24
Poste Italiane Spa - Sped. in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. In 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano - Direttore responsabile: Dario Passoni - ISSN 1123 8631 M . D . MEDICINAE DOCTOR IN QUESTO NUMERO Focus on La Simg si dichiara pronta al cambiamento, accetta la sfida e rilancia pag. 4 Riflettori La sanità come leva di crescita economica e sociale pag. 8 Rassegna Inquadramento clinico e terapeutico della gotta pag. 18 CLAUDIO CRICELLI Presidente Società Italiana di Medicina Generale (Simg) Lancia un messaggio forte e chiaro al nuovo esecutivo, il presidente della Simg dal 28° Con- gresso nazionale, svoltosi di recente a Firenze: “La medicina generale è in grado di assicurare la sostenibilità del sistema con iniziative e strumenti di contenimento dei costi e di valutazione e pesature dei processi di cura acuti e cronici dei cittadini italiani. Siamo pronti a fare la nostra parte per continuare a garantire il diritto alla salute in un sistema pubblico e universalistico anche dando sempre più valore e prospettive ai giovani”. Anno XVIII, numero 15 - 14 dicembre 2011

M.D. n°15, 14 Dicembre 2011

Embed Size (px)

DESCRIPTION

M.D. n°15, 14 Dicembre 2011

Citation preview

Poste Italiane Spa - Sped. in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. In 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano - Direttore responsabile: Dario Passoni - ISSN 1123 8631

M.D.M E D I C I N A E D O C T O R

IN QUESTO NUMERO

Focus on

La Simg si dichiara pronta al cambiamento, accetta la sfida e rilancia

pag. 4

Riflettori

La sanità come leva di crescita economica e sociale

pag. 8

Rassegna

Inquadramento clinico e terapeutico della gotta

pag. 18

CLaudIo CrICeLLIPresidente Società Italiana di Medicina Generale (Simg)

Lancia un messaggio forte e chiaro al nuovo esecutivo, il presidente della Simg dal 28° Con-gresso nazionale, svoltosi di recente a Firenze: “La medicina generale è in grado di assicurare la sostenibilità del sistema con iniziative e strumenti di contenimento dei costi e di valutazione e pesature dei processi di cura acuti e cronici dei cittadini italiani. Siamo pronti a fare la nostra parte per continuare a garantire il diritto alla salute in un sistema pubblico e universalistico anche dando sempre più valore e prospettive ai giovani”.

Anno XVIII, numero 15 - 14 dicembre 2011

E d i t o r i a l e

M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011 3

I l capitolo “spesa sanitaria” nella manovra del governo Monti è solo rinviata. La sforbiciata di 2,5 miliardi per il momento si accantona.

All’incontro con le Regioni l’attuale governo si era infatti presentato con la proposta di anticipare le misure già previste in sanità dal decreto di luglio. Le Regioni hanno ottenuto di compensare il rinvio con l’aumento dello 0.33% della quota Irpef. Si prende un po’ di fiato, ma tutti sono consapevoli del fatto che è insufficiente per resistere in apnea a solcare le profondissime acque in cui è sprofondato il nostro Servizio sanitario nazionale. A breve infatti si aprirà la difficilissima partita con le Regioni per il rinnovo del Patto per la Salute in cui le Regioni vorrebbero almeno scongiurare il taglio dei 5,5 miliardi con 2,2 miliardi di nuovi ticket, rimodulando questi ultimi in funzione delle fasce di reddito e dei componenti del nucleo familiare. Inoltre non bisogna dimenticare che da luglio 2012 dovranno prendere il via i primi prezzidi riferimento per dispositivi medici, farmaci anche ospedalieri, beni e servizi, prestazioni sanitarie: l’obiettivo è di risparmiare 750 milioni l’anno. Dal 2013 scatterà per le farmaceutiche la compartecipazione del 35% sullo sfondamento della spesa per farmaci negli ospedali: se entro giugno non sarà stato emanato il regolamento di attuazione, Aifa e Regioni interverranno comunque per tagli fino a un miliardo. Altri 800 milioni di risparmi si attendono dal 2013 dal tetto di spesa per dispositivi medici e protesi. La lista è lunga, ma per rendere palese di quante risorse dovrà fare a meno l’assistenza sociale e sanitaria del nostro Paese i conti sono subito fatti: le ultime manovre, a partire dal 2010 e che avranno effetto fino al 2016, riducono di fatto le risorse di 25 miliardi.È chiaro che questa cifra contempla solo la prospettiva. Dal 2001 al 2010 altre manovre di contenimento hanno cercato di coniugare l’universalità del nostro Ssn con la continua scarsità di risorse in nome di una razionalizzazione degli sprechi e di una più efficienza dei servizi. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e forse non è pessimismo dire che se il Paese è sull’orlo del default, il Ssn è già andato oltre e a poco sono serviti gli appelli di quanti hanno più volte ricordato che la sanità non va considerata solo come un costo, ma come una risorsa per il sistema Paese.

E se il nostro Ssnfosse già in default?

M.D. Medicinae DoctorOrgano di informazione della

Associazione Italiana Medici di Famiglia

Reg. Trib. di Milano n. 527 del 8/10/1994ROC n.4120

Direttore Responsabile: Dario Passoni

Comitato di Consulenza di M.D.Massimo Bisconcin, Nicola Dilillo,

Giovanni Filocamo, Massimo Galli, Mauro Marin, Carla Marzo, Tristano Orlando, Giacomo Tritto

Redazione: Patrizia Lattuada, Anna Sgritto Grafica e impaginazione:

Manuela Ferreri, Rossana MagnelliProduzione: Giancarlo Oggionni

Pubblicità: Teresa Premoli, Sara Simone

Passoni Editore s.r.l.Piazza Duca d’Aosta, 12 - 20124 MilanoTel. 02.67.60.681 (r.a.) - Fax 02.67.02.680

E-mail: [email protected]

Amministratore unico: Dario Passoni

Amministrazione: Gabriella Forbicini

AbbonamentoCosto di una copia: 0,25 s

A norma dell’art. 74 lett. C del DPR 26/10/72 n° 633 e del DPR 28/12/72, il pagamento dell’IVA è compreso nel prezzo di vendita.

Stampa: Tiber SpA - Brescia

Testata associata a

Testata volontariamente sottoposta a certificazione di tiratura e diffusione in conformità al Regolamento CSST Certificazione

Stampa Specializzata Tecnica Per il periodo 1/1/2010 - 31/12/2010Tiratura media: 36.786 copieDiffusione media: 36.675 copieCertificato CSST n. 2010-2111 del 28 febbraio 2011Società di Revisione: Fausto Vittucci & C. s.a.s.Tiratura del presente numero: 35.000 copie

I dati relativi agli abbonati sono trattati elettronicamente e utilizzati dall’editore per la spedizione della presente pubblicazione e di altro materiale medico-scientifico. Ai sensi dell’articolo 7 del D.lgs del 30 giugno 2003 n.196, in qualsiasi momento è possibile consultare, modificare e cancellare i dati o opporsi al loro utilizzo scrivendo a: Passoni Editore srl, Responsabile dati, Piazza Duca d’Aosta n. 12 - 20124 Milano

M.D. è stampato su carta FSC proveniente da foreste gestite in conformità ai rigorosi standard ambientali, economici e sociali definiti dal Forest Stewardship Council.

La prima e unicawebTV quotidianaper l’informazionee la formazionedel medico italiano

La prima e unicawebTV quotidianaper l’informazionee la formazionedel medico italiano

Buone Festea tutti i lettori

di M.D.

F o c u s o n

4 M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011

Simg accetta la sfida del cambiamento e rilancia

i dichiarano pronti al cam-biamento i medici della So-cietà Italiana di Medicina Generale (Simg) e di questa

predisposizione ne hanno decli-nato i contenuti nel corso del 28° Congresso nazionale, svoltosi di recente a Firenze e intitolato, non a caso: “Pronti al cambiamento: qua-lità, equità e sostenibilità, fondamenti delle cure del territorio”.Sicuramente la necessità di cam-biamento per il nostro Paese è ormai un imperativo categorico a cui nessuno può più sfuggire o chiamarsi fuori. Ma fa un certo effetto, in tempi di resistenze fisiologiche a una tra-sformazione di status, di perples-sità e sbandamenti in tutte le cate-gorie professionali, vedere un’as-sociazione di categoria che accetta il guanto di sfida e addirittura lo rilancia. La medicina generale oggi è chia-mata ad assumere un ruolo da vera protagonista e a giocare una partita decisiva per rispondere alla trasformazione del sistema e alla mutata domanda di salute dei cittadini.I contorni di questo cambiamento si intravedono nettamente almeno sul piano dell’esercizio dell’assi-stenza sul territorio da quanto contemplato nella modifica dell’art. 8 del decreto legislativo 502/92 (e successive modifiche). Ma il dibattito è ancora accesso tra i professionisti e i dubbi sono tanti

così come i distinguo. Per questo motivo M.D. ha cercato di com-prendere meglio il messaggio lan-ciato dalla Simg interloquendo con Claudio Cricelli che è alla guida della Società scientifica dal 1998.

Presidente, la Simg si dichiara pronta ad accogliere le nuove competenze che la riforma delle cure primarie impone alla professione…”.

“È il percorso fatto in questi anni dalla nostra Società scientifica e i contenuti espressi a certificare quanto abbiamo asserito nel corso del nostro Congresso. In tempi non sospetti abbiamo affermato concetti avvisi ai più e che oggi, in una situazione di crisi internazionale e nazionale, che mette a rischio la sostenibilità del nostro sistema sanitario, trovano il favore di tanti. Soprattutto stiamo stati i portavo-ce dell’idea che la medicina gene-rale, più di altre discipline, ha bi-sogno di un continuo adattamento alla realtà che non può prescinde-re da una crescita professionale continua e qualificata. La medicina del territorio sta af-frontando da tempo un’impor-tante fase di transizione, imputa-bile in parte a mutamenti del si-stema (delle politiche sanitarie, delle tecnologie, delle modalità di erogazione delle cure), a cambia-menti demografici della popola-

zione, a un aumento delle attese e dei bisogni dei pazienti, ma an-che a modi differenti di intendere la professione. A mio avviso tra le maggiori criti-cità fronteggiate in questi anni va annoverata la costante limitazio-ne delle capacità decisionali del medico di medicina generale e le forti resistenze della parte pubbli-ca ad accogliere le informazioni che i professionisti sono in grado di elaborare. Noi abbiamo contrastato questa criticità, offrendo soluzioni con-crete, costruendo un percorso di fiducia e affidabilità attraverso la definizione di strumenti di lavoro capaci di garantire che l’attività quotidiana dei medici si svolga nel rispetto di una serie di regole e principi come quello della qualità delle cure, degli obiettivi sanitari e delle compatibilità economiche. La medicina generale è attualmen-te la prima professione realmente valutabile della sanità italiana. Noi siamo in grado di misurare l’impatto di ogni decisione dia-gnostica e terapeutica e il benefi-cio che il paziente ricava da ogni euro investito dal sistema sanita-rio”.

Pronti al cambiamento, ma a patto di esserne protagonisti

“Una riforma della medicina ge-nerale per dirsi tale deve essere

S

La medicina generale oggi è chiamata ad assume-re un ruolo da vera protagonista e a giocare una partita decisiva per rispondere alla trasformazione del sistema e alla mutata domanda di salute dei cit-tadini. Una partita che la Società Italiana di Medi-

cina Generale vuole giocare fino in fondo offrendo soluzioni concrete e - secondo quanto dichiarato a M.D. da Claudio Cricelli, presidente Simg - impre-scindibili per garantire una sostenibilità economi-ca e sociale del nostro Ssn.

Anna Sgritto

F o c u s o n

M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011 5

realizzata con il contributo fonda-mentale degli operatori. Ciò vale ancor di più in un mo-mento topico per il nostro Paese in cui l’intera sostenibilità del si-stema sanitario si gioca proprio sul cambiamento delle cure pri-marie di cui la medicina generale è parte fondante. Per questo abbiamo chiesto al nuovo ministro della Salute, Re-nato Balduzzi, un confronto su tale tematica e sulle iniziative che siamo in grado di offrire al Paese. Purtroppo le frequenti crisi politi-che in questi anni hanno messo a repentaglio qualunque tentativo di costruzione di un modello di sistema, ma il tempo degli inter-venti spot è finito. Occore separare con grande chia-rezza quelle che sono le specifi-cità politiche delle parti (sociali, di allocazione delle risorse, am-ministrative, ecc.) da quelli che sono gli elementi fondamentali del sistema sanitario tra cui c’è la stabilità e la continuità nel tem-po per gli operatori del settore e questo può essere fatto solo dan-do visibilità e riconoscendo i bi-sogni della professione. In altre parole noi siamo pronti a fare la nostra parte per continua-re a garantire il diritto alla salute in un sistema pubblico e univer-salistico, anche dando sempre più valore e prospettive alle nuove generazioni. È necessario però che sia adottata una mentalità che mandi in pen-sione, anche nella sanità, le vec-chie logiche per valorizzare i me-dici che valgono di più. La qualità del lavoro deve essere valutata, pesata e riconosciuta, anche eco-nomicamente”.

Per fare quello che dice è necessario rivedere anche il sistema della contrattazione, della rappresentatività e del compenso legato alla professione

“Certo che sì. Oggi in sanità il me-rito non è premiato, eppure è un

settore in cui è particolarmente importante, visto che in gioco c’è la salute dei pazienti. La nostra Società da tempo evi-denzia i limiti del sistema vigente e denuncia il fatto che fino ad oggi il nostro Servizio sanitario nazio-nale ha dato vita a dei paradossi in cui i medici che rispettavano rigorosamente i protocolli di qua-lità sono stati sistematicamente svantaggiati, esposti all’accusa di iperprescrizione ed esclusi dai be-nefici economici legati al rispetto dei tetti di spesa. Mentre si è premiato chi prescri-veva meno farmaci e prestazioni senza che sia stato valutato l’im-patto di tali comportamenti ipo-prescrittivi nei confronti della qualità clinica erogata e dell’effi-cienza totale del sistema. Ma il futuro ormai procede in tutt’altra direzione è vede esau-torarsi il tempo dei contratti col-lettivi uguali per tutti, delle po-sizioni di privilegio legati all’età, con graduatorie che si basano sull’anzianità”.

È come dire che tutti “i nodi sono venuti al pettine”

“Non proprio tutti, sicuramente non c’è nulla che non potesse essere previsto come, per esem-pio la fine del medico di medici-na generale single da cui prende vita una strutturazione della medicina generale normata su due livelli: l’aggreggazione fun-zionale territoriale (Aft) deputa-ta a sorvegliare l’erogazione dei livelli di assistenza in ogni Re-gione e la subaggregazione (Uc-cp, Utap, Ncp, ecc) cioè la forma di organizzazione che ogni Re-gione sceglierà per rispondere ai bisogni di salute specifici del territorio. Fatto sta che quando partiranno queste forme di associazione pre-viste dalla riforma dell’articolo 8 della 502 avremo bisogno di al-meno mille medici manager, tanti quante saranno le Aft previste. Sarà infatti necessario seleziona-

re medici manager nei gruppi di cure primarie per acquistare pac-chetti di prestazioni, di altri per gestire gruppi all’interno e altri ancora dedicati a particolari pato-logie dei pazienti. È questa la realtà che in questa fase ci aspetta, o forse qualcuno si illude che la rivoluzione an-nunciata dai Creg in Lombardia non troverà un’analogia di bud-gettizzazione in altre Regioni che dia un valore economico agli as-sistiti di ogni medico di medicina generale? Bisogna però ricordare che nes-suna aggregazione e organizza-zione è in grado di funzionare senza una radicale operazione di sviluppo della professionalità e del processo di valutazione pun-tuale dei risultati prodotti dal nostro lavoro. Vi sono medici di famiglia in que-sto Paese che più di altri hanno scelto di praticare una professione ispirata al rigore, alla qualità della cura ed alla valutazione dei risul-tati prodotti. Sono un’avanguardia, avanti anni luce nella capacità di controllare i costi e garantire la accontabilità dei risultati e della qualità dell’as-sistenza. In questo senso e solo con questi presupposti la medicina generale è in grado di assicurare la sosteni-bilità del sistema con iniziative e strumenti di contenimento dei co-sti e di valutazione e pesature dei processi di cura acuti e cronici dei cittadini italiani”.

Video di approfondimento sono disponibili sul portale www.mdwebtv.it,

visualizzabili anche con smartphone/iphone attraverso il presente QR-Code

R i f l e t t o r i

8 M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011

Serve un nuovo approccio al settore sanitarioLa Sanità come leva di crescita economica e sociale, il settore farmaceutico come volano di innovazione e di sviluppo per il sistema Paese, il federalismo e i costi standard, la possibilità di personalizzare la cura riconfigurando un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (Health Pathway Design). Sono questi in sintesi i temi affrontati dalla VI edizione di Meridiano Sanità, svoltasi di recente a Cernobbio

onsiderare il comparto sa-nitario non solo come spe-sa ma come risorsa è l’ap-pello che da anni gli ope-

ratori del settore lanciano alla poli-tica fornendo dati, analisi e possibi-li soluzioni. Una risorsa che potreb-be rappresentare una leva di cresci-ta economica e di sviluppo in un momento economico nazionale e internazionale di crisi. È questo in sintesi quanto hanno sottolineato gli operatori del settore nel meeting organizzato a Cernobbio da The European House Ambrosetti in cui sono stati presentati i dati del VI Rapporto Meridiano Sanità. Il Rap-porto 2011 si apre ponendo l’atten-zione sui costi del Ssn sulla spesa pubblica e privata sottolineando che la sanità rappresenta circa il 25% della spesa complessiva per prestazioni di protezione sociale erogate in Italia dalle Amministra-zioni Pubbliche, dopo la voce previ-denza che è la componente più rile-vante con il 66.4%, seguita dall’assi-stenza con l’8%.Negli ultimi 10 anni, la spesa sani-taria pubblica è cresciuta comples-sivamente di 61,8 miliardi di euro, passando dai 51,7 miliardi di euro agli attuali 113,5 miliardi di euro (se consideriamo la componente privata si arriva a 144 miliardi di euro), aumentando più velocemen-te della crescita economica, peral-tro estremamente contenuta nel no-stro Paese.La spesa per l’assistenza ospedalie-ra (52.2%) assorbe il 3.8% del Pil, seguita dagli altri servizi sanitari (27.9% con l’1.5% del Pil) e dall’assi-stenza farmaceutica (9.8%, che as-sorbe lo 0.7% del Pil), il 35.9% della

quale va ricondotta alla popolazio-ne con più di 65 anni (figura 1).Il confronto tra le principali econo-mie evidenzia che l’Italia si colloca leggermente al di sotto della spesa media dei Paesi OCSE, pari al 9.6%.La Sanità nei prossimi anni si tro-verà a fronteggiare uno scenario assai complesso, il progressivo in-vecchiamento della popolazione, il conseguente incremento delle pa-tologie croniche ad elevato impatto sulla spesa sanitaria pubblica met-teranno in serie crisi la sostenibili-tà dei sistemi sanitari dei Paesi occidentali. Ed è per questo motivo che nel nostro Paese si rende ne-cessario un nuovo approccio a que-sto comparto che rappresenti una discontinuità con gli eccessivi vin-coli e tagli finora adoperati in mo-do da poter rispondere a criteri di

efficienza ed efficacia coniugando-li con innovazione, ricerca e svi-luppo. Ne è convinto Massimo Scaccaba-rozzi, Presidente di Farmindustria che ha sottolineato la necessità di eliminare inefficienze e intervenire sulla spesa sanitaria nel suo com-plesso e non solo sulla farmaceuti-ca, che rappresenta il 16% del totale. Lo sviluppo del settore biofarma-ceutico italiano risulterebbe pena-lizzato da alcuni fattori: non otti-male tutela della proprietà intellet-tuale, incertezza del contesto nor-mativo (prezzo e rimborsabilità), insufficiente sostegno alla ricerca, frammentazione e disomogeneità delle iniziative a favore del settore dovute alla mancanza di scelte stra-tegiche chiare, integrate e di lungo periodo.

C

27.9%

9.8%6.2%

3.9%

Spesa sanitaria pubblica:113.457 milioni di euro

Assistenzamedico-specialistica

Assistenzamedico-generica

Assistenzafarmaceutica

Altri servizisanitari

52.2%

Assistenza ospedaliera

Figura 1

La ripartizione della spesa sanitaria pubblica (2010)

Fonte: rielaborazione dati Istat “Conti della Protezione Sociale 2010”

R i f l e t t o R i

M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011 9

Il federalismo ❚❚ e la sanità regionalizzata

Il Rapporto Meridiano Sanità eviden-zia anche alcune criticità relative al federalismo fiscale che hanno inciso sia sul piano dei finanziamenti sia su quello dell’organizzazione sanitaria nelle diverse Regioni, soffermandosi sull’analisi dei nuovi strumenti di controllo (costi standard, piani di ri-entro, ecc.) che avrebbero il limite di non far emergere le diversità, le aree di debolezza e di inefficienza di alcu-ne realtà, che richiedono, al contrario, vere e proprie riforme strutturali.Per Federico Spandonaro, Prof di Economia Sanitaria all’Università Tor Vergata di Roma l’attuazione del fe-deralismo, necessita di alcuni ripen-samenti. In primo luogo è opportuno restituire il dibattito sul finanziamen-to alla sua giusta complessità, evitan-do che gli impatti equitativi rimanga-no soffocati dall’attenzione giusta, ma non esclusiva, all’efficienza Andrebbe poi ripensato il metodo di misura dell’efficienza, riconoscendo che, se si adotta un processo top-down, non si può valutare l’efficienza del sistema pubblico senza contemporaneamente considerare le diverse capacità di spe-sa privata (per esempio per i ticket) delle popolazioni regionali.

La personalizzazione della cura: ❚❚ l’Health Pathway Design

Il Rapporto rivolge anche particolare attenzione all’Health Technology Asses-sment (HTA) quale approccio afferma-tosi nell’ambito dei sistemi sanitari dei Paesi avanzati atti a fornire una rispo-sta al dilemma della limitatezza delle risorse, aggravata da fenomeni sociali e demografi, così come le nuove op-portunità di cura derivanti dallo svi-luppo tecnico e tecnologico. HTA rap-presenta quindi una vera e propria fi-losofia di governo per un sistema sa-nitario che intenda legare le decisioni alle evidenze scientifiche disponibili, o comunque a meccanismi trasparenti in cui tutte le parti interessate possa-no partecipare, apportando la propria prospettiva. Anche i Percorsi Diagno-stico Terapeutici Assistenziali (Pdta) rientrano in questa categoria, in quan-

to interventi volti ad agire sulla salute delle persone. Tuttavia, raramente, i Pdta effettivamente operanti nella pratica sono direttamente oggetto di valutazione. Si pone in tale ambito la necessità di costruire dei percorsi dia-gnostico terapeutici non solo orientati ai costi/benefici ma capaci di generare valore per il paziente e contemporane-amente per tutte le parti “interessate” del sistema sanitario, ciò ha una va-lenza ancora più rilevante nell’ambito della gestione delle patologie croniche in cui l’approccio integrato alla patolo-gia è parte rilevante. Ed è proprio in tale contesto che si rende opportuna l’applicazione dell’Health Pathway De-sign (HPD). L’HPD è la metodologia attraverso la quale, a partire da un percorso diagnostico-terapeutico, si perviene alla visione integrata del paziente e delle sue necessità di salute, organizzando l’erogazione dei servizi e delle prestazioni in modo da massi-mizzare il valore per il paziente stes-so, ossia fra outcome e costi riferibili al percorso e non al singolo episodio di cura, adottando un approccio mul-tidimensionale per l’analisi del valore come accade nelle valutazioni di HTA, partendo dal presupposto che il fi-nanziamento della sanità si basa sul costo del trattamento nel suo comples-so. Applicare l’approccio dell’HPD, in sostanza, vuol dire disegnare un Pdta in modo coerente con le logiche di HTA, focalizzando l’attenzione su cin-que aspetti:1. Un concetto ampio di outcome che consideri sia gli endpoint “fisici” sia gli effetti che l’intervento terapeutico ha sulla qualità della vita del pazien-te e sull’utilità generale che ne trae (adottando il QALY come indicatore di riferimento). Estendendo ancora il ragionamento, in considerazione del-le forti implicazioni che una patolo-gia cronica ha anche sui caregiver e sulla società intera, sarebbe auspica-bile adottare una prospettiva ancora più ampia di tipo sociale;2. Un’organizzazione integrata e una responsabilità sui processi per com-prendere fino in fondo che il conse-guimento di tali endpoint dipende dal complessivo processo di assistenza e non dal contributo che le singole strutture o professionalità coinvolte

danno al processo stesso. L’implica-zione, in questo caso, è per il sistema organizzativo la cui responsabilità non può essere riferita alla “struttu-ra” ma al “processo”, aspetto, questo, che tende a rivalutare il ruolo stesso del “professionista” all’interno del sistema sanitario e non solo all’inter-no della struttura ospedaliera. 3. L’HPD implica, quindi, l’uso dei mo-delli “per competenza” nell’identifica-zione dei profili professionali che sono chiamati a collaborare in un Pdta.4. Queste conseguenze organizzative generano, a loro volta, un risvolto di carattere finanziario: il finanziamen-to, infatti, non può essere riconosciu-to alle “strutture” ma ai “processi”, dando finalmente attuazione a quella previsione normativa già effettuata nel D.lgs. n 229/99, che all’art. 8 sexies prevedeva il finanziamento delle “funzioni” in riferimento proprio al-le patologie croniche e recidivanti.5. Per avere una cognizione esatta delle risorse assorbite dalle diverse alternative di processo eventualmen-te disponibili tra le quali si dovrebbe scegliere quella a “maggior valore aggiunto”, i costi dovranno essere rilevati prendendo come riferimento le attività svolte sul paziente e non i costi delle strutture a cui le persone o le tecnologie utilizzate fanno riferi-mento. È opportuno quindi superare la stessa logica della contabilità ana-litica dei centri di costo e adottare una visione avanzata e più ampia dell’activity based costing. Costo del percorso, dunque, e non della presta-zione, per avere una cognizione esat-ta delle risorse assorbite dalle diver-se alternative di processo eventual-mente disponibili.

Un video di approfondimento è disponibile sul portale www.mdwebtv.it,

visualizzabile anche con smartphone/iphone attraverso il presente QR-Code

P r o f e s s i o n e

10 M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011

Rilanciare le cure primarie: la ricetta dello SmiIl Sindacato dei Medici Italiani (Smi) si dichiara disponibile ad affrontare il nodo della riforma delle pensioni e della revisione del welfare, a patto che le risorse recuperate siano investite nella riorganizzazione dei servizi ospedalieri e delle cure primarie. In merito al riordino di quest’ultime considera non conclusa la discussione sulle modifiche dell’art. 8 del decreto legislativo 502/92, (e successive modifiche)

l convegno nazionale dello Smi: “Crisi del welfare e sanità, sosteni-bilità dei servizi sanitari regionali alla luce dei piani di rientro”, svol-

tosi di recente a Napoli è stata l’occa-sione per richiedere al più presto un incontro con il nuovo ministro della Salute, Renato Balduzzi, in cui af-frontare il nodo delle ricadute dei Piani di rientro sulla sanità regionale e sui servizi per i cittadini. La ricetta anti crisi, che Smi propone al nuovo Governo Monti, vede come ingre-diente base l’approvazione urgente di una legge per il governo delle aziende sanitarie basato su criteri di meritocrazia e contempla una aper-tura alla riorganizzare del welfare, anche intervenendo sulle pensioni e sull’attuale assetto dello stato sociale a patto che le risorse recuperate sia-no orientate a riorganizzare il Ssn e in particolar modo le cure primarie. “Con i tagli orizzontali, le formule ragionieristiche e alcune forzature creative dei commissari straordina-ri - ha sottolineato Giuseppe Del Barone, presidente nazionale Smi - assistiamo a interventi che vanno al di là degli stessi Piani di rientro, il risultato di queste scelte porta a compromettere i livelli essenziali di assistenza e non consente ai medici di poter garantire servizi adeguati ai cittadini: così sono a rischio gli stessi diritti sanciti costituzional-mente. L’effetto più evidente è che si divarica ulteriormente il gap tra Sud e Nord del Paese”. Per Luigi De Lucia, vice segretario Smi: “I tagli, spesso, sono solo un esercizio ragionieristico, gli spechi continuano e i servizi per i cittadini peggiorano. In Campania la situa-zione è particolarmente grave. Serve

un investimento serio per riorganiz-zare la medicina del territorio”. “Se si continua così - ha aggiunto Anto-nio Mignone, segretario regionale Smi Campania - anziché risolvere i problemi in modo strutturale, finia-mo solo per spostarli nel futuro”.“Senza risorse è impossibile moder-nizzare e riorganizzare il Ssn - ha precisato Giuseppe Del Barone - in particolar modo le cure primarie. In Campania le strutture ospedaliere e territoriali sono obsolete, un vero e proprio buco nero per l’economica complessiva del sistema sanitario. Per questo motivo siamo disponibili ad affrontare il nodo della riforma delle pensioni e della revisione del welfare, ma le risorse recuperate sono da investire nella riorganizza-zione delle cure primarie e dei ser-vizi ospedalieri”.

Le cure primarie❚❚

Per quanto concerne il riordino delle cure primarie, Smi considera non conclusa la discussione sulle modifi-che dell’art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (e successi-ve modifiche). Pur esprimendo gran-de soddisfazione per l’accoglimento di diverse proposte dello Smi nel te-sto/documento approntato dal grup-po di lavoro ministeriale, come il tema dell’accesso unico e quello del ruolo unico, evidenzia una serie di aspetti negativi che, se non corretti, possono pregiudicare la stessa rior-ganizzazione delle cure primarie e lo sviluppo economico e normativo del settore.In particolare Smi chiede che il ruo-lo unico debba essere accompagnato al riequilibrio contrattuale e norma-

tivo di medici che lavorano nello stesso Ssn. Nel testo mancano in ef-fetti i riferimenti al tempo pieno, alla carriere e alle tutele, aspetti che il Sindacato dei Medici Italiani ritie-ne indispensabili per un lavoro pro-fessionale sul territorio efficace ed efficiente.Inoltre nella bozza ministeriale non c’è un chiaro richiamo alla distin-zione fra compenso per l’attività professionale prestata e l’impegno economico dedicato alla gestione dello studio e della produzione dell’attività assistenziale. Sono altre-sì inesistenti i riferimenti specifici ai costi/spese necessari per la costitu-zione delle forme avanzate di inte-grazione previste dal documento. Occorrebbe precisare che i livelli or-ganizzativi superiori vanno tassati-vamente e completamente finanziati con risorse regionali dedicate, al contrario di quanto avvenuto negli anni scorsi con gli oneri scaricati sulle spalle dei Mmg.Non c’è alcun rimando al passaggio alla dipendenza dei colleghi dell’emer-genza-urgenza-118. Smi sottolinea che il rapporto giuslavoristico di questo gruppo di medici è anacroni-stico ed è già stato sanato in molte Regioni.Oltre a ciò è necessario anche defini-re con precisione la caratteristica di autonomia, di ruolo, le funzioni, le modalità di integrazione dell’area delle cure specialistiche territoriali. Per questi motivi Smi chiede al neo ministro della Salute di continuare il confronto tra le organizzazione sindacali e la parte pubblica, al fine di poter fare le dovute integrazioni e correzioni alla proposta di modifica dell’articolo 8.

I

P r o s p e t t i v e

M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011 11

La sfida delle cronicità: quali soluzioni?Sicurezza, qualità delle cure e gestione delle cronicità sono stati temi al centro della Sesta Edizione del Forum Risk Management di Arezzo: “Innovazione e sicurezza nei percorsi territorio-ospedale-territorio”

on a caso Vasco Giannotti, presidente della Fondazio-ne Sicurezza in Sanità, aprendo ad Arezzo i lavori

della Sesta Edizione del Forum Risk Management ha sottolineato che: “An-no dopo anno cresce sempre di più l’attenzione verso la sicurezza dei pa-ziente”, a testimoniare ciò è il fatto che le buone pratiche e i virtuosi per-corsi assistenziali sono entrati, non solo nell’agenda dei risk manager, ma in quella di un numero considerevole di operatori della sanità e di direttori generali di aziende sanitarie. Giannotti ha poi tenuto a sottolineare l’importanza di porre l’attenzione sullo sviluppo delle cure territoriali: “Come Forum vogliamo fare la nostra parte su uno degli aspetti che più at-tiene il futuro della sanità italiana, ovvero lo sviluppo dell’assistenza sul territorio. In questo quadro occorrerà assolutamente costruire efficaci per-corsi assistenziali con la costruzione di presidi territoriali, l’implementa-zione dell’assistenza domiciliare, lo sviluppo della prevenzione, dei rap-porti tra gli operatori non dimenti-cando l’innovazione tecnologica”. Riorganizzare il sistema con una maggiore integrazione tra i vari livelli di cura sul territorio è una necessità improrogabile perché la sanità rischia di essere travolta dall’esplosione delle cronicità. Questa è in sintesi la con-clusione emersa dal dibattito della sessione, in partnership con Fiaso e Federsanità, “Ripensare l’ospedale fra compatibilità e rapporto con il territorio”. Per Francesco Ripa di Meana past presidente di Fiaso, le aziende anche in questo momento di cambiamento potranno cogliere la sfida del futuro attraverso l’implementazione di reti cliniche interaziendali e percorsi cli-nico assistenziali che dovranno esse-re riorganizzati intorno ai bisogni del

paziente, seguendo i paradigmi della qualità, dell’equità e della presa in carico. Occorre che si ampli la colla-borazione e la programmazione sani-taria tra il mondo della sanità e quello degli enti locali - ha evidenziato An-gelo Lino del Favero, presidente di Federsanità - puntando sul distretto attraverso la promozione di stili di vita sani e della medicina d’iniziati-va”. Poi del Favero si è soffermato sul ruolo del Mmg la cui “figura è centra-le per quanto concerne i processi di prescrizione e per questo deve coor-dinarsi e confrontarsi sempre di più con il medico ospedaliero perché il Mmg deve diventare il case manager del paziente. Occorre quindi scom-mettere sulla formazione di un nuovo tipo di professionisti se si vuole svi-luppare il territorio”.

Le cure primarie ❚❚

Sulle cure primarie e in particolare sul ruolo dei Mmg è intervenuto Gia-como Milillo, segretario nazionale Fimmg mettendo l’accento sul fatto che per riformare il territorio bisogna partire dai medici e chiarendo come la riforma dell’art. 8 della legge 502 “non è una vera e propria riforma, ma è un passaggio che serve a cambiare la medicina generale in modo che di-venti più funzionale ai nuovi modelli d’integrazione. L’attuale modello del-la medicina generale è inadeguato a rispondere all’esplosione delle cronici-tà anche perché vi è una carenza di risorse per lo sviluppo”. Il segretario Fimmg ha poi affrontato il tema delle Aggregazioni funzionali territoriali (Aft) precisando che “Fim-mg ha chiesto che nel testo di modifi-ca sia inserita l’obbligatorietà a far parte dell’Aft perché così si riduce drasticamente il numero degli interlo-cutori, ma ciò non vuol dire che la

convenzione sia demandata ad altre strutture, la convenzione con il Ssn riguarderà sempre il singolo profes-sionista. Semmai ci sarà bisogno di regolamentare le Società di servizio. Il futuro modello di cure primarie delineato da Milillo si basa su due pi-lastri: il Mmg e un punto fisico dove viene svolta un’assistenza su misura del paziente. “Per fare ciò è chiaro che occorre costruire un raccordo con gli specialisti e gli ospedalieri e le Aft possono essere un prezioso strumen-to proprio perché l’Aft filtra e riduce gli interlocutori riuscendo al contem-po a definire delle strategie comuni”.

Le ricette regionali ❚❚

La scarsità di risorse e l’esplosione delle cronicità pone un serio proble-ma di sostenibilità economica e so-ciale del nostro sistema sanitario re-gionalizzato. Così la sessione dei la-vori congressuali: “La gestione delle malattie croniche” in partnership con Fadoi, ha visto declinare le ricette messe in campo dalla Regioni con particolare attenzione al Chronic Care Model adottato in Toscana e ai Cronic Related Group su cui punta la Lom-bardia. La gestione delle cronicità è stata anche affrontata in un ottica farmacoeconomica e di management.

N

Un video di approfondimento è disponibile sul portale www.mdwebtv.it,

visualizzabile anche con smartphone/iphone attraverso il presente QR-Code

O s s e r v a t o r i o

12 M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011

La Festa del Medico di FamigliaCostruire una relazione più attiva con la popolazione per discutere di salute, di prevenzione, di utilizzo appropriato dei servizi sanitari: è con questa finalità che è nata la a Firenze la Festa del Medico di Famiglia che quest’anno, alla sua seconda edizione, ha coinvolto anche il capoluogo Umbro

ella seconda edizione della Festa del Medico di Fami-glia, organizzata da un co-mitato di medici Fimmg e

Simg, aperta a tutti i medici di medici-na generale, si è discusso del ruolo dei Mmg in uno scenario di forti cambia-menti sociali e scientifici. Una settima di iniziative in cui gli ambulatori dei medici di famiglia si sono aperti al territorio, fornendo ai propri assistiti materiale di comuni-cazione e di informazione sui mo-menti conviviali e collettivi organiz-zati dal comitato promotore in cui sono protagonisti sia i Mmg sia i cit-tadini con iniziative che coinvolgono le farmacie, gli studi medici e i po-liambulatori. Un’occasione in cui tro-vare uno spazio dialogante anche tra gli operatori del servizio socio sanita-rio. Quest’anno il confronto tra i pro-fessionisti del settore è stato dedicato ad analizzare le nuove competenze e capacità richieste alla professione di Mmg in conseguenza dell’adozione di nuovi modelli organizzativi per gesti-re le cronicità sul territorio. Al centro del dibattito il riordino delle cure primarie, con la modifica dell’ar-ticolo 8 del D.lgs 502/92, la necessità di portare a buon fine i cambiamenti ri-chiesti dalla professione per un iter formativo in medicina generale più professionalizzante. A tale proposito, il professor Gian-franco Gensini, presidente dell’Os-servatorio Nazionale sulla Formazio-ne in Medicina Generale, ha illustrato i contenuti del documento presentato al ministero della Salute sul rinnovo del profilo formativo del medico di medicina generale in cui sono definiti gli obiettivi didattici delle metodolo-gie di insegnamento e di apprendi-mento della formazione in MG, attra-

verso l’istituzione di crediti formativi e attività professionalizzanti. Un do-cumento accolto con soddisfazione dai medici Fimmg perché darebbe ri-sposte a molte delle istanze più volte segnalate all’Osservatorio dall’asso-ciazione di categoria.In particolare, sono stati accolti po-sitivamente i seguenti punti: • la proposta di definire un percorso di scelta che inizia durante il corso di laurea e che possa condurre alla stesura di tesi in medicina generale, al fine di una più corretta selezione nella fase di accesso del corso; • la definizione di una programma-zione nazionale con una percentuale di variabilità regionale che rappresenti la garanzia di uniformità di insegna-mento della formazione specifica e di salvaguardia delle peculiarità locali; • la modulazione della frequenza in alcuni reparti ospedalieri a vantag-gio di un aumento della frequenza nell’area della medicina generale; • la valorizzazione, e non più il con-trasto, delle sostituzioni della medi-cina generale (assistenza primaria e continuità assistenziale) come ele-mento professionalizzante; • l’adeguamento della borsa di stu-dio a quanto percepito dagli specia-lizzandi.

L’indagine❚❚

Ma la Festa del Medico di Famiglia è anche un’opportunità per indagare su fenomeni in atto in ambito sanita-rio che coinvolgono direttamente i cittadini. Questa infatti è stata la fi-nalità del sondaggio realizzato dall’Istituto nazionale “Freni ricerche di marketing” dal titolo “Comporta-menti in materia di spese sanitarie da-vanti alla crisi economica”, presentato

durante l’evento. Si tratta di un inda-gine realizzata tramite 300 interviste online su un campione estratto ca-sualmente per quote di età, genere e Regione. Analizzando i dati del son-daggio è risultato che per il 21% degli intervistati la spesa sanitaria ha subi-to una contrazione in conseguenza della crisi economica. In particolare, dall’indagine è emerso che i cittadini hanno modificato i loro comporta-menti di spesa e di consumo, spendo-no meno, oltre che per le visite spe-cialistiche, anche per i farmaci. La metà circa degli intervistati ha segnalato una riduzione dei compor-tamenti di consumo nell’ultimo anno e il 17% ha indicato una flessione si-gnificativa dei consumi. Quasi il 10%, inoltre, ha dichiarato di aver rinun-ciato a interventi chirurgici, o di averli anche solo rinviati, per una si-tuazione di particolare disagio. Per le informazioni sulla salute e sul-la cura del fisico, l’unico vero punto di riferimento è rimasto il medico di famiglia (indicato da 4 intervistati su 5), seguito dalla figura del farmacista (i cui consigli sono particolarmente richiesti dagli under 35) e dalla con-sultazione dei siti web (più di un in-tervistato su 4).

N

Un video di approfondimento è disponibile sul portale www.mdwebtv.it,

visualizzabile anche con smartphone/iphone attraverso il presente QR-Code

D o c u m e n t i

Italia: la spesa sanitaria è nella media europea A confermarlo sono i dati dell’ultimo rapporto OCSE Health at a Glance, inerenti al nostro Paese, che pubblichiamo di seguito. Confortanti sono anche i dati relativi alla qualità delle cure

econdo i dati dell’ultimo Rap-porto OCSE, la qualità delle cure sta migliorando in tutti i Paesi dell’OCSE, ma la quota

del Pil destinata alla sanità sta au-mentando rapidamente poiché la spe-sa sanitaria cresce più velocemente del Pil. I dati rivelano anche una inap-propriatezza relativa alla gestione delle patologie croniche con tassi di ricovero troppo alti e uno squilibrio negli ultimi dieci anni relativo alla crescita del numero degli specialisti rispetto a quello dei Mmg. Ciò si può spiegare in parte col crescente divario delle retribuzioni tra Mmg e speciali-sti in diversi Paesi, tra cui Canada, Finlandia, Francia e Irlanda.

I dati italiani❚❚

In Italia il tasso di mortalità ospeda-liera, a seguito di un attacco cardiaco o di un ictus è inferiore alla media OCSE. L’Italia ottiene buoni risultati anche nel limitare i ricoveri ospeda-lieri ad alto costo per malattie croni-

che, quali asma, BPCO e diabete. L’Italia è vicina alla media OCSE per quanto riguarda la percentuale di donne sottoposte a screening del tu-more del seno, ma si allontana per lo screening del tumore della cervice.

➤ DettagliIl tasso di mortalità ospedaliera in Italia nei 30 giorni successivi al ricove-ro per infarto acuto del miocardio è significativamente inferiori alla media OCSE (3.7% contro 5.4% nel 2009). L’Italia ha inoltre fatto registrare bassi tassi di mortalità ospedaliera a seguito di ictus ischemico (3.4% contro una me-dia OCSE del 5.2%) o emorragico (17.6% contro una media OCSE del 19.0%).I ricoveri ospedalieri evitabili per com-plicanze da asma, BPCO e diabete non controllato sono molto più bassi in Italia rispetto alla media OCSE. Il tasso dei ricoveri per asma in Italia è stato di 19 per 100.000 adulti nel 2009, meno della metà della media OCSE (52 per 100.000). Per la BPCO è stato di 126 per 100.000 adulti (media OCSE 198), e

per il diabete non controllato 33 (media OCSE 50). Nel 2009, il 60% delle donne a rischio è stato sottoposto a scree-ning per il tumore al seno (media OCSE 62%), e il 39% per il tumore del collo dell’utero (media OCSE 61%).

Spesa sanitaria e finanziamento❚❚

Nel 2009, la spesa sanitaria italiana è stata pari al 9.5% del Pil (contro l’8.1% nel 2000), un valore leggermente infe-riore alla media OCSE (9.6%).

➤ DettagliLa quota della spesa sanitaria nel Pil è notevolmente aumentata dal 2000. Questo è il risultato dell’effetto con-giunto di una crescita relativamente modesta della spesa sanitaria annuale pro-capite in termini reali (1.6%) e di una lieve flessione del Pil pro-capite.In Italia, il 78% della spesa sanitaria è stato finanziato da fonti pubbliche, un tasso superiore alla media OCSE (72%) ma simile a quello della Francia o della Germania.

S

D o c u m e n t i

14 M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011

Rapporto PiT Salute 2011L’annuale fotografia del sistema sanitario dal punto di vista del cittadino, realizzata da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, oltre a mettere in luce i disagi e le difficoltà dei cittadini nell’usufruire dei servizi sanitari, dà uno spaccato delle conseguenze che le politiche sociali e sanitarie hanno avuto sul funzionamento dell’intero sistema sanitario. Pubblichiamo i dati più salienti e le conclusioni del documento

el 14° Rapporto PiT Salute dal titolo evocativo “Diritti al taglio” al top delle “la-mentele dei cittadini” con

il 18.5% da un lato ci sono i presunti errori medici e i lunghi tempi di at-tesa (16%, nel 2010, 15% nel 2009); dall’altra la preoccupante ascesa di segnalazioni relative alle difficoltà di accesso ai servizi che passano dal 5.5% nel 2009 a quasi il 10% nel 2010. Al riguardo i cittadini segnalano con forza che il sistema sanitario va sfaldandosi attraverso le schede che riguardano la chiusura di reparti o strutture (23%), maggiore attesa per il tempo di erogazione del servizio (32.1%) ed in particolare tempi d’at-tesa più lunghi per accedere alle prestazioni e ancora attese per otte-nere un posto in RSA o in lungode-genza o per effettuare la riabilitazio-ne. I costi sostenuti per “acquistare” i servizi e le prestazioni di cui le persone necessitano appaiono anco-ra estremamente gravosi (44.9%). Per quanto concerne l’assistenza ter-ritoriale il dato generale mostra una leggera flessione del numero di se-gnalazioni sull’assistenza territoria-le: dal 12.7% del 2009 al 11.5% del 2010. Tuttavia permangono grosse difficoltà per i cittadini soprattutto l’assistenza primaria di base che si mostra quanto mai inaccessibile, ed il cui dato cresce dal 23% dello scor-so anno al 23.8% del 2010. Seguono problemi con l’assistenza residenzia-le il cui dato sale dal 12.8% al 18.5%. Le voci che compongono l’assistenza residenziale sono quattro e riguar-dano le liste d’attesa (eccessiva lun-ghezza), i costi per la degenza, la di-stanza rispetto al domicilio dei fami-

liari, la qualità dell’assistenza medi-co/infermieristica e in particolare si riferiscono ad RSA o lungodegenze. Anche i servizi di riabilitazione sof-frono particolarmente, facendo regi-strare un 17% di segnalazioni sull’as-sistenza territoriale, con particolare riguardo alla riabilitazione residen-ziale. Il dato mostra una crescente difficoltà per ciò che riguarda le lun-ghe attese, carenze di strutture sul territorio, difficoltà d’accesso e di-missione di pazienti complessi. Sal-gono in modo evidente anche le se-gnalazioni sulle prestazioni per la salute mentale, evidenziando proble-mi quali: ricovero in strutture inade-guate 21.6%, scarsa qualità dell’assi-stenza fornita dai CSM 17.6%, ancora difficoltà di accesso alle cure pubbli-che 13.3% ed insostenibilità della si-tuazione familiare 13%.Il Rapporto prende in esame il con-tenuto di 23.524 segnalazioni relati-ve al periodo di tempo che va dal 1 gennaio al 31 dicembre 2010. Le segnalazioni provengono dal PiT Salute sede centrale (2.205) e dai PiT Salute locali e dalle sezioni territo-riali del Tribunale per i diritti del malato (21.319). Il Rapporto contiene informazioni su dieci aree di riferi-mento: 1. malpractice e sicurezza delle strut-ture; 2. liste d’attesa; 3. informazione e documentazione; 4. assistenza territoriale; 5. invalidità ed handicap; 6. accesso ai servizi; 7. assistenza ospedaliera; 8. umanizzazione delle cure; 9. assistenza farmaceutica; 10. patologie rare.

Conclusioni del Rapporto❚❚

“Le manovre di questi ultimi mesi e anni confermano una linea di ab-bandono da parte dello Stato centra-le delle politiche socio-assistenziali, e così i cittadini avvertono e vivono sulla loro pelle i tagli ai servizi assi-stenziali, l’aumento dell’inflazione, la perdita del potere d’acquisto, l’in-troduzione di tasse e balzelli vari. L’assistenza socio-sanitaria nel nostro Paese ha visto nel corso degli ultimi anni, ed in particolare nel 2010, una sproporzionata riduzione degli stan-ziamenti. Un dato questo che confer-ma una politica governativa di con-trasto alla crisi economica internazio-nale e di tenuta dei conti pubblici basata essenzialmente sul mero ta-glio alla spesa pubblica, in particola-re quella spesa funzionale a sostene-re quella fascia di popolazione che versa in condizioni di maggiore biso-gno, e non anche sullo sviluppo e la crescita della nostra economia. Di conseguenza non possiamo che registrare come, le politiche econo-miche, sociali e sanitarie messe in atto in questo periodo, stiano di fatto attuando un vero e proprio smantel-lamento del nostro sistema di welfa-re, con particolare riguardo ai servizi di carattere sanitario e sociale. La situazione di estrema crisi avver-tita nel nostro Paese, emerge in mo-do preponderante dall’analisi dei dati di questo rapporto. Il titolo “Diritti al taglio” nasce pro-prio per voler sintetizzare, in modo assoluto, il costante disagio avvertito dai cittadini che ormai pervade ogni ambito del Servizio Sanitario Nazio-nale. I tagli, la gestione dei fondi orien-

N

D o c u m e n t i

M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011 15

tata al risparmio, la cecità di fronte ai nuovi bisogni di una società che soffre una crisi internazionale, ma alla quale il nostro Paese non sa dare sollievo, sono il leitmotiv di ogni capitolo. Con il Decreto 78/10 abbiamo assisti-to al blocco del turn over fino al 2015, della contrattazione e delle conven-zioni del personale sanitario, con di-rette e ovvie conseguenze in termini di liste d’attesa e relativo ricorso al regime privato o intramurario da parte delle persone, con l’assunzione dei relativi costi privati da parte dei cittadini. I dati lo confermano ed il trend è in aumento rispetto ai dati del 2009. Ci aspettiamo pesanti ricadute già il prossimo anno, quando andre-mo a tirare le somme di un Piano di Governo delle liste d’attesa ancora inefficace, debole, non recepito dalle Regioni nei termini stabiliti, mostran-do l’inadempienza di amministrazio-ni affaticate ed incapaci a trovare le risorse necessarie al cambiamento ri-chiesto dai cittadini. Regioni a diver-se velocità, inique nei confronti dei propri cittadini ed uno Stato che ap-pare sempre più indebolito nella sua capacità di governo; questo è quanto i cittadini denunciano. Anche le richie-ste di informazione, argomento tra-sversale ad ogni ambito della sanità, nascondono il disagio, rintracciabile nelle parole dei cittadini che lamenta-no le difficoltà a trovare risposte nel labirinto della burocrazia, nel dedalo delle procedure imposte. Emerge più di tutto la necessità di orientamento per le prestazioni di carattere socio economico e dal nostro punto di vista ciò rappresenta un importante cam-panello d’allarme di una società che sta cambiando, che si sta impoveren-do e che non riesce più a far fronte, con i soli suoi mezzi, ai costi crescenti che la sanità le richiede. Ancora tagli sulle pensioni di inabilità, sulle in-dennità mensili di frequenza e sulle indennità di accompagnamento, frut-to di quella caccia alle streghe “ai fa-mosi falsi invalidi” cavalcata dall’IN-PS nel malcelato obiettivo di contene-re quanto più possibile l’aumento della spesa assistenziale. Tagli su in-dennità che avrebbero potuto ancora rappresentare una forma di sostegno economico da parte dello Stato, spe-

cie per quelle categorie di soggetti che versano in condizioni di partico-lare fragilità (invalidità civile, disabi-lità, assegni di cura ecc). Molti cittadini, come abbiamo potu-to riscontrare nella lettura dei dati, devono attendere tempi biblici per il riconoscimento delle minorazioni ci-vili e delle indennità correlate. Tutto ciò a causa dell’inefficacia delle pro-cedure informatiche e della moltipli-cazione dei passaggi burocratici; vi è lo scotto di ulteriori accertamenti in contrasto con gli obiettivi ed i princi-pi di semplificazione ma sopratutto di rispetto della dignità della perso-na. I verbali giungono dopo 10 mesi, le erogazioni economiche avvengono dopo circa un anno dalla presenta-zione della domanda. Questi aspetti, sollevati da Cittadinanzattiva attra-verso la campagna “sono un V.I.P.” (Very Invalid People), sono stati rico-nosciuti e sollevati anche dall’Asso-ciazione Nazionale Medici INPS, con una lettera indirizzata ai vertici dell’Istituto. Inoltre, la grave restri-zione dei requisiti sanitari per la concessione dell’indennità di accom-pagnamento, attuata dall’INPS, che reintroduce criteri di assegnazione dell’accompagnamento già bloccati dal Parlamento nel corso dell’appro-vazione della legge 30 Luglio 2010 n. 122 fornisce il quadro della situazio-ne vissuta dai cittadini”.

L’accesso ai servizi ❚❚ compromesso dai costi

“L’accesso ai servizi appare sempre più compromesso dai costi per acce-dere alle cure, ed aumenta ciò che il cittadini deve sborsare per “acqui-stare” i servizi e le prestazioni di cui necessita.L’introduzione dei ticket sulla far-maceutica, ormai diffusi in quasi tutte le Regioni, i superticket intro-dotti della manovra correttiva (Leg-ge 111 del 15 luglio 2011) sulle pre-stazioni di diagnostica e specialisti-ca, che impongono il pagamento di 10 euro oltre ai ticket già presenti (e pesanti), il ticket sul pronto soccor-so, sono tutti elementi che hanno inciso fortemente sui bilanci delle famiglie italiane. Con l’aggiunta di

10 euro di ticket su ricetta e varie rimodulazioni, le prestazioni offerte dal Ssn non sono più concorrenziali rispetto ai prezzi offerti dal servizio privato. L’assenza di tempi di attesa ed il comfort offerto inoltre, rischia di orientare il cittadino verso il pri-vato o il privato/ convenzionato. Partita persa per il Ssn. Il ridimen-sionamento delle risorse al Fondo Sanitario nazionale, la necessità da parte delle Regioni di rispettare i vincoli di bilancio imposti, ha favo-rito una visione strettamente econo-micistica del sistema sanitario. I cittadini segnalano con forza che il proprio sistema sanitario va sfaldan-dosi, e lo rendono esplicito attraver-so le segnalazioni che riguardano: la chiusura di reparti, strutture, ridu-zione di posti letto, non accompa-gnata da un reale potenziamento dei servizi socio-sanitari territoriali, la-sciando i cittadini sguarniti dall’as-sistenza di cui necessitano. Dimissioni forzate ancora per man-canza di posti letto, DRG ormai troppo orientati al profitto delle Aziende, impossibilità ad accedere a farmaci ospedalieri a causa di un tetto di spesa (farmaceutica ospeda-liera) che appare inadeguato e sul quale sarebbe necessario avviare un serio dibattito per rispondere ai rea-li bisogni della popolazione. Per concludere i Livelli Essenziali di Assistenza continuano a non essere garantiti uniformemente su tutto il territorio nazionale come è stato con-fermato dal recente monitoraggio sull’erogazione dei LEA del Ministe-ro della Salute dove si mostra che so-lo 8 regioni (del centro Nord) hanno garantito i LEA nel 2009. L’impegno di provvedere ad adeguare e revisio-nare i Livelli Essenziali di Assisten-za, nonostante gli annunci del Mini-stero della Salute, giace ancora, dopo anni, sulla scrivania del Ministro dell’Economia. Alla luce di queste considerazioni è evidente la preoccu-pazione rispetto alla reale esigibilità del diritto alla Salute; per questo mo-tivo chiediamo alle Istituzioni di mettere in atto provvedimenti che rispondano con concretezza alle esi-genze dei cittadini e che possano dar luogo ad un reale cambiamento”.

A p p u n t i

16 M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011

Sempre più onerisenza onori e a costo zero

w Quando non ci si può più permet-tere una Mercedes, in genere non

si passa a una Ferrari, ma si vende la Mercedes e si compra una utilitaria, cercando magari anche di usarla nel modo più economico possibile. Que-sto principio non sembra affatto vale-re per il nostro Servizio sanitario na-zionale che, quanto meno può per-mettersi di spendere, tanto più spen-de. Farmaci sempre più inutili e sem-pre più costosi, per la felicità delle multinazionali del farmaco. Esami superflui e costosissimi, per la felicità delle multinazionali ma quelle della chimica e della biomedica. Unica par-ziale eccezione a questo stato di cose è rappresentata dalla medicina genera-le. Con gli anni è divenuta sempre più capillare: da un medico di medicina generale ogni quattromila pazienti, a uno ogni mille. Sempre più servizie-vole: da tre/quattro ore di ambulato-rio al giorno, a dodici ore al giorno (con le dodici ore della notte coperte dalla guardia medica). Sempre più burocraticamente efficiente: da un timbro e una firma su un foglio scritto a mano, a ricette, impegnative e certi-ficati computerizzati, inviati telemati-camente in tempo reale ad Asl, Cup e Inps. Sempre più pervasiva: dalla dia-gnosi e cura delle malattie, all’educa-zione sanitaria, alla partecipazione alle attività di prevenzione delle aziende sanitarie, alla trascrizione su ricette e impegnative di dati socio-economici dei cittadini, alle certifica-zioni più strampalate, dall’idoneità al ballo latino-americano, all’idoneità al-la guida dei motorini, dalla necessità di pannoloni rettangolari per la notte misura media, alla permanenza del diabete mellito e del conseguente di-ritto all’esenzione dal ticket. Teoricamente, come i farmaci e gli esami diagnostici, anche la medicina generale avrebbe dovuto divenire più costosa. E invece non è stato così. Se per farmaci e esami il Servizio sani-tario nazionale ha obbligato lo Stato a

indebitarsi con le banche straniere e con la Banca Centrale Europea, per la medicina di base/famiglia/generale, come dir si voglia, non ce n’è stato bisogno. Gli aumenti nei compensi individuali ai medici di medicina generale non sono andati di pari pas-so con l’aumento dell’impegno e delle prestazioni richieste, ma anzi, tenuto conto dell’inflazione, sono stati sosti-tuiti da una riduzione di compensi. I sindacati di categoria hanno sempre accettato supinamente la situazione, chiedendo a coloro che dovrebbero rappresentare di portare pazienza, dato che la controparte non aveva (e non ha) soldi. Ora, se è lecito chiedere ai medici di comportarsi in modo di-verso dalle multinazionali, evitando di far precipitare ancora più in basso l’economia nazionale con l’offerta di maggiori prestazione sulle quali ri-scuotere maggiori guadagni, non è affatto lecito chiedere ai medici di accettare l’obbligo di maggiori pre-stazioni senza contropartita. Non ci sono soldi? E allora niente aumenti ai medici. Ma anche niente aumenti di prestazioni da parte loro. Anzi, con-testualmente alla riduzione del pote-re d’acquisto reale dei medici, ridu-zione dell’impegno e delle prestazio-ni loro richieste. Il Servizio sanitario nazionale non può permettersi più la Mercedes? Va bene, ma che non chieda la Ferrari. E che anzi si accontenti di passare a un’utilitaria e non cerchi di usurare il motore forzando sulle marce. I sinda-cati temono che questo potrebbe por-tare alla fine della medicina generale? E a noi che cosa ce ne importa? Chi fa parte del comparto ovviamente ci ri-mane “ad esaurimento” e di nuovi medici non se ne prenderanno più. Se qualcosa del nostro ruolo dovesse mostrarsi veramente necessario, ci penseranno i politici a inventarsi qualcos’altro, nei limiti del loro bud-

get. E se nulla di veramente necessa-rio dovesse venir fuori, peccato per i sindacati che avranno perso la faccia con l’indispensabilità e centralità del medico di medicina generale sbandie-rata per decenni, ma meglio per la Nazione, che, finalmente, potrà ri-sparmiare qualcosa, eliminando un servizio inutile e, soprattutto, un in-dotto dal costo spaventosamente alto.

Antonio Attanasio Medico di medicina generale

Mandello del Lario (LC)

A propositodell’inerziasindacale

w Riprendendo l’intervento del col-lega Valli (M.D. 2011; 11:13), che

stigmatizzava la colpevole inerzia delle rappresentanze sindacali dei medici di medicina generale, vorrei ricordare che l’art. 6 dell’Accordo col-lettivo nazionale (luglio 2010) preve-drebbe a carico delle Regioni, che entro 9 mesi dalla firma della con-venzione non abbiano stipulati gli accordi integrativi (Air), un aumento della quota capitaria percepita dai Mmg di 0,81 euro. I nove mesi sono scaduti ad aprile scorso. Non ho un’idea precisa del numero delle Re-gioni “in regola”, ma ho motivo di ri-tenere che si contino sulle dita di una mano. A qualcuno per caso risulta che questi aumenti (con decorrenza luglio 2010) siano andati a regime? I nostri rappresentanti di categoria, ammesso che siano informati, si sono occupati della questione? Io perso-nalmente, scavalcando tutto e tutti, ho inviato già tempo fa una segnala-zione all’Ufficio del Personale della mia Asl (Torino 2) , dalla quale ovvia-mente non è giunto alcun tipo di ri-scontro. È grave però che sia il singo-lo a dovere assumere simili iniziative. Ai colleghi iscritti ai sindacati chiedo se si domandano che senso abbia pa-gare delle quote di iscrizione senza avere nulla in cambio.

Giorgio Ferraro Medico di medicina generale - AIMEF - Torino

R a s s e g n a

18 M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011

Inquadramento clinico e terapeutico della gottaL’attualità della gotta risiede nell’aumento della sua frequenza riscontrato negli ultimi anni in tutto il mondo. Di fatto può essere considerata una patologia cronica che, al di fuori degli episodi acuti, decorre spesso in modo silente per il suo carattere evolutivo. Se non riconosciuta tempestivamente e trattata in modo adeguato può comportare complicanze che vanno al di là dell’interessamento articolare

a curva della prevalenza della gotta, in particolare nei Paesi sviluppati, è in continua crescita. Secondo

un recente studio (Zhu Y et al. Pre-valence of gout and hyperuricemia in the US general population: The National Health and Nutrition Exa-mination Survey 2007-2008. Arthritis Rheum 2011; 63: 3136-41), negli Stati Uniti la prevalenza della gotta nella popolazione adulta raggiunge il 3.9%, ovvero circa 8.3 milioni di statunitensi. Interessante è anche il dato sull’iperuricemia (definita dal-la presenza di livelli di acido urico >7 mg/dL nell’uomo e >5.7 mg/dL nella donna): dallo studio emerge come oltre un quinto degli america-ni sia iperuricemico (21.2% fra gli uomini e 21.6% nelle donne).Per quanto riguarda gli altri Paesi industrializzati, tra cui l’Italia, i dati disponibili indicano che la ma-lattia colpisce l’1-2% della popola-zione e confermano il continuo in-cremento della sua frequenza ri-spetto a quella registrata solo pochi decenni fa: in Inghilterra i tassi di gotta erano dello 0.3% nel 1970, ma avevano già raggiunto l’1% nel 1990, per arrivare all’1.4% nel 2005. La sua frequenza ha incominciato a aumentare anche in altre parti del mondo, con un incremento attribui-bile essenzialmente alle modifica-zioni dello stile di vita e delle abitu-dini alimentari.Inoltre, la proporzione fra i due sessi si sta modificando: se nel 2000 il rap-porto uomo donna era 1:7 oggi il rapporto è 1:4. A essere colpite sono soprattutto le donne in post-meno-pausa per la perdita dell’effetto pro-tettivo degli ormoni femminili nei

confronti dell’iperuricemia, anche se vengono descritti sempre più spesso casi fra giovani donne che abusano di diuretici per perdere peso. La prevalenza della gotta aumenta con l’età, ed è stimata essere circa il 7% negli uomini con età >65 anni. Un aspetto da considerare nella po-polazione anziana è rappresentato dal fatto che spesso gli anziani pre-sentano dei danni articolari, per esempio dovuti all’artrosi, che a loro volta fanno sì che l’articolazione rap-presenti un terreno più favorevole alla deposizione di acido urico.

Aspetti clinici❚❚

Di fatto la malattia si manifesta pri-mariamente con un episodio di artri-te acuta la cui comparsa può essere determinata dall’esposizione a fattori scatenanti (trauma, digiuno, assun-zione di alcolici, ecc). In occasione del primo attacco generalmente (85-90% dei casi) viene colpita una sola artico-lazione, rappresentata nella maggior parte dei casi dall’articolazione meta-tarso-falangea dell’alluce; altre arti-colazioni coinvolte con una certa fre-quenza sono le caviglie e le ginoc-chia. Talvolta, anche se più raramen-te, il primo attacco può coinvolgere più articolazioni e ciò accade soprat-tutto negli anziani e nelle donne.L’attacco di gotta insorge soprattutto verso sera e si accentua durante la notte. L’articolazione infiammata si presenta arrossata, calda, gonfia e molto dolente, sia spontaneamente sia quando viene toccata, anche dal solo lenzuolo (figura 1); è associata incapacità a mobilizzare l’arto e tal-volta anche febbre. Si tratta di una reazione infiammatoria fra le più

potenti che l’organismo sia capace di produrre. Se il paziente non assume alcun farmaco, l’attacco tende a ri-solversi spontaneamente nell’arco di 5-10 giorni. Tenendo conto dei livelli di uricemia, dei fattori locali e dello stile di vita:■ l’attacco acuto può essere solo un episodio isolato; ■ si può avere un secondo attacco entro 6 mesi-2 anni (i periodi asinto-matici fra gli attacchi vengono defi-niti “fase intercritica”); ■ se non trattata, la gotta tende a ri-presentarsi con attacchi acuti suc-cessivi (anche a distanza di anni). I nuovi episodi tendono a durare sempre più a lungo e a interessare più articolazioni, spesso anche degli arti superiori, in particolare polsi, gomiti e mani. Inoltre, la successiva evoluzione di una gotta non curata può essere verso una fase in cui le articolazioni subiscono una vera e propria distruzione con comparsa di deformità, senza un’importante infiammazione. È possibile anche che si verifichi la comparsa dei cosiddetti “tofi”, accu-muli di cristalli di urato circondati da cellule infiammatorie, che si loca-lizzano in genere a livello del padi-glione delle orecchie, al tendine d’Achille, ai gomiti (olecrano) e alle articolazioni delle dita delle mani e dei piedi (figura 2).

Indagini diagnostiche❚❚

➤ Dosaggio dell’uricemia Il dosaggio dell’uricemia nei pazien-ti gottosi è fondamentale per verifi-care il raggiungimento e il manteni-mento del controllo terapeutico di uricemia (<6.0 mg/dL). Va detto co-

L

R a s s e g n a

M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011 19

munque che, anche se l’elevata con-centrazione di acido urico nel san-gue rappresenta il principale fattore di rischio di gotta, il suo dosaggio non consente di confermare o di escludere la malattia, sia perché molti pazienti con iperuricemia non sviluppano la gotta, sia perché du-rante gli attacchi acuti i livelli di acido urico possono essere normali. Ma se non tutti gli iperuricemici so-no gottosi, tutti i gottosi sono o sono stati iperuricemici. Di conseguenza, se si è a conoscenza che il paziente con un attacco di artrite acuta ha una uricemia elevata, è possibile orientarsi verso la diagnosi di gotta, che va comunque confermata con l’esame del liquido sinoviale. Nel caso in cui invece non si è al corrente dei livelli dell’uricemia del paziente, il dosaggio dell’acido urico nel siero effettuato durante l’attacco può non essere dirimente, in quanto possono verificarsi dei falsi negativi. In pratica, si può trovare un livello normale di acido urico nel siero poi-ché durante l’attacco acuto l’urice-mia diminuisce. Ciò dipende dal fatto che l’acido uri-co viene prodotto in massima parte dal fegato, che però durante l’attacco è impegnato a produrre le sostanze di fase acuta (proteina C reattiva e fibrinogeno); di conseguenza, pro-duce meno albumina e meno acido urico che, quindi, può essere presen-te in quantità normale. Inoltre, è probabile che a questo fenomeno contribuisca anche una maggiore escrezione di urati da parte del rene. In questi casi è indicato ripetere il dosaggio dell’acido urico a distanza di circa 1-2 settimane dalla risolu-zione dell’attacco acuto.

➤ Analisi del liquido sinovialeL’esame che consente una diagnosi certa è rappresentato dall’analisi del liquido sinoviale che permette di dimostrare la presenza di cristalli di urato monosodico, ben riconosci-bili per la loro forma ad ago e per le loro proprietà ottiche di alta biri-frangenza al microscopio a luce po-larizzata. L’indagine permette di escludere che possa trattarsi della cosiddetta “pseudogotta” una for-

ma di artrite piuttosto frequente negli anziani, provocata dalla preci-pitazione all’interno dell’articola-zione di cristalli di natura diversa dall’urato (pirofosfato di calcio).

➤ Altre indagini in pazienti selezionati• Acido urico nelle urineAltre indagini da eseguire solo in una parte dei pazienti includono il

dosaggio dell’acido urico nelle uri-ne, indicato soprattutto nei soggetti con una storia di gotta familiare a insorgenza giovanile (prima dei 25 anni) e in quelli con calcoli renali.

• Esami radiologiciGli esami radiologici hanno invece un’importanza limitata, almeno nel-la fase iniziale, in quanto non con-sentono di dimostrare la presenza di

Figura 1

Gotta acuta: aspetti clinici caratteristici

Infiammazione monoarticolare acuta, molto dolorosa, che nella maggior parte dei casi (70%) colpisce l’alluce (podagra) e meno frequentemente le altre articolazioni del piede, la caviglia, i ginocchi, le dita delle mani, i polsi e il gomito.

La manifestazione tipica si sviluppa rapidamente (entro 6-12 ore) e si accompagna ad importante eritema della cute sovrastante l’articolazione che spesso, alla fine dell’attacco, ha tendenza a spellarsi.

Di solito esordisce di notte o al primo mattino.

L’attacco acuto si risolve entro 5-10 giorni, anche spontaneamente

Figura 2

Gotta tofacea

Elice dell’orecchio Gomito

R a s s e g n a

20 M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011

alterazioni. Diverso è il discorso nel-la fase della gotta cronica tofacea, in cui invece si è avuta la comparsa di danni articolari ben documentabili dalle radiografie.

Trattamento❚❚

La terapia della gotta deve mirare da un lato alla risoluzione dell’attac-co acuto, dall’altro alla diminuzione dell’uricemia con l’obiettivo di favo-rire la dissoluzione dei cristalli di urato già presenti e di prevenire la formazione di nuovi, mantenendo persistentemente l’uricemia a valori <6.0 mg/dL.

➤ Attacco acutoAccanto al riposo e all’applicazione di ghiaccio, il trattamento dell’attac-co acuto prevede la somministrazio-ne di un farmaco antinfiammatorio o di colchicina. In genere viene sug-gerito di proseguire la cura per 1-2 settimane; è anche indicata la som-ministrazione di uno di questi far-maci nelle settimane iniziali della terapia ipouricemizzante (fino a 3-6 mesi) come prevenzione di eventuali riaccensioni che possono verificarsi nelle fasi iniziali del trattamento.

➤ Lungo termineLa terapia ipouricemizzante a lungo termine della gotta deve porsi l’obiet-tivo di mantenere la concentrazione dell’acido urico al di sotto del punto di saturazione dell’urato monosodi-co. Ciò significa che l’uricemia deve essere mantenuta al di sotto di 6 mg/dL e a livelli anche più bassi nei casi più severi, in quanto il tasso di scomparsa dei tofi risulta inversa-mente correlato all’uricemia. È stato dimostrato che il fatto di mantenere l’uricemia <6 mg/dL consente di ot-tenere la completa o quasi completa eliminazione degli attacchi acuti di gotta, la diminuzione dei cristalli a livello delle articolazioni e la ridu-zione del volume dei tofi. La decisio-ne di iniziare la terapia ipouricemiz-zante per diminuire i livelli di urice-mia viene presa in genere dopo il secondo attacco, anche se alcuni or-mai propongono di considerare se iniziarla già dopo il primo episodio.

In generale la terapia ipouricemiz-zante è indicata nei pazienti con ar-tropatia cronica da deposito di acido urico, o in quelli con attacchi acuti recidivanti di gotta, o tofi o gotta accompagnata dalla presenza di cal-coli renali di acido urico. Una volta iniziata, la terapia andreb-be continuata nel tempo in quanto si è dimostrato come la gotta tenda a riacutizzarsi dopo la sua sospensio-ne. Il farmaco più comunemente uti-lizzato è l’allopurinolo, che agisce bloccando l’attività dell’enzima xan-tina-ossidasi, coinvolto nella trasfor-mazione delle purine in acido urico. Il farmaco, che è chimicamente una purina come l’acido urico, può dare effetti collaterali nel 10-20% dei pa-zienti, che però solo raramente (2-5% circa dei casi) portano alla sospen-sione del farmaco. Una possibile efficace alternativa per i pazienti con intolleranza all’allopu-rinolo o in cui vi è un’inefficacia a raggiungere il controllo terapeutico di uricemia <6.0 mg/dL, è rappre-sentata da febuxostat, farmaco che agisce inibendo in maniera selettiva l’enzima xantina-ossidasi e che ha dimostrato, oltre all’efficacia, un buon profilo di tollerabilità. Ovviamente, accanto alla terapia medica è indispensabile mettere in atto tutte quelle misure dietetiche e di igiene di vita che possono contri-buire al controllo dell’uricemia. L’eli-minazione di alcuni cibi, l’astensio-ne dall’alcol, la riduzione del peso corporeo, la sostituzione dei diureti-ci con altri farmaci antipertensivi sono misure in grado di ridurre l’uricemia e che possono quindi con-tribuire a controllare la gotta.

Prevenzione ❚❚

Il peso della genetica nella compar-sa della gotta è sempre meno rile-vante: solo l’11% dei casi riconosce una storia familiare positiva. In tut-ti gli altri casi assumono invece un ruolo importante una serie di fattori esterni, a partire dall’impiego di determinati farmaci o da errori nel-le abitudini alimentari. Se l’azione iperuricemizzante di alcuni medici-nali di uso comune, come l’acido

acetilsalicilico a basse dosi e i diure-tici, va comunque tenuta in conside-razione, i fattori dietetici devono essere i modificati. Innantitutto per-ché non ci sono solo alimenti che aumentano il rischio di gotta, ma anche cibi in grado di proteggere dall’iperuricemia. È ben nota l’associazione della gotta con alcuni aspetti della dieta occi-dentale: l’elevato consumo di carne e di frutti di mare; l’assunzione di bevande dolcificate con fruttosio, superalcolici e birra. Quest’ultima rappresenta una fonte di una puri-na, la guanosina, che viene facil-mente assorbita, promuovendo un aumento dell’uricemia. Fra gli ali-menti più ricchi in purine vi sono le frattaglie e i crostacei, seguiti dagli insaccati, dalla cacciagione e dalle carni soprattutto di manzo, maiale, agnello, mentre fra gli alimenti “pe-ricolosi” meno noti vi sono le acciu-ghe e i funghi. Sono meno noti gli effetti protettivi nei confronti della gotta esercitati dal caffè (importante, però, non abusarne, dato che sia il caffè sia l’iperuricemia sono un fattore di ri-schio per malattie cardiovascolari, e dalla vitamina C; anche il consumo di latticini a basso contenuto di grassi è stato associato a una dimi-nuzione dell’uricemia. È invece utile aumentare il consumo di latte parzialmente scremato e be-re almeno 2 litri d’acqua al giorno. Poiché l’obesità quadruplica il ri-schio di iperuricemia, in presenza di un eccesso ponderale è indicato il dimagrimento (evitando diete dra-stiche, in quanto possono scatenare un attacco acuto di gotta).

Un video di approfondimento è disponibile sul portale www.mdwebtv.it,

visualizzabile anche con smartphone/iphone attraverso il presente QR-Code

D i a r i o a m b u l a t o r i a l e

M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011 23

La sofferenza dell’adolescenteIvano Cazziolato

Medico di medicina generale Psicoterapeuta

Marcon (VE)Giuseppe Palermo

Psicologo dell’educazione, Padova

La difficile ricerca del sé dell’adolescente passa necessariamente per un processo di continua mediazione e sperimentazione. Spesso i medici di famiglia si confrontano con genitori - come nel caso della madre di Luca, un ragazzo che soffre dell’assenza del padre - preoccupati o spaventati. Il compito è quello di accogliere e sostenere,quasi si fosse il “genitore del genitore”

arcella è una mamma poco più che quarantenne. Spo-satasi a 23 anni con Renzo, dopo circa sette anni e do-

po la nascita di due figli, si è separata. I due coniugi avevano una visione della vita differente: lui, nonostante fosse quasi coetaneo di Marcella, sembrava già vecchio. In effetti, an-che somaticamente appariva molto più grande della sua età. Marcella lo trovava noioso e lui, molto legato alla propria famiglia d’origine, in particolare alla madre e alla sorella, ad un certo punto se ne andò. Tornò a Venezia dove riprese a vivere con la madre e la sorella Antonia, che non aveva ancora conosciuto la gioia di un incontro con l’altra metà del cielo. Antonia si era consumata d’estate al sole degli Alberoni, nota spiaggia li-bera di Venezia, dove si recava con la madre. La sua pelle, diventata simile alla crosticina dei polli bene arrostiti, era ragione di orgoglio piuttosto che di preoccupazione. Per anni, aveva creduto che la sua giovinezza si fosse ingessata, mentre da tempo compari-vano sulle sue gote solchi simili a quelli che gli aratri di un tempo la-sciavano nella terra dura. Antonia era una presenza costante a casa del fra-tello e della cognata, anche se era vi-sta dai nipoti, Carolina e Luca, con una certa diffidenza per la sua durez-za da istitutrice nelle lunghe giornate durante le quali li accudiva. Marcella passava tutto il giorno fuori a causa del lavoro: la cognata, non avendo mai lavorato, si recava da Venezia a casa dei nipoti per occu-parsi di loro. Quando le difficoltà tra i due coniugi diventano insostenibili,

Marcella si ritrova sola, con due figli piccoli a cui badare e con la defezione della cognata che, bene o male, aveva contribuito fino ad allora con la sua presenza all’accudimento dei nipoti. Marcella viene da una famiglia soli-da, dove le donne sono abituate al lavoro e sfortunatamente sia la nonna materna che la madre, rimaste sole per la morte precoce dei mariti, si erano duramente allenate a crescere i figli, lavorando sodo. Marcella aveva preso dalla madre e dalla nonna la forza e il senso di responsabilità per affrontare delle difficoltà e pareva non avere risentito più di tanto della dipartita di Renzo. Come le donne della sua famiglia, anche lei, molto presto era rimasta sola. Il marito non era deceduto, ma l’aveva lasciata. Dopo la separazione Renzo pare non occuparsi proprio dei figli: riprende a uscire con i vecchi amici e a gioca-re a carte presso i bàcari disseminati a Venezia, tarda a pagare l’assegno mensile all’ex moglie e spesso se ne scorda per mesi. Marcella cerca sostegno, oltre che nella sua famiglia d’origine, anche nell’am-bito di un gruppo di genitori separati dove può scambiare la propria con le altrui esperienze e condividere non solo il tempo del consueto incontro settimanale, ma spesso la domenica, le gite, le uscite, le feste di compleanno.Si tratta di un periodo intenso e fati-coso. La mattina questa madre corre ad accompagnare i figli a scuola. Con altre mamme è riuscita a stabi-lire un accordo di mutua solidarietà, così, a rotazione, una di loro si porta a casa anche i figli degli altri finché il genitore non rientra dal lavoro.

Sofferenza del figlio adolescente❚❚

Intanto Carolina e Luca crescono. Carolina sviluppa un’alleanza inten-sa con la madre e a 17 anni è una giovane ragazza più matura della sua età anagrafica. Il fratello Luca di due anni più piccolo spesso litiga con la madre e la sorella. Le vede alleate e nello stesso tempo sente la sofferenza per l’assenza del padre. Una sera Marcella rientra stanca dal lavoro e dalla visita fatta alla madre malata di tumore e in uno stato ter-minale. Luca è al computer, come al solito. La madre lo chiama e pure la sorella: lo invitano a scendere per ce-na. Luca si arrabbia per l’insistenza e preso da un accesso d’ira urla alla madre degli improperi, scaraventan-do giù dalle scale un pacco di libri. La madre, già provata dalla sua giorna-ta, ha un tracollo emotivo, piange e gli urla: “Ho sempre saputo che non mi buoi bene, che non vedi l’ora che muo-ia, così sei libero di fare ciò che vuoi: di andare ad atletica quando vuoi, di sta-re al computer per intere notti, di non far nulla in questa casa, anche quando mi vedi stremata. Me ne vado!”. Marcella prende la porta ed esce. Carolina la rincorre, ma prima di uscire a sua volta, grida al fratello: “Ha ragione la mamma, tu ci vuoi morte tutte e due. Non ci vuoi be-ne!”. Marcella vaga a piedi a lungo per il paese. Carolina la raggiunge e cerca di consolarla come può. Quan-do rientrano a casa, sono quasi le 23,00. Luca è già a letto. Madre e fi-glia si coricano angosciate. Il mattino dopo è Luca ad uscire prima di casa, senza essere svegliato

M

D i a r i o a m b u l a t o r i a l e

24 M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011

come di consueto dalla mamma. Prima di andarsene, però, lascia sul tavolo una lettera. È Marcella che mi porta quella lettera da leggere (ndr: che riportiamo “integralmente”), preoccupata di perdere quel figlio che non sa proprio come prendere.

Per Marcella, Carolina, Famiglia P…“Io, non so chi vi ha detto che non vi voglio bene, io, forse, non riesco a dimo-strarvelo, ma io vi voglio bene. E, so, che vi faccio arrabbiare, ma sto crescendo, abbiate pazienza. Riguardo al computer io propongo una cosa: * se studio mi collego, fino alle 22 circa (entro 22 e 10)* se non studio non mi collego. E, voi, come fate a dire che quando morirete è meglio?! Siete pazze o cosa! Spero mi ca-pirete, anche se so di sbagliare, aver sbaglia-to. Dimostratemi che x voi conto qualcosa! Se mi toglierete psp, computer e atletica, è peggio x voi! No per me, non dovete fare niente, lasciarmi crescere! E aiutarmi! Se non mi aiutate voi, e, dato che mio papà non mi aiuta, da chi vado? dalle suore? E io, voglio bene alla gente, anke se non sembra, stessa cosa capita con i miei poki amici.Io vi voglio beneTengo a voiLucaP.S.: Quando lo hai letta, mi mandi un sms sul cel Tim! con scritto cosa ne pen-si….Grazie!P.S.2: So di essere testardo! E stupido!

Commento❚❚

La difficile ricerca del proprio sé dell’adolescente che gli permetterà di conseguire l’individuazione e la differenziazione, passa necessaria-mente per un processo di continua mediazione e sperimentazione, co-me nel caso presentato. Luca è un ragazzo che soffre dell’as-senza del padre, del quale non sente di potersi fidare, ma ha bisogno di “sen-tire” che l’altro genitore si fida di lui, lo lascia provare e, nello stesso tempo gli fa sentire che comunque vadano le cose, la sua casa, la sua famiglia che rappresentano le sue certezze, ci sono sempre. La lettera di Luca, inoltre, di un can-dore e di una tenerezza infinita, sottolinea quanto i figli siano fedeli e

riconoscenti ai genitori, attraverso quelle che Boszormenyi-Nagy chia-ma “lealtà invisibili”. Si tratta di un’esperienza forse desueta per il medico di famiglia incontrare l’ado-lescente che fisicamente sta bene. Spesso ci confrontiamo con genitori preoccupati o spaventati come Mar-cella. Il nostro compito è di accogliere e sostenere. Insomma, è come fare il genitore del genitore. Come in questo caso non è solo sufficiente, ma anche efficace.

Approfondimento➤ Adolescenza: evoluzione nella storiaCol termine “adolescenza” si inten-de quel periodo dello sviluppo della vita di un individuo che si colloca tra l’infanzia e fanciullezza e l’età adulta o la prima parte di essa intesa come giovinezza. Questa fase “evo-lutiva” va all’incirca dai 14 anni fino ai 17-19 anni ed è caratterizzata da una serie di trasformazioni di ordi-ne fisiologico, psicologico e sociale e come tale si configura come fase di transizione fra i ruoli sociali dell’in-fanzia e quelli della maturità. In tal senso è questo un periodo di crisi e di apprendimento. Dal punto di vista sociologico, la gioventù è il periodo della vita di un uomo in cui la società nella quale egli vive non lo considera più un bambino, senza peraltro riconoscer-gli pienamente lo status, i ruoli e le funzioni dell’adulto.Col termine adolescenza si indica anche il periodo della crescita umana che sbocca nell’età adulta, ed ha come limiti cronologogici medi gli 11-12 anni da un lato e dall’altro i 18-20. Si tratta di un periodo particolar-mente importante della vita dell’uo-mo, in quanto è caratterizzato da profonde trasformazioni fisiche e psichiche, che sono destinate a con-durre alla maturazione generale del soggetto. Ciò che appare evidente da queste prime definizioni di adole-scenza è che quest’ultima deve esse-re considerata come un periodo va-riabile e nel corso della storia la sua

estensione si è più volte modificata in seguito a molteplici fattori quali l’elevazione della soglia minima di istruzione obbligatoria, i mutamenti della struttura familiare e dei rap-porti interni ad essa, ecc. Quando parliamo di fase adolescen-ziale dobbiamo intendere non solo un evento fisiologico, quindi uno svilup-po somatico, fisico e biologico (l’even-to che caratterizza questa fase è, infat-ti, il raggiungimento della maturità sessuale), ma anche una fase caratte-rizzata da uno sviluppo psichico e sociale e soprattutto il diverso signifi-cato che questa fase della vita assume a seconda del contesto sociale. Infatti, è di fondamentale importan-za considerare la gioventù non solo dal punto di vista delle determinan-ti biologiche, bensì anche come feno-meno condizionato socialmente e soggetto al mutamento storico. Il concetto di adolescenza è un’in-venzione e un risultato della moder-nizzazione sociale dalla metà del Diciottesimo secolo. Prima di tutto è necessario evidenziare il fatto che storicamente non esiste un mondo proprio dei giovani che si differenzi da quello degli adulti. Inoltre, si de-ve dire che dal Medioevo sino al Diciottesimo secolo i due mondi, quello degli adulti e quello dei gio-vani, risultano uniti: non esiste dun-que quella fase intermedia che oggi definiamo come adolescenza. Infatti, prima dell’avvento dell’industrializ-zazione, il bambino veniva mandato ad apprendere un mestiere come garzone presso una bottega artigia-na, dove il “maestro” gli insegnava le tecniche e i segreti dell’arte.Tale condizione è stata messa in evi-denza da Philippe Aries, che nella sua opera “Padri e figli nell’Europa medioevale e moderna” sottolinea co-me nel Medioevo il bambino, appe-na tolto dalle fasce, veniva integrato nel mondo degli adulti condividen-done i giochi, la vita sociale e il mo-do di vestire (questo è ancora più chiaro se osserviamo le rappresenta-zioni nelle arti figurative). Ciò che segnava il passaggio del bambino dall’infanzia all’età adulta era il raggiungimento dell’autonomia fisica. Il bambino veniva dunque con-

D i a r i o a m b u l a t o r i a l e

siderato come un “piccolo adulto”. Da tutto ciò si deduce che “non si aveva nessuna nozione di quella che chia-miamo adolescenza, che si tratta di un’idea di lenta formazione”. Per arrivare a inquadrare la fase adolescenziale come fase intermedia tra l’infanzia e età adulta era neces-sario distinguere la stessa da queste ultime. Prima di tutto nel XVII seco-lo si inizia ad attribuire alla parola infanzia il moderno significato ri-stretto, anche se ancora non si pen-sava di far terminare questa fase con la pubertà. L’idea di infanzia si lega-va ancora all’idea della dipendenza. Solo nel XIX secolo con l’introduzione in Francia del termine “bebè” (dall’in-glese baby) viene fissata tale età. Tra il XVIII e il XIX secolo vi sono degli im-portanti avvenimenti che portano alla nascita dell’adolescenza. Prima di tut-to viene recepita l’idea dell’innocenza dei piccoli impostasi nella cultura do-minante lungo il secolo precedente (gli adulti cambiano atteggiamento

nei confronti degli infanti: si mostra più attenzione nei confronti delle loro esigenze, cresce il senso di responsa-bilità dei genitori e si ha un progressi-vo isolamento dei bambini dal mondo degli adulti). Importanti sono anche le innovazioni a livello legislativo: in molti Paesi ha cominciato a trovare seguito persino l’idea dell’obbligato-rietà della scuola primaria. Alla fine dell’Ottocento, a causa dello sviluppo del fenomeno del lavoro dei bambini nelle fabbriche, in seguito al processo di industrializzazione, diver-se legislazioni cominciarono a fissare limiti rigorosi di età minima per il la-voro in fabbrica. Si creava così una fa-scia d’età vuota, che si inseriva tra in-fanzia e età adulta: da questo momento si inizia a parlare di adolescenza.

➤ Adolescenza: teoria psicologica e teoria sociologicaUno dei primi ad occuparsi del tema dell’adolescenza e della formazione dell’identità è stato sicuramente E.H.

Erikson: egli sostiene, infatti, che il compito evolutivo specifico dell’adole-scenza sia la formazione dell’identità. L’adolescente deve quindi fare fronte a un processo dinamico che gli per-mette di essere se stesso nel diveni-re, ma che gli crea anche numerosi problemi. Nell’adolescenza si verifi-ca, infatti, un processo di differen-ziazione dell’immagine di sé rispet-to a quella che si aveva durante l’in-fanzia, caratterizzata da una conce-zione di sé stessi non derivante dalla propria volontà ma dal rapporto con le figure parentali. Quindi in questo periodo di vita l’individuo abbandona l’immagine di sé e del proprio corpo costruita dai genitori per iniziare la presa di coscienza di nuove caratteristiche fisiche e psicologiche. La teoria psi-cologica e quella sociologica, se da un lato sono d’accordo sull’impor-tanza da attribuire al processo di transizione, divergono sulle cause e sulle caratteristiche di tale processo.

R i c e r c h e

26 M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011

Prevenzione delle cadute negli anziani Luigi Cerrone

Coordinatore sanitarioMichela Perissinotto

Assistente socialeCentro Assistenza Anziani

Maniago (PN)

Con l’obiettivo di migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria sono stati raccolti i dati relativi alle cadute degli ospiti di un centro di assistenza per anziani. Sono emerse alcune riflessioni, tra cui la necessità di modifiche ambientali delle strutture e, in ambito clinico, la necessità della costante rivalutazione delle terapie farmacologiche negli anziani in un’ottica di prevenzione

obiettivo principale dell’in-dagine che viene presentata, condotta dalle infermiere professionali in servizio nel-

la struttura “Centro di assistenza an-ziani” nel Distretto Nord Maniago (PN) dell’Ass 6 Friuli Venezia Giulia, è stato quello di rivalutare il metodo di lavoro adottato al fine di migliorare la qualità dell’assistenza agli ospiti.

Metodi della ricerca❚❚

In questa indagine sono stati raccol-ti i dati inerenti alle cadute degli ospiti del Centro Assistenza Anzia-ni di Maniago negli anni 2009-2010 paragonati tra loro per potere rile-vare delle informazioni utili al con-trollo e quindi alla possibilità di di-minuire questo rischio.Le schede sono state impostate in mo-

do da poter raccogliere le generalità dell’ospite (nome, cognome e data di nascita), il luogo dove è avvenuta la caduta, le modalità (dove possibile) eventuali interventi effettuati e il dan-no dell’ospite quando questo si è pre-sentato. Inoltre si segnala se c’è stato intervento medico o del servizio 118.

➤ Considerazioni Da una prima valutazione dei dati rac-colti, si può osservare che:• le cadute sono avvenute per la mag-gior parte in ospiti di età superiore agli ottantaquattro anni;• nel 2010 la causa principale è stata la perdita di equilibrio, seguita dalla caduta dalla carrozzella e dal scivola-mento (figura 1);• circa il 50% delle cadute ha coin-volto ospiti in condizioni psicofisi-che normali, il 25% ha interessato

ospiti in stato d’agitazione (figura 2).Nel 60% dei casi non vi sono state conseguenze relative alle condizio-ni degli ospiti. Nessun intervento di tipo medico e di ingressi al P.S. è stato effettuato. Le cadute hanno comportato lesio-ni leggere, quali escoriazioni agli arti o ematomi e hanno richiesto semplici medicazioni o applicazio-ni di ghiaccio. “Solo” 2 ospiti nell’anno 2009 successivamente al-la caduta hanno riportato la frattu-ra del femore con ricovero presso il nosocomio di Spilimbergo.

➤ Verifiche delle terapieNella realtà della casa anziani di Maniago, da parte dei medici di me-dici di medicina, coadiuvati dal pre-zioso lavoro delle infermiere, vi è sempre una reale valutazione sull’ef-

L’

0 -

10 -

20 -

30 -

40 -

50 -

60 -

70 -

80 -

90 -

2009 62 3 3 8 3 9 36 862010

20092010

■ 2009■ 2010

■ 2009■ 2010

50 0 4 2 3 12 29 88

Totale cadute

Uten

ti (n

umer

o)Ca

dute

(num

ero)

Meno 65 65-69 70-74 75-79 79-84 Maggiore 84 Ospiti totali

20092010

■ 2009■ 2010

Cadu

te (n

umer

o)

0 -

10 -

20 -

30 -

40 -

50 -

60 -

70 -

23 1 18 4 7 9 6210 2 21 0 11 6 50

Scivolata Caduta dal letto Perdita equilibrio Malore Caduta carrozzella Ignota Totale cadute

0 -

10 -

20 -

30 -

40 -

50 -

60 -

70 -

33 25 0 0 4 6229 21 0 0 0 50

Normali Agitazione Sudorazione palmare Sofferenza Confusione Totale cadute

Figura 1

Cause principali delle cadute (dati 2009-2010)

R i c e R c h e

M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011 27

fettiva necessità di prescrizione di farmaci psicotropi che possono pro-vocare nell’anziano stati di sedazio-ne, confusione, disorientamento, e ancora effetti collaterali come ipo-tensione, agitazione, disturbi dell’umore e della percezione, sudo-razione, visione offuscata.Periodicamente vengono effettuate delle verifiche sulle terapie prescrit-te, eliminando i farmaci non più ne-cessari.Per ridurre numero di cadute, si è cercato di operare anche a livello am-bientale usando colori tenui per le pareti, una illuminazione adeguata diurna e notturna, utilizzando siste-mi di allarme alle uscite, letti bassi, sedie con braccioli. Per quei pazienti particolarmente a rischi per cadute è stato improntata un’assistenza perso-nalizzata che tenga conto anche dell’aspetto caratteriale.Nonostante si cerchi di agire a più livelli per ridurre le cadute, queste non verranno mai eliminate del tut-to perché accompagnano il naturale declino psicofisico dell’anziano.

Note sull’organizzazione❚❚

Durante gli anni 2009-2010 l’orga-nizzazione dell’assistenza presso il Centro Assistenza Anziani di Ma-niago ha subito diverse modifica-zioni finalizzate a garantire all’ospi-

te residente un’assistenza sempre più qualificata e qualificante.A corollario degli interventi posti in essere dal servizio infermieristico e dai Mmg, un impegnativo lavoro ha visto coinvolti gli operatori nell’ela-borare con la direzione della struttu-ra un piano che garantisse oltre alla sorveglianza sempre attiva, attività che potessero a più livelli impegna-re e coinvolgere i residenti attraver-so programmi di deambulazione e di animazione.Nel concreto, in collaborazione con il servizio di fisioterapia sono state in-centivate attività di deambulazione assistita e animazione motoria con la finalità di coinvolgere l’ospite e man-tenere, ove possibile recuperare, au-tonomia nell’azione quotidiana.Con il servizio di animazione attivo in struttura sono stati pensati pro-grammi che coinvolgessero gli ospiti sia ai piani di degenza sia in labora-torio per centri di interesse e in rela-zione al grado di autonomia. Ciò ha permesso di mantenere l’at-tenzione dell’ospite catturata da altre attività e meno concentrata sull’idea-zione del dovere fare cose o raggiun-gere altri luoghi. Attività gradite qua-li i beauty center per le donne, la vi-sione di programmi sportivi per gli uomini, tengono l’ospite impegnato anche per il tempo dell’attesa, condi-zionando in senso positivo e fattivo il

tempo che scandisce le attività di cura della giornata.Da un punto di vista strutturale inoltre sono state attivate tutte le misure utili a ridurre il rischio di inciampo: non vi sono barriere ar-chitettoniche, gli spazi sono liberi per la deambulazione, l’illuminazio-ne diurna e notturna è adeguata.Pur anche con tutti gli interventi strutturali e organizzativi attivati a vario titolo all’interno di questo Centro Assistenza Anziani, le carat-teristiche personali di alcuni ospiti fanno sì che non si riesca sempre a prevenire il rischio di caduta e che le stesse siano da pensarsi quale caratteristica endogena dell’essere anziano.Il fatto che la maggior parte delle cadute riguardi ospiti in condizioni psicofisiche normali rientra proprio in questa ultima osservazione: l’an-ziano non sempre è disponibile ad accettare i limiti che l’età stessa gli impone e prova a “fare” pur metten-dosi in situazione di pericolo.È l’operatore che deve accompagnar-lo ad accogliere il naturale e normale declino psicofisico e il limite natura-le che questo comporta. L’attenzione va posta nello stimolare e accudire senza far sentire la persona comple-tamente dipendente ma andare in-sieme in questa nella nuova fase della vita. (mp)

0 -

10 -

20 -

30 -

40 -

50 -

60 -

70 -

80 -

90 -

2009 62 3 3 8 3 9 36 862010

20092010

■ 2009■ 2010

■ 2009■ 2010

50 0 4 2 3 12 29 88

Totale cadute

Uten

ti (n

umer

o)Ca

dute

(num

ero)

Meno 65 65-69 70-74 75-79 79-84 Maggiore 84 Ospiti totali

20092010

■ 2009■ 2010

Cadu

te (n

umer

o)

0 -

10 -

20 -

30 -

40 -

50 -

60 -

70 -

23 1 18 4 7 9 6210 2 21 0 11 6 50

Scivolata Caduta dal letto Perdita equilibrio Malore Caduta carrozzella Ignota Totale cadute

0 -

10 -

20 -

30 -

40 -

50 -

60 -

70 -

33 25 0 0 4 6229 21 0 0 0 50

Normali Agitazione Sudorazione palmare Sofferenza Confusione Totale cadute

Figura 2

Condizioni generale degli ospiti nel momento della caduta (dati 2009-2010)

I n d a g i n i

28 M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011

Qualità di vita e bisogni dei pazienti reumaticiLo studio osservazionale RAPSODIA rappresenta la prima ricerca clinicamente validata volta a verificare l’impatto sulla vita dei pazienti colpiti da malattie invalidanti dal carattere cronico e infiammatorio, come artrite reumatoide, artrite psoriasica e spondilite anchilosante. La dettagliata indagine ha preso in considerazione i molteplici aspetti della quotidianità di una popolazione numericamente importante

e malattie reumatiche sono la prima causa di disabilità nel mondo occidentale e condizionano pesantemente

la vita dei pazienti, per lo più gio-vani e in età lavorativa, devastan-done la quotidianità, la vita di rela-zione e la capacità di svolgere le principali attività, e sono considera-te la principale causa di perdita di giornate lavorative.Proprio per questi motivi nella loro valutazione l’attenzione dei ricerca-tori si sta rivolgendo anche alla di-mensione soggettiva, al cosiddetto punto di vista del paziente. È in que-sta direzione che è stato svolto lo studio osservazionale RAPSODIA (La Qualità di Vita e i bisogni dei pazienti con Artrite Reumatoide, Artrite Psoriasica e SpOnDIlite An-chilosante) la prima ricerca realizza-ta con un focus “paziente-centrico”: è il paziente al centro della ricerca, è lui che ha fornito le informazioni e non il medico a estrapolarle con l’anamnesi. Agli oltre 700 pazienti italiani ar-ruolati è stato somministrato un questionario con circa 60 domande, tese a investigare le problematiche legate alle patologie; l’impatto sulla qualità di vita (QdV), la percezione dei risultati della terapia sulla sinto-matologia e sulla progressione della malattia, le necessità non soddisfat-te (unmet needs) derivate dalla tera-pia tradizionale e/o con farmaci bio-logici, i vantaggi percepiti con l’in-troduzione di questi ultimi.Lo studio conferma il drammatico impatto di queste malattie sulla vita dei pazienti, ma illustra anche la svolta resa possibile con l’avvento delle terapie biologiche.

Principali risultati❚❚

Nella ricerca sono stati coinvolti 743 pazienti (432 donne e 311 uomi-ni) di 16 Centri di reumatologia italiani: 328 con artrite reumatoide, 215 con artrite psoriasica e 200 con spondilite anchilosante. In primis lo studio ha confermato un dato noto e che ancora oggi è oggetto di ri-flessione, ovvero il lungo intervallo di tempo che passa dall’esordio dei sintomi al riconoscimento di malat-tia (figura 1). ■ Sintomatologia: dolori diffusi e gonfiore alle articolazioni (52%), ri-duzione della mobilità (26%) e a

seguire dolore alla schiena (26%), rigidità articolare al risveglio (19%), difficoltà a camminare (22%) e nella presa (18%) sono i sintomi maggior-mente riportati dai pazienti. ■ Qualità di vita: lo studio confer-ma il dato di un pesante impatto e per il 72% dei pazienti la vita è mol-to condizionata dalla malattia. Tra le modificazioni percepite come maggiormente rilevanti, il 69% in-dica l’incapacità di eseguire attività domestiche e di avere cura delle necessità familiari, il 43% l’impos-sibilità di dormire o riposare ade-guatamente, il 25% quella di vestir-si da soli.■ Stato psicologico: dalla condizio-ne invalidante che producono le malattie reumatiche deriva la per-cezione di una sofferta condizione psicologica, dominata da sconforto e prostrazione: il 63% si sente avvi-lito per le inabilità acquisite, il 57% è costretto a convivere con stati di ansia e/o depressione, il 39% ha vi-sto crescere il suo livello d’irritabili-tà, il 21% ha avuto problemi della sfera sessuale.■ Ripercussioni sulle attività lavo-rative: per tutti l’insorgere della pa-tologia ha comportato una riduzione media dei guadagni pari al 9.3%; il 34.6% ha avuto difficoltà a essere ef-ficiente; l’11.7% ha dovuto assentarsi per un maggiore numero di giorni per malattia; il 7.9% è stato costretto a smettere di lavorare. ■ Terapie biologiche: rispetto a un quadro di così grande difficoltà, l’avvento delle terapie biologiche ha costituito un vero turning point, con-sentendo di soddisfare le necessità essenziali che permangono quando le terapie tradizionali falliscono. Il

L

Età esordio (media anni) 37.5Età diagnosi (media anni) 41.5

Età esordio Età diagnosi0 -

45 -

40 -

35 -

30 -

Media anni

n=743

37.5

41.5

ΔT tra esordio e diagnosi: 3.9

Figura 1

Età all’esordio dei sintomi e tempo fra esordio e diagnosi di malattia

A che età ha avuto i primi sintomi che ora riconosce essere stati i sintomi

di esordio della sua malattia?A che età Le è stata diagnosticata

la malattia?

I n d a g I n I

M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011 29

94% dichiara, infatti, che la sommi-nistrazione dei farmaci biologici è in grado di alleviare completamen-te i sintomi delle patologie. Ciò è particolarmente vero nel caso della spondilite anchilosante, a fronte del 50% circa di pazienti che dichiara di non avere ricevuto alcun miglio-ramento dei sintomi dalla terapia convenzionale. La medesima percentuale ritiene che i farmaci biologici siano più efficaci nel migliorare la QdV e la capacità di eseguire le attività quo-tidiane, a conferma di quanto la percezione dei sintomi delle malat-tie reumatiche autoimmuni corri-sponda a un reale deterioramento del “vivere”. Inoltre, il numero dei pazienti con artrite reumatoide che riesce ad avere più di 15 “giorni buoni” (quelli, nell’arco di un mese, nei quali i pazienti possono alzarsi senza avvertire dolore) dopo le te-rapie biologiche passa da 16 (7.3%) a 145 (65.9%) a fronte di un aumento solo da 12 (11.3%) a 38 (40.9%) regi-strato nel numero dei pazienti in terapia convenzionale. Nella spon-dilite anchilosante il beneficio dei biologici è maggiore: il 78.1% di-chiara di avere più di 15 “giorni buoni” grazie alla terapia, a fronte del solo 26.8% nei trattati con far-maci convenzionali.Anche dal punto di vista lavorativo i dati relativi alle terapie biologiche

indicano un netto miglioramento delle performances: il 75% degli inter-vistati afferma che, dall’assunzione dei farmaci biologici ha visto au-mentare il numero dei giorni in cui, per assenza di dolore e contrazioni nel movimento, ha potuto lavorare.Un ulteriore punto di forza offerto dalle più recenti terapie biologiche è la possibilità di autosomministra-zione mensile, preferita dal 69% dei pazienti in trattamento.In sintesi, la valutazione complessi-va dei pazienti sul trattamento con farmaco biologico risulta positiva per quasi la totalità dei pazienti (tabella 1).Anche se dallo studio emergono an-che dei bisogni non completamente coperti dai farmaci biologici e che si riferiscono principalmente alla mo-dalità di somministrazione dei far-maci, che sembra recare dolore e di-sagio nei pazienti. In particolare per circa il 22% dei pazienti l’inezione provoca malessere generale, dolore, irritazione/dolore.

Riflessioni❚❚

Secondo il Prof. Roberto Giacomelli, Direttore del Dipartimento di Reu-matologia, Università degli Studi dell’Aquila e responsabile dello studio RAPSODIA, il dato più rile-vante che emerge dall’analisi dei dati è senz’altro che l’avvento delle terapie biologiche ha ridotto i biso-

gni non soddisfatti dei pazienti che le assumono, migliorando sia la QdV di chi ne è affetto sia la perce-zione che essi hanno della loro stessa vita.Ulteriore dato di conoscenza e di ri-flessione emerso dallo studio è che la percezione migliore della vita che hanno questi pazienti permette di recuperare una grandissima quanti-tà di giornate lavorative, altrimenti perse quando la terapia biologica non era ancora utilizzata. Da questo punto di vista l’impatto sociale di questo studio è notevole perché conferma la possibilità di abbattere i costi indiretti delle pato-logie reumatiche. Da RAPSODIA è infatti emerso che la condizione dei pazienti in terapia convenzionale non responder al trattamento è molto simile a quella dei pazienti non trat-tati, con un risultato non solo pena-lizzante per loro, ma che incide pe-santemente sulla bilancia dei costi indiretti. Inoltre una grande quantità di pa-zienti presenta un forte disagio psicologico, che alcune volte si ma-nifesta con stati depressivi di di-verse entità. Dallo studio emerge che, anche da questo punto di vi-sta, una terapia efficace, miglioran-do la percezione di salute che ha il paziente, è in gradi di modificare lo stato dell’umore: pur non essen-do a base di farmaci di ambito psi-chiatrico, le terapie biologiche per-mettono di correggere tutte quelle alterazioni dell’umore che sono “classiche” di chi ha una malattia cronica e sviluppa una depressione reattiva, contro la quale è poi molto difficile intervenire.

Tabella 1

Valutazione sul trattamento con farmaci biologici

In quale misura è d’accordo o in disaccordo con le seguenti affermazioni in meritoal suo attuale trattamento con farmaci biologici?

Totale D’accordo n = 516

• Rallenta la progressione di malattia 515 495 (97%) • Rallenta l’avanzamento delle deformità articolari 514 489 (96%) • Assicura sollievo di lunga durata 512 482 (95%) • Dà sollievo rapidamente 511 452 (89%) • Provoca meno ricadute (ricomparsa dei disturbi) 507 472 (93%) • L’iniezione provoca malessere generale 505 99 (19%) • L’iniezione provoca dolore 504 104 (20%)• L’iniezione provoca irritazione/dolore 501 134 (26%)

In disaccordo

20 (3%)25 (4%)30 (5%)59 (11%)35 (7%)

406 (81%)400 (80%)377 (74%)

Un video di approfondimento è disponibile sul portale www.mdwebtv.it,

visualizzabile anche con smartphone/iphone attraverso il presente QR-Code

M o n i t o r

30 M.D. Medicinae Doctor - Anno XVIII numero 15 - 14 dicembre 2011

xCompliance nel diabete: metformina solubile

��� Una nuova formulazione solubi-le di metformina, l’antidiabetico

considerato terapia di riferimento per il diabete di tipo 2, è disponibile dallo scorso novembre. La disponibi-lità di metformina polvere in bustine monodose (850 e 500 mg) solubile in acqua e altre bevande è un’importan-te novità per favorire la compliance terapeutica (le compresse del farma-co possono raggiungere dimensioni fino a 1x2 cm), soprattutto nei sog-getti anziani, spesso affetti da co-morbidità e nella condizione di assu-mere molti medicinali.Una recente indagine, commissiona-ta a Gfk Eurisko da Merck Serono (l’azienda che nel 1957 ha reso dispo-nibile metformina e oggi metformi-na polvere), che ha interessato un campione di 180 persone con diabete rappresentativo della realtà naziona-le, ha rilevato che un diabetico pren-de in media 6.2 tra compresse e capsule per “curare le sue malattie” correlate al diabete: ipertensione (58%), ipercolesterolemia (44%), di-sturbi circolatori (17%), insufficienza renale (5%). Ben il 38% delle persone con diabete che hanno risposto al questionario ha dichiarato di dimen-ticarsi a volte di prendere le com-presse. In media ciò accade 4 volte al mese. Inoltre, il 72% degli intervistati ha lamentato qualche problema nell’assumere gli antidiabetici, citan-do tra le principali difficoltà le di-mensioni (22%) e l’elevato numero di compresse che si devono assumere nel corso della giornata (16%).

xMedici e pazienti contro l’epatite

��� Medici e pazienti uniti nel com-battere l’epatite. È dalla volontà di

FIRE (Fondazione Italiana per la Ricer-ca in Epatologia) ed EpaC (associazio-ne di pazienti) che è nata “Alleanza contro l’Epatite” (ACE). Obiettivo pri-

mario è quello di sensibilizzare opi-nione pubblica e istituzioni sulla rile-vanza e sulla necessità di attenzione sulle epatiti e malattie del fegato. ACE ha silato un “Manifesto” che, basandosi sulla risoluzione dell’OMS 63.18, richiede per l’Italia un piano d’azione urgente per ridurre il peso sociale delle epatiti virali. Il Manife-sto può essere sottoscritto al sito www.alleanzacontroepatite.it.Per l’Alleanza i dati sulla diffusione delle infezioni virali da virus B e C, il loro impatto in termini di costi sul Servizio sanitario nazionale, nonché sullo stato di salute e sulla qualità di vita dei cittadini, rappresentano ele-menti che rendono improcrastinabile una risposta organica da parte delle istituzioni in termini di politiche so-ciali e sanitarie. ACE ritiene necessa-rio che sia riconosciuta a tali infezio-ni virali una specifica rilevanza in termini di programmazione socio-sanitaria ai diversi livelli: nazionali, regionali e locali e mette in evidenza come l’ultimo Piano sanitario nazio-nale non sembra rispondere adegua-tamente a quest’esigenza.

xItaliani sempre più stressati

��� Secondo un’indagine condotta su un campione di italiani fra i

18 e i 64 anni promossa da ANIFA (Associazione Nazionale dell’Indu-stria Farmaceutica dell’Automedica-zione), lo stress colpisce 8 persone su 10, con una netta prevalenza del-le donne, rispetto agli uomini. Il 58% degli intervistati ha dichiarato che il proprio livello di stress è au-mentato negli ultimi anni.Il lavoro (54%) e i problemi economi-ci (46%) sono i due principali ambiti in cui si sviluppano situazioni di stress, ma non mancano il traffico (13%) e la situazione politica (12%). A farne le spese è l’organismo, sotto-posto a una fatica fisica e mentale continua necessaria per mantenere lo stato di “allerta” e il disagio si manifesta spesso con mal di testa, dolori muscolari, disturbi del sonno,

herpes, coliche addominali, stipsi/diarrea, bruciori di stomaco e cattiva digestione. Ogni individuo risponde però in maniera diversa allo stimolo stressante, tuttavia i sintomi “soma-tici”, che sono spesso molto distur-banti, sono facilmente trattabili an-che dal soggetto stesso. Quando si presentano isolatamente e in manie-ra non continuativa, la loro gestione può essere affidata all’adozione di corretti stili di vita e al ricorso re-sponsabile all’automedicazione.

xMicrobiologia clinica e opportunità diagnostiche

��� Potenziare la collaborazione e la comunicazione tra professionisti

in laboratorio, medici e farmacisti. È questo il messaggio emerso nel corso del recente Congresso nazionale dell’Associazione Microbiologi Clinici Italiani che si è svolto Rimini. I tempi della medicina richiedono oggi rispo-ste molto più rapide: i microbiologi hanno richiamato quindi l’attenzione sul proprio ruolo nella gestione della salute, lavoro che si svolge dietro le quinte, ma che risulta decisivo per individuare patologie, riconoscere il potenziale epidemiologico dei virus e indirizzare verso cure più adeguate e tempestive. In una situazione econo-mica difficile che tende a limitare di-rettamente e indirettamente gli inter-venti diagnostici la corretta e rapida individuazione della patologia infetti-va è un valido strumento per ridurre le spese sanitarie, oltre che per difen-dere la salute dei cittadini.

Un video di approfondimento è disponibile sul portale www.mdwebtv.it,

visualizzabile anche con smartphone/iphone attraverso il presente QR-Code