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ENDOCRINOLOGIA 18 Aprile 1998 Prof. Cirillo INSULINA Una volta secreta dalle cellule, dopo tutta una serie di passaggi a livello epatico, raggiunge il liquido extracellulare ed arriva a contatto con le cellule producendo degli effetti biologici. EFFETTI BIOLOGICI DELL’INSULINA Sono molto diversi tra loro e pressoché su tutti gli organi del corpo. Gli effetti biologici principali consistono nel mediazione di reazioni biologiche che portano in genere alla sintesi di carboidrati complessi a partire da monosaccaridi, all’aumento della sintesi proteica e lipidica. Sono quindi reazioni prevalentemente di tipo anabolico. Assieme a queste azioni cosi dette anaboliche essa è in grado anche di inibire le azioni cataboliche cioè ha anche un effetto anti catabolico infatti inibisce la glicogenolisi, la gluconeogenesi a partire da substrati non glucidici e la lipolisi (degradazione dei tri gliceridi in acidi grassi e glicerolo. Altri effetti molto importanti dell’insulina riguardano il passaggio trans membrana di alcune sostanze come il glucosio (la più studiata). L’effetto biologico più importante dell’insulina è quello di facilitare la diffusione trans membrana di glucosio (passaggio del glucosio dall’esterno all’interno delle cellule. Accanto a questo effetto che sicuramente è quello più importante c’è da ricordare che l’insulina a livello di alcuni tessuti che costituiscono il bersaglio principale dell’effetto ormonale avvengono degli altri fenomeni quali ad esempio a livello delle fibrocellule muscolari il passaggio di alcuni ioni ad esempio il potassio dall’esterno all’interno della cellula in questo modo l’insulina anche a concentrazioni molto basse è in grado di aumentare la polarizzazione delle cellule (effetto polarizzante). RECETTORI Come per tutti gli ormoni idro solubili l’insulina per iniziare la sua azione deve legarsi a delle strutture ad esempio sulle cellule che sono sensibili all’effetto dell’ormone delle strutture che sono i recettori insulinici. A livello di alcuni tessuti di alcuni organi l’azione di interazione tra insulina e recettore è direttamente correlata al suo effetto biologico. I tessuti principali responsabili degli effetti biologici dell’ormone sono rappresentati dal tessuto muscolare (striato e cardiaco), dal tessuto adiposo e dal fegato che è l’organo in grado di produrre il glucosio. Recettori per l’insulina sono stati riscontrati anche in altri tessuti: leucociti (sono i più studiati sono cellule mononucleate del sangue che si ottengono facilmente e quindi molto adatte per lo studio delle interazioni

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Insulina, endocrinologia.

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ENDOCRINOLOGIA 18 Aprile 1998Prof. Cirillo

INSULINA

Una volta secreta dalle cellule, dopo tutta una serie di passaggi a livello epatico, raggiunge il liquido extracellulare ed arriva a contatto con le cellule producendo degli effetti biologici.

EFFETTI BIOLOGICI DELL’INSULINASono molto diversi tra loro e pressoché su tutti gli organi del corpo. Gli effetti biologici principali consistono nel mediazione di reazioni biologiche che portano in genere alla sintesi di carboidrati complessi a partire da monosaccaridi, all’aumento della sintesi proteica e lipidica. Sono quindi reazioni prevalentemente di tipo anabolico. Assieme a queste azioni cosi dette anaboliche essa è in grado anche di inibire le azioni cataboliche cioè ha anche un effetto anti catabolico infatti inibisce la glicogenolisi, la gluconeogenesi a partire da substrati non glucidici e la lipolisi (degradazione dei tri gliceridi in acidi grassi e glicerolo. Altri effetti molto importanti dell’insulina riguardano il passaggio trans membrana di alcune sostanze come il glucosio (la più studiata). L’effetto biologico più importante dell’insulina è quello di facilitare la diffusione trans membrana di glucosio (passaggio del glucosio dall’esterno all’interno delle cellule. Accanto a questo effetto che sicuramente è quello più importante c’è da ricordare che l’insulina a livello di alcuni tessuti che costituiscono il bersaglio principale dell’effetto ormonale avvengono degli altri fenomeni quali ad esempio a livello delle fibrocellule muscolari il passaggio di alcuni ioni ad esempio il potassio dall’esterno all’interno della cellula in questo modo l’insulina anche a concentrazioni molto basse è in grado di aumentare la polarizzazione delle cellule (effetto polarizzante).

RECETTORICome per tutti gli ormoni idro solubili l’insulina per iniziare la sua azione deve legarsi a delle strutture ad esempio sulle cellule che sono sensibili all’effetto dell’ormone delle strutture che sono i recettori insulinici. A livello di alcuni tessuti di alcuni organi l’azione di interazione tra insulina e recettore è direttamente correlata al suo effetto biologico. I tessuti principali responsabili degli effetti biologici dell’ormone sono rappresentati dal tessuto muscolare (striato e cardiaco), dal tessuto adiposo e dal fegato che è l’organo in grado di produrre il glucosio. Recettori per l’insulina sono stati riscontrati anche in altri tessuti: leucociti (sono i più studiati sono cellule mononucleate del sangue che si ottengono facilmente e quindi molto adatte per lo studio delle interazioni ormone recettore. Abbiamo detto che l’insulina facilita l’ingresso del glucosio nelle cellule ci sono delle eccezioni come il SNC (sistema nervoso centrale) in cui la utilizzazione del glucosio quindi il passaggio del glucosio dentro le cellule non è sotto l’effetto dell’insulina. Questo è un meccanismo di protezione perché altrimenti nel paziente diabetico potrebbe capitare che il SNC ha bisogno di glucosio come sub strato obbligato non lo potrebbe utilizzare perché manca l'insulina. Altri fenomeni che non sono influenzati dall’insulina e che riguardano il glucosio sono il riassorbimento del glucosio nei tubuli renali e l’assorbimento del glucosio a livello intestinale. Per quello che riguarda le caratteristiche del recettore insulinico sappiamo che ha una struttura ?etero? tetramerica essendo costituito da 4 sub unita. Due sono denominate sub unita e sono quelle a più elevato peso molecolare e due a peso molecolare più basso dette . Le sub unita più grandi sono situate (sporgono) all’infuori della membrana cellulare, le sub unita beta stanno prevalentemente dentro la cellula (sporgono). Queste sub unita sono tenute assieme da ponti disolfuro la cui creazione è facilitata da residui di cisteina. L’interazione ormone recettore sembra avvenire sulle sub unita a peso molecolare più elevato (alfa).Un altro peculiarità del recettore insulinico è la attività tirosinchinasica della sub unita beta cioè è in grado di fosforilare i residui di tirosina di altre proteine. I recettori vengono sintetizzati all’interno della cellula nelle membrane ?microsomiali? ad alta densità. Subiscono durante la migrazione verso la superficie cellulare un processo di maturazione dopodiché si raggruppano sulla superficie cellulare dove può avvenire la interazione con l’ormone stesso. Una volta avvenuta l’interazione ormone recettore il complesso che si forma viene internalizzato in vescicole endocitosiche che possono fondersi tra di loro e parte dell’ormone contenuto esplica i suoi effetti biologici, parte viene inattivato insieme ai recettori a livello delle strutture lisosomiali da parte di enzimi di tipo proteasico. Quindi grossa parte dell’azione ormonale avviene all’interno delle cellule una

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volte che è avvenuta l’interazione insulina recettore. La maggiore parte dell’insulina viene inattivata nell’organismo con questo meccanismo lisosomiale.

REGOLAZIONE DEI RECETTORI INSULINICI Il principale regolatore dell’interazione ormone recettore è costituito dalla concentrazione ormonale. All’aumentare delle concentrazioni di insulina la affinità dell’ormone per il recettore si riduce (down regulation). Quando le concentrazioni di insulina si riducono (insulinemia bassa) aumenta la affinità del recettore per l’ormone. Prendendo una cellula qualunque esistono in superficie un gran numero di recettori cosi detti di riserva questo perché per l’esplicazione dell’effetto biologico massimo dell’ormone è sufficiente che il 20% dei recettori superficiali venga occupato. In caso di una riduzione del legame insulina-recettore poiché ci sono i recettori di riserva normalmente non utilizzati l’effetto biologico massimo può essere conservato ricorrendo ad un aumento della quantità di insulina disponibile che va ad occupare i recettori di riserva. Questa “legge” vale non solo per l’insulina ma per tutti gli altri ormoni cosi detti idrosolubili i cui recettori sono localizzati sulla superficie cellulare. Da un punto di vista della fisiologia esistono delle ?condizioni? che dimostrano la veridicità di queste leggi ad esempio l’aumento della insulinemia nell’obeso causa una down regulation dei recettori insulinici (riduzione di affinità e del numero di recettori). Una condizione opposta alla obesità è la magrezza o il digiuno dove ci sono basse concentrazioni di insulina fisiologicamente che provocano un aumento della affinità dei recettori per l’insulina quindi aumenta il legame dell’ormone con i suoi recettori. Pero la entità dell’effetto biologico esplicato dall’ormone non è da correlare solamente con l’entità del legame recettoriale infatti subito dopo l’interazione dell’ormone con il recettore e l’internalizzazione del complesso esiste una grossa serie di fenomeni post recettoriali che sono quelli maggiormente responsabili dell’esplicazione dell’effetto biologica ormonale. È quindi importante l’interazione ormone recettore, che può essere aumentato oppure diminuito ma sulla base del legame ormone recettore non possiamo estrapolare quale sarà l’effetto biologico finale dell’ormone. Infatti accanto ai fenomeni cosi detti recettoriali sono importanti i fenomeni post recettoriali.

FENOMENI POST-RECETTORIALI A differenza della maggior parte degli ormoni di cui conosciamo i secondi messaggeri per l’insulina le notizie disponibili sono molto meno sicure. Conosciamo bene le leggi che regolano la interazione ormone recettore e gli effetti biologici finali dell’ormone sul metabolismo glucidico, lipidico e protidico. Non conosciamo affatto o comunque molto poco quello che avviene nell’intervallo tra queste due tappe. Si sono fatte delle ipotesi.Abbiamo visto che il recettore insulinico è formato da 4 subunita due più grandi che contengono il sito di legame con l’ormone e due più piccole con funzione tirosin chinasica. Perché il recettore sia in grado di legare l’insulina è necessario che durante la sua maturazione subisca un processo di glicosilazione. Questa avviene mediante il legame di residui polisaccaridici in corrispondenza di residui di asparagina. La glicosilazione abilita il recettore che ha raggiunto la superficie cellulare a legare l’insulina stessa. L’attività tirosinchinasica determina la fosforilazione di molecole proteiche a livello dei residui di tirosina. Perché possa migliorare la interazione dell’insulina con il recettore è necessario che questa fosforilazione da parte della tirosinchinasi riguardi anche la molecola dello stesso recettore (autofosforilazione del recettore dell’insulina). L’autofosforilazione è necessaria perché possa avvenire la internalizzazione del complesso ormone-recettore e perché possa avvenire la down regulation dei recettori. Sugli effetti postrecettoriali sono state fatte diverse ipotesi di cui una delle più accreditate riguarda la possibilità di fosforilazioni cosi dette a cascata. Uno degli effetti biologici principali dell’insulina su determinate attività enzimatiche è quello di determinare delle defosforilazioni (attività defosforilante). La fosforilazione a cascata comincia con la fosforilazione da parte delle tirosinchinasi di alcune serinchinasi che determinano la fosforilazione di residui di serina oppure di treonina. Una di queste serinchinasi attivata potrebbe fosforilare, e quindi attivare, una proteinafosfatasi che provoca una defosforilazione di diverse attività enzimatiche che sono sensibili all’azione insulinica. Ci sono diversi esempi di questa attività defosforilante dell’insulina ad esempio sull’acetilCoAcarbossilasi, sulla piruvatodeidrogenasi ecc.Un altro degli effetti dell’insulina si ha sul sistema di trasporto del glucosio che è localizzato sulla membrana. I carrier del glucosio sono delle molecole glicoproteiche che vengono prodotte a livello del

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reticolo endoplasmico, migrano verso la superficie cellulare maturando. L’insulina agisce su questi carrier sia aumentando il numero di unita trasportatrici dall’interno verso l’esterno sia attivandole. Questo e l’effetto biologico principale dell’insulina a livello cellulare.

EFFETTI DELL’INSULINA SUI DIVERSI ORGANI E TESSUTISono molti i tessuti su cui agisce l’insulina. Parleremo soprattutto del tessuto muscolare, adiposo ed epatico. In cui la presenza dei recettori per l’insulina può essere direttamente correlate all’effetto biologico dell’ormone.

TESSUTO ADIPOSOLa funzione principale del tessuto adiposo è quella di fungere da riserva energetica per l’organismo che a seconda delle necessità dell’organismo può essere o conservata sotto forma di trigliceridi o mobilizzata sotto forma di acidi grassi liberi. In un soggetto di peso normale sono presenti circa 15 Kg di tessuto adiposo, il 90% di questo tessuto adiposo è costituito da trigliceridi e il totale calorico contenuto è di 120.000 calorie (enorme riserva energetica). Il principale substrato della sintesi dei trigliceridi è rappresentato dal glucosio. Affinché il glucosio possa penetrare nella cellula adiposa è necessario l’effetto dell’insulina che facilita questo ingresso è necessaria l’efficienza del’carrier. Una volta che il glucosio entra nella cellula viene fosforilato da una esochinasi è trasformato in glucosio-6fosfato (G6P). La attività della esochinasi è potenziata dall’insulina. Dal G6P originano due molecole l’-glicero fosfato che serve per la sintesi degli acidi grassi e l’acetilCoA. Perché si abbia la formazione della catena degli acidi grassi liberi (NEFA) è necessari la disponibilità di NADPH che viene fornito dalla ossidazione del glucosio attraverso lo shunt degli esosi monofosfati. Anche nella via metabolica dei pentosi esistono delle attività enzimatiche come la glucosio 6 fosfato deidrogenasi e la 6 fosfogluconato deidrogenasi che vengono anche loro attivate dall’insulina. Attraverso la disponibilità dell’-glicero fosfato e dell’acetilCoA di derivazione glicolitica la cellula dispone del necessario per la formazione dei trigliceridi. La cellula adiposa oltre che produrre trigliceridi a partire da queste molecole è in grado di utilizzare degli acidi grassi liberi che gli arrivano preformati dall’esterno. Questi acidi grassi liberi derivano dal catabolismo delle lipoproteine che trasportano trigliceridi: chilomicroni di origine intestinale che trasportano i trigliceridi esogeni e le VLDL di origine epatica che trasportano i trigliceridi endogeni. Questi trigliceridi endogeni ed esogeni una volta in circolo sono soggetti all’azione di un enzima la lipoproteinlipasi che è localizzata a livello delle pareti cellulari adiacenti alle cellule adipose che determinano la idrolisi dei trigliceridi trasportati dai chilomicroni o dalle VLDL in acidi grassi liberi e glicerolo. Questa attività enzimatica viene stimolata dall’insulina che in questo modo facilita il rifornimento della cellula adiposa con gli acidi grassi liberi. Dall’acetilCoA si giunge alla formazione dei NEFA attraverso la addizione di unità bicarboniose cioè dall’acetilCoA attraverso la azione della acetilCoA carbossilasi si arriva alla formazione del malonil CoA. L’addizione di tutte queste unita bicarboniose alla catena dell’acido grasso che si va formando richiede la disponibilità di NADPH che viene dall’ossidazione del glucosio attraverso lo shunt dei pentosi. A questo livello esiste un controllo metabolico non solo da parte dell’insulina ma anche da parte di altri ormoni come il glucagone. È stato dimostrato che il malonil CoA è un potente inibitore della carnitina acil transferasi che è un enzima responsabile del passaggio del acetil CoA dallo stato extra mitocondriale allo stato intra mitocondriale dove avviene la ossidazione degli acidi grassi. Una volta che la cellula adiposa ha sintetizzato i suoi trigliceridi o gli ha ricevuti dell’esterno attraverso le modalità descritte, questi sono soggetti ad un continuo turnover che varia a seconda della disponibilità di sub strati. In condizioni di digiuno quando la quantità di sub strati nutritivi è bassa si ha, ad opera di glucagone, catecolamine, glucocorticoidi ecc. l’attivazione dell’adenil ciclasi che forma il cAMP che attiva un'altra lipasi ormono-sensibile endocellulare che determina l’idrolisi dei trigliceridi contenuti nella cellula adiposa in acidi grassi liberi e glicerolo. In condizioni di disponibilità di substrati ….cambio lato cassetta…

CARENTE EFFETTO INSULINICO Non vuol dire solamente diabete ma molto più semplicemente può significare una condizione di digiuno protratto in cui i livelli di insulina sono fisiologicamente bassi. In queste condizioni l’ingresso del glucosio all’interno dell’adipocita è ostacolato non si giunge alla formazione dell’acetilCoA, dell’ glicero fosfato e dei NEFA (perché manca l’effetto insulinico).Vi è una inibizione della lipoproteinlipasi,

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quindi non c’è ingresso di acidi grassi dall’esterno all’interno della cellula ma al contrario ad opera degli ormoni contro-insulari (glucagone, catecolamine, glucocorticoidi ecc.) si ha l’attivazione della adenilato ciclasi e della lipasi endocellulare ormono sensibile che determina la lipolisi quindi la scissione dei trigliceridi contenuti nell’adipocita in acidi grassi e glicerolo. Il risultato del carente effetto insulinico e del eventuale presenza di ormoni contro insulari determina una lipolisi liberando notevoli quantità di acidi grassi. In corso di digiuno questi acidi grassi vengono utilizzati come sub strati energetici da parte di altre strutture come la cellula muscolare. In corso di diabete quando manca l’insulina si ha la inibizione della lipoproteinlipasi, la attivazione della lipasi ormono sensibile e una massiccia liberazione di acidi grassi da parte delle cellule adipose.

TESSUTO MUSCOLARE La funzione principale del tessuto muscolare è quella di assicurare l’efficienza della contrazione muscolare stessa, l’integrità delle strutture contrattili e la produzione di energia necessaria alla loro funzione. Anche a livello del tessuto muscolare esiste una riserva energetica formata da poco tessuto adiposo e molto glicogeno che viene sintetizzato e depositato nel muscolo. L’insulina anche qui facilita l’ingresso del glucosio nel muscolo ma anche di una grossa quota di aminoacidi che stimolano la sintesi proteica muscolare. Attraverso l’attivazione della glicogeno sintetasi l’insulina stimola la produzione di glicogeno. Dalla contrazione muscolare origina il lattato che viene eliminato dal tessuto muscolare, raggiunge il fegato e può diventare un substrato per la gluconeogenesi epatica. Il muscolo per le sue necessità metabolico-energetiche può utilizzare il lattato (le reazioni sono bidirezionali). Un altro substrato che il muscolo è in grado di utilizzare è costituito dagli acidi grassi liberi che possono derivare dal tessuto adiposo per i processi di lipolisi.

CARENTE EFFETTO INSULINICOIn questa situazione manca la possibilità di utilizzare il glucosio per la sintesi del glicogeno quindi c’è un impoverimento delle riserve di glicogeno dentro il muscolo. Non c’è la possibilità che gli aminoacidi vengano utilizzati perché non penetrano nella cellula muscolare anzi le proteine che sono presenti nel muscolo vengono catabolizzate e trasformate in aminoacidi che escono dal muscolo e vengono usati dal fegato per produrre glucosio (soprattutto alanina e glutamina). Quello che succede nel tessuto adiposo in seguito alla carenza di insulina (diabete o digiuno), cioè la liberazione di NEFA, influisce sul tessuto muscolare che utilizza questi NEFA a fini energetici quando manca il glucosio. Nel diabete c’è, rispetto al digiuno, una lipolisi molto più accentuata. Il muscolo a fini energetici può anche usare i corpi chetonici che si producono al livello del fegato. Quindi il muscolo risente del comportamento del tessuto adiposo a del tessuto epatico.

FEGATOÈ l’organo più importante che può produrre il glucosio. Una piccola quota può essere prodotta anche nel rene e nella mucosa intestinale infatti possiedono tutti e tre una glucosio 6 fosfatasi enzima in grado di scindere il G6P a glucosio che può essere messo in circolo. Il fegato è il primo organo che l’insulina trova nel suo passaggio dopo essere stata liberata a livello del circolo portale. Questo organo può intrappolare circa il 50% della quantità totale di insulina liberata dal pancreas e quindi è molto importante nella regolazione della omeostasi glicemica. Nel tessuto muscolare e in quello adiposo l’insulina è necessaria per il passaggio del glucosio dall’esterno all’interno della cellula. Nel fegato invece il passaggio del glucosio può avvenire liberamente cioè le cellule epatiche sono liberamente permeate dal glucosio senza effetto insulinico. L’effetto dell’insulina nel fegato si esplica nella tappa successiva che è quella della fosforilazione del glucosio che viene trasformato in G6P ad opera di due enzimi la esochinasi (come nel tessuto adiposo e in quello muscolare ma che nel fegato ha poca importanza) e la glucochinasi (caratteristico del fegato). La glucochinasi viene stimolata da un aumento delle concentrazioni di insulina ed è stato dimostrato avere una attività molto carente o assente in condizioni di digiuno o di diabete mellito. La sua attività ricompare se viene somministrata insulina. Dopo fosforilato il glucosio da il G6P, da esso si può formare glicogeno che è la forma di accumulo di carboidrati nel fegato ad opera dell’enzima glicogenosintetasi che può essere stimolato dall’insulina. Il G6P può anche essere trasformato in piruvato (glicolisi) oppure può essere visto come il metabolita terminale o della glicogenolisi o anche della gluconeogenesi. Tramite la glucosio 6 fosfatasi il G6P viene defosforilato e

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immesso in circolo. Il fegato ha un comportamento particolare per quanto riguarda la capacità di captare il carboidrati (glucosio) che derivano dall’assorbimento intestinale e di immetterli in circolo. In generale possiamo dire che il fegato produce e immette glucosio in circolo ogni qualvolta la glicemia scenda al di sotto dei 120mg/dl. Con glicemie al di sopra dei 120mg/dl il fegato non libera glucosio ma cerca di immagazzinarlo sotto forma di glicogeno. Con glicemie stabili intorno a 120mg/dl il flusso bidirezionale del glucosio cessa (non c’è immissione in circolo). L’insulina può quindi controllare le capacità del fegato di accumulare glucosio, quando esso è presente come ad esempio durante il suo assorbimento intestinale, oppure la capacità di immetterlo in circolo durante il digiuno o durante le ore notturne. In questo ultimo caso il glucosio viene o dalla scissione del glicogeno o, se il digiuno si protrae per più di 12-16 ore, dalla gluconeogenesi partendo da substrati non glucidici come aminoacidi. Questi vengono liberati dal muscolo in condizioni di digiuno ad esempio la alanina che è un caratteristico aminoacido gluconeogenetico. L’insulina esplica una azione di controllo molto fine sulla gluconeogenesi e sulla glicolisi. Molti degli enzimi che partecipano a queste vie metaboliche sono bidirezionali cioè lo stesso enzima è capace di effettuare le reazioni in entrambi i sensi. Esistono però tre copie di enzimi che non sono bidirezionali cioè sono diversi per un verso o per l’altro. Infatti- la trasformazione del glucosio in G6P è catalizzata dalla glucochinasi (attivato dall’insulina), il

processo inverso è catalizzato dalla glucosio 6 fosfatasi (inibito dall’insulina) - la trasformazione del fruttosio 6 fosfato a fruttosio 1-6 bifosfato ad opera della fosfofruttochinasi

(attivato dall’insulina), il processo inverso e catalizzato della fruttosio 1-6 bifosfatasi (inibito dall’insulina)

- la trasformazione del fosfoenolpiruvato in piruvato catalizzato dalla piruvatochinasi (attivato dall’insulina), il processo inverso è diviso in due tappe: la prima trasforma il piruvato in ossalacetato ad opera della piruvatocarbossilasi, la seconda trasforma l’ossalacetato in fosfoenolpiruvato ad opera della fosfoenolpiruvatocarbossichinasi. Entrambi inibiti dall’insulina.

Gli enzimi glicolitici sono attivati dall’insulina, mentre quelli gluconeogenetici vengono inibiti dall’insulina come in condizioni di disponibilità di substrati nutritivi oppure vengono attivati dalla carenza insulinica o dagli ormoni contro insulari (glucagone, catecolamine, glucocorticoidi, l’ormone somatotropo e in minor misura anche quelli tiroidei). Questi ormoni possono attivare gli enzimi gluconeogenetici soprattutto se c’è una carenza di insulina ad esempio succede nel diabete mellitto. In corso di diabete mellitto non può avvenire la fosforilazione del glucosio, la sintesi del glicogeno e il fegato usa gli aminoacidi del catabolismo muscolare per produrre glucosio. Inoltre arrivano al fegato, dal tessuto adiposo, grosse quantità di acidi grassi liberi che dovrebbero essere usate per produrre le VLDL; questo avviene nel uomo ma in quantità molto limitate infatti la più grossa quota di essi viene usata per formare corpi chetonici che una volta in circolo vengono usati dal muscolo. Avevamo detto che il malonil CoA, un metabolita intermedio della sintesi degli acidi grassi, può inibire la carnitina acil transferasi. Se si verifica un aumento del glucagone o una riduzione dell’insulina il malonil CoA non viene prodotto quindi si attiva la carnitina acil transferasi, dalla degradazione degli acidi grassi si ha la formazione di acetilCoA che viene indirizzato dentro i mitocondri dove avviene la ossidazione e trasformato in corpi chetonici.

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