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MANUALE DI CORRETTA PRASSI IGIENICA Riferimenti normativi L’HACCP è raccomandata a livello mondiale dall’OMS, in un’opera che si chiama Codex Alimentarius. Quest’opera di riferimento serve come base per definire le esigenze sanitarie dei prodotti alimentari nel quadro complesso degli scambi commerciali internazionali (accordi del GATT). In questi ultimi anni; il principio d’individuazione e di controllo dei punti critici, è stato progressivamente introdotto in diverse Direttive Comunitarie relative ai prodotti alimentari e più precisamente nei seguenti dispositivi: Direttiva igiene 93/43/CEE del 14 giugno 1993, pubblicata sulla G.U.C.E. il 19 luglio 1993, relativa all’igiene delle derrate alimentari; Linee guida per l’applicazione del sistema dell’analisi del rischio – Punti critici di controllo (HACCP) del Codex Alimentarius (Alinorm 93/13°, allegato 2), 20; Circolare del Ministero della Sanità del 28 luglio 1995, pubblicata sulla G.U.R.I. n.186 del 10.8.1995. La Direttiva 93/43/CEE del Consiglio relativa all’igiene dei prodotti alimentari del 14 giugno 1993 - G.U.CEE N°L175 del 19 luglio 1993 ha consolidato in maniera definitiva l’impiego dell’HACCP. In effetti, la Direttiva stabilisce che: <<Le industrie del settore alimentare individuano nelle loro attività ogni fase che potrebbe rivelarsi critica per la salubrità degli alimenti e garantiscono che siano individuate, applicate, mantenute e aggiornate le opportune procedure di sicurezza avvalendosi dei principi su cui è basato il sistema HACCP).>> Eopportuno precisare che questa Direttiva si applica senza pregiudizio dei testi più specifici; in altre parole, tutte le Aziende operanti nel settore alimentare debbono far riferimento ai principi dell’HACCP. Riassumendo si può dire che: o L’HACCP è un metodo riconosciuto a livello mondiale, è raccomandato dall’OMS e serve come riferimento nel quadro degli accordi GATT. o L’HACCP è un metodo che deve essere obbligatoriamente applicato dalle Aziende alimentari Europee, in tutti i Paesi membri dell’UE. Definizioni Ai fini di una corretta prassi igienica di produzione di un alimento si possono ricordare le seguenti definizioni: Igiene dei prodotti alimentari. - Tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza e l’integrità dei prodotti alimentari. HACCP. – Sistema che permette di individuare i pericoli specifici, di valutarli e di stabilire le misure preventive per controllarli. Analisi dei pericoli. – Procedura che ha lo scopo di individuare i potenziali pericoli significativi; dove la significatività è data dalla combinazione di due fattori: la probabilità che il pericolo si verifichi e la gravità del danno.

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MANUALE DI CORRETTA PRASSI IGIENICA

Riferimenti normativi

L’HACCP è raccomandata a livello mondiale dall’OMS, in un’opera che si chiama Codex Alimentarius. Quest’opera di riferimento serve come base per definire le esigenze sanitarie dei prodotti alimentari nel quadro complesso degli scambi commerciali internazionali (accordi del GATT). In questi ultimi anni; il principio d’individuazione e di controllo dei punti critici, è stato progressivamente introdotto in diverse Direttive Comunitarie relative ai prodotti alimentari e più precisamente nei seguenti dispositivi:

Direttiva igiene 93/43/CEE del 14 giugno 1993, pubblicata sulla G.U.C.E. il 19 luglio 1993, relativa all’igiene delle derrate alimentari;

Linee guida per l’applicazione del sistema dell’analisi del rischio – Punti critici di controllo (HACCP) del Codex Alimentarius (Alinorm 93/13°, allegato 2), 20;

Circolare del Ministero della Sanità del 28 luglio 1995, pubblicata sulla G.U.R.I. n.186 del 10.8.1995.

La Direttiva 93/43/CEE del Consiglio relativa all’igiene dei prodotti alimentari del 14 giugno 1993 - G.U.CEE N°L175 del 19 luglio 1993 ha consolidato in maniera definitiva l’impiego dell’HACCP. In effetti, la Direttiva stabilisce che:

<<Le industrie del settore alimentare individuano nelle loro attività ogni fase che potrebbe rivelarsi critica per la salubrità degli alimenti e garantiscono che siano individuate, applicate, mantenute e aggiornate le opportune procedure di sicurezza avvalendosi dei principi su cui è basato il sistema HACCP).>>

E′ opportuno precisare che questa Direttiva si applica senza pregiudizio dei testi più specifici; in altre parole, tutte le Aziende operanti nel settore alimentare debbono far riferimento ai principi dell’HACCP.

Riassumendo si può dire che: o L’HACCP è un metodo riconosciuto a livello mondiale, è raccomandato dall’OMS e serve

come riferimento nel quadro degli accordi GATT. o L’HACCP è un metodo che deve essere obbligatoriamente applicato dalle Aziende

alimentari Europee, in tutti i Paesi membri dell’UE.

Definizioni Ai fini di una corretta prassi igienica di produzione di un alimento si possono ricordare le seguenti definizioni: Igiene dei prodotti alimentari. - Tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza e l’integrità dei prodotti alimentari. HACCP. – Sistema che permette di individuare i pericoli specifici, di valutarli e di stabilire le misure preventive per controllarli. Analisi dei pericoli. – Procedura che ha lo scopo di individuare i potenziali pericoli significativi; dove la significatività è data dalla combinazione di due fattori: la probabilità che il pericolo si verifichi e la gravità del danno.

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Pericolo. – Fonte potenziale di contaminazione di natura biologica, fisica o chimica tale da rendere un alimento dannoso per la salute del consumatore. Gravità o Severità. – Importanza del pericolo e serietà delle possibili conseguenze. Rischio. – Stima delle probabilità che un pericolo di contaminazione possa concretizzarsi. Punto a rischio. – Punto, fase o procedura in cui è possibile che si verifichi, aumenti o persista un pericolo relativo alla sicurezza e all’integrità di un prodotto alimentare. Controllare. – Eseguire un’operazione atta a prevenire, eliminare o ridurre il pericolo per la salute del consumatore, sulla base di criteri preventivamente stabiliti. Controllo. – Modalità di esecuzione di un’operazione o di una procedura. Punto di controllo (CP). – Punto, fase o procedura che, una volta controllati, consentano di garantire la sicurezza igienica di un prodotto alimentare. Punto critico di controllo (CCP). – Punto, fase o procedura in cui è necessario e possibile esercitare un’azione di controllo atta a prevenire, eliminare o ridurre ad un livello considerato accettabile un pericolo relativo alla sicurezza e all’integrità igienica di un prodotto alimentare. I punti critici di controllo sono definiti da ciascuna azienda specifica sotto la propria responsabilità. Fattore critico di prevenzione. – È un parametro fisico (temperatura, umidità, illuminazione,ecc.), chimico (residui di trattamenti di difesa o di disinfezione, ecc) o chimico-fisico (pH, attività dell’acqua, ecc.) o un’azione o un tempo il cui controllo risulta critico per la prevenzione del rischio. Può riguardare le materie prime, gli ingredienti, i processi produttivi, gli imballaggi primari, gli impianti, il personale, l’ambiente, l’acqua, ecc.). Procedura HACCP. – Un documento redatto in forma scritta, basato sui principi dell’HACCP e che individua le operazioni da eseguire per garantire il controllo di un processo. Sistema HACCP. – Il risultato di un’applicazione di una procedura HACCP. Squadra, Equipe,Team di HACCP. – Un gruppo di persone dell’azienda ai quali è affidata la responsabilità di applicare una procedura HACCP. Validazione di una procedura HACCP. – Una verifica iniziale di una procedura HACCP, fatta dal gruppo HACCP al fine di appurare l’accuratezza della procedura stessa. Convalida di una procedura HACCP. – Ogni verifica successiva e periodica di una procedura HACCP fatta dal gruppo HACCP al fine di apportare eventuali modifiche della stessa.

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Analisi dei pericoli e sistemi preventivi di controllo (HACCP)

Generalità

La sicurezza igienico-sanitaria nei confronti della salute del consumatore è considerata la prima qualità di un alimento. Il metodo giudicato migliore per garantire questo tipo di qualità di un alimento è quello indicato con l’acronimo HACCP; essa permette di individuare i pericoli di contaminazione di una derrata alimentare (HA – Hazard Analysis) e di determinare i punti critici di controllo, cioè i punti in cui è necessario e possibile esercitare un’azione di controllo atta a prevenire, eliminare o ridurre ad un livello considerato accettabile un pericolo relativo alla salubrità e all’integrità igienica di un prodotto alimentare (CCP – Critical Control Point).

Una volta individuati i punti critici, per ciascuno di essi debbono essere definiti i fattori critici di prevenzione e i relativi sistemi atti a prevenire il pericolo di contaminazione.

Metodo

Un metodo HACCP descrive le modalità con le quali l’azienda affronta l’analisi dei rischi e stabilisce le misure di prevenzione del rischio.

Scopo

Assicurare la qualità igienica, ovvero aumentare il livello di igiene e sicurezza dei prodotti, riducendo drasticamente le probabilità che nei prodotti si trovino microrganismi o contaminanti dannosi per la salute del consumatore.

Ulteriore scopo al quale può essere finalizzato il metodo è la riduzione dei rischi di danni o difetti nei prodotti; in questo caso il sistema HACCP assume un valore specifico nel campo della ASSICURAZIONE DELLA QUALITÀ.

Scopi specifici della procedura HACCP sono: o identificare i pericoli o verificare le misure di controllo in atto o stabilire i punti critici per il controllo dei pericoli esaminati o stabilire i fattori critici per la prevenzione del pericolo o definire i sistemi di controllo dei fattori critici o definire le modalità di verifica del sistema o definire le modalità di riesame del sistema.

Campo di applicazione del metodo HACCP Il metodo si applica al pericolo igienico-sanitario per la salute del consumatore. Può essere impiegato per i pericoli relativi alla qualità generale del prodotto. L’analisi può avere per oggetto un processo produttivo che interessa una categoria di prodotti oppure uno specifico prodotto. I pericoli analizzati sono quelli di contaminazione dell’alimento sia del tipo microbiologico sia fisico (particelle o corpi estranei) o ancora chimico. I campi di indagine per l’identificazione dei pericoli riguardano le materie prime, gli ingredienti, i materiali utilizzati (imballaggi, impianti, materiali ausiliari) e tutte le fasi che si susseguono durante la preparazione del prodotto finito e sino al consumo finale (produzione, magazzinaggio,

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confezionamento, trasporto, distribuzione). L’analisi si applica alle linee di produzione e agli alimenti prodotti in azienda all’atto dell’emissione della procedura. L’analisi deve essere ripetuta ogni qualvolta vengono apportate modifiche ai prodotti, ai processi o quant’altro può avere influenza sulla sicurezza igienico-sanitaria dell’alimento.

Esecuzione di un metodo HACCP Le citate linee guida del Codex sono riassumibili in 7 principi:

1° principio: Identificazione dei potenziali pericoli associati con la produzione di un alimento in tutte le fasi di preparazione, magazzinaggio o distribuzione; valutazione della loro gravità e dei possibili rischi associati e specificazione delle misure preventive adottate per il loro controllo. 2° principio: Identificazione dei CCP a livello dei quali i possibili pericoli identificati possono essere ritenuti sotto controllo. 3° principio: Stabilire i criteri che assicurino che ogni operazione alla quale corrisponde un determinato CCP sia sotto controllo. 4° principio: Definire ed istituire un sistema di verifica e monitoraggio di ciascun CCP, attraverso tests sistematici o osservazioni, al fine di verificare che esso sia realmente sotto controllo. 5° principio: Adozione di adeguate azioni correttive qualora dal monitoraggio dei CCP si sia evidenziato un insufficiente controllo anche di un solo CCP. 6° principio: Stabilire delle procedure di verifica, comprendenti anche test supplementari, in modo da avere la conferma che l’intero sistema HACCP sta funzionando come programmato. 7° principio: Realizzare la raccolta della documentazione concernente tutte le procedure adottate e i relativi rapporti concernenti il monitoraggio e la verifica dei CCP.

L’elemento fondamentale sul quale è basato il sistema HACCP è la determinazione del pericolo e della sua entità, che deve essere affidata ad un team multidisciplinare, in generale responsabile dello sviluppo dell’intero sistema HACCP aziendale. È comunque indispensabile che prima di iniziare l’applicazione di un sistema HACCP, la Direzione dell’azienda provveda ad un’informazione la più ampia possibile della sua decisione; questo al fine di ottenere il massimo coinvolgimento possibile nella realizzazione del piano HACCP. Il team coinvolto nella realizzazione di un piano HACCP deve essere poco numeroso (max 6 persone), rappresentativo dei diversi settori coinvolti (produzione, confezionamento, impiantistico, controllo qualità, eventualmente marketing), composto fondamentalmente da personale interno all’azienda, con possibilità di essere integrato anche da personale esterno qualificato (esperti). È inoltre fondamentale che a supporto della decisione di attivare un piano HACCP la Direzione preveda di mettere a disposizione le risorse necessarie di personale e di fondi. Sulla base dei 7 principi sopra ricordati è possibile analizzare l’intero procedimento HACCP. 1° principio: Identificazione dei potenziali pericoli associati con la produzione di un alimento in

tutte le fasi di preparazione, magazzinaggio o distribuzione; valutazione della loro gravità e dei possibili rischi associati e specificazione delle misure preventive adottate per il loro controllo. L’analisi dei pericoli è la prima fase del sistema HACCP e consiste in una valutazione di tutte le procedure coinvolte nella produzione, distribuzione e utilizzo delle materie prime e dei prodotti alimentari allo scopo di individuare le materie prime potenzialmente pericolose, gli alimenti che possono contenere sostanze dannose e/o tossiche o microrganismi patogeni, le possibili fonti e gli specifici punti di contaminazione nell’arco di tutta la filiera produttiva. Sebbene il sistema sia stato concepito per controllare i pericoli di natura microbiologica, esso è di valido aiuto per il controllo di altri pericoli di natura fisica e/o chimica. I pericoli di natura

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chimica sono generalmente quelli che maggiormente preoccupano il consumatore anche se il rischio a loro legato risulta generalmente basso a causa della ridotta concentrazione raggiunta nell’alimento; causano generalmente effetti a lungo termine difficilmente addebitabili ad uno specifico prodotto. Comprendono i contaminanti ambientali (residui di antiparassitari, metalli tossici, nitrati, nitriti e N-nitroso composti in genere), i contaminanti di processo (residui di prodotti chimici utilizzati per le procedure di pulizia e sanitizzazione, prodotti chimici ceduti da materiale flessibile o rigido da imballaggio, additivi), sostanze indesiderate derivanti dalla natura stessa del prodotto o da produzione durante la fase di processo (sostanze allergeniche, alcaloidi, metabolici di alterazione). I pericoli di natura fisica (corpi estranei) possono entrare in un alimento in qualsiasi momento della produzione anche se non sempre costituiscono effettivo pericolo. È necessario valutare attentamente la reale pericolosità del corpo estraneo eventualmente presente, perché questo possa essere considerato un vero rischio in un sistema HACCP. Questo aspetto risulta invece del tutto determinante in un Sistema di Qualità; fra i possibili pericoli di questo tipo si possono ricordare i frammenti di vetro e di metallo di qualsiasi origine (locali, impianti, imballaggi), sassi e minuscole pietre, sabbia, frammenti di legno, pezzi di plastica effetti personali degli addetti alla produzione (anelli, orecchini, spille). I pericoli di natura biologica si possono dividere in macro e micro biologici. I primi rientrano nella categoria dei pericoli fisici (corpi estranei) e possono essere frammenti di piccoli animali o insetti, i secondi sono più importanti e sono legati alla presenza di microrganismi patogeni nel prodotto finito o alla presenza di eventuali tossine prodotte dagli stessi. Sotto questo aspetto, assume una particolare importanza conoscere anche il target al quale è destinato l’alimento in quanto determinati microrganismi possono costituire un pericolo solo per specifiche categorie di consumatori (bambini, anziani, soggetti immunocompromessi). È possibile ricordare i microrganismi patogeni (Cl. botulinum Cl, prefrigens, S. aureus, Listeria monocytogenes, Salmonella, Escherichia coli, ecc.), i virus, parassiti e protozoi e micotossine. La corretta valutazione dei pericoli e della loro gravità richiede una notevole esperienza tecnica; l’attenzione ai prodotti include l’informazione sulla formula, sul processo di trattamento, sulle condizioni di distribuzione e d’uso. Occorre valutare l’efficacia della pulizia degli utensili e delle attrezzature, nonché degli ambienti di lavoro e degli operatori. E’ necessario costruire un diagramma di flusso distinto per ogni alimento in esame.

2° principio: Identificazione dei CCP a livello dei quali i possibili pericoli identificati possono essere ritenuti sotto controllo. Individuati i punti critici, occorre stilare una lista di priorità in relazione ai dati relativi alla gravità e ai rischi attribuiti dall’analisi delle condizioni di pericolo. La selezione dei punti critici da porre sotto controllo deve essere effettuata con estrema cautela perché una stessa condizione accertata di pericolo può essere considerata come CCP da porre sotto controllo o no in funzione dell’uso o destinazione del prodotto finale. Per una corretta identificazione dei CCP viene generalmente utilizzato un “albero decisionale” (o altri sistemi analoghi) nel quale sono indicate alcune domande alle quali deve essere data una risposta in sequenza ad ogni fase del processo e per ogni pericolo identificato. Lo schema dell’albero decisionale è riportato alla pagina seguente. Esempi di CCP possono includere processi di cottura, refrigerazione, particolari procedure di sanitizzazione, controllo della formulazione di un prodotto, prevenzione

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di contaminazioni crociate e alcuni aspetti di igiene del personale e dell’ambiente di lavoro. La provenienza e il trattamento delle acque primarie possono costituire CCP per la sicurezza del prodotto. Stabilimenti diversi che producono uno stesso prodotto alimentare possono differire nella severità dei pericoli e relativi rischi e, di conseguenza, differire nei punti o procedure identificati come CCP (diverse disposizioni delle attrezzature, tipo di impianti utilizzati, selezione delle materie prime, condizioni di processo adottate) e per questo anche nello stesso stabilimento si possono presentare situazioni diverse ad esempio su linee parallele che producono lo stesso alimento ma che si differenziano ad esempio per il formato.

3° principio: Stabilire i criteri che assicurano che ogni operazione alla quale corrisponde un determinato CCP sia sotto controllo. Una volta individuati i punti critici di controllo, è necessario valutare, per ognuno di essi, quali siano i parametri da scegliere come indicatori dello stato del punto critico. Occorre poi indicarne i range di oscillazione, oltrepassati i quali detto punto critico è da considerarsi in condizioni di non controllo. Le misure prescelte devono essere praticabili, economicamente accessibili e in grado di assicurare la salubrità del prodotto. Si parla di limiti critici, indicando con essi i confini di sicurezza di un singolo punto critico. I valori di tali limiti possono essere ricavati da standard di legge ( ove esistano ) o da linee guida,da notizie esistenti in letteratura, da studi sperimentali diretti, o da esperti. È responsabilità dell’azienda di rivolgersi ad autorità competenti per la verifica che i limiti critici siano effettivamente in grado di controllare i pericoli identificati. Esempi di parametri prescelti per il controllo dei punti critici sono: le temperature raggiunte dopo trattamento termico; le combinazioni tempo/temperatura efficaci per l’inattivazione microbica; pH e attività dell’acqua del prodotto finale; i valori di temperatura raggiunti e mantenuti durante il raffreddamento; la concentrazione di cloro dell’acqua di raffreddamento, e altri. Ogni parametro deve essere espresso in modo chiaro e non ambiguo, specificando i limiti di tolleranza ammessi.

4° principio: Definire e istituire un sistema di verifica e monitoraggio di ciascun CCP , attraverso test sistematici o osservazioni al fine di verificare che esso sia realmente sotto controllo. Il monitoraggio dei punti critici di controllo deve essere eseguito per assicurarsi che i criteri specificati siano effettivamente rispettati. Esso dovrebbe permettere di individuare qualsiasi deviazione dai criteri stabiliti. In genere è buona norma utilizzare, a questo scopo, alcune misurazioni fisiche o chimiche (temperatura, pH, concentrazione di sale) nonché l’osservazione diretta. I risultati dovrebbero essere ottenuti in tempi molto brevi in modo che, se necessario, il trattamento possa essere prontamente corretto. L’esigenza di tempestività rende perciò, in questa fase, di scarsa utilità i test microbiologici, in quanto essi forniscono, di norma, risultati solo dopo alcuni giorni. Una corretta gestione della raccolta dei dati in questa fase deve improntarsi alla massima semplicità, al fine di consentire una rapida interpretazione dei risultati per attuare, se necessario, un’azione correttiva. La mole di dati scritti che si otterranno a questo punto del monitoraggio, servirà anche nella successiva fase di verifica del sistema HACCP. La responsabilità della gestione del monitoraggio deve essere affidata al personale direttamente interessato alla fase di produzione sotto controllo e, se richiesto, al personale del controllo di qualità.

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5° principio: Adozione di adeguate azioni correttive qualora dal monitoraggio dei CCP si sia evidenziato un insufficiente controllo anche di un solo CCP. Se il monitoraggio indica che un trattamento non è sotto controllo o che i criteri stabiliti non vengano raggiunti, sono necessari immediati provvedimenti. È necessario quindi che sia presente un piano di azioni correttive da applicare al fine di (a)determinare la disposizione di non-conformità del prodotto, (b) correggere la causa di non-conformità per assicurare che il CCP sia di nuovo sotto controllo, e (c) ottenere delle registrazioni delle azioni correttive che sono state prese nel momento in cui è stata registrata una deviazione dai limiti critici. La responsabilità di prendere le necessarie azioni correttive deve essere data alle persone che hanno una completa conoscenza del processo produttivo del prodotto e del piano di HACCP. La decisione si baserà sui pericoli, sulla loro severità e sui rischi coinvolti e sull’uso del prodotto. Le procedure riguardanti le azioni correttive devono essere chiaramente indicate nel piano HACCP. I provvedimenti specifici potranno consistere in un ulteriore riscaldamento o nella ripetizione del processo innalzando la temperatura, diminuendo l’attività dell’acqua, abbassando il pH, allungando il tempo di esposizione, aggiustando la concentrazione di alcuni ingredienti, modificando, in senso correttivo, una fase produttiva successiva.

6° principio: Stabilire delle procedure di verifica, comprendenti anche test supplementari, in modo da avere la conferma che l’intero sistema HACCP sta funzionando come programmato. La verifica può essere attuata dallo staff che si occupa del controllo qualità o dal personale dell’organo ufficiale di vigilanza. Questa fase implica una revisione del piano HACCP, per verificare se sono stati evidenziati tutti i rischi e se tutti i punti critici di controllo sono stati identificati, se i criteri sono appropriati e se le procedure di monitoraggio sono realmente efficaci nella valutazione delle varie operazioni. È necessaria una revisione dei dati registrati e l’esecuzione di test supplementari per valutare l’efficacia del monitoraggio. Si dovranno effettuare prove analitiche e procedure supplementari, nonché verificare il corretto funzionamento delle attrezzature usate per il monitoraggio. Inoltre andrebbe effettuata una revisione della composizione del prodotto e delle procedure operative, in modo da determinare se qualche cambiamento è stato introdotto dopo che il sistema HACCP era stato definito. Se così fosse avvenuto può essere necessario scegliere punti critici di controllo diversi o modificare le procedure di monitoraggio.

7° principio: Realizzare la raccolta della documentazione concernente tutte le procedure adottate e i relativi rapporti concernenti il monitoraggio e la verifica dei CCP. Le informazioni debitamente registrate sono importanti anche per documentare le condizioni e le precauzioni adottate durante la produzione anche per essere messi a disposizione degli organi sanitari di controllo come è formalmente previsto da varie disposizioni legislative in materia. La documentazione deve includere: le procedure che descrivono il sistema HACCP, tutti i dati utilizzati per l’analisi dei rischi, le procedure e i rapporti di monitoraggio, i rapporti della identificazione dei CCP, i rapporti del monitoraggio con indicata la data e la persona responsabile, le note delle deviazioni e delle azioni correttive e i rapporti di controllo. Le procedure e i rapporti devono essere gestiti in accordo con una procedura specifica, devono pertanto essere disponibili nella forma di un registro permanente e individuabili da un codice, adeguati per modificazione e aggiornamento, presentati in

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modo chiaro e non ambiguo, firmati e datati. Il tutto deve essere archiviato per un periodo in funzione del tempo di vita commerciale dei prodotti.

Applicazione pratica dei 7 principi HACCP. L’attivazione dell’HACCP, conformemente ai sette principi elencati al punto 1.3.5.) comprende nella pratica le 12 fasi seguenti, definite anch’esse dal Codex Alimentarius:

Fase 1 – Costituire l’equipe HACCP Fase 2 – Descrivere il prodotto Fase 3 – Determinare l’utilizzazione prevista del prodotto (target) Fase 4 - Costruire un diagramma di produzione Fase 5 - Verificare il diagramma di produzione Fase 6 - Analizzare i pericoli e definire le misure preventive Fase 7 - Determinare i CCP Fase 8 - Fissare i limiti critici per ciascun CCP Fase 9 - Attivare un sistema di sorveglianza per ciascun CCP Fase 10 - Stabilire alcune azioni correttive Fase 11 - Stabilire alcune procedure di verifica Fase 12 - Stabilire e tenere aggiornata la documentazione e le registrazioni

La conoscenza analitica e completa di questi 12 punti non è indispensabile per chi utilizza il sistema HACCP senza avere un ruolo diretto nella impostazione dello stesso a livello Aziendale. È invece necessario per tutti gli addetti alle linee di produzione, capire cosa implica l’adozione di un sistema HACCP nel loro operare quotidiano. In modo notevolmente semplificato, le fasi di attivazione di un sistema HACCP sono descritte nello schema seguente: INDIVIDUARE I PROBLEMI E ATTIVARE LE MISURE PREVENTIVE

↓ STABILIRE QUALI SONO I PUNTI CRITICI

↓ TENERE SOTTO CONTROLLO I PUNTI CRTICI

↓ SAPER REAGIRE QUANDO I PUNTI CRTICI NON SONO PIÙ SOTTO CONTROLLO

POTERE DIMOSTRARE CHE IL SISTEMA STA FUNZIONANDO MEDIANTE UN CORRETTO SISTEMA DI DOCUMENTAZIONE

Ciascuna di queste fasi del metodo HACCP individua per tutti gli addetti di una linea produttiva o di un reparto delle procedure da applicare e degli autocontrolli da attivare.

Applicazione dell’HACCP alle piccole e medie imprese (PMI)

I problemi I principi dell’HACCP sono applicabili a tutti i settori delle industrie alimentari che generalmente sono ricomprese nel settore delle PMI. A questo scopo, l’azienda deve superare alcune difficoltà iniziali e alcuni problemi potenziali specifici, che possono verificarsi ma che non devono costituire motivo di non applicazione del piano di HACCP.

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◊ Insufficiente conoscenza della metodologia HACCP La presente guida ha lo scopo appunto di consentire un alto grado di apprendimento dei principi informatori della metodologia HACCP. La guida deve servire come base per corsi specifici di formazione dei quadri dirigenti e di tutto il personale dell’azienda. ◊ Competenze tecniche insufficienti È prevedibile che molte aziende del comparto non abbiano la piena disponibilità di tutte le risorse tecniche specifiche necessarie (particolarmente di quelle specialistiche, come un microbiologo, un tecnologo alimentare, un esperto di materiale da imballaggio, ecc.) in grado di eseguire immediatamente una metodologia HACCP. In questo caso si dovrà ricorrere alla consulenza specialistica di fonti e di competenze esterne (manuali di buona prassi igienica, banche dati, consulenti). Un primo approccio può essere effettuato anche su materiale messo a disposizione in modo generale, ma devono poi essere effettuati una valutazione e un adattamento alla situazione aziendale specifica, ad ogni tipo di alimento prodotto. ◊ Risorse tecniche insufficienti L’implementazione aziendale del piano HACCP può richiedere nuove risorse ed attrezzature tecniche. Qualsiasi attrezzatura da acquistare, dovrebbe essere individuata dallo studio HACCP. L’attrezzatura di monitoraggio dovrebbe essere di uso semplice e rapido e di costo limitato. Le risorse di laboratori particolarmente attrezzati all’interno dell’Azienda non sono un’esigenza fondamentale per la realizzazione di un piano HACCP. ◊ Concentrazioni delle funzioni In molte PMI funzioni multiple possono essere concentrate nelle mani di pochi addetti. La multidisciplinarietà dello studio HACCP, nel caso delle PMI, può prevedere la sovrapposizione di alcuni ruoli, con riduzione del numero di operatori che costituiranno l’equipe HACCP. C’è comunque da far presente che la sovrapposizione delle funzioni che procedono dall’impostazione di un piano HACCP a quelle che in precedenza alcuni addetti esercitavano, determina una diversa organizzazione del lavoro che spesso non può prescindere dall’aumento della disponibilità più ampia delle risorse umane.

I fattori positivi Se la salubrità di un alimento è l’esigenza minimale prevista anche dal legislatore (283/1962), l’applicazione di una metodologia tipo HACCP per avere questa garanzia diventa oggi obbligata per legge (Dir. CEE 93/43 recepita dal D.Lgs. 155/1997). L’applicazione di una metodologia HACCP ha in effetti lo scopo di garantire la salubrità di un dato alimento nei confronti dei possibili consumatori. D’altra parte, un qualsiasi sistema di qualità aziendale deve prevedere questo aspetto della sicurezza del consumatore, per cui le esigenze di sicurezza e la metodologia per garantirle ( e quindi l’applicazione della HACCP) fanno parte di un qualsiasi SISTEMA di QUALITÀ AZIENDALE. Applicare la metodologia HACCP, quindi, va al di là del rispetto di una norma di legge e diventa un sistema di affrontare problematiche anche più ampie, meno obbligate ma più volontarie e premianti. Nel caso in cui un’azienda si predispone ad applicare la metodologia HACCP, sarebbe opportuno che contemporaneamente si attrezzasse per costruire un sistema di qualità più generale, del quale la metodologia HACCP è parte integrante e volano di attivazione. L’attivazione contemporanea dei due sistemi genera fattori di sinergia molto positivi, mentre pensare di applicare le due strategie in modo parallelo e in tempi diversi, può avere conseguenze negative, soprattutto come dispendio di risorse in particolare sulle piccole e medie aziende. L’attivazione di una metodologia HACCP, inoltre, costituisce uno strumento sempre più indispensabile, al di là degli obblighi di legge, per rispondere a precisi vincoli commerciali posti dal cliente, soprattutto se questo è la grande distribuzione o un importatore straniero.

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In termini meno generici e più specifici, l’attivazione della metodologia HACCP consente: - di facilitare le opportunità di commercializzazione; - di disporre di un materiale documentale fondamentale, attestante che il processo è sotto

controllo; - di disporre di un materiale di conformità comprendente specifiche, codici di pratiche e

regolamentazioni, prima quasi inesistente in gran parte delle PMI; - di venire a conoscenza della disponibilità di metodi, strumenti e tecniche utili alla

prevenzione degli errori nella gestione della sicurezza; - di trarre dallo studio interno un’esperienza importante per i programmi futuri, in termini di

identificazione delle priorità e di riduzione dei costi di supporto esterno.

Un effetto indotto sarà infine quello di far un miglior uso delle risorse tecniche sia interne sia esterne dell’azienda.

L’ HACCP e i manuali di corretta prassi igienica L’applicazione del sistema HACCP non è, concettualmente, suscettibile di generalizzazione, se non attraverso due percorsi entrambi a rischio:

♦ banalizzazione eccessiva, con conseguente scarsa attendibilità e adeguatezza allo scopo per il quale viene proposta (garantire la salubrità dell’alimento);

♦ eccessiva cautela, in quanto dovendo presentare una metodologia valida per un universo molto vasto e articolato, si tende a privilegiare lo scopo generale in confronto alla specificità.

Dovendo comunque il manuale delle Corrette prassi igieniche prevedere l’applicazione del sistema HACCP alla categoria di prodotti alimentari interessati ed essendo il campo di applicabilità del presente manuale molto ampio, si riporta la metodologia HACCP, ricordando però che questo manuale vuole essere una guida per un’applicazione corretta e puntuale, che dovrà essere elaborata ed effettuata specificamente in ogni azienda, per ogni prodotto e per la linea di produzione.

Procedura per l’esecuzione di una metodologia HACCP

Formazione e qualificazione specifiche interne all’azienda. Prima di introdurre una metodologia HACCP, è necessario istruire il personale sui suoi contenuti e sul metodo da imparare per elaborare un piano HACCP. Prima di iniziare, la Direzione dell’impresa dovrebbe informare tutto il personale della sua decisione di intraprendere lo studio per l’individuazione di un piano di HACCP. Sia l’Impresa che il personale coinvolto nello studio devono essere totalmente impegnati nella sua realizzazione. Il gruppo coinvolto nella realizzazione di un piano di HACCP deve essere poco numeroso (massimo 6 persone) e multidisciplinare, comprendente personale dei settori della produzione, dell’imballaggio, di quello ingegneristico, del controllo di qualità e d’analisi, selezionato in base alla responsabilità e alle conoscenze ed esperienze nell’azienda. Il gruppo può essere ampliato per alcune fasi dello studio con personale proveniente dal marketing, dalla ricerca e sviluppo, dal settore acquisti, dalla pianificazione e dal settore legale. Il gruppo deve includere un coordinatore tecnico. Se necessario possono essere inclusi degli esperti esterni in grado di fornire modalità operative o dati specifici. Per assicurare il successo di un piano di HACCP è importante che la Direzione generale metta a disposizione le risorse necessarie per lo studio relativo e per la sua attuazione.

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L’esperienza insegna che il successo di un gruppo HACCP dipende essenzialmente dalla capacità dei componenti di utilizzare i mezzi di cui dispongono. È possibile ridurre in maniera sensibile il periodo di formazione coinvolgendo prima possibile gli addetti nell’analisi dei rischi ed eventualmente utilizzando formatori esterni.

Costituzione del gruppo HACCP La qualità e la consistenza del gruppo HACCP è essenzialmente fissata dalla dimensione aziendale, dal livello professionale, dalla tipologia di produzione e dalla disponibilità di consulenti esterni (intesa anche come volontà di utilizzarli). Di essa comunque debbono far parte il responsabile di stabilimento, quello di produzione, quello di reparto e/o di linea, un microbiologo, il responsabile del controllo qualità e un esperto di normativa nazionale e internazionale; potranno essere inseriti i responsabili dei settori a monte e a valle della produzione (approvvigionamento materie prime, ingredienti, imballaggi, marketing, vendite ). Nel caso di contemporanea adozione di una procedura di sistema di qualità, il responsabile di questo sarà inserito nel gruppo HACCP.

Nomina del responsabile del gruppo Senza escludere la possibilità che il gruppo venga diretto da un membro esterno, si ritiene più corretto che la responsabilità venga affidata ad un membro interno all’azienda, il responsabile del gruppo deve contemporaneamente possedere nozioni di carattere tecnico e capacità organizzative. Accanto al responsabile dovrà essere indicato un segretario del gruppo con funzioni di redigere i verbali delle riunioni e di documentare il gruppo di attuazione delle decisioni prese; responsabile e segretario, nel caso di piccole aziende, possono anche coincidere.

Addestramento del gruppo HACCP La prima riunione, generalmente, dovrebbe fornire i concetti che stanno alla base dell’HACCP e cioè: direttiva 93/43, glossario, gli elementi che servono per una procedura HACCP, pericoli e rischi di carattere microbiologico, chimico e fisico possibili nella tipologia produttiva specifica aziendale. Nelle riunioni successive il gruppo passerà all’identificazione reale dei rischi esistenti nell’azienda e all’individuazione delle misure preventive in atto. Quasi mai è compito del gruppo HACCP passare alla formulazione dei limiti critici, per i quali prima di tutto bisogna verificare se già imposti per legge o se codificati nella letteratura scientifica e tecnica.

Strumenti necessari per la realizzazione dell’HACCP Un ruolo determinante è costituito dalle procedure; esse precisano gli obbiettivi da raggiungere, le responsabilità e le competenze, le modalità da seguire, i tempi di effettuazione, la modulistica da compilare e i modi di farlo. Ad esempio possono essere individuate e compilate le seguenti procedure: Tipo di documento Cosa contiene 01/00 I documenti modalità di gestione del materiale documentale 02/00 HACCP fissa le modalità di introduzione dell’HACCP 03/00 Piano di controllo fissa le norme per la sorveglianza dei CCP e dei CP, con

l’indicazione delle modalità di controllo, della frequenza di effettuazione, di chi ne è responsabile e delle registrazioni da effettuare

04/00 Non conformità fissa le dichiarazioni di non conformità e la destinazione del prodotto non conforme

05/00 Audit fissa le modalità di effettuazione degli audit interni e altre ancora. Il primo numero generalmente indica il tipo di documento; il secondo il numero di aggiornamenti apportati.

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Guida all’introduzione di un sistema HACCP nelle piccole e medie industrie Le tappe per l’attivazione dell’HACCP sono le seguenti:

1 - Definire il settore interessato

↓ 2 – Costituire il gruppo HACCP

↓ 3 – Descrivere il prodotto nell’insieme del suo utilizzo principale, di quello eventualmentesecondario e del target di utilizzo, se importante

↓ 4- Disegnare il flow-sheet completo di produzione e distribuzione (se importante)

↓ 5 – Identificare i pericoli e descrivere le misure preventive adottate

↓ 6 – Individuare i CCP

↓ 7- Determinare i limiti critici

↓ 8 – Attivare il sistema di controllo dei CCP

↓ 9 – Documentare l’analisi HACCP

↓ 10 – Effettuare delle verifiche

↓ Sono rispettati i limiti critici?

↓→ no (controllo e verifica delle procedure) si

Definire il campo interessato Dovrà interessare l’acquisto delle materie prime, degli eventuali ingredienti, le fasi di processo, l’acqua, gli imballaggi, le condizioni di magazzinaggio, la distribuzione. Costituire il gruppo HACCP (v. precedente punto)

Descrivere il prodotto La descrizione di ogni singolo prodotto deve contenere ogni indicazione atta a valutare i possibili pericoli e determinare l’esistenza di un CCP; oltre alla descrizioni di tipo tecnico, debbono essere riportati anche i riferimenti normativi di legge. Il tutto dovrà poi essere elaborato in modo da avere a disposizione degli schemi a blocchi illustranti come si arriva alla spedizione del prodotto finito. Ad esempio una possibile descrizione di un prodotto può essere la seguente: Descrizione del prodotto tipo di conserva Tonno sott’olio tipo di confezionamento Scatola di b.s. 4/4 descrizione del processo Conserva di tipo tradizionale preparata a partire da

tonno di provenienza locale secondo lo schema di cui al successivo punto 4

materiale da imballaggio Scatole di b.s. 4/4 corpo E4 grezzo; fondelli E1 verniciati con protezione epossifenolica ; vassoio in cartone da 12 scatole, con termoretraibile in PE

tipo di etichetta Tonno sott’olio

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ingredienti e formulazione Tonno, sale, olio altre indicazioni specifiche peso netto xx g

peso sgocciolato minimo yy g etichetta nutrizionale Proteine

Lipidi Potere calorico

condizioni di magazzinaggio Temperatura inferiore ai 25°C vincoli di magazzinaggio e/o distribuzione nessuno istruzioni d’uso nessuna Tipo di distribuzione Trasporto su pallets

Schema a blocchi della linea di produzione È indispensabile potere disporre di uno schema di linea di produzione completo ma estremamente semplificato; è consigliabile indicare con il nome, il tipo di macchina e di operazione che viene eseguita, anziché servirsi di simboli o sigle.

Individuare i pericoli e le misure preventive già adottate Il gruppo HACCP provvede ad individuare i pericoli possibili sulla linea di produzione descritta. I pericoli potenziali vengono discussi per ogni fase del processo. È possibile utilizzare un modulo del tipo seguente: Modulo n.1 Individuazione dei pericoli e delle misure preventive Campo di applicazione Fase produttiva Pericolo Causa Misura preventiva I pericoli caratteristici di un’azienda produttrice di conserve alimentari sono, in termini molto generali, i seguenti: a livello di materia prima: contaminazione microbica eccessiva, materiale estraneo di vario genere,

ecc. a livello di ingredienti: presenza di materiale estraneo nell’olio o nel sale o altro ingrediente

utilizzato nella preparazione; a livello di processo: presenza di particelle di materiale estraneo per inadeguato trattamento di

pulizia della materia prima, presenza di particelle metalliche per rottura di organi di taglio; metalli derivanti da reazioni di cessione da parte degli impianti per inadeguato materiale di costruzione; prodotti chimici trascinati, derivanti dai trattamenti effettuati sull’acqua necessaria per la produzione; sopravvivenza di microrganismi indesiderati; contaminazione microbica derivante da inadeguate condizioni igieniche del personale addetto alla produzione; sopravvivenza di microrganismi indesiderati; ecc.

a livello di materiale da imballaggio: corpi estranei contenuti nei contenitori primari; inadeguata qualità del materiale da imballaggio primario in funzione del prodotto; contaminazione da materiale lubrificante del prodotto in fase di graffatura; ecc.

a livello di magazzinaggio: sviluppo di microrganismi indesiderati (termofili), reazioni di corrosione.

Un esempio di parziale compilazione del Modulo 1 può essere il seguente: Ditta: XXX Produzione di: tonno al naturale marca YYY in scatole da 80 g. Modulo 1 Individuazione dei pericoli e delle misure preventive

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Campo di applicazione Fase produttiva Pericolo Causa Misura preventiva Materia prima ricevimento Odore fortemente

sgradevole Eviscerazione incompleta e/o lavaggio insuffi- ciente della carcassa

Migliorare lavag- gio e stoccaggio delle carcasse

……………….. produzione trattamento termico sopravvivenza di

microrganismi indesiderati

mancato raggiungimento della temperatura di trattamento

isolamento di un lotto nel caso di registrazione di temperature di trattamento considerate non sufficienti

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Individuazione dei CCP Per tutti i pericoli elencati nel Modulo 1, il gruppo HACCP procede all’analisi tesa ad individuare se esso possa essere considerato un CCP; per fare questo si utilizza l’albero delle decisioni, tenendo ben presente queste considerazioni di base: Modulo n.2 (consente di riassumere le decisioni prese per ogni CCP individuato) Domanda 1: Sono state predisposte misure di controllo per il pericolo considerato?

Si NO Modificare la fase, il procedimento o il prodotto

Il controllo in questa fase è necessario per la sicurezza del prodotto? SI

NO STOP (*) Domanda 2: Questa fase elimina il pericolo o ne riduce l’incidenza ad un livello accettabile? NO SI Domanda 3: Vi è il rischio di contaminazione o di aumento del pericolo fino a livelli inammissibili? SI NO STOP(*) Domanda 4: Il pericolo può essere eliminato o ridotto ad un livello accettabile in una fase ulteriore?

SI STOP (*) NO PUNTO CRITICO (*) La fase non è un punto critico. Passare alla fase successiva Si ricorda che un CCP è un punto critico per il quale è necessario conservare una registrazione scritta delle sue variazioni nel tempo.

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Individuazione dei limiti critici e delle tolleranze relative Dopo avere individuato i CCP, il gruppo HACCP definisce i limiti critici per i diversi punti da sottoporre a controllo. Se si ritiene opportuno, si possono fissare anche delle tolleranze su questi limiti. La definizione dei limiti critici, dei valori indicativi e delle tolleranze si basa essenzialmente su norme di legge o regolamentazioni internazionali, ma nella stragrande maggioranza dei casi questi limiti critici non sono individuati da specifiche norme e in tal caso si fa riferimento a valori guida forniti dalla letteratura tecnica o scientifica in materia o dall’esperienza del presente all’interno del gruppo. In genere, questi limiti critici riguarderanno, tempi e temperature di trattamento, pH, attività dell’acqua, carica microbica caratteristiche organolettiche (aspetto, odore, sapore, ecc.). I limiti critici sono riportati nel modulo n.3. Modulo n. 3 Determinazione dei limiti critici relativi ai CCP individuati CCP Parametri da controllare Limiti critici Ad esempio se un CCP è stato individuato nel rispetto del tempo di trattamento minimo di sterilizzazione a 116°C di tonno in scatola da 500 g e si è stabilito che nelle condizioni di produzione e di riempimento sono sufficienti 18 minuti, si scriverà: Modulo n. 3 Determinazione dei limiti critici relativi ai CCP individuati

Tonno al naturale in scatole da 500 g CCP Parametri da controllare Limiti critici CCP n. … Tempo di trattamento a 116°C 18 minuti

Attivazione del sistema di sorveglianza sui CCP Il sistema di sorveglianza consente di valutare a intervalli regolari e programmati la validità dei limiti critici fissati. Per questo scopo viene compilato il modulo n.4 nel quale sono registrati i dati ottenuti dall’analisi HACCP. Questi dati comprendono anche i risultati delle analisi chimiche, chimico-fisiche, microbiologiche e sensoriali scelte per i controlli. Al momento di scegliere quali procedure analitiche di controllo stabilire, si deve tener conto dei seguenti fattori: ◊ tempo richiesto per l’effettuazione delle analisi; ◊ precisione del metodo analitico; ◊ condizioni di fattibilità (livello del personale, strumentazione necessaria, ecc.); ◊ frequenza di effettuazione dei controlli; ◊ esigenze richieste dall’analisi statistica. Sulla base di questi criteri si stabilisce il piano di controllo generale che permette di sorvegliare il rispetto dei limiti critici fissati per i CCP.

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MODULO N.4–CCP, LIMITI CRITICI E VALORI INDICATIVI CORRISPONDENTI ALLE CONDIZIONI DI CONTROLLO CCP Fase Pericolo Limiti critici Tipo di controllo effettuato Misure da prendere in caso di non conformità Responsabile Rinvio alla procedura da seguire Una volta compilato il modulo, questo sarà esposto nei diversi CCP in modo che tutti i responsabili ne siano messi al corrente. Nel caso del CCP5 individuato nel modulo n.3 precedente, ad esempio il modulo 4 andrebbe cosi compilato, in caso di non rispetto dei limiti critici: MODULO N.4 – CCP, LIMITI CRITICI E VALORI INDICATIVI CORRISPONDENTI ALLE CONDIZIONI DI CONTROLLO Tonno al naturale in scatola da 500g CCP # Fase sterilizzazione pericolo sopravvivenza di microrganismi patogeni Limiti critici da 18° a 116°C Tipo di controllo effettuato registrazione della temperatura e del tempo Misure da prendere in caso di non conformità isolamento del lotto Responsabile responsabile di linea Rinvio alla procedura da seguire n.23/01 – Isolamento di scatole con sospetto di

sottosterilizzazione

Documenti relativi al sistema HACCP È indispensabile disporre di un efficace sistema di gestione del materiale documentale prodotto per documentare il piano HACCP e validare il sistema HACCP. Riassumendo, il piano HACCP comprende i seguenti documenti: ◊ descrizione dei prodotti; ◊ modulo1 – Pericoli e misure preventive adottate; ◊ modulo 2 – Individuazione dei CCP, secondo l’albero delle decisioni; ◊ modulo 3 – Determinazione dei limiti critici per i CCP; ◊ modulo 4 – CCP, limiti critici e valori indicativi corrispondenti alle condizioni di controllo; ◊ modulo5 – Analisi degli errori (non conformità); ◊ piano di controllo e verifica, individuato sugli schemi di processo. Ogni documento dovrà riportare la data di compilazione (eventualmente l’ora e dovrà essere firmato dal responsabile del gruppo HACCP. I CCP sono tenuti sotto sorveglianza mediante quanto previsto dal modulo 4 e mediante il piano di controllo e verifica che riporterà tutti i dati relativi al sistema HACCP. Le registrazioni effettuate rappresentano lo stato di attivazione del piano HACCP. Il materiale documentale è completato dai dati raccolti durante l’effettivo controllo dei CCP e cioè da: ● i protocolli di controllo ● i referti analitici ● le registrazioni automatiche

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● i rapporti di pulizia e disinfezione ● i rapporti delle squadre di manutenzione ● i protocolli di esecuzione delle misure correttive. Tutto questo consente di verificare quanto sono rispettati i limiti critici stabiliti. Possono anche servire a correggere determinate situazioni che possono favorire certe cause di errore. Anche la durata di conservazione del materiale documentale deve essere preventivamente stabilita; in ogni caso è opportuno nominare un responsabile della tenuta, ordinamento e distruzione del materiale documentale. Il sistema HACCP, inoltre prevede anche questi documenti: • le procedure di esecuzione dell’analisi HACCP • le istruzioni operative relative al controllo dei CCP. Questi documenti stanno alla base del sistema operativo aziendale, inquadrato in una metodologia HACCP e debbono essere adeguatamente gestiti ed aggiornati.

Verifica mediante un sistema di controllo del funzionamento Un procedimento di verifica permette di controllare il funzionamento del sistema nel suo complesso. L’attivazione di un piano di verifica costituisce l’elemento fondamentale per la validazione dell’efficacia del piano HACCP. Il piano di verifica deve essere elaborato parallelamente al piano di controllo; ma contrariamente a questo conterrà alcuni CP di difficile controllo in un piano routinario. Ad esempio potranno essere controlli di carattere microbiologico, analisi fini di notevole impegno, tempo di effettuazione e costo e per le quali generalmente ci si deve appoggiare a strutture specialistiche esterne. I risultati della verifica del funzionamento devono confermare la validità della metodologia HACCP adottata.

Igiene (salubrità) relativa al conferimento delle materie prime

Igiene ambientale nelle zone di produzione. Devono essere rispettate le norme di igiene in materia ambientale (inquinamento marino conclamato, igiene di bordo, acque di lavaggio e per la fabbricazione del ghiaccio per la conservazione del pescat, gestione dei rifiuti).

Zone di produzione Nessuna materia prima deve provenire da zone nelle quali ci sia rischio di contaminazione da sostanze tossiche in quantità che possono essere considerate di pericolo (tonno al mercurio…). Il fornitore dovrà garantire che la materia prima non sia venuta a contatto in modo continuativo o episodico grave con fumi, scarti di industrie insalubri, rifiuti di vario genere.

Acqua di processo Non si deve usare per il lavaggio o la conservazione acqua o ghiaccio che possa costituire un pericolo per la salute del consumatore attraverso l’assunzione dell’alimento. Evitare quindi l’impiego di acqua non controllata.

Modalità di conferimento. I metodi, i materiali e le tecniche di conferimento non devono essere essi stessi causa di contaminazione chimica o microbica della materia prima conferita.

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Trasporto Il trasporto deve essere effettuato da personale addestrato e munito di autorizzazione sanitaria. I contenitori e le celle refrigerate dei camion devono essere periodicamente puliti e in buone condizioni meccaniche, senza crepe e spaccature. I cassoni di trasporto e conferimento dovranno essere di materiale inerte; facilmente pulibile e sanificabile ed opportunamente verniciati con materiale idoneo per venire a contatto con alimenti. Sono naturalmente da escludere contenitori che siano utilizzati in precedenza a contatto con prodotti non alimentari.

Scarico e avviamento alle linee di trasformazione Lo scarico deve avvenire secondo le modalità rispettose del mantenimento delle caratteristiche di integrità del pesce e delle esigenze di non contaminazioni dello stesso. Nel caso di scarico sul pavimento bisogna evitare che il pavimento abbia fessurazioni e giunzioni di difficoltosa pulibilità. I pavimenti devono essere facilmente lavabili e frequentemente lavati; infine bisogna evitare che il pesce venga tenuto vicino a sostanze che possano costituire pericolo di inquinamento chimico. Tutte le linee idrauliche, pneumatiche, meccaniche di veicolazione devono essere realizzate in materiale atossico, resistente e di facile punibilità ed opportunamente protetti contro l’immissione accidentale di materiale estraneo. Ogni operazione di pulizia, manutenzione e lubrificazione degli impianti non deve costituire possibile fonte di contaminazione.

Lo stabilimento di trasformazione – la progettazione e la realizzazione Lo stabilimento e le sue pertinenze devono avere dimensioni, localizzazione, progettazione e realizzazione consoni a potere comodamente eseguire le operazioni alle quali sono preposti, cioè alla produzione di alimenti di qualità e salubrità adeguate.

Localizzazione Lo stabilimento di produzione deve essere situato in una zona compatibile con la propria attività, lontano da fonti di contaminazione di qualsiasi genere (fumi, acquitrini, discariche, frantoi, industrie insalubri, fonti radioattive, ecc.)

Tipo di costruzione La fabbrica deve essere costruita in modo da non avere, nemmeno in futuro, vincoli determinanti alle operazioni lavorative. Gli spazi devono essere progettati ed organizzati in modo da rendere facili tutte le operazioni di pulizia (non solo il lavaggio dei pavimenti). Deve essere rispettato il principio del “senso unico solo in avanti”, senza ritorni del prodotto già in parte trasformato nella zona di prima lavorazione. Le diverse zone produttive devono essere ben divise anche mediante barriere fisiche. In ogni stabilimento devono essere ben individuabili almeno 5 zone:

A. – conferimento e ricevimento materia prima – In questa zona è conferito e rimane stoccato il pesce in attesa di essere inviato alla trasformazione. Fanno parte di questa zona anche le camere di refrigerazione.

B. – zona di preparazione.- Comprende le aree nelle quali avvengono le operazioni preliminari (decapitazione, eviscerazione, lavaggio, …. ) e di preparazione (cottura, apprestamento del liquido di governo, ecc.)

C. In questa zona si devono ridurre al minimo tutte le possibili contaminazioni sia di carattere chimico che microbiologico. Nel caso la zona A) sia collegata a questa, le precauzioni necessarie per la zona B) dovranno essere estese alla zona A).

D. - zona di confezionamento. – comprende le operazioni finali alle quali è sottoposta la materia prima, dopo l’ultimo possibile contatto con il personale (scottatura, porzionamento, riempimento, aggraffatura, chiusura dei contenitori in genere).

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E. In questa zona devono essere escluse tutte le possibilità di contaminazione chimica, particellare e microbica.

F. zona di sterilizzazione. È la zona nella quale si effettua il trattamento di sterilizzazione termica (comprendendo anche il successivo raffreddamento e la pallettizzazione).

G. In questa zona si deve fare la massima attenzione ad evitare ogni possibilità di ricontaminazione (microbica in primo luogo) delle confezioni.

H. - zona di manipolazione e stoccaggio delle confezioni. È la zona destinata all’etichettatura, all’imballaggio secondario e al deposito delle confezioni.

In questa zona devono essere soprattutto controllate le condizioni di umidità e di temperatura al fine di evitare danneggiamenti esterni alle confezioni e a ridurre il decadimento qualitativo dei prodotti finiti.

Pavimenti e pareti. In genere i pavimenti devono essere facilmente pulibili e lavabili, costruiti o rivestiti con materiale antisdrucciolo, con idonee pendenze per lo scarico delle acque; sono preferibili materiali che non necessitino di giunture; nel caso di giunture queste devono essere adeguatamente colmate ed eventualmente ricoperte con apposite resine impermeabili e resistenti agli urti. Le pareti devono essere lisce, chiare e lavabili, in materiale antiusura o verniciate con resine antimuffa, evitando al massimo rientranze, sporgenze, fessure e qualsiasi ricettacolo adatto alla colonizzazione di roditori, insetti e uccelli. Pavimenti e pareti devono essere raccordati e in maniera da formare una curva continua di almeno 10 cm di raggio. Più in particolare: Zona A – Le zone di ricevimento e stoccaggio delle materie prime devono essere progettate tenendo in considerazione il tipo di lavorazione da eseguire. Nel caso di ambienti refrigerati, le pareti dovranno essere fatte in materiali non assorbenti e lavabili. Si devono escludere le pareti e i pavimenti in calcestruzzo a vista. I percorsi dei veicoli devono essere esterni all’area e ben delimitati e segnalati; è opportuno segnalare anche le aree di stoccaggio delle materie prime dei pallets, dei contenitori vuoti, ecc. La pendenza del fondo delle vasche di lavaggio ed i livelli degli scarichi devono essere tali da permettere la totale vuotatura e la completa pulizia della stessa, senza dovere ricorrere ad apparecchiature particolari. L’acqua dovrà essere allontanata, filtrata o sedimentata per eliminare il materiale in sospensione in una zona lontana dalle aree citate, ed eventualmente clorata se utilizzata, al fine di mantenere sotto controllo la proliferazione microbica (la clorazione risulta inversamente efficace al contenuto di materiale organico. Zona B. – In questa zona i pavimenti devono essere di facile pulibilità e lavaggio; le acque di lavaggio devono essere raccolte ed allontanate dalla zona e non devono costituire una possibile fonte di contaminazione microbica. I pavimenti devono essere costruiti in modo tale (pendenza e livello) da non favorire la formazione di ristagno (pozzanghere). Anche i muri devono essere costruiti con materiale resistente agli urti e facilmente lavabile. Zone C e D. – In questa zona i muri fino ad un’altezza di circa 2 m devono essere realizzati o rivestiti in materiale non assorbente, impermeabile, lavabile e atossico. Possono essere rivestiti con mattonelle, evitando però giunture profonde o rivestendo queste di apposite vernici impermeabili, resistenti, lisce e lavabili. Sono da evitare in genere la fessure, le crepe e quant’altro possa facilitare il ristagno di sporcizia, acqua, polvere e possa costituire un punto di proliferazione microbica per la difficoltà di pulizia e lavaggio. I pavimenti devono avere la giusta pendenza per convogliare comodamente l’acqua di scarico alla rete fognaria. Zona E. – In questa zona devono essere attuate tutte le precauzioni necessarie per eliminare variazioni notevoli della temperatura e del grado di umidità. È opportuno isolare pareti e tettoie con materiale isolante liscio o rivestito per evitare depositi di polvere o sporcizia. In zone ad elevata escursione termica nell’arco dell’anno dovranno essere previsti sistemi di riscaldamento per periodi

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freddi (aerotermi) al fine di evitare condensazioni di umidità sulle scatole (corrosione esterna) e/o sui cartoni (macerazione e conseguente perdita di resistenza meccanica). Superfici di copertura (soffitti e tettoie). In generale sono da definirsi gli stabilimenti che si sviluppano su un solo piano, senza soppalchi o altro che sovrastano le linee di lavorazione. È necessaria un’idonea separazione fra tetto o sottotetto e ambiente di lavoro che sia ispezionabile e mantenuta in idonee condizioni igieniche. I soffitti dovrebbero essere dipinti con vernici di colore chiaro, lisci e lavabili. Le aperture devono essere limitate e schermate per evitare l’accesso a uccelli e possibilmente a insetti. L’illuminazione deve essere artificiale e le aperture (finestre e porte) non devono avere funzione specifica né per l’illuminazione né per l’aerazione degli ambienti, che devono essere garantite da fonti artificiali appositamente installate e progettate. Nelle zone B, C e D le superfici devono essere costruite tenendo presente la necessità di evitare depositi di sporcizia, muffa e scaglie in genere. Evitare l’impiego di materiali che assorbono umidità e odori. In particolare nella zona C, e nel caso di costruzioni molto alte o che comunque rendono difficoltosa la pulizia dovranno essere previste apposite coperture che rendano meno probabile la contaminazione dei prodotti in fase di riempimento. Per la zona E è già stato detto al punto 3.2.2. Ventilazione e ricambio dell’aria. Le zone di lavorazione devono essere confortevoli e pertanto deve essere prevista un’adeguata ventilazione per impedire accumuli di calore, vapore e polvere in alcune zone e per assicurare un idoneo cambio d’aria ; le finestre e i ventilatori devono essere adeguatamente schermati per evitare l’accesso di insetti. Le porte non devono essere usate come aeratori e devono essere mantenute, di norma, chiuse; in ogni modo dovrà essere evitato lo stabilirsi di correnti predominati dalle zone contaminate a quelle più pulite ( z one C e D in particolare), per cui la corrente dovrebbe andare sempre in senso contrario al prodotto. Illuminazione. In tutti gli ambienti deve essere assicurata un’illuminazione adeguata all’ambiente di lavoro (min. 200 lux). Gli apparecchi di illuminazione devono essere studiati, realizzati e posizionati in modo da non essere facilmente soggetti ad urti e rotture. L’illuminazione artificiale può accoppiarsi o, meglio, può sostituire completamente quella naturale, con notevoli vantaggi (assenza di finestre, livelli di illuminazione costante e differenziata nelle zone di maggior necessità). I tubi al neon sono da preferire alle lampade ad incandescenza. Le sorgenti devono essere: • installate in alloggiamenti interni alle pareti e/o ai soffitti, ma privi di ricettacoli idonei alla

colonizzazione di insetti; • schermate per evitare la diffusione di vetro in caso di rottura accidentale; • disposte in modo da non lasciare zone d’ombra, non abbagliare gli operatori, non determinare

contrasti eccessivi da illuminazione differenziale localizzata.

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Servizi igienici. In ogni reparto devono essere dislocate attrezzature idonee al lavaggio/disinfezione delle mani degli operatori, provviste di azionatori a pedale o a fotocellula di acqua calda e fredda, sapone liquido /disinfettante, carta per l’asciugamento delle mani e apposito bidone di raccolta della carta usata. Sono da evitare gli asciugatori ad aria calda o l’impiego di asciugamani in tessuto anche se a riavvolgimento e scomparsa. Questi lavandini devono essere posizionati in aree che debbano essere necessariamente percorse dal personale ogni volta che escono dai servizi igienici e il loro uso dovrebbe essere obbligatorio ad ogni ingresso nei locali di lavorazione. I servizi igienici (in numero minimo di 2 ogni 20 addetti) non devono essere in comunicazione diretta con i locali di lavorazione e/o magazzinaggio; devono essere mantenuti in condizioni igieniche accettabili per l’intera giornata e sottoposti a idoneo lavaggio e disinfezione ogni giorno. Appositi manifesti dovranno riportare inviti a utilizzare i lavandini ad ogni ripresa di lavoro. Qualità dell’acqua. La disponibilità e l’impiego di acqua fredda e calda potabile e sotto pressione devono essere assicurati per tutte quelle operazioni nelle quali i prodotti vengono a contatto con l’acqua nelle zone B, C, D, ed E e comunque nell’intera fabbrica per il lavaggio e il risciacquo di impianti e attrezzi di lavoro. L’acqua di raffreddamento delle confezioni dopo il trattamento termico di stabilizzazione deve avere le stesse caratteristiche di potabilità microbiologica prevista per l’acqua destinata al consumo umano (DPR 236/1988). Al fine di mantenere queste caratteristiche durante l’impiego, soprattutto se utilizzata in condizioni di pressione atmosferica o sotto vuoto, l’acqua deve essere clorata in quantità tale che dopo l’impiego ci sia ancora una minima quantità di cloro libero (0,2 mg/l). Il dosaggio iniziale dipende dalla qualità e dal grado di sporcamento da sostanza organica delle confezioni e degli impianti; è opportuno ricordare che prima dell’impiego devono essere garantiti dei tempi di contatto minimi che possono variare in base al tipo di agente clorante utilizzato (ridotti per il biossido, di almeno 20 minuti per l’ipoclorito). Le acque tecnologiche che non vengono a contatto diretto con le sostanze alimentari (produzione di energia termica, installazioni frigorifere, rete antincendio, ecc.) non devono essere necessariamente potabili ma devono essere isolate in appositi circuiti, possibilmente segnalati esternamente con colori che distinguano queste reti da quella dell’acqua potabile al fine di evitare qualsiasi commistione dovuta a connessioni accidentali che possano essere effettuate.

Rifiuti solidi È indispensabile prevedere un idoneo sistema di allontanamento degli scarti solidi, che possono essere causa di contaminazione per le materie prime e per i prodotti in fase di lavorazione. All’interno dello stabilimento e di locali di lavorazione devono essere installati appositi contenitori per i rifiuti solidi, muniti di coperchio o di altra chiusura, di tipo e colori diversi da quelli usati per le sostanze lavorate. È opportuno avere contenitori diversi per tipologia di scarto (materiale organico, plastica, cartone, vetro). Tali contenitori dovranno essere di ridotta capacità per evitare stoccaggi di durata eccessiva all’interno dei locali di lavorazione e vuotati con adeguata frequenza. Al termine di ogni giornata di lavoro dovranno essere sempre vuotati, lavati e possibilmente disinfettati. All’esterno dei locali di lavorazione devono essere posizionati i contenitori per lo stoccaggio e l’allontanamento dei rifiuti solidi;è preferibile avere contenitori carrellabili di metallo o altro materiale che consenta una facile pulizia e lavaggio. Le aree di stoccaggio dei rifiuti speciali e dei residui di lavorazione devono essere ben individuabili, isolate e difese dall’invasione di roditori., uccelli e insetti al fine di evitare la contaminazione delle sostanze in lavorazione e degli ambienti. Qualora si tratti di rifiuti speciali, le aree di stoccaggio devono essere autorizzate ai sensi del DPR 915/82 e successive modifiche).

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Effluenti idrici Le acque di scarico derivanti dai processi produttivi devono essere raccolte e allontanate dall’ambiente di lavorazione attraverso idoneo sistema di evacuazione che eviti ogni possibilità di ristagno e di rigurgito. La rete fognante deve essere adeguatamente protetta per non risultare linea di possibile accesso da parte di roditori. Le acque allontanate dalla zona di lavorazione dovranno essere adeguatamente trattate al fine di rispettare le normative di legge in materia (L. 152/99 e successive modifiche). Gli impianti di depurazione degli effluenti idrici dovranno prevedere un trattamento primario di filtrazione fine, una vasca di bilanciamento, un trattamento chimico-fisico di chiaroflocculazione e flottazione (in presenza di oli o grassi), un trattamento biologico completo di ossidazione e di sedimentazione e un impianto di trattamento dei fanghi di supero (digestione e disidratazione). In caso di assenza di impianti di depurazione (microimprese) le acque dovranno essere raccolte e conferite ad impianto di depurazione autorizzato.

Raccomandazioni ulteriori Tutte le attrezzature (tubazioni, aperture, finestrature, telai, apparecchi di illuminazione, blindosbarre, ecc) sospesi o comunque posizionati sopra le linee di lavorazione dovrebbero essere installati e costruiti in modo da non costituire una fonte possibile di contaminazione a causa della condensazione dei vapori con conseguente gocciolamento, o del deposito di polvere e sporcizia in genere o ancora per facilità di distacco di materiale di coibentazione o rivestimento particolare fragile. In fase di costruzione, ma anche di gestione devono essere evitate con cura tutte le possibilità di accesso, insediamento e proliferazione di colonie di animali di qualsiasi genere (vedi successivo 4.4).

Lo stabilimento di trasformazione: parte impiantistica

Materiali, attrezzature e impianti Tutte le attrezzature e gli impianti devono essere di materiali resistenti alee sollecitazioni fisiche e alle aggressioni chimiche previste dalle lavorazioni e comunque, di preferenza, di acciaio inox 304 o 316 (prodotti acidi di particolare aggressività, salamoie), alluminio (da evitare per prodotti acidi aggressivi) o materiali plastici, con superfici lisce e angoli arrotondati. Le attrezzature di ferro devono essere opportunamente verniciate con materiale adeguato sia dal punto di vista della protezione offerta sia da quello, del rispetto delle norme di legge per i materiali destinati a venire a contatto con gli alimenti (DPR 777/10.9.82 e succ. mod.). È da evitare l’impiego di attrezzi e impianti con parti in legno o di altri materiali difficili da pulire e disinfettare o di altri materiali metallici che danno facilmente corrosione a contatto con detergenti, disincrostanti o le stesse sostanze lavorate. Le apparecchiature devono essere opportunamente separate le une dalle altre, distare dal pavimento e dalle pareti quanto basta per un’agevole ispezione, lavaggio e disinfezione. Le condutture di acqua, vapore, gas, aria compressa, ecc. devono essere ben separate, identificabili facilmente e agevolmente ispezionabili (preferibilmente non a soffitto) lavabili, dipinte con colori differenziati ma di tonalità chiare. I diversi stadi delle linee di lavorazione devono essere posizionati consecutivamente, preferibilmente secondo criteri di linearità. Il contatto operatore/prodotto deve essere limitato alle operazioni strettamente indispensabili e gli operatori devono essere in grado di lavorare con il maggior comfort possibile, ma nel rispetto delle norme specifiche di sicurezza previste (in particolare DPR 303/56, DPR 547/55 e 626/94).

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L’acqua L’acqua deve essere disponibile in quantità e qualità sufficienti. A parte quanto già detto al punto 14.2.7 è necessario disporre di acqua potabile per la preparazione di ogni liquido destinato a costituire parte del prodotto finale (liquidi di governo, salamoie leggere, ecc.). Il circuito di acqua potabile deve essere individuato mediante specifica colorazione delle tubature e non deve consentire commistioni con altre acque di processo.

Vapore Il vapore che viene a diretto contato con il prodotto animale o vegetale (scottatura, pelatura, ecc. in caso di preparazioni gastronomiche che includano l’utilizzazione di alimenti vegetali accoppiati al pesce) e il vapore “sanitario”, cioè quello utilizzato per sanitizzare tubazioni, apparecchiature e serbatoi che verranno poi a contatto diretto con la sostanza alimentare (impianti di confezionamento asettico) non deve contenere alcun residuo che possa costituire una minaccia per la salubrità del prodotto finito (idrazina, ecc.). Anche i prodotti chimici utilizzati per il trattamento dell’acqua destinata alla produzione di questo vapore dovranno essere del tipo approvato e consentito dalla legislazione vigente. Anche in questo caso la linea del vapore dovrà essere separata e ben individuabile. Il vapore utilizzato invece come fonte di energia termica, adeguatamente separato da quello precedente, non necessita delle suddette prescrizioni.

Varie Per quanto riguarda energia elettrica, eventuale stoccaggio e trasporto gas tecnici, detenzione e stoccaggio di reattivi chimici per il laboratorio, ecc, si fa riferimento alle normative specifiche di sicurezza negli ambienti di lavoro e in particolare alle leggi 46/90 e 626/94. I trasporti interni devono anch’essi rispettare le normative vigenti; in particolare per i carrelli elevatori: sono da sconsigliare quelli con motore a scoppio.

Lavaggi e disinfezioni di impianti, attrezzi e locali L’obiettivo del lavaggio e della disinfezione degli impianti, delle attrezzature e dei locali (con esclusione degli impianti che necessitano di un trattamento sterilizzante) deve essere di avere una carica microbica residua massima di 1 u.f.c./cm2. Il lavaggio con acqua potabile e possibilmente clorata ha lo scopo di rimuovere le sostanze organiche ed inorganiche depositate e facilitare le successive fasi di pulizia e disinfezione. La pulizia deve essere effettuata con opportuni detergenti eventualmente addizionati con disincrostanti (acidi/basi) che hanno lo scopo di eliminare le sostanze che aderiscono alle superfici e che non vengono eliminate con il semplice lavaggio (in particolare le sostanze idrofobe o le incrostazioni e deve essere sempre seguita da un risciacquo idoneo a eliminare eventuali residui delle sostanze chimiche utilizzate. La disinfezione segue la pulizia e deve essere effettuata con vapore o acqua calda contenente sostanze disinfettanti (cloro, iodoformi, ecc.). La disinfezione con vapore, ove applicabile, è sicuramente da preferirsi; la disinfezione chimica per essere efficace deve essere condotta in modo corretto, seguendo dosi, modalità e tempi di applicazione indicati dalla ditta fornitrice. La frequenza con la quale vanno eseguite le operazioni di lavaggio, pulizia e disinfezione degli impianti e dei locali è correlata al tipo di lavorazione, di impianti e di materie prime utilizzate, alla continuità o discontinuità di lavorazione (abituale o occasionale) e viene di norma stabilita da un’osservazione diretta effettuata in modo corretto e responsabile. La presenza di tecnici qualificati, di laboratori di analisi e di squadre specializzate per la pulizia e disinfezione degli impianti e degli ambienti è da ritenersi assolutamente auspicabile. Di seguito viene fornita un’ulteriore specifica all’impiego dei disinfettanti.

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Tabella riepilogativa disinfettanti

I p o c l o r i t i I o d o f o r i

S a l i a m m o n i o q u a t e r n a r i o

A n f o t e r i

C a m p o d i a p p l i c a z i o n e

A c q u a , a t t r e z z a t u r e , i m b a l l a g g i , p i a n i d i l a v o r o

A c q u a , a t t r e z z a t u r e , i m b a l l a g g i , p i a n i d i l a v o r o

A t t r e z z a t u r e p i a n i d i l a v o r o , i n t e r n o i m p i a n t i

A t t r e z z a t u r e , s u p e r f i c i c u t a n e e

C o s t o B a s s o M o d e s t o M o d e s t o M e d i o A z i o n e s u : b a t t e r i g r a m + + + + + + +

b a t t e r i g r a m - + + + - + +

s p o r e + + + - + l i e v i t i + + - + m u f f e + + - - T o s s i c i t à a l l e c o n c e n t r a z i on i d ’ u s o

- - -

-

A z i o n e c o r r o s i v a + + + - -

p H s o l u z i o n e A l c a l i n o A c i d o N e u t r o / a l c a l i n o A l c a l i n o

P o t e r e p e n e t r a n t e S c a r s o B u o n o B u o n o B u o n o

La difesa dalle infestazioni da parassiti animali Obiettivi Il presente documento intende fornire una serie di indicazioni, di carattere generale, per la messa a punto di un sistema pianificato e documentato di difesa delle industrie alimentari, al fine di ridurre al minimo le probabilità che organismi animali possano contaminare gli alimenti durante il ciclo produttivo. Definizioni

o parassita: ogni organismo animale in grado di contaminare gli alimenti; o contaminazione: la presenza di qualsiasi materiale estraneo negli alimenti, di natura biotica e

non, in grado di costituire un rischio per la salute dell’uomo; o prevenzione: l’insieme delle misure, dirette ed indirette, atte ad impedire la penetrazione dei

parassiti negli edifici ed il loro contatto con gli alimenti; o lotta: le azioni dirette alla soppressione degli infestanti o alla riduzione del loro numero; o monitoraggio: la ricerca ed il rilevamento sistematico di un parassita in un determinato

ambiente.

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Generalità La difesa dalle infestazioni nelle industrie alimentari si attua predisponendo opportune misure volte ad ostacolare l’ingresso e l’insediamento di parassiti (insetti, acari, roditori, uccelli)in ambienti ove si producono, trasformano o conservano alimenti per l’uomo, insieme ad un razionale programma di lotta che preveda il ricorso ai mezzi più appropriati (chimici, fisici, meccanici, ecc.) per la soppressione degli agenti infestanti già penetrati o in fase di penetrazione. È necessario che l’azienda individui a tale scopo un responsabile con il compito di definire le misure di prevenzione e di monitoraggio necessarie, gli interventi di lotta più opportuni da seguire (o far eseguire, se affidati a ditte esterne e di compilare e mantenere aggiornata la relativa documentazione. Prevenzione delle infestazioni Le opere di prevenzione sono da ricondursi essenzialmente ad interventi – principalmente a carico delle strutture dell’edificio – volti a ridurre le possibilità di penetrazione negli stabilimenti da parte dei parassiti e ad interventi di miglioramento dell’igiene ambientale delle aree interne ed esterne, al fine di renderle inadatte ala loro permanenza. Esclusione Sono le misure atte ad impedire fisicamente l’accesso dei parassiti agli ambienti di produzione, trasformazione e conservazione degli alimenti. Consistono quindi in modificazioni strutturali degli edifici tali da innalzare una barriera non superabile tra parassiti e ambiente di lavoro. Per tale motivo è necessario:

o ostruire e sigillare con opportuni materiali (cemento, gesso, resine, stucchi, ecc.) qualsiasi fessura presente nelle opere murarie o negli infissi (per esempio in conseguenza di opere di manutenzione);

o provvedere all’isolamento e alla ostruzione dei condotti di alloggiamento delle utenze elettriche e/o telefoniche che si addentrano nell’edificio e che si originano da cabine esterne;

o verificare che tutti gli ingressi garantiscano adeguata separazione dello stabile a livello del terreno, disponendo, in caso negativo, di battenti gommati sostituibili;

o munire le finestre apribili verso l’esterno di reti anti-insetto sostituibili (zanzariere); o provvedere, in corrispondenza degli sbocchi della rete fognaria all’aperto, alla collocazione

di una rete o altro ostacolo anti-intrusione. Analogo provvedimento si rende necessario per le caditoie presenti all’interno dello stabilimento;

o applicare dischi o placche di lamiera ricurva, di diametro di almeno 20 cm, a fili e cavi elettrici sospesi, tubi di gronda e condotte varie, per impedire il transito e l’ingresso dei roditori nello stabilimento,

o applicare sui muri a circa 50 cm da terra, in prossimità dei punti dove topi o ratti possono arrampicarsi (es. muri scabri) e raggiungere punti di ingresso, un lamierino di circa 30 cm di altezza.

Poiché frequentemente nelle industrie alimentari avvengono modificazioni (es. l’introduzione di nuovi macchinari) tali da comportare alterazioni strutturali significative, l’esecuzione degli interventi di esclusione deve essere vista in maniera dinamica; è necessario per tale motivo verificare periodicamente che le barriere messe in atto siano ancora efficaci e che non vi sia possibilità alcuna che queste vengano aggirate dai parassiti. Miglioramento dell’igiene ambientale Sono tutti gli interventi destinati a rimuovere le cause che possono favorire l’avvicinamento o la permanenza dei parassiti nei pressi delle aree di lavorazione degli alimenti o all’interno di esse. In genere devono essere attuati insieme alle pratiche di esclusione e successivamente a provvedimenti di lotta, eseguiti allo scopo di ridurre il più possibile il numero di parassiti che gravitano intorno allo stabilimento e che potrebbero addentrarsi in conseguenza delle opere di riordino dell’ ambiente.

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Si possono ricondurre, in linea di massima, ad una serie di operazioni necessarie per ripristinare adeguate condizioni di ordine e di igiene sia nell’area circostante l’edificio sia all’interno, nei reparti di produzione e nei magazzini di conservazione degli alimenti. Tali opere sono:

o il taglio periodico della vegetazione spontanea eventualmente presente nei dintorni dello stabilimento;

o la deposizione di un nastro di asfalto o la creazione di una massicciata, preferibilmente in cemento, a contorno dello stabile per un anello di almeno 5 metri di larghezza;

o l’allontanamento di ogni materiale di scarto, o comunque non utilizzato, dall’area perimetrale dello stabile o dei reparti (ad es. vecchi macchinari dimessi);

o lo stoccaggio dei rifiuti lontano dagli ingressi, in containers adeguati per dimensioni e numero, ai volumi di lavorazione dell’azienda, a tenuta ermetica e collocati su una piazzola di cemento periodicamente sanificata;

o l’allontanamento, almeno giornaliero, dei rifiuti dalle aree interne e la disinfezione dei contenitori con sanificanti;

o la sostituzione del materiale coibente degli impianti (ad es. di tubazioni calde che presenti screpolature, fessurazioni o rotture;

o la deposizione ordinata di materie prime e prodotti nei rispettivi magazzini, mantenendoli opportunamente scostati dal muro e sollevati da terra quanto basti per effettuare le pulizie e la sorveglianza dell’area in questione;

o la rimozione delle condizioni che favoriscono la creazione di macro e micro ambienti caldo-umidi, specie se poco illuminati;

o la pulizia accurata dei diversi reparti al termine delle operazioni di lavoro giornaliere, avendo cura di rimuovere i residui alimentari che si accumulano in fessure di pavimenti, sulle superfici di lavoro e sotto gli impianti.

Lotta alle infestazioni È l’insieme delle azioni di varia natura (chimiche, fisiche, meccaniche, ecc.) dirette alla riduzione dei parassiti in fase di avvicinamento e/o penetrazione, oppure già introdotti, negli ambienti di lavorazione e conservazione degli alimenti. Per la messa in atto di un razionale programma di contenimento delle infestazioni, il personale che dirige le operazioni di lotta deve avere sufficienti conoscenze sugli aspetti biologici dei parassiti e sulle caratteristiche dei mezzi chimici utilizzati, in termini di tossicità, persistenza, meccanismi d’azione, repellenza, ecc. È inoltre necessario seguire alcune regole di carattere generale:

o devono essere considerati a priori tutti i possibili mezzi a disposizione, identificando di volta in volta i più idonei allo scopo e la loro utilizzazione più efficace;

o il ricorso ai mezzi chimici non deve essere esclusivo, ma essenziale, valorizzando l’utilizzo degli altri mezzi che la ricerca e le nuove tecniche di disinfestazione offrono;

o l’impiego dei mezzi chimici deve essere affidato a personale munito di regolare autorizzazione e degli opportuni mezzi di protezione;

o all’interno dei reparti produttivi è preferibile utilizzare antiparassitari caratterizzati da azione rapida e ridotta persistenza. L’impiego di mezzi chimici ad attività residua, prolungata nel tempo, dovrebbe essere previsto solo nei siti preferenziali di ricovero e annidamento degli infestanti;

o prima e dopo l’impiego di insetticidi negli ambienti, gli impianti devono essere lavati abbondantemente con acqua. Prima dell’intervento gli alimenti esposti all’aria devono essere allontanati. Tutto ciò che può essere contaminato dall’accidentale caduta di insetti uccisi e non allontanabile dall’area oggetto del trattamento (es. impastatrici, tramogge) deve essere coperto con film o teli plastici a tenuta;

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o i macchinari e le attrezzature contenenti motori o parti calde devono essere spenti prima dell’intervento con antiparassitari per evitare la rapida degradazione su di esso del principio attivo;

o gli interventi antiparassitari devono essere svolti quando l’attività lavorativa è sospesa. Le operazioni che avvengono nel reparto oggetto di disinfestazione potranno riprendere solo dopo aver rispettato il tempo necessario all’antiparassitario per degradarsi o per essere eliminato;

o dopo l’esecuzione delle operazioni gli addetti alla disinfestazione devono lavarsi accuratamente le mani e il viso.

Il monitoraggio delle infestazioni È una pratica che ha lo scopo di intercettare tempestivamente un agente biotico estraneo nelle vicinanze o all’interno di un ambiente. Ha inoltre la funzione di indicare il superamento delle barriere poste alla penetrazione di agenti infestanti. Il controllo della presenza dei parassiti animali si applica agli ambienti di manipolazione e conservazione degli alimenti. Le materie prime, i coadiuvanti e gli imballaggi devono essere anch’essi controllati al loro ingresso nello stabilimento, in quanto possono trasferire eventuali contaminazioni dal fornitore al produttore. I mezzi a disposizione per la sorveglianza degli stabilimenti sono molteplici e caratterizzati da diversa efficacia a seconda del tipo di infestante. È opportuno sottolineare che, al di là del particolare mezzo utilizzato come monitoraggio, riveste un’ importanza fondamentale il periodico controllo e il rilevamento numerico degli infestanti catturati o comunque segnalati. Lampade a luce miscelata o UV, trappole a feromoni, con attrattivi alimentari o per la cattura di animali vivi, bande adesive, ecc. sono alcuni esempi di mezzi che, se collocati opportunamente e attraverso un sopralluogo saltuario ma costante, consentono l’immediata individuazione di un avvenuto superamento delle barriere poste alla penetrazione di parassiti e una stima approssimativa del loro numero. In questo senso anche le opere di miglioramento ambientale, favorendo l’immediata segnalazione dei segni tipici della presenza di infestanti, coadiuvano le operazioni di monitoraggio. Poiché le tecniche di monitoraggio risultano essere dopotutto esse stesse un metodo di cattura degli infestanti, la loro applicazione può sostituire gli interventi con i tradizionali mezzi chimici in presenza di bassi livelli di infestazione.

I documenti della disinfestazione Generalità Gli interventi di disinfestazione, sia che vengano svolti da un servizio aziendale interno o da una Società specializzata, devono lasciare una chiara e sintetica documentazione su quanto viene svolto in azienda per il contenimento delle infestazioni e per la pronta identificazione delle aree interessate dagli interventi contro i parassiti. Scopi della documentazione La compilazione di documenti di registrazione ha lo scopo principale di definire, con esattezza ed in forma scritta, quanto è stato messo in atto per la difesa delle infestazioni, dalla identificazione della/e specie infestante/i alla stima orientativa del numero di parassiti fino all’articolazione dell’intervento vero e proprio, con l’identificazione dei punti di applicazione dei mezzi di contenimento utilizzati. Nelle operazioni di monitoraggio, la documentazione temporale delle osservazioni relative alla presenza di infestanti negli ambienti e nelle aree esterne fornisce utili indicazioni per un giudizio sull’efficacia degli interventi di lotta intrapresi e per valutare la tenuta delle barriere fisiche erette contro la penetrazione dei parassiti. Tipi di documenti

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I documenti della disinfestazione devono essere di facile lettura e compilazione onde evitare inutili perditempo. Un esempio della documentazione necessaria viene fornito di seguito.

A) La pianta dell’ azienda Su una piantina topografica, in cui siano presenti sia le aree coperte che il perimetro esterno, devono essere riportati, a cura del servizio di disinfestazione, i punti in cui sono state collocate postazioni permanenti (ad esempio esche per roditori o insetti, trappole, ecc.) per il contenimento o il monitoraggio delle infestazioni, al fine di una pronta individuazione dei punti di rilevamento durante i periodici sopralluoghi. Ogni variazione nella collocazione delle postazioni deve essere riportata attraverso aggiornamenti periodici sulla piantina; le copie non più aggiornate devono essere conservate in un apposito registro dal responsabile aziendale della disinfestazione.

B) Le schede di monitoraggio. Hanno lo scopo di registrare la presenza degli infestanti segnalati con i mezzi di monitoraggio. Il servizio di disinfestazione - aziendale o affidato ad una società esterna – deve provvedere alla compilazione delle schede approntate per questo scopo e alla loro conservazione in un apposito registro. Il confronto delle diverse schede risulta essere uno strumento per valutare nel tempo l’andamento di una infestazione e gli effetti su di esse delle contromisure messe in atto. A tale riguardo si riportano, nelle schede 6.1 e 6.2 due esempi per la registrazione di operazioni di monitoraggio; la prima scheda è stata redatta per la segnalazione di roditori, la seconda per insetti striscianti (blatte).

C) Le schede di intervento. Servono ad individuare e documentare le misure dirette, chimiche e non intraprese per la riduzione del numero dei parassiti. Nel caso di intervento con mezzi chimici, la scheda deve indicare il giorno dell’intervento, il tipo di principio attivo utilizzato, la formulazione del prodotto, la dose di impiego, l’attrezzatura adoperata per la distribuzione, le aree oggetto del trattamento, ecc. Nel caso di ricorso a mezzi alternativi a quello chimico, è necessario registrare tutto ciò che può servire per identificare il tipo di intervento e l’entità delle contromisure adottate (ad esempio il numero e il tipo di trappole o di strisce adesive distribuite). A tale riguardo si riportano, nelle schede seguenti, alcuni esempi di modelli di registrazione di interventi, rispettivamente contro roditori e insetti striscianti (blatte).

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Scheda di monitoraggio roditori Area Interna

Ditta:______________ Controllo n°:______________ Data:_______________

Punto n° Escrementi/ rosicchiature

Individui catturati

Altre segnalazioni

1 2 3 4 5 6 7 9 10 11 12 13 14 15

Note generali:______________________________________________________________

______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

L’esecutore dell’intervento Il Responsabile aziendale ______________________ _____________________

(firma leggibile)

(firma leggibile )

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Scheda di intervento blatte Ditta:________________ Controllo: __________________ Data_______________ Area produttiva/Reparto Tipo di infestante Blatta orientalis Blattella germanica Altre

Insetti vivi si no Insetti nelle trappole si no

STATO DELL’INFESTAZIONE

Apparente assenza di insetti si no PRODOTTI UTILIZZATI E QUANTITÀ DISTRIBUITE Nome commerciale :________________________________________________________ Principi attivo: ____________________________________________________________ Formulazione: _____________________________________________________________ Quantità distribuita: _________________________________________________________ Attrezzatura utilizzata per la distribuzione: ______________________________________ N° trappole alimentari: _______________________________________________________ Data ultimo intervento antiparassitario: ______________________________________ Note generali: L’esecutore dell’intervento Il Responsabile aziendale ______________________ _____________________ (firma leggibile) (firma leggibile)

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Igiene personale e formazione Si riportano, per opportuna conoscenza dei responsabili delle più piccole aziende di trasformazione dei prodotti della pesca, due concetti fondamentali per la buona prassi igienica da osservare nel corso della preparazione degli alimenti conservati, concetti ben ribaditi dal legislatore (D.Lgs. 155/97 Allegato- cap. VIII e X) e che riguardano l’igiene personale e la formazione professionale degli addetti:

Igiene personale o Ogni persona che lavora in locali per il trattamento di prodotti alimentari deve mantenere

uno standard elevato di pulizia personale ed indosserà indumenti adeguati, puliti e, se del caso protettivi.

o Nessuna persona riconosciuta o sospetta di essere affetta da malattia o portatrice di malattia trasmissibile attraverso gli alimenti o che presenti, per esempio, ferite infette, infezioni della pelle, piaghe o soffra di diarrea può essere autorizzata a lavorare in qualsiasi area del trattamento degli alimenti, a qualsiasi titolo qualora esista una probabilità, diretta o indiretta di contaminazione degli alimenti con microrganismi patogeni.

Formazione o I responsabili dell’industria alimentare devono assicurare che gli addetti siano controllati e

abbiano ricevuto un addestramento o una formazione, in materia di igiene alimentare, in relazione al tipo di attività.

Sui due articoli di legge appena ricordati si tratterà negli allegati che seguono.

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Allegati

Procedure di Pulizia, disinfezione ed igiene personale per le Imprese Alimentari PRINCIPI GENERALI

I locali destinati alla lavorazione degli alimenti devono avere i seguenti requisiti:

a) Dimensioni sufficienti perché non ci si ostacoli durante il lavoro; b) Superfici lisce, impermeabili, facilmente lavabili, ecc.; c) Pavimenti di materiale resistente, impermeabile, facilmente lavabile, con pendenza appropriata; d) Angoli arrotondati tra pavimenti e pareti per favorire l’allontanamento dello sporco; e) Illuminazione sufficiente e tale da non modificare il normale colore dei prodotti lavorati; f) Un buon impianto di climatizzazione in modo da mantenere la temperatura la più bassa possibile

compatibilmente con la salute delle maestranze; g) Un buon sistema di aerazione che permetta l’allontanamento degli odori e dei vapori h) Acqua potabile ed energia sufficiente alle attività che vi si svolgono i) Dispositivi per la lotta contro insetti e roditori, j) Il personale deve essere sufficientemente addestrato oltre che sulle attività di produzione, anche

su tutto ciò che concerne pulizia e disinfezione personale ed ambientale e seguire con scrupolo tutte le prescrizioni indicate negli appositi poster affissi in Azienda

PULIZIA E LAVAGGIO I residui organici di grassi e proteine dalle superfici di tutto ciò che entra in contatto con gli alimenti vanno rimossi utilizzando soluzioni calde di carbonato di sodio al 5% (Soda Solvay) avendo cura di indossare guanti di protezione in plastica per le mani ed occhiali con protezione laterale di sicurezza per gli occhi. I residui calcarei ed inorganici in generale, vanno invece rimossi con soluzioni di acido citrico al 5% . Fondamentale è il risciacquo successivo che deve essere effettuato esclusivamente con acqua potabile fino a che l’acqua di risciacquo sia neutra DISINFEZIONE Ha lo scopo, dopo il lavaggio, di ridurre a tassi minimi il numero dei microrganismi contaminanti e che trovano fertilissimo terreno di coltura in tutti gli alimenti specie se ad elevato contenuto d’acqua. Una buona disinfezione può essere ottenuta utilizzando il normale ipoclorito di sodio (varechina) in soluzione al 3% sia per i pavimenti che per tutte le altre superfici lasciando agire per pochi minuti e ricordando che è importantissimo, per le superfici o i contenitori o le attrezzature che devono entrare in contatto con gli alimenti, il risciacquo finale con acqua potabile, per allontanare lo sgradevole odore dell’ipoclorito che ha, però, il vantaggio di essere attivo per quasi tutti i microrganismi compresi i virus e le muffe. In alternativa possono essere utilizzati i sali quaternari di ammonio in soluzione al 5% che non presentano problemi di odori o sapore ma che, d’altro canto, non hanno un’azione particolarmente efficace su spore e virus. PROCEDURE D’INTERVENTO Forse non è inutile rammentare, ancora una volta, l’assoluta necessità della pulizia ed igiene personale per tutti coloro che in qualunque modo entrano in contatto con gli alimenti ed, in special modo, a coloro che li preparano, producono, manipolano o distribuiscono. Per tutti è di fondamentale importanza osservare poche e semplici regole che consistono essenzialmente nel

o Tenere puliti mani, unghie e capelli o Evitare di toccare orecchie, naso, bocca e capelli durante il lavoro

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o Indossare l’adatto vestiario ed il copricapo che devono essere sempre puliti così come i calzari che, prima di entrare in produzione, devono essere sanificati con lo specifico sistema a spazzole rotanti e soluzione sanificante

o Coprire con cerotti impermeabili gli eventuali tagli alle mani o Evitare di toccare la parte degli attrezzi di lavoro destinata a venire in contatto con gli

alimenti o Riferire le proprie malattie -anche un semplice raffeddore o i disturbi della pelle- e prendere

le opportune precauzioni (mascherine, guanti o quant’altro consigliato dal medico aziendale) Tornando ora alle procedure da seguire per la pulizia di pavimenti bisogna ricordare che la prima operazione è quella di asportare con un qualunque sistema ad aspirazione (aspiarpolvere industriale capace di aspirare contemporaneamente anche i liquidi) o avendo comunque l’accortezza di non sollevare polvere, tutti i residui che possono essere sul pavimento, quindi passare ad un lavaggio preliminare con acqua fresca e solo dopo, applicare la soluzione detergente prescelta (tensiottivi alcalini, soda solvay,) che va spazzolata su tutta la superficie del pavimento per rimuovere tutto lo sporco grasso che vi si è depositato. Dopo alcuni minuti di permanenza della soluzione detergente sul pavimento, risciacquare con acqua pulita avendo cura di asportare con cura ogni traccia della soluzione precedente. Passare quindi alla disinfezione con ipoclorito al 3% , o con altro sanificante, e, dopo alcuni minuti (in genere è sufficiente attendere il tempo necessario per passare tutto il pavimento prima di ricominciare dal punto di partenza) risciacquare con cura asportando con il tira acqua ogni traccia di umidità per garantire che ogni traccia di sudiciume o di detergente, che potrebbero contaminare o lasciare odori non graditi, sia stata rimossa. Per le attrezzature e gli strumenti di lavoro va seguita una procedura analoga compresa l’asportazione preventiva dei residui di alimenti o della polvere che durante la lavorazione precedente può essersi accumulata.

È ovvio che con le macchine e gli utensili destinati a venire in contatto con gli alimenti, è indispensabile essere ancora più accurati e meticolosi che con i pavimenti, in quanto le contaminazioni, specie quelle crociate, sono ancora più temibili e probabili.

L’attenzione che, pertanto, è necessario dedicare a questo problema deve essere ancora più puntuale e rigorosa in quanto tutto ciò che entra in contatto con le strumentazioni può essere ritrovato, poi, negli alimenti, ivi comprese le tracce dei detergenti o dei sanificanti che possono costituire pericolo per la salute oltre ad essere motivo di contestazione da parte dell’Autorità Sanitaria preposta al controllo.

Le verifiche e le ispezioni , dopo i risciacqui, devono essere ancora più attente ed è bene ricordare che è preferibile allontanare le tracce dell’acqua del risciacquo finale utilizzando getti di aria compressa filtrata, meglio se calda. In alternativa usare i rotoli di carta a perdere e mai stracci riutilizzabili.

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Formazione - Appunti di lezione per i dipendenti delle Industrie Alimentari

CENNI DI MICROBIOLOGIA INTRODUZIONE AI MICRORGANISMI I microrganismi sono organismi viventi estremamente piccoli, microscopici, unicellulari.Alcuni microrganismi hanno una struttura cellulare eucariotica in cui, cioè, è presente un nucleo organizzato (alghe, protozoi, miceti). Alcuni microrganismi hanno una struttura cellurare procariotica in cui, cioè, non è presente un nucleo organizzato, pur essendo presente materiale nucleare (batteri). Ma che cosa è il nucleo della cellula? E’ la presenza di una zona specifica dove il materiale genetico è localizzato, quindi i batteri hanno il materiale genetico, ma non in un nucleo delimitato, bensì sparso nella cellula. SUDDIVISIONE DEI MICRORGANISMI I microrganismi si dividono in:

- batteri - • alghe - • miceti - • protozoi

I virus possiamo inserirli nei microrganismi e sono, a differenza degli altri sopracitati, strutture sub cellulari che per vivere devono penetrare all’interno di una cellula e moltiplicarsi al suo interno. PRESENZA DEI MICRORGANISMI NELL’ORGANISMO UMANO L’organismo umano non è sterile, ma presenta vari microrganismi. I microrganismi possono avere un’azione utile (ad es. la produzione di vitamina K nell’intestino). Inoltre sono utili perchè competono con l’arrivo di microbi patogeni, cioè quando un microbo patogeno arriva sulla superficie cutanea o mucosa dell’uomo, trovando già dei microrganismi deve gareggiare con loro, competere con loro per accaparrarsi le sostanze nutritive di cui ha bisogno. Se però un microrganismo cambia sede, può divenire patogeno; ad esempio l’Escherichia coli se passa dall’intestino alle vie urinarie causa un’infezione urinaria. DEFINIZIONI Patogeno: microbo in grado di generare malattia. Non patogeno: microbo non in grado di generare malattia. Patogeno opportunista: microbo che normalmente non è patogeno, ma in particolari condizioni è in grado di generare malattia. Saprofiti: microbi che vivono nell’ambiente. Commensali: microbi che vivono nell’uomo in cute, mucose senza avere azione patogena, anzi risultando utili per l’uomo. Parassiti: microbi che aggrediscono l’uomo generando malattia. VIE DI TRASMISSIONE DEI MICROBI Le vie che hanno i microbi per entrare nel nostro corpo sono numerose: • alimentare: i microbi entrano tramite alimenti e bevande • respiratoria: i microbi entrano con l’aria • cute: contatto diretto • puntura di insetto • trauma • mucose: apparato urinario-congiuntiva.

H A C C P (Hazard Analysis and Critical Control Points)

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L’ HACCP è l’insieme dei principi su cui è basato il sistema di analisi dei rischi e di controllo dei punti critici in una qualunque filiera alimentare. IL PIANO DI AUTOCONTROLLO Il Piano di Autocontrollo è l’insieme pianificato delle procedure e metodologie basate sui principi fondamentali del sistema HACCP, per mezzo delle quali viene garantita la salubrità dei prodotti alimentari. I PUNTI CRITICI I punti critici costituiscono i procedimenti o le fasi della lavorazione e/o distribuzione degli alimenti ove è possibile individuare un rischio di contaminazione del prodotto I PUNTI CRITICI DI CONTROLLO I punti critici di controllo costituiscono i procedimenti o le fasi della lavorazione e/o distribuzione degli alimenti ove, applicando uno specifico sistema di controllo, è possibile eliminare o ridurre a livelli accettabili un determinato rischio alimentare. DEFINIZIONE DI PERICOLO, RISCHIO, GRAVITÀ Tali termini possono generare confusione se citati impropriamente. Possiamo avere situazioni in cui la probabilità è bassa , ma la gravità è elevatissima e viceversa. Rischio e gravità sono fra loro indipendenti. Pericolo è l’agente biologico, chimico o fisico che rende un alimento dannoso.

Esempi: 1)pericolo chimico: è un pericolo chimico la presenza in un alimento di antiparassitari in eccesso; 2)pericolo fisico: è un pericolo fisico la presenza in un alimento di piccoli frammenti di vetro; 3)pericolo biologico: è un pericolo biologico la presenza in un alimento della tossina botulinica Rischio è la probabilità, la possibilità che si verifichi un danno a chi mangia: è, pertanto, un dato statistico e deve essere applicato ad ogni pericolo. Gravità è la dannosità per la persona. DEFINIZIONE DEI SETTE PRINCIPI DELL’ HACCP I sette principi fondamentali dell’ HACCP sono: 1) l’analisi del pericolo: consiste nell’individuare, nel percorso che compiono gli alimenti, tutti i

pericoli (chimici, fisici, biologici) che possono verificarsi e manifestarsi. 2) l’individuazione dei punti critici: consiste nell’individuare tutte quelle operazioni che

annullano o riducono al minimo la possibilità che il pericolo si manifesti 3) la definizione dei limiti critici: consiste nel decidere i valori di tipo chimico fisico biologico

presi come riferimento ideale, cioè che non dovrebbero essere superati, stabilendo anche i margini di tolleranza.

4) l’azione correttiva: consiste nel decidere le azioni da compiere quando il limite critico è superato.

5) il monitoraggio: consiste nell’ effettuare nel tempo i controlli stabiliti. 6) la documentazione: è la registrazione di quanto deciso nel piano HACCP e che ne dimostra

l’esecuzione quotidiana, continua. 7) la revisione: a scadenze determinate valutare se il piano è stato seguito sempre correttamente e

se deve essere modificato. NORME DI COMPORTAMENTO Le buone pratiche di comportamento sono tutte quelle azioni che, se eseguite correttamente, riducono o impediscono la possibilità d’errore e impediscono il verificarsi di tossinfezioni alimentari.

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Le buone pratiche possono così suddividersi: • personali • relative allo scarico • relative al deposito • relative alla preparazione • relative alla cottura • relative al congelamento

• relative al riscaldamento • relative alla somministrazione • relative al decongelamento • relative alla divisa • relative al lavaggio delle mani • spiegazione di come lavare le mani

Esaminiamo una per una quelle che interessano direttamente la preparazione: PERSONALI • lavorare con le mani pulite • lavorare con unghie corte pulite e senza smalto • lavorare con capelli corti, legati o con copricapo • lavorare solo se sani, evitando di lavorare con sintomi che fanno sospettare una malattia infettiva • lavorare senza monili (anelli, bracciali, orecchini) • se sono presenti ferite, in viso braccia, mani e avambracci, tali ferite devono essere ben protette • lavorare con idonea divisa • non fumare mentre si lavora • non tossire sugli alimenti • non starnutire sugli alimenti ACCETTAZIONE DEGLI ALIMENTI • verificare l’integrità della eventuale confezione, la regolarità dell’etichetta, la data di scadenza ed eventuale presenza di muffa (per gli alimenti confezionati) • valutare il sapore e l’odore, quando possibile • verificare la temperatura del mezzo di trasporto • non lasciare gli alimenti incustoditi • non lasciare gli alimenti al sole o esposti ad agenti esterni per troppo tempo EVITARE LA CONTAMINAZIONE CROCIATA DEGLI ALIMENTI • non usare gli stessi utensili per operazioni diverse • ordine, pulizia ed igiene nelle celle frigorifere e nei congelatori DIVISA PERSONALE • il camice o la divisa di lavoro devono essere sempre perfettamente puliti • il copricapo deve contenere completamente i capelli • le scarpe devono avere la suola gommata • indossare guanti monouso • usare la mascherina QUANDO LAVARE MANI • dopo l’uso del wc • dopo aver tossito • dopo aver starnutito • dopo aver toccato rifiuti

• dopo aver toccato cibi crudi e prima di procedere alle ulteriori fasi di lavorazione (es. confezionamento)

COME LAVARE LE MANI • con acqua calda • usare sapone detergente e disinfettante

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• il sapone deve essere liquido • asciugare con le salviette a perdere LIBRETTO SANITARIO Obbligatorio ai sensi della legge 283/62 e del Dpr 327/80 anche se può essere falsamente tranquillizzante. Infatti un problema è la instabilità dello stafilococco nella faringe e nel naso e nelle tonsille, che può essere ritrovato eseguendo un tampone naso faringeo; inoltre l’antibiotico utilizzato spesso non dà una bonifica persistente. PULIZIADEI LOCALI E DELLE ATTREZZATURE I locali devono essere tenuti puliti, sottoposti a manutenzione e tenuti in buone condizioni: impedire l’accumulo di sporcizia e il contatto con materiali tossici, la penetrazione di particelle nei prodotti alimentari. Seguire una corretta prassi igienica impedendo anche la contaminazione crociata, durante le operazioni, fra prodotti alimentari, apparecchiature, materiali, acqua, ricambio d’aria o interventi del personale escludendo agenti esterni di contaminazione quali insetti e altri animali nocivi. La frequenza delle operazioni di pulizia e sanificazione è indicata nella tabella seguente: S u b s t r a t i d a s a n i f i c a r e F r e q u e n z a d i s a n i f i c a z i o n e Attrezzature di servizio Dopo ogni utilizzazione

Superfici di lavoro Al termine della fase di lavoro e subito dopo l’uso

Pavimenti Almeno una volta al giorno Bidoni dei rifiuti Almeno una volta al giorno REGISTRAZIONI Poiché autocontrollo significa sapere quello che si fa, farlo correttamente e documentarlo è indispensabile registrare le eventuali anomalie che si dovessero verificare per poterle valutare e proporre le opportune azioni correttive. (Per i facsimile dei registri vedi avanti)

Decalogo per i lavoratori delle Aziende Alimentari

Chiunque operi in Aziende che preparano, producono, conservano, vendono o che a qualunque titolo somministrano alimenti, ha l’obbligo di tenere comportamenti tali da non costituire in alcun modo pericolo per la salute pubblica. E’ inoltre tenuto al controllo organolettico degli alimenti ed alla segnalazione di qualunque anomalia che possa comprometterne la idoneità igienico-sanitaria anche quando imputabile allo stato o alla funzionalità delle strutture aziendali o dei mezzi di trasporto.

E’ fatto obbligo a tutto il personale di rispettare le seguenti

∗DISPOSIZIONI E NORME DI CORRETTA PRASSI IGIENICA∗

1. Le mani devono essere tenute pulite lavandole con sapone e poi risciacquate con soluzioni disinfettanti. Durante il lavoro non si devono indossare anelli, orologi e quant’altro possa presentare pericolo di annidamento di batteri e costituire, quindi, fonte di contaminazione. Le unghie devono essere corte, prive di smalto e accuratamente spazzolate, i capelli devono essere corti, lavati con cura almeno due volte alla settimana e completamente raccolti sotto il copricapo: la forfora è un eccezionale veicolo di contaminazione batterica.

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2. Durante il lavoro indossare gli appositi indumenti forniti dall’Azienda e contenuti in armadietti individuali (camici o divise puliti, guanti monouso, copricapo, davantini, mascherine di tipo sanitario e quant’altro facente parte della divisa di servizio)

3. Prima di utilizzare i servizi igienici, depositare il camice nell’antibagno. E’ fondamentale

prestare molta attenzione alla successiva pulizia, soprattutto delle mani e delle unghie, per evitare ogni possibile, e peraltro facile, contaminazione degli alimenti.

4. E’ assolutamente vietato fumare, mangiare o bere durante il lavoro e nei locali di servizio. 5. Controllare che il pesce e gli ingredienti di preparazione non presentino anomalie o alterazioni

visive o olfattive o di qualunque altra natura (caratteristiche organolettiche). In caso di controllo positivo NON utilizzare per nessun motivo il prodotto incriminato.

6. Utilizzare solo attrezzature di lavoro perfettamente pulite. 7. Non utilizzare gli stessi guanti monouso per servizi diversi: i guanti si contaminano come le

mani! 8. Prestare estrema attenzione alla temibile presenza di insetti o roditori e segnalare

immediatamente ogni anomalia alla Direzione. 9. Per arieggiare i locali non aprire o rimuovere le reti antinsetti. 10. Oltre alle normali e giornaliere operazioni di pulizia, provvedere alla sanificazione quotidiana

dei servizi igienici, delle attrezzature, dei piani di lavoro e dei pavimenti con soluzioni igienizzanti o con vapore ad alta temperatura.

La Direzione

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Denominazione Ditta

Scheda rilevamento dei prodotti deperibili

Fornitore: Integrità della confezione:

si no

Prodotto Refrigerato Congelato Surgelato

Omogeneità lotto:

si no Rispondenza doc. commerciale: si no

Aspetto del prodotto:

normale alterato

Peso: Corpi estranei : si no

Confezionamento:

si no

Etichettatura regolare:

si no

Idoneità del trasporto/condizioni igieniche del

mezzo:

conformi accettabili non conformi

Temperatura °C

Scadenza: Controlli sanitari: Si No

Note:

Data: Accettato Respinto Il Compilatore:

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Denominazione Ditta:

Registro per l’annotazione delle non conformità e delle relative azioni correttive Data Non conformità rilevata Azioni correttive Il rilevatore

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Denominazione Ditta:

Scheda rilevamento temperature frigoriferi e celle Frigo/Cella n.

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D e n o m i n a z i o n e D i t t a

Scheda per la verifica mensile dell’igiene del Personale e controllo dei Libretti Sanitari

Sig./Sig.ra ..................................................

Nato/a a ........................... , residente in ………………………..

Via …………………………………. Tel. ………………………………….

Mansione: ……………………………….

Condotta igienica * G F M A M G L A S O N D

Copricapo

Indumenti

Grembiule

Calzature

Capelli

Pulizia di mani, unghie

Anelli, braccialetti, collane

Guanti monouso

Fumare, bere, mangiare

Copertura di ferite

* Conforme = C; NON conforme = NC

Note: è obbligatorio utilizzare i guanti monouso quando bisogna toccare cibi già pronti al

consumo(es: formaggi o salami a fette, pane, frutta già lavata, ecc) è consentito fumare, bere o mangiare solo nelle pause previste, mai durante il servizio! le ferite, i piccoli graffi, i tagli, specie sulle mani, vanno sempre adeguatamente coperti

durante il lavoro onde evitare ritardi di guarigione e contaminazione del cibo.

Verifica annuale Libretto sanitario

Scadenza: …………….

Rinnovo: ………………

Scadenza: ………………

Il Responsabile dell’Autocontrollo

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Registro dei CCP CCP n. … (Es. accettazione materie prime)

Valutazione di conformità

Data Misurazioni e/o controlli effettuati Conforme Non conformità

riscontrata

Misure correttive adottate

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Verbale di formazione professionale per gli addetti delle aziende alimentari (Allegato al D.Lgs. 26.05.97 n. 155 – capitolo X )

Ditta: Data: N. ore di lezione: dalle ore: alle ore: Tema trattato:

Il Docente

I Formandi

Cognome e Nome Firma 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15.

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UNITA’ EMITTENTE

NUMERO PROGRESSIVO (a cura del Resp. Qualità)

DATA RILIEVO

LUOGO RILIEVO

DESCRIZIONE NON CONFORMITA’

Non conformità su : � Servizio a cliente � Fornitore � Prodotto

� Mezzi/Attrezzature � Procedure � Altro______________

Problematiche riscontrate

Documenti allegati: SI NO

Data

Compilato da: Trasmesso a:

RISOLUZIONE NON CONFORMITA’

NOME

FIRMA DATA

VERIFICA DELL’ EFFICACIA DELLA RISOLUZIONE

NOME

FIRMA DATA

ATTIVATA AZIONE CORRETTIVA

NO SI N° _____________

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