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Maria Oliva Bonaldo del Corp Mistico Fondatrice delle Suore Figie della Chiesa

Maria Oliva Bonaldo - Figlie della ChiesaIl libretto «Ut unum sint»contiene due serie di lezioni: Ottavario di preghiere per l’unità dei cristiani del 1964 e la Settimana del

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Maria Oliva Bonaldodel Corp Mistico

Fondatrice delle Suore Figie della Chiesa

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OTTAVARIO DI PREGHIEREPER L’UNITÀ DEI CRISTIANI

1964

Maria Oliva Bonaldodel Corpo Mistico

«UT UNUM SINT»

Roma 1995

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CENNI BIOGRAFICI SU M. MARIA OLIVA BONALDO:

1893: nasce a Castelfranco Veneto, il 26 marzo1913: durante la processione del Corpus Domini riceve

l’ispirazione dell’«Opera» delle Figlie dellaChiesa

1920: entra per obbedienza nell’Istituto Canossiano1938: A Roma inizia l’esperimento del nuovo Istituto 1946: Approvazione diocesana a Venezia

M . Maria Oliva per espresso desiderio del PapaPio XII fa la Professione Perpetua nell’Istitutodelle Figlie della Chiesa e ne diventa SuperioraGenerale

1949: Decreto di Lode1957: Approvazione definitiva dell’Istituto1976: il 10 luglio, la Madre ritorna a Dio

PRESENTAZIONE

La nostra Madre Fondatrice così scriveva nellabreve biografia della nostra Serva di Dio, MaddalenaVolpato di S. Teresa di Gesù Bambino:

«Gesù pregò il Padre per l’unione della sua primaChiesa e il giorno dopo “consegnò Se stesso perlei” . Ella, suo misterioso Corpo, nacque, comecantiamo sempre, dal suo Cuore spezzato.Per il ritorno delle chiese separate bisogna prega -re con Gesù: “Pater, rogo ut sint unum” e noi inci -d e remo la sua implora zione in tutti i nostr iTabernacoli. Ma bisogna anche soffrire, perché se non sare m ouna sola cosa il mondo non crederà. L’ha dettoLui: “ Padre, siano una sola cosa ... affinché ilmondo creda...” . La conversione del mondo allafede dipende dall’unione! È tremenda l’urg e n z adella “ P reghier a ” e della “ P enitenza ” perl’Unione!Figliuole, noi siamo nate per questo: per essereuna sola cosa, affinché il mondo creda e perc h ésiano una sola cosa prima gli uniti e poi i separati.

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Per questo dobbiamo pregare; per questo dobbia -mo soffrire, “ portando soprattutto, i pesi le unedelle altre” che è il soffrire meno illusorio e piùunitivo» ( p . 4 4 - 4 5 ) .D a l l ’unum sint della preghiera sacerdotale la

nostra Congregazione ha tratto ispirazione e vita.L’unità, essere un cuor solo e un’anima sola, è statacostantemente la supplica, l’aspirazione e l’impegnodella nostra Madre. Per questo durante l’Ottavario dipreghiere per l’unità dei cristiani, alla comunità diSancta Maria (Roma) faceva la lezione spirituale [ c h eveniva trasmessa a tutte le Comunità attraverso nastrim a g n e t i c i ] tenendo presente ciò che la Chiesa celebra-va, ciò che il Magistero della Chiesa diceva e cheMonsignor Salvatore Garofalo nell’omelia della Messacelebrata ogni giorno in casa generalizia, commentavacon zelo sacerdotale.

Con le otto Sorelle Iuniores di Sancta Maria h oriascoltato quest’anno le stupende lezioni spiritualifatte dalla nostra Madre nell’Ottavario dell’unità deicristiani del 1976, ultimo della sua esistenza terrena. Ènata in tutte l’idea di stampare un libretto come donoper la festa del 25 marzo, in modo che Sorella EldaSG, nostra Madre Generale, lo potesse far avere a tuttele nostre Comunità, sparse nel mondo.

Il libretto «Ut unum sint» contiene due serie dilezioni: Ottavario di preghiere per l’unità dei cristianidel 1964 e la Settimana del 1976.

Nel 1964 la nostra Madre commenta l’esortazione

Apostolica fatta da Paolo VI il 15 gennaio 1964, alsuo rientro dal Pellegrinaggio in Terra Santa. Sviluppaanche i pensieri che lei stessa aveva scritto per ilCalendario delle Figlie della Chiesa del tempo natali-zio e che chiama «il nostro libretto».

Nelle lezioni del 1976 commenta l’O remus d e l l aLiturgia del giorno 18 gennaio:

«Infondi in noi, o Dio, lo spirito del tuo Amore,perché nutriti con l’unico Pane di vita, formiamo uncuor solo e un’anima sola».

Meditando queste pagine che rivelano la profon-dità del pensiero della nostra Madre e la pienezzadella sua contemplazione del mistero della Chiesa, ilnostro cuore si apre alla lode e al ringraziamento per ildono che il Signore ha fatto alla nostra FamigliaReligiosa.

Un ricordo particolare sia per la nostra SorellaSilvana Termignone di S. Agostino, che si è dedicatacon generosità, assiduità e precisione alla trascrizionedelle registrazioni (lavoro difficile e impegnativo)nonostante la sua grave malattia.

Ci auguriamo che la meditazione su questi testidella Fondatrice ci aiuti ad ottenere ciò che le nostreCostituzioni chiedono, per testimoniare la Chiesamistero di comunione: «La ricerca dell’unità ci impe-gna ad essere segno visibile dell’AmoreMisericordioso del Padre, partecipi del cammino ecu-menico della Chiesa e testimoni della carità, special-mente nella comunione profonda con i Pastori e con

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tutto il Popolo di Dio» (Cost. 4, 3).La Vergine, Madre dell’Unità, porti a compimento innoi la Preghiera di Gesù; Lei che così è stata vista ecantata dalla nostra Madre:

«Beata te che hai creduto all’Amorefatto Fuoco.La Chiesa irruppe - Miracolo di Fuoco -Una - Santa - Ecumenica -un cuor solo col tuo Cuore -un’anima sola con la tua Anima -la sua Liturgia -fragrante della tua contemplazione -il suo slancio - dimensionato dall’aperturadelle tue braccia» .

Sor. Revelin Clara GC

Roma «Sancta Maria, 25 marzo 1995Solennità dell’Annunciazione del Signore

PE N S I E R ID E L L A N O S T R A FO N D AT R I C E

dal Calendario delle Figlie della Chiesa 1964

18 gennaio«In questa ottava preghiamo, con tutti, per i vari gruppidi Fratelli separati che la Chiesa ci presenta. Ma ciò nonbasta. Offriamo tutto ciò che lo Spirito Santo ci ispireràdi offrire, anche la vita, come Maddalena. Non bastaancora. Noi diamo, perché riceviamo. È nostro grandedovere disporsi a ricevere sempre più luce e grazia perpoi dare di più e meglio».

19 gennaio«Quanta Luce, quanta Grazia dalla contemplazioned e l l ’unione Tr initaria! La Vergine, contemplandola,vede tutti in Dio e Dio in tutti; e, amando Dio, ci ama; e,amandoci, ama Dio. La contemplazione della Trinitàbeata arriva a questa perfezione della carità. Magari noi ei nostri fratelli separati fossimo tutti dei contemplativi!» 20 gennaio«Quanta Luce e quanta Grazia dalla contemplazione del-

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l ’unione Ipostatica, la meraviglia dell’Onnipotente. Dio-Uomo; l’Uomo-Dio; Gesù. “Concedici... che siamo fattipartecipi della divinità di Colui che si degnò farsi consortedella nostra umanità”, supplichiamo alla Santa Messa tral’Offerta dell’Ostia e l’Offerta del Calice.Se con cosciente fervore estendessimo tale supplica atutta la Chiesa, a quanti appartengono alla sua AnimaMistica, forse Gesù si trasfigurerebbe anche per noi,come ai suoi intimi sul Tabor, e dalla nostra carità fedelefiorirebbe la contemplazione».

21 gennaio«Se la contemplazione dell’Unità Trinitaria ci abbagliaper la sua sublimità e la contemplazione dell’unioneIpostatica ci impegna allo studio, non sempre facile,della Teologia, contempliamo l’unione Nazarena: Gesù,Maria, Giuseppe: tre persone, a distanze infinite o quasiinfinite, vicinissime: nella stessa casa, alla stessa mensa,al lavoro comune. Più del sangue e più della legge, leunisce la Volontà del Signore che è Volontà di amore. Senoi e i nostri fratelli separati facessimo tutti la Volontà diDio che è di amarci, non basterebbe questo solo per unir-ci?».

22 gennaio« L ’unione Mistica è il “Matrimonio spirituale” di cuiparla Santa Teresa, ma anche la realtà misteriosa dellavita di Grazia di cui quello è l’esperienza. Così è per l’u-nione dei cristiani. C’è, se c’è la rettitudine d’intenzione,

cioè la vita di Grazia, anche se non siamo ancora giuntiall’abbraccio fraterno».

23 gennaio«Incomparabile nostro modello di unione è l’u n i o n eEucaristica: Gesù in tutti; Pane di ogni giorno per tutti.“Mistero di fede!” esclama il consacrante. “Mistero diamore!” esclamiamo noi. Basterebbe una comunione perunirci tutti. Pensate che ritorno sarebbe quello dei nostrifratelli separati, se prima di ritornare a noi, ritornassero aLui e ci assidessimo tutti insieme, “come ramoscelli d’o -livo intorno alla sua mensa”».

24 gennaio«Per unione Ecclesiale potremmo intendere l’unione visibi-le della Chiesa, cioè delle famiglie col Parroco, delle parroc-chie col Vescovo, delle diocesi col Papa.Il movimento di ritorno dei fratelli separati ne è facilitato,perché l’ordine viene da Dio e porta sempre a Dio: esprimeed invita all’unione. Esprimiamola sempre e bene, compor-tandoci da figlie coi nostri Parroci, coi nostri Vescovi, colnostro Padre santo. L’esempio trascina: il nostro esempiosarà un invito al ritorno per molti lontani».

25 gennaio«L’unione Gerarchica è un altro grande modello di unio-ne. Come nel cielo i pianeti sottostanno alle stelle e lestelle al misterioso centro che tutte ordinatamente le

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muove, così nella Chiesa i Sacerdoti sottostanno aiVescovi e i Vescovi al Sommo Pontefice. La superioritàè servizio ed esercizio di paternità e maternità.Comprendiamolo, perché i nostri fratelli lontani lo com-prendano e ritornino come figli tra le braccia dellaChiesa. La Vergine ha compreso e anche la nostra picco-la Maddalena ha compreso».

26 gennaio« L ’unione Conciliare è un’unione straordinaria dellaChiesa Docente che di secolo in secolo ripete a gran vocel’invito di Gesù, la Preghiera di Gesù. È un’annunciazio-ne degli Angeli della Chiesa. Ne deve restare a lungol’eco nei cuori e noi lo ripetiamo a chi lo dimenticasse;prima a noi stesse. Perché non si può far rispondere sìagli altri, se prima non l’abbiamo pronunciato noi. Cosìha fatto Maddalena e il suo sì è ancora vivo e invitante».

27 gennaio« L ’unione Religiosa, la Comunità, si modella sull’unitàtrinitaria e sull’unione nazarena, vive di unione eucaristi-ca e mistica, sussiste per l’unione ecclesiale, gerarchica,conciliare, tende all’unione eterna. “ Mensae coelestisparticipes faciat nos... ad coenam vitae aeternae perdu -cat nos...” l’Amore».

28 gennaio«La Chiesa è unione, perché è Amore. Tutte le unionisono amore. Le disunioni denunciano l’espulsionedell’Amore. Così si spiega la forte espressione di San

Giovanni: “Vuoi sapere se sei passato dalla morte allavita! Se ami il fratello”. Non lo ami? Sei ancora nellamorte, che è vuoto di amore».

29 gennaio«Le unioni sono soprattutto donazioni, perché “è megliodare che ricevere”. C’è più gioia, almeno per Dio che èAmore. L’esercizio della carità ce lo farà un po’ allavolta sperimentare».

30 gennaio«L’Amore tende a unire; forma l’unione; trasforma lediversità di carattere, di educazione, di compiti in sem-plici distinzioni che non intaccano, ma anzi facilitano lavita comune. Abituiamoci a guardare tutto dall’alto. LaChiesa ha sempre sulle labbra la trilogia al Padre, alFigliuolo, allo Spirito Santo; gode delle distinzioni chefioriscono nell’uguaglianza perfetta delle tre Personedivine e ne manifestano la gloria».

31 gennaio«Sta per tramontare il periodo natalizio con la sua nove-na dell’Immacolata e di Natale, colle sue ottave missio-narie dell’Unità. Si è chiusa la II Sessione del ConcilioEcumenico che ci ha aperte all’ecumenismo. Tutto ciporta a rinsaldare l’unione di Popolo di Dio, intorno aGesù Re, di Famiglia di Dio, sotto il manto di Maria, diCorpo Mistico, di Chiesa e di comunità. L’unione dipen-de da tutti e da ciascuno. Che faremmo se dipendessesolo da noi?».

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Mi è giunta la lettera di una Iunior, sulla vitadella Chiesa in questi giorni. Non ve la posso legge-re tutta, ma ve la leggo perché, la piccola voce diuna figliuola, è come un preludio (è stata almenoper me) della grande voce di Paolo VI, del nostroSanto Padre. E stasera proprio ci parla con un ardo-re nuovo. Il pellegrinaggio, davvero, sembra che loabbia, non dico trasformato, ma compenetrato diSpirito Santo in una maniera che fa impressione.Lui ebbe a dire: è come dire a una persona che nonè più quella di prima. Di fatto c’è una novità stu-penda. Per questo in questa vigilia della G r a n d eS e t t i m a n a nostra, voglio io leggervi la Parola delPapa. Prima vi faccio sentire l’umile voce di questagiovanetta:

«Veneratissima Mamma, strette a Lei, condividiamola grande gioia e commozione per l’umile e grandio -so pellegrinaggio del “Dolce Cristo in terra”. È stataun nuova Pentecoste anche per tutti i fratelli nel

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mondo. Lo constatiamo facendo il nostro giro di apo -stolato. Che gioia, Mamma Veneratissima, e che bellala nostra Congregazione! È come il cuore della Chiesa,piccolo scrigno che racchiude in sé quello che la Chiesaha di più bello e prezioso, e che mostra solo a poco ap o c o ».E alla fine mi dice: «Un’altra cosa ci ha r iempito di commozione. IlSanto Padre in diverse allocuzioni ha dato gli stessipropositi ed esortazioni che il suo amore materno ciaveva già suggerito. Ora ci stiamo preparando confervore per vivere appieno la Settimana che è tuttanostra e la vogliamo vivere seguendo l’esempio dellanostra Maddalena. Ci sarà di grande aiuto il prezio -so libretto che ci ha mandato in dono per l’Epifania,del quale la ringraziamo infinitamente. Confidandonella dolcissima Mater Ecclesiae, Le chiediamo lasua materna benedizione».Questa giovanetta ha il cuore pieno dello Spirito

delle Figlie della Chiesa: speriamo che l’abbiatetutte.

E adesso leggiamo la stupenda parola,l ’E s o rtazione Apostolica del Sommo Ponteficeall’Episcopato Cattolico. S e n t i r e t e !

«Al termine del pellegrinaggio che ci ha condot -ti in ispirito di preghiera e di penitenza, a venerarei luoghi santificati dai Misteri della Redenzione di

Cristo, il nostro animo non poteva fa re a meno dirivolgersi con sentimenti di letizia a tutti i nostriConfratelli nell’Episcopato. Com’era doveroso, adEssi per primi abbiamo voluto partecipare l’annun -cio dello Storico Evento, nel corso della IIa Sessionedel Concilio Ecumenico. Ed essi più d’ogni altrohanno dimostrato di comprenderne l’alto significa -to ed intravedere immediatamente gli orizzontiluminosi che l’avvenimento avrebbe potuto averesul futuro della Chiesa e dell’umanità.

Invero ben sappiamo, Venerabili Fratelli, quantodeve attribuirsi al vostro zelo, al vostro amore allaChiesa, alla vostra squisita sensibilità pastorale, secosì spontanea ed universale è riuscita la part e c i -pazione dei fedeli al nostro viaggio di Orazione e diPenitenza e se in ogni tappa di esso li abbiamo sen -titi così vicini a noi, in comunione di affetto, di votie di preghiere e in intima adesione alle nostre inten -zioni apostoliche.

Come non abbiamo parole per espr imere lesante e profonde emozioni provate nel varc a re lesoglie della Città Santa, e nel prostrarci sulla pietradel Santo Sepolcro, sul Calvario, al Getsemani, nelCenacolo, a Nazaret e nella Grotta della Natività aBetlemme, così in nessun modo potrà cancellarsidal nostro cuore il ricordo di quanto abbiamo vedu -to e udito intorno a noi in quelle giornate indimen -ticabili. Con animo commosso ricordiamo le entu -

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siastiche accoglienze delle folle, che con nostraimmensa gioia e meraviglia dovunque abbiamoincontrato devote e plaudenti. Ricordiamo ancorale cordiali e rispettose pre m u re delle autorità diquei luoghi, che hanno fatto ogni sforzo per rendereagevole e più gradito il nostro breve soggiorno inTerra Santa. Soprattutto rimane scolpito nel nostroanimo l’incontro coi Capi spirituali delle venerandeChiese d’Oriente, dalle quali nel passato fratturedolorose ci hanno separato; e in modo specialissi -mo l’incontro col P a tr ia rca Ecumenico diCostantinopoli, recatosi Egli pure Pellegrino inTe rra Santa. Con Lui ci siamo scambiati il baciosanto che si danno i discepoli di Cristo. Insiemeabbiamo riletto la Preghiera solenne fatta da Cristoal Padre prima della sua Passione, per chiederg l il’unità dei suoi discepoli, affinché il mondo creda».

Capite, mi vengono le lacrime, mi vengono i bri-vidi. Capite!

Quella preghiera che noi abbiamo fatto inciderenell’interno dei nostri tabernacoli... Quella preghie-ra che è l’argomento principale della nostra medita-zione: quella preghiera che, unica, è stata lasciatanelle Costituzioni, in quel punto centrale chedomanda l’unione. Mentre dalle Costituzioni porta-no via tutto, tutte le citazioni evangeliche, quella cel’hanno lasciata... mi sento i brividi! Guardate come

il Signore ha accontentato i nostri desideri!Guardate, guardate! È una commozione profonda.

«Insieme abbiamo recitato il Pater Noster, che cifa invocare Dio come nostro Padre e ci insegna ilperdono reciproco delle offese.

Avvenimenti questi che noi amiamo considerare,come le primizie di una unione totale nell’unicaChiesa di Cristo, anche se questa unione è ancoralontana...».

Non importa, è iniziata, capite! Le preghiere della buona Madre Maddalena

[Bredo], delle sue buone figliuole [nascenteCongregazione “Opera Missionarie per l’Unitàdella Chiesa” della Diocesi di Trento, affidata dal1963 al 1965 alla guida della nostra Madre dalVescovo di Trento S. E. Mons. Alessandro MariaGottardi], anche le nostre povere preghiere, soprat-tutto, anzitutto la Preghiera di Gesù, che nell’inter-no del suo tabernacolo continua...

« Avvenimenti questi, dunque, che noi amiamoconsiderare come le primizie di una unione totale,nell’unica Chiesa di Cristo, anche se questa unioneè ancora lontana.

Né infine potremo mai dimenticare l’omaggiocosì festoso, così affettuoso e grandioso, tributatocia l nostro r itorno da lla cittadinanza ro m a n a . . .(Eravamo anche noi, insieme!) ...che in tale memo -rabile circostanza, ha fatto sentire all’umile succes -

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sore di Pietro, più intimi e soavi che mai i vincoliche lo uniscono alla sua dilettissima Diocesi».

Perché è tanto umile; ha detto che non s’apettavatali omaggi. Avete capito, è tanto umile! Vi ricorda-te a Milano, com’era quasi umile con noi, quandoc’invitava a salire verso l’altare! Le milanesi loricordano bene...

«A tutti coloro che hanno contribuito alla buonariuscita del nostro pellegrinaggio, noi vogliamodire la nostra riconoscenza e in particolare deside -r iamo r ingraziare voi, Venerabili F ratelli, perquanto avete fatto, affinché i vostri fedeli compren -d e s s e ro il significato, l’importanza e le finalitàdello storico avvenimento nella vita della Chiesa, inordine alla sua missione santificatrice nel mondo.

Ma come è chiaro, è a Dio onnipotente anzituttoche noi dobbiamo rivolgere l’omaggio della nostraumile e sincera riconoscenza. A Dio, che attraversole vicende umane guida la sua Chiesa verso i suoieterni destini, e che dalle risonanze così eccezionalidel nostro pellegrinaggio già ci fa presagire sicuroinizio di nuove, pacifiche e luminose affermazionidel Regno di Dio.

Non è infatti senza un disegno della misericor -diosa provvidenza del Signore, che dopo 20 secoli,P i e t ro nella persona del suo umile Successore ,abbia potuto ritornare là donde venne, e dove laChiesa nacque e mosse i suoi primi passi, sostenuta

dal suo stesso Divin Fondatore, e guidata dal suoprimo Vicario; ed abbiamo così potuto pre s e n t a rela Chiesa a Cristo nella stessa terra che la vide untempo piccola come un granello di senapa, e lavede cresciuta oggi come un albero gigantesco, chestende i suoi rami su tutto il mondo, sempre fioren -te, e sempre Madre feconda, sempre rinvigoritadalla virtù dei suoi Santi, malgrado le persecuzioni,sempre rinnovata dalla sua vitalità interiore e dal -l’opera instancabile dei suoi Pastori.

Tutto ciò ha procurato a noi sommo confort o ,tanto che nutriamo ferma fiducia che abbiano adapportare abbondanti frutti di bene quei numerosi esplendidi fiori di pietà religiosa, di bontà, di genti -lezza e di fraterno amore che abbiamo visto spunta -re lungo tutto il percorso del nostro pellegrinaggio.Noi non sappiamo quando nei disegni della divinaProvvidenza, i semi da noi gettati con ferma fiducianei solchi aperti davanti a noi verranno portati apiena maturazione. Sappiamo però che le preghieref e rv o rose e i sacrifici nascosti di innumere v o l ia nime generose ha nno spiana to la via delSignore»...

Capite: i sacrifici nascosti di Suor Gabriella,della nostra Maddalena, e di tante tante altre animeche si sono offerte per l’unità della Chiesa; le pre-ghiere di tante e tante anime... speriamo di essereanche noi nel gruppo, perché l’unione della Chiesa

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è la nostra aspirazione profonda; da essa ha tratto,dice la Regola, ispirazione e vita la nostraCongregazione...

E le nostre Costituzioni fanno un dovere allaMadre Generale, uno dei suoi primissimi doveri, dimantenere l’unione per cui Gesù ha pregato, affin-ché il mondo creda.

«... così dipenderà dai nostri sacrifici offerti aDio in spirito di fede e di amore... se vorremo che ledifficoltà e le asprezze che ancora ostacolano ilcammino, vengano appianate e si possa giungerequanto prima e sicuramente alla meta sospirata.Per questo motivo noi desideriamo ard e n t e m e n t e ,Venerabili Fratelli, che al nostro ringraziamento aDio per il felice esito del pellegrinaggio si associtutta la Chiesa.

Ecco il preludio dell’Ottava per l’Unità.E come tutti i fedeli hanno voluto con le loro fer -

v o rose suppliche pre p a r a re ed accompagnare ilnostro viaggio, così pure è conveniente che tutti col -laborino in unione di spirito col Sommo Pastoredella Chiesa, affinché siano più efficacemente assi -curati i frutti del nostro Pellegrinaggio, che contanta fiducia e con tanta insistenza, sui luoghi san -tificati dalle sofferenze e dall’amore di Gesù, abbia -mo implorato da Dio per la prosperità della Chiesae per il bene di tutta la famiglia umana [...].

Sappiamo che innumerevoli sono le persone che

nelle diverse confessioni cristiane si consacrano aquesta causa sublime e che nella preghiera e nellapenitenza cristiana...

Guardate come insiste sempre: nella preghiera enella penitenza.

...in cristiana unione con noi stessi elevano aDio la loro intercessione umile e fervente, affinchéla volontà del Signore si compia. Non avvenga,Vener abili F r a telli, che i F igli della ChiesaCattolica, (aggiungo io: che le Figlie della Chiesa),per il fatto che possiedono già la pienezza dellaver ità per un dono gra tuito della divinaP rovvidenza, si mostrino meno zelanti, a favore diuna causa così santa. Al contrario, li animi unasanta emulazione insieme con i loro fratelli non cat -tolici, e li spinga a mostrarsi, nella preghiera enella penitenza, tanto più generosi in quanto Dio hagià loro accordato il bene inestimabile della pienaa p p a rtenenza alla sua Chiesa. Sotto la guida deiSacri Pastori, i quali durante i lavori del ConcilioEcumenico, hanno mostrato quanto stesse loro acuore la causa dell’unione, la preghiera dei fedelisi faccia più ardente che per il passato, per doman -d a re al Signore la realizzazione dell’unità dei cri -stia ni, per mezzo della gr azia del suo Sa ntoSpirito...

Anzi, come sapete, se al Concilio ci sono statedelle divergenze sono state proprio causate da questo

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amore dell’unità. Alcuni dei Padri avrebbero cedutodi più, pur di attirare i fratelli lontani.

È un movimento pastorale che ho sentito quasiscusare con tanta carità da quei Padri invece delConcilio che si mostravano più rigidi nelle loroposizioni di verità. Quindi anche queste divergenzemostrano proprio la sensibilità, di cui parla qui ilSanto Padre, che hanno dimostrato tutti i Padri perarrivare ad andare incontro a questi nostri poverifratelli, che son così buoni, sapete! Tanti sono cosìbuoni, e così retti, che se muoiono con questa retti-tudine si salvano. Perché nati in quelle Chieseseparate a loro sembra proprio vera, la loro Chiesa.

«Affinché ciò si raggiunga più efficacemente, aiParroci di tutto l’Orbe cattolico che promuoveran -no le iniziative da noi raccomandate, concediamola fa coltà di impa r t i re s e m e l (una volta !) laBenedizione Papale, con l’annessa indulgenza ple -naria, che potrà lucrarsi dai fedeli presenti che siaccosteranno ai sacramenti della Penitenza edell’Eucarestia e pregheranno secondo le intenzionidel Sommo Pontefice».

Con questo il Santo Padre fa vedere quanto desi-dera la partecipazione all’Ottavario nelle ChieseParrocchiali; e domani appunto prepareremo unacircolaretta che in questo senso aiuti e spinga anchei nostri di Viale Vaticano ad andare il più possibilein Parrocchia. Eccetto i vecchietti, qui non dovrem-

mo vedere nessuno, e ho più piacere se non fre-quentano la nostra Chiesa e vanno giù lì. Ora chec’è anche la gradinata, ciò è più facilitato.

«Nella fiducia che queste nostre paterne esorta -zioni, troveranno piena corrispondenza tra i fedeliaffidati alle vostre cure pastorali, con effusione dic u o re, impartiamo a voi, Venerabili Fratelli e aivostr i diletti greggi la nostr a ApostolicaBenedizione».

Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 15 di gennaiodell’anno 1964, primo del nostro pontificato.PAULUS PA PA VI, Sommo Pontefice

Ringraziamo il Signore di queste alte parole e diquesto grande invito. E stiamo attente alla notanuova, care: non è più un Ottavario di preghiere sol-tanto; il Papa comanda un Ottavario di Preghiere edi Penitenza.

C’è una grande novità: Gesù ha domandato laPreghiera e ha fatto, subito dopo quella Preghiera, laPenitenza. Che penitenza! Il Getsemani e il Calvario!

Dobbiamo imitare Gesù: anche noi faremo qual-che cosa. Che cosa? Non so. Ci penserò. Prima ditutto, la Penitenza delle penitenze: il piccolo sì diMaria. L’obbedienza perfetta all’orario, al silenzio,al precetto del Signore, coi sette atti di carità. Fate

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prima questo: facessimo anche solo questo, baste-rebbe, perché già è grande penitenza la vita comu-ne.

È grande penitenza, la vita di silenzio; è grandepenitenza la vita di rinuncia, la vita di solitudine perchi non può lavorare, la vita di lavoro, per chi nonpuò stare nella diletta solitudine. La preghiera diurnaprolungata; la preghiera notturna col sacrificio delsonno: tutto è penitenza nella vita religiosa. M e amaxima penitentia vita communis. La mia massimapenitenza è la vita comune.

Poi, siccome il Papa c’invita a uno straordinarioOttavario di Preghiere, aggiungeremo una straordi-naria Penitenza. Ancora il Signore non me l’ha ispi-rata. La domanderò domani mattina nellaComunione, e poi vi sarò precisa.

Disponiamoci tutte a farla in spirito di obbedien-za al nostro Primo Superiore che è il RomanoPontefice, al nostro Gesù in terra.

II

L’anno scorso, in questi 20 minuti prima dellatramissione, abbiamo commentato con le Sorelledella diffusione, parte dell’epistola della Messa perl’Unità della Chiesa. Abbiamo seguito l’Ottavariodi preghiere per l’unione con questa meditazione.

Voi sapete il regalo che ci ha fatto il Signore. Ciè stata domandata la collaborazione proprio per lad i ffusione della «Messa pro Unione», non tantonell’Ottava di preghiere, ma nel clima dell’Ottavadi Preghiere per l’Unità di tutti i cristiani. Sarà unlavoro che si farà dopo l’Ottava e che continueràl’opera di quest’Ottava di Preghiere.

Certo, vedete, ora che il Santo Padre l’ha fattasua, che la Chiesa l’ha fatta sua ufficialmente, avràsviluppi impensati. L’anno prossimo, chi ci sarà,potrà forse constatare qualche cosa di questi svilup-pi perché ormai abbiamo la sicurezza piena che ilmovimento è voluto dallo Spirito Santo, è voluto daGesù.

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È voluto da Gesù, quindi è tanto naturale che siavoluto dal suo Spirito, ma proprio in questomomento, vedete! L’ha sempre voluto, lo Spirito delSignore, questo movimento, ma è proprio in questianni, in questo tempo, che vuole che si realizzi que-sto movimento su larga scala. Ne abbiamo avuto leprove in questi giorni.

Il viaggio del Papa in Palestina, l’abbiamo lettoieri sera, è stato proprio un abbraccio dell’Orientecon l’Occidente. Certo non possiamo dire che que-sta sia l’unione, ma è un inizio di unione. L’ha volu-ta, vi dicevo, lo Spirito Santo.

È stata conseguita, lo dice lo stesso Pontefice,dalle preghiere e dai sacrifici che da anni ed annisono stati presentati al Signore: dall’Ottava di pre-ghiere, e dai sacrifici nascosti di tante anime.

Fra questi sacrifici, noi abbiamo la gioia di ricor-dare quello della nostra «Maddalena», che è statoriconosciuto dalla Chiesa come tale; anche, lo sape-te, per gli studi che sono stati fatti e stampati neL’Osservatore Romano; quantunque non sia avviatonessun Processo, perché aspettiamo che si definiscapiù chiaramente quello di Olga.

Però, guardate, nella piccola nota che io ho scrit-to oggi per voi nel nostro Calendario Liturgico, c’èun certo cenno su cui fermo la mia riflessione stase-ra e facciamo il nostro piccolo studio.

In questa Ottava, lo leggevamo ieri sera, pre-

ghiamo con tutti per i vari gruppi di fratelli separatiche la Chiesa ci presenta. È lo scopo dell’Ottavario.Sentiremo attraverso la trasmissione dal «Gesù»come la Chiesa segue, gruppo per gruppo, questicari fratelli nostri. Sappiamo già qual è l’intenzionedi oggi.

Oggi non è un gruppo davanti agli occhi e nelcuore della Chiesa, ma sono tutti i Cristiani, cisiamo anche noi; perché alla base della speranzanostra, che questi gruppi ritornino all’ovile, allabase di questa speranza, ci deve essere questa cer-tezza, perché l’ha detto il Signore: che l’unionenostra produrrà questa unione. L’avete sentito sta-mattina attraverso la predicazione, particolarmentedi Mons. Garofalo, nella Messa delle 8.

La nostra unione farà cessare quello scandaloche si chiama divisione tra fratelli e che impediscela fede del mondo, la conversione del mondo.

La nostra unione è la più necessaria. Prima cheritornino e i Protestanti e gli Ortodossi e le varieclassi di Protestanti, bisogna che ritorniamo noi.Ossia, non è tanto un ritorno alla fede, che per gra-zia del Signore abbiamo integra e sicura, poggiatasulla roccia di Pietro, ma un ritorno a quella carità,che faceva pieni di meraviglia i pagani, quandovenivano a contatto coi primi cristiani: «Come siamano!».

Ce n’è del cammino da fare! Se è lungo il cam-

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mino del ritorno, vorrei dire che è ancor più lungo ilcammino verso questa carità delicata, voluta preci-samente dal Cuore di Gesù, e che Lui esprime attra-verso un’altra Preghiera, che fa prima.

Nella stessa Preghiera, sapete, ci sono tre parti:le abbiamo commentate tante volte. Ma prima dichiedere la consumazione nell’unità, il Signorechiede la santificazione nella verità.

Noi siamo nella verità: noi cattolici lo siamo,abbiamo questa certezza; però dobbiamo santificar-ci in questa verità. Ed ecco perché nel puntino diieri io vi dicevo: in questa Ottava (l’abbiamo lettoieri, ma è per oggi), preghiamo con tutti, per i varigruppi di fratelli separati che la Chiesa ci presenta.Dobbiamo farlo: ma ciò non basta.

Offriamo tutto ciò che lo Spirito Santo ci ispireràdi offrire, anche la vita, come Maddalena.

Io credo che ogni religiosa, anzi che una personanon sia religiosa... se non è arrivata a questo punto,di offrire la sua vita al suo Gesù, perché i suoi desi-deri vengano soddisfatti.

Già la vita religiosa è questa offerta. Offrire lavita non vuol dire solo offrirci alla morte, vuol direo ffrirci a quella morte spirituale continua, che siesprime con i nostri tre voti: con l’obbedienza, conla castità, con la povertà, con l’osservanza dellenostre Costituzioni, con la vita di preghiera volutadalla Regola, con la vita di silenzio prescritta dalle

Costituzioni, con la vita di mortificazione domanda-ta dalle consuetudini (sul cibo, sul riposo, sullaricreazione).

Non c’è regola nella Chiesa che non esiga unamorte nel Quotidie morior di S. Paolo. Offrire lavita, come Maddalena, vuol dire questo.

Poi, non tutti sono fatti degni di vedere accettatadal Signore questa offerta. Suor Gabriella ha avutola gioia di offrirsi e veder accettata la sua off e r t a ;Maddalena ha avuto questa stessa gioia; il caroPapa Giovanni ha avuto questa stessa gioia.Nell’immaginetta che si diffonde l’attuale Papa dicedi Lui: «Il nostro Pontificale servizio vorrà infineproseguire con ogni impegno la grande opera,avviata con tanta speranza e con auspicio felice, delnostro Predecessore Giovanni XXIII».

Quale opera? L’effettuazione di quell’Unum sinttanto attesa da tutti e per cui Egli ha offerto la vita!

Eppure desiderava vivere, per vedere la fine delConcilio. Ma Lui aveva offerto la vita, non tantoforse per morire; l’aveva offerta, così, per morireogni giorno. E il Signore ha gradito l’offerta diquell’anima purissima, e l’ha accettata realmente;l’ha fatto morire... [sembrava proprio anzi che...nonostante i suoi 81 anni], in vista del Concilio.

Dunque non basta nemmeno offrire la vita, comeMaddalena, come Gabriella, come Papa Giovanni.Non basta ancora. Che cosa si può fare di più?

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Sentite. Noi diamo preghiere, diamo penitenza,diamo l’offerta della vita nell’esercizio della vitareligiosa, perché riceviamo. È nostro grande doveredisporsi a ricevere sempre più luce e grazia per poidare di più e meglio.

Noi dunque abbiamo il dovere di ricevere, didisporci a ricevere; non daremo né preghiere effica-ci, né faremo efficacemente 1’offerta della nostravita, se il Signore non ci darà la luce e la grazianecessaria per questa offerta.

Certamente, guardate, sorprende nella parolache abbiamo letto ieri sera del Santo Padre l’insi-stenza con cui Egli domanda (ho sottolineato tuttiquesti termini): f e rv o rose suppliche. Non è a casoche un Papa aggiunge un aggettivo a un sostantivo;le parole dei Sommi Pontefici sono tutte pesate: è loSpirito Santo che suggerisce il sostantivo e suggeri-sce l’aggettivo. Domanda a tutti i fedeli f e rv o ro s ep re g h i e re, suppliche, e come S. Paolo porta il suoesempio: Imitatores mei estote.

Ricorda che con t a n t a f i d u c i a, con t a n t a i n s i -stenza sui luoghi santificati dalle sofferenze e dal-l’amore di Gesù ha implorato Dio per la prosperitàdella Chiesa, per il bene dell’umantà intera, per l’u-nità.

Chi guarda le foto (oggi ho avuto l’occasione divedere le foto del Santo Padre che prega sul SantoSepolcro: davvero trasfigurato, tanto! si vede pro-

prio rappresentata questa preghiera insistente).Nella Messa, la foto che lo rappresenta, quando dicemagari orate fratre s, perché è fotografato così, haun viso che rivela una estrema fiducia nel Signore.

Guardate, rilevo ancora nelle sue parole, cheteme che i cristiani si mostrino meno zelanti... parladi zelo, e voi sapete che lo zelo è definito dallaScrittura Santa nella Sacra Cantica: «fiamma difuoco. Le sue lampade sono fiamme che assomiglia -no a quelle dell’inferno»: questo lo zelo. Anche quisentite l’intensità che la Chiesa ci domanda.

Più giù ancora Egli parla di preghiera e di peni -t e n z a. Vi dicevo, ieri sera: c’è un’aggiuntanell’Ottavario di preghiere per l’unità della Chiesa:si può chiamare anche Ottavario di penitenza perl’Unità della Chiesa. E vuole che in questa peniten-za siamo tanto più generosi, (sentite l’intensità del-l’aggettivo), tanto più generose, in quanto Dio ci haaccordato il bene inestimabile della piena apparte-nenza alla Chiesa.

Più giù ancora, insiste: «La preghiera dei fedelisi faccia più ardente che per il passato».

Che cosa vuole il Signore da noi, dunque?Quando ho composto per voi questa frasetta, in cuivi dicevo: «le preghiere per il ritorno non bastano,l’offerta della vita non basta, bisogna fare di più»,certo non pensavo che il Santo Padre stesso avrebbechiesto proprio questo di più. E questo di più è cer-

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care più grazia, per poter dare di più.Cosa faremo? Cosa faremo in questi giorni per

ottenere l’Unione di tutti i Cristiani? Io, guardate, viricordo questa frase della Sacra Scrittura, così bella:«Dilata la tua bocca, ed Io la riempirò».

Vogliamo dare tanto? Dobbiamo ricevere tanto.Bisogna che il Signore ci dia tanto; ma perché ci diatanto dobbiamo dilatare la nostra bocca.

A che virtù corrisponde questa dilatazione? Allaprima che il Santo Padre ci presenta come sua:tanta fiducia. Noi dobbiamo avere il cuore pieno disperanza che questa grazia il Signore la concederàalla sua Chiesa. Dobbiamo dilatare la nostra speran-za.

È proprio la virtù teologale della speranza che èfatta per questa dilatazione. Già Pietro domandava aGesù: «Aumenta la mia fede». Che vuol dire:«Dilata la mia bocca», applicata alla fede...Aumenta la mia speranza, Signore, aumenta la miasperanza. E che cosa faremo per aumentare lanostra speranza?

Guardate: non lasciamo chiudere la giornata,dopo tutto quello che sentiremo, senza aggiungere atutte le preghiere stupende che ci vengono suggeriteper l’Ottavario, che la pagellina ci presenta (e chesiamo libere di ripetere quante volte vogliamo algiorno davanti al Signore, nella nostra intimità;quando volete, non sono prescritte e quindi con

grande libertà), aggiungiamo l’atto di speranza. LaPreghiera Sacerdotale è piena di questa speranza,tanto è vero che Gesù la chiude con una certezza. Edopo aver chiesto ciò che sembra ancora, dopo 20secoli, impossibile, cioè che questa unione avvengafinalmente e piena, chiude la Sua Preghiera così:«Padre, io voglio che l’Amore col quale mi haiamato sia in essi». Voglio!

Non vuole solo che siamo piene di fede, piene disperanza, ma piene di Amore.

Gesù ha voglia di dare, basta solo che dilatiamoil nostro cuore, che usciamo dal nostro egoismo,dalla nostra accidia, dalla nostra pigrizia, in quellache nella vita mistica si chiama estasi, e che deveavvenire, sapete, spiritualmente.

Estasi vuol dire: fuori dallo stato in cui ci trovia-mo. Non occorre che vada fuori dallo stato in cui sitrova il corpo, basta che vada fuori l’anima, dallostato pigro, dallo stato accidioso, dallo stato medio-cre, dallo stato di aridità. Perché, se noi restiamo inquesto stato e non ci sganciamo con l’aiuto delloSpirito Santo, con l’aiuto della grazia, desiderando-lo ardentemente questo aiuto, essendo, come diceSan Bonaventura, almeno anime di desiderio se nonpossiamo essere anime di azione e anime contem-plative, come vorremmo essere... contemplative didesiderio, attive di desiderio, apostole di desiderio...

Come c è un battesimo di desiderio e vale come il

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battesimo reale, come c’è una Comunione di deside-rio, la Comunione spirituale e può valere come unacomunione Eucaristica nelle missioni, quando nonpossono comunicarsi sacramentalmente, così ci puòessere un desiderio di fede, un desiderio di speranza,un desiderio di amore, un desiderio di unione, chepuò supplire proprio l’atto intenso di un’anima con-templativa, l’atto intenso di un’anima apostolica.

Noi, povere piccole anime, dobbiamo ancheaccontentarci di questi santi desideri. Dilatiamoquindi il nostro cuore, perché il Signore ci riempiadi desideri santi. Già questa dilatazione è questodesiderio santo. Diciamo al Signore di dilatarci ilcuore. Recitiamo, stasera, l’atto di speranza per ilritorno dei fratelli separati.

Il Te Deum finisce con quella bellapreghiera...con quel bel versetto: «Che io non resticonfuso, o Signore... in eterno». Io ho sperato in Te,che io non resti confuso. Noi speriamo l’unione.

La speranza teologale è già alta preghiera. È pre-ghiera, è preghiera della mente: le labbra non pronun-ciano nulla, però il cuore è tutto teso verso il Signore,verso l’attuazione di questo desiderio del Signore.Diciamo a Suor Maddalena che ci regali un pochinodel suo ardente desiderio per il ritorno dei fratelli. E noicerchiamo di intensificare il nostro per l’unione nostrae di tutti i cristiani, prima i cattolici e poi tutti gli altri,perché da questa verrà quella.

III

Ieri sera il predicatore del «Gesù» (Chiesa che èin Roma) diceva che se l’unione, a cui tendono tuttigli Stati nel campo economico e nel campo politiconon si plasma, non si configura all’unione conCristo, voluta da Gesù, l’unione nella Chiesa volutada Gesù, è un puntello che sorregge una casa desti-nata a crollare.

Dunque l’unione nella Chiesa, voluta da Gesù, èproposta come modello a tutte le forme di unione.Ieri sera vi dicevo che abbiamo bisogno di aprire ilnostro spirito, di allargare la nostra visione dellavita, per poter più a fondo capire che cosa la Chiesaci domanda in quest’Ora.

Quegli aggettivi intensi usati dal Santo Padre nelsuo invito, quelle espressioni forti, abbiamo dettoche ci indicano un dovere più forte di intensificareil nostro studio, la nostra penetrazione del misterodell’unione, per provocare dalla nostra pietà atti difede, atti di speranza, e atti di carità più intensi;

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soprattutto atti di speranza e atti di fede che questaunione verrà.

Però è giusto quel che diceva il predicatore:bisogna che ci modelliamo sull’unione perfetta chela santa teologia ci presenta, che il Catechismo chestudiamo da bambini ci presenta. Quando noi apria-mo il nostro Catechismo vediamo subito che civiene presentata nella prima pagina l’Unione perfet-tissima per eccellenza: la stessa unione di Gesù conla Chiesa si modella su questa Unione perfettissima:«Come Noi siamo Uno, così siano Uno». Dunque,come Noi!

Bisogna alzare gli occhi e guardare l’adorabileTrinità. Come vi dico, nella prima pagina delCatechismo questa verità viene proposta ai bambini.Il modello primissimo è lì: l’adorabile Trinità.

Si può passare tutta la vita in questa contempla-zione senza aver cominciato a farlo. Avremo tuttal’eternità per immergerci nella contemplazione diquesta benedetta Unità, perfettissima Unità, cherapiva il cuore di Gesù: «Come Tu ed Io siamoUno».

Per questo nella paginetta del nostro calendario,al 19 gennaio, io vi dicevo: «Quanta luce, quantagrazia, dalla contemplazione dell’Unità Tr i n i t a r i a .La Vergine, contemplandola, vede tutti in Dio e Dioin tutti; e, amando Dio, ci ama; e, amandoci, amaDio».

La contemplazione della Trinità beata arriva aquesta perfezione della carità.

Magari noi e i nostri fratelli separati fossimotutti dei contemplativi! Saremmo tutti in paradiso;l’unione sarebbe già raggiunta. Quello che Paolo,nella lettera agli Efesini scrive: «E Dio sia tutto intutti» è questo sogno che, se si realizzasse, e Diofosse davvero tutto in tutti , l’Unità con gliOrtodossi, con gli Anglicani, con i Protestanti eavanti, avanti con tutti... sarebbe in atto.

Ma è qui il punto difficile. Non solo non siamocontemplativi dell’adorabile Trinità, ma siamo cosìsuperficiali, quando facciamo il nostro segno diCroce, quando la lodiamo col G l o r i a, quando lalodiamo col P re f a z i o altissimo e venerando dellaSanta Messa, col Sanctus, Sanctus, Sanctus. Siamosuperficiali...

Le anime, che si avviano per la vita contemplati-va (e dovremmo essere fra queste), arrivano proprioa questo punto, come Elisabetta della SS. Tr i n i t à :che il mistero della Trinità e dell’Unità (non è nécapito, né spiegato, né intuito, non giovano a nullaper penetrarlo i sensi, non giova a nulla per pene-trarlo l’intelligenza) lo rasenta l’amore, lo penetra lagrazia, lo vive la grazia in noi.

Ma le anime interiori, che sospirano la vita con-templativa, fonte di tutti i beni e di tutto l’apostolatovero, quello voluto da Gesù, queste anime arrivano,

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e... non dico sentire la Trinità, perché sarebbe ungrave errore usare questa espressione, ma a sentireil bisogno della Trinità.

La Trinità! Vi ricordate, come noi abbiamo ten-tato, nel nostro Catechismo della ChiesettaViaggiante, presentarlo ai bambini e agli adultibambini: non con esempi, non con immagini, chelasciano sempre un lato scoperto e quindi l’insoddi-sfazione; ma con un piccolo ragionamento pur ina-datto, vero, perché l’intelligenza non penetra nulla,ma che lascia una certa soddisfazione, almeno a me.

Questa benedetta Unità di Dio, questo Dio Unonella sua sostanza, esiste, è un’Intelligenza ed è unaVolontà d’Amore. Esiste come Amore: Dio è Carità,è un’Intelligenza d’Amore ed è una Vo l o n t àd’Amore, per natura. È tutto Amore.

Ma questa Esistenza, questa Intelligenza, questaVolontà sono l’Unica Sostanza, Un’unica Sostanza:Dio. Però tanto l’Esistenza, come l’Intelligenza, comela Volontà, in Dio sono perfettissime.

E l’espressione più alta della perfezione di un’e-sistenza, di una intelligenza e di una volontà è laPersona: quindi questa sostanza fiorisce in trePerfezioni sublimi, che sono le tre Persone divine.Esiste perfettissimamente, Essere Perfettissimo;questa Esistenza è una Persona, perché il modo diEssere più alto di una esistenza è la Persona: esisteanche il sasso, ma non è una esistenza perfetta; esi-

ste l’Uomo: è una esistenza perfetta e sfocia in unapersona.

Quello che si dice di noi, poveri uomini, pensatese non si deve dire di Dio: l’Esistenza Perfettissima:è una Persona: Dio Padre; l’Intelligenza perfettissi-ma è una Persona: Dio Figlio; la Vo l o n t àPerfettissima è una Persona: Dio Spirito Santo. Inquel libretto dicevamo, che noi non essendo perfet-tissimi ma potendo arrivare appena appena a unminimo di perfezione, siamo una sola persona inqueste nostre tre possibilità: di esistere, di pensare,di volere. Non essendo perfettissime, queste nostrepossibilità sfociano in una sola persona. E cosìl’Angelo.

Solo Dio, la Sostanza, l’Unità di Dio sfocia, permodo di dire, fiorisce in tre Persone divine, perchéil suo Essere, la sua Intelligenza e la sua Vo l o n t àsono perfettissime. Non sarebbero perfettissime senon sfociassero in una Persona.

Perché ripetiamo questo ricordo? Perché? Perchévediamo in questa Trinità benedetta l’unione cosìperfetta che è una Sola Sostanza; queste tre Personein un abbraccio eterno, perché sono una solaSostanza.

Se due esistenze e due persone, due anime, unagià sfociata in persona, l’altra in germe persona -mamma e figlio - nei nove mesi che il figlio sta nelseno materno, sono in un abbraccio così profondo,

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pensate l’abbraccio delle tre Persone divine, nell’u-nicissima Sostanza: Dio è Lui, Tutto Lui, UnicoDio.

E quando viene in noi, viene Trinità, anchequando riceviamo il nostro Gesù sacramentato, laSacra Teologia ci dice che per concomitanza c’è ilPadre e lo Spirito Santo.

Nel Santissimo Sacramento c’è Gesù, ma sem-pre col Padre e con lo Spirito Santo, per concomi-tanza. Perché, dato l’Essere Unico perfettissimo, ledue Persone Divine sono sempre con la PersonaIncarnata. In questo stato di umiliazione sempre, masempre unite, nell’umiliazione e nella gloria: cheUnione perfetta!

Sfido io che la Madonna parlava poco! Era incontemplazione sempre di questa Unione. Sfido ioche i Santi erano anime raccolte e silenziose: si per-devano in queste contemplazioni! Sfido io che iSanti Apostoli, le anime apostoliche sono anime difuoco! Sfido io: hanno dentro la Trinità, nel fervoredi tre Persone che si amano, che sono un soloAmore: tre Fiamme, un Unico Fuoco. Sfido io!

Pensate che cosa sarebbe se il Mistero della SS.Trinità fosse meditato di più da noi; quanto piùprofonda sarebbe la nostra unione. Lo meditiamotroppo poco.

Eppure abbiamo Gesù che come primissimalezione ci dà sempre questa: «Alzàti gli occhi al

cielo»... Persona divina perfettissima, si rivolgevasempre al Padre suo e questo rivolgersi, sapete, erauna processione di Spirito Santo.

Perché non è nominato lo Spirito Santo? Perchéprocede dal Padre e dal Figlio. Quell’alzare gliocchi voleva dire far procedere dal suo Cuore versoil Padre lo Spirito d’Amore e il Padre glielo restitui-va. Gli restituiva Amore. Un Amore che essendoperfettissimo, è una Persona. Mistero divino;Mistero profondo!

Quanto è lontana la nostra unione! Come dob-biamo confonderci, quando ci perdiamo in cosetteda poco, quando andiamo in cerca di ciò che èsuperficiale e che è caduco!

Il Signore ci compatirà, perché siamo delle bam-bine; ma perché siamo chiamate all’infanzia spiri-tuale, non vuol dire che dobbiamo essere quellebambine che sono apostrofate da S. Paolo e ancheda S. Pietro nelle loro Lettere.

Bambine soprannaturali vuol dire, come laPiccola Teresa: essere nel Cuore di Dio, abbandona-te in Dio, quindi comprese di questa Paternità che siestende su tutti i fratelli di Gesù, che dona lo Spiritobuono a tutti i fratelli di Gesù, cioè una partecipa-zione della vita di Gesù che è vita trinitaria. Vu o ldire capir questo, essere bambine di Gesù nel Senodel Padre.

Noi, alle volte, perdiamo il senso della vera

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infanzia spirituale. La vera infanzia spirituale è unavita sublime sul Cuore di Dio Padre, con Gesù, nel-l’amore dello Spirito Santo. È vita che assomigliaalla vita di Gesù.

I nostri poveri fratelli Ortodossi sono anime con-templative e forse l’abbraccio che è stato data alSanto Padre dal Patriarca di Costantinopoli, il primoabbraccio del ritorno, ci rivela che la vita contem-plativa, prima della vita attiva dei Protestanti, hadato il suo frutto.

E c’è da sperare tanto, capite. Perché se è veroche tra i motivi politici storici e quel che volete, c’èanche il motivo dell’orgoglio, che ha separatol’Oriente da Roma, è anche vero che la tendenzaalla contemplazione mitiga l’orgoglio, lo corregge,lo attenua, lo riduce nelle proporzioni giuste, in cuiperde il significato di orgoglio, il titolo di orgoglio ediventa stima giusta di se stessi, della grazia che ilSignore ha dato, dei doni che anche agli Ortodossisono stati profusi; e se quell’orgoglio è diventatogiusta stima della propria Nazione, della propriareligione, della propria storia, siamo sulla buonastrada.

C’è ancora tanto cammino da fare ha detto ilPapa, però il primo segno dell’avvicinamento è unatto di carità: è un bacio, è un abbraccio. La vitacontemplativa degli Orientali ha dato il frutto. E lavita umile del nostro Papa ha sollecitato questo

dono, l’offerta di questo frutto. Sentiste con che umiltà il Papa ha parlato di se

stesso, in plurale, ma si sentiva però che voleva par-lare di se stesso: con che umiltà si è dichiarato pec-catore, si è dichiarato indegno, si è dichiarato croci-fissore di Gesù! Con che umiltà! Ed è stata questaumiltà che ha attirato la stima e fatto fare i primipassi ai nostri fratelli Ortodossi.

Il mistero adorabile della Trinità, non si puòpenetrare che con l’umiltà.

Domandiamo questa sera per il ritorno dei fra-telli Ortodossi alla Vergine Santa un dono di umiltà;e mostriamolo all’esterno, trattando con umiltà lenostre Sorelle, trattandoci fra noi con grande umiltà,pensandoci le più indegne, le più bisognose dellagrazia di Dio e del compatimento delle altre.

Mi proponevo di darvi una penitenza materialeper questo Ottavario, ma credo che la penitenzainteriore piaccia di più al Signore. Ne abbiamo sem-pre estremo bisogno. Non passa giorno in cui noncommettiamo qualche piccola mancanza, speriamonon grande... qualche piccola mancanza in questocampo. Facciamo un bell’esame e domandiamo allaMadonna che ci regali un po’ della sua dolceumiltà.

Guardatela nel mistero dopo l’Annunciazione,nell’incontro con Elisabetta; guardatela nel misterodi oggi: che amabile, che umiltà dolce, caritatevole!

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Che cambi anche l’acqua della nostra pietà fred-da nel vino di un grande fervore! Che ci abitui allesue meditazioni, alle sue contemplazioni! Deveaverlo contemplato a lungo, sapete, il suo Gesù, seha potuto dire dopo quella parola che Lui le harivolta: «Fate quello che vi dirà».

Ah, come lo conosceva bene! L’ha detto conpiena conoscenza di Lui, altrimenti si sarebbe com-promessa. Ma lo conosceva e aveva imparato daLui certamente ad alzare gli occhi al cielo e a medi-tare, a contemplare il Padre Celeste.

Il mistero della Trinità certamente era 1’arg o-mento delle sue contemplazioni come è stato perGesù in quei trent’anni. Lo scopriremo bene inparadiso che cosa sono stati quei trent’anni. IlVangelo di oggi ci dice che cosa sono stati perMaria e per Giuseppe: «Fate tutto quello che vidirà»... lo conosco bene! lo conosco a fondo, cono-sco la bontà del suo cuore. Anche se non è giunta lasua Ora eh! non importa, la farà giungere, lo cono-sco bene! Mi ha sempre obbedito: ha obbedito neiminimi comandi indiretti. È il Figlio dell’obbedien-za.

[M’interrompo perché deve essere iniziata la tra-smissione]

Ripetiamo insieme: «Sia gloria al Padre, alFigliuolo, allo Spirito Santo. O Padre Santo, o dolceGesù, o Spirito Santo, fa’ tornare questi nostri fra-

telli che certamente ti contemplano, e ti hanno con-templato per secoli. Falli tornare all’unico ovile diGesù!

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IV

Il modello che ci siamo proposte di contemplareieri sera è l’unità trinitaria; stasera contempliamoun’altra forma di unione, ed è l’unione ipostatica.Dalle altezze sublimi della Trinità, dove tutto èincreato, veniamo alle prime altezze del creato.Perché voi sapete dal catechismo, dalla santaTeologia, che l’unione Ipostatica è creata. È un’u-nione voluta dal Creatore: è creata. Sentite subitoche entriamo in un altro mondo: e dagli abissi dellaDivinità, senza lasciarli, veniamo nel mondo dellacreazione, della più sublime creazione.

Il soprannaturale è stato creato da Dio, dall’infi-nita bontà di Dio; e dal catechismo voi sapete chedue forme abbiamo di soprannaturale, assoluto,creato: la prima di queste forme è l’unioneIpostatica.

Ieri sera parlavamo di unità, non di unione.Sarebbe stato un errore dire unione trinitaria; abbia-mo detto unità trinitaria, perché nell’unità trinitaria,

è l’unico Dio l’unico vero Dio, l’unità indivisa, l’es-senza indivisa di Dio che fiorisce nella Trinità. Nonsono tre che si uniscono in Uno, ma Uno che fiori-sce in Tre: l’Essere perfettissimo: P r i m a P e r s o n a,che conosce perfettissimamente Se Stesso: SecondaP e r s o n a, che ama perfettissimamente Se Stesso:Terza Persona.

Nell’unione Ipostatica si tratta invece proprio didue nature che si uniscono. Quindi non si dice unitàIpostatica, ma unione. C’è proprio una natura cheva in cerca di un’altra natura. La natura divina dellaseconda Persona della SS. Trinità che assume un’al-tra natura, che si abbassa per assumere un’altranatura.

È una vera unione: due nature che si uniscono.Quell’unione così alta, che è la prima unione,modello per noi, perché l’unione trinitaria non èunione, è unità. È modello in quanto Gesù si èdegnato di proporci come modello proprio la suaunione col Padre!

Avete sentito che stamattina Mons. Garofalo haripetuto questo punto della Rivelazione: «Come Tue Io siamo Uno, così anch’Essi siano Uno in Me. Ioin te e loro in Me, affinché siano perfettinell’Unità».

L’inizio di questa unione fra noi e Lui è qui, nel-l’unione Ipostatica. Qui comincia l’incontro, laricerca di una natura che assume l’altra. L’ u n i o n e

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avviene fra due, proprio due nature.Noi diciamo nel nostro libretto: quanta luce e

quanta grazia dalla contemplazione dell’unioneIpostatica! La meraviglia dell’onnipotenza, la crea-zione più alta di tutta la creazione universa; al disopra della natura angelica, c’è questa unione, fra lanatura divina e la natura umana.

Giustamente S. Bernardino da Siena in uno deisuoi discorsi dice: «Sopra tutti i Cori degli Angelic’è Maria». Eppure la sua natura di donna, la suanatura umana, come la natura umana del Figlio suoGesù, appartiene alla natura animale (animaleragionevole, diceva Aristotile l’uomo; animale per-fetto nella scala degli animali, degli esseri animati;ma per quanto perfetto, sempre animale); l’Angeloinvece è puro Spirito.

Se noi siamo creati a immagine di Dio, perché lanostra anima riflette proprio il Signore, come dice S.Agostino, pensate l’Angelo, se non è un’immagine diDio: Dio purissimo Spirito, Lui puro spirito. Ma aldisopra di queste miriadi di Angeli noi vedremo dueCorpiccioli: il Corpo benedetto, l’umanità santissimadel Signore e l’umanità benedetta della Madre sua. Redel cielo Lui, Regina dell’universo Lei; al di sopradegli Angeli.

Perché? Perché questa natura umana animale, èstata assunta dal Verbo di Dio. Ecco l’unione, altis-sima. E la Madre di questo Verbo umanato porta

questa sua natura umana al di sopra degli Angeli,come Madre del Verbo umanato, come Madre diDio.

La meraviglia dell’Onnipotente: Dio-Uomo;l’Uomo-Dio: Gesù.

Come è avvenuta questa unione? Che cosa dob-biamo imparare noi da questo modello di unione?

Intanto guardate come è avvenuta: talmentestretta, l’unione fra le due nature, che il Verbo, laseconda Persona della SS. Trinità, nell’assumere lanatura umana, ha quasi fermato il fiorire dellaPersona umana: non è fiorita la Persona umanadalla natura umana assunta dal Verbo. Perché?Perché la Persona divina ha come avvolto la naturaumana in un impeto del potente Amore e queste dueNature sono unite nell’unica Persona del Verbo.

Di Persona umana non si parla; di io umano non siparla. Quando Gesù dirà Io, questo Io, espressione dellaPersona, è espressione della Persona divina; quando Gesùagirà, penserà, vivrà da Uomo, vivrà sempre da Uomo-Dio; le sue azioni saranno tutte teandriche, cioè compiutedalla Divinità.

Che lezione per noi, care! Si vede quali sono idesideri di Dio in questa creazione altissima dell’u-nione Ipostatica. Ipostatica vuol dire appunto dai p o s t a s i, parola greca che significa p e r s o n a; vuoldire unione prodotta dalla Persona divina, strettadalla Persona divina, in modo che non c’è stato

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posto per la persona umana: la Persona divina hapervaso tutta la natura umana.

Gesù non aveva bisogno di umiliare il suo Ioumano, non lo aveva! Il suo Io era ed è Dio.Comprendiamo bene, perché sentiamo sempre Gesùripetere: «La mia Volontà è la volontà del Padremio». Lui è il Figlio di Dio. Non c’è un Io che sipossa ribellare: ha la volontà, perché l’Io è unacosa, la volontà è un’altra. L’Io è l’espressione diuna volontà, di una coscienza, ma la volontà c’è.Lui ha 1’anima umana con le sue facoltà: intellettoe volontà. Nell’Orto si sente bene che c’è la volontàumana e che c’è la volontà divina. Però la volontàumana di Gesù, per quanto senta la ripunanza alpatire, è come trascinata dall’Io, dalla Persona divi-na, che lasciandolo patire, gli fa fare la volontà delPadre suo.

È qui il nodo del mistero. Ha la volontà umana,ma non ha l’Io umano, questo terribile io che è lafonte di tutti i nostri peccati.

Che cosa ci insegna questa benedetta unione?Guardate, ce lo fa intravedere la splendida preghierache diciamo ogni mattina col sacerdote quandoversa delle gocce d’acqua nel vino e prepara l’offer-ta: «Concedici che siamo fatti partecipi della divi-nità di Colui che si degnò farsi consorte della nostraumanità», supplichiamo alla santa Messa tra l’offer-ta dell’Ostia e l’offerta del Calice. Domandiamo

dunque di essere fatti partecipi della divinità, cioèdi questo modo di essere per cui, pur avendo l’intel-ligenza viva e la volontà forte, la volontà quasi per-cettibile (sentiamo bene che l’abbiamo), siamo tra-scinati dalla sua Persona divina a fare sempre lavolontà di Dio, del Padre Celeste, in modo che l’ionostro resta come soffocato. Dovrebbe essere così,capite.

Purtroppo la nostra unione con Dio non distrug-ge il nostro io, però sapete che via via che progre-diamo nella virtù le esigenze del nostro io diventanosempre più calme, più tranquille, più sottomesse:questo è il segno del progresso della nostra virtù.

L’obbedienza è la misura dell’amore. Noi pos-siamo avere grandi slanci di amore: contano poco.Intenzioni sublimi: contano poco; quello che contadavanti a Dio è questa lenta distruzione di quellaparte di noi che è come l’essenza di noi, che è ilnostro io. Bisogna che lo umiliamo davanti alSignore. Difficile, sapete, in questo momento!

Anzi, sentite dai discorsi del Sommo Ponteficecome egli va incontro al clima del momento. Èimpossibile che anche noi non teniamo conto diquesto senso vivissimo della responsabilità che sen-tono perfino i bambini e che anzi è bene educare.

Però resta sempre vero che l’a g e re contra d e lVangelo non cambia. Che se è vero che dobbiamoeducarci al senso della responsabilità, che anche

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l’obbedienza in fondo è un ossequio ragionevole(questo è tutto vero), è anche vero però che dall’ioson venuti tutti i mali.

La ribellione a Dio dell’angelo è venuta dall’iodi Lucifero, la ribellione dei nostri progenitori èvenuta dall’io; la ribellione degli eretici che hannotrascinato parti della Chiesa, membri della Chiesa, astaccarsi dal corpo della Chiesa, questi movimentison tutti venuti dall’io, da questa effervescenza esa-gerata, esuberanza esagerata, elevazione esageratadell’io.

Mi spiego perché Gesù tendeva sempre, vi dice-vo ieri sera, ad alzare gli occhi al cielo, al Padresuo: «Come tu, Padre, sei in me ed io in te». E l’al-tro movimento di Gesù che notiamo spesso è che siprostrava. Quando poteva esser solo si prostrava.

La sua Persona divina che abbracciava e stringe-va le due nature (unione personale, unione ipostati-ca, cioè personale), la sua Persona divina vedeval’anima umana di Gesù prostrata davanti a Dio, alPadre suo: «Il Padre è maggiore di me».

Nella Trinità non lo era, perché uguale il Padre,uguale il Figlio e uguale lo Spirito Santo; coeternoil Padre, coeterno il Figlio, coeterno lo SpiritoSanto; onnipotente il Padre, onnipotente il Figlio,onnipotente lo Spirito Santo; ma nella sua umanitàLui si sente inferiore al Padre, ed è veramente: l’u-manità è inferiore. Però è così abbracciata dalla

divinità che, questo Uomo-Dio, forma tutto teandri-co ciò che tocca, tutto divino ciò che fa, tutti divini isuoi pensieri, tutti divini i suoi sentimenti, tuttedivine le sue azioni: divino il suo patire.

Come Dio non può né patire né morire, ma l’u-manità ha questa possibilità; l’umanità di Gesù ha lapossibilità di patire l’umiliazione ed egli la anticipaed egli la cerca in questo stato di annientamento incui viene a trovarsi per l’umanità: «E x i n a n i v i ts e m e t i p s u m». E continua questo stato di annienta-mento. E questo ci insegna il Signore, questo ciinsegna!

Ieri sera abbiamo domandato alla Madonna lagrazia di essere umili per poter anche noi alzare gliocchi al cielo verso questo modello altissimo dell’u-nità trinitaria e abbiamo chiesto l’umiltà per poteraspirare, almeno, desiderare almeno di essere con-templative. Non per orgoglio, si capisce, ma perchénella contemplazione c’è il massimo della carità,c’è la perfezione della carità e i contemplativiamano Dio più degli altri e amano anche il prossi-mo più degli altri, perché quando c’è più amore diDio c’è più amore del prossimo.

Stasera domandiamo a Gesù, in cui si attua que-st’unione altissima e umilissima che si chiama unio-ne Ipostatica, la grazia di imitarla; di fare che lanostra anima, la nostra umanità si perda così in Luiche non ci sia quasi posto per il nostro io. Dico

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quasi, perché è impossibile che lo facciamo scom-parire del tutto, perché c’è, lo abbiamo con noi.

Possiamo chiedergli anzi che resti pure come ilSignore vuole che resti in noi, ma che Egli ce lo educhi aquell’annientamento che ha scelto per Lui. Il Verbo si èannientato in questo vaso umano; ma anche questo vasoumano, l’umanità santissima del Signore, è annichilita, èumiliata in se stessa, nel momento stesso in cui è elevatadalla Persona divina in modo che tutte le sue azioni sonodivine.

Però, se per modo di dire, per un momento solol’io umano avesse potuto sbocciare nel momentodella concezione sarebbe stato schiantato, decapita-to dall’io divino della Persona, seconda Personadella Santissima Trinità.

Io mi sono spiegata male, si capisce, ma a me fatanto bene pensare che Gesù tendeva sempre a pro-strarsi davanti a Dio, al Padre suo; era portato daquesta umanità a prostrarsi continuamente. La suaumanità era elevata e nello stesso tempo annientata,perché nell’unica Persona divina lui provava quelloche è solo di Dio, ma anche tutto quello che è del-l’uomo: «Non berrò più del frutto della vite finchénon sia asceso al Padre mio»...

Aveva delle misteriose nostalgie il Signore, tutteumane e, come vi dico, scopriremo in Paradiso checosa passava attraverso quell’umanità benedetta.Certo, la parola di Paolo: exinanivit si riferisce alla

divinità che si è exinanita, ma può intendersi anchedell’umanità, che nell’atto stesso in cui è stata ele-vata fino a diventare un’umanità unita personalmen-te alla divinità, non ha avuto il suo io umano.

Voi direte: ma cosa importa avere un centesimo,se ho un milione? Ma quel centesimo umano nonc’è! Al posto di quel centesimo che sarebbe statol’io umano c’è un continuo abbassamento dell’ani-ma umana del Signore, un continuo prostarsi diquest’anima benedetta davanti al Signore, al Padre.Proprio perché questo io umano non c’è, questaumanità tutta presa dall’Io divino, è in un continuoannientamento di sé, abbassamento di sé, sprofon-damento di sè.

Impariamo. L’umiltà non si studia mai abbastan-za, non si medita mai abbastanza...

[...]Se estendessimo tale supplica: «Concedici che

siamo fatti partecipi della divinità di Colui che sidegnò farsi consorte della nostra umanità» a tutta laChiesa, a quanti appartengono al suo Corpo Misticoe a quanti appartengono alla sua anima mistica,forse Gesù si trasfigurerebbe anche per noi come aisuoi intimi sul Tabor, e dalla nostra carità fedele fio-rirebbe la contemplazione.

Qui mi stacco con un altro pensiero. Se parteci-passimo proprio davvero al fervore della Chiesa edesiderassimo proprio davvero non solo il ritorno

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dei nostri fratelli Anglicani, ma di tutte le anime cheappartengono al Corpo Mistico della Chiesa, e allasua anima mistica, (perché i poveri fratelli separatisi sono staccati dal Corpo della Chiesa, ma se sonodi retta intenzione non sono separati dall’animadella Chiesa), se noi pregassimo davvero così perloro, che cosa potrebbe succedere? Che cosa vor-rebbe dire?

Vorrebbe dire che dimenticheremmo molto noi,che il nostro io sarebbe come sperduto nella preoc-cupazione per gli altri, nella preoccupazione delritorno dei fratelli e allora la nostra umanità reste-rebbe più assorbita dall’umanità benedetta e dalladivinità del Signore.

Gesù vivrebbe di più in noi, in altre parole; equesta sarebbe la via, attraverso la carità, di arrivarealla contemplazione.

Ieri sera abbiamo detto che la via più sicura perarrivare alla contemplazione è fare quella contem-plazione che ci è proposta da Gesù stesso: «Come ilPadre è in me, siano anch’essi in me»; ma c’è un’al-tra via, che è più umile: non è contemplazione dellaVerità infinita, ma è la contemplazione dell’uma-nità. È una contemplazione di carità.

Noi possiamo passare dalla contemplazione del-l’unità trinitaria a quell’altra, dell’umanità che deveessere unita a Gesù, che Gesù vuole unita a sé, alsuo Corpo, alla sua Anima.

Chi si lascia portare da questi sentimenti vuoldire che vive più per gli altri che per sé, vuol direche il suo io è davvero, se non scomparso, moltomesso da parte. E di solito lo Spirito Santo riempiele anime che pensano agli altri, e se lo Spirito Santole riempie, le trasfigura nell’imitazione di Gesù: letrasfigura in altri Gesù. E in questa trasfigurazione ècosì facile la meditazione, è così bella la contempla-zione.

Le anime trasfigurate in Gesù, come Gesù con-templano; le loro azioni non sono teandriche, perchéin loro non c’è nessuna unione Ipostatica, ma comevedremo domani, in loro c’è un’altra unione cheassomiglia molto all’unione Ipostatica di Gesù. Ed ènaturale quindi che in questa imitazione di Gesù entrianche l’imitazione della sua contemplazione.

Che il Signore ci aiuti a meditare queste dolciverità che ci fanno uscire da noi stesse. SanTommaso, i Santi Dottori della Chiesa, si perdevanoin queste meditazioni. San Bonaventura, i suoi opu-scoli mistici; queste soavissime e altissime medita-zioni di Gesù...

Forse nelle nostre meditazioni andremo anchefuori delle linee esatte della teologia, ma quandopoi alla fine concludiamo con la semplice espressio-ne: imitiamo Gesù, imitiamo l’umiltà di Gesù, comeieri abbiamo detto: imitiamo Maria, imitiamo l’u-miltà di Maria, ritroviamo la via giusta, di sicuro.

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Potremo esprimerci imperfettamente, ma bastache il cuore sia preso, che i nostri pensieri non sianosempre chiusi nell’umano, nel terreno, nelle preoc-cupazioni e occupazioni di tutti i giorni.

Le nostre due ore di meditazione devono portar-ci l’anima, rapirci l’anima; come l’umanità di Gesùè stata assunta dalla divinità, la nostra piccola uma-nità deve essere presa da Gesù. E se è presa da Lui,allora come Lui diventiamo umili, almeno in quelledue ore: come Lui ci abbassiamo, come Lui ci sen-tiamo piccoli, ci sprofondiamo davanti al Padreceleste. E sono due moti di umiltà tutti e due: tantol’elevazione degli occhi al Padre che abbiamo con-templato ieri sera, come questo abbassamento diGesù davanti al Padre.

È sempre umiltà, perché la fiducia e la speranzaè umiltà. Che la Madonna ci dia luce, perché lenostre meditazioni non siano vuote.

V

Ieri sera abbiamo chiuso la nostra lezione invo-cando la Madonna perché ci dia luce. C’è propriobisogno di Lei, oggi, in cui preghiamo particolar-mente per i Protestanti. L’eresia protestante, lasomma di eresie dei Protestanti, ha preso il nome diprotesta, riforma.

Voi sentite, sotto queste due espressioni, che c’èlatente, nascosto, l’orgoglio. Abbiamo quindi biso-gno particolare di pregare la Madonna, l’umile, cheha concepito Gesù per la sua umiltà. Un bisognoparticolare proprio per queste sètte dei Protestanti èl’umiltà.

Se la devozione a Maria (che è cominciata, sape-te, anche nel mondo protestante) si sviluppasse,state sicure che la Vergine porterebbe a loro questodono; dono che Ella dà alle anime sue devote, cioèuna partecipazione della sua umiltà. E per questa

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via nascosta entrerebbe Gesù: Gesù Eucaristia. LaCena simbolica si trasformerebbe nel MisteroEucaristico e con la grazia di Maria e con la graziadell’Eucaristia il protestantesimo sarebbe vinto.

Dunque luce per i nostri fratelli Protestanti, chel’orgoglio di satana ha vinto, ha abbagliato, ha con-fuso, come fa sempre con le anime: quando a noiappaiono orgogliose all’evidenza, e loro non s’ac-corgono di esserlo.

Ma luce anche per noi: siamo noi per prime chedobbiamo vincere il nostro orgoglio e che dobbiamoottenere da Lei questo dono stupendo dell’umiltà.

In una delle prediche recenti è stata detta unabella parola: che il termometro dell’umiltà è l’ubbi-dienza; che noi non sapremo mai se siamo umili,però abbiamo una prova in mano che ci garantiscealmeno quel minimo di umiltà che impedisce il pec-cato grave di orgoglio e che ci fa restare in grazia diDio, ed è l’obbedienza.

E purtroppo, la riforma protestante è nata da unatto di insubordinazione. Il povero Lutero, chiamatoqui a Roma, ha risposto «no» al Papa, «no» a unariunione dei Cardinali. Ha risposto: no.

È l’antica risposta dell’antico serpente: Non ser -viam...

Perché non ci accada questo, sapete, di essereorgogliosi senza saperlo (perché come si può essereumili senza saperlo, così si è orgogliosi senza saper-

lo), invochiamo la Madonna. Invochiamola proprioin particolare stasera e anzi, guardate: invece cheleggere il puntino che toccherebbe per oggi, 21 gen-naio, io vi devo confessare, con mio grande dispia-cere che in questa pagina dovevo inserire un’altraunione, che si presenta come nostro modello primadell’unione Nazarena, ed è l’unione meravigliosaavvenuta nel seno della Madonna fra Madre eFiglio.

Ieri noi abbiamo contemplata l’unione Ipostatica,cioè l’unione in Gesù, dell’Uomo-Dio, e ci siamofermate lì. Ma c’è un’altra unione, che con mio gran-de dispiacere non vedo inserita qui, ma che, vedrete,inserirò magari... non saprei, in una festa bella dellaMadonna... me lo ricorderò bene. La seconda partedel calendario è già pronta, non posso più inserirla; misono accorta proprio adesso di questa mancanza, maabbiamo indietro le feste stupende dell’Assunta, delNome di Maria, del Cuore Immacolato, della fineMaggio, e quindi riparerò a questa omissione, che sor-prende me stessa.

Dunque, qui, fra l’unione Ipostatica e l’unioneNazarena va inserita, per una linea logica di medita-zione, l’unione materna e filiale della Madonna colsuo Gesù.

Guardate: è una unione che non è imitabile,come non è imitabile l’unione trinitaria. Perché?Perché è unica, è inaccessibile, è tutta sostanziale; è

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l’Uno che fiorisce in Tre. Non potrà mai avvenire innoi questo.

E pure inimitabile, sebbene creata, (mentre l’u-nità trinitaria è increata), è l’unione creata che c’è inGesù, perché non avverrà mai, di nessuna creatura,nemmeno nell’umile Maria che due nature sianounite da una sola Persona, la Persona divina. Tantol’unità increata trinitaria, come l’unione creata ipo-statica, sono ammirabili, imitabili solo in quellaparte che abbiamo cercato di dedurre noi; cioè ciinducono all’umiltà, all’adorazione, alla contempla-zione.

Ecco, fin qui: più in là non si può, non è possibi-le alla povertà nostra.

Ma c’è una seconda forma di soprannaturaleassoluto, creato, dopo l’unione Ipostatica: c’è l’u-nione che trasforma la creatura nel suo Creatore e sichiama, come la studieremo poi in seguito, l’unionetrasformante: si chiama Grazia.

Se c’è una creatura che ha avuto tutta la graziacreata, è proprio Maria. L’ha avuta talmente tuttache la distribuisce a tutti; ne ha per tutti: è un mareche nutre tutti i fiumi; è il cielo che accoglie tutte lestelle. Così è Maria.

L’unione per grazia è venuta così efficiente, cosìfeconda in lei, che le ha trasformato, diciamo nellibretto Respiriamo Maria, non solo, come in tuttigli altri santi, i pensieri, gli affetti, la volontà, il

modo di vedere, il modo di sentire, il modo di com-portarsi, il modo di parlare... ma le ha trasformato leviscere.

Lo Spirito Santo stesso, la grazia increata, che èLui, il dono di Dio, increato, ha trasformato le sueviscere; Lui, terza Persona della Santissima Trinità:«Per opera dello Spirito Santo», ha trasformatoquelle viscere verginali in viscere feconde ed haformato col suo sangue e con la sua carne la primacellula vitale assunta dal Verbo nell’unica Personadel Figlio di Dio.

È cominciata così non solo l’unione Ipostatica,che riguarda Gesù, ma l’unione materna di Maria,tutta umana e tutta divina. Maria aiuta quella cellulavitale, come tutte le altre mamme, a svilupparsi. Neinove mesi, un po’ alla volta, quella cellula prende laforma di un bambino: Lei respira, si riscalda al sole,riposa, si nutre, beve l’acqua della fonte, il vinodelle viti di Nazareth, il pane del frumento nazare-no, tutto ciò che è necessario per nutrire sé e il suoGesù, suo Creatore diventato sua creatura.

Fa come tutte le altre mamme e di fatto, per unmistero che si chiama osmosi, fisico, il calore delsole, l’ossigeno dell’aria, le vitamine dei cibi, si tra-sformano nel suo sangue, si trasformano per questomistero fisico, che si chiama osmosi, nel cibo chenutre quella creaturina che è il suo Creatore, che èdentro di Lei.

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Fatto sta che comincia a formarsi la testolina...un bambino di quaranta giorni ha già la sua formet-ta, è piccolino come una bamboletta, ma ha già lasua formetta di bambino. Lei lo sa, la Madonna,perché la Purissima conosce i misteri della vita e hastudiato la Sacra Scrittura, ed erano molto semplici,una volta. Questi misteri li trattavano con grandesemplicità, perché sono opera del Creatore; e comesi studia lo sviluppo di un fiore, si può studiare losviluppo di una creaturina. Che male c’è? È operadel Creatore.

La Madonna sapeva, tanto è vero che all’Angeloha risposto con molta sapienza celeste e ancheumana: Virum non cognosco.

Sapeva come si formano le altre creature e sape-va bene che la Sua, che era il suo Creatore, non siera formata così. Però, dalla concezione miracolosa,Verginale, sua, tutto lo sviluppo di questa sua crea-turina, suo Creatore, avveniva come per gli altribambini, attraverso l’osmosi.

Pensate, cosa avrà provato Maria, che sapevatutto; che sapeva queste leggi della natura, le cono-sceva. Alla prima legge lei non si era sottomessa:Dio non aveva permesso che il suo Figlio fosse for-mato come gli altri figli. Alla prima legge, no. Leiresta Vergine diventando Madre. È lo Spirito Santo,purissimo Spirito, suo sposo che non ha bisogno ditoccare la sua verginità per lavorare nelle sue visce-

re: non ha bisogno. Ma avvenuta questa miracolosa concezione del

Figlio di Dio incarnato, lo sviluppo soggiace alleleggi comuni. Nulla sarebbe stato tolto più alla suaverginità, nulla; come non è stato tolto prima, nem-meno dopo: Vergine dopo il parto. Però, si forma illatte nel suo petto, e noi abbiamo davanti le imma-gini, l’ho qui in camera, della mamma che allatta ilsuo Bambino. Il sangue, per il nutrimento delBambino, sempre per l’osmosi, si trasforma in latte:Lei nutre il suo Bambino, come tutte le mamme. Eche dolce latte sarà stato il latte della Madonna!Beata ubera quae suxisti: benedetto quel petto chehai succhiato! Santo, benedetto, verginale!

Cara, la Madonna! Come abbiamo fatto a dimen-ticarci di questa unione stupenda, fisica, organica...I piccoli organi di Gesù, il suo piccolo cuore, il suopiccolo petto, il suo piccolo cervello si formano lì,si sviluppano lì. Che bello!

E Lui sa tutto, perché la Persona sua è il Figliodi Dio, l’Onnisciente. Quindi, pensate: Et Ve r b u mc a ro factum est... Non horruisti Vi rginis uteru m. . .Non hai avuto orrore sapendo... perché pensate,qualunque essere avrebbe orrore di trovarsi chiusoin un utero, che è il membro più viscido del nostrocorpo femminile. Lui sapeva!

Pensate l’umiltà del Verbo incarnato! Però comegli era addolcita questa umiliazione, da Maria; che

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unione stretta con Lei! Vedeva tutte le premure cheaveva per nutrirlo, vedeva tutte le premure cheaveva per procurargli il necessario, tutte le delica-tezze che usava per evitargli piccoli urti e piccolespinte...

Vedeva anche le sue ansie per la trepidazione diGiuseppe, che nel periodo più inoltrato della gravi-danza di Maria si era accorto... E zitto lui... e zittaanche Lei. Avrebbe parlato se fosse apparso un altroangelo a dirglielo. Gesù taceva da dentro, l’angelonon appariva dal di fuori, e Lei zitta, a subirsi la tre-menda umiliazione di vedere san Giuseppe in ansiaper lei. E forse intuendo che lui si sarebbe allontana-to, non sapendo come spiegarsi il mistero.

Che dolce unione! Che dolorosa unione, a n c h e .Che bella! C’è da meditare tutta la vita!

E per noi, un’applicazione: c’è un’applicazioneda fare stupenda. Avete mai visto voi com’è unbambino nel seno della mamma? Mi è rimasto tantoimpresso quando sono andata a vedere al Museoscientifico di Milano tutta la parte di zoologia.

Hanno fatto vedere anche, conservato, un bambi-no (si capisce, tolto dalle viscere materne, da unamamma morta), che doveva avere circa sul settimomese, così, quando la creaturina è già completa,tanto è vero che ci sono delle mamme che hanno ibambini anche dopo sette mesi.

Vedeste come era! Mi è rimasto impresso e mi

serve di meditazione tante volte. Il bambino sembra un contemplativo di primo

ordine. Un umile di primo ordine! È lì tutto comequieto, tranquillo, un po’ rannicchiato, con le brac-cine raccolte, ma un certo visetto con gli occhi soc-chiusi, le palpebre quasi del tutto abbassate e chesembra pensi e sembra dica: «Sto tanto bene qui, stotanto in pace qui, non disturbatemi, per carità!».

Ecco perché (e forse per questo non le ho dato unposto particolare), la Madonna che tiene il suoBambino nelle sue viscere è il nostro modello sempree deve essere il nostro modello sempre. Se lo portada Elisabetta così, se lo tiene in casa così per novemesi. Che gioia deve aver avuto quando lo ha visto,ma anche il dispiacere di non averlo più nelle sueviscere. Stava meglio certo che sulla paglia, e alfreddo. Lì stava al calduccio e tutto tranquillo nelseno della Mamma sua.

Modello nostro: modello nostro di abbandonoassoluto nel Signore e in Lei, se il Signore ci dà lagrazia di arrivare a questa fede, speranza e amore diMaria. Abbandono in Lui e abbandono in Lei.

È un’unione questa che non possiamo imitare,naturalmente, in se stessa. Perché in Lei ci sono trenature: la natura della mamma, la natura di Gesùumana e la natura di Gesù divina. E ci sono due per-sone: la persona della mamma e la Persona divinadel Verbo Incarnato.

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Nessuna mamma può dire altrettanto, perchéquando ha la creatura nel suo seno ci sono non trenature in lei, ma due: la sua della mamma e quelladel figlio; e ci sono due persone, ma una cosciente eun’altra incosciente.

[...]In Maria, dunque, c’è un’unione unica. Però non

guardiamo questo aspetto. È imitabilissima dalpunto di vista dell’unione nostra con Lei e colSignore. Cioè possiamo non solo fare atti di umiltàdi fronte al mistero dell’unione di Maria, ma fareatti di straordinario abbandono e di straordinariaimitazione.

Possiamo imitarla davvero: misticamente siamoanche noi nel seno di Maria, ci stiamo fino al giornonatale della morte. Misticamente siamo stati conce-piti anche noi con Gesù e siamo lì finché non andia-mo in Paradiso; noi siamo i piccoli bambini Gesù diMaria, i non-nati in Lei.

Magari penetrassimo questo mistero. Come con-cludo in Respiriamo Maria, il Regno di Dio sarebbeper noi. È dei piccoli il Regno di Dio: il Regno diDio è proprio di loro, dice Gesù. Più siamo piccoli,più siamo impersonali (per modo di dire), piùschiacciamo la nostra personalità e più assomiglia-mo al neonato nel seno della madre.

Gesù nel seno materno aveva la sua Personadivina; noi nel seno della nostra madre avevamo

una persona quasi impersonale, incosciente... Sepotessimo riuscire a questa specie di impersonalità,per umiltà, in modo che la Persona del Verbo vives-se in noi e solo Lui pensasse, e solo lui decidesse, esolo Lui giudicasse, che bella la vita, e che bella lamorte! veramente, il giorno natalizio!

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VI

Ah! stasera è più facile la meditazione, la nostralezione. Ci si presenta la cara unione di Nazareth,l’unione Nazarena.

Se la contemplazione dell’unità trinitaria ciabbaglia per la sua sublimità e la contemplazionedell’unione Ipostatica ci impegna allo studio nonsempre facile della teologia, contempliamo l’unioneN a z a re n a, vi dico nel libretto. Gesù, Maria,Giuseppe: tre nature umane singole e tre personesingole: due umane, una divina. Tre persone adistanze infinite o quasi infinite.

Gesù a distanza infinita da Maria, a distanzainfinita da Giuseppe, perché Dio. Maria a distanzaquasi infinita da Giuseppe, perché avendo concepitonelle sue viscere Gesù, Figlio di Dio, è Madre diDio. Vicinissimi: queste distanze infinite e quasi infi-nite non impediscono, anzi favoriscono la vicinanzadi queste tre persone, la convivenza di queste tre crea-ture, di cui una è il Creatore.

Vincolo di unione è Lui: la Madre perduta in L u i ,Giuseppe tutto per Lui. I pensieri di Giuseppe, il lavo-ro di Giuseppe, tutto per Gesù e per Maria.Vicinissimi: nella stessa casa, alla stessa mensa, allavoro comune.

Pensate voi che ci siano mai state divergenze fraloro? Contrarietà, opposizioni, spirito di critica?Ma, son cose impensabili a Nazareth! Perché?Perché più del sangue che unisce Maria a Gesù, epiù della legge che fa Giuseppe padre legale, quindivero padre di Gesù legale; e più del sangue che dàautorità alla madre e più della legge che dà autoritàal padre, li unisce la volontà del Signore, che è lalegge di tutte le leggi, la forma di tutte le leggi;quella legge che dà legalità, davanti a Dio, a tutte leleggi e che è volontà di amore.

Perché in Dio non c’è un’intelligenza, come innoi, come facoltà; non c’è una volontà come in noi,come facoltà; Dio è Intelligenza infinita, Dio èVolontà infinita; Intelligenza suprema, Vo l o n t àassoluta; ma quando si è definito, si è definito:Carità.

Abbiamo due definizioni di Dio nella Scrittura:una ci dice che esiste e l’altra ci dice come è: « I osono colui che è», dal roveto ardente: esistenza diDio, rivelata, che anche la nostra ragione però puòtrovare; ma rivelato in pieno l’abbiamo lì.

«Dio è carità»: definizione di Dio, rivelata da

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San Giovanni, che ha messo la testa sul Cuore diGesù.

Gesù in persona ci ha rivelato l’essenza di Dio,che è Trinità, unità trinitaria, ma ce l’ha rivelato invari momenti del Vangelo. Di continuo il Padre,molto spesso il suo Spirito, alle volte il Padre e allevolte lo Spirito.

Quante volte si rivolge al Padre! Alle volte ilPadre e lo Spirito insieme, come nel grande discor-so della Cena; alle volte lo Spirito solo: «A chicrede in me sgorgheranno da lui torrenti d’acquaviva». E, soggiunge San Giovanni: «Voleva riferirsiallo Spirito». Rivelazione dello Spirito che avrebbe-ro ricevuto coloro che avrebbero creduto in Lui. Siriferiva allo Spirito.

Dunque, rivelazioni della Trinità ne abbiamoavute moltissime da Gesù stesso; rivelazioni dell’u-nità nella sua esplicazione, manifestazione, l’abbia-mo in San Giovanni: Dio è carità. Quindi, quandodiciamo: volontà di Dio, diciamo volontà d’amore,sempre. Bisognerebbe che ce lo ricordassimo!

Pensate cosa sarebbe, dico io, se i nostri fratelliseparati, i più lontani, gli Anglicani, i Protestanti ingenerale, di America, di Germania, i Protestantinostri più vicini, più fratelli nostri, più prossimonostro, se capissero che la volontà di Dio è amore,che la volontà di Dio trasmessa dai superiori, dalPapa, dalla Chiesa è amore, se l’avessero capito

all’inizio, non sarebbe avvenuta questa tremendascissione.

Se lo comprendessimo noi, se lo capissimo noinelle comunità religiose!

Se capissimo che quella volontà che ci vieneattraverso una miserabile creatura, meno intelligen-te di noi, meno volitiva di noi, più peccatrice di noi,più povera grama di noi, proprio perché quell’auto-rità è riconosciuta da Dio, mi trasmette una volontàd’amore, nel piccolo ordine, nella piccola obbedien-za banale: prendi quel piatto, vólta quella sedia...C’è una volontà d’amore di Dio, che se io la esegui-sco con amore mi fa aumentare la vita divina, lavita eterna. C’è un aumento di grazia per tutta l’e-ternità: per tutta l’eternità!

Se capissimo, se conoscessimo il dono di Dio!Ah, la parola di Gesù alla Samaritana: «Se tu cono-scessi il dono di Dio, non verresti qui a domandareacqua».

E io potrei dirvi: se conoscessimo, care figliuole,sempre il dono di Dio che c’è nell’ordine di unaSuperiora, non andremmo tutti i momenti a doman-darle questo e quello, che non ha valore; domande-remmo per grazia precetti di obbedienza.

E non dico precetti: esortazioni di obbedienza,consigli di obbedienza, cenni di obbedienza, desideridi obbedienza. In queste espressioni della volontà diun Superiore c’è amore, c’è solo Amore. Non ci sarà

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magari l’amore del Superiore. Ah! può darsi. Puòdarsi che quell’ordine mi venga senza che ilSuperiore in quel momento senta per me della simpa-tia, della stima. Cosa importa!

Quello che importa è questo: che attraverso quellaparola, quel consiglio, quel desiderio, quell’esorta-zione, quel comando... e alle volte perfino quel pre-cetto... mi viene trasmesso Amore di Dio. PerchéGesù ha detto, ed è parola eterna come quella dellaconsacrazione: «Chi ascolta voi, ascolta me».

E in questi «voi» c’è l’autorità costituita e appro-vata dalla Chiesa: «Chi ascolta voi ascolta me».Quindi nella volontà di questi «voi» c’è la volontàdel Signore; ma la volontà del Signore è amore, dun-que nella volontà di questi «voi» c’è amore. È fede,capite!

C’è amore di Dio. Se io lo ricevo ed eseguiscol’ordine, io ricevo carità divina e produco caritàdivina. L’atto di obbedienza è un atto di amore diDio, come è un atto di umiltà. È una prova che hoalmeno quel minimo grado di umiltà che mi permet-te di non essere in peccato mortale.

Se noi e i nostri fratelli separati facessimo tutti lavolontà di Dio! E quale volontà di Dio esplicita?Qui io porto quella esplicita di Gesù: di amarci...

Non basterebbe questo solo per unirci? Eccoperché si comincia ad andare incontro ai fratelli conl’amore: perché prima eseguiamo il precetto della

carità. Prima di domandare l’unione, Gesù nellapreghiera ha detto: «Amatevi». È per la via dell’a-more che giungeremo all’unità.

E guardate che per legarci a quell’atto di obbe-dienza che, vi dicevo, nasconde un segreto di amoredi Dio, guardate che in quell’atto di obbedienza c’èl’obbedienza al precetto di volerci bene. Perchéquando voi ascoltate quella povera grama che vi dàun ordine, voi avete fatto verso quella povera gramail più delicato atto di amore.

Domandate alle Superiore, ve l’ho detto tantevolte, quali sono le Sorelle che esse vorrebbero. Ah!non vogliono, se hanno buono spirito, le Sorelle chehanno per loro delle delicatezze, delle esageratepremure, delle lodi, no, no, no. Una Superiora dibuono spirito non va in cerca di questo: vanno incerca di Sorelle obbedienti, perché nell’obbedienzasentono che c’è l’espressione più sicura della caritàfiliale, come c’è l’espressione più sicura della caritàfraterna. Perché il voto di obbedienza è ordinato alprecetto della carità, ha per fine il precetto dellacarità.

Obbediamo per amarci meglio, per amarcisecondo Dio, per amarci secondo i desideri dellaChiesa, nei confini voluti dalla Chiesa, con la gra-dazione voluta dalla Chiesa, con le preferenze volu-te dalla Chiesa.

L’atto di obbedienza è la salvaguardia dell’atto di

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carità; è già un atto di carità ed è una medicina allacarità mal concepita, che non è più carità... poco illu-minata, che non è più carità; sprovvista e impoverita edenutrita di soprannaturale, non è più carità.L’obbedienza mette al sicuro la carità.

Preghiamo perché questi nostri fratelli ci amino ecominciamo noi ad amarli. Cominciamo dai più vici-ni, da quelli che abbiamo qui a Roma, qui in Italia...

Quando nella diffusione ci incontriamo coiProtestanti usiamo loro atti di carità. Ci accorg i a m oche c’è un foglietto di Protestanti, usiamo una delica-tezza, diamo il libro gratuitamente. Se l’accettanodiamo la corona del Rosario: è carità illuminata, que-sta.

Voi già sapete che facciamo sforzi per arrivare auna povera famiglia protestante; facciamo sforzi efacciamo sacrifici che solo il Consiglio sa. Come nefacciamo per arrivare a una famiglia ortodossa e fac-ciamo sacrifici che solo il Consiglio sa.

La carità deve arrivare a loro, dobbiamo arrivare aloro. Oggi è venuto qui nella mia cella un Monsignore,segretario del Segretariato p ro Unione dei Cristiani, dicui è Presidente il Cardinale Bea. Persona distintissi-ma: aveva nell’espressione perfino, lo spirito delSegretariato, cioè andare incontro con la carità primache con la verità.

Sapete cosa m’ha detto alla fine? E io ci ho fattomeditazione sopra... In principio, siccome è stranie-

ro, stava a sentire quello che gli dovevo dire ed eramolto parco di parole, un’espressione quasi enigma-tica, dolce però.

A un certo punto son riuscita a strappargli unsorriso perfino parlando del voto di vittima... non socome era entrato nell’argomento anche questo votodi vittima, ho soggiunto: «Sa il voto, il voto di vitti-ma noi donne siamo sempre disposte a farlo, peròson voti di vittima di donne che quanto più concepi-scono cose grandiose non sanno... non riescono adattuare un minimo di ciò che hanno concepito oproposto. Vittime che non sanno sopportare unparola»... Allora ha sorriso.

Ma alla fine, dopo tutti i ragionamenti fatti perun’opera di bene, era sciolto, e ci ha perfino raccon-tato questo particolare. Che nel recente viaggio diPaolo VI in Palestina (Lui era della Missione), haavuto una gioia immensa. Quando il Santo Padre harecitato il P a t e r col Patriarca di Costantinopoli, hacercato con gli occhi un Vangelo, una Sacra Scrittura,ma nessuno ha potuto presentare la Sacra Scrittura lìal momento, nessuno l’aveva. Lui invece aveva intasca il suo breviario in Latino e Greco e s’è fattoavanti (era nel gruppo), l’ha mostrato al Papa che èstato felice di leggere il Pater Noster e la P re g h i e r aS a c e rd o t a l e dal suo Vangelo e lui con le mani ha fattoda leggìo (pensate come tiene prezioso adesso quelVangelo). La Preghiera Sacerdotale recitata in latino

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dal Papa e in Greco (o non so se anche in latino) dalPatriarca di Costantinopoli.

«Premio, ho detto, della carità che lei ha nel cuoreper i poveri fratelli separati. Il Signore l’ha premiata,Monsignore». E lui ha fatto un bel sorriso di compia-cenza.

Credo che premierà così tutti i nostri sforzi, tuttigli sforzi che faremo per andare incontro ai nostripoveri fratelli. Non tiriamoci indietro, non lasciamolinel dimenticatoio, soprattutto, che questa è la man-canza più grave di carità che possiamo fare: lasciarlinel dimenticatoio quando preghiamo, quando soff r i a-mo e quando lavoriamo.

La prima carità è la preghiera, la più eff i c a c ecarità è la sofferenza; dopo viene l’azione, viene laparola. Facciamole tutte, queste forme di carità,abbracciamole tutte, e il Signore ci aiuterà e ci pre-m i e r à .

VII

Dopo l’unione nazarena, nostro modello piùvicino, più facile e che il Signore ci ha dato pertrent’anni perché con questa insistenza, con questoprolungamento nel tempo noi comprendessimo cheabbiamo bisogno proprio soprattutto dell’imitazionedi Nazareth, che abbiamo bisogno soprattutto diobbedienza, perché di tutte le virtù che Gesù ha pra-ticato a Nazareth lo Spirito Santo ha messo l’accen-to sull’obbedienza: «Era soggetto ad essi»...

Dopo questa stupenda unione, passiamo allo stu-dio, nientemeno che dell’unione mistica; anzi, delgrado più alto dell’unione mistica, che Santa Teresadistingue col nome di «matrimonio spirituale».

Perché, dopo aver contemplato il quadro diNazareth così vicino a noi vogliamo studiare adessouno stato che è di pochi? Perché chiaramente, diceSanta Teresa, anzi il nostro San Giovanni de l l aCroce, che pochissimi sono quelli che giungono almatrimonio spirituale.

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Sapete perché? Perché l’unione mistica (e lodico qui nella nota del libretto) nel suo stato più altosi chiama matrimonio spirituale, ma è anche larealtà misteriosa della vita di grazia, di cui il matri-monio spirituale è l’esperienza. Cioè, in parole faci-li, noi siamo sempre sposate a Gesù, sposate a Dio,quando abbiamo la grazia di Dio.

Però voi sapete quante volte abbiamo detto chela certezza assoluta di essere in grazia non la pos-siamo avere. Abbiamo solo, possiamo avere solo lasicurezza morale, da molti segni. Per esempio: ladevozione a Maria, la frequenza ai sacramenti, ildesiderio di essere perseveranti nella vita religiosa,la coscienza di far più che possiamo per obbedire alSignore, nonostante le nostre fragilità.

Tutto questo dà una certezza morale. La parolasoprattutto del confessore. Quando il confessore cidice: «Va’ in pace» noi dobbiamo andare in pace;dobbiamo obbedire, andare in pace, cioè con la cer-tezza morale, nonostante gli scrupoli, nonostantetutte le nostre incertezze psichiche, con la certezzamorale di essere in grazia.

E che cosa vuol dire essere in grazia? Vuol dire:avere la vita divina in noi. E voi sapete, almeno leprime, quando si facevano gli studi sul Tanquerey,della vita soprannaturale, della vita cristiana, dellavita di grazia: che cos’è questa vita di grazia?

È una partecipazione della vita divina, della vita

quindi trinitaria, perché la vita divina è la vita trini-taria. Cioè in noi è l’adorabile Trinità che continua-mente... intanto esiste nella Persona del Padre,proietta la sua luce eterna nella Persona del Figlio,ed è in una processione continua di amore nellaPersona dello Spirito Santo: questa è la vita divinabalbettata da noi.

È in noi per la vita di grazia. Ma tutto questo noilo diciamo a freddo, lo diciamo perché vogliamocredere, perché crediamo. Questa unione c’è, però,se crediamo: «Il giusto - dice il Signore - vive difede».

Se crediamo e vogliamo credere e desideriamocredere e domandiamo al Signore che aumenti lanostra fede, l’unione di grazia c’è, l’unione miste-riosa della vita divina con la nostra vita, c’è. Lopossiamo credere e lo possiamo sperare.

Ma c’è un passo da fare, care, ancora più avanti:lo possiamo esperire, esperimentare. E quando siesperisce vuol dire che questa fede, questa speranzadi essere nella vita divina è diventata una certezza,che se ancora non si può dire assoluta, è però ilsegno più chiaro della presenza della vita divina innoi; l’esperienza della vita divina che Dio concede apoche anime, ci dirà San Giovanni della Croce, per-ché molte, nella via difficile per arrivare a questostato, si fermano. La maggior parte si fermano.

Noi desideriamo questa vita divina in noi che si

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manifesta attraverso la contemplazione; noi ne par-liamo; noi vogliamo essere delle anime contempla-tive. Ma la realtà è che a un certo momento ci fer-miamo.

Santa Teresa nel suo Castello Interiore, dice chedopo la terza mansione del Castello le anime si fer-mano. San Giovanni della Croce, nella sua Salita alMonte Carmelo ci dice che a un terzo della strada,qualcuno alla metà, si ferma. L’ultimo passaggiosono poche le anime che si accingono a farlo.

E come tutte desideriamo diventar missionarie,però... qualcuna, se all’improvviso fosse mandata inBolivia, si sentirebbe morire... siamo fatte così!

Consoliamoci se abbiamo i segni della predesti-nazione più belli, come la devozione alla Madre diDio, alla dolce Mamma nostra... consoliamoci seabbiamo questi segni di predestinazione. La voca-zione religiosa, la fedeltà alla vita religiosa... mori-re, ma qui!

I sacri Canoni sapete che definizione danno dellavita religiosa? Uno stato stabile di vita che tendealla perfezione. La stabilità è la caratteristica dellavita religiosa. Tanti ne fanno voto come i Certosini.

A noi è stato proposto di far voto di stabilità, ioho risposto di no. Perché? Perché è implicito nellostato religioso. Perché tenere per forza una col votodi stabilità se il suo cuore se ne va fuori di conven-to? Io voglio una stabilità accettata giorno per gior-

no, voluta giorno per giorno, meritoria giorno pergiorno, nonostante tutte le prove, tutte le miserieche si possono incontrare anche nella vita religiosa.

Signore, oggi perché ti voglio bene... guarda,scapperei dal convento, e ci sto per amor tuo!

Però poche sono le anime che si spingono più insu. Qual è la parte più difficile della salita? Qual èla mansione più intima del Castello interiore diSanta Teresa? Perché c’è tanta fatica a salire lassù?

Perché le prove che stentiamo ad accettare son leprove interiori e senza quella che San Giovannichiama la Notte dello Spirito, senza la rassegnazio-ne a questa Notte, il matrimonio spirituale, mistico,non si raggiunge; cioè l’esperienza della vita divinanello sfogo della carità, della virtù teologale dellacarità, non la esperimentiamo.

Quali sono queste prove interiori che ci arresta-no? Le prove interiori che crocifiggono la nostravolontà.

Io ho osservato che tante anime sono generose,tante sono piene di aspirazioni nobili, però quandosi tratta di spezzare la volontà, che resistenza, chefatica!

Alcune ci arrivano, altre no; altre girano l’osta-colo per poi fare la propria volontà. Non dicono dino, ma dicono il famoso n i; oppure credono averdetto sì, e invece hanno girato l’ostacolo: non hannofatto la volontà di Dio.

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Alle volte i Superiori sono costretti...ed è consi-gliato di far questo ai Superiori, quando si accorgo-no che una volontà ha una certa resistenza, è pocomalleabile, è poco duttile nelle mani dei Superiori...quando i Superiori si accorgono di questo, sonoconsigliati, per non produrre strappi troppo doloro-si, rotture troppo clamorose, di andare incontro aquella debole volontà.

E allora invece che imporre la volontà di Dio,cercar di far fare la volontà propria, intonata almenoun po’ alla volontà di Dio, a quell’anima. Molteanime sono condotte verso la perfezione con questamaniera, con questa mano coperta di un guanto divelluto... però non è la maniera di Dio con le animechiamate al matrimonio spirituale.

La maniera di Dio è fortissima. Leggete i Salmi:«Mi hai introdotto nell’abisso profondo, mi hairidotto a pelle e ossa, hai inaridito il mio cuore,sono come un morto fra i morti, non riesco più arespirare... fino a quando, Signore?»

E il Signore non risponde; il Signore continuacosì. Alle volte sono anni di questa metodica parti-colare del Signore. Volete che poi a un certomomento il Signore non ceda, non si commuova?Ma certo che lo fa! E lo farebbe con tutte noi sesapessimo sopportare i rigori del suo amore.

Noi vogliamo le dolcezze del suo amore. A noipiace tanto il dono della Pietà. Oh, che bello! Che

dolce Maria, Mamma nostra, col dono della pietà!Che dolce Gesù Eucaristia, cibo nostro, vita nostra,col dono della Pietà. Che dolce il suo Spirito, vitadella nostra vita, col dono della Pietà. Che dolceperfino il rapporto con le Sorelle, coi prossimi, coldono della Pietà!

Ma quando si tratta del terribile e amabilissimodono del Timor di Dio. Ah! a quello facciamo pocafesta, quando nella scelta dei Doni ci viene quello,che può ridurci a questo stato benedetto che è comel’avvento di questa venuta misteriosa dello Sposoche si fa sentire e che i santi mistici - S a n t aTeresa, nostra maestra, San Giovanni della Croce-chiamano matrimonio spirituale.

Consoliamoci se abbiamo le prove, i segni dipredestinazione, cioè i segni dello stato di grazia,consoliamoci anche, dico qui, nel vostro libretto, sequesta unione c’è fra i cristiani, c’è fra i cattolici.

Se hanno l’intenzione retta, ci sono già i nostrifratelli in questa unione: tanto i separati come gliuniti. Chi crede di esserlo, è convinto di esserlo, c’ègià. Quindi, anzitutto domandiamo la retta intenzio-ne in questi poveri fratelli lontani, che siano i separa-ti, che siano i cattolici. Domandiamola per noi, la rettaintenzione.

Uno dei predicatori, mi pare il Padre del SacroCuore, Padre Dionisi, che ha fatto quella stupendastoria dei Protestanti in Italia, mi pare che sia stato

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lui a dire che quando sono nella retta intenzionesono già uniti, fanno parte già all’anima dellaChiesa cattolica, son già uniti. Loro credono diessere nella verità, sono convintissimi di questo: semuoiono in questa convinzione e non hanno fattonulla contro la carità da parte loro, si salvano, sonouniti.

E così i poveri cattolici che troviamo alle voltenoi nel nostro apostolato. Che cattolici sono? Nonhanno niente di cattolico, è tutto superficiale, peròavvertiamo che sono anime rette: anime rette, sem-plici.

Vi ricordate il povero Signor Arturo? (cognatodella nostra Madre, e in casa generalizia preparava lescarpe bianche per tutte noi). Era una di queste animebuone, rette. Guardate come l’ha preso il Signore,come è morto bene Confidiamo per noi e per loro.

Però, anche per noi, oltre che la confidenza diessere in questo stato iniziale di vita divina e di spo-salizio col Signore, per noi domandiamo di poterandare più in su, perché è nostro dovere di religiosetendere alla perfezione e la perfezione è raggiuntacol matrimonio spirituale. Tanto è vero che SanGiovanni della Croce dice, e voi lo sapete perché vel’ho ricordato parecchie volte:

«Le anime che arrivano al matrimonio spiritualepassano dalla terra al cielo, quelle che non arrivanoa questa unione mistica, che è unione di carità teo-

logale perfetta, devono passare per il Purgatorio. Non hanno saputo affrontare la Notte dello

Spirito, affronteranno la Notte del Purg a t o r i o » .Quindi abbiamo il dovere di tendere, abbiamo ildovere di far di tutto per arrivare a questo statobenedetto.

Almeno fra le Figlie della Chiesa che ci sia un p i c-colo manipolo che va dritto a Mater Admirabilis. Si dàmaggior gloria a Dio dal Paradiso che dal Purg a t o r i o ,che dalla Chiesa Militante. E noi dobbiamo desidera-re il Paradiso per dare maggiore gloria al Signore.Più presto viene, più presto entriamo, più gloriadiamo al Signore. La porta d’entrata sicura è il matri-monio spirituale.

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VIII

Al matrimonio spirituale arrivano pochi, ma ilSignore ci ha dato un mezzo più efficace perchéarriviamo tutti, ed è l’Eucaristia.

L’unione eucaristica è la preparazione immediataall’unione mistica; anzi, lo stato di unione, se stia-mo alle esperienze dei santi, si attua proprio nell’u-nione eucaristica, nel momento della comunione.

Santa Gertrude riceveva l’Ostia santa e con undono preternaturale vedeva il Bambino Gesù nelsuo cuore. Santa Teresa riceveva l’Ostia santa nelladomenica di Passione e sentiva la sua bocca pienadel Sangue prezioso.

Leggete la vita di Santa Margherita Alacoque evoi non sapete se in questa vita domini l’unioneeucaristica o l’unione mistica o se non sia una solacosa, come di fatto nei santi è. Ma se l’unione misti-ca è di pochi, l’unione eucaristica è di tutti: il Paneè offerto a tutti.

L’esperienza dell’amore nuziale non è data a

tutti, ma la mensa nuziale è offerta a tutti. Noi cisediamo ogni mattina alla mensa col nostro Sposo.Lui ci dà il segno, un segno fisico di questa unione:entra in noi. Entra in noi, assimila la nostra sostanzanella sua sostanza. Più di così, più di così!

Incomparabile nostro modello di unione è l’u-nione eucaristica: Gesù in tutti, pane di ogni giornoper tutti. «Mistero di fede!» esclama il consacrante.«Mistero di amore!» esclamiamo noi! Basterebbeuna comunione per unirci tutti!

Pensate che ritorno sarebbe quello dei nostri fra-telli separati se prima di ritornare a noi ritornasseroa Lui e ci assidessimo tutti insieme, come ramoscel-li d’ulivo, intorno alla sua mensa.

E pensate che rivelazione sarebbe per i poveriEbrei, se un giorno il Signore si rivelasse a lorocome si è rivelato a noi e come soprattutto si è rive-lato ai santi.

Quand’ero fuori io domandavo sempre questagrazia: «Signore, che cosa ti costa far gustare un po’della tua vita divina ai poveretti lontani! Si conver-tirebbero tutti i peccatori come mi sono convertitaio; ritornerebbero tutti i fratelli separati come sonoritornata io, scoprirebbero che sei il Figlio di Diotutti i tuoi fratelli Ebrei».

Abbiamo sentito come la lontananza degli Ebreidal suo Cuore deve far soffrire Gesù misticamente edeve aver fatto soffrire Gesù durante la vita. Che

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mistero, che mistero! Assomiglia, vedete, al mistero che si attua tante

volte nella vita religiosa. Anime predilette, come èstato prediletto il popolo Ebreo, anime predilette,chiamate alle grazie supreme dell’amore che, oescono dalla vita religiosa, o vivono una vita reli-giosa che non ha nulla di religioso.

Che mistero, questo, di allontanamento dall’a-more di Dio! Come deve soffrire il Cuore di Gesùper questo! L’ha detto a Santa Margherita Maria. Lodice l’offertorio della Messa del Sacro Cuore, cheha tanta parte nell’ispirazione della nostra piccolaCongregazione: «Ho cercato un consolatore fra imiei amici e non l’ho trovato».

Quando leggo quel punto del Salmo: «Se almenouno che non si è assiso alla mensa con me, se alme-no uno che non è entrato con me nel giorno festivo,come il giorno di nozze a far festa con me, mi aves-se rinnegato, l’avrei sopportato... ma tu, mioamico...» Tu, mia sposa... da te non mi sarei aspettatoquesto. Tu... mio popolo eletto!

Pensate quanto dovremmo pregare per il ritornodi questi separati, più che dal corpo, dal cuoremistico della Chiesa. Proprio dal cuore, dalle fibrepiù intime del cuore.

Noi abbiamo sentito...abbiamo ricevuto, maabbiamo anche sentito di fare un atto di carità deli-cata nel far venire i buoni Padri che ci hanno canta-

to quella stupenda Messa, che ce l’hanno oggi cele-brata in forma dialogata, ma così bella, sempre.

Abbiamo sentito che per loro è stata una gioia,per la nostra suora ospite (una studente libanese, dirito maronita), una gioia. Perché è tanto giusto sen-tire col proprio popolo; l’ha messo il Signore questoistinto nell’anima umana.

E pensate che mentre gustavo così la Messa mi èvenuto in mente: «Ma perché noi, Figlie dellaChiesa, che dobbiamo vibrare per tutti e per tutte leCongregazioni, godere di tutti e godere di tutte leCongregazioni, partecipare ai dolori e alle gioie ditutti -perché la Chiesa tutti li abbraccia- perché nondovremmo sentire in una Messa l’Introito in grego-riano, l’Offertorio in bizantino, il Sanctus in arabo...e avanti così?...

Che bella sarebbe una Chiesa che raccogliessetutte queste melodie in cui si esprimono tutti i popo-li... e che ricordasse il salmeggiare ebraico, in modoche entrando nella nostra Chiesa anche un Ebreorisentisse il respiro della sua terra...

Che bello se tornassero tutti! La comunione èper tutti, la comunione è per questo.

Oh! Signore Gesù, che si moltiplichino i taber-nacoli, che si moltiplichino gli ostensori, che simoltiplichino le anime che domandano l’unione;che noi corrispondiamo alla grande grazia che ilSignore ci ha fatto di desiderare l’unione, in forza

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della nostra vocazione, perché da questa preghiera:Ut unum sint, dicono le nostre Costituzioni, «laCongregazione nostra ha tratto ispirazione e vita».

Praticamente, che cosa dobbiamo fare, care?Prepararci bene alla Santa Comunione.

Io ho seguito i riti di stamattina e vi dico, mi soncommossa a leggere quelle preghiere così piene diunzione, così vive, come preparazione e come rin-graziamento della comunione.

Mi spiego perché il Cardinale di Bologna[Lercaro] ha scritto in quel libretto che noi abbiamotanto diffuso: «Il giorno del sole», ha presentato laMessa con una partecipazione così fervida... Io dicoche ha riletto le belle e fervide Messe orientali e le hainserite nelle solenni, gravi, Messe occidentali. E neè uscita quella bella Messa a cui ho assistito io aBologna il 10 dicembre, se non erro. Mi ricordavaproprio la solennità della Messa che è stata celebrataq u i .

Vedete, la troppa familiarità col Signore, che èuna caratteristica della nostra devozione occidenta-le, della nostra vita religiosa: noi siamo con Gesùdalla mattina alla sera; il santo... proprio veramenteanima santa, Mons. Scotti diceva che dovevamofare anche ricreazione vicino al Tabernacolo..., que-sta bella familiarità, è dei santi ed è bella nei santi.Dovrebbe essere anche la nostra, è vero, ma se fos-simo sante.

Noi finiamo, invece, alle volte, di prenderci trop-pa familiarità col Signore; di fare delle genuflessio-ni mal fatte, di fare delle entrate e delle uscite dallaChiesa poco devote, di fare dei passaggi attraversola Chiesa che non sono permessi, che sono peccativeniali: oso dirlo, oso affermarlo.

Non si può entrare in chiesa per correre al telefo-no se è chiusa un’altra porta, senza fare una lentagenuflessione e senza dire almeno un Gloria Patriadagio. Io anzi vi dico che non voglio, non voglio,non voglio che si passi attraverso la Chiesa, neanchese arriva una telefonata intercomunale, se non si sondetti davanti al Signore esposto tre G l o r i a l e n t a m e n-te, con una prolungata genuflessione. O troviamoun’altra via, o la telefonata sarà presa dalla Sorellaportinaia, sarà presa in Consiglio, sarà presa dallaMadre, ma nulla può giustificare una mancanza diriverenza davanti al Santissimo Sacramento.

Vi ricordo quello che ha scritto la venerabileAnna Caterina Emmerich e che leggiamo ogni annonel tempo di quaresima: uno dei dolori particolari diGesù nel Giovedì Santo, che dunque si prolungamisticamente in tutti i Giovedì Santi che sono tutti igiorni della storia ormai, perché si consacra ognigiorno e tutti i momenti di questi giorni perché siconsacra in ogni momento del giorno, quello che has o fferto Gesù, vi dicevo, per le irriverenze che sicommettono davanti al Santissimo Sacramento.

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E nella nostra Ora santa noi ripetiamo quella lita-nia che voi tutte conoscete e che non deve applicarsia noi, Figlie della Chiesa e adoratrici del SantissimoSacramento: «Delle immodestie e delle irriverenzeche si commettono alla vostra adorabile presenza, noivi consoleremo, o Signore».

Consolarlo dobbiamo, con una riverenza mag-giore! Con un rispetto maggiore, con un amoremaggiore, ma non ferirlo con una irriverenza, inmodo che questa litania, nella notte di adorazione,nell’Ora Santa, deve essere recitata per noi...

Attente le novizie, imparino! Attente le postu-lanti, imparino! E attente alle Professe, non dianoscandalo su questo punto.

IX

Oggi, 25 gennaio, dobbiamo pregare per tutti gliuomini. È il giorno nostro, care.

Figlie della Chiesa, noi dobbiamo pregare pertutti gli uomini, perché tutti sono o saranno o spe-riamo che siano Chiesa. Molti appartengono alCorpo della Chiesa: quelli che vivono in grazia diDio; molti appartengono all’anima della Chiesa:quelli che hanno la retta intenzione e sono ancheseparati, ma con retta intenzione, credendo di esserenella Chiesa vera.

E poi c’è tutta la massa delle anime in peccatomortale e dei pagani. Appartengono alla Chiesa per-ché la Chiesa li desidera; sono nel desiderio dellaChiesa, nella sua aspirazione. Per questi dobbiamopregare. Sono separati perché nello stato di colpa.Si trovano fra i cattolici, si trovano fra i cristianinon cattolici e si trovano fra i pagani; come si trova-no anime che appartengono all’anima della Chiesaanche fra i pagani.

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Noi preghiamo per tutti, perché siamo Chiesa.Tutti formano la Chiesa. Questa è l’unione che simodella sulla Trinità, sull’unione ipostatica, sull’unione nazarena, sull’unione tra Maria e il suoBambino, sull’unione eucaristica.

Tutte queste unioni sono nella Chiesa. Tutti imisteri si accentrano nella Chiesa. Dovevamo stu-diare anche questa unione che è proprio quella cheinteressa a noi: questa incorporazione in Gesù, nellaChiesa.

Ed è l’unione ecclesiale, che chiameremo così:cioè, l’unione di famiglia tra i parrocchiani e ilParroco, fra la Diocesi e il Vescovo e fra tutte leDiocesi, tutta la Chiesa, unite insieme col Papa.Questo senso della famiglia di Dio, più piccolonella parrocchia, più esteso nelle Diocesi, universa-le nella Chiesa universale.

Un aspetto di ordine, di giurisdizione che se èmantenuto fa bene ai fratelli separati, fa bene aipagani, fa bene a chi non crede. Mostrarci attaccatial nostro Parroco, al nostro Vescovo, al Santo Padreè una lezione e fa parte del nostro apostolato diunione.

Poi c’è l’unione gerarchica ed è l’unione dispo-sta secondo una scala di valori soprannaturali.

C’è il fedele, ci sono i fedeli, ci sono i Sacerdoti,ci sono i Vescovi, c’è il Sommo Pontefice. Qui nonguardiamo la Chiesa dal punto di vista dell’ordine e

della giurisdizione, ma la guardiamo dal punto divista dell’Ordine Sacro, del sacramento che dà alSommo Pontefice l’autorità suprema su tutta laChiesa, ai Vescovi l’autorità sui Sacerdoti della pro-pria diocesi, ai Sacerdoti l’autorità sulle anime aloro affidate: autorità regolata dalla Chiesa.

Non è più il senso della famiglia in questa unio-ne, che risalta, ma il senso della dipendenza e del-l’autorità. Autorità che deve essere un riflesso dellapaternità e della maternità di Dio, dipendenza chedeve essere un riflesso della nostra figliolanza: unrapporto di figliolanza, di maternità e di paternità.Anche questo fa bene.

Se il popolo ci vede... se i lontani -che siano cat-tolici, non cattolici, pagani- ci vedono devoti delSacerdote, rispettose verso il Clero, piene di venera-zione per i nostri Vescovi, piene di zelo, di amore,di premura per il Sommo Pontefice, è un apostolatodi unione potente. E come Figlie della Chiesa è unaforma del nostro apostolato di Figlie della Chiesa.

Poi c’è qualche altra unione esterna, nellaChiesa, come la Conciliare, che è un’unione straor-dinaria della Chiesa docente, che di secolo in secoloripete a gran voce l’invito di Gesù, il messaggio diGesù, la preghiera di Gesù, e appunto per la suastraordinarietà si afferma maggiormente, si fa senti-re maggiormente e interessa maggiormente tutti noi.

Noi dobbiamo sentire anche questa unione,

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imparare da questa unione coraggiosa di vecchiVescovi che lasciano la loro terra e in aeroplanovengono a Roma. Già alcuni ne sono morti.

Non importa, obbediscono al Papa e vengono. È’una lezione al mondo intero.

La nostra comprensione del Concilio Ecumenico, i lnostro interessamento per il Concilio Ecumenico,anche questa è una grande lezione, anche questa èuna forma del nostro apostolato specifico di Figliedella Chiesa. Noi lo facciamo con la stampa, lo fac-ciamo con la propaganda, dobbiamo farlo: per impe-gno di vocazione.

Poi c’è qualche altra forma di unione che è apo-stolica al cento per cento, istituita dalla Chiesa pro-prio per apostolato, per fare del bene, perché si ripe-ta l’ammirazione dei primi cristiani verso quelli chevivevano uniti, dei pagani verso i primi cristiani edei primi cristiani verso quelli che hanno accettatoquesta forma di vita, ed è la vita degli Ordini reli-giosi e delle Congregazioni religiose.

Questa vita congregata dall’amore, istituita dal-l’amore, che noi abbracciamo per amore di Gesù, acui Gesù ci invita perché ci ama, è una rivelazionedell’amore fraterno al mondo: è una lezione di unio-ne potente e qui, nel libretto, io di questa vita vidico: l’unione religiosa, la comunità, la vita comunesi modella sull’unità trinitaria.

Vita comune, sentite; risente di quella stupenda

parola: Unità. Se l’unione nazarena, vita comune,ha in sé la parola unione, c’è Gesù con noi, c’èMaria che dal cielo guarda il suo Gesù e guarda noi;c’è San Giuseppe che dal cielo contempla il suoGesù e contempla noi: è Nazareth che si ripete neisecoli.

Vive di unione eucaristica. Gesù, il suo Sangue,è il cemento benedetto che ci edifica, nel senso stu-pendo che è stato dato da un predicatore.Edificazione, nel senso della lettera di San Pietro:che ci fa pietre vive di un unico tempio, il tempio diDio: «Siete il tempio di Dio»; che faceva dire a SanPaolo che abbiamo il dovere di edificarci, cioè dicostruire insieme la Chiesa, attraverso l’eserciziodella carità.

L’unione religiosa, dunque, la comunità, vive diunione eucaristica e mistica -perché no?- dove piùabbondantemente lo Spirito Santo regala i suoi donidi unione: i l dono della Sapienza, il donodell’Intelletto, il dono della Pietà.

Questi doni unitivi per eccellenza che portanol’anima fino alle altezze del matrimonio spirituale:dove? Specialmente nelle case religiose, nellecomunità religiose.

Santa Margherita Maria, santa Gertrude prima,queste sante piene di unione col Signore..., SantaTeresa, giunta al Matrimonio spirituale, la piccolaTeresa del Bambino Gesù, sono tutte anime religio-

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se, giunte al matrimonio spirituale o attraverso laluce o attraverso la Notte Oscura dello spirito, comela Piccola Teresa, e che hanno vissuto la vita comu-ne.

Nella vita comune, nella vita religiosa hanno tro-vato questi regali. Gesù li può dare perché non èaccettatore [non fa preferenze] di persone e li dà achi vuole, come vuole e quando vuole, anche ailaici, specialmente ora che i laici sono invitati a unaimitazione della vita religiosa nell’Istituto secolare.

Ma le preferenze, state sicure, del Signore sonoper le anime religiose che hanno dato veramentetutto e vogliono dare tutto.

E questa vita comune come sussiste? È stata fon-data dalla Chiesa. Sussiste, dico, per l’unione eccle-siale. È l’autorità della Santa Sede, è l’autorità dio-cesana; è l’approvazione diocesana, è l’approvazio-ne della Santa Sede che dà vita alle comunità reli-giose. Sussiste per l’aiuto gerarchico. Sono iVescovi che ci aiutano, è il Santo Padre prima,attraverso le Congregazioni, sono i Vescovi, sono iSacerdoti che ci sostengono con la Messa, coiSacramenti, con la dottrina nella predicazione, conla direzione spirituale attraverso la confessione par-ticolare, perché i confessori per noi religiose sonoscelti dalla Chiesa che ci ama come le pupille deisuoi occhi e vuole che abbiamo confessori distinti.

Sussiste per l’unione conciliare, certamente. C’è

tutto un settore, nel Concilio, che tratta della vitareligiosa. Come trattano del Verbo Incarnato, dellaVe rgine Madre della Chiesa, del Mistero dellaChiesa, trattano della vita religiosa.

Siamo le pupille della Chiesa, le predilette diGesù e le predilette della Chiesa; le predilette dellaMadonna e le predilette della Chiesa. E questacomunità tende all’unione eterna.

Ogni sera e ogni mezzodì noi tutte insieme dicia-mo: Ad coenam vitae eternae... Mensae caelestisp a rticipes faciat nos rex eternae gloriae. Che grazia!Se non sentiamo noi religiose la Chiesa, chi voleteche la senta? Chi volete che la senta?

Siamo nelle case dove tutto dovrebbe essereamore; le più preparate a capire il mistero attraversoqueste forme esterne, preparate a entrare nel midollodel mistero della Chiesa. E sapete che il midollo delmistero è Amore. L’anima della Chiesa è l’Amore infi-nito, il cuore della Chiesa è l’Amore infinito, che siforma le anime perfette: «Nel cuore della mia Madre,la Chiesa, io sarò l’amore».

È il posto riservato alle persone religiose, alleanime religiose. Il cuore della Chiesa sono le animereligiose che tendono alla perfezione.

Prima, primissima come membro della Chiesa,cuore della Chiesa, oltre che Madre, è Maria, chia-mata cuore della Chiesa. Ma non è sola: Lei è solacon tutte le anime religiose.

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Lei, la prima Sposa dello Spirito Santo, la Madredel Verbo Incarnato, la Figlia perfettissima di Dio:

« Ave, Filia Dei Patris, Ave, Mater Dei Filii, Ave, Sponsa Dei Spiritus Sancti, Ave, templum totius Sanctissimae Tr i n i t a t i s .A m e n ».

Questo Amen lo diciamo con Lei, nel cuore dellaChiesa, noi. Come la Piccola Teresa, Figlie dellaChiesa; con tutte le religiose, Figlie della Chiesatutte, chiamate tutte alla perfezione.

Tendendo alla perfezione abbiamo diritto di esserequesto membro pieno di Spirito Santo e in cui si rac-coglie tutto il Sangue di Gesù e tutto il suo Amore.

SETTIMANA DI PREGHIEREper l’unità dei cristiani

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I

Siamo arrivate alla nostra grande Settimanadell’Unità: nostra, tutta nostra. Per noi non dovreb-be esserci una Settimana dell’Unità, ma l’anno inte-ro dell’unità! Per questo, pensando che non cisaremmo arrivate, data la nostra fragilità e incostan-za nella preghiera, ho interessato tutte le Superioree continuo a interessarle, e a spingerle a inciderenell’interno dei loro tabernacoli: « P a t e r, rogo, utsint unum» perché questa grazia solo Gesù ce lopuò ottenere, mandandoci il suo Spirito di unione edi amore.

L’ho inciso pensando che noi, distratte da tantecose non ci avremmo pensato e forse anche in questaSettimana dell’Unità stentiamo a raccoglierci in que-sto pensiero costantemente, intensamente. E vi dicoche con grande gioia, nella liturgia di oggi, ho lettoun O re m u s che proprio dovete trascrivervi e dovetemeditarlo e lo ripeteremo in comune magari alla visi-ta. È tanto bello:

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«Infondi in noi, o Dio, lo Spirito del tuo Amore,perché nutriti con l’unico Pane di Vita formiamo uncuor solo e un’anima sola . Per Cristo nostroSignore».

Pare che la liturgia l’abbia composto per noi:riflette tutto il nostro spirito. Noi invochiamo ilPadre: «Infondi in noi, o Dio, (sottinteso i1 Padre),lo Spirito del tuo Amore». Specifichiamo: Spirito disapienza e di intelletto, di scienza, di consiglio, dipietà, di fortezza, di santo timore di Dio; qui è rac-colto tutto invece in questa espressione stupenda:«Lo Spirito del tuo Amore».

Questo Amore comprende tutti i doni delloSpirito Santo. Chi ne ottiene una briciola dalSignore, gusta questi doni; ed è l’inizio della con-templazione. Noi abbiamo un po’ perduto il nostrospirito contemplativo. Le nostre adorazioni perforza, per necessità proprie della vita, si sono un po’ridotte; la salute non sempre permette che ci con-centriamo nelle nostre due ore di preghiera e man-cando questi aiuti lo spirito contemplativo, come vidico, si è un po’ ridotto. E io lo giudico dai frutti.

Chiediamolo, questo Spirito d’Amore, ogni gior-no al Signore. Possibilmente nella visita, comunita-riamente; se questo non è possibile, facciamoloindividualmente. Sento che la Chiesa l’ha compostoproprio per tutti e per noi.

Perché abbiamo bisogno di questo Spirito di

Amore? perché «nutriti con l’unico Pane di Vita...»qui, suppone la Comunione quotidiana; dunque,vedete, sembra composta proprio per i religiosi, perquelli che vivono ogni giorno del Pane della vita; èsupposta qui la comunione, la presenza alla Mensaeucaristica, che è incompleta se non facciamo laComunione.

È proprio la Comunione che rende possibile ildesiderio di questo Spirito di Amore.Comunicandoci ogni giorno è più facile che anche ibambini stessi, che non sanno, non capiscono, nonpossono penetrare i sensi segreti della Comunione,acquistino però una certa abitudine a desiderare lecose celesti...

Io osservavo nella nostra Purita (bambina boli-viana ospite per alcuni anni a «Sancta Maria»,Roma) che, quando fa la Comunione, qualche cosadi buono viene fuori, qualche desiderio buono vienefuori; e anche noi, dopo la Comunione, nel nostroringraziamento, è tanto facile che domandiamo alSignore amore, perché questa grazia ci interessa piùdi tutte le altre.

«Spirito di Amore» . Domandiamolo! domandia-molo! Ne abbiamo bisogno in questo momento dif-ficile della vita della Chiesa. C’è bisogno di questaPentecoste, comunitaria e individuale: domandia-molo! E qual è il frutto? che cosa produce questoSpirito di Amore? Produce il cuor solo e l’anima

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sola, che sono quell’unità che è il sospiro dellanostra piccola Opera.

Noi siamo apostole solo se arriviamo almeno adesiderare questi beni. Se una si disperde in millealtri desideri, pur legittimi, umani, giusti, ma non siconcentra in questo desiderio dell’Amore, delloSpirito d’Amore, non può essere contemplativa enon può essere apostola, perché non arriverà a tro-vare le vie dell’unione: non ci arriverà.

Ne abbiamo bisogno, figliole! Direte che invec-chiando io vi ripeto la stessa cosa; almeno che inquesto difetto, se si può chiamare difetto in unsanto, io imiti S. Giovanni, il nostro caro apostolo.

Lasciatemi fare una parentesi: vorrei sapere inquale casa, quando la liturgia ce l’ha ripresentato, sisono ricordate che dobbiamo a questo apostolo unculto speciale. È nei Decreti! Qual è la Casa che sel’è ricordato? Vedete come siamo facili a dimentica-re tutto. E non per cattiveria, poverette! Io possoripetere anche ai Vescovi, alle persone che vengonoqui in questa mia cella: nelle mie figliole la cattive-ria non c’è. I difetti vengono dal subconscio o, sevengono dalla coscienza, sono riparati subito dall’u-miltà. Questo mi consta. Non so se mi illudo.Questo lo spero e deve essere così.

Ma quando vinceremo anche questi difetti cheescono dal nostro subcosciente? Quando? Se ci rac-cogliessimo di più in questa idea fissa: che dobbia-

mo essere un cuor solo ed un’anima sola per ottene-re qualche cosa per l’unione dei cristiani, per salva-re cioè i fratelli, perché è l’unione che ci salva e nonotterremo mai niente se non l’otteniamo prima franoi. È prima interiore e poi esterna; esterna ma per-ché interiore.

Lasciatemi, come vi dico, imitare il mio caro S.Giovanni almeno in questo, nel suo magnifico difet-to, di ripetere sempre la stessa cosa: amatevi, ama-tevi. Ed io vi ripeto: unite, unite, unite per unire,perché siano uniti i cristiani. Unite! E per essereunite, invocate lo Spirito di Amore. La preghierasolo ci può ottenere questo.

Quindi fate un piccolo sforzo: trascrivetevi que-sto prezioso Oremus finale della Messa del 18 gen-naio: «Infondi in noi, o Dio, lo Spir ito del tuoAmore, perché nutrite con l’unico Pane di Vita for -miamo un cuor solo ed un’anima sola. Per Cristo,nostro Signore».

La Ve rgine dell’Unità, la Madonna dell’Unità(noi che abbiamo la gioia di avere la casa dedicataalla Madonna dell’Unità: diventi poi la Litaniaaggiunta a tutte le altre Litanie: Mater Unitatis,invochiamola spesso con questo bel nome, per noi eper il mondo: Mater Unitatis.

E ricordiamo il sacrificio della nostra caraMaddalena. Parecchie Sorelle si riuniranno nel suopaesetto natale per ascoltare la S. Messa, comuni-

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carsi e poi riunirsi intorno alla tomba e successiva-mente raccogliersi tutte a Mestre in un’agape frater-na. Vedete, queste circostanze aiutano l’unione,anche se impongono dei sacrifici.

Ricordiamo quella cara anima generosa e insie-me ricordiamo anche la nostra Rosaria, che haofferto la vita per l’unità della Chiesa, «per l’unionedegli uniti», che è forse più difficile dell’unione deiseparati.

Uno sguardo nella vita sociale di oggi, perfinonella vita politica di oggi, perfino nel partito chedovrebbe essere l’esemplare... guardate come è dif-ficile questa unione fra gli uniti!

E io supplicavo Olga di offrire le sue sofferenzeper questa unione fra gli uniti dalla stessa fede. Nonbasta: bisogna unirsi con lo Spirito di Amore!Bisogna arrivare qui: una fede amante, una fede fer-vida ci può unire. E questa ce la può dare solo loSpirito di Amore.

Non facciamoci dare lezione dai Pentecostali,dai Carismatici; siamo devote di questo SpiritoSanto e siamo devote della sua «Ora». Io non lasciomai passare l’Ora Terza. Se non riesco ad avere laSorella che mi legge l’O r a dico (come mi consi-gliava il Padre Anastasio, ora Arcivescovo di Bari):«Nunc Sancte nobis Spiritus» e poi i 10 Pater e poi«Infondi in noi, o Signore il tuo Spirito» e c c . ,l’Oremus. Ma la dico ogni giorno.

Bisogna invocarlo, lo Spirito Santo; vuole esseroinvocato! perché lui ha messo questa condizioneper darci le grazie. Vuole che gliele chiediamo, per-ché chiedere è l’atto del povero; vuole l’umiltà, ed èla preghiera, l’atto, la situazione del povero.

Il povero stende la mano e chiede; pregandostendiamo il cuore, apriamo il cuore, lo stendiamoproprio a terra, davanti a Dio e chiediamo come ilpoverello.

Coraggio! Salde nella fede, salde nella speranza,salde, saldissime nell’amore al nostro Gesù, alla suaMamma benedetta, al Padre celeste, al suo Spiritodi amore. E chissà che otteniamo questa benedettagrazia dell’unione che mi sta tanto a cuore!

Pensate che quando recito il mio Rosario intero,adesso ho preso questa abitudine: quando recito i1primo mistero sospendo un po’ i1 pensiero, mi uni-sco a tutte quelle che hanno avuto in sorte il primomistero gaudioso, me le stringo al cuore e prego perloro, con loro e mi sento più forte, come aiutata;mentre io mi sforzo di aiutar loro, mi sento aiutata.Poi il secondo mistero: ecco, l’altro gruppo. Ungiorno o l’altro nella circolare vi vedrete chiuse neivari gruppi, nei vari Misteri, a gruppi. Per me è unmezzo di unione fortissimo il S. Rosario!

Che lo Spirito di Amore vi aiuti a trovare la via,quella che Lui vi suggerisce. A me ha suggeritoquesta: ve la indico, non ve la impongo, si capisce

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bene, perché ogni anima è guidata dallo SpiritoSanto per la sua via.

Ma fatevi suggerire da questo Spirito di amoreun segreto per unirci sempre di più. Via i sotterfugi!non ci devono essere e non ci sono, per grazia diDio! spero che non ci siano. Via tutto ciò che èambiguità, via! Stiamo unite. La Madonnadell’Unità ci unisce sempre di più nel suo Cuore.

II

Ho sotto gli occhi la lettera del Cardinal Vi l l o tcon la stupenda frase finale che ci dà un programmadi unione stupendo e con la certezza che questa èvolontà di Dio.

Avete sentito dalla bella istruzione di Mons.Garofalo che ciò che ci rende sicuri della volontà diDio è che facciamo la volontà di Dio e l’obbedienzaa Cristo. L’obbedienza a Cristo produce l’unione.Noi, quando obbediamo al Papa, obbediamo aCristo.

Ho mandato questa lettera a tutte le case con laCircolare alle Superiore; ma io desidero che leSuperiore la commentino, ne facciano uno studio,non la leggano con quattro parole e basta, perché -vidico- è un programma: un invito del Santo Padre,attraverso il suo Cardinale, a tutti i membri dellanostra Congregazione, a mantenersi più uniti. LoSpirito Santo ha fatto capire al Santo Padre cheforse c’è qualche incrinatura in questa nostra unio-

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ne? Io non l’avverto, profonda almeno, perché vicredo tutte rette, tutte desiderose di farvi sante, tuttecon la vera nostra vocazione, che è Gesù solo.

Quel s o l o non esclude, anzi include tutti. Gesùsolo vuol dire: in Lui uniti tutti: una sola cosa inLui, tutti. E per noi Gesù solo è come il verticedella teologia mistica, che è unione con Dio.

Noi lo esprimiamo con questa espressione: Gesùs o l o , perché in Gesù sentiamo tutti intimamenteuniti e, prima che tutti gli altri, le nostre Sorelle.Vogliamo sentir questo: questa è l’unità che è l’e-spressione dell’unità. Unione, io vi scrivo sempre,che è comunione, unità.

È la settimana dell’unità, questa, delle preghiereper l’unità. Per questo «Gesù solo», cioè il Christustotus di Sant’Agostino, che ha tutti in sé e tutti vuolportarci come una sola cosa: «Siano u n o in noi».L’ha detto Lui!

Uno: solo uno, non due. Vuol portarci nel senodel Padre e sarà questo il nostro Paradiso e dobbia-mo tentare di avvicinarci a questa unione. Ecco, ilSanto Padre per questo ci vuole più uniti: più unite,più unite.

E con quale mezzo? Guardate: nell’osservanzadella regola e delle Costituzioni. Cioè per noi ades-so, come scrivevo alle Superiore, nell’osservanzadei nostri Decreti, che comprendono: i Decreti stes-si del Capitolo, le Costituzioni che non sono state

abolite, e certe nostre prassi della vita comune chenon sono state tolte.

Con le nuove Costituzioni che stiamo preparan-do potrà darsi che passi in seconda linea anchequalche altro puntarello delle nostre pratiche, dellenostre strutture esterne, può darsi.

Camminiamo con la Chiesa; cerchiamo di segui-re le sue direttive, misuriamo e meditiamo tutte leparole del Santo Padre. Dopo, la Chiesa dirà la suaparola; dopo un’esperienza, credo, di altri sei anni,dopo il nuovo Capitolo che sarà fra un anno emezzo.

Io forse sarò già col Signore, ma non importa;noi siamo certe di fare la volontà di Dio quando fac-ciamo, quando amiamo, professiamo l’obbedienzavi voti a Cristo e vi voti, cioè «in forza del voto» alPapa, rappresentante di Cristo; e in forza del votopure ai nostri Superiori che ci sono stati assegnatidalla Chiesa. Legittimi, quindi: praticamente, allaSuperiora diretta; e le Superiore al Consiglio e tuttea quella che il Signore mette a capo dellaCongregazione, qualunque essa sia. Oggi la vostraMadre, domani quella che lo Spirito Santo manderà.

Che pace, che tranquillità, pensando che comepiccole figlioline siamo guidate dallo Spirito delSignore! Ma come lo saremo? Se osserveremo leRegole e le Costituzioni

Guardate, il Santo Padre non ci ha suggerito un

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altro mezzo! io stessa devo essere impegnata a stu-diare quei Decreti, quelle Costituzioni, per vederequal è la volontà del Signore. C’è poco da dire: l’u-nione si trova lì; e una maggiore unione si trova lì.

Cominciamo a vedere che cosa ci chiedono iDecreti. Guardate quello che vi chiedo io nel primoDecreto, quando parlo del nostro spirito, del nostromistero: guardate come insisto per esempio su unpunto, che oggi è caduto un po’, ed è il silenzio.

Guardiamo questa nostra prima regola, che non èpiù tanto né studiata, né proposta, né praticata. Seper unirci di più studiassimo di più i Decreti cheriguardano il silenzio, se li meditassimo di più!Certo che o amiamo il silenzio o dobbiamo dire:non amiamo il nostro spirito, perché il silenzio èessenziale per la contemplazione.

Dunque contemplative e perché tali apostole,vuol dire silenziose e perché tali apostole.Silenziose quando tocca tacere, si capisce; silenzio-se, vorrei dire... può darsi che una parli dalla matti-na alla sera e protragga il suo parlare anche oltre lacampana della sera per una necessità di carità... puòdarsi, questo. Però, se lei ama il silenzio, è beataquando può ritrovarsi sola in silenzio oppure incompagnia, in Chiesa, ma in silenzio. Lode di Dio esilenzio.

È l’amore al silenzio, che fa capire se siamosilenziose, se osserviamo la regola del silenzio. Se

quello dipende da noi, lo cerchiamo, lo desideriamocome un bene, come l’anticamera della contempla-zione o come la conditio sine qua non della contem-plazione. Non è tanto il silenzio materiale, quantol’amore al silenzio, che allora garantisce il silenziomateriale e lo rende possibile e fa che si cerchi.

Sì, è vero, in passato si diceva: silenzio qua,silenzio là; silenzio in quest’ora, silenzio in quel-l’altra. Si tendeva più alle strutture del silenzio,forse, ma erano pure necessarie per mantenere ilsilenzio interiore. Adesso non saranno più necessa-rie come allora, si potranno ridurre, certo: anche iDecreti non insistono eccessivamente, va bene.

Se troviamo un’altra strada per arrivare all’amo-re del silenzio, io sono beata! Però, l’amore al silen-zio va in cerca delle strutture del silenzio e unastruttura del silenzio è trovarsi spesso davanti alSignore in preghiera. Trovarsi sole, amare la solitu-dine del nostro ambientino di lavoro, se è possibilecrearselo, questo ambientino di silenzio. Invece chepartire dalle strutture per andare al silenzio, noiadesso siamo portate (ed è giusto, ed è una stradastupenda) dall’amore al silenzio: sceglierci noi lestrutture.

Una volta si diceva: lungo le scale non si parla; esi mettevano i cartellini del silenzio; forse adesso,non so, non ci sono più; vorrei vedere però se man-cando i cartellini del silenzio, siamo ancora silen-

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ziose per le scale. Può darsi che per le scale talvoltasia necessario parlare, e allora la struttura non servepiù.

L’amore del silenzio allora guida: ecco, a quellodobbiamo mirare. Guardate che è una regola capita-lissima del nostro spirito; fa parte del nostro spirito.Quante cose sono male andate perché abbiamomancato al silenzio! Vi potrei citare di quegli esem-pi, di tutti i giorni. Ah, se si fosse taciuto!

Preghiamo, in questa settimana in cui tutto ilmondo cattolico ci aiuta a pregare; ci aiuta, sostie-ne la nostra povera preghiera. Preghiamo di trovarcipiù unite noi con l’osservanza del silenzio, delsilenzio interiore.

Invece che silenzio d’amore, come si diceva inprincipio, cambiamo l’espressione: amore al silen-zio. Questa è la nostra Regola. Non è più il silenzio,non è neanche più il silenzio d’amore: è l’amore alsilenzio, che è necessarissimo ed è un dono delloSpirito Santo. Ah! non ci arriviamo senza di Lui.

Care, bisogna che ci attacchiamo allo SpiritoSanto; diciamo alla Madonna di donarcelo, ne erastrapiena Lei! Domandiamo l’amore al silenzio,domandiamolo allo spirito d’Amore che ieri abbia-mo invocato: Spirito d’Amore, dammi l’amore alsilenzio!

Perché? Perché resti più unita alle mie Sorelle.Ce lo dice il Papa, ce lo fa dire Lui; più unite dal-

l’osservanza. Ecco qui: dall’amore al silenzio. Ve loauguro. Pregate che io lo osservi.

Lo amo, sapete, il silenzio! Sto tanto bene quan-do posso tacere, sto tanto bene, sento che è il mioclima.

Quand’ero malata dalle Canossiane stavo solaore e ore. Mi dicevano: poveretta, sola! Non ditemipoveretta, ché quando sono sola e posso tacere sonostraricca, perché nella mia celletta posso chiamarmila Madonna, Gesù, il Padre, lo Spirito Santo, i Santie tutti gli Angeli!

Io non sono sola! In silenzio, io mi trovo in unacompagnia beata.

Avrei forse perduto questo spirito tra le miefigliuole? Spero di no. Pregate per questo: che siadolce a voi tutte il silenzio, che si trova specialmen-te nella solitudine. Volete sapere se l’amate? Seavete cominciato ad amare il silenzio? Se amate lasolitudine.

Se quando il Signore con qualche malannetto viobbliga nella solitudine del vostro letto, mentre tuttele altre sono affacendate fuori, se quello star solecon Gesù vi è gradito perché potete di più pensarealle anime, pregare per le anime, unirle tutte alCuore di Gesù, col vostro desiderio.... se questo viriesce dolce, allora avete l’amore al silenzio. Siprova con l’amore alla solitudine.

Se amate la solitudine vuol dire che amate il

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silenzio. Se amate il silenzio state sicure che osser-vate una delle regole che sono basilari della nostraCongregazione, perché è la conditio sine qua n o n ,di cui vi ho detto prima, della contemplazione; e ilPapa vi assicura che avete raggiunto in questocampo, almeno... vi siete avvicinate all’unione: l’u-nione con la comunità.

Anche se separate dalla comunità vi sentireteunite, come le nostre sorelline quando sono all’o-spedale e non sono avide di visite, avide di compa-gnia, ma stanno tranquille, unite al Signore, unitealla Famiglia religiosa, unite alle anime da salvare,per portarle in Gesù solo, a fare una sola cosa in Luinel seno del Padre.

Mater Unitatis, devi ottenerci questo, perché seiMamma e sei Mamma Misericordiosa. Aiutaci Tu,perché da noi non possiamo nulla, nulla, nulla.

III

Siamo al terzo giorno della settimana di preghie-ra per l’unità della Chiesa e il tasto toccato daMonsignore è delicato.

Qui troviamo, nella lettera che ci ha indirizzatoper mezzo del card. Villot il Santo Padre, la rispostaalla difficoltà grave che l’unione non si può ottenereche nella verità, nell’unione di fede.

Lì non si può cedere: ecco che a noi viene consi-gliato, siamo invitate, siamo esortate a restare sem-pre più unite nell’osservanza della Regola e delleCostituzioni.

Che cosa vuol dire quell’osservanza? Vuol direnell’obbedienza di ciò che la Regola prescrive, diciò che prescrivono le Costituzioni.

E una piccola osservazione: qui si parla di

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Regola e di Costituzioni perché il nuovo Codice didiritto comune esorta tutte le Congregazioni adavere due testi, per l’osservanza: uno che riguardaspecialmente lo spirito e che non può essere cam-biato; il secondo che riguarda invece la pratica nellavita; e questo può essere cambiato dai vari Capitoli.

Ecco: uno riguarda l’essenza, l’identità, ciò cheè essenziale per ogni Congregazione (e quello nonpuò essere cambiato da nessun Capitolo); l’altro,qui presentato col nome di Costituzioni rispetto allaRegola... (perché la Regola rappresenta lo spirito, leCostituzioni sono sorte per la vita pratica: poi si èfatto un tutt’uno e le Congregazioni non hanno piùavuto una Regola, hanno avuto solo leCostituzioni)...

Adesso il diritto comune preferisce che ci sia untesto che esprimerebbe come la Regola, cioè lo spi-rito di ogni Congregazione e un altro testo che rac-colga le norme pratiche, le quali possono esserecambiate. Qui si chiede l’osservanza dell’uno e del-l’altro testo: l’osservanza di ciò che è spirito e l’os-servanza di ciò che è pratica nella vita. Che vuoldire, diciamo una parola molto semplice: «obbe-dienza».

Ieri, vi dicevo che l’amore al silenzio è comealla base del nostro spirito, è come all’inizio, ècome l’introduzione per capire il nostro spirito. E difatto, se siamo chiamate ad essere contemplative,

perché sia più efficace il nostro apostolato, abbiamodetto che il clima della contemplazione è il silenzio;e che se non avremo delle regole precise, pratichesul silenzio (forse no, delle norme proprio precise,forse qualcuna, ma non molte sicuramente), la rego-la delle regole sarà far di tutto che aumenti in noil’amore al silenzio: innamorarci di questo climadella contemplazione!

Voglio respirare l’ossigeno? Vado nel clima dovel’ossigeno si respira meglio, che è l’alta montagna.Voglio salire l’alta montagna della contemplazione?Ecco che io cerco di respirare là, in quel clima.Dunque, questo l’avete capito: amore al silenzio.

E adesso vi dico amore anche ad un’altra virtù,che rende autentica la contemplazione: cioè una èsicuramente sulla via della contemplazione se amail silenzio e se ama l’obbedienza, cioè l’osservanza;perché l’obbedienza non è che l’osservanza, perchéi Superiori non possono domandare nulla che nonsia compreso direttamente o indirettamente nellaRegola e nelle Costituzioni. Dunque le decisioni, icomandi (per modo di dire), i consigli, tutta la dire-zione dei Superiori deve mirare ad ottenere dalleSorelle questa osservanza della Regola, cioè l’obbe-dienza a ciò che lo Spirito vuole da noi, l’obbedien-za a ciò che la vita nostra esige: l’obbedienza.

Per niente la nostra Olga, quando è stata richie-sta, lo sapete, di lasciare in testamento qualche cosa

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alle Sorelle, ha detto: obbedienza, obbedienza,obbedienza. Aveva colto che è un punto essenzialis-simo. Perché? perché dà autenticità al nostro cammi-no spirituale. Andiamo verso la contemplazione:siamo sicure. Guardiamo se stiamo nel clima delsilenzio e guardiamo se siamo obbedienti.

L’obbedienza dà autenticità al nostro camminospirituale, alla nostra meditazione, alle nostre rifles-sioni. Manca l’obbedienza? non siamo sicure dinulla; c’è l’obbedienza? siamo sicure di tutto.

Vedete come è difficile che i cristiani si unisca-no, perché è difficile che arrivino a capire che devo-no obbedire al Papa. Eppure, a noi sembrerebbetanto facile. Non ha detto Gesù: «Conferma i tuoifratelli» a Pietro? Mi pare che dovrebbero far tantopresto questi buoni Pastori protestanti a dire:«Andiamo da colui che deve confermarci nellaverità».

Quello che hanno fatto i nostri buoni Ve s c o v i ,come vi ho detto nella Circolare. Non si trovavanod’accordo, perché le varie Chiese locali hanno esi-genze particolari... sul modo di concretizzare l’e-vangelizzazione e la promozione umana insieme.Che cosa hanno detto? Andiamo da Colui che devedecidere. E sono andati dal Papa. E il Papa ha rispo-sto con il documento preziosodell’Evangelizzazione.

È tanto semplice, ma non capiscono. Guardate

che è una grazia grande capire l’obbedienza; capirel’importanza dell’obbedienza anche se ci costa,anche se poi disobbediamo; ma capire l’importanzaper la vita spirituale, per il progresso spirituale chesta in quella parola: osservanza, obbedienza allaRegola e alle Costituzioni attraverso quei Superioriche ci ricordano la Regola e le Costituzioni, chedevono guidarci per questa strada.

La nostra Maddalena-benedetta!- capiva nellasua semplicità che anche l’offrirsi a Dio senza ilconsenso della sua Superiora non era un atto diamore sicuro, autentico. Ed è venuta a chiedere ilpermesso di offrirsi per l’unità del fratelli. Questo èspirito di obbedienza, capite! In principio, quasi siparlava sempre di questa virtù, perché emerge dalVangelo.

Se noi leggiamo bene il Vangelo e studiamo lavita di nostro Signore: è morto per amore...«Avendo amato i suoi che erano nel mondo li amòfino alla fine». Ma ciò che emerge soprattutto, intutti e tre i Sinottici e in San Giovanni, è che Luiobbediva al Padre, che era suo cibo la volontà delPadre.

Quante volte non l’ha ripetuto! e poi con la vita:trent’anni. Dopo aver affermato che prima a Dio sideve obbedire e poi agli uomini (nel quinto misterogaudioso questo principio solido)... però, trent’annidi obbedienza e sempre, tutta la vita, obbedienza al

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Padre; e trent’anni di obbedienza a Giuseppe e aMaria. È una lezione straordinaria, questa.Domandiamo la grazia di capirla.

Oggi ne sentirete parlare molto; ci sono opuscolidel Tillard, ci sono studi. Ne ho qui raccolti non vidico quanti e sono un po’ contraddittori: uno diceuna cosa, l’altro sostiene l’altro punto, l’altro aspet-to. Si studia l’obbedienza in tutte le sue dimensioni.

Però è tanto semplice, nell’E v a n g e l i c aTestificatio, e tanto espressa con semplicità: l’obbe-dienza è facilitata dal dialogo e dalla consultazione:è facilitata. Però, alla fine, chi deve decidere eanche comandare è la Superiora. Questo è chiaro epreciso.

Io direi, come ho detto per il silenzio, che inveceche star lì a ragionare se può o non può decidere laSuperiora; quanto posso io esprimere il mio deside-rio, il mio pensiero, il mio orientamento o altro...senza sofisticare tanto, mi pare che anche qui civuole più che studio delle dimensioni varie dell’ob-bedienza, domandare al Signore l’amore all’obbe-dienza; quell’amore che ha avuto Lui: «Mio cibo»...

Si ama il cibo quando si ha fame!Aver fame dell’obbedienza! Perché? Perché dà

autenticità alla contemplazione e alla vita spirituale.Io sono sicurissima di ciò che faccio quando obbe-disco.

E qui posso dirvi: «I m i t a t o res mei estote». Ah,

posso proprio dirlo! Perché se sono tranquillissimaper la Congregazione... sia abbia la vita di un fioreo abbia la vita di una quercia, non me ne importaniente, non mi preoccupo, perché ho sempre obbe-dito, non ho fatto un passo senza l’obbedienza, nellaCongregazione. E le Capitolari sanno a che puntosono arrivata, per obbedire a chi aveva il diritto dicomandarmi. Ecco, se sono in pace è per questo: iosono sempre tranquilla.

Che sarà domani? Sarà quel che Dio vorrà. Cosadicono a destra? Cosa dicono a sinistra? Dicano quelche vogliono! Io obbedisco. Quando ho obbedito iosono al sicuro. Che bella! è la virtù tranquilizzante!

Mi spiego perché Giovanni XXIII si è sceltooboedientia et pax. È proprio la fonte della pace.

Quindi, amore all’obbedienza. Faremo tantedisobbedienze durante la giornata, ma cercheremoproprio, attraverso le nostre stesse cadute, miserio-le, di rialzarci con l’amore all’obbedienza: stimarlatanto, sentirla come il silenzio, necessaria, perché sisviluppi in noi la vita spirituale e possiamo giungerealla contemplazione, cioè all’amore.

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IV

Ogni giorno una scelta d’amore: si fa presto adirlo, ma praticamente non è così facile. Oggi, quar-to giorno della settimana di preghiere per l’unità, citroviamo dinanzi la cara immagine di Sant’Agnese.Non so se la nuova liturgia riporta l’amo Cristo;certo che le antifone delle lodi di stamattina hannoa l l a rgato il cuore. L’amore è quello, ed è l’amorecontemplativo.

Quando si dice: amore contemplativo, vuol direamore spontaneo, vivo, efficace, che l’anima avver-te che viene dallo Spirito Santo. E qui bisogna arri-vare, capite? Per fare un po’ di bene bisogna arriva-re qui, almeno con il desiderio, escludendo gli altridesideri.

La Madre Barat, alle sue figlie che le chiedevanoin che cosa consisteva secondo lei la vita di amore,la vita di pace, ha risposto: «Nella quiete dei deside-ri».

Bisogna smorzare gli altri desideri. Adesso c’è,

vedete, per esempio un desiderio (ed è bello, sapete,e guai se non ci fosse; ma bisogna che sia contenutoed equilibrato): il desiderio della cultura. Una reli-giosa non deve patire perché non segue quel corso onon segue quell’altro; perché quelle sì e lei no.

Sono sentimenti umani che bisogna correggere,perché fan capire che l’anima magari desidera ilcorso proprio per amare di più, dunque lei è aposto... però, è l’eccesso del desiderio che impedi-sce di coltivare quel desiderio unico che noi Figliedella Chiesa, e tutte le religiose, ma noi in particola-re per la nostra vocazione alla vita contemplativa,allo spirito contemplativo, dobbiamo avere: la quie-te degli altri desideri e la forza di questo solo desi-derio.

E dobbiamo chiederlo allo Spirito Santo, allaMadonna benedetta, ogni mattina con sempre mag-gior ardore, convincendoci che è il massimo bene,l’unione col Signore, che produce tutti gli altri beni:la scelta dell’amore.

Perché allora succede questo fatto, che quandol’anima arriva a desiderare solo l’amore di Dio -evuol dire che già comincia ad amare veramente ilSignore- allora spontaneamente nasce in lei l’amoreal silenzio, perché sente, avverte, che è il clima diquesto amore di Dio. Spontaneamente nasce in leil’amore all’obbedienza, perché capisce che ha biso-gno di questa virtù, che la mette al sicuro e dà la

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pace. Capisce questo.Ed è bello che in questo quarto giorno, dinanzi

alla bella figura di Sant’Agnese, ci concentriamo inquesto desiderio dell’amore di Dio. Guardate cheera la prima regola, sapete, e staremo proprio aposto con quello che ci dice il Papa: «Per unirvisempre di più, osservate la Regola».

Qual era la prima regola? «Ama e fa’ quello chevuoi» perché certamente farai quello che vuole l’a-more: l’amore al silenzio, l’amore all’obbedienza,l’amore a tutte le virtù.

Ciò che vuole l’amore: ama. Ecco la prima rego-la. E siamo andate avanti parecchi anni, quasi ottoanni con questa sola regola, che permetteva alleSorelle (le prime) di subìre delle umiliazioni, dellefatiche incredibili, soprattutto la sopportazione delmio governo; che allora, sapendo d’aver a che farecon figliuole che volevano solo Gesù, io le trattavocome il Padre ha trattato Gesù, che l’ha mandato incroce. Perché è il Padre che ha mandato in croceGesù, perché è stata quella la sua volontà: per lasalvezza nostra ha sacrificato il Figlio Suo.

Io, pur di vederle sante... e il Signore mi haanche accontentato, perché le due prime, vedete,son Serve di Dio. Vuol dire che quello là non eraproprio un metodo sbagliato. Capivo che era possi-bile ricevere anche delle umiliazioni allora, peramore. L’amore rendeva loro facile anche questo!

Adesso è più difficile e anzi io sbaglierei se con-tinuassi a governare in quel modo lì, perché natural-mente... bisognerebbe ritornare di nuovo sull’argo-mento dell’obbedienza, che non è stato certo spie-gato in tutte le sue dimensioni, si capisce.

La Chiesa vuole libertà. Ma che libertà? Comel’abbiamo capita male! Obbedienza libera e respon-sabile, cosa vuol dire? L’atto di obbedienza fattocome quando ho emesso il voto.

Chi mi ha mandato a pronunciare il voto?Nessuno. Io, liberamente, ho pronunciato il miovoto; e responsabilmente, perché se non ci fosseroqueste due qualità del mio voto: la libertà e il sensodella responsabilità personale, non sarebbe valido.

Quindi ogni atto di obbedienza deve ricopiarequel primo atto che io ho fatto pronunciando il miovoto, liberamente e responsabilmente. Io liberamen-te obbedisco, quindi è inutile che la Superiora micomandi. Perché? Non è necessario, perché io obbe-disco liberamente.

Vado in coro liberamente, prendo quel postoliberamente, prendo il mio ufficio responsabilmen-te, perché capisco che va bene così, perché ho sacri-ficato la mia libertà per compiere quest’atto sublimedi libertà, che è di voler liberamente obbedire.Questa è l’obbedienza libera e responsabile.Stupenda, vero? Stupenda! Ma, guardate che èamore questo! Quando io arrivo a questo...

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La Chiesa non ci ha domandato una obbedienzainteriore, come qualcuno va dicendo: un’obbedien-za contemplativa ci ha domandato. Arrivano a que-sta obbedienza libera e responsabile solo i contem-plativi, perché vivono d’amore. Amano e fannoquello che vogliono, perché vogliono solo quelloche vuole Dio: Dio attraverso il Papa, Dio attraver-so i Superiori legittimi. È tanto chiaro e semplice.

Niente di più libero di questa obbedienza, volutaliberamente dall’anima, atto per atto: l’andare inChiesa, l’alzarsi alla campana, l’osservare il silen-zio, tutto, tutto liberamente... il compiere bene ilproprio ufficio, ecc. Tutti quegli atti di virtù checostituiscono una bella vita religiosa comunitaria;tutti sotto la spinta dell’amore, per una scelta d’a-more, come diceva Mons. Garofalo. Quindi obbe-dienza d’amore.

Che la Madonna ci conduca per questa strada!Oh, pensate che unione se osservassimo questaregola d’amore: «Ama e fa’ quello che vuoi»!

Se la Chiesa vuole due testi, uno che si possaidentificare alla Regola e l’altro che sarebbe come ilDirettorio (ma non gradiscono più questo nome),che sarebbero le Costituzioni, io ne aggiungerei unterzo e lo metterei prima della Regola stessa, que-sto: «Ama e fa’ quello che vuoi». Perché tutte leRegole sarebbero osservate e tutte le Costituzionisarebbero osservate.

Che la Madonna ci aiuti a raggiungere questaunità vera attraverso l’amore, attraverso la vita con-templativa autentica, non fantastica, non sentimen-tale: reale, quella che vuole il Signore, la contem-plazione in croce quando il Signore vuole in crocee nel clima della risurrezione, quando il Signorevuole gioia. Tutto quello che vuole Lui! Noi sce-gliamo solo quello che vuole Lui perché gli voglia-mo bene. E Lui vuole l’osservanza -ce lo dice ilPapa- della Regola e delle Costituzioni.

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V

Avete capito, dall'omelia di Monsignore, cheanche solo come cristiane siamo per la gloria diDio; il gran motto di S. Ignazio: «Ad maiorem Deigloriam». Siamo qui, siamo cristiane per glorificareDio.

Nella nostra Regola abbiamo specificato (e sape-te che mi è costato fatica presso la SacraCongregazione ottenere questa distinzione): «glori -f i c a re il Padre ». Perché? Perché era il sogno diGesù. «Padre, io ti ho glorificato in terra compien -do l’opera che mi hai dato a fare. Ora glorifica menel tuo cospetto».

Gesù domanda al Padre la gloria, ma per glorifi-care il Padre ancora di più. Quindi noi dobbiamo,per Regola, glorificare il Padre: è il fine primario. Ein che consiste questa gloria del Padre? Consistenella gloria del Cristo, di Gesù. Più è glorificatoGesù, più è glorificato il Padre.

E in che consiste la gloria di Gesù? Nell’unità.

L’ha detto chiaro, il Signore; l’ha fatto capire nellasua ultima preghiera, che comincia appunto conqueste parole... La gloria di Gesù sta nell’adempi-mento della volontà del Padre, che è l’unità di tuttinel suo cuore paterno. E questo è lo scopo di tutta lavita di Gesù.

La gloria di Gesù sta in questo: l’unione. Perquello l’intenzione di oggi è «la preghiera per l’u-nione e la glorificazione di Cristo». La gloria delCristo, la gloria di Gesù, sta in questo: nell’unità.L’ha detto chiaro e l’ha fatto capire. Rileggete quel-la stupenda preghiera, voi sentirete che Lui nonsospira che questo. Ed è il sospiro della nostra pic-cola Opera: appunto perché vogliamo glorificare ilPadre, per questo vogliamo l’unione.

E perché poi vogliamo (che sembra uno scopocome staccato) « c o m p i e re ciò che manca a llaPassione di Gesù»? Perché ci vuole fatica per unire.Gesù è morto per ottenere l’unione: per cancellare ilpeccato, che è fonte di disunione e per ottenere l’u-nione. Dal suo Cuore spezzato è nata la Chiesa, cioèl’unione: dal suo Cuore spezzato.

Quindi, per noi, il patire è il mezzo per arrivare aglorificare Dio: glorificare Dio attraverso la gloriadel nostro caro Gesù. Ecco: Glorificare Dio attra-verso la gloria di Cristo e attraverso l’unione. Maperché questo avvenga, ecco il patire. E l’osservan-za della Regola che ci è indicata dal Papa e dalle

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Costituzioni, è: patire.Vi ho detto che è patire quando vi ho detto che

l’osservanza esatta dell’obbedienza, come la vuoleil Concilio, libera e responsabile, è contemplazione:frutto di contemplazione.

Leggete bene San Giovanni della Croce, vedreteche cosa ci vuole per arrivare alla contemplazione;che razza di patire! Quanto patire! che notte deisensi, che tremenda notte dello spirito, prima digiungere all’unione, cioè alla contemplazione!

Se l’obbedienza dunque è frutto della contem-plazione deve costare, l’unione che l’obbedienza ciconcederà, ci farà ottenere, per mantenersi semprepiù unite nell’osservanza della regola, nell’osser-vanza dell’obbedienza.

Ma quanto non costa! Provate a vedere nellecose pratiche: stare insieme, per esempio non so, alpranzo (una cosa che sembra banale). L’obbedienzasarebbe questa no? Eppure ci sarà quella che trovala scusa per uscire prima, quell’altra che troverà lascusa per entrare dopo, quell’altra che troverà lascusa per non far questo, per non far quello...insomma, per non restare nell’atto comune, cioè pernon fare quest’obbedienza liberamente e responsa-bilmente. Vedete quanto costa!

Ci cambiano di cella, per esempio. Ci dicono:cambia di cella. Una semplice obbedienza! maquante scuse troveremo fuori per non farla! Qui

dev’essere lo Spirito Santo che illumina l’anima,avete capito? Certo che quando si dice che l’obbe-dienza è frutto della contemplazione, capite... siamotutte delle povere disobbedienti. Tutte, cominciandoda me. Esaminiamoci bene davanti a Dio sub speciea e t e r n i t a t i s. Che cosa gradiremmo di aver fatto inpunto di morte? I Santi facevano queste meditazio-ni. Come vorremmo aver obbedito in punto dimorte?

Andiamo avanti un passetto ancora. L’omelia diMonsignore conclude che bisogna conoscere beneGesù, conoscerlo interamente, da un punto di vistagiusto, cioè con lo sguardo della Chiesa, per riuscirea capire, per esempio nel caso nostro, come dev’es-sere la nostra obbedienza (pensando ancora sultema obbedienza, perché proprio pervade tutta lapredicazione di Monsignore di stamattina. Non hal’esplicita parola obbedienza, ma ha quell’altra cheè conforme a questa, cioè: volontà del Padre).

Gesù è vissuto per la volontà del Padre e libera-mente, responsabilmente, l’ha accettata soff r e n d ol’agonia del Getsemani. La sua volontà si sarebbeopposta? No, no! Ecco la notte del Getsemani, che èproprio la notte dei sensi, al punto che ha sudatosangue. Ed è proprio la notte dello spirito, al puntoche ha cominciato a temere, a tremare, ad averepaura e tedio. Queste sono notti potenti: così siobbedisce.

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Finché l’obbedienza non ci è costata qualchecosa di simile non siamo arrivate all’obbedienzacontemplativa, alla vera obbedienza piena.Accettiamo almeno quel pochino di patire che civiene dalle piccole obbedienze quotidiane, quelleche ci raccolgono specialmente nella vita comune.

Perché, guardate, le obbedienze che tendono adunirci sono le più care a Gesù. I separatismi spiac-ciono al Signore, anche quando sono abbastanzagiustificati. Tante si separano dalla comunità per illavoro... Beh, io procurerei di non perdere il beneimmenso della vita comune per il lavoro; farei illavoro in un altro momento. Oppure direi allaSuperiora: mi dia un’obbedienza lei, mi guidi lei(come dice il Concilio). Mi guidi: è meglio che iovada a lavorare, adesso, o è meglio che io resti pre-sente all’atto comune? Mi dica lei, dimmi tu. Allorasi è sicure, quando interviene la guida delSuperiore.

Allora obbediamo alla Chiesa, no? I legittimiSuperiori sono messi dalla Chiesa. Allora obbedia-mo alla Chiesa, allora quella va soprattutto... Va l equando mi toglie dall’orazione, l’obbedienza; valequando mi sottrae dal lavoro; vale quando mimanda all’orazione; vale quando mi manda al lavo-ro. Quando i Superiori preferiscono che io sia nellavita comune, devo lasciare il lavoro a costo di tutto.

Ma... dopo non ci arriverò! Beh, avverti e allora

i Superiori cambieranno il loro comando. Ma nonobbligarli a fare la tua volontà: è il terribile tranelloche ci tende Satana, per cui la nostra obbedienza ètutt’altro che contemplativa, tutt’altro che libera! Èlegata dalla nostra passione; tutt’altro che responsa-bile! non abbiamo il senso vero della responsabilità.

La nostra responsabilità ci deve portare a glorifi-care il Padre attraverso la gloria di Gesù e la gloriadi Gesù sta nel fare la volontà del Padre, che è l’u-nione nostra. Tutto ciò che unisce è volontà di Dio;ciò che disunisce, anche con scopi buoni, se non c’èun espresso ordine, non è mai gloria di Gesù e non èmai gloria del Padre. Sono passi indietro nella viadella perfezione, non sono mai passi avanti.

Coraggio! Che il Signore ci illumini. È Lui ilMaestro! Che illumini l’anima nostra. Quanto spesso,quante volte facciamo quello che piace a noi e non quel-lo che piace al Signore e ci sembra che sia lo SpiritoSanto che ci spinge! Non è vero niente. Ci spinge quandoi Superiori approvano, quando la Chiesa approva. Ilpunto è quello, è solo quello.

Il Vangelo è il vero Vangelo quando la Chiesadice che è il vero Vangelo; l’interpretazione è giustaquando lo dice la Chiesa. La via, l’atto di virtù ègiusto quando la Chiesa me lo approva. Lo SpiritoSanto può agire anche attraverso carismi, ma i cari-smi stessi, dice il Concilio, devono essere approvatidalla Chiesa. Ecco.

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E quando dico Chiesa parlo: Papa, Ve s c o v i ,Superiori legittimi. Siamo a posto. Beate noi, cheabbiamo questa luce semplice e chiara su questopunto che è basilare!

Beate noi che, basta che vogliamo fare lavolontà di Dio, basta che vogliamo... E Gesù è lìpronto che ci dice dov’è. Pronto! Per l’anima nostrail Direttore spirituale, però se non tocca il foroesterno, perché il foro esterno è in mano deiSuperiori, i quali hanno il dovere di guidarci nelcampo esteriore, esterno. Quando vedono qualchecosa che non va dall’esterno, hanno l’obbligo diavvertirci e di guidarci (questo è il Concilio che lodice), rispettando il foro interno, che sta nelle manidei Direttori.

Però non deve essere mai in contraddizione con ilforo esterno, mai, perché allora vuol dire, non che ilDirettore ha sbagliato, ma che l’anima non si è spie-gata bene; perché un bravo Direttore non insegneràmai all’anima di andare contro la direzione deiSuperiori. Dirà piuttosto all’anima: trovati un altroconvento. Ma finché stai in quello, la guida tua èquella, non è un’altra. Chiaro, chiaro, chiaro...

Ecco, vi abbraccio. Che il Signore ci uniscabene, che la Madonna ci usi questa misericordia ditenerci sotto il suo manto. Mi piace tanto laMadonna di Vicenza, perché ha un gruppetto di qua

e un gruppetto di là. Finché sono sotto il suo mantoe pregano, vanno d’accordo. Cosa succederebbe, senon restassero sotto il suo manto? Cosa succedereb-be?...

Restiamo sotto il manto della Madonna e lascia-moci guidare dallo Spirito Santo; e lasciamoci gui-dare da coloro che per la volontà della Chiesa ciguidano. E allora staremo contente, tranquille e pro-cureremo le forze all’unione. Ci vuole una grandeforza, sapete! per vincere se stessi e tendere all’u-nione.

Guardate, dopo 10 anni sono arrivati all’unionedi carità, ma non sono arrivati all’unione nel campodella verità. L’Eucaristia non è riconosciuta comesacrificio; il sacerdozio non è riconosciuto comeministero...E guardate che è grossa la differenza...!Ho letto proprio in un giornaletto, a proposito delSacerdote: il Pastore protestante non è affatto ilSacerdote nostro, prescindendo dal celibato. Noncelebra la Messa, non offre il Sacrificio, non glorifi-ca il Padre.

Sono nati così, in quell’ambiente così, hannoassimilato quello spirito, poveretti, faranno una granfatica -lo penso bene- metteranno tutta la loro buonavolontà, lo penso bene, ma fatto sta che il diavololavora perché non si giunga all’unione della verità:«caritas in veritate».

Preghiamo per questo, e soprattutto, come vi dico,

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cerchiamo di essere tanto unite dalla nostra osservan-za del silenzio e dell’obbedienza. Ecco: meditatetanto sull’obbedienza di Gesù. Dobbiamo impararetanto, tanto. E non solo l’obbedienza in quel tale epi-sodio, ma di tutta la vita: tutta la vita.

Fate qui la vostra meditazione e poi facciamoci inostri esami di coscienza e vedremo che troveremosempre qualche cosa da mettere a posto, special-mente nelle nostre idee, e nei nostri sentimenti equindi nelle nostre attuazioni.

VI

Dopo le consolanti parole di Monsignore possia-mo darci coraggio. Se il Signore ci ha chiamato inquesta piccola famiglia religiosa, che ha comemotto: «contemplative e perché tali apostole», cheha sempre guardato alla contemplazione come a unamèta altissima, ma raggiungibile con la grazia delSignore, che si è contentata del desiderio della con-templazione, che vuol dire desiderio di unione conDio, desiderio di preghiera più di tutto il resto; sedunque siamo in questa Famiglia vuol dire che ilSignore ci darà proprio le grazie necesarie per esse-re contemplative.

Che non vuol dire persone di estasi; non vuoldire persone sempre con le mani giunte: niente ditutto questo.

Vuol dire anime che hanno come mira supremal’unione con Dio, da cui derivano tutti gli altri benie da cui deriva tutta la forza apostolica e l’efficaciadell’apostolato.

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Messo questo come base, desideriamo dunquel’amore al silenzio di cui abbiamo parlato; deside-riamo l’amore all’obbedienza: l’obbedienza libera eresponsabile, amata, desiderata come un bene con-templativo. Siamo già sulla buona strada, capite!

E oggi facciamo un passo avanti. C’è il nostrovoto di povertà che viene avanti con delle difficoltà.

C’è chi dice che basta la povertà interiore; c’èchi invece mette l’accento sulla povertà anche ester-na, la povertà francescana.

Oggi si mira più alla parte interiore, cioè lapovertà di spirito. Però, stiamo attente, perché ilVangelo le presenta tutte e due. Dice: «Beati i pove -ri di spirito»; ma dice anche: «Se vuoi essere perfet -to, va’, vendi ciò che hai e dàllo ai poveri, poi vienie seguimi». Loda la povera vedova che dà non ilsuperfluo, ma il necessario.

Dunque, tutte e due; tanto la povertà interiore comela povertà esteriore, sono necessarie. Cioè, il primato èdella povertà interiore. Perché? È la povertà contem-plativa, care! «Beati i poveri di spirito perché di essi èil Regno dei cieli».

Quando uno ha già il Regno dei cieli nel suo cuorevuol dire che è unito con Dio e quindi ha la povertàdello spirito, che vuol dire: le basta Dio. Tutto il restoverrà, ma quello che è il suo bene supremo è Dio.

Questa è la povertà dello spirito: il ridursi a nondare un grande valore a nulla; a tutto diamo valore,

però un valore subordinato, un valore secondario. Ilvalore supremo è Dio, è l’amore di Dio.

Questa è la povertà dello spirito, che è ricchezzapoi dello spirito, perché è nientemeno che il posses-so del Regno dei cieli e ha per conseguenza la beati-tudine nel presente: ché due sole beatitudini hannola beatitudine enunciata nel presente: le altre nelfuturo, queste due nel presente. Una delle due è laprima beatitudine.

Noi possiamo essere proprio beati. Che vuoldire? Aver raggiunto l’unione con Dio, che è lacausa della beatitudine vera.

Non c’è gioia che si possa chiamare beatitudinese non quella che deriva da Dio; ed è la beatitudinedei contemplativi che anche perseguitati -ecco,seconda beatitudine- posseggono il Regno dei cieli;che anche in croce, anche mancando di tutto, anchenella povertà, posseggono il Regno dei cieli...

Ma esaminiamoci bene prima di pretendere que-sta benedetta povertà contemplativa che è la povertàdello spirito e che produce immediatamente la bea-titudine della contemplazione.

Curiamo un pochino anche la nostra povertàesterna, perché la povertà dello spirito senza l’amo-re alla povertà esterna non è possibile. L’ a m o r edella povertà si estende a tutto: quella dello spirito èspirituale, ma si estende anche a tutti i beni materia-li...

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Amiamo proprio di essere private?... Io ho visto ieri sera che... ho sentito che Gesù

voleva che mi privassi del mio Gesù Bambino (chequando avevo un pensiero mi bastava dare un’oc-chiatina a quel Bambino Gesù, mi passava la preoc-cupazione). Ma ho sentito dentro che bisognava chelo cedessi alle sorelline di Fatima: beate, felici sonoandate via con il loro Bambin Gesù. Ho sentito unpiccolo strappo, sapete! Però, che gioia aver prova-to questo: cioè, che la povertà esteriore anche dicose spirituali, costa...

Ho visto quanto costava a una Sorella cambiareun certo braccialetto dell’orologio, argentato o nonso, insomma di metallo, con una strisciolina di fet-tuccia... Quanto costava... e costa sempre! MaMonsignore ha detto che deve costare e che è belloche costi; che questo fa scattare l’atto di volontà cherinuncia liberamente.

Anche qui, esaminiamoci: non se siamo arrivatealla povertà di spirito, che è la povertà dei contem-plativi: non siamo ancora contemplative, siamomolto indietro. La più indietro sono io.

Ma desideriamola e cominciamo a privarci diqualche cosa di esteriore volontariamente, libera-mente, responsabilmente.

Perché, vi ripeto, questo è il valore, questo è ilsignificato della libertà di cui parla l’E v a n g e l i c atestificatio, e della responsabilità conseguente: libe-

ramente io mi privo come liberamente obbedisco,come liberamente io taccio perché ho conosciutoche devo prendermi la responsabilità piena di que-st’atto di silenzio voluto, di obbedienza voluta, dipovertà voluta, per dar gloria al Signore.

Dunque facciamo, sforziamoci, con l’aiuto delSignore. Cadremo... tante volte ancora, ma nonimporta: ci rialzeremo come la Piccola Teresa. Unacaduta... su il piedino e pronte sempre a salire.

Ma formiamoci le idee ben chiare, che non bastala povertà dello spirito, ossia basterebbe! altro chebasterebbe, ma non l’abbiamo, perché è la povertàdei contemplativi, dei già beati, di quelli che giàposseggono il Regno di Dio; e noi dobbiamo desi-derare di averlo.

Intanto facciamo sacrifici di piccole rinuncie eguardiamo anche un pochino alla povertà esterna,che ci è stata indicata dal Vangelo come via dellaperfezione.

La Madonna, la povera di Dio, la poverella diDio, ci aiuti a formarci le idee precise, chiare, lim-pide, sui nostri voti; e da questa osservanza, da que-sta chiarezza, da questa limpidezza verrà l’unione,come dice il Santo Padre.

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VII

Oggi manca la parola luminosa di MonsignorGarofalo e dovete accontentarvi delle mie povereparole... così faremo un passo avanti sui puntiessenziali del nostro spirito.

Riassumiamo i precedenti: amore al silenzio,obbedienza d’amore, povertà di spirito e conse-guentemente povertà anche concreta, come esige ilvoto.

Dunque, per unirci, (ripetiamo) sempre di più,dobbiamo osservare le Regole e le Costituzioni. Quipossiamo farci una domanda: ma perché il SantoPadre non ci ha mandato a dire che per unirci sem-pre di più dobbiamo ascoltare il Vangelo, seguire ilVangelo, vivere della Parola di Dio? Eppure è quel-lo che ci ripete la Liturgia, quello che ci ripetonotutti, ed è giusto, giustissimo.

Noi dobbiamo ascoltare la Parola di Dio, viverela Parola di Dio, trasmettere la Parola di Dio, testi-moniare la Parola di Dio. Perché allora si insiste,

invece, che per ottenere più intensa l’unione, dob-biamo osservare la Regola e le Costituzioni, cioè ilprimo Codice che vi sarà presentato e il secondo(quello che i Decreti adesso riuniscono e che laChiesa col nuovo Codice di Diritto esigerà, cioè duetesti, come vi dicevo: uno per lo spirito e uno per lapratica)?

Perché, dunque, il Papa insiste su questo e dice,anzi, che questa osservanza sarà fonte perenne dirinnovamento dello spirito e di progresso nell’unio-ne con Dio?

Vuol dire che hanno un’importanza capitale, perla Chiesa, le Regole e le Costituzioni. E si capisce:perché Regole e Costituzioni approvate dalla Chiesanon sono che un fiore o un frutto, o fiori e frutti delVangelo, interpretati dalla Chiesa e approvati dallaChiesa.

Tutto un Capitolo è chiamato ad approvare laRegola e le Costituzioni; e il Capitolo è guidatodallo Spirito Santo; se lo prega e si tiene in continuoascolto della Parola del Signore, certamente espri-merà ciò che lo Spirito Santo suggerisce. Poi, se percaso non ci fosse stata l’ispirazione completa -in unCapitolo- dello Spirito Santo, ecco che interviene laChiesa, la quale approva ciò che vuole approvare.Approva ciò che è interpretazione genuina dellaParola di Dio, applicazione genuina della Parola diDio.

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Quindi noi nella Regola troviamo la Parola diDio che la Madre Chiesa (fa come tutte le mamme)sminuzza per noi, per facilitare a noi la traduzionedi questa Parola nella vita. E così per leCostituzioni.

Dunque, rispettiamo, adesso, i nostri Decreti.Non abbiamo per i Decreti la sicurezza piena, per-ché non hanno l’approvazione della Chiesa; laChiesa vuole che li esperimentiamo, così comesono: ispirati dallo Spirito Santo al Capitolo, mapuò darsi che ci siano anche delle venature di spiri-to proprio. Ci penserà la Chiesa a toglierle. LaChiesa invece li tratta da Decreti, non interviene eci dice solo che da quei Decreti dobbiamo cavare leCostituzioni: lavoro che stiamo ora facendo, delica-tissimo, che non avrà di nuovo nessun valore finchénon sarà approvato, studiato, meditato o conferma-to, corretto dal Capitolo e approvato dalla Chiesa.

Solo l’approvazione della Chiesa, della Chiesamaestra, della Chiesa che ha il possesso della verità,che ha l’autenticità della verità... solo allora noisaremo sicure di avere in mano la parola di Diointerpretata per noi.

Quindi questo spiega perché sono fonte perennedi rinnovamento per lo spirito.

Sarebbe uno sbaglio se una qualunque religiosa, ein particolare qualunque Figlia della Chiesa, prendessesempre in mano il Vangelo e non prendesse mai in

mano i suoi Decreti, mai in mano, quando sarannoapprovate, le Costituzioni.

Già i Decreti hanno una implicita approvazione.Cioè, la Chiesa permette che li esperimentiamo egià questo permesso ci impegna a studiarli, a vederedi comprenderli, a cercar anche di interpretarli, asottolineare delle linee che non ci sembrano confor-mi proprio in pieno allo spirito del Vangelo e a indi-carle alla Commissione, al Consiglio, che ha il com-pito di ripresentarle al nuovo Capitolo.

Guai se una Figlia della Chiesa mettesse da unaparte i Decreti, adesso. Purtroppo questa Figliadella Chiesa posso essere io stessa, vero? che allevolte ho la sola Regola che mi spiega tutto; è la pri-missima: «Ama e fa’ quello che vuoi». Ma ho qui lemie Consigliere che mi avvertono, se vado fuori distrada, e quindi mi sento al sicuro!

Tante volte diciamo: questo lo dice il decreto A:il decreto B, questo bisogna farlo. Per esempio,proprio in questi giorni abbiamo riconosciuto diaver una lacuna grande nel nostro governo, perchéci siamo esaminate, studiando i Decreti... Abbiamoscoperto una nostra lacuna e subito allora ci siamodate le mani d’attorno per riempirla. Succederàanche a voi la stessa cosa.

Dunque, rispetto dei Decreti oggi, domani dellaRegola: rispetto. E quando il Signore permetteràche sia approvata dalla Chiesa: amore, osservanza,

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come un’interpretazione viva del Vangelo.Oggi poi tocco un altro punto, che già ho toccato

i giorni precedenti, (direttamente o indirettamente)e che direttamente riguarda il voto di castità. Non èil caso che facciamo uno studio sul nostro voto dicastità. Leggete quello che ha detto la Chiesa inquesti giorni circa l’Etica sessuale e vedrete che seproprio il popolo, se i cristiani stessi sono invitati auna maggiore prudenza, per esempio nell’uso deimezzi di comunicazione; se sono invitati, esortatialla mortificazione e alle regole ascetiche che laChiesa ha sempre adottato in 20 secoli, non siamoproprio noi quelle che dobbiamo trascurare questo.

E c’è una parola che indica questo aspetto delnostro spirito, contestato molto, l’anno scorso, daqualche Sorella, perché non ha capito. Sapete chenoi abbiamo sempre detto che il nostro spirito è spi-rito di semplicità e per grazia di Dio lo conservia-mo. Tanti ci dicono: siete diverse da tutte le altreSuore. Perché? Per questa semplicità anche esternache ci distingue...

Ecco, alle volte eccessiva nelle giovani, peròspesso anche molto ben contenuta dalle giovanistesse.

Semplici: ci trovano semplici. Bello! Il nostrospirito; e in questo meritate tante lodi, se conservatequesto spirito di semplicità che si esprime, peresempio anche nelle nostre case, in quel candore

che vogliamo che ci sia nei nostri dormitori, nelnostro refettorio, dove non ammettiamo ciò che ècolorato... Stiamo al bianco, perché il bianco espri-me la semplicità.

Ma c’è un’altra parola che non è venuta da noi,ci è venuta dalla Chiesa. La Chiesa quando ha vistole prime nostre Costituzioni e ha studiato la nostraprassi di vita, ha detto che abbiamo il tono dell’au-sterità: della semplicità, ma anche dell’austerità. Eio ci tengo che sia osservato questo tono. Fa parteproprio del nostro spirito. Non l’abbiamo segnalatonei primi anni, pareva che non facesse parte dellanostra identità. E invece fa parte...

Eravamo austere nella povertà: nel modo divestire, nel vitto, soprattutto nella casa, nell’arreda-mento. Conserviamo questo spirito di austerità esiamo rigorose quando dobbiamo scegliere qualchecosa per le nostre case, per il nostro vestito...

Io ho osservato, per esempio che nel dare lalibertà per scegliere la forma di scarpe, che sarà lapiù uniforme per tutte... qualcuna è andata unpochino più in là. Anche le scarpe dicono austerità,se scelgo quelle... possono dire austerità, avete capi-to?

Bisogna avere l’amore della semplicità e l’amoredell’austerità, cioè l’amore di quella via che SanGiovanni della Croce ci indica per andare verso ilSignore e per trovarlo. Senza questo amore, credo

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che difficilmente saremo anche contemplative didesiderio.

Ecco, io mi fermo qui. Dunque austerità.Guardate... abbiamo dovuto rinnovarci un pochino,è vero. Per esempio, non pretendiamo questa auste-rità nei locali dove riceviamo i laici, perché loronon sono tenuti all’austerità... Una certa maggiorlarghezza nei posti dove riceviamo i laici è permes-sa, è consentita, ma nei nostri locali, no! Nel nostroabbigliamento, no! Nel nostro vitto no! specialmen-te nel nostro refettorio, nei nostri dormitori, nellasaletta o luogo dove (beate le case che l’hanno) si fala lezione spirituale, la revisione di vita, si tengonole consulte; tutto dev’essere povero, austero.

L’austerità è una nota della nostra povertà ester-na; deve trasparire da qualche cosa. I laici non lavedranno nel parlatorio in pieno come vorremmo, làcediamo un pochino, ma almeno vedano la sempli-cità: niente di superfluo, nessun gingillo, nessunsoprammobile, nessuna ricercatezza nei tavoli, nellesedie, negli armadietti ecc... Nessuna ricercatezza,ma una maggiore larghezza rispetto invece all’au-sterità piena che dobbiamo conservare nei nostriambienti particolari.

Ecco, io vi lascio con questo desiderio: amoreall’austerità, la quale è il mezzo ascetico più sicuroperché la castità sia osservata. È indicata dalladichiarazione recente sull’Etica sessuale.

La Madonna ci dia luce: una luce chiara, nontorbida, una luce chiara sul da farsi. La dia special-mente a quelle che hanno la responsabilità dellacasa e della comunità. Dobbiamo evitare lo spiritodi borghesia che è pericolosissimo, segnalato dallaChiesa dopo molti Capitoli e chiamato dalla Chiesa«corsa verso la secolarità».

No, noi no! non devono dir di noi questo...Anche quelle che usano la sopraveste bleu pernecessità, la usino da religiose. Se a me non piacemolto, sapete perché? Perché quelle due tasche per-mettono certe posizioni che io ho riscontrato inalcune di voi... Io sono pratica, sapete, vado al prati-co: non mi è piaciuta la posa, non so perché. Nonmi pareva un comportamento religioso. Io non hoparlato perché rispetto la semplicità anche di chi sicomportava così. Ma, se certo definitivamente siadotterà, la sopraveste, che è tanto per sé semplice,dello stesso colore del nostro vestito... se proprio sifinirà per adottarla definitivamente (adesso sietetutte libere di portarla e di non portarla), bisogneràpensare a cambiare le tasche, perché quelle sono uninvito a pose e a movimenti che non sono conformialla modestia religiosa; al comportamento, più chemodestia... al comportamento religioso.

Mi troverete esagerata, perdonatemi. Sono vec-chia, però cosa volete che vi dica, mi pare cheanche gli altri, vedendo questo, possano dire qual-

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che cosa. E ho sentito con le mie orecchie, di altreSuore; ho sentito con le mie orecchie che questicomportamenti così non vanno, non piacciono, nonsono edificanti. Non sono una testimonianza diunione col Signore, di vita di preghiera, di castitàdelicata. No!

Mi direte: esprimono la semplicità. È vero,esprimono anche una certa semplicità, sì, nel com-portamento e questo... forse... si scusano per questo,però vi dico che...

Lasciatevi guidare dal Signore! Domandate aGesù nella comunione come dovete comportarvi perpiacergli e io so che Lui domanda sempre il più per-fetto: «Siate perfetti come è per fetto il Padrevostro»; sempre più spirituali.

La perfezione del Padre è spiritualissima! purospirito! Bisogna arrivare a questa purezza, a questacastità infinita, a questa perfezione eccelsa.

Dunque, non sbagliamo mai ad esaminarci; esa-miniamoci, facciamolo per amore del Signore, tro-veremo sempre qualche cosa da correggere, daritoccare. Ecco. Vi abbraccio, vi benedico.

La Madonna benedetta ci illumini.

VIII

Siamo all’ultimo giorno. Non avete la parola diMonsignor Garofalo nemmeno oggi, però una ome-lia molto fine di un buon Sacerdote che celebra quia mezzogiorno e che ha parlato della nostraMaddalena. Non vi dico la gioia che ho provato asentir parlare da un Sacerdote, nella nostra Chiesa,della nostra Maddalena.

Voi l’avete sentito adesso, lo ha colpito, si capi-sce, proprio quello che abbiamo chiesto noi aMaddalena: Il Signore ti ha preso, ah! E lei harisposto: «Non sono pentita». Cosciente del suosacrificio; l’ha voluto fino all’ultimo respiro ed èqui il suo eroismo; con un male tremendo che avevaridotto la sua schiena tutta una piaga.

E guardate, alla fine di questa settimana, propriovoi sentite che tutti esortano alla preghiera. Io neigiorni scorsi non vi ho mai parlato della preghiera.

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Vi ho presentato sempre il silenzio, l’amore al silen-zio, l’obbedienza di amore, la povertà di spirito,l’austerità per la castità (senza parlarvi direttamentedi preghiera); ma come mezzi di progresso nell’u-nione con Dio (dice il Papa), dunque mezzi di ora-zione.

La preghiera. Ma noi o siamo anime di preghierao dobbiamo cercarci un altro ambiente. Quando iovedo... quando io sospetto che una Figlia dellaChiesa sia un po’ incerta della sua vocazione, abbiaqualche tentazione in proposito, la osservo: osservocome prega. E m’accorgo subito che quello che vienmeno in questi momenti duri è lo spirito di preghie-ra; e allora non c’è quasi più la Figlia della Chiesa,perché se diciamo contemplative diciamo anime chevivono di unione con Dio, o almeno che la desidera-no, o almeno che si rimproverano di non aver suffi-cientemente sostenuto questo desiderio della con-templazione.

O siamo contemplative o non siamo Figlie dellaChiesa, perché è impossibile pensare di patire, dicompiere ciò che manca alla passione di Gesù, dicompierlo giorno per giorno attraverso gli sforzidell’unione; è impossibile arrivar qui, se non ciaiuta il Signore.

Sono fini soprannaturali eccelsi, non possiamocon le nostre forze ottenerli, assolutamente no.Abbiamo bisogno estremo del Signore e il Signore

aiuta soltanto quelli che lo invocano. Può liberamente prevenire la preghiera... Sì, lo

ha fatto tante volte! Basta leggere la Sacra Bibbia.Ma la via ordinaria è che aspetta la preghiera nostra.Io vorrei dire che la Figlia della Chiesa dovrebbenon avere un orario di preghiera, ma dovrebbe esse-re in uno stato di preghiera, tanto in Chiesa comefuori. E questa è la contemplativa.

La contemplativa non sente neanche più proprioil vero bisogno di stare in ginocchio in Chiesa, per-ché lei l’unione con Dio la trova dappertutto, ed èproprio per osservar la sua Regola, perché è piùdolce non aver altre brighe e star con il Signore, chesta volentieri in chiesa.

Ma la contemplativa sta volentieri in qualunqueposto, perché ha trovato la gemma preziosa, la perlapreziosa. Lo Spirito Santo le ha costruito la cellainteriore, la cella vinaria, in cui lei con tutta facilitàtrova il Signore: con la sua croce, con le sue pene,con tutto quel che volete, ma lo trova! Trova ilSignore.

Ecco la contemplativa... Qui dovremmo arrivare,care! Quindi, preghiera. Oh, con che gioia terminoquello che vi ho detto fin qui, queste semplici rac-comandazioni, esortandovi a pregare! Quasi vorreidire che sarebbe inutile tutto quello che vi ho detto,se voi foste anime di preghiera.

L’anima che prega non ha bisogno che nessuno

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le dica niente, perché ha lo Spirito Santo che le dicetutto. Non ha più bisogno di altre guide perché è loSpirito Santo che la guida; e la guida alla disponibi-lità di essere guidata da tutte le guide legittime dellaChiesa: crea questa disponibilità profonda alle altreguide che la Chiesa le dà.

Ma la guida principale è lo Spirito Santo, che ladispone ad essere obbediente a tutte le altre guide,qualunque nome portino. Che bello!

È lo Spirito Santo che la spinge ad essere pove-ra, ad essere austera; è lo Spirito Santo che le fadare e dare sempre di più e che non le permette direstare contenta nello stato buono... No, perché solo«i violenti rapiscono il Regno di Dio».

«Il Regno di Dio patisce violenza»: questo èVangelo. Quindi sente il bisogno sempre di vincerese stessa, di superare se stessa, di andare avanti, dirialzarsi dalle sue miserie, di esser più silenziosa,come la nostra Maddalena.

È stato marcato proprio «il suo silenzio e il suospirito di preghiera». Il suo silenzio le era proprioconnaturale. Me la vedo ancora lì davanti al suolavoro: la guardarobiera (le guadarobiere se la pren-dano per modello): silenziosa, silenziosa; col suoDio sempre.

Ecco, adesso come conclusione, care, è giustoche dopo aver commentato quello che il Santo

Padre ci ha detto, sentiate anche l’ultima paroladella «Settimana di Preghiere» dalla bocca delSanto Padre e riceviate la sua benedizione.

Laus Deo et Mariae

Pro manuscriptoEditrice «Cor Unum»

Figlie della ChiesaViale Vaticano, 62 - 00165 Roma

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