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Matumaini&Friends 2 www.matumaini.org
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Matumaini&Friends
NOTIZIARIO
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UNA PIAZZA PER IL RINNOVABILE:
ORIOLO ROMANO PER MATUMAINI
IL 15 E 16 MAGGIO
CON IL MEMORIAL CALCISTICO
MASSENZO ROBERTO - REMOLI ERCOLE
Matumaini Che cos'èMatumaìni (parola Kiswahili che vuol dire “speranza”)è un'associazione di volontariato che ha per fine so-ciale la diffusione di una cultura di solidarietà. La parola"associazione" indica che non si tratta di un'aggrega-zione casuale di persone, ma di una realtà fornita di unminimo di struttura, autorizzata dal tribunale, dotatadi statuto e regolamenti, registrata nell'apposito regi-stro regionale, provvista di codice fiscale e di conto cor-rente ed in grado di operare transizioni finanziariecome persona giuridica. Il termine "di volontariato" in-dica che gli unici requisiti richiesti per partecipare sonola voglia di fare e la condivisione dello scopo sociale edei metodi. Lo scopo (fine sociale) consiste essenzial-mente nel "diffondere una cultura di solidarietà" per-ché siamo convinti che : • la solidarietà è innanzitutto uno stile di comporta-mento e non un sentimento o un'emozione; • uno stile di vita solidale, più viene diffuso, più "con-viene a tutti" nel senso che ogni persona ne trae gio-vamento nelle grandi e piccole cose; • trattandosi di stile di vita, deve e può essere qualcosache permea ogni momento dell'esistenza di ognuno e nonqualcosa da confinare a singoli gesti o manifestazioni; • non si tratta di un modo di vivere particolarmentecomplicato né che comporti particolari sacrifici: può di-ventare facile e naturale "come bere un bicchiere d'ac-qua"; è quindi alla portata di tutti; • altri più sapienti e bravi di noi potranno trovare anchesignificati morali, ideologici o sociali più profondi: a noibasta abituarci ed abituare chi ci segue a vivere la soli-darietà qui ed ora per quanto riesce possibile, senzagrandi implicazioni politico- social-filosofiche.
Il metodo Per imparare un comportamento quotidiano basato sullasolidarietà, ci sembra educativo impegnarci in progetti incui sia più drammatica ed appariscente la necessità diaiuto di nostri simili. Abbiamo quindi scelto di impegnarciin progetti di supporto internazionale nel cosiddettoTerzo Mondo, impostati con le seguenti caratteristiche: • continuità: nei nostri viaggi in Africa abbiamo avutomodo di vedere una miriade di iniziative finire nel nullaperché i supporters europei, dopo un iniziale entusiasmocorredato da invio di fondi, a un certo punto hanno in-terrotto l'aiuto; noi abbiamo intenzione di impegnarci inpoche cose, magari per cifre contenute, ma essere co-stanti, "fedeli nel tempo", nel rispettare gli impegni presi; • località: siamo orientati ad un tipo di supporto checoinvolga solo competenze e professionalità localinell’erogazione di servizi, evitando che questi si basinoo abbiano anche solo una qualche necessità di opera-tori nostrani; questa scelta in parte è dettata dalle no-stre minime risorse, in parte anche dalla scelta di "aiutarel'Africa con l'Africa", evitando di esportare noi o i nostri modidi fare, scelta che renderebbe dipendenti dalla nostra dispo-nibilità i servizi ai quali forniamo supporto; non lo riteniamoil metodo migliore in assoluto, ma semplicemente quello anoi più congeniale tra i vari metodi possibili ;• servizi: preferiamo dedicare le nostre risorse al sup-porto di servizi alla persona, piuttosto che all’edifica-zione di strutture, proprio per quanto sopra esposto:abbiamo visto tante strutture in rovina perché, dopo
avere costruito gli edifici, nessuno si era preoccupatodi "riempire di servizi i muri" e, soprattutto, di garan-tirne la continuità; inoltre riteniamo più importante il"contenuto" di un servizio (istruzione, sanità, ecc.) cheil contenitore (edificio) in cui viene erogato; • collaborazione: innanzitutto cerchiamo di collabo-rare tra noi, impegnandoci nel limitare individualismi esforzandoci nell'assumere decisioni collegiali; in se-condo luogo, nella realizzazione di progetti, collabo-riamo con organizzazioni più grandi ed esperte di noi(non abbiamo paura di fare “i gregari”); infine cer-chiamo di instaurare un colloquio ed uno scambio diidee ed esperienze con altre piccole associazioni comela nostra, al fine di conservare gli stimoli e la motiva-zione per il nostro impegno ed apprendere dall'espe-rienza altrui, condividendo la nostra.
I progetti Attualmente Matumaini è coinvolta in due progetti: 1. Supporto all'Health Center di Msange, distretto diMorogoro, Tanzania; si tratta di un piccolo ospedale inuna valle sperduta degli altopiani meridionali cono-sciuta come Bonde Dogo. Questa valle ha circa venti-venticinquemila abitanti e si estende per circa trecento– trecentocinquanta chilometri quadrati. Il supporto al-l'ospedale avviene tramite l'associazione Bertoni e lamissione dei Padri Stimmatini e consiste innanzituttonella ricerca di fondi da inviare annualmente; in se-condo luogo collaboriamo anche nell'organizzazionee progettazione dei servizi e nel rilevamento periodicodelle necessità con viaggi annuali sul posto; nel corsodi tali "spedizioni" il nostro personale sanitario colla-bora con gli operatori di Msange, mentre gli altri si de-dicano alla rilevazione delle necessità e ad altre attivitàorganizzative o amministrative. 2. Borse di studio per le Mgolole sisters, che sono unacongregazione di suore locali (Morogoro – Tanzania)dedita ad attività di assistenza ed aiuto ai propri con-terranei; per garantire efficienza alle loro molteplici ini-ziative sociali (scuole, dispensari, orfanotrofi, aziendeagricole, eccetera) hanno bisogno di personale specia-lizzato e la nostra associazione fornisce loro del denaroper borse di studio al fine di sostenere i costi per la for-mazione di insegnanti, personale sanitario, tecnici. Ilfatto che le borse di studio siano finalizzate a far con-seguire una titolo e una adeguata formazione a questesuore garantisce che le conoscenze acquisite siano investite in attività di servizio e non in attivitàvantaggiose o lucrative solo per l'interessata. Soloquando saremo sicuri di essere in grado di garantirecontinuità a nuovi progetti, ci assumeremo nuovi im-pegni.
In sintesi Matumaìni è quindi un'associazione che raccoglie edinvia fondi in Tanzania affinché il piccolo ospedale diMsange continui a fornire servizi sanitari a tutti e affin-ché alcune suore di Morogoro possano formarsi ed ac-quisendo le conoscenze necessarie per garantire ilbuon funzionamento delle varie strutture di serviziosociale che gestiscono. Attraverso questa raccoltafondi e le iniziative che promuove per realizzarla, Ma-tumaìni si impegna a diffondere qui, tra la gente con cui entrain contatto, un'abitudine a comportamenti solidalisemplici ed applicabili alla vita quotidiana.
PUNTO DI CONTATTO
PICCOLI GRANDI GESTI
E' un mercoledì piovoso e sto lavorando al com-
puter. Arriva una mail ed il Mac mi avvisa con il
solito suono di un aereo che sta decollando. E' di
Ugo - non sta più nella pelle e deve assoluta-
mente dire "al mondo" cosa è accaduto questa
mattina nel suo studio; si tratta di Monica, che è
una sua paziente fin da bambina, che ha portato
il contenuto del salvadanaio dei propri figli , per-
ché li regalasse ai bambini di Bonde Dogo. Ugo è
commosso, lo si capisce dal modo in cui scrive le
poche righe che accompagnano la mail ed in-
sieme decidiamo che è doveroso diffondere que-
sto messaggio di solidarietà. Questo gesto, tanto
tenero quanto vero, è scaturito proprio (ed è que-
sto il bello9 da una scelta dei figli Silvia e Valerio,
due bambini delle elementari che vivono la loro
tenera età già consapevoli che in un posto più o
meno lontano ci possa essere qualcuno a cui i loro
risparmi serviranno sicuramente più che a loro.
Grazie di cuore quindi a Silvia e Valerio e soprat-
tutto ai due genitori Monica e Giuseppe. Grazie
sicuramente per la "bella sommetta" che avete do-
nato a Matumaini (570 euro), ma soprattutto per
il grande gesto dettato dalla sensibilità della vo-
stra bella famiglia e per quel nuovo pezzetto di
solidarietà che avete contribuito a seminare in
questo nostro . . . p iccolo grande mondo.
Grandi genitori che tirano su grandi figli.
CONTATTI
LEGAL&DISCLAIMER
In questa fase sperimentale
Matumaini&Friends non rap-
presenterà una testata giornali-
stica in quanto i contenuti
saranno aggiornati senza al-
cuna periodicità. Non può per-
tanto considerarsi un prodotto
editoriale ai sensi della legge
n.62/2001.
CONDIREZIONE EDITORIALE
Direttivo Matumaini
REDAZIONE&GRAFICA
Luigi&Federico Ginosa
www.grafhismes.org
FONTI
Ansa - Agi - Il Quotidiano.it
COLLABORATORI
Ugo Montanari
Vincenzo Taurino
Luigi Ginosa
Federico Ginosa
Elisabetta Pagano
Daniele Taurino
Romina Arena
Antonio Buffon
Stefano Janni
NEWS DA MSANGE di Ugo Montanari
REPORT DA MSANGE
L'intensificarsi dei rapporti via mail con baba Michael Maluku, che ci invia
ora con una certa regolarità i rapporti sull'attività dell'Health Center di Msange,
ci permette una prima valutazione “tecnica” sull'attività svolta nel nostro piccolo
ospedale in Tanzania. Grazie al paziente lavoro svolto nel corso dei viaggi negli
anni precedenti, abbiamo potuto costruire un “registro di patologia” abbastanza
preciso per tutti gli anni dal 2003 al 2008, in cui sono riportate mese per mese le
diagnosi di accesso alla nostra struttura. Purtroppo il dato è assente per il 2009
in quanto non abbiamo potuto effettuare il consueto viaggio annuale. In seguito
alla riorganizzazione nata dopo il viaggio di Gianni Donadelli e del suo gruppo
ad ottobre 2009, dal 2010 baba Michael ha cominciato ad inviarci rapporti mensili
con cui possiamo renderci conto circa l'andamento della patologia nella nostra
valle. Queste brevi note ci permettono confrontare i dati relativi al primo bime-
stre del 2010 con i dati relativi all'intero anno 2007 e 2008 e quelli relativi ai primi
due bimestri di quei due anni, che sono raccolti nelle seguenti tre tabelle.
Per semplicità questa analisi si riferisce solo a quelle che sono le principali pato-
Per donazioni: BancoPosta intestato a - AssociazioneMatumaini C/C 55298764 Via Passo Buole,87– 00054 Fiumicino - IBAN: IT42I0760103200000055298764
Tabella 1: numero casitrattati nel 2007, 2008e nel 1°bimestre 2010,(principali patologie)
Tabella 2: numero casitrattati nei primi bime-stri 2007, 2008 e2010,(princip. patologie)
Tabella 3: Confronto tra lemedie annuali e bimestrali2007 e 2008 con la media bi-mestrale del 2010 (princ.pat.)
Le tabelle sono altresì semplificate in questi grafici
spetto alla media annua che alla media
stagionale, più bassa perché lì gennaio
e febbraio sono “bella stagione”: il
dato è soddisfacente anche se sostan-
zialmente inspiegabile. Forse potrebbe
dipendere dal progressivo migliora-
mento delle condizioni di vita e di nu-
trizione, dovuti al costante supporto
dei wazungu alle varie attività della
Missione Stimmatina che è un vero e
proprio “motore” per tutta la micro-
economia locale.
4a. osservazione: il crollo della Giar-
diasi è probabilmente dovuto ad un
migliore accesso all'acqua: ormai
quasi tutti i villaggi hanno il loro ac-
quedotto e le loro fontane con acqua
limpida e pulita che arriva dai monti
circostanti e si presume che l'uso di
acqua fangosa, stagnante ed inquinata
si sia ridotto drasticamente. Il dato
epidemiologico, in questo senso, sem-
bra essere evidente.
5a. osservazione: sembra esserci una
minima “tendenza al ribasso” dell'an-
chilostomiasi ma, considerato che la
penetrazione del parassita avviene per
via cutanea, difficilmente potremo ve-
dere un crollo della patologia se non
cambieranno le condizioni abitative e
non aumenterà la ricchezza media
grazie alla quale sarà normale per tutti
essere provvisti, per esempio, di
scarpe ed indumenti idonei.
6a. osservazione: la schistosomiasi si
mantiene in media annua e cresce ri-
spetto la media stagionale. Anche qui
il problema potrà essere risolto solo
con l'aumento del benessere e la di-
sponibilità di un idoneo abbiglia-
mento (scarpe chiuse) ed idonee
logie che si osservano a Msange; già
da queste tabelle si può vedere che
esse rappresentano oltre l'80% dei mo-
tivi di accesso al nostro presidio... e
ciò è confermato anche dalle rileva-
zioni degli anni precedenti.
1a. osservazione: la malaria, oltre ad
essere la patologia dominante, mostra
di essere in netto aumento sia rispetto
le medie annuali precedenti sia, so-
prattutto, rispetto alle medie relative
allo stesso periodo degli anni prece-
denti. Il fatto è segnalato da più parti
e dovrebbe essere di ulteriore stimolo
nell'incentivare il progetto “Mille Ma-
larie” coordinato dal nostro amico
Gianni. Nella speranza che il vaccino
in studio, che dovrebbe essere dispo-
nibile dopo il 2012, si dimostri effi-
cace.
2a. osservazione: anche se sembra di
osservare una certa tendenza ad un
aumento degli accessi su base annua,
il nostro Health Center ha ormai rag-
giunto lo standard: mentre nei primi
anni si vedeva una tendenza all'au-
mento delle persone che usufruivano
dei suoi servizi, direi che ormai il loro
numero si mantiene più o meno co-
stante o in minimo aumento. Conside-
rato che il bacino di utenza è di circa
22-25.000 persone, è evidente che più
di un certo numero all'anno non
hanno bisogno di cure mediche ed
ormai abbiamo stabilizzato il nostro
“livello di copertura”, che non è poco
se facciamo quasi seimila visite al-
l'anno.
3a. osservazione: appare evidente la
riduzione delle infezioni delle basse
vie aeree (bronchiti e polmoniti) sia ri-
incidenti in bicicletta o ustioni di bam-
bini che non stanno attenti col fuoco.
Quasi nulle le ferite per risse o discus-
sioni a colpi di “panga”... il che con-
fermerebbe che la gente della nostra
valle è tendenzialmente pacifica. O
no?
10a. Osservazione: è in calo la dia-
gnosi di Anemia; questo è un bene …
e non tanto perché la gente è meno
anemica, a mio avviso, quanto perché
in passato era una dia-
gnosi “di ripiego” in as-
senza di diagnosi più
precise (malaria e pa-
rassitosi sono sempre
correlate ad anemia): la
riduzione di tale voce,
quindi, deporrebbe per
un affinamento delle
capacità diagnostiche
del nostro personale.
Lasciando al lettore
altre eventuali osser-
vazioni, preferisco fer-
marmi qui: mi sembra
che emergano già ab-
bastanza spunti di ri-
flessione. L'idea alla
base di questo breve rapporto consi-
sterebbe nel produrne altri periodi-
camente, sempre partendo dalla
realtà di ciò che vediamo a Msange:
resta quindi in progetto un secondo
report quando avremo i dati dell'in-
tero 2010 … e se riusciremo ad an-
dare a Bonde Dogo quest'anno sarà
nostra premura leggere e registrare i
dati del 2009 secondo il metodo
standardizzato con cui sono stati ar-
chiviati gli altri.
condizioni abitative (ideale l'acqua
corrente in casa, onde evitare di la-
varsi nei fossi e negli stagni): anche
questa malattia, infatti, si propaga per
via transcutanea soprattutto dai piedi.
7a. osservazione: tendenza in au-
mento di infezioni genito-urinarie.
Già dal 2004 è iniziata una campagna
di educazione sanitaria tenuta in un
primo tempo da sista Evarista ed ora
dalle nuove infermiere con l'obiettivo
di insegnare gli ele-
mentari elementi di
igiene e di preven-
zione delle infezioni
genito-pelviche e ses-
sualmente trasmesse.
Per ora sembra che i
risultati non si ve-
dano, ma forse è an-
cora presto.
8a. osservazione: sta-
zionarie le enteriti
che da sempre non
sono una patologia
particolarmente fre-
quente; in particolare
non ci sono mai state
epidemie di infezioni
intestinali “maggiori”: tifo, colera,
shigellosi. Speriamo che continui così.
Ovviamente sono ben più serie e im-
pegnative delle virosi intestinali no-
strane, ma di norma il nostro
personale le gestisce senza particolari
difficoltà.
9a. osservazione. Sono sempre poche
le persone ferite o traumatizzate
anche rispetto a resoconti che ci per-
vengono da altri Ospedali o Dispen-
sari in Africa. Si tratta per lo più di
INIZIATIVE A FAVORE DI MATUMAINI di Luigi Ginosa
Il Comune di Oriolo Romano rinnova con la terza edizione la fiera delle
energie rinnovabili, che si svolgerà sabato 15 e domenica 16 maggio nelle piazze e vie del
centro storico del paese. L’iniziativa è finalizzata a promuovere l’offerta di tecnologie per
le energie alternative, avvicinando utenti aziende e cittadini al mondo dell’efficienza ener-
getica prodotta o risparmiata in modo sostenibile. Una preziosa occasione di incontro e
conoscenza tra gli operatori specializzati e semplici cittadini che vogliono informarsi su
sistemi di produzione di energia alternativi, di risparmio energetico, di bioedilizia, di ri-
ciclo di materia prima e anche di prodotti biologici e provenienti dal mercato etico e soli-
dale. All’evento sarà legato un memorial calcistico in ricordo di due grandi Presidenti
dell’ A.S Oriolo Calcio: Massenzo Roberto e Remoli Ercole. Al memorial seguirà un pranzo
solidale al quale siete tutti invitati ed il cui ricavato sarà devoluto a favore di Matumaini.
Un doveroso ringraziamento quindi a Marco Sabani ed Antonio Valentini che hanno
reso possibile questa preziosa sinergia Oriolo Romano - Matumaini.
In data 12 e 13 marzo 2010 presso il Tea-
tro Traiano di Fiumicino la Compagnia
Teatrale G.P ha rappresentato uno spet-
tacolo comico dal titolo “ Piovuto dal
cielo”, devolvendo l'intero utile a favore
del nostro Health Center di Msange.
Spettacolo riuscito sia per affluenza di
pubblico (due serate di “tutto esaurito”),
sia perché il divertimento è stato
grande: faceva proprio ridere e il nostro
gorillone (Luigi) e il nostro ippopotamo
(Ugo) ne sanno qualcosa. Il denaro rac-
colto è stato superiore ad ogni più rosea
previsione (3.900 euro) ed arriva proprio
nel momento in cui a Msange stanno
cercando fondi per assumere nuovo per-
sonale. Tutto ciò ci rende molto soddi-
sfatti e ci motiva sempre più ad
impegnarci per la nostra gente di Bonde
INIZIATIVE A FAVORE DI MATUMAINI di Luigi Ginosa
Dogo. Ma il vero “valore aggiunto” del-
l'evento è rappresentato dall'amicizia
che sta nascendo con i membri della
compagnia, che oltre ad essere persone
simpatiche e divertenti anche fuori dal
palco, mostrano di condividere il nostro
modo di pensare ed essere. E la nascita
di un'amicizia vale più di qualsiasi
cifra. Cosa dire quindi se non GRAZIE
a caratteri cubitali? Queste “persone
speciali” che abbiamo incrociato sul
nostro cammino, Massimo Riccardo -
Emiliano - Matteo - Andrea - Flavio -
Serena - Angelo e Barbara, meritano
un simbolico monumento alla loro
“bellezza interiore”. Grazie alla loro
donazione abbiamo incassato una
somma pari ad euro 3.900 che equi-
valgono ad esempio a :
GRAZIE
Trenta mesi di stipendio per una ostetrica
Trentacinqe mesi di stipendio di un biologo
Il costo complessivo di un ricovero per parto di 780 persone
Il costo medio di un ciclo di terapia antimalarica per 2.600 persone
Il costo di un ricovero per malaria grave per 390 persone
Il costo di 390 interventi chirurgici di media gravità (es. cesareo)
La retribuzione di quattro mesi per TUTTO il personale di Msange tasse e contributi inclusi
Il costo annuale TUTTO compresoper la formazione di DUE insegnanti
TUNAwASHUkURU kwA MOyO kILA SIkU (VI RINGRAZIAMO COL CUORE E PER SEMPRE)
www.COMPAGNIAGP.COMPer donazioni: BancoPosta intestato a - AssociazioneMatumaini C/C 55298764 Via Passo Buole,87– 00054 Fiumicino - IBAN: IT42I0760103200000055298764
NEWS DA BONDE DOGO lettera di baba David a Gianni Donadelli
Caro dott. Donadelli, che bello sentirti e sapere che tu stai bene. Anche noi stiamo
bene in Msolwa. Essendo l`inizio dell`anno siamo stati molto impegnati a mettere tutto
in ordine, con varie sfide di qua e di là. La mensa/sala da pranzo di Amani e` quasi finite,
stiamo stuccando e mettendo il tetto. Ora sembra bella e grande. Spero di poterti mandare
le foto la prossima settimana. E` costata di piu` del previsto e ti mandero` anche il report.
Avrei una richiesta per cio` che riguarda la mensa di Amani: potresti aiutarci per compe-
rare pentole (sufuri non so cosa voglia dire) come quelle nella cucina della scuola secon-
daria di Msolwa, Loro usano meno legna e controllano la radiazione del calore da fuori.
Tutto il sistema potrebbe costare circa 3000 euro. Se cio e` possibile posso mandarti un
preventive dalla ditta. Credo che quando verrai vedrai veramente una bellissima mensa.
Sono felice di sentire che a Msange le cose stanno andando bene. Le case per il personale
medico sono molto urgenti ed ho promesso a padre Michael di iniziare presto a costruirle.
Abbiamo deciso di comperare i pannelli solari che erano stati rubati ma Renato si e` sen-
tito con Sergio, se non sbaglio, e lui ha promesso di comperarli e spedirli in un container
portando a breve un camion Iveco a Msolwa. Se e` cosi posso suggerire di usare i soldi
che ci avevi mandato x i pannelli per costruire almeno 2 case, se possibile naturalmente
. Cosa ne pensi? Un`altra buona notizia e` che potremo avere un dottore Paulo Katema,
Per donazioni: BancoPosta intestato a - AssociazioneMatumaini C/C 55298764 Via Passo Buole,87– 00054 Fiumicino - IBAN: IT42I0760103200000055298764
un ragazzo orfano ritardato; è sordo ed e`
stato scelto per iniziare il modulo 1, ma
non c`e` nessuno che lo aiuta. E` venuto a
piangere, e ho provato compassione per
lui. Puoi aiutarlo? E` stato scelto per an-
dare ad una scuola speciale in Njumbe. La
tassa e` di 900.000 shilling (circa 8.000
euro) per anno. Come sta andando la
propaganda per l`ambulanza? Cosa e`
successo al controllo della strumentazione
di Msange che e` andato a Mgolole? ( qui
zio non mi e` chiaro ci sono delle parole
sbagliate, spero tu sappia a cosa si stia ri-
ferendo). Noi apprezziamo sempre il tuo
supporto prezioso e il tuo amore per le
persone di Iyovi valley.
baba David
un nostro ex studente da Madizini. Si lau-
reera` a maggio in medicina a Muhibili
University in Dar es salaam. Spera di
poter venire a lavorare con noi. Credo sia
buono per msange cosi` si potra` utiliz-
zare il threater e lui potra` fare piccole
operazioni. Aiutero` padre Michael a pre-
parare il report in dettaglio per Msange e
te lo mandero`. In ultimo Aisha sta bene,
ha superato i suoi esami e i professori
sono molto contenti dei suoi progressi.
Anche Salum sta bene, e stato 2 volte a
Dar per visite di controllo. E` abituato a la-
vorare in biblioteca e anche gli altri dello
staff sono contenti di lui. Anche Asha, Ma-
shaka Lihembe e Elizaberth stanno
bene,quest`anno sono nel modulo 4. C`e`
Per donazioni: BancoPosta intestato a - AssociazioneMatumaini C/C 55298764 Via Passo Buole,87– 00054 Fiumicino - IBAN: IT42I0760103200000055298764
Padre Antonio Trettel è un missionario saveriano che da decenni vive ed opera nel Kivu, regione orien-
tale del Congo al confine col Rwanda. Ormai da anni “grida nel silenzio" per denunciare le atrocità ed
i soprusi che avvengono in quella regione ad opera di vari signori della guerra locali, sostenuti e forag-
giati da potentati economici occidentali e da governi africani conniventi. Non è un rivoluzionario: è
solo un vecchio prete che non ha paura di gridare la verità e chiedere giustizia per tutti gli "ultimi" che
subiscono le prepotenze del mondo (e non solo per "quelli della sua parrocchia"). Pur non conoscendolo
di persona, abbiamo l'onore di essere in corrispondenza con lui e pensiamo che dar voce alle sue de-
nunce col nostro piccolo Notiziario sia il modo migliore per aiutarlo e dimostrargli la nostra stima.
Riconciliazione tra Armeni e Turchi… PRENDENDO IL BUON ESEMPIO DAL RwANDA?
Leggo sempre con vero interesse, appena posso, i lanci quotidiani di ZENIT, sia in
italiano che in francese. Purtroppo non riesco a farlo tutti i giorni, per cui qualche volta
‘i giornali’ si accumulano intonsi anche per qualche settimana e si perdono nel tempo
che fu... Devo dire che normalmente mi trovo assai in sintonia anche con le interviste e
le riflessioni che Zenit ci propone. Mai, finora, mi era invece capitato di ricevere da Zenit
una scossa destabilizzante improvvisa che mi ha fatto stropicciare gli occhi e ritornare a
Per donazioni: BancoPosta intestato a - AssociazioneMatumaini C/C 55298764 Via Passo Buole,87– 00054 Fiumicino - IBAN: IT42I0760103200000055298764
LETTERA DAL KIVU di P. Antonio Trettel - intro Ugo Montanari
leggere attentamente l’inciso truffaldino che stava quasi per scapparmi via liscio, sul filo
del discorso… . Mi riferisco alla bella intervista di Mariaelena Finessi a Mons. Kalekian,
sul “24 aprile: giornata in memoria del genocidio armeno”, che ZENIT.org pubblica in
data venerdì 23 aprile. Il sussulto l’ho avuto alla lettura della seconda domanda di Ma-
riaelena: “E’ possibile una riconciliazione (tra Armeni e Turchi, NdR) – così come è ac-
caduto in Rwanda, anche grazie all’operato della Chiesa – affinché si possa andare
avanti? Mons. Kalekian risponde molto bene che una vera riconciliazione è impossibile
senza un riconoscimento e una riparazione, almeno parziale, dei misfatti commessi da
parte del colpevole. E appoggia la sua affermazione sia sulla prassi della Chiesa che “non
può perdonare colui che non chiede perdono” e… sull’esempio ‘storico’ (!?!), suggeritogli
dalla stessa ’intervistatrice, di ciò che sarebbe già accaduto in Rwanda, tra “due tribù ne-
miche” che si sarebbero “perdonate a vicenda”. Non ne faccio colpa minimamente a
mons. Kalekian, che non fa che dar per buono l’esempio suggeritogli, mentre immagino
che ignori completamente i dati reali della situazione nel Rwanda e dintorni. Il colpo allo
stomaco me l’ha dato invece l’intervista-trice (e indirettamente semmai Zenit, per omessa
vigilanza…) perché, estrapolando completamente tempi e luoghi, ‘vende’ per di più,
come esempio storico, ‘esemplare’ anche per altri popoli quello che purtroppo non è che
una cinica caricatura propagandistica della realtà ruandese. Per non dilungarmi, mi li-
mito a porre qualche domanda alla Finessi-Zenit, per metter la pulce all’orecchio, se non
pretendo troppo, alla nostra ‘stampa cattolica’ italiana, su cui la chiesa missionaria
avrebbe tanto bisogno di appoggiarsi, per far arrivare la voce di chi non ha voce… Ma
ecco le mie domande:
- Di quale riconciliazione, già ‘accaduta’ in Rwanda, parla, la Finessi, se il regime tutzi
di Kagame, è da 16 anni, ed è tuttora!, in guerra sanguinosa devastatrice contro migliaia
e migliaia di suoi concittadini (hutu) rwandesi, qui, sul malcapitato suolo congolese?!?
- E quale riconciliazione ci può essere tra rwandesi Hutu e Tutzi, se il regime tutzi di Ka-
game, da più di sedici anni!, continua a braccare militarmente i suoi concittadini hutu,
qui sul territorio congolese, continuando, a riversare su questo ‘povero’ Congo il suo
esercito, le sue spie, le sue orde predatrici di materie prime e i suoi complici, con inva-
sioni, occupazioni di terre e di miniere, con guerre, stragi e violenze a non finire, … con
il proposito dichiarato al mondo intero di riportarli a forza in Rwanda per condannarli
o di sterminarli tutti come branchi di bestie impaurite in fuga nelle foreste congolesi,
avendoli già giudicati,- tutti in blocco, -bambini, vecchi e donne compresi colpevoli del
‘genocidio’ del 1994? Tanto che l’immane tragedia della guerra civile ruandese del 1994,
e del susseguente genocidio inter-raziale ruandese di tutzi e hutu (500.000? …800.000 tru-
cidati?...), quasi quasi impallidisce di fronte alla catastrofe umanitaria che sta scuotendo,
dal 1994 ad oggi, per opera sua (e dell’Uganda, al nord) tutta questa parte est del Congo,
con un bilancio umanitario, sociale, economico e morale spaventoso, di proporzioni apo-
calittiche, se è vero che, soltanto a livello di rwandesi in fuga, morti ammazzati o morti
di stenti, di fame e di malattie, cacciati e abbandonati in luoghi inospitali, … oppure di
congolesi trucidati nelle loro case e nel loro villaggio o nei loro campi e nelle loro mi-
niere… si calcola che le vittime siano già, fino ad oggi, più di 5-6,5 milioni (… ancor più
della Shoah di Hitler! Ma chi ne parla, chi lo denuncia all’opinione pubblica mondiale?!?).
- E quale riconciliazione ci può essere mai stata… con le migliaia di oppositori hutu (o
tutzi, ma non del clan di Kagame, o comunque entrati in disaccordo con lui) che si sono
sentiti minacciati di morte e sono dovuti fuggire in Europa, America o altrove, per salvarsi
dalle sue vendette? O che stanno imputridendo nelle prigioni rwandesi, se non sono stati
già soppressi ‘per via breviore?…
- E quale riconciliazione ci può essere in vista… quando varie inchieste giudiziarie inter-
nazionali e numerose testimonianze e ricerche storiche affermano che di ‘genocidi’ ce n’è
stato, purtroppo, ben più d’uno, e tutti sono rimasti a tutt’oggi impuniti? E quando anche
le cause e i moventi dello stesso genocidio del 1994, padre di tutti i malori di questo angolo
del mondo,… sono tutt’altro che chiarite, e i suoi diversi responsabili tutt’altro che uni-
vocamente identificati nei soli Hutu radicali del regime di Habyarimana, anzi implicano
esplicitamente lo stesso Kagame e i suoi accoliti?
(Cfr la serrata analisi critica del ‘rapporto Mutsinzi’ sull’attentato del 6 aprile 1994, in an-
nesso a: Congo Attualità n°106 (30 marzo 2010), tutto dedicato al Rwanda: richiederlo, in
it o fr a: info©muungano.it).
- Ma poi, … di quale Chiesa parla, la Finessi? Forse non sa quanti preti sono in prigione
da anni, senza processo, sulla base di calunnie assurde, solo per aver tentato di proteggere
la gente dall’ingiustizie o per aver detto semplicemente come il Battista all’Erode: “Non
è giusto? Non ti è lecito?”. O forse non sa quanti preti, religiosi/e, laici impegnati e semplici
cristiani, con qualche vescovo!, sono stati trattati come e peggio che nella Cina di Mao con
i ‘tribunali popolari’, i tristemente famosi ‘gacaca’, basati sulla pura delazione e sulla ‘resa
dei conti’ e la vendetta, o peggio su sordidi interessi economici, per eliminare i legittimi pro-
prietari di un campo o di una casetta desiderata per sé…?
- Di quale ‘benefico operato’ della Chiesa ruandese in favore della riconciliazione, parla la
Finessi? Qualcuno ha mai udito, anche ultimamente, qualche denuncia o qualche lamento o
sospiro della Chiesa ruandese contro i soprusi del regime tutzi per impedire anche il solo
lontano pericolo che elezioni ruandesi del prossimo agosto… siano libere, democratiche e
trasparenti? Vedi le molestie, le ostilità e le umiliazioni… fatte subire ai rari e temerari can-
didati dell’opposizione, come la Vittoria Ingaribe: vedi le denunce di varie ONG, ma nessuna
di qualche uomo di chiesa, che si sappia! (La documentazione in: Congo Attualità N°106, 30
marzo 2010, pp. 3-5).
La Chiesa del Rwanda è una vera Chiesa del silenzio… o ridotta al silenzio! E come potrebbe
la Chiesa ruandese aver già collaborato al dialogo e ad una riconciliazione che… non solo
non esiste, ma è lontana le mille miglia dal poter esistere… perché non è assolutamente vo-
luta dal regime, e perché nessuno dei grandi ‘padrini’ che sostengono, molto interessata-
mente e quindi molto acriticamente, l’attuale regime ruandese, nessuno osa o vuole
‘chiederla’ o esigerla da Kagame ! Ci vuole davvero molto cinismo o un’ignoranza davvero
crassa per parlare oggi, in data 24 aprile 2010, del Rwanda come modello di un’esemplare
riuscita riconciliazione, da proporre magari ad Armeni e Turchi! Mi scuso se le mie osserva-
zioni sono troppo caustiche, ma lo sono purtroppo molto di più i fatti che bruciano sotto la
cenere delle manipolazioni deprecabili che, come quella della Finessi, si infiltrano dove meno
te l’aspetti! Non riusciranno certo a nascondere la realtà, ma fanno comunque un torto gra-
vissimo al servizio umano e cristiano della stampa cattolica al Vangelo e alla Verità. Per for-
tuna, sappiamo che il diavolo fa le pentole, ma non sa fare i coperchi… E soprattutto
sappiamo che Dio ascolta sempre il grido dei poveri e degli oppressi, ed in qualche modo,
farà certamente loro lui stesso giustizia, se non vogliono farla gli uomini (Cfr Dall’Esodo 3,7
…a Luca 1,52… fino all’Apocalisse 21,4!!!).
... e Kabango (utu) , facendo eco a Kalisa( tutsi) , bisbigliò: "Oggi non posso piangere i miei, ma nes-
suno mi impedirà di riconoscere che sono sepolti là! Soffro in silenzio. Aspetto il giorno della luce"
Antonio Trettel sx – Bukavu, 28.4.’10
PUNTO CRITICO di Romina Arena
IN AFRICA LA NUOVA FRONTIERA DELLA SPERIMENTAZIONE FARMACEUTICA.CAVIE UMANE AL SERVIZIO DEL PROGRESSO
L’industria del farmaco si è evoluta. Niente a che vedere con il benessere dei pazienti, mamolto a che fare con quella cosa che si chiama business. Tra le case farmaceutiche si è innescatada tempo una competizione sfrenata che le obbliga a mettere sul mercato farmaci sempre nuovi.Mantenere degli standard di produzione e commercializzazione costantemente alti significa ac-celerare sensibilmente il ritmo delle sperimentazioni, ridurre i costi e saltare le pastoie della bu-rocrazia. Il farmaco - spiega il Prof. Goffredo Sciaudone della Seconda Università di Napoli -pur nascendo da una procedura di laboratorio, a sua volta preceduta da un’ipotesi scientifica eda una sperimentazione sull’animale, compie in ultima analisi il suo itinerario di convalida at-traverso la sperimentazione sul destinatario ultimo, cioè l’uomo. Sin dal 1964 l’Assemblea Me-dica Mondiale ha codificato una deontologia specifica che regola la sperimentazione clinica, lacosiddetta dichiarazione di Helsinki, emendata nel tempo, ma tuttora valida. Esistono quindidei criteri ben precisi entro i quali la ricerca sperimentale sull’individuo sano o malato debbamuoversi. Questo, tuttavia, crea dei grossi limiti all’urgenza delle case farmaceutiche di metteresul mercato i propri ritrovati e, per quanto anche in Europa si conoscano dei casi in cui le leggiche regolamentano il sistema siano state pesantemente violate, è l’Africa l’Eldorado della speri-mentazione sulle cavie umane. Le motivazioni sono molteplici e variegate. La prima è di naturapuramente statistica: è molto più probabile che un’epidemia scoppi in Africa piuttosto che inEuropa ed è quindi molto più semplice reperire le “risorse umane” necessarie per effettuare i
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runensi e pazienti eterosessuali nigeriani.Tanto il protocollo di sperimentazione quantoi metodi utilizzati per la selezione dei pazientisu cui effettuare i test sono estremamente lon-tani da una prassi deontologicamente corretta.Da parte sua, l’azienda ha categoricamente ri-fiutato di illustrare ai pazienti le eventualiconseguenze della sperimentazione, negandoloro anche la copertura assicurativa trenten-nale in caso di contrazione di malattie durantela sperimentazione. L’aspetto più raccapric-ciante di questa storia riguarda quella partedei trial condotti sulle prostitute, in partico-lare per come le cose si sono sviluppate nelCamerun. In verità, la storia era iniziata sottoil migliore degli auspici quando nel 2003, ilMinistero della sanità camerunense aveva au-torizzato la Gilead a condurre la sperimenta-zione nei bassifondi della città portuale diDouala con il supporto della Ong Family He-alth International e della Bill and MelindaGates Foundation che ha finanziato il pro-getto con sei milioni e mezzo di dollari. Gra-zie ad una serie di indagini, però, si scopre chele 400 prostitute selezionate per i trial hannofirmato inconsapevolmente il consenso infor-mato senza in realtà essere state informate sunulla. Inoltre, per quanto l’azienda distri-buisse gratuitamente quantità industriali dipreservativi, d’altro canto non aveva alcun in-teresse affinché le prostitute avessero dei rap-porti sessuali protetti perché così facendo sisarebbero compromessi i termini della speri-mentazione. La fondatezza delle accusemosse dal Reseau Ethique Droit et Sida(REDS) del Camerun, una rete per l'etica, i di-ritti e l'AIDS/HIV, e da un'associazione fran-cese di attivisti per la lotta all'AIDS chiamataAct Up Paris hanno portato, nel 2005, alla so-spensione del progetto. Stessa cosa avvenne
trial. La seconda motivazione riguarda gliaspetti puramente giuridici: in Africa nontutti gli Stati hanno mezzi e cultura per im-postare procedure di tutela per i pazienti, tan-tomeno esistono comitati etici chesupervisionino e controllino le procedure disperimentazione. Un vulnus di burocrazia,insomma, di cui approfittano le multinazio-nali sfruttando proprio la mancanza di quel“consenso informato” che rende il pazienteconsapevole circa il trattamento cui è sottopo-sto. Una terza motivazione ha radici econo-miche: investire nella ricerca fuoridall’Europa o dagli Stati Uniti è infinitamentepiù economico che condurre le sperimenta-zioni in Patria. I test in Paesi come la Cina ol’India costano dalla metà ad un terzo menoche quelli condotti in un Paese sviluppato.Secondo il Rapporto 2005 della Pharmaceu-tical Research and Manufacturers of America(PhRMA), nel 2004, l’industria farmaceuticaspese circa 8.2 miliardi di dollari in ricercafuori dagli Stati Uniti. È quello che la Profes-soressa Ames Dhai, capo del dipartimento diBioetica all’Università witwatersand di Jo-hannesburg, chiama “Imperialismo etico”.Durante la Conferenza internazionale sui far-maci anti-retrovirali, tenutasi a Cape Townnell’aprile 2006, la professoressa aveva par-lato di vere e proprie faide all’interno deigruppi di ricerca per accaparrarsi i pazientisui quali eseguire i test, portando l’attenzionesul fatto che gli esperimenti nei Paesi a bassoreddito fossero aumentati di ben 16 volte.Proprio il settore degli anti-retrovirali è unotra i più torbidi della sperimentazione clinica.Molto scalpore ha suscitato il caso del-l’azienda farmaceutica Gilead Inc. che ha te-stato un farmaco anti-retrovirale, il Viread (oTenofovir) su prostitute cambogiane e came-
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fermiere locali che avrebbero così ottenutoanche il consenso verbale. Al tempo in cuil’esperimento nigeriano era in corso, la Pfizerstava mettendo a punto il farmaco per il mer-cato statunitense con la previsione di un gua-dagno che si sarebbe aggirato intorno almiliardo di dollari. Per quanto la multinazio-nale si fosse difesa affermando che non si po-tesse dimostrare la connessione tra i decessi,le menomazioni e la trovafloxacina, il princi-pio attivo del Trovan, nel 1999 la Food andDrug Administration, la massima autoritàstatunitense per la regolamentazione dei pro-dotti alimentari e farmaceutici, smontòquell’alibi affermando che l’uso del Trovannon è mai stato approvato per la cura dellameningite in quanto legato a tossicità epaticae mortalità (http://www.fda.gov/Drugs/Drug-Safety/PublicHealthAdvisories/ucm052276.htm). Nello stesso anno il farmaco è stato ban-dito anche dall’Unione Europea. Il Processoalla multinazionale, iniziato nel 2007, si è con-cluso nel 2009 con un accordo tra le parti: un-dici le morti accertate, ma viene meno illegame tra le morti e il farmaco. La penale pa-gata dalla Pfizer è stata di 75 milioni di dollari,infinitamente più conveniente alla multina-zionale rispetto al rischio di deteriorare la pro-pria immagine nelle lungaggini processualied a quello di una sentenza sfavorevole. Uncompromesso che ha messo d’accordo tutti,un do ut des “buono e solido”, nelle paroledel Procuratore Generale del kano, AliyuUmar, che però non cancella quanto denun-ciato dal rapporto redatto dal Ministero dellaSalute nigeriano, ovvero che l’attività dellaPfizer sia stata “una sperimentazione illegaledi farmaci non registrati” ed ancora peggio“un chiaro caso di sfruttamento dell’igno-ranza”.
nel 2004 in Cambogia, dove la sperimenta-zione fu interrotta dal Primo Ministro HunSen proprio per la mancanza delle dovute ga-ranzie ai pazienti. I test, tuttavia, sono conti-nuati in Ghana, Malawi e Botswana. È giàabbastanza raccapricciante pensare di con-dannare volutamente a morte delle personesolo per raggiungere degli scopi clinici che sitrasformerebbero immediatamente in de-naro. Ancora più inaccettabile è quando que-sta logica si applica ai bambini. Nel 1996 inNigeria si sviluppò una massiccia epidemiadi meningite che destinò alla morte di circa15.000 bambini. In quell’anno l’Organizza-zione Mondiale della Sanità lanciò un pro-gramma di emergenza chiedendo aiuto allecase farmaceutiche. La Pfizer International Li-mited si inserì immediatamente nel pro-gramma, trovando in quell’epidemia ilterreno più prospero per testare due nuovifarmaci: il Trovan, ed il Ceftriaxone. I farmaci,che non erano mai stati testati prima contra-riamente a quanto sostenuto dalla Pfizer, fu-rono somministrati a circa 200 bambini che sitrovarono così a fungere da cavie e subire ine-vitabilmente le conseguenze di un farmacoancora praticamente sconosciuto. Secondo leindagini del governo dello Stato settentrio-nale del kano, dove scoppiò l’epidemia, dei200 bambini sottoposti ai test 18 morirono egli altri subirono danni irreversibili: dalla ce-cità alle malformazioni ai danni cerebrali. Se-condo le accuse rivolte dal Governo allamultinazionale 99 bambini sarebbero statitrattati con dosi massicce di Trovan, 101 condosi leggere di Ceftriaxone. Anche in questocaso la Pfizer ha negato il sacrosanto diritto alconsenso informato affermando, in sede digiudizio, che il compito di illustrare ai geni-tori la procedura dei test era affidato alle in-
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ria che attanaglia il continente. Lamancanza di una profilassi adeguatae di strutture sanitarie competenti atrattare diverse patologie aggravauna situazione già spaventosa di persé. Eppure, andando a scavare lad-dove i fenomeni non fanno notizia,scopriamo una realtà diversa, menocruenta e più pragmatica. Assieme aiprogetti sull’educazione, quelli de-stinati alla sanità, alla formazione dipersonale competente ed alla sensi-bilizzazione sulle tematiche igie-nico-sanitarie costituiscono unsecondo pilastro su cui poggiare ilcosiddetto “aiuto umanitario”. Guar-dando ai numeri, in Africa unadonna ha una possibilità su 26 dimorire di gravidanza o di parto. Si-gnifica che su 100.000 donne, 900perdono la vita nel tentativo di met-tere alla luce un figlio. In Tanzania,
SANITÁ E FORMAZIONE: UNA VIA D’USCITA PER L’AFRICACHE SI AMMALA
Nell’immaginario collettivo,l’Africa è il continente in cui si rag-grumano le peggiori nefandezze, incui si coagulano le più basse edabiette immoralità. Il rischio di con-trarre malattie è molto alto mentre,al contrario, gli standard di vita sonomolto bassi. La gente muore di mala-ria, tubercolosi, infezioni respirato-rie, diarrea, malnutrizione.Le poche strutture sanitarie presentisono carenti e sprovviste di presidisanitari di base come guanti e medi-cinali. In queste condizioni, è abba-stanza intuitivo farsi un’ideadrammatica della situazione sanita-
PUNTO DI SVOLTA di Romina Arena
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vando gli insegnanti, aumentarne ilnumero, migliorare il materiale di-dattico a disposizione e assegnareborse di studio a studentesse cheprovengono da famiglie povere. Ilprogetto del CUAMM si inserisce inun contesto ben definito nell’AfricaSub Sahariana. Fare il medico, in-fatti, è un lavoro molto ambito e pre-stigioso, ma ci sono alcune zone delcontinente in cui studiare e specia-lizzarsi è proibitivo. Prendiamol’Uganda come esempio. Nella re-gione del karamoja a nord-est delPaese, al confine con kenya e Sudan,le università sono gratuite e di ot-timo livello, ma il problema sta nellescuole secondarie ed inferiori chenelle aree più povere sono di pes-sima qualità. Si innesca, così, unmeccanismo di forte scrematura poi-ché, in un sistema sanitario competi-tivo come è quello ugandese, chiproviene dalle scuole peggiori nonha alcuna possibilità di superare gliesami di ammissione a medicina.Oltre alla forte selettività, che tagliafuori numerosi aspiranti dottori ri-ducendo drasticamente il numero dicoloro che, specializzandosi, po-tranno accedere alla professione, vi èanche un grave problema di equitànell’accesso alla formazione medica.Le conseguenze? L’Uganda è il Paeseafricano con il peggiore rapporto tranumero di abitanti e personale sani-tario. Sono circa 39.000 le personeche lavorano in ambito sanitario conuna proporzione di 3.000 medici per30.000 persone: per avvicinarsi agliobiettivi del millennio dovrebbero
il numero si aggira intorno ad 8.000. La riduzione della mortalità maternaè tra gli intenti principali del pro-getto “Salute materna e infantile perla Regione di Iringa: l’informazionecome base per un miglioramento so-stenibile” dell’Associazione Medicicon l’Africa (CUAMM), inauguratoufficialmente il 22 luglio 2009 suglialtopiani meridionali della Tanzaniae che interessa una popolazione ru-rale di 260 mila persone. Il progettopunta a migliorare i servizi sanitaridel distretto per contribuire al rag-giungimento di alcuni obiettivi delMillennio: ridurre la mortalità in-fantile, migliorare la salute materna,combattere l’AIDS, la malaria e altrepandemie. Obiettivi importanti se sipensa che nella regione di Iringa 15adulti su 100 contraggono il virusdell’Hiv. L’intervento, che durerà treanni ed è finanziato dalla Coopera-zione Italiana e dalla ConferenzaEpiscopale Italiana, interesseràl’unico ospedale della zona, quellodi Tosamaganga, i cinque centri disalute sparsi nel territorio e circa unterzo dei dispensari presenti nel di-stretto. L’aspetto più interessante delprogetto, tuttavia, sta nel fatto di in-cludere un programma di forma-zione non solo per migliorare leconoscenze del personale in ospe-dale e nelle altre strutture tramitedei corsi, ma anche attraverso l’ag-giornamento continuo degli opera-tori da parte dei medici che fannoparte del progetto. In particolare,l’obiettivo è di rafforzare la scuolaper ostetriche di Tosamaganga, moti-
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Repubblica Centrafricana, Repub-blica Democratica del Congo,Ruanda, Somalia e Uganda. Sebbenealcuni di questi Paesi sono ancoraoggi in guerra tra loro, ciò non ha im-pedito di trovare un accordo su di unprogetto che potrebbe rivoluzionarel'approccio medico al continente.L’idea, infatti, è quella di creare neiPaesi confinanti una serie di clinichee ospedali specializzati e gratuiti, inmodo da costituire una rete di strut-ture interdipendenti in grado di ve-nire incontro alla cronica mancanzadi centri sanitari di alta qualità delcontinente. La formazione del perso-nale locale è uno dei punti principalidi un progetto che non mira soltantoa portare assistenza ai malati, maanche a promuovere il più possibilela conoscenza medica nel continente.Secondo Gino Strada: "Quella di svi-luppare progetti di basso profilo nonè una necessità, ma una scelta. Noivogliamo dimostrare che anche inAfrica è possibile costruire struttured'eccellenza a costo zero per i pa-zienti". Un modo per dire che l’Africaha tutte le potenzialità per rinascere,basta accantonare la solita, tutta occi-dentale, mentalità colonialista.
essere il doppio. In questo pano-rama, allora, si comprende moltobene quanto sia fondamentale atti-vare programmi che formino opera-tori sanitari ed offranoaggiornamento a coloro che già sonodel mestiere fornendo loro più com-petenze e strumenti tecnici per lavo-rare sul territorio. Formare personaleautoctono è anche un modo per ren-dere duraturo l’intervento: un ospe-dale che dipenda per intero dapersonale straniero sarà destinato achiudere qualora quel personale an-dasse via; se invece a gestirlo sono ilocali, ciò è più difficile che accada. Un’operazione di vasta portata tesa asopperire la mancanza cronica dipresidi sanitari in zone critichedell’Africa, è quella avviata di re-cente da Emergency che, assieme aben 12 Paesi del continente, ha fir-mato un memorandum per la crea-zione dell' African Network ofMedical Excellence (Anme), la primarete di strutture mediche di eccel-lenza del continente completamentegratuite. Oltre al Sudan, che attra-verso il suo Ministero della Saluteha patrocinato il progetto, hanno sot-toscritto il memorandum ancheCiad, Egitto, Eritrea, Etiopia, Gibuti,
Invalidità civileChe cos’è. L’invalidità civile consiste nel riconoscimento di uno stato invalidante, indi-pendente da cause di servizio, di lavoro o di guerra, in base al quale l’interessato può
dalla legge.Altre prestazioni. Il diritto ad avere questi
Come fare. Le domande per ottenere le
dovranno essere inoltrate all’Inps in viatelematica da parte dell’interessato stessoo tramite Patronato. Gratuitamente,noi possiamo aggiungere alla qualitàdel servizio garantito dal tuo medico il nostrosupporto professionale in ambito di assistenzaprevidenziale e sociale.
Ottenere il riconoscimento dell’invalidità civile;percepire l’assegno ordinario di invalidità,la pensione di inabilità, l’indennitàdi accompagnamentosarà semplicissimo.Il Patronato Enascoè con te,per i tuoi diritti.
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DIARIO DI VIAGGIO Di Ugo MontanariDIARIO DI VIAGGIO di Ugo Montanari
JOSEPHI
Ha sei mesi ma non l i dimostra: piccolo e raggrinzito, peserà sì e no tre
chil i . Dopo due tentavi non riuscit i con gli stregoni locali , la madre si è
decisa a portarlo al nostro dispensario, r i ferendo che da quindici giorni
ha la diarrea. I l bambino in stato soporoso, disidratato, evidentemente
iponutrito; al la visita non piange e, mentre l ’addome sembra trattabile e
poco dolente (anche se meteorico e sede di vivace peristalsi) , l ’ausculta-
z ione toracica non lasc ia dubbi c irca la coesis tenza di una grave infe-
zione respirator ia concomitante . La temperatura è solo 37 ,5 . La
si tuazione r isul ta decisamente grave e dopo breve consultazione con
Will , r icoveriamo i l piccolo sia per reidratarlo, s ia per sottoporlo a tera-
pia antibiotica. Meno male che i l vetrino per la malaria, prontamente al-
lest i to da Gau, è r isul tato negat ivo! Anche la madre appare male in
arnese ed in particolare ha i seni aff losciati e privi di latte; faccio quindi
notare sia a Will che a Gau che, se tutta la famiglia si trova in tal i condi-
zioni , le malatt ie sono più probabil i e le guarigioni sono molto più diff i -
c i l i . Per r imediare al problema, decidiamo di dare loro un po’ di soldi
per mangiare, ma ci viene fatto notare che sarebbe molto meglio regalare
i l c ibo direttamente; Will suggerisce come corretto un quantitat ivo ini-
ziale di mezzo quintale di mais e 10 chil i di fagioli e sghignazza aperta-
mente quando mi avvio in paese per fare l ’acquisto: i wazungu possono
comprare souvenirs et s imil ia , i l c ibo è una cosa seria e va acquistato da
gente del posto che conosce prezzi
e venditori ; anche Gau ridacchia e
si candida per l ’ impresa. Intanto,
dopo svariat i tentat ivi , Vicky è
r iusci ta a montare la f lebo. Arr i-
vano i famil iar i per a iutare la
madre durante i l r icovero: in Tan-
zania nessun ospedale o centro sa-
ni tar io provvede ai past i dei
r i c o v e r a t i ,
per cui a
turno madri ,
sorel le o
mogl i cuci -
nano per i
degenti nel lo
spazio c irco-
stante l ’am-
biente di
r icovero, a l -
lestendo pic-
col i b ivacchi
con piccol i
focolar i im-
p r o v v i s a t i ,
ma eff icienti .
Nel nostro
caso arrivano
in tre : nonna
e due z ie .
C o r d i a l i t à ,
saluti , sorrisi
un po’ s ten-
tat i , vol t i preoccupat i : a tut t i ap-
pare chiaro che c ’è poco margine
di recupero, anche se l ’ intervento
è stato tempestivo (diagnosi , r ico-
vero ed inizio terapia perfusionale
in meno di un’ora) e attento anche
al la componente non medica del
problema (mais e fagiol i ) . A que-
sto punto, come in tutte le teleno-
velas che s i r ispet t ino, dovrebbe
arr ivare i l f inale premiante le
buone azioni : i l g iorno dopo i l
b imbo comincia a recuperare e
piano piano guarisce, la mamma si
abbuffa, ingrassa e produce ancora
tanto latte da enormi tettone e tutti
vivono fel ici e contenti grazie al la
lungimiranza ed al l ’acume
mzungu. Ma
i l f inale è
stato di -
v e r s o :
q u a n d o
siamo arr i-
vati i l giorno
dopo, ab-
biamo potuto
solo consta-
tare i l de-
cesso del
piccolo Jose-
phi, ascoltare
i l pianto
s t r a z i a t o
della madre e
c o n d i v i d e r e
i l cupo si len-
zio del la
nonna e dei
famil iar i , in
un giorno
dove i l sole
sembrava meno caldo e luminoso e
gl i occhi di tutt i erano lucidi . No,
non s iamo in un f i lm: s iamo in
Africa.
N.b. : MZUNGU (plurale WA-
ZUNGU) è l ’appellat ivo di noi eu-
ropei Wil l , Gau e Vicky
rappresentano i tre quinti del per-
sonale del Mini-Hospital
FILOPOETANDO di Daniele Taurino
IMPURA RATIO
Il giudizio a priori
o il pregiudizio
son giochi di parole
che il vizio insabbiano d’onori
querulo d’essere abbattuto
nell’impossibilità animale
di farlo.
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Sulla ( non) violenza di Daniele Taurino
Se mi si chiedesse di evidenziare le aberrazioni più significative e preoccu-panti della violenza nella nostra società risponderei che non si deve accettaredi costruire gerarchie della violenza perché qualunque ne sia il tipo perpe-trato, essa non può essere non aberrante. L’aberrazione si manifesta sotto varieforme: è innanzitutto prevaricazione, istinto animale di dominanza, è vio-lenza sul lavoro (mobbing), violenza di genere, domestica o sessuale, violenzanegli stadi, razzismo, informazione di Potere, è violenza psicologica, morale,è asservimento, è l’umiliarsi, violenza è negazione, di diritti, doveri, gioie edolori, violenza è rifiuto, emarginazione, è causa causata di se stessa. Occor-rerebbe troppo tempo, e sarebbe anche inutile, prenderle in esame particolaretutte. Vorrei invece impostare un ragionamento che nonostante la sua caricaeversiva risulti alla fine chiaro persino ai ciechi. Quando qualcosa ci preoc-cupa l’azione più saggia da intraprendere è una valutazione del problema perarrivare ad una sua possibile risoluzione ovvero alla cessazione del turba-mento. Spesso però, ci accade di accettare il compromesso della “distrazione”che, si badi bene, non è una soluzione del problema ma un suo rimandarla,seppure nel frattempo la nostra condizione vada migliorando con l’alleviarsidella preoccupazione. Anche nel caso della violenza, per la convenienza ditutti, ci si dovrebbe comportare saggiamente; infatti deprecare la violenza oschivarla per non sporcarsi le mani non è certamente una risposta concreta edefficace, come nel secondo caso precedente. Dovremmo invece compiere losforzo di passare per uno stato di “ trans-violenza” dove , recuperando il sensoetimologico di “trans”, si attui allo stesso tempo, mediante la comprensionee la presa di coscienza, un attraversamento e un superamento della violenza.Dalla “trans-violenza”, se abbiamo il coraggio di affrontare la sfida “perardua” della morale, possiamo arrivare a diffondere e praticare la non-vio-lenza nel senso propriamente gandhiano di “amore infinito capace di assu-mere il dolore”. Qualcuno potrebbe facilmente obiettare che la vitaoggigiorno è una lotta continua, con tutti che cercano di fregare tutti, che è unmondo dove vige la potestà dei furbi e che quindi bisogna armarsi a dovereper affrontarlo. Io rispondo che la non-violenza, in quanto comprensiva diamore e dolore, è la più forte arma mai inventata dall’uomo. Armati del dirittoe della coscienza morale propri della non-violenza, potremo essere noi stessiquel cambiamento che vogliamo vedere, essere noi stessi baluardi e promotoridi un’eticità post-nietzschiana, che si sviluppa al di là del bene e del malenell’imprescindibile rispetto di tutte le forme di vita.
pericolo nelle sue varie forme, lo conosce e
fa una sua valutazione secondo quanto
preventivamente aveva già messo in conto.
Niente di nuovo, quindi, rispetto a quanto
pensato già in partenza. Difficile spiegare
questo passaggio così come lo è quando il
pericolo diventa una costante, un modo di
vivere e tutto si affronta con una buona
dose di fatalità, la stessa che l’Africa, quella
nera, ha tanto da insegnare a tutti noi. Non
saprei cos’altro aggiungere! Spesso capita
a noi volontari di pensare ai rischi che cor-
riamo, ma mai giungiamo a chiederci ve-
ramente se è giusto mettere a repentaglio
la nostra vita.
Se avrò occasione, un giorno, vorrei tentare
una qualche specifica analisi sulle motiva-
zioni che occupano i volontari, cercando,
per quanto possibile, di fare emergere i
miei meccanismi di autoaffermazione che,
sicuramente, stanno alla base delle nostre
scelte. Kigali è la capitale del Rwanda ed è
situata al centro del paese. Le sue strade
RICORDI d’AFRICA di Antonio Buffon
Fu un giorno in un forum che, cercando di
vincere la monotonia, mi imbattei in una
tizia che mi chiese di Barike. Tentai di dire
qualcosa all’istante, ma poi mi ritrovai a
scrivere le mie esperienze d’Africa...
SECONDA PARTE
Quanto mi è successo di assistere, fa
parte del lavoro di volontario di prima
linea e chi conosce l’Africa, la profonda
Africa, sa quanto il pericolo è una costante.
In Africa, il rischio è qualcosa di molto di-
verso da come possa essere avvertito dalle
nostre parti. Nessuno di noi volontari, io
per primo, in Italia si imbarcherebbe su un
aereo malandato, o con solo qualche pic-
colo problema. Eppure lì, in quelle circo-
stanze, anche oggettivamente insidiose, un
volontario di prima linea sembra accetti il
Per donazioni: BancoPosta intestato a - AssociazioneMatumaini C/C 55298764 Via Passo Buole,87– 00054 Fiumicino - IBAN: IT42I0760103200000055298764
Goma. In pratica, si tratta di un’unica
grande città divisa tra due stati diversi i
quali hanno imposto nomi diversi; Goma
per il Congo e Gisenyi per il Rwanda. La
strada per giungere a Gisenyi ci aveva of-
ferto un suggestivo spettacolo della na-
tura. Imponenti montagne si vedono
stagliarsi alte e minacciose. Fra queste una
serie di vulcani, alcuni dei quali costante-
mente in attività. Di uno di questi, il Nyi-
ragongo, tristemente famoso, ci
occuperemo quando tratteremo del nostro
intervento a seguito della catastrofica eru-
zione del 2002, che ha distrutto buona
parte della città di Goma e che ci ha visti,
fra i primi, a prestare soccorso alla popo-
lazione. All’ingresso a Gisenyi si vedeva un
pullulare di gente andare nelle due dire-
zioni di marcia. Assordanti si sentivano i
clacson, per segnalare la presenza delle
macchine. Ai fianchi della strada si scorge-
vano facilmente anche i campi dei profughi
e rifugiati della guerra del ’94 e sotto le
bandiere dell’ONU una serie di costru-
zioni. Gisenyi è ancora considerata zona
calda a causa delle continue escursioni in
territorio congolese dei militari che, evi-
dentemente non del tutto soddisfatti di
come sono andate le cose nella guerra del
‘94, stanano i restanti ribelli hutu che, in-
vece, vorrebbero rientrare in Rwanda. Pas-
sare la frontiera in quel punto non era un
fatto semplice, non si trattava delle solite
formalità che regolarmente incontravamo
nelle altre frontiere. Qui, le questioni con i
militari preposti alle operazioni di autoriz-
zazione al transito, erano interminabili, e,
quasi sempre finivamo a corrompere il mi-
litare di turno preposto alle operazioni di
lasciapassare, il quale, coscientemente, si
offriva ad essere corrotto, ed a nulla valeva
principali, in entrata e uscita dalla città
sono disposte quasi come le dita di una
mano aperta. Quella volta che con il mio
pajero andavo diretto a nord, presi una di
queste strade, diretto a Goma, in Congo, e
più precisamente Rugari, un villaggio lì
vicino. In quell’occasione non ero solo!
Quella volta con me c’era Daniela, una ra-
gazza di Roma, reclutata quando, ormai,
avevamo capito che senza almeno un sup-
porto per la preparazione dei progetti non
era più possibileandare avanti così . Il la-
voro era tanto e non si poteva più conti-
nuare con le sole poche risorse che
avevamo, anche perché i progetti conti-
nuavano ad aumentare. Ci siamo dovuti
rassegnare e d’accordo con il presidente
abbiamo ingaggiato Daniela. In quel viag-
gio, oltre a Daniela e all’autista, che era
quasi d’obbligo, quando il viaggio era par-
ticolarmente lungo, quella volta, c’era pure
Kuruma, un liberiano esperto “logista”,
con una lunga esperienza in missioni
umanitarie, fatta soprattutto con altre
o.n.g. italiane, con un’ottima conoscenza
della lingua italiana. Kuruma era stato da
noi assunto, o meglio inserito nel progetto
di Rugari, direttamente da me in un incon-
tro a Kampala; mentre con Daniela c’era-
vamo già conosciuti una prima volta in
Italia, rispondendo ad una sua richiesta di
lavoro. Veniva da Roma e ci siamo incon-
trati a Reggio Calabria. La strada che da
Kigali porta a Goma passa da Gisenyi, ul-
tima roccaforte prima della frontiera. Gise-
nyi è cittadina rwandese che per metà si
trova in Rwanda e per l’altra metà nella
Repubblica Democratica del Congo. Un
confine divide le due parti, che, ovvia-
mente, assumono nomi diversi. L’altra
metà, in territorio congolese è, appunto,
sione informale cercavo di fare capire che
anche nel nostro mondo opulento esistono
dei bianchi che vivono in miseria; i bar-
boni, per intenderci. Era impossibile far
passare il concetto; che potessero esserci
bianchi in povertà era per loro inconcepi-
bile. Restavano convinti che si trattava di
burloni, gente a cui piaceva scherzare. Per
loro i poveri non potevano esistere in realtà
dove predomina la ricchezza ed il benes-
sere; e come dargli torto. Non esiste alcuna
possibilità di far cambiare idea ad un uomo
di colore. Per loro il “muzungu non può
non disporre del denaro, anche a dispetto
di dinamiche economiche differenti, e te lo
dimostrano dicendoti chiaramente che in
fondo a te non costa nulla cederne un po’
per loro. Questo, in qualche modo, giusti-
fica una visione, se vogliamo ipocrita, nei
confronti della riconoscenza. Forse sem-
brerò irriverente, ma se vi capita di fare un
qualsiasi dono per strada, anche se sarete
ringraziati ampiamente, il dono sarà preso
come qualcosa di dovuto. Spesso qual-
cuno, in confidenza, vi confessa, candida-
mente, che gli restituite, e quindi si
riprende, quanto i suoi padri colonizzati
dai bianchi, hanno avuto sottratto per se-
coli; e per “suoi padri” intende quelli che
hanno visto depredare l’Africa (forse non
sapendo, mi viene da aggiungere, che il fe-
nomeno, più raffinato e subdolo, prosegue
ancora oggi). Affermazioni che così espo-
ste possono sorprendere, ma sono certo di
non sbagliarmi nel giudicare questi aspetti
comportamentali che, sicuramente, ad oc-
casionali visitatori possono sfuggire. Un
discorso il suo che non fa una grinza, ma
di cui, nei casi specifici, va data, evidente,
una chiave di lettura diversa, in relazione
alla circostanza. Ovviamente, questo modo
il fatto che i documenti erano in perfetta re-
gola. Ancora ora, in quelle zone, indossare
una divisa non equivale a svolgere un pub-
blico servizio, una pubblica funzione. Lì,
non è per nulla così! La divisa dà una pos-
sibilità in più di esercitare un potere per
propri fini personali. Questa, secondo i
tanti pareri eccellenti, è una delle grandi
piaghe che affliggono i paesi africani ed a
cui i governi, le istituzioni locali (spesso
anch’esse corrotte) dovrebbero pensare di
mettere un freno. Quando ero lì ho assistito
quasi sempre ad abusi da partedei funzio-
nari di frontiera. Spesso il passaggio di
queste era oggetto di lunghe ed estenuanti
trattative per concordare il prezzo all’au-
torizzazione del passaggio, che regolar-
mente finiva nelle tasche degli addetti alla
frontiera; mostrandosi decisi, spesso le pre-
tese si riducevano; ma in quelle situazioni
l’essere decisi va, sempre e comunque, me-
diato con la spavalderia del militare e qual-
che volta gli eccessi di decisione offrivano
l’occasione di vecchie rivalse nei riguardi
dei “bianchi” colonizzatori e depredatori
dell’Africa. La via cortese, ma decisa, si di-
mostrava sempre la vincente e meno di-
spendiosa. Nell’immaginario di un
africano, il “muzungu”, cioè il “bianco”, è
sempre colui che hai i soldi, “’nmani”,
come usano loro impropriamente pronun-
ciare dall’inglese. E’difficile anche farli
pensare diversamente, dal momento che i
pochi bianchi, che si vedono da quelle
parti, sono sempre ordinati, attrezzati di
tutto punto e con potenti macchine al se-
guito.L’idea che loro hanno del “bianco”,
delle sue risorse, è solo questa, e lo pen-
sano in maniera indiscriminata senza fare
distinzione fra bianco e bianco . Una volta
ad un gruppo di ragazzi in una discus-
gradevole, influenzato dalla colonizza-
zione belga e, come tutte le città africane di
confine, ha da risolvere tutta una serie di
gravi problemi di sicurezza. Questioni irri-
solte sono ancora le conseguenze della
guerra del '94 con i numerosi profughi
hutu rifugiatisi nell’entroterra per sfuggire
alla caccia spietata dei rivali tutsi, che an-
cora manifestano sentimenti di vendetta.
In quel periodo, per questi motivi, Goma
veniva considerata, soprattutto nella sua
immediata periferia, la zona più instabile
dell’intera Regione dei Grandi Laghi. La
nostra Ambasciata a Kampala la segnalava
come altamente pericolosa e le mappe dei
servizi americani la davano in rosso, il
segno massimo per indicare il pericolo che
si correva a starci.
Il nostro intervento lì prevedeva una visita
al “Centro de Santé” di Rugari, un piccolo
villaggio interno, distante da Goma circa
40 km. Al “Centre de Santé” (così erano
chiamati alcuni presidi medici che spesso
si sostituivano agli ospedali) di Rugari ave-
vamo, in precedenza, fatto pervenire un
carico di medicinali, spediti direttamente
dall’Italia, e acquistati da una cooperativa
del Veneto. Quella visita serviva per com-
pletare la fornitura e sistemare alcuni
aspetti formali. Anche l’esperienza di
Goma non ci fece mancare il suo carico di
tensione. La strada per Rugari si presen-
tava piena di insidie. Con Daniela si cer-
cava di sdrammatizzare ironizzando, ma
anche quella volta tutto andò liscio, grazie
all’esperienza dell’autista del vescovo, che
ci ha accompagnati. Un ragazzo locale che
sapeva correre spedito sulla strada polve-
rosa e piatta che portava a Rugari. Sape-
vamo che l’autista in quei casi sarebbe stato
fondamentale ed io porto ancora impresso
di relazionarsi con i bianchi riguarda, poi,
quelle piccole minoranze che hanno sen-
tito parlare della storia dell’Africa, perché
il resto, così confinato nella miseria più as-
soluta, pensa solo che una donazione è una
possibilità in più di sopravvivenza. In ogni
caso, al di là di queste valutazioni, smisu-
rato resta il mio amore per questa terra e la
sua gente! Come si diceva, passata la fron-
tiera di Gisenyi, ad attenderci c’era per-
sonalmente il Vescovo, responsabile della
diocesi di Goma. Una persona brillante,
ospitale, che parlava un ottimo francese, e
aveva qualche conoscenza dell’italiano. Vi-
veva in totale modestia e secondo i principi
del Vangelo, al contrario di molti suoi pari
con i quali sono stato a contatto durante
quel periodo (argomento scottante che mi
porta sicuramente a dover pagare un
prezzo; ma è un tema a cui non vorrei sot-
trarmi per i numerosi spunti che offre per
comprendere molte delle motivazioni che
stanno alla base della presenza dei religiosi
in terra d’Africa. Un approfondimento che
bisognerebbe, prima o poi, fare e questa
non è la sede adatta). Il vescovo di Goma
era un tipo tosto, sempre in prima linea,
che sapeva, anche fuori dal suo mandato
di uomo di chiesa, battersi politicamente
contro i soprusi e per i diritti della povera
gente ! In una manifestazione di questo
tipo era stato anche ferito. Goma è la città
situata più ad est dello sterminato Congo.
Si affaccia sulla sponda nord del lago Kivu,
mentre sullo stesso lago, ma a sud, si trova
Cyangugu. Il lago “Kivu” divide longitu-
dinalmente il Rwanda dal Congo ed un
battello fa continuamente la spola fra le
due città. La città di Goma ha una storia
particolare. Meta di molti europei di paesi
diversi, presenta uno stile architettonico
(non ricordo il nome) la costruzione di un
pozzo che avrebbe dato fine a tutta una
serie di annose questioni fra confinanti.
Una contesa che durava da tempo e che
spesso sfociava in azioni violente. La co-
struzione del pozzo avrebbe finalmente ri-
solto, una volta per tutte, le liti fra i
confinanti che si contendevano l’unica ri-
sorsa d’acqua. Una disputa che ormai du-
rava da anni e che minacciava di
degenerare da un momento all’altro in un
conflitto. Il nostro sopralluogo ci confer-
mava la fattibilità; si trattava solo di prepa-
rare un progetto da esibire alla
Cooperazione Italiana a Kampala, per il fi-
nanziamento. Successivamente, lasciammo
Goma per fare ritorno a Kampala. Qui, in-
tanto, le cose erano abbastanza cambiate
rispetto a come le avevo lasciate nel rac-
conto. Non alloggiavo più nella residenza
di M., l’associazione aveva, nel frattempo,
messo a disposizione una nostra sede, era-
vamo in affitto. Un grande alloggio co-
struito di recente nel quartiere di “
’Ntinda”; una zona periferica ma non
troppo distante dal centro di Kampala. Per
l’arredamento mi ero occupato diretta-
mente. Ricordo, con simpatica, le trattative
con i correttissimi artigiani del posto, con i
quali si era stabilito un simpatico rapporto,
che si evidenziava in affettuosi saluti. Per-
sone nella mia memoria ricordate con
molta simpatia per il loro saper anteporre
la stima ed il rispetto a qualsiasi altro rap-
porto commerciale. L’abitazione di Kam-
pala disponeva di un vasto giardino alle
cui cure era preposto Walther, un ragazzo
burundese che il proprietario della casa ci
aveva raccomandato di tenere con noi. In
quelle zone, la consuetudine vuole che
ogni casa dispone di un “boy” (così viene
nella mente il suo sguardo puntato sulla
strada, con abbracciato il gigantesco vo-
lante della potente jeep. A Goma restammo
per quattro giorni. Lì abbiamo conosciuto
diversi missionari e particolarmente vivo
e caro è il ricordo dei Padri Caracciolini.
La premessa a quanto segue è che non
sempre i volontari di prima linea vivono di
disagi e pericoli, frequenti per loro sono
anche i momenti piacevoli, piccoli o
grandi! Anzi ogni occasione è buona per
cercare di staccare con le difficoltà e le fati-
che. Spesso con la sempre identica motiva-
zione che i loro intestini sono troppo
delicati per cibarsi nelle bettole locali, e si-
curamente, considerate le condizioni igie-
niche, non si può dare torto, spesso,
quando possibile, si concedono pranzi o
cene nei migliori ristoranti europei della
zona. Quella volta a Goma, con Daniela,
l’autista, e Karuma, invitati dall’economo
del vescovo, ci siamo fermati per la cena in
un ristorante che per la posizione, l’impec-
cabile servizio ed il gusto delicatissimo
delle portate, non penso proprio di esage-
rare nel dire che ho fatto fatica a pensare di
essere ancora nell’Africa nera. Elegantis-
simo, con i suoi graziosi tavoli sparsi lungo
il prato rigorosamente curato all’inglese e
con un'incantevole vista sul lago. Un posto
così suggestivo che difficilmente si dimen-
tica, anche se poi risulta difficile far passare
che un simile ristorante si trova in una
città sperduta dell’Africa centrale. A
Goma, con il gruppo religioso dell'ordine
dei Padri Caracciolini, avevamo instaurato
un rapporto molto affettuoso e amiche-
vole, tanto che, quando i due responsabili,
P. e L., ci chiesero un intervento in zona ci
sembrò un’occasione per ricambiare l'ami-
cizia. Domandavano per una zona lì vicina
“Al’s bar”, un tipico locale africano molto ca-
ratteristico, dove le sere si concentrava la
mondanità di Kampala. Più che partite
quelle erano vere e proprie dispute. Il vinci-
tore era obbligato a incontrarsi con l’avver-
sario riportato in lista fatta da una serie di
sguardi d’intesa. Alle gare facevano da cor-
nice quasi tutti i presenti del locale. Ogni
colpo era accompagnato da ovazioni o da
espressioni di dissenso e delusione. Le biglie
erano di due colori: bianco e rosso; vinceva
chi riusciva a mettere prima nelle buche
quelle del colore assegnato. I tornei si con-
cludevano con festeggiamenti, imprecazioni
e propositi di rivincite. I locali erano presso-
ché imbattibili; senza “pressoché” gli indiani
assidui frequentatori di quei locali. Noi, ita-
liani, ci difendevamo abbastanza bene con
M. il parrucchiere che aveva affinato una sua
tecnica, che prevedeva il salto della biglia, ri-
scuotendo grande successo ed applausi.
Quella volta, Walther, era particolarmente
emozionato, perchè, penso, fosse la prima
volta che andava a giocare a biliardo, ma so-
prattutto perchè ci andava con dei “wa-
zungu ” e davanti a tutti era un gran motivo
di vanto. Impacciato, non era neanche ca-
pace di reggere la stecca, che non ne voleva
saper di stare ferma fra le sue dita. Ma quella
fu, per lui, una serata che ricorderà per molto
tempo. Al ritorno, camminava che sembrava
non toccasse per terra e una volta a casa s’ab-
bracciò al suo gigantesco stereo. Vedere nelle
piccole cose la felicità ci faceva meditare sulle
nostre vite. Quella volta di Walther al “Al’s
bar” con noi c’era anche Barike. Si, proprio
Lei! Barike era, ora, al servizio della nostra
associazione, lavorava per noi.. Ma forse è
bene dare una sequenza ai fatti, così come,
nel frattempo, si erano succeduti.
... (continua nel prossimo numero)
chiamato), che quasi sempre si accompa-
gna alla casa stessa; praticamente il boy la
segue con le trattative. Ovviamente il
nuovo inquilino o proprietario può sce-
gliere diversamente, ma la prassi impone
che insieme alla casa si prenda anche il
boy, cosi come avevamo fatto noi. Walther
era un giovane ragazzo burundese che si
distingueva in riservatezza ed indipen-
denza. Taciturno, non era facile comuni-
care con lui che passava le giornate ad
ascoltare la musica di un grande e pesante
radio-registratore, che quasi sempre si por-
tava appresso. Del tutto autonomo, se de-
cideva di lasciare incustodita la casa per
giorni di fila non ci si poteva ribellare, più
di tanto. Quando era presente, invece, di-
mostrava tutta la sua efficienza. Personal-
mente ero molto affezionato a lui, tanto che
non trovavo mai niente da dire le volte, e
non rare, che mi toccava lasciare la mac-
china all’esterno della casa, perché lui era
andato via chiudendo il cancello dall’in-
terno. Per non dire le volte che, di ritorno
dall’Italia, mi toccava saltare il recinto. Cio-
nonostante, avevamo un rapporto di reci-
proca stima e simpatia. Un giorno,
memorabile, venne con me ed altri amici ita-
liani per una partita a biliardo. Quella del bi-
liardo era in pratica il nostro svago di quelle
sere, quando stavamo a Kampala. In quella
parte d’Africa, il biliardo è come da noi il cal-
cio. Quasi tutti i locali, ristoranti, discoteche,
dispongono di biliardi, quasi sempre tutti
occupati. Spesso, quando mi trovavo a Kam-
pala, con l’amico Mario, un italiano, pure lui,
come M., marchigiano, che a Kampala con-
duceva un avviato salone da parrucchiere,
non aspettavamo che l’occasione per fare in
uno dei locali, la nostra partitella. Si andava
all’ hotel “Sheraton”, ma il più delle volte all’
Cooperativa sociale a r.l. "Medicina del Territorio" (Medi.Ter)Via Eucario Silber 16 - 00050 Torrimpietra (RM)
Telefono: 06 61699201 - FAX: 06 [email protected] - http://coresanlazio.cos.it/mediter/
La Cooperativa sociale a.r.l. "Medicina del Territorio" (MEDI.TER) si propone di:
- promuovere il territorio come sede primaria di cure ed assistenza
- privilegiare gli aspetti solidaristici della professione medica
- promuovere la formazione in campo medico-scientifico
- realizzare servizi socio-sanitari per l'individuo e per la collettività con particolare
attenzione alle persone fragili.
L'ambulatorio polispecialistico Medi.Ter eroga visite, esami e cure di secondo livello
assistenziale, con l'obiettivo di favorire:
- un'adeguata qualità di accoglienza e cura
- una tempestiva risposta ai bisogni di diagnosi e cura del cittadino
- visite specialistiche ed indagini per patologie diagnosticabili precocemente
- una efficiente continuità assistenziale tra Medico di Famiglia e Specialista Ambulatoriale
- la facilità di accesso per ricoveri od esami presso strutture sanitarie pubbliche o
convenzionate, attraverso la collaborazione tra i medici dei vari livelli di assistenza
(Medico di Famiglia - Medico Specialista - Medico Ospedaliero)
SERVIZI DISPONIBILI
Il Poliambulatorio fornisce prestazioni (visite, indagini strumentali, cure e trattamenti)
nei seguenti ambiti specialistici:ALLERGOLOGIA - CHIRURGIA GENERALE - CARDIOLOGIA - DERMATOLOGIA - ECOGRAFIA
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