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Anno 7- n.59 MArzo 2011 ...continua a pagina 2 Sommario Redazionale 1 nucleaRe in italia ed il RicoRdo di ceRnobyl 1 coin: vinta la causa, anche in appello! 2 Rinnovi contRattuali,democRazia e Responsabilità 4 mcdonalds:Questa volta ce la dobbiamo faRe! 5 euReco di padeRno dugnano: cosa faRe peRchè non si Ripeta! 6 se non oRa Quando? 8 ...in un altRo momento, cè il contRatto del commeRcio da fiRmaRe... 9 libia: l’onu vaRa le pRime sanzioni 11 contRibuti dai lettoRi 13 viaggio sul tReno della memoRia 2011 16 ccnl teRziaRio: aumenti e peRiodi pRova e pReavvviso 19 ...continua in ultima pagina Redazionale Un mese intenso, questo marzo 2011. Un mese che, solo per le ricorren- ze che contiene, stimola l’attenzione su questioni della massima impor- tanza. A partire dal 1 marzo, giornata di lotta per i diritti dei migranti, che quest’anno è passata un po’ in sordi- na, ma che mantiene salde radici nelle ragioni che l’hanno istituita nel 2009. Passando per l’8 marzo che ci ricorda da ormai più di cent’anni il persistente dislivello di opportunità riservate al mondo femminile nelle più importanti aree della società, a partire dal lavoro, che è l’area che più ci ri- guarda da vicino: giornata quest’anno enfatizzta dal successo dell’iniziativa del 13 febbraio “se non ora quando”. Arrivando al 17 marzo, festività isti- tuita poche setimane fa per ricordare l’unità d’Italia; una nuova ricorrenza che riguarda l’identità della nostra nazione e che forse può essere uti- le a ricordare al nostro popolo che nasciamo dall’unione di differenze accomunate da un progetto di unità. Di questi tempi, una lezione che arriva dal nostro passato di 150 anni fa, e che dovrebbe essere ascoltata A r ea S indacale u i lt u c s l o m b a r d i a p e r i o d i c o d i a p p r o f o n d i m e n t i , a g g i o r n a m e n t i t e c n i c i e d i b a t t i t o p o l i t i c o LA voce deL direttore Nucleare in Italia ed il ricordo di Cernobyl che hanno già espresso il loro no nel caso venissero scelti. Ci sono associazioni contrarie e c’è anche una certa parte di opinione pubblica favorevole a tutto. In questi mesi ricorre il XXV anni- versario del dopo Cernobyl. Alcune associazioni ed Enti tra cui “il Mondo in cammino”, l’Ammi- nistrazione Provinciale di Ivankov, il Centro Analitico di coordinamento In questo periodo, tra le tante tematiche e discussioni di cui si parla del nostro paese, vi è anche quella sul Nucleare. Il nostro Governo è inten- zionato a far sorgere nel nostro paese delle Centrali nucleari, atte a risolvere problemi energetici e di consumo. In proposito si sta già cercando di indi- viduare dei siti dove poterle installare. C’è chi è favorevole, chi è contra- rio, chi accetta. C’è chi dice che è l’unica alter- nativa per produrre energia e avere risparmio, c’è chi dice il contrario, c’è chi mette tutti in allarme sul problema delle scorie nucleari e sulla loro messa in sicurezza e c’è chi dice che già ci sono i luoghi dove custo- dirle in sicurezza e di un possibile loro ritrattamento e riuso. Le opinioni sono tante, come i pro e i contro. Ci sono associazioni e comuni

MArzo nno n Area Sindacale - uiltucslombardia.net · MArzo 2011 Anno 7- n.59...continua a pagina 2 Sommario Redazionale 1 nucleaRe in italia ed il RicoRdo di ceRnobyl 1 coin: vinta

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Anno 7- n.59MArzo 2011

...continua a pagina 2

SommarioRedazionale 1nucleaReinitaliaedilRicoRdodiceRnobyl 1coin:vintalacausa,ancheinappello! 2RinnovicontRattuali,democRaziaeResponsabilità 4mcdonald’s:QuestavoltaceladobbiamofaRe! 5euRecodipadeRnodugnano:cosafaRepeRchènonsiRipeta! 6senonoRaQuando? 8...inunaltRomomento,c’èilcontRattodelcommeRciodafiRmaRe... 9libia:l’onuvaRalepRimesanzioni 11contRibutidailettoRi 13viaggiosultRenodellamemoRia2011 16ccnlteRziaRio:aumentiepeRiodipRovaepReavvviso 19

...continua in ultima pagina

RedazionaleUn mese intenso, questo marzo

2011.

Un mese che, solo per le ricorren-ze che contiene, stimola l’attenzione su questioni della massima impor-tanza.

A partire dal 1 marzo, giornata di lotta per i diritti dei migranti, che quest’anno è passata un po’ in sordi-na, ma che mantiene salde radici nelle ragioni che l’hanno istituita nel 2009.

Passando per l’8 marzo che ci ricorda da ormai più di cent’anni il persistente dislivello di opportunità riservate al mondo femminile nelle più importanti aree della società, a partire dal lavoro, che è l’area che più ci ri-guarda da vicino: giornata quest’anno enfatizzta dal successo dell’iniziativa del 13 febbraio “se non ora quando”.

Arrivando al 17 marzo, festività isti-tuita poche setimane fa per ricordare l’unità d’Italia; una nuova ricorrenza che riguarda l’identità della nostra nazione e che forse può essere uti-le a ricordare al nostro popolo che nasciamo dall’unione di differenze accomunate da un progetto di unità.

Di questi tempi, una lezione che arriva dal nostro passato di 150 anni fa, e che dovrebbe essere ascoltata

AreaSindacale

uiltucslombardia

periodico di approfondimenti, aggiornamenti tecnici e dibattito politico

LA voce deL direttore

Nucleare in Italia ed il ricordo di Cernobyl

che hanno già espresso il loro no nel caso venissero scelti.

Ci sono associazioni contrarie e c’è anche una certa parte di opinione pubblica favorevole a tutto.

In questi mesi ricorre il XXV anni-versario del dopo Cernobyl.

Alcune associazioni ed Enti tra cui “il Mondo in cammino”, l’Ammi-nistrazione Provinciale di Ivankov, il Centro Analitico di coordinamento

In questo periodo, tra le tante tematiche e discussioni di cui si parla del nostro paese, vi è anche quella sul Nucleare. Il nostro Governo è inten-zionato a far sorgere nel nostro paese delle Centrali nucleari, atte a risolvere problemi energetici e di consumo. In proposito si sta già cercando di indi-viduare dei siti dove poterle installare.

C’è chi è favorevole, chi è contra-rio, chi accetta.

C’è chi dice che è l’unica alter-nativa per produrre energia e avere risparmio, c’è chi dice il contrario, c’è chi mette tutti in allarme sul problema delle scorie nucleari e sulla loro messa in sicurezza e c’è chi dice che già ci sono i luoghi dove custo-dirle in sicurezza e di un possibile loro ritrattamento e riuso.

Le opinioni sono tante, come i pro e i contro. Ci sono associazioni e comuni

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Marzo 2011 Area Sindacale N. 59

...segue dalla prima pagina

“Ecologia e salute” ucraino, il Sindacato internazionale di aiuto ai liquidatori di Cernobyl e alle vittime del fall out ato-mico, l’Organizzazione di volontariato “Amici di Yury Bandazhesky (Francia), il 25 e 26 aprile 2011, in occasione della ricorrenza del disastro nucleare organizzano il “Festival della vita”, nella città di Ivankov, in Ucraina, luogo dove i segni del disastro si sono fatti sentire nei confronti dei cittadini che vi abitano.

In primo luogo, a nome di chi or-ganizza e a tutti, stendiamo l’invito a partecipare a questo Festival.

Ci si rivolge sopratutto alle persone sensibili e che in qualche modo abbia contribuito ad alleviare, con la sua opera di volontariato e l’ospitalità nel suo paese, il dolore ed il disagio delle persone e dei cittadini che vivono pur-troppo in queste disastrate zone.

Ci si rivolge anche a chi vuol co-noscere dal vivo e nel vero quanto sia successo.

In questo momento di sensibilizza-zione e incontro si ha senza dubbio la possibilità di incontrare, parlare e stare vicino a persone - professori, medici, studiosi, esperti su queste tematiche -, che diranno la loro su quanto questo incidente nucleare abbia fatto e stia facendo di male al mondo intero.

Ci sarà la presenza anche dello

scienziato professor Yury Bandazhe-vsky, che ha passato mesi e mesi in carcere per avere detto la verità su quello che è successo e che potrà ancor succedere.

E’ lui infatti l’ideatore dell’iniziati-va. Per questa occasione si avranno momenti di incontro fra scienziati e volontari che arriveranno dalle varie parti del mondo.

Tra i vari momenti di incontro da segnalare ecco alcuni eventi: presen-tazione del libro “25 anni da Chernobyl: i radionuclidi incorporati del Cesio 137 e la salute delle persone”;

25° Festival del film documentario correlato alla catastrofe di Chernobyl;

Mostra di artisti con opere correlate alla tematica di Chernobyl;

Mostra di libri correlati alla tematica di Chernobyl;

Programma teatrale “In nome del futuro”.

La partecipazione è aperta a chiunque: associazioni, enti, sin-goli cittadini.

Come Area Sindacale, vorrem-mo rivolgere un invito ai nostri tanti lettori ad esprimere un proprio parere circa il dibattito “Nuceare si Nucleare no”, sentire le loro opinioni e argomen-

tazioni in merito.

Tralasciando l’aspetto politico, vor-remo sapere il parere di chi ci legge e di chi scrive per noi, ben vengano anche esperti in materia.

Noi, da parte nostra, una volta ricevute le idee e i pensieri in merito, andremo a intervistare chi è coinvolto in queste problematiche e può darci spiegazioni in ambito tecnico e scienti-fico su come stanno realmente le cose.

Aspettiamo numerose lettere e considerazioni, adesso tocca a Voi.

Guido Baroni

Attività AntisindAcALe deL Gruppo coin

Coin: vinta la causa, anche in appello!Questa volta il tentativo del Gruppo

Coin di estenuare con cause lunghissi-me le lavoratrici, i lavoratori e il sinda-cato non ha funzionato.

La corte d’appello del tribunale di Milano ha infatti confermato l’impor-tante sentenza del giudice di primo grado con cui il Gruppo Coin viene

condannato per attività antisindacale.

Le conseguenze e i contenuti di questa importante sentenza diven-teranno presto di dominio pubblico, quando il tribunale farà conoscere nel merito i motivi della sua decisione. Intanto però è interessante spiegare l’antefatto.

Circa cinque anni fa, la UILTuCS Lombardia ha promosso nei confronti del Gruppo Coin una causa per at-tività antisindacale. Il Gruppo Coin aveva licenziato una nostra carissima delegata sindacale a seguito anche di una imposizione di periodo di ferie non disponibile, non concordato e non accettato dalla stessa.

Il Gruppo Coin aveva sostanzial-mente la pretesa di far godere un periodo di ferie inesistente perché la nostra delegata non aveva ferie arretrate. Erano disponibili solo poche ore di permessi individuali residui che, come è noto, non possono essere con-siderate alla stregua delle ferie: il loro godimento forzato era inopportuno e, soprattutto, illegittimo.

L’eclatante provvedimento è stato impugnato davanti al giudice perchè,

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Area Sindacale N. 59 Marzo 2011

AreA SindAcAle hA letto...

Anna Sam, “Le tribolazioni di una cassiera al supermarket”.

Per oltre sette anni, Anna Sam ha lavorato nella grande distribuzione francese come cassiera.

In questi anni ha pubbli-cato su internet un blog che poi si è trasformato in libro.

In Francia è divenuto un caso editoriale.

Vi si racconta la vita quotidiana alla cassa di un supermarket, definita la “gabbia per conigli” da dove l’autrice rileva : “per ciò che mi riguarda, la divisione della società in classi esiste più di quanto si possa immaginare.

Non solo ci sono ricchi e poveri, giovani e anziani, colti e ignoranti; ma soprattutto le loro esigenze sono così diverse l’una dall’altra da poter dire che esiste ancora una divisione per ceto e per censo”.

L’ironia è stata usata come arma di difesa verso un mestiere freddo e distante, malgrado gli sforzi che uno possa fare per renderlo stimolante.

Chiunque sia stato dietro il bancone in un negozio o in un locale sa a quali umiliazioni può andare incontro, quali maleducazioni possono emergere, quanti atteggiamenti irritanti possono rovinare la giornata (e non solo).

Gabriella Dearca

palesemente, il licenziamento era av-venuto anche per mettere in difficoltà la nostra organizzazione e la nostra delegata, in una filiale dove quasi tutti i dipendenti erano (e sono) attualmente nostri iscritti. Vinta davanti al giudice del lavoro, la causa è stata appellata dal gruppo Coin. La corte d’appello però ha confermato la sentenza di primo grado e nell’udienza del 24 febbraio 2011 ha definitivamente dato torto all’azienda, confermandone l’attività antisindacale e condannandola alle spese.

Questa è solo la punta dell’iceberg di una prassi consolidata nelle filiali Oviesse, Coin e ora anche UPIM, dove

i dipendenti sono costretti a pianificare spesso ferie e permessi solo in base alle esigenze aziendali: capita che venga richiesto di pianificare intere settimane anche se magari il lavorato-re necessità di 2/3 giorni di congedo; quando poi vengono richiesti singoli permessi individuali la risposta è spes-so negativa.

Ricordiamo che, viceversa, nelle filiali dove è presente il sindacato que-ste situazioni si verificano di rado. Così come è importante concordare con il sindacato i criteri per la pianificazione e conseguente fruizione delle ferie e dei permessi nel rispetto di quanto già

prevede il CCNL.

Questa sentenza è da considerasi un importante risultato per tutte le or-ganizzazioni sindacali, i rappresentanti sindacali, gli iscritti, nei confronti di so-cietà che, come il gruppo Coin, utilizza-no spesso impropriamente il loro potere discrezionale nell’assegnare ferie e permessi e che utilizzano le lungaggini giudiziarie come strumento per tentare di estenuare le lavoratrici e i lavoratori.

Michele Tamburrelli

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Marzo 2011 Area Sindacale N. 59

iL probLeMA deLLA “MALAttiA” neL rinnovo deL ccnL deL terziArio distribuzione e servizi

Rinnovi contrattuali, Democrazia e ResponsabilitàRinnovare i contratti di lavoro, oggi,

in Italia, è molto problematico, per tre motivi.

Perché la crisi esplosa nel 2008 ha provocato danni occupazionali, taglio dei redditi e calo dei consumi tali da richiedere diversi anni prima di tornare alla condizione precedente.

Perché le organizzazioni sindacali sono divise sul modo di concepire la contrattazione e il rapporto con i lavoratori.

Perché il governo ha fatto e fa ben poco per promuovere lo sviluppo, no-nostante il pauroso aumento del debito pubblico, ed è chiaramente interessato a consolidare la spaccatura tra le confe-derazioni, funzionale alla sua “cultura” politica.

In realtà ce n’è un quarto e consiste nel conformismo del “politicamente e sindacalmente” corretto di questi anni, secondo il quale si continua a parlare di “mercato del lavoro ingessato”, no-nostante l’abnorme utilizzo dei contratti a tempo determinato e del salario d’ ingresso a parità di lavoro, di fatica e di rendimento, che producono iniquità nei confronti di tanti giovani con buona sco-larità e predisposizione professionale.

A tutto ciò si deve aggiungere la possibilità di “modificare, in tutto o in parte, anche in via sperimentale e temporanea, singoli istituti economici o normativi dei contratti collettivi nazio-nali di lavoro di categoria” ( punto 16, pag.5/6 dell’Accordo Quadro 22 gen-naio 2009 sottoscritto da CISL e UIL), che il mondo imprenditoriale tenta di forzare e sfruttare nella contrattazione sia di 1° che di 2° livello, mediante il riferimento condizionante all’“aumento della produttività”, legato agli organici stabili ridotti all’osso, alla saturazione scientifica del tempo lavoro, alla modu-larità degli orari tendente al cosiddetto lavoro just in time, ad alti ritmi e carichi di lavoro, alle retribuzioni più contenute possibile. Le aziende più “competitive” sono quelle che riescono a governare al meglio, dal loro punto di vista, l’insieme di questi fattori.

Il ruolo dei dirigenti sindacali, piac-cia o non piaccia, è condizionato da queste premesse codificate, benché aggravate, talvolta, da una soggettività che favorisce lo scontro tra le Confe-derazioni Sindacali dei Lavoratori e le rispettive categorie.

Si può essere più o meno bravi, responsabili e impegnati ai tavoli della contrattazione, ma i vincoli pesano, non meno della oggettiva condizione di crisi, che anche se andassimo d’amore e d’accordo farebbe sentire i suoi pe-santi effetti.

Cosa diversa, comunque, è l’in-terpretazione concreta dell’”accordo quadro del 22 gennaio 2009”, che evidentemente, almeno per chi scrive, non è il vangelo, se il problema della rappresentanza di “tutti i lavoratori” ha un senso e se la democrazia, nel suo significato più elementare, è coessen-ziale al nostro essere “parte di una parte” che deve contribuire a difendere e rappresentare al meglio i bisogni indivisibili degli occupati e di quanti un lavoro purtroppo non ce l’hanno ancora o rischiano di perderlo.

In questa situazione, rinnovare “in tempo” i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro può andare a scapito dei conte-nuti, fermo restando che la sostenibilità economica di qualsiasi richiesta e “dirit-to acquisto” è un problema ineludibile con il quale in ogni caso dobbiamo fare i conti, come li abbiamo sempre fatti.

Tale consapevolezza ha una va-lenza ancor più significativa in tempo di crisi e di bilanci aziendali che inevi-tabilmente ne risentono.

Da questo punto di vista è vero che le “deroghe”, in chiave solidaristica ( valore umano e sociale del sacrificio) ci sono sempre state, ma erano cosa diversa dalla “normalizzazione” oggi prevista, che non riguarda più solo le crisi aziendali e la difesa del lavoro, ma anche i nuovi investimenti. In poche parole, si può “derogare” anche per sti-molare e sostenere nuovi investimenti. All’interno di questa “filosofia dello sviluppo”, offrire condizioni di miglior favore alle imprese che investono è una costante simmetrica alla riduzione dei salariali e dei diritti, in deroga ai CCNL di categoria -che per concorde opinione di molti “esperti” devono garantire retri-buzioni minime (minime, non essenziali . . .)-, a prescindere dall’effettivo impegno/rendimento/merito delle per-sone. Può non piacere,

ma questa, oggi, è la realtà.

Partire da qui significa essere intellettualmente onesti con noi stessi e con i lavoratori che oggi patiscono materialmente ed emotivamente quello che sempre più frequentemente vivono come sgretolamento delle conquiste che sono costate più di una vita e han-no fatto la storia del sindacato italiano.

Nessuno si aspettava un rinnovo contrattuale scollegato dalla crisi, ma su alcuni punti, anche a costo zero, a nostro parere si poteva e si doveva fare meglio.

Sul capitolo della malattia e dei tre giorni di carenza, un conto è chiedere qualcosa in più, un conto è togliere ciò che si ha, generando una ingiustizia nei confronti di chi sta male o peggio degli altri, per prevenire abusi rispetto ai quali si dovrebbe operare a ragion veduta, non certo mediante una generalizzazio-ne che colpisce indistintamente tanto chi si comporta correttamente e non merita di essere penalizzato, quanto chi eventualmente ne approfitta.

Il dolore provocato da questa “mi-sura” va aldilà del significato sindacale tradizionale. Questo è il sentimento largamente prevalente tra i lavoratori, i delegati e il nostro gruppo dirigente. Mai ci siamo sentititi così accomunati, anche per effetto dell’infelice coinci-denza con l’obbligo delle aziende di rilevare e combattere lo “stress cor-relato al lavoro”, entrato in vigore il 1° gennaio di quest’anno, che rende ancor meno comprensibile la scelta di ridurre significativamente il diritto ai tre giorni di carenza. Una riduzione non necessa-ria, che semmai andava collegata alla “tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori”, nel secondo livello di contrattazione, aziendale e territoriale.

Chi si occupa con impegno e passione di questo problema - R.L.S. R.L.S.T. OPP, Enti bilaterali e organiz-zazioni sindacali territoriali-, è rimasto doppiamente spiazzato.

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Area Sindacale N. 59 Marzo 2011

Quello che si può o non si può fare da qui alla firma definitiva del Contrat-to Nazionale non lo sa nessuno, ma crediamo che la richiesta di riprendere in considerazione il punto -per abolire il peggioramento introdotto rispetto ai 3 giorni di carenza, o per migliorarne la formulazione, a partire dai giorni effettivi di malattia-, sia più che sensata e legittima.

Questo non significa -conoscendo il composito mondo delle imprese del Terziario rappresentato dalla Con-fcommercio- non immedesimarsi nelle difficoltà di chi si trova effettivamente al tavolo delle trattative, in rappresen-tanza di tutte le regioni d’Italia, in un momento così difficile, per portare a casa il rinnovo del contratto nazionale.

Ma il senso di solitudine di cui si è parlato all’attivo dei delegati del 4 mar-zo a Milano, ineluttabilmente legato alle decisioni che i massimi responsabili delle organizzazioni devono prendere in particolari momenti, come quello della firma di un contratto nazionale di lavoro, forse è pari alla sensazione di inutilità di persone e strutture che vorrebbero partecipare ma nella realtà non possono. Chi scrive non crede che ciò sia frutto di volontà precostituite presenti nella nostra categoria, bensì di meccanismi e “metodi” convenzionali, quanto meno meritevoli di una seria riflessione. Discuterne liberamente e responsabilmente, non può che fare bene all’organizzazione, da tutti i punti di vista. La rende più matura, più forte e più difendibile, anche dai suoi stessi

eventuali errori.

La UILTuCS non deve fare altro che rimanere fedele a se stessa, mantenen-do l’ancoraggio ideale e culturale che l’ha sempre caratterizzata e che, voto o non voto, la rende strumento sempre e comunque al servizio dei lavoratori.

Giovanni Gazzo

contrAttAzione AziendALe

McDonald’s: Questa volta ce la dobbiamo fare!Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uil-

tucs-Uil di Milano, assieme alle rsa, intendono presentare la piattaforma per avviare il negoziato del contratto inte-grativo territoriale di Milano e provincia.

Si era già tentato nell’anno 2006 di affrontare il cia con la McDonald’s ma purtroppo dopo varie trattative non fu possibile raggiungere un accordo.

Il punto che fece saltare il cia era quello legato alla “ regolamentazione tempo tuta” cioè al fine di regolariz-zare e indennizzare tutto il personale in forza e di nuova assunzione, sia a tempo pieno che a tempo parziale, del tempo necessario per indossare e dimettere la divisa, le parti convengono sull’istituzione di una riduzione oraria quantificata in 10 minuti giornalieri, da cumulare come monte ore di permessi integrativi, in aggiunta a quanto già previsto dal ccnl turismo.

I permessi integrativi, evidenziati tramite una voce distinta sul cedolino paga d’ogni mese, se non fruiti nell’arco di un anno, saranno monetizzati con il cedolino paga del mese di dicembre.

Bene... ora nel nuovo cia McDo-nald’s sarà riproposto, ovviamente con nuovi punti che saranno:

• Diritto allo studio per lavoratori Uni-versitari : agevolare nelle turnazioni i lavoratori studenti, riconoscere un giorno di permesso retribuito per il giorno che precede l’esame universitario;

• Part-time al fine di poter consolidare un rapporto a tempo parziale, si individua nel superamento di x ore supplementari su base volontaria di convertire il proprio rapporto di lavoro da part-time a full time;

• Clausole flessibili: I lavoratori che hanno sottoscritto un patto do flessibilità potranno dare disdetta disdetta alle clausole flessibili trascorsi almeno 3 mesi dalla sot-toscrizione;

• Malattia: riconoscere il pagamento dei primi tre giorni per le malattie inferiori a cinque giorni;

• Permessi speciali: prevedere per-messi o agevolazioni d’orario per inserimento dei figli negli asili nido o scolastico;

• Prestiti personali: la società McDo-nald’s valuterà anno per anno in b a s e al le

proprie condizioni economiche finanziarie la disponibilità ad acco-gliere le richieste dei lavoratori per la concessione di prestiti personali infruttiferi d’interesse;

• Ambiente salute e sicurezza: testo 81/08: definendo delle linee guida, tra cui maggior attenzione e infor-mazione e formazione dei lavoratori al fine di prevenire infortuni e/o ma-lattia professionale.

• Previdenza complementare: incre-mentare la quota dell’azienda per la previdenza complementare al fine di poter raggiungere una pensione dignitosa.

Ovviamente questo è solo un pic-colo assaggio di ciò che sarà materia di contrattazione, ricordandoci poi che questo cia dovrà essere anche recepito dai licenziatari, che sono circa 70%

dei locali di milano e provincia.

Per ora è tutto e vi terremo informati, su

queste pagine, sugli sviluppi.

Ivan Pavesi

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Marzo 2011 Area Sindacale N. 59

sALute e sicurezzA

Eureco di Paderno Dugnano: cosa fare perchè non si ripeta!

La UILTuCS Lombardia per conto della UIL è stata chiamata a dare un suo contributo al dibattito su salute e sicurezza promosso dalla città di Paderno Dugnano a seguito del grave incidente occorso il 4 novembre 2010 nel quale, a causa di una esplosione e relativo incendio di materiali pericolosi, 7 persone sono rimaste ustionate di cui quattro hanno perso la vita.

Perché le preziose vite di Sergio Scapolan, Harun Zequiri, Salvatore Catalano e Leonard Shepu non siano state sacrificate invano, il consiglio comunale ha chiesto a diversi attori del sistema (parti sociali, vigili del fuoco, ASL, protezione civile, associazioni ambientaliste) di dare un contributo alla discussione per evitare che situazioni come quella della Eureco, società che applica ai propri dipendenti il contratto del terziario, si possano presentare in futuro.

Naturalmente il problema non è di facile soluzione e non si può sfuggire dalla consapevolezza che gli attori di un sistema ben poco possono fare se la sensibilità delle imprese sul tema della salute e sicurezza viene a mancare.

Preoccupa, per esempio, il lungo elenco degli incidenti capitati in società che fanno capo al proprietario della Eureco: nel 2003 il titolare della socie-tà finì agli arresti domiciliari per reati ambientali; nel marzo 2005 alla CIR di San Nazzaro (PV) un altro incidente portò alla morte di Vincenzo Gargiulo di 41 anni; il 5 e 18 agosto due incendi si sono sviluppati nella Eureco stessa.

Nell’ultima triste nota vicen-da la magistratura sta condu-cendo indagini approfondite ma quello che si è potuto evincere dai rilievi è che nel caso sono coinvolte non solo le maestranze della ditta ben-sì anche quelle di una società appaltatrice di cui Harun Ze-quiri era collaboratore, società che aveva assunto i lavoratori con mansioni diverse da quel-le a cui erano adibiti. Ecco un primo importante tassello da esaminare e che accomuna tantissimi casi di aziende che subappaltano lavori pericolosi a società più piccole e spes-so, usando un eufemismo,

più snelle.

L’art. 26 del decreto legislativo 81/2008 ma anche una recente Circo-lare Ministeriale, la 5 del 10 febbraio 2010, ha posto l’accento sull’impor-tanza del calcolo dei costi del lavoro e della sicurezza negli appalti intro-ducendo il concetto di “sicurezza globale”. Sostanzialmente il datore di lavoro committente è tenuto a redi-gere il cosiddetto Duvri, Documento Unico della Valutazione dei Rischi da Interferenze attraverso il quale vanno calcolati e valutati i rischi non solo dell’attività tipica del committente ma anche dell’appaltatore nel momento in cui le “interferenze” tra l’una e l’altra attività possono creare sostanziali situazioni di pericolo. L’esercizio di que-sta particolare valutazione del rischio è di fondamentale importanza perché la combinazione delle attività dei soggetti coinvolti negli appalti può dare origine ad una diabolica combinazione da cui possono scaturire pericoli importanti: si pensi al caso di una società che stocca e manipola agenti chimici pericolosi che subappalta la movimentazione e lo smistamento di questi prodotti; o il caso di una impresa di pulizia che si trovi a effettuare le proprie prestazioni in ambienti a rischio chimico o biologico.

L’appalto, indica sempre l’art 26 del dlgs 81/2008, nella individuazione del prezzo, deve tenere conto del costo del lavoro dei dipendenti oltre che dei costi della salute e sicurezza. Sembrerà scontato ma purtroppo, no-

nostante la legge abbia chiaramente indicato queste due condi-zioni minime,

negli appalti sono elementi che a volte si trascurano. Il comma 5 del dlgs 81/2008 cita la necessità di individuare nei contratti di appalto, subappalto e somministrazione, i costi per eliminare o, dove non sia possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze delle lavorazioni a pena di nullità dello stesso contratto. Inoltre, questo costo non può essere soggetto a ribasso.

Prevedere il costo della sicurezza nei contratti non è però sufficiente. E necessario che il capitolato di spesa venga effettivamente agito. Sempre nel caso della Eureco, per esempio, per dichiarazione di un lavoratore coinvolto nell’incidente, sembra che le attività di informazione e formazione, nonché le pratiche attività di salute e sicurezza fossero “ridotte all’osso per aumentare i margini di profitto”. Sem-bra quindi scattare un meccanismo di diabolica scommessa contro la sorte, quasi inconsapevoli di quanto può o potrebbe succedere nel caso in cui si abbassi la guardia contro i pericoli della salute e della sicurezza. Fermo restando il comportamento cinico di chi è perfettamente consapevole ma non vuole intenzionalmente fare nulla per-ché le cose cambino, è necessario far scattare quei meccanismi di aumento dell’attenzione e della consapevolezza dei rischi e dei pericoli legati alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sia tra gli imprenditori che tra i lavoratori.

Il terreno di lavoro comune tra istitu-zioni e sistema della salute e sicurezza nei luoghi di la-voro passa attraver-so l a

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Area Sindacale N. 59 Marzo 2011

formazione e l’informazione. Qui tutti sono obbligati ed impegnati a fare passi avanti perché se questi incidenti gravi e con conseguenze irrimediabili acca-dono è perché ci sono ampi margini di miglioramento.

Tutti i luoghi di lavoro, per esempio, dovrebbero avere un RLS, un rappre-sentante dei lavoratori per la sicurezza che possa consapevolmente e con cognizione di causa dialogare con il le istituzioni e soprattutto con il servizio di prevenzione e protezione di cui fanno parte il datore di lavoro, il responsabile per la prevenzione e protezione e gli addetti. Questo oggi non avviene nono-stante il dlgs 81/2008 abbia aumentato le attribuzioni a questo ruolo e abbia ad-dirittura previsto un cosiddetto “election day”. E’ oggi obbligatorio avere un RLS ma non eleggerlo: un azienda potrebbe rivolgersi al sistema INAIL le cui moda-lità di funzionamento e di contribuzione non sono ancora oggi chiare seppur obbligatorie; potrebbe aderire al siste-ma degli Organismi Paritetici territoriali che ha delle importanti potenzialità ma che non può di fatto coprire l’intero ter-ritorio provinciale con i rappresentanti dei lavoratori della sicurezza territoriali. Quale soluzione è la migliore? Tutte e

nessuna! Nessuna in particolare per-ché è impensabile che le aziende, l’Inail o gli organismi paritetici da soli possano essere considerati la carta vincente. Bisogna nuovamente scommettere sul “fare sistema”, “fare rete”. Oggi la cosa più preoccupante e che queste realtà non dialogano fra di loro. Allora bisogna mettere attorno ad un tavolo istituzioni, parti sociali, e anche autonomie locali perché si possano ideare e elaborare campagne promozionali di sicurezza territoriali dove il territorio non deve essere visto solo come un semplice confine di ambiti circoscrizionali ma un patrimonio di attività commerciali e produttive unico a cui rivolgersi.

Quanti sanno che l’Inail premia le aziende più virtuose che adottano modelli di gestione, progetti formativi innovativi e innovazioni tecnologi-che?, quanti sono al corrente che gli organismi paritetici, almeno quelli del commercio, sono realtà che possono oggettivamente dare un contributo alla diffusione della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro? E quanti sono al corrente che le ASL sono impegnate in importanti attività di ricerca in collabo-razione con le parti sociali su infortuni sul lavoro e malattie professionali, una

delle cause più importanti di mortalità sempre in crescita a differenza degli infortuni sul lavoro?

Allora il minimo comun denomina-tore può essere proprio il territorio che più è definito e circoscritto e meglio può rispondere alle sollecitazioni che provengono da tavoli di lavoro comuni di lavoro. Si potrebbe pensare ad una campagna informativa mirata soprat-tutto nelle aziende dove alcuni rischi chimici e biologici sono più importanti.

Ed infatti il consiglio comunale di Paderno Dugnano, riunito in sessio-ne “aperta al pubblico”la sera del 21 febbraio 2011, sentite tutte le parti invitate ed intervenute, ha fatto proprio anche il suggerimento della nostra or-ganizzazione sindacale approvato alla fine dell’incontro un ordine del giorno in cui si impegna a censire le attività produttive sul territorio, a costituire un gruppo di lavoro consiliare sulla tematica salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, a realizzare attività semina-riali da rivolgere agli imprenditori e a realizzare specifiche iniziative con le organizzazioni sindacali.

Michele Tamburrelli

Campagna Fiscale 2010 UiltucsE’ già possibile prenotare un appuntamento per la compilazione

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Marzo 2011 Area Sindacale N. 59

(LA doMAndA)

Se non ora quando?(tutto nasce da un confronto avuto in merito alla manifestazione del 13 febbraio, ma l’avevate capito!)

mangiavano, le veline “sculettavano” accanto a due baldi ometti che face-vano ridere l’Italia intera?

Adesso finalmente si decide di manifestare.

La morale si ferma alla casa di Berlusconi dunque? Il modello culturale sbagliato, è sbagliato in relazione a lui e basta?

Perché solo dopo che il Cavaliere d’Italia è stato scoperto a fare festini e ad elargire regali a ragazzine mi-norenni? Le escort (prostitute d’élite) esistono da sempre, anche minorenni!

Oh certo, adesso qualcuno ce le ha “sbattute in faccia” impedendoci di non vedere!

Oh certo era ora che qualcuno si muovesse e dimostrasse che non a tutti vanno bene le cose così come stanno, ma perché dev’essere legata alla condizione della donna?

Si tratta di un problema che va ben oltre la condizione della donna; si tratta di un problema culturale ben più ampio e complesso che riguarda tutti; si tratta di decidere che tipo di società si vuole avere e in quale società si vogliono far crescere coloro che saranno adulti domani, donne o uomini essi siano.

Allora il problema non è la donna, ma è l’individuo; il problema è smette-re di ridere di quello che viene detto e indignarsi davanti a stupide inutili battute; il problema è chiedersi quante delle persone che erano in piazza credono davvero in una società dove vi sia l’uguaglianza; chiedersi quante donne vendono il loro corpo per scelta e quante di quelle che sono andate ai tanto ripugnanti festini, l’hanno fatto per comodità, perché donne o uomini non sono diversi quando si tratta di scegliere fra tanti soldi con poca fatica e pochi soldi con tanta fatica..

Mi dispiace davvero, ma non sono indignata per quello che succedeva a casa di Berlusconi; sono indignata per quello che lui rappresenta (lo sono da molto), e perché ancora non siamo riusciti a farlo cadere dal basso; sono indignata per il fatto che ancora qualcuno riesce a fare battute del tipo “meglio che sia andato con una ragaz-zina piuttosto che con un trans!” “Be però, chiamalo stupido!”; sono stanca

della superficialità con cui certe notizie vengono accolte e della leggerezza con cui si lascia correre; sono indignata dal fatto che una manifestazione giusta, sia stata presentata come una manifesta-zione di genere, sono indignata dal fatto che non vi siano state adesioni libere di organizzazioni non di donne, perché in realtà era una manifestazione alla quale sarebbe stato opportuno parte-cipare mostrando la propria presenza con le bandiere, come a dire “ci siamo, siamo qui perché crediamo che sia giusto esserci!”

E perché?

Perché era una manifestazione apolitica?

Ma per favore, lo si racconti a qualcun altro; era una manifestazione politica e aveva tutte le ragioni d’es-serlo e doveva esserlo ancora di più, perché non solo doveva chiedere che si togliesse di mezzo l’attuale presidente del consiglio, doveva chiedere anche un’alternativa valida all’attuale classe dirigente.

La verità è che non siamo in gra-do di chiedere un’alternativa perché un’alternativa comune non c’è anco-ra; perché il degrado culturale che ha colpito il nostro paese è talmente profondo e radicato, che nemmeno la classe dirigente è più in grado di fornire un’alternativa; la verità è che un’alter-nativa culturale che preveda davvero uguaglianza sociale su tutti i piani e per tutti non sarebbe accettata dal basso, perché la chiusura mentale che si re-spira in Italia è più profonda di quanto si sia disposti ad accettare. (e prova se n’avrebbe, e se n’è avuta, anche all’interno della nostra organizzazione!)

Vorrei per una volta che si scen-desse davvero in piazza chiedendo una società più umana, più civile, più rispettosa, (“se non ora quando?”); vorrei che lo si chiedesse per tutte le persone che subiscono discriminazioni ogni giorno, anche velate, anche sottili; vorrei che si mobilitasse la gente per una giornata dei diritti civili di tutti, non di una categoria di persone, perché il problema delle discriminazioni nella nostra società riguarda tutti, non riguar-da questa o quella categoria: riguarda proprio tutti..

Penso che sia inutile continuare a

Perché raramente verrò vista ad una manifestazione?

Perché credo che siano rappresen-tative di qualcosa in cui si crede e che vi si debba andare solo se in quelle idee ci si riconosce.

Posso accettare compromessi nella vita di ogni giorno; posso scegliere di muovermi in una direzione piuttosto che in un’altra per puro senso pratico, perché di principio dovrei fare altro, ma se la necessità richiede che rinunci in parte al principio in favore del risultato, so farlo e sono in grado di accettarlo (beata maturità, tempo fa non ci sarei riuscita!); che non significa andare contro ciò in cui si crede, ma solo accettare la natura teorica degli ideali e dei principi, e la loro impossibile rea-lizzazione terrena.

Detto questo, non posso accet-tare compromessi pensando ad una manifestazione, perché è la voce di un ideale per me; perché se vado in piazza a chiedere qualcosa sulla base di un ideale di società nel quale credo, esigo che vi sia una richiesta nella quale riesca a riconoscermi.

Questo per una ragione banale. Se già nella sua realizzazione teorica viene modificato e snaturato un ideale, mi chiedo cosa possa succedere allo stesso davanti al tentativo di applicarlo alla realtà.

“I diritti delle donne”, andare in piazza per chiederne il riconoscimento, per chiedere uguaglianza e rispetto. Manifestare?

Sensato farlo.

Non l’ho fatto però, e il perché è quasi banale: sono decenni che la don-na fa carriera usando il corpo, decenni che il corpo della donna viene usato in modo innaturale, decenni che la televisione mostra un modello di donna che ritengo offensivo nei confronti delle donne e delle loro capacita intellettive, sono decenni che le donne vengono discriminate sul posto di lavoro e sono vittima di violenza all’interno delle mura domestiche.

Dov’erano le manifestazioni? Dov’erano le donne? Dov’era la soli-darietà degli uomini, e dove l’indigna-zione dei genitori quando davanti alla televisione, mentre bambini e bambine

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Area Sindacale N. 59 Marzo 2011

chiedere per se: i diritti di nicchia, prima o poi vengono corrosi dall’ignoranza e dall’egoismo, i diritti di nicchia, prima o poi addormentano le coscienze nell’in-differenza, perché l’uguaglianza richie-de solidarietà e umiltà e i privilegi non fanno che uccidere entrambe le cose.

Nel frattempo in quest’ultimo perio-do non faccio altro che spiegare a neo-mamme come fare a dare le dimissioni entro l’anno del bambino, dopo aver op-portunamente appurato l’impossibilità di altre soluzioni, contando, le aziende presso le quali erano impiegate, meno di 15 dipendenti.

Del resto pare che delle piccole aziende, sindacalmente non raggiun-gibili, ci si ricordi benissimo quando si cerca di avvallare una decisione come quella delle domeniche (per al-tro comprensibile), ma le si dimentichi immediatamente dopo, quando non si pensa che maternità, in aziende con determinate caratteristiche, equivale a dire “licenziamento o dimissioni”(e qui mi viene in mente anche la brillante idea di ridurre il preavviso per i lavora-tori dimissionari e il danno economico conseguente).

Sempre rimanendo sul problema della normativa riguardante la malat-tia, non ritengo sia opportuno farne un discorso di assenteismo, sarebbe ora forse di chiedersi perché, e non lo si neghi, ci sono situazioni in cui noi, che facciamo questo lavoro, arriviamo a consigliare la malattia al lavoratore, quale strumento per contrastare scelte di datori di lavoro dispotici e incuranti; sarebbe ora di chiedersi se non sia davvero arrivato il momento di dare strumenti reali ai lavoratori, piuttosto che dare in continuazioni vantaggi ai datori di lavoro. Essere assunti oggi è come partire con due giri di svantaggio sugli altri partecipanti a una gara: quan-ta fatica in più solo per raggiungere gli altri corridori, quante energie in più per sperare almeno di non essere umiliati.

PERMESSI RETRIBUITI

Si tratta solo di un dubbio, dal quale parto e al quale mi fermo: come si appli-ca la normativa ai contratti a tempo de-terminato? E mi riferisco nello specifico a quelli che non vengono trasformati in

contratti a tempo indeterminato, ovvero quasi tutti.

Immagino si tratti dell’ennesima beffa per chi è precario e danneggiato giorno dopo giorno, anno dopo anno; immagino che la risposta sia: sempre e per sempre permessi in misura ridotta; sempre e per sempre danno economi-co su danno economico, e sempre per le stesse persone.

NOTA A VERBALE

Nulla a che vedere qui con le pari opportunità, ma solo una considerazio-ne che non riesco a trattenere: all’arti-colo del rinnovo in cui si parla di periodo di prova si sostiene, legandolo al para-grafo relativo alla riduzione dei periodi di preavviso in caso di dimissioni, di trattamento di miglior favore rispetto a quanto previsto dai precedenti contratti, perché... perché non è specificato e aspetto che me lo si spieghi; aspetto che mi si spieghi come possano, un quinto livello e un secondo livello avere bisogno dello stesso lasso di tempo, per dimostrare idoneità al lavoro per il quale sono stati assunti; mi aspetto che mi si spieghi come si possa credere a una controparte che dice di aver biso-gno di più tempo per valutare l’idoneità di un lavoratore a mansioni quali quelle che sono ascrivibili e un quarto o quinto livello del commercio: addetti vendita in un centro commerciale ad esempio.

La sola cosa che mi sembra si sia semplificata con l’incrocio delle due normative è la risoluzione del rapporto di lavoro, da una e dall’altra parte, e in un periodo in cui i lavoratori fanno di tutto per tenerlo il posto di lavoro, la cosa mi sembra un po’ paradossale.

Davanti a questo scenario, ma anche alle modalità operative di cui parlerò dopo, avrei preferito si dicesse che era necessario creare un danno ai lavoratori; avrei preferito sentirmi dire che nell’ambito di una trattativa in cui si era deboli, si è ceduto qualcosa per

(e prosegue in seguito alla firma del contratto nazionale del commercio, ma avevate capito anche questo!)

(laRisposta)

...in un altro momento, c’è il contratto del commercio da firmare...

Quanto sopra esposto mi permette, paradossalmente, di fare alcune osser-vazioni, proprio in merito a problemi di pari opportunità, legati al rinnovo del contratto del commercio.

Il testo del rinnovo prevede alcune modifiche in materia di malattia e per-messi individuali che, al di là della mia opinione personale, credo debbano essere valutate proprio in relazione al danno che recano ad alcune “catego-rie” di lavoratori.

MALATTIA (scontato partire da qui, ma necessario.)

Quando non ero ancora in organiz-zazione qualcuno mi chiese se pensa-vo che non fosse necessario in talune circostanze, creare squilibrio al solo scopo di creare un equilibrio migliore; si riferiva alla malattia e alla possibilità di concedere alle donne un giorno in più di malattia al mese.

Ebbene con questo rinnovo si è pensato bene di creare ulteriore discriminazione laddove si sarebbe potuto pensare di creare un “privilegio”, perché penalizzando le malattie brevi, mie care signore, che magari siete fra quelle che hanno problemi ad alzarsi dal letto una volta al mese e non per puro spirito goliardico, ma perché effet-tivamente doloranti, potrete permettervi di rimanere a letto solo per quattro mesi e non di più, altrimenti lo farete a vostre spese; cosa che unita al totale silenzio in materia di tutela della maternità e del rientro in azienda successivo alla gravidanza, mi fa venire voglia di dire “trovate il modo di entrare in menopau-sa nel momento in cui venite assunte e di non uscirne mai più” eviterete così scomodi inconvenienti mensili e soprat-tutto la calda accoglienza delle aziende al rientro della maternità. Già, perché quello che c’era nella piattaforma fanta-sma e intoccabile di giugno, in materia di par-time post maternità è sparito, e rimane solo profondo silenzio.

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Marzo 2011 Area Sindacale N. 59

non cedere tutto; perché il solo scambio che sembra essersi realizzato è quello fra i diritti dei lavoratori e la firma stessa del contratto.

Sicuramente chi ha firmato, l’ha fatto con cognizione di causa: per una ragione sicuramente troppo complessa per essere compresa da una mente semplice ed ingenua come la mia, e forse, anche, che la mia testa sten-terebbe ad accettare come “buona”, nonostante tutto.

Ma prendetele così, queste mie considerazioni: banali dissertazioni in-teriori che nulla hanno a che vedere con la realtà; si tratta solo di considerazioni dettate da un’insana affezione per il passato, forse è meglio che lasci per-dere i contenuti e provi a concentrarmi sulle modalità, sull’intricato misterioso percorso seguito dalle trattative.

Si, avete ragione, non posso espri-mere un giudizio su come si sono svolte le trattative, ed è proprio questo il problema: non si sa bene come si sia arrivati a questa firma (separata).

Ricordo un articolo scritto a seguito di un apparato durante il quale si di-scusse della piattaforma per il rinnovo del contratto, un articolo nel quale in fondo mi limitavo a chiedere che vi fosse più onesta intellettuale e che, qualora si parlasse di partecipazione e condivisione, davvero si operasse al fine di avere entrambe le cose; un articolo nel quale sostenevo che era giunto il momento per il sindacato, di fare i conti col proprio passato.

Faccio riferimento a quell’articolo perché il contratto nazionale è stato firmato, perché in quella piattaforma non c’era niente di quello che c’è nel contratto (almeno nelle sue parti salien-ti), perché ho avuto la conferma che non è ancora il momento auspicabile in cui il sindacato decida di fare i conti col proprio passato, e tanto meno col presente.

Il presupposto da cui parto è che siamo parte del sindacato; diamo per

assodato il fatto che il sindacato sia nato e si fondi sulla partecipazio-ne dei lavoratori; parto andando indietro, pensando a tutte le volte in cui si disse che, per risol-levare le sorti del sindacato senza distruggerne la natura, era necessario ritrovare il contatto con la base, ritrovare la fiducia di quella base.

Bene!

Cosa c ’en -trano con tutto questo le mo-dalità con cui si è arrivati al la f i rma; m o d a l i t à nelle quali è mancato tutto: dal contatto fra i lavoratori e il sinda-cato, al contatto fra la “base interna” al sindacato e i vertici del sindacato stesso.

C’erano delle ragioni superiori? C’è un quadro misterioso che noi comuni mortali non possiamo comprendere, e che prevede il costante corrosivo inter-vento a scapito dei diritti dei lavoratori?

Penso di trovarmi in una posizione di privilegio rispetto ad altri, ma vengo toccata ogni giorno dalle difficoltà da cui vengono toccati i lavoratori che cerco a modo mio e coi mezzi a mia disposizione di tutelare, e mi rendo conto che, se fossi in loro, auspicherei alla fine del sindacato; mi rendo conto che non me ne fregherebbe niente delle alte ragioni delle logiche dell’economia globale, e penserei che il sindacato fa i suoi interessi piuttosto che i miei.

Come dare torto ai lavoratori qua-lora dovessero sollevarsi?

Come dare torto alle proteste an-che smodate di persone ormai quasi disperate?

Che il sindacato si senta ormai così

forte da pensare di sopravvi-vere senza la forza dell’inge-nuità e della sfrontatezza del pensiero dei lavoratori?

Oh certo potrebbe an-che farlo, perché credo che nessuno metterebbe in pe-ricolo se stesso e i propri

privilegi in modo così ingenuo, ma si abbia il coraggio di ammettere

che il sindacato così com’è nato, sta morendo, e sta iniziando ad essere

qualcosa di molto mol-to lontano da ciò

che fu, qualcosa di molto lonta-

no dai valori che lo fece-ro nascere e lo fecero

diventare la voce dei lavoratori.

Per concludere come mi piace e come amo fare:

Siamo seduti sulla terra, criminali delatori

di crimini altrui, ci vendiamo al mi-glior offerente

in cambio di soldi e privilegi e speriamo

che a vincere si sia noi e non altri.

Siamo furbi clandestini mascherati

da cittadini, e denunciamo le ne-fandezze altrui,

sperando passino le nostre inos-servate

davanti ai gendarmi della morale comune.

Piccoli bastardi senza dignità di-mentichiamo

di essere figli di una stessa madre,

fratelli di coloro che calpestiamo,

genitori di coloro che ci calpeste-ranno.

Piccoli esserini infimi e indolenti sorridiamo

a denti stretti dentro le nostre case,

sicuri di essere al sicuro,

troppo stupidi per capire che se qualcuno “muore” ingiustamente

anche noi, complici silenziosi, ne pagheremo il conto.

Annalisa Melas

“Avrei tanto desiderato che tutto ciò non fosse accaduto ai miei giorni!”, esclamò Frodo.

“Anch’io”, annuì Gandalf, “come d’altronde tutti coloro che vivono questi avvenimenti. Ma non tocca a noi scegliere. Tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato.”

(Il Signore degli Anelli, di J.R.R. Tolkien)

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Umanità Migrante

Libia: l’Onu vara le prime sanzioniNei giorni scorsi, a fronte della

grave crisi libica, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato all’unanimità una risoluzione, la numero 1970, contenente sanzioni contro lo stato nordafricano.

La risoluzione prevede in partico-lare il blocco dei beni di Muammar Gheddafi e di alcuni suoi familiari e dignitari del regime, l’embargo alle vendite di armi oltre a un possibile coinvolgimento della corte penale in-ternazionale dell’Aja per i crimini di guerra o contro l’umanità commessi nel Paese.

Non si esclude un intervento inter-nazionale se necessario.

Nel dettaglio è stato disposto il congelamento dei beni di Muammar

Gheddafi, dei quattro figli maschi e della unica figlia femmina e il divieto di viaggiare per l’intera famiglia e i dieci principali membri dell’entourage del colonnello.

Le sanzioni prevedono anche un embargo delle armi. Tutti e 15 i membri hanno infine votato a favore del deferi-mento per la sanguinosa repressione del regime di Gheddafi sui manifestanti al tribunale permanente per i crimini di guerra, affinché indaghi su possibili crimini contro l’umanità.

A questo punto ci si domanda se sia ancora valido il trattato di amicizia e partenariato concluso tra Italia e Libia nel 2008.

“Di fatto - sostiene il Ministro degli Esteri, Franco Frattini - noi abbiamo

sottoscritto il trattato di amicizia con uno Stato e quando viene meno l’interlocu-tore, cioè in questo caso lo Stato, viene meno l’applicabilità di quel trattato.

E’ evidente che già ora non abbia-mo più un interlocutore”.

Parole sottoscritte anche dal Mi-nistro della Difesa Ignazio La Russa: “Di fatto il trattato di amicizia tra Italia e Libia non c’è più, è inoperante, è sospeso.

Per esempio - ha spiegato il mini-stro - gli uomini della Guardia di finanza che erano sulle motovedette per fare da controllo a quel che facevano i libici, sono nella nostra ambasciata.

La conseguenza di questo fatto - ha sottolineato La Russa - è che noi pen-

siamo, consideriamo probabile, che siano moltissimi gli extracomunitari che possano, via Libia, arrivare in Italia, molto più di quanto avveniva prima del trattato”.

Dall’inizio della crisi dal Nord Africa , secondo il Ministro dell’In-terno Roberto Maroni, sono sbarcati sull’isola 6.300 migranti, per lo più tunisini. Ma quello che fa più paura è la possibile impennata dei numeri nelle prossime settimane dopo le sollevazioni in Libia e l’eventuale caduta di Gheddafi.

Un rischio che preoccupa il governo italiano, che ha basato la propria politica di contrasto all’immi-grazione clandestina via mare su un accordo con Tripoli e che, si teme, in caso di collasso del Paese norda-fricano perderebbe la sua efficacia.

Ora che “sembra che Gheddafi non controlli più la situazione”, come ha dichiarato il Presidente del Consi-glio Silvio Berlusconi, l’Italia prende definitivamente le distanze dal rais auspicandosi un intervento concreto da parte della UE e della comunità internazionale.

Lo stesso presidente del Senato Renato Schifani si è augurato che “l’Unione europea e la Comunità Internazionale intervengano al più

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Marzo 2011 Area Sindacale N. 59

Lo sportello Sai fornisce informazioni e servizi dettagliati e mirati, riguardanti problemi quotidiani che gli immigrati (extracomunitari, neocomunitari e comunitari) incontrano.

L’attività dello sportello è articolata nelle seguenti aree

• Legislazione generale

• Documentazione relativa alle diverse tipologie di soggiorno

• Asilo

• Orientamento al lavoro

• Ricongiungimento familiare

• Decreti Flussi

• Cittadinanza

Il servizio è attivo presso il nostro ufficio di Milano - Via Salvini, 4Fermata MM1 Palestro

tel. 027606791

presto e sappiano individuare le stra-tegie per evitare che questo sterminio possa continuare”.

L’Italia sarebbe pronta ad aderire alle eventuali sanzioni decise dall’Ue, ma un intervento militare sarebbe di competenza delle organizzazioni internazionali: “Non è un’opzione che riguarda l’Italia, l’intervento umanitario semmai appartiene alle organizzazioni internazionali”, afferma il ministro La Russa.

Il premier ha sottolineato che “se le aspirazioni di libertà del popolo libico e dei popoli arabi tutti vanno sostenute non solo a parole ma con atti concreti, va detto che per noi il futuro è pieno di incognite gravi”, poiché “potremmo avere sulle sponde del Mediterraneo Stati liberi e democratici ma potremmo anche trovarci di fronte ad un perico-loso integralismo

islamico e ad una emergenza umanita-ria senza precedenti”.

In particolare, il Governo chiede all’Ue di farsi carico del problema im-migrazione. “Vanno bene le sanzioni - ha avvertito La Russa - va bene la condanna, ma poi l’Europa si deve fare carico anche dell’emergenza.

Non si può immaginare che con una sorta di egoismo dell’Europa del nord, l’Europa del sud, in questo caso l’Italia, venga lasciata sola nell’affrontare que-sta questione”.

Secondo il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, “l’Europa deve avere una voce più univoca: deve dire che sta con il cambiamento e deve mettere a dispo-sizione risorse politiche, diplomatiche ed economiche per accompagnare il percorso verso maggiori diritti di questi popoli.

Noi non vogliamo esportare modelli ed è singolare che ce lo

dica Frattini, lui che ha sostenuto la guerra di Bush”.

Al di là dei numeri e di quello che effet-t ivamente racconta-no, esiste poi un’altra faccia della m e d a g l i a che è quella dell ’emer-

genza umanitaria. Impedire a persone bisognose lo sbarco sul nostro suolo rischia di essere un gesto lesivo dei diritti umani e può anche configurarsi come illegale.

Per questa ragione, dopo la firma del Trattato, l’Italia è entrata spesso in rotta di collisione con varie istituzioni internazionali.

L’Alto commissario Onu per diritti umani, a proposito delle politiche italiane sugli sbarchi, ha parlato di “violazione del diritto internazionale”.

Il direttore nazionale della Caritas, il sacerdote Vittorio Nozza, ha scritto: “è una vittoria amara per tutti, sapere che i clandestini, rispediti al mittente, vengono raccolti nei furgoni come cani, bastonati e legati e trasportati in campi profughi da sorveglianti muniti di maschere per gli odori nauseabondi”.

Dura anche la presa di posizione del Vaticano per bocca dell’arcivesco-vo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti: “Nessuno può essere tra-sferito, espulso o estradato verso uno Stato dove esiste il serio pericolo che la persona sarà condannata a morte, torturata o sottoposta ad altre forme di punizione o trattamento degradante o disumano”.

Prima la Tunisia, poi l’Egitto, ora la Libia: dove esploderà la prossima crisi umanitaria? E soprattutto, quale sarà la posizione del nostro Paese?

Patrizia Floris

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Lo sforzo per il Cambiamento

Contributi dai Lettori

Leggendo i quotidiani e seguendo le trasmissioni Tv tematiche in questo periodo, spesso lo scoraggiamento e la rassegnazione tendono a prendere il sopravvento. A fronte di dati socio-economici a dir poco allarmanti, vige un clima di confusione politico- socia-le, dettato dai motivi più disparati e difficilmente elencabili, ma di sicuro, è in questo clima che si innestano con grande facilità chiacchiericci futili, gos-sip, polemiche a vari livelli che contribu-iscono a creare ancor più confusione e disorientamento.

D’attualità in queste settimane spiccano le vicende private del nostro premier , con le possibili gravi conse-guenze, qualora si avverasse in tutta la sua portata un conflitto fra istituzioni dello stato.

Assai difficile risulta anche stabilire fino a che punto potrebbe essere lecita un’intromissione nella vita privata delle persone ( intercettazioni telefoniche) e fino a quale altro punto invece potrebbe essere lecita la divulgazione tramite i media. A mio modestissimo parere molto lecita la prima, meno la seconda.

Comunque, il punto, secondo me, sta altrove, ovvero ben al di là delle faccende personali del premier, assi-milabili, non me ne vogliano i colleghi giornalisti, a mero materiale di consu-mo giornaliero.

Il punto, o meglio uno dei punti, sta nel conflitto nascente fra il desiderio di “farla franca” e quello di moralizzazione della vita sociale e politica.

Per la verità vedo ancora molta indolenza e passività generali e que-sto perché sono assenti determinati presupposti che ci possono rendere più consapevoli come ad esempio la nostra purtroppo scarsa predisposizione ad informarci.

Bisogna ammet-tere che un po’ sull’onda di quel-lo che sta acca-dendo nel mon-do, c’è voglia di cambiare le cose, purtroppo anche con ma-nifestazioni poco pacifiche.

A mio avviso sussiste il pe-

ricolo che si fronteggino due “schie-ramenti “ sempre più estremi, da un lato la casta dei politici, dei dipendenti ministeriali, dei finanzieri d’assalto, degli evasori fiscali, mentre dall’altro c’è il rischio che si delinei un fronte di epurazione che richiama alla memoria antiche nefaste vicende, ma anche avvenimenti cronologicamente più vicini a noi.

Fra l’indifferenza e la lotta violenta vi sono molte sfumature che sta a noi cogliere nel modo migliore.

In ogni caso sul piatto ci sono problemi importanti e urgenti: disoc-cupazione, lavori sempre più precari, inquinamento atmosferico dilagante, smaltimento rifiuti, infrastrutture fati-scenti, evasione fiscale, corruzione, privilegi diffusi, immigrazione non con-trollata, scarse risorse destinate alla formazione e alla ricerca, situazione idrogeologica critica in molte aree e così via.

La nostra fortuna, si dice, è quella di rimanere agganciati al treno dell’Eu-ropa, la nostra grande madre.

Magra consolazione davvero, con la prospettiva che nessun governo immaginabile possa farcela anche solo a mettere in atto le misure più urgenti per il bene del paese.

Ma qual è il bene del paese?

Ecco un altro punto.

Tutti noi dovremmo chiedercelo quotidianamente.

Come?

Proviamo a confrontarci fra noi e

con chi abita in altri paesi europei ( quelli più avanzati se possibile).

Chiediamoci e chiediamo, laddove possiamo, cosa è bene per noi come individui e famiglie ma anche cosa è bene per gli altri ( amici, colleghi, concittadini).

Servono collaborazione, recipro-cità, empatia e più umiltà da parte di tutti noi.

Magari proviamo ad usare il social network (facebook, twitter) anche allo scopo di scambiarci opinioni, progetti, suggerimenti utili a creare i presupposti per un reale cambiamento.

Chi ha la fortuna di viaggiare e sostare in vari paesi europei potrebbe approfittarne per interscambi più diretti.

Chi conosce le lingue leggendo anche giornali esteri.

Chi, pur avendo poco tempo, co-nosce solo la lingua italiana, leggendo classici della letteratura, della storia e filosofia, o almeno i nostri quotidiani.

Tutto questo, è vero, richiede un grande sforzo, ma la libertà dell’autode-terminazione e delle scelte responsabili passa attraverso l’impegno costante e la consapevolezza.

Claudio Corrà

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per non diMenticAre...

Viaggio sul Treno della Memoria 2011

visita e preferiamo, su consiglio della guida, iniziare da Aschwitz 2 Birkenau; risaliamo sul bus per percorrere i pochi km che separano i due campi, scendia-mo in prossimità del binario chiamato ‚judenrampe‘.

Qui venivano fatti scendere i de-portati: le persone in salute e idonee al lavoro potevano entrare nel campo, anziani e malati erano immediatamen-te destinati alle camere a gas. Con le prime deportazioni, quando l‘affluenza risultava essere ancora bassa, la prima selezione era più accurata; in seguito, con l‘aumento degli „ingressi“, decisero, sfruttando gli stessi deportati, di allungare i binari fino all‘interno del campo, per gestire piu rapidamente le „pratiche „ .

Mentre ci avviciniamo riusciamo a vedere solo un muro di cinta con un grande arco all‘interno del quale i binari proseguivano la loro corsa.

Ho una forte sensazione di disagio, continuo a chiedermi se sia giusta la nostra presenza in luoghi dove milioni di persone sono state uccise senza alcuna pietà.

Mentre la nostra guida continua a raccontare i fatti ci invita a seguirlo all‘interno di una baracca. Continuo a guardarmi intorno, il freddo e la patina di neve che ricoprono tutto di bianco aumentano il senso di angoscia. Tutto è immobile, o meglio, questa è la sen-sazione: intorno è pieno di persone, ma il silenzio dettato dal gran rispetto della storia è solenne.

Decido di avvicinarmi il più possibile alla guida, mi sento avido dei suoi rac-conti, pur conoscendo la storia; il fatto di trovarsi nel campo di persona rende tutto piu grave, essere li e vedere con i propri occhi i luoghi di quell‘orrendo massacro, aumenta la mia indigna-

zione.

Entriamo nella prima baracca sa-nitaria, ci sono due lastre nelle quali si vedono un centinaio di buchi che vengono utilizzati come latrine,

Questa era l‘unico servizio igienico di cui potevano usufruire 1500/2000 persone, oltre al freddo, le condizioni igienico-sanitarie erano quindi un‘altra causa di morte.

Ci spostiamo in una delle baracche adibita a dormitorio,

Queste strutture arrivavano a con-tenere, nei periodi di maggior affluenza, anche duemila persone, mentre lo spazio era sufficente solo per poche centinaia .

In quelli che somigliavano a letti a castello, ogni piano aveva una ca-pienza di 5 persone, mentre in realtà il numero massimo diventava di 15 quando gli ingressi al campo erano piu frequenti, e le camere a gas e i forni non riuscivano ad aumentare il loro regime di lavoro .

Usciamo e riprendiamo aria, la-sciamo alle nostre spalle la baracca e ci dirigiamo verso il binario che porta alle camere a gas, sul quale è ancora visibile un vagone originale dell‘ epoca,

Il 26 gennaio scorso ho ricevuto la telefonata inaspettata del funzio-nario sindacale che mi proponeva di rappresentare UIL tucs nel viaggio organizzato per il giorno della memoria ad Auschwitz.

Da tempo pensavo di intraprendere questo viaggio, quindi ho accettato l‘offerta senza esitare.

All‘appuntamento sulla banchina del binario 21, lo stesso da dove i nostri compatrioti vennero deportati, erano presenti anche studenti delle scuole su-periori e mi chiedevo come realmente questo viaggio potesse essere vissuto da ragazzi così giovani, coscente che il viaggio che ci aspettava non sarebbe stato solo fisico ma soprattuto emotivo e che questa esperienza vissuta in età adulta avrebbe assunto un peso diverso.

È pomeriggio tardo nella piccolis-sima stazione di cracovia e dopo le 21 ore di treno che ci separano dall‘Italia ad accoglierci troviamo un gran freddo, il buio la fa da padrone e la prima con-siderazione che faccio appena sceso dal treno è sul come abbiano fatto a restistere durante un viaggio simile nelle condizioni descritte dai superstiti.

Scarichiamo i nostri bagagli e ci avviamo verso i pullman che ci ac-compagneranno in hotel, lì troviamo le guide, che accogliendoci ci illustrano il programma di domani: visiteremo i campi di concentramento di Auschwitz e Auschwitz Birkenau.

La sveglia è alle 6 del mattino, il viaggio che ci aspetta è di circa 60 km.

Arrivati all‘ingresso di Auschwitz 1, notiamo che la vista da fuori non suscita in noi alcuna impressione, una sem-plice caserma dismessa (quella che effettivamente era all‘epoca dei fatti) al nostro arrivo ci sono già altri gruppi in

Mai dimenticherò...(Elie Wiesel ‚La notte‘)...perchè “Un popolo che non ricorda la propria storia è condannato a riviverla”

(George Santa Yana).

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Area Sindacale N. 59 Marzo 2011

I racconti della guida proseguono, intervallati dalle nostre domande.

Siamo nei pressi del monumento dove alle ore 16,00 presenzieremo ad una commemorazione in onore delle vittime, un breve sguardo alle corone di fiori e alle lapidi e continuiamo la visita verso degli edifici chiamati Ka-nada, dove tutti i deportati dovevano passare a deporre i loro averi e le loro generalità.

Con questo semplice atto i nazisti eliminavano la persona come membro di una comunità e la rilegavano sem-plicemente ad un numero, impresso a fuoco sul loro braccio sinistro. In questo edificio venivano sequestrati e poi sud-divisi gli oggetti di valore, per poi spe-dirli in Germania, dove sarebbero stati venduti o dati alle famiglie dei militari.

In questa stanza venivano anche distribuite le divise ai deportati, tagliati i capelli, e disinfettati con il vapore.

Passiamo ad un‘altra stanza, dove vediamo dei muri ricoperti di foto di alcuni prigionieri che hanno perso la vita nel campo,

Vere e proprie famiglie sterminate dai nazisti. L‘impatto è forte; mi avvicino

e guardo le foto di giovani donne alle-gre e sorridenti, bambini che giocano o che sono abbracciati ai loro genitori, coppie nel giorno del loro matrimonio, gente comune alla quale la vita è cam-biata da un momento all‘altro, per la follia dell‘uomo.

Recuperiamo l‘uscita, per dirigerci alle camere a gas e ai forni, in parte ormai quasi del tutto distrutti.

Rimangono solo le macerie ma i racconti della guida ci fanno rivivere le sensazioni di orrore che quella povera gente ha vissuto, siamo decisamente provati, ma sappiamo che la visita è solo a metà, infatti ripercorrendo la strada a ritroso usciamo e dopo una breve pausa, eccoci di nuovo davanti all‘entrata di Auschwitz 1 .

La prima tappa obbligata è la famo-sa scritta “Arbeit macht frei” ovvero “Il lavoro rende liberi” .

Un messaggio di benvenuto, pre-sente in molti campi di concentramento, che ha assunto nel tempo un forte signi-ficato „simbolico“, in grado di riassume-re in se tutta la menzogna, la crudeltà e la barbarie del periodo nazista.

Da qui iniziamo la visita dei musei, appena dentro l‘edificio, troviamo due

muri ricoperti interamente da foto, a sinistra le donne, mentre a destra gli uomini: sono tutti primi piani, volti persi nel vuoto, con i capelli rasati e le facce emaciate, faccio fatica a guardarle, la tristezza che traspare dai loro volti mi rende inerme, provo molto imbarazzo, cerco di recuperare la calma salendo velocemente le scale.

Seguendo il percorso passo attra-verso diverse stanze, dove trovo delle riproduzioni di foto della vita nel campo, nelle teche vedo elenchi di nomi, piccoli oggetti personali, e persino confezioni del veleno usato per gasare.

Entrando in un‘altra stanza mi ritrovo davanti a quelli che forse sono i reperti che suscitano le emozioni piu forti, teche giganti contenenti chili di ca-pelli umani, migliaia di scarpe da adulti e bambini, protesi, occhiali, valigie con sopra i nomi dei propietari.

Ci spiegano che sono solo una piccolissima parte della cose che han-no recuperato nel campo, ma sono sufficenti per immaginare le immense

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Marzo 2011 Area Sindacale N. 59

proporzioni di questa tragedia.

L‘ultima tappa, prima di uscire dal museo, sono delle fedeli ricostruzioni delle celle di punizione, dove in poco più di un metro quadrato venivano messe quattro persone, così facendo erano costretti a stare in piedi fino allo sfinimento, questa era una delle tante barbarie che i soldati nazisti infliggeva-no ai detenuti, a volte solo per semplice divertimento .

Siamo fuori dal museo, fa un gran freddo, ma l‘esigenza di prendere aria è forte. La nostra guida continua i suoi racconti, ma la mia attenzione è ancora rivolta alle cose appena viste, vengo sollecitato a seguire il gruppo verso i pullman che ci riporteranno a Birkenau per partecipare alla commemorazione.

Ripercorriamo nuovamente il bina-rio che porta al monumento, il sole sta calando e il freddo aumenta, mi rendo conto in quel momento che l‘idea del campo che si era creata in me era quel-la di un posto desolato, fatta sopratutto di silenzio e rispetto .

Ritrovandomi invece insieme a centinaia di persone che si stavano dirigendo verso il monumento come me, provo per un at-timo la sensazione di un salto nel passato, quando questi luoghi erano affollati da uo-mini e donne con un destino avverso.

Credevo di essere una persona abba-stanza preparata sul tema dell‘olocausto avendo letto molti libri e visto innumerevoli film e documentari, ma nessuno può dirsi tanto preparato da vi-sitare il campo di ster-minio di Auschwitz senza il triste stupore di chi si trova davanti a cose imponderabili: le emozioni sono forti e continue, e per tutta la durata della visita sei oppresso da un

groppo alla gola e da un senso di rabbia che quando meno te l‘aspetti ti si sfoga in un pianto irrefrenabile. Per la prima volta infatti quei milioni di ebrei (ma anche zingari, omosessuali, prigionieri politici) non sono più un amalgama indefinito, ma singole persone con una propria storia, che si cela dietro ad una valigia, un abito, una scarpa o un ciuffo di capelli ormai scolorito.

Bisogna sempre mantenere viva la memoria sul passato. L‘apertura dei cancelli di Auschwitz ha rivelato definiti-vamente al mondo l‘orrore di un proget-to folle, premeditato e pianificato che non deve essere dimenticato perché sia a tutti di monito. Questo il senso più profondo dellaGiornata della Memoria, importante per ricordare sia l‘olocausto

di milioni di ebrei, sia l‘eliminazione di tutto ciò che veniva considerato „diverso“: omosessuali, Testimoni di Geova, portatori di handicap, discriminazioni alle quali purtroppo ancor oggi capita di assistere.

Credo che le vittime dell‘Olo-causto non chiedano pietà; credo che, invece, vogliano l‘allontana-mento di quell‘indifferenza che, purtroppo, permette a troppi giova-

ni, ma non solo, di guardare a quelle orribili vicende con pericoloso distacco.

Per scongiurare il rischio che il sacrificio di tanti innocenti cada nell‘ indifferenza e nella dimenticanza, biso-gna fare in modo che non si parli e si ricordi quelle terribili atrocità, soltanto il 27 gennaio. Occorre tener quelle vicende ben ferme e salde nelle menti e nei cuori di ognuno, con iniziative concrete di informazione nelle scuole,

nelle associazioni, con tutti i mezzi di in-formazione, perché „il valore della memoria“ rimane un „elemento cruciale“ per la „for-mazione delle nuove generazioni“.

La „strategia della memoria“ è impegno rivolto al presente e al futuro per far in modo che le giovani gene-razioni odierne co-noscano e ricordino per poi tramandare, domani, la memoria ai loro figli e nipoti. Poiché senza me-moria non c‘è futuro, il nostro impegno a mantenere viva la memoria rappresen-ta il miglior antidoto

contro il rischio che si ripetano quelle tragedie che hanno segnato la storia dell‘Europa.

Facciamo tutti veramente qualcosa in più, per costruire una società più migliore, di giustizia sociale, di libertà, in cui ci sia la pace per tutti i cittadini del mondo.

Massimo Fiore

Film e Libri d‘interesse sull‘argomento:- Schindler‘s list (1993) - Stati Uniti

- Il Processo di Norimberga (2000) - Stati Uniti

- Train de vie (un treno per vivere) (1998) - Francia, Belgio, Romania

- La tregua (1997) - Italia, Francia, Germania, Svizzera

- La vita è bella (1997) - Italia

- Jakob il bugiardo (1999) - Stati Uniti

- Il pianista (2002) - Uk, Francia, Polo-nia, Germania

- Il bambino col pigiama a righe (2008) - Uk, Stati Uniti

- Shoah (treblinka) di Claude Lanz-mann - documentario

- Primo Levi ‚ Se questo è un uomo‘

- Fred ‚L‘amico Ritrovato‘

- Claudine Vegh ‚Non gli ho detto arrivederci.I figli dei deportati parlano‘

- Anna Frank ‚il Diario‘

- Elie Wiesel ‚La Notte‘.

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Area Sindacale N. 59 Marzo 2011

Le tAbeLLe di AreA sindAcALe

CCNL Terziario: aumenti e periodi Prova e PreavvvisoIII el. cont. paga base aumento paga base aumento paga base aumento paga base

decorrenza 31/12/11 01/01/11 01/09/11 01/04/12

livelli

Q 11,36 540,37 1599,79 17,36 1617,15 22,57 1639,72 26,04 1665,76

I 11,36 537,52 1441,07 15,64 1456,71 20,33 1477,04 23,46 1500,5

II 11,36 532,54 1246,52 13,53 1260,05 17,59 1277,64 20,29 1297,93

III 11,36 527,9 1065,43 11,56 1076,99 15,03 1092,02 17,34 1109,36

IV 11,36 524,22 921,46 10 931,46 13 944,46 15 959,46

V 11,36 521,94 832,5 9,03 841,53 11,75 853,28 13,55 866,83

VI 11,36 519,79 747,41 8,1 755,51 10,54 766,05 12,17 778,22

VII 11,36 517,51 639,89 6,94 646,83 9,03 655,86 10,42 666,28

aumento paga base aumento paga base aumento paga base aumento retribuzione

decorrenza 01/10/12 01/04/12 01/10/13 totali

livelli

Q 27,78 1693,54 27,78 1721,32 27,78 1749,1 149,31 2300,83

I 25,02 1525,52 25,02 1550,54 25,02 1575,56 134,49 2124,44

II 21,64 1319,57 21,64 1341,21 21,64 1362,85 116,33 1906,75

III 18,5 1127,86 18,5 1146,36 18,5 1164,86 99,43 1704,12

IV 16 975,46 16 991,46 16 1007,46 86 1543,04

V 14,45 881,28 14,45 895,73 14,45 910,18 77,68 1443,48

VI 12,98 791,2 12,98 804,18 12,98 817,16 69,75 1348,31

VII 11,1 677,38 11,1 688,48 11,1 699,58 59,69 1228,45

A cura di Guido Zuppiroli

arretrati elemento di garanzia prova

Mar-11 Nov-13

az.>10 dip. az. >10 dip.

livelli livelli livelli

Q 52,08 Q

115,00 140,00

Q6 mm

I 46,92 I I

II 40,59 II II

60 ggIII 34,68 III

100,00 125,00III

IV 30,00 IV IV

V 27,09 V

85,00 110,00

V

VI 24,30 VI VI45 gg

VII 20,82 VII VII

prova preavviso

dimissioni licenziamento

< 5 aa 5-10 aa >10aa < 5 aa 5-10 aa >10aa

livelli livelli

Q6 mm

Q45 gg 60 gg 90 gg 60 gg 90 gg 120 gg

I I

II

60 gg

II20 gg 30 gg 45 gg 30 gg 45 gg 60 gg

III III

IV IV15 gg 20 gg 30 gg 20gg 30 gg 45 gg

V V

VI45 gg

VI10 gg 15 gg 15 gg 15 gg 20 gg 20 gg

VII VII

20

Marzo 2011 Area Sindacale N. 59

Anno 7° - N.ro 59 - Marzo 2011 - periodicità mensile

...Neppure il consenso generale avrà mai il potere di trasformare il torto in ragione

...

William Godwin

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Direttore Responsabile: Guido Baroni

Direzione Editoriale: Sergio Del Zotto

Impaginazione: Sergio Del Zotto

Grafica: Asso srl

Illustrazioni realizzate da: Asso srl

In Redazione: Gabriella Dearca, Sergio Del Zotto, Erika Negri

Gli articoli di questo numero sono di: Guido Baroni, Claudio Corrà, Gabriella Dearca, Sergio Del Zotto, Massimo Fiore, Patrizia Floris, Giovanni Gazzo, Annalisa Melas, Ivan Pavesi, Michele Tamburrelli.

La tiratura di questo numero è di: 10.000 copie

Pubblicazione Registrata con il numero 852 del 16/11/2005 presso il Registro Stampe del Tribunale di Milano

Per contributi e suggerimenti scrivete a:

“Area Sindacale”

Via Salvini, 420122 Milanoe-mail: [email protected]. 02-7606791

Editrice: Asso srl

Via Salvini, 4 - 20122 Milano

con più attenzione da parte di noi tutti, sindacato compreso, costantemente affannati nella ricerca delle ragioni della divisione e del distinguo piuttosto che di quelle dell’avvicinamento e dell’ac-comunanza.

Ma questo mese è, per i lavoratori del Commercio, un mese di particola-re intensità anche per il dibattito nato dall’ipotesi di accordo, sottoscritta il 26 febbraio scorso da Fisascat e UILTuCS, per il rinnovo del Contratto Nazionale di Lavoro.

Un altro rinnovo difficile, come lo è stato quello del 2008, marchiato dalla disunità sindacale e dall’innovazione di materie delicate che incidono cri-ticamente nella vita degli addetti del settore.

Nel 2008 fu l’estensione del lavoro domenicale con un risultato contrattua-le che regolamentava per la prima volta la presenza in servizio del personale full time (allargata anche ai part-time con l’ipotesi firmata a febbraio) nelle giornate di apertura domenicale.

Questa volta l’innovazione ha ri-guardato il tema del pagamento della carenza di malattia (i primi tre giorni di evento morboso) riducendone il diritto ai primi quattro eventi annui, di cui due (il terzo ed il quarto) pagati al 50% ed azzerandone la retribuzione per i suc-cessivi eventi.

Ovviamente sono state inserite al-cune eccezioni alla regola, ma la regola colpirà la stragrande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori

É evidente come l’introduzione di questo genere di cambiamenti produ-ca sofferenza e preoccupazione tra i dipendenti delle aziende dell’ambito di applicazione, che vedono il rinnovo contrattuale non più come evento portatore di benefici (tanti o pochi che siano) ma come appuntamento di nuove restrizioni, nuovi obblighi, nuove riduzioni economiche.

Il rischio è che la partecipazione verso l’azione sindacale, che già nei nostri settori non brilla certo per dimen-sioni epiche, si trasformi gradatamente in distacco e senso di estraneità.

Forse il vero obiettivo delle con-troparti, che dal nostro indebolimento e frammentazione, traggono solo pro-spettive di maggior dispotismo.

È compito di tutti noi, ai diversi livelli di responsabilità e nei diversi ruoli, evi-tare che ciò continui.

Nonostante tutto,... buona lettura.

Sergio Del Zotto