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Maratona Messier - Star Party UAI - Forche Canapine - 28/30 marzo 2003 - AAO - D. Carosati MARATONA MESSIER Star Party UAI Forche Canapine, 28/30 marzo 2003 Esperienze e tecniche di ripresa CCD D. Carosati - AAO (ARMENZANO Astronomical Observatory) Quello che oggi vorrei trasmettervi, non è il solito elenco di procedure raccomandato dai migliori testi ed articoli del settore, ma le mie personali esperienze che, fra le tante, hanno fatto la differenza sui risultati ottenuti. Quindi sorvolerò su alcuni argomenti già ampiamente e dettagliatamente trattati un po' dappertutto e mi soffermerò sui punti, a mio avviso, cruciali. Mi sia concessa, solo una premessa. L'uso del CCD richiede grande preparazione e pazienza. La preparazione è richiesta per la messa a punto della strumentazione (allineamento dell'ottica, serraggio degli ingranaggi, ecc.) che richiede una meticolosa attenzione di tutti questi aspetti meccanici. La pazienza è necessaria per riuscire capire ed interpretare al meglio la strumentazione di cui disponiamo. L'inosservanza di queste regole fondamentali sarà causa di frustrazione per l'impossibilità di ottenere immagini CCD di rilievo. Inoltre particolare attenzione va riposta nell'accoppiamento CCD-OTTICA in quanto le caratteristiche dimensionali del sensore e la lunghezza focale del telescopio determinano il campo inquadrato e la risoluzione ottenuta. Ma di questo ne parleremo fra poco più nel dettaglio. Per prima cosa dobbiamo aver ben chiaro che il successo nelle riprese CCD sta solo nelle pose in sé per sé, quanto in tutta una serie di considerazioni preliminari che andiamo ad elencare: VALUTAZIONI PRELIMINARI 1) consultazione di un software per la programmazione delle osservazioni: *a) lista degli oggetti da riprendere; *b) controllare il loro passaggio al meridiano e la lontananza dalla luna; 2) scelta della combinazione ottica e conseguente campo inquadrato; *a) controllare la dimensione angolare degli oggetti da riprendere e confrontarla con il campo inquadrato dalla propria camera CCD; OPERAZIONI SUL CAMPO 3) acclimatazione della strumentazione; 4) stazionamento (Bigourdan); 5) orientamento della camera CCD (NORD in alto) e settaggio dei parametri di ripresa; 6) fuoco (Hartmann 4 fori + ausilio di software); 7) misura del seeing; 8) controllo della temperatura esterna; 9) determinazione della lunghezza delle esposizioni possibili. 1

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Maratona Messier - Star Party UAI - Forche Canapine - 28/30 marzo 2003 - AAO - D. Carosati

MARATONA MESSIER Star Party UAI

Forche Canapine, 28/30 marzo 2003

Esperienze e tecniche di ripresa CCD D. Carosati - AAO (ARMENZANO Astronomical Observatory)

Quello che oggi vorrei trasmettervi, non è il solito elenco di procedure raccomandato dai

migliori testi ed articoli del settore, ma le mie personali esperienze che, fra le tante, hanno fatto la

differenza sui risultati ottenuti.

Quindi sorvolerò su alcuni argomenti già ampiamente e dettagliatamente trattati un po'

dappertutto e mi soffermerò sui punti, a mio avviso, cruciali. Mi sia concessa, solo una premessa.

L'uso del CCD richiede grande preparazione e pazienza. La preparazione è richiesta per la messa a

punto della strumentazione (allineamento dell'ottica, serraggio degli ingranaggi, ecc.) che richiede

una meticolosa attenzione di tutti questi aspetti meccanici. La pazienza è necessaria per riuscire

capire ed interpretare al meglio la strumentazione di cui disponiamo. L'inosservanza di queste

regole fondamentali sarà causa di frustrazione per l'impossibilità di ottenere immagini CCD di

rilievo. Inoltre particolare attenzione va riposta nell'accoppiamento CCD-OTTICA in quanto le

caratteristiche dimensionali del sensore e la lunghezza focale del telescopio determinano il campo

inquadrato e la risoluzione ottenuta. Ma di questo ne parleremo fra poco più nel dettaglio.

Per prima cosa dobbiamo aver ben chiaro che il successo nelle riprese CCD sta solo nelle

pose in sé per sé, quanto in tutta una serie di considerazioni preliminari che andiamo ad elencare:

VALUTAZIONI PRELIMINARI

1) consultazione di un software per la programmazione delle osservazioni:

*a) lista degli oggetti da riprendere; *b) controllare il loro passaggio al meridiano e la lontananza dalla luna;

2) scelta della combinazione ottica e conseguente campo inquadrato;

*a) controllare la dimensione angolare degli oggetti da riprendere e confrontarla con il campo inquadrato dalla propria camera CCD;

OPERAZIONI SUL CAMPO

3) acclimatazione della strumentazione;

4) stazionamento (Bigourdan);

5) orientamento della camera CCD (NORD in alto) e settaggio dei parametri di ripresa;

6) fuoco (Hartmann 4 fori + ausilio di software);

7) misura del seeing;

8) controllo della temperatura esterna;

9) determinazione della lunghezza delle esposizioni possibili.

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1a) Vista la lunga lista di cose da fare prima di poter iniziare con la prima ripresa, è

consigliabile programmare le osservazioni della serata per non essere impreparati proprio quando

si è pronti tecnicamente. Spesso capita che dopo varie peripezie (difficoltà nello stazionamento,

problemi con i motori o l'elettronica, ecc.), si arrivi spiazzati alla prima ripresa: "E adesso? Che

cosa punto?" Quindi creiamo una lista di oggetti primari che preveda una sequenza che tenga

conto della rotazione celeste in relazione all'orario ed eventualmente anche una lista alternativa

cercando anche di ottimizzare i movimenti del telescopio in modo da non fare degli inutili avanti-

indietro che possono diventare motivo di errori di puntamento.

1b) Per riprendere al meglio un oggetto dovremo aspettare il suo passaggio al

meridiano, cioè il punto in cui l'oggetto risulta essere più alto nel cielo. Sembra poco, ma in realtà

è questo uno dei fattori che possono fare la differenza. Nella lista degli oggetti, annotiamo quindi

anche l'intervallo migliore per la ripresa che potrebbe essere da un'ora prima ad un'ora

dopo il passaggio al meridiano. Chi possiede una montatura equatoriale alla tedesca che al

meridiano opera l'inversione, ne dovrà tenere conto.

2a) Per la scelta della combinazione ottica-CCD rimando ai testi specializzati in quanto

bisognerebbe chiamare in causa la scelta della camera in funzione dell'utilizzo del telescopio che si

vuol fare. Qui mi limito a dire che se il seeing non lo consente è inutile forzare con risoluzioni

elevate. La risoluzione dell'immagine è la distribuzione del cielo sui pixels del sensore.

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CAMPO INQUADRATO

206.265 x dim. Sensore (mm)

Rarcsec = ------------------------

Lunghezza Focale (mm)

Esempio MX916:

206265 x 8,72 mm R = ------------------------- = 899 arcsec

2000 mm / 60

14,99 primi 206265 x 6,52 mm R = ------------------------- = 672 arcsec

2000 mm / 60

11,21 primi

Starlight Xpress MX916

Dimensioni sensore: 8,72 x 6,52 mm

Dimensioni pixel: 23,2 x 22,4 micron

Numero pixel: 376 x 290

Modalità binning 2x2

------------------------------------------------

206.265

numero di arcosecondi in un radiante

1 radiante = 57,3°

360° = 2∏ radianti

------------------------------------------------

Schmidt-Cassegrain

203 mm @ F 10

lunghezza focale: 2000 mm

RISOLUZIONE dell'immagine

899 / 376 (numero pixel) = 2,39 arcsec/pixel

672 / 290 (numero pixel) = 2,32 arcsec/pixel

La semplice formula, R=Campo inquadrato:

R=206265 x dimensione sensore(mm)/Lunghezza Focale(mm) ci dà come risultato

esattamente la porzione di cielo inquadrato in arcosecondi e diviso questo per 60, in arcominuti.

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Conoscendo il campo inquadrato in arcosecondi è sufficiente dividerlo per il numero di

pixel per conoscere la risoluzione dell'immagine.

E' bene imparare a padroneggiare con sicurezza questi due dati; campo inquadrato e

risoluzione dell'immagine, sono alla base di molte scelte che si devono operare in campo. Se

disponiamo ad esempio di una camera Starlight MX916 e di uno S/C 200mm F10 avremo un

campo inquadrato di 14,99 x 11,21 primi (899 x 672 arcsec) il che ci dà subito l'idea di cosa

otterremo nell'immagine finale. Se dovessimo inquadrare M31 sappiamo già che dovremo

ricorrere a dei mosaici e così pure per M42, mentre oggetti come M51, M13, ecc. saranno

perfettamente inquadrati in un'unica immagine... e così via. La risoluzione che ne deriva sarà:

899arcsec/376pixel = 2,39 arcosecondi/pixel in X e 2,32 in Y.

E' consigliabile fare tutte queste considerazioni a tavolino con calma e impadronendosi delle

poche formule e della sequenza delle operazioni da seguire; quante volte vi sarà capitato di

tentare una ripresa e di rimaner delusi perché l'oggetto risulta troppo piccolo, o troppo grande, o

troppo basso sull'orizzonte, o troppo vicino alla luna!

Cerchiamo di evitare queste inutili e frustranti perdite di tempo!

3) acclimatazione della strumentazione;

Sul campo le considerazioni da fare sono soprattutto di natura tecnica. E' buona norma

montare la strumentazione con largo anticipo per usufruire di un'acclimatazione delle ottiche più

veloce ed utilizzare questo tempo (molto in generale circa 45 minuti).

4) stazionamento (Bigourdan);

Durante l'acclimatazione è possibile anche stazionare lo strumento. Cannocchiali polari

per sgrossare (ricordo che quello delle GP della Vixen sono molto efficienti) e metodo Bigourdan

sono garanzia di un buon risultato. I metodi sono stati ampiamente descritti in molti testi quindi

solo un paio di precisazioni sulla scelta delle stelle. Aiutarsi con un software aiuta molto. Quindi

scegliere una stella a SUD circa mezz'ora prima del meridiano all'incrocio con l'equatore celeste

(quindi circa declinazione 0) e ad EST una stella che risulti a circa 50° sull'orizzonte. Se la camera

è già stata orientata con il nord in alto, sarà facile verificare la deriva. A tal fine molto comoda

risulta essere l'utilizzo del software Astroart e la funzione GUIDE che ci permette di evidenziare la

posizione iniziale per verificare poi lo spostamento verso nord o sud in pixel. Stabilendo un tempo,

ad esempio 2, 3, o 5 minuti è possibile verificare il miglioramento tra una correzione dello

stazionamento ed il precedente. Per esempio prendendo in considerazione due tornate di 3 minuti

ciascuna e vedendo uno shift della stella di 5 pixel verso nord nella prima tornata e di 2 pixel

sempre verso nord nella seconda, significa che dovremo attuare una correzione di circa la metà di

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quella già effettuata. Da non considerare gli spostamenti verso est-ovest (dx-sx) che sono causati

dall'errore periodico.

In alternativa può essere usata la funzione FOCUS di qualsiasi programma di gestione della

camera e con l'ausilio di una mascherina autocostruita con cerchi concentrici e stampata su un

lucido è possibile fare le medesime valutazioni.

E' un sistema molto affidabile e dopo alcune volte anche veloce. ATTENZIONE ad imparare

a valutare i limiti di precisione strumentale in quanto oltre certe precisioni si corre il rischio di

peggiorare la situazione e di dover ricominciare tutto da capo. L'esperienza vi renderà maestri del

vostro strumento. Un buon stazionamento vi consentirà di effettuare pose di almeno 60-90

secondi.

5) orientamento della camera CCD (NORD in alto) e settaggio dei parametri di ripresa;

E' anche buona norma, io direi proprio indispensabile, orientare la camera. Per

orientamento della camera CCD si intende la rotazione sull'asse ottico in modo da avere il Nord

sempre in alto e l'asse Est Ovest disposto da destra a sinistra. In questo modo abbiamo anche dei

vantaggi operativi in quanto quando ci spostiamo con la pulsantiera sappiamo dove esattamente

stiamo andando. Inoltre adottando costantemente questo metodo avremo anche il vantaggio di

poter valutare la deriva e quindi la qualità dello stazionamento ottenuto.

Per orientare la camera CCD come detto, sarà sufficiente fare una posa di qualche secondo

a motori fermi (preferibilmente su stelle abbastanza luminose) e verificare che la "strisciata"

ottenuta sia perfettamente orizzontale. Con poche correzioni saremo orientati perfettamente. Le

immagini che otterremo saranno così confrontabili con la maggior parte delle immagini contenute

nei software del tipo The Sky, Guide, Megastar, Perseus, ecc.

6) fuoco (Hartmann 4 fori + ausilio di software);

Fare il fuoco può essere a volte molto difficoltoso. La causa spesso è imputabile a cattivo

seeing (instabilità atmosferica). In ogni caso è consigliabile affidarsi ad un semplice ma efficace

sistema: la maschera di Hartmann. In pratica è un tappo con due, tre o quattro fori che si applica

davanti al telescopio. Questi fori permettono di sdoppiare, triplicare o quadruplicare l'immagine

ripresa quando si è fuori fuoco avvicinando la distanza delle immagini fantasma mano a mano che

ci si avvicina al fuoco fino ad unirle in un unico oggetto. Quindi puntando una stella saremo a

fuoco quando ne vedremo solo una.

Personalmente utilizzo una maschera a quattro fori che da' dei vantaggi rispetto alle altre.

Infatti l'immagine che ne deriva puntando una stella è quella di un quadrato con agli angoli la

stella. Un cattivo allineamento dell'ottica sarà subito evidenziato dalla figura risultante che non

sarà più un quadrato ma bensì un trapezio più o meno deformato.

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MASCHERA DI HARTMANN

A - fuori fuoco con seeing buono e strumento collimato B - fuori fuoco con seeing buono e strumento non collimato C - fuori fuoco con seeing pessimo D - seeing buono e strumento a fuoco

In ogni caso, quando si è vicino al fuoco, le quattro figure della stella convergeranno in un

unico punto e a questo punto ci dobbiamo aiutare con il software. Quasi tutti i programmi di

gestione delle camere CCD hanno la funzione focus che permette di valutare 3 parametri

importanti: i rispettivi diametri stellari in x e y (orizzontale e verticale del piano cartesiano) ed il

picco (diciamo z). Questi parametri ci indicano quanto la luce della stella è dispersa sui pixel.

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FUOCO

A minori valori di x e y corrisponde un maggior valore di z (del picco). Questo significa che

se la luce viene concentrata su un numero inferiore di pixel, questi avranno anche una intensità

maggiore. Questo concetto è anche alla base delle misure fotometriche. La quantità di fotoni

proveniente da una stella è sempre la stessa. Quello che può variare è la sua distribuzione sui pixel

del nostro sensore; ma se sommiamo i valori di tutti i pixel dove cade la luce della stella avremo

sempre lo stesso valore. Quindi il fuoco perfetto, generalmente, non influenza una misura

fotometrica mentre invece è fondamentale nelle riprese di oggetti deep sky.

Attenzione particolare va fatta quando si osserva il variare dei tre parametri x,y,z. Notiamo

subito che essi cambiano in continuazione; questo è dovuto al seeing. Infatti la turbolenza

atmosferica deforma in continuazione l'immagine della stella e quindi dovremo osservare queste

variazioni ed estrapolarne una media (Astroart lo fa' in automatico sulle ultime 5 misure) e quindi

bisogna dare tempo tra una correzione ed un'altra del fuoco. In base alla mia esperienza posso

dire inoltre che se la variazione dei valori è superiore ad un 10/15% del valore totale allora siamo

in presenza di un seeing non buono e so già che non potrò ottenere dettagli fini. In queste

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condizioni si può provare a riprendere allo zenith in modo da ridurre lo strato di atmosfera e di

conseguenza ridurre la sua deformazione.

7) misura del seeing;

Il seeing può essere facilmente e velocemente misurato. Facendo riferimento ad Astroart

(ma anche altri programmi lo permettono, ad es. MaxIm, ecc.), la funzione PROFILO ci permette di

valutare il valore del seeing in arcosecondi a patto che conosciamo la risoluzione dell'immagine

(vedi punto 2a). Infatti sarà sufficiente tracciare una linea sopra una stella passando per il

diametro per ottenere un profilo facilmente interpretabile. Il grafico ottenuto rappresenta la

distribuzione della luce su un piano cartesiano di cui l'unità è il pixel del nostro sensore. Il picco è

la zona più luminosa della stella. Minore è l'ampiezza della base della stella e più alto sarà il picco

(e di conseguenza il fuoco ed il seeing). La FWHM (FULL WIDTH at HALF MAXIMUM - AMPIEZZA

PIENA A META' VALORE) il seeing in pixel. Moltiplicando la nostra risoluzione per questo valore

avremo misurato il seeing. Ad esempio se la FWHM è di 2,5 pixel ed abbiamo 1,6 arcsec/pixel, il

seeing sarà 2,5 x 1,6 = 4 arcosecondi. In Italia il seeing medio raramente scende sotto i 3

arcosecondi. In zone ad altitudini molto elevate (1500-2500 mslm) può scendere a 2 arcosecondi.

MISURA DEL SEEING

Conoscere questo valore è molto importante in quanto ci apre la strada ad alcune

considerazioni che riguardano la serata osservativa che stiamo conducendo. Ad esempio se

abbiamo 3 arcsec o meno allora potremo dedicare la serata a riprendere in alta risoluzione dei

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Luminance. Diversamente dovremo accontentarci di riprendere, magari binnando, i nostri oggetti

con i filtri, rimandando i Luminance a serate migliori.

8) controllo della temperatura esterna;

Tenere sotto controllo la temperatura ambiente è d'obbligo. Come sappiamo, la lunghezza

d'onda della luce varia con la temperatura e questo significa che al variare di quest'ultima (oltre

certi limiti) siamo costretti a rifocheggiare e riprendere altri DARK.

Infatti nel passaggio dal crepuscolo alla notte astronomica e spesso anche durante la notte

stessa, possono verificarsi sensibili e a volte repentini cambiamenti di temperatura e/o di seeing.

Variazioni di oltre 2 gradi centigradi ci costringe ad intervenire (sicuramente per i dark). Molte

camere CCD in commercio hanno un raffreddamento del sensore non programmabile; cioè

raffreddano di un delta rispetto alla temperatura ambiente. Questo causa anche una diversa

temperatura del sensore che non avrà quasi mai la stessa temperatura causando nelle immagini

un diverso rumore ( N ). Quest'ultimo verrà poi eliminato in sede di elaborazione delle immagini,

ma per poter far questo è necessario che vengano ripresi più serie di dark nel corso della serata.

Un buon metodo è quello di identificarli a seconda della temperatura esterna (es. dark60s_5C) e di

registrare la temperatura esterna al momento della ripresa nell'header dell'immagine, così poi da

poter operare le giuste operazioni.

Molto importanti sono i cosiddetti MASTER che non sono altro che la media o mediana di

una serie di immagini (siano BIAS, DARK o LIGHT FRAME). Semplicemente il rumore N (noise) è in

relazione alla radice quadrata con il segnale S; tale rapporto vale:

N = √ S

Ne risulta che per ridurre il rumore di un terzo (3 volte) è necessario mediare o sommare 9

immagini (la radice quadrata di 9 infatti è 3). Da qui la necessità di riprendere un numero

consistente di immagini. 9 immagini riducono il rumore a un terzo; 16 immagini lo riducono ad un

quarto. E così via.

Lo stesso vale per il rapporto segnale rumore N/S delle immagini o light frames.

Migliore è il rapporto segnale/rumore, migliore sarà la dinamica dell'immagine e la sua visione.

Si può aumentare il rapporto N/S aumentando il tempo di esposizione o sommando un

buon numero di immagini.

La dinamica di una camera CCD a 16 bit equivale a 216 = 65.635 livelli o toni di grigio.

Quando facciamo una ripresa, specie se di breve esposizione, sfruttiamo solo una parte della

dinamica e quindi l'immagine risulta sottoesposta e necessita di strech energici. Anche in questo

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caso la soluzione è sommare un gran numero di immagini sì da poter sfruttare la dinamica della

camera. Un modo molto empirico ma molto affidabile è il seguente:

* definire per prima cosa il tempo di esposizione, in base alla propria montatura;

* prendere almeno un dark e verificare il livello del segnale di fondo;

* riprendere il soggetto con il tempo stabilito e verificare il livello del segnale massimo;

* calcolare la sottrazione del segnale di fondo del dark dal livello massimo dell'immagine;

* dividere la dinamica della camera per l'ultimo valore ottenuto;

Questo è indicativamente il numero di pose necessarie a saturare la parte più luminosa

dell'immagine; questo numero può essere aumentato o diminuito a seconda dei casi. Lo possiamo

aumentare decidendo di saturare una parte dell'immagine a favore dei particolari deboli (ad

esempio il nucleo di una galassia a favore dei bracci più esterni) oppure di diminuirlo per questioni

di tempo. DINAMICA DI UNA IMMAGINE

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Il FLAT FIELD.

Eseguire un flat field ha costituito sempre un problema. Non si è mai sicuri di come va

fatto, mille e uno sono i modi descritti. D'altra parte risulta un'operazione indispensabile. Il granello

di polvere sul filtro o sulla superficie della camera è sempre in agguato per non parlare dei

problemi di vignettatura. Uno dei problemi maggiori, nell'esecuzione di un flat, è quello di cogliere

l'attimo al tramonto o all'alba. Si finisce spesso amareggiati e frustrati. Personalmente dopo aver

provato i mille modi, ne ho trovato uno che si adatta alla perfezione alle mie esigenze.

Ha anche il vantaggio di poter essere eseguito con la luna, meglio se piena. Infatti punto il

telescopio a motori fermi su una superficie bianca (nella fattispecie un muro bianco, ma potrebbe

essere anche uno schermo per diapositive o quant'altro) ed aspetto che la luna cominci ad

illuminarlo. Senza spostare il fuoco, inizio le riprese. Controllo l'istogramma della prima immagine e

verifico i livelli di luminosità. Questo valore deve cadere preferibilmente tra il 50 ed il75% della

dinamica della camera. Cioè a dire che con una 16 bit e 65.635 livelli, sono valide immagini con

luminosità da 32.000 a 50.000. La luna riflette luce solare e quindi risulta essere una buona fonte

di illuminazione. La rotazione della luna fa sì che i flat ottenuti siano leggermente diversi ma

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questo verrà annientato facendo la media o la mediana. Il numero minimo che consiglio sono lei

solite 9 immagini, meglio se di più.

Valide alternative comunque sono schermi opalini in plexiglass posti subito davanti al

telescopio, il quale può essere puntato su un altro schermo opalino diffusore illuminato con una

pila a largo campo.

Il problema fondamentale dei flat è quello di dover operare la ripresa con lo stesso punto di

fuoco, pena l'inefficacia nella fase di elaborazione. Se si fanno sul campo non ci sono problemi. Se

si fanno in un momento successivo, bisogna trovare un modo per riprodurre le stesse condizioni di

fuoco aiutandosi ad esempio con un calibro (e misurando l'estrazione del focheggiatore ad

esempio) o una stampa graduata da applicare sotto la manopola di regolazione del fuoco per chi

usa gli S/C.

La parte finale della relazione è dedicata alla quadricromia LRGB. Anche qui non mi dilungo nella

tecnica ma espongo la modalità tramite la costruzione dell'immagine M1 pubblicata sulla Gallery

del n° 61 (marzo-aprile) 2003 di Coelum.

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Tempi di esposizione:

L 18 immagini da 180s ciascuna, bin 1x1;

B,V,R 6 immagini da 120 s ciascuna, bin 2x2;

Totale esposizione: 90 minuti.

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Altri esempi sono presenti nel sito, tutte comunque con adattamenti al seeing, altezza sull'orizzonte

dell'oggetto, ecc.

Ogni parametro costituisce un tassello della composizione, per fare di un'immagine... un'emozione!

Cieli sereni

Daniele Carosati /AAO Armenzano Astronomical Observatory

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