28
PREMESSA Chi si chiedesse «che cosa è il diritto amministrativo» potrebbe partire, per ottenere una risposta, dalla propria esperienza. Ripercorrendo con la memoria le tappe fondamentali della sua vita egli sa che quando è nato, suo padre è andato a dichiararlo al municipio perché quel- l’evento fosse annotato nei registri dello stato civile; che a cinque anni è stato iscritto in una scuola pubblica; che al termine degli studi ha conseguito un di- ploma di scuola media secondaria; che grazie a quel titolo ha potuto frequentare l’università; che dopo la laurea ha dovuto superare un esame di Stato per eserci- tare la professione che tuttora svolge (di avvocato o di ingegnere o di medico). Se colui che si è posto la domanda ha abbandonato precocemente gli studi ed è andato a fare l’operaio, sa che il suo datore di lavoro e lui stesso versano mensil- mente a un istituto di previdenza i contributi in vista della costituzione di un capi- tale col quale gli verrà pagata la pensione quando avrà cessato di lavorare: e li hanno versati, i contributi, perché erano obbligati a farlo. Se si è sposato, lo ha fatto in municipio davanti al sindaco o a un suo delega- to che ha annotato il matrimonio, sempre sui registri dello stato civile; se si è sposato in chiesa, ciò è avvenuto davanti a un celebrante che, al termine della cerimonia, ha svolto quella stessa funzione che avrebbe svolto il sindaco se si fosse sposato in municipio. Se si è dato al commercio, ricorda di averlo potuto fare solo dopo che ha ot- tenuto dal Comune l’autorizzazione ad aprire bottega ed ha ricevuto da altro uf- ficio l’autorizzazione ad attrezzare i locali in conformità a un progetto elaborato in funzione dell’attività commerciale. Il nostro immaginario personaggio ricorda che nel corso della sua vita ha avuto diecine di incontri con uffici pubblici: incontri e spesso scontri. Come quando, dopo aver chiesto un permesso, se lo è visto negare, o quando ha rice- vuto dall’ANAS la comunicazione della imminente espropriazione di un terreno di sua proprietà o quando, diciottenne, si è visto recapitare al suo indirizzo la cartolina precetto che lo chiamava alle armi. In tutti questi casi il privato ha come interlocutore un apparato pubblico, una pubblica amministrazione: un’entità con la quale entra in rapporto o perché è costretto a farlo – se non fosse autorizzato non potrebbe costruire la casa che intende realizzare sul suo terreno – o perché ha un interesse a farlo (ce l’ha, que- sto interesse, quando chiede un contributo sul capitale necessario ad un investi-

Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

  • Upload
    others

  • View
    1

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

PREMESSA

Chi si chiedesse «che cosa è il diritto amministrativo» potrebbe partire, per ottenere una risposta, dalla propria esperienza.

Ripercorrendo con la memoria le tappe fondamentali della sua vita egli sa che quando è nato, suo padre è andato a dichiararlo al municipio perché quel-l’evento fosse annotato nei registri dello stato civile; che a cinque anni è stato iscritto in una scuola pubblica; che al termine degli studi ha conseguito un di-ploma di scuola media secondaria; che grazie a quel titolo ha potuto frequentare l’università; che dopo la laurea ha dovuto superare un esame di Stato per eserci-tare la professione che tuttora svolge (di avvocato o di ingegnere o di medico). Se colui che si è posto la domanda ha abbandonato precocemente gli studi ed è andato a fare l’operaio, sa che il suo datore di lavoro e lui stesso versano mensil-mente a un istituto di previdenza i contributi in vista della costituzione di un capi-tale col quale gli verrà pagata la pensione quando avrà cessato di lavorare: e li hanno versati, i contributi, perché erano obbligati a farlo.

Se si è sposato, lo ha fatto in municipio davanti al sindaco o a un suo delega-to che ha annotato il matrimonio, sempre sui registri dello stato civile; se si è sposato in chiesa, ciò è avvenuto davanti a un celebrante che, al termine della cerimonia, ha svolto quella stessa funzione che avrebbe svolto il sindaco se si fosse sposato in municipio.

Se si è dato al commercio, ricorda di averlo potuto fare solo dopo che ha ot-tenuto dal Comune l’autorizzazione ad aprire bottega ed ha ricevuto da altro uf-ficio l’autorizzazione ad attrezzare i locali in conformità a un progetto elaborato in funzione dell’attività commerciale.

Il nostro immaginario personaggio ricorda che nel corso della sua vita ha avuto diecine di incontri con uffici pubblici: incontri e spesso scontri. Come quando, dopo aver chiesto un permesso, se lo è visto negare, o quando ha rice-vuto dall’ANAS la comunicazione della imminente espropriazione di un terreno di sua proprietà o quando, diciottenne, si è visto recapitare al suo indirizzo la cartolina precetto che lo chiamava alle armi.

In tutti questi casi il privato ha come interlocutore un apparato pubblico, una pubblica amministrazione: un’entità con la quale entra in rapporto o perché è costretto a farlo – se non fosse autorizzato non potrebbe costruire la casa che intende realizzare sul suo terreno – o perché ha un interesse a farlo (ce l’ha, que-sto interesse, quando chiede un contributo sul capitale necessario ad un investi-

Page 2: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Premessa XVIII

mento produttivo) – o perché questo rapporto lo subisce (negli esempi fatti: l’e-spropriazione e la chiamata alle armi).

Se poi il nostro uomo domanda perché è stato costretto ad instaurare questi rapporti o perché ha dovuto subire l’iniziativa di un pubblico ufficio volta a li-mitare la sua libertà o la sua proprietà, si sentirà rispondere che ciò è avvenuto nell’interesse pubblico. L’interesse pubblico all’ordinato uso del territorio che subordina la facoltà di edificare ad un permesso rilasciato dal Comune; l’interes-se pubblico all’apertura di una nuova strada o all’allargamento di una strada esi-stente che esige il sacrificio di una parte del suo terreno; l’interesse pubblico alla difesa della patria che gli ha imposto di prestare il servizio militare.

Ma che cos’è questo interesse pubblico? Un’entità astratta, permanente, preesistente all’intervento del diritto? O è qual-

cosa che muta nel tempo, che oggi chiede qualche cosa e ieri o domani qualcosa di diverso?

Questa seconda specie di risposta viene suggerita al nostro uomo da una semplice considerazione.

Se avessi costruito la mia villetta cinquant’anni fa (chi parla è naturalmente un vecchio), non avrei avuto bisogno di alcun permesso da parte del Comune perché il suolo è distante dal centro abitato; se io o i miei figli vogliono farlo og-gi, devono chiedere il permesso perché, mi è stato spiegato, solo nel 1967 l’ob-bligo della licenza edilizia, già limitato al solo centro abitato, è stato esteso a tut-to il territorio comunale.

Per contro mio figlio o mio nipote sorride all’idea che io abbia fatto il solda-to perché tenuto a farlo: oggi, mi dice, il servizio militare è solo volontario.

L’interesse pubblico, nel primo caso, una volta non c’era e poi è sopravvenu-to; nel secondo caso, le cose sono andate in senso opposto. Evidentemente non c’è più l’interesse pubblico che veniva soddisfatto con la prestazione obbligato-ria del servizio militare; o meglio quell’interesse può essere oggi realizzato col servizio militare volontario, prestato dal giovane che vuole fare il soldato (ed ha interesse a farlo, magari perché non trova altra occupazione).

Dietro l’interesse pubblico, la sua introduzione, la sua soppressione o il suo ridimensionamento c’è una legge: la legge che estende a tutto il territorio comu-nale l’obbligo della licenza edilizia (che oggi si chiama permesso di costruire), la legge che sopprime il servizio militare obbligatorio.

Autorizzazione, licenza, permesso, abilitazione (all’esercizio di una profes-sione), iscrizione (ad un istituto di istruzione, subordinato al possesso di un cer-to titolo di studio): questi i nomi degli atti della pubblica amministrazione che in tempi diversi sono stati adottati.

Il nostro uomo, che è interessato al significato delle parole, è spinto a questa ulteriore riflessione. Se io, per fare qualche cosa che, per quanto mi riguarda, farei senza chiedere permesso a nessuno, sono invece tenuto a chiedere il per-

Page 3: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Premessa XIX

messo o la licenza o l’autorizzazione, vuol dire che c’è qualcuno che mi è supe-riore, che esercita su di me un’autorità.

Il mio rapporto con l’ufficio (comunale, regionale, statale) è diverso dal rap-porto che io, uscendo di casa, instauro col salumiere dal quale compro due etti di formaggio. In questo caso io pago volontariamente un prezzo ad una persona che soddisfa un mio bisogno o un mio desiderio: lo scambio, che il diritto quali-fica come compravendita (di una cosa contro un prezzo) avviene su basi volon-tarie e fra eguali.

Di questa specie di rapporti, instaurati da contratti, io ne ho stretto migliaia nel corso della mia vita: dai contratti più elementari, a quelli più impegnativi, come il matrimonio o la costituzione di una società nella quale investo tutti i miei risparmi.

Non è che nei rapporti tra le persone manchino posizioni di autorità, poteri di comando, poteri di influire unilateralmente sulla sfera altrui.

Basti pensare alla famiglia in cui i genitori esercitano (o dovrebbero esercita-re) la patria potestà sui figli minori; o al rapporto di lavoro, in cui il datore di lavoro (che continua spesso ad essere chiamato padrone) impartisce ordini al lavoratore.

Solo che, nel secondo caso, il potere di comandare è conferito da un contrat-to, e quindi dal consenso di colui che al comando verrà sottoposto; mentre nella famiglia il potere è inerente alla condizione di incapacità d’agire del minore (art. 2 c.c.) ed è correlato all’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole (art. 147 c.c.).

Nel rapporto con le pubbliche amministrazioni io verso in una situazione di soggezione senza aver prestato alcun consenso.

Da qui l’ulteriore domanda che il nostro uomo si pone. Che cos’è che dà al capo dell’ufficio tecnico comunale o al direttore generale dell’Azienda sanitaria locale il diritto o il potere di accordarmi o negarmi l’autorizzazione necessaria per costruire una casa o aprire un laboratorio d’analisi? Che cos’è che dà al-l’Agenzia delle entrate il diritto o il potere di impormi il pagamento di un certo tributo e, se non pago, di riscuoterne l’importo in maniera coattiva?

La domanda è lecita; ed è del tutto giustificata, se non ci fossero altre ragioni, dal fatto che io vivo in una Repubblica democratica (art. 1 Cost.).

Se la democrazia comporta il diritto dei cittadini di associarsi in partiti per concorrere con metodo democratico (ancora la democrazia!) a determinare la politica nazionale (art. 49 Cost.); se la politica nazionale è concretamente delibe-rata da un parlamento che è eletto a suffragio universale (artt. 56 e 57 Cost.), quindi anche da me, ossia da uno il cui voto è eguale, ossia pesa quanto quello di ogni altro (art. 48, comma 2, Cost.); se il Governo, l’altro organo che elabora e determina la politica nazionale, è responsabile di fronte alle due Camere e de-ve godere della fiducia di queste (artt. 94 e 95 Cost.) – se tutto questo è vero,

Page 4: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Premessa XX

che diritto hanno il tecnico comunale o il direttore generale dell’ASL o l’Agen-zia delle Entrate di condizionare con un loro permesso l’esercizio di un mio di-ritto, o nel caso dell’ufficio tributario, di sottrarmi una parte del mio reddito?

Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri-sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta entità (il Comune, l’ASL, il ministero dell’economia e delle finanze) lo dà la legge: la leg-ge che è stata votata da quei parlamentari che sono stati eletti pure col mio voto, anche se il peso di questo voto, formalmente eguale a quello di tutti gli altri elet-tori, ha avuto una incidenza minima, pressoché irrilevante, sulla composizione della Camera o del Senato.

In questo modo il principio democratico – continua il professore – viene fat-to salvo: perché anch’io ho prestato il mio consenso alle leggi che hanno conferi-to a quegli uffici pubblici e alle persone che li ricoprono il potere di condiziona-re, limitare o sopprimere il mio diritto.

Anche se la risposta non mi pare del tutto convincente – mi sembra piuttosto che si tratti di una finzione – il professore replicherà che lo stesso principio de-mocratico è sotto un certo aspetto una finzione; e mi spiegherà che solo in modo astratto e del tutto formale il consenso che io presto alla legge e all’azione dell’amministrazione che esercita i poteri ad essa attribuiti dalla legge può essere assimilato al consenso che esprimo quando concludo un contratto.

Non è una finzione, del resto, quella di cui parla J.J. Rousseau quando dice che il problema è «di trovare una forma di associazione che protegga e difenda con tutta la forza comune la persona e i beni di ciascun associato, mediante la quale ciascuno, unendosi a tutti, non obbedisca tuttavia che a se stesso e resti libero come prima» (Contratto Sociale, I, VI)?

E non è una finzione – anzi una «nobile menzogna» – come la chiama Plato-ne, il mito fenicio che ci racconta che gli uomini sono fratelli perché tutti nati dalle viscere della terra? Tuttavia, la divinità, quando li plasmava, mescolò alla terra per alcuni l’oro – e sono quelli che hanno l’attitudine al governo – per altri l’argento – e sono gli ausiliari – e per altri ancora il ferro e il bronzo, e sono gli agricoltori e gli artigiani (Repubblica, l. III, 415).

Se, aggiunge Platone, qualcuno è tanto bravo da spingere a credere al mito, i cittadini difenderanno lo Stato perché esso si identifica con la terra che li ha ge-nerati. E nello stesso tempo accetteranno la divisione in classi perché l’ha stabili-to la divinità.

In altre parole, sembrano suggerire Platone e Rousseau: perché una società viva senza disintegrarsi è necessario che sia basata su un mito fondativo.

E questo non è vero anche oggi? Oggi, dice il professore, ci sono due miti: il mito della democrazia e il mito

della Costituzione. Il primo mito è esattamente quello di cui parlava Rousseau (che però ci cre-

Page 5: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Premessa XXI

deva sul serio), esteso alla democrazia rappresentativa (che per Rousseau non era vera democrazia). La legge, compresa quella che conferisce poteri all’ammi-nistrazione, è il risultato della volontà generale. L’individuo, in quanto legislato-re può volere soltanto quel che tutti potrebbero volere (per questo la volontà è generale); in quanto cittadino obbedisce a quel che egli stesso ha voluto come legislatore.

L’altro mito è il mito della Costituzione. Un atto che il popolo (We the people, così comincia la costituzione degli Stati

Uniti) delibera stabilendo le regole della convivenza che vincoleranno il legisla-tore e le generazioni future fin quando il suo contenuto non verrà modificato con il procedimento che la Costituzione stessa fin d’ora stabilisce.

I due principi hanno implicazioni diverse: la democrazia comporta l’onnipo-tenza del legislatore mentre la Costituzione pone un limite al potere legislativo. Tuttavia essi convivono grazie ad aggiustamenti che secoli di riflessione giuridi-ca hanno individuato. Perché, occorre ricordarlo, i due miti hanno duemila e cinquecento anni di vita.

Max Weber – continua il professore – ha arricchito il quadro del potere, qualificando il potere degli Stati democratici del secolo XX come potere legale-razionale. Un potere che si distingue da quello tradizionale (es. il potere monar-chico) e da quello carismatico (il potere del capo che l’ha ottenuto grazie al cari-sma personale).

È un potere legale in quanto fondato sulla legge, e razionale perché le sue manifestazioni sono prevedibili e calcolabili: come è calcolabile e prevedibile la prestazione di una macchina (M. WEBER, Parlamento e Governo, cap. II).

La razionalità e la prevedibilità che sono le caratteristiche del potere buro-cratico richiedono a loro volta una competenza professionale – che non è richie-sta agli uomini politici – ed esigono la garanzia di un certo status (stabilità nell’impiego, possibilità di carriera, diritto a pensione, etc.).

Un’eco evidente di questa impostazione si coglie nell’art. 97 Cost.: una pubbli-ca amministrazione che è disciplinata dalla legge la quale ne deve assicurare il buon andamento e l’imparzialità (comma 2) ed è reclutata mediante pubblico concorso (comma 4), ossia con un meccanismo che dovrebbe valorizzare la pre-parazione e la capacità professionale.

Resta il fatto, continua il nostro uomo, che ad onta di queste belle intenzioni e di questi condivisibili obiettivi (imparzialità, buon andamento, professionalità), io ho subito palesi ingiustizie da uffici che dovrebbero essere ricoperti da per-sone imparziali e competenti. Resta il fatto che qualcuno può disporre dei miei diritti o vanificare le mie aspettative senza che io possa farci nulla.

No! reagisce il professore. Proprio perché tu sei sottoposto ad un potere, la legge, e prima ancora la Co-

stituzione ti forniscono dei rimedi – veri e propri contropoteri – da far valere

Page 6: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Premessa XXII

contro l’amministrazione che viola la legge che disciplina la sua azione o assume contegni di parte o irrazionali.

È per questo che in quasi tutti gli ordinamenti contemporanei c’è un giudice speciale chiamato a risolvere le controversie tra il privato e la pubblica ammini-strazione, munito del potere di annullare gli atti illegittimi di quest’ultima e quindi di reintegrare il privato nella situazione in cui si trovava prima che l’amministra-zione avesse leso il suo diritto o il suo interesse.

È per questo che l’attività dell’amministrazione è sottoposta a regole che ri-guardano il suo svolgimento e sono ad essa peculiari e che non hanno riscontro nell’attività giuridica dei privati (per es. le operazioni proprie di una trattativa contrattuale).

Alla radice di queste regole vi è il principio del contraddittorio: sicché l’ammi-nistrazione, sia quando decide autonomamente di agire, sia quando è sollecitata da una istanza del privato, è tenuta a coinvolgere quest’ultimo nella sua azione nell’ambito di un procedimento che somiglia al processo che si svolge davanti a un giudice. È un principio che esiste, spesso da secoli, nei vari ordinamenti: gli inglesi parlano di natural justice, gli americani di due process of law, un sociologo tedesco (N. LUHMANN) di legittimazione dell’amministrazione attraverso il pro-cedimento, gli italiani di giusto procedimento. Non solo nel senso ovvio che la decisione dell’autorità amministrativa debba essere giusta, ma nel senso che la prima garanzia di giustizia consiste proprio nel diritto del privato interessato di partecipare alla formazione della decisione.

Il nostro uomo, se riesce a superare un momento di smarrimento, comincia a elaborare una risposta alla sua domanda iniziale.

Diritto amministrativo, egli conclude, è il diritto che disciplina i rapporti tra il privato e il complesso degli uffici che formano la pubblica amministrazione: una disciplina speciale, diversa da quella che regola i rapporti tra privati perché questi ultimi sono generalmente rapporti tra pari, mentre, quando è parte una pubblica amministrazione il rapporto non è paritario perché l’amministrazione può disporre della mia sfera giuridica unilateralmente ed io non posso fare al-trettanto nei suoi riguardi.

La pubblica amministrazione – questo è un dato che si trae dall’esperienza di ciascuno di noi – è un genere o, se vogliamo, una categoria astratta: che abbraccia specie innumerevoli – lo Stato, la Regione, il Comune, etc. All’interno di ciascu-na di queste entità, ci sono miriadi di uffici e di persone che vi sono assegnate.

È una galassia che il diritto non può ignorare perché ciascuna autorità è tito-lare di attribuzioni e di competenze che sono diverse da quelle esercitate da al-tre autorità: e il cittadino ha interesse a conoscere i confini tra le rispettive sfere di azione perché la violazione di questi confini vizia la decisione che viene presa.

Sebbene le attività siano diverse in rapporto alle autorità che sono chiamate a svolgerle e agli interessi pubblici che esse sono incaricate di tutelare, vi sono del-

Page 7: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Premessa XXIII

le regole comuni – comuni a tutti i poteri amministrativi e a tutti gli atti ammini-strativi.

Infine ci sono le regole che tutelano il privato contro la pubblica amministra-zione: che riguardano il giudice, le domande che a questo possono essere rivol-te, i poteri che egli esercita, le conseguenze sulla pubblica amministrazione del-l’accoglimento della domanda del privato.

L’organizzazione amministrativa; l’attività amministrativa; la tutela giurisdi-zionale contro la pubblica amministrazione.

È questo l’oggetto del diritto amministrativo; ed è questa la partizione che il presente manuale, senza alcuna pretesa di originalità, propone al lettore.

Page 8: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Premessa XXIV

Page 9: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

PARTE PRIMA

L’ORGANIZZAZIONE

Page 10: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Parte Prima – L’Organizzazione 2

Page 11: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Sezione Prima – Concetti 3

SEZIONE PRIMA

CONCETTI

SOMMARIO: 1. Organizzazione e prospettiva giuridica. Le persone giuridiche pubbliche. – 2. Due schemi: associazioni e fondazioni. – 3. Fini e attribuzioni. – 4. Attribuzioni e com-petenze. – 5. Ente e organo. – 6. Meri uffici. – 7. Organi collegiali. – 8. Amministrazione attiva, consultiva e di controllo. – 9. Organi, uffici e persone fisiche. La questione del-l’investitura. – 10. Agente e principale. – 11. Rapporto d’ufficio e rapporto di servizio. – 12. Uffici vacanti. – 13. Attività d’ufficio e responsabilità. – 14. Fini pubblici. – 15. Inte-ressi. – 16. Interessi collettivi. – 17. Interessi generali. – 18. Interessi pubblici. – 19. Inte-ressi e modi per soddisfarli. – 20. Interessi non pubblicizzabili. – 21. I mezzi: il diritto e il denaro.

1. Organizzazione e prospettiva giuridica. Le persone giuridiche pubbli-che

Che cosa hanno in comune il ministero dell’interno, il Comune di Milano, l’istituto nazionale della previdenza sociale e l’istituto autonomo case popolari di Trapani? Sono tutti organizzazioni. Insiemi di persone legate fra loro da uno stesso scopo: il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, il ministero dell’interno; la raccolta di contributi e l’erogazione di prestazioni sociali, l’INPS; la realizzazione di case popolari, e la loro assegnazione a persone non abbienti, l’IACP di Trapani. Le persone, nelle organizzazioni, sono distribuite secondo ruoli complementari fra loro (dal Ministro dell’interno all’ultimo dei poliziotti), sono tenute ad agire in modo congruo rispetto agli scopi, e hanno bisogno di risorse (dal denaro necessario al pagamento degli stipendi, alle armi richieste per mantenere l’ordine pubblico).

A ben guardare le strutture che abbiamo indicate a mo’ di esempio di pub-bliche amministrazioni hanno molti tratti in comune con altre che pubbliche amministrazioni non sono. Anche la Apple o la fabbrica d’automobili o l’azienda che produce scarpe o lo studio di architettura con centinaia di addetti impiega-no una pluralità di persone che sono accomunate da un fine, hanno bisogno di risorse, e sono investite di compiti diversi, anche se complementari fra loro (nel-lo studio di architettura ci saranno i partners che comandano, i disegnatori, le segretarie).

Page 12: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Parte Prima – L’Organizzazione 4

L’analogia tra le strutture pubbliche e quelle private giustifica l’esistenza di una disciplina scientifica – la scienza dell’organizzazione – che le abbraccia en-trambe. Una scienza che prende in considerazione i rapporti tra le persone al-l’interno dell’organizzazione in termini di potere e di distribuzione del potere (chi comanda, chi obbedisce, chi influenza, chi è influenzato), di rapporti psico-logici fra le persone e l’organizzazione (di identificazione, di contrapposizione), di rapporti, anch’essi di ordine soprattutto psicologico, tra mezzi e fini (interazione dei fini, inversione fra fini e mezzi, tipica della mentalità burocratica), di rappor-ti tra l’organizzazione e l’ambiente esterno (come entità da modificare, o contro cui proteggersi, o dalla quale attingere risorse).

L’approccio del diritto è diverso. Le organizzazioni sono prima di tutto per-sonae, più precisamente una specie del genere personae: una di quelle tre entità da cui Gaio, nelle sue Institutiones, prende le mosse per descrivere l’ordinamento romano. Omne autem ius, quo utimur, vel ad personas pertinet vel ad res vel ad actiones. Il diritto nel suo insieme – il diritto di cui ci serviamo – riguarda le per-sone oppure le cose o le azioni.

Ogni organizzazione, in quanto persona, ossia soggetto di diritto, è al centro di un fascio di rapporti giuridici, di diritti e di doveri. Ciascuna di esse ha delle partizioni interne: come la persona fisica usa organi che hanno funzioni diverse (le gambe per camminare, la bocca per mangiare, le mani per prendere), così la persona giuridica ha i suoi organi. Anche se, come vedremo, la persona giuridica non si esaurisce nei suoi organi, non è cioè la pura e semplice somma dei suoi organi perché accanto agli organi ci sono delle strutture elementari (gli uffici o meri uffici) che quantitativamente sono prevalenti.

La nozione di persona giuridica, con i suoi elementi (organi, meri uffici), è comune al diritto privato e al diritto pubblico. Comune è il problema di fondo. La persona giuridica è un fenomeno giuridico diverso dalla persona fisica, ossia dall’individuo umano.

Nel linguaggio corrente la differenza sembra consistere nel predicato, rispet-tivamente della giuridicità e della fisicità. Se si riflette, tuttavia, sul fatto che an-che la persona giuridica ha un substrato materiale, e quindi fisico, e che l’indivi-duo umano, come fenomeno giuridicamente rilevante, ha anch’esso una qualifi-cazione giuridica, risulta più appropriato un diverso criterio di distinzione. Nel mondo del diritto ci sono fenomeni che, pur essendo diversi dagli individui umani, sono trattati dal diritto, almeno per taluni aspetti essenziali, come gli in-dividui umani. Attraverso la categoria della persona giuridica il diritto estende la sua portata al di là degli individui: la estende assimilando a questi ultimi entità che sono diverse dalle persone fisiche. I predicati tradizionali (fisico, giuridico) contengono un suggerimento: suggeriscono che mentre l’individuo umano ha una sua esistenza fuori dal mondo del diritto, il fenomeno persona giuridica esi-ste solo perché c’è il diritto, e quindi in funzione esclusiva della sua giuridicità.

Ma la persona giuridica non può agire senza persone fisiche che operino per

Page 13: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Sezione Prima – Concetti 5

essa (usiamo, per il momento, un termine atecnico e non impegnativo). Sicché la persona fisica viene in rilievo nella teoria (e nella esperienza) della persona giu-ridica in termini di relazione. La relazione tra la persona giuridica e la persona fisica, o le persone fisiche che agiscono per essa; la relazione tra queste persone fisiche, in quanto agenti per la persona giuridica, e i terzi (altre persone fisiche o persone giuridiche). E ancora, l’atto o il fatto che abilita una persona fisica ad agire per la persona giuridica; l’atto o il fatto che toglie alla persona fisica questa abilitazione.

Relazioni ci sono, in questo campo, non solo fra persona giuridica e persone fisiche, ma anche fra entità astratte: fra persona giuridica e persona giuridica, fra persona giuridica e una sua articolazione interna (organo, ufficio), fra queste ar-ticolazioni interne (organo e organo, organo e ufficio, etc.).

La distinzione tra la persona giuridica privata e la persona giuridica pubblica è, invece, espressa fedelmente dal predicato.

Il predicato «pubblico» allude ai fini che la persona giuridica persegue; e, nello stesso tempo, rimanda alla collettività di persone alla quale i fini si riferi-scono (la società organizzata in Stato, o suoi segmenti come la comunità regio-nale o la comunità delle persone che fanno parte di un medesimo Comune).

La natura dei fini influisce sul contenuto dei diritti, dei poteri e dei doveri del-la persona giuridica pubblica, ossia sul regime giuridico; ed è la ragione fonda-mentale per cui si giustifica una autonoma trattazione giuridica delle organizza-zioni pubbliche.

2. Due schemi: associazioni e fondazioni

Persona giuridica, organo, ufficio: sono le entità o le categorie che consento-no di trattare in modo unitario quella che si chiama pubblica amministrazione. Se non ci fossero questi schemi che ci permettono di cogliere ciò che accomuna – per ritornare agli esempi del paragrafo precedente – il ministero dell’interno, il Comune di Milano, l’INPS e l’IACP di Trapani, si richiederebbe una indagine separata per ciascuna di queste strutture. Non sarebbe neppure possibile parla-re di pubblica amministrazione al singolare: e questo, pensano oggi molti stu-diosi secondo i quali è lecito trattare solo di pubbliche amministrazioni, al plu-rale, in ragione della diversità delle discipline positive. Noi crediamo, invece, che la scienza, che va alla ricerca del genus proximum oltre che della differentia specifica, esiga questa considerazione unitaria, e tale esigenza trova puntuale ri-scontro nei principi costituzionali (ivi compresi i principi di derivazione comu-nitaria) i quali fanno riferimento alla pubblica amministrazione al singolare.

Il buon andamento e l’imparzialità sono predicati «della amministrazione» (art. 97 Cost.); la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi è assicurata «nei confronti della pubblica amministrazione» (art. 103 Cost.); «contro gli atti della

Page 14: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Parte Prima – L’Organizzazione 6

pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi» (art. 113 Cost.); le disposizioni sulla libertà di circola-zione dei lavoratori all’interno della comunità europea non sono applicabili agli impieghi «nella pubblica amministrazione» (art. 45, par. 4, TFUE).

La categoria giuridica fondamentale, come si è detto, è quella di persona giu-ridica. Persona giuridica è l’INPS, persona giuridica è il Comune, persona giuri-dica è la Regione, persona giuridica è l’IACP. Più complesso è il discorso che riguarda lo Stato. Quando viene convenuto davanti a un giudice non è lo Stato che sta in giudizio, ma il singolo ministero. Ciò non significa tuttavia che ogni ministero abbia personalità giuridica; la legittimazione separata che è ricono-sciuta a ciascuno di essi – ossia la capacità di esser parte nel giudizio (art. 75 c.p.c.) – non è sinonimo di personalità giuridica. I ministeri sono organi dello Stato: ed è lo Stato, a sua volta, che figura come parte nei giudizi davanti alle Corti internazionali (dalla Corte di Giustizia della Unione europea alla Corte eu-ropea dei diritti dell’uomo di Strasburgo).

Le persone giuridiche, come disciplinate dal codice civile, si distinguono, se-condo la loro struttura, in due tipi fondamentali: le associazioni e le fondazioni (queste ultime, nel diritto pubblico, prendono talvolta il nome di istituzioni). An-che se in tutte concorrono i due elementi, mezzi e uomini, diverso è il rapporto nei due tipi: nelle associazioni, pur essendo necessario un patrimonio (art. 16 c.c.) gli associati sono in primo piano, e compongono l’organo sovrano, l’assem-blea; nelle fondazioni hanno maggior rilievo i beni destinati ad uno scopo stabi-lito dal fondatore (art. 25 c.c.). La distinzione può anche essere espressa in que-sti termini: nelle associazioni i beneficiari sono di norma i soci, si tratta cioè di organismi che operano a vantaggio di coloro che li hanno costituti e continuano a gestirli; nelle fondazioni i beneficiari sono persone che stanno all’esterno (per es. i poveri o gli orfani ai quali è destinato il patrimonio della istituzione di be-neficenza).

Gli enti pubblici (ossia le persone giuridiche pubbliche) che sono stati creati a partire dall’inizio del secolo XX hanno nella stragrande maggioranza struttura a fondazione o istituzione. Ciò comporta che i destinatari della loro azione so-no all’esterno dell’ente che è amministrato da persone alla cui nomina quei de-stinatari sono estranei: i lavoratori subordinati beneficiari delle prestazioni del-l’INPS, le persone con reddito inferiore a una certa soglia e con particolari cari-chi di famiglia. Tali sono i potenziali assegnatari da parte dell’IACP degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, etc.

Negli enti a struttura associativa (pochi: gli ordini professionali, le federazio-ni sportive, etc.) c’è un’assemblea che elegge gli organi sociali (il consiglio del-l’ordine degli avvocati, ad esempio).

Hanno struttura associativa, anche se la cosa non è immediatamente perce-pibile, lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni: i c.d. enti territoriali sui quali ci soffermeremo in prosieguo. È paragonabile all’assemblea dell’associazione

Page 15: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Sezione Prima – Concetti 7

Stato il corpo elettorale che, di regola ogni cinque anni, elegge il parlamento: l’assemblea più ristretta che a sua volta, direttamente o indirettamente, elegge gli altri organi (presidente della Repubblica, parte della Corte Costituzionale) o condiziona la loro copertura (attraverso il voto di fiducia, il Governo).

Discorso analogo può esser fatto per il Comune: la sua assemblea coincide con il complesso degli aventi diritto ad eleggere il consiglio comunale (l’assem-blea minore) e il sindaco (il capo dell’esecutivo). La stessa cosa può dirsi della Regione. Queste associazioni possono essere qualificate associazioni politiche perché si fanno carico non di un singolo obiettivo, ma di una pluralità più o meno definita di fini, hanno carattere territoriale perché i loro soci sono stanzia-ti in un territorio più o meno vasto (che coincide col territorio dello Stato o di una Regione o di un Comune); e sono parzialmente sovrapposte perché i soci dell’associazione più piccola sono anche soci delle altre (Regione, Stato).

Lo schema associativo, riferito agli enti politici (Stato, Regione, Comune), è coerente col carattere democratico della Repubblica. In quanto democratica (art. 1 Cost.) la Repubblica è ordinata secondo il principio elettivo, applicabile allo Stato (artt. 56 e 57), alle Regioni (art. 122), e agli enti locali (artt. 5 e 117, lett. p)).

Come soci delle rispettive associazioni (Stato, Regioni e Comuni), i cittadini hanno diritto di utilizzarle come strumenti per la soddisfazione dei loro interes-si; ed hanno pure diritto di compiere loro stessi le scelte di fondo relative a que-ste associazioni (almeno la scelta dei governanti) anziché subirle da strutture esterne, come i destinatari dell’attività delle fondazioni.

3. Fini e attribuzioni

Una delle differenze, non sempre adeguatamente segnalata, fra persone fisi-che e persone giuridiche è questa. L’individuo umano può perseguire qualun-que fine che sia compatibile con le sue capacità. Non può volare o lanciarsi in mare da diecimila metri di altezza senza sfracellarsi. Può tuttavia lanciarsi da questa altezza se intende sfracellarsi o non si cura di morire. La legge gli vieta di coltivare alcuni fini: ma di solito non può impedirgli di infrangere il divieto. In ogni caso, al di fuori dell’area dei fini vietati o di quella, più ristretta, dei fini imposti, egli è libero. Libero di scegliere una gamma pressoché infinita di fini: dalla coltivazione degli hobby più idioti alle finalità filantropiche più nobili.

La persona giuridica, invece, persegue fini determinati che sono stabiliti dal-lo statuto o dall’atto di organizzazione (che per l’ente pubblico coincide per lo più con la legge). Ed è naturale che sia così: perché coloro che si associano per costituire la persona giuridica lo fanno per realizzare in comune specifiche fina-lità che non riescono e non riuscirebbero a raggiungere come singoli. Questo vale per la società per azioni, ma vale anche per quella massima fra le associa-

Page 16: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Parte Prima – L’Organizzazione 8

zioni che è lo Stato. Anche se nei manuali meno recenti di diritto costituzionale si leggeva che lo Stato, in quanto ente politico, può assegnare a se stesso qua-lunque fine, non è vero che coloro che lo fondano, attraverso quell’ideale con-tratto che è il contratto sociale, hanno un’intenzione di questo genere. Lo fanno, come dice Hobbes, per garantirsi contro quel summum malum che è la morte violenta; o per avere assicurata la libertà e la proprietà che lo stato di natura mette a repentaglio (J. LOCKE); ovvero «per stabilire la giustizia, assicurare la tranquillità domestica, provvedere alla difesa comune, promuovere il benessere generale e garantire i benefici della libertà a noi stessi e alla nostra posterità» (preambolo della Costituzione USA, 1787).

In verità l’ultimo di questi enunciati sembra aprire alla Federazione degli Sta-ti americani un ambito amplissimo di interventi. Quante e quali misure potreb-bero essere rivolte alla promozione del benessere generale, o a «stabilire la giu-stizia»! Tuttavia, se proseguiamo nella lettura della Costituzione U.S.A., vedre-mo elencati specifici poteri (del Congresso, dell’Esecutivo, del potere giudizia-rio) e specifici divieti (a carico dei medesimi poteri): un elenco, quest’ultimo, che verrà ampliato, quattro anni dopo (1791) quando, con i primi dieci emen-damenti, sarà inserita in costituzione la carta dei diritti. Eloquente, in questo senso, è il decimo emendamento della costituzione americana. I poteri che non sono delegati dalla Costituzione agli Stati Uniti e che non sono dalla Costituzio-ne negati ai singoli Stati, sono riservati, rispettivamente, agli Stati o al popolo. Poiché accanto alla Costituzione federale ci sono le costituzioni dei singoli Stati, se ne desume che i poteri non espressamente conferiti dalla costituzione federa-le alla Federazione e dalle costituzioni agli Stati sono trattenuti dal popolo. La Federazione e i singoli Stati hanno cioè i soli poteri che le costituzioni ad essi conferiscono.

Un tale contenuto caratterizza un po’ tutte le costituzioni. Previsione di fini, conferimento di poteri per raggiungerli, limitazione dei poteri a quelli espressa-mente attribuiti. Una previsione di fini senza indicazione dei poteri potrebbe essere intesa come autorizzazione a prendere tutte le misure necessarie o oppor-tune per il raggiungimento di quei fini. La espressa indicazione dei poteri am-messi equivale ad una limitazione delle misure consentite: sono escluse le misure che, pur opportune o addirittura necessarie per il raggiungimento dei fini che la stessa costituzione indica, costituiscono espressione di poteri diversi o più ampi di quelli elencati e quindi non corrispondono a quelli espressamente conferiti.

Uno schema del genere lo ritroviamo anche, come vedremo in seguito, nelle leggi sulla pubblica amministrazione: esse stabiliscono fini da raggiungere o in-teressi pubblici da tutelare e, nello tesso tempo, conferiscono i poteri necessari.

Ora i poteri sono attribuiti agli enti – e parliamo allora di attribuzione; i pote-ri che sono attribuiti a ciascun ente sono distribuiti fra gli organi, e in questo ca-so parliamo di competenze. Le attribuzioni di un ente risultano dalla somma del-le competenze dei suoi organi; così come la competenza di ciascun organo è una

Page 17: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Sezione Prima – Concetti 9

frazione delle attribuzioni dell’ente. Il linguaggio legislativo e quello della prassi non sono sempre uniformi in questo senso; si parla spesso, ad es., di competen-ze dell’ente o, all’opposto, di attribuzioni dell’organo. L’essenziale è intenderci.

Le attribuzioni, è necessario precisarlo, sono un fascio di poteri amministra-tivi. Esse non esauriscono ciò che l’ente può fare: delimitano solo i poteri am-ministrativi dell’ente. Accanto a questi ci sono i poteri di diritto privato – per es. il potere di autonomia privata di cui all’art. 1322 cpv. c.c. – che all’ente pubblico spettano per la semplice ragione che, prima di essere una persona giuridica pubblica, l’ente è una persona giuridica: ossia un soggetto dell’ordinamento al quale possono far capo tutti i rapporti giuridici che non postulano la fisicità del-la persona. In linea generale l’ente pubblico può avvalersi dei poteri di diritto comune che ad esso spettano come soggetto di diritto: salve, come vedremo, al-cune limitazioni che la legge prevede in ragione della sua natura pubblicistica, più precisamente in ragione dei vincoli finalistici cui l’ente è soggetto (per es. non è libero di scegliere la controparte contrattuale). I poteri amministrativi so-no, invece, solo quelli attribuiti dalla legge che istituisce l’ente o dalle leggi che lo disciplinano: ossia i poteri compresi nelle sue attribuzioni.

Le attribuzioni sono ripartite fra gli enti sulla base di criteri diversi. Il criterio della materia: sicché ad es. l’INPS si occupa di pensioni e le Aziende

Unità Sanitarie Locali di prestazioni sanitarie. Il criterio dei destinatari: per cui l’INPS si occupa delle pensioni dei lavoratori del settore privato e l’INPDAP, prima di essere accorpata all’INPS, si occupava delle pensioni dei lavoratori del settore pubblico. Il criterio territoriale: in base al quale gli Istituti Autonomi Ca-se Popolari (o gli enti diversamente denominati in base alle leggi regionali) si di-stinguono perché operano ciascuno nel territorio di una Provincia diversa. Il cri-terio della dimensione: onde la tutela ambientale compete allo Stato o alle Re-gioni a seconda che il problema riguardi tutto il territorio nazionale (poniamo, le conseguenze di Cernobyl) o solo una parte di esso.

Se consideriamo insieme fini e attribuzioni ne risulta una ulteriore summa di-visio. Gli enti politici o territoriali (Stato, Regione, Provincia e Comune) perse-guono una pluralità di fini, evidenziati, nell’amministrazione statale, dalle de-nominazioni dei ministeri, e nelle altre, dalle denominazioni di articolazioni mi-nori (assessorati, settori, dipartimenti, ripartizioni, etc.); mentre gli altri enti so-no nella generalità dei casi monofunzionali, istituiti, cioè, per la soddisfazione di un unico interesse pubblico (sanitario, previdenziale, culturale, sportivo, etc.) e per il perseguimento di un unico fine pubblico.

Spesso le attribuzioni degli enti politici si sovrappongono alle attribuzioni di altri enti pubblici, piuttosto che distinguersi da esse. Si parla di sovrapposizione o duplicazione di attribuzioni con conseguente ridondanza di apparati sicché un unico fine viene spesso perseguito da più enti.

Page 18: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Parte Prima – L’Organizzazione 10

4. Attribuzioni e competenze

Ciascuna persona giuridica pubblica comprende una pluralità di organi. Il Comune, sino al 1990, comprendeva tre organi, il consiglio comunale, la giunta e il sindaco (oggi il discorso è molto più complicato perché anche i dirigenti sono organi [art. 107, comma 2, D.Lgs. n. 267/2000]). L’azienda unità sanitaria locale ha due organi, il direttore generale e il collegio dei revisori. Gli enti pubblici mo-nofunzionali hanno di solito un consiglio di amministrazione e un presidente. Lo Stato ha un’organizzazione molto più complessa perché ha avuto finora (la cautela è d’obbligo dopo la riforma costituzionale del 2001 con cui è stato modificato il titolo V della Costituzione) due o tre livelli territoriali di organizzazione (un livello centrale, un livello provinciale e, in qualche caso, come per l’amministrazione dei lavori pubblici, e, più di recente, per l’amministrazione delle finanze, un livello regionale). Al centro ciascun ministero ha una struttura complessa, spesso più complessa di quella dei singoli enti pubblici: lo dimostrano il numero delle dire-zioni generali di ciascun ministero e le denominazioni di ognuna di esse. Ciò non esclude, come si è detto, che anche lo Stato abbia una personalità giuridica uni-ca anche se articolata in diecine di organi. Lo schema è stato ulteriormente complicato, negli anni novanta, dalla riforma della dirigenza pubblica che ha fat-to di ciascun dirigente il titolare di un organo munito di una sua competenza (art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001). Se si prescinde dalla maggiore complessità, il sistema degli organi dello Stato e degli enti pubblici corrisponde al modello dise-gnato dal codice civile per le persone giuridiche: in queste sono gli statuti che in-dividuano in concreto gli organi, almeno due organi. Da qui l’assunto del «mini-mo degli organi». Non c’è persona giuridica che non abbia almeno due organi.

Questa regola strutturale si ripercuote sulle funzioni. Come alla persona giu-ridica pubblica corrisponde un fascio di attribuzioni, così le attribuzioni della persona giuridica sono ripartite nelle competenze dei suoi organi. La competen-za dell’organo è una quota o frazione delle attribuzioni dell’ente.

La distinzione, che è spesso oscurata da un linguaggio non uniforme (v. su-pra, par. 2), corrisponde a quella che i codici di procedura fanno fra la giurisdi-zione (che designa il complesso delle attribuzioni dei giudici, penali o civili o amministrativi) e la competenza (del tribunale, della Corte d’Appello, della Corte di Cassazione, etc.).

Anche la competenza è ripartita sulla base di criteri che solo in parte coinci-dono con i criteri di riparto delle attribuzioni. La competenza può essere divisa per materia: è, almeno in parte, il criterio che presiede al riparto di competenze fra consiglio comunale e giunta comunale cosicché il consiglio, per es. delibera l’acquisto o l’alienazione di beni immobili e la giunta l’acquisto o l’alienazione di beni mobili. Può essere divisa, nell’ambito della medesima materia, per funzioni. Sempre per rimanere nel campo comunale, le funzioni di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano al consiglio comunale, le funzioni di gestione alla giunta: sicché, per es., il consiglio stabilisce i criteri di massima per la scelta

Page 19: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Sezione Prima – Concetti 11

dei rappresentanti del Comune presso enti o aziende e la giunta (o il sindaco) procede in concreto alle nomine.

La competenza può, ancora, essere conferita in casi di necessità o urgenza, ad organi diversi da quelli che ne sono istituzionalmente titolari. Questa deroga all’assetto ordinario delle competenze opera in una pluralità di enti pubblici: ove il presidente può adottare atti che sono di competenza del consiglio di am-ministrazione quando l’urgenza sia tale che mancano i tempi necessari per la convocazione del consiglio.

Che i pubblici poteri siano distribuiti per sfere di attribuzione e di compe-tenza risponde ad una esigenza di razionalità organizzativa di evidenza immedia-ta. La stessa esigenza che sta a base della divisione del lavoro in fabbrica, così come delineata da F. Taylor. È più razionale, e conforme ai criteri di efficienza, che il lavoro sia diviso fra più persone in modo che ciascuna faccia una parte di ciò che è richiesto, anziché essere organizzato in modo che ciascuno faccia tutto e che ciascuno faccia quello che fanno gli altri. Solo un pensiero utopistico, co-me quello proprio di K. Marx nei Manoscritti economico-filosofici, può auspi-care la soppressione della divisione del lavoro.

Le categorie giuridiche della attribuzione e della competenza assolvono an-che ad un’altra funzione. Il potere pubblico ripartito per sfere di attribuzione (degli enti) e di competenza (degli organi) è un potere diviso: un potere meno pericoloso per l’individuo che lo subisce di un potere concentrato, quale sareb-be quello di una struttura pubblica che cumulasse su di sé tutti i poteri ammini-strativi. La divisione del potere in sfere di attribuzione e di competenza garanti-sce all’individuo la certezza che l’organo che agisce è abilitato ad esercitare nei suoi riguardi solo quella frazione di potere che risulta dalle attribuzioni e dalle competenze. Ed è questa, come vedremo, la ragione per cui l’esercizio di un po-tere che non rientra nelle attribuzioni dell’ente o nella competenza dell’organo è di per sé illegittimo; e l’incompetenza (che include anche il difetto di attribuzio-ne) può essere fatta valere da chi vi abbia interesse come vizio dell’atto.

5. Ente e organo

Dovrebbe esser chiaro, a questo punto, il rapporto tra attribuzione e compe-tenza. La prima è un predicato dell’ente, la seconda un predicato dell’organo; la competenza è una frazione dell’attribuzione, l’attribuzione è la somma delle competenze.

Va chiarito, a questo punto, il rapporto tra ente (persona giuridica) ed organo. La stessa terminologia ci aiuta. Come la persona fisica, si avvale dei suoi or-

gani per esplicare le sue funzioni, così la persona giuridica si avvale dei suoi or-gani per agire. Come la persona fisica non esiste al di fuori del complesso dei suoi organi (può essere priva di uno di essi, per es. la mano, ma non di tutti) così

Page 20: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Parte Prima – L’Organizzazione 12

la persona giuridica, privata o pubblica che sia, non esiste al di fuori del com-plesso dei suoi organi.

Gli organi sono gli strumenti (organon nella lingua greca significa appunto strumento) della capacità di agire dell’ente. L’idea (M.S. GIANNINI) che la perso-na giuridica sia priva della capacità di agire è smentita dal fatto che essa viene costituita, come soggetto giuridico, appunto per svolgere l’attività giuridica oc-corrente per la realizzazione dello scopo.

Anche la persona fisica può avvalersi di soggetti distinti, investiti di un distin-to e qualificato potere di agire (rappresentanti). Poiché la persona giuridica può agire solo attraverso i suoi organi, questi non hanno soggettività distinta da quel-la della persona, ma attuano la sua stessa capacità di agire. La differenza tra le due situazioni – la rappresentanza e il rapporto organico – si esprime dicendo che rappresentante e rappresentato sono due soggetti distinti, il primo dei quali imputa al secondo gli effetti del suo atto giuridico (per es. l’acquisto della pro-prietà conseguente alla compravendita conclusa dal rappresentante), ma non l’atto in sé: questo rimane atto del rappresentante tanto è vero che gli stati sog-gettivi che vengono in rilievo (buona o mala fede, scienza o ignoranza) sono quelli del rappresentante, e non quelli del rappresentato (art. 1391 c.c.). Il con-tratto può essere annullato per errore solo se nell’errore è incorso il rappresen-tante, e non il rappresentato.

Nel rapporto organico non ci sono due soggetti giuridici: l’organo è la per-sona giuridica (o una parte di essa), sicché non solo gli effetti dell’atto che l’or-gano compie, ma anche l’atto stesso e l’attività che lo precede vengono imputati alla persona giuridica. Per esprimere questa relazione dottrina e giurisprudenza usano l’espressione immedesimazione organica: l’organo si immedesima nella per-sona giuridica (e viceversa), come una medesima entità. Questa immedesimazio-ne trova conferma nel processo. Se ritengo di esser leso da un atto del consiglio comunale, che poniamo, mi ha negato l’autorizzazione a lottizzare un terreno, dovrò ricorrere contro il Comune, e non contro il consiglio; appunto perché l’atto del consiglio è un atto del Comune, o, per dirla diversamente, il soggetto giuridico che viene in rilievo non è il consiglio, ma il Comune. L’organo è per definizione privo di soggettività giuridica.

6. Meri uffici

Se dal punto di vista giuridico l’ente pubblico si identifica col complesso dei suoi organi sicché gli atti che ad esso vengono imputati, come produttivi di ef-fetti esterni, sono gli atti degli organi, e soltanto quelli, da un altro punto di vista le cose non stanno in questi termini. Tutti sanno che della amministrazione co-munale fanno parte non solo il sindaco, gli assessori e i consiglieri comunali (og-gi anche i dirigenti comunali sono organi: v. Parte Seconda), ma anche il vigile che regola il traffico al quadrivio o l’impiegato che rilascia il certificato di nascita

Page 21: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Sezione Prima – Concetti 13

allo sportello o lo spazzino che spinge la sua carriola munita di una grossa scopa. Che relazione hanno queste persone con l’amministrazione comunale che paga i loro stipendi, o col pubblico che di loro si avvale? Va precisato innanzi tutto che il fenomeno non è esclusivo degli enti pubblici. La FIAT S.p.A. non è composta solo dall’assemblea dei soci o dal consiglio di amministrazione: la sua realtà tan-gibile si coglie meglio negli stabilimenti di Torino o di Metaponto o di Pomi-gliano d’Arco e nelle decine di migliaia di operai e di impiegati che vi sono ad-detti.

Si dice, allora, quanto meno con riferimento al settore pubblico, che l’orga-nizzazione è fatta, oltre che di organi, anche di meri uffici: strutture alle quali sono addette persone cui non sono assegnate competenze, ma soltanto compiti. L’organo-sindaco è attorniato da una serie di uffici (ufficio di gabinetto, segrete-ria particolare, etc.) che permettono al sindaco di esercitare le sue funzioni: essi svolgono attività preparatorie, istruttorie, di comunicazione senza le quali gli atti del sindaco non sarebbero visibili all’esterno o addirittura non sarebbero posti in essere. Ogni organo, quale che sia l’ente di riferimento, è al centro di una co-stellazione di uffici che permettono alla macchina amministrativa di funzionare: e la dimensione di questi uffici, in termini di addetti, eccede di gran lunga la dimensione degli organi. Facciamo un esempio. La delibera con cui il consiglio comunale adotta un piano urbanistico particolareggiato presuppone un’attività istruttoria svolta dall’ufficio tecnico, un progetto di piano di solito predisposto da professionisti esterni con cui l’ufficio tecnico ha intrattenuto rapporti per mesi, un’analisi dei costi di esproprio relativamente alle aree destinate a impianti pubblici, un’attività della ripartizione ragioneria volta a garantire la copertura finanziaria, un controllo della segreteria generale volto ad acquisire al progetto gli atti di autorizzazione o di assenso di competenza di altre strutture (Regione, amministrazione statale dei beni culturali, etc.).

Il consiglio comunale si trova davanti un prodotto (la proposta di delibera) che è stato confezionato con l’apporto di decine di persone diverse, la maggior parte delle quali appartiene all’amministrazione comunale. Esse hanno operato nello svolgimento dei loro compiti. La differenza fra i compiti (degli uffici) e le competenze (degli organi) consiste in ciò: i compiti sono adempiuti a mezzo di attività interne, preparatorie degli atti che costituiscono esercizio delle compe-tenze: e questi ultimi atti sono i soli che incidono nei rapporti intersoggettivi, con i cittadini, o con altri enti. Per ritornare all’esempio fatto: per quanto im-portante sia l’attività di predisposizione del piano particolareggiato solo con la de-libera consiliare che lo adotta, il piano produce l’effetto di destinare certe aree all’espropriazione, autorizzando l’emissione del relativo decreto, di consentire l’edificazione di altre aree, ed il rilascio dei permessi di costruire.

Come vedremo, la formalizzazione dei procedimenti amministrativi ha con-ferito allo svolgimento dei compiti, ossia all’attività degli uffici, un rilievo indi-retto sull’attività esterna. I difetti dell’istruttoria, per es. la omessa considerazione

Page 22: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Parte Prima – L’Organizzazione 14

delle memorie e dei documenti prodotti dai privati, possono cagionare l’invali-dità dell’atto conclusivo, ossia dell’atto che costituisce esercizio della competen-za dell’organo.

I compiti sono strumentali e ausiliari rispetto all’esercizio delle competenze. Se vengono svolti in modo inappropriato, possono viziare l’esercizio delle com-petenze e invalidarlo.

7. Organi collegiali

L’organo è coperto, di solito, da una sola persona: il sindaco, il prefetto, il ministro, etc. In molti casi la legge prevede tuttavia che all’organo siano assegna-te più persone: un consiglio comunale, una giunta regionale, il Consiglio Superio-re dei lavori pubblici. L’organo in questo caso è un collegio, o un organo colle-giale.

Le ragioni della struttura collegiale sono molteplici. Sono collegiali, di solito, gli organi di consulenza (dal Consiglio di Stato al

Consiglio Superiore dei lavori pubblici, dal consiglio nazionale universitario alla consulta nazionale dei beni culturali), sul presupposto, come una volta si diceva, che il consigliare è dei molti (e il decidere dei pochi o di un solo).

Sono collegiali gli organi di base degli enti politici, dal parlamento al consi-glio regionale al consiglio comunale. Qui la collegialità si giustifica in funzione della rappresentatività dell’organo, e della pluralità degli interessi rappresentati, ivi compresi quelli che fanno capo a minoranze. Sono collegiali gli organi, anche non politici, ai quali si vuole affidare la composizione di interessi tendenzialmente antagonistici, non soltanto privati ma anche pubblici. Sono collegiali, di solito, gli organi chiamati ad esprimere un giudizio, come le commissioni giudicatrici dei concorsi o le commissioni mediche. In questi casi la collegialità viene giusti-ficata dal fatto che il giudizio del singolo può essere opinabile: il collegio diventa il luogo in cui le diverse opinioni si confrontano, in modo che il giudizio colle-giale che ne risulta, formato attraverso il dialogo, abbia quanto più possibile il carattere della obiettività.

Quale che sia la ragione giustificativa della collegialità, ci sono regole comuni ad ogni collegio.

A differenza dell’organo individuale, che è, per così dire, sempre presente, l’organo collegiale ha una vita intermittente. Pur avendo un’ideale continuità, il collegio si concretizza, e diventa operativo solo a seguito della convocazione della seduta o adunanza (giorno, ora, luogo). Il potere di convocazione di solito spet-ta al presidente del collegio. Anche questa è una regola essenziale. Ogni collegio deve avere un presidente che curi le convocazioni, stabilisca l’ordine del giorno e presieda l’adunanza col relativo ordine dei lavori.

Perché l’adunanza sia valida e il collegio sia abilitato a deliberare non è necessa-

Page 23: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Sezione Prima – Concetti 15

rio che siano presenti tutti i componenti; è sufficiente che i presenti raggiungano il numero legale (o quorum strutturale). In assenza di regole diverse, il numero legale coincide con la metà più uno dei membri assegnati al collegio. Il numero legale, in un consiglio comunale di 40 consiglieri, sussiste quando sono presenti almeno 21 consiglieri. Quando i membri del collegio sono in numero dispari, il numero legale sarà uguale alla metà (un numero frazionario) arrotondata all’unità superiore. In un collegio di nove membri il numero legale sarà pari a cinque.

Col numero legale vengono contemperate l’esigenza di funzionalità del colle-gio e la sua rappresentatività. La funzionalità verrebbe pregiudicata, se per una valida deliberazione, fosse necessaria la presenza di tutti i componenti il colle-gio. Una regola del genere esporrebbe il collegio al rischio di discontinuità che dipende dai casi che possono capitare a ciascuno dei membri (una malattia, un viaggio, un’assenza) o addirittura al rischio di paralisi: la paralisi che verrebbe provocata dal membro che non partecipa, proprio per impedire la formazione della decisione. Il numero legale (ossia un numero di presenti, componenti il collegio, superiore alla metà) d’altra parte garantisce la rappresentatività del col-legio: rappresentatività che verrebbe perduta da un collegio che fosse abilitato a deliberare con un esiguo numero di componenti presenti (inferiore alla metà di quelli assegnati al collegio).

Il principio su enunciato del numero legale non trova applicazione nei c.d. collegi perfetti: ossia nei collegi che per deliberare richiedono la presenza di tutti i membri. Collegi perfetti sono i collegi giudicanti: non solo i Tribunali, civili o penali o amministrativi, ma anche i collegi chiamati a decidere ricorsi gerarchici impropri, le commissioni di concorso o di esame, etc. In questi casi l’inerzia che potrebbe essere cagionata dal membro volutamente assente si previene median-te regole che rafforzano il dovere di partecipazione. Una di queste regole preve-de la decadenza dalla carica e la sostituzione del membro del collegio che si sia assentato dalle sedute per un certo numero di volte (per es. tre), senza fornire adeguata giustificazione.

Il problema fondamentale del collegio può essere formulato in questi termi-ni. Come è possibile estrarre da una pluralità di persone con opinioni natural-mente diverse una determinazione unitaria? Come è possibile ridurre ad un’uni-ca volizione le manifestazioni di volontà di più persone?

Il procedimento che millenni fa è stato escogitato, ed è tuttora in vigore, è quello della votazione: l’esito di essa è governato dal principio di maggioranza. Questo principio, a sua volta, richiede un meccanismo ulteriore che prelimi-narmente riduca la pluralità delle opinioni e delle volontà a due alternative. A questo scopo il voto avviene su una proposta. Il presidente del collegio o un qua-lunque componente di esso o un gruppo di componenti formula un progetto di delibera sulla quale si andrà a votare: o a favore o contro. In applicazione del principio maggioritario, la proposta sarà approvata e diventerà delibera del col-legio se avrà conseguito la maggioranza dei voti dei presenti. Il numero dei voti

Page 24: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Parte Prima – L’Organizzazione 16

necessari per l’approvazione è quello della metà più uno dei membri del collegio presenti: si parla, in questo caso, di quorum funzionale. Una volta accertata l’esi-stenza del quorum strutturale (la metà più uno dei componenti assegnati al col-legio), il quorum funzionale (il numero dei voti necessario per l’approvazione della proposta) sarà pari alla metà dei membri presenti più uno.

Se un consiglio comunale è composto di quaranta persone, il quorum struttu-rale sarà di ventuno, mentre il quorum funzionale dipenderà dal numero dei componenti presenti, una volta accertato che essi siano in numero pari o superio-re al numero legale. Se alla seduta sono presenti trenta componenti, il quorum funzionale sarà di sedici voti. Il quorum strutturale è necessario per la validità del-l’adunanza; il quorum funzionale è necessario per la validità della delibera.

La riduzione delle alternative a due, per effetto della proposta trova un tem-peramento nella facoltà di emendamento che è riconosciuta a tutti i componenti il collegio. L’emendamento proposto da uno dei membri del collegio, consiste in una modifica della proposta originaria per effetto della quale membri del colle-gio che in partenza erano contrari o quanto meno perplessi, possono diventare favorevoli alla proposta stessa. L’emendamento getta un ponte tra i membri fa-vorevoli alla proposta e gli altri e spesso spiana la strada ad un voto favorevole che altrimenti non ci sarebbe.

Dalla proposta al voto si passa attraverso la discussione. Con la discussione i membri del collegio espongono le ragioni per cui sono favorevoli o contrari alla proposta: se non sono del tutto favorevoli né del tutto contrari, propongono gli emendamenti che, se votati, renderebbero a loro giudizio la proposta accettabile.

Al termine della discussione, anche quando sono stati proposti emendamenti alla proposta originaria, e sono stati votati, è possibile che alcuni membri del collegio continuino a rimanere perplessi: è questa la ragione per cui essi si asten-gono. Ai fini dell’esito della votazione gli astenuti si sommano ai contrari: la mag-gioranza richiesta per l’approvazione della proposta di delibera è una maggioran-za di voti favorevoli, calcolata sul numero dei presenti. Per tornare al nostro esempio, se dei trenta consiglieri presenti quattordici votano a favore, sei votano contro e dieci si astengono la proposta è bocciata, non approvata: perché non soltanto i sei contrari, ma anche i dieci astenuti hanno negato il voto favorevole alla proposta e il quorum funzionale richiesto (sedici) non è stato raggiunto.

Si tratta di regole generali, il più delle volte non codificate, alle quali le disci-pline specifiche dei singoli collegi apportano deroghe. Per es. secondo il rego-lamento del Senato della Repubblica gli astenuti non vengono computati fra i votanti (sicché non influiscono sull’esito della votazione); e in molti collegi il vo-to del presidente, in caso di parità è decisivo (sicché una proposta può essere approvata anche a parità di voti se ad essa è favorevole il presidente).

Nei collegi giudicanti non è ammessa l’astensione.

Page 25: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Sezione Prima – Concetti 17

8. Amministrazione attiva, consultiva e di controllo

Tra i tanti criteri di classificazione degli organi (o meglio degli uffici) vi è quello che fa riferimento alla natura dell’attività svolta. Vecchia di secoli è la di-stinzione fra organi di amministrazione attiva, organi di amministrazione consul-tiva e organi di controllo. Che il re si avvalga di collegi di persone che lo consi-gliano ce lo dicono la poesia e il teatro greco. È uno schema che è stato progres-sivamente esteso ad ogni organo che è chiamato a decidere, dal Consiglio dei ministri (che nasce come organo consultivo del re ed è oggi organo deliberante cui è necessaria, talvolta, una consulenza) al prefetto, al sindaco. Chi agisce (l’organo di amministrazione attiva) deve essere consigliato: o perché la materia della decisione è tecnicamente complessa (e quindi è richiesta la consulenza di tecnici) o perché deve essere assicurata la legalità della decisione (e servono allo-ra dei tecnici della legge e del diritto).

Si è formata in epoche meno remote l’idea che la decisione debba essere sot-toposta a un controllo: ossia che l’attività di amministrazione attiva debba esse-re doppiata da un’attività di controllo. Il controllo serve a garantire che l’attivi-tà posta in essere sia conforme a un paradigma: che può essere la legge (con-trollo di legalità o di legittimità) ma può essere anche l’opportunità (controllo di merito), l’efficienza, l’efficacia, etc. (controlli di efficacia, controlli di gestio-ne, etc.).

La natura dell’attività richiesta all’organo consultivo o all’organo di controllo incide sulla struttura dell’organo, sui criteri di reclutamento delle persone che ne vengano investite, sul loro status giuridico. L’organo ha di solito struttura collegiale o per la complessità della funzione svolta, che richiede competenze professionali differenziate (si pensi agli organi di consulenza delle giunte regio-nali in materia urbanistica o ambientale) o per ragioni di equilibrio rispetto al-l’organo di amministrazione attiva (non è prudente affidare ad una sola persona il controllo sull’operato di collegi, specie quando questo controllo possa impedi-re alla decisione presa collegialmente di esplicare i suoi effetti). Le persone che vanno a far parte dell’organo di consulenza o di controllo sono reclutate in base a un criterio di competenza professionale (solo se vi è questa base, è ammessa una scelta «politica» delle persone); e lo status dei componenti dell’organo è ca-ratterizzato dall’indipendenza. La funzione della consulenza (che è quella di il-luminare l’organo che andrà poi a decidere) verrebbe stravolta se l’organo do-vesse seguire le direttive o obbedire ai comandi dell’organo di amministrazione attiva. Se ciò avvenisse, la decisione precederebbe la consulenza, anziché seguir-la. Lo stesso argomento vale, a maggior ragione, per l’organo di controllo. Se questo dovesse seguire le indicazioni o obbedire ai comandi dell’organo di am-ministrazione attiva, sarebbe il controllato a controllare il controllore, e non il contrario.

Page 26: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Parte Prima – L’Organizzazione 18

9. Organi, uffici e persone fisiche. La questione dell’investitura

Persona giuridica, organo, ufficio sono entità astratte, schemi, concetti. Per potere concretamente funzionare hanno bisogno di persone fisiche, di individui umani che operino come organi o svolgano i compiti propri dell’ufficio.

Da qui il problema del rapporto fra la persona giuridica, l’organo e l’ufficio, da un lato: e dall’altro, il problema del rapporto della persona giuridica con la persona fisica o le persone fisiche. In base a quale criterio una persona fisica è abilitata ad agire come organo o come ufficio (titolare dell’organo, titolare del-l’ufficio)?

Quando una persona fisica diviene organo dell’ente pubblico? Quando, avendo operato come organo dell’ente pubblico, perde la legittimazione ad agire come organo?

Questi interrogativi presuppongono la possibilità di separare l’organo (o l’uf-ficio) dalla persona fisica. Se questa è abilitata ad agire come organo da un certo momento nel tempo ad altro momento, succedendo a qualcuno e a sua volta precedendo qualcun altro che andrà a coprire lo stesso ruolo, può accadere che in questa successione vi sia una discontinuità: può accadere, cioè, che l’organo (o l’ufficio) per un periodo più o meno lungo rimanga vacante – quando il titolare è venuto meno e il nuovo titolare non c’è ancora.

Per indicare l’operazione con la quale un individuo è chiamato ad agire come organo (o come titolare di un ufficio) si parla di investitura: l’individuo è investi-to della carica o dell’ufficio. L’investitura può essere di due specie: politica o bu-rocratica. L’investitura è politica quando chi sceglie la persona vanta una legitti-mazione politica e sceglie, di conseguenza, in funzione della prossimità politica del prescelto, di una sintonia politica: una maggioranza elettorale che elegge il Capo dello Stato (nelle repubbliche presidenziali) o il sindaco o il presidente della Regione (come in Italia) e, indirettamente, il Capo del Governo o i ministri.

L’investitura politica, a sua volta, è frutto dell’elezione come negli esempi fat-ti, o della nomina. Quest’ultima ricorre quando un organo ad investitura politica (per es. il Governo o il singolo ministro) a sua volta nomina il presidente o i consiglieri di amministrazione di un ente pubblico.

L’investitura è burocratica quando una persona è chiamata a ricoprire un or-gano o un ufficio in ragione della sua competenza professionale, della sua pre-parazione, di solito verificata attraverso una procedura selettiva (concorso) aper-ta ad una pluralità di aspiranti.

In passato vigeva la regola, sia pure tendenziale, in base alla quale gli organi venivano coperti con un’investitura politica mentre gli uffici venivano coperti con un’investitura burocratica. Facevano eccezione gli organi periferici dello Stato (prefetto, intendente di finanza, medico provinciale, ingegnere capo dell’ufficio del genio civile, provveditore agli studi, etc.) ai quali erano preposti burocrati. Oggi la regola è cambiata.

Page 27: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Sezione Prima – Concetti 19

Dal momento che i dirigenti (burocrati) sono divenuti organi, in quanto titola-ri di competenze, e non più di meri compiti, l’investitura burocratica è stata estesa ad una larga quantità di organi. In questo modo è messa in discussione un’altra regola, in passato ritenuta ovvia: la regola della supremazia dell’organo a investitu-ra politica, sull’organo a investitura burocratica. Le frequenti proteste e contesta-zioni della magistratura nei confronti del Parlamento e del Governo – di persone munite di investitura burocratica (il concorso) – contro organi ad investitura poli-tica si spiega col fatto che quella regola non viene più avvertita come vincolante, come se di essa si fosse perduta la memoria. Una vicenda anomala ove si consideri che la supremazia dell’organo a investitura politica non è che una manifestazione del principio democratico. È propria dei regimi autoritari l’inversione dei ruoli: in quei regimi i militari (titolari di uffici fondati su reclutamento burocratico) diven-tano più importanti dei parlamentari e, in genere, dei politici.

10. Agente e principale

La relazione fra il dipendente (o l’amministratore) e l’organizzazione viene descritta dagli studiosi di economia e di scienza dell’amministrazione come rela-zione di agenzia. Un individuo (agente) agisce per conto di un altro (o di altri: principale o principali) ed è tenuto a promuovere l’interesse di quest’ultimo. Poiché gli obiettivi del primo e gli interessi del secondo possono non coincidere e l’agente è spesso incline a perseguire il suo interesse anziché quello del principa-le, il diritto ha sempre previsto dei meccanismi che in senso lato possono essere qualificati come meccanismi di controllo, volti ad assicurare quella coincidenza, o almeno ad impedire che la divergenza tra gli obiettivi dell’agente e l’interesse del principale diventi sistematica.

Di regole del genere è costellato il codice civile, quando disciplina la rappre-sentanza, il mandato, la gestione d’affari e in genere tutte le figure di sostituzio-ne di un soggetto nell’attività giuridica altrui.

Nel diritto pubblico le regole sono molto più numerose perché il principale coincide con la generalità dei cittadini (quando l’agente opera all’interno dell’or-ganizzazione statale) o con il complesso dei cittadini di un determinato ambito territoriale (di volta in volta regionale, provinciale, comunale, etc.); e l’agente non viene scelto dal principale (tranne che in caso di elezione), ma viene individuato con meccanismi ai quali il principale è estraneo. Per usare le categorie civilisti-che, in diritto pubblico la regola è quella della rappresentanza legale (anziché del-la rappresentanza volontaria).

Procedendo per grandi linee si può elencare una serie di strumenti diretti ad assicurare che gli interessi perseguiti dall’agente non divergano dagli interessi del principale ossia dagli interessi che l’agente è tenuto a soddisfare.

Page 28: Manuale di Diritto amministrativo...Il professore di diritto costituzionale al quale mi rivolgo per ottenere una ri sposta mi dice che questo diritto a queste persone o a questa astratta

Parte Prima – L’Organizzazione 20

A) Modalità di reclutamento

Le alternative maturate nell’esperienza degli Stati occidentali sono essen-zialmente due: l’elezione e il concorso.

L’elezione ha il pregio di affidare al principale la scelta dell’agente (rappresen-tato e rappresentante, secondo la terminologia politica e costituzionale). Come ha segnalato J.J. Rousseau, quanto più si allarga la comunità politica (lo Stato) tanto meno può parlarsi di scelta. La scelta dell’elettore è preceduta dalla scelta, fatta da altri, di coloro fra i quali egli può scegliere, scelta che è molto più impor-tante della sua: perché delimita l’ambito delle persone da votare. E tale ambito viene individuato dai gruppi dirigenti di partito, dai gruppi dirigenti locali, etc. L’elettore non può votare la persona che vuole nell’ambito della comunità di ap-partenenza: può votare solo una delle persone ricomprese nella lista del partito. Può addirittura capitare che egli non possa neppure scegliere la persona, ma sol-tanto la lista, all’interno della quale le posizioni sono precostituite: sicché sulla base del responso elettorale diventeranno rappresentanti i primi tre o quattro o cinque della lista anche se la preferenza dell’elettore non va a nessuno di loro.

Così accadeva in base alla legge in vigore per le elezioni politiche, dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale con sent. n. 1/2014.

Le elezioni vengono ripetute nel tempo, a cadenza fissa (almeno in linea ten-denziale).

L’obiettivo è quello di garantire l’attualità del rapporto tra rappresentanti e rappresentato, l’aderenza dell’azione del rappresentante agli interessi e alla vo-lontà del rappresentato. Aderenza che potrebbe non esserci più se, come nell’ele-zione del papa, l’eletto rimanesse nella carica a vita senza più essere sottoposto al giudizio dell’elettorato.

L’altro meccanismo di reclutamento è il concorso. Il concorso tende a privi-legiare, più che il rapporto di fiducia tra il principale e l’agente (come nell’ele-zione), la preparazione professionale dell’agente. L’affidamento che egli ingene-ra nel principale dipende dalla sua competenza professionale.

B) Requisiti dell’agente

Sia la legislazione elettorale che quella sui concorsi a pubblico impiego subor-dinano l’ammissione alla competizione elettorale o alle prove concorsuali al posses-so di determinati requisiti personali: immunità da precedenti penali, titoli di studio (nei concorsi), etc. Se questi requisiti mancassero, vi sarebbe una sorta di presun-zione di esercizio infedele o incompetente del mandato (elettivo o burocratico).

C) Schemi organizzativi

Alcuni schemi guidano la collocazione dell’agente nell’organizzazione. Per es. la gerarchia tende ad assicurare un controllo del superiore sull’inferiore: con-