seni paranasali, tanto che la IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) ha classificato tale lavorazione come probabile cancerogena per l'uomo (2A classificazione 1987 IARC), identificando quindi la causa nella lavorazione e non nella sola esposizione a polveri di legno.

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Non tutta la polvere prodotta durante le varie lavorazioni è effettivamente respirabile: una frazione di essa, con granulometria superiore a 20 ÷ 30 µm, non resta addirittura sospesa in aria. La frazione respirabile ha una granulometria compresa fra 0,5 e 5 µm: quest'ultima rappresenta di solito circa il 25 - 30% della polvere totale. Si tenga presente che alcune operazioni (ad es. quelle di levigatura) producono polveri più fini, e quindi più rischiose di quelle di altre (ad es. segagione). Le polveri di carteggiatura dei fondi hanno una granulometria più fine di quella del legno e la loro nocività dipende anche dalle sostanze contenute nei prodotti usati per il fondo. A.2.2 Solventi I solventi organici vengono emessi sotto forma di vapore da diluenti, tinte, vernici, lacche e collanti. In verniciatura il rischio è presente sia durante la fase di applicazione che durante la fase di essiccazione. I tipi di vernici maggiormente utilizzati nel settore legno sono quelle a componenti poliuretanici, a poliesteri, alla nitrocellulosa. Le vernici poliuretaniche contengono maggiormente fenoli (toluolo e xilolo), esteri (acetati di butile o etile), chetoni (metiletilchetone, etilchetone, acetone, ecc.) e glicoli-eteri (cellosolve). Le vernici alla nitrocellulosa contengono acetati di etile e di butile, toluolo, xilolo e, in misura minore, alcoli e chetoni. Le vernici poliesteri contengono principalmente stirene e vinilbenzene che partecipano alla reazione di polimerazzazione. I solventi possono avere azione irritante su cute e mucose (dermatiti, oculoriniti, faringiti, bronchiti, ecc.) e tossica su alcuni organi e apparati (sistema nervoso centrale e periferico, sul fegato, sul rene, ecc.).

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A.2.3 Isocianati Sono contenuti nel catalizzatore delle vernici poliuretaniche a 2 componenti. Possono essere responsabili di asma bronchiale. Questo rischio, pur essendo ancora presente, risulta attualmente diminuito in quanto le quote di monomero contenute nelle vernici sono state notevolmente ridotte rispetto al passato. A.2.4 Formaldeide E' presente nelle resine ureiche, viene impiegata nella produzione di compensati e pannelli o nella nobilitazione delle superfici. Può essere liberata nelle fasi di preparazione e spandimento delle colle, all'apertura delle presse e nella zona di essiccamento. Quando i pannelli vengono lavorati potrebbero rilasciare quantità minime del composto in forma libera o, quantomeno, in forma adsorbita sulla polvere. La formaldeide, oltre a svolgere azione irritante sulla cute, sulle mucose delle prime vie aeree e sulle congiuntive, è ritenuta da alcuni anni un probabile cancerogeno umano in particolare a carico dei seni paranasali. La formaldeide viene inserita infatti nella classe 2A (sostanze probabili cancerogeni) dalla IARC.

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A.3 Rischio di esplosione ed incendio Sono dovuti alla presenza di notevoli quantità di materiale combustibile, come le cataste di legno e di materiale facilmente infiammabile, come i vapori dei solventi usati nei processi di finitura e la stessa polvere di legno, costituita cioè da particelle solide con granulometria non superiore a 200 µm, sempre presente come prodotto di scarto. Il materiale infiammabile dà in genere inizio all'incendio, quello combustibile lo alimenta. In un ambiente di lavoro, se sono garantite condizioni ambientali accettabili sotto il profilo igienico, ne' le polveri di legno, ne' i vapori dei solventi utilizzati possono essere presenti in concentrazione superiore al rispettivo limite inferiore d'infiammabilità in aria. Le polveri di legno hanno infatti, in funzione della loro granulometria, un limite inferiore d'infiammabilità di circa 40 g/m3 (il TLV, come già detto, è dell'ordine dei mg/m3). I vapori dei solventi organici hanno mediamente limiti inferiori d'infiammabilità in aria superiori di due-tre ordini di grandezza ai rispettivi TLV. Concentrazioni pericolose di polveri di legno e di vapori di solventi infiammabili possono tuttavia formarsi se non si evita con cura il loro accumulo negli ambienti di lavoro. Le polveri possono infatti sollevarsi dai cumuli a seguito dei moti d'aria e formare una nube con concentrazione superiore al loro limite inferiore d'infiammabilità in aria. I vapori in equilibrio con i prodotti vernicianti accumulati sui pavimenti degli ambienti di lavoro hanno sempre

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concentrazione non solo nociva per la salute dei lavoratori ma anche compresa nei limiti d'infiammabilità in aria. Le polveri di legno possono inoltre dar luogo ad esplosione all'interno del silos di raccolta collegato all'impianto di aspirazione oppure all'interno delle canalizzazioni dell'impianto di aspirazione, nelle quali si possono depositare se vengono trasportate ad una velocità insufficiente. A.4 Rischio infortuni E' il rischio prevalente e maggiormente riscontrato nel comparto del legno. I rilievi INAIL effettuati in questi ultimi anni indicano un calo costante del fenomeno infortunistico anche se l'Italia resta comunque fra i paesi europei a più alto indice di infortuni. Da una analisi dei dati è rilevabile come gli infortuni più gravi si verificano maggiormente nelle ditte a prevalente gestione artigianale con metodi di lavoro tradizionali rispetto a quelle a prevalente attività industriale con innovazioni tecnologiche nei cicli di lavoro. Per quanto riguarda la sede della lesione si rileva come la stragrande maggioranza degli infortuni con postumi permanenti (70%) e delle inabilità temporanee ( 60%) valutati si riferiscono alle mani. Degli infortuni con postumi permanenti il 57% circa è riconducibile all'utilizzo di macchine utensili in particolare alle seghe a disco o a nastro, alle pialle e alla toupie. Per quest'ultima macchina è registrabile un rapporto di 1 amputazione delle dita per ogni 3 infortuni avvenuti durante il suo impiego, contro un rapporto medio di 1 amputazione ogni 11 infortuni per le altre macchine.

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Sulle cause del fenomeno infortunistico, dalle indagini effettuate, si evidenzia come esse siano attribuibili alla mancanza o inidoneità dei dispositivi di sicurezza alle macchine, ad una cattiva manutenzione delle stesse, alla mancanza di spazio, alla disattenzione. B. ATTREZZATURE E IMPIANTI B.1 Norme generali di sicurezza delle macchine B.1.1 Protezione delle macchine Gli organi lavoratori delle macchine e le relative zone di operazione, quando possono costituire un pericolo per i lavoratori, devono, per quanto possibile, essere protetti o segregati oppure provvisti di dispositivo di sicurezza. ( Rif. art. 68 D.P.R. 547/55 ). Gli elementi delle macchine, quando costituiscono un pericolo, devono essere protetti o segregati o provvisti di dispositivo di sicurezza. ( Rif. art. 41 D.P.R. 547/55 ). Per elementi di una macchina devono intendersi tutti gli organi non lavoratori che sono parte integrante della macchina stessa. Essi devono essere protetti con accorgimenti tecnici atti ad evitare che parti del corpo del lavoratore possano venire comunque a contatto.

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Protezione amovibile: ripari che possono essere rimossi o aperti con una semplice manovra e senza ausilio di attrezzi. Devono essere provviste di un dispositivo di blocco, collegato con gli organi di messa in moto e di movimento della macchina. Protezione inamovibile: vengono considerati tali quelle protezioni che non risultano essere apribili direttamente e con semplice manovre e, comunque, senza l'uso di un attrezzo specifico da parte del lavoratore. (ad es. lucchetto con chiave o vite di fissaggio). Gli apparecchi di protezione amovibili degli organi lavoratori, delle zone di operazione e degli altri organi pericolosi delle macchine, quando sia tecnicamente possibile e si tratti di eliminare un rischio grave e specifico, devono essere provvisti di un dispositivo di blocco collegato con gli organi di messa in moto e di movimento della macchina, tale che: a) impedisca di rimuovere o di aprire il riparo quando la

macchina è in moto, o provochi l'arresto della macchina all'atto della rimozione o all'apertura del riparo;

b) non consenta l'avviamento della macchina se il riparo non è nella posizione di chiusura. ( Rif. art. 72 D.P.R. 547/55 ).

Dispositivo di blocco: è un dispositivo (microinterruttore) collegato con il circuito elettrico degli organi di comando e di movimento della macchina e sul quale agisce la protezione in modo da impedire di rimuovere o aprire il riparo quando la macchina è in movimento o ne provochi l'arresto all'atto della rimozione o apertura dello stesso; da non consentire l'avviamento della macchina se il riparo non è nella posizione di chiusura ed essere di tipo a distacco obbligato (per ripristinare il

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funzionamento della macchina deve essere necessario agire sugli organi di comando). In generale le protezioni devono essere costruite con materiale sufficientemente robusto e resistente alle condizioni ambientali e che mantenga le proprie caratteristiche nel tempo. Gli organi di collegamento, di fissaggio o altro genere, come viti, bulloni, biette e simili esistenti sugli alberi, sulle pulegge, sui mozzi, sui giunti, sugli innesti o su altri elementi in movimento delle macchine, non devono presentare parti salienti dalle superfici esterne degli elementi sui quali sono applicati, ma essere limitati in corrispondenza a dette superfici o alloggiati in apposite convenienti incavature oppure coperti con manicotti aventi superfici perfettamente lisce. ( Rif. art. 42 D.P.R. 547/55 ). Le protezioni ed i dispositivi di sicurezza delle macchine non devono essere rimossi se non per necessità di lavoro; qualora essi debbano essere rimossi dovranno essere immediatamente adottate misure atte a mantenere in evidenza ed a ridurre al limite minimo possibile il pericolo che ne deriva; la rimessa in posto delle protezioni o dei dispositivi di sicurezza deve avvenire non appena siano cessate le ragioni che hanno reso necessaria la loro temporanea rimozione. ( Rif. art. 47 D.P.R. 547/55 ). Quando per effettive ragioni tecniche o di lavorazione, non sia possibile conseguire una efficace protezione o segregazione degli organi lavoratori o delle zone di operazione pericolose delle macchine, si devono adottare altre misure per eliminare o ridurre il pericolo, quali idonei

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attrezzi, alimentatori automatici, dispositivi supplementari per l'arresto della macchina e congegni di messa in marcia a comando multiplo simultaneo. ( Rif. art. 69 D.P.R. 547/55 ). B.1.2 Organi di comando Ogni macchina deve avere gli organi di comando per la messa in moto e l'arresto ben riconoscibili ed a portata del lavoratore. ( Rif. art. 76 D.P.R. 547/55 ). I comandi di messa in moto delle macchine devono essere collocati in modo da evitare avviamenti o innesti accidentali o essere provvisti di dispositivi atti a conseguire lo stesso scopo. ( Rif. art. 77 D.P.R. 547/55 ). Detti organi devono pertanto riportare la chiara indicazione delle manovre a cui si riferiscono. Devono essere collocati in modo che l'operatore non sia obbligato ad avvicinarsi pericolosamente a parti in movimento e concepiti in modo da evitare manovre accidentali.

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Pulsanti di comando: devono essere di tipo incassato in una ghiera di protezione e colorati in maniera corrispondente alle normative vigenti (es. rosso per l'arresto, verde per predisposizione e marcia, ecc.) Comandi ad uomo presente: sono strutturati ed agiscono in modo da richiedere la presenza attiva dell'operatore durante la lavorazione (pulsanti che azionano la macchina solo se premuti costantemente e che la disattivano se rilasciati) Doppi comandi: devono impegnare entrambe le mani dell'operatore ad essere premuti contemporaneamente per permettere la lavorazione; devono inoltre essere distanziati tra loro e protetti in modo da impedirne l'azionamento con una sola mano ed agire in modo tale che il meccanismo azionato si blocchi se uno dei due non viene tenuto premuto. Arresto di emergenza. In taluni casi, in relazione alle caratteristiche della macchina, della lavorazione e delle protezioni adottate, nonché alla ubicazione degli organi normali di arresto, può rendersi necessaria l'applicazione di un dispositivo di arresto di emergenza. La leva o il pulsante per l'effettuazione dell'arresto di emergenza deve essere di colore rosso e situata in posizione ben visibile e facilmente raggiungibile dalla postazione di lavoro. Se si tratta di pulsante questo deve essere di tipo "a fungo" di colore rosso. I pedali di comando generale o particolare delle macchine, esclusi quelli di solo arresto, devono essere protetti al di sopra ed ai lati, da una custodia, oppure essere muniti di altro dispositivo, che pur consentendo un'agevole

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manovra, eviti ogni possibilità di azionamento accidentale del pedale. ( Rif. art. 78 D.P.R. 547/55 ). La lavorazione di pezzi di piccole dimensioni alle macchine da legno, ancorchè queste siano provviste dei prescritti mezzi di protezione, deve essere effettuata facendo uso di idonee attrezzature quali portapezzi, spingitoi e simili. ( Rif. art. 114 D.P.R. 547/55 ) B.1.3 Operazioni di manutenzione E' vietato pulire, oliare od ingrassare a mano gli organi e gli elementi in moto delle macchine, a meno che non sia richiesto da particolari esigenze tecniche, nel qual caso deve essere fatto uso di mezzi idonei ad evitare ogni pericolo. I lavoratori devono essere resi edotti mediante avvisi chiaramente visibili. ( Rif. art. 48 D.P.R. 547/55 ). E' vietato compiere su organi in moto qualsiasi operazione di riparazione o registrazione; qualora sia necessario eseguire tali operazioni durante il moto si devono adottare adeguate cautele a difesa dell'incolumità del lavoratore; i lavoratori ne devono essere resi edotti mediante avvisi chiaramente visibili.

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( Rif. art. 49 D.P.R. 547/55 ). I macchinari, gli apparecchi e gli utensili, in relazione alla necessità della sicurezza del lavoro, devono possedere i requisiti di resistenza ed idoneità ed essere mantenuti in buono stato di conservazione e di efficacia, (vedi ad es. l'affilatura degli utensili delle macchine). ( Rif. art. 374 D.P.R. 547/55 ). B.2 Norme particolari di sicurezza delle macchine B.2.1 Seghe a nastro Macchine costituite essenzialmente da una robusta incastellatura portante due volani sui quali si avvolge l'utensile lavoratore, continuo e sottile nastro di acciaio dentato. Il volano inferiore riceve il movimento da un motore e lo trasmette alla lama, il volano superiore, folle, serve per il rinvio del nastro. Il diametro dei volani è proporzionale allo spessore del nastro. I principali rischi di infortunio derivano da:

-- contatti accidentali con la parte attiva del nastro;

-- contatto fortuito con la parte inattiva del nastro;

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-- rottura e conseguente proiezione del nastro dentato;

-- contatto con i volani in movimento. Le seghe a nastro devono avere i volani di rinvio del nastro completamente protetti. La protezione deve estendersi anche alle corone dei volani in modo da trattenere il nastro in caso di rottura; quest'ultimo deve essere protetto contro il contatto accidentale in tutto il suo percorso che non risulta compreso nella protezione di cui sopra, ad eccezione del tratto strettamente necessario per la lavorazione. ( Rif. art. 108 D.P.R. 547/55 ). I ripari dei volani devono essere realizzati sempre in lamiera di ferro di spessore pari ad almeno 1 mm o materiale di resistenza meccanica equivalente. Non è consigliabile l'utilizzo del legno, in quanto i denti del nastro in caso di rottura dello stesso si impunterebbero contro le pareti del riparo piuttosto che scorrere liberamente.(Fig.1)

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Fig.1 La protezione mobile del tratto di nastro discendente non strettamente necessario per la lavorazione, deve impedire il contatto con l'utensile su quattro lati.(Fig.2)

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Fig.2 La protezione mobile deve essere montata in modo tale che, spostando la guida superiore della lama, si sposti anche il dispositivo di protezione. La protezione deve essere fissata in modo tale da non dover essere asportata per la sostituzione della lama. E' opportuno che detta protezione venga realizzata in materiale trasparente, in modo da permettere una buona visibilità della zona di taglio. Le seghe a nastro devono essere dotate di un dispositivo di frenatura che consenta l'arresto progressivo del volano motore, senza comportare un deterioramento lama o del volano, dopo l'interruzione dell'alimentazione elettrica. Tale dispositivo può essere automatico o comandato dall'operatore e deve consentire l'arresto della macchina in tempi brevi. Il fenomeno infortuni è elevato ed è spesso imputabile al problema dello scivolamento delle mani è quindi consigliabile, quando vengono effettuate lavorazioni in serie, l'uso di attrezzi di spinta e di avanzamento automatico. In questo caso occorre premunirsi dal pericolo d'infortunio per trascinamento delle mani dell'operatore mediante l'installazione di adeguate protezioni dal lato di introduzione del materiale. Nella lavorazione di piccoli pezzi devono essere adoperati spingitoi di forma appropriata a quella dei pezzi stessi; nel caso di taglio trasversale di pezzi rotondi deve essere usato un apposito appoggio che ne impedisca il rotolamento. L'aspirazione va posta nella parte inferiore della sega: vanno inoltre posizionate, sulla via di ritorno della lama, due

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spazzole ferma-polveri che blocchino la diffusione delle polveri nella zona del volano superiore, e riducano inoltre la vibrazione della lama e la conseguente emissione sonora. Altra fonte di rumore è il punto di saldatura della lama, che va eseguito nel modo più uniforme e meno sporgente possibile rispetto allo spessore della lama.

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B.2.2 Seghe circolari e similari Sono macchine costituite essenzialmente da uno o più utensili a forma di disco munito di dentatura periferica e montato su di un asse ruotante. Nelle seghe circolari propriamente dette e nelle squadratrici il disco fuoriesce in parte da un piano-banco di lavoro che deve essere liscio per favorire l'avanzamento del pezzo, pertanto si devono evitare banchi in legno; sul banco si trova anche una guida rigida metallica che ha la funzione di appoggio durante l'avanzamento del pezzo. Le cause principali di infortunio derivano da:

-- contatti accidentali con la parte lavorante e non lavorante

dell'utensile;

-- per rotazione o rifiuto del pezzo;

-- per proiezione di schegge di legno. Le seghe circolari fisse devono essere provviste: a) di una solida cuffia registrabile atta ad evitare il contatto

accidentale del lavoratore con la lama e ad intercettare le schegge; o eventualmente di uno schermo para schegge di dimensioni appropriate;

b) di un coltello divisorio in acciaio, quando la macchina è

usata per segare tavolate in lungo, applicato posteriormente alla lama a distanza di non più di 3 mm dalla dentatura;

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c) di schermi ai lati della lama nella parte sporgente sotto la

tavola di lavoro in modo da impedirne il contatto. ( Rif. art. 109 D.P.R. 547/55 ). L'accesso alla parte di lama situata al di sopra della tavola e non utilizzata per segare, deve essere impedito da una protezione concepita e realizzata in maniera da soddisfare le seguenti condizioni: -- la protezione della lama deve essere facilmente regolabile e

bloccabile all'altezza del pezzo da segare, con una sola operazione e senza l'uso di utensili. Questa operazione deve poter essere effettuata a macchina in moto e senza pericolo per l'operatore;

-- deve poter assicurare la protezione per ogni altezza di taglio e

per ogni valore di inclinazione della lama; -- i materiali utilizzati per la costruzione della protezione

devono essere in grado di impedire la proiezione diretta all'esterno di parti della lama in caso di rottura;

-- il piano di taglio della lama deve essere evidenziato in

maniera duratura sul davanti della protezione se questa non è realizzata con materiale trasparente;

-- parte delle protezioni che possono entrare in contatto con gli

utensili, devono essere costituiti da un materiale facilmente truciolabile (es. legno, materia plastica, alluminio);

-- deve giungere con il suo spigolo anteriore fin sopra il punto

di entrata nella tavola della massima lama impiegabile; -- deve essere stretta il più possibile, comunque non più larga di

40 mm, quando l'inclinazione della protezione segue l'inclinazione della lama. (Fig.3)

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Fig.3

Coltello divisore: elemento metallico di spessore circa uguale a quello della lama, che viene posizionato immediatamente dietro la stessa per impedire che il legno tagliato (specialmente se umido o bagnato) tenda a richiudersi all'uscita del disco con grave pericolo di rigetto del pezzo verso l'operatore. Il coltello divisore pertanto deve soddisfare i seguenti

requisiti:

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-- essere realizzato in acciaio con resistenza alla rottura uguale a 58 daN/mm2;

-- avere uno spessore uguale o inferiore di 0.5 mm al massimo

rispetto alla larghezza di taglio della sega; -- avere lati piani e lisci;

Fig.4 -- avere profilo non tagliente ed estremità superiore terminante

con un forte arrotondamento; -- l'altezza utile del coltello deve corrispondere almeno alla

sporgenza massima della lama meno 5 mm; -- ogni coltello divisore deve essere fissato rigidamente su di un

supporto legato all'incastellatura della macchina; tale fissaggio deve permettere al coltello divisore:

a) di non poter rovesciarsi sulla lama e di rimanere sempre sul piano di quest'ultima;

b) di seguire il movimento di salita della lama quando quest'ultima è regolabile in altezza;

-- i coltelli divisori devono poter essere regolati

orizzontalmente e verticalmente in modo che essi possano aderire il più possibile al contorno delle lame;

-- deve essere possibile con la regolazione, limitatamente alla

parte di lama interessata al taglio rispettare il comma b dell'art 109 del DPR 547/55.

(Raccomandazione ACIMALL R/S-1/5) (Fig.4) (ACIMALL:: Associazione Costruttori Italiani Macchine e Accessori per la Lavorazione del Legno)

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Nell'uso delle squadratrici il trascinamento del materiale deve essere effettuato utilizzando l'apposito carrello evitando di effettuare tale operazione manualmente. ( Rif. art. 47 D.P.R. 547/55 ). Le seghe circolari a pendolo, a bilanciere e simili devono

essere provviste: a) di cuffie di protezione conformate in modo che durante

la lavorazione rimanga scoperto il solo tratto attivo del disco.

b) di dispositivo di sicurezza atto ad impedire che la lama possa uscire fuori dal banco dalla parte del lavoratore in caso di rottura dell'organo tirante.

( Rif. art. 110 D.P.R. 547/55 ). Nelle seghe circolari a pendolo, a bilanciere, a scomparsa o pendolari inverse, ecc, l'utensile lavoratore è costituito da un disco metallico dentato fissato ad un albero orizzontale ed azionato da un motore, direttamente o tramite una cinghia. (Fig. 5 e 6)

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Figg. 5 e 6 L'operatore effettua il taglio tirando l'utensile verso di sè, il ritorno nella posizione di riposo avviene per l'azione di un contrappeso o di molle. Sono destinate essenzialmente al taglio trasversale del legno. Il disco deve essere protetto con una robusta cuffia metallica tale da resistere all'eventuale proiezione di schegge o da frammenti di denti rotti. Questa deve essere costituita da una parte fissa che copre completamente la metà superiore del disco e da una parte mobile, scorrevole sulla prima, in modo da mantenersi con il bordo inferiore sempre a contatto con il pezzo in lavorazione durante l'avanzamento del disco. Sulla porzione frontale della cuffia deve essere ricavata una zona in materiale trasparente ed infrangibile o adatto altro

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sistema che permetta la visibilità del tratto lavoratore dell'utensile. Il disco, in posizione di riposo, deve essere protetto da ambo i lati con appositi schermi., e deve essere protetta anche la zona sotto il banco. Va applicato un dispositivo che impedisca di oltrepassare la posizione di massima corsa utile dal lato verso il lavoratore. Detto dispositivo può essere costituito da robusti riscontri, nel caso delle seghe a bilanciere, oppure da catene fissate alla parete o altri sistemi equivalenti nel caso di seghe pendolari.(Fig.7)

Fig.7 Devono essere inoltre munite di un dispositivo di fermo per la posizione di riposo. Il dispositivo di comando per la messa in moto deve essere del tipo a uomo-presente, in modo che all'abbandono della leva la macchina si arresti. Le seghe troncatrici devono essere munite di cuffia di protezione metallica avente le stesse caratteristiche indicate per le seghe a pendolo, cioè una protezione fissa della parte posteriore e superiore del disco alla quale deve essere aggiunta la protezione mobile della parte anteriore. Devono essere altresì dotate di arresti per la posizione di massima corsa ottenibili grazie a robusti riscontri e di un dispositivo di azionamento di tipo ad uomo-presente.(Fig.8)

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Fig.8 Le seghe circolari devono essere provviste di impianto di aspirazione per la raccolta delle polveri prodotte durante la lavorazione, tale impianto deve avere la bocca di aspirazione avvolgente rispetto al disco e collocata sotto il piano di lavoro; per gli altri tipi di seghe con disco l'impianto deve essere posto posteriormente al disco, cioè nella parte opposta di dove avviene la lavorazione. I problemi di rumore di una sega circolare derivano dall'utensile, fondamentalmente le cause principali sono:

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-- rumore aerodinamico, generato da turbolenze di aria per la presenza di gole e denti;

-- vibrazioni del corpo della lama, generate dalle turbolenze e

dal contatto con il pezzo durante le fasi di lavoro; -- vibrazioni del pezzo in lavorazione causate dall'impatto dei

denti della lama con il pezzo stesso. Per ridurre i livelli di rumorosità si può agire sulla macchina nei seguenti modi: a) inserire un settore circolare di legno (di circa 120° d'angolo),

applicato sul carter fisso, parallelamente al disco, nella zona sottostante il piano di lavoro ad una distanza di circa 0,5 cm dal disco stesso. Tale piastra realizza un cuscino d'aria tra il disco e il supporto fisso, che funziona da smorzatore delle vibrazioni proprie del disco, soprattutto nella marcia a vuoto.

b) rivestire internamente la cuffia metallica con materiale fonoisolante e fonoassorbente, in modo tale da realizzare una zona d'isolamento tra l'area di impatto utensile-legno e l'addetto alla macchina;

c) uso di dischi rivestiti parzialmente con materiale smorzante, con elevato numero di denti, sottili asole nella zona verifica e profilo conformato in modo da ridurre la turbolenza dell'aria.

B.2.3 Pialle a filo Le pialle a filo sono composte essenzialmente da un banco orizzontale e da un organo lavoratore (utensile) formato da un albero rotante al quale sono fissate due o più lame taglienti (coltelli) col filo sporgente dal banco; vengono utilizzate per effettuare la spianatura di tavole o di altri pezzi di legno. L'utensile, gira in senso contrario rispetto all'avanzamento del pezzo in lavorazione.

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Gli infortuni provocati da queste macchine derivano principalmente da:

-- contatto fortuito con i coltelli rotanti;

-- rigetto del pezzo in lavorazione. Le pialle a filo devono avere il portalame di forma cilindrica e provvisto di scanalature di larghezza non superiore a 12 mm per la eliminazione dei trucioli. ( Rif. art. 111 comma a) D.P.R. 547/55 ). E' necessario che i mezzi per il fissaggio delle lame siano il più possibile raccordati alla superficie cilindrica, in modo tale da ridurre anche la gravità delle lesioni alle dita che vengono a trovarsi a contatto con le lame o altre parti sporgenti dall'albero. Il fissaggio delle lame deve essere effettuato con molta cura, dato che un serraggio errato o imperfetto delle viti può provocare: -- la rottura della vite stessa con proiezioni di sue parti

all'esterno; -- la rottura delle lame o il loro allentamento con proiezione

all'esterno. A tal riguardo si consiglia l'uso delle apposite chiavi di dotazione della macchina o, per macchine di precisione, l'uso di chiavi dinamometriche che forniscono l'esatta indicazione del serraggio delle viti in modo da non sbagliare per eccesso o per difetto.(Fig.9)

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Fig.9 E' altresì necessario controllare che le lame nonché la viti e gli altri accessori di fissaggio siano tutti dello stesso peso per evitare pericolosi squilibri dell'albero rotante alle alte velocità di lavorazione. Le lame vanno tenute ben affilate in modo da evitare il rigetto del pezzo, e se una sola di esse si deforma o si screpola, è opportuno sostituirle tutte o almeno, se sono presenti in numero pari, quelle diametralmente opposte. L'albero porta utensile in corrispondenza di ogni lama, ed a stretto contatto con essa, deve essere provvisto di una scanalatura di forma curva atta all'eliminazione dei trucioli "gola di scarico dei trucioli". La gola di scarico dei trucioli deve soddisfare ai seguenti requisiti:

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a) deve avere una profondità massima di 4 mm misurata radialmente rispetto alla circonferenza dell'albero porta utensile;

b) deve avere una larghezza di 12 mm misurata dal labbro di

appoggio sulla lama. La distanza fra i bordi dell'apertura del banco di lavoro e il filo tagliente delle lame deve essere limitata al minimo indispensabile rispetto alle esigenze della lavorazione. ( Rif. art. 111 comma b) D.P.R. 547/55 ). Tale obbligo serve a ridurre al minimo la gravità delle lesioni alle dita che, per qualsiasi ragione, venissero a trovarsi nello spazio pericoloso; esso va tanto più rigorosamente rispettato quanto più l'albero è veloce. L'ACIMALL raccomanda che la distanza massima misurata in senso radiale, tra la punta del coltello ed il bordo dei piani di lavoro non deve essere superiore ai 5 mm. Oltre alla registrazione dei due mezzi piani in senso orizzontale, va curata anche quella in senso verticale, che dà lo spessore del truciolo asportato in una passata; questo non deve essere eccessivo perchè altrimenti si può avere il rigetto del pezzo, specialmente se il legno è duro, ha nodi o altri difetti. Le pialle a filo devono inoltre essere provviste di un riparo registrabile a mano o di altro idoneo dispositivo per la copertura del portalame o almeno del tratto di questo eccedente la zona di lavorazione in relazione alle dimensioni ed alla forma del materiale da piallare. ( Rif. art. 111 comma c) D.P.R. 547/55 ).

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La protezione realizzata per l'utensile davanti al dispositivo di guida del pezzo deve essere concepita costruita e disposta in modo tale da soddisfare le seguenti condizioni: a) deve poter essere utilizzata qualunque sia la natura delle

lavorazioni che possono essere effettuate sulla macchina; b) la sua forma e le sue dimensioni devono essere tali da non

ostacolare sensibilmente l'operatore durante la lavorazione; c) deve essere di costruzione robusta e concepita in modo da

non venire in contatto con l'utensile; d) deve essere realizzata con un materiale sufficientemente

resistente ed atto ad evitare il rischio di scheggiatura nel caso di un contatto accidentale con l'utensile;

e) deve potersi spostare per permettere l'agevole sostituzione o

regolazione delle lame senza che ne sia necessario lo smontaggio;

f) se registrabile deve poter essere registrata senza l'impiego di

un utensile. La protezione dell'organo lavoratore (utensile) può essere effettuata con mezzi statici o dinamici. Un esempio di protezione statica è rappresentato da sistema costituito da una serie di tavolette di legno, metallo o materiale plastico collegate tra loro da cerniere, in maniera tale da poter essere ripiegate facilmente dall'operatore, con una azione volontaria, scoprendo così solo la parte dell'utensile necessaria alla lavorazione.(Fig.10)

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Fig.10

Altro sistema statico di protezione è quello "a ponte", dove un elemento protettivo di legno o materiale plastico viene posto sopra l'utensile ad una altezza appena sufficiente a far passare il pezzo in lavorazione che vi viene fatto scorrere sotto, può rappresentare una buona protezione per la lavorazione di pezzi di piccolo spessore poichè la mano accompagna il pezzo e nella fase critica del passaggio sopra l'utensile scorre sopra il ponte; necessita di una continua regolazione. Un sistema di protezione di tipo dinamico è rappresentato da un elemento protettivo a profilo evolvente di cerchio (mezzaluna) fulcrato e libero di ruotare attorno ad un punto fissato alla macchina. Il pezzo nella lavorazione viene spinto contro la protezione che ruotando scopre quella parte di utensile che opera sul pezzo. Una volta passato il pezzo la protezione si porta automaticamente indietro, richiamata da una molla, a ricoprire nuovamente l'utensile.(Fig.11) Con questo macchinario risulta particolarmente pericolosa la lavorazione dei pezzi di piccole dimensioni; è quindi

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necessario ricorrere a "portapezzi" o "spingipezzi"; la necessità di uno spingipezzo si può presentare talvolta anche per pezzi non piccoli ma in fine di passata. Non è raro però che l'infortunio, anzichè nella parte inattiva delle lame, venga provocato da quella attiva; anzi, ciò avviene in gran parte dei casi quando vi sono movimenti irregolari del legno e, quindi, delle mani che vi poggiano con forza.

Fig.11 Per questa ragione, in generale sono utili alla sicurezza gli alimentatori automatici che, mantenendo il legno pressato contro l'organo lavoratore, sostituiscono le mani nella zona pericolosa; gli alimentatori sono utili inoltre anche contro il rigetto del pezzo in lavorazione.

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La pialla a filo deve essere dotata di un impianto di aspirazione e di raccolta delle polveri, collocato al di sotto dell'albero rotante portalame, la bocca dell'imbuto dovrebbe essere posta ad una distanza minima dal banco di lavoro di 12 mm e la velocità di captazione deve essere di 20-24 m/sec. Per ridurre il rumore prodotto durante la lavorazione si può intervenire utilizzando un piano di appoggio dei pezzi, in prossimità del rullo, realizzato con una serie di tagli a "pettine", inoltre la cavità che contiene la lama, nel rullo, deve essere la minima possibile per evitare l'effetto "sirena". Si può intervenire anche conformando e posizionando il dispositivo di captazione delle polveri in modo da ridurre il più possibile la turbolenza dell'aria e diminuendo il rumore prodotto da fenomeni aereodinamici.

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B.2.4 Pialle a spessore Le pialle a spessore vengono impiegate per ottenere una superficie piana parallela ad un'altra già precedentemente preparata e ad una distanza prefissata da questa. Sono costituite essenzialmente da una incastellatura portante il piano di appoggio, regolabile in altezza, e l'organo lavoratore, formato da un albero rotante sul quale sono fissate da due a quattro lame taglienti "coltelli". L'utensile è posto al disopra del piano di lavoro l'avanzamento del pezzo è effettuato automaticamente da rulli a pressione, posti davanti e dietro l'organo lavoratore; l'avanzamento del pezzo è contrario al senso di rotazione dell'utensile. Gli infortuni provocati da queste macchine derivano principalmente da:

-- contatto delle mani con i rulli di avanzamento;

-- rifiuto del pezzo. Le pialle a spessore devono essere munite di un dispositivo atto ad impedire il rifiuto del pezzo o dei pezzi in lavorazione. ( Rif. art. 112 D.P.R. 547/55 )

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Durante la lavorazione i rulli di avanzamento e le lame tendono a spostare i pezzi in due sensi contrari. In condizioni normali i rulli trascinatori esercitano un'azione prevalente rispetto a quella delle lame, tuttavia in presenza di irregolarità del pezzo o di brusche variazioni di spessore si può verificare il rigetto verso la postazione dell'addetto.(Fig.12)

Fig.12

Il dispositivo contro detto rifiuto è costituito da una serie di elementi affiancati "martelletti" e inseriti su una traversa posta davanti al rullo di avanzamento.(Fig.13)

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I martelletti sono sagomati in basso con una linea direttrice dentellata in modo che, mentre non offrono ostacolo all'introduzione del pezzo, ne impediscono il ritorno. Per il tipo di costruzione adottato ormai universalmente, le pialle a spessore non necessitano di un dispositivo di protezione specifico per l'utensile; infatti esso è sempre coperto da un coperchio metallico che funge da protezione e da convogliatore per i trucioli. Risulta però che per la necessità di accesso all'utensile (affilatura-manutenzione) tale coperchio deve essere apribile ma solo per mezzo di chiavi e dotato di microinterruttore in modo tale che quando viene aperto il motore della macchina si spenga immediatamente e non si riaccenda fino a che non è richiuso.

Fig.13

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B.2.5 Fresatrici o toupie Le fresatrici o toupie usate nella lavorazione del legno sono costituite essenzialmente da una incastellatura che porta un piano, sul quale poggia il pezzo da lavorare, e da un albero motore sul quale sono fissati vari utensili sagomati e rotanti ad alta velocità. Nella maggior parte delle macchine l'albero ha origine sotto il piano e lo attraversa; in altri casi può essere invece posto al di sopra, portato da apposito braccio. Di solito questo tipo di macchina viene usato per lavori di profilatura. Sono macchine caratterizzate dal fatto che l'operatore provvede spesso manualmente all'avanzamento del pezzo contro l'utensile lavoratore. Questo comporta il rischio di un contatto diretto con la parte attiva dell'utensile medesimo. In generale gli infortuni provocati da queste macchine derivano principalmente da:

-- contatto delle mani con l'utensile;

-- proiezione dell'utensile o di parte di esso in caso di suo

-- allentamento o rottura;

-- proiezione di nodi, trucioli e polvere di legno;

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-- inceppamento e violento ritorno all'indietro del pezzo; Le fresatrici da legno devono essere provviste di mezzi di protezione atti ad evitare il contatto delle mani del lavoratore con l'utensile; tali mezzi devono essere adatti alle singole lavorazioni ed applicati sia nei lavori con guida che in quelli senza guida. (Rif. art. 113 D.P.R. 547/55 ). Gli utensili delle fresatrici si distinguono in coltelli e frese. Entrambi devono soddisfare i seguenti requisiti di sicurezza: -- essere costruiti con materiale di ottima qualità, al fine di

evitare la deformazione e la rottura durante l'uso; -- essere usati sempre alla velocità stabilita dal costruttore, sia

per evitare il rifiuto del pezzo che per ridurre gli sforzi e l'invecchiamento della macchina;

-- essere affilati con molta accuratezza, mantenendo la giusta

proporzione tra gli angoli dei taglienti, al fine di evitare la rottura degli stessi e uno spessore eccessivo del truciolo.

I coltelli sono, nella maggior parte dei casi, costituiti da due metalli diversi, dei quali uno molto duro e fragile, l'altro elastico; devono quindi essere usati esclusivamente su legni teneri ed essere montati ed orientati in modo da lavorare il pezzo soltanto nella parte superiore. Le frese sono utensili più complessi, in quanto possono essere usate sovrapposte l'una all'altra. In questo caso è fondamentale, sotto il profilo della sicurezza, che i denti dei vari utensili non giacciano sulla stessa

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verticale, ma siano invece sfalsati, in modo da non attaccare il pezzo da lavorare nello stesso istante su tutta l'altezza. Si riduce il rischio di rifiuto del pezzo e se ne facilita l'avanzamento. La maggior parte delle operazioni da eseguire con le fresatrici verticali richiede l'impiego della guida rettilinea, per appoggiarvi il pezzo; il tipo più semplice di schermo protettivo quindi è quello che viene applicato alla guida poco al di sopra dell'utensile.

Fig.14 Esso può essere costituito da un archetto ottenuto da una striscia di lamiera di acciaio flessibile, regolabile in altezza e nella curvatura, in moda da coprire nel miglior modo il campo di azione dell'utensile.(Fig.14) Per mantenere i pezzi aderenti al piano di lavoro ed alla guida, e per evitare che le mani possano venire a contatto con la fresa specialmente nella lavorazione di piccoli pezzi, occorre adottare idonei pressori agenti in senso verticale ed orizzontale.

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L'applicazione contemporanea dei due dispositivi pressori è sempre consigliabile specialmente quando si eseguono scorniciature su piccole aste. Per l'avanzamento dei pezzi, in sostituzione della mano dell'uomo, è consigliabile l'utilizzo del dispositivo automatico di alimentazione.(Fig.15)

Fig.15

Le lavorazioni di tenonatura devono essere effettuate su macchine espressamente equipaggiate, cioè munite di carrello scorrevole, per cui, oltre alle protezioni di cui sopra, il carrello deve avere un adeguato ed efficiente dispositivo per il blocco dei pezzi. Nelle lavorazioni con guida curva questa risulta essere una "sagoma" sulla quale viene fissato il pezzo da presentare

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all'utensile, essa viene fatta scorrere sulla tavola e premuta contro un anello d'appoggio folle sull'albero oppure contro un pezzo di appoggio fissato alla tavola e passato intorno all'albero. E' comunque importante che: -- la base del portapezzo sia munita di impugnatura razionale, in modo da evitare scivolamenti della mano; -- i mezzi per trattenere il pezzo siano sicuri, a superficie scabra e in buono stato di manutenzione; -- l'utensile risulti essere protetto. Nella esecuzione di lavori di sagomatura su pezzi curvi, in cui non è possibile l'utilizzo della guida devono essere adottati dispositivi ausiliari e di protezione quali l'applicazione di apposite tavolette sagomate a becco di uccello in modo da poter essere utilizzate da supporto del pezzo stesso. (Fig.16)

Fig.16

Devono essere altresì adoperati dispositivi atti ad impedire il contatto delle mani con gli utensili, detti dispositivi possono essere costituiti da dischi in ottone o duralluminio fissati

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sull'albero al di sopra degli utensili e ruotanti assieme ad essi, oppure da anelli in legno o alluminio sostenuti da supporti sul tavolo di lavoro ed indipendenti dall'albero. Importante è l'adozione di porta utensili di sicurezza che lascino sporgere solo la parte di utensile strettamente necessaria alla lavorazione. B.2.5 Levigatrici Gli infortuni derivanti dall'uso di apparecchiature di questo tipo possono essere provocati principalmente da:

-- contatto accidentale delle mani dell'operatore con la parte

abrasiva in movimento;

-- particelle di abrasivo o di altri materiali proiettati

sull'operatore o su altre persone vicine, specialmente negli

occhi. Le macchine pulitrici o levigatrici a nastro, a tamburo, a rullo, a disco operanti con smeriglio o altre polveri abrasive devono avere la parte abrasiva non utilizzata nella operazione protetta contro il contatto accidentale. (Rif. art. 94 D.P.R. 547/55 )

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La protezione del nastro deve essere costituita da idoneo carter metallico che racchiuda tutta la parte abrasiva non utilizzata nella lavorazione (parte superiore e pulegge) e che deve essere sempre mantenuto installato e collegato con microinterruttore. La levigatura di pezzi di piccole dimensioni deve essere effettuata in prossimità della bocca di aspirazione. Occorre verificare costantemente lo stato di tensione del nastro e sostituire immediatamente i nastri danneggiati. Tutto il sistema di carterizzazione deve essere collegato ad un sistema di aspirazione per le polveri fini che si liberano in questa fase di lavorazione. B.2.7 Combinate Sono macchine che raggruppano in un unico bancale più utensili azionati dallo stesso motore. Alcuni tipi di combinate:

-- combinate filo-spessore;

-- combinate sega-toupie;

-- combinate a 4 o più operazioni (filo-spessore-sega-toupie-

bucatrice). Le combinate, oltre a richiedere i dispositivi di sicurezza propri di ogni utensile di ogni singola macchina, dovrebbe essere concepita e costruita in modo che ogni elemento possa essere utilizzato separatamente senza che gli altri elementi della

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macchina costituiscano un impedimento o un pericolo per l'operatore. Alternativa a quanto sopra è l'adozione di opportune custodie di protezione da applicare ai vari utensili quando non vengano utilizzati. Queste custodie devono essere fornite dal costruttore e, ovviamente, devono essere mantenute nella loro naturale collocazione anche quando si debba passare, sia pur per poco tempo, da una lavorazione all'altra. E' buona norma disinserire, non appena possibile, gli utensili non utilizzati dall'albero di azionamento, in modo da evitare anche inutili sollecitazioni. B.2.8 Pantografo E' una fresa ad albero verticale posta sopra il banco di lavoro. L'utensile viene abbassato tramite azionamento di un pedale. La protezione dell'utensile deve:

-- garantire la completa visione della zona di lavoro (maschera

trasparente);

-- trattenere la proiezione di particelle;

-- essere regolabile in modo da limitare la sporgenza del tratto

attivo dell'utensile stesso allo stretto necessario per la

lavorazione.

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B.3 Impianto Elettrico Si intende per impianto elettrico l'insieme dei componenti elettrici elettricamente associati al fine di soddisfare a scopi specifici e aventi caratteristiche coordinate. Fanno parte dell'impianto elettrico tutti i componenti elettrici non alimentati tramite prese a spina, ne fanno parte anche gli apparecchi utilizzatori fissi alimentati tramite prese a spina destinate unicamente alla loro alimentazione. (Rif. C.E.I. 64-8/2 p. 21.1) Gli impianti elettrici utilizzatori devono per quanto riguarda il nostro ordinamento giuridico rispondere in linea generale a quanto previsto dal D.P.R. n° 547/55 "norme per la

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prevenzione degli infortuni sul lavoro" che ne detta i primi basilari criteri di sicurezza. L'evoluzione della tecnica impiantistica, dal 1955 anno di emanazione del suddetto D.P.R., ha evidenziato la necessità di norme tecniche più specifiche, rispetto al carattere generico del D.P.R. n° 547/55, sono state quindi emanate dal C.E.I. (Comitato Elettrotecnico Italiano) norme specifiche, le quali sono state riconosciute dalla Legge n° 186/68 come norme rispondenti alla "regola dell'arte". Quindi è evidente che dovremo comunque riferirci alle Norme C.E.I. per tutto quello che riguarda il progetto e l'esecuzione di tutti gli impianti elettrici. L'emanazione della Legge n° 46 del 5 marzo 1990 "norme per la sicurezza degli impianti" e del suo regolamento di attuazione D.P.R. n° 447 del 6 dicembre 1991, impone per gli impianti elettrici utilizzatori la redazione del progetto, da parte di professionisti iscritti negli albi professionali, se le utenze sono alimentate a tensione superiore a 1000 V o quando le utenze sono alimentate a bassa tensione qualora la superficie dell'azienda superi i 200 m2. (Rif. art. 6 Legge n° 46/90) (Rif. art. 4 1° comma lettera b) D.P.R. n° 447/91) Il progetto è comunque obbligatorio per gli impianti soggetti a normativa specifica dal C.E.I. (es. locali con pericolo di esplosione e incendio). (Rif. art. 4, 1° comma lettera c) D.P.R. n° 447/91). Le imprese installatrici sono tenute a rilasciare una "dichiarazione di conformità" attestante l'esecuzione dei lavori a regola d'arte. (Rif. art. 9 L. n° 46/90)

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La dichiarazione di conformità viene rilasciata su moduli approvati dal Ministero dell'Interno con D.M. 20 Febbraio 1992. Si devono utilizzare materiali parimenti costruiti a regola d'arte e riconosciuti dal I.M.Q., C.E.I. e U.N.I. (Rif. art. 7 L. n° 46/90) Gli impianti elettrici devono tener conto di due criteri fondamentali: -- garantire la sicurezza dei lavoratori contro i contatti con parti

in tensione (contatti diretti e indiretti ) -- prevenire il pericolo di malfunzionamenti pericolosi che

potrebbero provocare danni a persone, animali o cose presenti nell'ambiente e/o essere causa di incendi o scoppi.

(Rif. art. 267 D.P.R. n° 547/55) Le principali caratteristiche a cui devono conformarsi sono le seguenti: 1) devono essere muniti di idoneo "impianto di messa a

terra". L'adozione di interruttori differenziali con correnti di intervento Id non superiori 30 mA pur permettendo di eliminare gran parte dei rischi dovuti a contatti diretti, non è riconosciuto quale misura di protezione completa Si deve notare che l'uso di questi interruttori differenziali permette di ottenere la protezione contro i contatti indiretti in condizioni di messa a terra molto mediocri, ed assicura anche, quando richiesta, una migliore protezione contro gli incendi,

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con la rilevazione di eventuali difetti di isolamento che danno luogo a piccole correnti verso terra; (Rif. art. 271 D.P.R. n° 547/55) (Rif. C.E.I. 64-8/5 Cap. 54)

2) le "masse" e le "masse estranee" degli impianti elettrici e le

grandi masse metalliche presenti in falegnameria devono essere collegate elettricamente a terra; (Rif. art. 271 D.P.R. n° 547/55) (Rif. C.E.I. 64-8/5 Appendice A)

3) i conduttori devono essere protetti contro i pericoli derivanti

dal contatto accidentale (contatti diretti), con idoneo rivestimento isolante continuo adeguato alla tensione ed appropriato, ai fini della sua conservazione ed efficienza: L'isolamento elettrico delle parti in tensione fra di loro e verso terra deve essere adeguato; (Rif. art. 270 D.P.R. n° 547/55) (Rif. C.E.I. 64-8/4 p. 412.1)

4) i conduttori devono essere protetti contro i corto circuiti ed i

sovraccarichi; (Rif. art. 285 D.P.R. n° 547/55) (Rif. C.E.I. 64-8/4 p. 432.1)

5) le derivazioni a spina per l'alimentazione di macchine ed apparecchi di potenza superiore a 1000 Watt devono essere provvisti di interblocco che permetta di inserire e disinserire la spina (maschio) a circuito aperto; (Rif. art. 311 D.P.R. n° 547/55)

6) le prese a spina non devono permettere il contatto con le

parti in tensione della presa (femmina) e non devono consentire durante l'inserimento della spina (maschio) il contatto accidentale con le parti in tensione; (Rif. art. 310 D.P.R. n° 547/55);

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7) trasformatori, quadri di distribuzione, cavi, apparecchi d'illuminazione, utilizzatori in generale, dovranno possedere sufficiente protezione meccanica alla penetrazione di liquidi e solidi;

8) i collegamenti (quadri, cavi, utilizzatori ecc.) saranno

realizzati con innesti, prese a spina di diverse portate, compatibili tra loro e diversificate in modo che non siano possibili errori d'inserzione e sbagli nella scelta delle tensioni necessarie;

Gli apparecchi utilizzatori si dividono in: -- Apparecchi fissi :

apparecchi che non vengono spostati; (C.E.I. 64-8/2 p. 27.7) -- Apparecchi trasportabili e mobili :

a) Si intende trasportabile se può essere spostato facilmente, purchè munito di apposite maniglie per il trasporto, o perchè la sua massa è limitata (per es.: gli elettrodomestici non devono superare i 18 Kg).

b) Si definisce mobile solo se deve essere spostato dall'utente per il suo funzionamento mentre è collegato al circuito di alimentazione; (C.E.I. 64-8/2 p. 27.5)

-- Apparecchi portatili :

apparecchi che durante il loro funzionamento sono tenuti in mano (per es.: utensili elettrici vari, lampade, ecc.) (C.E.I. 64-8/2 p. 27.6)

Il D.P.R. 547/55 prevede verifiche di legge biennali per gli impianti elettrici in generale, che vengono effettuate dall'ufficio competente per territorio delle UU.SS.LL. Servizio Multizonale di Prevenzione U.O. Ingegneria Impiantistica (vedi indirizzo al Par. D.2), le verifiche comprendono:

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1) Verifica delle installazioni e dei dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche; (Rif. art. 40 D.P.R. n° 547/55)

2) Verifica degli "impianti di messa a terra";

(Rif. art. 328 D.P.R. n° 547/55) 3) Verifica delle installazioni elettriche nei luoghi con pericolo

di esplosione e incendio. (Rif. art. 336 D.P.R. n° 547/55)

Gli edifici e gli impianti relativi alle aziende ed alle lavorazioni comprese nel D.P.R n° 689/59 ed al Decreto Interministeriale 16/2/82 inerente l'elenco delle aziende soggette al controllo dei VV.FF.; devono essere protetti contro le scariche atmosferiche se l'azienda rientra in tale elenco. Si dovrà verificare tramite la norma C.E.I. 81-1 (fascicolo 1439), con dettagliata relazione tecnica e planimetria della zona circostante l'edificio, se l'edificio, in base alla sua ubicazione, all'altezza ed altri parametri dettati dalla norma stessa, è da considerarsi autoprotetto, oppure se necessita di istallare un "impianto di protezione contro le scariche atmosferiche". Gli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche devono essere anch'essi denunciati con apposita scheda mod. A (colore azzurro) e verificati periodicamente almeno una volta ogni 2 anni dal suddetto Servizio di Prevenzione Multizonale (Rif. artt. 36 e 38 D.P.R. n°547/55) (Rif. D.P.R. n° 689/59) (Rif. D.M. 12 Sett. 1959) (Rif. C.E.I. 81-1) La verifica degli "impianti di messa a terra" allo stato delle attuali conoscenze tecniche, non è riferita solo all'impianto di messa a terra vero e proprio, ma è consuetudine verificare la

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rispondenza alle norme per la protezione contro le tensioni per contatto diretto e indiretto, e alle norme di sicurezza in generale, cioè protezione contro gli incendi, protezione termica ecc. La verifica dell'impianto di terra prima della messa in servizio è affidata al legale responsabile delle attività che la esegue per mezzo di personale specializzato. I responsabili legali delle attività soggette all'obbligo devono denunciare, per mezzo delle apposite schede mod. B (colore rosa) al Servizio Multizonale di Prevenzione della U.S.L. competente per territorio entro 30 giorni dalla loro messa in servizio e verificati periodicamente almeno una volta ogni 2 anni per verificarne lo stato di efficienza; dei loro organi di dispersione. (Rif. art. 338 D.P.R. n° 547/55) (D.M. 12 Sett. 1959) Qualora i quantitativi in deposito e/o in lavorazione di sostanze infiammabili siano superiori a quelli previsti dalla Tabella I C.E.I. 64-2, in base alla loro temperatura di infiammabilità, tratti dal D.M. 22/12/58, anche gli "impianti elettrici istallati nei luoghi con pericolo di incendio o esplosione" devono essere sottoposti a verifica da parte del Servizio Multizonale di Prevenzione della U.S.L.. I responsabili legali, delle attività soggette all'obbligo, devono denunciare per mezzo di richiesta inoltrata al suddetto Servizio Multizonale di Prevenzione su apposita scheda mod. C (colore giallo) entro 30 giorni dalla loro messa in servizio e verificati periodicamente almeno una volta ogni 2 anni per verificarne lo stato di efficienza. (Rif. art. 336 D.P.R. n° 547/55) (D.M. 12 Sett. 1959) B.4 Impianti di ventilazione

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B.4.1 Indicazioni generali Nelle varie fasi di lavorazione del legno si possono sviluppare inquinanti suscettibili di diffondersi per via aerea, quali:

-- gas e vapori,

-- polveri Dette sostanze possono essere tossiche, irritanti infiammabili od esplosive e comunque nocive. E' ovvio che in base ai progressi tecnologici dei materiali e delle tecnologie lavorative siano da preferirsi quelle metodiche che danno luogo al minore sviluppo di inquinanti; comunque il loro allontanamento dai posti di lavoro può essere efficacemente effettuato mediante ventilazione, la quale può essere realizzata per via naturale, meccanica o mista. La ventilazione naturale è sufficiente solo là dove l'emissione di inquinanti è molto modesta e dove i locali sono progettati e costruiti per poter sfruttare efficacemente l'effetto dei moti convettivi naturali dell'aria. La ventilazione meccanica può a sua volta essere di tipo localizzato (in genere si tratta di una bocca di aspirazione localizzata sulla fonte di emissione dell'inquinante) o centralizzata per immissione, estrazione od immissione-estrazione contemporanee di aria fresca tendente a diluire, in un grande volume d'aria, gli inquinanti che vengono emanati dal complesso delle lavorazioni effettuate in un locale. La ventilazione meccanica "cosiddetta di diluizione" è da ritenersi sufficiente solo nel caso di basse emissioni di inquinanti e di loro scarsa nocività.

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Risulta di progettazione difficoltosa in quanto dipende da numerosi fattori spesso variabili nell'ambito produttivo (numero e disposizione delle sorgenti di inquinamento, composizione e densità delle polveri, geometria dei locali, influenza delle condizioni climatiche esterne) ed è quasi sempre meno efficiente di quella localizzata e comunque non va dimenticato che solo quest'ultima è pienamente rispondente ai disposti di cui agli artt. 20 e 21 del D.P.R. n° 303/56. La ventilazione generale richiede il trattamento di grandi volumi d'aria ed un dispendio energetico superiore soprattutto nelle stagioni fredde, quando l'aria entro i locali di lavoro può essere riscaldata. A questo proposito si ricorda che il D.M. 23/11/1982 indica alcuni criteri per la ventilazione degli ambienti artigianali e industriali. Lo stesso D.M. indica, come misura preferenziale per il controllo degli inquinanti, la captazione degli stessi in loco. Si può affermare che i criteri che hanno formato la normativa italiana sopra richiamata in materia di igiene del lavoro (D.P.R. n° 303/56) e di contenimento del consumo di energia negli ambienti industriali e artigianali (D.M. 23/11/82) stabiliscono, laddove possibile, il seguente ordine prioritario nei sistemi di captazione degli inquinanti: 1) L'adozione di mezzi di aspirazione localizzata, sia a posto

fisso che mobile, attuabile mediante cappe, aspiratori "a proboscide", aspirazioni collegate all'utensile, ecc.;

2) Infine la ventilazione generale per l'ambiente.

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Dove possibile, è opportuno organizzare o riordinare i posti di lavoro che presentano sviluppo di inquinanti aerei all'interno di ambienti chiusi, in modo da riunirli presso efficaci punti di aspirazione o locali idonei. La velocità dell'aria aspirata decresce rapidamente con l'allontanarsi dalla bocca aspirante; la captazione pertanto sarà più efficace quanto più vicina verrà posta al punto di emissione. B.4.2 Aspirazione delle polveri Poichè le polveri sono prodotte ad alta velocità, è impensabile (e sarebbe comunque inutile) dimensionare l'impianto di aspirazione in modo da assicurare una velocità di cattura delle polveri stesse nel loro punto di emissione pari alla velocità alla quale vengono proiettate nell'ambiente. Occorre piuttosto che il dispositivo di captazione abbia una conformazione tale da racchiudere il più possibile la zona di sviluppo delle polveri, in modo da limitare la dispersione nell'ambiente e da determinare linee di flusso degli inquinanti aspirati tali da non investire l'apparato inalatorio dell'operatore. E' sufficiente che la velocità dell'aria assicurata dall'impianto all'imbocco del dispositivo di captazione garantisca la cattura delle polveri in esso intrappolate. Tale velocità, se il dispositivo di captazione ha conformazione adeguata, è automaticamente garantita da una scelta corretta della velocità dell'aria nelle condotte dell'impianto di aspirazione, tale da impedire la deposizione delle polveri in esse. La velocità dell'aria nelle condotte deve essere mediamente pari a 18-20 m/sec.

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La corrente d'aria deve essere scaricata completamente all'esterno dei locali di lavoro, previo idoneo filtraggio delle polveri. I filtri (ciclone, filtri a maniche, ecc) devono essere racchiusi in carcasse metalliche che impediscano la dispersione delle polveri filtrate nell'ambiente di lavoro. Devono essere assicurati i collegamenti equipotenziali e a terra , fra le condotte metalliche, i dispositivi di captazione ed il complesso dell'impianto di aspirazione, al fine di impedire la formazione di scariche elettrostatiche. B.4.3 Aspirazione di vapori di solventi Bisogna innanzitutto evitare accumuli di prodotti vernicianti e di colle sui banchi e sui pavimenti degli ambienti di lavoro, in quanto in equilibrio con essi è sempre presente un'atmosfera di vapori del solvente infiammabile con concentrazione non solo nociva per la salute dell'addetto ma anche compresa nei limiti di infiammabilità dell'aria. La verniciatura, la lucidatura l'incollaggio e i processi di finitura similari, devono essere effettuati in presenza di idoneo impianto di aspirazione dei vapori dei solventi che si sviluppano. In genere, per lavori di finitura al banco, è del tipo a cappa frontale, mentre per pezzi di dimensioni maggiori consiste in una cabina con parete frontale aperta. La profondità della cabina e la distanza tra imbocco della cabina e parte esterna del pezzo devono essere tali da impedire che l'aerosol della vernice esca fuori della zona ventilata.

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La profondità della cabina deve inoltre permettere la rotazione del pezzo da verniciare sul supporto qualora la stessa sia necessaria per verniciare tutte le facce del pezzo. La velocità dell'aria deve essere fissata in funzione delle dimensioni della cabina. Nelle cabine con apertura inferiore o uguale a 4m2 , la velocità media misurata nella sezione deve essere superiore o uguale a 0.6 m/sec senza alcun punto a velocità inferiore a 0.5 m/sec; nelle cabine con apertura superiore a 4 m2, la velocità media deve essere superiore o uguale a 0.5 m/sec senza alcun punto a velocità inferiore a 0.4 m/sec. L'operatore deve rivolgere la pistola a spruzzo nella direzione e nel verso del flusso d'aria respirata. La corrente d'aria aspirata deve essere scaricata completamente all'esterno dei locali di lavoro previo idoneo abbattimento dei vapori dei solventi. Devono essere presi gli stessi provvedimenti tecnici per la dispersione delle cariche elettrostatiche indicati nell'impianto di aspirazione per le polveri.

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Esempi di impianti di aspirazione ai vari macchinari

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B.5 Servizi Igienici ed Assistenziali 1) L'azienda deve mettere a disposizione almeno un lavandino

ogni cinque dipendenti occupati in un turno; i lavandini collettivi devono disporre di uno spazio di almeno 60 cm. per ogni posto. (Rif. art. 37 D.P.R. n° 303/56)

2) L'azienda deve mettere a disposizione docce individuali

installate in locali distinti per i due sessi. Le docce devono essere fornite di acqua calda e fredda, essere provviste di mezzi detersivi e per asciugarsi; detti locali devono essere scaldati nella stagione fredda. (Rif. art. 38 del D.P.R. n° 303/56)

3) L'azienda deve mettere a disposizione dei lavoratori gabinetti

(WC) che devono rispondere alle norme consigliate dall'ingegneria sanitaria; nelle aziende che occupano lavoratori di sesso diverso, in numero non inferiore alle 10 unità, vi devono essere di regola WC separati per uomini e donne. (Rif. art. 39 D.P.R. n° 303/56)

4) L'azienda deve mettere a disposizione dei lavoratori locali

appositamente destinati ad uso spogliatoio, distinti per i due sessi e convenientemente arredati; detti locali devono essere possibilmente vicini ai locali di lavoro, areati, illuminati,

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ben difesi dalle intemperie e riscaldati durante la stagione fredda. (Rif. art. 40 D.P.R. n° 303/56)

5) Se l'azienda mette a disposizione dei lavoratori un ambiente

destinato ad uso refettorio, questo deve essere separato dall'ambiente di lavoro, ben illuminato, areato, riscaldato nella stagione fredda; il pavimento non deve essere polveroso e le pareti devono essere intonacate ed imbiancate. (Rif. art. 41 D.P.R. n° 303/56)

6) Ai lavoratori deve essere dato il mezzo di conservare in

adatti posti fissi le loro vivande, di riscaldarle e di lavare i relativi recipienti. (Rif. art. 42 1° comma D.P.R. n° 303/56)

7) Le installazioni e gli arredi destinati al refettorio, agli

spogliatoi, ai bagni ed ai WC devono essere mantenuti in stato di scrupolosa pulizia a cura del datore di lavoro.

(Rif. art. 47 1° comma del D.P.R. n° 303/56)

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B.5 Ambiente di lavoro 1) Il locale di lavoro deve avere un' altezza non inferiore ai 3

m, la cubatura dell'ambiente di lavoro non deve essere inferiore a 10 m3 per ogni lavoratore; ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una superficie di almeno 2 m2. (Rif. art. 6 D.P.R. n° 303/56)

2) L'ambiente di lavoro deve essere ben difeso dagli agenti

atmosferici ed avere aperture sufficienti per permettere un rapido ricambio dell'aria, essere ben asciutto e difeso contro l'umidità, avere pavimento e pareti la cui superficie sia sistemata in modo da permettere una facile pulizia. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei locali di lavoro devono essere a tinta chiara. (Rif. art 7 D.P.R. n° 303/56)

3) L'ambiente di lavoro deve essere convenientemente

illuminato con luce naturale diretta. L'illuminazione artificiale deve essere idonea per intensità, qualità e distribuzione delle sorgenti luminose alla natura del lavoro. (Rif. art. 10 D.P.R. n° 303/56)

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4) Nei locali di lavoro chiusi la temperatura deve essere mantenuta entro limiti convenienti alla buona esecuzione dei lavori e ad evitare pregiudizio alla salute dei lavoratori. (Rif. art. 11 D.P.R. n° 303/56)

5) Il datore di lavoro deve mantenere puliti i locali di lavoro,

facendo eseguire la pulizia, per quanto è possibile, fuori dell'orario di lavoro ed in modo da ridurre al minimo il sollevamento della polvere nell'ambiente, oppure mediante aspiratori. (Rif. art. 15 D.P.R. n° 303/56)

6) I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al

passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizione tale da rendere sicuro il movimento ed il transito delle persone e dei mezzi di trasporto. Qualora i passaggi siano destinati al transito delle persone e dei veicoli, la loro larghezza deve essere sufficiente a consentire il passaggio contemporaneo delle une e degli altri. A tale scopo la larghezza del passaggio deve superare di almeno 70 cm. l'ingombro massimo del veicolo. I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolino la normale circolazione. (Rif. art. 8 D.P.R. n° 547/55)

7) Le aperture esistenti nel pavimento dei luoghi di lavoro

devono essere provviste di solide coperture o di parapetti normali atti ad impedire la caduta di persone. (Rif. art. 10 D.P.R. n° 547/55)

8) Le porte dei locali devono per numero ed ubicazione,

consentire la rapida uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro. Quando

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in uno stesso locale i lavoratori siano superiori a 25 unità ed in ogni caso quando le lavorazioni ed i materiali presentino pericoli di esplosione ed incendio e siano adibiti nel locale stesso più di 5 lavoratori, almeno una porta, rispettivamente ogni 25 o 5 lavoratori deve essere apribile verso l'esterno. (Rif. art. 13 D.P.R. n° 547/55)

C. DISPOSIZIONI GENERALI C.1 Prevenzione Incendi Le falegnamerie che hanno al loro interno le attività elencate nel D.M. 16/02/82 e nel D.P.R. n° 689/59 emessi ai sensi dell'art. 36 D.P.R. n° 547/55 e di seguito elencate, sono soggette al controllo del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco (VV.FF.): -- stabilimenti e laboratori per la lavorazione del legno con

materiale in lavorazione e/o in deposito sopra i 50 q.li; -- reparti di verniciatura a spruzzo con solventi infiammabili

con oltre cinque addetti. 1) I titolari di queste attività devono richiedere al competente

Comando dei Vigili del Fuoco l'esame del progetto dell'insediamento fornendo tutta la documentazione necessaria.

2) Avuto il nulla-osta sul progetto, al termine dei lavori di

insediamento dell'azienda, dovrà essere richiesto il collaudo dei Vigili del Fuoco al seguito del cui esito positivo verrà rilasciato il Certificato di Prevenzione Incendi (C.P.I.); il

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rinnovo del Certificato di Prevenzione Incendi deve essere comunque richiesto dalla ditta prima della relativa scadenza indicata sul documento stesso.

3) Ogni progetto di modifica nella lavorazione, nella struttura o

di variazioni qualitative o quantitative dell'attività, deve essere sottoposto al nulla-osta dei VV.FF. secondo la procedura sopra descritta.

4) Quando sia presente anche una sola delle attività di cui sopra

è inoltre obbligatorio l'impianto di protezione contro le scariche atmosferiche da progettarsi secondo le normative tecniche C.E.I. (Rif. art. 38 D.P.R. n° 547/55).

5) I datori di lavoro devono dotarsi di estintori idonei al tipo di

incendio da spegnere. I mezzi antincendio fissi e/o mobili, devono essere messi in posizioni facilmente e rapidamente raggiungibili in qualsiasi occasione di emergenza; tali postazioni devono essere segnalate con appositi cartelli ben visibili da ogni punto dell'ambiente di lavoro. Sono da preferirsi gli estintori manuali con maniglia di facile azionamento.

Gli estintori devono essere mantenuti in efficienza e controllati da personale esperto almeno una volta ogni sei mesi. (Rif. art. 34 D.P.R. n° 547/55).

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C.2 Segnaletica di sicurezza All'interno dell'azienda devono essere esposti cartelli di segnalazione di sicurezza e antinfortunistica onde informare i lavoratori dei rischi derivanti dalle lavorazioni e dell'uso di strumenti atti a prevenirli. (Rif. D.P.R. n° 524/82) (Norme U.N.I. 7544) La segnaletica di sicurezza non sostituisce in nessun caso le necessarie misure di protezione e la sua efficacia è direttamente proporzionale all'informazione che i lavoratori hanno ricevuto in merito. C.2.1 Cartelli di divieto I cartelli di divieto sono circolari con bordo rosso e barra diagonale rossa su fondo bianco ed indicano in figura l'oggetto del divieto. C.2.2 Cartelli d'obbligo

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I cartelli di obbligo sono circolari con fondo blu ed il disegno raffigurante l'oggetto dell'obbligo in colore bianco. C.2.3 Cartelli di pericolo I cartelli di pericolo sono a forma di triangolo equilatero con fondo giallo, bordo nero, contorno perimetrale giallo ed il simbolo raffigurante l'oggetto del pericolo in colore nero. C.2.4 Cartelli di salvataggio e informazione I cartelli di salvataggio e informazione sono a forma quadrangolare o rettangolare. -- Salvataggio: hanno fondo verde ed il simbolo raffigurante l'oggetto dell'indicazione di colore bianco -- Informazione: hanno fondo azzurro ed il simbolo raffigurante l'oggetto dell'indicazione di colore bianco C.2.5 Cartelli per materiali antincendio I cartelli di antincendio sono a forma quadrangolare o rettangolare con fondo rosso ed il simbolo raffigurante l'oggetto dell'indicazione di colore bianco. C.2.6 Cartelli di istruzione -- cartello indicante i soccorsi d'urgenza da portarsi ai colpiti da corrente elettrica (all'interno di cabine elettriche ove esistenti)

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-- cartello indicante le norme per l'impiego dei mezzi di sollevamento ed i segnali prestabiliti per l'esecuzione delle manovre (ove esistenti) C.3 Mezzi di protezione individuali E' fuori dubbio che l'intervento prioritario più efficace per la salvaguardia della salute del lavoratore è la riduzione dei fattori di rischio alla fonte, fino a raggiungere livelli tali da non recare danno. L'uso del mezzo di protezione personale, può talora sembrare "l'accettazione" di un rischio, in contrasto con il concetto di prevenzione che gli stessi artt. 20 e 21 del D.P.R. n° 303/56 sottolineano. In essi si prevede infatti l'adozione di tutti quei provvedimenti tecnici ed impiantistici atti ad impedire che nell'ambiente di lavoro possa determinarsi la diffusione di sostanze nocive. Esistono tuttavia situazioni lavorative in cui è attualmente impossibile, dal punto di vista tecnico, ridurre od eliminare alla fonte l'inquinante ambientale; in questi casi l'uso del mezzo di protezione individuale costituisce un indispensabile mezzo di prevenzione.

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La legge stessa inoltre prevede l'uso del mezzo protettivo qualora "manchino o siano insufficienti i mezzi tecnici di protezione". Per mezzi di protezione individuali si intende l'insieme di quei dispositivi e/o apparecchiature in grado di proteggere da lesioni, dagli effetti dannosi per la salute, a breve o lungo termine, connessi con l'esposizione ai fattori di rischio, presenti negli ambienti di lavoro. I mezzi di protezione individuale si possono suddividere nelle seguenti categorie: -- di prevenzione antinfortunistica; -- di igiene industriale. Nel primo caso ci si riferisce alla protezione di quelle parti del corpo che possono venire a contatto con corpi contundenti (urti meccanici), Nel secondo caso ci si riferisce, invece, alla protezione nei confronti dell'esposizione ad inquinanti ambientali di natura Chimica (polveri e vapori) o Fisica (rumore, microclima). C.3.1 Filtri Costituiscono l'elemento d'arresto dell'inquinante sia esso solido che liquido. I filtri sono suddivisi in antigas, antipolvere e combinati. I filtri ANTIGAS proteggono da specifici gas o vapori nocivi. Sono raggruppati secondo la norma U.N.I. 8962, in quattro tipi normali (A, B, E, K,) e diversi tipi speciali (Hg, CO, NO, ecc.). I filtri ANTIPOLVERE, in funzione della loro efficienza filtrante, sono suddivisi (norma U.N.I. 8963) nelle classi P1

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(per polveri inerti, con rendimento di separazione 20%), P2 (per polveri nocive, con rendimento di separazione 6%) e P3 (per polveri tossiche, con rendimento di separazione 0.05%). I filtri COMBINATI racchiudono in un unico dispositivo un elemento antipolvere ed uno antigas; sono marcati indicando il tipo e la classe del filtro antigas seguiti dall'indicazione della classe dell'elemento antipolvere. C.3.2 Protettori acustici individuali S'intende con questo termine un mezzo capace di ridurre la quantità di energia sonora in arrivo alle strutture nervose dell'orecchio interno. Un protettore auricolare deve essere dotato di requisiti particolari per essere considerato valido; in particolare deve fornire una sufficiente attenuazione del rumore, non arrecare eccessivo disturbo o irritazione cutanea, deve essere di facile uso. In ogni caso è opportuno che venga fornita una possibilità di scelta, tra i diversi tipi di protettori, in modo che il lavoratore possa disporre del modello meglio tollerato a parità di attenuazione del rumore. Per tollerabilità deve intendersi il minor numero di effetti fastidiosi quali la persistenza di materiale nel condotto uditivo, l'azione irritante, la difficoltà d'impiego, il peso, l'ingombro, non ultimo ad es. la possibile comparsa di cefalea nell'uso della cuffia.

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I protettori possono essere distinti in: A) Cuffie Sono formate da auricolari esterni che coprono completamente i padiglioni auricolari e sono mantenuti pressati da un archetto metallico passante sopra il vertice o dietro la nuca o sotto il mento. A seconda delle caratteristiche forniscono un'attenuazione compresa tra 13 e 43 dB a seconda delle frequenze interessate. B) Inserti Questi protettori sono inseriti all'interno del canale uditivo esterno e realizzano una attenuazione compresa tra 5 e 42 dB a seconda delle frequenze interessate. Si possono distinguere tre diversi tipi:

1) sagomati, secondo la forma del condotto uditivo (gomma e

plastica);

2) non sagomati (cotone, cotone misto a cera);

3) capaci di attenuazione selettiva.

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C.4 Rumore - D. L.vo n° 277 I titolari delle falegnamerie già in attività devono avere eseguito una valutazione dell'esposizione al rischio rumore entro il 4 Ottobre 1992 (data di scadenza dell'ultima proroga). Per le imprese che intraprendono nuove attività lavorative la valutazione dovrà essere effettuata non prima di 90 giorni dalla data dell'effettivo inizio dell'attività e non oltre 180 giorni dalla data medesima. A seconda dei livelli di esposizione rilevati il datore di lavoro dovrà attuare le disposizioni di legge impartite dal Decreto stesso.

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Si precisa che per "medico competente", che ritroveremo in alcuni punti del protocollo, si intende un medico che sia in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti: --specializzazione in medicina del lavoro; --specializzazione in medicina preventiva dei lavoratori e

psicotecnica; --specializzazione in tossicologia industriale o specializzazione

equipollente; --docenza in medicina del lavoro; --docenza in medicina preventiva dei lavoratori; --docenza in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica; --docenza in tossicologia industriale; --docenza in igiene industriale; --docenza in fisiologia e igiene del lavoro; --libera docenza nelle discipline suddette; (Rif. art. 3 lett. c) D.L.vo n° 277/91) --medico generico autorizzato dalla Regione in base alla

Circolare Ministero della Sanità n° 3 del 08/02/92; 1) Il datore di lavoro deve eseguire una valutazione del rischio,

in modo da controllare l'esposizione dei lavoratori, mediante misura del rumore al fine di: -- identificare i lavoratori ed i luoghi di lavoro considerati

dal decreto -- attuare le misure preventive e protettive. (Rif. art. 40 1°

comma) 2) Il datore di lavoro deve mettere in atto misure tecniche,

organizzative, procedurali in modo da ridurre al minimo i rischi derivanti dall'esposizione a rumore privilegiando gli interventi alla fonte e tenendo conto del progresso tecnico e pertanto:

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-- il livello minimo di rischio deve essere garantito sia per gli impianti esistenti, sia nella progettazione, costruzione e realizzazione di nuovi impianti, macchine , apparecchiature sia negli ampliamenti che modifiche sostanziali di fabbriche e di impianti esistenti;

-- all'atto dell'acquisto devono essere privilegiati gli utensili,

le macchine e le apparecchiature che producono il più basso livello di rumore;

-- le misure tecniche adottate non devono causare rischi per

la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno.

(Rif. artt. 41 1° comma e 46 1° e 3° comma) 3) Il datore di lavoro deve permettere al lavoratore di verificare

l'applicazione delle misure di tutela predisposte. (Rif. art. 5 1° comma lett. c)

4) Il datore di lavoro deve disporre ed esigere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle disposizioni aziendali e delle norme di legge. (Rif. art. 5 1° comma lett. f)

5) Il datore di lavoro deve esigere l'osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal decreto, informandolo sui procedimenti produttivi. (Rif. art. 5 1° comma lett. g)

6) Se verosimilmente si ritiene che i valori del livello di

rumorosità superi gli 80 dB(A) si devono effettuare i rilievi dei livelli di esposizione. (Rif. art. 40 2° comma)

7) I rilievi effettuati per individuare il livello di esposizione dei

lavoratori devono essere:

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-- programmati e ripetuti ad opportuni intervalli -- concordati con i lavoratori -- ripetuti ad ogni mutamento delle lavorazioni (introduzione

e/o sostituzione di macchine, variazione del ciclo tecnologico)

-- effettuati con metodi e strumentazioni adeguati. (Rif. art. 40 3°,4°,5° e 7° comma)

8) Il datore di lavoro deve redigere e tenere a disposizione il

registro dei livelli di esposizione. (Rif. art. 40 6° comma)

9) Il datore di lavoro deve informare i lavoratori che hanno una esposizione giornaliera fra 80 dB(A) e 85 dB(A) su:

-- rischi derivanti all'udito dall'esposizione a rumore; -- misure ed interventi adottati; -- misure a cui i lavoratori devono conformarsi; -- funzione dei mezzi individuali di protezione; -- significato e ruolo del controllo sanitario; -- risultati della valutazione del rischio; (Rif. artt. 42 1° comma, 5 1° comma lett. b) e 49 3° comma

lett. i) 10) Il datore di lavoro può estendere il controllo sanitario ai

lavoratori che hanno una esposizione giornaliera fra 80 dB(A) e 85 dB(A) su richiesta degli stessi (previa conferma del medico competente). (Rif. art. 44 4° comma)

11) Il datore di lavoro deve formare i lavoratori che hanno una

esposizione giornaliera fra 85 dB(A) e 90 dB(A) su:

-- uso corretto dei mezzi protettivi individuali dell'udito; -- uso corretto delle macchine, utensili, attrezzature, ai fini

della riduzione al minimo dei rischi per l'udito.

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(Rif. artt. 42 2° comma, 5 1° comma lett. e) 12) Il datore di lavoro deve fornire ai lavoratori che hanno una

esposizione giornaliera fra 85 dB(A) e 90 dB(A) mezzi individuali di protezione all'udito; tali mezzi devono essere: -- adattati al singolo lavoratore ed alle sue condizioni di

lavoro; -- adeguati (mantenere il livello di rischio < 90 dB(A)); -- scelti concordemente con i lavoratori. (Rif. artt. 43 1°, 2°, 3° e 6° comma, 5 1° comma lett. d)

13) Il datore di lavoro deve sottoporre i lavoratori che hanno

una esposizione giornaliera fra 85 dB(A) e 90 dB(A) a controllo sanitario comprendente: -- visita medica preventiva con esame della funzione

uditiva; -- visita medica periodica con esame della funzione uditiva

di cui la prima é effettuata non oltre 1 anno dopo la visita preventiva; la frequenza delle visite successive è stabilita dal medico competente, ma in ogni caso non deve essere superiore a 2 anni;

-- custodire le cartelle sanitarie e di rischio. (Rif. artt. 7 1° e 3° comma, 42 2° comma, 44 2° e 3° comma)

14) Il datore di lavoro deve comunicare all'organo di vigilanza le misure tecniche ed organizzative applicate o che si intendono applicare al fine di ridurre al minimo i rischi per l'udito per i lavoratori che hanno una esposizione giornaliera maggiore di 90 dB(A); tale comunicazione deve avvenire entro 30 giorni dalla data di accertamento del superamento. (Rif. art. 45 1° comma)

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15) Il datore di lavoro deve comunicare ai lavoratori che hanno una esposizione giornaliera maggiore di 90 dB(A) le misure adottate per ridurre al minimo i rischi per l'udito. (Rif. art. 45 1° comma)

16) Il datore di lavoro deve individuare con segnalazione

appropriata i luoghi che comportano esposizioni superiori a 90 dB(A), perimetrare e sottoporre a limitazione di accesso i luoghi suddetti. (Rif. art. 41 2° e 3° comma)

17) Il datore di lavoro deve disporre ed esigere dai lavoratori

che hanno una esposizione giornaliera maggiore di 90 dB(A) l'uso dei mezzi individuali di protezione dell'udito; ovviare con mezzi appropriati se l'utilizzo dei mezzi protettivi individuali comporta rischio di incidente. (Rif. artt. 5 1° comma lett. f) e 43 4° e 5° comma)

18) Il datore di lavoro deve sottoporre i lavoratori che hanno

una esposizione giornaliera maggiore di 90 dB(A) a controllo sanitario preventivo e periodico con frequenza massima annuale. (Rif. art. 44 1° e 3° comma)

19) Il datore di lavoro deve istituire ed aggiornare un registro

nominativo degli esposti per i lavoratori che hanno una esposizione giornaliera maggiore di 90 dB(A); copia del registro deve essere consegnata all'U.S.L. e all'I.S.P.E.S.L. competenti per territorio che verrà aggiornato ogni 3 anni comunicando le variazioni intervenute compresa la cessazione del rapporto di lavoro o dell'attività dell'impresa. (Rif. art. 49 1°, 2° e 3° comma lett. a), b), c) e d)

20) Il datore di lavoro deve comunicare ai lavoratori, tramite

medico competente, le relative annotazioni individuali contenute nel registro degli esposti e nella cartella sanitaria

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e di rischio, i dati relativi a ciascun singolo lavoratore sono riservati. (Rif. art. 49 3° comma lett. f) e 4° comma)

21) Il datore di lavoro deve richiedere all'I.S.P.E.S.L. o alla

USL le annotazioni individuali in caso di assunzione di lavoratori. (Rif. art. 49 3° comma lett. e)

C.5 Nuovi insediamenti produttivi, ristrutturazioni,

trasferimenti o ampliamenti (G.O.N.I.P.) Nel caso in cui un imprenditore intenda procedere alla realizzazione di un nuovo insediamento produttivo dovrà

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ottenere, da parte del Sindaco del Comune in cui l'entità produttiva sarà ubicata, la relativa concessione edilizia. Anche nel caso in cui intenda modificare in modo significativo la struttura edilizia od i cicli di produzione od intenda aggiungere macchine od attrezzature di lavoro dello stabilimento presso cui già opera, dovrà ottenere dal Sindaco la relativa autorizzazione. Con il termine "modifiche significative" si intende la realizzazione all'interno della propria azienda di qualunque opera muraria che crei od elimini divisioni tra i reparti di lavoro, le attrezzature, modificando spazi, volumi ed altezze. In tutti questi casi il Sindaco, autorità a cui è affidato il rilascio delle concessioni, richiede all'Unità Sanitaria Locale un parere sanitario al fine di valutare se quanto proposto dall'imprenditore risponda alle esigenze di tutela dell'ambiente e di difesa della salute della popolazione e dei lavoratori interessati. Al fine di esprimere questi pareri sanitari, l'Unità Sanitaria Locale n° 3 "Versilia" ha istituito un Gruppo Operativo per i Nuovi Insediamenti Produttivi (G.O.N.I.P.) per l'esame dei vari progetti presentati. Detto gruppo di lavoro è costituito dai tecnici dei Servizi di Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (S.P.I.S.L.L.) e dal Servizio di Sanità Pubblica e Tutela dell'Ambiente (S.P.T.A.). L'imprenditore può rivolgersi ai competenti Uffici Comunali od alla segreteria del G.O.N.I.P. presso il Servizio di S.P.T.A. (vedasi indirizzi) per richiedere la modulistica Regionale, che opportunamente compilata e integrata con le

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documentazioni richieste (es. planimetrie, schede tecniche, ecc.), dovrà essere inoltrata per richiedere l'autorizzazione. Tale documentazione vale anche quale notifica ai sensi dell'art. 48 del D.P.R. n° 303/56. Inoltre allorquando l'imprenditore voglia iniziare a svolgere la propria attività lavorativa in locali ed impianti in regola con i regolamenti comunali, deve ottenere dal Sindaco del Comune in cui l'attività è ubicata, il nulla-osta. Il Sindaco rilascerà detto nulla-osta sentito il parere favorevole dell'Unità Sanitaria Locale. (Rif. art. 20 lettera f) Legge n° 833/78) (Rif. Delibera Giunta Regionale n° 7490 del 30/8/91) (B.U.R.T. n° 63 del 6/11/91) C.6 Accertamenti Sanitari Preventivi e Periodici

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I lavoratori addetti a lavorazioni a rischio devono essere sottoposti a visita medica sia prima di essere addetti a quelle lavorazioni (visita d'idoneità), sia successivamente (periodicamente) con frequenza regolare (trimestrale, semestrale, annuale) come da artt. 33 e 34 del D.P.R. n° 303/56. Le visite devono essere eseguite da un "medico competente" e devono essere integrate da accertamenti complementari mirati ai rischi specifici delle singole lavorazioni. Per il rischio rumore la normativa di riferimento è il D.Lvo 277/91 (vedi capitolo C.4) Gli accertamenti sanitari sono a carico del datore di lavoro, e così pure il tempo che il lavoratore impiega per eseguirli va inteso all'interno dell'orario di lavoro. La scelta del medico o delle strutture in cui effettuare le visite è di pertinenza del datore di lavoro in accordo con le organizzazioni dei lavoratori. Il medico addetto deve rispettare il segreto professionale: all'azienda deve essere comunicato solo se il lavoratore è idoneo o no per la specifica mansione, e l'eventuale malattia professionale riscontrata ai fini della denuncia I.N.A.I.L. Tutti gli altri dati sanitari sono riservati, e la documentazione deve essere conservata in luogo chiuso a chiave e accessibile solo al medico. Ai lavoratori deve essere fornita, oltre ad una esauriente spiegazione verbale di quanto riscontrato, copia della

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documentazione sanitaria (inclusi i referti degli esami, ecc.) che li riguarda. Le visite mediche devono essere effettuate non solo ai lavoratori che eseguono le lavorazioni a rischio, ma anche a quelli che, pur non eseguendole, si trovino nello stesso ambiente e siano esposti agli stessi rischi. Principali fattori di rishio per mansione: A) Verniciatori -- idrocarburi benzenici (p. 33 tab. all. DPR 303/56; p. 30 tab. all. DPR 482/75); -- isocianati (p. 18 tab. all. DPR 303/56; p. 49 tab. all. DPR 482/75); -- derivati alogenati idrocarburi alifatici (p. 38 tab. all. DPR 303/56; p. 36 tab. all. DPR 482/75); -- acetone e derivati (p. 39 tab. all. DPR 303/56; p. 37 tab. all. DPR 482/75); -- alcooli (p. 40 tab. all. DPR 303/56; p. 25 tab. all. DPR 482/75); -- esteri (p. 41 tab. all. DPR 303/56; p. 38 tab. all. DPR 482/75); -- rumore (v. D. L.vo 277/91);

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B) Falegnami -- formaldeide (p. 39 tab. all. DPR 303/56; p. 39 tab. all. DPR 482/75); -- polveri di legni esotici (p. 48 tab. all. DPR 482/75); -- rumore (v. D. L.vo 277/91); Alcune tipologie di lavoro espongono ad altri fattori di rischio quali vibrazioni e onde elettromagnetiche.

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C.7 Apprendistato, tutela dei minori Nelle falegnamerie non è ammessa l'occupazione dei minori di 15 anni. Il minore con qualifica di apprendista può essere assunto all'età di 14 anni se ha ottemperato alla scuola dell'obbligo (terza media). L' occupazione nelle falegnamerie dei fanciulli e degli adolescenti con o senza la qualifica di apprendista che non abbiano compiuto 16 anni è vietata nelle seguenti mansioni (DPR 432/76 art.2) salvo autorizzazione degli organi competenti (DPR 432/76 art.3):

-- lavori comportanti la preparazione e l'impiego dei prodotti

contenenti molti dei più comuni solventi;

-- lavori di verniciatura e coloritura a spruzzo;

-- lavorazione meccanica di legni esotici;

-- lavorazioni di levigatura con mezzi meccanici;

-- lavoro alle seghe circolari o a nastro. Compiuti i 16 anni i minori e/o gli apprendisti possono essere adibiti a tutte le mansioni (fatto salvo controindicazioni soggettive di carattere sanitario). Le visite preventive e periodiche per i minori e per i giovani dai 18 ai 21 anni, con o senza la qualifica di apprendista, devono essere eseguite a cura e spesa del datore di lavoro presso il Servizio di P.I.S.L.L. dell'U.S.L. (Circolare Regione Toscana del 08/03/94)

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I controlli periodici dovranno essere effettuati con le cadenze previste di legge come già richiamato al paragrafo C.6. Per i minori dovranno comunque essere rispettate le norme relative al sollevamento e al trasporto di pesi, al lavoro notturno, all'orario di lavoro, ai riposi intermedi settimanali, alle ferie annuali. (Rif. artt. dal 14 al 23 L. n° 977/67).

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C.8 Infortuni sul lavoro e malattie professionali.

Adempimenti delle aziende. C.8.1 Infortuni L'azienda deve tenere un registro nel quale siano annotati cronologicamente tutti gli infortuni occorsi ai lavoratori dipendenti che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni compreso quello dell'evento. (Rif. art. 403 D.P.R. n° 547/55) Il registro conforme a quanto indicato dal D.M. 12/09/58 deve essere vidimato dal Servizio di P.I.S.L.L. della U.S.L. competente per territorio. (Rif. art. 2 comma 2° D.M. 19/09/58) Il registro deve essere conservato almeno per quattro anni dall'ultima registrazione e, se non usato, dalla data in cui fu vidimato. (Rif. art. 2 comma 4° del D.M. 12/09/58) Il datore di lavoro deve, entro due giorni dalla data di accadimento dell'infortunio, denunciare all'I.N.A.I.L. e all'Autorità di Pubblica Sicurezza gli infortuni sul lavoro con prognosi superiore a tre giorni. Se l'infortunato è il titolare stesso e per cause di forza maggiore (es. ricovero ospedaliero) è impossibilitato ad inoltrare la denuncia all'I.N.A.I.L., lo stesso la deve presentare entro due giorni dal momento in cui è in grado di presentarla.

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C.8.2 Malattie professionali Nel caso in cui un medico (ad esempio il sanitario che esegue gli accertamenti sanitari periodici) riconosca un lavoratore affetto da una malattia la cui causa è o possa essere in relazione con la lavorazione cui è stato adibito, ha l'obbligo, di redigere il "primo certificato medico" e di consegnarne copia al datore di lavoro. Inoltre dovrà inoltrare la relativa denuncia della malattia professionale al Servizio di P.I.S.L.L. ed in base all'art. 365 del Codice Penale, inoltrare "referto" all'Autorità Giudiziaria. Il datore di lavoro, entro cinque giorni dal momento in cui è venuto a conoscenza del certificato medico, ha l'obbligo di inoltrare la relativa denuncia di malattia professionale alla sede I.N.A.I.L. competente per territorio (Rif. D.P.R. n° 1124/65).

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D. RUOLO DEGLI ENTI PREPOSTI AL CONTROLLO -

VERIFICHE - OMOLOGAZIONI - Premessa - D.1 - I.S.P.E.S.L. - D.2 - U.S.L. Servizio Multizonale Prevenzione - D.3 - U.S.L. Servizio Sanità Pubblica e Tutela dell'Ambiente - D.4 - U.S.L. Servizio Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di

Lavoro - D.5 - Comando dei Vigili del Fuoco VV.FF. - D.6 - Ispettorato del Lavoro

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Premessa Con l'entrata in vigore della Legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (Legge n° 833/78) vi è stata una ridefinizione delle competenze dei diversi organismi deputati al controllo ed alla vigilanza in materia di igiene e sicurezza del lavoro. In attesa di una completa attuazione dei Decreti Legislativi n° 502 del 30/12/1992 "Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della L. 23/10/1992 n° 421" e n° 507 del 07/12/1993 "Modificazioni al Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n° 502, recante riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della L. 23/10/1992, n° 421" e della Legge Regionale n° 30 del 28 maggio 1994 "Norme per il riordino del servizio sanitario regionale", riteniamo cosa utile riportare sinteticamente le funzioni dei diversi Enti che attualmente a vario titolo svolgono competenze in materia ed i loro relativi indirizzi.

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D.1 I.S.P.E.S.L. L'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (I.S.P.E.S.L.) ha assunto i poteri omologativi e di prima verifica degli apparecchi di sollevamento e degli apparecchi in pressione. Indirizzo : I.S.P.E.S.L. Sede Provinciale di Lucca Via Buonamici n° 9 55100 LUCCA Tel. 0583/56366

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D.2 U.S.L. Servizio Multizonale di Prevenzione L'Unità Operativa di Ingegneria Impiantistica del Servizio Multizonale di Prevenzione (S.M.P.) ha (al momento in attesa dell'albo dei professionisti addetti alle verifiche di legge) il compito di effettuare le verifiche relative agli impianti di messa a terra, agli impianti contro le scariche atmosferiche e delle installazioni elettriche in luoghi pericolosi. Inoltre effettua le verifiche periodiche relative agli apparecchi di sollevamento ed agli apparecchi a pressione. Indirizzo: S.M.P. U. O. Ingegneria Impiantistica

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Via di Tiglio loc. Carraia 55012 Capannori (LUCCA) Tel. 0583/980675 - 980157 D.3 U.S.L. Servizio Sanità Pubblica e Tutela dell'Ambiente Le funzioni del Servizio Sanità Pubblica e Tutela dell'Ambiente (S.P.T.A.) per quanto riguarda gli insediamenti industriali, sono così riassumibili,: -- controllo delle emissioni in atmosfera (es. emissione dagli

impianti di verniciatura); -- controllo degli scarichi liquidi; -- controllo dei rifiuti solidi urbani, speciali, tossici e nocivi (es.

residui di verniciatura, solventi,);

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-- controllo delle emissioni di rumore; Indirizzo : S.P.T.A. Via Lepanto n° 104 55049 Viareggio (LU)

Tel. 0584/50054 - 50254 Fax. 407214 D.4 U.S.L. Servizio Prevenzione Igiene e Sicurezza nei

Luoghi di Lavoro Le funzioni del Servizio Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (S.P.I.S.L.L.) possono essere così schematizzate : -- individuare, accertare e controllare i fattori di nocività negli

ambienti di lavoro; -- indicare misure idonee per eliminare i fattori di rischio e

risanare gli ambienti di lavoro;

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-- verificare l'applicazione delle leggi in materia di igiene e sicurezza del lavoro;

-- verificare la compatibilità dei progetti di insediamenti

produttivi con la tutela dell'ambiente e la salute della popolazione.

Gli interventi negli ambienti di lavoro possono essere attuati: -- su iniziativa del Servizio per la costruzione di mappe di

rischio, per piani mirati di prevenzione, per interventi su problemi specifici emergenti in alcuni ambienti di lavoro;

-- su richiesta dei lavoratori, dei datori di lavoro per rischi

specifici, per il controllo e la verifica della validità dei progetti di bonifica realizzati;

-- per ordine della Magistratura, per l'attuazione di istruttorie

tecniche e di Polizia Giudiziaria (inchieste infortuni e di malattie professionali).

Il Servizio svolge inoltre : -- attività di consulenza specialistica igienico-ambientale ed

impiantistica; -- controllo e coordinamento degli accertamenti sanitari

periodici; -- visite preventive e periodiche per apprendisti; -- consulenza sanitaria specialistica su singoli casi.

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Indirizzo : S.P.I.S.L.L. Via Garibaldi 92 55045 Pietrasanta (LU) Tel. 0584/791598 Fax. 0584/792065 D.5 Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco VV.FF. In base all'art. 14 del D.P.R. n° 577/82, i Vigili del Fuoco provvedono, per gli insediamenti industriali soggetti al controllo della prevenzione incendi, alla verifica ed alla rispondenza delle norme e dei criteri tecnici della prevenzione incendi al fine del rilascio del Certificato di Prevenzione Incendio. In tale ambito è compreso anche il rinnovo del Certificato di Prevenzione Incendi.

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Indirizzo : Comando Vigili del Fuoco Via Barbantini 55100 Lucca Tel. 0583/91276 D.6 Ispettorato del Lavoro Per effetto della Legge n° 833/78 gli Ispettorati hanno perso la competenza per i problemi strettamente legati all'igiene e sicurezza del lavoro, con alcune eccezioni. Conservano invece i compiti relativi alla sorveglianza sulla corretta attuazione della normativa sulle relazioni tra datore di lavoro e prestatore d'opera. Indirizzo : Ispettorato del Lavoro sede provinciale di Lucca Via Gramsci 3 55100 Lucca Tel. 0583/955093-4