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Maurizio Ambrosini Accogliere attivamente la risorsa della ... · Innovazioni positive: lo sportello informativo p. 92 e il corso d’orientamento ... con target così vario e multi-culturale

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Maurizio AmbrosiniAccogliere attivamente

la risorsa della Formazione Professionale per la promozione sociale degli immigrati

© 2000 Casa di Carità Arti e MestieriProgetto grafico e impaginazione elettronica: Arcastudio

Torino, Settembre 2000

INDICE

Prefazione p. 7

INTRODUZIONELa formazione per gli immigrati: tra integrazione p. 9e professionalizzazioneMaurizio Ambrosini

Moderni meteci p. 9Immigrati e lavoro in Italia p. 11La formazione professionale tra politiche sociali p. 16

e politiche del lavoroFormazione professionale e integrazione degli immigrati p. 19Le tendenze degli ultimi anni p. 21Dilemmi e problemi aperti p. 23

CAPITOLO 1Immigrati a Torino: lavoro e formazione p. 27Roberta Ricucci

1.1. Una breve panoramica p. 271.2. I minori p. 311.3. Lavoro: alcune note sugli inserimenti p. 331.4. Il CFP: bisogno di formazione o risorsa sociale? p. 36

CAPITOLO 2La formazione professionale per immigrati a Torino. p. 39Alcune esperienze esemplariElena Chinaglia

2.1. La formazione professionale per immigrati a Torino p. 392.1.1. Il quadro delle attività p. 392.1.2. Corsi per immigrati proposti dagli enti di formazione p. 42

professionale nell’anno 1998/99.2.1.3. I corsi per stranieri approvati e finanziati dal p. 44

Piano Corsi della Regione Piemonte – anno 1998/992.1.4. I corsi del Progetto Integra p. 482.1.5. Altri corsi con presenza di stranieri p. 49

2.2. Quattro esperienze a confronto p. 502.2.1. Casa di Carità Arti e Mestieri p. 502.2.2. CSEA – Mario Enrico p. 572.2.3. CIOFS – Auxilium p. 612.2.4. Cooperativa Sociale Eta Beta p. 65

2.3. Nodi problematici e spunti di riflessione p. 682.4. Tipologie di utenti / tipologie di percorsi p. 752.5. Conclusioni p. 80

CAPITOLO 3Domanda di formazione ed esiti formativi a Torino: p. 81il punto di vista degli immigrati a cura di Laura Maritano e Roberta Ricucci

3.1. Gli uomini e la formazione professionale p. 823.2. Le donne e la formazione professionale p. 843.3. Minori e formazione professionale p. 883.4. Accesso alla formazione professionale p. 913.5. Innovazioni positive: lo sportello informativo p. 92

e il corso d’orientamento3.6. I corsi: gli orari, le materie, gli insegnanti, p. 95

i tutor, i compagni3.7. Esiti formativi e prospettive: formazione p. 98

professionale e mercato del lavoro3.8. Conclusioni p. 98

CAPITOLO 4Le iniziative di formazione professionale p. 101rivolte ad immigrati proposte dal Centro di Formazione professionale “M.Belloni” – Fondazione Clerici Francesca Gisotti

4.1. Informazioni generali sul centro promotore dei corsi p. 1014.2. Il protocollo di intesa WorldJob p. 1034.3. I percorsi formativi per immigrati proposti dal C.F.P. p. 105

“M.Belloni”. I corsi attivati nell’anno 1998/19994.3.1. I corsi attivati nell’anno 1998/1999 nell’ambito di p. 106

WorldJob con finanziamenti del Fondo Sociale Europeo - Ministero del Lavoro e Regione Lombardia

4.3.2. Il Progetto Work: integrazione fra sistema scolastico p. 110e formazione professionale

4.4. Le risorse umane p. 1114.5. Considerazioni conclusive p. 112

CAPITOLO 5L’esperienza della formazione professionale p. 115per immigrati a BresciaChiara Buizza

5.1. Il centro promotore dei corsi p. 1155.2. L’offerta formativa per gli immigrati p. 1165.3. L’attività di formazione professionale per immigrati p. 1185.4. La valutazione dei risultati p. 1215.5. Considerazioni conclusive p. 123

CONCLUSIONILa cittadinanza formativa p. 125Maurizio Ambrosini

Problemi aperti e condizioni di efficacia p. 125Sul versante degli immigrati: le valenze p. 129

metaformative della formazioneSul versante della formazione professionale p. 133Concludendo. Alcune direttrici di impegno p. 136

Bibliografia p. 139

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Prefazione

Il Progetto Integra I.Ter. ha rappresentato una grande opportunità per laCasa di Carità Arti e Mestieri, consentendo di sistematizzare e formalizzare illavoro che ormai da più di 10 anni, si stava sviluppando sul tema MIGRANTI.

L’occasione è ancora più importante per il periodo storico nel quale sicolloca, tra le evidenti difficoltà che le realtà sociali dei paesi della Comunitàincontrano nell’accettare e nell’affrontare contestualmente i diversi aspetti diquesto problema, la cui rilevanza anche numerica è ormai sotto gli occhi ditutti e non più facilmente eludibile.

In qualche modo la ricerca ed il manuale che oggi licenziamo riassumonola storia di una avventura, le cui tappe sono tutte presenti nella realtàcomplessa dell’oggi; il diario di un percorso che ha conosciuto successi edifficoltà, momenti belli e brusche frenate, accompagnando - spesso ancheprevedendo alla luce dell’esperienza via via maturata - le diverse complessità,i cammini contorti, le emergenze che in questi anni si sono succedute.

Infatti, gli accadimenti politici e sociali degli ultimi anni di questo secondomillennio hanno indotto trasformazioni profonde dei flussi migratori comeerano ancora sul finire degli anni ’80.

La Casa di Carità ha sperimentato tutte queste realtà, così diverse ecomplesse, a partire dai primi corsi finalizzati a immigrati adulti provenientidalla sponda africana del Mediterraneo (tunisini e marocchini in largaprevalenza) per via via sviluppare attività con i giovani e le donne e affinare ilp roprio impegno con persone provenienti da realtà sociali, culturali,geografiche e storiche profondamente diverse: la Somalia e il Centro Africa,l’Albania e l’est europeo, il Centro America e le Malaysia.

Come dicevo innanzi, il progetto I.Ter. rappresenta dunque una sintesiragionata di un processo esperienziale di 10 anni in cui confluiscono attività,modalità operative e sensibilità che affondano le loro radici nella storia e nellastessa ragion d’essere della Casa di Carità e che sono espresse nella PropostaFormativa dell’Ente.

Questa visione metastorica ha permesso di conciliare formazione culturale,tecnica e professionale in un contesto multiculturale e interculturale; hasviluppato conseguentemente buone pratiche che hanno influito positivamentenel rapporto con i servizi territoriali; ha reso possibile in un rapporto di stimavicendevole ricadute positive sulle attività dell’Ente e arricchimento evalorizzazione delle conoscenze delle culture “altre”.

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Infine il processo di integrazione di attività formative così diversificate econ target così vario e multi-culturale ha indotto positivi riscontri anche sullaorganizzazione interna dell’Ente, che ha potuto prepararsi ai nuovi scenari disviluppo organizzativo e produttivo, basati sulla flessibilità, la quale puòdavvero rappresentare un modello interculturale di interazione di competenzetecnico-professionali e relazionali-comunicative.

Questi pochi spunti penso possano rappresentare altrettante chiavi dilettura per seguire il dipanarsi del Progetto I.Ter. della Casa di Carità Arti eMestieri nei suoi diversi stadi, dalla progettazione, alla attuazione, allenecessarie verifiche e regolazioni.

Ringrazio tutti gli attori della Rete, che hanno contribuito alla realizzazionedi questo progetto e mi scuso per le eventuali inesattezze e omissioni.

I miei complimenti e ringraziamenti a coloro che hanno steso i diversicapitoli nei quali si articola il manuale e la ricerca; in particolare alla prof.ssaLaura Bonica, ed al prof. Maurizio Ambrosini che hanno coordinato i due lavorie che hanno saputo, con dedizione, impegno e grande entusiasmo, affrontarela complessa materia, inquadrandola culturalmente e dando spessore e dignitàscientifica al nostro operare.

Infine non posso dimenticare la persona che, da dieci anni, con umiltà,profonda convinzione e fiera cocciutaggine, opera alla Casa di Carità nelsettore ed ha consentito il realizzarsi di tutto questo: lui, Michele Grisoni, èstato davvero il lievito che ha portato colleghi e direzione ad impegnarsifattivamente su queste tematiche.

Torino, 25 agosto 2000

Il Direttore GeneraleIng. Attilio Bondone

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Introduzione

La formazione professionale per gliimmigrati: tra integrazione e professionalizzazione

di Maurizio Ambrosini

Moderni meteci

La questione della formazione professionale degli immigrati non è unsemplice problema di adeguamento di un segmento dell’offerta di lavoro alleesigenze dei sistemi economico-produttivi. Essa richiede in primo luogo unariflessione sui diritti degli stranieri e sulle politiche atte a promuoverne ilriconoscimento e l’effettiva fruizione nelle società ospitanti. Pesa infatti inproposito la difficoltà di fondo ben identificata da Walzer, secondo cui nellesocietà occidentali è oggi possibile distinguere due categorie di persone:cittadini a pieno titolo e altri che non sono riconosciuti come tali, pur vivendosullo stesso territorio, essendo riconosciuti in maggioranza come residentilegali, e lavorando più o meno regolarmente (Walzer, 1987). Egli ricorda comenell’antica Atene convivessero due tipi di residenti: gli ateniesi, cittadini a pienotitolo, e i meteci, stranieri tollerati in quanto utili ma sprovvisti di cittadinanza.A partecipare alle decisioni relative al governo della città erano ammessi soloi cittadini e non gli stranieri. È questa probabilmente, spiega Walzer, la formadi tirannia più comune nella storia dell’umanità: la negazionedell’appartenenza, che diviene il primo anello di una lunga catena di abusi (cfr.su quest’ultimo aspetto Dal Lago, 1999).

Lo status dei lavoratori migranti richiama allora non delle categoriespecifiche di persone da tutelare e pro t e g g e re, ma tocca un puntofondamentale di una società che si mostra incapace di invertire quella tendenzaperniciosa che colloca nel cuore della democrazia la divaricazione tra cittadinia pieno titolo e non cittadini, forse tollerati in quanto utili, ma semprerelativamente e in maniera condizionata.

Nel caso italiano, incide inoltre l’indeterminatezza e la scarsa elaborazioned e l l ’ a p p roccio del nostro paese nei confronti dei fenomeni migratori(Ambrosini, 1999). Si può parlare in proposito di un modello implicito diintegrazione degli immigrati (Tab. 1)

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Concezioned e l l ’ i m m i g r a z i o n e

Forza lavoroutile percolmareesigenzetemporanee

Minoranzediscriminate datutelare

Individuidestinati adiventarecittadini dellasocietàospitante

Temporaneo ImplicitoAssimilativo Multiculturale

Ufficialmentenonnecessaria; inrealtà utilizzatasia in formeregolari, sia informesommerse

Accesso allostatus dicittadino

Difficile eparziale

Relativamenteindifferente (in genere,acquisito datempo)

Relativamentefacile

Difficile eincerto

Rapportoautoctoni-immigrati

Isolamento TolleranzaTendenzialeseparazione

D i s c r i m i n a z i o n e/indifferenza

Ambivalenzatra accoglienzaumanitaria einsofferenza

Politiche dellavoro

Reclutamentoattivo; legamepermesso disoggiorno-permesso dilavoro; paritàsalariale

Azioni positive:sistema dellequote;i n c o r a g g i a m e n t od e l l ' i m p re n d i t o r i a

Selezione deif l u s s i :p o p o l a z i o n i“ a s s i m i l a b i l i ” ,l a v o r a t o r iq u a l i f i c a t i

Parità salarialenel lavororegolare;diffusatolleranzaverso il lavoroirregolare;attivitàpromozionaliframmentarie, alivello locale

Politiche sociali Garanziadell'alloggio per ilavoratori;difficoltà diricongiungimentofamiliare en a t u r a l i z z a z i o n e

Tendenti arafforzare lecomunitàetniche, anchecome soggettierogatori diservizi aimembri

Non specifiche;tendenti af a c i l i t a rel ' i n s e r i m e n t oindividuale edeventualmentelan a t u r a l i z z a z i o n e ;d i s p e r s i o n et e rr i t o r i a l e

Pocosviluppate, acaratterevolontaristico,in gran partedevolute adenti locali eterzo settore

Tab.1 Modelli di integrazione degli immigrati

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Nel contesto delineato, la formazione professionale può essere inquadrataall’interno dei diritti sociali degli immigrati: quei diritti che, invertendo laclassica tipologia marshalliana, nel caso dei lavoratori stranieri, precedonol’accesso ai diritti civili e ai diritti politici (cfr. Zincone, 1994). Attraverso laformazione professionale e la conquista di uno status lavorativo più qualificato,gli immigrati possono compiere un passo avanti molto importante nel loropercorso di “cittadinizzazione” (Bastenier, Dassetto, 1990).

Nello stesso tempo, la concessione di questo “diritto” non è un gioco asomma zero per la società ospitante. La qualificazione dei migranti è uncontributo all’incremento dell’efficienza del mercato del lavoro, che innalza illivello dello scambio tra le competenze degli immigrati e i posti di lavoro loroproposti. Diventa infatti possibile impiegare i lavoratori stranieri anche inattività qualificate, per le quali l’offerta interna non è comunque sufficiente;allargare il bacino delle risorse umane a cui attingere in fase di reclutamento eselezione; sviluppare nuovi servizi e attività attraverso processi di job creation(lavoro indipendente, cooperative).

Immigrati e lavoro in Italia

Malgrado le difficoltà segnalate, il lavoro immigrato ha assuntoun’importanza crescente nel sistema economico italiano. Questo vale non soloper l’economia sommersa, ma anche per il mercato del lavoro ufficiale.Nonostante le carenze, le fonti statistiche documentano in maniera molto chiaral’incremento della partecipazione degli immigrati. Anche se in manieraimprecisa e frammentaria, i dati disponibili confermano che si tratta in granparte di lavori manuali a bassa qualificazione, spesso temporanei, stagionali oin vario modo precari: i cosiddetti lavori delle tre D (dirty, dangerous,demanding )

Dall’inizio degli anni ’90, con una pausa relativa in occasione della crisieconomica del ’93, il lavoro immigrato continua ad essere richiesto,specialmente in alcune regioni e sistemi produttivi locali, e cresce con tassi chenon trovano riscontro nel mercato dei lavoratori italiani. I dati INPS relativiall’occupazione “ufficiale” nel sistema delle imprese rimangono tuttavia moltoal di sotto del numero effettivo di immigrati regolarmente residenti in Italia permotivi di lavoro.

Un’analisi curata da Venturini e Villosio (1998) ha mostrato - rispetto ai dati1993 - un serio problema di sottorappresentazione: controllando il luogo dinascita dei lavoratori, dopo aver eliminato i paesi di tradizionale emigrazioneitaliana, è risultato che i lavoratori nati all’estero sono più del doppio di quelliregistrati dall’INPS come tali. Se il datore di lavoro non effettua il prelievospeciale previsto dalla legge per finanziare l’eventuale rientro in patria dellavoratore, questi non viene conteggiato come straniero.

È evidente pertanto che i dati INPS che analizzeremo (tab..2) devono essereassunti come indicativi di un fenomeno - quello dell’inserimento nel lavoro

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regolare - che ha presumibilmente proporzioni molto maggiori. I confronti trale aree del paese, in modo particolare, si basano sull’ipotesi che la sotto-rappresentazione dell’inserimento degli immigrati sia equamente distribuita. Idati relativi agli avviamenti, che commenteremo successivamente, integrano ein buona misura avvalorano le considerazioni relative ai dati INPS.

Tab. 2. Immigrati dipendenti da imprese: dati complessivi, 1992-1997

R e g i o n i 1 9 9 2 1 9 9 3 1 9 9 4 1 9 9 5 1 9 9 6 1 9 9 7 D i ff . D i ff . %1 9 9 2 1 9 9 2 1 9 9 71 9 9 7 1 9 9 7 s u

v a l . % t o t .a s s o l . I t a l i a

A b ru z z o 6 9 2 9 9 6 1 . 1 5 9 1 . 2 1 7 1 . 5 0 6 1 . 6 9 6 1 . 0 0 4 + 1 4 5 , 1 1 , 1B a s i l i c a t a 7 6 8 2 5 3 6 6 9 4 8 7 + 1 1 + 1 4 , 5 0 , 0C a l a b r i a 1 3 8 1 3 5 1 6 8 1 7 9 4 2 8 3 1 9 + 1 8 1 + 1 3 1 , 1 0 , 2C a m p a n i a 4 4 1 5 2 1 5 3 8 6 6 7 1 . 8 8 9 1 . 4 9 0 1 . 0 4 9 + 2 3 7 , 9 0 , 9E m i l i a -R o m a g n a 1 6 . 8 2 8 1 4 . 2 6 8 1 5 . 1 5 4 1 8 . 0 4 1 2 0 . 9 9 3 2 3 . 8 4 7 + 7 . 0 1 9 + 4 1 , 7 1 4 , 9F r i u l i - Venezia G i u l i a 3 . 6 1 9 3 . 9 6 1 4 . 4 7 7 5 . 0 5 2 5 . 5 4 3 5 . 9 8 2 + 2 . 3 6 3 + 6 5 , 3 3 , 7L a z i o 6 . 0 9 1 6 . 1 2 0 5 8 6 1 5 . 8 7 1 7 . 5 8 3 8 . 9 7 2 + 2 . 8 8 1 + 4 7 , 3 5 , 6L i g u r i a 1 . 4 8 7 1 . 4 1 1 1 . 3 7 1 1 . 4 7 7 2 . 1 9 8 2 . 3 2 0 + 8 3 3 + 5 6 , 0 1 , 4L o m b a rd i a 2 5 . 3 1 9 2 5 . 8 9 6 2 6 . 8 9 9 3 1 . 0 5 9 3 7 . 3 5 7 4 3 . 0 2 7 + 1 7 . 8 8 8 + 7 0 , 6 2 6 , 9M a rc h e 2 . 2 7 5 2 . 5 2 4 3 . 1 4 8 3 . 9 9 6 4 . 6 6 2 5 . 9 1 2 + 3 . 6 3 7 + 1 5 9 , 9 3 , 7M o l i s e 6 6 4 2 3 1 3 0 4 7 5 5 - 1 1 - 2 0 , 0 0 , 0P i e m o n t e 7 . 3 4 2 6 . 8 8 2 7 . 3 8 7 8 . 7 9 1 1 2 . 3 5 5 1 2 . 9 7 4 + 5 . 6 3 2 + 7 6 , 7 8 , 1P u g l i a 7 5 2 6 7 0 6 8 5 6 6 8 1 . 2 6 8 1 . 2 0 7 + 4 5 5 + 6 0 , 5 0 , 7S a rd e g n a 1 6 8 1 4 7 1 1 7 1 1 1 2 1 7 2 4 5 + 7 7 + 3 1 , 4 0 , 1S i c i l i a 1 . 2 9 4 1 . 1 7 4 1 . 0 7 4 1 . 0 0 1 1 . 3 0 4 1 . 3 7 5 + 8 1 + 6 , 2 0 , 8To s c a n a 4 . 3 1 4 4 . 7 7 0 5 . 4 3 8 6 . 3 4 3 1 0 . 4 5 8 1 1 . 1 3 3 + 6 . 8 1 9 + 1 5 8 , 0 6 , 9Tre n t i n o - A l t oAdige 3 . 8 4 8 4 . 3 6 7 4 . 7 9 7 5 . 8 7 1 6 . 8 0 8 7 . 5 8 0 + 3 . 7 3 2 + 9 7 , 0 4 , 7U m b r i a 1 . 1 3 0 1 . 0 7 6 1 . 2 6 9 1 . 4 1 2 1 . 9 6 1 2 . 4 0 0 + 9 1 0 + 8 0 , 5 1 , 3Val d'Aosta 4 0 4 3 6 4 3 0 3 3 1 8 3 6 7 3 6 9 - 3 5 - 8 , 7 0 , 2Ve n e t o 1 3 . 0 4 1 1 3 . 0 9 3 1 5 . 7 5 7 2 0 . 1 5 4 2 5 . 3 0 7 2 9 . 5 5 4 + 1 6 . 5 1 3 + 1 2 6 , 6 1 8 , 4

To t a l e 8 9 . 3 2 5 8 8 . 4 9 9 9 5 . 6 8 6 1 1 2 . 3 2 4 1 4 2 . 2 7 4 1 6 0 . 3 6 4 + 7 1 . 0 3 9 + 7 9 , 5 1 0 0

Fonte: elaborazioni ISMU su dati INPS per gli anni 1992-95. Per il 1996, si èfatto riferimento alle elaborazioni della Caritas di Roma. Per il ’97 ai datimensili INPS, ancora non definitivi. Per gli anni 1992-95 si è tenuto conto deglioccupati al 31 dicembre; per il 1996, alla media dell'anno; per il 1997 allamedia dei primi 11 mesi dell’anno, essendo incompleti i dati di dicembre.

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Nel confronto tra le ripartizioni territoriali il Nord-Est primeggia, concospicui incrementi soprattutto in Veneto (tra le regioni settentrionali, è quellache cresce maggiormente) e in Trentino Alto Adige; il Nord-Ovest si spacca indue, con un’incidenza molto rilevante della Lombardia (più di un occupatoimmigrato su quattro registrati in tutto il paese), mentre Piemonte e Ligurianon appaiono molto interessate dal fenomeno, nonostante qualche segno dirisveglio negli ultimi due anni; nell’Italia Centrale, alcune regioni ad economiadiffusa (segnatamente, la Toscana e le Marche) stanno crescendo rapidamente;al Sud, dopo un certo pro g resso nel ’96, legato probabilmente alleregolarizzazioni, nel ’97 si registra quasi ovunque stagnazione o addiritturadecremento (come nel caso anomalo della Campania). Alcuni spettacolariincrementi sono una tipica illusione statistica: partendo da valori iniziali moltobassi, qualche centinaio di occupati in più fa schizzare verso l’alto gliincrementi percentuali. Soltanto l’Abruzzo prosegue con un trend di crescitalento ma abbastanza regolare, che lo approssima alle vicine Marche.

Alla fine del 1996, ultimo dato disponibile, i lavoratori del settore sonorisultati quasi 100.000 (esattamente, 97.148), quasi raddoppiati rispetto al ’94,quando erano poco più di 50.000 (52.251). Nel 1994, si trattava del 28,1% deirapporti di collaborazione domestica dichiarati all’INPS; nel 1996, sono arrivatial 46,3%. In alcune regioni (Lombardia, Lazio, Sicilia), rappresentano lamaggioranza. Mentre inoltre, come si è potuto notare in base ai dati provincialisugli avviamenti, l’inserimento nelle imprese ha chiari rapporti conl’effervescenza dei sistemi produttivi diffusi, il settore della collaborazionedomestica ha spiccate caratteristiche metropolitane: a Roma si tratta del 70,5%su un totale di 33.709 collaboratori domestici; a Milano del 72,7% su un totaledi 27.105; a Firenze del 57,1% su 7.004: a Palermo del 61,3% su 6.313; a Napolidel 55,5% su 5.830; a Genova del 52,1% su 4.300 (per questi dati: Caritas diRoma, 1999).

Prendiamo ora in considerazione i dati relativi agli avviamenti al lavoro, chesi riferiscono agli inserimenti lavorativi; si tratta dunque di flussi in entrata, chenon registrano le uscite e non ci consentono di conoscere lo stock dioccupazione immigrata. Dovrebbero fornirci però una fotografia più completadell’inserimento degli immigrati nell’occupazione dipendente nell’ambito deidiversi settori produttivi, anche se purtroppo i successivi avviamenti dellostesso soggetto nel corso dell’anno - tipici proprio delle attività stagionali eprecarie - non possono essere individuati e corretti.

Così a prima vista colpisce il dato quantitativo: quasi 200.000 avviamenti nel’98. Rispetto al ’97 (172.108 avviamenti), si osserva un incremento del 7,1%. Masettori come l’agricoltura, l’edilizia, parte dei pubblici esercizi e in generale leattività legate al turismo, alcuni comparti dell’industria, utilizzano una forzalavoro variabile in funzione delle esigenze del momento, rigonfiando così iltotale degli avviamenti. Inoltre, un numero elevato di avviamenti può anchesignificare un’elevata instabilità e una tendenza (volontaria o indotta) allamobilità occupazionale.

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Tab.3 Avviamenti al lavoro 1998, per regioni e settori produttivi

Regione Agricoltura Industria Altre Uomini Donne Totaleattività

Valle d’Aosta 159 173 307 514 125 639Piemonte 1.640 6.216 3.897 9.901 1.852 11.753Lombardia 2.541 15.950 13.802 27.392 4.901 32.293Liguria 494 998 2.090 2.884 698 3.582Totale Nord-Ovest 4.834 23.337 20.096 40.691 7.576 48.267

Trentino Alto Adige 5.302 1.559 4.677 9.083 2.455 11.538Veneto 2.498 17.666 8.930 22.813 6.281 29.094Friuli V.G. 436 3.000 2.161 3.957 1.640 5.597Emilia Romagna 5.002 11.877 8.623 19.831 5.671 25.502Totale Nord-Est 13.238 34.102 24.391 55.684 16.047 71.731

Toscana 3.730 6.077 4.374 11.038 3.143 14.181Umbria 2.538 1.224 895 3.831 826 4.657Marche 637 3.180 2.285 4.399 1.703 6.102Lazio 2.919 2.107 3.464 7.156 1.334 8.490Totale Centro 9.824 12.588 11.018 26.424 7.006 33.430

Abruzzo 1.810 1.412 1.159 3.675 706 4.381Molise 163 42 17 185 37 222Campania 843 847 669 2.041 318 2.359Basilicata 701 97 99 804 93 897Puglia 2.449 968 1.285 3.870 832 4.702Calabria 460 659 1.374 397 1.771Sicilia 5.329 1.033 6.805 10.184 2.382 12.566Sardegna 114 120 307 425 123 548Totale Sud e isole 11.468 4.899 11.919 22.558 4.888 27.446

Totale Italia 48.595 72.672 63.058 145.357 35.517 180.874

Fonte: Ministero del lavoro

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La quota molto elevata di avviamenti in agricoltura (26,4% del totale) sispiega così con la domanda di manodopera stagionale; anche nel 34,2% delterziario si cela probabilmente una ragguardevole quota di occupazioneinstabile, per esempio nel comparto turistico-alberg h i e ro; nel 39,4%dell’industria occorre tenere conto dell’edilizia, che risente anch’essa diandamenti stagionali e oscillazioni congiunturali.

In effetti, le forme contrattuali dette “atipiche” sono largamente utilizzate:si tratta per il 20,1% di rapporti di lavoro a tempo parziale; per il 3,5% dicontratti di formazione-lavoro; e soprattutto, per oltre un terzo (36,6%) dioccupazioni a tempo determinato. I rapporti di lavoro standard (tempo pieno,durata indeterminata) non riguardano che un esiguo 39,8% degli avviati. Percontro, prima di correre ad affrettate conclusioni sull’impiego di immigraticome risposta ad una domanda di flessibilità occupazionale, va ricordato checomplessivamente gli avviamenti degli ultimi anni tendono a privilegiare irapporti atipici rispetto a quelli standard, che sono passati in minoranza anchetra i lavoratori italiani: sui nuovi ingressi nel mercato del lavoro (aprile ‘97-aprile ’98), si registra un 35,9% di occupati temporanei e un 19,8% di occupatia part-time (Isfol, 1998).

Il mercato degli avviamenti continua a caratterizzarsi poi in senso maschile(80,3% del totale), anche se è probabile che gli uomini siano più coinvolti delledonne in occupazioni ad alta precarietà, come quelle agricole ed edili.Va ricordato inoltre che nel settore domestico, è possibile attuareuna procedura di assunzione semplificata che non richiede il passaggioa l l ’ u fficio di collocamento: gli avviamenti nel settore sono cosìsistematicamente sottostimati, con un conseguente sottodimensionamento dellacomponente femminile del lavoro immigrato, nettamente concentrata nelsettore (Ambrosini, 1999).

Un’altra conferma deriva dall’analisi delle qualifiche: resta un evento rarol’avviamento di un immigrato come impiegato (appena 2.618 casi, su oltre180.000 avviamenti, che equivalgono all’1,4%), ma anche come operaiospecializzato (2,6%). Le cose vanno un po’ meglio per gli operai qualificati(26.604, pari al 14,4%). Il riconoscimento dei livelli di professionalità giàposseduti in precedenza o conseguiti dai lavoratori stranieri, anche dopo annidi permanenza in Italia, rimane in ogni caso molto problematico.

In sintesi, possiamo quindi affermare che è sempre più evidente latendenza ad utilizzare lavoratori immigrati in risposta ad una domanda dilavoro fluttuante, instabile o strutturalmente stagionale (agricoltura, edilizia,industria alberghiera), ma a questa si accompagna una domanda di lavorostabile e integrato, soprattutto nelle fabbriche dei sistemi produttivi diffusi e nelbasso terziario urbano, sempre però riferito a basse qualifiche; resta invecemolto ardua la carriera professionale degli immigrati, con il passaggioa qualifiche di livello superiore (Zanfrini, 1999).

Ciò significa che gli immigrati rispondono ad una parte della domandadi lavoro del sistema economico italiano: quella più povera e discontinua,sempre più difficile da coprire con il ricorso alla manodopera nazionale.

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Una domanda poco visibile e analizzata in maniera ancora inadeguata, madiffusa tanto nel sistema delle piccole e medie imprese, quanto nel bassoterziario metropolitano. Da tempo però le imprese insistono anche sulfabbisogno di altri tipi di lavoro: quello manuale qualificato e specializzato equello tecnico-specialistico.

La formazione professionale tra politiche socialie politiche del lavor o

Le politiche del lavoro e dell’occupazione vengono spesso intese come unambito specialistico e interno alla regolazione del sotto-sistema economico,concettualmente separato dal più ampio campo delle politiche sociali(Colasanto, 1998).

Nell’introdurre questa ricerca, vorremmo invece sostenere che si tratta di unluogo cruciale per l’edificazione di un nuovo sistema di welfare, non solo perla rilevanza drammatica che la questione occupazionale riveste per la coesionesociale delle società sviluppate, ma anche per la possibilità di introdurreproprio a partire dalle politiche del lavoro e dell’occupazione una serie dielementi innovativi rispetto alle tradizionali concezioni delle politiche sociali:tendenziale personalizzazione degli interventi; ricerca di soluzioni locali emirate; coinvolgimento di una pluralità di attori, oltre alle istituzioni pubbliche,in una logica di raccordo degli interventi e di programmazione negoziata;attivazione e responsabilizzazione dei beneficiari; enfasi sulla dimensionepromozionale, anziché sugli elementi garantisti e su provvedimenti miranti alsemplice sostegno dei redditi.

In questa linea di raccordo tra politiche sociali e politiche di governo delmercato del lavoro, Paci (1997) ha insistito sul concetto di un nuovo “welfaredelle opportunità”, in luogo del welfare della protezione passiva che viene dalpassato. I suoi capisaldi dovrebbero essere rappresentati appunto, oltre chedall’istruzione, dalla formazione professionale e dalle politiche attive del lavoroe dell’occupazione. In altri termini, viene indicata l’esigenza di proteggeremeno determinate categorie e situazioni, e di investire un maggior volume dirisorse nell’attrezzare i cittadini ad acquisire le competenze necessarie perinserirsi nel mercato del lavoro, per rimanervi ed eventualmente per rientrarvi.Anche Giddens (1999) indica come linea guida l’investimento nel capitaleumano, preferendolo a sostegni economici diretti agli individui. In luogo delloStato sociale del passato, egli propone l’idea di uno Stato come “investitoresociale”, operante nel contesto di una società di welfare positivo. Laf o rmazione può dunque essere considerata a giusto titolo come unacomponente del pacchetto dei diritti di cittadinanza: giacché nessuno Statosociale può oggi promettere credibilmente di garantire a tutti cittadinil’occupazione, diventa decisivo l’impegno nel forn i re e aggiorn a re lecompetenze professionali necessarie per trovare, mantenere ed eventualmenteritrovare un’occupazione (Colasanto, 1993).

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In questo contesto di valorizzazione del significato della formazione sulpiano delle politiche atte a contrastare la crescita dei fenomeni di povertà edesclusione, declinando in forme attive e responsabilizzanti i diritti sociali dicittadinanza, trova una speciale collocazione la formazione professionaledestinata alla forza lavoro straniera.

Un’analisi della formazione professionale degli immigrati comporta infattiun allargamento di prospettiva, su un duplice livello. Nell’ambito del mercatodel lavoro, si tratta di un trampolino per consentire il salto dai lavori che oggigli immigrati svolgono a quelli che potrebbero reperire una volta che le lorocompetenze professionali fossero accresciute e formalizzate, producendo cosìuna crescita dell’occupazione stabile dei lavoratori stranieri e una risposta afabbisogni di personale di più alto livello. Sul piano dei diritti di cittadinanza,si tratta invece di una leva per dare concretezza alle affermazioni dieguaglianza, lotta alle discriminazioni e promozione di pari opportunità.

Si tratta però di una questione non facile da affrontare, non solo per leresistenze sul versante italiano (da parte di datori di lavoro, lavoratori nazionali,istituzioni pubbliche) ad aprire agli immigrati effettive prospettive dimiglioramento occupazionale, ma anche per due caratteristiche peculiari dellecompetenze professionali degli immigrati:1. parecchie competenze, benché elevate, sono legate al contesto in cui sono

state acquisite: un laureato in letteratura araba sarà poco richiesto nelmercato del lavoro italiano;

2. molte competenze nelle fasce medio-alte del mercato del lavoro perd i v e n t a re trasferibili devono essere accompagnate da una buonaconoscenza della lingua italiana, parlata e a volte anche scritta: è il caso peresempio di giornalisti, operatori sociali, medici, avvocati e altre professioniche comportano fitte relazioni con colleghi e clienti italiani.Non basta pertanto constatare che molti immigrati sono istruiti, per

concludere immediatamente che vi è un corrispondente spreco di risorse nelsistema economico italiano. La migrazione modifica, a volte profondamente, ilcapitale umano di cui il soggetto dispone: a volte lo innalza, rendendolo piùprezioso (è il caso per esempio delle skilled migrations, l’altra faccia del braindrain dai paesi poveri ai paesi ricchi; oppure degli immigrati che realizzanoprogetti imprenditoriali basati sull’assunzione di un ruolo di ponte tra societàe culture diverse); più spesso lo deprime, provocando una dequalificazioneprofessionale del lavoratore che si insedia in un paese diverso.

È interessante dunque pro c e d e re ad una mapppatura, almeno ipotetica, dellecompetenze professionali possedute dagli immigrati, che consideri non solo illivello e il tipo di competenze, ma la loro spendibilità nella società ricevente.

Un primo caso è quello delle competenze elevate e trasferibili (peresempio, di tipo medico). Qui il problema è soprattutto quello delriconoscimento formale e del superamento delle barriere derivanti dalmonopolio degli iscritti ad ordini, collegi, albi professionali.

Un secondo caso è quello delle competenze elevate, ma non trasferibili epoco adattabili. Abbiamo già fatto l’esempio delle lauree in discipline letterarie.

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Qui si può perseguire però una strategia che punti al riconoscimento dei titolidi studio, come base per poter competere a posizioni migliori nel mercato dell a v o ro, per le quali peraltro l’istruzione potrà forn i re soprattutto basigeneralistiche e metodologiche. La formazione professionale potrebbe inserirsicome struttura di mediazione tra istruzione conseguita e spazi potenziali diinserimento nel mercato del lavoro.

Una terza possibilità riguarda il possesso di competenze tecnico-produttivedi livello intermedio (quelle tipiche nel nostro sistema del perito industriale edell’operaio specializzato). Qui il mercato, almeno privato, sembra manifestarebuone capacità di assorbimento, sebbene subentrino resistenze quandoentrano in gioco ruoli di coordinamento e supervisione nei confronti dilavoratori italiani. Il problema in questo caso riguarda la valutazione, ilrafforzamento e la formalizzazione del possesso di competenze verificabili sulpiano tecnico, a cui il sistema della formazione professionale può contribuireefficacemente.

Abbastanza simile è il caso delle competenze acquisite in Italia sul posto dilavoro. Il problema però non riguarda le procedure di riconoscimento dicompetenze acquisite all’estero, ma la disponibilità delle imprese a valorizzarele capacità degli immigrati, a incrementarle e a formalizzarle in termini diinquadramento contrattuale. Una via indiretta ma utile può passare attraversoil bilancio di competenze e l’utilizzo delle opportunità fornite anche ailavoratori occupati dal sistema della formazione professionale.

Vi sono poi competenze creative, musicali, artistiche, sportive, impiegatesoprattutto nel tempo libero, che richiederebbero interventi formativi e diaccompagnamento originali per trasformarsi in opportunità professionali. Inquesto campo, le chance più interessanti ricadono nel contesto del lavoroindipendente, che dovrebbe trovare minori ostacoli in seguito all’entrata invigore della legge 40.

Infine, possono essere ricordate le competenze che si costruiscononell’interazione e nello scambio tra immigrati e società ricevente. Sono lecompetenze dei leader naturali e dei migranti che, nell’ambito delle reti etnicheo di qualche associazione, operano per il riconoscimento dei diritti el’integrazione sociale dei loro connazionali. In questo caso, il problema èquello di “professionalizzare” queste attività nell’ambito di organizzazionipubbliche e private. Qui l’intervento del sistema della formazione professionaleè già cospicuo nell’offerta di corsi per mediatori, anche se questa figuraprofessionale resta ancora piuttosto vaga e soggetta a disparati impieghi.Rimane tuttavia un problema di sbocchi. Essendo l’amministrazione pubblicavincolata ad assumere soltanto cittadini italiani, l’inserimento degli immigrati inquesto comparto può avvenire quasi soltanto in forme precarie e indirette(contratti di collaborazione, affidamento di servizi a cooperative oassociazioni). Il comparto associativo, a sua volta, per poter offrire opportunitàoccupazionali, dipende quasi esclusivamente da finanziamenti pubblici.L’inserimento professionale degli immigrati nelle attività di mediazioneinterculturale appare legato allo sviluppo di forme di collaborazione tra sfera

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pubblica, con riferimento soprattutto alle istituzioni locali, e sfera privato-sociale; in quest’ultima nel futuro, è probabile che si accrescano gli spazi perl’iniziativa degli immigrati, con lo sviluppo di cooperative e associazioni.

Formazione professionale e integrazione degli immigrati

L’aumento dell’occupazione regolare e l’accesso a qualificazioni e posti dilavoro migliori si tradurrebbero ovviamente in primo luogo in un incrementoe una stabilizzazione dei redditi dei lavoratori stranieri; ma contribuirebberoanche a migliorare l’immagine degli immigrati, con effetti benefici sullasoluzione dei problemi di integrazione extra-lavorativa (pensiamo in primoluogo all’abitazione). Non bisogna nascondersi però anche il rischio chel’accresciuta competitività degli immigrati sul mercato del lavoro generi ancheconcorrenza e tensioni con l’offerta di lavoro italiana, molto più presente nelleattività di media e alta qualificazione a cui gli immigrati potrebbero candidarsi.Subentrano a questo proposito due considerazioni:• sotto il profilo economico, un mercato più ricco di offerta è stimolato ad

una maggiore efficienza, sia nei processi selettivi, sia nel contenere lepressioni salariali, sia nello sviluppo di nuove attività;

• sotto il profilo politico, l’uguaglianza dei trattamenti e delle condizioni diimpiego - principio universalmente condiviso - non può essere applicatasoltanto dopo che gli immigrati hanno trovato lavoro, ma per essereeffettiva deve valere anche prima, nella definizione delle condizioni diaccesso al mercato del lavoro e nei dispositivi che favoriscono l’incontro tradomanda e offerta di lavoro. Ogni eccezione in proposito dovrebbe esseregiustificata sulla base di precise argomentazioni. In caso contrario,si sanzionerebbe una divisione etnica del lavoro foriera di altredisuguaglianze, ossia una sorta di apartheid più o meno formalizzato.

Come si può constatare, interventi di politica attiva del lavoro in un campoproblematico come quello dell’immigrazione sono destinati in ogni caso adavere ripercussioni ed effetti sociali più ampi.

Già oggi in effetti la formazione professionale destinata agli immigrati sitrova a rispondere ad un arco molto ampio di esigenze sociali. In carenza dialtri interventi di politica sociale, educativa, occupazionale, al sistema formativoè stato chiesto:• di occuparsi della formazione linguistica e della socializzazione degli

immigrati alla società italiana• di attuare surrettiziamente interventi di natura assistenziale, assicurando un

reddito minimo a quanti, arrivati da poco o disoccupati senza risorse su cuicontare, si trovano in condizione di necessità

• di contribuire al recupero e all’integrazione sociale di minori abbandonati,sfruttati, coinvolti in esperienze devianti

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• di offrire opportunità di socializzazione e apprendimento a donne giuntein Italia senza progetti professionali definiti, come mogli al seguito o comevittime dello sfruttamento sessuale

• di assicurare un’occupazione a immigrati che, più che essere interessati allaformazione, hanno l’obiettivo di trovare un lavoro e disporre di un redditorelativamente stabile

• di aprire prospettive di promozione agli immigrati istruiti e desiderosi dimigliorare la loro condizione professionale.

In altri termini, la formazione non è solo uno strumento delle politiche dellavoro, ma trova collocazione nell’ambito delle politiche per l’integrazionedegli immigrati. Inoltre, la formazione non è solo una via all’integrazionefutura, ma anche un luogo in cui, qui e ora, già si realizzano processi diintegrazione: tra immigrati di differenti provenienze e condizioni sociali, spessodivisi da pregiudizi e contrapposizioni antiche e recenti; e soprattutto traformandi e formatori, intesi come singoli e come istituzioni. La formazione èun luogo intermedio e in un certo senso protetto, in cui è possibile attutire irumori molesti e filtrare le scorie amare che il faticoso processo di inserimentoin una società aliena, diffidente, spesso ostile, lascia nella memoria dellepersone. Nel contesto formativo è possibile porre domande e ricevere risposte,raccogliere e decodificare informazioni, verificare la fondatezza di notizieraccolte, esporre esperienze vissute, manifestare preoccupazioni e disagi,elaborare aspirazioni e progetti, confrontare costumi, valori e visioni della vita,andando oltre gli angusti confini del clan familiare o della comunità etnica. Etutto questo senza timore di apparire importuni, di suscitare insofferenza oironia, di alimentare stereotipi e pregiudizi. In questo senso la formazione puòessere vista come una “nicchia di accoglienza”, in cui sia possibile costruirerelazioni di reciprocità, fondate “su quel sapere del quale gli immigrati hannobisogno come l’aria per non continuare ad essere ‘sordi’ in mezzo ad unpopolo di ciechi” (Salomone, 1994: 211).

In questo microcosmo, comunicante con la società più ampia e insiemeappartato, vi è spazio per ridefinire e negoziare la propria identità culturale eprofessionale nel contesto della società ospitante. La formazione ha unacomponente prettamente assimilatoria, in quanto propone agli immigrati unpacchetto di contenuti (linguistici, comportamentali, tecnico-professionali) aiquali richiede di conformarsi per poter trovare cittadinanza. Ma è anche illuogo in cui i formandi possono discutere e confrontare il proprio bagaglio disaperi e convinzioni con le norme e le istituzioni sociali della società che liriceve, valutando quanto accettare, quanto respingere, quanto conosceremeglio. Il migrante può essere visto infatti come un “viaggiatore culturale”,situato in una dinamica di transizione e di ricerca di nuovi equilibri tral’ambiente di partenza e la società in cui ha scelto di insediarsi (Perotti, 1986).L’integrazione degli immigrati, a sua volta, può essere definita come unp rocesso multidimensionale e interattivo (Colasanto, Ambrosini, 1993):un processoperché non si tratta di un dato, bensì di un fenomeno dinamico e

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fluido, che evolve nel tempo attraverso molteplici occasioni di apprendimentoe di rapporto con la società ospitante; multidimensionale in quanto si svolgea diversi livelli (economico, culturale, sociale, politico), almeno parzialmenteindipendenti, cosicché per esempio l’integrazione nella sfera economica puòprocedere in modo diverso (non necessariamente più rapido) dell’integrazionesocio-culturale; interattivo , perché richiede non solo l’impegno dell’immigrato,ma anche una partecipazione attiva della società ricevente e delle sueistituzioni. In questo quadro, la formazione assurge a luogo privilegiato per loscambio e la mediazione interculturale: anzitutto come veicolo diapprendimento linguistico e sociale, ma più profondamente come spazio didialogo, di comunicazione aperta, di elaborazione progettuale.

Le tendenze degli ultimi anni

Nonostante queste valenze strategiche, le politiche della formazioneprofessionale rivolta a immigrati hanno conosciuto andamenti contrastanti, inragione di un’impostazione volontaristica che le avvicina ad altri interventi dipolitica sociale per la popolazione immigrata. Come per essi, non vi è certezzadella continuità dei finanziamenti per le iniziative, che restano in gran partecondizionati dalla volontà politica degli amministratori locali e regionali.Progetti molto validi possono essere bruscamente interrotti a causa di uncambio di assessore o di maggioranza. Crisi di giunta possono tenere bloccateper mesi le iniziative. L’avvento di nuove amministrazioni può determ i n a re unarapida ripresa degli interventi, dopo anni di stasi, convogliando nel settorel’attenzione di soggetti con scarsa preparazione ed esperienza pre g ressa, attrattipiù dalla disponibilità di finanziamenti che da un interesse intrinseco per una rgomento così complesso e problematico. Fattori esterni di natura politica, datal’elevata sensibilità delle questioni connesse all’immigrazione, possono incideresulla disponibilità a investire nel settore. Il pur necessario radicamento localedelle iniziative formative si traduce in una sperequazione territoriale accentuata,che già diff e renzia le opportunità formative disponibili per la popolazionenazionale, ma si carica di valenze politiche ulteriori nel caso degli immigrati.

In questo approccio alle politiche sociali per gli immigrati, in larga misuraimplicito e volontaristico, le esperienze maturate negli anni ’90 consentono diindividuare alcune linee di tendenza.

La prima si riferisce alla diversificazione dell’offerta formativa, in relazionealle nuove caratteristiche ed esigenze della popolazione immigrata, che inquesto decennio si è internamente articolata e differenziata.

Possiamo infatti distinguere anzitutto esperienze di corsi giuridicamente“chiusi”, riservati a immigrati; corsi “aperti”, ma di fatto destinati a personeimmigrate; corsi “aperti”, a cui gli immigrati accedono a pari titolo con icittadini italiani (Capecchi, Pinto, 1998).

In secondo luogo si può identificare una tendenza all’articolazione delleproposte corsuali, in relazione alla differenziazione della composizione

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dell’utenza a cui si rivolgono. Si possono distinguere per esempio:• corsi di orientamento, socializzazione e prima qualificazione, destinati a

immigrati neo-arrivati, con scarsa o nulla conoscenza della lingua e dellasocietà italiana;

• corsi destinati a donne, con obiettivi di emancipazione e integrazionesociale oltre che di formazione a qualificazioni specifiche

• corsi di formazione professionale specifica destinati a immigrati in cerca dilavoro, generalmente assistiti da borse-lavoro

• corsi di formazione destinati a immigrati occupati, con obiettivi dispecializzazione, realizzati in orari atipici

• corsi di formazione per minori, dedicati specialmente alle fasce a rischio • corsi di alta e media qualificazione, destinati a fasce istruite e in genere già

in possesso di una buona competenza linguistica, finalizzati a formarefigure come quelle dei mediatori interculturali

• corsi finalizzati a supportare esperienze di micro-imprenditorialità, sia nellavoro autonomo sia in forma cooperativa

• corsi di formazione finalizzati al rientro nei paesi di provenienza• corsi per operatori e formatori italiani professionalmente impegnati in

iniziative dedicate alla popolazione immigrata (una classificazione diversaè presentata da Tronti, 1998)

Un’altra tendenza identificabile, almeno embrionalmente e con riferimentoalle esperienze più riuscite, è quella di integrare la formazione con altri servizie interventi di politica sociale e specificamente di politica attiva del lavoro: peresempio, “sportelli lavoro” per cittadini immigrati, aperti presso le sedi dei corsidi formazione; certificazione di competenze già acquisite e riconoscimento dicrediti formativi, unita all’organizzazione di percorsi formativi modulari (sitratta di esperienze segnalate da Capecchi e Pinto, 1998, con riferimento al casoemiliano; nell’ambito del presente progetto, alcune di esse sono state promossedalla Casa di Carità Arti e Mestieri di Torino).

Si può aggiungere che l’utenza immigrata richiede più di altre un’efficaceintegrazione sia verticale (con altri interventi di politica attiva del lavoro edell’occupazione), sia orizzontale (con altre misure di politica sociale). Occorreorientare e accompagnare i soggetti disoccupati nel mercato del lavoro,f a v o r i re con strumenti adeguati (come il bilancio di competenze) lavalorizzazione delle competenze che l’immigrato possiede, indirizzare chi lodesidera verso il lavoro autonomo. Ma occorre anche seguire le pratiche diregolarizzazione, dare informazioni utili per risolvere il problema abitativo,agevolare i ricongiungimenti familiari. Rispetto al primo ordine di esigenze, laformazione professionale per gli immigrati può favorire e per certi aspettianticipare lo sviluppo dei servizi a domanda individuale, necessari per unagestione finalmente moderna del mercato del lavoro.

Rispetto alle esigenze del secondo tipo, il sistema formativo è chiamatopiuttosto a sviluppare esperienze di integrazione in rete con altre istituzioni eservizi operanti nell’ambito socio-assistenziale, anch’esse antesignane

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di prospettive future per la ridefinizione del ruolo della formazione destinataalle fasce che incontrano difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro.

Dilemmi e problemi aperti

Le esperienze fin qui realizzate e conosciute consentono poi di identificarealcuni nodi problematici.

Il primo è quello già individuato dell’andamento non lineare delle politicheformative, troppo dipendenti dal volontarismo delle amministrazioni locali edalla disponibilità di fonti di finanziamento incostanti (come i fondi socialieuropei). È evidente il rischio di dispersione delle esperienze realizzate, cheper raggiungere standard di qualità soddisfacenti richiedono la costruzione diuna fitta trama di rapporti con diversi attori, la cura di numerosi particolari(dal materiale didattico, ai criteri di selezione dell’utenza, all’elaborazione dimetodologie per l’insegnamento della lingua italiana a stranieri), la disponibilitàdi personale specializzato e motivato. L’instabilità compromette la possibilità diistituire “luoghi di intensità”, dedicati all’accumulazione di documentazione,esperienze e competenze specifiche.

A questo tema si collega la necessità di equilibrare competizione suiprogetti e continuità delle esperienze: la questione è in verità riconducibile alnodo più generale dell’accreditamento delle strutture formative, e delconseguimento di un rapporto soddisfacente tra apertura del merc a t oe presidio della qualità del servizio erogato. Nel campo della formazione degliimmigrati, si avverte ancora di più l’esigenza di disporre di presidi specialisticie strutture che assicurino una continuità di impegno sul tema, in collegamentocon altre esperienze di formazione professionale.

Sorge a questo punto il dilemma dell’alternativa tra formazione dedicata aisoli immigrati e inserimento degli immigrati in corsi di form a z i o n eprofessionale a utenza indifferenziata. Il dibattito sull’argomento indica unapreferenza di principio per questa seconda soluzione, almeno come obiettivoa cui tendere (cfr. per es. Massa, 1994). La scelta di una formazioneprofessionale dedicata, per soli immigrati, deriva dalla considerazione dellepeculiarità e degli elementi di debolezza di questa componente dell’offerta dilavoro: scarsa conoscenza della lingua e della società italiana, mancanza delsupporto di reti primarie e conseguente domanda di assistenza economica,difficoltà di fruizione discendenti dalla composizione della formazione conattività lavorative, spesso precarie, atipiche, con orari variabili, ecc. Già lapionieristica indagine di Zucchetti (1992) aveva individuato come fattore disuccesso della formazione la presa in carico delle specificità dell’utenzaimmigrata e l’introduzione di soluzioni organizzative e didattiche peculiari.Oggi, a distanza di tempo è forse possibile riconsiderare il dilemmaintegrazione/specializzazione in relazione alla crescente eterogeneità dellapopolazione immigrata che entra in rapporto con il sistema formativo: per leseconde generazioni, che già hanno ricevuto un’istruzione di base in Italia,

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appare raccomandabile l’inserimento nella formazione generalistica, coneventuali interventi di supporto. Per gli immigrati già residenti da anni nelnostro paese, e in possesso di un’adeguata conoscenza dell’italiano, è pureimmaginabile la possibilità di partecipare efficacemente a corsi di secondaformazione con utenza mista. Per altri segmenti, in particolare gli immigratineo-arrivati, privi di competenze spendibili, con deficit linguistici, appareinvece tuttora più efficace, se non necessaria, la partecipazione a corsi diformazione dedicati.

Un terzo nodo problematico riguarda la connessione della formazione conuna lettura puntuale e aggiornata dei processi migratori. Sottovalutare il ruolodelle reti etniche e della loro capacità di occupare nicchie occupazionalispecifiche significa in molti casi compromettere gli esiti occupazionali di corsidi per sé ben impostati. Sopravvalutare le possibilità della formazione per ilrientro (una sorta di chimera per molti attori istituzionali e non, che traduceuna visione pessimistica dell’immigrazione, come fenomeno da contrastare erovesciare) significa non saper leggere le difficoltà, interne ed esterne, delritorno in patria degli immigrati.

Un quarto problema è quello dell’elaborazione di una didattica specifica,tanto più grave in un paese come il nostro che soltanto di recente è diventatopaese ospitante di flussi migratori, ha poca esperienza di insegnamento dellalingua italiana a stranieri, dispone di pochi formatori con un backgroundinterculturale.

Un quinto nodo su cui occorre approfondire la riflessione è quello del mixadeguato tra interventi strettamente formativi e attenzione alla dimensionesociale dell’inserimento dei lavoratori immigrati. Il luogo emblematico in cui sicondensa questo dilemma è quello delle borse o assegni destinati a sostenerela frequenza dei corsi. Per gli immigrati disoccupati, privi del sostegno delle retifamiliari e di altre fonti di reddito - si è sostenuto a suo tempo - le borserappresentano un incentivo indispensabile per ottenere la disponibilità allapartecipazione e incentivare la frequenza (cfr. Zucchetti, 1992). In casocontrario, qualunque opportunità di lavoro, anche la più instabile e di brevedurata, rischia di essere preferita ad un corso che apre forse prospettivepromettenti di inserimento nel futuro, ma non risolve il problema dellasopravvivenza nel presente. L’attivazione di queste misure di sostegno rischiaperò di introdurre una distorsione delle motivazioni della partecipazione, inassenza di altri interventi di assistenza sociale. Ai corsi si iscrivono, e vengonoinviati, anche soggetti interessati alla borsa, ma non alla formazione.

Più in generale, vale la pena di comprendere fino a dove debba estendersiil raggio di intervento della formazione professionale e quali finalità debbaintegrare. Assegnarle compiti troppo vasti di integrazione sociale e culturale,nonché di assistenza, rischia di esporla ad un sovraccarico funzionale che necomprometterebbe la missione fondamentale. D’altronde, una visione troppoangusta rischia di esporla ugualmente al fallimento, se non vengono assicuratemisure di accompagnamento che si rivelano necessarie per il successo degliinterventi formativi.

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Infine, va segnalato il problema dell’accesso ai corsi, che presenta dueaspetti. Il primo è quello della motivazione dell’immigrato: generalmente,pensando almeno alla tipica utenza dei corsi di base, si tratta di un soggettoche cerca un lavoro, non un’opportunità di formazione. Occorre una sorta di“maieutica della domanda formativa” per far evolvere la pressante esigenza dilavoro in una motivazione positiva nei confronti della partecipazione ad uncorso di formazione.

Il secondo risvolto è quello del reperimento degli allievi. Gli immigratihanno reti di socializzazione e raccolta di informazioni peculiari e differenziatea seconda dei gruppi etnico-nazionali. La debolezza dell’associazionismoformale rende ancora più difficile l’identificazione di interlocutori affidabili erappresentativi. Il rapporto con i luoghi di aggregazione, le istituzionifacilitatrici, i servizi che entrano in contatto con gli immigrati per altre ragioni,e alla fine - in un modo o nell’altro - le reti relazionali degli immigrati stessi, èuna condizione difficilmente eludibile per il successo dell’azione direperimento. Si potrebbe anzi affermare che la scelta dei canali informativi,consapevolmente o meno, preseleziona l’utenza.

Qualche cenno infine sugli obiettivi e sul metodo della ricerca.L’indagine qui presentata si inserisce in un progetto di intervento della Casa

di Carità Arti e Mestieri di Torino sui temi della formazione e dell’inserimentolavorativo degli immigrati.

La ricerca ha perseguito i seguenti obiettivi:• approfondire e confrontare le esperienze di formazione professionale per

gli immigrati nel contesto torinese, ponendo attenzione alla loro evoluzionenel tempo, alla differenziazione dell’utenza, alle soluzioni organizzativeintrodotte

• studiare i percorsi e le ragioni della partecipazione, la percezione dellaformazione, gli esiti degli interventi a partire dal punto di vista deipartecipanti

• operare un confronto tra contesti locali diversi, nell’intento di far emergerenodi problematici e buone pratiche nel campo della formazione degliimmigrati.

Il metodo adottato è stato dunque di tipo qualitativo, pur tenendo contodelle dimensioni quantitative rilevanti del tema analizzato (numero dei corsi,degli allievi, ecc.).

In particolare, per l’analisi delle esperienze formative torinesi la ricerca si èavvalsa della tecnica degli studi di caso (case study), molto utilizzata nellericerche sui temi organizzativi e particolarmente utile per fornire una visioneolistica delle esperienze considerate.

Lo studio degli atteggiamenti e delle motivazioni degli immigrati è statoeffettuato attraverso una serie di interviste in profondità ad un campione dipartecipanti ai corsi, differenziati per genere, provenienza, tipo di corsofrequentato (una ventina circa).

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Il confronto con altre esperienze è stato realizzato attraverso lapredisposizione di due studi monografici su due esperienze lombarde, unamilanese e una bresciana, particolarmente rilevanti nel panorama delle attivitàformative per immigrati nell’Italia settentrionale.

L’équipe di ricerca si è composta con: Elena Chinaglia, Roberta Ricucci,Laura Maritano, per la parte relativa a Torino; Chiara Buizza, per il casobresciano; Francesca Gisotti per il caso milanese.

Giorgio Rosso ha coordinato la ricerca per conto della Casa di Carità,Arti e Mestieri di Torino, mentre Maurizio Ambrosini ha assicurato la direzionescientifica.

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Capitolo 1Immigrati a Torino: lavoro e formazionedi Roberta Ricucci

Prima di tratteggiare brevemente il quadro dell’immigrazione a Torino,sono necessarie alcune avvertenze metodologiche sul tipo di dato presentato.

Innanzitutto le fonti a cui ci si riferisce: la Questura per i numeri suipermessi di soggiorno e sulle domande di regolarizzazione, l’anagrafe per i datisui cittadini residenti nel capoluogo piemontese, il collocamento per la partelavoristica, i dati scolastici per i minori. Le varie fonti non misurano lo stessoinsieme di persone, ma diversi insiemi, a volte intersecati fra di loro, a volteseparati, con all’interno, secondo modalità diverse, immigrati regolari eirregolari. Così non tutti quelli conteggiati nei dati dei permessi di soggiornohanno la residenza a Torino - o in un comune della provincia; non tutti gliiscritti all’anagrafe hanno un permesso di soggiorno valido. Non tutti i minorisono regolari e non tutti i regolari sono iscritti a scuola, come dovrebbe essere,mentre molti minori irregolari si iscrivono.

Accanto alla mancata coincidenza degli universi considerati dalle variefonti, vi sono poi i limiti della raccolta e del trattamento dei dati. I datianagrafici e lavoristici sono da assumere con cautela, soprattutto in un anno diregolarizzazione come è stato il 1998, un po’ più lontano dal vero. Così, mentreil Ministero dell’Interno e la Questura riescono a fornire i dati dei permessi disoggiorno in vigore, depurando il dato da quelli scaduti, i tempi dicancellazione - per trasferimento all’estero - dall’archivio anagrafico sono moltopiù lunghi. Oltre al numero, anche la qualità del dato deve essere letta conattenzione: i titoli di studio sono sempre più alti all’anagrafe e sempre di bassoprofilo al collocamento; le professioni dichiarate all’anagrafe possono esserequelle svolte in patria, o comunque in un’altra località da cui si provieneoppure quelle effettivamente svolte al momento dell’iscrizione nel comune diresidenza. Così anche per i dati del lavoro: molti contratti come colf, sono statinegli anni passati e saranno fittizi, saranno escamotage per coprire varie ediversificate situazioni in nero; mentre una parte cospicua dei veri contratti, inquesto settore, non passano attraverso gli uffici di collocamento, e i dati INPS(basati sul versamento di una specifica trattenuta) sono sistematicamente moltoinferiori alla realtà.

1.1. Una breve panoramica

Il quadro provinciale della presenza straniera extracomunitaria delinea laconsistenza di un fenomeno sempre meno episodico e sempre più strutturale.L’immigrazione è oggi a Torino, come nel resto d’Italia, entrata nella fase della

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stabilità. Gli indicatori di insediamento societario che confermano taleosservazione sono numerosi: aumento dei ricongiungimenti familiari, aumentodel numero dei permessi di soggiorno per lavoro autonomo, aumento deimatrimoni misti.

L’immigrazione di cittadini provenienti da paesi non appartenentiall’Unione Europea ha assunto in città delle caratteristiche rilevanti. Si citanoalcuni dati1 a conferma della tesi:• Il numero dei permessi di soggiorno rilasciati a stranieri sono stati 39.301

per l’intera provincia capoluogo del Piemonte;• I cittadini con passaporto non UE residenti a Torino erano, a fine 1998, 26.707;• Il numero delle domande di regolarizzazione - secondo il DPCM del

16/10/1998 - sono state 10.224.Il panorama è estremamente composito e in rapido mutamento. Siamo

oggi, infatti, non più nella cosiddetta prima fase del ciclo migratorio – arrivo disingoli giovani lavoratori stranieri – ma in una fase posteriore in cui i nucleifamiliari e i bambini sono molto aumentati.

Graf. 1 - Stratigrafica delle presenze a Torino al 31.12.98

1 Tutti i dati citati provengono da: Osservatorio Statistico interistituzionale sugli stranieri in provinciadi Torino - Rapporto 1998

6000

5000

4000

3000

2000

1000

500

01986

1987

Anno di iscrizione all’anagrafe

19881989

19901991

19921993

19941995

19961997

1998

Adulti Minori

29

Il passaggio da un progetto migratorio temporaneo ad uno di lungoperiodo, i segnali di assestamento, di spostamento dal centro alla periferia e ditendenziale riequilibrio di genere che i dati sostengono e confermano aprenuove prospettive, ha posto nuove problematiche, ha interrogato operatori emesso alla prova politiche sia a livello nazionale che a livello cittadino.

Una presenza che si stabilizza ed anche una presenza che interroga la cittàe i suoi servizi, non più sul fronte dell’accoglienza nell’emergenza, delledomande di sostentamento minimo poste all’amministrazione e al volontariatoda giovani adulti singoli. Sono ora donne, famiglie, adolescenti e minori cheinterrogano la città nei suoi diversi aspetti (lavorativo, formativo, sanitario,culturale...), i suoi servizi, che sono stati progettati e realizzati su unacomposizione per classi di età della popolazione molto diversa da quellaattuale e da quella che si preannuncia.

L’universo migratorio che coinvolge la città è estremamente composito.Straniero, immigrato, extracomunitario sono diventati quasi degli intercalari, dicui si ricordano il più delle volte solo alcune immagini stereotipate: nerospacciatore, albanese criminale, nigeriana prostituta. La figura del migrante èuna figura dalle svariate sfaccettature: c’è l’ingegnere brasiliano e il ristoratorecinese, i venditori senegalesi e gli studenti del Bit, i giovani iraniani arrivati perstudiare al Politecnico e poi rimasti e le donne eritree e somale, arrivate alseguito di famiglie italiane tornate a Torino, i venditori marocchini e gli egizianiimpegnati nell’edilizia o nella ristorazione, i minori ricongiunti alle famiglie e iminori arrivati soli, senza alcuna figura adulta di riferimento. L’emigrazionestraniera presenta delle tendenze generali a cui, come sempre, si sommanostorie e percorsi individuali o caratteristici di alcune provenienze. Così c’èun’immigrazione più di lavoro (marocchini, peruviane, filippine, rumenie albanesi), un’immigrazione dettata dall’emergenza e dalla guerra(ex-Jugoslavia, Kosovo...), un’immigrazione di studenti….

Le presenze straniere che l’iscrizione anagrafica registra comemaggiormente numerose in città sono ancora i marocchini, non più soloambulanti, provenienti dall’area dei fosfati di Khouribga o dalle campagne, maanche dalla zona industriale di Casablanca, dove la presenza della Fiat hacontribuito a rendere ancora più battuto il percorso verso Torino.

Tab. 1 - Presenze straniere al 31.12.98 registrate all’anagrafe di Torino

Provenienza Sesso Totale % sul totaleDonna Uomo degli iscritti

Marocco 2197 5667 7864 29.5Perù 1268 580 1848 6.9Romania 715 928 1643 6.2Cina Popolare 743 849 1592 6.0Filippine 812 476 1288 4.8Albania 414 750 1164 4.4

Totale 6149 9250 15399 57.7

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Nuovi arrivi da altre aree del Marocco testimoniano un riequilibrio digenere in atto (cfr. ricongiungimenti familiari), ma includono anche nuovi arrividi irregolari - e sono soprattutto ragazzini - mandati dalla famiglia, con laconsapevolezza della stessa che i soldi che riceverà saranno il guadagno diinserimenti in circuiti devianti dei figli. Operatori e mediatori culturali che datempo lavorano con minori stranieri all’interno del carcere minorile torinese(dove da anni l’utenza è soprattutto marocchina e albanese, accanto a quellastorica dei nomadi), sottolineano proprio la perdita di quei riferimenti valorialiche un tempo, forse, fungevano da freno all’ingresso in certi canali.

Graf. 2 - Confronto tra gli andamenti dell’immigrazione da Albania e Romania.

Continuano ad avere numeri significativi le presenze di altre provenienzestoriche - filippine e peruviane, che rappresentano il braccio meno visibiledell’immigrazione, il più laborioso, la componente che si è inserita in un settoredel mercato del lavoro in espansione - quello dei servizi alla persona,dell’assistenza agli anziani e della collaborazione familiare. Anche per questeprovenienze, la regolarizzazione ha evidenziato un tendenziale riequilibrio digenere: le donne, capofila dell’immigrazione in questo caso, hanno iniziato arichiamare (o a rendere visibili) figli e mariti.

600

500

400

300

200

100

50

01986

1987

Anno di iscrizione all’anagrafe

19881989

19901991

19921993

19941995

19961997

1998

Romania Albania

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Ma forse, rispetto alle considerazioni generali sull’immigrazione a Torino,la novità degli ultimi due anni è l’emersione della presenza dei rumeni, comeevidenzia il grafico sopra riportato e come confermano i dati degli ufficistranieri dei sindacati, basati ancora una volta sulle domande diregolarizzazione presentate (circa 3000, pari al 19% delle domande presentatein provincia di Torino).

Ancora un commento sull’immigrazione cinese, che la città conosce sindagli anni ’30 del secolo. È la componente dell’immigrazione silenziosa pereccellenza, sfuggente - forse positivamente poiché potrebbe essere indice di unprocesso di integrazione riuscito - all’osservatorio degli operatori dei servizispecifici (ufficio stranieri, associazioni che lavorano per e con stranieri, corsi diformazione professionale…). L’unica istituzione che ha il polso della presenza,dei nuovi arrivi, del cambiamento delle zone di partenza, dei rientri e deiritorni, sono le scuole dell’obbligo. Perfino l’anagrafe, può non essere in gradodi fornire una fotografia dei cittadini cinesi nel comune, se capita un caso comequello del comune di Barge, dove vi sono decine e decine di immigrati cinesiimpiegati regolarmente nelle cave, che però non risultano all’anagrafe poichérisultano essere “ospiti di qualcuno”.

1.2. I minori

Un accenno merita il tema dei minori, che per la città di Torino vuol dire,più che in altre città, una sinergica collaborazione interistituzionale, unasperimentazione di buone pratiche.

La popolazione straniera non è più oggi solo una popolazione di adulti inetà di lavoro. L’universo dei minori stranieri è in espansione. Nel 1989 i minoristranieri a Torino rappresentava l’1,3% della popolazione immigrata residente.Oggi, o più precisamente al 31.12.97 erano il 16,8% sul totale della popolazioneextracomunitaria.

Dal 1990 inizia, dunque, a divenire più numerosa ed evidente lacomponente minorile dell’immigrazione. Sono figli di immigrati ricongiunti.Sono fratelli minori che raggiungono fratelli maggiori (o in alcuni casi cugini,zii…). Sono presenze molto poco regolari (non è così facile soddisfare lecondizioni di reddito ed abitative per ottenere il ricongiungimento, posto chelo stesso genitore sia regolare) e molto di più irregolari. Sono presenze che“colorano la città”, ma sono invisibili rispetto ai servizi, alle scuole,all’accoglienza.

Gli uffici del Comune, i centri di accoglienza, le scuole iniziano a prenderecoscienza di come siano necessari nuovi strumenti per interagire con quellanuova fascia di migranti. Nascono uffici ad hoc (cfr. CIDISS, Ufficio Minoriextracomunitari..), si avviano contatti, che successivamente diverrannocollaborazioni efficaci, incisive ed esportabili, fra diversi uffici ed enti

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(Provveditorato, Tribunale, Questura, Comune…). La città avvia la campagna“colorati, ma invisibili”, con l’obiettivo di aiutare l’emersione delle centinaia diminori migranti in città, proponendo loro in percorso di integrazione e diinserimento. Un’intesa siglata fra Comune, Provveditorato… garantisce, in unperiodo di vacatio legis la possibilità di iscrizione anche dei minori irregolari ascuola. Ma la grande invenzione di Torino, merito della presenza di un gruppodi magistrati minorili particolarmente sensibili, di operatori attenti elungimiranti, di una tradizione dell’accoglienza che affonda le sue radici nellefigure dei santi e dei beati dell’800, è stata l’intesa del 1992 che istituiva ilpermesso di soggiorno per motivi di giustizia.

A quei minori – ed erano all’inizio soprattutto marocchini, mentre ora sonosoprattutto albanesi – che si rendevano visibili, mostrandosi a scuola con unqualche documento, si garantiva l’inserimento in un percorso che, attraversoil rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di giustizia, partivadalla frequenza della scuola di lingua italiana e proseguiva con il corsodi formazione professionale, eventualmente con una borsa lavoroo un’assunzione.

Nel 1994, la collaborazione positiva e proficua fra le differenti istituzioniinteressate ha segnato un’altra tappa importante. Un’ulteriore intesa, questavolta fra Provveditorato agli Studi e Tribunale dei minori di Torino, è statafirmata allo scopo di favorire - e permettere - l’inserimento e l’integrazionescolastica dei numerosi minori non italiani in situazione irregolare dal punto divista delle normative legate al soggiorno. Le cifre della presenza di allievistranieri nelle scuole (materne, elementari e medie) indicano il successo delprovvedimento, mentre non si hanno ancora sufficienti informazioni qualitativeper misurare il successo dell’inserimento scolastico in termini di integrazione,promozione, buon apprendimento.

La collaborazione inter-istituzionale, che ha coinvolto forze di polizia,autorità giudiziaria minorile e servizi sociali della città, nonché il Provveditoratoagli Studi, l’elaborazione e l’attivazione di progetti innovativi come “tutelecivili” e “servizi a bassa soglia”, il forte impegno del Volontariato hannoraggiunto l’obiettivo di perm e t t e re a molti ragazzi, attraverso laregolarizzazione, l’inserimento scolastico, la formazione professionale el’avviamento al lavoro, di uscire della clandestinità. Il percorso che venivaofferto era realizzabile grazie ad un lavoro di rete che, coinvolgendo soggettipubblici e privati, enti locali e magistratura, agenzie formative e volontariato,nel corso del 1998/1999 ha conosciuto delle battute d’arresto. La possibilità diemergere dall’irregolarità – e l’illusione di regolarizzarsi e sistemarsi attraversoil percorso del permesso di soggiorno per motivi di giustizia – ha funzionatoda polo d’attrazione per minori da altre città e/o direttamente dall’estero.

L’emergenza “minori albanesi” dell’estate/inverno del 1998 ne è stato unaprova, come anche il sovraffollamento nelle scuole per stranieri storiche (laParini e la Braccini) e nei centri di accoglienza. È anche arrivata una legge, un

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testo unico. Ciò che prima era possibile e giustificabile da un provvedimentopreso in assenza di una legge non è più possibile. Tutto pare bloccarsi in attesadel regolamento d’applicazione del Testo Unico. Ma le persone hanno tempi eritmi di vita diversi da quelli dell’approvazione di una legge. I minoricontinuano ad arrivare, alcuni sono nel frattempo divenuti maggiorenni, altrisono tornati nel paese d’origine nell’ambito dei programmi di rimpatri assistitiche il governo italiano ha con l’Albania e il Marocco.

Il panorama dei minori è molto composito. Si parla molto dei ragazziniarrivati al seguito di genitori migranti, di parenti o di connazionali o arrivatisoli, mandati dalle famiglie stesse in quanto attuatori di un progetto dimiglioramento economico e di crescita sociale della famiglia stessa. Ed è suquesti ultimi due gruppi che la formazione professionale si è attivata in questianni. Occorre però non dimenticare, che in prospettiva, tali corsi riguarderannosempre più i giovani della seconda generazione.

Quella della seconda generazione è una questione, ancora poco dibattutae soprattutto ancora poco conosciuta, ma su cui l’Italia dovrebbe far valere ilpeso dell’esperienza di anni di emigrazione all’estero o anche solo di anni spesiad integrare i ragazzi del sud della penisola nelle scuole e nelle città del nord.Ragazzini di oggi, che condividono con quelli di ieri, i figli degli emigrati inFrancia o in Germania, le difficoltà di inserimento a scuola, di comprensionedella lingua, di insuccesso scolastico, di divisione fra due mondi. Aiutare laseconda generazione a inserirsi e ad integrarsi vuol dire ancora una voltainvestire sul futuro. Il motivo non è solo quello che fra vent’anni, l’Italiacondividerà con gli altri partner europei la gestione della presenza di più diventi milioni di stranieri terzomondiali o perché ci muoviamo verso una culturadi fondo sempre più a dimensione mondiale. Certamente sussisteranno talifattori che spingeranno o che forzeranno le barriere all’integrazione, mainiziare ad aprire ai giovani stranieri sarebbe una mossa opportuna inprevisione del momento in cui la popolazione attiva italiana subirà un processodi diminuzione e di invecchiamento a cui corrisponderà anche una riduzionedelle possibilità di avere a disposizione personale, qualificato e non, persostenere i livelli di occupazione.

1.3. Lavoro: alcune note sugli inserimenti

L’immagine di Torino come luogo d’approdo (forse di primo arrivo solo perquanti attraversano la frontiera da Ventimiglia) e l’ipotesi della città come polod’attrazione per centinaia di stranieri in cerca di lavoro paiono sempre di piùdei miti da sfatare. Esiste, infatti, un’attrazione esercitata dai luoghi a pienaoccupazione e proprio per questo, percentualmente il peso dell’immigrazionea Torino rispetto ad altre città è minore.

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2 Cfr. dati dell’Osservatorio regionale del mercato del lavoro.

Incontro domanda di lavoro e offerta immigrata

Disposizioni normative

Domanda di lavoro Reti informali Offerta di lavoro

Reti sociali autoctone/Istituzioni facilitatrici (volontariato, associazioni, sindacato…)

Fonte: M.Ambrosini, 1999

Lo schema sopra riportato evidenzia come diverse siano le componenti cheinteragiscono nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro. All’interno delcerchi racchiuso dalle disposizioni in materia di immigrazione - e in subordinedel lavoro - sono da considerare - in maniera variabile a seconda delleprovenienze - le reti sociali autoctone, l’appartenenza religiosa, il contatto conil volontariato.

L’emigrazione segue, dunque, la domanda di lavoro, ma non solo. Cosìcapita che si arrivi a Torino e ci si fermi (magari per soddisfare una domandanel settore dei servizi alla persona). Oppure ancora, può capitare che si arriviin città perché la rete familiare, concittadina o etnica abbia dei nodi robustinella capitale piemontese, ma poi ci si trasferisca nell’indotto dell’auto dislocatoterritorialmente nella provincia o ancora che ci si trasferisca nel biellese o nellevalli cuneesi, dove il settore tessile e quello estrattivo (cfr. sopra) conosconosempre più inserimenti di cittadini stranieri. Diminuiscono i posti di lavoronelle industrie trainanti, crescono quelli nell’agricoltura, nel lavoro domesticoe nei pubblici esercizi. Si tratta di figure professionali con bassa qualifica eapprendisti, anche se il mercato registra una crescita di specializzati (aziendemultinazionali che trasferiscono personale dall’estero per risparmiare oppureprofessionisti arrivati nell’ambito di progetti congiunti di tecnologia avanzata)e impiegati2.

Dai dati dell’Ufficio Provinciale del Lavoro relativi all’ultimo anno, siosserva un aumento del numero di immigrati che utilizzano i canali regolaridell’occupazione (iscrizione alle liste e conseguente avviamento). È però veroche a fronte di un alto numero di iscrizioni corrisponde un basso numero diavviamenti, pur sfuggendo alla registrazione gran parte degli avviamenti nelsettore delle collaborazioni domestiche.

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Tab. 2 - Iscritti e avviati al collocamento di Torino - primo semestre 1999.

Provenienza Iscrizioni Avviamenti % avviamenti suiscritti (% di riga)

Marocco 3580 1003 28%Albania 470 337 72%Romania 504 414 82%Egitto 221 108 49%Tunisia 223 104 47%Perù 527 95 18%

Altre provenienze 3143 679 22%

Totale 8668 2740 ---------------

Questa mancata corrispondenza getta luce su due caratteristichedell’immigrazione e del collocamento in Italia. • In primo luogo, la complessità e poca funzionalità dei meccanismi di

collocamento pubblico, il quale non appare funzionale alle esigenze delmercato.

• In secondo luogo, il numero degli avviamenti è connesso con il tasso diirregolarità degli stranieri. Infatti, il rapido collocamento degli ultimi arrivati(il 75% degli avviati ha un’anzianità di iscrizione inferiore ai tre mesi)potrebbe sembrare in contraddizione con quanto espresso al puntoprecedente. In realtà, una tale rapidità ed efficienza del servizio di collocamento

pubblico è spiegabile con il fatto che l’iscrizione all’ufficio di collocamentoè spesso, soprattutto nel caso dei migranti, effettuata a fronte di un’assunzionegià garantita e che per divenire effettiva necessita solo del libretto di lavoro.

Si tratta esclusivamente di avviamenti nominativi e diretti, di assunzionedel “giorno dopo”.

Dal punto di vista delle nazionalità, il Marocco resta al primo posto pernumero di cittadini avviati (ed è ovvio in proporzione alle presenze in città),seguito da Romania, Albania, Egitto e Tunisia.

Dal punto di vista dei settori di inserimento, a Torino l’industria continuaad essere al primo posto (58%), seguita dal terziario (39%)3. I settoridell’industria a maggiore presenza straniera sono: l’edilizia ed il settore delleimprese stradali, la metalmeccanica.

3 In questo settore, l’avviamento per lavoro domestico è pari a zero. Il collocamento resta, per questaattività, ancora informale, personale, legato al canale del privato sociale e del volontariato religioso.

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1.4. Il CFP: bisogno di formazione o risorsa sociale?

Se si dovessero considerare i dati sui titoli di studio dei cittadini stranieriiscritti al collocamento, non ci sarebbero dubbi sulla risposta: i migrantinecessitano di formazione, di processi di qualificazione e – solo in alcuni casi- di riqualificazione. Infatti, al collocamento la frequenza dei titoli di studiotratteggia figure di migranti con un percorso scolastico e formativo pregressomedio-basso. Ma, come è noto, tale dato va letto senza dimenticare che latendenza è quella di registrarsi al collocamento con un titolo di studio inferiorea quello in realtà posseduto.

Quale la ratio che giustifica tale comportamento? Da un lato, vi è l’idea chesia più facile essere collocati nelle qualifiche più basse, perché è per questeche si ricorre al collocamento pubblico, e, da un altro lato, anche quando sivorrebbe essere iscritti con il titolo di studio effettivamente posseduto, siripropone l’annosa questione del riconoscimento dei titoli esteri4. È chiaro cheper chi ha urgenza di trovare un lavoro – e tenta anche la strada delcollocamento pubblico – l’attesa per un riconoscimento – eventuale – di unalaurea o di una qualifica professionale potrebbe essere troppo lunga rispettoalla decisione di non dichiarare nulla.

A fronte del quadro che è dipinto dai dati del collocamento, infatti, vi èquello tratteggiato dai dati anagrafici, dove invece si autodichiara il titolo distudio posseduto (e non quello riconosciuto valido in Italia). Sebbene il datoanagrafico presenti dei limiti di attendibilità - sia dal punto di vista deldichiarante che del registrante (non sempre si differenzia fra titolo italiano oestero, equipollente o differente, scuola coranica o licenza elementare, laureao scuola di specializzazione dopo le superiori) - la figura del migrante, dalpunto di vista del livello di scolarità appare più formata.

L’esigenza di soddisfare bisogni primari (casa e lavoro), di trovare unproprio modus vivendi nel percorso di inserimento nella società d’accoglienzarappresentano priorità davanti alle quali diventa inevitabile, per molti ladiscesa “di status” e la decisione di procrastinare il recupero della propriaprofessionalità e di un inserimento nel mercato del lavoro maggiormenterispondente alle proprie competenze, nonché in continuità con il passato.

Tornando alla domanda posta dal titolo del paragrafo, i dati raccolti dallaricerca confermano la tesi del corso di formazione professionale come risorsas o c i a l e piuttosto che come risorsa formativo-lavorativa. Infatti, se siconsiderano i soggetti5 e i dispositivi che realizzano e promuovono interventi

4 IRES Piemonte, Uguali e diversi - Il mondo culturale, le reti di rapporti, i lavori degli immigrati noneuropei a Torino, Rosenberg e Sellier, Torino, 1991.

5 Si distingue fra:1. intervento di tipo pubblico (utilizzo da parte degli immigrati dei tradizionali corsi di istruzione degli adulti);2. intervento - sporadico, occasionale e legato a situazioni d’emergenza - condotto da associazionidel volontariato;3. azioni di orientamento e di formazione professionale organizzate da enti pubblici, privati econvenzionati: le iniziative di formazione connesse all’istruzione professionale hanno la peculiaritàdi coniugare obiettivi di inserimento sociale, di sviluppo linguistico e di inserimento lavorativo

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f o rmativi destinati agli immigrati emerge come gli obiettivi sianoprevalentemente di secondo livello - sostegno e accompagnamento ad uninserimento socio-lavorativo già attivamente ed autonomamente avviato dalmigrante - mentre nel caso dei minori, soprattutto per la tipologia di minori soliinseriti nel percorso sopra disegnato, il corso assume la connotazione primariadi tappa obbligatoria nel cammino verso il permesso di soggiorno e solosecondariamente quella di formazione professionale specifica per uno specificoinserimento lavorativo.

L’accesso al corso, in genere per lavoratori giovani e adulti6, avvienequalche tempo dopo l’arrivo, quando i problemi urgenti, legati all’inserimentolavorativo e abitativo, sono risolti. Ci si iscrive e si frequenta un corso nontanto, quindi, con la speranza di inserirsi in una rete di contatti e di conoscenzeutili per reperire informazioni ed occasioni di lavoro, quanto piuttosto perpoter mantenere un’occupazione che si ha già.

Il pubblico adulto dei frequentanti i corsi professionali si può,schematicamente, suddividere in tre aree, a seconda della modalità con cuiesso si approccia all’attività formativa:

1. area funzionale : la domanda di formazione concerne l’utilizzazione delcorso per la carriera professionale. È questo il caso dei cittadini stranieriche, raggiunto uno stabile livello di inserimento, possono riprendere inmano la propria carriera professionale e spendere energie e tempo;

2. area di integrazione socio-culturale : l’accento viene posto sul ruolo dellaformazione come risorsa per aumentare l’interazione con il contesto socio-economico in cui si vive. In quest’area rientrano sia coloro più vicini alversante sociale (attirati, cioè, dal discorso economico della retribuzioneoraria del corso di formazione professionale), sia coloro che inseriscono laformazione in un quadro di acquisizione di abilità e competenze utilizzabilia livello personale/privato;

3. area di riconoscimento di cittadinanza : la buona formazione è percepitacome un canale necessario per poter acquisire credibilità e immaginepositiva.

Nell’ottica di dover rispondere ad esigenze così diversificate e non soloformative e finalizzate ad un primo ingresso nel mondo del lavoro7, i centri diformazione professionale si presentano oggi come un nodo sociale importante.

La presenza di migranti ha, quindi, come è capitato per diversi uffici eservizi, “costretto” anche la formazione professionale a ripensare al suo ruolo,alla sue finalità, alla sua organizzazione.

6 Per i minori si rimanda al cap. 4.7 Cfr. i dati relativi allo scarso numero di corsi di primo livello approvati ogni anno dal piano della

formazione della Regione Piemonte.

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Così, essa ha:• ampliato il suo orizzonte ampliando lo spazio dedicato agli aspetti di

f o rmazione alla socializzazione, alla conoscenza del territorio, alrafforzamento delle competenze linguistiche;

• operato sul piano del miglioramento della qualità dei servizi offerti, grazieo a causa della dipendenza dai finanziamenti regionali, assegnando un ruolom a g g i o re alle fasi di p rogettazione, di monitoraggio e di valutazione ;

• volto il suo sguardo all’esterno ed ha iniziato a lavorare secondo un’otticadi integrazione e sinergia con i servizi del territorio ;

• sviluppato un’attiva collaborazione con l’associazionismo, con il privatosociale e con i centri territoriali permanenti (le scuole);

• predisposto dei servizi di orientamento al suo interno8.

Si può quindi ipotizzare che il nuovo segmento di domanda formativarappresentato dagli immigrati abbia rappresentato non solo una nuova area diattività per i soggetti erogatori di formazione, ma anche un’occasione per lasperimentazione e l’affinamento di nuovi approcci, metodi e contenuti degliinterventi formativi.

8 Cfr. Relazioni di A. Luciano e di M. Grisoni c/o Centro Interculturale - corso per animatoriinterculturali - settembre 1999.

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Capitolo 2La formazione professionale per immigrati a Torino. Alcune esperienze esemplari.di Elena Chinaglia

2.1. La formazione professionale per immigrati a Torino 1

2.1.1. Il quadro delle attività

La legge regionale n.63 del 13 aprile 1995, in materia di “disciplina delleattività di formazione e orientamento professionale”, nell’articolo 2 specifica isoggetti destinatari degli interventi: “le azioni di formazione e orientamentoprofessionale sono rivolte a tutti i cittadini italiani, con particolare attenzioneper coloro che presentano condizioni di svantaggio… Alle attività diformazione ed orientamento professionale possono essere ammessi anche icittadini stranieri e apolidi nel rispetto della normativa vigente. ”2

Da diversi anni gli organismi degli enti locali preposti all’organizzazione eal finanziamento della formazione professionale, di concerto con le scuole,operano al fine di offrire agli stranieri adeguate opportunità educative, utili adagevolare l’ingresso nel mondo del lavoro e la crescita professionale. Le attivitàdi qualificazione dei migranti rappresentano uno strumento importante per unloro positivo inserimento lavorativo e sociale.

La qualificazione degli immigrati può essere inoltre una modalità di rispostafunzionale alle esigenze occupazionali del nostro sistema produttivo e diintegrazione con il contesto sociale del nostro territorio.

Attorno alle attività destinate agli stranieri si è creata negli anni, neltorinese, una rete di collaborazioni ed interventi integrati tra diversi soggettisociali, sanitari ed istituzionali: Comune di Torino, altri Comuni limitrofi alcapoluogo, Assessorato all’Assistenza, Uffici Minori extracomunitari, Ufficiostranieri e nomadi, Assessorato alle politiche per l’immigrazione e Consultaregionale per l’immigrazione, Questura di Torino - ufficio stranieri e altre

1 I dati riportati nel seguente paragrafo riguardano la situazione del sessennio 1994-1999. Dal 2000-2001 è prevista una diversa ripartizione dei fondi, in accordo con il nuovo piano finanziario F.S.E.

2 Direzione Regionale Formazione Professionale - Lavoro - Settore Standard Formativi - Qualità eOrientamento Professionale (a cura di), STANDARD FORMATIVI - Riferimenti normativi, schededescrittive, iter formativi standar d, Regione Piemonte 1998.

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Questure, Consulta stranieri Città di Torino, Tribunale dei minori, U.P.L. edalcuni centri di formazione professionale, C.I.D.I.S.S. - Provveditorato agli studi,I.R.R.S.A.E., A.S.L., ospedali, cooperative sociali, centri di accoglienza,comunità, associazionismo privato tra cui emerge la CARITAS - ServizioMigranti, più sensibili a questa tematica. Tale rete tenta in primo luogo dimettere in comunicazione e far conoscere tra loro i vari Enti e in secondaistanza di coordinare le specificità di ciascun organismo al fine di produrredegli interventi integrati, aventi funzione di orientamento, accompagnamento esostegno per il migrante nel suo approccio con la nuova realtà. L’obiettivo è lacostruzione di un efficace percorso di inserimento economico/lavorativo esociale con l’apporto delle competenze dei vari attori, evitando la dispersionedelle risorse in micro-azioni isolate ed inefficaci.

Vediamo ora in concreto come si è sviluppata l’offerta di formazioneprofessionale specifica per stranieri in Piemonte in questi anni.

Come mostra la tabella 2.1, il Piano Corsi della Regione da alcuni anni haapprovato e finanziato – insieme al Fondo Sociale Europeo, che contribuiva inquota non superiore al 45% - progetti di formazione professionale rivoltispecificatamente agli stranieri, classificati3 all’interno dell’Obiettivo 3 “Lottacontro la disoccupazione di lunga durata, inserimento professionale deigiovani, integrazione delle persone minacciate di esclusione dal mercato dellavoro”, Asse 3 “Integrazione o reintegrazione sul mercato del lavoro degliesclusi sociali”, subasse 1 “Formazione per migranti, immigrati e nomadi”. Gliinterventi dell’Asse 3 erano rivolti a persone a rischio di emarginazione socialee lavorativa. I beneficiari del subasse 1 erano individuati negli immigrati,migranti o nomadi privi di titolo di studio o con titoli di studio non adeguati,per i quali erano necessari interventi formativi di qualificazione e dispecializzazione. Si trattava di corsi di primo livello, con un numero medio di520 ore, che investivano in prevalenza i settori metalmeccanico,dell’artigianato, del turismo, dei servizi a bassa qualificazione. All’interventoformativo si accompagnava un’azione assistenziale, che si esplicitava in uncontributo economico di 4.000 lire l’ora.

3 http://www.regionepiemonte.it/formaz/dir 9801b.htm

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1996-97 1997-98 1998-99N° TOT. N° TOT. N° TOT.

CORSI ORE CORSI ORE CORSI ORE

2 600 2 700 1 308

1 500

3 1800

1 600 1 600 4 1875

3 1400 1 600

1 900

3 1585 9 4120 3 1760

3 1550 2 1200 3 1700

1 600 1 600

1 600 1 600 1 600

14 7325 18 8920 16 8643

SETTORE/COMPARTO

TerziarioServizi informatcaGestionale

Terziario servizi diImpresa

Artigianato servizi

Artigianato artistico e tipicoArtigianato mec-canico

Turistico alberghieroAttività di ristorazione

Sociosanitario epubblicoAtt. Erogazioneservizi socio assistenziali

Industria metalmeccanico

Industria elettromeccanico

Industria tessile

Agricoltura, colture e giardinaggio

TOTALE

TITOLO CORSO

Elementi operativi suPC

PAL servizi domestici

TessituraElementi operativi diofficina meccanicaSaldatura elettrica

PAL servizi ristorazione

Mediatore socio culturale – servizitutelari

Elementi operativi diofficinameccanicaSaldatura elettrica,MIG, MAG, TIGElementi operativialle MUMeccanico generico

Manutenzione einstallazione degliimpianti elettrici civili

PAL addetto controllo rammendotessuti lan.

Operatore agricologenerico

Tab. 1: corsi di formazione professionale per stranieri in Piemonte 1996-1999

Fonte: Regione Piemonte

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Accanto alle attività promosse dal Piano Corsi regionale, esistevano altrip rogetti, finanziati dal Fondo Sociale Europeo, con caratteristiche piùsperimentali ed innovative.

All’interno del Progetto Occupazione INTEGRA abbiamo: • ITACA, progetto di formazione e inserimento lavorativo di cittadini

extracomunitari realizzato in Piemonte in collaborazione con la Città diTorino e le Associazioni dell’artigianato e del commercio, con partnertransnazionali in Belgio e in Spagna.

• I.Ter., integrare nel territorio; un progetto che si propone di coordinare gliinterventi dei vari servizi che si occupano dell’inserimento lavorativo deglistranieri attraverso la creazione di un modello strutturato di percorso diformazione da realizzarsi nelle agenzie formative, e che prevedeva, tral ’ a l t ro, alcune attività formative (fra le quali un corso diformazione/formatori e di operatori territoriali con la finalità di uniformareed orientare le conoscenze e le azioni spendibili nel settore di riferimento).Altre fonti per ottenere l’approvazione e il finanziamento di iniziative

educative rivolte agli immigrati – e a particolari categorie tra questi – sono ilMinistero del Lavoro e il Ministero per le Pari Opportunità (Legge 125).

2.1.2. Corsi per immigrati proposti dagli enti di formazione professionale nell’anno 1998/99.

Ogni anno le Agenzie Formative propongono dei progetti di corsi, anchein funzione delle indicazioni fornite da SPIN, l’organismo che realizzaperiodiche indagini sulle figure professionali più richieste dal mercato dellavoro piemontese. L’Assessorato regionale emette le direttive che, fra l’altro,stabiliscono i parametri di valutazione in base ai quali ogni corso propostoottiene un punteggio di ammissibilità (Tab.2.). Le attività formative sonofinanziabili qualora raggiungano un punteggio superiore a 400 punti. Tra icriteri di maggior peso troviamo la disponibilità di strutture tecniche attrezzateper l’apprendimento degli insegnamenti pratici, la congruenza tra, da un lato,profilo e contenuti, dall’altro, materiali e strumenti utilizzati nel percorsoformativo, la coerenza con le indicazioni fornite dall’osservatorio SPIN sullefigure professionali necessarie al mercato del lavoro del territorio.

In base alle risorse disponibili viene stabilita una graduatoria dei progettifinanziabili. I corsi approvati e non finanziati possono essere attivati qualora sidetermini l’intervento economico di altre istituzioni (Comune, Provincia,Consorzi di imprese, Associazioni di categoria, ecc.) o dell’Ente promotorestesso.

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Tab. 2 Classi e criteri di valutazione per la determinazione dei punteggi dei corsi. A. f. 1998/99

CRITERI DI VALUTAZIONE DI MERITOCriteri riferiti al soggetto presentatore PUNTICLASSE DESCRIZIONE MAX

1) Esiti occupazionali conseguiti in precedenti azioni finanziate: 103A1 Rapporto tra neo-occupati con lavoro coerente e neo-occupati totali 45A2 Rapporto tra neo-occupati e qualificati /Rapporto tra neo-occupati

e valore atteso dichiarato 58Capacità di realizzazione rilevata in precedenti azioni finanziate: 81

B1 Percentuale di ore realizzate su ore approvate 17B2 Percentuale di spese giustificate su spese approvate 32B3 Percentuale di ammessi all’esame o al secondo anno 32

Assenza di irregolarità: 86D1 Assenza di esiti negativi su verbali di verifica in itinere 68D2 Assenza di esiti negativi nel controllo amministrativo-contabile finale 18

TOT. 1 Criteri inerenti le ATTIVITA’ PREGRESSE 270

2) Adeguatezza di dotazioni e strutture: 180E1 Superficie della struttura formativa in rapporto al numero max di

allievi che si troveranno ad operare contemporaneamente al suo interno 54E2 N° posti di lavoro attrezzati su n° max di allievi che si troveranno

ad operare contemporaneamente nei laboratori 90E3 Superamento di ostacoli relativi alla fruibilità della struttura

da parte di soggetti svantaggiati 36TOT. 2 Criteri riferiti alla STRUTTURA 180

Criteri riferiti alla singola azione o corso proposto3) Congruenza del profilo proposto con i contenuti del corso: 114

F1 Congruenza tra livelli di ingresso, profilo professionale, denominazione e durata 34

F2 Congruenza tra contenuti e verifica finale 23F3 Congruenza tra contenuti e profilo professionale 57

Congruenza del profilo proposto e strumenti del corso: 86G1 Congruenza tra profilo/contenuti e materiali/strumenti

utilizzati nel percorso formativo 86Congruenza del profilo proposto con le modalità di attuazione del corso: 60

H1 Congruenza tra progettazione didattica e contenuti del corso 36H2 Congruenza tra profilo professionale e obiettivi formativi 24

TOT. 3 Criteri di CONGRUENZA 260

4) Rispondenza a fabbisogni formativi: 112I1 Posizione nel grafico della rilevazione fabbisogni professionali

della Regione Piemonte (SPIN) 78I2 Congruenza documentata con le esigenze delle imprese 34

Interventi connessi a priorità specifiche: 88L1 Corsi connessi con politiche attive del lavoro 31L2 Corsi connessi con i nuovi bacini di impiego 26L3 Connessione con programmi comunitari che prevedono la formazione come

accompagnamento. Connessione con percorsi modulari già approvati 31TOT. 4 Criteri di PRIORITA’ 200

5) Strategie e metodologie innovative: 90M1 Giudizio sul grado di innovazione metodologica 45M2 Giudizio sul grado di continuità dell’innovazione 45

TOT. 5 Criteri riferiti all’INNOVAZIONE 90

TOTALE 1.000

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L’incertezza relativa al numero ed al tipo di corsi approvati ogni anno generanon poche preoccupazioni fra gli Enti e fra i formatori che si occupano in particolaredi formazione per migranti. In particolare ciò che preoccupa è la continuità deipercorsi di inserimento sociale e professionale ideati dalla rete di istituzioni attive afavore dei minori migranti, annullando gli effetti di molti progetti pluriennali. Ciòemerge chiaramente dalle parole di un formatore della Casa di Carità (che si è vistanell’a.f. 1998/1999 ridurre i corsi da cinque a due):

Con la mancata approvazione dei corsi rivolti ai migranti (in particolare sono statipenalizzati nell’anno formativo 1998/1999 i corsi per minori) si assiste al rischio diindebolire la variabile che coniuga l’accoglienza con la formazione all’interno di unacultura del lavoro attenta alla socializzazione e all’integrazione nelle diversitàmulticulturali. Il rischio è di ritornare in una logica di assistenzialismo che contraddice gliorientamenti innovativi previsti dal quadro di riferimento europeo che sostiene la presa incarico professionalizzante dell’accoglienza anche nella formazione attraverso un percorsoindividualizzato in una rete di servizi di riferimento strutturata ed organizzata.

Nell’anno 1998/99, in Torino e provincia, otto4 centri hanno pro p o s t ov e n t i q u a t t ro corsi riservati a stranieri: dodici corsi sono riservati ai giovani, tra i 14 ei 18 anni o tra i 14 e i 25 anni; la metà sono senza limiti di età (oltre i 14 anni) equindi vi possono partecipare sia giovani, sia adulti; quattro sono per donne. (Ta b . 3 ) .l’obiettivo è di sviluppare figure professionali da inserire nei tradizionali compartidell’industria torinese (metalmeccanico, abbigliamento), nell’artigianato (falegnami,elettricisti, tappezzieri), in mansioni legate all’assistenza domiciliare, ai lavoridomestici e alla ristorazione, ai servizi commerciali o in occupazioni del compartoagricolo e del verde pubblico. Nella maggior parte dei casi sono corsi di 600 ore, inorario diurno e talvolta preserale, che riguardano la formazione di primo livello, dovenon è richiesto uno specifico titolo di studio.

2.1.3 I corsi per stranieri approvati e finanziati dal Piano Corsi della Regione Piemonte – anno 1998/99

Dei corsi sopra esposti la Direzione della Formazione Professionale dellaRegione Piemonte ha approvato e finanziato undici corsi per l’anno formativo1998/99. Vediamone una breve descrizione:• Associazione pedagogica Techne - Leinì (TO).

È un centro di formazione attivo da dieci anni, specializzato nel campo elettricoed elettronico, nato dalla volontà di un insieme di aziende di formare dei giovanisecondo un proprio metodo, fortemente incentrato sulla disciplina. Il corpo docente,volontario, è costituito dagli stessi imprenditori associati.

Per l’anno 1998/99 ha proposto due corsi riservati agli immigrati. La regione hafinanziato un corso per Installatore di impianti elettrici civili , diurno, di 500 ore, conla certificazione della frequenza con profitto, rivolto a 8 giovani tra i 14 e i 25 anni.Grazie alla possibilità di ammettere degli uditori si sono potuti inserire 16 allievi,maschi, in prevalenza tra i 16 e i 18 anni, in possesso della licenza dell’obbligo. Altermine del corso sono stati tutti avviati al lavoro.

4 CSEA 6 corsi; CASA DI CARITÀ ARTI E MESTIERI, ENAIP, Immaginazione & Lavoro 4; ENGIM, Techne2; CIOFS, S. Carlo 1.

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Per l’anno 1999/2000 l’associazione ha richiesto l’attivazione di due corsiper installatore di impianti elettrici civili.• Associazione Scuole Tecniche San Carlo – Torino

Si tratta di un Ente storico operante nel campo della formazione professionale,in particolare nei settori della falegnameria e della decorazione. Nel 1998/99 haattivato un corso diurno di 600 ore che attribuisce l’attestato di frequenza difalegname generico. I frequentanti sono giovani maschi di varie etnie.• ENGIM – Torino

È un Ente nato a Pinerolo (TO) e attivo da vent’anni, nelle due sedi aPinerolo e Nichelino. Da alcuni anni è stato aperto un istituto anche a Torino.È specializzato in corsi legati al mondo dell’artigianato (meccanica,falegnameria, decorazione di ambienti), del comparto industriale e telematico.Per il 1998/99 propone due corsi di preparazione al lavoro riservati adextracomunitari nel comparto decorazione ambienti e tappezzeria , al terminedei quali gli allievi ricevono un attestato di frequenza. I due corsi sono statiaccorpati in un unico modulo, con due specializzazioni, che coinvolge unadozzina di allievi, di età tra i 14 ed i 18 anni, maschi, privi di scolarità, inprevalenza provenienti dal Marocco e dai Paesi dell’Est. Le lezioni sono iniziatea dicembre e si è proseguito fino a giugno. Al momento attuale non è possibileun bilancio degli inserimenti lavorativi.

Per l’anno 1999/2000 sono stati proposti quattro corsi (decorazioneambienti, tappezzeria, tinto-stireria, taglio & cucito), che non sono statifinanziati dal Piano Corsi della Regione. • Immaginazione e Lavoro – Pianezza (TO)

La cooperativa “Immaginazione e Lavoro” organizza da un paio d’anni deicorsi per soggetti svantaggiati presso l’Istituto Tecnico “Giovanni Dalmasso”di Pianezza. La convenzione con l’istituto viene rivista e corretta di anno inanno, nel tentativo di ottimizzare le risorse e le specificità delle realtà coinvolte.Lo scorso anno la gestione era totalmente affidata alla cooperativa e la scuolaforniva aule e docenti, mentre ora gli insegnanti hanno chiesto di poterpartecipare alla progettazione del programma del corso.

Nel 1997/98 è stato attivato un corso di 600 ore per operatore agricologenerico rivolto a minori stranieri. I venti partecipanti erano tutti albanesi,maschi, di età compresa tra i 14 e i 18 anni. La presenza di un gruppo etnicoomogeneo e coeso ha creato non poche difficoltà, per cui, nell’annosuccessivo, si è scelto di inserire venti ragazzi di varie nazionalità, sempremaschi tra i 14 e i 18 anni. Gli insegnanti dichiarano che in certi casi l’unicostimolo alla frequenza è dato dal contributo economico che i ragazzi ricevono.

Il corso è stato riproposto nel 1999/2000, unitamente a quello per operatoreaddetto alla sistemazione e manutenzione delle aree verdi. • ENAIP – Grugliasco

L’ENAIP è un Ente di formazione attivo su tutto il territorio nazionale,legato al mondo ACLI. Nella sede di Grugliasco l’Ente ha ottenuto ilfinanziamento per l’attivazione di due corsi diurni di 600 ore ciascuno persaldatura MIG-MAG e TIG.

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• Casa di Carità Arti e Mestieri – Torino 5

Nella sede di C.so Brin a Torino si è attivato un corso preserale rivoltoprevalentemente a migranti adulti di 560 ore in Elementi operativi allemacchine utensili , con attestato di frequenza. In C.so Trapani si svolge il corsodiurno di preparazione ai lavori domestici e ristorazione per donne migranti,di 600 ore. • CSEA- Mario Enrico 5

All’Istituto “Mario Enrico”, appartenente al consorzio CSEA, sono statiriconosciuti due corsi diurni di 600 ore per Installatore di impianti elettricicivili , con qualifica. • C.I.O.F.S. Auxilium – Torino 5

Il corso di Operatore dell’abbigliamento - indirizzo cucitor e si rivolge adonne straniere in possesso del permesso di soggiorno. Non è richiesto alcuntitolo di studio e non vi sono limiti di età. Al termine delle 600 ore vienerilasciato, con il superamento di un esame, un attestato di qualifica.

2.1.4 I corsi del Progetto Integra

All’interno del Progetto Integra troviamo altre proposte formative riservateagli stranieri, che esulano dal Piano Corsi regionale:

1. Il progetto I.Ter., avviato dalla Casa di Carità Arti e Mestieri è un progettoche mira a consolidare e sviluppare l’interazione territoriale delle strutture che,a vario titolo, si occupano della fascia dell’utenza migrante. Nell’ambito diquesto progetto sono stati realizzati:• un corso per mediatori culturali. Si tratta di un corso diurno di 900 ore che

rilascia, previo superamento dell’esame finale, un attestato di qualifica. Sirivolge a disoccupati di ambo i sessi, maggiorenni, in possesso delpermesso di soggiorno. È richiesto un diploma di scuola media superioreconseguito nel paese d’origine. Al termine del percorso il partecipante è ingrado di svolgere attività di servizio all’utenza migrante promuovendo efacilitando l’interazione tra la cultura del migrante e le istituzioni locali, leagenzie formative, i servizi e le strutture sociali, assistenziali e sanitarieo ff rendo una risposta alle esigenze di integrazione nelle diversitàmulticulturali;

• tre corsi di orientamento alla formazione e al lavoro, di 30 ore ciascuno,realizzati in collaborazione ed in continuità con l’attività avviata dallestrutture scolastiche (in particolare con le scuole Parini e Braccini) e dallaCaritas Diocesana;

• un corso di formazione/formatori e di operatori territoriali con la finalità diuniformare ed orientare le conoscenze e le azioni spendibili nel settore diriferimento.

5 L’Ente verrà presentato in dettaglio nel paragrafo 2.

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2. Il progetto ITACA (attivato presso lo CSEA “Mario Enrico”)si rivolge aglistranieri (anche se in uno è prevista la presenza di italiani): sono 9 percorsi diaccompagnamento al lavoro rivolti a stranieri presenti nella realtà torinesee 1 corso rivolto a giovani italiani e stranieri fino a 25 anni, disoccupati dilunga durata. Comprende:• 6 percorsi lunghi da 800 ore nei comparti metalmeccanico ed elettrico,

delle aree verdi, nei servizi alberghieri e commerciali, nella ristorazione.I beneficiari sono 60.

• Corsi brevi di 120 ore, che prendono in esame un mercato del lavoronuovo per gli stranieri, dove non sono ancora visibili. Hanno la funzionedi collegare l’immigrato straniero presente nel territorio torinese con unarealtà produttiva o di servizi. Sono differenziati e prevedono titoli di studiomedio-alti, oltre la conoscenza di lingue europee. Un primo corso peroperatore turistico si rivolge allo straniero con diploma o laurea econoscenza di due lingue veicolari, oltre la lingua madre. Vengono fornitele conoscenze di base sui percorsi turistici torinesi, in modo che gli allievisi approprino di nozioni rispetto alla storia di Torino, allo sviluppourbanistico e, con il contributo delle guide turistiche, viene data loro lapossibilità di apprendere le modalità di relazione di un operatore turisticocon dei visitatori stranieri o italiani. Un altro corso si rivolge agli animatoridi adolescenti; in esso vengono aff rontati temi della mediazione,dell’animazione interculturale. L’obiettivo è un inserimento nelle attività dianimazione in quartieri in cui necessita la figura del mediatore tra leorganizzazioni autoctone e le domande degli stranieri. Ci sono poi 2 corsidi baby-sitter: uno per baby sitter familiare e l’altro per animatore di spazigioco per bambini in occasione di mostre e convegni. Prendono inconsiderazione persone con caratteristiche di studio medio-alte,conoscenza di lingue europee e competenze di base rispettoall’educazione. Vengono loro fornite delle informazioni rispetto allecaratteristiche della famiglia italiana e ai processi educativi che coinvolgonobambini italiani e stranieri. Si prevede che la famiglia italiana oltre allanecessità di baby-sitting possa anche fruire delle competenze linguisticheche gli stranieri possiedono. Il baby-sitting in occasione di mostre econvegni prevede la possibilità di sperimentare delle attività di animazionee comunicazione nella lingua dei visitatori e convegnisti con personepreparate a gestire spazi-bimbi e attività ludiche.

• Un ultimo corso si rivolge ai formatori, con la funzione di fornire ulterioricompetenze ai formatori delle agenzie formative e agli operatori sociali chequotidianamente si trovano a lavorare con il migrante, entrando in unadimensione nuova di relazione con lo straniero.

2.1.5 Altri corsi con presenza di stranieri

La formazione professionale che coinvolge stranieri non si esaurisce nei solicorsi specifici approvati e finanziati dalla Regione o da altre istituzioni.

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È possibile incontrare gli immigrati in:• corsi per categorie svantaggiate (minori a rischio, disoccupati di lungo

periodo). Molti enti adottano la politica dell’inserimento dei minori stranieriin corsi rivolti a minori italiani, nel tentativo di attivare un percorso diformazione che comprenda anche la socializzazione e la partecipazionealla vita delle coorti di coetanei adolescenti.

• corsi di specializzazione post-qualifica, a cui si iscrivono in special modomaschi adulti occupati, che vogliono specializzarsi nella prospettiva diavanzamenti di carriera.

• corsi finanziati da altri organismi e/o appartenenti ad altri progetti(Ministero del Lavoro e delle Pari Opportunità).

2.2. Quattro esperienze a confronto

La presente indagine ha focalizzato lo studio su quattro centri diformazione professionale torinesi, che presentano caratteristiche diverse: Casadi Carità Arti e Mestieri, CSEA, CIOFS e Cooperativa Eta Beta. Questi Enti sonostati scelti in relazione ad un insieme di considerazioni:• i primi tre sono Agenzie Formative storiche, che operano nel settore della

formazione professionale da decenni e coprono un’ampia fascia dell’offertaformativa del territorio; Eta Beta è invece una realtà più recente e lontanadai consueti canali della formazione regionale;

• Casa di Carità Arti e Mestieri e CIOFS sono Enti di ispirazione religiosa,CSEA ed Eta Beta sono laici;

• Casa di Carità Arti e Mestieri e CSEA presentano un’offerta più orientataverso occupazioni maschili (anche se negli ultimi anni è in aumentol’utenza femminile), CIOFS ed Eta Beta si rivolgono maggiormente adun’utenza femminile;

• Casa di Carità Arti e Mestieri e CSEA vantano un’esperienza pluriennalenella formazione professionale con i migranti, CIOFS ed Eta Beta hanno dapoco avviato le prime sperimentazioni.Vediamoli nel dettaglio, precisando che le informazioni che qui di seguito

presentiamo sono in alcune parti parziali ed incomplete in quanto si basano sumateriali e dati reperibili presso i Centri – che ringraziamo per la disponibilitàe collaborazione prestata – non direttamente confrontabili in quanto raccolti edorganizzati in funzione delle necessità di ogni singolo Ente.

2.2.1. Casa di Carità Arti e Mestieri

La Casa di Carità Arti e Mestieri è l’Ente di formazione professionaledell’Unione Catechisti e dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Nata dall’ispirazionedel frate francescano laico Fra Leopoldo M. Musso, inizia la sua attivitàa Torino nel 1925, sotto la guida di Fratel Teodoreto, promotore e primodirettore didattico.

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Il cardine ispiratore della pedagogia dell’Ente risiede nell’integrazione traformazione umana e preparazione professionale, al fine di formare l’identitàdei giovani sotto il profilo morale e spirituale e nel contempo inserirli a pienotitolo nella società attraverso la formazione professionale e il lavoro, conl’obiettivo di renderli adulti indipendenti ed autonomi.

L’Ente ha accresciuto nel tempo la propria presenza capillare ed oggi èattivo sul territorio attraverso un’articolata serie di centri: Torino (3 sedi),Grugliasco, Ivrea, Susa, Ovada e Novi Ligure in Piemonte; Bassano del Grappain Veneto; Nuoro in Sardegna; oltre a un’affiliazione in Eritrea.

La Casa di Carità Arti e Mestieri offre un servizio di formazione nei settoridell’industria metalmeccanica e dell’innovazione tecnologica, nei servizi socio-assistenziali e turistico alberghieri, nell’artigianato legato all’impiantistica civileed industriale, in diversi comparti del terziario, dall’automazione d’ufficio alrecupero ambientale.

Opera insieme con enti pubblici e privati per la ricerca e lo sviluppo nellaformazione professionale; è presente in varie commissioni di studio regionalie provinciali; collabora con l’Isfol, l’Irrsae, con varie Università, in special modocon il Politecnico di Torino, per l’aggiornamento scientifico e tecnologico deidocenti, con l’Università Cattolica e l’Università di Torino, per studiarenuovi percorsi di formazione e migliorare gli esistenti. Da tempo ha avviatouna collaborazione consolidata con la Caritas per l’inserimento degliextracomunitari e lavora presso gli istituti di pena del Piemonte e dellaValle d’Aosta.

Ha partecipato ed è tutt’oggi presente in molti progetti ed iniziativecomunitarie legate alla formazione professionale e alle attività di inserimentolavorativo: Programma Youthstart, progetto I.C.A.R.O. e P. E . R . S . E . O . ;Programma Integra, Progetto I.TER; Programma Horizon, progetto Silos eItinera; Programma Leonardo da Vinci, Progetto Inter-Stage, Te a c h e a r s ’Training, Ethnicplus; Programma Adapt, Progetto Iperion, R.A.M., Nadol; POMOB4 – European Training Manager; Progetto Andromeda per la FormazioneProfessionale Continua.

Nell’anno 1998/99 ha organizzato e gestito 166 corsi con un coinvolgimentodi 3.974 allievi, con un incremento di 33 corsi e 1.395 allievi rispetto all’annoprecedente, anche in virtù dell’aggregazione del CFPP e alla costituzione delnuovo centro di Susa. Dal 1992 al 1998 il numero delle ore corso annuali èsalito da 47.720 a 106.170, a cui occorre sommare le 8.674 ore annuali a liberomercato con le aziende.

La struttura coinvolge quasi 350 insegnanti e collaboratori esterni e 276dipendenti.

I destinatari si individuano nel 32% dei casi nei giovani post scuoladell’obbligo, il 13% è costituito invece da giovani qualificati e diplomati. Laformazione per migranti e nomadi coinvolge circa il 3,5% degli iscritti.

Lo sbocco occupazionale degli allievi si attesta su livelli molto elevati,raggiungendo mediamente il 92% (dato riferito ad a.f. 1997/98).

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La presenza di stranieriLa Casa di Carità Arti e Mestieri nell’ultimo decennio ha rivolto la propria

attenzione anche ai migranti, stimolata sia da richieste esterne, sia dalla propriasensibilità verso le nuove fasce di emarginazione economica e disagio sociale.

Da una prima esperienza nel 1990 ad oggi, si assiste ad una crescitacontinua del numero di migranti presenti nei vari centri e allo sviluppo di corsispecifici per migranti, di diversa tipologia, al fine di meglio rispondere alleesigenze di ogni singolo gruppo (donne, adulti, minori).

Si è inoltre sviluppato – grazie all’impegno di alcuni formatori eresponsabili - un sistema di integrazione con il territorio e le agenzie locali chea vario titolo si occupano di migranti: Ufficio stranieri del Comune di Torino,Questura, Giudici tutelari, assistenza sociale, Camminare Insieme, ASL,ospedali, scuole di italiano per stranieri quali Parini e Braccini, C.I.D.I.S.S.,I.R.R.S.A.E., associazioni di volontariato, Caritas servizio migranti, CICSENE, ealtri. La costruzione e lo sviluppo di una rete di interventi di accompagnamentoe sostegno del migrante nel suo percorso di inserimento nella nuova realtà,cogestiti insieme ad altre istituzioni, costituiscono un punto focale dell’attivitàdell’Ente, come dimostrano le varie iniziative promosse e sostenute(Partnership con Caritas e Ufficio Migranti, interventi presso i Giudici Tutelari,corsi per formatori).

Su invito della Caritas, nel 1990, inizia il primo esperimento di corsospecifico per migranti. Si avvia un corso preserale di “Elementi operativi diofficina meccanica” con 14 adulti maschi, marocchini. Tutti terminano il corsodi 600 ore e alcuni si iscrivono al secondo anno serale.

La sperimentazione procede con un trend positivo e in sette anni i soli corsipreserali tenuti presso la sede di Corso Brin triplicano le presenze di migranti(tab. 4), iscritti sia ai corsi specifici (presentati nell’asse 3.3.1), sia ai corsi peritaliani. I percorsi dimostrano di rispondere alle esigenze dei migranti, poichécirca il 50% degli iscritti consegue la qualifica o l’attestato di idoneità.

Nell’anno 1993/94 si decide di separare adulti e minori, per risponderemeglio alle necessità, alle richieste e ai bisogni formativi e di accoglienzadiversificando e specializzando la funzione di tutor all’interno e all’esterno, conla rete territoriale, dell’agenzia formativa.

Per quanto riguarda la provenienza (tab. 5), la componente marocchina èla preponderante (73%) e la più antica. Vi sono poi presenze dell’Africasettentrionale e centrale. I migranti provenienti dai Paesi dell’Est e dall’Ex-Jugoslavia compaiono intorno al 1995. È ipotizzabile che il numero ridotto dimigranti dell’Ex-Jugoslavia ed Albania sia da ricondursi al fatto che i dati siriferiscono ai soli corsi preserali della sede di C.so Brin, che coinvolgonogeneralmente un’utenza adulta. Tra queste etnie è alto il numero di minori chegiungono in Italia non accompagnati: se intraprendono un percorso di linguaitaliana (alfabetizzazione, 150 h) sono iscritti ed inseriti parallelamente in corsispecifici per migranti e in corsi specifici di alternanza scuola lavoro denominati"preparazione al lavoro” di 800 h per giovani in condizioni di disagio conorario diurno, presso la sede di Città dei Ragazzi.

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La situazione attualeNell’anno formativo 1998/99 i migranti iscritti ai corsi di formazione del

centro sono 143 ripartiti nelle diverse sedi: 92 in Corso Brin, 32 in CorsoTrapani, 7 a Grugliasco, 5 ad Ivrea, 4 alla Città dei Ragazzi e 3 a Susa. Le donnesono 35, gli uomini 108; 43 sono minorenni, 100 hanno più di 18 anni. Lapresenza africana è preponderante (108=76%) e, al suo interno, la maggioranzaè composta da marocchini (55% del totale), seguono nigeriani (8), congolesi(8) e ivoriani (5). Dai Paesi dell’Est arrivano diciotto individui, di cui diecialbanesi; dodici allievi provengono dal Centro e Sud America, e tra questi seisono peruviani. (Tab. 6) Le donne sono generalmente più adulte (43% ha oltre30 anni) e nel 63% dei casi sono africane.

Tab. 4: Presenze ai corsi preserali della sede di C.so Brin – anni 1990/97

Anno formativo Iscritti Qualificati/idonei Abbandoni Non idonei

1990/91 18 12 6 -1991/92 12 6 6 -1992/93 40 13 26 11993/94 32 20 10 21994/95 45 15 28 21995/96 56 23 30 31996/97 59 38 15 6

TOTALE 262 127 121 14

Tab. 5: Paesi di provenienza degli iscritti ai corsi preserali - anni 1990/1997

PAESI 90/91 91/92 92/93 93/94 94/95 95/96 96/97 TOTALE

Marocco 16 10 33 24 28 39 41 191Etiopia 1 1 2Sudan 1 1 1 3Tunisia 2 1 3Nigeria 1 1Senegal 1 1 3 1 6Costa d’Avorio 1 4 3 2 1 11Nicaragua 1 1Egitto 1 1Zaire 1 3 5 1 10El Salvador 1 1Argentina 1 1Brasile 1 1 1 3Somalia 3 3Perù 2 1 3 6Camerun 2 2 4Iran 1 1Macedonia 1 1 2Angola 1 1 2Albania 1 3 4Kenya 1 1 2Iraq 1 1Congo 3 3

TOTALE 18 12 40 32 45 56 59 262

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Tab. 6: Paese di provenienza dei migranti iscritti alla Casa di Carità Arti e Mestieri,anni 1990/97

PAESI DI PROVENIENZA VALORI ASSOLUTI VALORI %

Marocco 79 55Congo-Zaire, Nigeria 8 6Costa d’Avorio 5 3Algeria, Camerun 2 1Senegal, Ghana, Zimbabwe, Ruanda 1 1TOT. AFRICA 108 76

Albania 10 7Yugoslavia, Romania 2 1RSI, Bosnia, Croazia, Ucraina 1 1TOTALE PAESI DELL’EST 18 13

Perù 6 4Brasile 3 2Argentina, Colombia, Messico 1 1TOTALE AMERICA 12 8

Cina, Vietnam, Australia 1 1TOTALE ASIA E OCEANIA 3 3

Altro (Svizzera) 2 1

I corsi riservati agli stranieri – 1998/99Nell’anno formativo 1998/99 l’offerta di corsi per migranti è stata

notevolmente inferiore alla domanda richiesta dagli stranieri e dalla reteterritoriale; il numero di corsi approvati e finanziati dalla Regione Piemonte èsceso da cinque a due. Il numero di allievi, rispetto all’anno precedente, èdiminuito di 35 unità, passando da 178 a 143 (corsi specifici per migranti e corsiordinari). Il mantenimento di un numero cospicuo di migranti frequentanti èsoprattutto dovuto all’iscrizione, nell’anno successivo, ad un corso di qualifica.Ciò è frutto della politica, attuata dalla Casa di Carità Arti e Mestieri, diattenzione alla costruzione di un percorso formativo duraturo, sostenendol’impegno di coloro che aspirano a proseguire gli studi con alcune procedureche facilitano l’inserimento al secondo anno, per riconoscere loro l’opportunitàdi conseguire la qualifica.

I corsi finanziati, attivati presso la Casa di Carità Arti e Mestieri, sono:a) elementi operativi – indirizzo alle macchine utensili : un corso preserale(ore18-21) di 560 ore, senza limite di età e di titolo di studio. Al termine, previosuperamento di un esame, è rilasciato un attestato di frequenza con valoreregionale. Per gli adulti è d’obbligo il permesso di soggiorno; per i minori “nonaccompagnati” deve essere avviata la pratica di regolarizzazione coinvolgendola rete cittadina con la finalità di orientare il giovane in un percorso obbligatodi inserimento sociale e residenziale (comunità stabili/centri di accoglienza abassa soglia, presso referenti privati che rispondano ai requisiti richiestidall’autorità giudiziaria). Questi ragazzi devono inoltre intraprendere unpercorso di apprendimento linguistico presso le scuole di italiano. La frequenza

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è gratuita e vengono corrisposte Lire 4.000 all’ora. Gli iscritti sono 18, 12 adultie 6 minori, maschi. Tra essi, dieci provengono dal Marocco, tre dalla Costad’Avorio, due dal Perù e dall’Albania, uno dall’Algeria6.

Gli utenti si iscrivono generalmente per tentare di uscire da situazioni diprecarietà, specialmente coloro che sono in possesso di titoli di studio nonriconosciuti o inadeguati per la mansione che svolgono (anche se non mancauna parte, tra gli adulti, che lo fa per il salario delle 4.000 £/ora).

Coloro che intraprendono un percorso di formazione, non fermandosi alcorso di primo livello di 600 ore, fino al conseguimento della qualifica, hannoottime probabilità di venire assunti presso le aziende del territorio, comeafferma un formatore:

“Quelli che si sono qualificati hanno trovato lavoro nel settore metalmeccanico,lavorano tutti… Chi termina la formazione con le 600 ore spesso non trova lavoro; sonomagari richiamati dove hanno svolto le borse lavoro spesso gestite dal comune, ma sonosituazioni particolari, perché terminati gli otto mesi di stage difficilmente trovano un lavor ostabile. Quelli invece che si iscrivono al secondo anno, al serale, man mano, quando ci sonodelle opportunità, sono inseriti nelle aziende. Buona parte degli inserimenti avvengono conil raggiungimento della qualifica.”

Corsi come questo, impostati su moduli, ricalcano schemi consolidati daanni di esperienza ed hanno un mercato nell’indotto piemontese. Inoltre visono buone opportunità di impiego per i migranti, sia per il sostegno fornitodalla scuola nella ricerca del lavoro, sia per la carenza, in questi compartiproduttivi, di offerta di manodopera italiana.

I problemi che possono nascere sono tutti interni all’aula:• integrazione intergenerazionale (esigenze e richieste diverse tra minori e

adulti);• integrazione interetnica (incompatibilità tra gruppi diversi, es. Marocchini

ed albanesi).7b) Preparazione Al Lavoro – indirizzo servizi domestici : corso diurno di600 ore, con 120 ore di stage presso mense e ristoranti. Senza limiti di etàe di titolo di studio, rilascia un attestato di frequenza. L’utenza è totalmentefemminile.

Per l’anno 1998/99 ci sono 16 iscritte (tra cui 7 nigeriane e 3 marocchine)ma solo in 12 frequentano regolarmente.

6 Può risultare interessante anche un’analisi delle caratteristiche personali dei minori nei vari anni: 80%"soli/non accompagnati ma segnalati all’autorità giudiziaria dalla rete dei servizi di riferimento (senzaparenti e famiglia), affidati alle comunità alloggio, ai centri di 1a accoglienza e alle comunità e seguitida operatori e assistenti sociali; 20% residenti con genitori o parenti.

7 Riportiamo un esempio citato di difficoltà di integrazione interetnica (tra minori albanesi enordafricani) riportata da un formatore:“Gli albanesi minori, di religione musulmana, hanno un approccio all’osservanza dei precetti diversarispetto ai magrebini; la diversità di approccio provoca, alcune volte, delle incomprensioni, specie nelperiodo del ramadan. la procedura adottata è stata la seguente: lasciare momentaneamente decantareil problema ed intervenire in seguito richiedendo una consulenza da parte del mediatore o di chi hauna autorevolezza condivisa nell’approccio religioso; interventi individuali anche allargati alla rete: sicomunica con la comunità e con gli operatori territoriali.

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I corsi per donne, attivati su proposta della Caritas diocesana, si tengonoda cinque anni. Sono molto simili (per materie e numero di ore) ai precedenticorsi di preparazione ai lavori domestici . Sono i percorsi più semplici.La Caritas è il principale canale di iscrizione delle allieve.

Ecco come un formatore del corso le descrive:

“Sono in genere donne adulte; pochissime sono le diciottenni. Il primo anno avevamoquasi tutte donne sposate con famiglia. La maggior parte sono ragazze sole: le marocchinesono sposate o divorziate con o senza figli; le nigeriane raramente sono sposate, molteconvivono e spesso sono sole, senza punti di riferimento validi. La maggior parte delle corsisteè di nazionalità nigeriana; sono quelle che hanno più problemi ad inserirsi, specialmentenell’ambito lavorativo. Ci sono sempre delle marocchine, talvolta delle peruviane. Mairagazze dell’est, perché di solito riescono a trovare lavoro presso famiglie italiane senza averfatto un corso,... Negli ultimi tre anni c’è una presenza massiccia di ragazze sole chevengono inviate dalla Caritas, provenienti spesso dal mondo della prostituzione; appenauscite o in fase di uscita, hanno bisogno di essere inserite in un progetto funzionale direcupero, sia per ottenere il permesso di soggiorno (dimostrando che sono iscritte a un corsodi formazione professionale la procedura diventa più semplice), sia per trovare un’attivitàlavorativa lecita che dia loro una fonte di reddito e le riscatti.

Non hanno in genere un alto livello di istruzione; qualcuna è diplomata. C’è una grossadifferenza tra marocchine e congolesi e all’opposto le nigeriane. Le prime sono in generediplomate, sanno meglio l’italiano perché hanno frequentato dei corsi. Le nigeriane di solitonon hanno titoli di studio molto alti e fanno più fatica ad imparare l’italiano. Sono quasisempre disoccupate, al più fanno qualche ora di lavori domestici in nero presso famiglie.”

Tra le motivazioni più comuni che spingono queste donne ad accedere alcorso troviamo:• la possibilità di regolarizzarsi più facilmente, per coloro che non

possiedono il permesso di soggiorno;• il contributo delle 4.000 lire l’ora;• il desiderio di imparare cose nuove, utili nella vita domestica e familiare,

più che per un inserimento lavorativo;• perché sperano di trovare un lavoro.

Le difficoltà principali sono legate al rispetto delle regole (orari, presenzapuntuale e continua durante lo stage, il tirocinio,…) e agli impegni familiari(gravidanze, cura dei figli,…), anche se, al termine dell’azione formativa e conl’aiuto della rete dei servizi territoriali, il problema dell’accettazione delle regolesembra sufficientemente risolto. La continuità del percorso form a t i v orichiederebbe una pluralità di interventi:

“Ad un primo corso, occorrerebbe un successivo inserimento ad un corso di 2° livellocompatibile con le esigenze lavorative dell’utenza. Di solito alla fine del corso l’utenzarichiede un corso di cucito o corsi di cucina avanzati per approfondire altre competenze maattualmente le opportunità cui indirizzarle per questi corsi avanzati sono molto poche”.

Il terzo progetto attivato è il corso per mediatore culturale del ProgettoI.Ter. Un corso di 900 ore, diurno, con reddito allievo di Lire 4.000 all’ora.I requisiti per l’accesso sono: diploma di scuola media superiore o laurea,conseguito nel paese di origine; essere maggiorenni; essere in possesso del

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permesso di soggiorno. Al termine del corso, viene rilasciato un attestato diqualifica professionale.

La prima esperienza di un corso per Mediatori Culturali è stata avviatanell’anno formativo 1995/1996 ed il corso da subito si è inserito in una rete diservizi cittadini sia nella fase progettuale che esecutiva coinvolgendo operatoridel settore dell’assistenza, del sanitario, della scuola e dell’associazionismointegrando funzionalmente i vari segmenti con l’obiettivo di rispondereefficacemente alle esigenze della cittadinanza torinese sui bisogni emergentirivolti all’utenza migrante. Il corso attuale è frequentato da 16 allievirappresentativi delle esigenze della cittadinanza: 3 marocchini, 3 albanesi,1 rappresentante di Camerun, Congo, Nigeria, Algeria, Costa d’Avorio,ex-Jugoslavia, Bosnia, Messico, Colombia e Cina. La maggior parte sono donne,gli uomini sono cinque.

La maggior parte dei corsisti ha già fatto esperienze di mediazioneculturale, sia come volontario, sia con lavori temporanei, presso associazioni eistituzioni pubbliche e private: dalle traduzioni e interpretariato a esperienze dimediazione culturale. Per essere assunti hanno però bisogno della qualificadi mediatore.

Per i mediatori esistono prospettive occupazionali negli enti pubblici, mac’è il problema dell’accesso al posto pubblico, tramite concorso o appalto dicooperativa.

In Italia i corsi per mediatori ci sono a partire dagli anni 90, ma fino a unpaio d’anni fa ospedali, uffici, enti locali non sapevano neanche cosa fosse unmediatore e quali fossero i suoi compiti.

Gli insegnanti sono reclutati in base alle loro competenze specificheprivilegiando l’attività professionale o/e l’appartenenza ad una associazione oistituzione rappresentativa dell’azione sui migranti; alle lezioni sono presentidue mediatori, con funzioni di collegamento, di portavoce, di mediazione neiconfronti dei formatori e dell’organizzazione dell’agenzia formativa.

È previsto uno stage di 360 ore. La maggior parte di coloro che hannoofferto una disponibilità a prendere degli stagisti sono i docenti stessi, cheoperano in associazioni ed istituzioni pubbliche e private. Il settore privato epubblico offre opportunità di lavoro con contratti atipici o al massimo concontratti a termine. I mediatori sono richiesti dai servizi pubblici, in quantofigure utili soprattutto nei rapporti con i nuovi immigrati.

2.2.2. CSEA – Mario Enrico

“CSEA Formazione e Servizi per il Lavoro” è una società consortile no profitformata da aziende private, dalla Provincia e dalla Città di Torino, nata nel1979. Dal maggio 1997 lo CSEA è subentrato alla gestione comunale dei centridi formazione professionale del capoluogo piemontese.

Attualmente fanno parte del consorzio nove sedi operative, distribuitenell’area metropolitana torinese: sette in città, una a Chieri (To) ed una adOrbassano (To).

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Le attività sono finanziate prevalentemente dalla Regione Piemonte, dalMinistero del Lavoro e dall’Unione Europea. Ogni anno collaborano con CSEAoltre 600 aziende e si specializzano più di 4.000 allievi.

L’Ente organizza corsi di qualifica post-obbligo, corsi di specializzazionepost-diploma e post-laurea nei settori dell’auto, dell’impiantistica,metalmeccanico, elettrotecnico e delle telecomunicazioni, dell’artigianatoartistico e di servizio ambientale, dei servizi all’impresa e alla persona,dell’automazione d’ufficio e amministrazione, informatico, telematicoe multimediale.

L’attività dell’istituto “Mario Enrico” si caratterizza storicamente nel settoredell’industria, in particolare nei comparti metalmeccanico, elettromeccanico,dell’impiantistica elettrica, dell’elettronica, dell’automazione e dell’informaticaapplicata. L’agenzia è dotata di una grande officina meccanica, di numerosilaboratori di impiantistica e di informatica applicata.

Ha una lunghissima tradizione: questo Centro, insieme al Giulio Pastore, haavuto una funzione importantissima nel corso degli anni ’70, in cui venneroattivati corsi diurni (per ultraquattordicenni) e serali per dare la possibilità a chivoleva qualificarsi, riqualificarsi o riconvertirsi: perm e t t e re cioè latrasformazione dell’operaio comune in operaio qualificato, facendo fronte alladomanda che proveniva dall’immigrazione meridionale. L’agenzia è stataistituita con il finanziamento degli enti locali, ma anche con il contributo dellaCassa per il Mezzogiorno.

I destinatari sono giovani in uscita dalla scuola dell’obbligo, qualificati,diplomati, laureati, disoccupati adulti, lavoratori e tecnici delle imprese,cittadini extracomunitari.

La stretta collaborazione con circa 400 aziende ha finora consentito diraggiungere ottimi risultati in termini di occupazione, sia in ruoli tradizionali edesecutivi specializzati (fresatori, addetti M.U., elettricisti, installatori,impiantisti), sia in mansioni di livello più elevato nelle tecnologie avanzate enella progettazione (progettisti di automazione, CAD, PLC, ecc.).

L’istituto “Mario Enrico” vanta la più lunga tradizione e il maggior volumedi attività nel settore dell’immigrazione.

Corsi rivolti ad immigratiMan mano che l’immigrazione straniera assume caratteri di stabilità nella

realtà italiana e torinese (dopo le sanatorie della metà degli anni ottanta, e conla Legge Martelli) emerge una realtà nuova, che si affaccia alla formazioneprofessionale. Vengono così avviati allo CSEA, verso la fine degli anni ottanta,dei percorsi formativi rivolti agli stranieri.

I corsi competono al comparto metalmeccanico ed elettrico (elettricistaimpiantista civile e industriale, manutentore di impianti elettrici, meccanicogenerico e tornitore), perché questa è la vocazione del centro:

“Noi abbiamo una storia, una vocazione, abbiamo messo in pratica una tradizione, chevuole questo centro come il centro in cui si attivano corsi legati al settore metalmeccanico inparticolare.” (Responsabile CSEA)

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È importante sottolineare che l’esperienza costruita è particolarmentesignificativa, in quanto negli ultimi anni il volume di attività formativa erogatadall’istituto “CSEA Mario Enrico” corrisponde al 50% di quanto è statoapprovato e finanziato dalla Regione Piemonte per questa tipologia di utenza.

Analizzando i dati disponibili (anni 1992/97), vediamo quali caratteristichepresentano i corsisti stranieri dei corsi CSEA. Le attività proposte hannoottenuto un riscontro positivo: il 68% degli iscritti infatti ha conseguito laqualifica; inoltre, la causa più frequente degli abbandoni non è da imputarsiall’inefficacia della scuola, bensì alla necessità di lavorare, per quanto in modosaltuario, precario o in “nero” (Tab. 7).

Tab. 7. CSEA Mario Enrico – Corsi per migranti 1992/97

1992/93 1993/94 1994/95 1995/96 1996/97 TOTALE

N. CORSI 1 2 4 4 3 14N.ISCRITTI 14 32 63 68 65 242N. QUALIFICATI 7 23 34 44 57 165N. ABBANDONI 7 8 17 19 7 58N. NON QUALIFICATI 0 1 12 5 1 19

I corsisti sono maschi, adulti, con un’età media di 27 anni8; oltre la metà haun diploma di scuola media superiore, conseguito nel paese d’origine; il 94%degli allievi proviene da paesi africani, con un 56% di presenza marocchina.(Tab. 8)

Tab. 8: Provenienza, età e scolarità degli allievi CSEA - anni 1992/97

PAESI DI PROVENIENZA

Marocco 135 56.0%Somalia 25 10.5%Camerun 16 7.0%Costa d’Avorio 10 4.0%Ghana 9 3.5%Senegal 8 3.0%Algeria 7 2.5%Tunisia, Albania; Congo, Zaire 5 2%Perù 4 1.5%Romania, Etiopia 2 1%Bangladesh, Libano, Burkina Faso, Giordania 1 0.5%

TOTALE 242 100%

SCOLARITA’Licenza obbligo 80 33.0%Diploma scuola media superiore 129 53.5%Laurea 33 13.5%ETA’ MEDIA: 27 anni

8 L’età media degli allievi iscritti ai corsi per immigrati risulta relativamente alta in quanto l’ente hascelto di inserire in tali corsi prevalentemente gli adulti. I minori vengono indirizzati verso i corsinormali post-obbligo, al fine di favorire l’integrazione con i coetanei italiani.

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I corsi del 1998/99La regione Piemonte ha approvato per quest’anno due corsi di Installator e

impianti elettrici civili . Un percorso di 600 ore, che garantisce la qualificaregionale, di tipo tradizionale, in sintonia con le competenze dell’ente nelcampo dell’impiantistica; coinvolge uomini generalmente adulti in possesso delpermesso di soggiorno e della licenza media.

Vi sono inoltre le dieci proposte del Progetto Itaca:• 6 percorsi lunghi di 800 ore di prima qualificazione nel comparto

metalmeccanico, elettrico, aree verdi, servizi alberghieri e commerciali,ristorazione, con 60 iscritti;

• 4 percorsi brevi di 120 ore: operatore turistico, animatore di adolescenti,baby-sitter familiare, animatore di spazio gioco per bambini in occasione dimostre e convegni.L’elemento innovativo del progetto risiede in questi ultimi corsi, con

popolazione mista, di livello culturale alto, di provenienza dell’area delMaghreb e balcanica.

“Nella mia esperienza di selezione per il progetto ITACA, c’è un’abbondanza didiplomati e laureati in materie letterarie provenienti dal Maghreb, che si rivolgono e siiscrivono a corsi che dovrebbero permettere loro un inserimento lavorativo o per lo menopermettere il contatto con una realtà produttiva. Hanno caratteristiche culturali medio-alte,ma hanno capito che debbono fare i conti con la dura realtà. Forse il progetto migratorioprevedeva la messa in atto delle competenze di cui erano in possesso, ma la realtà dura delpaese ospitante in cui c’è una complessità del mercato del lavoro che presenta alcuni lavoriche gli italiani non fanno più o fanno mal volentieri, per cui non si offrono e non sonodisponibili; loro si offrono e mettono in secondo piano le conoscenze acquisite in patria. Nonbisogna nascondere il fatto che comunque una parte si rivolge a noi per questioni disopravvivenza.” (Responsabile CSEA)

Gli utenti di questi corsi brevi sono élites di migranti, con un alto livello diconsapevolezza della propria condizione e di criticità verso il contesto in cui sitrovano inseriti.

Il Progetto Itaca ha invece la funzione di far emerg e re o per lo menore n d e re più accettabile in termini di stabilizzazione di rapporti di lavoro o dic reazione di reti di servizi - che possano agevolare sia lo straniero, sia la piccolaazienda - quei lavori che gli immigrati svolgono già in settori dell’economiasommersa. La condizione di occupato, vissuta da molti, emerge nei colloqui diselezione, in cui i candidati spesso esplicitano le preoccupazioni rispetto agliorari dei corsi, perché svolgono delle attività. Di coloro che vengono giudicatiidonei all'’iscrizione, quando inizia il corso, ritorna una percentuale ridotta,poiché c’è una ricerca continua di opportunità di crescita professionale, diinserimenti in occasioni che la realtà off re al momento, però non si riesce inseguito a conciliare l’occupazione precaria e irre g o l a re accettata per far fro n t ea l l ’ e m e rgenza con le chanches di formazione che vengono off e r t e .

Il Progetto Itaca prevede anche un supporto per quanto attiene la ricercadi un’abitazione o il miglioramento della condizione residenziale e una misuradi sostegno legata alla custodia dei bambini, in collaborazione con due

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partners (CICSENE ed Alma Terra). Si prende anche in esame la situazione delreddito per capire se, in base al percorso che il soggetto sta compiendo, potràdiventare un percettore di reddito, in modo da consigliarlo su quali strategieadottare per entrare in collegamento con enti, associazioni e proprietari dicase. Il partner ha anche il compito di fungere da garante del percorso che sista compiendo, per assicurare una stabilità di situazioni.

Il progetto è ancora in fase di accompagnamento e quindi non vi sono almomento dati sugli esiti occupazionali.

La presenza di immigrati si registra anche in altri corsi non specifici.Nell’anno preso in considerazione dal presente studio, sono 22 gli stranieridistribuiti in sette corsi misti di primo e secondo livello (corsi biennio integratoe addetti ai lavori d’ufficio). In ogni corso vengono iscritti anche alcuni minori(2-3 unità max.), con situazioni non completamente regolari, ma introdotti inun programma di inserimento sociale (tutela giuridica, permesso di soggiornoper motivi di giustizia, 150 ore, scuole di italiano). La presenza maggiore diminori stranieri si rileva nei progetti legati al disagio giovanile, più che in corsispecifici per stranieri, come conferma il responsabile CSEA:

“Nei corsi più tradizionali abbiamo un certo numero di minori, ma non è altissimo. Nelcomparto metalmeccanico nel 1998/99 abbiamo in una classe 6 stranieri su 18/20. Nelcomparto elettrico 5 stranieri. Abbiamo una presenza maggiore nei corsi legati al disagiogiovanile: nel corso di preparazione al lavoro - indirizzo macchine utensili abbiamo 9allievi, che sono circa la metà degli iscritti; sono minori maschi. Ai minori stranieri diamola possibilità di frequentare i corsi di preparazione al lavoro (non quelli in cui si conseguela qualifica) anche senza licenza media, purché frequentino le 150 ore. Teoricamentedovrebbero essere in possesso del permesso di soggiorno, però prendiamo in esame anche icasi di minori in cui dalla relazione di un ufficio pubblico emerga un processo diregolarizzazione in corso.”

2.2.3. CIOFS – Auxilium 9

Il Centro di Formazione Professionale AUXILIUM fonda le sue origini nelsecolo scorso, quando nei primi decenni di vita dell’Istituto delle Figlie di MariaAusiliatrice, in continuità con l’esperienza di Mornese, ogni Casa, con l’oratorio,apriva un laboratorio familiare per insegnare l’arte del cucito alle giovani. InPiazza Maria Ausiliatrice a Torino è sempre esistito un laboratorio in cui leragazze diventavano piccole sarte. La semplice idea educativa che ispirava taliattività era quella di preparare la donna alla vita integralmente, rendendolacapace di essere professionalmente utile a sé e agli altri. Le attività spaziavanodal ricamo alla sartoria, dalla camiceria alla maglieria.

Le esperienze si susseguirono nel tempo con modalità varie fino al 1964con il corso libero di Taglio & Confezione che fu sostituito, nell’ottobre del1973, dal C.F.P. AUXILIUM che forniva la qualifica di Confezioniste in serie –S e t t o re Industria. La buona riuscita del corso permise di ottenere

9 Informazioni da: http://www.to2000.net/ciofs.

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dall’Assessorato Istruzione e Formazione Professionale della Regione Piemonteun nuovo Corso di Specializzazione per Confezioniste Abbigliamento e, nel1979, il Corso di Specializzazione Tecnica di Abbigliamento Industriale.

Nel 1977/78 si aprì una sezione distaccata per la qualifica annualedi Confezioniste in serie – Settore Industria e nel 1978/79 iniziò il Corsobiennale per Corrispondenti in Lingue estere – Settore Commercio, conlaboratorio linguistico.

Da allora il Centro, nelle due sedi, ha potenziato l’attività moltiplicando icorsi nel settore terziario, rivolti prevalentemente ai diplomati e ha realizzatocorsi CAD dell’Abbigliamento, molto apprezzati dalle aziende del settore. Sonostati inoltre introdotti corsi per tecnici della grande distribuzione, per operatoridi servizi ausiliari di comunità, per migranti. Il Centro ha partecipato anche aprogetti multiregionali come il P.I.O.P.P. sul terziario e il PRIME per larealizzazione artigianale di articoli per l’arredo della casa.

L’attività corsuale non è fine a se stessa. Nello spirito salesiano, l’operaeducativa del Centro è orientata ad aiutare prevalentemente i giovani e legiovani che in qualche modo necessitano di un accompagnamento nelcammino di inserimento nel mondo del lavoro e nella crescita professionale.

I corsi del CFP Auxilium

Il CFP AUXILIUM opera nella formazione professionale di primo e secondolivello nei settori del terziario e dell’industria dell’abbigliamento. I corsi sonodiretti a soggetti disoccupati e sono, in quanto finanziati dalla RegionePiemonte e dal Fondo Sociale Europeo, completamente gratuiti per gli utentistessi. La durata dei corsi varia da 150 ore ad un massimo di 1200 ore annualie 2400 biennali. Alcuni corsi prevedono un periodo di stage all’interno diaziende del settore.a) Le attività legate al settore Terziario offrono la qualificazione in: Tecnico di

gestione aziendale informatizzata – indirizzo piccole e medie imprese;Tecnico di gestione aziendale – indirizzo commercio internazionale;Tecnico di automazione d’ufficio; Utilizzo pacchetti applicativi:elaborazione testi; utilizzo pacchetti applicativi: database; progetto europeoP.I.O.P.P., percorso di orientamento e formazione per donne disoccupate.

b) Nel settore industriale dell'abbigliamento abbiamo: Te c n i c odell’abbigliamento – indirizzo modellista CAD; Operatoredell’abbigliamento – indirizzo confezioni industriali; Operatore CADapplicato alla moda; Progetto europeo PRIME, percorso di orientamento eformazione per giovani disoccupati con licenza media; Operatore delleconfezioni – indirizzo cucitore, per donne disoccupate immigrate.

Corso per Operatore delle Confezioni - indirizzo cucitor e

La durata del corso è di 600 ore, con frequenza dal lunedì al venerdì dalleore 9.00 alle 13.00, da novembre a giugno. Si rivolge a donne immigrate,

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disoccupate, in possesso del permesso di soggiorno. Il corso mira a faracquisire capacità tecnico-pratiche relative al settore dell’abbigliamento e inparticolare alla confezione di capi con lavorazione in serie. Durante il corso èprevisto uno stage di 120 ore in azienda. Il programma comprende inoltrelezioni di lingua italiana, matematica e legislazione del lavoro, atte a fornire alleallieve validi strumenti spendibili in un eventuale inserimento nel mondodel lavoro.

È stato avviato quest’anno per la prima volta - come esperienza guida diattività rivolte specificatamente agli stranieri - su sollecitazione della Caritas diTorino. La richiesta era di attivare un corso per nigeriane, per offrireun’opportunità di inserimento sociale, attraverso la proposta di un’attivitàprofessionale, a coloro che intendono uscire dal mondo della prostituzione.

L’idea di un’attività pratica, che necessitasse di pochi insegnamenti teoricie non richiedesse alti livelli di conoscenza della lingua italiana, è parsa comela migliore per fare fronte ad un’utenza variegata, dotata di pochi strumenti,come testimonia la direttrice del CIOFS:

“È stata un po’ la richiesta della Caritas, quella di insegnare delle cose di caratter epratico, anche considerando i diversi livelli di istruzione, la preparazione diversa, la scarsaconoscenza della lingua. Sarebbe stato difficile promuovere un corso di informatica quandola persona faceva difficoltà a scrivere una lettera in modo corretto. Ci è sembrata la cosa piùfacilmente abbordabile da tutte le persone che si rivolgevano a noi, indipendentemente daltitolo di studio posseduto. Abbiamo, infatti, riscontrato un interesse notevole: stanno giàarrivando delle persone ad iscriversi per il prossimo anno, perché ha funzionato ilpassaparola di coloro che stanno frequentando.”

Il CIOFS ha aderito alla proposta e il piano presentato in regione èstato approvato.

All’avvio delle iscrizioni si è verificato un fatto singolare: le nigeriane insostanza erano quasi tutte sprovviste del permesso di soggiorno e quindi nonè stato possibile il loro inserimento; il numero delle nigeriane frequentantirisulta quindi molto ridotto. Si è aperta la proposta alle immigrate in genere edè stata raccolta un’adesione considerevole, oltre una trentina di richieste, tracoloro che possedevano i requisiti. La selezione è avvenuta principalmenteescludendo coloro che non erano in possesso del permesso di soggiorno, iltitolo di studio non è stato considerato.

Il numero previsto dalla regione per la sovvenzione del corso era di 8persone, ne sono state proposte 12 e, date le insistenti richieste, sono iscritte14. Alcune hanno abbandonato quasi subito per motivi vari…

“ …c’erano due musulmane che si sono perse abbastanza in fretta, perché l’integrazionecon le altre era particolarmente difficile; una non è venuta perché ha avuto un bambino eha avuto delle difficoltà.”

Attualmente le allieve sono una decina, che frequentano con una “certa”regolarità, in quanto queste donne hanno dei ritmi di impegno molto diversidai nostri, sia per quanto riguarda l’orario che per la frequenza quotidiana.

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Le frequentanti sono donne adulte10, tutte ultraventenni, generalmente giàda qualche anno in Italia; alcune nubili, altre con famiglia e figli. Talune sonosposate con italiani. Sono presenti varie nazionalità: Tunisia, Nigeria, Brasile,Zaire, Marocco, Somalia, URSS, Cina, Gabon. Vivono in genere una realtà piùstabile rispetto alla maggioranza degli immigrati appena giunti in Italia. Leafricane sono quelle che vivono maggiori difficoltà di integrazione e diapprendimento, anche se per tutte si registra la mancanza del senso dellapuntualità e del rispetto degli orari. Il livello di istruzione è molto vario ancheperché all’atto dell’iscrizione non è stato considerato: c’è chi rivela un livello dipreparazione abbastanza basso e chi invece ha conseguito un diploma einiziato l’università al suo paese. Costoro, dopo il trasferimento in Europa, sisono trovate sradicate e, in cerca di un’occupazione, sono state costrette aridimensionare le proprie aspirazioni lavorative.

Tra le motivazioni che hanno spinto le utenti ad iscriversi ritroviamo:• il desiderio di proseguire gli studi, abbandonati con la migrazione; come

afferma un’insegnante:

“Qualcuna ha il desiderio di continuare a studiare e questo non è che il primo scalinoverso altre mete.”

È un primo approccio per rientrare in formazione, anche a fronte delfatto che è difficile vedere riconosciuti i percorsi e i titoli ottenuti nelpaese d’origine.

• Prospettive di inserimento nel mercato del lavoro con la qualifica che quisi consegue ve ne sono, ma l’interesse per un lavoro retribuito non sembraessere elevato:

“Non sappiamo, non abbiamo ancora potuto capire bene se queste persone mirano ehanno veramente come aspettativa un’occupazione regolare dipendente oppure sequeste cose vengono ad impararle per saperle fare per conto loro, per la famiglia”(direttrice CIOFS).

Spesso ci si iscrive per imparare a cucire per sé e solamente durante ilcorso si matura l’idea che è possibile sfruttare le conoscenze acquisite alfine di un inserimento professionale.

“Questo fatto, a nostro modo di vedere, segna un cammino graduale verso l’integrazionecon il popolo ospitante: si passa da una cultura di sopravvivenza e di subordinazionedella donna all’uomo alla cultura delle Pari Opportunità, del progresso e del benessere,frutto anche dell’inserimento nel mondo del lavoro”

10 Anche perché se si presentano ragazze molto giovani vengono orientate verso i corsi annuali obiennali aperti a tutti della formazione professionale post-obbligo.

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2.2.4. Cooperativa Sociale Eta Beta

Il quarto Ente inserito in questo studio non è un centro di formazioneprofessionale inteso nel senso tradizionale del termine, bensì una cooperativasociale attiva nel settore dei servizi informatici per le imprese, che organizzaanche interventi formativi per aziende e giovani.

La cooperativa si costituisce nel 1987 per offrire ai detenuti l’opportunità dilavorare all’esterno del carcere. Inizialmente i soci fondatori erano persone concariche esterne, che avevano aderito al progetto “cooperative”. Oggi lacooperativa è gestita da tutti soci interni. La “mission” della cooperativa è semprestata rivolta al sociale, si è iniziato col carcere e poi l’attività si è estesa a progettidi inserimento di persone con percorsi di tossicodipendenza ed handicap fisici.

All’interno del carcere viene organizzato un corso di informatica, incollaborazione con l’Università di Torino, i sindacati ed enti vari. I primi detenutiescono nel 1989 e la cooperativa inizia a lavorare con la prima commessa dellaCamera di Commercio. Questo lavoro nel tempo si è evoluto nella creazione dibanche dati, mentre allora consisteva solamente in interviste telefoniche adaziende della sub-fornitura e inserimento dati.

Il lavoro inizia con due persone, senza sede e strumenti; l’ufficio era pressola Camera di Commercio. L’organizzazione è cresciuta, trovando altre commessee trasferendosi in sedi sempre più grandi; all’attività di programmazione dibanche dati, si sono affiancate sia le ricerche sociali, sia un reparto di grafica.

La formazione è sempre stata interna. Le persone che hanno lavorato e chelavorano si sono specializzate con corsi di formazione interna; è una formazionecontinua, dettata dal mondo dell’informatica, che evolve e cambia velocemente.

Dal 1993 al 1995 la cooperativa vive il periodo di maggiore sviluppo perché,grazie all’accesso alla legge regionale che finanzia una parte dell’investimentotecnologico a seguito di occupazione, può sostituire interamente il parcomacchine, strutturare il settore per l’elaborazione banche dati e anche quellografico può acquistare macchine migliori. Vengono fatte numerose nuoveassunzioni, raggiungendo le 16 unità. Nel 1997 la cooperativa ha investito nellacreazione di un proprio Provider Internet. Questa operazione ha comportatodelle profonde modifiche nell’organizzazione e nella struttura dell’impresa: èstato creato un ufficio commerciale, sono sorte nuove figure professionali(creatori di siti Web, operatori su Internet) che hanno prodotto nuovi posti dilavoro. Oggi i soci sono quarantacinque, con il 30% di personale svantaggiato.

Data la caratteristica sociale della cooperativa e il suo impegno a favore deisoggetti marginali, negli ultimi tempi l’attenzione si è rivolta ancheall’immigrazione e sono stati attivati corsi di formazione per stranieri:• un corso di informatica + ricerca-azione nella zona di Porta Palazzo, a

Torino, rivolto a minori del quartiere. Ha coinvolto dieci ragazzi di 14-15anni, contattati nelle scuole o all’ufficio stranieri. La maggior parte eranominori che vivevano con la famiglia, chi non aveva famiglia era ospitato incomunità e/o presso preti. Tutti in possesso di una buona conoscenzadell’italiano, hanno imparato molto.

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• un corso di informatica misto per stranieri. La selezione è stata effettuata daun’altra organizzazione, che ha commissionato il corso alla cooperativa. Cisono stati dei problemi disciplinari con i maschi, soprattutto marocchini, inaula litigavano tra loro. Nonostante ciò il corso si è concluso con successoe molti di loro hanno trovato lavoro.

• un corso per donne immigrate.

Corso di tecnico manutentore di computer per donne immigrate

La più recente e significativa esperienza con gli stranieri è il corso perTecnico manutentore di computer, rivolto a 15 donne immigrate, organizzatonel 1998/99, in collaborazione con A.P.I.D., CGIL, CISL e UIL.

L’idea del corso11 è nata dalla constatazione del ruolo marginale che ilmercato del lavoro italiano riserva alle donne straniere, le cui prestazioni sonoper lo più richieste in mansioni tradizionalmente considerate “femminili”, nonproduttive e assistenziali, in lavori che riproducono il ruolo tradizionale delladonna nella famiglia e nell’economia domestica: lavori domestici, assistenzadomiciliare, piccola sartoria, cucina e ristorazione.

Con la proposta - accolta e finanziata dal Ministero del Lavoro, inriferimento alla Legge 125 sulle Pari Opportunità - di attuare un corsoprofessionale per tecnico manutentore di computer, si è voluto muovere unprimo passo verso la realizzazione di programmi di formazione lavoro cherispondano ad obiettivi diversi da quelli propri della maggior parte dei corsirivolti a donne straniere. Si tratta infatti di:• uscire dalla logica delle funzioni ancillari, realizzando un corso in un

settore di attività produttivo e prevalentemente riservato agli uomini;• fornire una qualifica professionale adeguata al livello di scolarità, già

acquisito nei paesi di origine, delle partecipanti; • offrire alle donne iscritte un patrimonio di esperienza e di conoscenze

spendibile anche nei rispettivi paesi di origine, in caso di rientro.

Si è voluto in sostanza tenere conto non solo delle prospettive immediatedi inserimento lavorativo, ma anche dell’importanza della gratificazionepersonale e di una integrazione non subalterna, sia in Italia, sia nei paesidi origine.

A partire dalle domande raccolte nella fase di selezione per il corso(216, tutte di donne diplomate o laureate), l’Ente ha deciso di verificare i dati,che da queste emergevano, effettuando un monitoraggio attraverso delleinterviste rivolte a 200 donne straniere, presso gli sportelli torinesidel volontariato cattolico e laico, le scuole di lingua italiana e i centri diformazione professionale.

11 informazioni desunte dal documento “Donne straniere, lavoro e identità” (a cura di) Tabyebeh SiminKhadivi, Coop. Eta Beta, aprile 1999.

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I risultati confermano una profonda situazione di disagio, determinata dadiversi fattori: • la maggioranza delle donne immigrate svolge mansioni di collaborazione

domestica, assistenza agli anziani, ai bambini e agli ammalati, mentre solouna piccola parte risulta impiegata in attività produttive e ancora più bassaè la percentuale di chi svolge attività libero-professionale;

• si registra un alto tasso di insoddisfazione nello svolgimento delle mansioni“domestiche” e molte donne preferiscono dichiararsi inoccupate, in quantoil lavoro di colf o di assistenza non è considerato un vero lavoro, masoltanto una soluzione provvisoria, che difficilmente sarebbe accettata alproprio paese;

• nella maggior parte dei casi, le donne immigrate giungono dal paesed’origine con un livello alto (o quantomeno dichiarato tale) di scolarità;

• esistono grosse difficoltà ad ottenere il riconoscimento dei titoli di studioconseguiti all’estero e ad accedere a impieghi e professioni riservati aicittadini italiani;

• si rafforza la tendenza del mercato del lavoro di riservare alle donneimmigrate occupazioni che corrispondono solo in minima parte alle loroeffettive capacità, al loro livello di istruzione e alle loro aspettative.Il corso di tecnico manutentore di computer prevede 1.000 ore di

insegnamento, con 300 di stage, senza alcun compenso per le allieve.Delle 216 persone selezionate che possedevano i requisiti richiesti (non

essere cittadine italiane, con diploma o laurea conseguiti nel paese di originee permesso di soggiorno) sono state iscritte 15 donne, dai 25 ai 35 anni. Lenazionalità sono varie: Algeria, Marocco, Etiopia, Russia, Romania, Perù,Colombia, Albania, Costa d’Avorio, Brasile, Bulgaria, Filippine. Sono quasi tuttesposate, con mariti italiani o stranieri, con bambini; solo la più giovane, di25 anni, non è sposata. Vivono in Italia in genere da 2-3 anni; parlano italiano,non c’è stata la difficoltà della lingua. Erano in precedenza occupate pressoanziani o come colf.

Nella selezione si è tenuto conto di:• effettiva volontà a frequentare il corso:

"non volevamo arrivare alla fine con poche persone. Sono infatti arrivate tutte e 15 allafine, essendo motivate fino in fondo. Alcune persone non le abbiamo iscritte non perchénon andavano bene, ma, poiché a noi interessava che il corso arrivasse alla fine, abbiamoindividuato le persone determinate, con forti motivazioni." (responsabile Eta Beta)

• titoli di studio scientifici: lauree in ingegneria, diploma di ragioneria eperito tecnico;

• esperienze di lavoro nei propri paesi con mansioni di tipo scientifico.

Tra le principali motivazioni a seguire il corso troviamo:a) trovare un lavoro diverso da quello che già si fa:

“dicevano di voler imparare un mestiere per poter fare qualcosa d’altro, oltre alle colf e all'assistenza domiciliare”;

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b) ottenere una qualifica spendibile sul mercato del lavoro, sia italiano, sia inmadrepatria, nel caso decidessero di tornare;

c) poter dire “io so fare questo”, possedere una professionalità.L’azione di tutoraggio ha svolto e svolge azioni di sostegno su diversi piani

(aiuto per domande di sussidio, per l’iscrizione dei figli all’asilo), altrimenti, acausa del carico familiare, rimane compromessa per loro la possibilità difrequentare il corso.

La ricerca di aziende disposte ad accettare queste donne come stagiste èstata agevolata dalla collaborazione con le tre confederazioni sindacali alfemminile e con l’APID. Sono aziende del settore informatico, software housee aziende di assistenza hardware e software, preventivamente contattate perillustrare il progetto.

“Non abbiamo riscontrato particolari resistenze dalle aziende, anzi, abbiamo registratouna buona accoglienza; alcune operano già nel mercato estero per cui sono contentissimedi avere una persona straniera. Adesso sono tutte inserite nello stage e abbiamo validi motiviper credere che almeno la metà di loro saranno assunte. Abbiamo cercato delle aziendedisposte all’assunzione, anche perché 1.000 ore di corso sono un grosso impegno.”

2.3. Nodi problematici e spunti di riflessione

Nei precedenti paragrafi di questo capitolo abbiamo delineato unapanoramica sull’offerta formativa rivolta ai migranti presente nel capoluogopiemontese. Ora richiamiamo alcuni nodi problematici ed elementi diriflessione, che meritano un approfondimento.

Progettazione e finanziamenti

Le domande rivolte, nell’ultimo decennio, alla formazione professionaledalla popolazione migrante e dalle istituzioni che a vario titolo operano con glistranieri, interrogano e stimolano gli enti di formazione professionale a pensaredelle proposte adeguate e delle soluzioni specifiche in ambito educativo perl’utenza immigrata.

La progettazione degli interventi nasce generalmente dalla commistione didue presupposti, riscontrabili in tutte le realtà analizzate:a ) il background storico del centro di formazione professionale, la

specializzazione che ha maturato nel corso degli anni e la rete di rapportiche ha allestito con le imprese del territorio. Come afferma il responsabiledei corsi per stranieri della Casa di Carità Arti e Mestieri:

“L’idea di un corso [di addetto alle macchine utensili rivolto agli stranieri] parte innanzitutto dalla storia cinquantenaria di questo Ente, dal rapporto con piccole e medieaziende, che garantisce la possibilità relativamente facile di inserimento lavorativo nelmomento in cui l’utenza è spendibile sul mercato del lavoro. Inoltre il territorio èsensibile… la meccanica, il design, le qualifiche di specializzazione per il controllonumerico hanno un mercato a Torino…”

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Le sperimentazioni e i percorsi concepiti secondo criteri più innovativicoinvolgono una parte minoritaria dell’offerta formativa e sono in generelegati a programmi particolari elaborati in sede europea. Sono progetti pilotache si rivolgono ad immigrati con livelli culturali medio-alti o a specifichecategorie di utenza (donne, minori), con determinati pre re q u i s i t i(conoscenza lingue, appartenenza ad una certa etnia).

b) Gli input esterni di altri attori legati a vario titolo al mondodell’immigrazione. Spesso, infatti, le organizzazioni che operano a favoredei migranti si sono rivolte e si rivolgono alle agenzie formative affinchécontribuiscano allo sforzo di avviare dei percorsi di integrazione sociale, dif o rmazione, di orientamento e di inserimento lavorativo, attraversol’ideazione, la progettazione e l’attuazione di corsi specifici, che offranoeffettive chances di occupazione nel mercato del lavoro locale. A talproposito Torino è una realtà viva: ricca di esperienze, di confronti proficui,attenta alla realizzazione di una rete di servizi operativa coordinata checerca di rispondere alla complessità della multiculturalità. In questi annimolte esperienze si sono dipanate nella realtà torinese e per citarne unabasti ricordare la funzione della Caritas locale, la cui presenza rappresentaun punto di riferimento non solo per i migranti ma anche per gli operatori,le associazioni e le istituzioni pubbliche e private. La Caritas ha peròprimariamente una missione di promozione della solidarietà, e spesso disoccorso per necessità immediate. Le finalità della formazione rischianoquindi di pasare in secondo piano, subordinate a istanze più pressanti.Tutte queste esperienze hanno però bisogno di un progetto e di uncoordinamento in una sfera più alta, istituzionale, che operi nel promuoverela produzione di leggi, di regolamenti, di servizi innovativi in cui l’agirelocale e il pensare globale rappresenta un sistema integrante della nuovarealtà. Se non si arriva a questa sintesi il rischio è quello di rimanere in unasfera difettosa in cui l’ambiguità purtroppo frena la spinta innovativa.Lo testimonia, ad esempio, un formatore della Casa di Carità Arti e Mestieri:

“Queste donne trovano lavoro solo se si attivano le collaborazioni, il coordinamento trai vari segmenti funzionali al sostegno e al percorso di integrazione, di orientamento, diformazione, di accompagnamento nello stage e di tutorato.”

A volte la progettazione è inoltre condizionata dalle politiche degli enti, inprimo luogo la Regione, che definiscono le linee programmatiche ede l a rgiscono i finanziamenti destinati alle attività formative. I centri sipreoccupano di rispettare i parametri che gli enti finanziatori stabiliscono perl’approvazione delle proposte e l’assegnazione dei contributi (in particolare leindicazioni fornite da SPIN sulle figure professionali richieste dal mercato dellavoro locale), e questa è una preoccupazione che in certi casi frena lasperimentazione.

Anche l’andamento non sempre lineare delle politiche formative el’aleatorietà dell’impegno di alcuni enti locali influiscono negativamente suiprogetti formativi. I centri infatti presentano proposte di attività che si

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concludono nell’arco dell’anno formativo, non progetti pluriennali ad ampioraggio, in quanto non ci sono garanzie di supporti e finanziamenti nel tempo:ogni anno si riparte quasi da zero.

Reclutamento e selezione

I canali di reclutamento degli allievi sono principalmente tre:• pubblicità e comunicazioni agli uffici, enti e istituzioni che si occupano a

vario titolo di migranti, alle organizzazioni di prima accoglienza, alleassociazioni di volontariato;

• informazione presso le aziende, soprattutto per le attività formative dispecializzazione;

• passaparola: è la modalità di reclutamento più diffusa. Gli ex-allievipubblicizzano il corso che hanno seguito e l’ente che l’ha istituito pressogli amici, i parenti, le comunità etniche, indipendentemente dall’esitooccupazionale che l’esperienza ha fruttato loro.La selezione dell’utenza avviene secondo modalità atte principalmente

a sondare le motivazioni che spingono il migrante ad iscriversi e le probabilitàche il soggetto concluda l’esperienza formativa. Gli enti si preoccupanodi condurre a termine i corsi con il maggior numero di allievi, di ridurreal minimo le possibilità di ritiri ed abbandoni, poiché i finanziamenti vengonoelargiti per buona parte in funzione della percentuale di allievi che conseguonoil titolo in rapporto agli iscritti al corso. Al momento dell’iscrizione, nonvengono quasi mai presi in considerazione come elementi discriminanti il titolodi studio e le esperienze formative e lavorative pregresse dell’utenza, ma laregolarità dei documenti di soggiorno e la stabilità delle condizioni di vita.

“I migliori allievi… sono intesi dal punto di vista della loro situazione di mantenimento,coloro che possono offrire delle garanzie di continuità nella frequenza del corso anchegrazie alla rete di accoglienza e di sostegno rivolta ai migranti” (Casa di Carità Arti eMestieri)

“Il criterio fondamentale è stato quello di predisporre una raccolta dati durante leiscrizioni che evidenziasse le caratteristiche personali, gli eventuali supporti di sostegnonell'ambito assistenziale e di regolarizzazione (quando occorre) ed eventualmente un testper cogliere le motivazioni nel partecipare ad un corso.” (Casa di Carità Arti e Mestieri)

“Non dovevamo arrivare alla fine con poche persone. Sono infatti arrivate tutte e 15 allafine, essendo motivate fino in fondo. Alcune persone non le abbiamo iscritte non perché nonandavano bene, ma, poiché per noi era vincolante il fatto che il corso arrivasse alla fine,quindi abbiamo individuato le persone determinate, con forti motivazioni.” (responsabileEta Beta).

Tra le motivazioni che spingono i migranti a rivolgersi alla formazioneprofessionale - secondo il parere dei centri12 - ritroviamo soprattutto:

12 cfr. con le affermazioni degli utenti stranieri nel capitolo 4.

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• il desiderio di accrescimento culturale, soprattutto tra le giovani donneadulte, con un alto livello di scolarità;

• la speranza di un inserimento lavorativo e/o un miglioramento nellacarriera professionale;

• l’acquisizione di strumenti e conoscenze utili alla realizzazione di progettilavorativi nel paese d’origine (per adulti con progetto di rientro);

• il recupero e il riconoscimento delle competenze pregresse per uninserimento lavorativo nel mercato italiano ad un livello conforme allecapacità e alle conoscenze acquisite;

• l’ottenimento del permesso di soggiorno; • il sostegno economico, assicurato dalle 4.000 lire l’ora.

A volte, tuttavia, l’accesso al percorso formativo è casuale e determinato damotivazioni “di contorno” rispetto all’acquisizione di una qualificazionep rofessionale per un lavoro (per strappare le donne dal giro dellaprostituzione, per occupare la giornata dei minori soli, ecc.).

Gestione dei corsi: metodologia, didattica, orari, formatori

L’insegnamento rivolto ad un’utenza straniera comporta delletrasformazioni anche negli aspetti gestionali delle attività. Occorre unadiversificazione della didattica, orientata ad insegnare a persone che non sonoprive di conoscenze, ma fornite di un bagaglio culturale diverso da quellocomunemente condiviso tra i cittadini italiani.

“Io mi trovo bene con loro perché si ha l’impressione di fare qualcosa di utile,si insegna qualcosa e si riceve qualcosa, l’arricchimento è vicendevole perché sono diversele culture e l’interazione culturale facilita il processo d’integrazione. Insegnando economiadomestica c’è sempre il momento di confronto «nei vostri paesi come fate?Io vi insegno come deve essere fatto qui e insieme vediamo le possibili trasformazioni chepossono facilitare gli inserimenti lavorativi.» Per cui non si insegna a persone che nonconoscono, ma a persone che sanno già e si mettono in gioco per imparare dei sistemidiversi. ” (Casa di Carità Arti e Mestieri)

“Per quanto riguarda le materie, gli utenti sono più interessati all’apprendimento dinozioni tecnico-pratiche, che all’insegnamento teorico e linguistico. In laboratorio siimpegnano molto e richiedono di dedicare ad esso un maggior numero di ore a discapitodelle lezioni di cultura e di recupero matematico e linguistico, in quanto «non reputano lalingua uno strumento importante per l’inserimento nel mondo del lavoro, oltre che per lerelazioni sociali.»” (insegnante CIOFS)

Le difficoltà legate alla conoscenza della lingua e all’analfabetismo sipossono arginare, come dimostra l’esperienza di una corsista della Casa diCarità Arti e Mestieri:

“La differenza della lingua si supera. L’anno scorso abbiamo avuto una donna sui 45anni marocchina con un livello di alfabetizzazione alla seconda lingua molto basso; altermine del corso è risultata la migliore del corso (ricevendo nel periodo di stage icomplimenti dall’azienda), perché è riuscita ad imparare”

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Il problema, che ostacola maggiormente lo svolgimento dei corsi dal puntodi vista linguistico, concerne invece i reali livelli di comprensione da parte degliallievi. Se in fase di selezione non vengono valutati a fondo, emergono delledifficoltà durante lo svolgimento delle lezioni e occorre ri-tarare la didattica egli obiettivi dei corsi.

“Abbiamo riscontrato nelle allieve delle difficoltà a comunicare con una lingua che nonsi conosce tanto bene: sono persone in Italia magari da dieci anni, ma non hanno maiscritto in italiano, non hanno nessuna nozione grammaticale, si sono costruite il «lor oitaliano». Questa è stata la difficoltà più grossa: all’inizio ci sembrava che avessero un buonlivello di comprensione, per poi scoprire che non era così alto… per non essere da meno leune dalle altre hanno sempre fatto finta di capire molto di più di quanto in realtà capissero.”(insegnante CIOFS)

In riferimento agli orari, si compiono pregevoli sforzi di adattamento agliimpegni di lavoro e ai carichi familiari degli utenti,

“Per il corso di operatore turistico non abbiamo neppure detto in che orario si sarebbetenuto, abbiamo chiesto loro in quali orari preferivano che si svolgesse il corso. Per questicorsi non si presenta solo il giovane adulto, ma anche la persona che ha due bambini, cheha come attività l’assistenza anziani, che vive tutta una serie di vicende personali. Lo sforzodi tener presente tutto questo noi l’abbiamo fatto, ma è anche vero che in questo modo sicomplicano le cose perché se è difficile che le aziende metalmeccaniche richiedano dilavorare la sera o la notte - ma talvolta succede - questo capita spesso nei servizi. La personadeve adattarsi ai tempi del lavoro, dell’azienda e la formazione professionale deve educarea questa realtà: nel settore della ristorazione è normale che si lavori al sabato, la sera fino atardi. Al momento dell’iscrizione e nel colloquio motivazionale questo viene detto in modoesplicito.” (responsabile CSEA)

chiedendo però al contempo un rispetto delle regole concordate insieme:

“Deve essere chiaro il rispetto degli orari. Ci eravamo posti il problema se assecondare ilritardo fisiologico, tipico dell’utenza migrante, e spostare l’orario, ma abbiamo pensato cheera meglio di no, anche perché all’inizio si era fatto un incontro chiedendo quali erano ledifficoltà a raggiungere la sede e solo con una signora con figlio si era concordatoun’entrata posticipata. Occorre rispettare le regole stabilite, anche se possiamo ricercarestrumenti di mediazione; abbiamo fatto capire loro che l’azienda non è disponibile ai loroorari, anche se sono convinto che se loro sono in grado di comunicare i loro bisogni,soprattutto nelle piccole imprese, si trova un accordo, però bisogna stabilire le regole dellavoro e delle relazioni.” (responsabile CSEA)

Un aspetto rilevante nella gestione ed organizzazione dei corsi riguarda iformatori. Dall’analisi della condizione esistente nei centri, emerge unatipologia di insegnanti con caratteristiche particolari: scelti talvolta per motivicasuali, più spesso in base agli interessi personali e all’esperienza pregressa, ingenere non vengono istruiti attraverso una formazione specifica programmataed elaborata dall’ente - almeno all’inizio - ma hanno accumulato e coltivanoautonomamente competenze, studi e sensibilità proprie verso le tematichedell’immigrazione; sono motivati ed investono più tempo ed energie rispetto acoloro che insegnano in settori tradizionali della formazione professionale.

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Diventano in breve - e sono considerati tali - degli “addetti ai lavori”, a cui sirichiede competenza e intervento per qualsiasi problema riguardante glistranieri.

“Le persone che sono state indirizzate a corsi specifici per stranieri sono persone con dellecaratteristiche culturali d’un certo tipo e molto brave nel gestire una relazione educativa inmodo competente, grazie all’esperienza che deriva loro da anni di gestione di attività rivolte«agli ultimi della scala sociale». È vero però che ci sono delle cose nuove da gestire: il coloredella pelle, una lingua diversa, la religione, modalità di relazione e di comunicazione diverse.È anche vero però che qualche «anticorpo» esiste riguardo alla gestione di processi legati aduna popolazione scolastica difficile. Chi si occupa della gestione delle risorse umane hatentato di conciliare le esigenze di adeguatezza rispetto ad un intervento rivolto allo stranieroutilizzando sensibilità e competenze, professionalità specifiche e soprattutto motivazioni. Lamotivazione è fondamentale perché – e questo vale per qualsiasi corso – si deve capire se unapersona è motivata a gestire una relazione di un certo tipo.” ( responsabile CSEA)

Gli allievi, a loro volta, investono i docenti, i responsabili, i tutor, di ruolie funzioni che oltrepassano il normale campo di intervento di un formatoreprofessionale. Egli diventa un “filtro della realtà”, che aiuta ad interpretare icodici sociali, che svela le chiavi di accesso ad una cultura che non si conosce,che interviene per risolvere le difficoltà quotidiane.

“A volte si ha l’impressione di essere tra gli ultimi della società, si aspettano che tu facciaqualcosa per loro perché non hanno nessun altro, non hanno proprio speranza” (Casa diCarità Arti e Mestieri)

Positiva infine risulta la presenza - dove è stata sperimentata - deimediatori, che svolgono una funzione di filtro tra allievi e docenti e diportavoce delle esigenze dell’utenza presso i responsabili.

Rapporti con le forze produttive

Gli Enti analizzati nel presente studio sono istituzioni che da diverso tempooperano nel settore della formazione professionale. Hanno quindi avuto mododi farsi conoscere e avviare dei proficui rapporti di collaborazione con aziendeappartenenti ad alcuni comparti del mondo imprenditoriale torinese epiemontese. E oggi le aziende accolgono positivamente i lavoratori chevengono inviati dai centri.

Il raccordo con le forze produttive è affidato in gran parte ai contattipersonali ed ai rapporti di conoscenza diretta e di fiducia intessuti dairesponsabili e dai formatori nel tempo. Non esistono in genere delle strategiedi inserimento occupazionale che rispondano ad una progettualità determinata,tuttavia la rete di rapporti e contatti raggiunge un buon livello di efficacia: lamaggior parte degli allievi - soprattutto tra coloro che conseguono unaqualifica - trova un’occupazione grazie all’Agenzia Formativa e a volte siriescono ad inserire anche amici e parenti degli allievi.

Le Agenzie Formative assumono la funzione di garanti dell’affidabilità,dell’impegno e della volontà di lavorare dei soggetti che seguono.

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Più problematico risulta garantire degli esiti occupazionali in settori chenon appartengono alla tradizione dell’Agenzia Formativa, dove non si puòcontare su delle modalità consolidate di relazione; diventa allora importante lacapacità di inventare strade nuove e di attivarsi per costruire nuovi contatti deiresponsabili dei corsi.

“…L’anno successivo bisognava trovare dei posti nuovi (di più e diversi dall’aziendaprecedente). Avevo preso le Pagine Gialle e telefonato a tutti i ristoranti perché nessuno nellascuola aveva mai fatto stage del genere; quasi nessun ristorante o mensa ci conosceva… unamensa che distribuisce pasti negli ospedali ha voluto conoscerci meglio e da allora ciprendono sempre delle persone.” (Casa di Carità Arti e Mestieri)

Manca totalmente una programmazione più generale degli inserimentilavorativi, che coinvolga i centri di formazione professionale, le istituzioni e glienti locali, le associazioni imprenditoriali e di categoria, che consentirebbe unpiù equilibrato sfruttamento delle risorse e eviterebbe la dispersione deisoggetti qualificati nei mille rivoli dell’occupazione precaria e irregolare.

Pluralità di funzioni attribuite alla formazione professionale

Si può affermare che la formazione professionale riceve dai diversi attoricoinvolti nel mondo dell’immigrazione una molteplicità di richieste cheoltrepassano le funzioni a lei proprie. Alla formazione professionale si richiedeinfatti di impegnarsi per fornire: • informazione: sul mondo del lavoro, ma anche in rapporto alle quotidiane

necessità che il migrante deve affrontare (uffici a cui rivolgersi per ottenerei documenti, la casa, l’assistenza, come muoversi sul territorio, comecompilare un modulo o fare una telefonata);

• assistenza e sostegno economico: spesso per alcuni allievi il contributo delle4.000 lire è l’unica fonte di reddito;

• recupero e integrazione sociale: aiuta il migrante ad inserirsi nel contestosociale, fa da filtro, da tramite con la realtà, offre occasioni di socializzazione;

• controllo sociale: insegna il rispetto e l’obbedienza alle regole. Soprattuttonel caso dei minori, tiene sotto controllo i diversi ambiti di vita del soggetto,cercando di salvaguardarlo da contatti con il mondo della criminalità e dellosfruttamento;

• mediazione/trasferimento di contenuti culturali: la scuola diviene veicolo ditrasmissione delle norme di comportamento, di principi e regole;

• formazione linguistica: sottolinea l’importanza della padronanza della linguaper un completo inserimento sociale, non si limita a fornire nozioni legate allinguaggio tecnico necessario per svolgere una mansione lavorativa;

• screening della forza lavoro: la scuola serve per conoscere e testare i futurilavoratori, per educarli al rispetto delle regole e all’impegno. Gli imprenditorisi rivolgono ai centri perché ricercano non tanto del personale qualificato persvolgere determinate mansioni, ma dei soggetti che offrano garanzie diimpegno e serietà: “mi mandi un giovane che abbia voglia di lavorare, nonimporta quello che sa già fare”.

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2.4. Tipologie di utenti/tipologie di percorsi

Il mondo dell’immigrazione è un universo dalle mille sfaccettature:dall’irregolare al semaforo che si offre di lavare i vetri, al laureato che è in Italiaper specializzarsi, dalla giovane prostituta, al minore arrivato nel nostro paeseda solo, dalla colf, al rifugiato politico, dalle donne colte che hanno sposatodegli italiani, al mercante che si è trasferito alla ricerca di nuovi mercati, edaltro ancora. Ognuno con la propria storia, bisogni ed esigenze diversi,obiettivi e attese non paragonabili. Difficile diventa allora operare dellegeneralizzazioni, che rischiano di trasformarsi in vuoti stereotipi.

La formazione professionale, nel tentativo di meglio rispondere allespecifiche richieste e necessità delle varie categorie di stranieri, è andatasempre più differenziandosi, offrendo proposte diversificate per titolo di studioda conseguire, per orario, per età, etnia e genere, per settore occupazionale,per composizione della classe.

Tipologia di percorsi

È possibile tuttavia raggruppare l’offerta formativa secondo quattrotipologie generali di percorso (Tab.9):

Tab. 9 Tipologie di percorsi formativi

SETTORE DI OCCUPA Z I O N Ea cui prepara la formazione professionale

Settore industriale tradizionale (metalmeccanico, meccanico)

Occupazioni femminili tradizionali (attività domestiche e di cura, industria dell’abbigliamento)

Occupazioni per stranieri (interprete, mediatoreculturale)

Mercato del lavoro aperto (informatica)

POSSIBILITA' DI OCCUPAZIONE

Ottime, se si consegue una qualifica

Occupazione dipende dafattori extra-professionali(provenienza, permanenza in Italia)L’utenza non sempre èinteressata ad un lavororetribuito

Alta in rapporto con entipubblici che offrono servizi agli stranieri

Nel terziario ad alta tecnologia

ASPETTI DI FORZA/ DIFFICOLTA'

Bassa competitività degli italianiSpecializzazione e qualificazione per usciredal mdl sommerso

La formazione p ro f e s s i o n a l e riesce ad incidere sulle possibilità di inserimento lavorativo, in modo non ancora soddisfacenteCompetitività etnica

Percorso chiuso, no possibilità di carrieranessuna competitività con italiani

Alta competitività e c o n c o rrenza con gli italiani

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a) I corsi rivolti a mansioni a bassa qualificazione nei settori industrialitradizionali (metalmeccanico, meccanico, elettrico) off rono in genere ottimepossibilità di inserimento occupazionale, soprattutto se il soggetto ha lacostanza di seguire un percorso lungo, fino al conseguimento della qualifica.Gli stranieri sono utili - se non quasi indispensabili - al sistema produttivoin questi settori del mercato del lavoro, in cui gli italiani ormai rifiutano diimpiegarsi. Lo straniero in questo caso si rivolge alla form a z i o n eprofessionale non per avere modo di trovare un’occupazione, ma - dalavoratore - per regolarizzare e/o migliorare la propria posizione, attraversouna qualificazione e una specializzazione riconosciuta.

b) I corsi per donne immigrate in genere preparano a mansionitradizionalmente considerate femminili, nel campo dei lavori domestici,della cura e assistenza, in alcuni comparti industriali legati ad attivitàderivanti da mansioni domestiche (sartoria e abbigliamento, ristorazione).Le probabilità di impiego dipendono da fattori extra-professionali ( paese edetnia di provenienza, periodo di permanenza in Italia, stato civile, ecc.) e lacapacità di incisione della formazione professionale è ancora bassa. I corsivengono frequentati dalle donne che non trovano lavoro ed anche al term i n edel percorso rimangono basse le probabilità di inserimento nel mercato dell a v o ro, anche irre g o l a re. Pesanti sono i pregiudizi dei “datori di lavoro ” .

“Ogni tanto qualcuno mi telefona perché ha bisogno di donne per l’assistenza aglianziani o per le pulizie: «mandatemi una ragazza purché sia bianca.» C’è ancora questopregiudizio per cui le bianche, di qualsiasi nazionalità siano, trovano lavoro facilmente,anche se spesso sono sottopagate; le donne specialmente se sono dell’Africa nera,trovano invece maggiori difficoltà in questo settore di inserimento lavorativo.” (Casa diCarità Arti e Mestieri)

c) Alcuni corsi preparano a occupazioni di livello medio-alto, ma fortementecaratterizzate dal punto di vista della condizione di “straniero” dei soggetti(corsi per mediatori, per interpreti e traduttori). Sono iniziative che offronoun titolo per dare riconoscimento a mansioni che gli utenti già svolgono inmodo non ufficiale, all’interno delle proprie comunità. Le possibilità di occupazione sono alte in istituzioni ed enti pubblici chedevono fronteggiare l’emergenza delle ondate di extracomunitari appenagiunti in Italia, negli ospedali, nelle questure. Le imprese del settore privato non necessitano di mediatori, in quanto seassumono stranieri tra le maestranze si tratta di soggetti che vivono già datempo in Italia. Difficile risulta la crescita professionale e il passaggio ad altri settori dioccupazione.

d) Alcuni enti di formazione professionale hanno negli ultimi tempi tentato didifferenziare l’offerta formativa, offrendo proposte che esulassero dai canalitradizionali, oltrepassando le connotazioni di etnia e di genere ,promuovendo una qualificazione professionale in settori all’avanguardiacome l’informatica, il turismo, i servizi ad alta qualificazione. La risposta da

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parte dell’utenza è stata molto buona, ma occorre attendere gli esitioccupazionali per misurare le effettive possibilità di inserimento deglistranieri in settori altamente concorrenziali per gli italiani stessi.

Posizionando idealmente su due assi marginalità/integrazione einnovazione/tradizione le tipologie sopra esposte possiamo rappresentaregraficamente come si sviluppa l’offerta formativa rivolta ai migranti.

Tipologia di utenti

Vediamo ora di riassumere le caratteristiche peculiari della popolazionestraniera che si avvicina alla formazione professionale, suddivisa in quattrotipologie:

1) I maschi adulti occupati sono la categoria meno problematica. Rivolgonoalla formazione professionale una domanda di tipo funzionale: il corso è utileper la carriera professionale. Intendono la formazione come apprendimento dicontenuti tecnici, delle caratteristiche della mansione che sono chiamati asvolgere. Sono poco interessati ad attività di socializzazione, sebbene sirivolgano ad insegnanti e tutor per risolvere le emergenze e le difficoltà sociali(casa, lavoro, sanità, permesso di soggiorno, ecc.)

La maggior parte accede ai corsi serali e preserali in quanto sono giàoccupati in modo più o meno regolare ed intendono specializzarsi equalificarsi per la regolarizzazione o avanzamenti di carriera.

Possiamo operare un’ulteriore suddivisione:a) Maschi adulti occupati con bassi titoli di studio: vogliono sfruttare il più

possibile le ore di lezione per apprendere nozioni pratiche e tecniche;richiesti dal mercato occupano nicchie e settori lasciati liberi dagli italiani,sono funzionali alle esigenze del mercato del lavoro.

Corsi per mediatori

INNOVAZIONE

Corsi per operatori del turismo, di informatica

Corsi di preparazioneai lavori domestici per donne

TRADIZIONE

Corsi di bassa qualifica nei compartiindustriali tradizionali

MARGINALITA’

INTEGRAZIONE

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Si rivolgono alla formazione professionale per accre s c e re pro p r i ecompetenze; ricercano la qualifica o la specializzazione per stabilizzare lap ropria posizione lavorativa o migliorarla. I problemi riguardanoprincipalmente le difficoltà esterne, soprattutto di tipo economico, chepossono divenire ostacoli tali da interrompere il percorso formativo.

b) Diversa è la situazione per maschi - e femmine - con un più elevato titolodi studio. Maggiori risultano il conflitto con la società ospitante e ledifficoltà di adattamento alla nuova situazione di vita. Si fatica a trovare nelmercato italiano una collocazione lavorativa adeguata rispetto alle propriecapacità e alla propria formazione e, al contempo, ad accettare di svolgeremansioni non conformi alle aspirazioni coltivate. Il pro b l e m afondamentale, in questo caso, concerne il riconoscimento dei titoliconseguiti nel paese d’origine.

2) Il secondo gruppo comprende le donne adulte, disoccupate o occupate inlavori tradizionali femminili. I corsi che frequentano sono attualmente privi disbocchi consistenti sia di carattere formativo che lavorativo: sono esperienze, chenon offrono sufficienti possibilità di avanzamento professionale. Diventano spessooccasioni di apprendimento di nozioni legate alle attività della sfera domestica,che possono rivelarsi utili nell’ambito familiare o dell’occasionale assistenza.

“Per semplificare e perché capiscano lo presentiamo come il corso di Taglio & Cucito,perché la maggior parte delle ore sono destinate a cucinare e cucire. Sono contente diimparare la cucina italiana e di imparare a cucire, anche solo per sé, senza la prospettivaimmediata di trovare un lavoro in sartoria.” (Casa di Carità Arti e Mestieri)

Anche in questo caso abbiamo due sottogruppi:a) donne con basso titolo di studio. Sono destinate in genere a permanere in

situazioni di emarginazione e disagio economico e sociale, nonostantemanifestino entusiasmo e voglia di apprendere.

“Queste donne hanno una bassa conoscenza della cultura italiana, sono molto umili equalsiasi cosa venga loro insegnato sono ben contente di imparare e accettano bene. Con lepersone con un livello culturale alto diventa a volte difficile far accettare la necessità diapprendere determinati contenuti” (Casa di Carità Arti e Mestieri)

Il problema di fondo in questo caso può essere espresso dalla domanda:come uscire dall’emarginazione? Quali proposte formative possono rivelarsidavvero utili per il lavoro?b) il secondo sottogruppo comprende donne colte e benestanti, sposate spesso

con italiani, con carichi familiari. Costoro seguono i corsi senza impellentinecessità di entrare nel mondo del lavoro. Sebbene non vi sia un progettoben definito all’inizio, spesso, durante l’esperienza scolastica, maturano laconvinzione che possono apprendere delle conoscenze spendibili sulmercato del lavoro e trovarsi un’occupazione retribuita. Se si innesca talecircolo virtuoso, queste donne possono ambire anche ad occupazioni a piùalta qualifica, perché hanno il tempo per formarsi adeguatamente.

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c) l’ultimo gruppo comprende donne con elevati titoli di studio, occupate, chesi rivolgono alla formazione professionale per riuscire ad accedere ad“altri” lavori, ad occupazioni diverse da quelle di cura e assistenza, vedendoriconosciute le proprie capacità e competenze. Problema: come colf o assistenti a domicilio possono trovare lavoro, ma in

altri settori quali sbocchi occupazionali esistono?

3) Una politica condivisa da molti centri di formazione professionale neic o n f ronti dei minori opta per un inserimento in corsi per minori italiani e non,al fine di perseguire un cammino di formazione e di avviamento al lavoro nondissimile da quello seguito dai ragazzi italiani. Quella dei minori maschi è lacategoria per la quale funziona meglio la rete di collaborazioni interistituzionali.Le istituzioni e le organizzazioni che si occupano di migranti hanno saputor i c o n o s c e re l’emergenza preponderante emersa a Torino in questi ultimi tempiriguardante i minori soli e si sono impegnate a fondo per arg i n a re il fenomeno,c reando soluzioni specifiche e sperimentando percorsi nuovi.

“La Casa di Carità Arti e Mestieri si è impegnata ad ottenere dalla Regione la facoltà diinserire i minori stranieri al secondo anno dei suoi corsi, per coloro che completino il corsodi primo livello di 600 ore (anziché le 1200 di norma richieste), con un’integrazione di corsoe una verifica che valuti l’acquisizione dei contenuti necessari per la frequenza del secondomodulo, così da consentire loro l’opportunità di conseguire la qualifica.” (Casa di Carità Artie Mestieri)

La pluralità di funzioni attribuite alla formazione professionale raggiunge lamassima espansione in questo gruppo: deve occuparsi dei rapporti con igiudici, con gli assistenti sociali, con la polizia e gli adulti che tentano diavviare i ragazzi ad attività illecite.

Problema: la formazione professionale è chiamata a svolgere compiti cheesulano dalle proprie competenze.

4) Il quarto gruppo comprende le ragazze minorenni, che sembrano assentidal panorama della formazione professionale. Coloro che operano nei centridifficilmente accennano a tale tipo di utenza. È vero che le giovani vengonoin genere inserite in percorsi formativi rivolti all’utenza italiana, ma i casiincontrati in questo studio sono davvero pochi.

"Normalmente, se si presentano delle ragazze più giovani, le orientiamo ad un corsobiennale sull’abbigliamento aperto a tutti. Ci è capitato negli anni passati di avere inseritenel corso delle cinesi. Qualcuna di nazionalità diversa c’è, ma è inserita nel corso normaledelle italiane." (direttrice CIOFS)

Un’ipotesi - meritevole di approfondimento - è che le ragazze migranti siinseriscano in percorsi formativi più lunghi (scuola superiore). Una seconda èche vengano confinate in casa, a svolgere attività domestiche e ad occuparsidei bambini, e, in parte, avviate alla prostituzione.

Il problema si riferisce qui all’invisibilità, a difficoltà di fruizione che nonfiltrano all’esterno.

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2.5. Conclusioni

Due dilemmi ci paiono irrisolti:

a) Gli immigrati rispondono ad una parte della domanda di lavoro del sistemaeconomico italiano, quella più povera ed instabile, sempre più difficile dacoprire con il ricorso alla manodopera nazionale. Il mondo del lavoro,tuttavia, non ha bisogno degli immigrati in quanto tali, ma di lavoromanuale a basso costo, flessibile e non regolamentato: se gli unici in gradodi offrire tali caratteristiche sono gli stranieri, si assumono gli stranieri. La formazione professionale deve offrire ciò che chiede il mercato, e quindiqualifiche di basso livello, fungendo da previa selezionatrice del personale,o seguire le richieste degli stranieri, e quindi attivare percorsi formativi insettori a più alta professionalità, che introducono gli stranieri in segmentidel mercato del lavoro a forte concorrenza con gli italiani?

b) Gli immigrati hanno in genere l’obiettivo di trovare subito un lavoro e didisporre di un reddito relativamente stabile. La formazione professionale è loro utile in quanto fornisce conoscenze ecompetenze che facilitano l’ingresso nel mercato del lavoro e lapermanenza in esso, oppure copre a volte ruoli e funzioni non propri?

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Capitolo 3Domanda di formazione ed esiti formativi a Torino: il punto di vista degli immigratia cura di Laura Maritano e Roberta Ricucci

Introduzione

Questo capitolo è il frutto di una ventina di interviste realizzate condonne e uomini di provenienza non UE, che hanno frequentato corsi diformazione a Torino nel corso del 1998-99. In particolare sono state intervistatepersone frequentanti corsi organizzati dai centri torinesi precedentementeintrodotti in questo rapporto: Casa di Carità Arti e Mestieri, CSEA, CIOFS ecooperativa Eta Beta.

Gli interrogativi a cui si è cercato di rispondere riguardano i percorsimigratori e il background degli/delle intervistati/e, il rapporto fra domanda diformazione e offerta, i meccanismi di accesso ai corsi, il funzionamento delcorso, gli esiti formativi e le prospettive occupazionali. Poiché i corsi diformazione professionale promossi dalle agenzie formative di Torino eProvincia, autorizzati e finanziati dalla Regione Piemonte, si differenziano nonsolo per contenuti e finalità, ma anche - e soprattutto - per il pubblico a cuisono rivolti secondo criteri di età, sesso, titoli di studio e condizioneoccupazionale, la seguente analisi terrà conto delle suddette distinzioni.

Il rapporto tra domanda ed offerta

Il primo dato che emerge dalle nostre interviste è la grande diversità dib a c k g round degli immigrati che frequentano i corsi di form a z i o n eprofessionale. Varietà cui corrisponde una certa differenza di aspirazioni easpettative e che sembra essere a volte in sintonia e a volte in contrasto conl’offerta dei corsi. Dai brevi esempi che faremo, risulterà chiaro che il livello disoddisfazione nei confronti dell’offerta formativa dipende essenzialmente daesperienze di studio e di lavoro pregresse che a loro volta condizionanopercorso migratorio e aspettative professionali nel paese in cui si emigra.La nostra analisi non ha ovviamente pretese di rappresentatività statistica,ma, considerata la metodologia qualitativa su cui è basata, intende individuarealcuni nodi problematici all’interno della formazione professionale rivoltaagli stranieri.

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3.1. Gli uomini e la formazione professionale

Il gruppo degli uomini intervistati è stato suddiviso in due gruppi a secondadel livello di soddisfazione del corso frequentato e dell’offerta formativa ingenerale. Il gruppo dei meno soddisfatti è costituito da uomini fra i 30 e i 40anni, con qualifiche elevate acquisite nel paese d’origine o in Italia (pensiamoin particolare ad un uomo con laurea italiana in Farmacia e ad un meccanicodi aerei militari che frequentano un corso per installatore di impianti elettricicivili), che però non riesce a spenderle sul mercato del lavoro italiano,ritrovandosi anzi disoccupati o inseriti ai livelli più bassi del mercato del lavoro.Questi adulti vivono la loro esperienza migratoria come un fallimento eaffrontano il corso quasi rassegnati all’idea che riusciranno ad avere un pezzodi carta in più e non tanto delle risorse spendibili sul mercato del lavoro.In questi casi la spinta all’iscrizione ad un corso di formazione professionalenon risponde ad un bisogno formativo, quanto piuttosto ad un bisogno di“socialità” o al desiderio di coltivare un interesse personale. In questi casi,l’offerta formativa è sicuramente – per utilizzare la terminologia definita nelprimo capitolo - una risorsa sociale finalizzata all’integrazione socio-culturale,ma non soddisfa completamente le aspettative professionali.

“...sono qui da 20 mesi... in Marocco stavo bene, facevo il meccanico di aerei... è perquello che sono molto pentito di essere venuto in Italia... e adesso non posso tornare al miovecchio lavoro e in Marocco non ho altre possibilità... adesso faccio questo corso, ma non peravere la qualifica, tanto so già che la qualifica non serve a niente.... alla mia età - ho 37anni... io sono pentito veramente, non mi aspettavo un’Italia così... io non credo che conquesta qualifica trovo lavoro e sono sistemato, però almeno per non stare senza fare niente,sedersi e guardare la gente che passa, questo non aiuta a niente, neanche a pagare l’affitto...con queste 4000 lire all’ora un po’ mi aiuto a pagare l’affitto e poi il sabato e la domenicavado a comprare cose a Porta Palazzo e a rivenderle...”

“sono in Italia da vent’anni, laureato in Farmacia e ho la cittadinanza italiana... maper ragioni di salute ho perso il mio lavoro... vedevo che perdevo tempo, che non combinoniente, allora ho detto di fare qualcosa... e allora faccio questo corso solo per passatempo,solo per avere qualcosa da fare... fino a quando magari c’è un’occasione... io vorrei fare uncorso di informatica, qualcosa a livello più alto... faccio questo corso per passare il tempo...”

In questi casi, la discrepanza fra domanda e offerta di formazione risultaessere molto alta e vengono sollecitati corsi, soprattutto di informatica, chenelle aspettative degli intervistati consentirebbero l’ingresso nel mercato dellavoro a livelli più qualificati. Grandi aspettative nell’informatica sono riposte,come vedremo anche dalle donne.

Più numeroso comunque, è il gruppo degli uomini intervistati che sembrainvece essere molto motivato a seguire il corso prescelto e ottenere unaqualifica. Si tratta, di uomini fra i 30 e i 40 anni, che svolgono in Italia mestierie/o sono impiegati in fabbriche o imprese edili con qualifiche analoghe o piùalte di quelle che svolgevano nei paesi di provenienza, e che intendonomigliorare la loro professionalità. Questi hanno mostrato di avere un preciso

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progetto migratorio che include anche l’idea di continuare a studiare e aqualificarsi sempre di più, al fine di inserirsi meglio in Italia o di ritornare conqualifiche più appetibili al paese. In questi casi, si potrebbe dire che laformazione professionale come risorsa sociale (funzionale al rientro nel paesed’origine o all’acquisizione di un riconoscimento di “cittadinanza”) e laf o rmazione professionale come acquisizione di strumenti pro f e s s i o n a l i ,coincidono.

“ in Brasile avevo un diploma di analisi cliniche... e poi avevo fatto una seconda scuoladi formazione professionale, un corso di elettricista di manutenzione e lavoravo inun’azienda che apparteneva a questa scuola...ho vissuto in Italia per almeno quattro ocinque anni solo lavorando... ora, praticamente mi sono stancato dell’Italia e vogliotornare... a Natale sono andato in Brasile per vedere dei lavoro, perché ci sono tantefabbriche italiane laggiù e ho trovato già dei lavori... sono tornato per finire il corso perchémi serve. Ho scelto il corso di CAD perché è un po’ più difficile. Voglio specializzarmi perchéin Brasile cercano manodopera qualificata e la qualifica in CAD è molto richiesta, infatti inBrasile, quando ci sono degli annunci di lavoro cercano solo quelli qualificati”

“mi sarebbe piaciuto riprendere gli studi di Ingegneria, ma adesso è troppo tardi... il mioprogramma è di finire in questo Istituto e poi andare a lavorare in Perù... li hanno bisognodi tante cose nuove...il mio programma è di rimanere dieci anni poi me ne tornerò in Perùe se qui assimilo tutto, tutta la tecnologia che c’è, lì troverò subito da lavorare...”

Il discorso è diverso per i più giovani - 18/20 anni - in Italia con le lorofamiglie, in possesso del solo diploma di licenza media acquisito in Italia, percui le motivazioni all’iscrizione e alla frequenza sono più sfumate.

Per alcuni ragazzi la vera ragione dell’iscrizione è la retribuzione oraria diquattromila lire.

“…perché sono venuto qua è logico, perché qui mi pagano... mi danno 4000 lire all’oraper venire qua, per pagare il pullman e... e anche per imparare...”

Ma non mancano coloro per cui attraverso la frequenza del corso laf o rmazione professionale viene vista come strumento di crescita e diemancipazione.

“... io ho iniziato a fare il corso per i soldi, il rimborso di 4.000 lire all’ora... dopo i primidue o tre mesi di scuola ho visto che c’era qualcosa di più dei soldi e non mi importava piùdei soldi... era un corso di attrezzista per extracomunitari...”

Questo giovane è attualmente iscritto al 4° anno dei corsi.

“…La decisione di iscrivermi a questo corso è stata una decisione mia, autonoma... hoiniziato a parlarne... voglio frequentare la scuola... dopo il terzo anno di media io avevo,come dire, deciso di continuare la scuola…il primo anno è stato molto interessante, è andatomolto bene.. e mi ha convinto di continuare... perché ho visto molti cambiamenti in me stessoanche in un anno solo di scuola... anche il mio lavoro è migliorato molto... dovutoall’apprendimento della mentalità, mi ha cambiato il modo di agire nelle cose, mi hamaturato in quella parte in cui non ero maturato... mi ha insegnato ad essere più autonomocome mentalità invece che dipendere da altre persone, anche sul lavoro…”

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3.2. Le donne e la formazione professionale

Nel caso delle donne la situazione è leggermente diversa. A livello di cittàdi Torino le donne e gli uomini immigrati sembrano avere, almeno secondo ledichiarazioni all’anagrafe, analoghi titoli di studio.

Titolo di studio1 Donne Uomini

Analfabeti 59% 62%Scuola ElementareMedia inferiore

Diplomi di studi superiori 33% 30%

Lauree 8% 8%

Totale 100% 100%

Titoli di studio di uomini e donne residenti a Torino nel 1997, così come sono stati dichiarati all’Anagrafe

Tuttavia, le donne che sono state intervistate durante la ricerca sembranoavere titoli di studio (acquisiti nel loro paese e non riconosciuti in Italia) edesperienze professionali pregresse più elevate dei loro colleghi uominiintervistati, indipendentemente dal corso di formazione a cui sono iscritte.Ad esempio, fra le 11 donne che frequentano il corso per cucitrici industriali 8hanno dichiarato di aver conseguito nel paese d’origine un diploma di scuolasuperiore, 2 la laurea e soltanto 1 non ha proseguito gli studi oltre la scuolamedia inferiore. I titoli dichiarati possono non corrispondere esattamente aequivalenti titoli italiani, ma sicuramente andrebbero maggiormente tenuti inconsiderazione in fase di programmazione e di realizzazione dei corsi.

A un omogeneo ed elevato livello d’istruzione delle donne che frequentanoi corsi corrispondono però tipologie di aspirazioni differenti. Un primo gruppodi donne non sembra aspirare ad una crescita professionale, ma sembrainteressato soprattutto ad acquisire conoscenze che possano essere utili ancheall’interno della sfera domestica. È il caso di alcune delle donne chefrequentano il corso di Lavori domestici della Casa di Carità Arti e Mestieri e dialtre che frequentano il corso di Cucitrice industriale del CIOFS (sceltocredendo che fosse un corso di taglio e cucito).

“la verità è che ho scelto il corso solo perché c’è cucito che mi serve anche nella mia vita,e la cucina italiana... non per lavorare in un ristorante, no, perché questo no... più per mestessa che per un lavoro... forse anche perché un domani mi può aiutare nel mio paese...chissà, per fare un ristorante italiano... perché abbiamo sempre in mente di tornare...

…mio marito è contento che frequenti questo corso, perché i primi tre mesi in Italia liho passati in casa, senza uscire... ma se passo la vita così…”

1 Dati tratti dall’Osservatorio Interistituzionale sull’immigrazione, cfr. sopra.

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“Mi sono iscritta al corso di cucitrice perché mi ha spinto mio marito ... cucire èun’abilità femminile... è lui che ha parlato con una suora... e alla fine mi sono iscrittaperché è il sogno di mio marito e di mia suocera...”

Queste donne sembrano piuttosto soddisfatte del corso scelto, ma dalpunto di vista della progettazione del corso e dei suoi obiettivi, pareriscontrabile una discrepanza: non si è riusciti a professionalizzare coloro chene hanno davvero bisogno, i corsi progettati per dare un livello diprofessionalità di tipo medio-basso non hanno raggiunto il target prefissato (ese lo raggiungono non riescono poi nell’inserimento professionale)2. Dal puntodi vista delle donne che si sono effettivamente iscritte sembrerebbe che questicorsi soddisfino la funzione di integrazione socio culturale. Tuttavia aprono aqueste stesse donne prospettive lavorative fino ad allora non immaginate.

“…anche se ho iniziato per far contento mio marito, adesso c’è questa idea di aprire unlaboratorio... adesso vado a fare questo stage, di cucire le tute e le tute non vanno mai incrisi, le tute le comprano sempre, adesso vado a fare stage... poi devo trovare i contatti ancheattraverso il fratello di mio marito che è dottore in Economia e commercio e lavora con unaditta tessile, posso parlare per avere fornitori ecc... ci sono anche aiuti dello stato perl’imprenditoria straniera...”

Un secondo gruppo di donne, invece, sembra essere estremamentemotivato e interessato ad acquisire qualifiche elevate, che permettano direcuperare lo status culturale, sociale ed economico perduto con l’esperienzadella migrazione. Si tratta di donne che avendo professionalità e titoli di studioelevati al loro paese vivono come un’esperienza umiliante l’essere relegate alavori domestici o di assistenza.

Una ci dice:

“…Mi sono laureata in Filosofia a Tirana e facevo anche l’assistente all’Università,Cattedra di Filosofia per tre anni ed ero un’esperta di materialismo dialettico…. Parlol’albanese, l’italiano, l’inglese e il russo che avevo studiato a scuola… in Italia. Ho anchelavorato qualche settimana in una pizzeria, ma stavo male e non lo farò mai più; odio far edei lavori umili, mi sento degradata e umiliata, anche se magari il datore di lavoro mi trattabene. Mio marito mi ha aiutato molto.”

Un’altra spiega:

“…Infatti tu pensa, pur sapendo tre lingue, avendo il diploma di Maturità, adesso sousare molto bene il computer, e con tutto questo non puoi trovare un lavoro perché seistraniera senza cittadinanza... perché tu studiando hai una certa curiosità, io non misognerei più di fare le pulizie o di andare negli alberghi a lavorare, vorrei qualcosa di più… perché poi arrivi ad una certa età che vuoi essere retribuita... io voglio lavorare, essereretribuita... io non mi sognerei mai, un domani, di stare a casa... farei qualsiasi lavoro purdi non restarci...”

2 Cfr. il capitolo 2 del presente rapporto.

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E poi:

“…Io sono rumena, ho 31 anni, sono sposata, sono in Italia da sei anni... non avendocittadinanza a noi non riconoscono il titolo di studio, quindi... avevo un diploma dimaturità di perito elettrotecnico... qui sono iscritta al collocamento come manovalecomune... e pur di avere una qualifica superiore ho visto questo corso e mi sono iscritta,perché io avevo già lavorato, non proprio come tecnico, ma avevo già lavorato sul computer...precedentemente in Romania avevo già fatto un corso di programmazione, in Romania...quindi avevo, ho già un attestato di assistente programmatore...”

Queste donne, che nella grande maggioranza dei casi stanno lavorando ohanno lavorato in Italia nel campo dell’assistenza domiciliare o del lavorodomestico, sono alla strenua ricerca di occasioni formative e lavorativequalificanti. La volontà di qualifica e di affermazione assume il carattere didesiderio profondo, ansia, aspirazione massima, sogno.

“... ho lavorato tanto, giorno e notte... ho dovuto sopportare tante cose... ho tiratoavanti... lavoravo dalle 8 alle 12... poi lavoravo dalle due alle otto... e poi andavo a fare lanotte... per arrivare a portare qui mio marito e mio figlio, per avere una casa, un lavoro coni libretti e poi fare questo corso di informatica... io avevo esperienza di lavoro e di studio,avevo frequentato l’università in Perù e mi era rimasto dentro questo sogno di completare glistudi... io avrei fatto di tutto per completare gli studi...”

Fra queste donne con forti aspirazioni di realizzazione personale ep rofessionale si possono individuare due ulteriori tendenze. Un gruppo mira ada c q u i s i re una qualifica relativa ad attività svolte “naturalmente” in quanto donnee in quanto straniere. Molte delle donne che frequentano il corso per Mediatoriculturali (peraltro aperto anche agli uomini) hanno raccontato di averlo fatto pera v e re una qualifica che consentisse loro di essere pagate e rispettate per ciò chegià naturalmente facevano all’interno della loro comunità o di associazioni:attività di accompagnamento ai servizi, interpretariato, consulenza ecc.

“…nel marzo 1998 ero eletta come la rappresentante delle donne della Costa d’Avorioin Piemonte, per risolvere alcuni problemi di queste donne che non sanno dove rivolgersi incaso di bimbi, case da affittare, per problemi fra mariti e mogli… allora bisogna parlarne… Sono stata eletta dalla comunità dei residenti in Piemonte… ho deciso di fare lamediatrice per professionalizzare un’attività che svolgevo già naturalmente…”

“…Sono Albanese di Tirana. Quando sono arrivata in Italia sono stata a Brindisi peruna settimana, poi siamo venuti a Torino e ci hanno portato nella Caserma Cascina di Susadove siamo rimasti per 4 mesi e mezzo. In quella situazione ho sempre fatto l’interprete, datoche sapevo l’italiano poiché lo avevo studiato per 16 mesi quando avevo 17 anni - all’inizioera difficile, poi è diventato normale. In sostanza per otto anni ho fatto l’interprete e ilmediatore: prima in Caserma a Susa, dalle 5 del mattino a mezzanotte; poi per la Questura,per gli operatori sociali e l’Ospedale di Susa… Ovviamente come volontaria, mai pagata…inizialmente l’ho fatto semplicemente per la mia gente e per gli italiani... non sono stata maipagata da nessuna struttura...Ho fatto il corso perché senza titolo non sei riconosciuto, puravendo tutta l’esperienza che vuoi…”

Tuttavia ci sembra importante segnalare anche la tendenza di un altrogruppo di donne, che sembra invece interessato a rompere con ruoli

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professionali che rimandano all’identità di donne e di straniere. L’informatica èvista da molte donne – così come dagli uomini più qualificati – come il settorein cui è consentita una realizzazione professionale di medio-alto livello e in cuiè possibile l’affrancamento dal doppio vincolo rappresentato da predefinitiruoli di genere e dall’etichetta di straniera.

“…Mi piacerebbe lavorare o nel campo dell’informatica o in quello della mediazioneculturale, perché in entrambi i lavori non sei discriminata: nel primo, perché conta di piùla bravura che il colore della pelle o la nazionalità, nel secondo perché lavoro fra stranierie quindi non sei discriminata…”

A proposito del corso di informatica frequentato presso Eta Beta, unadonna ci dice:

“…sono molto soddisfatta del corso che ho frequentato, sento di avere acquisito unacerta professionalità, è stato qualificante; mi è piaciuto perché coinvolge la donna in unruolo tipico dell’uomo... ho imparato a fare lavori che fanno i programmatori…”

Ci sembra importante ricordare che al Corso di formazione di Eta Beta,riservato a donne con titoli di studi superiori e che non prevedeva nessunrimborso orario, si sono presentate duecento candidate per 20 posti. Sembraquindi sussistere uno scarto tra una forte domanda e una scarsa offerta inquesto senso.

Per concludere, sul tema del rapporto fra domanda e offerta formativa, cisembra di poter segnalare alcuni punti che andrebbero considerati nellaprogettazione di futuri corsi: • il livello di soddisfazione nei confronti dell’offerta formativa dipende in

buona parte da esperienze di studio e di lavoro pregresse, che a loro voltacondizionano percorsi migratori e aspettative professionali nel paese in cuisi emigra;

• parte del disagio che si riscontra deriva dal mancato riconoscimento di titolidi studio pregressi da parte dello stato italiano, problema per il quale sononecessari specifici interventi, anche al fine di evitare grottesche situazioni(titoli esteri che sono riconosciuti in Francia o in Inghilterra e non lo sonoin Italia);

• parte del disagio deriva anche dal fatto che i centri di formazione stessi nellavoro di programmazione sembrano tenere più in considerazione fattoriquali il genere o la provenienza, che non titoli di studio ed esperienzelavorative pregresse anche se non ufficialmente riconosciute (in alcuni casi èrisultato alquanto laborioso reperire dati sui titoli di studio pregressi deifrequentanti i corsi), particolarmente importanti per quanto riguarda la fasciamedio-alta della domanda formativa (per intenderci, i diplomati e i laureati– dichiarati all’anagrafe di Torino nel 1997 - che insieme costituiscono circail 40% della popolazione immigrata). Ma forse occuparsi della “fasciamedio-alta” non è un compito attribuito ai progetti di form a z i o n eprofessionale per gli immigrati; bisognerebbe allora individuare i dispositiviche consentirebbero di farsi carico di questa formazione;

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• per quanto riguarda l’offerta formativa medio bassa si è rilevato, chesoprattutto nel caso delle donne, essa non sembra raggiungere il target percui è stata disegnata;

• si registra inoltre, ai livelli medio alti della domanda formativa, l’esigenza dicorsi che diano una professionalità non legata all’identità di straniero o aquella di genere; la realizzazione di corsi di informatica, che sembrerebberog a r a n t i re sia possibilità d’impiego, che l’affrancamento da ruoli piùtradizionali, dovrebbe forse essere maggiormente presa in considerazione.Vediamo ora la situazione nel campo dei corsi di formazione per minori.

3.3. Minori e formazione professionale

Il tema dei minori migranti, come già accennato nel primo capitolo,rappresenta per la città di Torino un tema peculiare nell’ambito delle politicheelaborate e degli interventi effettuati.

In quest’ambito, le scuole professionali sono ancora le scuole secondariepiù frequentate dai minori extracomunitari3. La spiegazione di questasituazione richiama due ordini di motivazioni, a seconda che si tratti di minorimigranti residenti con la famiglia o arrivati da soli sul territorio.

Nel primo caso, l’iscrizione ad un corso di formazione professionale risultaessere una via percorribile per realizzare il progetto migratorio familiare, cheha il suo centro nel miglioramento della condizione economica generale dellafamiglia; l’unica via formativa ammessa, condivisa e sostenuta dalla famiglia.

All’interazione della scelta con il piano d’azione familiare si intrecciano altremotivazioni legate alla conoscenza della lingua e alla formazione scolasticapregressa, che soprattutto nel caso di adolescenti ricongiunti, predetermina lascelta scolastica verso l’apprendimento di un mestiere, considerato come unpercorso più “semplice”, capace di garantire, eventualmente il massimorisultato (l’inserimento lavorativo) con il minimo sforzo (frequenza, a volteretribuita, sia pure minimamente).

Altre volte ci si iscrive al corso di formazione professionale sapendo che lealtre vie formative sono precluse – per difficoltà, per sentito dire, per pregiudizi– a stranieri. C’è anche la consapevolezza di come la provenienza sia unabarriera difficile da superare senza l’appoggio di qualcuno, ossia senzal’intermediazione con l’azienda di un operatore pubblico o privato italiano.

Altre volte ancora la formazione professionale diviene il percorso obbligatoa causa dei costi che la frequenza ad altre scuole implica, come ci hasottolineato un ragazzo frequentante il corso per attrezzista presso la Casa diCarità:

“…dopo la terza media volevo fare l’odontotecnico…mi sono iscritto …ma a settembreho rinunciato per problemi…i costi della scuola, la distanza…”.

3 Cfr., Osservatorio del mondo giovanile, Comune di Torino, 1998.

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È anche possibile che dietro tali motivazioni se ne nascondano altre, piùprofonde e personali legate al proprio vissuto, al sentirsi straniero e all’esserecontinuamente riportato a tale identità in una classe ordinaria, in un corso dovela norma sono ragazzi italiani.

Aspetto da sottolineare è come il trasferimento in Italia coincida, oltre checon il ricongiungimento familiare e quindi con la ricomposizione del nucleo,anche con il frantumarsi di sogni come quello di una ragazza marocchina,arrivata in Italia due anni fa e frequentante un corso per manutentore areeverdi, che quando era in Marocco sognava di diventare maestra, mentre oravuole solo un lavoro perché

“...in Italia è diverso perché sono straniera…”.

Si determina una depressione delle aspettative, una scelta di obiettivi dibasso profilo, che si accompagna ad una sorta di rassegnazione all’inserimentoin corsi, alcune volte non scelti, ma suggeriti da altri (per es., assistenti sociali).

La famiglia presente, in molti casi, ha il solo ruolo di acconsentire allafrequenza e all’impegno di un corso, soprattutto nel caso di figlie. Noninterviene nel merito della scelta, nelle considerazioni legate alle attitudini ealle aspettative dei figli, alla valutazione dell’offerta formativa, ai possibilirisvolti futuri in termini di qualifica o di prosieguo nel percorso formativo. Inquesta fase il ruolo educativo è demandato ad altre figure: l’insegnante dellascuola di alfabetizzazione, l’assistente sociale presso cui è in carico la famiglia,l’operatore dell’ufficio stranieri.

La sensazione di molti operatori e di lettori attenti della realtà migratoria èche la città, a fronte di una percentuale di residenti minorenni di originestraniera del 16%4, ancora non si stia preparando per affrontare l’inserimento deiragazzi immigrati, dei figli di immigrati nati qui, dei ragazzi con un solo genitorestraniero, nei percorsi culturali e produttivi della città, nei corsi professionaliordinari e nelle scuole secondarie al superamento dell’età dell’obbligo.

Come già le esperienze di altri paesi europei di immigrazione più antica ciinsegnano, ci si dovrà confrontare con la caduta di livello della cosiddettaseconda generazione rispetto alla prima, ossia con il loro essere meno formati,con l’avere dei curricula studiorum meno ricchi dei genitori.

Rispetto al caso, invece, dei minori migranti non accompagnati,l’inserimento nei corsi di formazione professionale ha rappresentato una tappain un percorso di regolarizzazione5. Nel primo capitolo è stata ampiamenteillustrata la situazione torinese rispetto alla problematica dei minori migranti,inizialmente maghrebini e poi soprattutto albanesi, residenti da soli

4 Cfr. Osservatorio statistico interistituzionale sugli stranieri in provincia di Torino. Rapporto 1998 , Cittàdi Torino, 1999.

5 Si ricorda che un minore in stato di abbandono e senza il permesso di soggiorno non può essereinserito nei corsi di formazione professionale. Ciò diviene possibile solo se il minore è inserito nelpercorso di regolarizzazione attraverso l’intervento del Servizio Socio-assistenziale, giudiziario,residenziale, alfabetizzazione.

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sul territorio, nonché la soluzione che la città ha dato, accennando anche alruolo svolto dai corsi professionali6 .

Infatti, nel percorso di visibilità e di inserimento che avrebbe garantito ilrilascio del permesso di soggiorno per motivi di giustizia, l’iscrizione e lafrequenza ad un corso di formazione professionale rappresentavano un puntoqualificante, se non addirittura una condizione sine qua non. Una condizioneche, nella maggioranza dei casi, è vissuta in parallelo a quella della frequenzadei corsi di licenza media. Per questi adolescenti, il rapporto con la formazioneè vissuto - e cercato - come funzionale al permesso di soggiorno.

Ben poco contano le attitudini, i desideri, le aspirazioni personali: l’obiettivoè riuscire ad essere inseriti in un corso quale che sia, frequentarlo, svolgere unostage per sperare di raggiungere l’agognata assunzione. Il tam tam informale hadiffuso rapidamente le informazioni su quali siano i canali e su cosa si debbafare, se minorenni, per regolarizzarsi.

I ragazzi che arrivano in città si presentano agli uffici deputati consapevolidi cosa vogliono e di cosa la città può offrire loro. È questo un esempio di “utentidi un network esistente che stimolano e attivano il network stesso”. Gliinsegnanti delle scuole per stranieri, i volontari e gli operatori dei centri diaccoglienza, gli addetti degli uffici pubblici sono alcuni dei nodi della rete a cuii minori sanno di doversi rivolgere e di dover stimolare per avere risposte.

Molto conta l’aspetto economico del corso (è previsto nei corsi di 600 ore uncontributo per allievo di £ 4000 orarie), comprensibile per ragazzi senza alcunarisorsa sul territorio, senza riferimenti parentali, senza risorse economiche cuiattingere. L’incentivo monetario, però, non sempre è sufficiente per motivare lafrequenza: a volte l’interazione con i compagni, la difficoltà personale a mettersiin rapporto con altri di altre provenienze, la scarsa o mancata attitudine ad unadata professione possono essere motivi più forti del contributo economicoricevuto per decidere di non frequentare più. Il discorso vale anche al contrario:vi sono anche casi di ragazzi che, partendo dall’iniziale esclusiva motivazioneeconomica, successivamente investono sul corso le speranze di una vita regolarein Italia, di un’assunzione a seguito di un periodo di stage. Stage che non sempresi rivela essere un momento formativo o di prima esperienza di contatto con ilmondo del lavoro, ma che in alcuni casi si trasforma in un rapporto di lavoro(contratti da apprendista o assunzioni). Nel caso dell’utenza minorile migrantesola, i discorsi accoglienza - informazione - formazione si intrecciano. È possibileche alcuni operatori dei centri si sovraestendano nelle loro competenze erispetto ai loro ruoli. Capita così che, in fasi di emergenza, oltre che dell’aspettoformativo ci si preoccupi delle pratiche burocratiche, del soddisfacimento dibisogni primari. Supplenza o interpretazione lata della propria missioneeducativa? È questa la questione amletica che discende dal comportamento dioperatori sensibili, disposti a superare l’orario di lavoro, a mettere in camporisorse, conoscenze e reti personali, a investire anche molto a livello emotivo.

6 È opportuno sottolineare come i dati raccolti e le considerazioni esposte si riferiscono ad unasituazione di collaborazione inter-istituzionale cittadina e ad un panorama legislativo ancora nonilluminato dalle norme dettate dal regolamento attuativo della legge 40/98.

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Ecco perché diviene importante la collaborazione con la rete territoriale,che dà importanti risultati positivi, soprattutto attraverso il raccordo fra le varieagenzie. Infatti, i dati sembrano confermare come gli adolescenti inseriti in unacomunità d’accoglienza o comunque seguiti da tutori e/o da volontari nel lorop e rcorso dimostrino una buona tenuta, una frequenza re g o l a re, unaconclusione positiva dei percorsi.

L’avere alle spalle una rete di sostegno, un sorta di “rete familiare”d’appoggio offre al minore migrante solo quella tranquillità, quell’ambientes e reno, libero dall’assillo economico tale da perm e t t e rgli di “re s i s t e reall’abbaglio del lauto guadagno” a fronte di uno stage e, forse, di uninserimento lavorativo.

3.4. Accesso alla formazione professionale

Per quanto riguarda l’accesso ai corsi professionali, ci sembra di poter direche questo avviene attraverso diverse modalità. La maggioranza delle personeintervistate è venuta a sapere dell’esistenza di corsi di formazione professionalein maniera casuale, attraverso amici, o perché un certo giorno si è rivolta adun qualche sportello o attraverso volantini informativi raccolti presso sedi diservizi cittadini. In questi casi le persone erano generalmente a conoscenza diuno specifico corso, ma non del complesso dell’offerta formativa della città.

“... Avevo un lavoro di sera nella zona di Corso Brin e vedevo sempre uscire gente dicolore e marocchini, e allora un giorno ho chiesto cosa c’è lì e mi hanno spiegato… allorasono andata lì, proprio da sola, a chiedere… solo che il problema era che qui era troppolontano, di sera, e io abito a Rivoli… allora mi hanno mandato qui e, grazie a Dio, il miosogno si è realizzato… “

“…faccio il lavoro di confezionatore-apprendista... confezionatore di imballaggi... sonoassunto con un livello di confezionatore però faccio un po’ di tutto... e grazie a quel lavoro,all’inizio, non conoscendo tante cose, mi è venuto il desiderio di imparare di più oltre chedi quel lavoro lì...ho sparso un po’ la voce in giro e parlando con amici, tramite amici sonovenuto a sapere di questa scuola qui... siamo venuti qua, abbiamo parlato col direttore e misono convinto di fare l’attrezzista e così ho cominciato a venire a scuola, subito dopo averfatto i colloqui...”

“... del corso per mediatori ho saputo per caso, non ne sapevo niente, è stato pocopubblicizzato, l’ho saputo all’ultimo momento, quando avevano già fatto la prova scritta,ma è intervenuto il Consorzio della Val di Susa per il quale lavoravo e sono riuscitaa fare l’esame... “

“…So che ci sono state varie inserzioni sui giornali, ma io non l’ho visto... l’ho saputo invia Bertola, dove c’è l’ISI... mi era successo di andare lì per caso e ho preso un volantino...mi sono presentata alla sede di Eta Beta, ho presentato la domanda però non mi aspettavoche sarebbe andata così come è andata... non avevo molta fiducia.... non sapevo bene... nonavevo l’informazione...”

Alcune persone hanno sottolineato la difficoltà di reperire informazioni,non solo relativa ai corsi di formazione ma anche ad altri servizi.

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“…Secondo me per tutto quanto manca tantissimo l’informazione, questa è la miaconvinzione ... da quando sono arrivata in Italia io ho avuto una bambina qua, io non hoavuto la minima informazione... poi andare in Ufficio stranieri è tremendo, perché nonpuoi a un certo punto, o essendo incinta, c’è troppa richiesta e diciamo che l'informazione,per la mia esperienza, mi è mancata moltissimo... non ho saputo per esempio che possoiscrivere mia figlia al nido, che bisogna iscriverla prima che nascesse, e io non l’avevo maisaputo... e non solo per questi problemi... secondo me l’informazione per gli stranieri è unpo’ deficitaria, carente...a parte la Chiesa rumena, io non ho informazioni... per esempio ioho saputo l’anno scorso che c’era la scuola Parini per la lingua... e mi dispiace tantissimoche non l’ho fatta, perché avrei avuto tempo... io non sapevo che esisteva la Parini... magariè anche perché ho fatto tanti lavori prima... lavori domestici e baby sitter... “

A l t re persone, una minoranza, hanno invece avuto accesso a taliinformazioni attraverso sportelli preposti, in particolare attraverso gli sportellidel CILO7. In questo caso l’informazione riguardava il complesso dell’offertaformativa della città, ma per accedere a questo era necessario aver già costruitoun particolare percorso all'interno dei servizi cittadini.

Recentemente è stato aperto uno sportello informativo presso la Casa diCarità Arti e Mestieri (vedi sezione successiva). Come osservato nella sezionesuccessiva questo sportello offre un vero e proprio servizio di orientamento,basato anche su un primo bilancio delle competenze. Anche in questo casoperò, l’iniziativa non è stata pubblicizzata capillarmente, ma gli utenti vengonoinviati allo sportello dalle scuole di italiano per stranieri e da altri enti.

Nel complesso, ci sembra di poter dire che l’accesso alla formazioneprofessionale dipende più dalla capacità di reperire informazioni, dalle reti diconoscenze, dallo spirito d’iniziativa dei singoli immigrati che da una diffusioneefficace dell’informazione. In altre parole, sono i diretti interessati chefaticosamente o casualmente scoprono le informazioni necessarie e nonl’informazione che raggiunge gli interessati in maniera sistematica. Sarebbeforse opportuno individuare iniziative finalizzate a pubblicizzare in maniera piùdiffusa le opportunità formative presenti in città. Ad esempio, il sito su Internetdella Regione Piemonte, nella parte relativa alla formazione professionale, èben fatto, ma a quanti è realmente accessibile? A quanti stranieri - ma anche aquanti italiani - è davvero possibile navigare e consultare il sito?

3.5. Innovazioni positive: lo sportello informativo e il corso d’orientamento

Orientarsi nel mare delle informazioni e dei rivoli burocratici in cui siincorre quando ci si appresta a cercare un lavoro o a scegliere un percorsoscolastico è già difficile quando si posseggono, o si dovrebbero possedere, glistrumenti culturali di riferimento, diviene una sorta di lotteria negli altri casi. Lapredisposizione di servizi di orientamento rientra in una logica di pacchetto di

7 CILO: centro di iniziativa locale per l’occupazione.

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servizi che tende a superare la casualità dell’incontro spontaneo tra domandae offerta di lavoro, nonché, nel caso della dei migranti, gli angusti limitidell’emergenza.

Il presupposto non è più quello della risoluzione – tampone del bisognoprimario del reddito, ma quello di offrire un supporto ad un inserimentoqualificato, proiettato sul lungo periodo, capace di recuperare professionalitàpregresse o di professionalizzare il soggetto, superando la logica secondo cuiil migrante proprio perché tale deve essere relegato nelle sacche del lavorodequalificato, subordinato.

In questo contesto si inserisce l’esperienza iniziata nel gennaio 1999 eterminata a fine novembre dello stesso anno, di un’attività di sportello,denominato “Orientamento Lavoro Migranti” (O.L.M.). Il servizio non è statopubblicizzato, se non attraverso la rete di servizi e strutture cui il centro èconnesso (ufficio stranieri della Caritas, scuole di alfabetizzazione Parini eBraccini...). Questi servizi sono una sorta di filtro rispetto agli utenti stessi e allaserietà delle loro motivazioni.

Il servizio è gestito da un operatore italiano e da un operatore straniero diorigine algerina ed ha avuto come obiettivi:• essere un punto di riferimento per creare, proporre, diffondere percorsi e

progetti formativi, informativi e di inserimento al lavoro dipendente o allacreazione di attività autonome, rivolti ai migranti e ai servizi che operanosul territorio;

• interagire con i corsi di formazione;• offrire strumenti e conoscenze utili a migliorare la qualità dell’integrazione

dei migranti nel tessuto territoriale;• favorire l’incontro tra le esigenze del mondo aziendale e le richieste di lavoro.

Rispetto all’ultimo obiettivo, preziosa è risultata la risorsa costituita dallapresenza del responsabile della Casa di Carità per i contatti e gli inserimentidegli allievi nelle aziende. Infatti, in questo modo è stato possibile coordinaree collaborare per la verifica delle professionalità, presentare i nominativi allerealtà produttive note al Centro di formazione.

L’attività di orientamento è finalizzata a favorire una scelta formativo-lavorativa “calibrata sulle reali possibilità del richiedente e sugli andamentioccupazionali del mercato”. Quale la pratica seguita? Il primo passo èrappresentato dall’analisi della situazione personale dell’utente (propensioni,attitudini, esperienze precedenti…). Segue poi l’importante e cruciale momentodel primo bilancio delle competenze, da un lato finalizzato a costruire percorsiindividualizzati di formazione professionale e, da un altro, finalizzato a rendereil più possibile ottimale l’incontro tra domanda ed offerta. Dai dati emersi siprocede all’elaborazione di un progetto personale, che può sfociare inun’attività formativa, in un inserimento lavorativo, ossia nella progettazionedi uno stage con un’impresa individuata e nell’accompagnamento delneo-lavoratore in forma di tutoring congiunta (formativa - lavorativa, counselore mentor).

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Il primo bilancio di competenze si è dimostrata un’attività di primo piano,poiché nel corso dei mesi di attività è stato notato come gli utenti presentasserorichieste non sempre mirate e specifiche. Al di là della generica richiesta dellavoro, che nel caso dei migranti considerati è pressante, non sembra si riescaad andare. Non emerge nessuna capacità di valorizzare il proprio passatoprofessionale: si ha quasi la sensazione che la formazione acquisita, sul campoe non, sia dimenticata o sia considerata non apprezzabile o vendibile nelnuovo contesto d’immigrazione. Tale genericità e noncuranza sull’informaresulla propria capacità professionale condiziona il lavoro degli operatori dellosportello nei contatti con le aziende. Infatti diviene difficile coniugare unadomanda specifica con un’offerta vaga.

Il lavoro svolto dallo sportello, in termini di verifica e accertamento dellecompetenze professionali dichiarate, diviene un’attività utile in vistadell’inserimento lavorativo. Infatti, per qualifiche e/o professionalità dichiaratevicine a quelle previste dai corsi di formazione approntati dal Centro, la verificae la certificazione delle competenze avviene, ed anche facilmente (ad es.ricorrendo all’insegnante di officina). Non è stato possibile, come si eraipotizzato, realizzare una collaborazione in rete con altri centri di formazioneper la verifica delle competenze acquisite presso altre scuole di formazione.Lo sviluppo di un tale network consentirebbe di costruire dei circoli di azionevirtuosi, tali per cui i profili proposti alle aziende risulterebbero più precisi ecorrispondenti alla realtà, ottimizzando i tempi di inserimento ed evitando“brutte sorprese” ad aziende che si rendono “disponibili”.

Lo sportello offre anche una consulenza in materia di riconoscimento dititoli di studio, sull’iter e sui costi necessari per l’espletamento delle pratiche.Per quest’ambito particolare ci si avvale della consulenza di due operatrici, unaperuviana e una originaria dell’ex Jugoslavia. Queste due figure sono altresìpreparate per offrire consulenza a quanti desiderano avviare un’attività inproprio, infatti le due figure hanno alle spalle esperienze professionali maturatepresso commercialisti o sportelli per l’imprenditoria giovanile.

Rispetto alla gestione, la prassi ha evidenziato la necessità di investire sullaformazione degli operatori di uno sportello con l’utenza straniera, a cuioccorrono non solo degli informatori, bensì degli orientatori, dei formatori,dei mediatori.

Il corso di orientamento per giovani cittadini migranti ragazzi

A l l ’ i n t e rno della Casa di Carità Arti e Mestieri, nell’ottica del lavoro in re t econ altri soggetti attivi nel territorio e per org a n i z z a re interventi più eff i c i e n t ied efficaci volti all’utenza giovanile straniera, sono stati organizzati corsidi 30 ore di orientamento in collaborazione con le scuole di alfabetizzazionee 150 ore .

Il percorso si è strutturato in 5 fasi consequenziali (dall’accoglienza al pattof o rmativo, presentazione dei profili professionali, stage orientativi,predisposizione del progetto personale).

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L’équipe era composta da diversi tutors (gli insegnanti che gestiscono lelezioni d’orientamento), da un mediatore culturale, da un coordinatoreprofessionale, da uno psicologo.

Il corso è stato rivolto a giovani fino ai 28 anni. L’età dei frequentanti haoscillato fra i 16 e i 20 anni. Si tratta nella maggioranza dei casi di minorenniin attesa di tutela o con provvedimenti di tutela in corso. Dai dati raccolti, ilnumero di giovani orientati è stato di 35, di cui 30 indirizzati al corso dallescuole (57% dalla scuola Parini e i restanti dalla Braccini).

L’intervento dei mediatori nelle scuole, la presentazione del corso da partedegli orientatori, l’accordo fra il centro di formazione professionale e le scuolesi sono rivelati elementi di forza e di successo per l’esperienza.

3.6. I corsi: gli orari, le materie, gli insegnanti, i tutor, i compagni

Ai nostri intervistati e alle nostre intervistate abbiamo anche rivoltodomande sul loro grado di soddisfazione verso i corsi frequentati, conparticolare riguardo agli orari del corso, alle materie insegnate, ai rapporticon i docenti, alla presenza di strumenti di supporto fino al rapporto coni compagni.

Nel complesso ci sembra di poter dire che coloro che frequentano i corsisono soddisfatti dell’insegnamento che viene loro offerto, sia a livelloorganizzativo che a livello contenutistico. Se, nel complesso, l’offerta formativanon corrisponde perfettamente alle esigenze e alle aspettative di coloro per iquali è disegnata, quando si giunge all’analisi della soddisfazione nei confrontidi singoli corsi, questa sembra essere positiva: i corsi, per come sonoorganizzati, rispondono alle aspettative degli iscritti, tranne che in due casi.

Il primo caso è quello del corso per cucitrici industriali del CIOFS, che è statointerpretato dalla maggior parte delle iscritte come un corso di taglio e cucito.Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, questo ha fatto sì che al corso sisiano iscritte persone con un interesse più hobbistico e personale cheprofessionale, con la conseguenza di aver parzialmente mancato il target per cuiil corso era stato disegnato.

Il secondo caso è quello del corso per mediatori culturali, che a causa di unadisomogeneità delle competenze linguistiche e scolastiche degli allievi è statoconsiderato da alcuni un po’ ripetitivo.

“…Le classi invece avevano persone di livelli molto diversi, di preparazione moltodiversa, a seconda del paese d’origine, non solo nella lingua, ma anche in termini dipreparazione generale... siamo tutti con un diploma, è vero, anche di più di un diploma, mala preparazione cambia tantissimo... non so con che criteri abbiano scelto le persone chepartecipano al corso... e si che alla selezione c'erano persone molto preparate...”

“…queste differenze aiutano molto a imparare ad ascoltare a capire, ma ci sono un po'di problemi nel seguire le lezioni...”

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Dalle nostre interviste è risultato evidente lo sforzo messo in atto da partedei singoli centri di formazione nel conciliare gli orari dei corsi con le esigenzedei diversi utenti: corsi serali per le persone che lavorano e orari studiati perdonne con figli. In maggioranza le persone intervistate hanno espressoapprezzamento nei confronti dello sforzo organizzativo dei centri.

“…Per gli orari del corso non ci sono stati problemi, anzi... ci sono venuti incontro...hanno fatto degli orari in modo che chi aveva dei bambini poteva portarli alla scuola... poiniente... però senza esagerare... non è che questo corso è stato fatto per... per lasciar fare cosìo cosà... no è stato fatto giusto...”

Nei singoli corsi vengono in genere insegnati tre gruppi di materie: ungruppo di materie, prettamente tecniche che riguardano strettamente il corsofrequentato; un secondo gruppo di materie teoriche, anche queste correlate alcorso; e un altro gruppo di materie cosiddette di cultura generale che in genereincludono alcune ore di lingua italiana e una parte sulle leggi in materia diimmigrazione e lavoro. Qui il gradimento è vario.

Le materie tecniche sono in genere apprezzate da tutti perché rispondonoalla necessità di trovare un mestiere sapendo fare delle cose.

Meno gradite sembrano le materie teoriche, proprio perché, secondoalcuni, distolgono dalle materie tecniche considerate più utili. Lo stesso valeper le cosiddette materie di cultura generale. Tuttavia questo scarso interessedimostrato per le materie teoriche e di cultura generale sembra correlato nonsolo all’esigenza immediata di trovare un lavoro, ma anche al livello dicompetenza linguistica. Più bassa è la competenza linguistica, minori sono leenergie disponibili per lezioni di carattere teorico.

“…il corso di cultura generale non mi interessa molto - è troppo difficile - non capiscoquasi niente, lui parla, parla e non so cosa dice ... mi interessa la pratica, se invece facessimopiù ore di officina, di pratica, sarebbe meglio - e poi la parte sulle leggi ecc. non mi interessaperché quelle cose le so già o basta andare a Porta Palazzo da un mio compaesano e le coseme le spiega lui…”

Il gradimento verso materie teoriche e di cultura generale cresce infatti frale persone che sanno meglio l’italiano e che hanno nei confronti di se stessi edella formazione aspettative culturali e di avanzamento professionale piùelevate.

“…Trovo molto interessanti e utili le lezioni di cultura, sulle leggi, sui diritti e doveri.Quella è stata una cosa molto bella, molto utile da imparare. Non ho trovato difficoltà suquello, perché sono sempre stato piuttosto bravo a scuola. Più difficili, secondo me, sono lematerie tecniche... Io penso che i corsi vadano bene così... so che c’è chi preferirebbe fare piùore di officina, ma credo che anche imparare altre cose è importante... officina la riesci adimparare anche lavorando, le altre cose invece no... “

Il rapporto con i docenti è generalmente descritto come buono. Da moltiviene sottolineata la capacità dei docenti di andare incontro alle specificheesigenze degli alunni, oltre che la loro competenza tecnica.

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Valutazione estremamente positiva è stata data della presenza di mediatoricome figure di supporto linguistico, di mediazione col centro di formazione edi soluzione di problemi scolastici e non (Casa di Carità, Eta Beta, CIOFS).

“... anche con la tutor abbiamo un buon rapporto; lei è molto disponibile e ci rivolgiamoa lei per informazioni su tutto: servizi, leggi, istituzioni…”

“…il rapporto con la nostra tutor è ottimo; lei è molto brava ad insegnare italiano ematematica e inoltre ci dà informazioni su tutto, sulle leggi ... ”

“…Il nostro tutor per quanto riguarda la nostra condizione di immigrati ci è stata moltovicino, sì.... poi ci ha aiutato il più possibile, si per il corso... ci è venuta incontro, ci haaiutato, ci è stata vicina per quel che poteva...”

Dove la presenza di mediatori culturali o tutor italiani non è ancora stataimpiegata (CSEA), vi è una richiesta specifica.

“...ad esempio, per dare l’esame di ammissione alla scuola, il permesso di soggiorno nondeve essere vicino alla scadenza, ma nessuno ci ha spiegato come rinnovarlo... se ci fosse unmediatore a disposizione sarebbe utile, perché anche col problema della lingua, che noiabbiamo, non possiamo esprimerci come si deve, magari con un mediatore sarebbe piùfacile, più comodo...”

All’interno delle classi non sempre sono facili i rapporti con i compagni.Spesso si creano divisioni relative alla provenienza: poche sono le persone chefanno amicizia con persone di altre provenienze. Alla varietà di provenienzesembra anche corrispondere una varietà di esperienze precedenti, dicompetenze scolastiche e linguistiche, disomogeneità che da molti vienelamentata come ostacolo principale al lineare svolgimento dei corsi.

“…con le compagne soltanto “ciao, ciao”... ognuno con la sua cultura... non è facile...”

“…con i compagni di classe siamo andati d’accordo, nonostante la grande eterogeneità:questa è utile per imparare a conoscere gli altri, ma dà dei problemi perché ci sono deidiversi livelli di comprensione... d’altra parte, non bisogna per forza essere tutti amiciin un corso... “

Questa divisione sembra accentuarsi nelle classi - frequentate dai piùgiovani - in cui vi è la presenza mista di italiani e di stranieri. Qui alcuni giovanihanno segnalato l’esistenza di un rapporto conflittuale con gli italiani, non soloall’interno della scuola.

“...adesso sono in una classe con italiani... mi trovavo bene l’anno scorso, ci trovavamomeglio l’anno scorso... non perché gli italiani non sono aperti, sono molto aperti fra di loro,sono chiusi verso gli stranieri... l’anno scorso tra stranieri si legava meglio, invece gli italianifra di loro sono amici, tutti amici, già da prima, allora... stanno più tra di loro, invecel’anno scorso era diverso...”

“…per esempio anche col lavoro, una volta mettevo i volantini in buca e dicevo “postain buca” e uno del palazzo è venuto e mi ha detto “chiamo la polizia”.... e chiamala polizia...”

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3.7. Esiti formativi e prospettive: formazione professionale e mercato del lavor o

Le persone che abbiamo intervistato stavano tutte frequentando i corsi diformazione professionale e quindi non avevano ancora avuto modo diverificare se e come il titolo professionale acquisito avrebbe loro consentito omeno di accedere a un lavoro effettivo.

Tuttavia, tutti i corsi professionali offrivano anche l’opportunità di unostage presso una o più ditte/enti. Questa è stata vista da quasi tutti come unanotevole opportunità per acquisire una maggiore esperienza, per entrare incontatto col mondo del lavoro e per ricevere materialmente delle offerte.

“…sto chiedendo di fare uno stage, quest’anno, anche se non è previsto nel corso, perchéio sono l’unico della classe che non faccio pratica, perché tutti quelli che fanno il corso diCAD già lavorano su software così... io sono l’unico che fa un lavoro diverso da quello chesto studiando... se trovassi uno stage…”

“…nello stage io faccio manutenzione… ho fatto un po’ di tutto, anche l’elettricista, coseche… di tutto… quel che c’era bisogno di fare qua, pensando al trasloco… le ciabatte, icablaggi… ho fatto di tutto… non ho rifiutato niente di quello che mi è stato proposto… eadesso spero che mi prendano, ma non so...”

“…mi hanno offerto un lavoro, la ditta con cui ho fatto lo stage... l’unico problema è cheè un lavoro fuori dal Piemonte, si deve girare per l’Italia... l’hanno proposto a quattropersone... sarebbe un lavoro ben pagato...”

Non abbiamo tuttavia dati precisi sull’esito dei corsi seguiti, per la difficoltàdi seguire le persone una volta lasciato il centro di formazione. Questo èsoprattutto dovuto al frequente cambio di indirizzo da parte dei migranti, allaloro notevole mobilità sul territorio. È evidente, tuttavia, che riuscire am o n i t o r a re sistematicamente gli esiti della formazione costituirebbe unvantaggio ai fini della programmazione.

3.8. Conclusioni

Dalle interviste realizzate e dall’analisi del settore effettuata, il rapporto fra ilmondo della formazione professionale e il mondo dei migranti si rivela essere unrapporto necessario, sia per i centri di formazione che hanno negli stranieri un nuovobacino di utenti, sia per i frequentanti che affrontano la formazione professionalecome tappa utile all’inserimento, non solo lavorativo, ma anche sociale.

Esiste anche l’aspetto più qualitativo, ossia come proprio la presenza diun’utenza con competenze linguistiche, scolastiche, professionali e socio-culturalicosì disomogenee e, talora, lontane dagli standard cui tradizionalmente laformazione professionale era abituata (giovani drop-out, disoccupati, lavoratori chenei corsi serali cercavano di acquisire determinate competenze per avanzare dilivello…) ha costretto a rivedere l’aspetto progettuale e gestionale dei corsi.

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Negli anni, l’offerta formativa è divenuta più varia e articolata: da corsi rivoltiprincipalmente a uomini migranti senza qualifiche a corsi di alto profilo, e rivoltianche a donne e minori. Ai corsi per falegname generico o per operatore dielementi operativi alle macchine utensili si sono aggiunti i corsi per mediatoriculturali, per manutentori hardware e software.

La maggiore attenzione alla fase di orientamento, all’aspetto linguistico, allapresenza di mediatori culturali, all’interazione con la rete territoriale di servizi,all’aspetto religioso, agli orari (non solo da conciliare con le attività lavorative -come per gli italiani, ma anche con i corsi delle scuole di italiano per stranieri…)ha contribuito a modernizzare il volto della formazione professionale e a renderlapiù vicina alla realtà di una città che è sempre di più una città di approdo e sempremeno una città di transito.

Ha sicuramente funzionato da stimolo, migliorando gli standard formativi, ilgioco della concorrenza e la dura legge dei criteri di selezione dell’ente finanziatore(la Regione). È questo un elemento che ha però anche condizionato l’offertaformativa: soddisfare i criteri di selezione, l’attenersi strettamente ai risultati delleanalisi dell’andamento del mercato del lavoro, sacrificando la formazione di primolivello - utile anche ai fini generali dell’inserimento nella società e non solodell’inserimento lavorativo, divengono priorità da cui non è possibile derogare.

Dal punto di vista delle motivazioni che spingono alla form a z i o n eprofessionale, i risultati possono essere così sintetizzati:• i migranti affrontano i corsi professionali, in prima battuta, per rispondere ad

un bisogno primario - il lavoro - e, in seconda battuta, come strumento perrecuperare le competenze pregresse e migliorare, così, la propria situazioneprofessionale;

• gli adulti con un progetto di rientro a breve termine, si rivolgono allaformazione per acquisire strumenti utili alla realizzazione di progetti lavorativinuovi al proprio paese;

• per quanti già svolgono informalmente attività di mediazione e supporto aiconnazionali, il corso rappresenta un modo per uff i c i a l i z z a re eprofessionalizzare le funzioni svolte;

• per le donne sposate a bassa scolarità, il corso è stato visto soprattutto comeopportunità di socializzazione e apprendimento di competenze da utilizzaresoprattutto in ambito familiare;

• i minori soli non accompagnati, sino a quando era attiva la collaborazioneinter-istituzionale cittadina, che garantiva il permesso di soggiorno per motividi giustizia a seguito dell’accettazione e dell’inserimento nella societàd’accoglienza, si sono avvicinati alla formazione professionale come tappanecessaria della regolarizzazione8.

8 Progetto che coinvolge minori stranieri, ultraquindicenni e senza genitori sul territorio nazionale, conun livello di autonomia tale da non rendere necessario un intervento di tutela e protezione a caricodiretto dell’Amministrazione comunale. I ragazzi sono inseriti nel progetto su proposta del Serviziosocio-assistenziale competente e a seguito di specifico provvedimento dell’Autorità giudiziariaminorile. Per ciascun minore, sulla base delle indicazioni contenute nel provvedimento, vienedefinito, di concerto con il Servizio socio-assistenziale segnalante, un piano di intervento. Per ilprogetto viene riconosciuto un contributo pari a lire 350.000 mensili per ogni minore seguito.

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Per quanto riguarda il discorso più generale del rapporto fra domanda eofferta di corsi di formazione professionale e il rapporto di questi col mercatodel lavoro, si possono trarre le seguenti conclusioni: • l’offerta formativa – generalmente intesa e non solo quella specificatamente

rivolta ai migranti – è molto differenziata al suo interno. Tuttavia,l’informazione che ne consente l’accesso è spesso disponibile solo per lepersone già inserite in città e a conoscenza dei percorsi, delle agenzie edegli enti a cui rivolgersi;

• l’offerta di corsi di formazione pare molto definita secondo traiettorie digenere e di provenienza, più che sulla base della valutazione dellecompetenze pregresse degli utenti e su previsioni relative ai fabbisogniprofessionali;

• i maggiori centri di formazione erogano servizi di orientamento, solo laCasa di Carità Arti e Mestieri ha, però, istituito uno sportello diorientamento rivolto ai migranti, iniziativa che si presenta come unsupporto prezioso;

• sempre di più, e la presenza di migranti lo conferma, la formazioneprofessionale è anche una formazione di socializzazione, di conoscenza delterritorio, di rafforzamento delle competenze linguistiche.

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Capitolo 4Le iniziative di formazione rivolte ad immigrati proposte dal Centro di Formazione Professionale“M.Belloni” - Fondazione Clerici di Francesca Gisotti

4.1. Informazioni generali sul centr opromotore dei corsi

La Fondazione “Luigi Clerici” è un Ente di formazione professionale la cuipersonalità giuridica è stata riconosciuta nel 1973 con il decreto n.28 dalPresidente della Regione Lombardia.

La Fondazione è da sempre impegnata nell’ambito della formazione,dell’aggiornamento culturale e professionale dei lavoratori e dei futurilavoratori con particolare attenzione alle persone svantaggiate, secondo laduplice tradizione dei movimenti operaio e cattolico. Per raggiungere le finalitàdefinite nello statuto e nello svolgimento della propria azione ha qualeriferimento la Dottrina sociale della Chiesa Cattolica.

Gli scopi che essa si propone sono di contribuire allo sviluppo dellaformazione professionale, culturale e sociale dei lavoratori di ogni settore,nell’ambito del territorio lombardo; l’accelerare l’effettiva re a l i z z a z i o n edel diritto di ogni cittadino allo studio, alla piena occupazione ed al lavoro,nonché alla possibilità di accedere ad un organico sistema di educazionepermanente o ricorrente; il promuovere il miglior inserimento dei lavoratori neisettori produttivi.

In questa direzione la Fondazione è attiva prevalentemente sul frontedell’organizzazione e della gestione di corsi di formazione professionale e diiniziative di educazione ricorrente e permanente attuate presso i dieci Centri diFormazione Professionale disseminati sul territorio lombardo. I servizi offertisono rivolti a tutte le categorie, ai giovani ed ai lavoratori di ogni età,condizione sociale, provenienza geografica ed etnia, con una attenzioneprivilegiata nei confronti delle persone che vivono situazioni di svantaggio,anche se la maggior parte di coloro che usufruiscono delle iniziative propostedalla Fondazione è costituita da giovani in prima formazione. Promuove inoltreattività culturali connesse a scopi sociali quali ricerche, studi, convegni,pubblicazioni, seminari relativi ai suoi ambiti di interesse, e pubblica la rivista“Formazione per il domani”.

Tra i Centri di Formazione Professionale della Fondazione Clerici conquesto studio si intende focalizzare l’attenzione sul Centro di Formazione

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Professionale Unificato di Milano “Maria Belloni ”, struttura che in questi anniha attivato un consistente programma di iniziative formative finalizzateall’inserimento lavorativo di immigrati stranieri.

Il Centro è sorto grazie al sostegno dei coniugi Belloni i quali, impegnatinello sviluppo sociale della Milano degli anni Sessanta e incoraggiati dall’alloraArcivescovo Cardinal Montini, contribuiscono alla realizzazione della “Casa delLavoratore” e poi della sede del C.F.P.

Nei primi anni l’attività del Centro è essenzialmente orientataall’organizzazione di corsi di carattere industriale, chimico ed elettromeccanico.Successivamente diviene sempre più pressante la domanda formativa relativaal settore commerciale e terziario e conseguentemente, per meglio risponderealle esigenze del collocamento lavorativo, vengono avviati corsi diamministrazione e lavori di ufficio, di estetica ed acconciatura.

Il 1995 vede la ristrutturazione, la riorganizzazione e l’ampliamento delcentro a seguito dell’accorpamento della sezione staccata del C.F.P. “La Strada ”e la conseguente attivazione di nuovi corsi.

In questi ultimi anni oltre ai corsi di qualificazione e di specializzazionesono stati predisposti percorsi formativi indirizzati alle fasce deboli delmercato del lavoro, nello specifico allievi disabili, giovani extracomunitari,disoccupati con necessità di riqualificarsi ed aggiornare le proprie competenzeprofessionali.

Le attività di formazione attualmente proposte dal C.F.P. “M. Belloni” sonorese possibili grazie a finanziamenti erogati dalla Regione Lombardia, dallaProvincia di Milano, dal Ministero del Lavoro, dal Fondo Sociale Europeo ed afinanziamenti liberi provenienti dagli utenti e dalle aziende.

Attualmente il Centro è in grado di offrire un’ampia offerta formativarelativa a molteplici settori: acconciatura ed estetica, automazione industriale,controllo di gestione, impiantistica elettrica, lattoneria, meccanica, ristorazione,sociale e sanitario, amministrativo, beni culturali, grafica, inform a t i c a ,marketing, saldocarpenteria, servizi turistici, telelavoro.

Il Centro, inoltre, fornisce servizi di orientamento scolastico,orientamento/riorientamento professionale, supporto alla transizione dallaformazione al lavoro, bilancio di competenze.

Da sempre questa struttura mantiene un rapporto costante con il mondodel lavoro ed un contatto con le aziende che hanno permesso agli allievi disperimentare periodi di alternanza scuola-lavoro e di favorire l’inserimento deigiovani nei circuiti lavorativi.

Una particolare attenzione è stata rivolta in questi ultimi anni nei confrontidell’inserimento sociale e lavorativo dei cittadini immigrati, impegno che si èc o n c retizzato nell’anno formativo 1998/1999 nella promozione enell’organizzazione di cinque corsi nell’ambito del Protocollo di intesaWo r l d J o b: assistente familiare geriatrica, meccanico saldocarpentiere ,operatrice/operatore di ristorazione collettiva moderna, tornitore/fresatore,lattoniere, e nel Progetto Work.

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4.2. Il protocollo di intesa WorldJob

Il protocollo di intesa WorldJob, sottoscritto nel febbraio 1996, è il frutto dellacollaborazione tra Enti pubblici e soggetti del privato sociale, nata dall’esigenzadi unire le esperienze e le azioni che ciascuno degli aderenti, con le propriecompetenze e peculiarità, attua per favorire la piena integrazione dei cittadinistranieri nella società italiana e nel mercato del lavoro.

La consapevolezza della complessità del fenomeno migratorio e delleesigenze della persona immigrata ha condotto alcuni soggetti istituzionali e nonad operare in modo coordinato e sinergico per la realizzazione di attivitàorientate ad agevolare l’integrazione socio-lavorativa di cittadini extracomunitarinella realtà sociale e lavorativa milanese.

All’obiettivo generale di consentire l’emancipazione sociale dei cittadiniextracomunitari attraverso la socializzazione al lavoro, si affiancano le finalitàspecifiche del protocollo: • il pieno inserimento socio-lavorativo di cittadini extracomunitari presenti sul

territorio di Milano e Provincia mediante un’attenta analisi del mercato dellavoro, servizi di orientamento professionale, realizzazione di percorsiformativi mirati e accompagnamento della persona nelle varie fasi necessarieal collocamento lavorativo;

• la valorizzazione dell’esperienza migratoria, anche in funzione di progetti diformazione professionale finalizzata al rientro nel Paese di origine e quindia processi di sviluppo in loco;

• il riconoscimento dei cittadini extracomunitari e delle loro associazioni qualisoggetti operanti a favore della crescita del dialogo interculturale edinteretnico, in vista di un miglior rapporto con le realtà sociali del territorio;

• la promozione di ulteriori sinergie e programmi di azione comune con altrisoggetti, pubblici o privati, italiani, stranieri o multietnici, che condividano lefinalità stabilite dall’intesa. (dal Protocollo di Intesa)La partnership trae origine dalla constatazione che il percorso di inserimento

lavorativo, anche se favorito da una specifica formazione professionale, incontradifficoltà e problematiche complesse che un Ente formatore da solo non è ingrado di affrontare. Una rete di sostegno ed accompagnamento strutturata,invece, può cercare di dare risposte adeguate alle istanze di questa tipologia diutenza rendendo più efficace il percorso di formazione professionale.

I soggetti che partecipano a WorldJob intervengono su alcune aree specifichee mettono a disposizione i servizi che caratterizzano le proprie attività:• orientamento, con sportelli informativi su corsi e opportunità occupazionali,

gruppi d’incontro e job club;• formazione professionale, mediante corsi ad hoc per immigrati e immigrate;• selezione del personale e ricerca di sbocchi occupazionali, attraverso colloqui

di preselezione e la ricerca di opportunità lavorative;• attività di sostegno quali corsi di lingua, consulenza giuridica, sostegno

economico, sostegno abitativo;• studio e ricerca sulle tematiche del lavoro e dell’immigrazione.

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I partner sottoscrittori, dunque, si attivano su queste aree a seconda dellapropria specificità per rendere possibile un processo di inserimento sia nelmercato del lavoro che nel tessuto sociale.• L’Agenzia per l’Impiego della Lombardia fornisce il proprio supporto

tecnico-progettuale e mette a disposizione le proprie conoscenze relative alfunzionamento del mercato del lavoro per facilitare l’incontro fra domandae offerta.

• L’Associazione Extracenter , associazione costituita da cittadini immigratic reata sotto l’impulso dell’Agenzia per l’impiego della Lombardia,contribuisce con il proprio servizio di orientamento e informazione acittadini extracomunitari effettuando procedure di selezione del personalee mettendo a disposizione un servizio di tutoring .

• Il Centro di Solidarietà S.Martino mette a disposizione un servizio diincrocio domanda-offerta di lavoro, offre consulenza su problemi legali,amministrativi, questioni lavorative e sostegno dal punto di vista dellesoluzioni alloggiative temporanee per coloro che sono coinvolti nelprogetto. Inoltre esso ha istituito un importante servizio sanitario perimmigrati.

• La Fondazione Luigi Clerici contribuisce con la propria capacitàprogettuale e di gestione, le strutture e le risorse dei propri centri - inparticolare del C.F.P. “M. Belloni”- in funzione della realizzazione dipercorsi formativi professionalizzanti con finalità di inserimento lavorativoe della gestione di tirocini formativi da svolgersi presso le aziende, in mododa sviluppare un raccordo con il mondo imprenditoriale;

• La Fondazione S.Carlo partecipa all’intesa con la propria banca daticorredata di contatti con Enti, Associazioni di Categoria ed Imprenditori edè attiva dal punto di vista del servizio di seconda accoglienza grazie ad unaccordo con l’A.L.E.R. (ex Istituto Autonomo Case Popolari di Milano) e allagestione di alcuni pensionati.Al protocollo ha aderito successivamente anche l’Ufficio Stranieri del

Comune di Milano che ha messo a disposizione un servizio di orientamentoalla formazione e di assistenza sociale.

Dal 1997 anche il Settore Economia e Lavoro della Provincia di Milano,nonostante non abbia formalizzato la propria adesione al protocollo, collaborain modo sostanziale con la partnership con un forte sostegno all’iniziativa, conlo stanziamento di finanziamenti per alcuni corsi e la programmazione diattività di inserimento lavorativo.

Altri interlocutori che operano abitualmente con l’immigrazione, quale adesempio la Caritas Ambrosiana, in alcune circostanze collaborano attivamentecon i partners di WorldJob.

Il C.F.P. “M.Belloni”, dunque, all’interno dell’intesa ha assunto i compitirelativi alla strutturazione ed alla gestione di percorsi di form a z i o n eprofessionale. L’interesse per questo settore era però già vivo negli operatoridella Fondazione Clerici ancora prima dell’istituzione di WorldJob. Infatti nel1995, di fronte all’emergenza immigrazione, la Segreteria per gli Esteri della

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Curia di Milano sollecitò il direttore del C.F.P. “La Strada ” (oggi accorpatoal C.F.P. “M.Belloni”) a proporre ed attivare corsi di formazione finalizzati aconsentire agli immigrati di introdursi nel mondo del lavoro milanese.Iniziarono così alcuni brevi percorsi professionali miranti a conferire un inizialeapproccio ad un mestiere.

La gestione di questi corsi rivelò le difficoltà di cui l’utenza immigrata eraportatrice e mise in risalto questioni quali la sistemazione abitativa, le difficoltàlinguistiche e la sussistenza che, nonostante l’interesse dei partecipanti,inevitabilmente influivano negativamente dal punto di vista della frequenza.Maturò così negli operatori la consapevolezza che prima di iscriversi efrequentare con successo un corso di formazione professionale gli immigratidovevano risolvere altre problematiche più urgenti legate ai bisogni di base,quali la casa, il sostentamento, il permesso di soggiorno.

Il problema dell’offerta formativa e della qualificazione professionalerisultava solo una delle tante facce di una situazione complessa e di unamolteplicità di necessità legate alla persona immigrata. Questa osservazionefece scaturire l’ipotesi di una partnership fra alcuni Enti che grazie ad unaazione sinergica potesse rispondere con efficienza, efficacia e tempestività aibisogni di cui queste persone erano portatrici.

La Fondazione Clerici diede l’impulso a questa proposta e individuò qualipotenziali partners i soggetti con i quali era già presente una collaborazione;da qui l’idea di “formalizzare” le collaborazioni di fatto creando una rete dicollegamenti tra il privato sociale ed alcuni soggetti pubblici e dare vita alprotocollo di intesa.

4.3. I percorsi formativi per immigrati proposti dal C.F.P . “M. Belloni” - I corsi attivatinell’anno 1998/99

Nell’anno formativo 1998/99 il C.F.P. “M.Belloni” ha promosso 6 corsi rivoltia cittadini extracomunitari, 5 nell’ambito di WorldJob [assistente familiaregeriatrica, meccanico saldocarpentiere operatrice/operatore di ristorazionecollettiva moderna, meccanica 3, lattoniere], realizzati grazie a finanziamentidel Fondo Sociale Europeo - Ministero del Lavoro e Regione Lombardia, e unoall’interno del Progetto Work, iniziativa sperimentale a livello provinciale.

P resso la Fondazione vengono inoltre organizzati corsi nonspecificatamente rivolti ad immigrati, ai quali i cittadini stranieri partecipano innumero consistente; si tratta soprattutto dei corsi per Ausiliario SocioAssistenziale e dei Progetti Work non specifici per stranieri.

È da sottolineare come la scelta sui corsi da attivare sia il frutto dirilevazioni compiute sul mercato del lavoro e del confronto con i soggetti inesso operanti relativamente alle reali necessità ed opportunità dei circuitiproduttivi: associazioni di categoria, aziende, sindacati.

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L’individuazione di nicchie di mercato che necessitano di manodopera èl’orizzonte di riferimento del Centro ed è fondamentale per unaprogrammazione mirata ed efficace delle offerte formative.

Il risultato delle analisi effettuate in questi anni ha confermato come l’areameccanica stia vivendo un significativo trend di crescita e si riveli una fra lepiù carenti di forza lavoro; ciò ha consentito di riproporre con notevolesuccesso i corsi per lavoratori immigrati relativi a questo settore che pare esseresempre più disertato dai lavoratori italiani.

Per quanto concerne l’utenza nel corso degli anni, da alcune osservazionieffettuate dagli operatori emerge come nelle diverse aree professionali ci siauna costante concentrazione di immigrati provenienti dalla medesima areageografica accomunati da differenti rappresentazioni del lavoro e del lavorare.È da rilevare però che a prescindere dal Paese di origine e dallo specificopercorso formativo intrapreso, il desiderio che accomuna tutti i partecipantiimmigrati è riuscire ad ottenere un “posto fisso”.

I corsi nell’area meccanica vedono una netta prevalenza di partecipantiafricani - soprattutto dell’Africa sub-sahariana - i quali dichiarano un costanteinteresse a specializzarsi ed inserirsi in questo settore.

I corsi per assistente familiare geriatrica e il Progetto Work stranierivedono invece una maggioranza di allievi provenienti dai Paesi delSud-America. Questi percorsi formativi hanno ricevuto l’impulso dall’evidenterichiesta di personale per l’assistenza di persone anziane presente sul territoriomilanese, confermata anche dalle agenzie di collocamento e dalle cooperativeche si occupano di servizi alla persona. Le iniziative in questo settore si sonodimostrate delle buone opportunità soprattutto per le donne che, con laconsapevolezza dell’importanza di una preparazione specifica che consentaloro una migliore integrazione socio-lavorativa, intravedono la collaborazionefamiliare con assunzione diretta da parte di datori di lavoro privati ol’inserimento in cooperative come uno sbocco professionale privilegiato.

4.3.1. I corsi attivati nell’anno 1998/1999 nell’ambito di WorldJob con finanziamenti del FondoSociale Europeo - Ministero del Lavoro e Regione Lombar d i a

I percorsi formativi proposti in seno al protocollo di intesa WorldJob hannopreso il via nel 1996. Essi sono prioritariamente finanziati dal Fondo SocialeEuropeo, Ministero del Lavoro e Regione Lombardia in seno all’Obiettivo 3(iniziative di formazione professionale per l’inserimento dei disoccupati nelmondo del lavoro).

La strutturazione dei moduli comune a tutti i corsi prevede:• formazione teorica : si svolge presso la sede del corso sotto la guida di

docenti che sviluppano le varie aree disciplinari e in alcuni casi dirappresentanti delle aziende che collaborano allo svolgimento dell’iterformativo;

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• formazione pratica : costituita da esercitazioni pratiche all’interno dilaboratori attrezzati;

• o r i e n t a m e n t o : teso a suscitare ed accre s c e re le motivazioni allaf o rmazione del settore, a valorizzare le capacità relazionali, dicomunicazione interpersonale e a sostenere i partecipantinell’individuazione di ambiti lavorativi corrispondenti alle loro aspettative ecaratteristiche personali lungo tutta la fase del percorso formativo;

• visite guidate : finalizzate ad acquisire una visione complessiva delledifferenti realtà aziendali;

• tirocinio / stage : effettuato presso aziende del settore sotto la guida di untutor è mirato a completare la formazione teorico-pratica acquisita graziealla sperimentazione sul campo di quanto è stato appreso durante il corso,a confrontarsi con la realtà lavorativa, con i suoi tempi e metodi diproduzione ed a facilitare l’inserimento nel mercato del lavoro.Sono anche previste verifiche periodiche sull’apprendimento dei contenuti

formativi ed una verifica finale costituita da un test scritto e/o una prova praticapiù un colloquio, alla presenza dei docenti delle diverse discipline e di unacommissione regionale.

L’articolazione è giornaliera, dal lunedì al venerdì cinque ore nel pomeriggio eil sabato al mattino. La frequenza è obbligatoria in quanto al termine la maggiorparte dei corsi rilascia una certificazione regionale di frequenza e profitto, tranne ilcorso per Operatori della ristorazione collettiva che prevede il rilascio di unaqualifica. La frequenza pomeridiana è finalizzata a consentire ai partecipanti losvolgimento di un lavoro anche saltuario nella parte libera della giornata.

Ai partecipanti viene corrisposta una indennità di frequenza pari a £.4500/hlorde più un ticket per ogni giorno effettivo di tirocinio in azienda. L’indennitàdi frequenza è evidentemente un incentivo che stimola gli allievi ad unafrequenza assidua e continuativa nel tempo; si tratta però di una condizionenecessaria ma non sufficiente per frequentare i corsi, che essendo cosìimpegnativi richiedono quali spinte prioritarie l’interesse verso i contenuti e unacerta motivazione.

L’80% circa dei partecipanti giunge ai corsi passando attraverso i servizi diuno o più dei membri di WorldJob; chi entra in contatto con uno dei partnersdel protocollo per uno specifico bisogno si rivela spesso anche portatore diesigenze formative, proprio in questi casi la rete è in grado di rispondere grazieall’intervento formativo di competenza della Fondazione Clerici.

Il restante 20 % dei corsisti viene invece raggiunto dai bandi pubblicati sullastampa o da altri canali informativi, soprattutto la conoscenza di persone chestanno frequentando i corsi o li hanno frequentati in passato.

I corsi diventano un importante punto di riferimento per i partecipanti nonsolo dal punto di vista formativo. Sono infatti anche un momento nel quale,secondo l’intento degli operatori, il cittadino immigrato viene aiutato a compiereun fondamentale passaggio culturale: “da «me» in quanto immigrato a «me»come appartenente a questo gruppo in formazione per approdare al «me» comelavorator e”.

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4.3.2. Il Progetto Work: integrazione fra sistema scolastico e formazione professionale

Il Progetto Work nasce nel 1995 come evoluzione dei corsi di scuola mediaper adulti (“150 ore”) per costruire un nuovo progetto formativo di base legatoal lavoro ed alle abilità necessarie ad un reinserimento lavorativo di coloro chesi trovano in difficoltà occupazionale.

Esso rappresenta un livello avanzato di integrazione fra l’educazione degliadulti promossa dalla scuola statale e la formazione professionale.

Work è un progetto su ampia scala sperimentato nella provincia di Milanodai Centri Territoriali Permanenti e dai Centri di Formazione Professionale chevede la realizzazione di corsi dislocati in diverse aree della città, dell’hinterlande della provincia.

Questi percorsi si rivolgono a coloro che sono iscritti ai corsi di scuolamedia per adulti o ai corsi di alfabetizzazione per il conseguimento dellalicenza elementare che si tengono nei Centri Territoriali Permanenti perl’istruzione e la formazione degli adulti e intende introdurre elementiprofessionalizzanti - relativi soprattutto all’area informatica - all’interno deipercorsi della scuola dell’obbligo.

Il Progetto Work-stranieri assistenza domiciliare anziani è uno dei quattrocorsi di formazione integrata gestiti C.F.P. “M.Belloni”. Esso si avvale dellacollaborazione del Centro Territoriale Permanente di Via Tadino ed ha unaspecificità relativa al suo target di riferimento: cittadini extracomunitariinoccupati, disoccupati, in lista di mobilità, CIGS o a rischio reale didisoccupazione, che intendono acquisire la licenza Media o Elementare econtemporaneamente una formazione specifica nell’ambito della assistenzadomiciliare agli anziani.

L’attivazione di un percorso formativo che avesse quale area professionaledi riferimento l’assistenza domiciliare geriatrica deriva essenzialmente dallacospicua diffusione sul territorio milanese di questa tipologia di impiego,soprattutto presso alcuni gruppi etnici che hanno maturato una tradizioneed una certa esperienza nell’ambito dell’accudimento di persone anziane edi n f e rme, spesso però senza una regolarizzazione del rapporto dicollaborazione.

Gli obiettivi formativi del corso attengono ad una serie di competenzenecessarie per svolgere funzioni di assistenza geriatrica. Nello specifico, altermine del corso i partecipanti dovrebbero essere in grado di svolgereoperazioni di assistenza infermieristica di base e assistenza socio-assistenzialeall’anziano, di relazionarsi in modo positivo all’anziano ed alla sua famiglia,di interagire con le figure professionali che ruotano intorno all’assistenzad o m i c i l i a re agli anziani utilizzando una corretta terminologia. Inoltredovrebbero possedere competenze e conoscenze relative alla lingua italianae alla terminologia di settore, conoscenze infermieristiche, competenzedi tecnica di assistenza sociale di base, di legislazione del lavoro e di ricercaattiva dell’occupazione.

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Al termine del percorso teorico sono previste 60 ore di stage pressocooperative di servizi alla persona specializzate nell’assistenza agli anziani.

Nell’anno formativo 1998/1999 al corso, della durata di 200 ore danovembre a giugno con frequenza pomeridiana, hanno preso parte 18partecipanti, per la maggior parte donne con una età media di 33,5 anni,provenienti dai seguenti paesi: Brasile 1, Colombia 1, Congo 1, Ecuador 1,Etiopia 2, India 1, Perù 8, Repubblica Dominicana 1, Somalia 1, Sri Lanka 1.

Il Progetto Work-stranieri è supportato da finanziamenti regionali e la suafrequenza è totalmente gratuita.

Spesso coloro che frequentano Work-stranieri assistenza domiciliar eanziani si iscrivono successivamente ad un corso per Ausiliario SocioAssistenziale perché spinti dal desiderio di ottenere una qualifica professionalee veder conseguentemente riconosciuta la propria professionalità.

4.4. Le risorse umane

La gestione dei corsi indirizzati agli stranieri, ad esclusione del corso diassistenza geriatrica che è gestito dal settore A.S.A. (Ausiliario SocioAssistenziale) del C.F.P., è affidata ad un coordinatore il quale si occupadell’organizzazione dei percorsi formativi e ricopre la funzione di punto diriferimento per gli operatori e i docenti.

Il personale che ruota attorno ai corsi è costituito da docenti, tutors,orientatori e rappresentanti del mondo del lavoro.

I tutors ricoprono un ruolo fondamentale soprattutto in relazione agli allievi.Essi sono sempre presenti in aula durante tutto lo svolgimento dei corsi, sioccupano di gestire il rapporto tra gli studenti e i docenti e del buon andamentodel percorso formativo. Operano a titolo di collaboratori e sono selezionati dallaFondazione Clerici o proposti da altri partners dell’intesa WorldJob.

I docenti vengono selezionati tra esperti nelle discipline in oggetto, con unaattenzione privilegiata nei confronti di coloro che provengono da precedentiesperienze didattiche. Il reperimento di insegnanti disponibili a collaborare conil C.F.P. risulta nel complesso piuttosto difficile a causa della forma contrattualedi natura occasionale, degli orari di svolgimento dei corsi e della conseguenteincompatibilità con altre attività da essi svolte.

Gli orientatori hanno la funzione di facilitatori all’interno dei gruppi classee conducono interventi di sostegno nella vita di aula. L’obiettivo del loro lavoroè di aiutare i partecipanti a focalizzare l’attenzione sulla figura professionaleper la quale si stanno preparando, attraverso la rielaborazione di diversesituazioni quali l’esperienza di tirocinio e le visite esterne. Essi hannoformazione universitaria differente ma sono accomunati da percorsi formatividi specializzazione post-lauream nell’ambito dell’orientamento; sonodipendenti del C.F.P. “M.Belloni”.

I rappresentanti del mondo del lavoro, infine, vengono invitati a portare lapropria esperienza all’interno dei corsi così da suscitare dibattiti, offrire spunti

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di discussione ed approfondimento e contributi per la chiarificazione dei dubbie delle domande poste dai partecipanti.

È stata sottolineata una certa difficoltà nel predisporre e realizzare momentiformativi rivolti a tutors e docenti incentrati sulle tematiche dell’immigrazionee della relazione con persone straniere. Ciò è dovuto essenzialmente allacarenza di risorse economiche da investire in questo tipo di attività, trattandosiprevalentemente di finanziamenti erogati dal Fondo Sociale Europeo e legati aprecisi progetti.

Una ulteriore debolezza sul fronte della gestione delle risorse umaneattiene alla mancanza di momenti formalizzati di coordinamento delle équipesdi lavoro che operano all’interno dei corsi. I tutors si confrontano per lo più inmomenti occasionali e, quando possibile, cercano di riunirsi una volta ogniquindici giorni.

Per mantenere i legami con le équipe operative del centro, ai docenti èrichiesto di pre s e n z i a re a due incontri non istituzionalizzati all’anno(non retribuiti) e di mantenere stretti contatti con i tutors dei corsi nei qualiinsegnano.

4.5. Considerazioni conclusive

Al termine dell’approfondimento delle iniziative di formazione attuate dallaFondazione Clerici - C.F.P. “M.Belloni” a favore dei cittadini immigrati, sembraopportuno sottolineare alcuni degli aspetti più significativi di questa esperienzae alcuni ambiti operativi sui quali, anche a detta degli stessi operatori, parenecessario porre maggiore attenzione nella progettazione degli interventi futuri.

Innanzi tutto va evidenziato come le opportunità di qualificazioneprofessionale analizzate si inseriscano in un più ampio contesto di servizi erisorse indirizzate alla persona immigrata, la rete WorldJob, orientata arispondere in maniera globale alle esigenze degli stranieri che si affaccianosulla realtà sociale e lavorativa italiana. L’attivazione di una rete di sinergie trasoggetti diversi che mettono a disposizione le risorse caratteristiche dellapropria attività, muove dall’obiettivo di promuovere politiche formative piùorganiche e mirate in raccordo con le politiche del lavoro. La realizzazione diinterventi integrati capaci di raccordare la formazione pro f e s s i o n a l e ,l’accompagnamento legale e burocratico, il reperimento di risorse alloggiative,l’assistenza sanitaria, si configura infatti quale potenziale fattore di successonella promozione della figura del lavoratori immigrati come risorse positive, nelcompletamento dei percorsi formativi da essi intrapresi e nel successivoinserimento lavorativo.

Un secondo elemento da rilevare attiene al monitoraggio e allo studio delletendenze del mercato del lavoro, strumento indispensabile per una efficaceprogrammazione delle iniziative formative. L’individuazione dei settori inespansione e dei profili professionali più richiesti è stata inizialmente effettuatadopo accurate rilevazioni compiute sul mercato del lavoro locale. I contatti

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intrapresi con le realtà produttive per verificare le reali possibilità diinserimento lavorativo, hanno incentivato un coinvolgimento diretto di alcuneaziende sin dalle fasi di progettazione ed hanno consentito di coniugare ipercorsi formativi alle esigenze della produzione.

L’esperienza del C.F.P. “M.Belloni” dimostra che gli interventi maggiormenteefficaci sono quelli nei quali si instaurano rapporti di effettiva collaborazionetra aziende, associazioni di categoria, imprenditori, docenti e tutors.

Appare inoltre molto significativa l’attenzione posta nei confronti deglistrumenti finalizzati a sostenere gli allievi nella loro scelta formativa: le attivitànell’area dell’orientamento e le figure dei tutors. Questi ultimi, soprattutto,ricoprono un ruolo di notevole rilevanza all’interno dei corsi; essi infatti sonoconsiderati dagli allievi come veri e propri punti di riferimento. La funzionedi sostegno e il ruolo di mediazione tra gli studenti, i docenti, la realtàscolastica e quella lavorativa, consente ad essi di ideare e predisporre percorsiindividualizzati più efficaci e il più possibile aderenti alle esigenzedei partecipanti.

Gli interventi di orientamento contribuiscono a stimolare i frequentanti aduna maggiore presa di coscienza e ad una riflessione su di sé, affinché possanocontinuare il percorso formativo in maniera più consapevole. Attraverso questaattività gli orientatori intendono preparare gli allievi ad inserirsi nel settorelavorativo prescelto con una coscienza più precisa circa il proprio valore dipersona e di lavoratore, della propria cultura, della realtà culturale del paese incui hanno deciso di stabilirsi, del valore del proprio agire come strumento peraffermare la propria dignità.

Per quanto concerne gli elementi di criticità che pre s u m i b i l m e n t econdurranno a scelte operative future mirate, si rileva in primo luogo lo scarsoinvestimento sulla formazione del personale, nello specifico degli insegnanti,in relazione alle peculiarità dell’utenza straniera.

Ciò è legato non tanto alla scarsa volontà o al disinteresse nei confronti diquesto aspetto, quanto alla difficoltà di reperire risorse economiche per attuareinterventi formativi ad hoc.

La scelta di impiegare docenti molto preparati dal punto di vista dellecompetenze tecniche e con esperienze pregresse di insegnamento, non sempreva di pari passo con i requisiti necessari per interagire con studenti immigrati.Questo si ripercuote in alcuni casi anche sull’andamento dei corsi, all’internodei quali alcuni allievi denunciano la incapacità di taluni docenti di rapportarsiad essi in maniera appropriata. La possibilità di accedere ad una preparazionepiù specializzata nella quale vengano forniti elementi conoscitivi emetodologici più adeguati per comprendere e favorire la comunicazione conl’utenza, appare dunque come un fattore non più trascurabile e determinanteper l’economia dei percorsi formativi.

In secondo luogo, appare come un fattore di debolezza il non averadeguatamente considerato la diversità dei livelli di partenza degli allievi dalpunto di vista scolastico, culturale e linguistico. Ciò ha condotto allaformazione di gruppi classe molto eterogenei, con livelli di apprendimento

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differenti che, secondo il parere di alcuni dei partecipanti, ha in parte rallentatolo svolgersi del corso. Proprio per ovviare a questa difficoltà una delle ipotesiformulate dagli operatori in merito alla programmazione dei corsi futuri è lariduzione del monte ore dedicato alle lezioni tecniche a favore dell’inserimentodi moduli di lingua italiana.

L’attuazione di un monitoraggio post-formazione che vada oltre i 6 mesi, siconfigura quale un ulteriore elemento di criticità nella valutazione dei corsi edella conseguente ricaduta occupazionale. A questo va aggiunta la mancanzadi dati unificati tra i diversi enti partecipanti al protocollo di intesa WorldJob,che non consentono di avere un quadro generale dell’efficacia degli interventi.

Vi sono inoltre alcune questioni aperte sulle quali gli operatori si stannointerrogando per poter giungere in futuro a possibili iniziative.

In prima istanza emerge la problematica della “seconda generazione”,legata per lo più ai ricongiungimenti familiari. I tutors evidenziano come lascelta migratoria effettuata in prima persona dai padri e dalle madri influisca inmodo determinante sulla motivazione al lavoro dei figli. La “secondagenerazione” si trova in difficoltà a dover affrontare una realtà della quale nonsi sente protagonista ed è soggetta al rischio di devianza e di abbandonoscolastico. La riflessione sulla possibile elaborazione di specifici percorsiindirizzati a questo target di riferimento, nasce dall’osservazione della totaleassenza di immigrati di seconda generazione all’interno dei corsi attivati dallaFondazione Clerici e della partecipazione esclusiva di adulti stranieri.

Un secondo fronte sul quale è aperto il dibattito è il potenziamentodei corsi di formazione indirizzati alle donne, attualmente legati ai soli profilidi operatrice della grande distribuzione, di assistente geriatrica o ausiliariasocio assistenziale.

Infine, sulla scorta di un esperienza di formazione di figure professionaliqualificate da inserire nel settore informatico attuata qualche anno fa, potrebbeessere opportuno differenziare e qualificare maggiormente l’offerta formativa.Questo consentirebbe di discostarsi dalla logica di una formazione per gliimmigrati orientata esclusivamente alle offerte più basse del mercato del lavoroe di valorizzare le risorse professionali presenti nelle popolazioni immigrate alfine di realizzare inserimenti anche a livelli medio-alti.

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Capitolo 5L’esperienza della formazione professionale per immigrati a Bresciadi Chiara Buizza

5.1. Il centro promotore dei corsi

All’interno dell’Unità Formativa Polifunzionale di Brescia, il Centro diF o rmazione Professionale (C.F. P.) di via Gamba –10, costituito qualestrumento di politica attiva del lavoro della Regione Lombardia (L.R. 7 giugno1980, n. 95) affidato alla gestione della Provincia (processo di delega: L.R. 7giugno 1980, n. 95, art. 11 – 15 – 63; L.R. 5 gennaio 1995, n.1), rappresentasin dalla sua fondazione, avvenuta nell’anno scolastico 1984/85, il contestoformativo di riferimento per l’addestramento e la qualificazione di operaispecializzati da impiegare nel sistema economico produttivo locale,caratterizzato da un intenso insediamento di piccole e medie impreseoperanti soprattutto nel settore metalmeccanico.

Il raccordo con le forze produttive, oltre a facilitare l’inserimento sulm e rcato del lavoro di manodopera qualificata, favorisce la gradualearticolazione dell’offerta formativa sia sotto il profilo quantitativo chequalitativo: nell’anno formativo 1998/99 dei 125 corsi attivati, 72 hannoriguardato i settori industria e artigianato (30 per Addetti al servizio diprevenzione e protezione – Decr. 626; 8 per Operatori d’ufficio, 6 perOperatori di macchine utensili, 4 per Installatori e manutentori di impiantielettrici, 1 per Addetto al sistema di qualità, 11 nell’ambito dell’OfficeAutomation e 12 della progettazione con sistemi CAD.-CAM.). Il ventagliodella proposta formativa prevede inoltre corsi nei settori del commercio(Addetto punti vendita, Agente di affari in mediazione immobiliare ,Amministratore di condominio), dell’estetica (Acconciatore, Estetista) e deiservizi socio assistenziali (Ausiliario socio assistenziale).

La diversificazione della tipologia formativa riguarda anche lap rogrammazione didattica: qualificandosi come sistema di form a z i o n econtinua e permanente, il C.F.P. organizza, accanto ad iniziative di primaformazione, attività di formazione ricorrente collocate principalmente infascia serale e concernenti l’aggiornamento e il perfezionamento tecnico.Esemplificativa in tal senso risulta la distribuzione temporale dei 125 corsirealizzati nell’anno formativo 1998/99: 35 corsi di qualifica diurni a cui hannopartecipato 496 allievi, 90 corsi pomeridiani e serali (di cui 8 di qualifica) chehanno registrato la partecipazione di 1193 corsisti. Il numero complessivodegli allievi frequentanti nell’ultimo anno formativo risulta pertanto pari a1689 unità. Considerando che lo svolgimento dell’attività corsuali ha richiesto37.192 ore (18.255 teoria, 14.998 pratica, 3.939 tirocinio) il totale

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Ore Formazione Allievi (O.F.A.)1 ammonta al 624.677.Per quanto riguarda le risorse umane impiegate, al fine di valorizzare le

competenze specialistiche per aree professionali, il C.F.P. ha impiegato, accantoal personale docente dipendente (24 insegnanti), 100 formatori acollaborazione professionale. Il personale dipendente con funzioni tecniche edirettive ammonta invece a 20 unità così come il personale ausiliario.

5.2. L’offerta formativa per gli immigrati

Il C.F.P., muovendo dalla lettura del mercato del lavoro bresciano in cuialcune mansioni lavorative, rifiutate dai cittadini italiani, vengono svolte dacittadini stranieri spesso privi di qualifiche adeguate, nonché dallesollecitazioni provenienti dalle associazioni imprenditoriali e artigiane, pur inassenza di una normativa di regolamentazione della presenza immigrata, avviasin dall’anno formativo 1984/85, conformemente alla L.R. 95 del giugno19802, corsi di formazione professionale per cittadini extracomunitari. Questepionieristiche esperienze formative della durata media di cento-centocinquantaore, si svolgono in fascia serale (dodici ore settimanali) e prevedonol’apprendimento della lingua italiana, dei rudimenti di diritto del lavoro e di unmestiere: saldocarpentiere, addetto alle macchine utensili, installatore emanutentore di impianti elettrici. Il reclutamento dei corsisti avviene subase spontaneistica: gli immigrati vengono indirizzati al C.F.P. dall’Ufficiodi Collocamento, da alcuni sportelli pubblici o del privato sociale, dallesingole aziende.

Alla luce della buona partecipazione degli immigrati (dal 1985 il C.F.P. avviaogni anno dai due ai cinque corsi professionali di breve durata rivolti allapopolazione straniera) e della vitalità dell’associazionismo impegnato sulversante dell’immigrazione, pur non variando l’impianto corsuale, verso la finedegli anni Ottanta si registra una articolazione delle competenze didattiche: leassociazioni di volontariato si preoccupano di promuovere sia l’apprendimentolinguistico, sia azioni di orientamento per l’utilizzo dei servizi territoriali (Ufficiodi Collocamento, uffici comunali, organizzazioni sindacali, Motorizzazionecivile), il C.F.P. assicura, con l’apporto di alcuni volontari in qualità di tutor, laformazione teorica e pratica al lavoro. Elementi caratterizzanti di questosperimentale modello didattico/professionale risultano pertanto la sinergia conle associazioni di volontariato e l’integrazione, in corsi di breve durata, dialfabetizzazione e formazione professionale.

1 Il calcolo delle Ore Formazione Allievi (O.F.A) si ottiene moltiplicando il numero allievi/corso per ilnumero ore/corso.

2 La disciplina della Formazione Professionale in Lombardia (L.R. 7 giugno 1980, n. 95) contempla lalibertà di accesso ai corsi di formazione professionale ai cittadini stranieri (art. 7) e riconosce allaformazione professionale un ruolo di facilitazione per l’inserimento nel mondo del lavoro di personein condizioni di emarginazione e di difficoltà di integrazione (art. 57).

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L’esigenza di una politica di piano, che conferisca continuità e progettualitàal lavoro inter – istituzionale sperimentato informalmente tra i soggetti che avario titolo operano a favore delle componenti immigrate e valorizzil ’ i n t e rconnessione tra l’apprendimento linguistico e l’acquisizione dicompetenze professionali, si concretizza nell’anno formativo 1992/93 conl’elaborazione di un sistema formativo integrato, il “Progetto Brescia”.

Sul versante istituzionale , questo progetto formativo nasce dallacollaborazione tra l’Amministrazione Comunale di Brescia (Assessorato allaPubblica Istruzione e Ufficio Stranieri) con funzioni di coordinamento, laRegione Lombardia (Assessorato Istruzione e Formazione Professionale) e ilProvveditorato agli Studi con funzioni di supporto logistico e progettazionef o rmativa (messa a disposizione di strutture e corpo docente per losvolgimento, rispettivamente, dei corsi di formazione professionale e di linguaitaliana). Dall’anno formativo 1997/98 anche l’Amministrazione Provinciale, inattuazione al processo di delega delle funzioni in materia di formazioneprofessionale, partecipa attivamente al “Progetto Brescia”, finanziando tra l’altrocorsi professionali non inseriti nei piani annuali della Regione Lombardia(corso di aiuto cuoco presso il C.F.P. “Canossa” di Brescia; corso per la qualificadi mungitore presso il C.F.P. “Bonsignori” di Remedello).

Per quanto riguarda il versante formativo, invece, muovendo dal valorestrumentale attribuito dagli immigrati alla formazione quale veicolo diinserimento lavorativo e sociale, nonché dai limiti dell’offerta formativatradizionale (mancanza di inter connessione nei percorsi di alfabetizzazione edi professionalizzazione, lunghezza dell’iter scolastico necessario alconseguimento di un titolo di studio), il “Progetto Brescia” definisce unp e rcorso congiunto e consequenziale di lingua italiana e form a z i o n eprofessionale da compiersi nell’arco di un solo anno scolastico. Nello specifico,l’impianto corsuale, di complessive 450 ore collocate in fascia serale, si articolain 300 ore di apprendimento linguistico di competenza del Ministero dellaPubblica Istruzione, supportato dalle associazioni di volontariato operanti sulterritorio, e di 150 ore di formazione professionale a carattere propedeutico perl’avviamento al lavoro o l’inserimento in corsi professionali normali, realizzatepresso i centri di formazione professionale di città e provincia: accanto al C.F.Pdi via Gamba, che nell’anno scolastico 1998/99 ha realizzato corsi perextracomunitari nel settore metalmeccanico ( due corsi per saldocarpentiere edue per addetto alle macchine utensili) frequentati da 52 allievi, aderiscono al“Progetto Brescia”, registrando, nello stesso anno formativo, la partecipazionecomplessiva di 70 cittadini stranieri, il C.F.P di Villanuova (corso per addettoalle macchine utensili), il C.F.P. Canossa (corso di aiuto cuoco), il C.F.P.Bonsignori Remedello (corso per addetti alla stalla).

Gli elementi caratterizzanti del “Progetto Brescia” (partnership tra vari enticon l’apporto del volontariato; mix di lingua italiana-formazione professionale)trovano conferma della loro validità anche nell’Ordinanza Ministeriale 456 del29 luglio 1997 che, ripensando gli obiettivi generali dell’educazione in etàadulta in una logica di formazione continua, istituisce i “Centri territoriali

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permanenti per l’istruzione e la formazione in età adulta”, finalizzati, da un lato,alla promozione di una maggiore collaborazione tra scuola, comunità locale,mondo del lavoro e partner sociali (integrazione orizzontale ) e, dall’altro, alcoordinamento delle offerte di istruzione e formazione (integrazione verticale )programmate dalle agenzie formative del territorio. In ottemperanza a questaOrdinanza Ministeriale, anche a Brescia vengono istituiti quattro “Centriterritoriali permanenti per l’istruzione e la formazione in età adulta” (il C.F.P. divia Gamba fa riferimento al C.T. Brescia Sud/Ospitaletto), mentre l’offertaf o rmativa per cittadini extracomunitari viene ricondotta nell’ambitodell’educazione in età adulta: quale sistema formativo integrato, il “ProgettoBrescia” si configura come risorsa formativa per gli adulti italiani e stranieripresenti sul territorio bresciano.

Questa tensione verso l’integrazione delle politiche formative (integrazioneinterna ) si accompagna infine al tentativo di considerare in termini sistemicil’intervento a favore delle componenti immigrate: il raccordo delle politicheformative con le politiche sociali e le politiche del lavoro (integrazioneesterna) si realizza precipuamente in seno alla Consulta Provinciale perl’Immigrazione, istituita nell’ambito del settore Politiche Sociali dell’AssessoratoServizi sociali della Provincia (delibera n. 214/96) quale tavolo dia p p ro f o n d i m e n t o3 del pluridimensionale processo di inserimento degliimmigrati nel tessuto socio – economico locale e in particolare delle questionilavorative, alloggiative e formative.

5.3. L’attività di formazione professionale per gli immigrati

Il filo conduttore della quindicinale attività del C.F.P. di via Gamba a favoredei cittadini extracomunitari è rintracciabile negli indirizzi professionali in cuisi articola la proposta formativa: sin dall’anno formativo 1984/85, muovendocome precedentemente evidenziato dalla domanda di lavoro locale, il centroorganizza corsi propedeutici per la qualificazione di saldocarpentieri eoperatori di macchine utensili. Confermano l’attualità di queste figureprofessionali anche i risultati di un’indagine campionaria (Beretta C., 1998)4

condotta su duecento aziende bresciane: il 28,5% manifesta la necessitàdi avviare percorsi di qualificazione nel settore metallurgico, il 26,5%nell’industria manifatturiera, il 23% in quella estrattiva e solo il 13,5% nelcomparto dei servizi.

3 «La Consulta svolge funzioni di analisi, valutazione, impulso, promozione, raccordo e coordinamentotra istituzioni, enti ed organismi pubblici, privati e privato – sociali, che, a vario titolo intervengonosulle questioni dell’immigrazione straniera. Esprime altresì pareri, raccomandazioni, proposte inordine all’adozione di iniziative ed interventi in materia» (Art. 2 c. 1 dello Statuto). Funzionale alperseguimento di tali finalità risulta la costituzione di tre gruppi di lavoro interistituzionali: formazioneed intercultura, politiche per la casa, accesso ai servizi.

4 Cfr: Beretta C. (a cura di), 1998, I lavoratori stranieri nelle aziende bresciane , ciclostilatodall’Assessorato alla Formazione Professionale della Provincia di Brescia.

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Secondo i dati forniti dal C.I.T.E. (Centro per l’Innovazione TecnicoEducativa), tra il 1985 e il 1997, hanno beneficiato di questa opportunitàformativa 722 cittadini stranieri, provenienti, almeno sino al 1995, soprattutto dalSenegal (un corsista su tre), seguiti da Pakistani, Ghanesi e Marocchini. Negliultimi anni, in linea con la modificata composizione della popolazione stranierapresente sul territorio bresciano, i paesi di origine che registrano unasignificativa presenza sono al contrario l’India, lo Sri Lanka, il Bangladesh e l’EstEuropeo ad eccezione dell’area balcanica (Ex Jugoslavia e Albania) i cuicittadini raramente accedono alla formazione professionale. Plurime a questoriguardo risultano le ipotesi possibili: «La mancata partecipazione al sistemadella formazione professionale da parte degli stranieri provenienti dall’exJugoslavia e dall’Albania può essere ricondotta alla situazione di emergenza incui è avvenuto l’esodo migratorio, ai pregiudizi della popolazione locale chetende a criminalizzare i cittadini provenienti da queste aree, alla naturasemi – nomade dei gruppi di Rom Sudari Serbi e di Roma KhoraKhane Kosovariche ne limita la domanda formativa e da ultimo dal possesso di crediti formativisufficientemente spendibili sul mercato di lavoro bresciano».

Rimane invece invariata la distribuzione dei corsisti secondo il genere:considerando l’ambito lavorativo di riferimento - settore metalmeccanico - ipartecipanti ai corsi propedeutici sono nella totalità maschi adulti.

Costituiscono requisiti di accesso, oltre al permesso di soggiorno, il gradodi conoscenza della lingua italiana e la preparazione di base posseduta: sonoammessi ai corsi di formazione professionale i cittadini stranieri che partecipanoo hanno già seguito percorsi di formazione scolastica (corsi di alfabetizzazione,corsi per l’acquisizione della licenza media inferiore) o che durante la fase diselezione e orientamento dimostrano una buona conoscenza della linguaitaliana. Sulla base delle iscrizioni, raccolte attraverso gli stessi canali distributiviutilizzati per la promozione delle iniziative corsuali contemplate nel “ProgettoBrescia” (C.I.T.E., Centri di formazione professionale, scuole medie statali,sezioni circoscrizionali per l’impiego, Segretariato Migranti della Diocesi diBrescia, sportelli per stranieri istituiti presso le organizzazioni sindacali e icomuni), i soggetti interessati vengono infatti convocati per un colloquioindividuale finalizzato alla verifica delle competenze linguistiche e professionali,nonché alla rilevazione del livello motivazionale, in modo da poterne orientareil percorso formativo. Nello specifico, questa iniziale attività di screening ec o u n s e l i n g a p re agli iscritti una duplice opportunità nell’ambito dellaformazione professionale: l’approfondimento congiunto e consequenziale dellalingua italiana e delle materie tecniche (corso di alfabetizzazione o corso dilicenza media inferiore e corso di formazione professionale per un totale di450 ore) o, se la padronanza linguistica lo consente, l’esclusiva acquisizione dicompetenze professionali (corso di formazione professionale di 150 ore).È significativo rilevare come questo modello didattico/professionale integrato,permeato da criteri di flessibilità formativa, nell’anno formativo 1998/99 abbiaregistrato la partecipazione di circa 600 cittadini extracomunitari, di cui circa120 nei corsi di formazione professionale.

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L’accertamento delle competenze linguistiche e culturali rappresenta ancheun momento privilegiato per cogliere i motivi che spiegano l’accesso allaformazione: se la conoscenza della lingua italiana viene considerata unrequisito prioritario ai fini dell’integrazione sociale, l’acquisizione dicompetenze tecniche è associata alla definizione di un’identità professionale ea concrete chances lavorative. Ricorrente nel colloquio iniziale è infattil’affermazione: “Mi sono iscritto al corso per imparare un mestiere e trovare unlavoro”. La componente finanziaria, considerando che la partecipazione ai corsiè gratuita e non dà diritto ad alcuna forma di compenso, non incide, invece,sulla leva motivazionale.

Tra gli aspetti organizzativo - didattici, oltre alla cura delle fasi preliminarie alla duplicazione dei registri, segno dell’integrazione del percorso diistruzione - formazione, è possibile annoverare la flessibilità dell’orario:per consentire la frequenza agli occupati e arginare, a seguito dell’inserimentosul mercato del lavoro, episodi di abbandono scolastico, i corsi di formazioneprofessionale si svolgono in orario serale (dalle ore 18.00 alle 22.00) perdue - tre sere alla settimana, alternativamente ai corsi di alfabetizzazione o dilicenza media.

Per ciò che riguarda gli aspetti più propriamente metodologici, al fine dipromuovere nei cittadini stranieri la capacità di utilizzare in maniera autonomastrumenti e tecniche relative ad una attività definita (l’operatore di macchineutensili, per esempio, deve essere in grado di eseguire parti meccaniche sullabase di disegni e procedure di lavoro, utilizzando le principali macchineutensili sia tradizionali che a controllo numerico), i corsi di formazioneprofessionale sono articolati in moduli didatticamente attivi: rispetto alle lezionifrontali si prediligono esercitazioni di laboratorio, simulazioni di attivitàlavorative, lavori di gruppo, seminari monotematici tenuti da esperti del settore.Muovendo inoltre dall’eterogeneità delle condizioni di partenza dei corsisti(differente curriculum scolastico e lavorativo), alla formazione generalizzataviene preferita, la differenziazione - imperniata sul riconoscimento di creditiformativi - dei percorsi didattici, documentati, tra l’altro, su libretto personale5

consegnato all’inizio dell’attività formativa.Quale garanzia di un approccio metodologicamente e contenutisticamente

adeguato, le risorse umane impiegate appartengono al corpo docente delC.F.P., coadiuvato, a titolo di collaborazione professionale, da esperti nelsettore. Considerando infatti che l’insegnamento di materie tecniche richiedecompetenze specifiche e aggiornamento costante per la repentina evoluzionedegli strumenti di lavorazione, il C.F.P, contrariamente a quanto si verifica neicorsi di alfabetizzazione e di licenza media, non considera i volontari unarisorsa formativa. Alla luce inoltre della discreta padronanza della lingua

5 “Per ogni adulto rientrato in formazione, è istituito un libretto personale in cui, oltre ai creditiriconosciuti in ingresso, sono indicate le attività effettivamente svolte con l’annotazione della durataoraria e dell’area culturale e professionale relativa e l’annotazione delle competenze raggiunte, i titolio gli attestati acquisiti” (C.M. 456 del 29 luglio 1997; art. 9, c. 11).

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italiana, annoverata tra i requisiti di accesso ai corsi di form a z i o n eprofessionale, il C.F.P non prevede nemmeno la figura del mediatore culturalequale facilitatore dell’apprendimento all’interno di un processo educativointerculturale. Il ruolo di tutor, a cui compete il coordinamento organizzativodel corso, nonché il monitoraggio dei processi di apprendimento, è inveceaffidato all’operatore tecnologico, un insegnante di Educazione Tecnica. Asupporto tuttavia dell’attività formativa nell’ottica di un appro c c i ointerculturale, dall’anno formativo 1992/93 si realizzano, nell’ambito del“Progetto Brescia”, corsi monografici di formazione dei formatori a cuipartecipano i docenti impegnati nelle tre tipologie corsuali (corsi dialfabetizzazione, corsi di licenza media, corsi di formazione professionale).

5.4. La valutazione dei risultati

Nonostante gli aspetti qualificanti di questa esperienza sianosostanzialmente riconducibili a un intervento formativo «complesso» (ZucchettiE., 1996)6, mancano statistiche precise e aggiornate sia del grado di riuscitaformativa, che del successo occupazionale.

Relativamente alla prima questione, secondo i dati forniti dal C.I.T.E.,il numero dei cittadini extracomunitari che, nel periodo 1985 –1997, haottenuto un certificato di frequenza e profitto, conseguente al superamento diuna prova d’esame alla quale si accede se le assenze sono inferiori al 25% deltotale delle ore di corso, ammonta a 411 unità pari al 57% degli iscritti (722).Pur in assenza di un’analisi sistematica delle ragioni sottese all’interruzionedell’esperienza formativa, vengono individuati come fattori determinanti lamancata soluzione del problema abitativo, l’inserimento nel mercato dellavoro, la difficoltà a coniugare impegni scolastici e lavorativi: “L’immigratogeneralmente tende ad abbandonare il corso quando vive in condizioniabitative precarie e provvisorie, trova un posto di lavoro, fatica a conciliarescuola e lavoro”.

Per quanto riguarda invece gli esiti occupazionali, triplici risultano leragioni che ne giustificano l’impasse conoscitivo: innanzitutto, il C.F.P non curale fasi (accompagnamento e ricerca attiva di un lavoro) successive all’itinerarioformativo, in secondo luogo, la mobilità geografica ed intersettoriale del lavoroimmigrato rende difficoltosa una valutazione ex post, infine, il C.F.P. nondispone di un nucleo valutativo funzionale allo scopo. In assenza tuttavia diuna valutazione quantitativa e qualitativa dei risultati (quanti hanno trovatoun’occupazione; attraverso quali canali; in quali realtà economico produttive),vengono ritenuti indicatori di un alto tasso di inserimento lavorativo post–corso

6 Cfr. : Zucchetti E., 1995, La formazione per gli immigrati: crescita professionale o “parcheggio”? in«Annali di Sociologia».

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(60/70 %): il rapporto simbiotico tra il C.F.P. e il tessuto produttivo brescianointeressato alla qualificazione professionale delle componenti immigrate, lafunzione di mediazione esercitata dalle organizzazioni di volontariato,la riduzione, secondo i dati dell’Ufficio Stranieri del Comune di Brescia, degliinterventi assistenziali di base a favore dei cittadini stranieri che hannoterminato il corso. Se gli avviamenti al lavoro vengono stimati positivamente,non vale lo stesso per quanto riguarda la tenuta del rapporto lavorativo:nonostante manchino riscontri statistici, viene sottolineata la precarietà deirapporti di lavoro, specialmente se a fronte di lunghi orari di lavoro vengonoofferte basse retribuzioni.

Estendendo la valutazione dei risultati relativi al C.F.P al“Progetto Brescia” nel suo complesso, i risvolti politici e l’interesse dellacomunità scientifica ne attestano l’esito positivo. I tratti caratterizzantidi questa esperienza formativa, infatti, da un lato, sono rintracciabili nellelinee guida dell’Ordinanza Ministeriale istitutiva dei “Centri Territorialiper l’istruzione e la formazione in età adulta” (O.M. n. 456 del 29 luglio 1997)e, dall’altro, sono oggetto di studio nell’ambito del Programma Leonardo daVinci della Comunità Europea. Nello specifico, il progetto “Way of access”pone Brescia, accanto a Napoli e Roma, quale caso interessante perl’analisi delle politiche di formazione professionale nei confronti dellecomponenti immigrate.

Il modello didattico/professionale del “Progetto Brescia” si pre s t anondimeno a ulteriori interventi tesi a migliorarne l’efficacia formativa. Gliambiti operativi individuati riguardano: la formazione di docenti specializzatinell’ambito dell’educazione degli adulti, la distribuzione capillare dell’offertaformativa attraverso l’attivazione di altri “Centri Territoriali per l’istruzione ela formazione in età adulta”, la promozione della mobilità verticale deilavoratori immigrati anche attraverso la realizzazione di corsi a mediaqualificazione. Muovendo dalla disomogeneità culturale degli adulti italiani estranieri partecipanti ai corsi, nonché dal rischio di una dispersione formativaeccessiva, si stanno inoltre valutando dei correttivi tesi a personalizzareulteriormente il percorso formativo.

La lettura in chiave propositiva dei risultati di questa esperienza formativa,fa emergere infine il potenziale contributo che la formazione professionaleper cittadini stranieri offre alla qualità dell’offerta formativa, specialmente afavore delle fasce deboli del mercato del lavoro: “Tra gli elementi ditrasferibilità di questa esperienza possiamo rilevare la tendenzialepersonalizzazione del percorso formativo e la valorizzazione di una didatticaattiva (laboratori, lavori di gruppo…) quali opzioni metodologiche volte afacilitare l’inserimento lavorativo e sociale di carcerati, ex tossicodipendenti,d i s a b i l i ”. Anche l’adozione del libretto personale, imperniato sulriconoscimento dei crediti formativi e sulla valutazione in itinere dellecompetenze acquisite e non sulla registrazione di assenze/presenze, vieneconsiderata efficace ai fini della promozione di una logica progettuale neisoggetti svantaggiati, spesso privi di una strategia esistenziale.

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5.5. Considerazioni conclusive

A completamento del percorso di studio, al fine di cogliere indicazioni eproposte in ordine al miglioramento dell’intervento formativo a favore dellecomponenti immigrate, risulta utile appro f o n d i re le linee salientidell’esperienza formativa del C.F.P.

Da sottolineare è innanzitutto l’impostazione progettuale quale specificometodologico sia dell’intervento istituzionale, che del modellodidattico/professionale proposto. In tal senso non è possibile cogliere glielementi qualificanti dell’esperienza formativa del C.F.P prescindendo, da unlato, dalle sinergie attivate a livello politico (integrazione orizzontale ) e,d a l l ’ a l t ro, dall’interconnessione realizzata tra i percorsi di istruzione eformazione professionale (integrazione verticale). In breve, l’attività corsualeper cittadini extracomunitari promossa del C.F.P si inserisce nell’ambito di unprogetto formativo integrato e ne rappresenta un caso paradigmatico.

Significative, in secondo luogo, risultano le coordinate generali cheorientano l’attività formativa e che sono riconducibili ad un approccio di tipop ro m o z i o n a l e, teso cioè a favorire l’emancipazione delle componentiimmigrate attraverso l’acquisizione di competenze professionali spendibilisul mercato del lavoro bresciano (formazione professionale quale risorsaper la transizione al lavoro). Tra queste, pur senza pretesa di esaustività, èpossibile annoverare:• la rispondenza delle figure professionali – obiettivo alla domanda

formativa proveniente dal sistema economico produttivo locale: il C.F.P.organizza corsi di prima professionalizzazione per l’addestramento dioperai extracomunitari da inserire nel settore metalmeccanico al finedi soddisfare le richieste di qualificazione espresse dall’imprenditoriabresciana;

• la specificità dell’offerta di form a z i o n e: per contrastare i rischi didispersione formativa legati all’inserimento in corsi professionali normali(due anni per ottenere un attestato di qualifica), il C.F.P., nell’ambitodell’educazione degli adulti, propone ai cittadini stranieri corsi propedeuticidella durata di 150 ore finalizzati al conseguimento di un attestato difrequenza e profitto;

• la flessibilità pedagogica e organizzativa quale correlato della centralitàriconosciuta al soggetto in formazione (eterogeneità delle condizioni dipartenza, specificità degli stili cognitivi individuali...). Rientrano inquest’ambito l’attività di counseling iniziale, la dimensione progettuale delcorso (libretto personale), l’adozione di metodologie didattiche attive, ilriconoscimento di crediti formativi, la collocazione dei corsi in fascia serale;

• il carattere propedeutico della formazione linguistica . Annoverando lapadronanza della lingua italiana tra i requisiti di accesso ai corsi diformazione professionale, l’intervento professionalizzante a favore dellecomponenti immigrate viene così ricondotto alla complementarità deipercorsi di istruzione e formazione professionale.

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Parallelamente alla rilevazione degli aspetti qualificanti questa esperienzaformativa è opportuno, in terzo luogo, evidenziarne i fattori critici quali ambitidi intervento per l’implementazione dell’efficacia formativa complessiva.Deficitaria risulta, in particolare, la fase a valle del processo formativo.Duplici le ragioni:• l’inserimento lavorativo , favorito dal rapporto simbiotico tra il C.F.P. e il

tessuto produttivo locale, è lasciato ai meccanismi spontanei del mercato enon è accompagnato da un’attività di counseling. Non presidiando la fasedella transizione al lavoro, si corre tuttavia il rischio, da un lato, di nonfornire agli immigrati una serie di abilità trasversali (conoscenza dei canalidi ingresso nel mondo del lavoro, padronanza degli strumenti per la ricercadel lavoro…) spendibili in vista del cambiamento del luogo di lavoro o peraffrontare eventuali periodi di disoccupazione, specialmente nel caso diimmigrati non supportati da efficienti reti etniche; dall’altro, di nonsupportare, almeno nei primi mesi, il processo di sviluppo professionale;

• la valutazione degli esiti, dei risultati e dei processi non viene effettuate néin maniera sistematica, né con l’ausilio di strumenti adeguati. La mancanzadi feedback circa l’efficacia e l’efficienza dell’impianto corsuale, rende peròproblematica l’eventuale ridefinizione dello stesso, minando la dimensioneprogettuale e processuale dell’intervento formativo.

Tra le questioni aperte è possibile infine annoverare il difficile equilibrio trafinalità professionalizzanti e approccio interculturale. L’impianto corsuale puntaall’integrazione, verificando all’ingresso il possesso dei fondamenti della linguaitaliana, e offre corsi brevi, con finalità miste di prima socializzazione e diinserimento immediato nel mercato del lavoro. Cruciali in tal senso risultano ilruolo e la competenza delle risorse umane impiegate: il progetto, nonp revedendo la presenza di mediatori culturali o di facilitatoridell’apprendimento, si presta al rischio di non favorire la dimensione delloscambio e dell’interazione culturale.

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ConclusioniLa cittadinanza formativadi Maurizio Ambrosini

La ricerca ha confermato anzitutto l’evoluzione dell’offerta formativadestinata alla popolazione immigrata, con l’introduzione di interventi mirati suspecifici segmenti e domande formative. Dal corso-tipo, rivolto a maschi adultidisoccupati da professionalizzare, si è passati ad un ventaglio di proposteformative che spaziano dai minori, alle donne, ai mediatori culturali. Moltosignificativo è lo sforzo di fuoriuscire dal segmento dei lavori “poveri”, daimmigrati, per dare spazio alle aspirazioni di promozione delle componenti piùqualificate e ambiziose della composita galassia dell’immigrazione.

Anche le modalità organizzative si sono affinate, quanto ad orari econtenuti. La formazione non è necessariamente alternativa al lavoro che nonc’è, ma si articola in diversi casi in modo da lasciare tempo per eventuali attivitàlavorative, anche precarie. La selezione dei partecipanti cerca di uscire dallacategorizzazione degli immigrati come popolazione omogenea e indistinta,identificata sulla sola base della provenienza da paesi extracomunitari poveri,e muove in direzione dell’accertamento delle basi linguistiche e culturali deicandidati. L’organizzazione didattica cerca di tenere conto della specificità deltarget, con attività di supporto individuale e con l’impiego di tutor e mediatori.

Problemi aperti e condizioni di efficacia

Restano tuttavia diversi problemi, che incidono sull’efficacia dei progettif o rmativi. Un fenomeno ancora diffuso, a Torino come altrove, è laconcentrazione nello stesso corso di immigrati con competenze linguistiche eprofessionali molto diverse. Lo stereotipo dell’immigrato bisognoso pesaancora, così come si avverte la mancanza di standard e criteri affidabili perl’accertamento della conoscenza della lingua italiana. Inoltre, la mancanza dialternative, e in particolare di un’offerta formativa articolata e conosciuta,induce probabilmente gli utenti ad accettare le proposte formative di cuiriescono ad avere notizia, senza troppo badare ai contenuti effettivi e allacorrispondenza con il proprio background e con le proprie aspirazioni.

Sulla formazione, come si è notato nell’Introduzione, si scaricano domandee attese molto diverse: di reddito, di socializzazione, di promozione, diriscatto… Questo complica evidentemente la gestione dell’aula. Moltocomunemente, gli immigrati cercano un lavoro, non un corso di formazione:quest’ultimo viene accettato come second best, e come via di accessoall’obiettivo fondamentale. A volte i partecipanti vengono avviati allaformazione da reti di riferimento e istituzioni facilitatrici, senza avere ben

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compreso le finalità del corso (caso del corso di Torino per donne). Nel casodei minori non accompagnati, la formazione è una via per ottenere il permessodi soggiorno e il sostegno dei servizi sociali. Nei casi più sfortunati, gliimmigrati vengono indirizzati alla formazione professionale come surrogato dialtre forme di assistenza economica: partecipano per la borsa, non perla formazione. La ricerca sul campo ha individuato soggetti che, partendo daesigenze di sopravvivenza quotidiana, hanno maturato frequentando il corsouna domanda formativa più coerente con i contenuti offerti. Resta peròl’impressione che, in questa fascia contraddistinta da una particolare debolezzasociale, si tratti di casi minoritari, e che la motivazione assistenziale, se nontrova sbocchi più appropriati e non viene controllata all’ingresso, rischi digenerare demotivazione e difficoltà di gestione dei corsi.

Un autentico buco nero resta poi la valutazione degli esiti occupazionalidella formazione, che si inserisce peraltro in una debolezza complessiva delleazioni di counseling e accompagnamento verso il lavoro. È vero che gliimmigrati, anche sotto questo profilo, rappresentano un target moltoparticolare. Precarietà abitativa, mobilità sul territorio, rientri in patria,condizionano pesantemente la possibilità di ricontattarli per avere notizie delloro inserimento occupazionale. È anche vero però che il lavoro rappresentala necessità impellente che spinge molti di loro verso la formazione, mentrel’incertezza sugli esiti è spesso richiamata come fattore che ingenera ansia,preoccupazione, frustrazione. Per l’immigrato, l’investimento formativo èparticolarmente costoso. Comporta la rinuncia ad un tempo prezioso, chepotrebbe essere dedicato a lavori retribuiti, alla ricerca di un’occupazione, alriposo se già lavorano, solitamente in attività faticose e usuranti, allasoluzione più agevole di molti problemi della vita quotidiana. La collocazioneal termine del corso è ancora più complessa che per un normale allievoitaliano. Non basta che l’immigrato disponga di una qualifica, e neppure dicompetenze professionali accertate. Nell’incontro con la domanda di lavoro,entrano in gioco fattori idiosincratici e risorse relazionali: l’informazioneanzitutto; la sponsorizzazione da parte di parenti, connazionali o altri soggettidi riferimento (Ambrosini, 1999); la disponibilità del datore di lavoro a correreil rischio di dare fiducia ad un lavoratore sconosciuto. In altri termini, ladiscriminazione statistica e le reti di appartenenza svolgono un ruolo diindubbio rilievo, provato dalle specializzazioni etniche che caratterizzanol’inserimento lavorativo degli immigrati, tali per cui determinati gruppistranieri trovano collocazione in specifiche nicchie del mercato del lavoro: icinesi nella ristorazione e nella pelletteria, i filippini nel lavoro domestico enell’assistenza agli anziani, i senegalesi in fabbrica o nel commercioambulante, ecc. La formazione professionale fornisce una leva importante perschiodare queste rigidità, contribuendo a rendere più dinamico ed efficientel’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Resta però l’incertezza sugli esitieffettivi dell’investimento, con il rischio che i fattori discriminanti fronteggiatinell’intervento formativo rientrino in gioco alla prova decisivadell’inserimento occupazionale. La specializzazione etnica può essere

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contrastata offrendo alle persone che lo desiderano la possibilità di formarsiin ambiti diversi dalle occupazioni a cui li destinerebbe l’appartenenza ad uncerto gruppo etnico-nazionale; ma al termine del corso, la ricerca del lavoroin assenza di altri interventi - rischia di essere nuovamente consegnata adun’incerta composizione tra iniziativa individuale e risorse del gruppo diappartenenza.

Lo sportello aperto dalla Casa di Carità di Torino rappresenta un primoesempio positivo di innovazione, nella direzione dell’integrazione traformazione e servizi a domanda individuale finalizzati in modo particolare afacilitare l’inserimento lavorativo degli immigrati. Probabilmente servizi diquesto tipo dovranno essere integrati, oltre che da sforzi finalizzati a verificaregli esiti occupazionali della formazione, da interventi promozionali, volti araggiungere e sensibilizzare gli imprenditori, a coinvolgerli fin dalle fasi diprogettazione e realizzazione dell’attività formativa, a facilitare l’assolvimentodegli adempimenti burocratici, a seguire le prime fasi dell’inserimentolavorativo degli immigrati.

Le azioni miranti a monitorare e accompagnare l’inserimento lavorativodegli immigrati, nonostante le difficoltà non trascurabili che sono destinate adincontrare, possono quindi essere viste come un’integrazione di grandeimportanza dell’attività formativa strettamente intesa. Gli effetti positiviconseguibili vanno oltre l’auspicabile miglioramento del tasso di occupazionedegli stranieri partecipanti ai corsi. Si può infatti individuare:• un rafforzamento della credibilità dell’offerta formativa e della fiducia degli

immigrati, troppe volte delusi, nei confronti delle istituzioni che offronoformazione;

• un effetto di retroazione sulla progettazione delle azioni formative, a partiredalla conoscenza dei loro esiti e dei problemi eventualmente incontratinell’impatto con il mercato del lavoro;

• una possibilità di apprendimento di nuovi saperi e competenze da partedei centri di servizi formativi, tema su cui ritorneremo più ampiamente inseguito.Quanto agli strumenti con cui procedere nel monitoraggio degli esiti, si può

suggerire, a titolo esemplificativo e senza pretesa di esaustività, qualche spuntopropositivo:• l’integrazione del monitoraggio con servizi di consulenza e supporto nella

ricerca e nel miglioramento del lavoro, che motivino gli immigrati aripassare dal centro di formazione;

• l’utilizzo del telefono, anziché di comunicazioni scritte, motivando alrilascio e all’eventuale correzione del recapito, ed effettuando verifiche giàdurante e al termine del corso;

• lo sviluppo di opportunità di incontro e di socializzazione (cerimonia diconsegna degli attestati, club degli ex-allievi, ecc.), che consentanodi mantenere i rapporti anche al termine del corso, utilizzando a tal fineanche la rete di relazioni con altre istituzioni impegnate nel sostegnoagli immigrati.

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Al problema del raccordo con il sistema occupazionale è riconducibile unaquestione più specifica, che definirei come “dialettica della promozione”. Unamotivazione crescente dell’accesso alla formazione, nonché dell’ampliamentodel ventaglio dell’offerta verso profili professionali più qualificati, èriconducibile, come si è visto, al riconoscimento delle competenze professionalidegli immigrati e delle loro aspirazioni all’inserimento in attività collocate sugradini più elevati nella gerarchia delle occupazioni. Si spiega in tal modo, peresempio, il successo di corsi come quello per la manutenzione di computerspromosso dall’associazione Eta Beta di Torino. Ma ci si deve domandare se ilmercato del lavoro italiano, oltre ad assorbire migliaia di immigrati per lavoriumili e a basso status sociale, è disposto a inserire un certo numero di immigratistranieri in attività impiegatizie e posizioni professionali di livello superiore,appetibili anche per l’offerta italiana.

La formazione professionale può certamente incidere positivamente suquesti processi di inclusione, rivalutando l’immagine dell’immigrato ecertificandone le competenze acquisite. La domanda di lavoro può trovarsi difronte ad una carenza di offerta nazionale per determinate posizioni, ed esserequindi spinta ad aprire qualche porta di ingresso agli immigrati qualificati.La recente ricerca del Cerfe (1999) testimonia gli effetti positivi delle azioniformative sulla riqualificazione degli immigrati, nonostante l’assenza (almenonelle aree e nel momento in cui si è svolta la ricerca) di un’offerta formativacorrispondente alle necessità degli immigrati qualificati. Non trascurabile apparealtresì l’osservazione relativa all’influenza dell’accesso ad un ampio “capitalesociale”, derivante dall’inserimento in reti di relazioni interpersonali chesuperano la dimensione etnica (ibid.: 132).

L’esperienza internazionale mostra però il persistere di contraddizioni eprassi discriminatorie. Si è accentuato il fenomeno delle skilled migrations,soprattutto nei paesi ancora relativamente aperti all’immigrazione (come StatiUniti, Canada, Australia), ma permangono gravi limitazioni alle carriere degliimmigrati all’interno di organizzazioni strutturate. Continuano a pesare, anchesulle seconde generazioni, le tre A che condizionano le carriere dei lavoratoridi origine straniera: accento, ascendenza, apparenza (Stalker, 1995). Così, la viapiù praticabile di miglioramento professionale per gli immigrati che partonodalle posizioni inferiori nella gerarchia delle occupazioni consiste nel passaggioad attività indipendenti. Le aperture della legge 40, almeno per quanto riguardale ditte individuali e le cooperative, in un paese come il nostro in cui il lavoroautonomo è particolarmente diffuso (l’incidenza sul complesso degli occupati ènell’ordine del 28%), potrebbero offrire spazi interessanti ai lavoratori stranieri.

Queste riflessioni comportano quattro ordini di conseguenze per laf o rmazione professionale orientata alla promozione professionale degliimmigrati:1. la formazione è una leva di considerevole valore per la valorizzazione delle

competenze e dell’immagine sociale degli immigrati; in prospettiva, puòconsentire ad essi di competere su un piano di maggiore parità con la forzalavoro nazionale;

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2. con le novità introdotte dalla legge 40, emerge l’esigenza di accordaremaggiore attenzione alle opportunità offerte dal lavoro autonomo, oltre chedall’occupazione dipendente;

3. nell’individuazione dei profili e degli sbocchi professionali, occorreconciliare le aspirazioni e le potenzialità degli immigrati con i fabbisogni delmercato. Sarebbe una dannosa fuga in avanti impostare una formazionemirata su profili elevati, se non si è in grado di metterla in relazione con unadomanda di lavoro corrispondente. Occorre anche individuare ambitiprofessionali in cui le competenze tecnico-specialistiche siano decisamenteprevalenti rispetto a quelle linguistiche e relazionali, sulle quali gli immigratitendono ad essere maggiormente penalizzati sul mercato del lavoro.

4. Si può quindi pensare che quanto più la formazione professionale offertaagli immigrati si allontana dai lavori a cui gli immigrati stessi sononormalmente destinati, e quanto più si distanzia dalle specializzazionitipiche della rete etnico-nazionale a cui possono fare riferimento, tanto piùha bisogno di investire in azioni mirate di sostegno, accompagnamento,collegamento con il sistema economico-produttivo.

Sul versante degli immigrati: le valenze metaformative della formazione

Come abbiamo accennato, le domande con le quali gli immigrati sirivolgono al sistema formativo e i benefici che sperano di ottenere dallapartecipazione ad un corso non sono riconducibili semplicemente all’esigenzadi ottenere una qualifica professionale o di perf e z i o n a re determ i n a t ecompetenze. D’altro canto, le politiche sociali per gli immigrati attribuisconoanch’esse al sistema formativo una serie di funzioni, in maniera esplicita olatente. Possiamo pertanto riepilogare e ampliare le osservazioni già formulaterispetto alle valenze metaformative della formazione, distinguendo le diversefinalità perseguite.

Una prima finalità è quella definibile come sociale. Alla formazione vienerichiesto di contribuire al recupero dei minori a rischio, di costruire opportunitàdi socializzazione per le donne, di consentire agli immigrati poveri di percepireun contributo economico. Su di essa, sistema consolidato ma insiemesufficientemente flessibile e aperto ad istanze di solidarietà sociale, siaddensano problemi irrisolti e domande che non trovano risposte appropriatepresso altre istituzioni. Qui si annidano anche i maggiori rischi per il sistemaformativo, di sovraccarico funzionale, di supplenza impropria, di sostituzionedelle finalità esplicite degli interventi con altre non dichiarate. Senzanecessariamente negare la pertinenza delle istanze di assistenza, occorreapprofondire la riflessione sulle modalità più opportune per integrarle neidispositivi formativi. Due requisiti appaiono prioritari. Il primo è il raccordoe la collaborazione con istituzioni specializzate in attività di assistenza verso

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gli immigrati, in modo da poter attingere a risorse esterne per le domande chemeno hanno a che fare con le competenze specifiche della formazioneprofessionale. Il secondo requisito è invece interno, e attiene alla negoziazioneiniziale del contratto formativo. Più questo è chiaro, e capace di offrire risultatitangibili sul piano occupazionale all’impegno richiesto, più sarà possibile farevolvere la domanda di assistenza in domanda di apprendimento.

La formazione può rispondere poi ad una finalità di integrazione : è una viaper conoscere meglio la società italiana, le sue istituzioni e regole difunzionamento, nonché i diritti che attribuisce agli immigrati stranieri. Comeabbiamo argomentato nell’Introduzione, nella formazione è possibiler i e l a b o r a re identità e progetti, porre domande e costruire risposte,approfondire e sperimentare la propria collocazione tra mondi sociali e sistemiculturali diversi. Alla finalità integrativa può essere ricondotto, sul pianooperativo, l’impegno volto a consolidare e affinare la competenza linguistica initaliano, così come i contenuti riguardanti gli aspetti normativi, l’accesso aiservizi, le coordinate politico-sociali della società ricevente. Il fatto che gliimmigrati non provengano, se non in minima parte da ex colonie italiane e nonabbiano una conoscenza previa della lingua e della società italiana, accentua ilrilievo di questo obiettivo1. Nello stesso tempo, l’ampio ventaglio delleprovenienze, le disparità di istruzione, i percorsi professionali precedenti esuccessivi all’immigrazione, complicano la definizione di contenuti emetodologie della formazione di base, in cui si traduce principalmente questafinalità integrativa.

La terza finalità può essere definita promozionale. La formazione vienerichiesta e offerta anche per proporre un’immagine più positiva degli immigrati,grazie al conseguimento di qualifiche e poi - auspicabilmente - di occupazionipiù dignitose e socialmente considerate. Attraverso la formazione realizzata inItalia è possibile operare nel senso di identificare le competenze possedutedagli immigrati, di riconoscere almeno parzialmente gli studi compiutiall’estero, di affinare e connettere i percorsi formativi con le domande e leopportunità disponibili nel mercato del lavoro italiano. Grazie alla formazione,è possibile contrastare i processi di categorizzazione ed etichettatura, chetendono ad assegnare gli immigrati a determinate nicchie del mercato dellavoro, agevolando il superamento delle barriere allo sviluppo professionalerappresentate dalla maggior parte delle specializzazioni etniche. Il prevedibileincremento degli spazi per il lavoro autonomo e l’imprenditorialità cooperativaè destinato ad irrobustire le chances di promozione per gli immigrati,innescando una domanda formativa oggi ancora esile e poco familiare per laformazione professionale istituzionale. Alla finalità promozionale può esserericondotto anche un obiettivo latente dei vari corsi per mediatori culturali

1 Fanno parzialmente eccezione l’immigrazione albanese e di altre aree vicine al nostro paese,raggiunte dai programmi delle TV italiane. Questa conoscenza dell’Italia mediata attraverso latelevisione e la pubblicità rischia però, di ingenerare forme irrealistiche e distorte di socializzazioneanticipatoria al benessere e al consumo.

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proposti in questi anni: quello di proporre sbocchi professionali qualificati aileaders e alle élites più istruite e integrate dei gruppi nazionali immigrati, avolte dando un riconoscimento ad attività già svolte a livello informale,altre volte incoraggiando l’emergere di figure rappresentative nell’ambito dicomunità scarsamente organizzate. In mancanza di un associazionismoimmigrato robusto, partecipato e capace di negoziare con la società riceventele possibili forme di collaborazione nell’offerta di servizi alla popolazioneimmigrata, l’individuazione, la preparazione e la collocazione di figuredi mediazione nel sistema dei servizi sociali acquista un’importanzaancora maggiore.

La finalità promozionale, rivolta specialmente agli immigrati istruiti e giàda tempo inseriti nella società italiana, è anche quella più attuabile in corsi diformazione non specializzati per gli immigrati.

In ogni intervento formativo possono essere contemplate le diverse finalitàillustrate, che non vanno pertanto rigidamente contrapposte. Lo schemaseguente ne distingue tuttavia sul piano analitico le caratteristiche salienti.

Tab.1. Le finalità della formazione professionale per gli immigrati

Destinatari principali

Contenuti formativi

Rapporto con il sistemaproduttivo

Priorità

Problemi tipici

Orientamento all’assistenza sociale

Immigrati privi di redditi, fasce deboli

Socializzazione, prima formazione

Scarso

Sottrarreall’esclusione e alladevianza, motivareal lavoro

Demotivazione, sostituzione dei fini

Orientamento all’integrazione

Immigrati neo-arrivati

Apprendimento dellalingua italiana;prima formazione

Abbastanza agevole,specialmente nellefasce basse del mercato del lavoro

Contribuire alla ridefinizione dell’identità socio-professionaledei soggetti; fornireuno zoccolo minimo di competenze

Tenuta dei partecipanti; concorrenza con il lavoroimmediato

Orientamento allapromozione

Immigrati istruiti e già inseriti nel mercato del lavoro

Formazione tecnico-specialistica

Più difficile all’aumentaredel livello di qualificazione

Fornire strumenti per la progressione professionale

Difficile realizzazionedelle aspettative alimentate

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Alle tre finalità possono poi essere collegate tre aree di attività formativa,accentuando la trasversalità delle categorie introdotte. Oltre ad un’areadell’assistenza sociale, si può parlare in questo caso di un’are adell’integrazione/acculturazione e di un’area della pro m o z i o n e /professionalizzazione, distinguendo le attività formative di carattere culturale egeneralistico dalle attività miranti a dotare gli immigrati di competenzespendibili nel miglioramento del loro status professionale. Si può precisare inproposito che l’area dell’assistenza è quella più estrinseca allo statuto dellaformazione professionale: la sua ammissibilità è legata alla necessità di forniresupporto alle fasce deboli della popolazione straniera per acquisirne lapartecipazione ai corsi. L’area dell’integrazione/acculturazione contempla unaserie di attività che potrebbero essere anche fornite dal sistema scolastico, oche nel tempo potrebbero essere superate dall’evoluzione dei flussi migratoriverso fasi più mature. Allo stato attuale sembra però difficile pensare che laformazione professionale possa evitare di farsene carico, per ampie porzionidell’utenza immigrata. L’area della promozione/professionalizzazione è quellache corrisponde più specificamente al ruolo istituzionale della formazioneprofessionale. Qui le questioni più serie riguardano l’articolazione dell’offertae le scelte di posizionamento dei corsi: su profili più bassi ma più facilmentecollocabili nel mercato del lavoro, oppure su profili più elevati manormalmente più difficili da inserire nel sistema produttivo.

Tab.2 Le aree di intervento della formazione professionale

Area dell’assistenzasociale

Assistenza agli immigrati privi di altri redditi

Recupero dei minori arischio

Offerta di opportunità disocializzazione

Attivazione di relazioniinterpersonali utili anche per problemi extralavorativi

Area dell’integrazione/acculturazione

Insegnamento/ consolidamento/ affinamento della lingua italiana

Introduzione ai diritti di cittadinanza

Introduzione al funzionamento della società italiana

Comparazione interculturale,riconoscimento/ valorizzazione delle differenze culturali

Rielaborazione dell’identitàsocio-professionale in uncontesto interculturale

Area della promozione eprofessionalizzazione

Identificazione dei fabbisogniprofessionali a cui potrebbero rispondere gliimmigrati

Formazione d’aula

Laboratori, esercitazioni

Tirocini, stages in azienda

Visite guidate in contesti dilavoro

Accompagnamento e con-sulenza per l’inserimentolavorativo

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Sul versante della formazione professionale

È noto che la formazione professionale attende una riforma organica. Nelfrattempo però non è rimasta immobile e, anche per effetto dell’integrazioneeuropea, sta conoscendo una serie di cambiamenti. Ora, i non molti studidisponibili sulla formazione professionale per immigrati sono concordi nelsottolineare che questo complesso di esperienze offrono preziose opportunità perrealizzare innovazioni di metodo, di organizzazione e di struttura suscettibili diessere estese ad altre fasce di utenza e ad altre attività formative (cfr. per es.Massa, 1994). Per parte mia, vorrei identificare alcuni ambiti specifici sui quali illavoro con gli immigrati può rappresentare un’occasione di apprendimento esperimentazione per il sistema della formazione professionale.1) La transizione da agenzia parascolastica a centro di servizi formativi , che

comporta il potenziamento delle attività situabili a monte e a valle dellaformazione intesa in senso stretto (come l’analisi dei fabbisogni del sistemaeconomico locale; la progettazione degli interventi e la relativa promozione;l’accoglienza degli allievi, l’orientamento, il bilancio delle competenze, primadell’inizio della formazione; il raccordo con le imprese, l’accompagnamentoverso il lavoro, la valutazione dei risultati, nella fase successiva); l’articolazionedell’organizzazione interna dei centri di formazione, con l’introduzione dicompetenze specialistiche, dedicate ad attività di counseling, progettazione,ricerca, valutazione, e così via. Il riferimento agli immigrati accentua larilevanza delle attività progettuali, di reperimento e selezione dell’utenza, divalutazione delle competenze e motivazioni, di accompagnamento verso illavoro, di monitoraggio degli esiti.

2) La transizione da un servizio definibile come monoprodotto e monocliente, adun servizio pluriprodotto e pluricliente. La formazione professionale di tipotradizionale proponeva infatti sostanzialmente un solo tipo di corsi, quelli diprima formazione rivolti ai ragazzi usciti dalle scuole medie, in parallelo conla scuola secondaria. La formazione professionale emergente si indirizza adiversi segmenti di popolazione attiva, che comprendono i diplomati equalificati (e ormai anche i laureati), i lavoratori occupati e quelli che hannoperduto il posto e necessitano di riqualificarsi, i disoccupati di lungo periodoe le persone che desiderano rientrare nel mercato del lavoro dopo un periododi inattività, i tecnici che intendono acquisire nuove competenze, e altri ancora.Gli immigrati aggiungono complessità a questo ricco ventaglio di potenzialibeneficiari, e sono ormai trattati come una fascia internamente articolata eportatrice, come abbiamo visto, di domande differenziate.

3) La transizione da un prodotto-servizio sostanzialmente standardizzato (il corsodi formazione “lungo”) e organizzato in forma collettiva (tutti gli allievi delcorso partivano insieme, assimilati allo stesso livello, e arrivavano insieme, allaqualifica di fine corso), ad un pacchetto di servizi che accorda più spazio allapersonalizzazione : orientamento, bilancio di competenze, counselling, sonoservizi a domanda individuale, che richiedono lo sviluppo di nuovi saperi enuove abilità; la stessa formazione tende a ritagliare i percorsi sulla base

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del profilo e delle domande delle persone che la richiedono, attraversoun’articolazione più flessibile e modulare delle attività formative, e conl’introduzione - in prospettiva sempre più cospicua - di sistemi per l’auto-apprendimento e la formazione a distanza. Rispetto agli immigrati, si imponel’accentuazione delle attività di orientamento e valutazione ex-ante (verificadelle basi linguistiche; analisi delle motivazioni e del progetto formativo;bilancio di competenze…) e dell’accompagnamento verso il lavoro, in formenecessariamente individuali.

4) la transizione da servizio gestito con criteri e regole dettatidall’amministrazione pubblica , anche quando veniva erogato da soggettiprivati convenzionati, finanziato integralmente, a pié di lista, dalle Regioni,ad un sistema che tende verso un assetto di quasi-mercato: i soggetti proponentiinfatti si moltiplicano; l’assegnazione dei corsi muove in direzione delsuperamento del sistema delle convezioni e insiste sulla valutazione dei singoliprogetti formativi; le stesse fonti di finanziamento si differenziano, non solo peril rilievo assunto dal Fondo sociale europeo, ma anche per l’intervento, inqualità di soggetti acquirenti di interventi formativi, di aziende, enti locali,singoli utenti. Rispetto agli immigrati, questo nuovo assetto accentua il valoredell’innovazione progettuale e della capacità di individuare i fabbisogni delmercato del lavoro locale, non solo “poveri”, in cui meglio potrebbero inserirsii lavoratori stranieri. Il limite è invece quello di un’episodicità dell’impegnoformativo nel settore, legato al finanziamento di singoli progetti, mentrel’esperienza internazionale mostra che lavorare efficacemente per la formazionedegli immigrati richiede l’elaborazione di competenze didattiche specifiche.

5) La transizione da un sostanziale isolamento dei centri di formazione rispetto alterritorio, ad una maggiore integrazione con il sistema economico e conl’insieme delle politiche attive del lavoro. Le iniziative di formazione acquistanovalore ed efficacia quando sono co-prodotte con il mondo della produzione,contemplano forme di partnership (tipicamente, mediante i tirocini in azienda),hanno sbocchi verificabili nel mercato del lavoro. Nello stesso tempo, sono unelemento saliente delle politiche attive del lavoro, sia quando si tratta diassecondare nuovi insediamenti produttivi, sia quando occorre rispondere alproblema della riqualificazione di lavoratori espulsi o del rafforzamentodell’occupabilità delle fasce deboli del mercato del lavoro. Nel caso degliimmigrati, come abbiamo avuto modo di rilevare a più riprese, gli interventi “sumisura” e le attività di sostegno all’inserimento lavorativo acquistano un rilievocruciale, giacché le reti di riferimento degli immigrati - quando esistono -funzionano in nicchie specializzate, usualmente a bassa qualificazione, e lestesse istituzioni facilitatrici della società ospitante faticano a operareefficacemente al di fuori delle specializzazioni etniche consolidate.

Lo schema seguente (tab.3) illustra l’ampliamento della sfera di attività dellaformazione professionale verso interventi (il più delle volte personalizzati) che sicollocano a monte e a valle della formazione intesa in senso stretto, e l’intrecciocon altri interventi di politica attiva del lavoro.

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Concludendo. Alcune direttrici di impegno

Mi sembra che queste considerazioni possano portare ad individuarealcune direttrici di impegno per il sistema della formazione professionaleallorquando si trova a confronto con la popolazione immigrata. Le enunciobrevemente:

• l a v o r a re con gli immigrati richiede una conoscenza del mondodell’immigrazione continuamente aggiornata, giacché il fenomeno evolvecon rapidità e presenta nuove dimensioni (si pensi alle nuove ondatemigratorie, ai processi di regolarizzazione, alle seconde generazioni, allacomparsa del lavoro autonomo). La progettazione formativa ha bisogno diappoggiarsi su attività di monitoraggio e studio approfondito delledinamiche migratorie;

• collegata a questa prima esigenza, una seconda direttrice di azione riguardala formazione dei formatori e degli operatori dei servizi che operano congli immigrati. La facilità con cui rispetto all’immigrazione si formanostereotipi e rappresentazioni convenzionali, così come l’esigenza didisporre di competenze specifiche (per es. nel campo linguistico, o rispettoai percorsi di inserimento lavorativo), illustrano l’importanza di un’azionedi secondo livello, per preparare e aggiornare il personale dedicato allaformazione e alle politiche di integrazione degli immigrati;

• un terzo aspetto riguarda l’integrazione in équipe di competenzeinterculturali. Pur guardandosi dal rischio di ricondurre a variabili di tipoculturale le difficoltà sociali dei rapporti tra immigrati e società locali,l’introduzione di figure di mediatori e tutors provenienti dal mondodell’immigrazione costituisce un fattore di affinamento e facilitazione degliinterventi formativi. Esistono certamente problemi di identificazione delprofilo professionale del mediatore e del suo ruolo in un’équipe diformazione (si può andare infatti dalla semplice traduzione, alla gestione dicasi difficili, ad una sopravvalutazione taumaturgica dell’interpretazione edell’attività del mediatore rispetto ai problemi di apprendimento e digestione dell’aula). Esistono anche difficoltà nei rapporti interetnici, a causadelle quali a volte un mediatore immigrato può essere meno accetto di unformatore italiano. Tuttavia, la collaborazione di formatori italiani e figureesperte provenienti dall’interno del mondo dell’immigrazione, coinvolte apartire dalla fase di progettazione, offre prospettive di innovazione e diefficacia delle azioni formative;

• una difficoltà specifica riscontrata è quella della definizione di standard ecriteri per la valutazione della competenza linguistica, da applicare in fasedi selezione dei partecipanti. Il problema è difficilmente risolvibile

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all’interno dei singoli centri, ma potrebbe essere affidato ad un progetto dicollaborazione in rete tra le principali istituzioni che si occupano diformazione degli immigrati;

• una direttrice di azione di notevole importanza riguarda lo sviluppo diattività di counseling, e più ampiamente di servizi personalizzati,soprattutto per accompagnare i soggetti formati nella ricerca enell’inserimento lavorativo. La debolezza delle reti primarie a basefamiliare, l’efficienza ristretta e scarsamente qualificante delle reti etniche,l’insufficienza delle politiche pubbliche e dei servizi per l’impiego, creanoun vuoto tra la formazione e il lavoro che - almeno nel prossimo futuro -il sistema della formazione professionale potrebbe candidarsi a riempire.Proprio in questo campo, lo sviluppo di saperi e competenze potrebbevalidamente rifluire su altre fasce deboli dell’offerta di lavoro.

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Bibliografia

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